Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Affari Comunitari
Titolo: Legge Europea 2017
Riferimenti: AC N.4505-B/XVII
Serie: Progetti di legge   Numero: 580/5
Data: 17/10/2017


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Legge Europea 2017

17 ottobre 2017
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Il A.C. 4505-Bdisegno di legge europea 2017 (C. 4505-B), trasmesso dal Senato l'11 ottobre 2017, è sottoposto all'esame della Camera in seconda lettura, limitatamente alle due modifiche apportate agli articoli 12 e 16 nel corso dell'esame al Senato.

Nel dossier si riportano, pertanto, gli approfondimenti relativi alle sole modifiche introdotte. Per una descrizione dettagliata degli altri articoli del provvedimento - non modificati - si rinvia al precedente dossier "Legge Europea 2017 - A.S. 2886-A".


Articolo 12

La Recepimento della direttiva 2015/2203/UE prima modifica approvata dal Senato ha ad oggetto l'articolo 12 riguardante la sicurezza dei prodotti alimentari a base di caseina, che prevede disposizioni di attuazione della direttiva 2015/2203/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle caseine e ai caseinati destinati all'alimentazione umana e che abroga la direttiva 83/417/CEE del Consiglio.

In particolare, nel corso dell'esame al Senato è stato soppresso l'originario comma 5 che prevedeva la possibilità di deroga per alcune delle indicazioni obbligatorie.

Il soppresso comma 5 contemplava, come indicato nella direttiva, la possibilità di deroga per alcune delle indicazioni obbligatorie (quali la indicazione del tenore di proteine per le miscele contenenti caseinati alimentari, la quantità netta di prodotti espressa in chilogrammi, il nome o ragione sociale dell'operatore del settore alimentare e l'indicazione del Paese di origine nel caso di provenienza da un Paese terzo), che potrebbero essere inserite solo nel documento di accompagnamento.

L'articolo 12 adegua la normativa vigente alle nuove disposizioni attualmente in vigore, anche in tema di etichettatura, contenute nel regolamento (UE) n. 1169/2011; ma, soprattutto, esso è volto a dare recepimento alla direttiva (UE) 2015/2203, avente lo scopo di:

  • allineare i poteri conferiti alla Commissione dalla nuova distinzione introdotta dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE); la proposta è intesa a delineare il conferimento dei poteri alla Commissione nel nuovo contesto giuridico creato dal trattato di Lisbona;
  • tener conto della nuova legislazione adottata nel frattempo, segnatamente per quanto riguarda l'alimentazione umana (la direttiva 2000/13/CE, il regolamento (CE) n. 178/2002, il regolamento (CE) n. 882/2004, il regolamento (CE) n. 1332/2008 ed il regolamento (CE) n. 1333/2008);
  • adeguare i requisiti di composizione dei prodotti interessati alle norme internazionali pertinenti adottate dal Codex Alimentarius. Tale adeguamento implica due modifiche: il tenore massimo di umidità della caseina alimentare aumenta dal 10% al 12% e il tenore massimo di grassi del latte della caseina acida alimentare è ridotto dal 2,25% al 2%.

Obiettivo della direttiva, oggetto del recepimento, è dunque quello di facilitare la libera circolazione delle caseine e dei caseinati destinati all'alimentazione umana, garantendo, al contempo, un elevato livello di tutela della salute, nonché allineare le disposizioni vigenti nei singoli Stati alla legislazione generale dell'Unione ed a quella internazionale.

L'articolo 21 della legge di delegazione europea 2014 (legge n. 170/2016) aveva autorizzato il Governo a dare attuazione alla predetta direttiva mediante regolamento; ma, considerata l'esigenza di dettare anche una disciplina sanzionatoria (al fine di adeguare l'importo delle sanzioni amministrative previste dall'articolo 8 del D.P.R. n. 180 del 1988), si è ritenuto necessario adottare, mediante recepimento diretto, un provvedimento di rango primario.

 

Il comma 1 definisce l'ambito oggettivo di applicazione della norma, ossia la produzione e la commercializzazione delle caseine e dei caseinati destinati all'alimentazione umana e alle loro miscele.

