Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Legge di bilancio 2017 - Volume 1 - Articolo 1, commi 1 - 339
Riferimenti:
AC N. 4127-BIS-A/XVII   AC N. 4127-BIS/XVII
Serie: Progetti di legge    Numero: 510    Progressivo: 6
Data: 23/12/2016
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
Altri riferimenti:
L N. 232 DEL 11-DIC-16   AS N. 2611/XVII

 


LEGGE DI BILANCIO 2017

 

Legge 11 dicembre 2016, n. 232

 

Volume I

Articolo 1, commi 1-339

dicembre 2016

 

 

Servizio Studi

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Dossier n. 395/6 Volume I

 

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Servizio Studi

Dipartimento Bilancio

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Progetti di legge n. 510/6 Volume I

 

Il presente dossier è articolato in tre volumi:

§  Volume I - Articolo 1, commi 1 – 339;

§  Volume II - Articolo 1, comma 340 – Articolo 19;

§  Volume III – Stati di previsione.

 

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I N D I C E
(Volume I)

Tavola di raffronto della numerazione degli articoli e dei commi tra il disegno di legge e il testo finale della legge nelle diverse fasi dell’esame parlamentare. 3

La nuova legge di bilancio. 12

Parte I Sezione I – Misure quantitative per la realizzazione degli obiettivi programmatici 18

Articolo 1, comma 1 (Risultati differenziali del bilancio dello Stato). 18

Articolo 1, commi 2-3 (Detrazioni fiscali per ristrutturazione edilizia, riqualificazione antisismica, energetica e acquisto mobili). 21

Articolo 1, commi 4-7 (Credito di imposta per le strutture ricettive). 33

Articolo 1, commi 8-13 (Proroga e rafforzamento della disciplina di maggiorazione della deduzione di ammortamenti). 38

Articolo 1, comma 14 (Disposizioni in materia di uffici giudiziari). 42

Articolo 1, commi 15 e 16 (Credito d’imposta per ricerca e sviluppo). 44

Articolo 1, commi 17-23 (Regime di cassa). 48

Articolo 1, commi 24-31 (IVA di gruppo). 56

Articolo 1, comma 32 (Trasferimenti immobiliari nell'ambito di vendite giudiziarie)  73

Articolo 1, commi 33-35 (Assoggettamento a IVA del 5 per cento dei servizi di trasporto marittimo, lacuale, fluviale e lagunare). 75

Articolo 1, comma 36 (Ritenute sui corrispettivi dovuti dal condominio all'appaltatore e tracciabilità dei pagamenti). 76

Articolo 1, comma 37 (Deducibilità canoni di noleggio a lungo termine). 78

Articolo 1, commi 38 e 39 (Pagamento cumulativo della tassa automobilistica)  80

Articolo 1, comma 40 (Riduzione canone RAI). 81

Articolo 1, comma 41 (Soppressione del canone per l’estrazione del sale dai giacimenti)  83

Articolo 1, comma 42 (Blocco aliquote regionali e comunali). 85

Articolo 1, comma 43 (Anticipazioni di tesoreria enti locali). 88

Articolo 1, comma 44 (Abolizione IRPEF per IAP e CD). 89

Articolo 1, commi 45 e 46 (Compensazioni IVA animali vivi della specie bovina e suina)  91

Articolo 1, comma 47 (Fondi rustici montani). 94

Articolo 1, comma 48 (Riduzione dell’accisa sulla birra). 95

Articolo 1, comma 49 (Esclusione delle SGR dall’addizionale IRES del 3,5 per cento)  97

Articolo 1, comma 50 (Regime fiscale agevolato per le società sportive dilettantistiche)  99

Articolo 1, comma 51 (Regime fiscale agevolato per gli operatori bancari di finanza etica e sostenibile). 101

Articolo 1, commi 52-57 (Nuova Sabatini). 103

Articolo 1, comma 58 (Internazionalizzazione). 110

Articolo 1, commi 59-64 (Incentivi per l’acquisto di beni mobili strumentali per favorire la distribuzione gratuita di prodotti alimentari e non alimentari a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi). 112

Articolo 1, comma 65 (Firma elettronica per le startup). 115

Articolo 1, commi 66-69 (Estensione e rafforzamento delle agevolazioni per investimenti nelle start-up e nelle PMI innovative). 116

Articolo 1, comma 70 (Raccolta di capitali delle PMI). 124

Articolo 1, commi 71-73 (Rifinanziamento degli interventi per l’autoimprenditorialità e per le start-up innovative). 126

Articolo 1, commi 74 e 75 (Aziende confiscate e capitalizzazione delle imprese)  130

Articolo 1, commi 76-80 (Perdite fiscali di start up partecipate da società quotate)  132

Articolo 1, comma 81 (Disciplina delle transazioni fiscali nelle procedure concorsuali)  135

Articolo 1, commi 82 e 83 (Investimenti in start up da parte dell'INAIL). 140

Articolo 1, comma 84 (Rimodulazione investimenti enti di previdenza in fondi immobiliari pubblici). 142

Articolo 1, comma 85 (Destinazione risorse INAIL all'edilizia scolastica). 144

Articolo 1, commi 86 e 87 (Copertura assicurativa dei soggetti impegnati in lavori di pubblica utilità). 146

Articolo 1, commi 88-99 (Agevolazioni per investimenti a lungo termine). 149

Articolo 1, commi 100-114 (Piani individuali di risparmio a lungo termine- PIR)  155

Articolo 1, comma 115 (Centri di competenza ad alta specializzazione nell’ambito del Piano nazionale Industria 4.0). 163

Articolo 1, commi 116-123 (Fondazione Human Technopole). 166

Articolo 1, commi 124 e 125 (Infrastruttura di ricerca FERMI). 171

Articolo 1, commi 126-139 (Misure per l’attuazione del Progetto dell’Area Expo 2015)  174

Articolo 1, comma 140-142 (Fondo da ripartire per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese). 182

Articolo 1, comma 143 (Fondo per la realizzazione degli investimenti per la conservazione della fauna e della flora per la salvaguardia della biodiversità e dell'ecosistema marino)  189

Articolo 1, commi 144 e 145 (Realizzazione di ciclovie turistiche). 191

Articolo 1, comma 146 (Criteri di indennizzo dei figli delle vittime di omicidio commesso dal coniuge). 194

Articolo 1, comma 147 (Interventi sugli impianti sportivi). 196

Articolo 1, commi 148-159 (Misure per l’attrazione degli investimenti). 198

Articolo 1, commi 160-162 (Premio di produttività e welfare aziendale). 215

Articolo 1, comma 163 (Stabilizzazione lavoratori socialmente utili della Calabria)  219

Articolo 1, comma 164 (Esonero contributo di licenziamento nei cambi di appalto)  221

Articolo 1, comma 165 (Riduzione aliquota contributiva iscritti gestione separata I.N.P.S.)  223

Articolo 1, commi 166-186 (APE - Assegno pensionistico a garanzia pensionistica e APE sociale)  224

Articolo 1, comma 187 (Quattordicesima). 242

Articolo 1, commi 188-192 (Rendita integrativa temporanea anticipata - RITA)  246

Articolo 1, comma 193 (Relazione del Governo alle Camere in materia di APE e di RITA)  249

Articolo 1, comma 194 (Abolizione penalizzazioni). 250

Articolo 1, commi 195-198 (Cumulo dei periodi assicurativi). 252

Articolo 1, commi 199-205 (Lavoratori precoci). 256

Articolo 1, commi 206-208 (Lavori usuranti). 261

Articolo 1, comma 209 (Benefici previdenziali centralinisti non vedenti). 266

Articolo 1, comma 210 (No tax area pensionati). 267

Articolo 1, comma 211 (Trattamenti pensionistici per le vittime del dovere e loro familiari superstiti). 269

Articolo 1, commi 212-221 (Soggetti salvaguardati dall’incremento dei requisiti pensionistici)  271

Articolo 1, commi 222-225 (Trattamento anticipato di pensione per le lavoratrici)  283

Articolo 1, commi 226-232 (Rifinanziamento prepensionamento giornalisti)  285

Articolo 1, comma 233 (Trasformazione a tempo parziale dei rapporti di lavoro)  288

Articolo 1, commi 234-237 (Fondi di solidarietà bilaterali). 290

Articolo 1, commi 238 e 239 (Incremento del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale). 293

Articolo 1, comma 240 (Interventi a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione)  297

Articolo 1, commi 241 e 242 (Congedo per le lavoratrici autonome per motivi connessi al percorso di protezione relativo alla violenza di genere). 300

Articolo 1, comma 243 (Localizzazione e svolgimento dei servizi dei call center)  301

Articolo 1, commi 244-248 (Fondo di solidarietà per il settore pesca). 307

Articolo 1, comma 249 (Regime di imposizione tributaria delle quote di pensione in favore dei superstiti corrisposte agli orfani). 310

Articolo 1, comma 250 (Pensione di inabilità per i soggetti affetti da malattie connesse all'esposizione all'amianto). 311

Articolo 1, comma 251 (Fondo occupazione disabili). 313

Articolo 1, commi 252-267 (Norme sulla contribuzione studentesca universitaria)  315

Articolo 1, commi 268-272 (Finanziamento del fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio). 324

Articolo 1, commi 273-289 (Borse di studio nazionali per il merito e la mobilità)  329

Articolo 1, commi 290-293 (Orientamento pre-universitario, sostegno didattico e tutorato)  339

Articolo 1, comma 294 (Erogazioni liberali in favore degli Istituti Tecnici Superiori)  343

Articolo 1, commi 295-305 (Interventi di finanziamento e sviluppo delle attività di ricerca)  345

Articolo 1, commi 306 e 339 (Assunzioni da parte dell’ANVUR e disposizioni specifiche per la VQR)  353

Articolo 1, comma 307 (Finanziamento ulteriore in favore dell'INGM). 355

Articolo 1, commi 308-311 (Esonero contributivo alternanza scuola-lavoro)  356

Articolo 1, commi 312 e 313 (Programma operativo nazionale "Per la Scuola - competenze e ambienti per l'apprendimento"). 362

Articolo 1, commi 314-338 (Fondo per il finanziamento dei dipartimenti universitari di eccellenza). 364

 

 


I N D I C E
(Volume II)

 

Articolo 1, commi 340-343 (Proroga annuale del periodo di perfezionamento dei “precari della giustizia”).......................................................................................................... 377

Articolo 1, commi 344 e 345 (Esonero contributivo per coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali).................................................................................................... 381

Articolo 1, commi 346 e 347 (Indennità giornaliera per lavoratori della pesca marittima)   385

Articolo 1, commi 348 e 349 (Fondo sostegno natalità)........................... 387

Articolo 1, comma 350 (Piano di azione nazionale su “Donne Pace e Sicurezza”)   388

Articolo 1, commi 351 e 352 (Nuove risorse del Fondo per l'indennizzo in favore delle vittime)          393

Articolo 1, comma 353 (Premio alla nascita)............................................. 396

Articolo 1, comma 354 (Congedo obbligatorio per il padre lavoratore) 398

Articolo 1, commi 355-357 (Buono nido e rifinanziamento voucher asili nido)     400

Articolo 1, comma 358 (Pari opportunità).................................................. 404

Articolo 1, comma 359 (Finanziamento Piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere................................................................................................................ 405

Articolo 1, commi 360 e 361 (Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico)          407

Articolo 1, commi 362 e 363 (Ricostruzione privata e pubblica post-sisma)     409

Articolo 1, commi 364-365, 367 e 369 (Fondo per il pubblico impiego) 414

Articolo 1, commi 366 e 373-374 (Incremento dell’organico dell’autonomia) 423

Articolo 1, comma 368 (Proroga di graduatorie concorsuali nella P.A.) 426

Articolo 1, comma 370 (Casse di previdenza dei liberi professionisti).. 428

Articolo 1, comma 371 (Fondo per le misure anti-tratta)......................... 430

Articolo 1, comma 372 (Assunzioni presso il Ministero della giustizia) 432


 

Articolo 1, commi 375 e 376 (Contratti di lavoro a tempo determinato per il personale scolastico)......................................................................................................... 435

Articolo 1, comma 377 (Proroga dell’impiego del personale militare appartenente alle Forze armate)............................................................................................................... 439

Articolo 1, comma 378 (Fondo volo)............................................................ 442

Articolo 1, commi 379 e 380 (Disposizioni per il decoro degli edifici scolastici e per lo svolgimento dei servizi di pulizia e ausiliari negli stessi)......................... 443

Articolo 1, comma 381 (Svolgimento del Vertice G7)................................ 451

Articolo 1, commi 382-384 (Infrastruttura nazionale per l’interoperabilità per il Fascicolo sanitario elettronico)...................................................................................... 452

Articolo 1, commi 385-389 (Introduzione di misure sperimentali per il 2017 relative al Servizio sanitario nazionale e di quello regionale).................................................. 459

Articolo 1, comma 390 (Piani di rientro per alcuni enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale).......................................................................................................... 463

Articolo 1, comma 391 (Regioni a statuto speciale e piani di rientro per alcuni enti, aziende e strutture del Servizio sanitario nazionale).................................................. 464

Articolo 1, commi 392-394 (Livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard e quota vincolata al finanziamento di specifici fondi e finalità) 466

Articolo 1, commi 395 e 396 (Criteri per la nomina del commissario ad acta per il piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario)................................................ 470

Articolo 1, commi 397-408 (Governance farmaceutica)........................... 472

Articolo 1, comma 409 (Quota a valere sul finanziamento Ssn per gli oneri derivanti dai processi di assunzione e stabilizzazione del personale Ssn).................................... 484

Articolo 1, comma 410 (Contratti di collaborazione degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e degli Istituti zooprofilattici sperimentali)............................. 486

Articolo 1, comma 411 (Finanziamento Alzheimer)................................... 487

Articolo 1, comma 412 (Rinnovi contrattuali personale del Servizio sanitario nazionale )    488

Articolo 1, commi 413-419 (Misure di efficientamento della spesa per acquisti)  489


 

Articolo 1, commi 420-423 (Acquisizioni di beni e servizi in forma centralizzata nonché linee di indirizzo e standard per la gestione dei magazzini, la logistica distributiva, le tecnologie dell'informazione e della comunicazione ed in materia di risorse umane) 493

Articolo 1, comma 424 (Programma biennale degli acquisti di beni e servizi)  496

Articolo 1, comma 425 (Misure di efficientamento della spesa dei Ministeri)   498

Articolo 1, comma 426 (Accantonamento di ricavi derivanti dalla dismissione d’immobili all’estero).......................................................................................................... 501

Articolo 1, commi 427 e 428 (Introiti derivanti dall’aumento della tariffa dei diritti consolari)          503

Articolo 1, comma 429 (Assegnazione di quota dei contributi per le domande di riconoscimento della cittadinanza italiana)............................................................................ 505

Articolo 1, comma 430 (Riduzione del finanziamento per l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo).................................................................................................... 507

Articolo 1, comma 431 (Riduzione sgravio contributivo per le imprese armatrici)    509

Articolo 1, comma 432 (Interventi organizzativi nel Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo)....................................................................................................... 510

Articolo 1, commi 433, 437-439 (Fondi a favore degli enti territoriali) 513

Articolo 1, commi 434-436 (Piano di riequilibrio finanziario degli enti locali)    516

Articolo 1, commi 440-443 (Rinegoziazione mutui da parte degli enti locali)   521

Articolo 1, comma 444 (Modalità di determinazione delle riduzioni finanziarie da applicare ai comuni).............................................................................................................. 523

Articolo 1, comma 445 (Spese di personale per assunzioni comune di Matera)    526

Articolo 1, commi 446-452 (Fondo di solidarietà comunale).................. 528

Articolo 1, comma 453 (Canone per il servizio di distribuzione del gas naturale nel periodo di prosecuzione del servizio).............................................................................. 535

Articolo 1, commi 454 e 455 (Differimento di termini contabili per gli enti locali)   537

Articolo 1, comma 456 (Consorzi per la gestione associata di servizi sociali)  539


 

Articolo 1, comma 457 (Amministrazione residui attivi e passivi relativi a fondi di gestione vincolata).......................................................................................................... 542

Articolo 1, comma 458 (Acquisizione di informazioni sui fabbisogni standard)    544

Articolo 1, comma 459 (Criteri per il riparto delle riduzioni di spesa di beni e servizi per i comuni che gestiscono funzioni e servizi in forma associata).................. 547

Articolo 1, commi 460 e 461 (Destinazione proventi titoli abilitativi edilizi)    550

Articolo 1, comma 462 (Fondo per contenzioso amministrativo)............ 553

Articolo 1, commi 463-482 (Nuovo pareggio di bilancio enti territoriali) 555

Articolo 1, commi 483 e 484 (Pareggio di bilancio autonomie speciali) 572

Articolo 1, commi 485-501 e 506-508 (Assegnazione di spazi finanziari agli enti locali ed alle regioni per investimenti)................................................................................. 575

Articolo 1, commi 502-505 (Province autonome di Trento e di Bolzano) 583

Articolo 1, commi 509-516 (Recepimento dell’Accordo fra il Governo e la Regione siciliana)          587

Articolo 1, commi 517 e 518 (Regione Valle d’Aosta)............................... 595

Articolo 1, commi 519-520 e 534 (Regione Friuli-Venezia Giulia)........ 599

Articolo 1, commi 521-523 (Oneri gestione commissariale della regione Piemonte)     604

Articolo 1, commi 524-526 (Utilizzo di risorse residue per il pagamento di debiti contratti dalla P.A.) 607

Articolo 1, commi 527 e 528 (Estensione al 2020 del concorso alla finanza pubblica delle Regioni)............................................................................................................. 612

Articolo 1, comma 529 (Modifica procedimento di riparto del contributo per minori entrate IRAP).................................................................................................................. 616

Articolo 1, commi 530-532 (Regolazione anticipazioni di tesoreria per la Sanità)   618

Articolo 1, comma 533 (Disposizioni in materia di rilevazioni SIOPE). 621

Articolo 1, commi 535-544 (Misure antielusive e di contrasto all’evasione)    623

Articolo 545 e 546 (Vendita di titoli di accesso ad attività di spettacolo) 634


 

Articolo 1, commi 547-553 (Imposta sul reddito d’impresa – IRI e razionalizzazione dell’Aiuto alla crescita economica – ACE)..................................................................... 637

Articolo 1, commi 554-564 (Proroga della rideterminazione del valore dei terreni e delle partecipazioni, nonché rivalutazione dei beni di impresa)...................... 647

Articolo 1, commi 565 e 566 (Assegnazione o cessione di beni ai soci. Estromissione di immobili dal patrimonio dell’impresa)......................................................................... 653

Articolo 1, comma 567 (IVA sulle variazioni dell’imponibile o dell’imposta)   658

Articolo 1, commi 568-575 (Autorizzazione al cambio di tecnologia dei diritti d’uso delle frequenze in banda 900 e 1800 Mhz)............................................................ 661

Articolo 1, commi 576 e 577 (Gara Superenalotto)................................... 668

Articolo 1, commi 578-581 (Centri di servizio per il volontariato finanziati dalle Fondazioni bancarie)........................................................................................................... 671

Articolo 1, comma 582 (Partecipazione italiana a iniziative internazionali)    674

Articolo 1, comma 583 (Risorse per le fondazioni lirico-sinfoniche)..... 675

Articolo 1, comma 584 (Spese della società ALES S.p.A.)......................... 679

Articolo 1, commi 585 e 586 (Commissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda digitale)          681

Articolo 1, commi 587 e 588 (Cultura e lingua italiana all'estero)........ 684

Articolo 1, comma 589 (Sostegno agli enti gestori di corsi di lingua e cultura italiana all’estero)          686

Articolo 1, comma 590 (Incremento del Fondo adozioni internazionali) 687

Articolo 1, comma 591 (Linea ferroviaria Ferrandina-Matera)............. 689

Articolo 1, comma 592 (Sostegno alla stampa italiana all’estero)......... 691

Articolo 1, comma 593 (Contributo al CONI)............................................. 692

Articolo 1, comma 594 (Reperimento di risorse pubbliche per la rifunzionalizzazione degli immobili pubblici)............................................................................................ 693

Articolo 1, comma 595 (Nuova denominazione Italia Lavoro S.p.A.)..... 696

Articolo 1, comma 596 (Contributi associazioni combattentistiche)...... 698

Articolo 1, commi 597 e 598 (Debito Croce rossa).................................... 701

Articolo 1, comma 599 (Assegno al nucleo familiare in presenza di quattro o più figli)    703

Articolo 1, comma 600 (Fondo assegno sostitutivo grandi invalidi)...... 706


 

Articolo 1, comma 601 (Fondo per l'attuazione del piano nazionale per le città) 707

Articolo 1, commi 602 e 603 (Edilizia sanitaria)....................................... 708

Articolo 1, comma 604 (Rete viaria interessata dalla Coppa del mondo di sci)     710

Articolo 1, comma 605 (Contributo all’Istituto italiano per gli studi storici e all’Istituto italiano per gli studi filosofici)..................................................................................... 711

Articolo 1, comma 606 (Ricerca e sviluppo nei settori meteorologia e climatologia)    713

Articolo 1, comma 607 (Finanziamento degli interventi di decontaminazione e bonifica degli stabilimenti del gruppo ILVA)........................................................................ 715

Articolo 1, comma 608 (Piattaforma informatica sull'uso dei dati del codice di prenotazione nel settore del trasporto aereo)........................................................................... 720

Articolo 1, commi 609 e 610 (Restituzione del finanziamento statale a favore di ILVA)     722

Articolo 1, commi 611 e 612 (Strategia nazionale per la valorizzazione dei beni e delle aziende confiscate alla criminalità organizzata)...................................................... 726

Articolo 1, commi 613-615 (Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile) 732

Articolo 1, commi 616 e 619-620 (Scuole paritarie)................................. 737

Articolo 1, comma 617 (Detraibilità delle spese sostenute per la frequenza scolastica)    743

Articolo 1, comma 618 (Limitazione dei comandi di personale scolastico) 745

Articolo 1, comma 621 (Fondo per l’Africa)............................................... 747

Articolo 1, comma 622 (Misure per il rafforzamento della cooperazione internazionale per lo sviluppo)............................................................................................................ 750

Articolo 1, comma 623 (Fondo Corpi di polizia e dei Vigili del fuoco).. 753

Articolo 1, commi 624 e 625 (Rideterminazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica e del Fondo esigenze indifferibili)............................................ 756

Articolo 1, comma 626 (Rifinanziamento del bonus cultura per i  diciottenni e del bonus strumenti musicali).......................................................................................... 759

Articolo 1, comma 627 (Fondo nazionale per la rievocazione storica). 762


 

Articolo 1, comma 628 (Incremento limite annuale anticipazioni a carico del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie).............................................. 764

Articolo 1, comma 629 (Contributi per la cooperazione allo sviluppo). 766

Articolo 1, comma 630 (Immigrazione)........................................................ 767

Articolo 1, commi 631 e 632 (Eliminazione aumenti accise ed IVA per l’anno 2017)    772

Articolo 1, commi 633-636 (Collaborazione volontaria)......................... 774

Articolo 1, comma 637 (Tabelle A e B)......................................................... 778

Articolo 1, comma 638 (Clausola di salvaguardia per le autonomie speciali)  789

Parte II Sezione II – Approvazione degli stati di previsione

Articoli 2-18 (Approvazione degli stati di previsione, del totale generale della spesa e del quadro generale riassuntivo)........................................................................ 791

Articolo 19 (Entrata in vigore)...................................................................... 811

 

 

 

 

 


Tavola di raffronto della numerazione degli articoli e dei commi tra il disegno di legge e il testo finale della legge nelle diverse fasi dell’esame parlamentare

Oggetto

A.C.
4127-bis

A.C.
4127-bis-A

A.S.
2611
art. 1, co.

L. n. 232/2016

Risultati differenziali del bilancio dello Stato

1

1

1

1

Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia, riqualificazione antisismica, riqualificazione energetica e acquisto mobili e credito d’imposta strutture ricettive

2, co. 1,2

2-3

2-3

2-3

Credito d’imposta per strutture ricettive

2, co. 3-6

4-7

4-7

4-7

Proroga e rafforzamento della disciplina di maggiorazione della deduzione di ammortamenti

3

8-13

8-13

8-13

Manutenzione uffici giudiziari

 

14

14

14

Credito d’imposta per ricerca e sviluppo

4

15-16

15-16

15-16

Regime di cassa per i contribuenti in contabilità semplificata

5

17-23

17-23

17-23

Iva di gruppo

6

24-31

24-31

24-31

Modifica alla disciplina fiscale dei trasferimenti immobiliari nell'ambito di vendite giudiziarie

7

32

32

32

Assoggettamento all’IVA al 5% dei servizi di trasporto marittimo, lacuale, fluviale e lagunare

 

33-35

33-35

33-35

Ritenute sui corrispettivi dovuti dal condominio all'appaltatore e tracciabilità dei pagamenti

 

36

36

36

Deducibilità canoni di noleggio a lungo termine

8

37

37

37

Pagamento cumulativo della tassa automobilistica di proprietà

 

38-39

38-39

38-39

Riduzione canone RAI

9

40

40

40

Soppressione canone sale estratto da giacimenti

 

41

41

41

Proroga del blocco aumenti aliquote 2017

10

42

42

42

Anticipazioni di tesoreria

 

43

43

43

Abolizione IRPEF IAP e CD

11

44

44

44

Compensazioni IVA animali vivi  della specie bovina e suina

 

45-46

45-46

45-46

Ripristino agevolazioni territori montani

 

47

47

47

Riduzione dell’accisa sulla birra

 

48

48

48

Esclusione delle società di gestione dei fondi comuni d’investimento dall’applicazione dell’addizionale all’IRES del 3,5 per cento

12

49

49

49

Regime fiscale agevolato per le società sportive dilettantistiche

 

50

50

50

Regime fiscale agevolato per gli operatori bancari di finanza etica e sostenibile

 

51

51

51

Sostegno agli investimenti delle PMI (nuova Sabatini)

13

52-57

52-57

52-57

Internazionalizzazione delle imprese

 

58

58

58

Incentivi per l’acquisto di beni mobili strumentali per favorire la distribuzione gratuita di prodotti alimentari e non alimentari a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi

 

59-64

59-64

59-64

Sottoscrizione atto costitutivo start-up innovative

 

65

65

65

Estensione e rafforzamento delle agevolazioni per gli investimenti nelle start-up e nelle PMI innovative

14

66-69

66-69

66-69

Raccolta di capitali delle PMI

 

70

70

70

Rifinanziamento degli interventi per l’autoimprenditorialità e per le start-up innovative

15

71-73

71-73

71-73

Sostegno alla promozione di cooperative tra i lavoratori provenienti da aziende in crisi

 

74-75

74-75

74-75

Perdite fiscali di imprese neo costituite partecipate da società quotate

16

76-80

76-80

76-80

Trattamenti dei crediti tributari e contributivi

 

81

81

81

Investimenti in startup da parte dell’INAIL

17

82-83

82-83

82-83

Rimodulazione investimenti enti di previdenza in fondi immobiliari pubblici

 

84

84

84

Destinazione risorse INAIL all’edilizia scolastica

 

85

85

85

Fondo sperimentale finalizzato a reintegrare l’INAIL degli obblighi di copertura assicurativa di malattie e infortuni

 

86-87

86-87

86-87

Agevolazione per investimenti a lungo termine

18, co.1-10

88-99

88-99

88-99

PIR- Piani individuali di risparmio

18, co. 11-25

100-114

100-114

100-114

Centri di competenza ad alta specializzazione nell’ambito del Piano nazionale Industria 4.0

 

115

115

115

Fondazione Human Technopole

19

116-123

116-123

116-123

Efficientamento centri di ricerca

 

124-125

124-125

124-125

Misure per l’attuazione del progetto dell’Area EXPO 2015

 

126-139

126-139

126-139

Efficientamento Anas

20
stralciato

 

 

 

Fondo da ripartire per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese

21

140-142

140-142

140-142

Fondo per la realizzazione di investimenti per la conservazione della fauna e della flora, la salvaguardia della biodiversità e dell’ecosistema marino

 

143

143

143

Sviluppo del sistema nazionale di ciclovie turistiche

 

144-145

144-145

144-145

Criteri di indennizzo dei figli delle vittime di omicidio commesso dal coniuge

 

146

146

146

Piano per gli impianti sportivi nelle periferie urbane

 

147

147

147

Misure di attrazione degli investimenti. Rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero

22

148-159

148-159

148-159

Premio di produttività e welfare aziendale

23

160-162

160-162

160-162

Risorse finanziarie da destinare ai lavoratori socialmente utili e a quelli di pubblica utilità

 

163

163

163

Proroga dell’esclusione del contributo di licenziamento in caso di cambi di appalto

 

164

164

164

Abbassamento aliquota contributiva iscritti alla gestione separata

24

165

165

165

Anticipo Finanziario a garanzia pensionistica – Ape sociale

25

166-186

166-186

166-186

Quattordicesima

26

187

187

187

Rendita integrativa temporanea anticipata R.I.T.A

27

188-192

188-192

188-192

Monitoraggio e prosecuzione della sperimentazione relativa all’APE, all’APE sociale e a RITA

 

193

193

193

Abolizione penalizzazioni

28

194

194

194

Cumulo periodi assicurativi

29

195-198

195-198

195-198

Lavoratori precoci

30

199-205

199-205

199-205

Lavori usuranti

31

206-208

206-208

206-208

Benefici previdenziali per i centralinisti telefonici non vedenti

 

209

209

209

No tax area pensionati

32

210

210

210

Trattamenti pensionistici per le vittime del dovere e i loro familiari superstiti

 

211

211

211

Misure in materia di salvaguardia dei lavoratori dall'incremento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico

33

212-221

212-221

212-221

Estensione opzione donna

 

222-225

222-225

222-225

Rifinanziamento prepensionamento giornalisti

 

226-232

226-232

226-232

Riduzione autorizzazione di spesa per trasformazione a tempo parziale dei rapporti di lavoro

34

233

233

233

Agevolazioni per l’assegno straordinario per il sostegno al reddito riconosciuto dai Fondi di solidarietà

35

234-237

234-237

234-237

Disposizioni in materia di finanziamenti per la povertà

 

238-239

238-239

238-239

Interventi in materia di politiche del lavoro

 

240

240

240

Congedo per le lavoratrici autonome vittime di violenza di genere

 

241-242

241-242

241-242

Norma in materia di localizzazione e svolgimento dei servizi di call center

 

243

243

243

Fondo di solidarietà per il settore pesca

 

244-248

244-248

244-248

Reversibilità orfani

 

249

249

249

Interventi per i lavoratori affetti da malattie derivanti da amianto

 

250

250

250

Fondi regionali per l’occupazione dei disabili

 

251

251

251

Norme sulla contribuzione studentesca

36

252-267

252-267

252-267

Finanziamento del fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio

37

268-272

268-272

268-272

Borse nazionali per il merito e la mobilità

38

273-289

273-289

273-289

Orientamento pre-universitario, sostegno didattico e tutorato

39

290-293

290-293

290-293

Erogazioni liberali in favore degli Istituti Tecnici Superiori

40

294

294

294

Modalità di finanziamento delle attività di ricerca e semplificazione

41

295-305

295-305

295-305

Autorizzazione all’assunzione di personale da parte dell’ANVUR

 

306

306

306

Finanziamento dell'Istituto nazionale di genetica molecolare (INGM)

 

307

307

307

Esonero contributivo alternanza scuola lavoro

42

308-311

308-311

308-311

Programma operativo nazionale "Per la Scuola - competenze e ambienti per l'apprendimento"

42, co. 4

312-313

312-313

312-313

Fondo per il finanziamento dei dipartimenti universitari di eccellenza

43

314-317

314-317

314-317

Procedimento per l’attribuzione del finanziamento

44

318-331

318-331

318-331

Importo del finanziamento e modalità della sua utilizzazione

45

332-339

332-339

332-339

Tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari

 

340-343

340-343

340-343

Esonero contributivo per nuovi coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali

46, co. 1-2

344-345

344-345

344-345

Indennità per lavoratori dipendenti del settore della pesca marittima

46

346-347

346-347

346-347

Fondo sostegno natalità

47

348-349

348-349

348-349

Piano di azione nazionale su “Donne Pace e Sicurezza”

 

350

350

350

Nuove fonti di alimentazione del Fondo per l'indennizzo in favore delle vittime

 

351-352

351-352

351-352

Premio alla nascita

48, co.1

353

353

353

Congedo di paternità

48, co. 2

354

354

354

Buono nido e rifinanziamento voucher asili nido

49

355-357

355-357

355-357

Pari opportunità

50

358

358

358

Sostegno delle donne vittime di violenza e dei loro figli

 

359

359

359

Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico

 

360-361

360-361

360-361

Ricostruzione privata e pubblica

51

362-363

362-363

362-363

Fondo per il pubblico impiego

52

364-365

367, 369

364-365

367, 369

364-365

367, 369

Incremento dell’organico dell’autonomia

52, co. 3

366 e 373-374

366 e 373-374

366 e 373-374

Graduatorie concorsi pubblici

 

368

368

368

Casse di previdenza dei liberi professionisti

 

370

370

370

Fondo per le misure anti tratta

 

371

371

371

Assunzione personale amministrativo non dirigenziale giustizia

 

372

372

372

Contratti di lavoro a tempo determinato per il personale scolastico)

53

375-376

375-376

375-376

Strade sicure

54

377

377

377

Fondo volo

55

378

378

378

Scuole belle

56

379-380

379-380

379-380

G7

57

381

381

381

Infrastruttura  per l’interoperabilità per fascicolo sanitario elettronico

58, co. 1-3

382-384

382-384

382-384

Quota premiale SSN e programma di miglioramento

58, co. 4-8

385-389

385-389

385-389

Efficientamento e piani di rientro degli enti sanitari

58, co. 9

390

390

390

Piani di rientro per le regioni a statuto speciale e le province autonome

 

391

391

391

Livello di finanziamento del sanitario nazionale e quota vincolata per fondi

58, co. 10-12

392-394

392-394

392-394

Incompatibilità alla nomina a Commissario ad acta per la gestione dei piani di rientro dei disavanzi sanitari regionali

 

395-396

395-396

395-396

Governance  sanitaria

59, co.1-12

397-408

397-408

397-408

Assunzioni personale SSN

59, co. 13

409

409

409

Attività di ricerca negli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) e negli Istituti zooprofilattici sperimentali (IZS).

 

410

410

410

Fondo Alzheimer

 

411

411

411

Rinnovi contrattuali personale SSN

 

412

412

412

Misure di efficientamento della spesa per acquisti

60, co. 1-7

413-419

413-419

413-419

Acquisto beni e servizi

60, co. 8-11

420-423

420-423

420-423

Approvazione del programma biennale degli acquisti di beni e servizi nei bilanci enti locali

 

424

424

424

Misure di efficientamento della spesa dei Ministeri

61, co. 1

425

425

425

Vendita sedi all’estero

61, co. 2

426

426

426

Diritti consolari

61, co. 3-4

427-428

427-428

427-428

Destinazione dei versamenti domanda di riconoscimento di cittadinanza italiana

 

429

429

429

Definanziamento Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo

 

430

430

430

Sgravi contributivi imprese trasporto

61, co. 5

431

431

431

Interventi sulle soprintendenze speciali

 

432

432

432

Esecuzione forzata in caso di contenzioso seriale e disposizioni in materia di video conferenza

62
stralciato

 

 

 

Fondi a favore degli enti territoriali

63

433

437-439

433

437-439

433

437-439

Piano di riequilibrio finanziario pluriennale

 

434-436

434-436

434-436

Rinegoziazione dei mutui

 

440-443

440-443

440-443

Modalità di riduzione di risorse ai comuni (spending review)

64, co. 1

444

444

444

Spese di personale per Matera

 

445

445

445

Finanziamento Comune di Lecce

64, co. 2
stralciato

 

 

 

Fondo di solidarietà comunale

64, co. 3-8

446-452

446-452

446-452

Canone per il servizio di distribuzione del gas naturale nel periodo di prosecuzione del servizio

 

453

453

453

Differimento di termini contabili per gli enti locali

64, co. 9

454

454

454

 

455

455

455

Consorzi per la gestione associata di servizi sociali

 

456

456

456

Amministrazione residui attivi e passivi relativi ai fondi gestione vincolata

 

457

457

457

Semplificazione procedimento acquisizione informazioni fabbisogni standard

64, co. 10

458

458

458

SIOPE

 

459

459

459

Destinazione dei proventi dei titoli abilitativi edilizi

 

460-461

460-461

460-461

Fondo per contenzioso amministrativo comune di Lecce

 

462

462

462

Nuovo pareggio di bilancio enti territoriali

65, co. 1-20

463-482

463-482

463-482

Pareggio di bilancio autonomie speciali

65, co. 21-22

483-484

483-484

483-484

Assegnazione di spazi finanziari agli enti locali ed alle regioni per investimenti

65, co. 23-42

485-501

506-508

485-501

506-508

485-501

506-508

Province autonome di Trento e di Bolzano

 

502-505

502-505

502-505

Recepimento dell’Accordo fra il Governo e la Regione Siciliana sottoscritto in data 20 giugno 2016

66, co. 1-8

509-516

509-516

509-516

Valle d’Aosta

66, co. 9-10

517-518

517-518

517-518

Friuli Venezia Giulia

66, co. 11-12

519-520

519-520

519-520

Revisione rata debito Regione Piemonte

66, co. 13-15

521-523

521-523

521-523

Residue risorse già erogate per pagare nuovi debiti

66, co. 16-18

524-526

524-526

524-526

Proroga concorso alla finanza pubblica delle Regioni

66, co. 19-20

527-528

527-528

527-528

Modifica riparto contributo IRAP

66, co. 21

529

529

529

Regolazione anticipazioni di tesoreria per la Sanità

66, co. 22-24

530-532

530-532

530-532

Evoluzione della rilevazione SIOPE

66, co. 25

533

533

533

Attribuzione imposta PRA alla regione Friuli Venezia Giulia

 

534

534

534

Misure antielusive e di contrasto all’evasione

67

535-541

535-541

535-541

 

542-544

542-544

542-544

Vendita biglietti spettacolo

 

545-546

545-546

545-546

Imposta sul reddito d’impresa – IRI e razionalizzazione dell’Aiuto alla crescita economica – ACE

68

547-553

547-553

547-553

Rideterminazione del valore di acquisto dei terreni e delle partecipazioni nonché della rivalutazione dei beni di impresa

69

554-564

554-564

554-564

Riapertura dei termini per  assegnazione o cessione di beni ai soci

70

565-566

565-566

565-566

Modifiche alla disciplina IVA sulle variazioni dell’imponibile o dell’imposta

71

567

567

567

Autorizzazione al cambio di tecnologia dei diritti d’uso delle frequenze in banda 900 e 1800 Mhz

72

568-575

568-575

568-575

Gara Superenalotto

73

576-577

576-577

576-577

Interventi diversi

74

 

 

 

Centri di servizio per il volontariato finanziati dalle Fondazioni Bancarie

74, co. 1-4

578-581

578-581

578-581

Partecipazione italiana a iniziative internazionali

74, co 5

582

582

582

Fondazioni lirico-sinfoniche

 

583

583

583

Spese Ales S.p.A.

 

584

584

584

Disposizioni per il completamento della procedura di cessione ILVA

74, co 6
stralciato

 

 

 

Agenda digitale

74, co 7-8

585-586

585-586

585-586

Cultura e scienza italiana all’estero

74, co 9-10

587-588

587-588

587-588

Corsi di lingua e cultura italiana all’estero

 

589

589

589

Adozioni internazionali

 

590

590

590

Linea ferroviaria Ferrandina-Matera

 

591

591

591

Stampa italiana all’estero

 

592

592

592

Contributo al Coni

 

593

593

593

Progetto Ryder Cup 2022

74, co 11-12
stralciato

 

 

 

Credito sportivo

74, co 13
stralciato

 

 

 

Centro METEO

74, co. 14
stralciato

 

 

 

Soprintendenze speciali di Roma e Pompei

74, co 15
stralciato

 

 

 

Adeguamento delle reti viarie e ferroviarie per coppa del mondo e campionati mondiali sci 2020-2011 Cortina

74, co. 16-27
stralciato

 

 

 

Commissari delegati del Governo

74, co 28-35
stralciato

 

 

 

Rifunzionalizzazione degli immobili pubblici

74, co 36

594

594

594

Nuova denominazione di Italia Lavoro S.p.A. (Anpal S.p.A.)

 

595

595

595

Associazioni combattentistiche

 

596

596

596

Debito Croce Rossa

 

597-598

597-598

597-598

Assegni al nucleo familiare per i cittadini italiani all’estero

 

599

599

599

Assegno sostitutivo ai grandi invalidi di guerra

 

600

600

600

Piano nazionale per le città

 

601

601

601

Edilizia sanitaria

 

602-603

602-603

602-603

Rete viaria interessata da Coppa del mondo di sci

 

604

604

604

Istituto italiano per gli studi storici e Istituto italiano per gli studi filosofici

 

605

605

605

Ricerca nel campo della meteorologia e della climatologia

 

606

606

606

Interventi di decontaminazione e bonifica ILVA

 

607

607

607

Piattaforma informatica sull’uso dei dati dei codici di prenotazione nel settore del trasporto aereo

 

608

608

608

Restituzione del finanziamento statale a favore di ILVA

 

609-610

609-610

609-610

Strategia nazionale per la valorizzazione dei beni e delle aziende confiscate alla criminalità organizzata

75

611-612

611-612

611-612

Contribuzioni addizionali al Fondo di risoluzione nazionale

76
stralciato

 

 

 

Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile

77

613-615

613-615

613-615

Scuole paritarie e materne

78

616 e 619-620

616 e 619-620

616 e 619-620

Erogazioni liberali per investimenti in favore delle scuole paritarie

 

620

620

620

Detraibilità delle spese sostenute per la frequenza scolastica

 

617

617

617

Limitazione dei comandi di personale scolastico

78, co.3

618

618

618

Fondo per l’Africa

79

621

621

621

Cassa depositi e prestiti

 

622

622

622

Fondo Corpi di polizia e dei vigili del fuoco

80

623

623

623

Rideterminazione del FISPE e del Fondo esigenze indifferibili

81

624-625

624-625

624-625

Rifinanziamento bonus cultura 18enni e del bonus strumenti musicali

82

626

626

626

Fondo nazionale per la rievocazione storica

 

627

627

627

Incremento limite annuale anticipazioni a carico del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie

83

628

628

628

Contributi per la cooperazione allo sviluppo

 

629

629

629

Immigrazione

84

630

630

630

Eliminazione aumenti accise ed IVA per l’anno 2017

85

631-632

631-632

631-632

Collaborazione volontaria

86

633-636

633-636

633-636

Fondi Speciali

87

637

637

637

Clausola di salvaguardia per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano

 

638

638

638

 


 

Oggetto

A.C.
4127-bis

A.C.
4127-bis-A

A.S.
2611

L. n. 232/2016

Stato di previsione dell'entrata

88

2

2

2

Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e disposizioni relative

89

3

3

3

Stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico e disposizioni relative

90

4

4

4

Stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali

91

5

5

5

Stato di previsione del Ministero delta giustizia e disposizioni relative

92

6

6

6

Stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e disposizioni relative

93

7

7

7

Stato di previsione del Ministero dell' istruzione, dell'università e della ricerca e disposizioni relative

94

8

8

8

Stato di previsione del Ministero dell'interno e disposizioni relative

95

9

9

9

Stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare

96

10

10

10

Stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e disposizioni relative

97

11

11

11

Stato di previsione del Ministero della difesa e disposizioni relative

98

12

12

12

Stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e disposizioni relative

99

13

13

13

Stato di previsione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e disposizioni relative

100

14

14

14

Stato di previsione del Ministero della salute e disposizioni relative

101

15

15

15

Totale generale della spesa

102

16

16

16

Quadro generale riassuntivo

103

17

17

17

Disposizioni diverse

104

18

18

18

Entrata in vigore

105

19

19

19

 


 

La nuova legge di bilancio

 

 

Con la recente riforma operata dalla legge n.163 del 2016 sulla legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 2009, i contenuti della legge di bilancio e della legge di stabilità vengono ora ricompresi in un unico provvedimento, costituito dalla nuova legge di bilancio, riferita ad un periodo triennale ed articolata in due sezioni, secondo quanto dispone il nuovo articolo 21 della legge di contabilità. La prima sezione svolge essenzialmente le funzioni dell’ex disegno di legge di stabilità; la seconda sezione assolve, nella sostanza, quelle del disegno di legge di bilancio.

Nella riallocazione tra le due Sezioni delle informazioni prima recate dai due distinti disegni di legge di stabilità e di bilancio, va però considerato che la seconda sezione, pur ricalcando il contenuto del bilancio di previsione finora vigente, viene ad assumere un contenuto sostanziale, potendo ora incidere direttamente - attraverso rimodulazioni ovvero rifinanziamenti, definanziamenti o riprogrammazioni - sugli stanziamenti sia di parte corrente che di parte capitale previsti a legislazione vigente, ed integrando nelle sue poste contabili gli effetti delle disposizioni della prima sezione.

L’integrazione in un unico documento dei contenuti degli ex disegni di legge di bilancio e di stabilità persegue la finalità di incentrare la decisione di bilancio sull’insieme delle entrate e delle spese pubbliche, anziché sulla loro variazione al margine come avveniva finora, portando al centro del dibattito parlamentare le priorità dell’intervento pubblico, considerato nella sua interezza.

Il contenuto della prima sezione (ex legge di stabilità)

La prima sezione - disciplinata dai nuovi commi da 1-bis a 1-quinquies dell’articolo 21 della legge n. 196/2009 - contiene le disposizioni in materia di entrata e di spesa aventi ad oggetto misure quantitative destinate a realizzare gli obiettivi programmatici, con effetti finanziari aventi decorrenza nel triennio considerato dal bilancio. Essa riprende sostanzialmente, con alcune modifiche e adattamenti, i contenuti del soppresso articolo 11 della legge n. 196/2009, riguardante la disciplina della legge di stabilità.

Per quanto concerne il contenuto della sezione in esame, tra le novità più rilevanti rispetto all’ex disegno di legge di stabilità va in primo luogo segnalato come essa potrà contenere anche norme di carattere espansivo, ossia di minore entrata o di maggiore spesa, in quanto non è stata riproposta la disposizione che recava l’articolo 11, comma 3, lettera i), della legge n. 196 del 2009, ai sensi della quale la legge di stabilità doveva indicare le sole norme che comportassero aumenti di entrata o riduzioni di spesa.

La mancata indicazione di un vincolo di carattere restrittivo in termini di effetto della prima parte della legge di bilancio deriva dalla circostanza che ai sensi dell’articolo 14 delle legge di attuazione del pareggio di bilancio n. 243 del 2012, il nuovo disegno di legge di bilancio soggiace ora ad una regola di “equilibrio” del bilancio dello Stato che consiste in un valore del saldo netto da finanziare coerente con gli obiettivi programmatici di finanza pubblica: obiettivi che com’è noto possono ricomprendere anche situazioni di disavanzo nell’ambito del percorso di raggiungimento dell’ obiettivo di medio termine (Medium Term Objective, MTO). Di conseguenza il nuovo disegno di legge di bilancio non reca più (a differenza di quanto finora per la legge di stabilità) un autonomo prospetto di copertura.

Altra significativa novità può ravvisarsi nella circostanza che alla conferma del divieto già previsto in passato di inserire norme di delega, di carattere ordinamentale o organizzatorio o interventi di natura localistica o microsettoriale, si accompagna ora all’ulteriore divieto (commi 1-ter ed 1-quinquies dell’articolo 21) di inserire norme che dispongono la variazione diretta delle previsioni di entrata o di spesa contenute nella seconda sezione. Le disposizioni contenute nella prima sezione – sottolinea la norma – devono determinare variazioni delle previsioni di bilancio indicate nella seconda sezione soltanto attraverso la modifica delle autorizzazioni legislative sottostanti o dei parametri previsti dalla normativa vigente che determinano l’evoluzione delle entrate e della spesa, ovvero attraverso nuovi interventi. Le disposizioni della prima sezione non possono, cioè, apportare variazioni alle previsioni di bilancio contenute nella seconda sezione attraverso una modifica diretta dell’ammontare degli stanziamenti iscritti nella seconda sezione. Tale modifica è possibile solo incidendo sulle norme o sui parametri stabiliti per legge che determinano l’evoluzione dei suddetti stanziamenti di bilancio.

Nel contenuto proprio della prima sezione sono poi confermate:

§  la determinazione del livello massimo del ricorso al mercato finanziario e del saldo netto da finanziare;

§  la determinazione degli importi dei fondi speciali;

§  la previsione di norme volte a rafforzare il contrasto e la prevenzione dell'evasione fiscale e contributiva;

§  la determinazione dell'importo complessivo massimo destinato, in ciascun anno del triennio di riferimento, al rinnovo dei contratti del pubblico impiego;

§  la previsione di eventuali norme recanti misure correttive degli effetti finanziari delle leggi;

§  la previsione delle norme eventualmente necessarie a garantire il concorso degli enti territoriali agli obiettivi di finanza pubblica.

Da segnalare inoltre come non sono riproposte, quale contenuto della prima sezione, le disposizioni (di cui all’ex articolo 11, comma 3, lettere d), e), f) ed h) della legge n. 196) che prevedevano la determinazione degli importi delle leggi di spesa permanente, la riduzione di autorizzazioni legislative di spesa di parte corrente nonché le variazioni delle leggi che dispongono spese a carattere pluriennale in conto capitale, di cui rispettivamente alle tabelle C, D ed E della legge di stabilità. La mancata riproposizione va ricondotta al fatto che nell’impianto organico della nuova legge di bilancio tali determinazioni sono trasferite nell’ambito della seconda sezione. La nuova disciplina prevede però, contestualmente, che i contenuti delle tabelle devono essere esposti – a fini conoscitivi – in appositi allegati del disegno di legge di bilancio, da aggiornare al passaggio del provvedimento tra i due rami del Parlamento.