 

Le caseine e i caseinati destinati all'alimentazione umana sono una categoria di lattoproteine ossia di proteine ottenute dalla coagulazione del latte.
Nel settore alimentare sono utilizzate come coadiuvanti tecnologici in molti alimenti, ad esempio, nel vino, nei dolciumi, nelle caramelle e vengono altresì impiegate quali ingredienti nei salumi dove fungono da collante.
Nel panorama caseario europeo, è permesso l'utilizzo di caseine e di caseinati, come alternativa al latte, nella produzione di formaggi entro un massimo del 10 per cento dell'intera produzione.
La caseina viene prodotta solo quando il latte viene lavorato per la produzione di burro e sono pochi, quindi, i produttori che possono permettersi impianti completi.
L'uso della caseina è esteso anche ad una larga parte dell'industria, per la sua proprietà di eccellente collante ecologico; si utilizza, ad esempio, nella produzione di gomma, guarnizioni, produzione di fuochi artificiali e patinatura di carta.
Fino a pochi anni fa, la Commissione europea finanziava i produttori di caseina e caseinati per gli alti costi di produzione; attualmente, invece, tali finanziamenti non vengono più erogati.
I caseinati sono invece quei prodotti ottenuti mediante essiccazione delle caseine non neutralizzanti.
I produttori utilizzano i caseinati perché il loro costo è più basso rispetto al latte, in quanto i caseinati vengono prodotti in paesi come Argentina, Nuova Zelanda e Australia, dove il costo del latte è inferiore a quello europeo e tale, dunque, da rendere più conveniente un prodotto per ottenere il quale occorre sostenere costi industriali importanti: acidificazione del latte, separazione ed essiccazione delle caseine.

 

Il comma 2 introduce, secondo le indicazioni della direttiva, la definizione di «caseina acida alimentare", di «caseina presamica alimentare e di «caseinati alimentari".

Il comma 3 descrive le indicazioni obbligatorie che i prodotti, aventi ad oggetto caseine e caseinati, devono riportare su imballaggi, recipienti o etichette in caratteri ben visibili, chiaramente leggibili ed indelebili.

Il comma 4 individua quali indicazioni devono obbligatoriamente figurare in lingua italiana, potendo anche essere riportate in altra lingua.

Il comma 5 prevede che, quando il tenore minimo di proteine del latte, stabilito all'allegato I, sezione I, lettera a), punto 2, all'allegato I, sezione II, lettera a), punto 2, e all'allegato II, lettera a), punto 2, della direttiva (UE) 2015/2203 risulta superato, è possibile indicarlo in modo adeguato sugli imballaggi, sui recipienti o sulle etichette dei prodotti.

 

In merito agli allegati, si rappresenta che nell'articolo si rinvia al contenuto degli allegati della stessa direttiva, considerato che gli articoli 5 e 6 della direttiva prevedono che, al fine di tener conto della evoluzione delle norme internazionali applicabili e del progresso tecnico, la Commissione ha il potere di adottare atti delegati al fine di modificare le norme stabilite agli allegati I e II, i quali stabiliscono, in particolare, i fattori essenziali di composizione delle caseine, i contaminanti, le impurità, i coadiuvanti tecnologici, le colture batteriche, gli ingredienti autorizzati e le caratteristiche organolettiche delle caseine.

 

Il comma 6 detta una disposizione riguardante lo smaltimento delle scorte e le regole di commercializzazione dei lotti di prodotto, fabbricati anteriormente all'entrata in vigore della legge proposta, e delle etichette non conformi a quanto sancito dallo stesso. Ora sarà possibile la loro commercializzazione fino ad esaurimento delle scorte e comunque entro e non oltre 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, ma dovrà trattarsi, nel caso delle predette etichette, solo di quelle stampate anteriormente alla data dell'entrata in vigore della legge. Ai sensi del comma 7, resta salva, in ogni caso, la possibilità di utilizzare etichette e materiali di confezionamento non conformi: ciò a condizione che siano integrati con le informazioni obbligatorie previste dall'articolo in commento, mediante l'apposizione di etichette adesive inamovibili e graficamente riconoscibili.

 

I commi 8, 9, 10, 11, 12 e 13 introducono norme sanzionatorie riguardanti le prescrizioni in materia di sicurezza e di commercializzazione di tali prodotti, prevedendo tre ipotesi di illecito amministrativo, facendo salve le ipotesi in cui le condotte descritte integrino una fattispecie di illecito penale.