Un diverso contenuto caratterizza infine la relazione tecnica, finora prevista per la sola ex legge di stabilità, che viene adesso estesa alla legge di bilancio nel suo complesso. Ciò in quanto l’unificazione dei due disegni di legge in un unico provvedimento e, all’interno di questo, il carattere sostanziale che caratterizza anche la seconda sezione, impone l’obbligo di presentazione della relazione in questione non solo con riferimento alla prima sezione ma anche con riguardo alla seconda sezione, in modo da consentire di valutare l’attendibilità dei criteri utilizzati per l’elaborazione delle previsioni di entrata e di spesa, che rappresentano la base su cui si innesta la parte dispositiva della manovra.

Nella relazione tecnica presentata a corredo del disegno di legge di bilancio sono indicati:

§  la quantificazione degli effetti finanziari derivanti da ciascuna disposizione normativa introdotta nell'ambito della prima sezione;

§  i criteri essenziali utilizzati per la formulazione, sulla base della legislazione vigente, delle previsioni di entrata e di spesa contenute nella seconda sezione;

§  elementi di informazione che diano conto della coerenza del valore programmatico del saldo netto da finanziare o da impiegare con gli obiettivi programmatici contenuti nella Nota di aggiornamento del DEF.

La previsione in base alla quale la relazione tecnica deve contenere anche elementi di valutazione che diano conto della suddetta coerenza va messa in relazione sia con il nuovo vincolo previsto dall’articolo 21, secondo cui le nuove o maggiori spese disposte dalla prima sezione non possono concorrere a determinare tassi di evoluzione delle spese incompatibili con gli obiettivi programmatici fissati nel DEF, sia con il fatto che – come sopra già anticipato - l’articolo 14 della legge n. 243 del 2012 non prevede una disposizione per la copertura della legge di bilancio, facendo invece riferimento al vincolo costituito dall’equilibrio di bilancio.

I contenuti della prima sezione sono inoltre interessati, oltre che dalla relazione tecnica, da un ulteriore documento riferito alle grandezze economiche del provvedimento, costituito dalla Nota tecnico-illustrativa, già prevista dalla legge n. 196 del 2009 ma che viene arricchita di contenuti. Essa deve ora essere allegata al disegno di legge di bilancio con funzione di raccordo, a fini conoscitivi, tra il provvedimento di bilancio e il conto economico delle pubbliche amministrazioni. A tal fine la Nota espone i contenuti e gli effetti sui saldi da parte della manovra, nonché i criteri utilizzati per la quantificazione degli effetti dei vari interventi, e dovrà essere aggiornata in relazione alle modifiche apportate dalle Camere al disegno di legge di bilancio nel corso dell’esame parlamentare.

Il contenuto della seconda sezione (ex legge di bilancio)

La seconda sezione - individuata dal nuovo comma 1‑sexies dell’articolo 21 della legge n. 196/2009 – indica le previsioni di entrata e di spesa, espresse in termini di competenza e di cassa, formate sulla base della legislazione vigente, tenuto conto dell'aggiornamento delle previsioni relative alle spese per oneri inderogabili e fabbisogno e delle proposte di variazioni di fattori legislativi.

Tali previsioni vengono inoltre integrate con gli effetti delle variazioni derivanti dalle disposizioni della prima sezione, alle quali viene assicurata una autonoma evidenza contabile (c.d. bilancio integrato).

Rinviandosi per una illustrazione più dettagliata dei nuovi contenuti della seconda sezione rispetto alla ex legge di bilancio alla parte di questo dossier relativa alla sezione medesima, qui ci si limita a segnalare come la principale novità risultante dalla riforma recata dalla legge n. 163/2016 è costituita dal passaggio definitivo (in quanto per alcuni limitati aspetti anticipato dal progressivo ampliamento della flessibilità di bilancio all’interno del previgente testo della legge n. 196/2009) da una concezione formale[1] ad una concezione sostanziale del disegno di legge di bilancio, disponendosi che la seconda sezione possa incidere - attraverso rimodulazioni ovvero rifinanziamenti, definanziamenti o riprogrammazioni - sugli stanziamenti sia di parte corrente che di parte capitale previsti a legislazione vigente (cfr. comma 3 dell’articolo 23 della legge di contabilità), ed integrando nelle sue poste contabili gli effetti delle disposizioni della prima sezione.

In estrema sintesi, le novità più rilevanti che concernono i contenuti della seconda sezione rispetto all’ex disegno di legge di bilancio, riguardano:

§  l’ampliamento dei margini di flessibilità di bilancio sulle dotazioni finanziarie di spesa relative ai fattori legislativi di un medesimo stato di previsione, attraverso:

-  la possibilità di effettuare rimodulazioni in via compensativa delle dotazioni finanziarie relative ai fattori legislativi all’interno di ciascuno stato di previsione, senza più il vincolo della compensatività all'interno di uno stesso programma o di una stessa missione (c.d. rimodulazione verticale);

-  la previsione di una ulteriore fattispecie di rimodulazione delle leggi di spesa (c.d. rimodulazione orizzontale) che consente l’adeguamento delle relative dotazioni finanziarie di competenza e di cassa a quanto previsto nel piano finanziario dei pagamenti (Cronoprogramma);

§  l’introduzione della possibilità di apportare variazioni, con la seconda sezione, alle dotazioni finanziarie di spesa previste a legislazione vigente relative ai fattori legislativi, per un periodo temporale anche pluriennale, con operazioni che precedentemente erano riservate alla legge di stabilità, attraverso le tabelle C, D e E[2];

§  la più puntuale articolazione della spesa di ciascun programma tra oneri inderogabili, fattori legislativi e spese di adeguamento al fabbisogno, come meglio si preciserà nella parte del presente dossier sulla seconda sezione. 

 

Sulla base del nuovo quadro legislativo qui sinteticamente accennato, la previsione di spesa per ciascun programma - che, si rammenta, costituisce l’unità di voto in sede parlamentare - si forma secondo una sequenza che, partendo dal dato contabile a legislazione vigente, può essere modificato prima dalle rimodulazioni compensative per fattori legislativi e cronoprogramma e poi dalle variazioni alle dotazioni finanziarie relative ai fattori legislativi, formandosi in tal modo il dato contabile di spesa risultante dalla seconda sezione; su questo va quindi inserito l’effetto finanziario determinato sul programma dalle eventuali modifiche risultanti dalla prima sezione, formandosi in tal modo il dato di bilancio “integrato”, cioè comprensivo di entrambe le sezioni, che costituirà l’unità di voto.

In termini analoghi si procede per l’unità di voto parlamentare delle entrate - vale a dire la tipologia delle stesse – per la quale, al dato contabile risultante dalla seconda sezione, formato sulla base della legislazione vigente, vanno inseriti gli effetti finanziari derivanti dalla prima sezione, determinandosi così il dato “integrato” delle due sezioni.


 

Parte I
Sezione I –
Misure quantitative per la realizzazione
degli obiettivi programmatici

Articolo 1, comma 1
(Risultati differenziali del bilancio dello Stato)

 


1. I livelli massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario, in termini di competenza e di cassa, di cui all’articolo 21, comma 1 -ter , lettera a) , della legge 31 dicembre 2009, n. 196, per gli anni 2017, 2018 e 2019, sono indicati nell’allegato n. 1 annesso alla presente legge. I livelli del ricorso al mercato si intendono al netto delle operazioni effettuate al fi ne di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.


 

 

Il comma 1 fissa per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019 i livelli massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario in termini di competenza e cassa.

 

Secondo quanto disposto dall’articolo 21, comma 1-ter, lettera a), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, tali livelli sono indicati nell'allegato n. 1 annesso al disegno di legge,  e sono determinati in coerenza con gli obiettivi programmatici del saldo del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche.

 

Rispetto al dettato dell’ex articolo 11, comma 3, lett. a), della legge di contabilità - che prevedeva la determinazione dei livelli massimi dei suddetti saldi solo in termini di competenza, con specifica indicazione delle eventuali regolazioni pregresse - viene eliminato il riferimento alle regolazioni contabili e debitorie pregresse, incluse nel valore del saldo ma delle quali viene ora data separata evidenza nel prospetto di raccordo tra il bilancio dello Stato e il conto della P.A. contenuto nella nota tecnico-illustrativa, di cui al nuovo comma 12‑quater dell’articolo 21 della legge n. 196.

I livelli del ricorso al mercato si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.


 

Tabella 1 - Risultati differenziali

                                                                                      (importi in milioni di euro)

 

2017

2018

2019

Livello massimo del saldo netto da finanziare in termini di competenza

- 38.601

-27.249

-8.628

Livello massimo del saldo netto da finanziare in termini di cassa

-102.627

-77.490

-57.246

Livello massimo del ricorso al mercato in termini di competenza

293.097

254.485

249.527

Livello massimo del ricorso al mercato in termini di cassa

356.551

304.132

297.551

 

Si rammenta che il saldo netto da finanziare è pari alla differenza tra le entrate finali e le spese finali iscritte nel bilancio dello Stato, cioè la differenza tra il totale delle entrate e delle spese al netto delle operazioni di accensione e rimborso prestiti. Quanto al ricorso al mercato, questo rappresenta la differenza tra le entrate finali e il totale delle spese. Esso indica la misura in cui occorre fare ricorso al debito per far fronte alle spese che si prevede effettuare nell’anno e che non sono coperte dalle entrate finali: tale importo coincide, pertanto, con l’accensione dei prestiti.

Come espone la tabella, il valore del saldo netto da finanziare di cassa è consistentemente superiore a quello di competenza. Tale circostanza, riscontrabile di norma in sede di bilancio previsionale, deriva dalla diversa composizione dei due livelli, in quanto il saldo di competenza fa riferimento  alla differenza tra entrate finali e spese finali di competenza – vale a dire impegni ed accertamenti – mentre le componenti del saldo di cassa vengono quantificate tenendo conto delle relative masse acquisibili (incassi) e spendibili (pagamenti): nella cassa, in altri termini, unitamente agli stanziamenti di competenza si valuta anche l’ammontare dei residui attivi e, soprattutto, passivi.

Il maggior livello del saldo di cassa determina un analogo differenziale sul risultato del ricorso al mercato in termini di cassa rispetto a quello di competenza, atteso che il ricorso al mercato corrisponde alla somma del saldo netto da finanziare e del rimborso dei prestiti.

 

Come precisato espressamente nell’Allegato 1 all’articolo in esame,  gli importi del saldo netto da finanziare, che oltre alle voci delle regolazioni contabili e debitorie ed agli effetti della manovra includono anche gli effetti del decreto-legge fiscale n. 193/2016[3], sono inferiori ai livelli programmatici di tale saldo indicati nella Nota di aggiornamento, - come poi previsti nelle risoluzioni parlamentari  di approvazione della Nota medesima - nella quale gli stessi, riferiti per il 2017 ad un livello di indebitamento netto del 2,4 per cento di Pil, risultavano cifrati, in termini di competenza, in 40,5 miliardi nel 2017 e poi in 28,1 e 9,7 miliardi per il 2018 ed il 2019. I valori ora indicati nell’articolo 1 in esame, che incorporano sia gli effetti della manovra contenuta nel disegno di legge di bilancio che quelli del D.L. n. 193/2016 medesimo, fanno invece riferimento ad un obiettivo di indebitamento per il 2017 inferiore di 0,1 punti di Pil, che si colloca ora al 2,3 per cento.

Per il 2017 il limite massimo del saldo netto da finanziare è pertanto previsto pari a circa 38,6 miliardi in termini di competenza ed a circa  102,6 miliardi in termini di cassa.

Tali limiti sono poi indicati, rispettivamente in competenza ed in cassa, in circa 27,2 miliardi e 77,5 miliardi nel 2018 ed in circa 8,6 e 57,2 miliardi nel 2019.

Tutti i suddetti valori corrispondono a quanto risultante dal disegno di legge di bilancio in esame per il triennio considerato[4], nel quale gli importi iscritti nel bilancio “integrato” per ciascun anno sono egualmente costruiti ricomprendendovi i risultati derivanti dalla manovra di bilancio e dal decreto fiscale.

Per quanto riguarda il ricorso al mercato, per l’anno 2017 è fissato un livello massimo, in termini di competenza, pari a circa 293 miliardi, e pari a circa 356,5 miliardi in termini di cassa.

I suddetti livelli sono poi determinati rispettivamente in competenza ed in cassa in circa 254,5 miliardi  e 304,1 miliardi nel 2018 ed in circa 249,5 e 297,5 miliardi nel 2019.

I limiti massimi in questione sono stati confermati nel corso dell’esame parlamentare, che ne ha anzi comportato un lieve miglioramento, vale a dire una riduzione sia del saldo netto da finanziare che dell’ammontare del ricorso al mercato: miglioramento che per il saldo netto risulta pari a  circa 2 milioni nel 2017 in termini di competenza,  e pari a circa 39 milioni per 2017, 79 milioni per il 2018 e 104 milioni per il 2019 in termini di cassa, determinando eguali effetti per quanto concerne il ricorso a mercato.


 

Articolo 1, commi 2-3
(Detrazioni fiscali per ristrutturazione edilizia, riqualificazione antisismica, energetica e acquisto mobili)

 


2. Al decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 14, concernente detrazioni fi scali per interventi di efficienza energetica:

1) le parole: «31 dicembre 2016», ovunque ricorrono, salvo quanto previsto dal numero 2) della presente lettera, sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2017»;

2) al comma 2, lettera a) , le parole: «31 dicembre 2016» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2021»;

3) dopo il comma 2 -ter sono inseriti i seguenti:

«2 -quater . Per le spese sostenute dal 1º gennaio 2017 al 31 dicembre 2021 per interventi di riqualificazione energetica di parti comuni degli edifici condominiali, che interessino l’involucro dell’edificio con un’incidenza superiore al 25 per cento della superficie disperdente lorda dell’edificio medesimo, la detrazione di cui al comma 1 spetta nella misura del 70 per cento. La medesima detrazione spetta, nella misura del 75 per cento, per le spese sostenute per interventi di riqualificazione energetica relativi alle parti comuni di edifici condominiali finalizzati a migliorare la prestazione energetica invernale ed estiva  e che conseguano almeno la qualità media di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 26 giugno 2015, pubblicato nel supplemento ordinario n. 39 alla Gazzetta Ufficiale n. 162 del 15 luglio 2015. Le detrazioni di cui al presente articolo sono calcolate su un ammontare complessivo delle spese non superiore a euro 40.000 moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio.

2 -quinquies . La sussistenza delle condizioni di cui al primo e al secondo periodo del comma 2 -quater è asseverata da professionisti abilitati mediante l’attestazione della prestazione energetica degli edifici di cui al citato decreto del Ministro dello sviluppo economico 26 giugno 2015. L’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) effettua controlli, anche a campione, su tali dichiarazioni. La mancata veridicità dell’attestazione comporta la decadenza dal beneficio, ferma restando la responsabilità del professionista ai sensi delle disposizioni vigenti.

2 -sexies . Per gli interventi di cui al comma 2 -quater , a decorrere dal 1º gennaio 2017, in luogo della detrazione, i soggetti beneficiari possono optare per la cessione del corrispondente credito ai fornitori che hanno effettuato gli interventi ovvero ad altri soggetti privati, con la facoltà di successiva cessione del credito. Rimane esclusa la cessione ad istituti di credito e ad intermediari finanziari. Le modalità di attuazione del presente comma sono definite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

2 -septies . Le detrazioni di cui al comma 2 -quater sono usufruibili anche dagli istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, per interventi realizzati su immobili di loro proprietà adibiti ad edilizia residenziale pubblica»;

b) all’articolo 15, comma 1, le parole: «31 dicembre 2016» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2017»;

c) all’articolo 16, concernente detrazioni fi scali per interventi di ristrutturazione edilizia e per l’acquisto di mobili:

1) al comma 1, le parole: «31 dicembre 2016» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2017»;

2) il comma 1 -bis è sostituito dal seguente:

«1 -bis . Per le spese sostenute dal 1º gennaio 2017 al 31 dicembre 2021 per gli interventi di cui all’articolo 16 - bis , comma 1, lettera i) , del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le cui procedure autorizzatorie sono iniziate dopo la data di entrata in vigore della presente disposizione, su edifici ubicati nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2) di cui all’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, pubblicata nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 dell’8 maggio 2003, riferite a costruzioni adibite ad abitazione e ad attività produttive, spetta una detrazione dall’imposta lorda nella misura del 50 per cento,   fi no ad un ammontare complessivo delle stesse spese non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare per ciascun anno. La detrazione è ripartita in cinque quote annuali di pari importo nell’anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi. Nel caso in cui gli interventi di cui al presente comma realizzati in ciascun anno consistano nella mera prosecuzione di interventi iniziati in anni precedenti, ai fi ni del computo del limite massimo delle spese ammesse a fruire della detrazione si tiene conto anche delle spese sostenute negli stessi anni per le quali si è già fruito della detrazione»;

3) dopo il comma 1 -bis , come sostituito dal numero 2) della presente lettera, sono inseriti i seguenti:

«1 -ter . A decorrere dal 1º gennaio 2017 e fi no al 31 dicembre 2021, le disposizioni del comma 1 -bis si applicano anche agli edifici ubicati nella zona sismica 3 di cui all’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, pubblicata nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 dell’8 maggio 2003.

1 -quater . Qualora dalla realizzazione degli interventi di cui ai commi 1 -bis e 1 -ter derivi una riduzione del rischio sismico che determini il passaggio ad una classe di rischio inferiore, la detrazione dall’imposta spetta nella misura del 70 per cento della spesa sostenuta. Ove dall’intervento derivi il passaggio a due classi di rischio inferiori, la detrazione spetta nella misura dell’80 per cento. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare entro il 28 febbraio 2017, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, sono stabilite le linee guida per la classificazione di rischio sismico delle costruzioni nonché le modalità per l’attestazione, da parte di professionisti abilitati, dell’efficacia degli interventi effettuati.

1 -quinquies . Qualora gli interventi di cui al comma 1 -quater siano realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali, le detrazioni dall’imposta di cui al primo e al secondo periodo del medesimo comma 1 -quater spettano, rispettivamente, nella misura del 75 per cento e dell’85 per cento. Le predette detrazioni si applicano su un ammontare delle spese non superiore a euro 96.000 moltiplicato per il numero delle unità immobiliari di ciascun edificio. Per tali interventi, a decorrere dal 1º gennaio 2017, in luogo della detrazione i soggetti beneficiari possono optare per la cessione del corrispondente credito ai fornitori che hanno effettuato gli interventi ovvero ad altri soggetti privati, con la facoltà di successiva cessione del credito. Rimane esclusa la cessione ad istituti di credito e ad intermediari finanziari. Le modalità di attuazione del presente comma sono definite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

1 -sexies . A decorrere dal 1º gennaio 2017, tra le spese detraibili per la realizzazione degli interventi di cui ai commi 1 -ter , 1 -quater e 1 -quinquies rientrano anche le spese effettuate per la classificazione e verifica sismica degli immobili»;

4) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Ai contribuenti che fruiscono della detrazione di cui al comma 1, limitatamente agli interventi di recupero  del patrimonio edilizio iniziati a decorrere dal 1º gennaio 2016, è altresì riconosciuta una detrazione dall’imposta lorda, fi no a concorrenza del suo ammontare, per le ulteriori spese documentate sostenute nell’anno 2017 per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore ad A+, nonché A per i forni, per le apparecchiature per le quali sia prevista l’etichetta energetica, fi nalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione. La detrazione di cui al presente comma, da ripartire tra gli aventi diritto in dieci quote annuali di pari importo, spetta nella misura del 50 per cento delle spese sostenute ed è calcolata su un ammontare complessivo non superiore a 10.000 euro, considerato, per gli interventi effettuati nell’anno 2016 ovvero per quelli iniziati nel medesimo anno e proseguiti nel 2017, al netto delle spese sostenute nell’anno 2016 per le quali si è fruito della detrazione. Ai fi ni della fruizione della detrazione dall’imposta, le spese di cui al presente comma sono computate indipendentemente dall’importo delle spese sostenute per i lavori di ristrutturazione che fruiscono delle detrazioni di cui al comma 1».

3. Le detrazioni di cui all’articolo 16, commi 1 -bis , 1 - ter , 1 -quater , 1 -quinquies e 1 -sexies , del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, come modificato dal comma 2 del presente articolo, non sono cumulabili con agevolazioni già spettanti per le medesime finalità sulla base di norme speciali per interventi in aree colpite da eventi sismici.


 

 

L’articolo 1, commi 2-3, dispone la proroga di un anno, fino al 31 dicembre 2017, della misura della detrazione al 65 per cento per le spese relative ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici (c.d. ecobonus).

Per gli interventi di riqualificazione energetica relativi a parti comuni degli edifici condominiali o che interessino tutte le unità immobiliari del singolo condominio, la misura della detrazione al 65 per cento è prorogata di cinque anni, fino al 31 dicembre 2021. La misura della detrazione è ulteriormente aumentata nel caso di interventi che interessino l’involucro dell’edificio (70 per cento) e di interventi finalizzati a migliorare la prestazione energetica invernale e estiva e che conseguano determinati standard (75 per cento). Le detrazioni sono calcolate su un ammontare complessivo delle spese non superiore a 40.000 euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio. Per tali interventi i condomini possono cedere la detrazione ai fornitori che hanno effettuato gli interventi nonché a soggetti privati, con la possibilità che il credito sia successivamente cedibile. Rimane esclusa la cessione ad istituti di credito ed intermediari finanziari. Tali detrazioni sono usufruibili anche dagli IACP, comunque denominati, per gli interventi realizzati su immobili di loro proprietà adibiti ad edilizia residenziale pubblica.

Si dispone la proroga di un anno, fino al 31 dicembre 2017, della misura della detrazione al 50 per cento per gli interventi di ristrutturazione edilizia.

Con riferimento agli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche a decorrere dal 1° gennaio 2017 fino al 31 dicembre 2021 viene prevista una detrazione del 50 per cento, ripartita in cinque quote annuali di pari importo nell’anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi. Tale beneficio si applica non solo agli edifici ricadenti nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2), ma anche agli edifici situati nella zona sismica 3 (in cui possono verificarsi forti terremoti ma rari). Qualora dalla realizzazione degli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche derivi una riduzione del rischio sismico che determini il passaggio ad una classe di rischio inferiore, la detrazione di imposta spetta nella misura del 70 per cento della spesa sostenuta. Ove dall’intervento derivi il passaggio a due classi di rischio inferiori, la detrazione spetta nella misura dell’80 per cento.

Qualora gli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche siano realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali, le detrazioni di imposta spettano, rispettivamente, nella misura del 75 per cento (passaggio di una classe di rischio inferiore) e dell’85 per cento (passaggio di due classi). Le detrazioni si applicano su un ammontare delle spese non superiore a 96.000 euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari di ciascun edificio. Per tali interventi, analogamente a quanto previsto per gli interventi per le riqualificazioni energetiche di parti comuni degli edifici condominiali, a decorrere al 1° gennaio 2017, in luogo della detrazione i soggetti beneficiari possono optare per la cessione del corrispondente credito ai fornitori che hanno effettuato gli interventi nonché a soggetti privati, con la possibilità che il credito sia successivamente cedibile. Anche in questo caso, è esclusa la cessione ad istituti di credito ed intermediari finanziari. Tra le spese detraibili per la realizzazione degli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche, a decorrere dal 1° gennaio 2017, rientrano anche le spese effettuate per la classificazione e verifica sismica degli immobili.

Le nuove detrazioni previste per le misure antisismiche degli edifici non sono cumulabili con agevolazioni già spettanti per le medesime finalità sulla base di norme speciali per interventi in aree colpite da eventi sismici.

Si dispone la proroga di un anno, fino al 31 dicembre 2017 della detrazione al 50 per cento per le spese relative all'acquisto di mobili. Il limite di 10.000 euro per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici è considerato per gli interventi iniziati nel 2016 al netto delle spese per le quali si è già fruito della detrazione.

Detrazioni fiscali per interventi di riqualificazione energetica

Il comma 2 lett. a) dispone la proroga di un anno, fino al 31 dicembre 2017, della misura della detrazione al 65 per cento per le spese relative ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici (modifica all’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63 – lettera a), n. 1).

Per gli interventi di riqualificazione energetica relativi a parti comuni degli edifici condominiali o che interessino tutte le unità immobiliari del singolo condominio la misura della detrazione al 65 per cento è prorogata di cinque anni, fino al 31 dicembre 2021  (lettera a), n. 2).

Per gli interventi di riqualificazione energetica di parti comuni degli edifici condominiali la misura della detrazione è ulteriormente aumentata nel caso di interventi che interessino l’involucro dell’edificio (70 per cento) e di interventi finalizzati a migliorare la prestazione energetica invernale e estiva e che conseguano determinati standard (75 per cento). Le detrazioni sono calcolate su un ammontare complessivo delle spese non superiore a 40.000 euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio. Per tali interventi i condomini possono cedere la detrazione ai fornitori che hanno effettuato gli interventi nonché a soggetti privati, con la possibilità che il credito sia successivamente cedibile. Rimane esclusa la cessione ad istituti di credito ed intermediari finanziari. Tali detrazioni sono usufruibili anche dagli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, per gli interventi realizzati su immobili di loro proprietà adibiti ad edilizia residenziale pubblica (lettera a), n. 3).

 

In particolare la lettera a), n. 3), estende la disciplina agevolativa per la riqualificazione energetica di parti comuni degli edifici condominiali, inserendo all’articolo 14 del decreto-legge n. 63 del 2013 i commi dal 2-quater al 2-septies.

Si prevede l’aumento della detrazione al 70 per cento per le spese sostenute dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2021 per interventi di riqualificazione energetica di parti comuni degli edifici condominiali, che interessino l’involucro dell’edificio con un’incidenza superiore al 25 per cento della superficie disperdente lorda dell’edificio medesimo. La detrazione è ulteriormente elevata al 75 per cento per le spese sostenute per gli interventi di riqualificazione energetica relativi alle parti comuni di edifici condominiali finalizzati a migliorare la prestazione energetica invernale e estiva e che conseguano almeno la qualità media di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico del 26 giugno 2015, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 162 del 15 luglio 2015 (comma 2-quater dell’articolo 14 del D.L. n. 63 del 2013).

Con il D.M. 26 giugno 2015 sono state adottate le linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici le quali definiscono il sistema di attestazione della prestazione energetica degli edifici o delle unità immobiliari (APE), comprendente i criteri generali, le metodologie per il calcolo, la classificazione degli edifici, le procedure amministrative, i format, nonché le norme per il monitoraggio e i controlli della regolarità tecnica e amministrativa. Il sistema di attestazione della prestazione energetica degli immobili definito dalle linee guida è volto a favorire una applicazione omogenea su tutto il territorio nazionale che consenta la valutazione e il confronto tra immobili da parte dell’utente finale. L’APE costituisce uno strumento di chiara e immediata comprensione per la valutazione, in relazione alla prestazione energetica dell’immobile, della convenienza economica all’acquisto e alla locazione. Costituisce altresì un efficace strumento per la valutazione della convenienza nella realizzazione di interventi di riqualificazione energetica dell’immobile stesso.

 

La sussistenza delle condizioni tecniche sopra richieste è asseverata da professionisti abilitati mediante l’attestazione della prestazione energetica degli edifici di cui al citato D.M. del 26 giugno 2015. L’ENEA effettua su tali dichiarazioni controlli, anche a campione. La non veridicità dell’attestazione comporta la decadenza dal beneficio, ferma restando la responsabilità del professionista ai sensi delle disposizioni vigenti (comma 2-quinquies dell’articolo 14 del D.L. n. 63 del 2013).

Per gli interventi sopra descritti, a decorrere al 1° gennaio 2017, in luogo della detrazione i soggetti beneficiari possono optare per la cessione del corrispondente credito ai fornitori che hanno effettuato gli interventi nonché a soggetti privati, con la possibilità che il credito sia successivamente cedibile. Le modalità attuative dell’opzione sono definite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da adottare entro sessanta giorni (comma 2-sexies dell’articolo 14 del D.L. n. 63 del 2013).

Tali detrazioni agevolate sono usufruibili anche dagli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, per interventi realizzati su immobili di loro proprietà adibiti ad edilizia residenziale pubblica (comma 2-septies dell’articolo 14 del D.L. n. 63 del 2013).

 

Le agevolazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici sono state introdotte per la prima volta con la legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006, articolo 1, commi da 344 a 349). L’agevolazione consiste nel riconoscimento di detrazioni d’imposta (originariamente del 55 per cento, attualmente del 65 per cento fino al 31 dicembre 2016) delle spese sostenute, da ripartire in rate annuali di pari importo, entro un limite massimo diverso in relazione a ciascuno degli interventi previsti. Si tratta di riduzioni dall’Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche) e dall’Ires (Imposta sul reddito delle società) concesse per interventi che aumentano il livello di efficienza energetica degli edifici esistenti e che riguardano, in particolare, le spese sostenute per:

§  la riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento: detrazione massima 100.000 euro;

§  il miglioramento termico dell’edificio (finestre, comprensive di infissi, coibentazioni, pavimenti): detrazione massima 60.000 euro;

§  l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda: detrazione massima 60.000 euro;

§  la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione: detrazione massima 30.000 euro.

Successivamente la normativa in materia è stata più volte modificata con riguardo, in particolare, alle procedure da seguire per avvalersi correttamente delle agevolazioni e alle proroghe della più alta misura agevolata. In particolare il D.L. n. 63 del 2013 (articolo 14), nel prorogare le detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica fino al 31 dicembre 2013, ha elevato la misura al 65 per cento per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 (data di entrata in vigore del provvedimento).

La portata dell’agevolazione è stata estesa ai seguenti interventi:

§  sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria: limite massimo di 30.000 euro (articolo 4, comma 4, del D.L. n. 201 del 2011);

§  riqualificazione energetica relativi a parti comuni di edifici condominiali o che interessino tutte le unità immobiliari del singolo condominio (articolo 1, comma 47 della legge n. 190 del 2014);

§  acquisto e posa in opera delle schermature solari, nel limite massimo di detrazione di 60.000 euro (articolo 1, comma 47 della legge n. 190 del 2014);

§  acquisto e posa in opera degli impianti di climatizzazione invernale dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili, nel limite massimo di detrazione di 30.000 euro (articolo 1, comma 47 della legge n. 190 del 2014);

§  acquisto, installazione e messa in opera di dispositivi multimediali per il controllo a distanza degli impianti di riscaldamento, di produzione di acqua calda o di climatizzazione delle unità abitative che garantiscano un funzionamento efficiente degli impianti, nonché dotati di specifiche caratteristiche (articolo 1, comma 88, della legge n. 208 del 2015);

§  interventi realizzati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2016 dagli Istituti autonomi per le case popolari su immobili di loro proprietà adibiti ad edilizia residenziale pubblica (articolo 1, comma 87, della legge n. 208 del 2015).

La legge di stabilità per il 2016 ha inoltre previsto per gli interventi di riqualificazione energetica di parti comuni degli edifici condominiali le cui spese sono state sostenute nel 2016, la possibilità per i soggetti che si trovano nella no tax area (ovvero pensionati, lavoratori dipendenti e autonomi incapienti) di cedere la detrazione fiscale loro spettante ai fornitori che hanno effettuato i lavori . Le relative modalità attuative sono state definite con il provvedimento dell'Agenzia delle entrate del 22 marzo 2013: la scelta di cedere il credito deve risultare dalla delibera assembleare che approva gli interventi oppure può essere comunicata al condominio che la inoltra ai fornitori. I fornitori, a loro volta, devono comunicare al condominio l'avvenuta accettazione del credito a titolo di pagamento di parte del corrispettivo per i beni ceduti e le attività prestate; il credito potrà essere utilizzato dal soggetto cessionario, in dieci rate annuali, esclusivamente in compensazione di debiti fiscali. Per rendere efficace l'operazione, il condominio è tenuto a trasmettere entro il 31 marzo 2017 un'apposita comunicazione telematica all'Agenzia delle Entrate con il canale Entratel o Fisconline.

Si segnala infine la guida dell’Agenzia delle entrate sulle agevolazioni fiscali per il risparmio energetico (aggiornata a marzo 2016).

 

In sintesi la normativa al riguardo prevede che:

§  la detrazione dalle imposte sui redditi (Irpef o Ires) è pari al 55 per cento (ora al 65 per cento) delle spese sostenute, entro il limite massimo che varia a seconda della tipologia dell’intervento eseguito;

§  l’agevolazione non è cumulabile con altri benefici fiscali previsti da disposizioni di legge nazionali (come, ad esempio, la detrazione per il recupero del patrimonio edilizio) o altri incentivi riconosciuti dall’Unione europea;

§  non è necessario effettuare alcuna comunicazione preventiva di inizio dei lavori all’Agenzia delle entrate;

§  i contribuenti non titolari di reddito d’impresa devono effettuare il pagamento delle spese sostenute mediante bonifico bancario o postale (i titolari di reddito di impresa sono invece esonerati da tale obbligo e possono provare la spesa con altra idonea documentazione);

§  è previsto l’esonero dalla presentazione della certificazione energetica per la sostituzione di finestre, per gli impianti di climatizzazione invernale e per l’installazione di pannelli solari;

§  al momento del pagamento del bonifico effettuato dal contribuente che intende avvalersi della detrazione, le banche e le Poste Italiane Spa hanno l’obbligo di effettuare una ritenuta a titolo di acconto dell’imposta sul reddito dovuta dall’impresa che effettua i lavori; la legge di stabilità per il 2015 ha elevato la misura della ritenuta dal 4 all’8 per cento;

§  per gli interventi eseguiti dal 2011 è obbligatorio ripartire la detrazione in dieci rate annuali di pari importo (per gli anni 2009 e 2010 andava ripartita in cinque rate);

§  i soggetti che intendono avvalersi della detrazione sono tenuti ad acquisire l'asseverazione di un tecnico abilitato che attesti la rispondenza dell'intervento ai pertinenti requisiti richiesti dal D.M. 19 febbraio 2007 (GU 26 febbraio 2007, n. 47) ed a trasmettere, entro novanta giorni dalla fine dei lavori, all'ENEA copia dell'attestato di certificazione energetica, ovvero di qualificazione energetica, nonché la scheda informativa relativa agli interventi realizzati (di cui all’allegato E del citato D.M.).

Detrazioni fiscali per interventi di adeguamento antisismico e messa in sicurezza degli edifici, incremento del rendimento energetico e dell’efficienza idrica

Il comma 2 lett. b) dispone la proroga di un anno, al 31 dicembre 2017, del termine entro il quale dovranno essere definiti misure ed incentivi selettivi di carattere strutturale, finalizzati a favorire la realizzazione di interventi per il miglioramento, l'adeguamento antisismico e la messa in sicurezza degli edifici esistenti, nonché per l’incremento del loro rendimento energetico e dell’efficienza idrica (modifica all’articolo 15 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63).

Il citato articolo 15 prevede che nelle more della riforma di carattere strutturale, per tali interventi si applicano le disposizioni che prevedono le detrazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica e per interventi di ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili (articoli 14 e 16 del medesimo decreto-legge n. 63 del 2013).

L’articolo 15 prevede inoltre che nella definizione delle misure e degli incentivi suddetti è compresa l'installazione di impianti di depurazione delle acque da contaminazione di arsenico di tipo domestico, produttivo e agricolo nei comuni dove è stato rilevato il superamento del limite massimo di tolleranza stabilito dall'Organizzazione mondiale della sanità o da norme vigenti, ovvero dove i sindaci o altre autorità locali sono stati costretti ad adottare misure di precauzione o di divieto dell'uso dell'acqua per i diversi impieghi. Nella definizione delle misure di carattere strutturale si deve, inoltre, tener conto dell'opportunità di agevolare ulteriori interventi, quali ad esempio le schermature solari, la microcogenerazione e la micro-trigenerazione per il miglioramento dell'efficienza energetica, nonché interventi per promuovere l'incremento dell'efficienza idrica e per la sostituzione delle coperture di amianto negli edifici.

Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia

Il comma 2 lett. c) dispone la proroga di un anno, fino al 31 dicembre 2017, della misura della detrazione al 50 per cento per gli interventi di ristrutturazione edilizia (modifica all’articolo 16 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63).

Con riferimento agli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche a decorrere dal 1° gennaio 2017 fino al 31 dicembre 2021 viene prevista una detrazione del 50 per cento, ripartita in cinque quote annuali di pari importo nell’anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi. Nel caso in cui gli interventi realizzati in ciascun anno consistano nella mera prosecuzione di interventi iniziati in anni precedenti, ai fini del computo del limite massimo delle spese ammesse a fruire della detrazione (96.000 euro), si tiene conto anche delle spese sostenute negli stessi anni per le quali si è già fruito della detrazione.

A differenza della precedente normativa, tale beneficio si applica non solo agli edifici ricadenti nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2), ma anche agli edifici situati nella zona sismica 3 (in cui possono verificarsi forti terremoti ma rari).

Qualora dalla realizzazione degli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche derivi una riduzione del rischio sismico che determini il passaggio ad una classe di rischio inferiore, la detrazione di imposta spetta nella misura del 70 per cento della spesa sostenuta. Ove dall’intervento derivi il passaggio a due classi di rischio inferiori, la detrazione spetta nella misura dell’80 per cento (nuovi commi da 1-bis a 1-quater dell’articolo 16 del D.L. n. 63 del 2013).

Le linee guida per la classificazione di rischio sismico delle costruzioni, nonché le modalità per la attestazione, da parte di professionisti abilitati, della efficacia degli interventi effettuati devono essere individuati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottarsi entro il 28 febbraio 2017, sentito il Consiglio Superiore dei lavori pubblici.

Qualora gli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche siano realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali, le detrazioni di imposta spettano, rispettivamente, nella misura del 75 per cento (passaggio di una classe di rischio inferiore) e dell’85 per cento (passaggio di due classi). Le detrazioni si applicano su un ammontare delle spese non superiore a 96.000 euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari di ciascun edificio. Per tali interventi, analogamente a quanto previsto per gli interventi per le riqualificazioni energetiche di parti comuni degli edifici condominiali, a decorrere al 1° gennaio 2017, in luogo della detrazione i soggetti beneficiari possono optare per la cessione del corrispondente credito ai fornitori che hanno effettuato gli interventi nonché a soggetti privati, con la possibilità che il credito sia successivamente cedibile. Rimane esclusa la cessione ad istituti di credito ed intermediari finanziari. Le modalità attuative sono definite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da adottare entro sessanta giorni (nuovo comma 1-quinquies dell’articolo 16 del D.L. n. 63 del 2013).

Tra le spese detraibili per la realizzazione degli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche, a decorrere dal 1° gennaio 2017, rientrano anche le spese per la classificazione e verifica sismica degli immobili (nuovo comma 1-sexies dell’articolo 16 del D.L. n. 63 del 2013).

 

Il comma 3 dispone che le nuove detrazioni previste per le misure antisismiche degli edifici (recate dai commi 1-bis, 1-ter, 1-quater, 1-quinquies e 1-sexies dell’articolo 16) non sono cumulabili con agevolazioni già spettanti per le medesime finalità sulla base di norme speciali per interventi in aree colpite da eventi sismici.

 

La detrazione fiscale per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio è stata introdotta dall'articolo 1, commi 5 e 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, successivamente modificata e prorogata e, infine, resa stabile dal D.L. n. 201 del 2011 (art. 4, comma 1, lett. c)) che ha inserito nel D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR) l’articolo 16-bis. Per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 fino al 30 giugno 2013, l'articolo 11, comma 1, del D.L. n. 83 del 2012 ha aumentato la misura della detrazione dal 36 per cento al 50 per cento ed ha innalzato il limite di spesa massima agevolabile da 48.000 a 96.000 euro per unità immobiliare.

L'innalzamento della detrazione al 50 per cento e dell'ammontare di spesa di 96.000 euro è stato successivamente prorogato annualmente (si segnalano, da ultimo, le leggi di stabilità degli ultimi tre anni: (legge n. 147 del 2013, articolo 1, comma 139, lett. d); legge n. 190 del 2014, articolo 1, comma 47, legge n. 208 del 2015, articolo 1, comma 74). Nel corso della conversione del D.L. n. 63 del 2013, inoltre, sono state introdotte due rilevanti novità: una detrazione del 50 per cento per le spese sostenute per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+, (per i forni la classe A), nonché delle apparecchiature per le quali sia prevista l'etichetta energetica, finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione, per un importo massimo complessivo non superiore a 10.000 euro, da ripartire in dieci quote annuali; una detrazione del 65 per cento delle spese per misure antisismiche su costruzioni che si trovano nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2), se adibite ad abitazione principale o ad attività produttive.

La legge di stabilità per l'anno 2016 ha previsto un credito d'imposta a favore delle persone fisiche che, al di fuori della loro attività di lavoro autonomo, installano sistemi di videosorveglianza o allarme ovvero stipulano contratti con istituti di vigilanza per la prevenzione di attività criminali, nel limite complessivo di spesa di 15 milioni per l'anno 2016 (articolo 1, comma 982, della legge n. 208 del 2015). Tale agevolazione non è stata riproposta.

Da ultimo si evidenzia che l’Agenzia delle entrate ha chiarito che il convivente more uxorio che sostiene le spese di recupero del patrimonio edilizio, nel rispetto delle condizioni previste dal richiamato articolo 16-bis, può fruire della detrazione alla stregua di quanto previsto per i familiari conviventi (risoluzione n. 64/E del 28 luglio 2016). La motivazione di tale posizione si basa sulle nuove regole introdotte dalla legge sulle unioni civili (legge n. 76 del 2016): la disponibilità dell’immobile è insita nella stessa convivenza e non deve trovare titolo in un contratto di comodato.

Si segnala, infine, la guida dell’Agenzia delle entrate sulle ristrutturazioni edilizie (aggiornata ad marzo 2016).

Detrazioni fiscali per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici

Il comma 2 lett. c), n. 4), dispone la proroga di un anno, fino al 31 dicembre 2017 della detrazione al 50 per cento per le spese relative all'acquisto di mobili. Tale detrazione spetta solo in connessione agli interventi di ristrutturazione edilizia iniziati a decorrere dal 1° gennaio 2016.

Per gli interventi effettuati nel 2016, ovvero per quelli iniziati nel medesimo anno e proseguiti nel 2017, l’ammontare complessivo massimo di 10.000 euro deve essere calcolato al netto delle spese sostenute nell’anno 2016 per le quali si è fruito della detrazione (nuovo comma 2 dell’articolo 16 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63).

 

Si ricorda che per usufruire della detrazione in oggetto è indispensabile realizzare una ristrutturazione edilizia e usufruire della relativa detrazione. La norma, infatti, riconosce ai contribuenti che usufruiscono della detrazione per gli interventi di ristrutturazione edilizia una detrazione del 50 per cento per le ulteriori spese, fino ad un ammontare massimo di 10.000 euro, documentate e sostenute per l'acquisto dei seguenti prodotti finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione: mobili; grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+; forni di classe non inferiore ad A. Le spese per l’acquisto di mobili sono calcolate indipendentemente da quelle sostenute per i lavori di ristrutturazione. In altri termini, le spese per l’acquisto di mobili possono anche essere più elevate di quelle per i lavori di ristrutturazione, fermo restando il tetto dei 10.000 euro.

Con la circolare n. 29/E del 18 settembre 2013 l'Agenzia delle entrate, tra l'altro, ha fornito informazioni su modalità di pagamento, diritto alla detrazione, tipologia di mobili interessati e elettrodomestici.

Si segnala che la legge di stabilità per il 2016 ha previsto un’ulteriore ipotesi di detrazione fiscale per l’acquisto esclusivamente di mobili da adibire ad arredo dell’abitazione principale acquistata da giovani coppie, anche di fatto (c.d. bonus mobili giovani coppie). La misura della detrazione è del 50 per cento, da ripartire tra gli aventi diritto in dieci quote annuali di pari importo, per le spese sostenute nel 2016, ma il limite di spesa è aumentato a 16.000 euro (articolo 1, comma 75, della legge n. 208 del 2015). Tale detrazione non è stata prorogata.

Si segnalano le guide dell’Agenzia delle entrate sul bonus mobili ed elettrodomestici (aggiornata ad marzo 2016) e sul bonus mobili giovani coppie (aprile 2016).


 

Articolo 1, commi 4-7
(Credito di imposta per le strutture ricettive)

 


4. Il credito d’imposta di cui all’articolo 10 del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, è riconosciuto anche per i periodi d’imposta 2017 e 2018, nella misura del 65 per cento, a condizione che gli interventi abbiano anche le finalità di cui al comma 2 del presente articolo. Sono comprese tra i beneficiari del credito d’imposta di cui al periodo precedente anche le strutture che svolgono attività agrituristica, come definita dalla legge 20 febbraio 2006, n. 96, e dalle pertinenti norme regionali.

5. Il credito d’imposta di cui al comma 4, come prorogato e modificato dal medesimo comma, è ripartito in due quote annuali di pari importo e può essere utilizzato a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in cui gli interventi sono stati realizzati, nel limite massimo di 60 milioni di euro nell’anno 2018, di 120 milioni di euro nell’anno 2019 e di 60 milioni di euro nell’anno 2020.

6. Per quanto non diversamente previsto dai commi 4 e 5 continuano ad applicarsi le disposizioni contenute nell’articolo 10 del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge si provvede all’aggiornamento del decreto di cui all’articolo 10, comma 4, del citato decreto-legge n. 83 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2014.

7. All’articolo 10, comma 7, del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, le parole: «e di 50 milioni di euro per gli anni dal 2016 al 2019» sono sostituite dalle seguenti: «, di 50 milioni di euro per l’anno 2016, di 41,7  milioni di euro per gli anni 2017 e 2018 e di 16,7 milioni di euro per l’anno 2019».


 

 

L’articolo 1, commi 4-7, riconosce per ciascuno degli anni 2017 e 2018 il credito di imposta per la riqualificazione delle strutture ricettive turistico alberghiere, già istituito dal D.L. n. 83/2014. L’agevolazione è prevista nella misura del 65 per cento, è estesa anche alle strutture che svolgono attività agrituristica, ed opera a condizione che gli interventi abbiano anche finalità di ristrutturazione edilizia, riqualificazione antisismica o energetica e acquisto mobili.

Il credito di imposta è ripartito in due quote annuali di pari importo - utilizzabile nel periodo di imposta successivo a quello in cui sono realizzati gli interventi - con un limite massimo di spesa pari a 60 milioni di euro nel 2018, 120 milioni di euro nel 2019 e 60 milioni di euro nel 2020.

Con riferimento al credito d’imposta previsto dal D.L. n. 83/2014 per ciascun anno del periodo 2014-2016, viene rideterminato il limite massimo di spesa in misura pari a 41,7 milioni di euro per gli anni 2017 e 2018 e a 16,7 milioni di euro per l'anno 2019.

 

Il comma 4 riconosce il credito d’imposta previsto dal D.L. n. 83/2014 (c.d. Tax credit riqualificazione strutture ricettive turistico alberghiere) anche per i periodi di imposta 2017 e 2018, nella misura del 65 per cento, a condizione che gli interventi abbiano anche le finalità di cui al comma 1, ovvero la ristrutturazione edilizia, la riqualificazione antisismica, la riqualificazione energetica e l’acquisto mobili.

La norma include tra i beneficiari del credito di imposta anche le strutture che svolgono attività agrituristica, come definita dalla legge 20 febbraio 2006, n. 96, e dalle norme regionali vigenti.

La relazione illustrativa afferma che la misura rappresenta anche un ulteriore strumento di sostegno alla ripresa economica dei territori colpiti dal recente sisma, ove sono presenti numerose strutture ricettive (sia alberghi, sia agriturismo), che necessitano di interventi di recupero e ristrutturazione.

 

Si ricorda che l’articolo 10 del D.L. n. 83/2014 riconosce un credito di imposta al fine di migliorare la qualità dell'offerta ricettiva per accrescere la competitività delle destinazioni turistiche.

Più in particolare, il citato articolo 10, commi 1 e 2, riconosce alle imprese alberghiere esistenti alla data del 1° gennaio 2012 un credito d'imposta nella misura del trenta per cento per le spese sostenute dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2016 relative a interventi di ristrutturazione edilizia, ovvero a interventi di eliminazione delle barriere architettoniche, ovvero di incremento dell'efficienza energetica. La misura è estesa (cfr. infra comma 7) ad ulteriori tipologie di spese quali l'acquisto di mobili e componenti d'arredo destinati esclusivamente alle strutture alberghiere, come individuate nello stesso articolo, a condizione che il beneficiario non ceda a terzi né destini a finalità estranee all'esercizio di impresa i beni oggetto degli investimenti prima del secondo periodo d'imposta successivo. Il credito d'imposta è ripartito in tre quote annuali di pari importo. Il credito è riconosciuto alle imprese per spese fino ad un massimo di 200.000 euro nei periodi sopra indicati per gli interventi suddetti e comunque fino all'esaurimento dell'importo massimo di spesa previsto, dal citato articolo 10, al comma 7, pari a 20 milioni di euro per l'anno 2015 e di 50 milioni di euro per gli anni dal 2016 al 2019.

Si consideri che il citato comma 7 destina una quota pari al 10 per cento del limite massimo di spesa ivi previsto per spese relative ad interventi diversi da quelli di ristrutturazione edilizia, rimozione barriere architettoniche ed efficienza energetica, compresi quelli di acquisto di mobili e componenti d'arredo esclusivamente finalizzati alle strutture ricettive oggetto degli interventi di ristrutturazione di cui al comma 2.

Il credito di imposta è riconosciuto nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di stato di importanza minore, cd. “de minimis”.

Per ciò che concerne la disciplina sugli aiuti di Stato, richiamata dall’articolo in commento, l'articolo 108, paragrafo 3 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) contempla l'obbligo di notificare i progetti diretti ad istituire o modificare aiuti alla Commissione europea al fine di stabilirne la compatibilità con il mercato comune sulla base dei criteri dell'articolo 107, par. 1 TFUE. Alcune categorie di aiuti possono tuttavia essere dispensate dall'obbligo di notifica. Fanno eccezione all'obbligo di notifica alla Commissione UE, oltre alle specifiche categorie di aiuti esentati dalla stessa sulla base dei regolamenti di esenzione, gli aiuti di piccola entità, definiti dalla UE "de minimis", che si presume non incidano sulla concorrenza in modo significativo. Per gli aiuti cd. de minimis, si richiama innanzitutto il Regolamento (UE) n. 1407/2013 che è applicabile alle imprese operanti in tutti i settori, salvo specifiche eccezioni, tra cui la produzione di prodotti agricoli. Il massimale previsto da tale regolamento non ha subito variazioni rispetto al precedente regolamento n. 1698/2006, ed è stato confermato entro il limite di 200.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari. Per gli aiuti cd. de minimis nel settore agricolo opera, invece, il Regolamento (UE) n. 1408/2013.Si tratta di quegli aiuti di piccolo ammontare concessi da uno Stato membro a un'impresa unica agricola - di importo complessivo non superiore a 15.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari - che per la loro esiguità e nel rispetto di date condizioni soggettive ed oggettive non devono essere notificati alla Commissione, in quanto non ritenuti tali da incidere sugli scambi tra gli Stati membri e dunque non suscettibili di provocare un'alterazione dalla concorrenza tra gli operatori economici. Ogni Stato membro ha a disposizione un plafond nazionale che costituisce l'importo cumulativo che può essere corrisposto alle imprese del settore della produzione agricola nell'arco di tre esercizi finanziari; per l'Italia il plafond è pari a 475.080.000 euro (1% del valore della produzione agricola nazionale).

Il comma 4 dell'articolo 10 demanda ad un decreto ministeriale del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del D.Lgs. n. 281/1997, l'adozione delle disposizioni applicative della misura. In attuazione del comma 4 è stato emanato il D.M. 7 maggio 2015.

Si richiama inoltre l’articolo 1, comma 320, della legge di stabilità 2016 (L. 28 dicembre 2015, n. 208), che - integrando l’articolo 10 del D.L. n. 83/2014 con due nuovi commi, 2-bis e 2-ter - ha riconosciuto il credito d’imposta anche nel caso in cui la ristrutturazione edilizia comporti un aumento della cubatura complessiva, qualora sia effettuata nel rispetto della normativa vigente (c.d. piano casa: articolo 11 del D.L. n. 112/ 2008) e ha demandato ad un decreto ministeriale l’attuazione della previsione e l’aggiornamento degli standard minimi, uniformi su tutto il territorio nazionale, dei servizi e delle dotazioni per la classificazione delle strutture ricettive e delle imprese turistiche (riproducendo sostanzialmente quanto già previsto nel comma 5 dell’articolo 10 del D.L. n. 83 del 2014).

I dati attuativi della misura dimostrano il buon esito del credito di imposta, che, come chiarito anche dalla Relazione illustrativa, costituisce un valido strumento di incentivo per la riqualificazione delle strutture ricettive esistenti, nonché un concreto sostegno agli investimenti nel settore finalizzato a migliorare la qualità dell’offerta turistica del Paese. In relazione alle spese effettuate nell’anno 2015, infatti, dal 4 al 5 febbraio 2016 sono pervenute al Ministero 3.168 domande, da parte delle imprese ricettive di cui al citato D.M. del 7 maggio 2015, per il riconoscimento del credito d’imposta relativo alle spese sostenute durante l’anno 2015, per un totale di 90.525.113,21 euro su 50.000.000,00 euro messi a disposizione dallo Stato. In attuazione della norma inserita dal citato articolo 1, comma 320, della legge28 dicembre 2015, n. 208, è stato emanato il provvedimento dell’Agenzia delle entrate del 14 gennaio 2016, pubblicato nel sito Internet dell'Agenzia, il quale definisce le modalità e i termini di fruizione del credito d’imposta e la procedura di controllo automatizzato.

Infine, si ricorda che l’attività agrituristica trova la propria disciplina generale nella legge n. 96/2006, che ha interamente abrogato la previgente normativa (L. n. 730/1985). La legge 96/2006 si configura, pertanto, come “legge quadro”, sulla base dell’art. 117 Cost., che attribuisce alla competenza regionale le materie dell’agricoltura e del turismo. In particolare, l’attività agrituristica è definita dall’articolo 2, comma 1, della legge  20 febbraio 2006, n. 96 come l’attività “di ricezione e ospitalità” esercitata “dagli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, anche nella forma di società di capitali o di persone, oppure associati fra loro, attraverso l'utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione con le attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento di animali”. La medesima norma individua, altresì, i requisiti oggettivi dell’attività agrituristica.

 

Il comma 5 prevede che il credito d’imposta prorogato e modificato dal comma 4 sia ripartito in due quote annuali di pari importo e possa essere utilizzato a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in cui gli interventi sono stati realizzati, nel limite massimo di:

§  60 milioni di euro nel 2018;

§  120 milioni di euro nel 2019;

§  60 milioni di euro nel 2020.

 

Il comma 6 dispone che, per quanto non diversamente previsto dai precedenti commi 4 e 5, continuino a trovare applicazione le disposizioni contenute nell'articolo 10 del D.L. n. 83/2014, disponendo, altresì, che, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge in esame, si provveda all'aggiornamento del decreto attuativo della misura in oggetto (D.M. 7 maggio 2015).

Si evidenzia, a tale riguardo, che l’articolo 10, comma 4, del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, demanda a un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata la definizione delle disposizioni applicative della misura, con riferimento, in particolare alle tipologie di strutture alberghiere e di interventi ammessi, alle procedure per l'ammissione delle spese e per il suo riconoscimento e utilizzo, alle soglie massime di spesa ammissibile per singola voce di spesa sostenuta, alle procedure di recupero nei casi di utilizzo illegittimo del credito d'imposta. Si ricorda che, in attuazione di quanto sopra previsto, è stato adottato il citato D.M. 7 maggio 2015.

 

Il comma 7, infine, interviene sul comma 7 dell’articolo 10 del D.L. 83/2014, rideterminando il limite massimo di spesa per la concessione del credito di imposta ivi previsto relativo alle spese per riqualificazione delle imprese turistico alberghiere sostenute nei periodi di imposta dal 2014-2016. In particolare, si prevedono i seguenti nuovi limiti:

§  41,7 milioni di euro per gli anni 2017 e 2018 (in luogo dei 50 milioni previsti per ciascun anno dalla norma vigente);

§  16,7 milioni di euro per l'anno 2019 (in luogo dei 50 milioni previsti dalla disciplina vigente).

La relazione tecnica afferma che tenuto conto degli attuali livelli di fruizione del credito di imposta (come rappresentati dalla medesima relazione) è possibile operare la corrispondente riduzione dei limiti massimi complessivi indicati nell’articolo 10, comma 7 del D.L. n. 83/2014.


 

Articolo 1, commi 8-13
(Proroga e rafforzamento della disciplina di maggiorazione
della deduzione di ammortamenti
)

 


8. Le disposizioni dell’articolo 1, comma 91, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, si applicano anche agli investimenti in beni materiali strumentali nuovi, esclusi i veicoli e gli altri mezzi di trasporto di cui all’articolo 164, comma 1, lettere b) e b -bis ), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, effettuati entro il 31 dicembre 2017, ovvero entro il 30 giugno 2018 a condizione che entro la data del 31 dicembre 2017 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione.

9. Al fi ne di favorire processi di trasformazione tecnologica e digitale secondo il modello «Industria 4.0», per gli investimenti, effettuati nel periodo indicato al comma 8, in beni materiali strumentali nuovi compresi nell’elenco di cui all’allegato A annesso alla presente legge, il costo di acquisizione è maggiorato del 150 per cento.

10. Per i soggetti che beneficiano della maggiorazione di cui al comma 9 e che, nel periodo indicato al comma 8, effettuano investimenti in beni immateriali strumentali compresi nell’elenco di cui all’allegato B annesso alla presente legge, il costo di acquisizione di tali beni è maggiorato del 40 per cento.

11. Per la fruizione dei benefìci di cui ai commi 9 e 10, l’impresa è tenuta a produrre una dichiarazione resa dal legale rappresentante ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per i beni aventi ciascuno un costo di acquisizione superiore a 500.000 euro, una perizia tecnica giurata rilasciata da un ingegnere o da un perito industriale iscritti nei rispettivi albi professionali o da un ente di certificazione accreditato, attestante che il bene possiede caratteristiche tecniche tali da includerlo negli elenchi di cui all’allegato A o all’allegato B annessi alla presente legge ed è interconnesso al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura.

12. La determinazione degli acconti dovuti per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2017 e per quello successivo è effettuata considerando quale imposta del periodo precedente quella che si sarebbe determinata in assenza delle disposizioni di cui ai commi 8, 9 e 10.

13. Resta ferma l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 1, commi 93 e 97, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.


 

 

I commi 8-13 prorogano le misure di maggiorazione del 40% degli ammortamenti previste dalla legge di stabilità per il 2016 e istituiscono una nuova misura di maggiorazione del 150% degli ammortamenti su beni ad alto contenuto tecnologico (Industria 4.0).

 

Il comma 8 proroga l’aumento del 40% delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione di beni strumentali introdotto dalla legge di stabilità per il 2016 (art. 1, commi 91-97) a fronte di investimenti in beni materiali strumentali nuovi, nonché per quelli in veicoli utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell'attività dell'impresa. L’agevolazione è prorogata con riferimento alle operazioni effettuate entro il 31 dicembre 2017 ovvero sino al 30 giugno 2018, a condizione che detti investimenti si riferiscano a ordini accettati dal venditore entro la data del 31 dicembre 2017 e che, entro la medesima data, sia anche avvenuto il pagamento di acconti in misura non inferiore al 20%.

Con particolare riferimento ai veicoli e agli altri mezzi di trasporto, il beneficio è riconosciuto a condizione che essi rivestano un utilizzo strumentale all'attività di impresa (in pratica sono esclusi gli autoveicoli a deduzione limitata).

In generale, al fine di circoscrivere la tipologia di beni che beneficiano della misura è utile soffermarsi sulla nozione di bene materiale "strumentale nuovo". Gli investimenti devono riferirsi a beni caratterizzati dal requisito della strumentalità rispetto all’attività dell’impresa beneficiaria, in sostanza devono essere di uso durevole e atti ad essere impiegati come strumenti di produzione all’interno del processo produttivo dell’impresa (cfr. in tal senso la Circolare 5/E del 19 febbraio 2015). Tali beni devono poi essere contraddistinti dall'attributo della novità, inteso come bene mai utilizzato da altri soggetti. In concreto un bene è definibile come nuovo quando viene acquistato dal produttore o dal rivenditore, da un soggetto diverso dal produttore o dal rivenditore, e il bene non sia mai stato ad alcun titolo utilizzato, né da parte del cedente, né da parte di alcun altro soggetto. Al riguardo si precisa che il requisito della novità è riconosciuto anche al bene esposto in show room e utilizzato dal rivenditore a solo scopo espositivo.

Il comma 9 introduce un nuovo beneficio riconoscendo per gli investimenti, effettuati nel periodo di cui al comma precedente, in beni materiali strumentali nuovi ad alto contenuto tecnologico atti a favorire i processi di trasformazione tecnologica e digitale in chiave Industria 4.0 (inclusi nell'allegato A della legge) una maggiorazione del costo di acquisizione del 150%, consentendo così di ammortizzare un valore pari al 250% del costo di acquisto.

Nel corso dell'esame presso la Camera è stato integrato il predetto Allegato A nella parte relativa ai beni strumentali il cui funzionamento è controllato da sistemi computerizzati o gestito tramite opportuni sensori e azionamenti. In particolare, viene specificato con riferimento alla voce "macchine per la realizzazione di prodotti mediante la trasformazione dei materiali e delle materie prime", che sono ammessi all’agevolazione gli investimenti riguardanti sia le macchine utensili, sia gli impianti per la realizzazione dei prodotti citati. Inoltre sono introdotte anche le motrici e operatrici per la movimentazione dei pezzi e viene specificato che tra i sistemi dotati di riconoscimento dei pezzi sono ammessi anche quelli meccatronici. Infine con riferimento ai sistemi per l’assicurazione della qualità e della sostenibilità, si tiene conto, oltre che dei consumi energetici, anche di quelli idrici e delle emissioni; a tal fine sono ammessi, oltre ai i componenti, sistemi e soluzioni intelligenti per la gestione, l'utilizzo efficiente e il monitoraggio dei consumi energetici, anche quelli riferiti ai consumi idrici e alla riduzione delle emissioni.

Il comma 10 concede ai soggetti che beneficiano dell’ammortamento di cui al comma precedente e che investono, nel periodo di cui al comma 8, in beni immateriali strumentali (inclusi nell'allegato B della legge, ossia software funzionali a favorire una transizione verso i sopra citati processi tecnologici) la possibilità di procedere a un ammortamento di questi beni con una maggiorazione del 40%.

Il comma 11 stabilisce che, ai fini dell'applicazione della maggiorazione del costo dei beni materiali (comma 9) e immateriali (comma 10) di cui agli allegati A) e B) alla legge di bilancio, l'impresa è tenuta ad acquisire una dichiarazione del legale rappresentante resa ai sensi del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per gli acquisti di costo unitario superiori a 500.000 euro, una perizia tecnica giurata rilasciata da un ingegnere o da un perito industriale iscritti nei rispettivi albi professionali o da un ente di certificazione accreditato, attestante che il bene possiede caratteristiche tecniche tali da includerlo negli elenchi di cui ai predetti allegati ed è interconnesso al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura.

La dichiarazione del legale rappresentante e l'eventuale perizia devono essere acquisite dall'impresa entro il periodo di imposta in cui il bene entra in funzione, ovvero, se successivo, entro il periodo di imposta in cui il bene è interconnesso al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura. Va precisato che, in quest'ultimo caso, l'agevolazione sarà fruita solo a decorrere dal periodo di imposta in cui si realizza il requisito dell'interconnessione.

Il comma 12 prevede che la determinazione degli acconti dovuti per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2017 e per quello successivo è effettuata considerando, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata in assenza delle disposizioni introdotte.

Il comma 13 ribadisce che restano confermate le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 93 e 97, della legge di stabilità per il 2016. Pertanto, sono esclusi dalla possibilità di maggiorare il valore del bene da ammortizzare i beni per i quali il D.M. 31 dicembre 1988 prevede coefficienti di ammortamento inferiori al 6,5 per cento (ammortamento più lungo di 15 esercizi), i fabbricati e le costruzioni e i beni di cui all'allegato 3 annesso alla predetta legge di stabilità; inoltre le maggiorazioni del costo di acquisizione non producono effetti ai fini dell'applicazione degli studi di settore.

L'allegato 3 citato riguarda a titolo di esempio le condutture utilizzate dalle industrie di imbottigliamento di acque minerali naturali o dagli stabilimenti balneari e termali; le condotte utilizzate dalle industrie di produzione e distribuzione di gas naturale; il materiale rotabile, ferroviario e tramviario; gli aerei completi di equipaggiamento.

Articolo 1, comma 14
(Disposizioni in materia di uffici giudiziari)

 


14. All’articolo 21 -quinquies del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 132, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «31 dicembre 2016» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2017»;

b) al comma 3, le parole: «e del 20 per cento per l’anno 2016» sono sostituite dalle seguenti: «, del 20 per cento per l’anno 2016 e del 15 per cento per l’anno 2017».


 

 

Il comma 14 proroga al 31 dicembre 2017 la possibilità, per gli uffici giudiziari, di avvalersi del personale comunale per le attività di custodia, telefonia, riparazione e manutenzione ordinaria.

 

Il comma 14 proroga dal 31 dicembre 2016 al 31 dicembre 2017 la disposizione (art. 21-quinquies del D.L. n. 83 del 2015) che consente agli uffici giudiziari di continuare ad avvalersi del personale comunale per le attività di custodia, telefonia, riparazione e manutenzione ordinaria, nonostante il passaggio allo Stato delle spese di funzionamento delle sedi giudiziarie (previsto dalla legge di stabilità 2015).

 

La legge di stabilità 2015 (L. n. 190/2014, art. 1, commi 527-530) ha previsto il trasferimento allo Stato, dal 1° settembre 2015, dell’obbligo di corrispondere le spese per gli uffici giudiziari, fino a quel momento a carico dei comuni ai sensi della legge n. 392/1941. Tra gli uffici interessati al trasferimento non sono compresi specifici uffici la cui gestione e manutenzione è infatti regolata da disposizioni speciali: la Corte di Cassazione e gli uffici giudiziari che hanno sede nel Palazzo di Giustizia di Roma e gli uffici giudiziari della città di Napoli cioè gli edifici e locali ospitanti il tribunale di Napoli nord e la procura della Repubblica presso lo stesso tribunale.

Per lo svolgimento dei compiti correlati a tali nuovi oneri si è prevista, a regime, l’assegnazione prioritaria al Ministero della giustizia del personale delle province che, a seguito dell’attuazione della legge n. 56/2014, dovesse risultare in esubero. La concreta determinazione dell’entità delle citate spese di funzionamento è tuttavia demandato ad un D.M. Giustizia-Economia. L’importo dovrebbe essere definito dal decreto sulla base dei costi standard per categorie omogenee di beni e servizi (la cui metodologia di quantificazione è a sua volta affidata ad analogo D.M., di natura non regolamentare) in rapporto al bacino di utenza ed all’indice delle sopravvenienze di ogni ufficio giudiziario.

Il citato D.L. n. 83 del 2015, oltre a differire il trasferimento delle indicate competenze al 31 dicembre 2016, ha stabilito che il personale comunale (già distaccato, comandato o comunque destinato agli uffici giudiziari) potesse continuare ad essere impiegato sulla base di specifici accordi che – su autorizzazione del Ministero della giustizia - gli stessi uffici possono concludere con le amministrazioni locali in base a una convenzione quadro previamente stipulata tra il lo stesso Ministero e l'ANCI (la Convenzione è stata sottoscritta il 27 agosto 2015).

Le misure organizzative necessarie ad attuare la nuova disciplina sono state dettate con il D.P.R. n. 133 del 2015, che ha sostanzialmente demandato l’individuazione degli oneri necessari ad una istituenda Conferenza permanente composta dai capi degli uffici e dai dirigenti amministrativi e presieduta e convocata dal presidente della Corte di appello o dal presidente del tribunale (nelle sedi che non sono capoluogo del distretto).

 

Il comma 14 riduce al 15% per il 2017 (rispetto al 20% del 2016, stabilito dal citato art. 21-quinquies del D.L. 83/2015) il limite massimo delle risorse da utilizzare per gli oneri commessi alle indicate attività di manutenzione degli uffici e sulla cui base sono rilasciate le autorizzazioni del Ministero della giustizia.

 

Nel bilancio 2017 del Ministero della giustizia, per le spese di funzionamento degli uffici giudiziari (cap. 1550) sono stanziati in totale 283,7 mln di euro.

 


 

Articolo 1, commi 15 e 16
(Credito d’imposta per ricerca e sviluppo)

 


15. All’articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, riguardante il credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, le parole: «fi no a quello in corso al 31 dicembre 2019» sono sostituite dalle seguenti: «fino a quello in corso al 31 dicembre 2020» e le parole: «nella misura del 25 per cento delle spese» sono sostituite dalle seguenti: «nella misura del 50 per cento delle spese»; b) dopo il comma 1 è inserito il seguente: «1 -bis . Il credito d’imposta di cui al comma 1 spetta anche alle imprese residenti o alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti che eseguono le attività di ricerca e sviluppo nel caso di contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell’Unione europea, negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati compresi nell’elenco di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996»;

c) al comma 3, le parole: «euro 5 milioni» sono sostituite dalle seguenti: «euro 20 milioni»;

d) al comma 6, la lettera a) è sostituita dalla seguente: « a) personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo di cui al comma 4»;

e) il comma 7 è abrogato;

f) al comma 8 sono aggiunte, in fi ne, le seguenti parole: «, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in cui sono stati sostenuti i costi di cui al comma 6 del presente articolo».

16. Le disposizioni di cui al comma 15, ad esclusione di quella di cui alla lettera f) , hanno efficacia a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016.


 

 

I commi 15 e 16 estendono di un anno, fino al 31 dicembre 2020, il periodo di tempo nel quale devono essere effettuati gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo da parte delle imprese per poter beneficiare del credito di imposta. A decorrere dal 2017 la misura dell’agevolazione è elevata dal 25 al 50 per cento.

Il credito d’imposta può essere utilizzato anche dalle imprese residenti o dalle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti nel caso di contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell’Unione europea, negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati inclusi nella lista degli Stati con i quali è attuabile lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni.

L’importo massimo annuale del credito d’imposta riconosciuto a ciascun beneficiario è elevato da 5 a 20 milioni di euro.

Sono ammissibili le spese relative a personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo, non essendo più richiesta la qualifica di “personale altamente qualificato”.

Le novità introdotte hanno efficacia a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso il 31 dicembre 2016.

Si chiarisce, infine, che il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in cui i costi per le attività in ricerca e sviluppo sono stati sostenuti.

 

Il comma 15 interviene sull’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013 con le seguenti modifiche.

La lettera a) estende di un anno, fino al 31 dicembre 2020, il periodo di tempo nel quale devono essere effettuati gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo da parte delle imprese per poter beneficiare del credito di imposta. La misura del credito d’imposta è inoltre elevata dal 25 al 50 per cento delle spese incrementali sostenute rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015.

La lettera b) stabilisce che il credito d’imposta può essere utilizzato anche dalle imprese residenti o dalle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti che eseguono le attività di ricerca e sviluppo nel caso di contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell’Unione europea, negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati inclusi nella lista degli Stati con i quali è attuabile lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni (D.M. n. 220 del 1996).

La lettera c) eleva l’importo massimo annuale del credito d’imposta riconosciuto a ciascun beneficiario da 5 a 20 milioni di euro. Rimane la condizione che siano sostenute spese per attività di ricerca e sviluppo almeno pari a 30 mila euro.

La lettera d) prevede tra le spese ammissibili ai fini della determinazione del credito d'imposta quelle relative a personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo, in luogo della precedente formulazione che richiedeva la qualifica di “personale altamente qualificato” nelle attività di ricerca e sviluppo, in possesso di un titolo di dottore di ricerca, ovvero iscritto ad un ciclo di dottorato presso una università italiana o estera, ovvero in possesso di laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico come da classificazione Unesco Isced o di cui all’allegato 3 della legge di stabilità.

La lettera e) abroga la norma che prevedeva un incremento della misura al 50 per cento per determinate spese, dal momento che con la norma in esame la misura del 50 per cento è prevista per tutte le spese ammissibili.

La lettera f) chiarisce che il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in cui i costi per le attività in ricerca e sviluppo sono stati sostenuti.

Il comma 16 stabilisce che le norme introdotte dal comma 1, ad eccezione di quanto previsto alla lettera f), hanno efficacia a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso il 31 dicembre 2016.

 

L'articolo 3 del D.L. n. 145 del 2013 ha istituito un credito di imposta a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo. In sintesi, la misura prevedeva un credito d'imposta pari al 50 per cento delle spese incrementali sostenute dalle imprese rispetto all'anno precedente, con un'agevolazione massima di 2,5 milioni di euro per impresa ed una spesa minima di 50 mila euro in ricerca e sviluppo per poter accedere all'agevolazione.

La legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014, articolo 1, commi 35 e 36) aveva già modificato tale disciplina in più punti:

§  l'aliquota dell'agevolazione è ridotta dal 50 al 25 per cento. La norma in esame ripristina, a decorrere dal 2017, la misura del 50 per cento (comma 1, lett. a)).

§  l'aliquota resta al 50 per cento per le spese relative al personale altamente qualificato impiegato in attività di ricerca e sviluppo e per i contratti di ricerca con università ed enti di ricerca e start-up innovative. La norma in esame, avendo elevato al 50 per cento la misura per tutte le spese, sopprime tale previsione (comma 1, lett. e)); per quanto riguarda le spese ammissibili, inoltre, è ritenuto sufficiente l’impiego di personale in attività di ricerca e sviluppo (comma 1, lett. d));

§  l'importo massimo per impresa è aumentato da 2,5 milioni a 5 milioni di euro per impresa. La norma in esame eleva ulteriormente tale importo a 20 milioni (comma 1, lett. c));

§  la soglia minima di investimenti agevolabili è ridotta da 50 mila a 30 mila euro;

§  per poter beneficiare del credito d'imposta, gli investimenti devono essere effettuati dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 fino a quello in corso al 31 dicembre 2019. La norma in esame prolunga tale periodo fino al 31 dicembre 2020 (comma 1, lett. a));

§  non è previsto un limite di fatturato delle imprese;

§  non sono contemplate le spese rel0ative alla creazione di nuovi brevetti (anche in considerazione della disciplina sul patent box);

§  per la fruizione del credito d'imposta non si applica il generale limite annuale di 250.000 euro;

§  è eliminata la procedura di istanza telematica per usufruire del credito d'imposta;

§  è eliminato il riferimento al limite massimo di stanziamento di euro 600 milioni per il triennio 2014-2016.

Il decreto 27 maggio 2015, del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, ha individuato le disposizioni applicative, nonché le modalità di verifica e controllo dell'effettività delle spese sostenute, le cause di decadenza e revoca del beneficio, le modalità di restituzione del credito d'imposta indebitamente fruito.

L'Agenzia delle entrate con la circolare n. 5/E del 2016 ha fornito chiarimenti in merito ai presupposti soggettivi ed oggettivi di accesso al beneficio, alle modalità di calcolo e di utilizzo, nonché in ordine alle ipotesi di cumulo con altre agevolazioni e agli adempimenti necessari per la corretta fruizione del credito di imposta. Il credito d'imposta è cumulabile con altri bonus, tra cui quello relativo agli investimenti in beni strumentali nuovi, previsto dall'articolo 18 del D.L. n. 91/2014. I costi ammissibili al credito di imposta rilevano per l'intero ammontare anche ai fini della determinazione del reddito agevolabile da patent box. Il bonus è concesso in maniera automatica, a seguito dell'effettuazione delle spese agevolate.

Si ricorda che in passato l'articolo 1 del D.L. 70/2011 aveva istituito un credito d'imposta, per gli anni 2011 e 2012, in favore delle imprese che avessero finanziato progetti di ricerca in Università o enti pubblici di ricerca le quali potessero sviluppare i progetti così finanziati anche in associazione, in consorzio, in joint venture ecc. con altre qualificate strutture di ricerca, anche private, di equivalente livello scientifico.


 

Articolo 1, commi 17-23
(Regime di cassa)

 


17. All’articolo 66 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, concernente le imprese minori, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Il reddito d’impresa dei soggetti che, secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, applicano il regime di contabilità semplificata, è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei ricavi di cui all’articolo 85 e degli altri proventi di cui all’articolo 89 percepiti nel periodo d’imposta e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’attività d’impresa. La differenza è aumentata dei ricavi di cui all’articolo 57, dei proventi di cui all’articolo 90, comma 1, delle plusvalenze realizzate ai sensi dell’articolo 86 e delle sopravvenienze attive di cui all’articolo 88 e diminuita delle minusvalenze e sopravvenienze passive di cui all’articolo 101»;

b) al comma 3:

1) al primo periodo, le parole: «109, commi 1, 2, 5, 7 e 9, lettera b) » sono sostituite dalle seguenti: «109, commi 5, 7 e 9, lettera b) ,»;

2) il terzo e il quarto periodo sono soppressi.

18. Il reddito del periodo d’imposta in cui si applicano le disposizioni dell’articolo 66 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della  Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal comma 17 del presente articolo, è ridotto dell’importo delle rimanenze finali che hanno concorso a formare il reddito dell’esercizio precedente secondo il principio della competenza.

19. Al fine di evitare salti o duplicazioni di imposizione, nel caso di passaggio da un periodo d’imposta soggetto alla determinazione del reddito delle imprese minori ai sensi dell’articolo 66 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, a un periodo d’imposta soggetto a regime ordinario, e viceversa, i ricavi, i compensi e le spese che hanno già concorso alla formazione del reddito, in base alle regole del regime di determinazione del reddito d’impresa adottato, non assumono rilevanza nella determinazione del reddito degli anni successivi.

20. All’articolo 5 -bis del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, concernente la determinazione del valore della produzione netta delle società di persone e delle imprese individuali agli effetti dell’imposta regionale sulle attività produttive, dopo il comma 1 è inserito il seguente: «1 -bis . Per i soggetti di cui al comma 1, che determinano il reddito ai sensi dell’articolo 66 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, la base imponibile di cui al comma 1 del presente articolo è determinata con i criteri previsti dal citato articolo 66».

21. Ai fi ni della determinazione della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive per i soggetti di cui al comma 1 -bis dell’articolo 5 -bis del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, introdotto dal comma 20 del presente articolo, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 18 e 19 del presente articolo.

22. L’articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, è sostituito dal seguente:

«Art. 18 (Contabilità semplificata per le imprese minori). — 1. Le disposizioni dei precedenti articoli si applicano anche ai soggetti che, a norma del codice civile, non sono obbligati alla tenuta delle scritture contabili di cui allo stesso codice. Tuttavia, i soggetti indicati alle lettere c) e d) del primo comma dell’articolo 13, qualora i ricavi indicati agli articoli 57 e 85 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, percepiti in un anno intero, ovvero conseguiti nell’ultimo anno di applicazione dei criteri previsti dall’articolo 109, comma 2, del medesimo testo unico, non abbiano superato l’ammontare di 400.000 euro per le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi, ovvero di 700.000 euro per le imprese aventi per oggetto altre attività, sono esonerati per l’anno successivo dalla tenuta delle scritture contabili prescritte dai precedenti articoli, salvi gli obblighi di tenuta delle scritture previste da disposizioni diverse dal presente decreto. Per i contribuenti che esercitano contemporaneamente prestazioni di servizi e altre attività si fa riferimento all’ammontare dei ricavi relativi all’attività prevalente. In mancanza della distinta annotazione dei ricavi, si considerano prevalenti le attività diverse dalle prestazioni di  servizi. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabiliti i criteri per l’individuazione delle attività consistenti nella prestazione di servizi.

2. I soggetti che fruiscono dell’esonero di cui al comma 1 devono annotare cronologicamente in un apposito registro i ricavi percepiti indicando per ciascun incasso: a) il relativo importo; b) le generalità, l’indirizzo e il comune di residenza anagrafica del soggetto che effettua il pagamento; c) gli estremi della fattura o altro documento emesso. Devono essere altresì annotate cronologicamente, in diverso registro e con riferimento alla data di pagamento, le spese sostenute nell’esercizio. Per ciascuna spesa devono essere fornite le indicazioni di cui alle lettere b) e c) del primo periodo.

3. I componenti positivi e negativi di reddito, diversi da quelli indicati al comma 2, sono annotati nei registri obbligatori di cui al medesimo comma 2 entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi.

4. I registri tenuti ai fi ni dell’imposta sul valore aggiunto sostituiscono i registri indicati al comma 2, qualora vi siano iscritte separate annotazioni delle operazioni non soggette a registrazione ai fi ni della suddetta imposta. In luogo delle singole annotazioni relative a incassi e pagamenti, nell’ipotesi in cui l’incasso o il pagamento non sia avvenuto nell’anno di registrazione, nei registri deve essere riportato l’importo complessivo dei mancati incassi o pagamenti con indicazione delle fatture cui le operazioni si riferiscono. In tal caso, i ricavi percepiti e i costi sostenuti devono essere annotati separatamente nei registri stessi nel periodo d’imposta in cui vengono incassati o pagati, indicando ai sensi del comma 2, lettera c) , il documento contabile già registrato ai fi ni dell’imposta sul valore aggiunto.

5. Previa opzione, vincolante per almeno un triennio, i contribuenti possono tenere i registri ai fi ni dell’imposta sul valore aggiunto senza operare annotazioni relative a incassi e pagamenti, fermo restando l’obbligo della separata annotazione delle operazioni non soggette a registrazione ai fi ni della suddetta imposta. In tal caso, per finalità di semplificazione si presume che la data di registrazione dei documenti coincida con quella in cui è intervenuto il relativo incasso o pagamento.

6. I soggetti esonerati dagli adempimenti relativi all’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, non sono tenuti ad osservare le disposizioni dei commi 2, 3 e 4 del presente articolo.

7. Il regime di contabilità semplificata previsto nel presente articolo si estende di anno in anno qualora non vengano superati gli importi indicati nel comma 1.

8. Il contribuente ha facoltà di optare per il regime ordinario. L’opzione ha effetto dall’inizio del periodo d’imposta nel corso del quale è esercitata fi no a quando non è revocata e, in ogni caso, per il periodo stesso e per i due successivi.

9. I soggetti che intraprendono l’esercizio di impresa commerciale, qualora ritengano di percepire ricavi per un ammontare, ragguagliato ad un anno, non superiore ai limiti indicati al comma 1, possono, per il primo anno, tenere la contabilità semplificata di cui al presente articolo. 

10. Per i rivenditori, in base a contratti estimatori, di giornali, di libri e di periodici, anche su supporti audiovideomagnetici, e per i distributori di carburante, ai fini del calcolo dei limiti di ammissione ai regimi semplificati di contabilità, i ricavi percepiti si assumono al netto del prezzo corrisposto al fornitore dei predetti beni. Per le cessioni di generi di monopolio, valori bollati e postali, marche assicurative e valori similari, si considerano ricavi gli aggi percepiti spettanti ai rivenditori.

11. Ai fi ni del presente articolo si assumono come ricavi conseguiti nel periodo d’imposta le somme incassate registrate nel registro di cui al comma 2, primo periodo, ovvero nel registro di cui al comma 4».

23. Le disposizioni di cui ai commi da 17 a 22 si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, possono essere adottate disposizioni per l’attuazione dei predetti commi.


 

 

I commi da 17 a 23, modificati durante l’esame parlamentare, intervengono sulla tassazione dei redditi delle cd. imprese minori assoggettate alla contabilità semplificata, sostituendo il vigente principio di competenza con il principio di cassa.

 

La norma interviene sulla tassazione dei redditi delle c.d. imprese minori assoggettate alla contabilità semplificata, sostituendo il vigente principio di competenza per il computo degli elementi che concorrono a formare l’imponibile con il principio di cassa.

 

A tal fine, il comma 17 apporta numerose modifiche all’articolo 66 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR.

 

Attualmente le c.d. imprese minori, ammesse al regime di contabilità semplificata e che non hanno esercitato l’opzione per il regime ordinario, determinano il loro reddito imponibile come differenza tra l'ammontare dei ricavi (elencati analiticamente all’articolo 85 del TUIR) e degli altri proventi (utili, dividendi e interessi, di cui all’articolo 89 TUIR; redditi derivanti da immobili, ai sensi dell’articolo 90 TUIR) conseguiti nel periodo di imposta e l'ammontare delle spese documentate sostenute nel periodo stesso. Tale risultato subisce aumenti e diminuzioni secondo le esistenze e le rimanenze; viene aumentato delle plusvalenze realizzate nel periodo d’imposta e diminuito delle minusvalenze; analoghe operazioni di aumento o diminuzione valgono per le sopravvenienze attive e passive.

 

Per effetto delle modifiche in esame (comma 17, lettera a)), le imprese minori che applicano il regime di contabilità semplificata continuano a calcolare l’imponibile come differenza tra l’ammontare dei ricavi (sempre ai sensi dell’articolo 85 TUIR) e degli altri proventi (utili, dividendi e interessi, di cui all’articolo 89 TUIR) percepiti nel periodo di imposta, e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’attività di impresa.

Rispetto al passato, si stabilisce che entrano nel computo dell’imponibile anche i ricavi, di cui all’articolo 57 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR, ovvero il valore normale dei beni destinati al consumo personale o familiare dell'imprenditore.

Continuano a computarsi in aumento i proventi immobiliari (articolo 90, comma 1 TUIR), le plusvalenze (realizzate ai sensi dell’articolo 86 TUIR) e le sopravvenienze attive (articolo 88); sono calcolate in diminuzione minusvalenze e sopravvenienze passive (di cui all’articolo 101 TUIR).

Le nuove norme non computano più le esistenze e le rimanenze.

 

Il comma 17, lettera b) apporta modifiche al comma 3 dell’articolo 66, al fine di disporre, con riferimento alla determinazione dell’imponibile per le imprese minori, che non trovi più applicazione il principio della competenza nella determinazione dei ricavi che concorrono a formare il reddito imponibile (di cui all’articolo 109, commi 1 e 2 TUIR).

Essi dunque vanno computati per cassa.

 

L’articolo 109 TUIR dispone (comma 1) che i ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, ove la legge non disponga diversamente, concorrono a formare il reddito nell'esercizio di competenza. Per i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell'esercizio di competenza non sia ancora certa l'esistenza o determinabile in modo obiettivo l'ammontare concorrono a formarlo nell'esercizio in cui si verificano tali condizioni.

Sono poi specificate le regole per la determinazione dell'esercizio di competenza di alcuni specifici ricavi (comma 2 dell’articolo 109).

 

Per effetto delle modifiche apportate durante l’esame parlamentare è stato specificato che continuano ad applicarsi le ordinarie regole valevoli (ai sensi dell’articolo 110, commi 1 e 2 del TUIR) per la determinazione del costo e del valore normale dei beni.

 

Coerentemente alle modifiche apportate dal n. 1) della lettera b), il successivo n. 2 elimina la disposizione secondo cui, nella determinazione del reddito delle imprese minori, i costi dei contratti a corrispettivi periodici, relativi a spese di competenza di due periodi d’imposta, possono essere dedotti secondo gli ordinari criteri di competenza ovvero con riferimento alla registrazione ai fini IVA dei relativi documenti fiscali, ove l’importo del costo indicato del documento di spesa non sia superiore a 1000 euro (ultimi due periodi dell’articolo 66, comma 3 TUIR).

 

La disposizione che si intende abrogare dispone in sostanza che, che per i soggetti in regime di contabilità semplificata, i costi concernenti contratti da cui derivano corrispettivi periodici (quali, per esempio, i contratti di locazione, di assistenza contabile, di somministrazione di gas, luce, ecc.), relativi a spese di competenza di due periodi d’imposta e di importo non superiore a 1.000 euro (con riferimento al costo indicato nel documento di spesa, al netto dell’IVA), sono deducibili nell’esercizio in cui ricevono il documento probatorio (solitamente la fattura), anziché alla data di maturazione dei corrispettivi, in deroga ai criteri di cui all’articolo 109, comma 2 lettera b) del TUIR. Tale comma 2, come si è visto, non trova più applicazione per i contribuenti in contabilità semplificata; la computazione per cassa diventa dunque una regola applicabile anche a tale tipologia di provento, non costituendo più un’eccezione.

 

Il comma 18 reca una disposizione transitoria, prevedendo che il reddito del periodo di imposta in cui si applicano le nuove disposizioni deve essere ridotto dell’importo delle rimanenze finali che hanno concorso a formare il reddito dell’esercizio precedente, secondo il principio della competenza.

Il comma 19, con finalità di evitare salti o duplicazioni di imposizione, disciplina l’ipotesi di passaggio dalle regole specifiche per le imprese minori - ai sensi dell’articolo 66 TUIR - a un periodo di imposta soggetto a regime ordinario, e viceversa.

In tal caso i ricavi, i compensi e le spese che hanno già concorso alla formazione del reddito, in base alle regole del regime di determinazione del reddito d’impresa adottato, non assumono rilevanza nella determinazione del reddito degli anni successivi.

 

Il comma 20 interviene sulla disciplina della base imponibile IRAP delle cd. imprese minori, inserendo a tal fine un comma 1-bis all’articolo 5-bis del D.Lgs. n. 446 del 1997 (che si occupa della determinazione del valore della produzione netta, ossia della base imponibile IRAP delle società di persone e delle imprese individuali).

Per i contribuenti che determinano il reddito ai sensi dell’articolo 66 del TUIR si prevede che i medesimi criteri siano utilizzati per l’individuazione della base imponibile IRAP. Pertanto, anche ai fini IRAP, rileva il nuovo criterio di cassa introdotto per le imprese minori ai fini delle imposte sui redditi; non rilevano, ad esempio, le rimanenze finali.

A tali soggetti si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 in materia di rimanenze finali e passaggio dal regime semplificato al regime ordinario, e viceversa. (comma 21).

 

Il comma 22 sostituisce integralmente l’articolo 18 del D.P.R. n. 600 del 1973 in tema di contabilità semplificata delle imprese minori.

Le modifiche al comma 1 sono sostanzialmente volte ad aggiornare i riferimenti normativi ivi previsti.

Il vigente articolo 18 del D.P.R. n. 600 del 1973, al comma 1, prevede che alcuni soggetti (società in nome collettivo, società in accomandita semplice ed equiparate; persone fisiche che esercitano imprese commerciali; enti non commerciali, relativamente alle attività commerciali eventualmente, come individuati dall’articolo 13 del medesimo D.P.R.) tengano una contabilità semplificata rispetto alle regole ordinarie civili e fiscali (di cui agli articoli 14-16 del D.P.R. 600 del 1973) ove i ricavi da essi conseguiti in un anno intero non abbiano superato l'ammontare di 400.000 euro per le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi e 700.000 euro per le imprese aventi per oggetto altre attività. Resta salvo, comunque, per i soggetti suindicati (articolo 18, comma 6) il diritto di optare per il regime ordinario di contabilità.

Il regime ordinario, in estrema sintesi, prevede che gli imprenditori siano tenuti alla regolare compilazione delle scritture contabili, del libro giornale e del libro degli inventari, nonché dei registri rilevanti ai fini fiscali (IVA e libri ausiliari).

Il regime semplificato invece esonera le sopra elencate imprese dagli obblighi civilistici di tenuta delle scritture contabili (libro giornale, libro inventari etc.): resta tuttavia presente l’obbligo di compilare le scritture rilevanti ai fini fiscali, ossia i registri IVA ed il registro dei beni ammortizzabili, con opportune integrazioni utili alla determinazione anche dell’imponibile ai fini delle imposte sui redditi.

Di conseguenza (articolo 18, comma 2) i soggetti in contabilità semplificata devono integrare - entro il termine stabilito per la presentazione della dichiarazione annuale - nel registro degli acquisti tenuto a fini IVA il valore delle rimanenze. Anche le operazioni non soggette a registrazione a fini IVA devono essere separatamente annotate nei registri IVA, con le modalità e nei termini stabiliti per le operazioni soggette a registrazione. Coloro che effettuano soltanto operazioni non soggette a registrazione devono annotare in apposito registro l'ammontare globale delle entrate e delle uscite relative a tutte le operazioni effettuate nella prima e nella seconda metà di ogni mese ed eseguire nel registro le integrazioni sul valore delle rimanenze.

Per i lavoratori autonomi, il regime di contabilità semplificata è applicabile a prescindere dall’ammontare dei compensi conseguiti nell’anno precedente.

L’articolo 18, al comma 9 chiarisce che per le imprese in contabilità semplificata i ricavi vanno individuati in base al principio di competenza: si assumono come ricavi conseguiti nel periodo di imposta i corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione nel periodo stesso agli effetti dell’IVA e delle operazioni annotate o soggette ad annotazioni anche se non sottoposte a registrazione a fini IVA.

In caso di inizio attività, è necessario ragguagliare ad anno i ricavi presunti (settimo comma dell’articolo 18 come vigente).

 

Le disposizioni in esame mantengono fermi i vigenti limiti per l’accesso alla contabilità semplificata, aggiornando i riferimenti normativi al TUIR (modifiche al comma 1 dell’articolo 18, con riferimento ai ricavi rilevanti; si tratta dei medesimi considerati rilevanti ai sensi del modificato articolo 66 TUIR, per cui si veda supra). Dal momento che le modifiche all’articolo 66 TUIR sostituiscono il criterio di competenza con quello di cassa, si precisa che – per l’ingresso nel regime semplificato – vengono in considerazione i ricavi conseguiti nell’ultimo anno di applicazione dei criteri di competenza (articolo 109, comma 2 TUIR).

Le modifiche al comma 2 e 3 dell’articolo 18 intendono adattare anche alle scritture contabili l’applicazione del principio di cassa per l’individuazione dei ricavi imponibili. Di conseguenza, sono dettagliate con maggiore precisione le annotazioni e le integrazioni da effettuare nei registri esistenti, ovvero le nuove scritture contabili da tenere per essere ammessi al regime.

Pertanto (novellato comma 2), i soggetti in contabilità semplificata devono annotare cronologicamente, in un apposito registro, i ricavi percepiti indicando, per ciascun incasso: a) il relativo importo; b) le generalità, l’indirizzo e il comune di residenza anagrafica del soggetto che effettua il pagamento; c) gli estremi della fattura o altro documento emesso. In un diverso registro vanno annotate cronologicamente e con riferimento alla data di pagamento (in ossequio al criteri di cassa) le spese sostenute nell’esercizio. Per ciascuna spesa devono essere fornite le generalità del soggetto che effettua il pagamento e gli estremi della fattura o di altro documento emesso.

Ai sensi del novellato comma 3, i diversi componenti positivi e negativi di reddito (rispetto a quelli indicati al comma 2) vanno annotati nei registri obbligatori entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi.

Il nuovo comma 4 chiarisce che i registri IVA sostituiscono i registri di annotazione di ricavi e spese, ove debitamente integrati con la separata annotazione delle operazioni non soggette a registrazione a fini IVA.

In ossequio al principio di cassa, al posto delle singole annotazioni relative ad incassi e pagamenti, nell’ipotesi in cui l’incasso o il pagamento non sia avvenuto nell’anno di registrazione, nei registri deve essere riportato l’importo complessivo dei mancati incassi o pagamenti, con indicazione delle fatture cui le operazioni si riferiscono. In tal caso, i ricavi percepiti e i costi sostenuti devono essere annotati separatamente nei registri stessi, nel periodo di imposta in cui vengono incassati o pagati, indicando il documento contabile già registrato ai fini Iva.

Il novellato comma 5 consente ai contribuenti di esercitare apposita opzione, vincolante per almeno un triennio, per tenere i registri IVA senza operare annotazioni relative ad incassi e pagamenti, fermo restando l’obbligo della separata annotazione delle operazioni non soggette a registrazione IVA. In tal caso, per finalità di semplificazione opera la presunzione legale secondo cui la data di registrazione dei documenti coincida con quella di incasso o pagamento.

I commi 6-10 riproducono il contenuto dei vigenti commi 4-8 dell’articolo 18.

Il novellato comma 11 chiarisce che, ai fini della contabilità semplificata, si assumono come ricavi conseguiti nel periodo di imposta le somme incassate registrate nell’apposito registro (di cui al comma 2, primo periodo), ovvero nel registro IVA appositamente integrato (di cui al comma 4).

Il comma 23 della legge in commento chiarisce la decorrenza delle nuove norme, applicabili a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016. Esse sono attuate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame (31 gennaio 2017).

 


 

Articolo 1, commi 24-31
(IVA di gruppo)

 


24. Al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo l’articolo 70 è inserito il seguente titolo: «TITOLO V -bis GRUPPO IVA

Art. 70 -bis (Requisiti soggettivi per la costituzione di un gruppo IVA) . — 1. I soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato esercenti attività d’impresa, arte o professione, per i quali ricorrano congiuntamente i vincoli fi nanziario, economico e organizzativo di cui all’articolo 70 -ter , possono divenire un unico soggetto passivo, di seguito denominato “gruppo IVA”.

2. Non possono partecipare a un gruppo IVA:

a) le sedi e le stabili organizzazioni situate all’estero;

b) i soggetti la cui azienda sia sottoposta a sequestro giudiziario ai sensi dell’articolo 670 del codice di procedura civile; in caso di pluralità di aziende, la disposizione opera anche se oggetto di sequestro è una sola di esse;

c) i soggetti sottoposti a una procedura concorsuale di cui all’articolo 70 -decies , comma 3, terzo periodo;

d) i soggetti posti in liquidazione ordinaria.

Art. 70 -ter (Vincolo finanziario, vincolo economico e vincolo organizzativo). — 1. Si considera sussistente un vincolo finanziario tra soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato quando, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile e almeno dal 1º luglio dell’anno solare precedente:

a) tra detti soggetti esiste, direttamente o indirettamente, un rapporto di controllo;

b) detti soggetti sono controllati, direttamente o indirettamente, dal medesimo soggetto, purché residente nel territorio dello Stato ovvero in uno Stato con il quale l’Italia ha stipulato un accordo che assicura un effettivo scambio di informazioni.

2. Si considera sussistente un vincolo economico tra soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato sulla  base dell’esistenza di almeno una delle seguenti forme di cooperazione economica:

a) svolgimento di un’attività principale dello stesso genere;

b) svolgimento di attività complementari o interdipendenti; c) svolgimento di attività che avvantaggiano, pienamente o sostanzialmente, uno o più di essi.

3. Si considera sussistente un vincolo organizzativo tra soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato quando tra detti soggetti esiste un coordinamento, in via di diritto, ai sensi delle disposizioni di cui al libro quinto, titolo V, capo IX, del codice civile, o in via di fatto, tra gli organi decisionali degli stessi, ancorché tale coordinamento sia svolto da un altro soggetto.

4. Salvo quanto disposto dal comma 5, se tra i soggetti passivi intercorre il vincolo finanziario di cui al comma 1, si presumono sussistenti tra i medesimi anche i vincoli economico e organizzativo di cui ai commi 2 e 3.

5. Per dimostrare l’insussistenza del vincolo economico o di quello organizzativo, è presentata all’Agenzia delle entrate istanza di interpello ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b) , della legge 27 luglio 2000, n. 212.