 

Si prevede, in particolare, che integri un illecito amministrativo la condotta di colui che:

  1. utilizza - per la preparazione di alimenti - caseine o caseinati che non rispondono ai requisiti previsti dalla direttiva, prevedendo una sanzione amministrativa pecuniaria da euro mille ad euro diecimila; una causa di salvaguardia è stata in proposito introdotta dalla Camera, secondo cui tali sanzioni previste non si applicano a chi utilizza caseine e caseinati in confezioni originali, qualora la non corrispondenza alle prescrizioni riguardi i requisiti intrinseci o la composizione dei prodotti o le condizioni interne dei recipienti e sempre che l'utilizzatore non sia a conoscenza della violazione o la confezione originale non presenti segni di alterazione;
  2. denomina le caseine o i caseinati, commercializzati per usi diversi, in modo tale da indurre in errore il consumatore sul loro effettivo uso, prevedendo una sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquecento ad euro cinquemila;
  3. pone in commercio, con le denominazioni indicate nel comma 2 ovvero con altre denominazioni similari che possono indurre in errore l'acquirente, prodotti non rispondenti ai requisiti stabiliti dall'art. 9 in commento, prevedendo una sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquecento ad euro cinquemila;
  4. pone in commercio i prodotti di cui al comma 2, con una denominazione comunque diversa da quelle prescritte dal medesimo articolo in esame, prevedendo una sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentocinquanta ad euro duemilacinquecento;
  5. viola le disposizioni stabilite nel comma 3 dello stesso articolo relative alle indicazioni obbligatorie che devono essere apposte su imballaggi, recipienti, etichette o documenti, prevedendo una sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da euro cinquecento ad euro cinquemila.

 

I commi 14 e 15 individuano le Autorità competenti ad accertare le violazioni - in conformità alle previsioni contenute nell'articolo 2 del decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 193 - e ad irrogare le sanzioni previste (con la procedura della legge n. 689/1981, capo primo, sezione seconda). A livello nazionale, le autorità competenti ad effettuare tali attività sono il Ministero della salute, per la parte relativa alla sicurezza alimentare e il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per la parte relativa ai controlli qualitativi e quantitativi. A livello territoriale, le autorità competenti sono le regioni, le province autonome e le ASL. Le amministrazioni svolgeranno tali attività con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Il comma 16 detta una specifica clausola di invarianza finanziaria. In effetti, in merito ai controlli in materia di sicurezza alimentare, già la citata normativa prevede che le autorità competenti siano il Ministero della salute, le Regioni, le province autonome di Trento e Bolzano e le aziende sanitarie locali, nell'ambito delle rispettive competenze: secondo la relazione tecnica, «trattasi, pertanto, di attività istituzionali delle medesime, fronteggiabili con le risorse disponibili a legislazione vigente. Le attività di controllo di competenza del Ministero della salute sono già coperte dalle risorse previste dal capitolo di spesa 5010 del Ministero della salute "Spese per il potenziamento ed il miglioramento dell'efficacia della programmazione e dell'attuazione del piano nazionale integrato dei controlli", mentre i controlli di competenza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sono coperti con le risorse finanziarie già destinate al funzionamento e all'operatività dell'Ispettorato centrale repressione frodi (Missione 1 "Agricoltura, politiche agroalimentari e pesca" Programma 1.4 "Vigilanza, prevenzione e repressione frodi nel settore agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale", capitoli n. 2460 e n. 2461 "Spese per acquisti di beni e servizi" e pertinenti piani gestionali)».

 

Il comma 17 dispone l'abrogazione del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 180 con il quale era stata recepita la direttiva 83/417/CEE, ora abrogata dalla direttiva (UE) 2015/2203.

 

La direttiva 83/417/CEE del Consiglio del 25 luglio 1983, recepita con il decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988 n. 180, prevedeva il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri per talune lattoproteine (caseine e caseinati), destinate all'alimentazione umana. La suddetta direttiva armonizzava, a livello europeo, le caratteristiche di composizione e di fabbricazione delle suddette caseine, al fine di fornire una regolamentazione uniforme delle stesse. Dall'entrata in vigore della direttiva erano intervenuti vari cambiamenti, in particolare, lo sviluppo di un ampio quadro normativo nel settore del diritto alimentare e l'adozione di una norma internazionale relativa ai prodotti alimentari a base di caseina, da parte della Commissione europea, di cui oggi occorre tenere conto.

 

Si P.I. 2017/0129ricorda, infine, che l'articolo 12 è finalizzato all'archiviazione della procedura di infrazione n. 2017/0129, allo stadio di messa in mora ex art. 258 TFUE, avviata dalla Commissione europea il 24 gennaio 2017 per mancato recepimento della direttiva entro il termine in essa contenuto (22 dicembre 2016).