6. Il vincolo economico si considera in ogni caso insussistente per i soggetti per i quali il vincolo finanziario di cui al comma 1 ricorre in dipendenza di partecipazioni acquisite nell’ambito degli interventi finalizzati al recupero di crediti o derivanti dalla conversione in azioni di nuova emissione dei crediti verso imprese in temporanea difficoltà finanziaria, di cui all’articolo 113, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Per dimostrare la sussistenza del vincolo economico è presentata all’Agenzia delle entrate istanza di interpello ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b) , della citata legge n. 212 del 2000.

Art. 70 -quater (Costituzione del gruppo IVA) . — 1. Il gruppo IVA è costituito a seguito di un’opzione esercitata da tutti i soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato per i quali ricorrano congiuntamente i vincoli finanziario, economico e organizzativo di cui all’articolo 70 -ter . In caso di mancato esercizio dell’opzione da parte di uno o più dei soggetti di cui al periodo precedente:

a) è recuperato a carico del gruppo IVA l’effettivo vantaggio fi scale conseguito;

b) il gruppo IVA cessa a partire dall’anno successivo rispetto a quello in cui viene accertato il mancato esercizio dell’opzione, a meno che i predetti soggetti non esercitino l’opzione per partecipare al gruppo medesimo.

2. L’opzione di cui al comma 1 è esercitata mediante la presentazione, in via telematica, da parte del rappresentante del gruppo, della dichiarazione di cui all’articolo 70 -duodecies , comma 5, nella quale sono indicati:

a) la denominazione del gruppo IVA;

b) i dati identificativi del rappresentante del gruppo IVA, di seguito denominato “rappresentante di gruppo”, e dei soggetti partecipanti al gruppo medesimo;

c) l’attestazione della sussistenza, tra i soggetti partecipanti al gruppo, dei vincoli di cui all’articolo 70 -ter ; 

d) l’attività o le attività che saranno svolte dal gruppo IVA;

e) l’elezione di domicilio presso il rappresentante di gruppo da parte di ciascun soggetto partecipante al gruppo medesimo, ai fi ni della notifica degli atti e dei provvedimenti relativi ai periodi d’imposta per i quali è esercitata l’opzione; l’elezione di domicilio è irrevocabile fi no al termine del periodo di decadenza dell’azione di accertamento o di irrogazione delle sanzioni relative all’ultimo anno di validità dell’opzione;

f) la sottoscrizione del rappresentante di gruppo, che presenta la dichiarazione, e degli altri soggetti di cui al presente comma.

3. Se la dichiarazione di cui al comma 2 è presentata dal 1º gennaio al 30 settembre, l’opzione di cui al comma 1 ha effetto a decorrere dall’anno successivo. Se la dichiarazione di cui al comma 2 è presentata dal 1º ottobre al 31 dicembre, l’opzione di cui al comma 1 ha effetto a decorrere dal secondo anno successivo.

4. Permanendo i vincoli di cui all’articolo 70 -ter , l’opzione è vincolante per un triennio decorrente dall’anno in cui la stessa ha effetto. Trascorso il primo triennio, l’opzione si rinnova automaticamente per ciascun anno successivo, fi no a quando non è esercitata la revoca di cui all’articolo 70 -novies . Resta fermo quanto disposto dal comma 1, lettera b).

5. Se negli anni di validità dell’opzione di cui al comma 1 i vincoli economico e organizzativo di cui all’articolo 70 -ter , commi 2 e 3, si instaurano nei riguardi dei soggetti che erano stati esclusi dal gruppo IVA ai sensi del comma 5 del medesimo articolo, ovvero se il vincolo finanziario di cui all’articolo 70 -ter , comma 1, si instaura nei riguardi di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato relativamente ai quali non sussisteva all’atto dell’esercizio dell’opzione, i predetti soggetti partecipano al gruppo IVA a decorrere dall’anno successivo a quello in cui tali vincoli si sono instaurati. In tal caso, la dichiarazione di cui al comma 2 deve essere presentata entro il novantesimo giorno successivo a quello in cui tali vincoli si sono instaurati. In caso di mancata inclusione di un soggetto di cui al primo periodo nel gruppo IVA, si applicano le disposizioni del secondo periodo del comma 1.

Art. 70 -quinquies (Operazioni effettuate dal gruppo IVA e nei confronti di esso). — 1. Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate da un soggetto partecipante a un gruppo IVA nei confronti di un altro soggetto partecipante allo stesso gruppo IVA non sono considerate cessioni di beni e prestazioni di servizi agli effetti degli articoli 2 e 3.

2. Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate da un soggetto partecipante a un gruppo IVA nei confronti di un soggetto che non ne fa parte si considerano effettuate dal gruppo IVA.

3. Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di un soggetto partecipante a un gruppo IVA da un soggetto che non ne fa parte si considerano effettuate nei confronti del gruppo IVA.

4. Gli obblighi e i diritti derivanti dall’applicazione delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto sono, rispettivamente, a carico e a favore del gruppo IVA. 

Art. 70 -sexies (Eccedenze creditorie antecedenti alla partecipazione al gruppo IVA) . — 1. L’eccedenza di imposta detraibile risultante dalla dichiarazione annuale relativa all’anno precedente al primo anno di partecipazione al gruppo IVA non si trasferisce al gruppo medesimo, ma può essere chiesta a rimborso, anche in mancanza delle condizioni di cui all’articolo 30 del presente decreto, ovvero compensata a norma dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. La disposizione di cui al primo periodo non si applica per la parte dell’eccedenza detraibile di ammontare pari ai versamenti dell’imposta sul valore aggiunto effettuati con riferimento a tale precedente anno.

Art. 70 -septies (Adempimenti). — 1. Il rappresentante di gruppo adempie gli obblighi ed esercita i diritti di cui all’articolo 70 -quinquies , comma 4, nei modi ordinari.

2. Il rappresentante di gruppo è il soggetto che esercita il controllo di cui all’articolo 70 -ter , comma 1. Se il predetto soggetto non può esercitare l’opzione, è rappresentante di gruppo il soggetto partecipante con volume d’affari o ammontare di ricavi più elevato nel periodo precedente alla costituzione del gruppo medesimo.

3. Se il rappresentante di gruppo cessa di far parte del gruppo IVA senza che vengano meno gli effetti dell’opzione per gli altri partecipanti, subentra quale rappresentante di gruppo un altro soggetto partecipante al gruppo IVA, individuato ai sensi del comma 2, con riferimento all’ultima dichiarazione presentata. La sostituzione ha effetto dal giorno successivo alla cessazione del precedente rappresentante di gruppo ed è comunicata dal nuovo rappresentante di gruppo con la dichiarazione di cui all’articolo 70 -duodecies , comma 5, entro trenta giorni.

Art. 70 -octies (Responsabilità). — 1. Il rappresentante di gruppo è responsabile per l’adempimento degli obblighi connessi all’esercizio dell’opzione.

2. Gli altri soggetti partecipanti al gruppo IVA sono responsabili in solido con il rappresentante di gruppo per le somme che risultano dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni a seguito delle attività di liquidazione e controllo.

Art. 70 -novies (Disposizioni in materia di opzioni e revoche). — 1. La revoca dell’opzione esercitata ai sensi dell’articolo 70 -quater è comunicata dal rappresentante di gruppo con la dichiarazione di cui all’articolo 70 -duodecies , comma 5, sottoscritta anche dagli altri soggetti partecipanti al gruppo IVA.

2. La revoca dell’opzione opera nei riguardi di tutti i soggetti partecipanti al gruppo IVA. Se la dichiarazione di cui al comma 1 è presentata dal 1º gennaio al 30 settembre, la revoca ha effetto a decorrere dall’anno successivo. Se la dichiarazione di cui al comma 1 è presentata dal 1º ottobre al 31 dicembre, la revoca ha effetto a decorrere dal secondo anno successivo.

3. Alle opzioni e alle revoche previste dal presente titolo non si applicano le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442.

4. L’esercizio da parte di un soggetto dell’opzione di cui all’articolo 70 -quater comporta il venir meno degli effetti delle opzioni in materia di imposta sul valore aggiunto esercitate dallo stesso in precedenza, anche se non è decorso il periodo minimo di permanenza nel particolare regime prescelto.

Art. 70 -decies (Esclusione dalla partecipazione al gruppo IVA) . — 1. L’opzione di cui all’articolo 70 -quater , comma 1, da parte di un soggetto, per il quale non sussistono i requisiti di cui all’articolo 70 -bis , è priva di effetti limitatamente a tale soggetto.

2. Ciascun soggetto partecipante a un gruppo IVA cessa di partecipare al gruppo medesimo se si verifica uno dei seguenti casi:

a) viene meno il vincolo finanziario nei riguardi di tale soggetto;

b) è riconosciuto, ai sensi dell’articolo 70 -ter , comma 5, il venir meno del vincolo economico od organizzativo nei riguardi di tale soggetto;

c) tale soggetto subisce il sequestro giudiziario dell’azienda ai sensi dell’articolo 670 del codice di procedura civile;

d) tale soggetto è sottoposto a una procedura concorsuale;

e) tale soggetto è posto in liquidazione ordinaria.

3. La partecipazione al gruppo IVA cessa a decorrere dalla data in cui si verificano gli eventi previsti nel comma 2, lettere a) , c) , d) o e) , e ha effetto per le operazioni compiute e per gli acquisti e le importazioni annotati a partire da tale data. Nell’ipotesi di cui al comma 2, lettera b) , la partecipazione al gruppo IVA cessa a decorrere dall’anno successivo a quello in cui è riconosciuto il venir meno del vincolo. Per l’individuazione della data in cui si verifica l’evento, nelle ipotesi di cui alle lettere c) , d) o e) del comma 2, si fa riferimento alla data di efficacia del provvedimento che dispone il sequestro giudiziario, alla data della sentenza dichiarativa del fallimento, alla data del decreto di ammissione al concordato preventivo, alla data del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa, alla data del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi o alla data di assunzione della delibera assembleare della liquidazione ordinaria.

4. Il gruppo IVA cessa quando viene meno la pluralità dei soggetti partecipanti. In tal caso, l’eccedenza detraibile risultante dalla dichiarazione del gruppo IVA non chiesta a rimborso è computata in detrazione dal soggetto partecipante che agiva in qualità di rappresentante di gruppo nelle proprie liquidazioni o nella propria dichiarazione annuale.

5. La cessazione di cui ai commi 2 e 4 è comunicata dal rappresentante di gruppo entro trenta giorni dalla data in cui si sono verificati gli eventi, con la dichiarazione di cui all’articolo 70 -duodecies , comma 5.

Art. 70 -undecies (Attività di controllo). — 1. Per le annualità di validità dell’opzione, l’esercizio dei poteri previsti dagli articoli 51 e seguenti nei confronti del gruppo IVA è demandato alle strutture, già esistenti, individuate con il regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle entrate, di cui all’articolo 71, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. 

2. Alle strutture di cui al comma 1 sono demandate le attività di:

a) liquidazione prevista dall’articolo 54 -bis ;

b) controllo sostanziale;

c) recupero dei crediti inesistenti utilizzati in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241;

d) gestione del contenzioso relativo a tutti gli atti di competenza delle strutture stesse;

e) rimborso in materia di imposta sul valore aggiunto.

3. Ai fi ni delle attività di controllo, nell’ipotesi di disconoscimento della validità dell’opzione il recupero dell’imposta avviene nei limiti dell’effettivo vantaggio fi scale conseguito.

4. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabiliti specifici adempimenti finalizzati ad assicurare l’efficacia delle attività di controllo.

Art. 70 -duodecies (Disposizioni speciali e di attuazione). — 1. Le modalità e i termini speciali di emissione, numerazione e registrazione delle fatture nonché di esecuzione delle liquidazioni e dei versamenti periodici stabiliti dai decreti ministeriali emanati ai sensi degli articoli 22, secondo comma, 73 e 74 si applicano alle operazioni soggette a tali disposizioni effettuate dal gruppo IVA.

2. Se al gruppo IVA partecipano una o più banche, alle operazioni riferibili a queste ultime si applicano le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 12 febbraio 2004, n. 75.

3. Se al gruppo IVA partecipano una o più società assicurative, alle operazioni riferibili a queste ultime si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro delle finanze 30 maggio 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 5 giugno 1989.

4. Le disposizioni di cui all’articolo 8, comma 1, secondo, quarto e quinto periodo, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, si applicano anche nei casi in cui una società di gestione di fondi partecipi a un gruppo IVA.

5. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate sono approvati il modello per la presentazione delle dichiarazioni di cui al presente titolo nonché le modalità e le specifiche tecniche per la trasmissione telematica delle stesse.

6. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite le disposizioni necessarie per l’attuazione del presente titolo».

25. Nella tabella di cui all’allegato B al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, indicante atti, documenti e registri esenti dall’imposta di bollo in modo assoluto, dopo l’articolo 6 è inserito il seguente:

«Art. 6 -bis . Fatture, note, conti, ricevute, quietanze e simili documenti, recanti addebitamenti o accreditamenti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi tra soggetti partecipanti a un gruppo IVA. La disposizione si applica per le operazioni per le quali, se effettuate nei confronti di un soggetto non partecipante a un gruppo IVA, si applicherebbero le esenzioni di cui agli articoli 6 e 15 della presente tabella e all’articolo 66, comma 5,  del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427».

26. Al testo unico dell’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 5, il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Le scritture private non autenticate sono soggette a registrazione in caso d’uso se tutte le disposizioni in esse contemplate sono relative a operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto. Si considerano soggette all’imposta sul valore aggiunto anche le cessioni e le prestazioni tra soggetti partecipanti a un gruppo IVA, le cessioni e le prestazioni per le quali l’imposta non è dovuta a norma degli articoli da 7 a 7 -septies del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e quelle di cui al comma 6 dell’articolo 21 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. La disposizione del periodo precedente non si applica alle operazioni esenti e imponibili ai sensi dei numeri 8), 8 -bis ), 8 -ter ) e 27 -quinquies ) del primo comma dell’articolo 10 del citato decreto n. 633 del 1972 e alle locazioni di immobili esenti ai sensi del secondo comma del medesimo articolo 10, nonché alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi tra soggetti partecipanti a un gruppo IVA per le quali, se effettuate nei confronti di un soggetto non partecipante al gruppo IVA, si applicherebbero le suddette disposizioni»;

b) all’articolo 40:

1) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Per gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti all’imposta sul valore aggiunto, l’imposta si applica in misura fissa. Si considerano soggette all’imposta sul valore aggiunto anche le cessioni e le prestazioni tra soggetti partecipanti a un gruppo IVA, le cessioni e le prestazioni per le quali l’imposta non è dovuta a norma degli articoli da 7 a 7 -septies del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e quelle di cui al comma 6 dell’articolo 21 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. La disposizione del periodo precedente non si applica alle operazioni esenti ai sensi dei numeri 8), 8 -bis ) e 27 -quinquies ) del primo comma dell’articolo 10 del citato decreto n. 633 del 1972 e alle locazioni di immobili esenti ai sensi del secondo comma del medesimo articolo 10, nonché alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi tra soggetti partecipanti a un gruppo IVA per le quali, se effettuate nei confronti di un soggetto non partecipante al gruppo IVA, si applicherebbero le suddette disposizioni»;

2) il comma 1 -bis è sostituito dal seguente:

«1 -bis . Sono soggette all’imposta proporzionale di registro le locazioni di immobili strumentali di cui all’articolo 10, primo comma, numero 8), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ancorché siano imponibili agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto ovvero intervengano tra soggetti partecipanti a un gruppo IVA». 

27. All’articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole: «Ministro delle finanze», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «Ministro dell’economia e delle finanze»;

b) il terzo comma è sostituito dal seguente:

«Il Ministro dell’economia e delle finanze può disporre con propri decreti, stabilendo le relative modalità, che i versamenti periodici, compreso quello di cui all’articolo 6, comma 2, della legge 29 dicembre 1990, n. 405, e i versamenti dell’imposta dovuta in base alla dichiarazione annuale siano eseguiti per l’ammontare complessivamente dovuto dall’ente o società commerciale controllante e dagli enti o società commerciali controllati, al netto delle eccedenze detraibili; l’ente o società commerciale controllante comunica all’Agenzia delle entrate l’esercizio dell’opzione per la predetta procedura di versamento con la dichiarazione ai fi ni dell’imposta sul valore aggiunto presentata nell’anno solare a decorrere dal quale intende esercitare l’opzione. Agli effetti dei versamenti di cui al precedente periodo non si tiene conto delle eccedenze detraibili, risultanti dalle dichiarazioni annuali relative al periodo d’imposta precedente, degli enti e società diversi da quelli per i quali anche in tale periodo d’imposta l’ente o società controllante si è avvalso della facoltà di cui al presente comma. Alle eccedenze detraibili degli enti e delle società per i quali trova applicazione la disposizione di cui al precedente periodo si applicano le disposizioni di cui all’articolo 30. Restano fermi gli altri obblighi e le responsabilità delle società controllate. Si considera controllata la società le cui azioni o quote sono possedute per oltre la metà dall’altra, almeno dal 1º luglio dell’anno solare precedente a quello di esercizio dell’opzione».

28. Il Ministro dell’economia e delle finanze, con proprio decreto, adegua le vigenti disposizioni ministeriali alle modificazioni introdotte dal comma 27, lettera b) .

29. Il regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle entrate, di cui all’articolo 71, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, può attribuire alle medesime strutture, già esistenti, di cui al comma 1 dell’articolo 70 -undecies del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, introdotto dal comma 24 del presente articolo, nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, i poteri previsti dagli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, nei confronti dei soggetti che aderiscono al gruppo IVA.

30. Le disposizioni di cui ai commi 27 e 28 si applicano dal 1º gennaio 2017; le altre disposizioni di cui ai commi 24, 25, 26 e 29 si applicano dal 1º gennaio 2018.

31. Per le disposizioni di cui al comma 24 il Ministero dell’economia e delle finanze procede alla consultazione del Comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto, ai sensi dell’articolo 11 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006. 


 

 

I commi da 24 a 31, modificati durante l’esame parlamentare, introducono e disciplinano il gruppo IVA, esercitando così la facoltà espressamente accordata agli Stati membri dell’Unione europea dalla direttiva 2006/112/CE in materia di imposta sul valore aggiunto.

Si consente di considerare come unico soggetto passivo IVA l’insieme di persone stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi. Le nuove disposizioni sul gruppo IVA si applicano dal 1° gennaio 2018, con concreta operatività dei gruppi medesimi a partire dall’anno successivo.

 

I commi da 24 a 31 recano la disciplina del gruppo IVA, riconducendola nell’alveo delle norme che istituiscono e disciplinano l’imposta.

Viene a tal fine introdotto un nuovo Titolo V-bis nel D.P.R. n. 633 del 1972, che comprende gli articoli da 70-bis a 70-duodecies.

 

In sostanza, per effetto delle modifiche in commento viene considerato come un unico soggetto passivo IVA l’insieme di persone (fisiche o giuridiche) stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi, esercitando così la facoltà accordata agli Stati membri dell’Unione europea dall’articolo 11 della direttiva IVA (direttiva 2006/112/CE).

 

L’articolo 11 della direttiva 2006/112/CE prevede che, per l’applicazione di tale facoltà, sia preventivamente esperito il comitato consultivo dell'imposta sul valore aggiunto. Tale comitato è stato istituito dall’articolo 398 della medesima direttiva con lo scopo di promuovere l’applicazione uniforme delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto; esso ha funzione consultiva, si compone di rappresentanti degli Stati membri e della Commissione ed è presieduto da un rappresentante della Commissione.

Requisiti soggettivi e vincoli

L’articolo 70-bis disciplina (comma 1) i requisiti soggettivi per l’accesso alla disciplina di gruppo.

Possono costituire un gruppo IVA i soggetti passivi stabiliti in Italia e che esercitano attività d’impresa, arte o professione, purché ricorrano congiuntamente i vincoli finanziari, economici e organizzativi stabiliti dalla legge (di cui all’articolo 70-ter).

 

Non possono partecipare a un gruppo IVA (comma 2):

a)   le sedi e le stabili organizzazioni situate all’estero;

b)   i soggetti la cui azienda sia sottoposta a sequestro giudiziario (ai sensi dell’articolo 670 del codice di procedura civile); in caso di pluralità di aziende, la disposizione opera anche se oggetto di sequestro è una sola di esse;

c)   i soggetti assoggettati a una procedura concorsuale che, come specificato in sede di esame parlamentare, è una di quelle elencate all’introdotto articolo 70-decies, comma 3, terzo periodo. La richiamata disposizione, per individuare la decorrenza delle procedure concorsuali ostative all’ingresso nel gruppo IVA, fa riferimento: alla data di efficacia del provvedimento che dispone il sequestro giudiziario, alla data della sentenza dichiarativa del fallimento, alla data del decreto di ammissione al concordato preventivo, alla data del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa, alla data del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi o alla data di assunzione della delibera assembleare della liquidazione ordinaria. Con le modifiche apportate durante l’esame parlamentare sono state precisate meglio le decorrenze delle predette procedure;

d)  i soggetti posti in liquidazione ordinaria.

Durante l’esame parlamentare è stato di conseguenza soppresso il comma 3 dell’articolo 70-bis, che individuava (in parte) i momenti dai quali si considerava avviata la procedura concorsuale ostativa all’ingresso nel gruppo.

 

L’articolo 70-ter (comma 1) chiarisce in primo luogo quando si considera sussistente un vincolo finanziario tra soggetti passivi. Esso sussiste quando, almeno dal 1° luglio dell’anno solare precedente:

a)   fra detti soggetti esiste, direttamente o indirettamente, un rapporto di controllo ai sensi delle disposizioni del codice civile;

b)  detti soggetti sono controllati, direttamente o indirettamente, dal medesimo soggetto, purché residente nel territorio dello Stato ovvero in uno Stato con il quale l’Italia ha stipulato un accordo che assicura un effettivo scambio di informazioni.

Viene altresì chiarita la sussistenza (comma 2) del vincolo economico, subordinato all’esistenza di almeno una delle forme di cooperazione economica seguenti:

a)   svolgimento di un’attività principale dello stesso genere;

b)  svolgimento di attività complementari o interdipendenti;

c)   svolgimento di attività che avvantaggiano, pienamente o sostanzialmente, uno o più soggetti passivi.

 

Inoltre, il comma 3 chiarisce che sussiste un vincolo organizzativo fra detti soggetti quando esiste un coordinamento, in via di diritto, ai sensi del codice civile (libro V, titolo V, capo IX  del codice civile che disciplina la direzione e il coordinamento di società), o in via di fatto, fra gli organi decisionali degli stessi, ancorché tale coordinamento sia svolto da un altro soggetto.

Viene chiarito che (comma 4), se fra i soggetti passivi ricorre il vincolo finanziario, si presumono sussistenti fra i medesimi anche i vincoli economico e organizzativo, fatta salva la possibilità (comma 5) di dimostrare l’insussistenza del vincolo economico o di quello organizzativo mediante istanza di interpello probatorio, presentata all’Agenzia delle entrate, in base all’articolo 11, comma 1, lettera b), dello Statuto dei contribuenti (legge n. 212 del 2000).

Si rammenta che il D.Lgs. n. 156 del 7 ottobre 2015 ha riformato la disciplina degli interpelli in attuazione della legge 11 marzo 2014, n. 23 (legge di delega fiscale). Tra le forme di interpello ivi disciplinate, l’interpello probatorio (comma 1, lettera b) dello Statuto dei contribuenti) riguarda la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l'adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti dalla legge.

Non sussiste (comma 6) vincolo economico, in ogni caso, per i soggetti per cui il vincolo finanziario discende da partecipazioni acquisite nell'ambito degli interventi finalizzati al recupero di crediti o derivanti dalla conversione in azioni di nuova emissione di crediti verso imprese in temporanea difficoltà finanziaria (di cui all’articolo 113, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi – TUIR). Per dimostrare la sussistenza del vincolo economico è presentata all’Agenzia delle entrate apposita istanza di interpello probatorio.

Costituzione del gruppo IVA

Ai sensi dell’articolo 70-quater, la costituzione del gruppo IVA viene effettuata previa opzione esercitata da tutti i soggetti passivi che ne fanno parte e per cui sussistano i vincoli di legge, oltre allo stabilimento in Italia.

In caso di mancato esercizio dell’opzione da parte di uno o più dei soggetti di cui al periodo precedente, si dispone il recupero in capo al gruppo del vantaggio fiscale conseguito effettivamente, e il gruppo cessa a partire dall’anno successivo rispetto a quello in cui viene accertato il mancato esercizio dell’opzione, salvo che i predetti soggetti non esercitino l’opzione per partecipare al gruppo medesimo.

Si prevede (comma 2) che l’opzione sia esercitata con presentazione in via telematica, da parte del rappresentante di gruppo, di una apposita dichiarazione (di cui all’articolo 70-duodecies, comma 5), nella quale sono indicati specifici elementi (denominazione; dati identificativi del rappresentante del gruppo IVA e dei soggetti partecipanti al gruppo medesimo; l’attestazione della sussistenza dei vincoli di legge; l’attività o le attività che saranno svolte dal gruppo, l’elezione di domicilio presso il rappresentante di gruppo da parte di ciascun soggetto partecipante al gruppo medesimo; la sottoscrizione dei soggetti interessati e del rappresentante).

L’opzione ha una decorrenza diversa (comma 3) secondo il momento di presentazione dell’istanza (antecedente o successiva al 30 settembre) e, in costanza dei vincoli di legge, è vincolante per un triennio decorrente dall’anno in cui la stessa ha effetto. Trascorso il primo triennio, l’opzione si rinnova automaticamente per ciascun anno successivo, fino a quando non è esercitata la revoca (comma 4).

Il comma 5 disciplina due ipotesi: la prima è quella in cui, nel corso degli anni di validità dell’opzione, il vincolo finanziario venga a sussistere in capo a soggetti passivi in possesso dei requisiti soggettivi per la partecipazione a un gruppo IVA, relativamente ai quali non sussisteva all’atto dell’esercizio dell’opzione (ad esempio, per effetto dell’acquisizione del controllo di diritto in tali soggetti mediante acquisizione della relativa partecipazione da parte di uno dei partecipanti al gruppo IVA); è inoltre disciplinata l’ipotesi in cui, essendo stata presentata istanza di interpello preventivo, ed essendo stata riconosciuta dall’Agenzia delle entrate l’insussistenza del vincolo economico o di quello organizzativo in capo a un dato soggetto (conseguentemente espunto da quelli partecipanti al gruppo IVA), successivamente tali vincoli vengano a integrarsi in capo allo stesso soggetto.

In questi casi, il soggetto in capo al quale vengano a sussistere i predetti vincoli dovrà partecipare al gruppo IVA a partire dall’anno successivo a quello in cui i vincoli stessi vengano a sussistere. In base al secondo periodo del comma 5, dovrà essere presentata la dichiarazione apposita, al fine di specificare l’inclusione nel gruppo IVA del soggetto per cui sono venuti a sussistere il vincolo finanziario ovvero il vincolo economico e/o quello organizzativo. Tale dichiarazione dovrà essere presentata entro il novantesimo giorno successivo a quello in cui tali vincoli vengono a sussistere.

Effetti della partecipazione a un gruppo IVA

Per effetto dell’esercizio di tale opzione, gli aderenti al gruppo – fintantoché perdura l’opzione – perdono l’autonoma soggettività ai fini dell’imposta sul valore aggiunto e nasce un nuovo soggetto d’imposta (il gruppo IVA) che agisce come un qualsiasi soggetto passivo, trovando applicazione per lo stesso tutte le disposizioni in materia di IVA, con specifiche disposizioni attuative.

 

Di conseguenza (articolo 70-quinquies, comma 1) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi infragruppo non sono considerate cessioni di beni e prestazioni di servizi rilevanti ai fini dell’applicazione dell’IVA; le operazioni effettuate da un soggetto del gruppo IVA nei confronti di un soggetto estraneo si considerano effettuate dal gruppo IVA (comma 2). Parallelamente, le operazioni effettuate nei confronti di un soggetto partecipante a un gruppo IVA da un soggetto che non ne fa parte si considerano effettuate nei confronti del gruppo IVA (comma 3). Diritti e obblighi derivanti dall’applicazione delle norme in materia IVA sono, rispettivamente, a carico e a favore del gruppo IVA (comma 4).

 

Per quanto invece riguarda (articolo 70-sexies) l’eccedenza di imposta detraibile risultante dalla dichiarazione annuale relativa all’anno precedente al primo anno di partecipazione al gruppo IVA, essa non si trasferisce al gruppo medesimo: può essere chiesta a rimborso anche in mancanza delle specifiche condizioni richieste dall’articolo 30 del medesimo D.P.R. n. 633 del 1972, ovvero compensata.  La predetta regola non si applica tuttavia per quella parte dell’eccedenza detraibile che è pari ai versamenti IVA effettuati con riferimento a tale precedente anno.

Adempimenti e responsabilità; revoca dell’opzione

Spetta al rappresentante di gruppo (articolo 70-septies) il compito di adempiere agli obblighi ed esercitare i diritti del gruppo. Esso è individuato ex legge nel soggetto che esercita il controllo di cui all’articolo 70-ter, comma 1, ovvero il vincolo finanziario.

Ove sia impossibilitato ad esercitare l’opzione, è rappresentante di gruppo il soggetto partecipante con volume d’affari o ammontare di ricavi più elevato nel periodo precedente alla costituzione del gruppo medesimo.

Si prevedono forme di subentro nella rappresentanza di gruppo (comma 3) in specifiche ipotesi, senza cessazione degli effetti del gruppo IVA su altri partecipanti.

 

È responsabilità (articolo 70-octies) del rappresentante di gruppo quella di adempiere agli obblighi connessi all’esercizio dell’opzione.

Si prevede che gli altri soggetti partecipanti al gruppo IVA siano responsabili in solido (comma 2) con il rappresentante di gruppo per le somme che risultano dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni a seguito delle attività di liquidazione e controllo.

 

Compito del rappresentante (articolo 70-nonies, comma 1) è anche di comunicare la revoca dell’opzione mediante apposita dichiarazione, sottoscritta anche dagli altri soggetti partecipanti.

Detta revoca (comma 2) opera nei riguardi di tutti i soggetti partecipanti al gruppo IVA, con decorrenza diversa secondo la data di presentazione.

Alle opzioni e alle revoche previste in tema di gruppo IVA (comma 3) non si applicano le regole generali in tema di esercizio delle opzioni IVA, contenute nel D.P.R. 10 novembre 1997, n. 442.

Si chiarisce che, se un soggetto effettua (comma 4) l’esercizio dell’opzione per il gruppo IVA, ciò comporta il venir meno degli effetti delle altre opzioni in materia di imposta sul valore aggiunto esercitate dallo stesso in precedenza, anche se non è decorso il periodo minimo di permanenza nel particolare regime prescelto.

Esclusione dalla partecipazione al gruppo IVA

L’articolo 70-decies, modificato durante l’esame parlamentare, disciplina i casi di esclusione dalla partecipazione al gruppo IVA.

Se l’opzione per la costituzione del gruppo IVA è esercitata, unitamente a soggetti per cui ricorrano i requisiti di legge, anche da soggetti per cui tali requisiti non ricorrano, la circostanza incide solo su questi ultimi, non privando di effetti l’opzione esercitata dai primi (comma 1).

Il comma 2 enumera le circostanze che possono determinare il venir meno della partecipazione a un gruppo IVA da parte di un soggetto che aveva in precedenza validamente esercitato l’opzione (venir meno del vincolo finanziario; riconoscimento, mediante interpello, del venir meno in capo a tale soggetto del vincolo economico o di quello organizzativo; sequestro giudiziario di un’azienda di tale soggetto; assoggettamento a procedura concorsuale; sottoposizione a liquidazione ordinaria).

Il comma 3 regola i profili temporali della cessazione della partecipazione al gruppo IVA di un dato soggetto. La cessazione si produce di regola, dalla data in cui si verificano gli eventi previsti nel comma 2 e ha effetto per le operazioni effettuate e per gli acquisti e le importazioni annotati a partire da tale data. Se la cessazione della partecipazione consegue al riconoscimento del venir meno del vincolo economico o di quello organizzativo, la cessazione della partecipazione si produce a decorrere dall’anno successivo al venir meno del vincolo.

Il terzo periodo del comma 3 specifica, poi, i criteri di individuazione della data in cui si verifica la cessazione nei casi di sequestro giudiziario, procedure concorsuali e liquidazione ordinaria.

Il comma 4 contempla l’ipotesi in cui venga meno la pluralità dei soggetti partecipanti a un gruppo IVA. In tal caso il gruppo IVA cessa e l’eccedenza detraibile risultante dalla dichiarazione del gruppo IVA non richiesta a rimborso è computata in detrazione dal soggetto partecipante che agiva in qualità di rappresentante di gruppo nelle proprie liquidazioni o nella propria dichiarazione annuale.

Nel comma 5 si disciplinano i profili procedimentali connessi alle ipotesi di esclusione dal gruppo e cessazione del gruppo stesso: tali fattispecie sono comunicate dal rappresentante di gruppo entro trenta giorni dalla data in cui si è verificato l’evento che ha determinato tale esclusione o cessazione.

Durante l’esame parlamentare è stato specificato che gli adempimenti del rappresentante non includono i profili temporali delle cause di esclusione / cessazione.

Attività di controllo

L’articolo 70-undecies disciplina l’attività di controllo sul gruppo IVA, disponendo che durante il periodo di validità dell’opzione, i poteri di accertamento e controllo dell’amministrazione finanziaria in materia di imposta sul valore aggiunto sono demandati alle strutture, già esistenti, individuate con il regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle entrate (di cui all’articolo 71 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300) nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Le norme individuano (comma 2) quali attività spettano alle predette strutture; inoltre che, ai fini delle attività di controllo, in ipotesi di disconoscimento della validità dell’opzione il recupero dell’imposta avviene nei limiti dell’effettivo vantaggio fiscale conseguito (comma 3).

Si affida (comma 4) a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate l’individuazione degli specifici adempimenti finalizzati ad assicurare l’efficacia delle attività di controllo.

Norme speciali e attuazione

L’articolo 70-duodecies reca norme volte a disciplinare la partecipazione al gruppo di soggetti per cui operano disposizioni speciali e a prevedere la modulistica per le dichiarazioni e le comunicazioni relative alle vicende che riguardano il gruppo IVA.

Sono applicabili (comma 1) anche al gruppo IVA le modalità e i termini speciali di emissione, numerazione e registrazione delle fatture, nonché di esecuzione delle liquidazioni e dei versamenti periodici stabiliti dai decreti ministeriali emanati in attuazione delle deleghe contenute negli articoli 22, secondo comma, 73 e 74 del D.P.R. n. 633, riguardanti specifici soggetti o alcune attività (tra cui i commercianti al minuto e le operazioni di telecomunicazione, le somministrazioni di acqua, gas, energia elettrica, vapore e teleriscaldamento urbano e la liquidazione dell’IVA di gruppo).

È confermata anche in seno al gruppo IVA l’applicazione (rispettivamente, commi 2 e 3) di alcune vigenti semplificazioni per le banche e le società assicurative.

Il comma 4 si disciplina l’ipotesi della partecipazione al gruppo IVA anche di società di gestione di fondi immobiliari, mentre il comma 5 demanda a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate l’approvazione del modello per la presentazione delle dichiarazioni relative al gruppo IVA, nonché le modalità e le specifiche tecniche per la trasmissione telematica delle stesse.

Con il comma 6 si demanda a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di natura non regolamentare, la previsione di disposizioni necessarie per l’attuazione delle disposizioni in materia di gruppo IVA contenute nell’introdotto titolo V-bis.

Disposizioni di coordinamento

I commi da 25 a 31 modificano altre disposizioni, con finalità di coordinamento rispetto alle nuove norme relative al gruppo IVA.

Come chiarisce al riguardo la relazione illustrativa, scopo di tali norme è quello di evitare che l’irrilevanza delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi tra soggetti partecipanti a un gruppo IVA possa determinare maggiori costi in tema di imposta di bollo o di imposta di registro, dal momento che tali imposte trovano applicazione nei casi di transazioni estranee al campo di applicazione dell’IVA.

 

In particolare il comma 25 si riferisce all’imposta di bollo. Con una modifica alla Tabella allegata al relativo Testo Unico (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642), si inserisce un articolo 6-bis, ai sensi del quale l’imposta di bollo non è dovuta in relazione alle fatture e agli altri documenti di addebito relativi a operazioni che intervengono tra soggetti partecipanti al medesimo gruppo. L’esenzione è limitata alle operazioni che, se rese nei confronti di terzi estranei al gruppo, sarebbero imponibili a fini IVA, nonché alle cessioni all’esportazione e alle cessioni intracomunitarie.

 

Il comma 26 apporta modifiche alla disciplina dell’imposta di registro.

La lettera a) modifica, in particolare, l’articolo 5 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131. La richiamata norma dispone che le scritture private non autenticate sono soggette a registrazione in caso d’uso se tutte le disposizioni in esse contemplate sono relative a operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto. Per effetto delle modifiche apportate, le scritture private non autenticate relative alle operazioni che intervengono tra due soggetti partecipanti a uno stesso gruppo IVA sono soggette a registrazione solo in caso d’uso (che si considerano, ai fini dell’imposta di registro, come soggette a IVA).

Con le modifiche in esame si apporta anche una ulteriore modifica di coordinamento alla disciplina dell’imposta di registro, includendo tra le operazioni considerate soggette a IVA anche quelle effettuate nel territorio dello Stato ai sensi delle specifiche norme sulla territorialità dell’IVA (articoli da7-bis a 7-sexies del D.P.R. n. 633 del 1972).

Tale disciplina non trova applicazione anche quando, per le predette scritture, la registrazione solo in caso d’uso non troverebbe applicazione se le operazioni anzidette fossero rese nei confronti di terzi estranei al gruppo.

 

La lettera b) del comma 26 modifica l’articolo 40 del predetto D.P.R. n. 131 del 1986.

Per effetto delle norme in esame, gli atti relativi alle operazioni che intervengono tra due soggetti partecipanti a un gruppo IVA, in caso di registrazione, scontano l’imposta di registro in misura fissa. Tale disciplina non trova applicazione quando per tali atti l’imposta di registro troverebbe applicazione in misura proporzionale, se le operazioni anzidette fossero rese nei confronti di terzi estranei al gruppo.

Con la lettera c) del comma 26 si chiarisce che l’imposta di registro si applica in misura proporzionale per le locazioni di immobili strumentali (di cui all’articolo 10, primo comma, numero 8), del D.P.R. IVA), ancorché siano imponibili IVA, ovvero intervengano tra soggetti partecipanti a un gruppo IVA.

 

Il comma 27 modifica l’articolo 73, terzo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, in tema di liquidazione dell’IVA di gruppo.

Si ricorda che ai sensi delle norme vigenti, in presenza dei requisiti di legge, i gruppi societari possono optare per l'applicazione della disciplina prevista dall'articolo 73, comma 3 del D.P.R.  n. 633 del 1972 e dal D.M. 13 dicembre 1979, che consente di compensare, nell'ambito del gruppo societario i crediti e i debiti IVA risultanti dalle liquidazioni periodiche e dalle dichiarazioni annuali delle società che lo costituiscono.

 

Oltre alle modifiche formali e di coordinamento normativo, con le norme in esame si chiarisce che possono accedere a tale procedura – sia come controllante che come controllati – tutti gli enti e le società commerciali (la relazione illustrativa fa riferimento alle società di persone e gli enti soggetti passivi IVA).

Con riferimento al requisito temporale del controllo, si specifica che esso deve verificarsi in presenza di un controllo almeno dal 1° luglio dell’anno precedente a quello di esercizio dell’opzione (e non più dall’inizio dell’anno solare precedente).

Si prevede la possibilità di esercitare l’opzione per tale procedura, da parte dell’ente o società controllante, con la dichiarazione IVA presentata nell’anno solare a decorrere dal quale si intende esercitare l’opzione.

Sono soppressi gli obblighi di presentazione delle dichiarazioni annuali delle società controllate, da parte della controllante, all’ufficio del domicilio fiscale della medesima controllante, allo scopo di rendere coerente il testo con le attuali norme e modalità di dichiarazione e versamento dell’IVA.

Il comma 28 dispone che  il Ministro dell’economia e delle finanze con proprio decreto adegua le vigenti disposizioni ministeriali alle modificazioni introdotte alle norme sulla liquidazione di gruppo.

 

Il comma 29 consente che il regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle entrate (di cui all’articolo 71 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300) possa attribuire alle strutture, già esistenti, preposte all’attività di controllo sul gruppo IVA, nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, i poteri di accertamento previsti per le imposte sui redditi (di cui agli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600) nei confronti dei soggetti che aderiscono al gruppo IVA.

I commi 30 e 31 disciplinano la decorrenza delle nuove disposizioni.

In particolare sono operative dal 2017 le modifiche recate alla liquidazione IVA di gruppo di cui all’articolo 73, terzo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972. Le norme sul gruppo IVA trovano applicazione a partire dal 1° gennaio 2018, con concreta operatività dei gruppi IVA a partire dal 2019 (comma 30).

La relazione illustrativa che accompagnava l’originario disegno di legge chiarisce che tale decorrenza è volta a consentire al Ministero dell’economia e delle finanze di procedere, come precisato dal comma 31, alla consultazione del Comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto, come previsto dall’articolo 11 della direttiva 2006/112/CE.


 

Articolo 1, comma 32
(Trasferimenti immobiliari nell'ambito di vendite giudiziarie)

 

32. All’articolo 16 del decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 2016, n. 49, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «due anni» sono sostituite dalle seguenti: «cinque anni»;

b) al comma 2, la parola: «biennio» è sostituita dalla seguente: «quinquennio»;

c) al comma 3, le parole: «31 dicembre 2016» sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2017».

 

 

Il comma 32 dell’articolo 1 prevede l’allungamento dei termini di legge per il ritrasferimento obbligatorio degli immobili ceduti alle imprese, in seno a procedure giudiziarie, con imposizione indiretta agevolata.

Proroga al 30 giugno 2017 l’operatività delle predette agevolazioni, anche con riferimento agli acquirenti non imprenditori in possesso dei requisiti di legge (acquisto “prima casa”).

 

Le lettere a) e b) del comma 32 allungano i termini previsti dalla legge per il ritrasferimento degli immobili ceduti a imprese, in seno a procedure giudiziarie con imposizione indiretta agevolata.

 

A tal fine si interviene sulle norme (contenute nell’articolo 16, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 18 del 2016) che prevedono l’applicazione dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro (dunque agevolata) sui trasferimenti di immobili nell’ambito di vendite giudiziarie, se l’acquirente è soggetto che svolge attività d'impresa.

Con le modifiche di cui alla lettera a) si allunga da due a cinque anni il periodo di tempo entro il quale l’acquirente imprenditore che ha usufruito dell’agevolazione è tenuto a ritrasferire i beni immobili oggetto della transazione.

Viene conseguentemente modificato il comma 2 del medesimo articolo 16, che si occupa delle misure sanzionatorie previste nel caso di mancato tempestivo ritrasferimento del bene: in tale ipotesi le imposte sono dovute nella misura ordinaria (9 per cento) e si applica una sanzione amministrativa del 30 per cento oltre agli interessi di mora.

Con le norme in esame, per l’opportuno coordinamento, le sanzioni sono applicate nel caso di mancato ritrasferimento entro il quinquennio (in luogo del biennio).

 

Si ricorda che, ai sensi del vigente comma 2, dalla scadenza del biennio decorre inoltre il termine per il recupero delle imposte ordinarie da parte dell'amministrazione finanziaria.

 

Si ricorda in questa sede che il comma 2-bis del medesimo articolo 16 dispone la stessa agevolazione per i trasferimenti immobiliari effettuati nell’ambito di vendite giudiziarie in favore di soggetti che non svolgono attività d'impresa purché ricorrano le condizioni - di cui all’articolo 1, alla nota II-bis) del Testo Unico dell’Imposta di registro, D.P.R. n. 131 del 1986 - e i requisiti richiesti dalla legge per usufruire dell’agevolazione fiscale “prima casa”.

 

Con la lettera c) (che modifica il comma 3 dell’articolo 16 del decreto-legge n. 18 del 2016) si allungano di 6 mesi i termini di operatività dell’agevolazione, che si applica ai trasferimenti stipulati entro il 30 giugno 2017, in luogo del 31 dicembre 2016.

La norma modificata si riferisce all’insieme di agevolazioni di cui all’articolo 16, dunque l’operatività delle stesse è prorogata sia nei confronti degli acquirenti imprenditori, sia degli acquirenti non imprenditori che acquistano la “prima casa”.


 

Articolo 1, commi 33-35
(Assoggettamento a IVA del 5 per cento dei servizi di
trasporto marittimo, lacuale, fluviale e lagunare
)

 


33. Al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 10, comma 1, numero 14), le parole: «o altri mezzi di trasporto abilitati ad eseguire servizi di trasporto marittimo, lacuale, fluviale e lagunare» sono soppresse;

b) alla tabella A, parte II -bis , dopo il numero 1 -bis ) è aggiunto il seguente:

«1 -ter ) prestazioni di trasporto urbano di persone effettuate mediante mezzi di trasporto abilitati ad eseguire servizi di trasporto marittimo, lacuale, fluviale e lagunare»;

c) alla tabella A, parte III, numero 127 -novies ), dopo la parola: «escluse» sono inserite le seguenti: «quelle di cui alla tabella A, parte II -bis , numero 1 -ter ), e».

34. La tariffa amministrata per i servizi di trasporto marittimo, lacuale, fluviale e lagunare è comunque comprensiva dell’imposta sul valore aggiunto.

35. Le disposizioni di cui ai commi 33 e 34 si applicano alle operazioni effettuate a decorrere dal 1º gennaio 2017.


 

 

I commi 33-35 intervengono sul trattamento fiscale dei servizi di trasporto marittimo, lacuale, fluviale e lagunare.

 

Il comma 33 assoggetta all’aliquota IVA del 5% i servizi di trasporto urbano di persone effettuati per via marittima, lacuale, fluviale e lagunare precedentemente esenti dall’imposta.

La novella modifica il decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (disciplina dell’imposta sul valore aggiunto) abrogando il riferimento a tali servizi previsto dall’articolo 10 del decreto medesimo (che indica le operazioni esenti dall’imposta), e introducendo alla tabella A, parte II-bis (che indica i beni e i servizi assoggettati all’aliquota IVA del 5%), e alla tabella A parte III (che indica i beni e i servizi assoggettati e all’aliquota IVA del 10%) le necessarie modifiche.

Il comma 34 dispone inoltre che la tariffa amministrativa relativa ai servizi di trasporto marittimo, lacuale, fluviale e lagunare sia comprensiva dell’imposta sul valore aggiunto.

Ai sensi del comma 35, le disposizioni dei precedenti commi 33 e 34 si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2017.

 


 

Articolo 1, comma 36
(Ritenute sui corrispettivi dovuti dal condominio all'appaltatore
e tracciabilità dei pagamenti)

 


36. Dopo il comma 2 dell’articolo 25 -ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotto dall’articolo 1, comma 43, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono aggiunti i seguenti:

«2 -bis . Il versamento della ritenuta di cui al comma 1 è effettuato dal condominio quale sostituto d’imposta quando l’ammontare delle ritenute operate raggiunga l’importo di euro 500. Il condominio è comunque tenuto all’obbligo di versamento entro il 30 giugno e il 20 dicembre di ogni anno anche qualora non sia stato raggiunto l’importo stabilito al primo periodo.

2 -ter . Il pagamento dei corrispettivi di cui al comma 1 deve essere eseguito dai condomìni tramite conti correnti bancari o postali a loro intestati ovvero secondo altre modalità idonee a consentire all’amministrazione finanziaria lo svolgimento di efficaci controlli, che possono essere stabilite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. L’inosservanza della presente disposizione comporta l’applicazione delle sanzioni previste dal comma 1 dell’articolo 11 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471».


 

 

Il comma 36 integra la normativa in tema di ritenute sui corrispettivi dovuti dal condominio all'appaltatore e di tracciabilità degli stessi pagamenti, prevedendo una specifica sanzione amministrativa.

 

In particolare, il nuovo comma 2-bis dell’articolo 25-ter del D.P.R. n. 600 del 1973 (in materia di accertamento delle imposte sui redditi) dispone che il versamento della ritenuta del 4 per cento a titolo di acconto dell'imposta sul reddito dovuta dal percipiente deve essere effettuato dal condominio in qualità di sostituto d’imposta solo al raggiungimento di una soglia minima della ritenuta stessa pari a 500 euro. Si precisa, comunque, che il condominio è tenuto al versamento entro il 30 giugno e il 20 dicembre di ogni anno ove non sia raggiunto l’importo minino predetto.

 

Il nuovo comma 2-ter dell’articolo 25-ter del D.P.R. n. 600 del 1973 prevede che il pagamento dei corrispettivi dovuti per prestazioni relative a contratti di appalto di opere o servizi resi ai condomini deve essere eseguito con modalità tracciabili o mediante conti correnti bancari o postali, ovvero mediante altre modalità che consentano il controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria, da definire con decreto ministeriale. L’inosservanza di tale obbligo è punita con la sanzione amministrativa da 250 a 2.000 euro, prevista dall’articolo 11, comma 1, del D.Lgs. n. 471 del 1997.

Si ricorda che l’articolo 1129 c.c. già prevede che l'amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio (disposizione introdotta dall’articolo 9, comma 1, della legge n. 220 del 2012).

 


 

Articolo 1, comma 37
(Deducibilità canoni di noleggio a lungo termine)

 

37. All’articolo 164, comma 1, lettera b) , del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, l’ultimo periodo è sostituito dal seguente: «I predetti limiti di 35 milioni di lire e di 7 milioni di lire sono elevati rispettivamente a euro 25.822,84 e a euro 5.164,57 per gli autoveicoli utilizzati da agenti o rappresentanti di commercio».