Articolo 16

La seconda modifica approvata dal Senato concerne l''Monitoraggio dello stato delle acquearticolo 16 che integra le disposizioni, dettate dall'art. 78-sexies del cd. Codice dell'ambiente (D.Lgs. 152/2006, d'ora in avanti Codice), relative ai metodi di analisi utilizzati per il monitoraggio dello stato delle acque - al fine di garantire l'intercomparabilità, a livello di distretto idrografico, dei risultati del monitoraggio medesimo, nonché la valutazione delle tendenze ascendenti e d'inversione della concentrazione degli inquinanti nelle acque sotterranee - onde pervenire al superamento di alcune delle contestazioni mosse dalla Commissione europea nell'ambito del caso EU Pilot 7304/15/ENVI.

Il testo vigente del comma 1 dell'art. 78- sexies del D.Lgs. 152/2006 (Codice dell'ambiente) affida all'ISPRA il compito di verificare che i requisiti minimi di prestazione per tutti i metodi di analisi siano basati su una incertezza di misura definita conformemente ai criteri tecnici riportati al paragrafo A.2.8.- bis della sezione A "Stato delle acque superficiali" della parte 2 "Modalità per la classificazione dello stato di qualità dei corpi idrici" dell'allegato 1 alla parte terza del Codice.
Il successivo comma 2 dispone che, in mancanza di standard di qualità ambientali per un dato parametro o di un metodo di analisi che rispetti i requisiti minimi di prestazione citati, le ARPA e le APPA assicurano che il monitoraggio sia svolto applicando le migliori tecniche disponibili a costi sostenibili.
Le disposizioni dettate dall'art. 78-sexies consentono di recepire il disposto dell' art. 4 della direttiva 2009/90/UE.
La relazione illustrativa al testo iniziale del disegno di legge sottolinea che le disposizioni del D.Lgs. 219/2010 hanno "attribuito alle regioni, attraverso le agenzie regionali dell'ambiente (ARPA e APPA), la facoltà di scelta delle migliori tecniche disponibili (MTD) per il monitoraggio delle sostanze chimiche. In alcuni casi, però, l'applicazione di diverse metodiche analitiche sullo stesso corpo idrico comune a più regioni ha portato a risultati analitici diversi e incoerenti tra le diverse regioni ricadenti nel medesimo distretto".
Per tale motivo, quindi, e per garantire il rispetto del requisito dell'intercomparabilità previsto dalla normativa europea, sono dettate le disposizioni dell'articolo in esame.

A tal fine, viene previsto che le autorità di bacino distrettuali promuovano intese con le regioni e le province autonome ricadenti nel distretto idrografico di competenza.

La norma precisa altresì che l'intercomparabilità, che le intese dovranno perseguire a livello di distretto idrografico, dovrà riguardare i dati del monitoraggio:

  • delle sostanze prioritarie di cui alle tabelle l/A e 2/A dell'allegato 1 alla parte terza del Codice;
Si ricorda che la tabella 1/A dell'allegato 1 alla parte terza del Codice indica gli standard di qualità ambientale nella colonna d'acqua e nel biota per le sostanze dell'elenco di priorità, mentre la successiva tabella 2/A indica gli standard di qualità ambientale nei sedimenti nei corpi idrici marino-costieri e di transizione.
  • e delle sostanze non prioritarie di cui alla tabella 1/B del medesimo allegato 1.
Nella tabella 1/B sono definiti gli standard di qualità ambientale per alcune delle sostanze appartenenti alle famiglie di cui all'Allegato 8 (che fornisce un elenco indicativo dei principali inquinanti).

L'articolo in esame prescrive altresì che, ai fini del monitoraggio e della valutazione dello stato di qualità delle acque, le autorità di bacino distrettuali promuovano intese (con i medesimi soggetti di cui sopra, vale a dire con le regioni e le province autonome ricadenti nel distretto idrografico di competenza) finalizzate all'adozione di una metodologia di valutazione delle tendenze ascendenti e di inversione della concentrazione degli inquinanti nelle acque sotterranee.

Si fa notare che l'assenza di metodologie per la valutazione delle tendenze ascendenti e d'inversione della concentrazione degli inquinanti nelle acque sotterranee è una delle questioni poste dalla Commissione all'attenzione delle autorità italiane.

 

Per garantire il raggiungimento delle finalità indicate, viene altresì previsto che l'ISPRA provveda alla pubblicazione sul proprio sito webentro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge, dell'elenco dei laboratori del sistema agenziale dotati delle metodiche analitiche disponibili a costi sostenibili, conformi ai requisiti di cui al paragrafo A.2.8.-bis dell'allegato 1 alla parte terza del Codice, recante i requisiti minimi di prestazione per i metodi di analisi e calcolo dei valori medi.