 

 

Il comma 37 innalza di 1.549,37 euro il limite annuo alla deducibilità fiscale dei canoni per noleggio a lungo termine degli autoveicoli utilizzati da agenti o rappresentanti di commercio.

 

La disposizione incrementa da 3.615,20 euro a 5.164,57 euro il limite annuo alla deducibilità fiscale dei costi di locazione e di noleggio per le autovetture e gli autocaravan utilizzati da agenti o rappresentanti di commercio. La disposizione sostituisce l'ultimo periodo della lettera b), comma 1, articolo 164, TUIR (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), estendendo l'ambito del regime di favore riconosciuto agli agenti o rappresentanti di commercio, in relazione al limite massimo di deducibilità per l'acquisto (fattispecie vigente) e il noleggio a lungo termine di autovetture e autocaravan (ulteriore nuova fattispecie).

L’articolo 164 del TUIR disciplina i limiti di deduzione delle spese e degli altri componenti negativi relativi ad alcuni tipi di mezzi di trasporto utilizzati nell'esercizio di imprese, arti e professioni. Tale disciplina fiscale fu introdotta nel 1997 per limitare fortemente il diritto all'integrale deducibilità dei costi sostenuti. Alla base della norma vi è la presunzione assoluta secondo cui tali mezzi sono sempre utilizzati sia nella sfera aziendale sia in quella privata dell'imprenditore: da qui la limitazione della deducibilità.

La disciplina attuale prevede due ipotesi: quelle in cui le spese sono deducibili dal reddito per intero, individuate dalla lettera a) del comma 1 dell’articolo 164, e quelle di cui alla lettera b) del medesimo comma 1 per le quali, in relazione ai limiti di deducibilità posti dalla stessa lettera b), è ammessa in deduzione solo una percentuale della spesa.

La disposizione vigente stabilisce che gli agenti o rappresentanti di commercio possono dedurre dal proprio reddito il costo di acquisizione di autovetture e autocaravan fino a un limite massimo di 25.822,84 euro, soglia del 43% più alta di quella (18.075,99 euro) riconosciuta a coloro che utilizzano la medesima tipologia di bene nell'esercizio di imprese, arti e professioni.

Applicando la medesima percentuale di beneficio, con la modifica in esame, viene innalzato di 1.549,37 euro il limite di deducibilità dei costi di locazione e di noleggio per autovetture e autocaravan. Gli agenti o rappresentanti di commercio possono dunque dedurre dal proprio reddito tali costi fino a un limite massimo di 5.164,57 euro, rispetto alla soglia base di 3.615,20 euro.

 


 

Articolo 1, commi 38 e 39
(Pagamento cumulativo della tassa automobilistica)

 


38. Al fi ne di semplificare e razionalizzare il sistema delle tasse automobilistiche, senza nuovi o maggiori  oneri per la finanza pubblica, la facoltà di pagamento cumulativo ai sensi dell’articolo 7, comma 1, della legge 23 luglio 2009, n. 99, è estesa alle aziende con flotte di auto e camion delle quali siano proprietarie, usufruttuarie, acquirenti con patto di riservato dominio ovvero utilizzatrici a titolo di locazione finanziaria.

39. I versamenti cumulativi di cui al comma 38 del presente articolo e all’articolo 7 della legge 23 luglio 2009, n. 99, devono in ogni caso essere eseguiti in favore della regione o provincia autonoma competente in relazione rispettivamente al luogo di immatricolazione del veicolo o, in caso di locazione finanziaria, al luogo di residenza dell’utilizzatore del veicolo medesimo.


 

 

I commi 38 e 39 prevedono la facoltà di pagamento cumulativo della tassa automobilistica di proprietà.

Il comma 38 prevede la facoltà di pagamento cumulativo della tassa automobilistica di proprietà per le aziende con flotte e camion di cui siano proprietarie, usufruttuarie, acquirenti con patto di riservato dominio ovvero utilizzatrici in leasing. Tale facoltà era prevista dall’articolo 7 della legge n. 99 del 2009 per il pagamento della tassa dovuta per veicoli i concessi in locazione finanziaria da parte delle imprese concedenti.

Al fine di semplificare e razionalizzare la riscossione della tassa dovuta su veicoli concessi in locazione finanziaria, l'articolo 7 della legge 23 luglio 2009, n. 99 ha stabilito che le singole regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono autorizzate a stabilire le modalità con le quali le imprese concedenti possono provvedere ad eseguire cumulativamente, in luogo dei singoli utilizzatori, il versamento delle tasse dovute per i periodi di tassazione compresi nella durata dei rispettivi contratti. È stato altresì stabilito che, a decorrere dal 1°(gradi) gennaio 2016, gli utilizzatori a titolo di locazione finanziaria, sulla base del contratto annotato al PRA e fino alla data di scadenza del contratto medesimo, siano tenuti in via esclusiva al pagamento della tassa automobilistica regionale configurandosi la responsabilità solidale della società di leasing solo nella particolare ipotesi in cui questa abbia provveduto, in base alle modalità stabilite dall'ente competente, al pagamento cumulativo, in luogo degli utilizzatori, delle tasse dovute per i periodi compresi nella durata del contratto di locazione finanziaria.

Il comma 39 stabilisce che i versamenti dell’imposta debbano essere fatti a ciascuna regione o provincia autonoma nelle quali i mezzi siano immatricolati. Nel caso di locazione finanziaria si fa invece riferimento al luogo di residenza dell’utilizzatore del veicolo.

Articolo 1, comma 40
(Riduzione canone RAI)

 

40. Per l’anno 2017, la misura del canone di abbonamento alla televisione per uso privato di cui al regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, è pari complessivamente all’importo di euro 90.

 

 

Il comma 40 prevede, per il 2017, la riduzione del canone RAI per uso privato (da 100) a 90 euro.

 

Si tratta di un’ulteriore riduzione dell’importo del canone, già ridotto -sempre con intervento legislativo - da € 113,50 dovuti per il 2015 a € 100 dovuti per il 2016.

La relazione tecnica all’A.S. 2611 evidenziava che, dalle prime informazioni ottenute dagli operatori tramite i quali avviene il versamento del canone, risultava che le nuove modalità di riscossione dello stesso introdotte dalla legge di stabilità 2016 avevano determinato un aumento della platea dei contribuenti che lo pagavano.

In base ad un comunicato stampa del Ministero dello sviluppo economico del 26 novembre 2016, “l’Agenzia delle Entrate stima a regime una morosità, nella peggiore delle ipotesi, ampiamente al di sotto del 10 per cento che porterebbe l’incasso finale del canone 2016 sopra i 2 miliardi”.

 

L’art. 47 del D.Lgs. 177/2005 – che ha ripreso i contenuti dell’art. 18 della L. 112/2004 – disciplinando il finanziamento del servizio pubblico generale radiotelevisivo, ha disposto, in particolare, che entro il mese di novembre di ciascun anno, il Ministro delle comunicazioni, con proprio decreto, stabilisce l'ammontare dei canoni di abbonamento[5] in vigore dal 1° gennaio dell'anno successivo, in misura tale da consentire alla società concessionaria di coprire i costi che prevedibilmente saranno sostenuti in tale anno per adempiere gli specifici obblighi di servizio pubblico generale radiotelevisivo (co. 3).

In base alla stessa fonte, è fatto divieto alla società concessionaria di utilizzare, direttamente o indirettamente, i ricavi derivanti dal canone per finanziare attività non inerenti al servizio pubblico generale radiotelevisivo.

Ai sensi dell’art. 27, co. 8, primo periodo, della L. 488/1999, inoltre, il canone di abbonamento alla televisione doveva essere attribuito per intero alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, ad eccezione della quota pari all’1 per cento già spettante all’Accademia di Santa Cecilia[6].

Negli ultimi anni, tuttavia, sono state previste riduzioni di tale attribuzione: in particolare, l’art. 21, co. 4, del D.L. 66/2014 (L. 89/2014) ha previsto la riduzione di € 150 mln per il 2014 e l’art. 1, co. 292, della L. 190/2014 (L. stabilità 2015) ha previsto, dal 2015, la riduzione del 5%.

L’art. 1, co. 152-164, della L. 208/2015 (L. stabilità 2016) ha poi fissato per il 2016 in € 100,00 (rispetto a € 113,50 dovuti per il 2015) la misura del canone e ha disposto l’addebito dello stesso nella fattura dell’energia elettrica.

Da ultimo, l’art. 1 della L. 198/2016 ha disposto che al nuovo Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, destinato al sostegno dell’editoria e dell’emittenza radiofonica e televisiva locale, affluisce, fra l’altro, quota parte – fino ad un importo massimo di € 100 mln annui per il periodo 2016-2018 – delle eventuali maggiori entrate derivanti dal canone RAI[7].

 

Sull’argomento, si ricorda che la Corte costituzionale, nel ribadire la legittimità dell’imposizione del canone radiotelevisivo, aveva chiarito, con la sentenza 284/2002, che lo stesso “costituisce in sostanza un’imposta di scopo, destinato come esso è, quasi per intero (a parte la modesta quota ancora assegnata all’Accademia nazionale di Santa Cecilia), alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo”.

 


 

Articolo 1, comma 41
(Soppressione del canone per l’estrazione del sale dai giacimenti)

 

41. All’articolo 3, numero 1), della legge 17 luglio 1942, n. 907, dopo le parole: «La concessione» sono inserite le seguenti: «, ad eccezione di quella relativa all’estrazione del sale dai giacimenti,».

 

 

Il comma 41 modifica l’articolo 3, comma 1, numero 1), della legge n. 907/1942, prevedendo che la concessione relativa all’estrazione del sale dai giacimenti non sia più assoggettata al pagamento del canone annuo ivi previsto.

 

Il comma 41 interviene sull’articolo 3, comma 1, numero 1), della legge n. 907/1942, escludendo, per la concessione relativa all'estrazione del sale dai giacimenti, l’assoggettamento al pagamento del canone annuo ivi previsto.

 

L’articolo 3 della legge sul monopolio dei sali e dei tabacchi (legge 17 luglio 1942, n. 907)[8], reca norme sull’estrazione e sulla fabbricazione di sale da parte di privati. Tale disposizione, inserita nel Capo II della legge, recante norme sulle deroghe al divieto di produzione, prevede la facoltà dell'amministrazione dei monopoli di autorizzare, tra l’altro, l'estrazione del sale dai giacimenti e dall'acqua di sorgenti e la produzione del sale come sottoprodotto di lavorazione industriale, nel territorio nazionale soggetto a monopolio, a fine di esportazione o di impiego per le industrie menzionate nel successivo articolo 21 (art. 3, comma 1, numero 1). La norma richiamata subordina tale concessione al pagamento di un canone annuo, da stabilirsi con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Consiglio di amministrazione dei monopoli di Stato. La medesima norma prevede, inoltre, la facoltà dell’amministrazione dei monopoli di autorizzare: la fabbricazione di tipi speciali di sale alimentare per il consumo nel territorio della Repubblica soggetto al monopolio, purché la vendita ne sia riservata alla stessa amministrazione dei monopoli, alle condizioni da essa stabilite di volta in volta (art. 3, comma 1, numero 2); la produzione di sale col metodo idrolitico nella preparazione degli estratti alimentari e dei condimenti per minestra (art. 3, comma 1, numero 3). La medesima legge n. 907/1942, all’articolo 1, definisce l’oggetto del monopolio di Stato – l’estrazione del sale dall'acqua del mare, dalle sorgenti saline, dalle miniere, la produzione del sale in qualunque altro modo, la raccolta, l'introduzione e la vendita del sale – e, all’articolo 2, chiarisce la definizione del sale agli effetti fiscali, ossia il cloruro di sodio ed ogni altra miscela di sali nella quale il cloro sia in proporzione maggiore di 15,2 ed il sodio di 9,8 per cento. La norma equipara al sale i prodotti non destinati ad uso alimentare, che contengono cloruro di sodio in quantità superiore al 25 per cento.


 

Articolo 1, comma 42
(Blocco aliquote regionali e comunali)

 


42. All’articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 26, le parole: «per l’anno 2016» sono sostituite dalle seguenti: «per gli anni 2016 e 2017»;

b) al comma 28, è aggiunto, in fi ne, il seguente periodo: «Per l’anno 2017, i comuni che hanno deliberato ai sensi del periodo precedente possono continuare a mantenere con espressa deliberazione del consiglio comunale la stessa maggiorazione confermata per l’anno 2016».


 

 

Il comma 42 proroga al 2017 la sospensione dell’efficacia delle leggi regionali e delle deliberazioni comunali, per la parte in cui aumentano i tributi e le addizionali attribuite ai medesimi enti.

Si conferma, sempre per l’anno 2017, la maggiorazione della TASI già disposta per il 2016, con delibera del consiglio comunale.

 

L’articolo 1, comma 42, lettera a) proroga al 2017 la sospensione dell’efficacia delle leggi regionali e delle deliberazioni comunali per la parte in cui aumentano i tributi e le addizionali attribuite ai medesimi enti territoriali.

A tal fine viene modificato il comma 26 della legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015).

 

Si ricorda che il predetto comma 26 consente di fare salve dalla sospensione alcune fattispecie specifiche.

In particolare sono escluse dalla sospensione, per il settore sanitario, le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, e all’articolo 2, commi 79, 80, 83 e 86, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. Le norme citate si riferiscono alle regioni in situazione di disavanzo sanitario, nelle quali viene applicata la maggiorazioni dell’aliquota dell’IRAP, nella misura di 0,15 punti percentuali, e dell’addizionale regionale all’IRPEF, nella misura di 0,30 punti percentuali, quando gli organi preposti al monitoraggio dell’attuazione dei piani di rientro dei deficit sanitari verificano che la regione in disavanzo non ha raggiunto gli obiettivi previsti. Più in particolare, l’art. 2, comma 86, della legge finanziaria per il 2010 (legge 191/2009) prevede che l’accertamento, in sede di verifica annuale da parte del Tavolo per la verifica degli adempimenti e del Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, del mancato raggiungimento da parte della Regione degli obiettivi del piano di rientro, comporta l’incremento nelle misure fisse dello 0,15% dell’aliquota IRAP e dello 0,30% dell’addizionale all’IRPEF. La maggiorazione viene applicata, con le procedure previste dall’articolo 1, comma 174, della legge finanziaria per il 2005 (legge 311/2004).

In merito all’applicazione dell’incremento all’addizionale regionale all’IRPEF su tutti gli scaglioni di reddito, si rinvia ai chiarimenti forniti dal MEF con la Risoluzione n. 5/DF del 15 giugno 2015. Con il comunicato n. 235 del 16 ottobre 2014, il Ministero dell’Economia e delle finanze ha confermato, per l’anno d’imposta 2014, l’applicazione delle maggiorazioni delle aliquote di IRAP e di addizionale regionale IRPEF nel solo Molise. Per l’anno d’imposta 2013, la maggiorazione era stata applicata anche alla Calabria.

È inoltre salva la possibilità di effettuare manovre fiscali incrementative, ai fini dell’accesso alle anticipazioni di liquidità di cui agli articoli 2 e 3, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35. In mancanza di ulteriori precisazioni sul punto, è da presumersi che le manovre fiscali suddette siano da riferire a quanto prevedono, rispettivamente per le regioni e per gli enti del servizio sanitario nazionale, l’articolo 2 comma 3 e l’articolo 3 comma 5 del menzionato D.L. n. 35/2013, nei quali si dispone, con formulazione pressoché identica, che alla erogazione delle somme, nei limiti delle anticipazioni di liquidità assegnate, si provvede, tra l’altro, anche a seguito della predisposizione, da parte regionale, di misure, anche legislative, idonee e congrue di copertura annuale del rimborso dell'anticipazione di liquidità (misure che per gli enti del SSN – viene precisato- dovrebbero essere prioritariamente volte alla riduzione della spesa corrente).

Viene esclusa dal blocco degli aumenti la tassa sui rifiuti (TARI) che, si ricorda, è stata istituita dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 639, della legge n. 147 del 2013) per finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti;

La misura non si applica neppure agli enti locali in predissesto e dissesto, come deliberati ai sensi, rispettivamente, dell’art. 243-bis e degli artt. 246 e seguenti del TUEL (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267).

Infine, come chiarito dalla relazione illustrativa che accompagnava il ddl Stabilità 2015, non rientrano nell’ambito della norma le tariffe di natura patrimoniale (tariffa puntuale, sostitutiva della TARI, di cui al comma 667 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013; canone alternativo alla tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche – TOSAP, ossia il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche COSAP). Per quanto riguarda il canone per l'autorizzazione all'installazione dei mezzi pubblicitari (CIMP), seppure alternativo all'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni (ICP DPA), si chiarisce che esso ha natura tributaria e quindi rientra nel blocco delle maggiorazioni.

 

La lettera b) del comma 42 consente ai comuni di confermare, anche per l’anno 2017, la stessa maggiorazione della TASI già disposta per il 2016, con delibera del consiglio comunale.

A tal fine si aggiunge un periodo al comma 28 della richiamata legge di stabilità 2016.

Si ricorda che il comma 28 aveva tenuto ferma per l’anno 2016, limitatamente agli immobili non esentati da imposta (tra cui le abitazioni principali “di lusso”), la possibilità per i comuni di adottare la maggiorazione dell’aliquota TASI fino allo 0,8 per mille (di cui al comma 677 della legge di Stabilità 2014), nella stessa misura prevista per il 2015, con delibera del consiglio comunale.

Il comma 677 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (come modificato nel tempo) consente al comune di determinare l'aliquota TASI rispettando in ogni caso uno specifico vincolo: la somma delle aliquote della TASI e dell'IMU per ciascuna tipologia di immobile, non deve essere superiore all'aliquota massima consentita dalla legge statale per l'IMU al 31 dicembre 2013, fissata al 10,6 per mille (e ad altre minori aliquote, in relazione alle diverse tipologie di immobile). Inoltre lo stesso comma aveva fissato per il 2014 ed il 2015 il livello massimo di imposizione della TASI al 2,5 per mille.

Negli anni 2014-2015 i comuni sono stati autorizzati a superare i limiti di legge relativi alle aliquote massime di TASI e IMU, per un ammontare complessivamente non superiore allo 0,8 per mille, a specifiche condizioni, ovvero a patto di finanziare detrazioni d'imposta sulle abitazioni principali che generino effetti equivalenti alle detrazioni IMU.


 

Articolo 1, comma 43
(Anticipazioni di tesoreria enti locali)

 

43. All’articolo 2, comma 3 -bis , del decreto-legge 28 gennaio 2014, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2014, n. 50, le parole: «31 dicembre 2016» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2017».

 

 

Il comma 43 dell’articolo 1 proroga dal 31 dicembre 2016 al 31 dicembre 2017 la data fino alla quale resta elevato da tre a cinque dodicesimi delle entrate correnti il limite massimo di ricorso, da parte degli enti locali, ad anticipazioni di tesoreria.

 

Il limite massimo di ricorso ad anticipazioni di tesoreria, si ricorda, è stato aumentato fino a cinque dodicesimi delle entrate correnti dall'art. 2, comma 3-bis, del decreto-legge n. 4 del 2014 - che viene qui novellato - al fine di agevolare il rispetto dei tempi di pagamento nelle transazioni commerciali da parte degli enti locali.

Tali tempi, si ricorda, sono definiti dall’articolo 4 del D.Lgs. n. 231/2002, attuativo della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, in 30 giorni dalla data di ricevimento da parte del debitore della fattura, che può essere ampliato fino a 60 giorni nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione, quando ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto.

 

L'art. 222, comma 1, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, e successive modificazioni, dispone che il tesoriere, su richiesta dell'ente corredata dalla deliberazione della giunta, conceda anticipazioni di tesoreria entro il limite massimo dei tre dodicesimi delle entrate accertate nel penultimo anno precedente, afferenti ai primi tre titoli di entrata del bilancio.

Il limite massimo di ricorso da parte degli enti locali ad anticipazioni di tesoreria è stato incrementato da tre a cinque dodicesimi delle entrate correnti, come detto, dall'art. 2, comma 3-bis, del D.L. n. 4 del 2014 sino alla data del 31 dicembre 2014. Tale termine è stato poi annualmente prorogato, dapprima, al 31 dicembre 2015 dall'art. 1, comma 542, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità per il 2015) è poi al 31 dicembre 2016 dall’articolo 1, comma 728, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016).


 

Articolo 1, comma 44
(Abolizione IRPEF per IAP e CD)

 

44. Per gli anni 2017, 2018 e 2019, i redditi dominicali e agrari non concorrono alla formazione della base imponibile ai fi ni dell’imposta sul reddito delle persone fi siche dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola.

 

 

Il comma 44 prevede l’esenzione ai fini Irpef, per il triennio 2017-2019, dei redditi dominicali e agrari relativi ai terreni dichiarati da coltivatori diretti (CD) e imprenditori agricoli professionali (IAP) iscritti nella previdenza agricola.

 

La disposizione prevede che, con riferimento agli anni di imposta 2017, 2018 e 2019, non concorrano alla formazione della base imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) e delle relative addizionali i redditi dominicali e agrari relativi a terreni dichiarati dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali (come individuati dall'art. 1, D.Lgs. n. 99 del 2004, cfr. infra) iscritti nella previdenza agricola.

 

L'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99 definisce l'imprenditore agricolo professionale come colui che sia in possesso di competenze e conoscenze professionali specifiche e dedichi alle attività agricole almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo, ricavando dalle attività così svolte almeno il 50% del proprio reddito globale. Ai fini del calcolo del reddito globale, vengono esclusi una serie di redditi, tra cui anche le somme percepite in società, associazioni e altri enti operanti nel settore agricolo.

Inoltre, vengono considerati imprenditori agricoli professionali anche le società di persone, di capitali e cooperative che, oltre all’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile, presentino i seguenti requisiti:

§  nel caso di società di persone, che almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale (per la società in accomandita la qualifica è riferita ai soci accomandatari);

§  per le società di capitali o cooperative, che almeno un amministratore che sia anche socio per le società cooperative sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale. La qualifica di imprenditore agricolo professionale può essere apportata da parte dell'amministratore ad una sola società.

 

I redditi dominicali e i redditi agrari costituiscono, insieme ai redditi dei fabbricati, due delle tre categorie in cui il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (D.P.R. n. 917 del 1986) suddivide i redditi fondiari (cfr. in particolare il capo II del Titolo I, artt. 25-43). L’articolo 25 definisce fondiari i redditi (di seguito: r.) inerenti ai terreni e ai fabbricati situati nel territorio dello Stato che sono iscritti o devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto dei terreni o nel catasto edilizio urbano. Si prescinde dal fatto che il possessore sia residente o meno nel territorio dello Stato. Limitando il campo di analisi alle due categorie oggetto della presente disposizione i r. fondiari sono determinati sulla base delle risultanze catastali e si distinguono per l'appunto in: r. dominicale dei terreni, attribuibile al proprietario del terreno o al titolare di un diritto reale di godimento (artt. 27-31) e r. agrario, attribuibile al soggetto che coltiva il terreno, direttamente o avvalendosi di dipendenti, a prescindere dal fatto che sia il proprietario del terreno, il titolare di un diritto reale di godimento sul terreno medesimo ovvero l’affittuario (artt. 32-35).

Nell'ordinamento fiscale l’esistenza di due diverse tipologie di reddito associata ai terreni è motivata dalla possibilità che, su di essi, sia svolta un’attività agricola e nella conseguente necessità di distinguere il reddito derivante dal possesso dell’immobile (il reddito dominicale) da quello derivante dall’esercizio dell'attività agricola, anche ad opera di un soggetto diverso dal possessore (il r. agrario).

I redditi fondiari sono dunque determinati con un sistema forfetario basato sulle risultanze catastali, oggetto dell’imposizione non è il reddito effettivo del singolo terreno o del singolo fabbricato, ma la astratta e potenziale capacità del bene di produrre un reddito, a prescindere dal suo concreto manifestarsi e dalla sua effettiva entità. Tali redditi concorrono alla formazione del reddito complessivo del possessore a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, indipendentemente dalla loro percezione e in relazione alla durata del possesso.

 


 

Articolo 1, commi 45 e 46
(Compensazioni IVA animali vivi della specie bovina e suina)

 


45. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottare entro il 31 gennaio 2017, ai sensi dell’articolo 34, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, le percentuali di compensazione applicabili agli animali vivi delle specie bovina e suina sono innalzate, per l’anno 2017, rispettivamente in misura non superiore al 7,7 per cento e all’8 per cento. L’attuazione delle disposizioni di cui al precedente periodo non può comportare minori entrate superiori a 20 milioni di euro.

46. Il comma 3 dell’articolo 66 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, è abrogato. Le risorse residue disponibili del Fondo di investimento nel capitale di rischio previsto dal decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 22 giugno 2004, n. 182, per gli interventi di cui al citato comma 3 dell’articolo 66 della legge n. 289 del 2002, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono versate dall’ISMEA all’entrata  del bilancio dello Stato, nel limite di 9 milioni di euro per l’anno 2017.


 

 

I commi 45 e 46 prevedono l’innalzamento, per l’anno 2017, delle percentuali di compensazione IVA applicabili agli animali vivi della specie bovina e suina, rispettivamente, in misura non superiore al 7,7% e all’8%.

 

Il comma 45, in particolare, prevede l’innalzamento, per l’anno 2017, delle percentuali di compensazione IVA applicabili agli animali vivi della specie bovina e suina, rispettivamente, in misura non superiore al 7,7% e all’8%.

 

La misura sarà concretamente disposta con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il quale dovrà essere adottato entro il 31 gennaio 2017. L’attuazione della misura non potrà comportare un onere superiore a 20 milioni di euro.

 

Si ricorda, in proposito, che l’articolo 1, comma 908, della legge di stabilità per il 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208) ha già previsto, ma limitatamente al 2016, l’innalzamento delle percentuali di compensazione IVA applicabili agli animali vivi della specie bovina e suina, rispettivamente, in misura non superiore al 7,7% e all’8%. Il D.M. 26 gennaio 2016 ha quindi fissato, per l'anno 2016 le seguenti percentuali:

a)  animali vivi della specie bovina, compresi gli animali del genere bufalo: 7,65 per cento;

b)  animali vivi della specie suina: 7,95 per cento.

 

Prima di tale intervento, la percentuale di compensazione IVA era stabilita nel limite massimo del 7% per gli animali bovini e del 7,3% per gli animali suini.

Si ricorda, al riguardo, l’articolo 34, comma 1, del D.P.R. 633/1972, sull’Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, che istituisce, per le cessioni dei prodotti agricoli e ittici compresi nella tabella A, parte prima, allegata allo stesso decreto, un regime di detrazione forfettizzata dell'imposta sul valore aggiunto basato sull'applicazione di percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con decreto del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro per le politiche agricole.

L'imposta si applica con le aliquote proprie dei singoli prodotti, salva l'applicazione delle aliquote corrispondenti alle percentuali di compensazione per i passaggi di prodotti alle cooperative e loro consorzi (di cui al comma 2, lettera c), che applicano il regime speciale e per le cessioni effettuate dagli imprenditori agricoli con volume d’affari al di sotto di 7000 euro e i cessionari e committenti (comma 6, primo e secondo periodo).

 

Il comma 46 prevede che quota parte della copertura – per il 2017 - della misura prevista dal comma 45, nel limite di 9 milioni di euro, sia rinvenuta sul Fondo di investimento per il capitale di rischio gestito dall’ISMEA, il quale provvederà a versare all’entrata del bilancio dello Stato le risorse suddette (la restante parte della copertura è stata rinvenuta – sempre per il 2017 - per 1 milione di euro sulla Tabella A, voce Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e per 10 milioni di euro sul Fondo per far fronte alle esigenze indifferibili, di cui all’articolo 1, comma 625). Viene, quindi, abrogato il comma 3 dell’articolo 66 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 che aveva istituito il regime di aiuti al quale faceva riferimento il Fondo in esame.

 

Il comma 3 dell’articolo 66 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 ha previsto che, per facilitare l'accesso al mercato dei capitali da parte delle imprese agricole e agroalimentari, con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, potesse venire istituito un regime di aiuti conformemente a quanto disposto dagli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato in agricoltura.

Il decreto ministeriale 22 giugno 2004, n. 182 ha dato attuazione al disposto normativo in esame, prevedendo che ISMEA istituisse il Fondo di investimento nel capitale di rischio. Il successivo decreto ministeriale 11 marzo 2011, n. 206 ha confermato l’operatività del Fondo, finalizzato a supportare i programmi di investimento di piccole e medie imprese operanti nei settore agricolo, agroalimentare e nel settore della pesca e dell'acquacoltura, con l'obiettivo di promuovere la nascita e lo sviluppo di nuove imprese e di favorire la creazione di nuova occupazione, attraverso operazioni finanziarie finalizzate all'espansione dei mercati di capitale di rischio. Il Fondo effettua operazioni finanziarie in imprese che presentano un quadro finanziario sano, un business plan con potenzialità di crescita, adeguati profili di rischio/rendimento, management e personale impegnato con provata esperienza e capacità operative. Il Fondo non può, invece, effettuare operazioni finanziarie finalizzate al consolidamento di passività onerose, nonché quelle a favore di imprese in difficoltà finanziaria, come definite dalla Commissione europea (Comunicazione 2004/C 244/02).

Si ricorda che, originariamente, in base al comma 3 dell’art. 66 della legge n. 289 del 2002, per le finalità ivi previste, erano stati stanziati 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005, e che l’articolo 1, comma 86 della legge n. 311 del 2004 ha incrementato la dotazione del suddetto Fondo di investimento nel capitale di rischio (che è un fondo rotativo) di 50 milioni di euro per l’anno 2005.

Successivamente, l’art. 1, comma 914, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016), ha disposto che l’ISMEA versasse, per l’anno 2016, all’entrata del bilancio dello Stato, 45 milioni di euro a valere sulle suddette risorse.

In seguito, il comma 4 dell'art. 13 del decreto-legge n. 193 del 2016 (legge n. 225 del 2016), cosiddetto collegato fiscale, ha previsto che, per taluni interventi ivi indicati, l'ISMEA potesse utilizzare le risorse che residuavano dal regime di aiuti previsti dall'art. 66, comma 3, della legge n. 289/2002.

Infine, l’art. 3, comma 4 del decreto-legge 11 novembre 2016, n. 205 (recante "Nuovi interventi urgenti in favore delle popolazioni e dei territori interessati dagli eventi sismici del 2016") aveva previsto che le risorse residue disponibili del Fondo di investimento nel capitale di rischio, previsto dal citato decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 22 giugno 2004, n. 182, per gli interventi di cui all’articolo 66, comma 3, della legge n. 289 del 2002, fossero versate dall’ISMEA all’entrata del bilancio dello Stato, nel limite di 10.942.300 euro, per essere riassegnate ad apposito capitolo di spesa, per assicurare la continuità produttiva delle attività zootecniche nei comuni colpiti dagli eventi sismici, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge. Tale disposizione – come le altre, con qualche correzione, del predetto decreto-legge n. 205/2016 - è poi confluita nel testo – così come convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229 - del precedente decreto-legge n. 189 del 2016, emanato a seguito del primo evento sismico del 24 agosto 2016, venendo riprodotta al comma 4-ter dell’art. 21 di quest’ultimo decreto.


 

Articolo 1, comma 47
(Fondi rustici montani)

 

47. All’articolo 10, comma 4, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, sono aggiunte, in fi ne, le seguenti parole: «, e delle disposizioni di cui all’articolo 9, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601».

 

 

Il comma 47 prevede che i trasferimenti di proprietà a qualsiasi titolo di fondi rustici nei territori montani, finalizzati all’arrotondamento della proprietà contadina, continuino a godere della agevolazione fiscale prevista dall’art. 9 del D.P.R. n. 601 del 1973 (imposta di registro ed ipotecaria in misura fissa ed esenzione dalle imposte catastali).

 

Il comma 47 esclude dalla soppressione generalizzata - di tutte le esenzioni e agevolazioni tributarie - i trasferimenti di proprietà a qualsiasi titolo di fondi rustici nei territori montani, finalizzati all’arrotondamento della proprietà contadina. Si aggiunge così un'ulteriore fattispecie a quelle (tra cui l'Esposizione universale di Milano 2015 ed alcune operazioni di permuta immobiliare) previste dall'articolo 10, comma 4, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23.

 

In tale disposizione, la soppressione - con decorrenza 1° gennaio 2014 - faceva da péndant alla previsione di una misura fissa di euro cinquanta per gli adempimenti presso il catasto ed i registri immobiliari nonché all'esenzione dall'imposta di bollo, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie.


 

Articolo 1, comma 48
(Riduzione dell’accisa sulla birra)

 

48. A decorrere dal 1º gennaio 2017 l’aliquota di accisa sulla birra di cui all’allegato I annesso al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, è rideterminata in euro 3,02 per ettolitro e per grado-Plato.

 

 

Il comma 48, introdotto durante l’esame parlamentare, riduce l’accisa sulla birra dal 1° gennaio 2017, rideterminandola da 3,04 euro a 3,02 euro per ettolitro e grado-plato.

 

La misura dell’aliquota di accisa sulla birra è indicata dal combinato disposto tra l’allegato I al Testo Unico Accise (D.Lgs. n. 504 del 1995), successive norme di legge ordinaria (in particolare, disposizioni di copertura finanziaria) e le determinazioni del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli cui è concretamente demandata la puntuale fissazione dell’aliquota.

Con le norme in esame dal 1° gennaio 2017 l’accisa sulla birra viene abbassata da 3,04 a 3,02 euro per ettolitro e grado-plato.

Il grado-plato è un’unità di misura che rileva la densità di una soluzione, utilizzata per la birra in relazione al contenuto di saccarosio.

 

Si ricorda che il decreto-legge n. 91 del 2013 e il decreto-legge n. 104 del 2013 hanno disposto successivi aumenti delle aliquote di accisa relative alla birra, ai prodotti alcolici intermedi e all'alcole etilico.  Inoltre l'articolo 15, comma 1, lettere e-bis) ed e-ter) del D.L. n. 91 del 2013, con finalità di copertura di disposizioni introdotte in sede parlamentare nello stesso provvedimento, ha stabilito un ulteriore incremento delle aliquote di accisa sui prodotti alcolici.

L'articolo 7 del D.L. n. 133 del 2013 ha chiarito che questi incrementi si aggiungono alle aliquote di accisa rideterminate dal decreto-legge n. 104 del 2013. Di conseguenza, con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Dogane del 23 dicembre 2013 sono stati disposti specifici aumenti.

In particolare, dal 1° gennaio 2015 gli incrementi sono stati i seguenti:

§  birra: euro 3,04 per ettolitro e per grado-Plato;

§  prodotti alcolici intermedi: euro 88,67 per ettolitro;

§  alcole etilico: euro 1035,52 per ettolitro anidro.

 

La citata determinazione direttoriale del 23 dicembre prevedeva, in origine, che dal 1° marzo 2014 fosse aumentata anche la misura dell'accisa sulla birra (da elevare a 2,77 euro per ettolitro e per grado-Plato). Per effetto dell'articolo 12, comma 7-ter del decreto-legge n. 145 del 2013 e del provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli del 25 febbraio 2014 è stato eliminato l'incremento dell'accisa sulla birra che, fino al 1° gennaio 2015, è rimasta ferma al valore di 2,70 euro.


 

Articolo 1, comma 49
(Esclusione delle SGR dall’addizionale IRES del 3,5 per cento)

 


49. All’articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 65, dopo le parole: «di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87,» sono inserite le seguenti: «escluse le società di gestione dei fondi comuni d’investimento di cui al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58,»;

b) il comma 67 è sostituito dal seguente:

«67. All’articolo 96, comma 5 -bis , del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il primo periodo è sostituito dal seguente: “Gli interessi passivi sostenuti dalle imprese di assicurazione e dalle società capogruppo di gruppi assicurativi e dalle società di gestione dei fondi comuni d’investimento di cui al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, sono deducibili nel limite del 96 per cento del loro ammontare”».


 

 

Il comma 49 esclude le società di gestione dei fondi comuni di investimento (SGR) dall’applicazione dell’addizionale IRES del 3,5 per cento, introdotta per gli enti creditizi e finanziari dalla legge di stabilità 2016.

Per gli stessi soggetti è ripristinata la deducibilità degli interessi passivi, ai fini IRES, nel misura del 96 per cento del loro ammontare.

 

La norma in commento modifica le norme della legge di stabilità 2016 che hanno istituito un’addizionale IRES del 3,5 per cento per gli enti creditizi e finanziari e che, nel contempo, hanno concesso l’integrale deducibilità degli interessi passivi, sia ai fini IRES sia ai fini IRAP, precedentemente riconosciuti fiscalmente nella misura del 96 per cento.

 

Tali norme (commi 65-68 dell’articolo 1 della legge n. 208 del 2015) hanno inteso evitare la svalutazione delle attività per imposte anticipate (Deferred Tax Asset – “DTA”) iscritte in bilancio, che in base ai principi contabili avrebbe dovuto effettuarsi per effetto della riduzione dell’aliquota dell’IRES dal 27,5 al 24 per cento operata con la stessa legge a decorrere dal 2017, con effetti positivi ai fini della determinazione del patrimonio di vigilanza computato in base alle regole di Basilea 3.

 

Come emerge anche dalla relazione governativa, per le SGR tale addizionale non produce alcun effetto positivo, in quanto, non costituendo i “crediti verso la clientela” una voce rilevante nel bilancio di tali società, le stesse non hanno quella massa di DTA che hanno giustificato l’introduzione dell’addizionale. Al contrario, l’addizionale IRES pone le società di gestione dei fondi comuni d’investimento in una posizione di forte svantaggio competitivo, non solo rispetto agli altri settori produttivi, ivi compreso quello assicurativo (nei confronti dei quali l’aliquota IRES sarà applicata nella misura del 24 per cento), ma anche rispetto alle banche e agli altri intermediari finanziari che potranno beneficiare della integrale deducibilità degli interessi passivi ai fini IRES ed IRAP ai sensi dei commi 67 e 68 dell’articolo in commento; diversamente, tale ultima misura ha effetti poco rilevanti per le società di gestione del risparmio (SGR) tenuto conto che gli interessi passivi assumono per esse un valore marginale rispetto ai costi e ricavi tipici rappresentati da commissioni attive e passive connesse alla gestione di patrimoni e alla prestazione di servizi connessi e strumentali.

 

In particolare, la lettera a) esclude le società di gestione dei fondi comuni d’investimento, di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998 (Testo Unico in materia di intermediazione finanziaria – TUF), dall’applicazione dell’addizionale IRES del 3,5 per cento disposta dalla legge di stabilità 2016 (comma 65 dell’articolo 1 della legge n. 208 del 2015).

La lettera b) ricomprende anche le società di gestione tra i soggetti per i quali si applica la deducibilità ai fini IRES nei limiti del 96 per cento degli interessi passivi sostenuti (comma 67 dell’articolo 1 della legge n. 208 del 2015).

Nel corso dell’esame presso la Camera è stata soppressa la lettera c) che disponeva per le SGR la deducibilità ai fini IRAP nei limiti del 96 per cento degli interessi passivi (comma 68 dell’articolo 1 della legge n. 208 del 2015). Tale soppressione è dovuta al fatto che, per le suddette SGR, tali interessi passivi non rilevano ai fini della base imponibile IRAP.

 

Si ricorda che il TUF (D.Lgs. n. 58 del 1998) disciplina la società di gestione del risparmio (SGR) definendola la società per azioni con sede legale e direzione generale in Italia autorizzata a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio (articolo 1, comma 1, lett. o)).

 


 

Articolo 1, comma 50
(Regime fiscale agevolato per le società sportive dilettantistiche)

 

50. All’articolo 90, comma 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, è aggiunto, in fi ne, il seguente periodo: «A decorrere dal periodo di imposta in corso alla data del 1º gennaio 2017, l’importo è elevato a 400.000 euro».

 

 

Il comma 50 eleva da 250.000 a 400.000 euro la soglia massima dei proventi conseguiti annualmente dalle associazioni e dalle società sportive dilettantistiche necessaria ad accedere alle agevolazioni fiscali previste dalla legge per tali enti.

 

Il comma 50, con una modifica all’articolo 90 della legge finanziaria del 2003 (legge n. 289 del 2002), eleva, a decorrere dal 1° gennaio 2017, da 250.000 a 400.000 la soglia massima dei proventi conseguiti annualmente dalle associazioni e dalle società sportive dilettantistiche richiesta per poter accedere al regime opzionale per la determinazione forfetaria del reddito imponibile applicando all’ammontare dei proventi conseguiti, che concorrono alla formazione del reddito d’impresa, il coefficiente di redditività del 3 per cento e aggiungendo le plusvalenze patrimoniali

 

L'importo fissato dall'articolo 1, comma 1, della legge 16 dicembre 1991, n. 398 è stato più volte elevato prima ad opera dell'art. 25 della legge 13 maggio 1999, n. 133, poi dell'art. 37 della legge 21 novembre 2000, n. 342 e infine dell'art. 90, comma 2 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003) che lo aveva elevato a 250.000 euro, a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge medesima.

La Legge 16 dicembre 1991, n. 398, concernente le disposizioni tributarie relative alle associazioni sportive dilettantistiche, stabilisce che le associazioni sportive e relative sezioni non aventi scopo di lucro, affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti ai sensi delle leggi vigenti, che svolgono attività sportive dilettantistiche e che nel periodo d'imposta precedente hanno conseguito dall'esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a lire 100 milioni (limite come ricostruito sopra successivamente adeguato), possono optare per l'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto, dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche e dell'imposta locale sui redditi secondo le disposizioni di cui all'articolo 2 della predetta Legge 398 del 1991. L'opzione è esercitata mediante comunicazione a mezzo lettera raccomandata da inviare al competente ufficio dell'imposta sul valore aggiunto; essa ha effetto dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è esercitata, fino a quando non sia revocata e, in ogni caso, per almeno un triennio. I soggetti che intraprendono l'esercizio di attività commerciali esercitano l'opzione nella dichiarazione da presentare ai sensi dell'articolo 35 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni. L'opzione ha effetto anche ai fini delle imposte sui redditi e di essa deve essere data comunicazione agli uffici delle imposte dirette entro i trenta giorni successivi.


 

Articolo 1, comma 51
(Regime fiscale agevolato per gli operatori bancari
di finanza etica e sostenibile)

 


51. Dopo l’articolo 111 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, è inserito il seguente:

«Art. 111 -bis (Finanza etica e sostenibile). — 1. Sono operatori bancari di finanza etica e sostenibile le banche che conformano la propria attività ai seguenti princìpi:

a) valutano i finanziamenti erogati a persone giuridiche secondo standard di rating etico internazionalmente riconosciuti, con particolare attenzione all’impatto sociale e ambientale;

b) danno evidenza pubblica, almeno annualmente, anche via web, dei finanziamenti erogati di cui alla lettera a) , tenuto conto delle vigenti normative a tutela della riservatezza dei dati personali;

c) devolvono almeno il 20 per cento del proprio portafoglio di crediti a organizzazioni senza scopo di lucro o a imprese sociali con personalità giuridica, come definite dalla normativa vigente;

d) non distribuiscono profitti e li reinvestono nella propria attività; 

e) adottano un sistema di governance e un modello organizzativo a forte orientamento democratico e partecipativo, caratterizzato da un azionariato diffuso;

f) adottano politiche retributive tese a contenere al massimo la differenza tra la remunerazione maggiore e quella media della banca, il cui rapporto comunque non può superare il valore di 5.

2. Non concorre a formare il reddito imponibile ai sensi dell’articolo 81 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, degli operatori bancari di finanza etica e sostenibile una quota pari al 75 per cento delle somme destinate a incremento del capitale proprio.

3. Il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia, stabilisce, con proprio decreto, le norme di attuazione delle disposizioni del presente articolo, dalle quali non possono derivare oneri a carico della finanza pubblica superiori a 1 milione di euro in ragione annua a decorrere dall’anno 2017.

4. L’agevolazione di cui al presente articolo è riconosciuta nel rispetto dei limiti di cui al regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti “ de minimis ”».


 

 

Il comma 51, introdotto durante l’esame parlamentare, prevede agevolazioni fiscali per gli operatori di finanza etica e sostenibile, che vengono a tal fine specificamente definiti nel Testo Unico Bancario.

Per tali soggetti, in particolare, è esente dalle imposte sui redditi il 75 per cento delle somme destinate a incremento del capitale proprio.

 

Il comma 51 dell’articolo unico, introdotto durante l’esame parlamentare, prevede un’agevolazione fiscale per gli operatori di finanza etica e sostenibile, che consiste nell’esentare dalle imposte sui redditi il 75 per cento delle somme destinate a incremento del capitale proprio.

A tale scopo, le disposizioni in commento definiscono puntualmente la categoria degli operatori bancari di finanza etica e sostenibile, attraverso la loro individuazione nel Testo Unico Bancario (nuovo articolo 111-bis del D.lgs. n. 385 del 1993), sulla base di specifici principi cui deve conformarsi la relativa attività.

In particolare, sono operatori bancari di finanza etica e sostenibile le banche che conformano la propria attività ai seguenti principi (nuovo articolo 111-bis, comma 1):

a)   valutano i finanziamenti erogati a persone giuridiche secondo standard di rating etico internazionalmente riconosciuti, con particolare attenzione all'impatto sociale e ambientale;

b)  danno evidenza pubblica, almeno annualmente, anche via web, dei finanziamenti erogati a persone giuridiche secondo i predetti standard etici, tenuto conto delle vigenti normative a tutela della riservatezza dei dati personali;

c)   devolvono almeno il 20 per cento del proprio portafoglio di crediti a organizzazioni senza scopo di lucro o a imprese sociali con personalità giuridica, come definite dalla normativa vigente;

d)  non distribuiscono profitti e li reinvestono nella propria attività;

e)   adottano un sistema di governance e un modello organizzativo a forte orientamento democratico e partecipativo, caratterizzato da un azionariato diffuso;

f)    adottano politiche retributive tese a contenere al massimo la differenza tra la remunerazione maggiore e quella media della banca, il cui rapporto comunque non può superare il valore di 5.

 

Per detti soggetti (articolo 111-bis, comma 2) non concorre a formare l’imponibile ai fini delle imposte sui redditidi fatto, dunque, risultandone esente - il 75 per cento delle somme destinate a incremento del capitale proprio.

Ai sensi del comma 3 del nuovo articolo 111-bis, si demanda al Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, il compito di stabilire con decreto le norme di attuazione delle disposizioni così introdotte. Viene altresì posto un limite di spesa pari a 1 milione di euro annui, a decorrere dall'anno 2017.

Infine si chiarisce (articolo 111-bis, comma 4) che l’agevolazione introdotta è riconosciuta nel rispetto della normativa UE in materia di aiuti di stato “de minimis, di cui al regolamento UE n. 1407/2013 della Commissione Europea.


 

Articolo 1, commi 52-57
(Nuova Sabatini)

 


52. Il termine per la concessione dei finanziamenti per l’acquisto di nuovi macchinari, impianti e attrezzature da parte delle piccole e medie imprese di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, è prorogato al 31 dicembre 2018.

53. Per fare fronte agli oneri derivanti dalla concessione dei contributi previsti dall’articolo 2, comma 4, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, e dai commi da 52 a 57 del presente articolo, è autorizzata la spesa di 28 milioni di euro per l’anno 2017, di 84 milioni di euro per l’anno 2018, di 112 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2021, di 84 milioni di euro per l’anno 2022 e di 28 milioni di euro per l’anno 2023.

54. Una quota pari al 20 per cento delle risorse di cui al comma 53 è riservata alla concessione dei contributi di cui al comma 56. Le risorse che, alla data del 30 giugno 2018, non risultano utilizzate per la predetta riserva rientrano nella disponibilità della misura.

55. Al fi ne di favorire la transizione del sistema produttivo nazionale verso la manifattura digitale e di incrementare l’innovazione e l’efficienza del sistema imprenditoriale, anche tramite l’innovazione di processo o di prodotto, le imprese di micro, piccola e media dimensione possono accedere ai finanziamenti e ai contributi di cui all’articolo 2 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, per l’acquisto di macchinari, impianti e attrezzature nuovi di fabbrica aventi come finalità la realizzazione di investimenti in tecnologie, compresi gli investimenti in big data, cloud computing, banda ultralarga, cybersecurity, robotica avanzata e meccatronica, realtà aumentata, manifattura 4D, Radio frequency identification (RFID) e sistemi di tracciamento e pesatura dei rifiuti. 

56. A fronte della realizzazione di investimenti aventi le finalità di cui al comma 55 del presente articolo, il contributo di cui all’articolo 2, comma 4, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, è concesso secondo le modalità di cui alle disposizioni attuative, adottate ai sensi del medesimo articolo 2, comma 5, del citato decreto-legge n. 69 del 2013, con una maggiorazione pari al 30 per cento della misura massima ivi stabilita, fermo restando il rispetto delle intensità massime di aiuto previste dalla normativa dell’Unione europea applicabile in materia di aiuti di Stato.

57. L’importo massimo dei finanziamenti di cui all’articolo 2, comma 8, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, può essere incrementato, in funzione delle richieste di finanziamento a valere sul plafond di provvista costituito presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa e, comunque, fi no a un massimo di ulteriori 7 miliardi di euro.


 

 

I commi da 52 a 57 prorogano di due anni, fino al 31 dicembre 2018, il termine per la concessione dei finanziamenti agevolati per l’acquisto di nuovi macchinari, impianti e attrezzature da parte delle piccole e medie imprese (cd. Nuova Sabatini). Conseguentemente, sono stanziati 28 milioni di euro per l’anno 2017, 84 milioni di euro per l’anno 2018, 112 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2021, 84 milioni di euro per l’anno 2022 e 28 milioni di euro per l’anno 2023 per far fronte agli oneri derivanti dalla concessione dei contributi statali in conto impianti, rapportati agli interessi sui finanziamenti concessi.

Per favorire la transizione del sistema produttivo alla manifattura digitale, sono ammessi alla misura agevolativa gli investimenti in tecnologie, compresi gli investimenti in big data, cloud computing, banda ultralarga, cybersecurity, robotica avanzata e meccatronica, realtà aumentata, manifattura 4D, Radio frequency identification (RFID). Tra gli investimenti che danno titolo a beneficiare dei finanziamenti sono previsti anche i sistemi di tracciamento e pesatura dei rifiuti. Per le suddette tipologie di investimenti in tecnologie, il contributo statale in conto impianti è maggiorato del 30 per cento rispetto alla misura massima stabilita dalla disciplina vigente. A tali contributi statali in conto impianti “maggiorati” è riservato dunque il 20 per cento delle risorse statali stanziate dall’articolo in esame; quelle non utilizzate alla data del 30 giugno 2018 nell’ambito della riserva, rientrano nella disponibilità della misura.

Si consente infine un incremento dell’importo massimo dei finanziamenti a valere sul plafond costituito, per la misura in esame, presso Cassa depositi e prestiti S.p.A., fino a 7 miliardi di euro, dagli attuali 5 miliardi

 

Il comma 52 proroga dal 31 dicembre 2016 fino al 31 dicembre 2018 il termine per la concessione dei finanziamenti per l’acquisto di nuovi macchinari, impianti e attrezzature da parte delle piccole e medie imprese di cui all’articolo 2, comma 2 del D.L. n. 69/2013 (cd. Nuova Sabatini).

 

Lo strumento agevolativo cd. “Nuova Sabatini” - istituito dall’art. 2 del D.L. 21 giugno 2013, n. 69 (legge n. 98/2013) è finalizzato a migliorare l’accesso al credito per investimenti produttivi delle piccole e medie imprese.

La misura è rivolta alle micro, piccole e medie imprese operanti in tutti i settori, inclusi agricoltura e pesca, e prevede l’accesso ai finanziamenti e ai contributi a tasso agevolato per gli investimenti (anche mediante operazioni di leasing finanziario) in macchinari, impianti, beni strumentali di impresa e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, nonché per gli investimenti in hardware, software ed in tecnologie digitali (comma 1, art. 2 del D.L. n. 69/2013).

La normativa del 2013 prevede che i finanziamenti in questione siano concessi da parte di banche e società di leasing finanziario, a valere su un plafond di provvista costituito presso la gestione separata di Cassa depositi e prestiti CDP S.p.a. incrementato (comma 243 dell’art.1 della L.190/2014) fino al limite massimo di 5 miliardi di euro. Dunque, il plafond di risorse messo a disposizione da CDP S.p.a. può essere utilizzato dalle banche e dagli intermediari finanziari, aderenti all’apposita convenzione tra MISE ABI e CDP[9], per concedere alle PMI, fino al 31 dicembre 2016, finanziamenti di importo non superiore a 2 milioni di euro a fronte degli investimenti sopra descritti, anche frazionato in più iniziative di acquisto. I finanziamenti possono coprire fino al cento per cento dei costi ammissibili ed hanno una durata massima di cinque anni dalla stipula del contratto (commi 2 e 3 del D.L. n. 69/2013).

Alle PMI è concesso dal MISE, sui finanziamenti ottenuti e in relazione agli investimenti realizzati, un contributo in conto impianti  pari all’ammontare degli interessi calcolati nella misura massima e con le modalità stabilite dalla normativa secondaria attuativa della misura: D.M. 27 novembre 2013 e D.M. 25 gennaio 2016 (comma 4). Ai sensi di tale normativa attuativa, il contributo in conto impianti è determinato in misura pari al valore degli interessi calcolati in via convenzionale, su un finanziamento quinquennale e di importo pari all’investimento, al tasso del 2,75%.

Ciascun finanziamento può essere assistito dalla garanzia del “Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese” fino al massimo previsto dalla normativa vigente (80% dell’ammontare del finanziamento), con priorità di accesso ai sensi del D.M. attuativo della previsione (comma 6 del D.L. n. 69/2013).

Con il D.L. n. 3/2015 (Legge n. 33/2015), è stata prevista la possibilità di riconoscere i contributi statali alle PMI anche a fronte di un finanziamento, compreso il leasing finanziario, non necessariamente erogato a valere sul plafond di provvista CDP (articolo 8, comma 1).

Con decreto interministeriale 25 gennaio 2016 è stata conseguentemente ridefinita la disciplina per la concessione ed erogazione del contributo statale in relazione ai predetti finanziamenti, già contenuta nel D.M. 27 novembre 2013. Il 23 marzo 2016 è stata emanata la nuova circolare attuativa. Come rilevano i dati attuativi della misura[10] pubblicati dal MISE nel sito istituzionale e riportati nella relazione tecnica del provvedimento[11] (le risorse complessivamente disponibili a legislazione vigente per la misura in questione sono state interamente impegnate) la Nuova Sabatini rappresenta uno dei principali strumenti di sostegno ai nuovi investimenti della micro piccola e media impresa.

 

Posto l’andamento della misura, la Relazione sulle spese pluriennali e di investimento allegata alla Nota di aggiornamento al DEF 2016 evidenziava che la normativa previgente all’intervento in esame limitava la possibilità di concedere contributi solo su finanziamenti deliberati entro il 31 dicembre 2016, rilevando in merito l’opportunità che con il provvedimento di bilancio 2017-2019 si procrastinasse la data del 31 dicembre 2016 fino al 31 dicembre 2018, e si disponesse un ulteriore stanziamento che potesse prolungare l’operatività della misura per tutto il 2018[12]. A ciò hanno dunque provveduto le disposizioni qui in commento.

 

Con riferimento alle risorse statali appostate per la misura in questione, si ricorda che il D.L. n. 69/2013 aveva inizialmente previsto uno stanziamento iniziale pari a 7,5 milioni di euro per l'anno 2014, a 21 milioni di euro per l'anno 2015, a 35 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2019, a 17 milioni di euro per l'anno 2020 e a 6 milioni di euro per l'anno 2021.

Le risorse stanziate dal D.L. n. 69/2013 sono state successivamente incrementate dalla legge di stabilità 2015 (art.1, comma 243), che ha disposto, un incremento di 12 milioni di euro dello stanziamento per il 2015, un incremento di 31,6 milioni di euro di quello per l'anno 2016, di 46,6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018, di 39,1 milioni di euro per l’anno 2019, di 31,3 milioni di euro per l’anno 2020 e di 9,9 milioni di euro per l’anno 2021.

Le risorse in questione, appostate sul capitolo di Bilancio 7489, pg. 1/MISE sono state oggetto, nel corso del tempo, anche di riduzioni lineari a copertura di norme sul contenimento della spesa.

Al fine di snellire le procedure connesse alla concessione ed erogazione del contributo, con D.L. n. 91/2014 (articolo 18, comma 9 bis, lett. b)) è poi stata costituita nell’ambito del Fondo Crescita Sostenibile, un’apposita contabilità speciale n. 5850 denominata “Contributi per investimenti in beni strumentali” nella quale affluiscono le risorse che anno per anno sono impegnate sul capitolo 7489, pg.1 per poi essere erogate alle imprese beneficiari.

Il bilancio a legislazione vigente 2017-2019 esponeva sul capitolo 7489 pg.1/MISE uno stanziamento di 76,7 milioni per il 2017 e per il 2018 e di 69,2 milioni per il 2019.

Dunque, in virtù delle modifiche apportate dalle norme qui in esame, il capitolo 7489 pg.1/MISE espone ora per il triennio 2017-2019 uno stanziamento di 104,7 milioni per il 2017, di 160,7 milioni per il 2018 e di 181,2 milioni per il 2019.

 

Conseguentemente alla proroga della fruibilità dei finanziamenti, il comma 53 stanzia l’importo di 28 milioni di euro per l’anno 2017, di 84 milioni di euro per l’anno 2018, di 112 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2021, di 84 milioni di euro per l’anno 2022 e di 28 milioni di euro per l’anno 2023 per far fronte agli oneri derivanti dalla concessione dei contributi statali in conto impianti rapportati agli interessi sui finanziamenti concessi ai sensi dello strumento agevolativo in questione (articolo 2, comma 4 del D.L. n. 69/2013).

Si tratta, in sostanza, di un rifinanziamento della dotazione già prevista a legislazione vigente per i contributi statali in conto impianti dall’articolo 2, commi 4 e 8 del D.L. n. 69/2013 e ss. mod. (per cui si rinvia, supra, alla ricostruzione normativa relativa alle risorse statali appostate per la misura in questione).

 

Al fine di favorire la transizione del sistema produttivo alla manifattura digitale e incrementare l’innovazione e l’efficienza del sistema imprenditoriale, il comma 55 ammette ai finanziamenti e ai contributi statali previsti dalla misura agevolativa della “Nuova Sabatini” gli investimenti realizzati dalle micro, piccole, e medie imprese per l’acquisto di macchinari, impianti e attrezzature nuovi di fabbrica aventi come finalità la realizzazione di investimenti in tecnologie, compresi gli investimenti in big data, cloud computing, banda ultralarga, cybersecurity, robotica avanzata e meccatronica, realtà aumentata, manifattura 4D, Radio frequency identification (RFID). Tra gli investimenti che danno titolo a beneficiare dei finanziamenti, sono previsti anche i sistemi di tracciamento e pesatura dei rifiuti.

Per tali tipologie di investimenti in tecnologie, il contributo statale in conto impianti di cui al citato articolo 2, comma 4 del D.L. n. 69/2013 è concesso, ai sensi del comma 56, con una maggiorazione del 30 percento rispetto alla misura massima stabilita dalla disciplina (articolo 2, commi 4 e 5 del D.L. n. 69/2013 e relative disposizioni attuative), fermo restando il rispetto delle intensità massime di aiuto previste dalla normativa europea applicabile in materia di aiuti di Stato.

Per far fronte ai contributi statali in conto impianti “maggiorati” di cui al comma 5 a favore degli investimenti per la manifattura digitale di cui al comma 4, il comma 54 riserva ad essi una quota pari al 20 per cento delle risorse statali stanziate dall’articolo in esame, disponendo che le risorse non utilizzate alla data del 30 giugno 2018 nell’ambito della predetta riserva, rientrino nella disponibilità della misura.

 

Per ciò che concerne la disciplina sugli aiuti di Stato, richiamata dall’articolo in commento, l'articolo 108, paragrafo 3 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) contempla l'obbligo di notificare i progetti diretti ad istituire o modificare aiuti alla Commissione europea al fine di stabilirne la compatibilità con il mercato comune sulla base dei criteri dell'articolo 107, par. 1 TFUE. Alcune categorie di aiuti possono tuttavia essere dispensate dall'obbligo di notifica[13].

Opera in tali casi il Regolamento di esenzione (UE) n. 651/2014 (General Block Exemption Regulations (GBER), che ha abrogato, con decorrenza dal primo luglio 2014, il precedente regolamento (CE) della Commissione europea 6 agosto 2008, n. 800/2008 ed è applicabile fino al 31 dicembre 2020. Il Regolamento in questione si applica, tra l’altro, alle seguenti categorie di aiuti di Stato: aiuti alle PMI sotto forma di aiuti agli investimenti, aiuti al funzionamento e accesso delle PMI ai finanziamenti. Il regolamento definisce soglie di notifica e intensità di aiuto[14] più alte rispetto al passato.

Fanno poi eccezione all'obbligo di notifica alla Commissione UE, oltre alle specifiche categorie di aiuti esentati dalla stessa sulla base dei regolamenti di esenzione, gli aiuti di piccola entità, definiti dalla UE "de minimis", che si presume non incidano sulla concorrenza in modo significativo. Per gli aiuti cd. de minimis, si richiama innanzitutto il Regolamento (UE) n. 1407/2013 che è applicabile alle imprese operanti in tutti i settori, salvo specifiche eccezioni, tra cui la produzione di prodotti agricoli[15].

Il massimale previsto da tale regolamento non ha subito variazioni rispetto al precedente regolamento n. 1698/2006, ed è stato confermato entro il limite di 200.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari.

Per gli aiuti cd. de minimis nel settore agricolo opera, invece, il Regolamento (UE) n. 1408/2013.Si tratta di quegli aiuti di piccolo ammontare concessi da uno Stato membro a un'impresa unica agricola - di importo complessivo non superiore a 15.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari - che per la loro esiguità e nel rispetto di date condizioni soggettive ed oggettive non devono essere notificati alla Commissione, in quanto non ritenuti tali da incidere sugli scambi tra gli Stati membri e dunque non suscettibili di provocare un'alterazione dalla concorrenza tra gli operatori economici. Ogni Stato membro ha a disposizione un plafond nazionale che costituisce l'importo cumulativo che può essere corrisposto alle imprese del settore della produzione agricola nell'arco di tre esercizi finanziari; per l'Italia il plafond è pari a 475.080.000 euro (1% del valore della produzione agricola nazionale).

 

Il comma 57 consente, in funzione delle richieste di finanziamento a valere sul plafond di provvista costituito presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti S.p.a., un incremento dell’importo massimo dei finanziamenti a valere sul suddetto plafond dagli attuali 5 miliardi fino a 7 miliardi di euro.

Quanto all’utilizzo del plafond, si segnala che a settembre 2016, risultano erogati, sulla base dei dati forniti da CDP, circa 3,2 miliardi di euro, con una disponibilità residua di circa 1,8 miliardi di euro.


 

Articolo 1, comma 58
(Internazionalizzazione)

 

58. Per il potenziamento delle azioni di promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, l’importo di cui all’articolo 1, comma 202, quinto periodo, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, è incrementato di 1 milione di euro per l’anno 2017. Il Ministro dello sviluppo economico presenta alle Camere una relazione annuale nella quale rende conto in modo analitico dell’utilizzazione di tali somme.

 

 

Il comma 58 rifinanzia di 1 milione di euro per il 2017 l’autorizzazione di spesa per il potenziamento delle azioni di promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane.

 

Il comma 58 è volto al potenziamento delle azioni di promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane: a tal fine incrementa di 1 milione di euro per l'anno 2017 le risorse gestite dal Ministero per lo sviluppo economico nell’ambito del Piano straordinario per la promozione del Made in Italy.

 

Si ricorda che il Piano è stato adottato con il D.M. 13 marzo 2015, mentre la dotazione finanziaria di ciascuna azione prevista è stata ripartita dal decreto ministeriale 7 aprile 2015.

Più in particolare gli obiettivi del Piano sono:

§  incrementare il volume dell'export, espandendo la presenza internazionale;

§  aumentare il numero complessivo delle imprese esportatrici, trasformando le aziende potenzialmente esportatrici in esportatrici abituali;

§  cogliere le opportunità legate alla crescita della domanda globale e all'incremento della classe media nei mercati emergenti;

§  accrescere la capacità di intercettare investimenti esteri.

 

Inoltre il piano è articolato in complessive 10 misure, di cui 5 da attuarsi in Italia (Potenziamento grandi eventi in Italia, Voucher Temporary Export Manager, Formazione Export Manager, Roadshow per le PMI, Piattaforma E-Commerce per le PMI) e 5 all’estero (Piano GDO, Piano speciale Mercati d’Attacco - es. USA - , Piano “Road to Expo”, Piano comunicazione contro Italian Sounding, Roadshow attrazione investimenti).

L'attuazione del Piano è rimessa all'ICE-Agenzia, con cui il MISE stipula una convenzione in cui sono definiti gli obiettivi da raggiungere. Con la delibera n. 230 del 27 gennaio 2015, l’Agenzia ha approvato alcuni progetti per l’attuazione parziale del Piano.

 

Il Ministro dello sviluppo economico presenterà alle Camere una relazione annuale, nella quale renderà conto in modo analitico dell'utilizzazione di tali somme aggiuntive; è presumibile che si aggiunga alla relazione già prevista dalla normativa vigente.


 

Articolo 1, commi 59-64
(Incentivi per l’acquisto di beni mobili strumentali per favorire la distribuzione gratuita di prodotti alimentari e non alimentari
a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi)

 


59. Ai soggetti di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 25 giugno 2003, n. 155, come sostituito dall’articolo 13, comma 1, della legge 19 agosto 2016, n. 166, che acquistano in Italia, anche in locazione finanziaria, beni mobili strumentali utilizzati direttamente ed esclusivamente per le finalità di cui alla medesima legge n. 155 del 2003, è riconosciuto un contributo fi no al 15 per cento del prezzo di acquisto, per un massimo di 3.500 euro annui, nel limite delle risorse di cui al comma 63 del presente articolo per gli anni 2017 e 2018.

60. Il contributo è corrisposto dal venditore mediante compensazione con il prezzo di acquisto.

61. Le imprese costruttrici o importatrici dei beni mobili di cui al comma 59 rimborsano al venditore l’importo del contributo e recuperano tale importo quale credito d’imposta per il versamento delle ritenute dell’imposta sul reddito delle persone fi siche operate in qualità di sostituto d’imposta sui redditi da lavoro dipendente, dell’imposta sul reddito delle persone fi siche, dell’imposta sul reddito delle società e dell’imposta sul valore aggiunto dovute, anche in acconto, per l’esercizio in cui è effettuato l’acquisto.

62. Fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata emessa la fattura di vendita, le imprese costruttrici o importatrici conservano la copia della fattura di vendita e dell’atto di acquisto che deve essere ad esse trasmessa dal venditore.

63. Per provvedere all’erogazione del credito d’imposta previsto dai commi da 59 a 64 è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018.

64. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta  giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabilite le modalità per la preventiva autorizzazione all’erogazione dei contributi previsti e le condizioni per la loro fruizione. Con il medesimo decreto sono definite modalità di monitoraggio e di controllo per garantire il rispetto dei limiti di spesa di cui al comma 63.


 

 

I commi da 59 a 64 prevedono incentivi per l'acquisto di beni mobili strumentali da parte degli enti pubblici e privati senza scopo di lucro, comprese le ONLUS, per favorire la distribuzione gratuita di prodotti alimentari agli indigenti a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi. Tale contributo è corrisposto dal venditore mediante compensazione con il prezzo di acquisto e il relativo importo è rimborsato al venditore dalle imprese costruttrici o importatrici dei citati beni mobili strumentali, che lo recuperano sotto forma di credito di imposta.

 

Il comma 59 riconosce ai soggetti di cui all’articolo 1, comma 1, della legge n. 155/2003, che acquistano in Italia, anche in locazione finanziaria, beni mobili strumentali utilizzati direttamente ed esclusivamente per le finalità di cui alla medesima legge, ossia a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi, un contributo fino al 15 per cento del prezzo di acquisto, fino ad un massimo di 3.500 euro annui, nel limite delle risorse individuate dal successivo comma 63 per gli anni 2017 e 2018.

L’ambito di applicazione della norma è definito dall’articolo 1, comma 1, della legge n. 155/2003 (c.d. legge del buon Samaritano), come sostituito dall’articolo 13, comma 1, della legge n. 166/2016, recante disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi. In particolare, i soggetti ai quali la norma richiamata fa riferimento sono gli enti pubblici e gli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche e solidaristiche e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività d'interesse generale, anche mediante la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale, nonché attraverso forme di mutualità. Rientrano nell’ambito di applicazione della norma le organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all’articolo 10 del D.Lgs. 460/1997[16], che effettuano, a fini di beneficenza, distribuzione gratuita di prodotti alimentari, di prodotti farmaceutici e di altri prodotti agli indigenti.

Il comma 60 prevede che il contributo sia corrisposto dal venditore mediante compensazione con il prezzo di acquisto.

Il comma 61 definisce il meccanismo attraverso il quale il contributo si concretizza. In particolare, la norma prevede che le imprese costruttrici o importatrici dei sopra citati beni mobili strumentali rimborsino al venditore l'importo del contributo e lo recuperino sotto forma di credito di imposta per i seguenti versamenti, dovuti dalle imprese stesse anche in acconto, per l'esercizio in cui viene effettuato l'acquisto:

§  ritenute dell'imposta sul reddito delle persone fisiche operate in qualità di sostituto d'imposta sui redditi da lavoro dipendente;

§  imposta sul reddito delle persone fisiche;

§  imposta sul reddito delle società e imposta sul valore aggiunto.

Il comma 62 prevede, a carico delle imprese costruttrici o importatrici dei beni mobili strumentali di cui sopra, un onere di conservazione di copia della fattura di vendita e dell'atto di acquisto, che deve essere ad esse trasmessa dal venditore. Tale onere opera fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata emessa la fattura di vendita.

Il comma 63 autorizza una spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018, al fine di provvedere all'erogazione del credito d’imposta di cui sopra.

Il comma 64 demanda a un decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la definizione:

§  delle modalità per la preventiva autorizzazione all'erogazione dei contributi;

§  delle condizioni per la fruizione dei contributi medesimi;

§  delle modalità di monitoraggio e di controllo per garantire il rispetto dei limiti di spesa, corrispondenti alla dotazioni annue del fondo, pari come detto, a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018.


 

Articolo 1, comma 65
(Firma elettronica per le startup)

 

65. All’articolo 4, comma 10 -bis , del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 33, le parole: «dall’articolo 24» sono sostituite dalle seguenti: «dagli articoli 24 e 25».

 

 

Il comma 65 integra la disciplina della sottoscrizione dell’atto costitutivo di start-up innovative, prevedendo che esso possa essere sottoscritto oltre che con firma digitale anche con firma elettronica avanzata autenticata.

Il comma 65 modifica la disciplina (articolo 4, comma 10-bis, del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 33) che favorisce mediante modalità amministrative semplificate l'avvio di attività imprenditoriale, con l'obiettivo di garantire una più uniforme applicazione delle disposizioni in materia di start-up innovative e di incubatori certificati.

Finora, l'atto costitutivo e le successive modificazioni di start-up innovative potevano essere redatti per atto pubblico ovvero per atto sottoscritto con firma digitale (modalità di cui all'articolo 24 del codice dell'amministrazione digitale-CAD). Con la modifica introdotta, si aggiunge la possibilità di redigere i medesimi atti con la firma autenticata: ai sensi dell'articolo 25 del medesimo CAD, si ha per riconosciuta, ai sensi dell'articolo 2703 del codice civile, la firma elettronica o qualsiasi altro tipo di firma elettronica avanzata, autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato.

L'autenticazione della firma elettronica, anche mediante l'acquisizione digitale della sottoscrizione autografa, o di qualsiasi altro tipo di firma elettronica avanzata consiste nell'attestazione, da parte del pubblico ufficiale, che la firma è stata apposta in sua presenza dal titolare, previo accertamento della sua identità personale, della validità dell'eventuale certificato elettronico utilizzato e del fatto che il documento sottoscritto non è in contrasto con l'ordinamento giuridico. Già attualmente, l'apposizione della firma digitale da parte del pubblico ufficiale ha l'efficacia di cui alla firma digitale. Se al documento informatico autenticato deve essere allegato altro documento formato in originale su altro tipo di supporto, il pubblico ufficiale può allegare copia informatica autenticata dell'originale.


 

Articolo 1, commi 66-69
(Estensione e rafforzamento delle agevolazioni per investimenti nelle start-up e nelle PMI innovative)

 


66. All’articolo 29 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 3 è inserito il seguente:

«3 -bis . A decorrere dall’anno 2017, l’investimento massimo detraibile di cui al comma 3 è aumentato a euro 1.000.000»;

b) ai commi 3 e 5, le parole: «due anni» sono sostituite dalle seguenti: «tre anni»;

c) dopo il comma 7 è inserito il seguente:

«7 -bis . A decorrere dall’anno 2017, le aliquote di cui ai commi 1, 4 e 7 sono aumentate al 30 per cento»;

d) dopo il comma 8 è inserito il seguente:

«8 -bis . Per l’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 3 -bis e 7 -bis , si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 25 febbraio 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 dell’11 aprile 2016».

67. L’efficacia delle disposizioni di cui al comma 66, lettere a) e c) , del presente articolo, è subordinata, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, all’autorizzazione della Commissione europea, richiesta a cura del Ministero dello sviluppo economico.

68. All’articolo 4 del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 33, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 9, le parole da: «che operano» fi no alla fi ne del comma sono sostituite dalle seguenti: «nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dagli Orientamenti sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti per il finanziamento del rischio, di cui alla comunicazione 2014/C 19/04 della Commissione, del 22 gennaio 2014»;

b) il comma 9 -bis è abrogato;

c) al comma 12, le parole: «dai commi 9 e 9 -bis » sono sostituite dalle seguenti: «dal comma 9»;

d) al comma 12 -bis , le parole da: «e i requisiti» fi no alla fi ne del comma sono sostituite dalle seguenti: «di cui al comma 9»;

e) al comma 12 -ter , le parole: «comma 9 -bis » sono sostituite dalle seguenti: «comma 9».

69. All’articolo 26, comma 8, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, è aggiunto, in fi ne, il seguente periodo: «L’atto costitutivo della start-up innovativa, costituita ai sensi dell’articolo 4, comma 10 -bis ,  del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 33, nonché di quella costituita con atto pubblico, in caso di contestuale iscrizione nella citata sezione speciale di cui all’articolo 25, comma 8, è esente dal pagamento delle imposte di bollo e dei diritti di segreteria».


 

 

I commi da 66 a 69 rafforzano gli incentivi fiscali previsti per i soggetti che investono nel capitale sociale delle start-up innovative e delle PMI innovative.

 

Si prevede, in primo luogo, che a decorrere dall’anno 2017 l’investimento massimo detraibile sia aumentato a euro 1.000.000, mentre il termine minimo di mantenimento dell’investimento detraibile è aumentato a tre anni. Inoltre, la percentuale dell'investimento considerata è aumentata al 30% del totale.

 

Con il decreto-legge n. 179 del 2012 (cd. decreto Crescita, convertito con modificazioni dalla legge n. 221/2012), in materia di incentivi fiscali all'investimento in start-up innovative viene introdotta per la prima volta nell'ordinamento del nostro Paese la definizione di nuova impresa innovativa, la start-up: per questo tipo di impresa[17] viene predisposto un quadro di riferimento articolato e organico a livello nazionale che interviene su materie differenti come la semplificazione amministrativa, il mercato del lavoro, le agevolazioni fiscali, il diritto fallimentare. In seguito, sono state apportate alcune modifiche significative sul fronte delle start-up  innovative, di cui sono stati semplificati e ampliati i requisiti d'accesso, al fine di rendere la normativa più efficace nell'incoraggiare l'imprenditorialità innovativa. La normativa a favore delle start-up  innovative non riguarda un solo settore ma fa riferimento potenzialmente a tutto il mondo produttivo. I contenuti principali della nuova normativa sono:

§  Definizione di start-up. La normativa si riferisce esplicitamente alle "start-up  innovative" per evidenziare che destinataria non è qualsiasi nuova impresa ma quelle il cui oggetto sociale è legato all'innovazione e alla tecnologia. Per beneficiare delle misure di sostegno, la start-up  deve presentare le seguenti caratteristiche: essere operativa da non più di 60 mesi; avere la residenza in Italia ovvero in uno degli Stati membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo (in tali casi purché abbia una sede produttiva o una filiale in Italia); avere meno di 5 milioni di euro di fatturato; non deve distribuire utili; avere quale oggetto sociale esclusivo o prevalente l'innovazione tecnologica; non essere costituita da una fusione o scissione societaria. Inoltre, la start-up  deve soddisfare almeno uno dei seguenti criteri: sostenere spese in ricerca e sviluppo in misura pari o superiore al 15 per cento del maggiore importo tra il costo e il valore della produzione; impiegare personale altamente qualificato per almeno un terzo della propria forza lavoro ovvero in percentuale uguale o superiore a due terzi della forza lavoro complessiva di personale in possesso di laurea magistrale ai sensi dell'art. 4 del D.M. n. 270/2004; essere titolare o depositaria o licenziataria di almeno una privativa industriale relativa ad una invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una varietà vegetale ovvero sia titolare dei diritti relativi ad un programma per elaboratore originario registrato presso il Registro pubblico speciale per i programmi per elaboratore, purché tali privative siano direttamente afferenti all'oggetto sociale e all'attività di impresa.

§  Definizione di incubatore certificato. L'incubatore certificato di imprese start-up  innovative, è qualificato come una società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, residente in Italia, che offre servizi per sostenere la nascita e lo sviluppo di start-up  innovative ed è in possesso dei seguenti requisiti: dispone di strutture, anche immobiliari, adeguate ad accogliere start-up  innovative, quali spazi riservati per poter installare attrezzature di prova, test, verifica o ricerca; dispone di attrezzature adeguate all'attività delle start-up  innovative, quali sistemi di accesso in banda ultralarga alla rete internet, sale riunioni, macchinari per test, prove o prototipi; è amministrato o diretto da persone di riconosciuta competenza in materia di impresa e innovazione e ha a disposizione una struttura tecnica e di consulenza manageriale permanente; ha regolari rapporti di collaborazione con università, centri di ricerca, istituzioni pubbliche e partner finanziari che svolgono attività e progetti collegati a start-up  innovative; ha adeguata e comprovata esperienza nell'attività di sostegno a start-up  innovative.

§  Sezione speciale del Registro delle imprese. Le start-up  e gli incubatori certificati devono registrarsi in una sezione speciale del Registro delle imprese creata ad hoc presso le Camere di Commercio. Questa registrazione permette di dare pubblicità, effettuare controlli e garantire il monitoraggio dell'impatto che la nuova legislazione avrà sulla crescita economica e l'occupazione[18].

§  Abbattimento degli oneri per l'avvio d'impresa. La start-up , a differenza delle altre aziende, non deve pagare gli oneri di costituzione e registrazione presso le Camere di Commercio fino al quinto anno dopo l'iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese (vi è l'esonero dal pagamento dell'imposta di bollo, dei diritti di segreteria e dal pagamento del diritto annuale dovuto in favore delle camere di commercio). Inoltre vengono introdotti alcuni requisiti di forma per l'atto costitutivo e per la domanda di iscrizione nel registro delle imprese; con D.M. 17 febbraio 2016 sono state definite le linee guida per la redazione dell'atto costitutivo delle stesse: si tratta del decreto che ha introdotto, per la prima volta, la possibilità di costituire una start-up  senza l'obbligo di andare dal notaio.

§  Disciplina in materia di lavoro applicabile alle start-up. La start-up  può assumere personale con contratti a tempo determinato della durata minima di 6 mesi e massima di 36 mesi. All'interno di questo arco temporale, i contratti possono essere anche di breve durata e rinnovati più volte. Dopo 36 mesi, il contratto può essere ulteriormente rinnovato una sola volta, per un massimo di altri 12 mesi, e quindi fino ad arrivare complessivamente a 48 mesi. Dopo questo periodo, il collaboratore può continuare a lavorare in start-up  solo con un contratto a tempo indeterminato. Con il decreto-legge n. 145 del 2013 (convertito in legge 21 febbraio 2014, n. 9) è stata introdotta una disposizione per facilitare i visti di ingresso e permesso di soggiorno per lavoratori extracomunitari nelle start-up  innovative.

§  Credito d'imposta: è previsto un accesso prioritario alle agevolazioni per le assunzioni di personale altamente qualificato nelle start-up  innovative e negli incubatori certificati. Il decreto attuativo prevede a favore delle start-up  innovative e degli incubatori certificati un'apposita riserva del valore di 2 milioni a valere sulla dotazione generale a disposizione di tutte le imprese.

§  Remunerazione con strumenti finanziari della start-up  innovativa e dell'incubatore certificato. Viene introdotto un regime fiscale e contributivo di favore per i piani di incentivazione basati sull'assegnazione di azioni, quote o titoli similari ad amministratori, dipendenti, collaboratori e fornitori delle imprese start-up  innovative e degli incubatori certificati. Il reddito derivante dall'attribuzione di questi strumenti finanziari o diritti non concorrerà alla formazione della base imponibile, sia a fini fiscali che contributivi. In questo modo, viene facilitata la partecipazione diretta al rischio di impresa, ad esempio attraverso l'assegnazione di stock options al personale dipendente o ai collaboratori di un'impresa start-up .

§  Raccolta diffusa di capitali di rischio tramite portali online. Viene introdotta un'apposita disciplina per la raccolta di capitale di rischio da parte delle imprese start-up  innovative attraverso portali online, avviando una modalità innovativa di raccolta diffusa di capitale (crowdfunding). Per quanto riguarda l'accesso al credito, le start-up  potranno usufruire gratis e in modo semplificato del Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese, anche mediante la previsione di condizioni di favore in termini di copertura e di importo massimo garantito.

§  Accesso semplificato, gratuito e diretto per le start-up  al Fondo Centrale di Garanzia, il fondo governativo che facilita l'accesso al credito attraverso la concessione di garanzie sui prestiti bancari. Gli incubatori certificati possono beneficiare dello stesso trattamento speciale riservato alle start-up .

§  Sostegno all'internazionalizzazione. Vengono incluse anche le imprese start-up  innovative operanti in Italia tra quelle beneficiarie dei servizi messi a disposizione dall'Agenzia ICE per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane e dal Desk Italia: assistenza in materia normativa, societaria, fiscale, immobiliare, contrattualistica e creditizia.

§  Introduzione di incentivi fiscali per investimenti in start-up  provenienti da aziende e privati per gli anni 2013, 2014, 2015 e 2016. Gli incentivi valgono sia in caso di investimenti diretti in start-up , sia in caso di investimenti indiretti per il tramite di altre società che investono prevalentemente in start-up. L'agevolazione consiste nella possibilità di detrarre dall'imposta lorda sul reddito delle persone fisiche il 19% dell'importo investito nel capitale sociale di una o più start-up  innovative, oppure, se l'investitore è una società, di dedurre dal reddito il 20% di quanto versato nella start-up. Tali percentuali crescono rispettivamente al 25 e al 27% se l'azienda prescelta sviluppa e commercializza esclusivamente prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico in ambito energetico o è a vocazione sociale, cioè se si tratta di imprese che operano esclusivamente nei settori indicati dall'articolo 2, comma 1 del decreto legislativo 155/2006 (tra gli altri assistenza sociale, educazione, tutela dell'ambiente, valorizzazione del patrimonio culturale). Le disposizioni sono state attuate con D.M. 30 gennaio 2014 e con D.M. 25/02/2016: a quest'ultimo rinvia, in quanto applicabile, la norma in esame, per le modalità applicative delle nuove agevolazioni ivi previste.

 

All’articolo 29 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, si prevedeva che - nel quadriennio 2013/2016 - l'investimento massimo detraibile dall’IRPEF - per le persone fisiche che avessero riversato somme nel capitale sociale delle predette imprese, sia per gli investimenti effettuati direttamente che per tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio o di altre società che investono prevalentemente in start-up innovative - fosse un'aliquota pari al 19% del totale, non potesse eccedere l'importo di euro 500.000 (in ciascun periodo d'imposta) e dovesse essere mantenuto per almeno due anni.

Il comma 66 prevede invece che, a decorrere dall’anno 2017, l’investimento massimo detraibile sia aumentato a euro 1.000.000 per le somme "di cui al comma 3". Il termine minimo di mantenimento dell’investimento detraibile è poi aumentato a tre anni.

 

Al citato articolo 29 si prevedeva anche che - nel quadriennio 2013/2016 - l'investimento massimo deducibile dall’IRES - per somme nel capitale sociale delle predette imprese, sia per gli investimenti effettuati direttamente che per tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio o di altre società che investono prevalentemente in start-up innovative - fosse un'aliquota pari al 20% del totale, non potesse eccedere l'importo di euro 1.800.000 (in ciascun periodo d'imposta) e dovesse essere mantenuto per almeno due anni.

Qui il comma 1 si limita a prevedere che il termine minimo di mantenimento dell’investimento detraibile sia aumentato a tre anni. Si prevede poi che la percentuale dell'investimento considerata (sia ai fini delle detrazioni che per le deduzioni) sia aumentata al 30% del totale, a decorrere dal 2017: ciò vale anche per le start-up a vocazione sociale e per quelle che sviluppano e commercializzano esclusivamente prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico in ambito energetico (che già godono di una disciplina speciale, per la quale la detrazione è pari al 25% e la deduzione è pari al 27%).

 

Benché il comma 67 limiti l'efficacia condizionata ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3 TFUE a due sole fattispecie agevolative introdotte al comma 1 (l'incremento del tetto della detrazione a 1.000.000 euro e l'aumento delle aliquote al 30 per cento del totale dell'investimento), il comma 66 è tutto innestato nell'articolo 29 del decreto-legge n. 179/2012 con la tecnica della novella: pertanto presumibilmente è tutto interessato dal comma 9 della norma citata, secondo cui "l'efficacia della disposizione del presente articolo è subordinata, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, all'autorizzazione della Commissione europea, richiesta a cura del Ministero dello sviluppo economico".

 

Ai sensi del comma 68, poi, viene meno la limitazione che consentiva alle piccole e medie imprese (PMI) innovative - che operavano sul mercato da più di sette anni dalla loro prima vendita commerciale - di valersi delle agevolazioni fiscali di cui al predetto articolo 29 solo qualora fossero "in grado di presentare un piano di sviluppo di prodotti, servizi o processi nuovi o sensibilmente migliorati rispetto allo stato dell'arte nel settore interessato. Il piano di sviluppo è valutato e approvato da un organismo indipendente di valutazione espressione dell'associazionismo imprenditoriale, ovvero da un organismo pubblico". Pertanto, all’articolo 4 del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 33, la novella introdotta fa sì che le agevolazioni di cui all'articolo 29 citato si applichino a tutte le PMI innovative.

 

La disciplina vigente già collega la definizione di “piccole e medie imprese innovative” all'accesso ad alcune delle semplificazioni, agevolazioni ed incentivi attualmente riservati alle start-up innovative dalla legislazione vigente. Si tratta di una definizione che rinvia a quella contenuta nella raccomandazione 2003/361/CE, ossia le imprese che: occupano meno di 250 persone; il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro; oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro. Occorre poi - per il decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 33 - che: siano società di capitali, costituite anche in forma cooperativa; siano residenti in Italia o in uno degli Stati Membri dell’Unione Europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo, purché abbia una sede produttiva o una filiale in Italia; abbiano l’ultimo bilancio certificato e l'eventuale bilancio consolidato redatto da un revisore contabile o da una società di revisione iscritti nel registro dei revisori contabili; non siano in possesso di azioni quotate su un mercato regolamentato; non siano iscritte al registro speciale previsto per le start-up innovative e l’incubatore certificato.

Con riguardo all’individuazione del contenuto innovativo dell’impresa, è inoltre necessaria la presenza di almeno due dei seguenti requisiti: volume di spesa in ricerca e sviluppo; personale qualificato; titolarità di privative industriali. Nello specifico i requisiti richiesti sono:

1)   volume di spesa in ricerca e sviluppo in misura uguale o superiore al 3 per cento della maggiore entità fra costo e valore totale della produzione della PMI innovativa, escluse le spese per l'acquisto e la locazione di beni immobili. Sono da annoverarsi tra le spese in ricerca e sviluppo: le spese relative alla sperimentazione, prototipazione e sviluppo del piano industriale, ai servizi di incubazione forniti da incubatori certificati, i costi lordi di personale interno e consulenti esterni impiegati nelle attività di ricerca e sviluppo, inclusi soci ed amministratori, le spese legali per la registrazione e protezione di proprietà intellettuale, termini e licenze d’uso; Si ricorda che anche le anche la disciplina delle start-up innovative prevede, accanto ad alcuni requisiti attinenti alle caratteristiche generali delle imprese, anche il possesso di almeno due dei tre requisiti attinenti all’innovatività relativi alla spesa in ricerca e sviluppo, personale qualificato e titolarità di brevetti. In particolare per le start-up innovative il volume di spesa (in ricerca, sviluppo ed innovazione) deve esser uguale o superiore al 15 per cento;

2)   impiego come dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo, in percentuale uguale o superiore al quinto della forza lavoro complessiva, di personale in possesso di titolo di dottorato di ricerca o che sta svolgendo un dottorato di ricerca presso un’università italiana o straniera, oppure in possesso di laurea e che abbia svolto, da almeno tre anni, attività di ricerca certificata presso istituti di ricerca pubblici o privati, in Italia o all'estero, ovvero, in percentuale uguale o superiore a un terzo della forza lavoro complessiva, di personale in possesso di laurea magistrale;

3)   titolarità, anche quali depositarie o licenziatarie di almeno una privativa industriale, relativa a una invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale ovvero titolarità dei diritti relativi a programmi per elaboratore (software), purché tale privativa sia direttamente afferente all'oggetto sociale e all’attività di impresa. Tale requisito relativo al possesso di brevetti, marchi, modelli, oltre che in relazione a invenzioni industriali, biotecnologiche, nuove varietà vegetali, anche a programmi per elaboratore (software) è identico a quello richiesto alle start-up innovative (articolo 25, comma 2, lett. h), n. 3) del D.L. n. 178/2012).

 

La clausola di salvaguardia della disciplina europea, in proposito, è anch'essa variata, non consistendo più "nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dall'articolo 21 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014"[19], bensì “nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dagli Orientamenti sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti per il finanziamento del rischio (2014/C 19/04)”.

 

Si tratta del documento recante gli indirizzi in base ai quali la Commissione può considerare compatibili con il mercato interno gli aiuti di Stato, destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse. La Commissione ritiene che lo sviluppo del mercato del finanziamento del rischio e il miglioramento dell’accesso a tale mercato da parte delle piccole e medie imprese («PMI»), le piccole imprese a media capitalizzazione e le imprese a media capitalizzazione innovative siano di grande importanza per l’economia dell’Unione nel suo complesso e, pertanto, meritino la declaratoria di compatibilità con la disciplina di cui  all’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

 

Le restanti modifiche recate dal comma sono di coordinamento formale, in conseguenza dell'abrogazione della norma recante la predetta limitazione.

 

Il comma 69, infine, esonera dal pagamento delle imposte di bollo (e dei diritti di segreteria) l’atto costitutivo delle start up innovative, laddove si tratti di atto pubblico ovvero atto sottoscritto con le modalità previste dall'articolo 24 del codice dell'amministrazione digitale (redatti dal 2015 secondo un modello uniforme adottato con decreto del Ministro dello sviluppo economico e così trasmessi al competente ufficio del registro delle imprese).


 

Articolo 1, comma 70
(Raccolta di capitali delle PMI)

 


70. Al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 5 -novies dell’articolo 1 è sostituito dal seguente:

«5 -novies . Per “portale per la raccolta di capitali per le PMI” si intende una piattaforma on line che abbia come finalità esclusiva la facilitazione della raccolta di capitale di rischio da parte delle PMI come definite dalla disciplina dell’Unione europea e degli organismi di investimento collettivo del risparmio o altre società che investono prevalentemente in PMI»;

b) all’articolo 50 -quinquies , le parole: «per le startup innovative, per le PMI innovative» sono sostituite, ovunque ricorrono, dalle seguenti: «per le PMI», le parole: «in start-up innovative e in PMI innovative» sono sostituite, ovunque ricorrono, dalle seguenti: «in PMI» e, alla rubrica, le parole: «per start-up innovative e PMI innovative» sono sostituite dalle seguenti: «per le PMI»;

c) alla rubrica del capo III -quater del titolo III della parte II, le parole: «per le start-up innovative e le PMI innovative» sono sostituite dalle seguenti: «per le PMI».


 

 

Il comma 70 estende l’operatività della disciplina dei portali online per la raccolta di capitali anche alla raccolta di capitale di rischio da parte delle PMI in generale.

Il comma 70 modifica il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, estendendo - a tutte le piccole e medie imprese - l’operatività della disciplina dei portali online per la raccolta di capitali, che attualmente è riservata dalla legge alle start-up innovative e alle PMI innovative.

Le PMI beneficiarie saranno quelle definite dalla disciplina europea, nonché degli organismi di investimento collettivo del risparmio o altre società che investono prevalentemente in PMI. Più in dettaglio, anche per tale tipologia di imprese la raccolta di capitale potrà avvenire mediante portali online (c.d. crowdfunding, ai sensi dell’articolo 50-quinquies del TUF); valgono per tutte le PMI le regole concernenti i soggetti autorizzati all’esercizio di tali attività, i relativi requisiti, il funzionamento e le modalità operative. Con la modifica in esame l’offerta può riguardare sia gli strumenti finanziari emessi dalle imprese innovative, sia quelli emessi da soggetti (OICR e altre società di capitali) che investono in PMI.

Si tratta di una misura che era già stata preannunciata nel capitolo I del PNR 2016 e che comporterà anche l'applicabilità del nuovo regolamento Consob - adottato con la deliberazione del 26 giugno 2013, n. 18592 - in materia di equity crowdfunding, che permette di raccogliere capitali di rischio tramite portali web in modo semplificato rispetto al passato, riducendo i costi di raccolta e ampliando la platea dei soggetti che possono contribuire a finanziare i progetti d’impresa.

La Consob è organo deputato alla vigilanza su tale tipo di offerte al pubblico, esclusivamente attraverso portali, per la raccolta di capitali per la sottoscrizione di strumenti finanziari emessi dalle PMI, dagli organismi di investimento collettivo del risparmio o altre società di capitali che investono prevalentemente in PMI.

Conseguentemente, nel medesimo Testo unico il richiamo alle start-up innovative e PMI innovative, ovunque ricorra, è sostituito con il richiamo tout court alle PMI.


 

Articolo 1, commi 71-73
(
Rifinanziamento degli interventi per l’autoimprenditorialità
e
per le start-up innovative
)

 


71. Per il finanziamento delle iniziative di cui al titolo I, capo 0I, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, è autorizzata la spesa di 47,5 milioni di euro per l’anno 2017 e di 47,5 milioni di euro per l’anno 2018. Le predette risorse sono iscritte nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico per essere successivamente accreditate su un conto corrente infruttifero, intestato all’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa Spa-INVITALIA, aperto presso la tesoreria centrale dello Stato e dedicato al citato titolo I, capo 0I, del decreto legislativo n. 185 del 2000. Sul medesimo conto corrente sono, altresì, accreditate le disponibilità finanziarie presenti nel fondo rotativo depositato sul conto corrente di tesoreria n. 22048, istituito ai sensi dell’articolo 4 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 30 novembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 14 del 19 gennaio 2005, nella misura di un terzo delle risorse complessive, nonché i rientri dei finanziamenti erogati dalla citata Agenzia ai sensi delle disposizioni del titolo I del citato decreto legislativo n. 185 del 2000.

72. La dotazione del Fondo per la crescita sostenibile, di cui all’articolo 23, comma 2, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, è incrementata di 47,5 milioni di euro per l’anno 2017 e di 47,5 milioni di euro per l’anno 2018, da destinare all’erogazione dei finanziamenti agevolati per gli interventi di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 24 settembre 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 264 del 13 novembre 2014, per il sostegno alla nascita e allo sviluppo di imprese start-up innovative. 

73. Il Ministero dello sviluppo economico e le regioni possono destinare, nell’anno 2017, alle misure di cui ai commi 71 e 72 risorse a valere sul programma operativo nazionale imprese e competitività, sui programmi operativi regionali e sulla connessa programmazione nazionale 2014-2020, fi no a complessivi 120 milioni di euro, di cui 70 milioni di euro per gli interventi di cui al comma 71 e 50 milioni di euro per gli interventi di cui al comma 72. Al fi ne di coordinare e ottimizzare la predetta destinazione di risorse, il Ministero dello sviluppo economico promuove specifici accordi con le regioni.


 

 

I commi da 71 a 73 recano, in ordine alle misure agevolative per l'autoimprenditorialità e per le start-up innovative, nuove destinazioni di risorse, sia di fonte nazionale sia discendenti dal PON; si prevede il coinvolgimento di Invitalia, del Ministero dello sviluppo economico e delle Regioni.

 

Il comma 71 autorizza nel biennio la spesa di 95 milioni di euro (47,5 nel 2017 e 47,5 nel 2018) per il finanziamento delle iniziative relative all'autoimprenditorialità (di cui al Titolo I, Capo 0I, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185).

Esse costituiscono un complesso di incentivi, destinati prevalentemente ai giovani ed alle donne, ai fini della costituzione di imprese di piccola dimensione o ai fini di ampliamenti aziendali: si prevedono mutui agevolati per gli investimenti, a un tasso pari a zero, della durata massima di 8 anni e di importo non superiore al 75 per cento della spesa ammissibile, ai sensi e nei limiti della disciplina unionale sugli aiuti d'importanza minore ("de minimis"). L'articolo 2 (delega al Governo in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive) della legge 10 dicembre 2014 n. 183 ne prevedeva una razionalizzazione. Il regolamento adottato con decreto 8 luglio 2015, n. 140 del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 206 del 5 settembre 2015, individua criteri e modalità di concessione delle agevolazioni in questione, volte a sostenere nuova imprenditorialità, in tutto il territorio nazionale, attraverso la creazione di micro e piccole imprese competitive, a prevalente o totale partecipazione giovanile o femminile: vi si demanda ad un apposito provvedimento del Direttore Generale per gli incentivi alle imprese del MiSE la definizione di ulteriori aspetti rilevanti per l’accesso alle agevolazioni e il funzionamento della misura agevolativa.

Le predette risorse sono iscritte nello stato di previsione del MiSE per essere successivamente accreditate su un conto corrente infruttifero, intestato all’Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. (detta Invitalia) ed all'uopo dedicato.