La relazione illustrativa sottolinea che l'elenco dei laboratori dotati delle metodiche analitiche conformi ai requisiti di cui al citato paragrafo A.2.8.- bis verrà reso disponibile mediante la pubblicazione dello stesso in una sezione dedicata del sito di ISPRA, attraverso il  Sistema informativo nazionale per la tutela delle acque italiane (SINTAI).
Sul sito del SINTAI si legge che l'ISPRA, per gli specifici compiti assegnati in materia di tutela delle acque, ha progettato, realizzato e messo in opera il SINTAI, attraverso il quale tutte le attività relative alla gestione delle informazioni vengono espletate. In particolare nel SINTAI sono disponibili tutti i dati prodotti dal sistema delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente e trasmessi all'ISPRA dalle regioni e province autonome.

Nel corso dell'esame al Senato, l'articolo in esame è stato integrato mediante l'aggiunta di un periodo volto a prevedere che le autorità di bacino distrettuali rendano disponibili nel proprio sito internet istituzionale, ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 195/2005, i dati dei monitoraggi periodici come ottenuti dalle analisi effettuate dai citati laboratori.

Con il D.Lgs. 195/2005 sono state introdotte nell'ordinamento nazionale le disposizioni per il recepimento della direttiva 2003/4/UE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale. In particolare, l'art. 8 disciplina la diffusione dell'informazione ambientale, stabilendo, tra l'altro, che l'autorità pubblica rende disponibile l'informazione ambientale detenuta rilevante ai fini delle proprie attività istituzionali avvalendosi, ove disponibili, delle tecnologie di telecomunicazione informatica e delle tecnologie elettroniche disponibili. Per tali finalità, l'autorità pubblica stabilisce un piano per rendere l'informazione ambientale progressivamente disponibile in banche dati elettroniche facilmente accessibili al pubblico tramite reti di telecomunicazione pubbliche, da aggiornare annualmente. Entro due anni dalla data di entrata in vigore del predetto decreto legislativo, l'autorità pubblica, per quanto di competenza, trasferisce, tra l'altro, nelle banche dati istituite in attuazione dei citati piani i dati o le sintesi di dati ricavati dal monitoraggio di attività che incidono o possono incidere sull'ambiente (comma 3, lettera e). Nella definizione di «autorità pubblica» rientrano (ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera b ) del D.lgs. 195/2005): le amministrazioni pubbliche statali, regionali, locali, le aziende autonome e speciali, gli enti pubblici ed i concessionari di pubblici servizi, nonché ogni persona fisica o giuridica che svolga funzioni pubbliche connesse alle tematiche ambientali o eserciti responsabilità amministrative sotto il controllo di un organismo pubblico.  
Si EU Pilot 7304/15/ENVI ricorda che secondo la Commissione europea, vi sarebbero numerosi esempi di cattiva o incompleta applicazione della direttiva 2000/60/CE, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque. In particolare, la Commissione europea, nell'ambito del caso EU Pilot 7304/15/ENVI, avrebbe chiesto di ricevere chiarimenti e informazioni in merito ad alcune specifiche questioni: insufficiente coordinamento nell'implementazione della direttiva; incompleto monitoraggio ed incompleta valutazione dello stato della qualità delle acque; assenza di metodologie per la valutazione delle tendenze ascendenti e d'inversione della concentrazione degli inquinanti nelle acque sotterranee; mancanza di giustificazione delle esenzioni; identificazione di programmi di misure, prezzi dell'acqua in agricoltura; ed altre questioni legate al settore agricolo.
Come affermato nella relazione del Governo, la disposizione è finalizzata a superare una delle contestazioni mosse dalla Commissione europea nell'ambito del caso EU Pilot 7304/15/ENVI relative alla non corretta applicazione, a livello nazionale, della direttiva 2009/90/CE. In particolare, l'intervento è volto ad assicurare l'intercomparabilità, a livello di distretto idrografico (previsto all'articolo 3 della direttiva 2000/60/CE), dei dati di monitoraggio delle sostanze chimiche e, di conseguenza, dello stato ecologico e chimico dei corpi idrici superficiali. La disposizione mira altresì a rispondere ad un'ulteriore contestazione del caso EU Pilot 7304/15/ENVI circa la mancanza di una metodologia di valutazione delle tendenze ascendenti e d'inversione della concentrazione degli inquinanti nelle acque sotterranee.