L’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa (ex Sviluppo Italia) S.p.A., è una società per azioni interamente posseduta dal Ministero dell’economia e delle finanze. Ad essa è attribuito il compito di svolgere funzioni di coordinamento, riordino, indirizzo e controllo delle attività di promozione dello sviluppo industriale e dell'occupazione nelle aree depresse del Paese, nonché di attrazione degli investimenti. Si ricorda che la legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006, articolo 1, commi 460-464), oltre a mutarne la denominazione, ha operato un riassetto complessivo della società, attribuendo al Ministro dello sviluppo economico una serie di poteri in riferimento al suo operato: nell'esercizio di tali poteri, con la Circolare del 9 ottobre 2015 il MiSE ha avallato il programma "Nuove imprese a tasso zero", che include incentivi che finanziano progetti d’impresa con spese fino a 1,5 milioni di euro. Le agevolazioni sono concesse nei limiti del regolamento de minimis e consistono in un finanziamento agevolato senza interessi (tasso zero) della durata massima di 8 anni, che può coprire fino al 75% delle spese totali.  Le imprese devono garantire la restante copertura finanziaria e realizzare gli investimenti entro 24 mesi dalla firma del contratto di finanziamento. Lo stanziamento iniziale è di circa 50 milioni di euro.

Nel conto infruttifero confluiranno anche un terzo delle disponibilità finanziarie presenti nel fondo rotativo, istituito ai sensi dell’articolo 4 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 30 novembre 2004[20], nonché i rientri dei finanziamenti erogati dalla citata Agenzia ai sensi delle disposizioni del Titolo I del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185[21].

All'erogazione dei finanziamenti agevolati per gli interventi per le start-up innovative, ai sensi del comma 72, la dotazione del Fondo per la crescita sostenibile è incrementata della somma di 47,5 milioni di euro per l’anno 2017 e di 47,5 milioni di euro per l’anno 2018: essa andrà destinata al sostegno alla nascita e allo sviluppo delle predette imprese, di cui al decreto 24 settembre 2014 del Ministero dello sviluppo economico[22].

 

Esso destina risorse ai piani di impresa caratterizzati da un significativo contenuto tecnologico e innovativo, e/o mirati allo sviluppo di prodotti, servizi o soluzioni nel campo dell’economia digitale, e/o finalizzati alla valorizzazione economica dei risultati del sistema della ricerca pubblica e privata. I piani di impresa in questione possono avere ad oggetto la realizzazione di programmi di investimento e/o il sostenimento dei costi di esercizio; i programmi di investimento considerati sono quelli aventi ad oggetto l’acquisizione di: a) impianti, macchinari e attrezzature tecnologici, ovvero tecnico-scientifici, nuovi di fabbrica, funzionali alla realizzazione del progetto; b) componenti hardware e software funzionali al progetto; c) brevetti e licenze; d) certificazioni, know-how e conoscenze tecniche, anche non brevettate, purché direttamente correlate alle esigenze produttive e gestionali dell’impresa; e) progettazione, sviluppo, personalizzazione, collaudo di soluzioni architetturali informatiche e di impianti tecnologici produttivi, consulenze specialistiche tecnologiche funzionali al progetto di investimento, nonché relativi interventi correttivi e adeguativi. I costi d'esercizio finanziabili includono: interessi sui finanziamenti esterni concessi all’impresa; quote di ammortamento di impianti, macchinari e attrezzature tecnologici, ovvero tecnico-scientifici, con particolare riferimento a quelli connessi all’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, necessari all’attività di impresa, qualora per i medesimi beni non sia stata richiesta l’agevolazione delle spese di acquisizione; canoni di leasing ovvero spese di affitto relativi agli impianti, macchinari e attrezzature; costi salariali relativi al personale dipendente, nonché costi relativi a collaboratori a qualsiasi titolo aventi i requisiti di legge; licenze e diritti relativi all’utilizzo di titoli della proprietà industriale; licenze relative all’utilizzo di software; servizi di incubazione e di accelerazione di impresa, con particolare riferimento a quelli forniti dagli incubatori certificati.

Le citate misure agevolative sono poi oggetto di un'ulteriore facoltà di finanziamento, accordata dal comma 73 al Ministero dello sviluppo economico ed alle Regioni: nell’anno 2017, 120 milioni aggiuntivi possono essere ricavati (70 per l'autoimprenditorialità e 50 per le start-up innovative) dalle risorse del programma operativo nazionale “Imprese e competitività”, sui Programmi Operativi Regionali e sulla connessa Programmazione nazionale 2014-2020.

Il PON Imprese e Competitività rende disponibili 45,5 milioni di euro per gli interventi Smart & Start Italia per la nascita e lo sviluppo di startup innovative e nuove imprese a tasso zero per il sostegno alla nuova imprenditorialità. È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 246 del 20 ottobre 2016, il decreto ministeriale 9 agosto 2016 di assegnazione di risorse del Programma operativo nazionale.

 

Al fine di coordinare e ottimizzare la predetta destinazione di risorse, il Ministero dello sviluppo economico promuoverà specifici accordi con le Regioni.


 

Articolo 1, commi 74 e 75
(Aziende confiscate e capitalizzazione delle imprese)

 


74. Al fi ne di garantire la continuità del sostegno alla promozione e allo sviluppo di nuove imprese e la conseguente crescita dei livelli di occupazione, di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 4 dicembre 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 2 del 3 gennaio 2015, al Fondo per la crescita sostenibile, di cui all’articolo 23 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, sono assegnati 5 milioni di euro per l’anno 2017 e 5 milioni di euro per l’anno 2018, destinati all’erogazione di finanziamenti agevolati a società cooperative costituite da lavoratori di aziende in crisi, di cooperative sociali e di cooperative che gestiscono aziende confiscate alla criminalità organizzata, nonché allo sviluppo e al consolidamento di società cooperative ubicate nelle regioni del Mezzogiorno.

75. Al fi ne di ampliare gli strumenti finanziari di intervento e favorire la capitalizzazione dell’impresa da parte di lavoratori, all’articolo 17 della legge 27 febbraio 1985, n. 49, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 5 è sostituito dal seguente:

«5. Con le risorse apportate ai sensi del comma 2, le società finanziarie possono assumere partecipazioni temporanee di minoranza nelle cooperative, anche in più soluzioni, con priorità per quelle costituite da lavoratori provenienti da aziende in crisi, e concedere alle cooperative stesse finanziamenti e agevolazioni finanziarie in conformità alla disciplina dell’Unione europea in materia, per la realizzazione di progetti di impresa»;

b) dopo il comma 5 è inserito il seguente:

«5 -bis . Le società finanziarie possono, altresì, sottoscrivere, anche successivamente all’assunzione delle partecipazioni, prestiti subordinati, prestiti partecipativi e gli strumenti finanziari di cui all’articolo 2526 del codice civile, nonché svolgere attività di servizi e di promozione ed essere destinatarie di fondi pubblici. In deroga a quanto previsto dall’articolo 2522 del codice civile, le società finanziarie possono intervenire nelle società cooperative costituite da meno di nove soci».


 

 

Il comma 74 contiene un rifinanziamento degli interventi per il sostegno alla promozione di società cooperative tra i lavoratori provenienti da aziende in crisi. Il comma 75 consente a società finanziarie partecipate dal MiSE di sottoscrivere prestiti subordinati, prestiti partecipativi, nonché svolgere attività di servizi e di promozione ed essere destinatarie di fondi pubblici.

 

Il comma 74 contiene un rifinanziamento degli interventi per il sostegno alla promozione di società cooperative tra i lavoratori provenienti da aziende in crisi. In particolare, vi si incrementa il Fondo per la crescita sostenibile di cui al D.L. n. 83/2012 di 5 milioni di euro per l'anno 2017 e di 5 milioni di euro per l'anno 2018 destinandoli all'erogazione di finanziamenti agevolati a favore di società cooperative costituite da lavoratori di aziende in crisi, di cooperative sociali e di cooperative che gestiscono aziende confiscate alla criminalità organizzata, nonché allo sviluppo e il consolidamento di società cooperative ubicate nelle regioni del Mezzogiorno.

Per la legge di stabilità per il 2016, un'apposita sezione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese ricevette 3 milioni di euro annui, destinati alla concessione di garanzie per operazioni finanziarie erogate in favore di imprese, di qualunque dimensione, sequestrate o confiscate alla criminalità organizzata, ovvero di imprese che rilevano i complessi aziendali delle predette imprese. Nella misura di 7 milioni di euro annui, un'apposita sezione del Fondo per la crescita sostenibile era alimentata per l'erogazione di finanziamenti agevolati in favore delle medesime imprese.

La finalità è quella di garantire la continuità del sostegno alla promozione e allo sviluppo di imprese e la conseguente la crescita dei livelli di occupazione, richiamandosi il regime di aiuto (finanziamenti a tasso agevolato) istituito dal D.M. 4 dicembre 2014 per le società cooperative di piccola e media dimensione.

Il comma 75 - al fine di ampliare gli strumenti finanziari di intervento e favorire la capitalizzazione dell'impresa da parte di lavoratori – apporta modifiche all'articolo 17 della legge n. 49/1985, relativo alla partecipazione da parte del MISE al capitale sociale di società finanziarie appositamente costituite per lo sviluppo di PMI nella forma di società cooperativa o di piccola società cooperativa. In particolare, il comma - con una modifica al comma 5 e l’introduzione di un nuovo comma 5-bis al citato articolo 17 della legge n. 49/1985 - consente alle predette società finanziarie di sottoscrivere, anche successivamente all'assunzione delle partecipazioni in società cooperative, prestiti subordinati, prestiti partecipativi, nonché svolgere attività di servizi e di promozione ed essere destinatarie di fondi pubblici.

In deroga a quanto previsto all'articolo 2522 del codice civile, si consente poi alle società finanziarie di intervenire nelle società cooperative costituite da meno di nove soci. Rimane confermata, rispetto alla normativa vigente, per le predette società finanziarie la possibilità, anche successivamente all’assunzione di partecipazioni, di sottoscrivere gli strumenti finanziari di cui all'articolo 2526 del codice civile.


 

Articolo 1, commi 76-80
(Perdite fiscali di start up partecipate da società quotate)

 


76. Per le società fra le quali intercorre un rapporto di partecipazione che preveda una percentuale del diritto di voto esercitabile nell’assemblea ordinaria e di partecipazione agli utili non inferiore al 20 per cento è ammessa la possibilità di cedere le perdite fi scali di cui all’articolo 84 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, con le stesse modalità previste per la cessione dei crediti d’imposta di cui all’articolo 43 -bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, a condizione che le azioni della società cessionaria, o del  la società che controlla direttamente o indirettamente la società cessionaria, siano negoziate in un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione di uno degli Stati membri dell’Unione europea e degli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo con il quale l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni e che la società cedente non svolga in via prevalente attività immobiliare. La cessione deve riguardare l’intero ammontare delle perdite fi scali.

77. Le perdite fi scali trasferibili sono solo quelle realizzate nei primi tre esercizi della società cedente, subordinatamente al verifi carsi delle seguenti ulteriori condizioni:

a) sussistenza di identità dell’esercizio sociale della società cedente e della società cessionaria;

b) sussistenza del requisito partecipativo del 20 per cento al termine del periodo d’imposta relativamente al quale le società si avvalgono della possibilità di cui al comma 76;

c) perfezionamento della cessione entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi.

78. Le perdite di cui al comma 76 relative a un periodo d’imposta sono computate dalla società cessionaria in diminuzione del reddito complessivo dello stesso periodo d’imposta e, per la differenza, nei successivi entro il limite del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l’intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi a condizione che le suddette perdite si riferiscano a una nuova attività produttiva ai sensi dell’articolo 84, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

79. La società cessionaria è obbligata a remunerare la società cedente del vantaggio fi scale ricevuto, determinato, in ogni caso, mediante applicazione, all’ammontare delle perdite acquisite, dell’aliquota dell’imposta sul reddito delle società di cui all’articolo 77 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, relativa al periodo d’imposta in cui le perdite sono state conseguite dalla società cedente, entro trenta giorni dal termine per il versamento del saldo relativo allo stesso periodo d’imposta. Non concorrono alla formazione del reddito imponibile, in quanto escluse, le somme percepite o versate tra le società di cui al comma 76 del presente articolo in contropartita dei vantaggi fi scali ricevuti o attribuiti.

80. La società cedente non può optare per i regimi di cui agli articoli 115, 117 e 130 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in relazione ai periodi d’imposta nei quali ha conseguito le perdite fi scali cedute ai sensi dei commi da 76 a 79 del presente articolo.


I commi 76-80 consentono la cessione delle perdite prodotte nei primi tre esercizi di attività di nuove aziende a favore di società quotate che detengano una partecipazione nell’impresa cessionaria pari almeno al 20 per cento.

 

Il comma 76 permette alle società quotate di acquisire le perdite fiscali, utilizzabili in diminuzione del reddito complessivo dei periodi d'imposta successivi entro il limite del reddito imponibile e per l’intero importo (articolo 84 del TUIR), delle società start up partecipate per almeno il 20 per cento.

La cessione può avvenire con le stesse modalità previste per la cessione dei crediti d’imposta, ovvero tramite notifica all'ufficio delle entrate o al centro di servizio presso il quale è stata presentata la dichiarazione dei redditi del cedente, nonché al competente concessionario del servizio della riscossione (articolo 43-bis del D.P.R. n. 602 del 1973).

Sono previste le seguenti condizioni:

§  le azioni della società cessionaria o della società che controlla direttamente o indirettamente la società cessionaria, devono essere negoziate in un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione di uno degli Stati membri dell’Unione europea e degli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo con il quale l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni;

§  il rapporto di partecipazione deve prevedere una percentuale del diritto di voto esercitabile nell’assemblea ordinaria e di partecipazione agli utili non inferiore al 20 per cento;

§  la società cedente non deve svolgere in via prevalente attività immobiliare;

§  la cessione deve riguardare l’intero ammontare delle perdite fiscali.

 

Il comma 77 elenca le seguenti ulteriori condizioni:

a)   la società cedente e la società cessionaria devono avere un esercizio sociale coincidente;

b)  il requisito partecipativo del 20 per cento deve sussistere al termine del periodo d’imposta relativamente al quale avviene la cessione delle perdite fiscali;

c)   la cessione deve essere perfezionata entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi.

 

Il comma 78 stabilisce che le perdite oggetto di cessione sono computate dalla società cessionaria in diminuzione del reddito complessivo dello stesso periodo d’imposta e per la differenza nei successivi entro il limite del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l’intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi, a condizione che le suddette perdite si riferiscano a una nuova attività produttiva.

Tale disciplina ricalca quanto previsto dall’articolo 84, comma 2, del TUIR (come modificato da ultimo dal decreto-legge n. 98 del 2011), il quale consente di riportare le perdite realizzate nei primi tre periodi d'imposta dalla data di costituzione senza vincoli temporali e per l’intero importo a condizione che esse si riferiscano a una nuova attività produttiva.

Il comma 79 stabilisce l’obbligo per la società cessionaria di remunerare la società cedente del vantaggio fiscale ricevuto, determinato, in ogni caso, mediante applicazione all’ammontare delle perdite acquisite dell’aliquota IRES relativa al periodo d’imposta in cui le perdite sono state conseguite dalla società cedente, entro trenta giorni dal termine per il versamento del saldo relativo allo stesso periodo d’imposta. Le somme percepite o versate tra le società non concorrono alla formazione del reddito imponibile.

Il comma 80 dispone che la società cedente non può optare per i regimi di trasparenza fiscale, consolidato nazionale e mondiale (articoli 115, 117 e 130 del TUIR) in relazione ai periodi d’imposta nei quali ha conseguito le perdite fiscali cedute.

 

La relazione illustrativa afferma che per stimolare il mercato italiano dei capitali, e in particolare quello borsistico, è necessario favorire gli investimenti in startup da parte di società quotate. A tal fine la norma attribuisce alle società quotate la possibilità di essere "sponsor" di start up, consentendo loro di acquistare le perdite fiscali di nuove aziende. La quotazione sul mercato dello "sponsor” garantisce il miglior controllo anti abusi, venendo il giudizio sulla quotata stessa dal mercato finanziario.


 

Articolo 1, comma 81
(Disciplina delle transazioni fiscali nelle procedure concorsuali)

 


81. L’articolo 182 -ter del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:

«Art. 182 -ter (Trattamento dei crediti tributari e contributivi). — 1. Con il piano di cui all’articolo 160 il debitore, esclusivamente mediante proposta presentata ai sensi del presente articolo, può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fi scali, nonché dei  contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e dei relativi accessori, se il piano ne prevede la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, indicato nella relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d) . Se il credito tributario o contributivo è assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono essere inferiori o meno vantaggiosi rispetto a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica e interessi economici omogenei a quelli delle agenzie e degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie; se il credito tributario o contributivo ha natura chirografaria, il trattamento non può essere differenziato rispetto a quello degli altri creditori chirografari ovvero, nel caso di suddivisione in classi, dei creditori rispetto ai quali è previsto un trattamento più favorevole. Nel caso in cui sia proposto il pagamento parziale di un credito tributario o contributivo privilegiato, la quota di credito degradata al chirografo deve essere inserita in un’apposita classe.

2. Ai fi ni della proposta di accordo sui crediti di natura fiscale, copia della domanda e della relativa documentazione, contestualmente al deposito presso il tribunale, deve essere presentata al competente agente della riscossione e all’ufficio competente sulla base dell’ultimo domicilio fi scale del debitore, unitamente alla copia delle dichiarazioni fi scali per le quali non è pervenuto l’esito dei controlli automatici nonché delle dichiarazioni integrative relative al periodo fi no alla data di presentazione della domanda. L’agente della riscossione, non oltre trenta giorni dalla data della presentazione, deve trasmettere al debitore una certificazione attestante l’entità del debito iscritto a ruolo scaduto o sospeso. L’ufficio, nello stesso termine, deve procedere alla liquidazione dei tributi risultanti dalle dichiarazioni e alla notifica dei relativi avvisi di irregolarità, unitamente a una certificazione attestante l’entità del debito derivante da atti di accertamento, ancorché non definitivi, per la parte non iscritta a ruolo, nonché dai ruoli vistati, ma non ancora consegnati all’agente della riscossione. Dopo l’emissione del decreto di cui all’articolo 163, copia dell’avviso di irregolarità e delle certificazioni deve essere trasmessa al commissario giudiziale per gli adempimenti previsti dagli articoli 171, primo comma, e 172. In particolare, per i tributi amministrati dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli, l’ufficio competente a ricevere copia della domanda con la relativa documentazione prevista al primo periodo, nonché a rilasciare la certificazione di cui al terzo periodo, si identifica con l’ufficio che ha notificato al debitore gli atti di accertamento.

3. Relativamente al credito tributario complessivo, il voto sulla proposta concordataria è espresso dall’ufficio, previo parere conforme della competente direzione regionale, in sede di adunanza dei creditori, ovvero nei modi previsti dall’articolo 178, quarto comma. 

4. Il voto è espresso dall’agente della riscossione limitatamente agli oneri di riscossione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.

5. Il debitore può effettuare la proposta di cui al comma 1 anche nell’ambito delle trattative che precedono la stipulazione dell’accordo di ristrutturazione di cui all’articolo 182 -bis . In tali casi l’attestazione di cui al citato articolo 182 -bis , primo comma, relativamente ai crediti fi scali deve inerire anche alla convenienza del trattamento proposto rispetto alle alternative concretamente praticabili; tale punto costituisce oggetto di specifica valutazione da parte del tribunale. La proposta di transazione fi scale, unitamente alla documentazione di cui all’articolo 161, è depositata presso gli uffici indicati al comma 2 del presente articolo. Alla proposta di transazione deve altresì essere allegata la dichiarazione sostitutiva, resa dal debitore o dal suo legale rappresentante ai sensi dell’articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che la documentazione di cui al periodo precedente rappresenta fedelmente e integralmente la situazione dell’impresa, con particolare riguardo alle poste attive del patrimonio. L’adesione alla proposta è espressa, su parere conforme della competente direzione regionale, con la sottoscrizione dell’atto negoziale da parte del direttore dell’ufficio. L’atto è sottoscritto anche dall’agente della riscossione in ordine al trattamento degli oneri di riscossione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112. L’assenso così espresso equivale a sottoscrizione dell’accordo di ristrutturazione.

6. La transazione fi scale conclusa nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione di cui all’articolo 182 -bis è risolta di diritto se il debitore non esegue integralmente, entro novanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti alle Agenzie fi scali e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie».


 

 

Il comma 81 modifica la disciplina della transazione fiscale in caso di fallimento, concordato preventivo, amministrazione controllata e liquidazione coatta amministrativa sostituendo integralmente l’articolo 182-ter del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

 

Il comma 81 sostituisce l’articolo 182-ter del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

Il nuovo articolo de quo (Trattamento dei crediti tributari e contributivi) dispone quanto segue.

Il comma 1 stabilisce che con il piano di cui all’articolo 160 il debitore, esclusivamente mediante proposta presentata ai sensi del presente articolo, può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle Agenzie fiscali, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e dei relativi accessori, se il piano ne prevede la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d). Se il credito tributario o contributivo è assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono essere inferiori o meno vantaggiosi rispetto a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica e interessi economici omogenei a quelli delle agenzie e degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie; se il credito tributario o contributivo ha natura chirografaria, il trattamento non può essere differenziato rispetto a quello degli altri creditori chirografari ovvero, nel caso di suddivisione in classi, dei creditori rispetto ai quali è previsto un trattamento più favorevole. Nel caso in cui sia proposto il pagamento parziale di un credito tributario o contributivo privilegiato, la quota di credito degradata al chirografo deve essere inserita in un’apposita classe.

Il comma, di fatto, apporta tre modificazioni al comma attualmente vigente. La prima è che la proposta di transazione fiscale sia subordinata al fatto che il piano preveda la soddisfazione dei crediti tributari e contributivi in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione di un professionista. La seconda è l'eliminazione del limite rappresentato dalla possibilità di procedere alla transazione limitatamente alla quota di debito avente natura chirografaria anche se non iscritti a ruolo, ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell'Unione europea. Infine, viene consentita, con riguardo all'imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, non più soltanto la proposta di dilazione del pagamento, ma anche quella di un pagamento parziale.

Il comma 2 dispone che, ai fini della proposta di accordo sui crediti di natura fiscale, copia della domanda e della relativa documentazione, contestualmente al deposito presso il tribunale, deve essere presentata al competente agente della riscossione e all’ufficio competente sulla base dell’ultimo domicilio fiscale del debitore, unitamente alla copia delle dichiarazioni fiscali per le quali non è pervenuto l’esito dei controlli automatici nonché delle dichiarazioni integrative relative al periodo fino alla data di presentazione della domanda. L’agente della riscossione, non oltre trenta giorni dalla data della presentazione, deve trasmettere al debitore una certificazione attestante l’entità del debito iscritto a ruolo scaduto o sospeso. L’ufficio, nello stesso termine, deve procedere alla liquidazione dei tributi risultanti dalle dichiarazioni e alla notifica dei relativi avvisi di irregolarità, unitamente a una certificazione attestante l’entità del debito derivante da atti di accertamento ancorché non definitivi, per la parte non iscritta a ruolo, nonché dai ruoli vistati, ma non ancora consegnati all’agente della riscossione. Dopo l’emissione del decreto di cui all’articolo 163, copia dell’avviso di irregolarità e delle certificazioni deve essere trasmessa al commissario giudiziale per gli adempimenti previsti dall’articolo 171, primo comma, e dall’articolo 172. In particolare, per i tributi amministrati dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli, l’ufficio competente a ricevere copia della domanda con la relativa documentazione prevista al primo periodo, nonché a rilasciare la certificazione di cui al terzo periodo, si identifica con l’ufficio che ha notificato al debitore gli atti di accertamento.

Il presente comma di fatto conferma la normativa vigente.

Il comma 3 stabilisce che, relativamente al credito tributario complessivo, il voto sulla proposta concordataria è espresso dall’ufficio, previo parere conforme della competente direzione regionale, in sede di adunanza dei creditori, ovvero nei modi previsti dall’articolo 178, quarto comma.

La pre-vigente versione del comma prevedeva che tale disposizione, nella sostanza di identico tenore rispetto a quella proposta, non sia  riferita al credito tributario complessivo, bensì soltanto ai tributi non iscritti a ruolo, o non ancora consegnati  al concessionario del servizio nazionale della riscossione alla data di presentazione della domanda. La modifica apportata al comma 3,  tuttavia, è nella sostanza neutralizzata dalla diversa portata del nuovo comma 4.

Il comma 4 prevede che il voto è espresso dall’agente della riscossione limitatamente agli oneri di riscossione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.

Il pre-vigente comma 4, invece, prevedeva che il voto in questione, previo parere conforme della competente direzione generale, riguardasse i tributi iscritti a ruolo e già consegnati al concessionario del servizio nazionale della riscossione alla data di presentazione della domanda .

Il comma 5 consente al debitore di effettuare la proposta di cui al comma 1 anche nell’ambito delle trattative che precedono la stipulazione dell’accordo di ristrutturazione di cui all’articolo 182-bis. In tali casi l’attestazione di cui al citato articolo 182-bis, primo comma, relativamente ai crediti fiscali deve inerire anche alla convenienza del trattamento proposto rispetto alle alternative concretamente praticabili e tale punto costituisce oggetto di specifica valutazione da parte del tribunale. La proposta di transazione fiscale, unitamente alla documentazione di cui all’articolo 161, è depositata presso gli uffici indicati al comma 2 del presente articolo. Alla proposta di transazione deve altresì essere allegata la dichiarazione sostitutiva, resa dal debitore o dal suo legale rappresentante ai sensi dell’articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che la documentazione di cui al periodo precedente rappresenta fedelmente e integralmente la situazione dell’impresa, con particolare riguardo alle poste attive del patrimonio. L’adesione alla proposta è espressa, su parere conforme della competente direzione regionale, con la sottoscrizione dell’atto negoziale da parte del direttore dell’ufficio. L’atto è sottoscritto anche dall’agente della riscossione in ordine al trattamento degli oneri di riscossione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112. L’assenso così espresso equivale a sottoscrizione dell’accordo di ristrutturazione.

Il presente comma si distingue dalla vigente versione per due profili sostanziali. Il primo è che viene inserita una previsione che espressamente impone che le attestazioni da sottoporre a valutazione da parte del tribunale ineriscano anche alla convenienza del trattamento proposto rispetto alle alternative concretamente praticabili. Il secondo è l'eliminazione di una differenziazione fra i tributi non iscritti a ruolo o non ancora consegnati al concessionario della riscossione, da un lato, e quelli iscritti a ruolo e già consegnati al concessionario della riscossione, dall'altro, relativamente alla disciplina in materia di assenso alla proposta di transazione. 

Si osserva poi che il nuovo articolo 182-ter non contiene più la disposizione che riconnette alla chiusura della procedura di concordato ai sensi dell'articolo 181 del Regio decreto n. 267 del 1942 la cessazione della materia del contendere nelle liti aventi ad oggetto i tributi di cui al primo comma.

Il comma 6 dispone la risoluzione di diritto della transazione fiscale conclusa nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione di cui all’articolo 182-bis se il debitore non esegue integralmente, entro novanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti alle Agenzie fiscali e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie.

Il comma riproduce in sostanza la norma pre-vigente.


 

Articolo 1, commi 82 e 83
(Investimenti in start up da parte dell'INAIL)

 


82. Per le proprie finalità, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), previa adozione di un apposito regolamento di disciplina, da sottoporre all’approvazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell’economia e delle finanze, può sottoscrivere quote di fondi comuni di investimento di tipo chiuso dedicati all’attivazione di start-up innovative, di cui al decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, ovvero costituire e partecipare a start-up di tipo societario finalizzate all’utilizzazione industriale dei risultati della ricerca, anche con soggetti pubblici e privati, italiani e stranieri, operanti nei settori funzionali al raggiungimento del proprio scopo, aventi quale oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi di alto valore tecnologico, anche rivolte alla realizzazione di progetti in settori tecnologici altamente strategici, previa autorizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze.

83. Per lo svolgimento delle attività di cui al comma 82, l’INAIL opera nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. 


 

 

I commi 82 e 83 prevedono forme di investimento da parte dell'INAIL in favore del settore delle imprese start up innovative.

 

In particolare, si prevede che l'INAIL, previa adozione di un apposito regolamento, da sottoporre all’approvazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell'economia e delle finanze, possa sottoscrivere quote di fondi comuni di investimento di tipo chiuso[23], dedicati all’attivazione di start up innovative (come disciplinate dagli artt. da 25 a 32 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, e successive modificazioni), ovvero costituire e partecipare - anche con soggetti pubblici e privati, italiani e stranieri - a start up di tipo societario, intese all’utilizzazione industriale dei risultati della ricerca ed aventi quale oggetto sociale, esclusivo o prevalente, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi di alto valore tecnologico, anche rivolte alla realizzazione di progetti in settori tecnologici altamente strategici. I singoli atti di sottoscrizione di quote dei fondi suddetti o di costituzione e partecipazione alle società summenzionate sono subordinati ad autorizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze.

Per lo svolgimento delle attività in esame, l'INAIL opera nell'àmbito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.


 

Articolo 1, comma 84
(Rimodulazione investimenti enti di previdenza
in fondi immobiliari pubblici)

 


84. Al fi ne di favorire l’efficiente utilizzo delle risorse previste dal comma 3 dell’articolo 33 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, le percentuali destinate alla sottoscrizione delle quote dei fondi di cui al comma 82 del presente articolo e di quelli di cui ai commi 8 -ter e 8 -quater del citato articolo 33, fermo restando il complessivo limite del 40 per cento, possono essere rimodulate, tenuto conto delle esigenze di finanziamento dei diversi fondi, su proposta della società di gestione del risparmio ivi prevista.


 

 

Il comma 84 consente di rimodulare, fermo restando il limite complessivo del quaranta per cento fissato dalla legge, la percentuale delle risorse degli enti di previdenza che possono essere destinate alla sottoscrizione di fondi immobiliari.

 

In particolare la norma fa riferimento ai seguenti fondi:

§  fondi comuni di investimento di tipo chiuso dedicati all'attivazione di start-up innovative, previsti dal comma 82;

§  fondi comuni d'investimento immobiliare, a cui trasferire o conferire immobili di proprietà dello Stato non utilizzati per finalità istituzionali (art. 33, comma 8-ter, del D.L. n. 98 del 2011);

§  fondi comuni di investimento immobiliare a cui trasferire o conferire immobili di proprietà dello Stato non più utilizzati dal Ministero della difesa per finalità istituzionali e suscettibili di valorizzazione (art. 33, comma 8-quater, del D.L. n. 98 del 2011).

La rimodulazione deve tener conto delle esigenze di finanziamento dei diversi fondi, su proposta della società di gestione del risparmio (Invimit SGR). La norma è finalizzata a favorire l'efficiente utilizzo delle risorse previste dal comma 3 dell'articolo 33 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98.

Il citato comma 3, dopo aver previsto che l’investimento nei fondi di investimento immobiliare di seguito descritti è compatibile con le vigenti disposizioni in materia di copertura delle riserve tecniche delle compagnie di assicurazione, stabilisce la ripartizione della quota del piano di impiego dei fondi disponibili da parte degli enti pubblici previdenziali da destinare agli investimenti immobiliari (che ai sensi dell’articolo 65 della legge n. 153 del 1969 non può superare il 40 per cento) tra i fondi di fondi e i fondi diretti (venti per cento tra i due tipi di fondi). Si prevede inoltre che la Cassa depositi e prestiti può partecipare ai suddetti fondi.

L’articolo 33 del D.L. n. 98 del 2011 disciplina la creazione di un sistema integrato di fondi immobiliari, con l’obiettivo di accrescere l’efficienza dei processi di sviluppo e di valorizzazione dei patrimoni immobiliari di proprietà degli enti territoriali, di altri enti pubblici e delle società interamente partecipate dai predetti enti. Il D.L. n. 95 del 2012 ha introdotto ulteriori modalità operative della società di gestione del risparmio, prevedendo la costituzione di altre tipologie di fondi immobiliari, con l'obiettivo esplicito di conseguire la riduzione del debito pubblico.

Nel marzo 2013 è stata istituita la InvImIt SGR (Investimenti Immobiliari Italiani Società di Gestione del Risparmio società per azioni) con il compito di istituire fondi che partecipano a quelli immobiliari costituiti da enti territoriali, anche tramite società interamente partecipate, a cui conferire immobili oggetto di progetti di valorizzazione (“fondi di fondi”) (art. 33, comma 1). Al fine di conseguire la riduzione del debito pubblico la Invimit SGR può istituire anche fondi a gestione diretta di asset pubblici, di enti territoriali e previdenziali (“fondi diretti”) (art. 33, comma 8-ter). Sono previsti, infine, fondi comuni di investimento immobiliare a cui conferire gli immobili di proprietà dello Stato non più utilizzati dal Ministero della difesa per finalità istituzionali e suscettibili di valorizzazione (cd. “fondi difesa” ) (art. 33, comma 8-quater).

Nel corso del 2014 Invimit ha istituito un fondo di fondi ("i3-Core" suddiviso in due comparti: uno denominato "Territorio" e l'altro denominato "Stato") e quattro fondi a gestione diretta ("i3-Inail", "i3-Inps", "i3-Regione Lazio", "i3-Università") il cui perimetro complessivo è di oltre un miliardo di euro in termini di portafoglio immobiliare. Il fondo “i3-Core” ad oggi è sottoscritto dall’INAIL.

Alla fine del 2015 Invimit  ha istituito il Fondo i3 Stato/Difesa grazie all'apporto di un portafoglio immobiliare composto dalle ex caserme di Piazza d'Armi e Magazzini di Baggio a Milano, Palazzo Rinaldi e Caserma Romagnoli a Padova e la Caserma Saluzzo a Torino, conferiti con il D.M. 13 maggio 2016. Il Fondo i3-Stato Difesa è un fondo immobiliare di tipo chiuso, riservato, con un ammontare target di 500 milioni e che prevede il collocamento di quote unitarie di 50mila euro la cui sottoscrizione potrà avvenire entro 24 mesi dall'istituzione del Fondo.

Nel novembre 2015 è stato istituito il fondo i3 Sviluppo Italia, un fondo comune di investimento immobiliare di tipo chiuso multicomparto, riservato ad investitori qualificati. Il Fondo è costituito da due comparti, 8-ter e 8-quater. Il Comparto 8-ter ha un ammontare target di €500 milioni e una durata massima di 20 anni. Scopo del Comparto è l'investimento ed il reinvestimento del patrimonio dello stesso in immobili di proprietà dello Stato e di Enti Territoriali non più utilizzati per finalità istituzionali, nonché di diritti reali immobiliari. Il Comparto 8-quater ha un ammontare target di €500 milioni e una durata massima di 20 anni. Scopo del Comparto è l'investimento ed il reinvestimento del patrimonio dello stesso in immobili di proprietà dello Stato non più utilizzati dal Ministero della Difesa per finalità istituzionali, nonché di diritti reali immobiliari.

Articolo 1, comma 85
(Destinazione risorse INAIL all'edilizia scolastica)

 


85. L’INAIL, nell’ambito degli investimenti immobiliari previsti dal piano di impiego dei fondi disponibili di cui all’articolo 65 della legge 30 aprile 1969, n. 153, destina 100 milioni di euro per la realizzazione di nuove strutture scolastiche. Le regioni dichiarano la propria disponibilità ad aderire all’operazione per la costruzione di nuove strutture scolastiche, facendosi carico del canone di locazione, comunicandola formalmente alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Struttura di missione per il coordinamento e impulso nell’attuazione di interventi di riqualificazione dell’edilizia scolastica, entro il termine perentorio del 20 gennaio 2017, secondo modalità individuate e pubblicate nel sito internet istituzionale della medesima Struttura. Successivamente alla ricezione delle dichiarazioni di disponibilità delle regioni, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono individuate le regioni ammesse alla ripartizione, sono assegnate le risorse disponibili e sono stabiliti i criteri di selezione dei progetti.


 

 

Il comma 85 prevede che l'INAIL destini, nell'ambito del proprio piano di investimenti immobiliari, 100 milioni di euro per la realizzazione di nuove strutture scolastiche 

 

Il comma 85 dispone che l’INAIL, nell’ambito degli investimenti immobiliari previsti dal piano di impiego dei fondi disponibili di cui all’articolo 65 della legge 30 aprile 1969, n. 153[24], destina 100 milioni di euro per la realizzazione di nuove strutture scolastiche. Le regioni dichiarano la propria disponibilità ad aderire all’operazione per la costruzione di nuove strutture scolastiche, facendosi carico del canone di locazione, comunicandola formalmente alla Presidenza del Consiglio dei ministri-Struttura di missione per il coordinamento e impulso nell’attuazione di interventi di riqualificazione dell’edilizia scolastica, entro il termine perentorio del 20 gennaio 2017, secondo modalità individuate e pubblicate nel sito internet istituzionale della medesima Struttura. Successivamente alla ricezione delle dichiarazioni di disponibilità delle regioni, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, d’intesa con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono individuate le regioni ammesse alla ripartizione, sono assegnate le risorse disponibili e sono stabiliti i criteri di selezione dei progetti.

 

L'articolo 65 della citata legge n. 153 del 1969 prevede che gli enti pubblici e le persone giuridiche private, comunque denominate, i quali gestiscono forme di previdenza e di assistenza sociale sono tenuti a compilare annualmente il piano di impiego dei fondi disponibili. Per fondi disponibili si intendono le somme eccedenti la normale liquidità di gestione. La percentuale da destinare agli investimenti immobiliari non può superare, comunque, il 40 per cento di tali somme e non può essere inferiore al 20 per cento di esse. La quota di 100 milioni di euro indicata dalla norma in esame, pertanto, deve essere individuata all'interno del range compreso fra il 20 e il 40 per cento dei fondi disponibili, nell'accezione appena descritta.

 

La Struttura di missione per il coordinamento e impulso nell’attuazione di interventi di riqualificazione dell’edilizia scolastica, disciplinata dal D.P.C.M. 27 maggio 2014, svolge le sue funzioni rispetto alle strutture competenti all’interno dei Ministeri deputati alla gestione degli interventi di riqualificazione dell’edilizia scolastica (principali: Ministero Istruzione, Università e ricerca, Ministero Infrastrutture e trasporti, Dipartimento Protezione Civile, Dipartimento politiche di coesione economica). In particolare esse sono:

1.   impulso all’implementazione dell’anagrafe dell’edilizia scolastica e monitoraggio dello stato di avanzamento dei dati;

2.   ricognizione e individuazione delle fonti di finanziamento e degli interventi finanziati in materia di edilizia scolastica e monitoraggio dello stato di attuazione di questi ultimi;

3.   individuazione delle problematiche connesse alla mancata attuazione degli interventi finanziati e formulazione di proposte di soluzione;

4.   accertamenti e verifiche sull’utilizzo dei fondi, avvalendosi del Nucleo tecnico di valutazione e verifica degli investimenti pubblici, anche proponendo di definanziare o riprogrammare le risorse assegnate;

5.   supporto tecnico e amministrativo agli Enti attuatori predisponendo, laddove utile, modelli personalizzati per il territorio;

6.   individuazione di procedure speciali per la rapida attuazione degli interventi ed elaborazione delle relative proposte normative anche per favorire la progettualità sostenibile nell’edilizia scolastica;

7.   individuazione di nuovi interventi con fondi disponibili e programmabili.


 

Articolo 1, commi 86 e 87
(Copertura assicurativa dei soggetti impegnati
in lavori di pubblica utilità)

 


86. All’articolo 1, comma 312, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, dopo le parole: «legge 26 luglio 1975, n. 354,» sono inserite le seguenti: «dei soggetti impegnati in lavori di pubblica utilità ai sensi dell’articolo 186, comma 9 -bis , e dell’articolo 187, comma 8 -bis , del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, dell’articolo 73, comma 5 -bis , del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e dell’articolo 168 -bis del codice penale».

87. Per le finalità di cui al comma 86 del presente articolo, il Fondo di cui all’articolo 1, comma 312, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è integrato di euro 3 milioni per l’anno 2017.


 

 

I commi 86 e 87 ricomprendono nella platea dei destinatari della copertura assicurativa INAIL prevista per i volontari impegnati in progetti di utilità sociale anche i soggetti impegnati in lavori di pubblica utilità.

 

Il comma 86 dell'articolo 1 modifica il comma 312 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016), inserendo fra i beneficiari del Fondo sperimentale, istituito presso il Ministero del lavoro per gli anni 2016-2017 e finalizzato a reintegrare l’INAIL degli obblighi di copertura assicurativa di malattie e infortuni, anche i soggetti impegnati in lavori di pubblica utilità in quanto:

 

§  condannati per guida in stato di ebbrezza o sotto effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 186, co. 9-bis  e art. 187, co. 8-bis del Codice della Strada -D.Lgs. n. 285 del 1992-);

 

§  tossicodipendenti condannati per un reato di lieve entità in materia di produzione, traffico, detenzione di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 73, co. 5-bis TU stupefacenti- D.P.R. n. 309 del 1990);

è opportuno ricordare che il comma 5-ter del medesimo articolo del TU stupefacenti, introdotto dal d.l. n. 78 del 2013(conv. l. 94 del 2013), estende la possibilità per il giudice di applicare, in caso di condanna, in luogo della pena detentiva e pecuniaria, la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità anche ai casi in cui il tossicodipendente o assuntore di droga abbia commesso un fatto, anche non di lieve entità, per il quale sia stato condannato ad una pena detentiva non superiore ad un anno;

 

§  imputati messi alla prova (art. 168-bis c.p.).

 

La legge n. 67 del 2014, riproponendo almeno in parte, i contenuti dell'istituto della messa alla prova previsto in ambito minorile (artt. 28 e 29 D.P.R. 448/1988) ha introdotto una puntuale disciplina della sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato maggiorenne. Tale istituto è regolato per i suoi profili sostanziali nel codice penale agli artt. 168bis, 168ter, 168quater, art. 657bis c.p.; la disciplina processuale è prevista agli artt. 464bis, art. 464novies c.p.p. e agli art. 141bis e 141ter disp. att. c.p.p.. La nuova causa di estinzione del reato è applicabile, secondo quanto stabilito dall'art. 168-bis, comma 1, c.p., ai "reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché per i delitti indicati dal comma 2 dell'articolo 550 del codice di procedura penale"  Ai sensi del comma 3 dell'art. 168-bis c.p., tra le condizioni cui è subordinata la concessione della sospensione del procedimento vi è anche la prestazione di lavoro di pubblica utilità, che la disposizione descrive come "una prestazione non retribuita, affidata tenendo conto anche delle specifiche professionalità ed attitudini lavorative dell'imputato, di durata non inferiore a dieci giorni, anche non continuativi, in favore della collettività, da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le aziende sanitarie o presso enti o organizzazioni, anche internazionali, che operano in Italia, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato"; aggiungendo inoltre che essa "è svolta con modalità che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute dell'imputato e la sua durata giornaliera non può superare le otto ore". In attuazione di quanto previsto dall'art. 8 della citata legge n. 67/2014 il Ministro della Giustizia ha adottato il DM 8 giugno 2015, n. 88, il quale disciplina le convenzioni che lo stesso Ministero (o, su delega di quest'ultimo, il presidente del tribunale), può stipulare con gli enti o le organizzazioni di cui al terzo comma dell'art. 168-bis del codice penale.

 

Per tali finalità il Fondo è integrato di 3 milioni di euro per il 2017 (comma 87).

 

L'art. 12 del decreto legge n. 90 del 2014, (conv. L. 114/2014), ha istituito, in via sperimentale per il biennio 2014 e 2015, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un Fondo finalizzato a reintegrare l'INAIL dei costi legati agli obblighi assicurativi contro le malattie e gli infortuni per i beneficiari di ammortizzatori e di altre forme di integrazione e sostegno del reddito. Successivamente l’art. 1, co. 312- 316, della legge 28 dicembre 2015, n. 208[25], nel riproporre, per gli anni 2016 e 2017, il medesimo meccanismo di finanziamento, (nei limiti di uno stanziamento pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni), ha ampliato l'ambito soggettivo di applicazione della copertura assicurativa ricomprendendovi anche i detenuti e gli internati impegnati nelle attività volontarie e gratuite; nonché gli stranieri richiedenti asilo, in possesso del relativo permesso di soggiorno, che consente di svolgere attività lavorativa, trascorsi sessanta giorni dalla presentazione della domanda, se il procedimento di esame della domanda non è concluso e il ritardo non può essere attribuito al richiedente.

 

Il lavoro di pubblica utilità è una sanzione penale consistente nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti e organizzazioni di assistenza sociale o volontariato. La prestazione di lavoro, ai sensi del DM 26 marzo 2001, viene svolta a favore di persone affette da HIV, portatori di handicap, malati, anziani, minori, ex detenuti o extracomunitari; oppure nel settore della protezione civile, della tutela del patrimonio pubblico e ambientale o in altre attività pertinenti alla specifica professionalità del condannato.

Tale sanzione, inizialmente, prevista nei soli procedimenti di competenza del giudice di pace, ai sensi dell’art. 54 del d.lgs. n. 274 del 2000, trova a legislazione vigente applicazione anche:

§  nei casi di violazione del Codice della strada, previsti all’art. 186 comma 9-bis e art. 187 comma 8-bis del D.Lgs. n.85 del 1992;

§  nei casi di violazione della legge sugli stupefacenti, ai sensi dell’art. 73 comma 5 bis del D.P.R. n. 309 del 1990;

§  come obbligo dell’imputato in stato di sospensione del processo e messa alla prova, ai sensi dell’art. 168-bis  c.p., introdotto dalla legge n. 67 del 2014 (vedi supra);

§  come obbligo del condannato ammesso alla sospensione condizionale della pena, ai sensi dell’art. 165 c.p.


 

Articolo 1, commi 88-99
(Agevolazioni per investimenti a lungo termine)

 


88. Gli enti di previdenza obbligatoria di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, possono destinare somme, fi no al 5 per cento dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente, agli investimenti qualificati indicati al comma 89 del presente articolo.

89. Le somme indicate al comma 88 devono essere investite in:

a) azioni o quote di imprese residenti nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo con stabile organizzazione nel territorio medesimo; 

b) in quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio residenti nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo, che investono prevalentemente negli strumenti finanziari di cui alla lettera a) .

90. I redditi, diversi da quelli relativi a partecipazioni qualificate di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c) , del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, generati dagli investimenti qualificati indicati al comma 89 del presente articolo, sono esenti ai fi ni dell’imposta sul reddito.

91. Gli strumenti finanziari oggetto di investimento qualificato ai sensi del comma 88 devono essere detenuti per almeno cinque anni. In caso di cessione degli strumenti finanziari oggetto di investimento agevolato prima dei cinque anni, i redditi realizzati attraverso la cessione e quelli percepiti durante il periodo minimo di investimento sono soggetti a imposizione secondo le regole ordinarie, unitamente agli interessi, senza applicazione di sanzioni, e il relativo versamento deve essere effettuato dai soggetti di cui al comma 88 entro il giorno 16 del secondo mese successivo alla cessione. In caso di rimborso o di scadenza dei titoli oggetto di investimento prima dei cinque anni, le somme conseguite devono essere reinvestite negli strumenti finanziari di cui al comma 89 entro novanta giorni.

92. Le forme di previdenza complementare di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, possono destinare somme, fi no al 5 per cento dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente, agli investimenti qualificati indicati al comma 89 del presente articolo.

93. Gli strumenti finanziari oggetto di investimento qualificato ai sensi del comma 92 devono essere detenuti per almeno cinque anni.

94. I redditi, diversi da quelli relativi a partecipazioni qualificate di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c) , del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, derivanti dagli investimenti di cui al comma 92 del presente articolo sono esenti ai fi ni dell’imposta sul reddito e pertanto non concorrono alla formazione della base imponibile dell’imposta prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252. Ai fi ni della formazione delle prestazioni pensionistiche erogate dalle forme di previdenza complementare i redditi derivanti dagli investimenti di cui al comma 92 del presente articolo incrementano la parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta. In caso di cessione degli strumenti finanziari oggetto di investimento prima dei cinque anni, i redditi realizzati attraverso la cessione e quelli che non hanno concorso alla formazione della predetta base imponibile ai sensi del primo periodo durante il periodo minimo di investimento, sono soggetti a imposta sostitutiva delle imposte sui redditi con aliquota pari a quella di cui al citato articolo 17 del decreto legislativo n. 252 del 2005, senza applicazione di sanzioni, e il relativo versamento,  unitamente agli interessi, deve essere effettuato dai soggetti di cui al comma 8 del medesimo articolo 17 entro il giorno 16 del secondo mese successivo alla cessione. In caso di rimborso o di scadenza degli strumenti finanziari oggetto di investimento prima del quinquennio, il controvalore conseguito deve essere reinvestito negli strumenti finanziari di cui al comma 89 del presente articolo entro novanta giorni dal rimborso.

95. La ritenuta di cui all’articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e l’imposta sostitutiva di cui all’articolo 27 -ter del medesimo decreto non si applicano agli utili corrisposti ai soggetti indicati al secondo periodo del comma 3 del citato articolo 27 derivanti dagli investimenti qualificati di cui al comma 89 del presente articolo fi no al 5 per cento dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente nel rispetto della condizione di cui al comma 93 del presente articolo. Ai fi ni dell’applicazione delle disposizioni di cui al primo periodo, il soggetto non residente beneficiario effettivo degli utili deve produrre una dichiarazione dalla quale risultino i dati identificativi del soggetto medesimo e la sussistenza di tutte le condizioni alle quali è subordinata l’agevolazione di cui ai commi da 88 a 114 del presente articolo, nonché l’impegno a detenere gli strumenti finanziari oggetto dell’investimento qualificato per il periodo di tempo richiesto dalla legge. Il predetto soggetto non residente deve fornire, altresì, copia dei prospetti contabili che consentano di verificare l’osservanza delle predette condizioni. I soggetti indicati agli articoli 27 e 27 -ter del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 che corrispondono utili ai soggetti non residenti di cui al medesimo articolo 27, comma 3, secondo periodo, sono obbligati a comunicare annualmente all’amministrazione finanziaria i dati relativi alle operazioni compiute nell’anno precedente.

96. All’articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, i commi da 91 a 94 sono abrogati.

97. All’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, è aggiunto, in fi ne, il seguente periodo: «Ai fi ni dei provvedimenti di cui ai periodi precedenti la Commissione parlamentare di controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale segnala ai Ministeri vigilanti le situazioni di disavanzo economico-finanziario di cui è venuta a conoscenza nell’esercizio delle proprie funzioni di controllo dei bilanci di tali enti ai sensi dell’articolo 56 della legge 9 marzo 1989, n. 88».

98. All’articolo 6, comma 1, lettera c) , del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, dopo le parole: «per ogni frazione inferiore a mille» sono inserite le seguenti: «e nel massimo di cinquanta unità».

99. All’articolo 17 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, dopo il comma 9 è aggiunto il seguente:

«9 -bis . Le operazioni di costituzione, trasformazione, scorporo e concentrazione tra fondi pensione sono soggette alle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro per ciascuna di esse».


I commi 88-99 prevedono la detassazione per i redditi derivanti dagli investimenti a lungo termine (almeno 5 anni) nel capitale delle imprese effettuati dalle casse previdenziali o da fondi pensione nel limite del 5 per cento dei loro asset. Contestualmente è soppressa per gli stessi soggetti la disciplina del credito d’imposta per gli investimenti infrastrutturali.

Le operazioni di costituzione, trasformazione, scorporo e concentrazione tra fondi pensione sono assoggettate alle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro.

 

I commi 88 e 89 consentono agli enti di previdenza obbligatoria (Casse di previdenza private) di effettuare investimenti, fino al 5 per cento del loro attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente, in:

a)   azioni o quote di imprese residenti fiscalmente in Italia, nella UE o nello Spazio economico europeo;

b)  azioni o quote di OICR (organismi di investimento collettivo del risparmio: ovvero Fondi comuni di investimento, Società di investimento a capitale variabile - Sicav, Società di investimento a capitale fisso - Sicaf, Fondi di investimento alternativi - FIA) residenti fiscalmente in Italia, nella UE o nello Spazio economico europeo che investono prevalentemente negli strumenti finanziati indicati dalla lettera a).

 

Il comma 90 stabilisce che i redditi generati dai suddetti investimenti sono esenti da imposizione, sempre che non si tratti di plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate (ovvero quelle che rappresentano una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni – articolo 67, comma 1, lett. c) del TUIR).

 

Il comma 91 prevede che gli strumenti finanziari oggetto di investimento qualificato ai sensi del comma 89 devono essere detenuti per almeno cinque anni. In caso di cessione prima dei cinque anni, i redditi realizzati attraverso la cessione e quelli percepiti durante il periodo minimo di investimento sono soggetti ad imposizione secondo le regole ordinarie, unitamente agli interessi, senza applicazione di sanzioni, ed il relativo versamento va effettuato entro il giorno 16 del secondo mese successivo alla cessione. In caso di rimborso o scadenza dei titoli oggetto di investimento prima dei cinque anni, le somme conseguite vanno reinvestite negli strumenti finanziari citati entro 90 giorni.

 

Il comma 92 consente alle forme di previdenza complementare (fondi pensione) di destinare somme, fino al 5 per cento dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente, negli investimenti qualificati indicati. Gli strumenti finanziari oggetto di investimento qualificato devono essere detenuti per almeno cinque anni (comma 93).

 

Il comma 94 prevede che i redditi generati dai suddetti investimenti sono esenti e pertanto non sono soggetti all’imposta sostitutiva del 20 per cento (prevista dall’articolo 17 del D.Lgs. n. 252 del 2005) sempre che non si tratti di plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate. Ai fini della formazione delle prestazioni pensionistiche erogate dai fondi pensione, i redditi derivanti dai predetti investimenti incrementano la parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta. In caso di cessione degli strumenti finanziari oggetto di investimento prima dei cinque anni i redditi realizzati attraverso la cessione e quelli che non hanno concorso alla formazione della predetta base imponibile ai sensi del periodo precedente durante il periodo minimo di investimento, sono soggetti ad imposta sostitutiva del 20 per cento, senza applicazione di sanzioni, ed il relativo versamento, unitamente agli interessi, va effettuato entro il giorno 16 del secondo mese successivo alla cessione. In caso di rimborso o scadenza degli strumenti finanziari oggetto di investimento prima del quinquennio, il controvalore conseguito deve essere reinvestito in strumenti finanziari individuati dal comma 89 entro 90 giorni dal rimborso.

 

Il comma 95 prevede che la ritenuta sui dividendi (articolo 27 del D.P.R. n. 600 del 1973) e l’imposta sostitutiva sugli utili derivanti da azioni in deposito accentrato preso la Monte Titoli S.p.A. (27-ter del D.P.R. n. 600 del 1973) non si applicano agli utili corrisposti ai fondi pensione istituiti negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo derivanti dagli investimenti qualificati di cui al comma 89 fino al 5 per cento dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente detenuti per cinque anni.

A tal fine il soggetto non residente beneficiario effettivo degli utili deve produrre una dichiarazione dalla quale risultino i dati identificativi del soggetto medesimo e la sussistenza di tutte le condizioni alle quali è subordinata l’agevolazione in esame, nonché l’impegno a detenere gli strumenti finanziari oggetto dell’investimento qualificato per il periodo di tempo richiesto dalla legge. Il predetto soggetto non residente deve fornire, altresì, copia dei prospetti contabili che consentano di verificare l’osservanza delle predette condizioni. I soggetti indicati ai predetti articoli 27 e 27-ter che corrispondono utili ai fondi pensione sono obbligati a comunicare annualmente all’Amministrazione finanziaria i dati relativi alle operazioni compiute nell’anno precedente.

 

Il comma 96 dispone la soppressione del credito d’imposta per le casse previdenziali e i fondi pensione per investimenti infrastrutturali, introdotto dalla legge di stabilità per il 2015 (articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, commi da 91 a 94).

 

La legge di stabilità per il 2015 ha introdotto, a decorrere dal 2015, due crediti d’imposta a favore degli enti di previdenza obbligatoria e dei fondi pensione, rispettivamente nella misura del 6 e del 9 per cento, a condizione che i proventi assoggettati alle ritenute e imposte sostitutive siano investiti in attività di carattere finanziario a medio o lungo termine individuate con apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze (legge n. 190 del 2014, articolo 1, commi 91-95).

Tali agevolazioni hanno inteso compensare l'incremento dell’aliquota impositiva sui redditi di natura finanziaria, dall'11,5 al 20 per cento per gli investimenti dei fondi pensione (commi 621 e 622) e dal 20 al 26 per le casse di previdenza private (D.L. n. 66 del 2014).

Il D.M. 19 giugno 2015 ha regolamentato le condizioni, i termini e le modalità di applicazione della medesima, individuando in particolare le tipologie di “attività di carattere finanziario a medio o lungo termine” per le quali è possibile beneficiare dell’agevolazione:

§  azioni o quote di società ed enti, residenti fiscalmente, in Italia o in uno degli Stati membri UE o in Stati aderenti all'accordo sullo spazio economico europeo, operanti prevalentemente nella elaborazione o realizzazione di progetti relativi a settori infrastrutturali turistici, culturali, ambientali, idrici, stradali, ferroviari, portuali, aeroportuali, sanitari, immobiliari pubblici non residenziali, delle telecomunicazioni, compresi quelle digitali, e della produzione e trasporto di energia;

§  azioni o quote di OICR di durata non inferiore ai cinque anni che investono prevalentemente in strumenti finanziari emessi da società non quotate nei mercati regolamentati che svolgono attività diverse da quella bancaria, finanziaria o assicurativa e in crediti a medio e lungo termine a favore di tali società, residenti, fiscalmente, in Italia o in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'accordo sullo spazio economico europeo.

Con risoluzione n. 92/E del 2016, l'Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti in merito ai criteri per l’individuazione degli investimenti che danno diritto ai crediti d’imposta previsti a favore degli enti di previdenza obbligatoria e delle forme di previdenza complementare.

 

Il comma 97 attribuisce alla Commissione parlamentare di controllo sulle attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale il compito di segnalare ai Ministeri vigilanti le situazioni di disavanzo economico-finanziario apprese nell'esercizio delle proprie funzioni di controllo dei bilanci degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza ed assistenza.

La segnalazione è effettuata ai fini della nomina da parte del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di un commissario straordinario, il quale adotta i provvedimenti necessari per il riequilibrio della gestione. A tal fine è modificato l'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, il quale prevede, inoltre, che sino al ristabilimento dell'equilibrio finanziario sono sospesi tutti i poteri degli organi di amministrazione delle associazioni e delle fondazioni.

 

Il comma 98 interviene sulla composizione dell’organo di indirizzo generale delle Casse previdenziali dei liberi professionisti, fissando un limite massimo di 50 membri elettivi, fermo restando il rapporto di uno ogni mille iscritti all'ente gestore.

 

Il comma 99 stabilisce che le operazioni di costituzione, trasformazione, scorporo e concentrazione tra fondi pensione sono soggette alle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro (nuovo comma 9-bis, dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 252 del 2005).


 

Articolo 1, commi 100-114
(Piani individuali di risparmio a lungo termine- PIR)

 


100. Non sono soggetti a imposizione i redditi di capitale di cui all’articolo 44 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, diversi da quelli relativi a partecipazioni qualificate e i redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lettere c -bis ), c -ter ), c -quater ) e c -quinquies ), del medesimo testo unico, conseguiti, al di fuori dell’esercizio di impresa commerciale, da persone fi siche residenti nel territorio dello Stato, derivanti dagli investimenti nei piani di risparmio a lungo termine, con l’esclusione di quelli che concorrono alla formazione del reddito complessivo imponibile. Ai fini del presente comma e dei commi da 101 a 113 del presente articolo si considerano qualificati le partecipazioni e i diritti o titoli di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 67 del citato testo unico, tenendo conto anche delle percentuali di partecipazione o di diritti di voto possedute dai familiari della persona fisica di cui al comma 5 dell’articolo 5 del medesimo testo unico e delle società o enti da loro direttamente o indirettamente controllati ai sensi dei numeri 1) e 2) del primo comma dell’articolo 2359 del codice civile.

101. Il piano di risparmio a lungo termine si costituisce con la destinazione di somme o valori per un importo non superiore, in ciascun anno solare, a 30.000 euro ed entro un limite complessivo non superiore a 150.000 euro, agli investimenti qualificati indicati al comma 90 del presente articolo, attraverso l’apertura di un rapporto di custodia o amministrazione o di gestione di portafogli o altro stabile rapporto con esercizio dell’opzione per l’applicazione del regime del risparmio amministrato di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, o di un contratto di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione, avvalendosi di intermediari abilitati o imprese di assicurazione residenti, ovvero non residenti operanti nel territorio dello Stato tramite stabile organizzazione o in regime di libera prestazione di servizi con nomina di un rappresentante fiscale in Italia scelto tra i predetti soggetti. Il rappresentante fi scale adempie negli stessi termini e con le stesse modalità previsti per i suindicati soggetti residenti. Il conferimento di valori nel piano di risparmio si considera cessione a titolo oneroso e l’intermediario applica l’imposta secondo le disposizioni del citato articolo 6 del decreto legislativo n. 461 del 1997.

102. In ciascun anno solare di durata del piano, per almeno i due terzi dell’anno stesso, le somme o i valori destinati nel piano di risparmio a lungo termine devono essere investiti per almeno il 70 per cento del valore complessivo in strumenti finanziari, anche non negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione, emessi o stipulati con imprese che svolgono attività diverse da quella immobiliare, residenti nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo con stabili organizzazioni nel territorio medesimo; la predetta quota del 70 per cento deve essere investita per almeno il 30 per cento del valore complessivo in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati. Ai fi ni dei commi da 100 a 113 del presente articolo si presume, senza possibilità di prova contraria, impresa che svolge attività immobiliare quella il cui patrimonio è prevalentemente costituito da beni immobili diversi da quelli alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta  l’attività di impresa, dagli impianti e dai fabbricati utilizzati direttamente nell’esercizio di impresa. Si considerano direttamente utilizzati nell’esercizio di impresa gli immobili concessi in locazione finanziaria e i terreni su cui l’impresa svolge l’attività agricola.

103. Le somme o i valori destinati nel piano non possono essere investiti per una quota superiore al 10 per cento del totale in strumenti finanziari di uno stesso emittente o stipulati con la stessa controparte o con altra società appartenente al medesimo gruppo dell’emittente o della controparte o in depositi e conti correnti.

104. Sono considerati investimenti qualificati anche le quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio residenti nel territorio dello Stato, ai sensi dell’articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo, che investono per almeno il 70 per cento dell’attivo in strumenti finanziari indicati al comma 102 del presente articolo nel rispetto delle condizioni di cui al comma 103.

105. Le somme o valori destinati nel piano non possono essere investiti in strumenti finanziari emessi o stipulati con soggetti residenti in Stati o territori diversi da quelli che consentono un adeguato scambio di informazioni.

106. Gli strumenti finanziari in cui è investito il piano devono essere detenuti per almeno cinque anni. In caso di cessione degli strumenti finanziari oggetto di investimento prima dei cinque anni, i redditi realizzati attraverso la cessione e quelli percepiti durante il periodo minimo di investimento del piano sono soggetti a imposizione secondo le regole ordinarie, unitamente agli interessi, senza applicazione di sanzioni, e il relativo versamento deve essere effettuato dai soggetti di cui al comma 101 entro il giorno 16 del secondo mese successivo alla cessione. I soggetti di cui al comma 101 recuperano le imposte dovute attraverso adeguati disinvestimenti o chiedendone la provvista al titolare. In caso di rimborso degli strumenti finanziari oggetto di investimento prima del quinquennio, il controvalore conseguito deve essere reinvestito in strumenti finanziari indicati ai commi 102 e 104 entro trenta giorni dal rimborso.

107. Il venire meno delle condizioni di cui ai commi 102, 103 e 104 comporta la decadenza dal beneficio fi - scale relativamente ai redditi degli strumenti finanziari detenuti nel piano stesso, diversi da quelli investiti nel medesimo piano nel rispetto delle suddette condizioni per il periodo di tempo indicato al comma 106, e l’obbligo di corrispondere le imposte non pagate, unitamente agli interessi, senza applicazione di sanzioni, secondo quanto previsto al comma 106.

108. Le ritenute alla fonte e le imposte sostitutive eventualmente applicate e non dovute fanno sorgere in capo al titolare del piano il diritto a ricevere una somma corrispondente. I soggetti di cui al comma 101 presso i quali è costituito il piano provvedono al pagamento della predetta somma, computandola in diminuzione dal versamento delle ritenute e delle imposte dovute dai medesimi soggetti. Ai fini del predetto computo non si applicano i limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge 24 di  cembre 2007, n. 244, e di cui all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

109. Le minusvalenze, le perdite e i differenziali negativi realizzati mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborso degli strumenti finanziari nei quali è investito il piano sono deducibili dalle plusvalenze, differenziali positivi o proventi realizzati nelle successive operazioni poste in essere nell’ambito del medesimo piano e sottoposti a tassazione ai sensi dei commi 106 e 107 nello stesso periodo d’imposta e nei successivi ma non oltre il quarto. Alla chiusura del piano le minusvalenze, perdite o differenziali negativi possono essere portati in deduzione non oltre il quarto periodo d’imposta successivo a quello del realizzo dalle plusvalenze, proventi e differenziali positivi realizzati nell’ambito di altro rapporto con esercizio dell’opzione ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, intestato allo stesso titolare del piano, ovvero portati in deduzione ai sensi del comma 5 dell’articolo 68 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

110. In caso di strumenti finanziari appartenenti alla medesima categoria omogenea, si considerano ceduti per primi i titoli acquistati per primi e si considera come costo quello medio ponderato dell’anno di acquisto.

111. Il trasferimento del piano di risparmio a lungo termine dall’intermediario o dall’impresa di assicurazione presso il quale è stato costituito ad altro soggetto di cui al comma 101 non rileva ai fini del computo dei cinque anni di detenzione degli strumenti finanziari.

112. Ciascuna persona fisica di cui al comma 100 non può essere titolare di più di un piano di risparmio a lungo termine e ciascun piano di risparmio a lungo termine non può avere più di un titolare. L’intermediario o l’impresa di assicurazione presso il quale è costituito il piano di risparmio a lungo termine, all’atto dell’incarico, acquisisce dal titolare un’autocertificazione con la quale lo stesso dichiara di non essere titolare di un altro piano di risparmio a lungo termine.

113. L’intermediario o l’impresa di assicurazione presso il quale è costituito il piano di risparmio a lungo termine tiene separata evidenza delle somme destinate nel piano in anni differenti.

114. Il trasferimento a causa di morte degli strumenti finanziari detenuti nel piano non è soggetto all’imposta sulle successioni e donazioni di cui al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346.


 

 

I commi 100-114, stabiliscono un regime di esenzione fiscale per i redditi di capitale e i redditi diversi percepiti da persone fisiche residenti in Italia, al di fuori dello svolgimento di attività di impresa commerciale, derivanti dagli investimenti effettuati in piani di risparmio a lungo termine. I piani individuali di risparmio (c.d. PIR) per beneficiare dell’esenzione devono essere detenuti per almeno 5 anni e devono investire nel capitale di imprese italiane e europee, con una riserva per le Pmi, nei limiti di 30mila euro all’anno e, comunque di complessivi 150mila euro. I piani di risparmio devono essere gestiti dagli intermediari finanziari e dalle imprese di assicurazione i quali devono investire le somme assicurando la diversificazione del portafoglio.

 

Il comma 100 esenta da imposizione i redditi di capitale e i redditi diversi di natura finanziaria derivanti dagli investimenti effettuati da persone fisiche residenti in Italia, al di fuori dello svolgimento di attività di impresa commerciale, in un piano di risparmio a lungo termine.

In particolare, sono esenti i redditi di capitale (art. 44 del TUIR) e i redditi diversi (art. 67, comma 1, dalla lett. c-bis alla lett. c-quinquies del TUIR) di natura finanziaria derivanti dagli investimenti effettuati da persone fisiche, al di fuori dello svolgimento di attività di impresa commerciale, in un piano di risparmio a lungo termine.

Per beneficiare dell’esenzione non deve trattarsi di plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate (ovvero quelle che rappresentano una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni - articolo 67, comma 1, lett. c) del TUIR). Nell’ambito delle partecipazioni qualificate si deve tener conto anche delle percentuali di partecipazione o di diritti di voto possedute dai familiari della persona fisica (coniuge, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo grado) e delle società o enti da loro direttamente o indirettamente controllati (società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria; società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell'assemblea ordinaria: numeri 1 e 2 dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile).

Il comma 101 contiene la definizione di piano di risparmio a lungo termine: tali piani si costituiscono mediante la destinazione di somme o valori con lo scopo di effettuare investimenti qualificati (indicati nel comma 90 – rectius 89) mediante l’apertura di un rapporto di custodia o di amministrazione, anche fiduciaria, o di gestione di portafogli o di altro stabile rapporto, con opzione per l’applicazione del regime del risparmio amministrato, o di un contratto di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione, instaurato con operatori professionali.

Gli operatori professionali presso i quali possono essere costituiti i PIR sono gli intermediari abilitati e le imprese di assicurazioni residenti, ovvero soggetti non residenti che operano in Italia tramite stabile organizzazione o in regime di libera prestazione di servizi con nomina in Italia di un rappresentate fiscale scelto tra i predetti soggetti residenti. Il conferimento di valori nel piano è considerato cessione a titolo oneroso e l’intermediario applica l’imposta secondo le modalità indicate dalla norma che disciplina l’opzione per l’applicazione dell’imposta sostitutiva su ciascuna plusvalenza o altro reddito diverso realizzato (articolo 6 del D.Lgs. n. 461 del 1997).

 

La relazione governativa sottolinea che la sussistenza di un rapporto stabile e continuativo con l’intermediario consente l’attribuzione della responsabilità della gestione degli aspetti fiscali connessi con il PIR all’operatore professionale presso il quale il PIR è costituito. Tale attribuzione appare necessaria alla luce della rischiosità degli investimenti che possono essere oggetto del piano e per le esigenze di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria connesse con la concessione di un’esenzione, pertanto, nel caso di investimenti effettuati mediante PIR deve trovare applicazione il regime del risparmio amministrato di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461. L’esistenza di uno stabile rapporto è riscontrabile, anche in assenza di un formale contratto di custodia o amministrazione, ad es. un “deposito virtuale” o una “rubrica fondi”, o quando si tratti di titoli, quote o certificati che non possono formare oggetto di autonoma circolazione senza l’intervento dell’intermediario, ad es. nel caso di titoli non cartolarizzati.

Il comma 102 prevede che in ciascun anno solare di durata del piano, per almeno i due terzi dell’anno stesso, le somme o i valori destinati nel piano di risparmio a lungo termine devono essere investiti per almeno il 70 per cento del valore complessivo in strumenti finanziari, anche non negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione, emessi o stipulati con imprese che svolgono attività diverse da quella immobiliare, fiscalmente residenti in Italia o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’accordo sullo spazio economico europeo con stabili organizzazioni in Italia. La predetta quota del 70 per cento deve essere investita per almeno il 30 per cento del valore complessivo in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB di Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati.

Il FTSE MIB è il principale indice di benchmark dei mercati azionari italiani: raccoglie circa l’80 per cento della capitalizzazione di mercato interna ed è composto da società di primaria importanza e a liquidità elevata nei diversi settori industriali italiani.

Al fine di individuare le società che svolgono attività diversa da quella immobiliare, senza possibilità di prova contraria, si considera impresa che svolge attività immobiliare quella il cui patrimonio è prevalentemente costituito da beni immobili diversi da quelli alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l’attività di impresa, dagli impianti e dai fabbricati utilizzati direttamente nell’esercizio di impresa, e che si considerano direttamente utilizzati nell’esercizio di impresa gli immobili concessi in locazione finanziaria e i terreni su cui l’impresa svolge l’attività agricola.

Il comma 103 dispone che non più del 10 per cento delle somme o valori destinati nel piano può essere investito in strumenti finanziari emessi o stipulati con lo stesso soggetto, o con altra società appartenente al medesimo gruppo, oppure in depositi e conti correnti.

Il comma 104 prevede che le somme conferite nel piano possano essere investite anche in quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) residenti nel territorio dello Stato o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’accordo sullo spazio economico europeo che investono per almeno il 70 per cento dell’attivo in strumenti finanziari indicati nel comma 102 e che rispettano le condizioni poste al comma 103.

Il comma 105 stabilisce che le somme o valori destinate nel piano non possono essere investite in strumenti finanziari emessi o stipulati con soggetti residenti in Stati o territori diversi da quelli che consentono un adeguato scambio di informazioni.

Il comma 106 richiede che gli strumenti finanziari in cui è investito il piano siano detenuti per almeno cinque anni. In caso di cessione prima dei cinque anni i redditi realizzati attraverso la cessione e quelli percepiti durante il periodo minimo di investimento del piano sono soggetti ad imposizione secondo le regole ordinarie, unitamente agli interessi, senza applicazione di sanzioni: il relativo versamento deve essere effettuato dai soggetti gestori entro il giorno 16 del secondo mese successivo alla cessione. I soggetti gestori recuperano le imposte dovute attraverso adeguati disinvestimenti o chiedendone la provvista al titolare. In caso di rimborso degli strumenti finanziari oggetto di investimento prima del quinquennio, il controvalore conseguito deve essere reinvestito negli strumenti finanziari ammessi entro 30 giorni dal rimborso.

Il comma 107 stabilisce che il mancato rispetto dei limiti di investimento (previsti dai commi 102, 103 e 104) comporta la decadenza dal beneficio fiscale relativamente ai redditi degli strumenti finanziari detenuti nel piano stesso, diversi da quelli investiti nel medesimo piano nel rispetto delle suddette condizioni per il periodo di tempo indicato al comma 106, e l’obbligo di corrispondere le imposte non pagate, unitamente agli interessi, senza applicazione di sanzioni, secondo quanto previsto al comma 106.

Il comma 108 prevede che le ritenute alla fonte e le imposte sostitutive eventualmente applicate e non dovute, fanno sorgere in capo al titolare del piano il diritto a ricevere una somma corrispondente. I soggetti gestori provvedono al pagamento della predetta somma, computandola in diminuzione dal versamento delle ritenute e delle imposte dovute dai medesimi soggetti. Ai fini del predetto computo non si applicano né il limite annuale di 250.000 euro per l’utilizzo dei crediti di imposta (articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), né il limite massimo di compensabilità di crediti di imposta e contributi pari a 700.000 euro (articolo 34, della legge 23 dicembre 2000, n. 388).

Il comma 109 prevede che le minusvalenze, le perdite e i differenziali negativi realizzati mediante la cessione o il rimborso degli strumenti finanziari detenuti nel piano sono deducibili dalle plusvalenze, differenziali positivi o proventi realizzati nelle operazioni successive poste in essere nell’ambito del piano stesso sottoposte a tassazione secondo quanto stabilito ai precedenti commi 106 e 107 a partire dal medesimo periodo d’imposta e non oltre il quarto. Alla chiusura del piano le minusvalenze, le perdite e i differenziali negativi possono essere portati in deduzione non oltre il quarto periodo d’imposta successivo a quello del realizzo nell’ambito di un altro rapporto, di cui sia titolare la medesima persona fisica, con opzione per il regime del risparmio amministrato, ovvero possono essere portati in deduzione, fino a concorrenza, dalle plusvalenze e dagli altri redditi dei periodi d'imposta successivi ma non oltre il quarto, a condizione che sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel quale le minusvalenze e le perdite sono state realizzate (articolo 68, comma 5, del TUIR).

Il comma 110 stabilisce, inoltre, che, in caso di strumenti finanziari appartenenti alla stessa categoria, si considerano ceduti prima gli strumenti acquistati per primi, e che si considera come costo d’acquisto il costo medio ponderato dell’anno di acquisto.

Il comma 111 prevede che il trasferimento di un piano di risparmio a lungo termine da un intermediario ad un altro non rileva ai fini del computo del periodo minimo di detenzione.

Il comma 112 prevede che ciascuna persona fisica non può aprire più di un piano di risparmio a lungo termine e che ciascun piano di risparmio a lungo termine non può avere più di un titolare. L’intermediario o l’impresa di assicurazioni presso il quale è costituito il piano, all’atto dell’incarico, devono acquisire un’autocertificazione, da parte del titolare, con la quale lo stesso dichiara di non essere titolare di un altro piano di risparmio a lungo termine.

Il comma 113 dispone che l’intermediario o l’impresa di assicurazioni presso il quale è costituito il piano di risparmio deve tenere separata evidenza delle somme destinate nel piano in anni differenti.

Il comma 114 prevede l’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni per il trasferimento mortis causa degli strumenti finanziari detenuti nel piano.

 

La relazione governativa afferma che l’intervento normativo in esame nasce dall’esigenza di prevedere un significativo incentivo fiscale finalizzato a canalizzare il risparmio delle famiglie verso gli investimenti produttivi in modo stabile e duraturo, facilitando la crescita del sistema imprenditoriale italiano. L’obiettivo è, in particolare, quello di indirizzare il risparmio delle famiglie, attualmente concentrato sulla liquidità, verso gli strumenti finanziari di imprese industriali e commerciali italiane ed europee radicate sul territorio italiano per le quali maggiore è il fabbisogno di risorse finanziarie e insufficiente è l’approvvigionamento mediante il canale bancario.

Per veicolare il suddetto risparmio verso investimenti produttivi in modo professionale è previsto il coinvolgimento degli intermediari finanziari e delle imprese di assicurazione come soggetti deputati alla gestione della fiscalità degli investimenti stessi. Ciò permette anche una diversificazione del portafoglio tale da contenere il rischio insito nello stesso ad un livello adeguato alle esigenze del cliente retail mediante l’utilizzo di qualsiasi tipo di strumento finanziario. Il particolare profilo di investimento del cliente retail non consente, infatti, una eccessiva esposizione al rischio insito in investimenti meno liquidi.

Il bilanciamento tra gli obiettivi di politica economica e quelli di tutela del risparmiatore viene realizzata subordinando l’incentivo fiscale alla creazione di un “contenitore” fiscale, denominato piano, idoneo ad accogliere tutti gli strumenti finanziari esistenti sul mercato retail purché l’insieme di tali strumenti sia posseduto per un determinato periodo di tempo e sia “assemblato” seguendo criteri predeterminati. In particolare viene previsto che almeno una parte delle risorse investite sia destinato a società italiane ed europee con stabile organizzazione in Italia diverse da quelle rilevanti ai fini del FTSE MIB o altri indici equivalenti. Il riferimento a tali indici ha lo scopo di focalizzare l’agevolazione fiscale sul risparmio che confluisce negli strumenti finanziari meno liquidi.


 

Articolo 1, comma 115
(Centri di competenza ad alta specializzazione nell’ambito
del Piano nazionale Industria 4.0)

 


115. Con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità di costituzione e le forme di finanziamento, nel limite di 20 milioni di euro per il 2017 e di 10 milioni di euro per il 2018, di centri di competenza ad alta specializzazione, nella forma del partenariato pubblico-privato, aventi lo scopo di promuovere e realizzare progetti di ricerca applicata, di trasferimento tecnologico e di formazione su tecnologie avanzate, nel quadro degli interventi connessi al Piano nazionale Industria 4.0.


 

 

Il comma 115 finanzia i centri di competenza ad alta specializzazione nell’ambito del Piano nazionale Industria 4.0 entro il limite di spesa di 20 milioni per il 2017 e di 10 milioni per il 2018, demandando la definizione delle modalità di costituzione e delle forme di finanziamento degli stessi ad un decreto del Ministero dello sviluppo economico, da adottarsi di concerto con il Ministero dell’economia e finanze, entro 120 giorni dall’entrata in vigore della legge in esame.

 

Il comma 115 finanzia i centri di competenza ad alta specializzazione nell’ambito del Piano nazionale Industria 4.0. Il comma, in particolare, demanda ad un decreto del Ministero dello sviluppo economico da adottarsi di concerto con il ministero dell’economia e finanze, entro 120 giorni dall’entrata in vigore della legge in esame, la definizione delle modalità di costituzione e delle forme di finanziamento, entro il limite di spesa di 20 milioni per il 2017 e di 10 milioni per il 2018, di centri di competenza ad alta specializzazione, nella forma di partenariato pubblico-privato, aventi lo scopo di promuovere e realizzare progetti di ricerca applicata, di trasferimento tecnologico e di formazione su tecnologie avanzate, nel quadro degli interventi connessi al Piano “Industria 4.0”.

La misura si inserisce nel quadro degli interventi previsti dal Piano Nazionale Industria 4.0 con specifico riguardo alla linea d’azione volta al sostegno dello sviluppo delle competenze.

 

Si segnala al riguardo che, nel Piano Nazionale Industria 4.0, è individuato un impegno pubblico per 100 milioni di euro, da affiancare a quello privato per altrettanti 100 milioni per la creazione di selezionati Competence Center a livello nazionale su tematiche Industria 4.0.

Nel Piano si fa riferimento a  pochi e selezionati Competence Center nazionali, polarizzati su ambiti tecnologici specifici e complementari, che dovrebbero avere i seguenti scopi: Formazione e awareness su Industria 4.0; Live demo su nuove tecnologie e accesso a best practice in ambito Industria 4.0; Advisory tecnologica per PMI su Industria 4.0; Lancio ed accelerazione di progetti innovativi e di sviluppo tecnologico; Supporto alla sperimentazione e produzione “in vivo” di nuove tecnologie Industria 4.0; Coordinamento con centri di competenza europei.

 

Il Piano, presentato dal Governo il 21 settembre 2016, ha un orizzonte temporale individuato nel periodo 2017-2020 e prevede misure concrete in base a tre principali linee guida: operare in una logica di neutralità tecnologica; intervenire con azioni orizzontali e non verticali o settoriali; agire su fattori abilitanti.

Le direttrici strategiche, citate altresì nella Nota di aggiornamento al DEF 2016, sono:

§  misure a sostegno degli investimenti innovativi, stimolando la crescita degli investimenti privati da 80 a 90 miliardi nel 2017, e portando un incremento di circa 11,3 miliardi di spesa privata per ricerca e sviluppo

§  misure a sostegno dello sviluppo delle competenze; Sul piano delle competenze e della formazione, il piano vuole diffondere una cultura 4.0 attraverso: Scuola Digitale e Alternanza Scuola Lavoro; percorsi Universitari e Istituti Tecnici Superiori dedicati; potenziamento dei Cluster e dei dottorati; creazione di Competence Center e Digital Innovation Hub

§  misure per le infrastrutture abilitanti volte ad assicurare adeguate infrastrutture di rete, garantire la sicurezza e la protezione dei dati, collaborare alla definizione di standard di interoperabilità internazionali

§  strumenti pubblici di supporto quali:

§  0,9 miliardi per il rifinanziamento per il 2017 del Fondo centrale di garanzia, con sua contestuale riforma

§  1 miliardo da destinare a contratti di sviluppo focalizzati su investimenti Industria 4.0

§  100 milioni per investimenti su catene digitali di vendita (Piano Made in Italy)

 

Il Piano prevede una cabina di regia a livello governativo caratterizzata dalla presenza di operatori pubblici (Politecnici di Bari, Milano, Torino, Scuola superiore S. Anna di Pisa, ITT, CREA, società pubbliche long term investor come Cassa depositi e prestiti) e privati (mondo economico ed imprenditoriale) nonché le organizzazioni sindacali, oltre che le Istituzioni competenti (PCM, MEF, MISE; MIUR; Ministero del Lavoro, MIPAAF, Ministero dell’ambiente).

Inoltre, il Piano contempla le seguenti misure:

§  Proroga del cd. “super ammortamento” al 140% ad eccezione di veicoli ed altri mezzi di trasporto, con una maggiorazione ridotta al 120%;

§  Iperammortamento fino al 250% sugli investimenti in tecnologie, agrifood, bio-based economy, a supporto dell’ottimizzazione dei consumi energetici;

§  Raddoppio del credito di imposta per ricerca e sviluppo (aliquota spesa interna dal 25% al 50%) e massimale annuo di spesa da 5 a 20 milioni;

§  Partecipazione di Cassa depositi e prestiti a supporto di industria 4.0, mediante la costituzione di Fondi di investimento dedicati all’industrializzazione di idee e brevetti ad alto contenuto tecnologico;

§  Incremento della detrazione fiscale (fino al 30%) per investimenti fino ad 1 milione in start-up e PMI innovative;

§  Scambio salario produttività attraverso un innalzamento dei tetti all’attuale detassazione.

 

Le principali misure finalizzate a realizzare il Piano Industria 4.0, contenute nella legge di bilancio per il 2017, oltre a quella qui in esame, sono le seguenti:

a)      proroga del super-ammortamento sui beni di I 4.0 (art. 1, comma 8);

b)      Introduzione di un iper-ammortamento sui beni di I 4.0 (art. 1, commi 9-13);

c)      Potenziamento del credito d'imposta per la ricerca, sviluppo e innovazione (art. 1, commi 15-16);

d)     Misure agevolative per gli investimenti in tecnologie (“Nuova Sabatini) (art. 1, commi 52-57);

e)      Sostegno all’internazionalizzazione (art. 1, comma 58);

f)       Estensione e rafforzamento delle agevolazioni per investimenti nelle start-up e nelle PMI innovative (art. 1, commi 66-69);

g)      Rifinanziamento degli interventi per le start-up innovative (art. 1, commi 72-73);

h)      Perdite fiscali di start up partecipate da società quotate (art. 1, commi 76-80);

i)        Investimenti in start up da parte dell'INAIL (art. 1, commi 82-83);

j)        Piani individuali di risparmio a lungo termine- PIR (art. 1, commi 100-114);

k)      Infrastruttura di ricerca FERMI (art. 1, commi 124-125);

l)        Fondo da ripartire per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese (art. 1, comma 140);

m)    Premio di produttività e welfare aziendale (art. 1, comma 160);

n)      Fondo per il finanziamento dei dipartimenti universitari di eccellenza (art. 1, commi 314-338).

Per un’analisi degli interventi, si rinvia alle relative schede di lettura.


 

Articolo 1, commi 116-123
(Fondazione Human
Technopole)

 


116. Al fi ne di incrementare gli investimenti pubblici e privati nei settori della ricerca finalizzata alla prevenzione e alla salute, coerentemente con il Programma nazionale per la ricerca (PNR), è istituita la Fondazione per la creazione di un’infrastruttura scientifica e di ricerca, di interesse nazionale, multidisciplinare e integrata nei settori della salute, della genomica, dell’alimentazione e della scienza dei dati e delle decisioni, e per la realizzazione del progetto scientifico e di ricerca Human technopole di cui all’articolo 5 del decreto-legge 25 novembre 2015, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 2016, n. 9, e al relativo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 settembre 2016 di approvazione del progetto esecutivo, di seguito denominata «Fondazione ». Per il raggiungimento dei propri scopi la Fondazione instaura rapporti con omologhi enti e organismi in Italia e all’estero.

117. Sono membri fondatori il Ministero dell’economia e delle finanze, il Ministero della salute e il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, ai quali viene attribuita la vigilanza sulla Fondazione.

118. Il comitato di coordinamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 settembre 2016 predispone lo schema di statuto della Fondazione che è approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con il Ministro della salute. Lo statuto stabilisce la denominazione della Fondazione e disciplina, tra l’altro, la partecipazione alla Fondazione di altri enti pubblici e privati, nonché le modalità con cui tali soggetti possono partecipare finanziariamente al progetto scientifico Human technopole .

119. Il patrimonio della Fondazione è costituito da apporti dei Ministeri fondatori e incrementato da ulteriori apporti dello Stato, nonché dalle risorse provenienti da soggetti pubblici e privati. Le attività, oltre che dai mezzi propri, possono essere finanziate da contributi di enti pubblici e di privati. Alla Fondazione possono essere concessi in comodato beni immobili facenti parte del demanio e del patrimonio disponibile e indisponibile dello Stato. L’affidamento in comodato di beni di particolare valore artistico e storico alla Fondazione è effettuato dall’amministrazione competente, d’intesa con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, fermo restando il relativo regime giuridico dei beni demaniali affidati, previsto dagli articoli 823 e 829, primo comma, del codice civile.

120. Per lo svolgimento dei propri compiti la Fondazione può avvalersi di personale, anche di livello dirigenziale, all’uopo messo a disposizione su richiesta della stessa, secondo le norme previste dai rispettivi ordinamenti, da enti e da altri soggetti individuati ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196. La Fondazione può avvalersi, inoltre, della collaborazione di esperti e di società di consulenza nazionali ed estere, ovvero di università e di istituti universitari e di ricerca.

121. Per la costituzione della Fondazione e per la realizzazione del progetto Human technopole di cui al comma 116 è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per il 2017, di 114,3 milioni di euro per il 2018, di 136,5 milio  ni di euro per il 2019, di 112,1 milioni di euro per il 2020, di 122,1 milioni di euro per il 2021, di 133,6 milioni di euro per il 2022 e di 140,3 milioni di euro a decorrere dal 2023. Il contributo è erogato sulla base dello stato di avanzamento del progetto Human technopole di cui al comma 116.

122. Tutti gli atti connessi alle operazioni di costituzione della Fondazione e di conferimento e devoluzione alla stessa sono esclusi da ogni tributo e diritto e vengono effettuati in regime di neutralità fi scale.

123. I criteri e le modalità di attuazione dei commi da 116 a 122 del presente articolo, compresa la disciplina dei rapporti con l’Istituto italiano di tecnologia in ordine al progetto Human technopole di cui al medesimo comma 116, e il trasferimento alla Fondazione delle risorse residue di cui all’articolo 5, comma 2, del decreto-legge 25 novembre 2015, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 2016, n. 9, sono stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con il Ministro della salute.


 

 

I commi 116-123 istituiscono una nuova Fondazione per la creazione di un’infrastruttura di interesse nazionale, a carattere scientifico e di ricerca applicata alle scienze per la vita, diretta a realizzare uno specifico progetto denominato “Human Technopole”, all’interno dell’area Expo Milano 2015.

 

Il comma 116 dispone l’istituzione di una Fondazione per la creazione di una infrastruttura scientifica e di ricerca, di interesse nazionale, a carattere multidisciplinare ed integrato nei settori della salute, della genomica, dell’alimentazione e della scienza dei dati e delle decisioni, volta altresì alla realizzazione di un progetto scientifico e di ricerca denominato “Human Technopole” (di seguito HT).

La finalità specificamente prevista è quella di incrementare gli investimenti pubblici e privati nei settori della ricerca applicata alla prevenzione e alla salute. Questa finalità deve essere coerente - in base ad una disposizione introdotta durante l’esame in prima lettura – con il Programma nazionale per la ricerca (PNR).

Qui l’ultimo PNR 2015-2020 redatto dal MIUR, che – si sottolinea – non contiene il progetto in parola.

In proposito la norma cita la fonte normativa del progetto, l’art. 5 del D.L. 185/2015 (L. 9/2016), ed il relativo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M. 16 settembre 2016) di approvazione del progetto esecutivo[26].

Si ricorda che l’art. 5, comma 2, del citato DL. 185/2015 ha previsto, per il 2015, l’attribuzione all'Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di un primo contributo di 80 milioni di euro, finalizzato alla realizzazione di un progetto scientifico e di ricerca, utilizzando parte delle aree in uso a EXPO S.p.a. (da riadattare, se necessario), sentiti gli enti territoriali e le principali istituzioni scientifiche interessate. Peraltro, il comma 1 del predetto art. 5 ha autorizzato la spesa di 50 milioni di euro per il 2015, diretta all’attuazione di iniziative che prevedono la partecipazione dello Stato nell’attività di valorizzazione delle aree in uso alla Società Expo S.p.A., anche mediante partecipazione al capitale della società proprietaria delle stesse.

 

Si ricorda come la disposizione dell’articolo 5 del citato D.L. 185/2015, al comma 1, faccia genericamente riferimento ad “iniziative relative alla partecipazione dello Stato nell'attività di valorizzazione delle aree in uso alla Società Expo S.p.A.”.

 

La norma precisa che, per il raggiungimento dei propri scopi, la Fondazione instaura rapporti con omologhi enti ed organismi in Italia e all’estero.

Si dispone, inoltre, che membri fondatori siano il Ministero dell’economia e delle finanze, il Ministero dell’istruzione, dell’università e delle ricerca e il Ministero della salute, ai quali viene attribuita la vigilanza sulla Fondazione (comma 117).

In proposito si ricorda che il soggetto incaricato della realizzazione del progetto, l’IIT, è un organismo pubblico già sottoposto alla vigilanza del MEF e del MIUR. Peraltro, nella conclusione alla determinazione e relazione della Corte dei conti del 17 novembre 2015, n.108 sull'esercizio finanziario 2014 dell'IIT, così si sottolinea: “Sebbene ente di diritto privato, la struttura ordinamentale dell’IIT ha una decisa configurazione pubblicistica in ragione degli obiettivi perseguiti e di una dotazione finanziaria derivante prevalentemente dai contributi dello Stato”.

 

Il comma 118 stabilisce la predisposizione, da parte del Comitato di coordinamento già previsto al D.P.C.M. del 16 settembre 2016, di uno schema di statuto della Fondazione, da approvare con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del MEF, di concerto con il MIUR e con il Ministero della salute.

Al riguardo si segnala che il citato D.P.C.M., all’art. 2, co. 2, istituisce presso l’IIT, a valere sulle risorse destinate al progetto HT, un Comitato di coordinamento per l’avvio del medesimo progetto composto da 2 soggetti designati, rispettivamente, dal MEF e dal MIUR; da 3 scienziati di reputazione internazionale indicati di comune accordo dagli stessi Ministeri; dai rettori delle università pubbliche di Milano; dal presidente dell’Istituto superiore di sanità; dal presidente del CNR; dal presidente e dal direttore scientifico dello stesso  IIT.

Lo statuto dovrà stabilire la denominazione della Fondazione e disciplinare, tra gli altri compiti, la partecipazione alla Fondazione di altri enti pubblici e privati, oltre alle modalità con cui tali soggetti possono partecipare finanziariamente al progetto scientifico HT.

 

Durante un’audizione del 20 ottobre scorso presso le Commissioni riunite 7a e 12a del Senato (v. Resoconto del 20/10/2016), il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ha, in particolare, sottolineato che a fine agosto 2016 è stato approvato il piano scientifico e finanziario del progetto e a settembre è stato firmato il decreto che ha autorizzato, ai sensi del sopra citato art. 5 del D.L. 185/2015 i primi 80 milioni di euro per la prima fase di realizzazione, in aggiunta al primo finanziamento di 50 milioni di euro.

In base alla documentazione depositata al Senato da rappresentanti dell’IIT per l’esame assegnato alle Commissioni riunite 7a e 12a dell’Affare n. 827 relativo alla questione in corso d’esame, il nuovo polo di didattica, ricerca e innovazione, denominato “Italia 2040 Human Technopole(v. qui i documenti acquisiti nell’ultima seduta n. 398 del 26 Ottobre 2016), sarà costituito, tra l’altro, insieme alle Università pubbliche milanesi, al Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), all’Istituto superiore di sanità (ISS), nell’area dell’Expo Milano 2015. Come osservato in sede di esame dell’Affare n. 287 al Senato, il progetto HT non risulta inserito nel Programma nazionale della ricerca (PNR).

 

A costituire il patrimonio della Fondazione (comma 119) saranno gli apporti dei Ministeri fondatori, oltre che risorse aggiuntive provenienti da ulteriori apporti dello Stato e da soggetti pubblici e privati. Si prevede in proposito che le attività previste possono essere finanziate, oltre che con mezzi propri della Fondazione, anche con i contributi di enti pubblici e di privati. La Fondazione potrà inoltre ricevere in comodato beni immobili rientranti nel demanio e nel patrimonio disponibile e indisponibile dello Stato.

Viene anche prevista la possibilità di affidamento in comodato di beni di particolare valore artistico e storico alla Fondazione da parte dell’amministrazione competente, d’intesa con il MiBACT. In proposito, rimane fermo il regime giuridico dei beni demaniali affidati, previsto agli articoli 823 e 829, primo comma, del c.c. (rispettivamente in materia inalienabilità dei beni del demanio pubblico e passaggio dei beni dal demanio pubblico al patrimonio dello Stato).

Si ricorda che l’art. 822 c.c. elenca, tra gli immobili che appartengono al demanio pubblico, gli immobili riconosciuti d'interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia. Al riguardo, la dottrina prevalente parla di “demanio culturale”, suggerendo la necessità che intervenga un atto di riconoscimento dell’interesse culturale (v. qui l’approfondimento sul sito del MiBACT) per la riconducibilità dei beni al particolare tipo di demanio, sia se si tratti di immobili statali o territoriali, ovvero di immobili appartenenti a privati; in ogni caso, tale riconoscimento presuppone la inalienabilità del bene medesimo, e pertanto esso non potrà formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi in materia. In proposito, l’art. 12 del codice dei beni culturali (D.Lgs. 42/2004) disciplina la verifica dell’interesse culturale di un determinato bene, che comunque deve avvenire sulla base di indirizzi di carattere generale stabiliti dal Ministero per i beni culturali, al fine di assicurare uniformità di valutazione.

 

La Fondazione, per lo svolgimento dei propri compiti, può avvalersi di personale, anche delle qualifiche dirigenziali, messo appositamente a disposizione su richiesta della stessa, secondo le norme previste dai rispettivi ordinamenti, da enti ed altri soggetti individuati ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della L. 196/2009.

Si tratta in particolare degli enti ed istituzioni che rientrano nel perimetro della pubblica amministrazione, definito in base all'elenco ISTAT.

La Fondazione può avvalersi, inoltre, della collaborazione di esperti e di società di consulenza nazionali ed estere, ovvero di università e di istituti universitari e di ricerca (comma 120).

 

Il comma 121 fissa l’autorizzazione di spesa per la costituzione della fondazione e per la realizzazione del progetto HT, da erogare in base allo stato di avanzamento del progetto, pari a 10 milioni di euro nel 2017, 114,3 milioni per il 2018, 136,5 milioni per il 2019, 112,1 milioni per il 2020, 122,1 milioni per il 2021, 133,6 milioni per il 2022, 140,3 milioni a decorrere dal 2023.

Viene inoltre prevista una clausola di neutralità fiscale per tutti gli atti connessi alle operazioni di costituzione della Fondazione e di conferimento e devoluzione alla stessa, che sono pertanto esclusi da ogni tributo e diritto (comma 122).

Infine, si stabilisce che i criteri e le modalità da prevedere in attuazione delle disposizioni in esame, compresa la disciplina dei rapporti con  l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) riferiti al progetto HT, oltre che il trasferimento alla Fondazione delle risorse residue di cui al sopra richiamato art. 5, comma 2, del DL. 185/2015 (v. ante) sono stabiliti con D.P.C.M., su proposta del MEF, di concerto con il MIUR e con il Ministero della salute (comma 123).


 

Articolo 1, commi 124 e 125
(Infrastruttura di ricerca FERMI)

 


124. La gestione dell’infrastruttura di ricerca FERMI rientra nell’esercizio dei compiti istituzionali di cui all’articolo 10, comma 4, lettera d) , della legge 19 ottobre 1999, n. 370, e non ha natura commerciale. Ad essa si applicano le disposizioni di cui al medesimo articolo 10, comma 4, della legge n. 370 del 1999 e il suo valore non è soggetto ad ammortamento.

125. Alla società di cui all’articolo 10, comma 4, della legge 19 ottobre 1999, n. 370, e alle amministrazioni pubbliche che vi partecipano non si applicano, limitatamente alla predetta partecipazione, le disposizioni del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175.


 

 

I commi 124-125, attribuiscono natura non commerciale alla gestione - da parte della Società consortile per azioni di interesse nazionale Sincrotrone di Trieste - dell’infrastruttura di ricerca FERMI, la quale viene fatta rientrare fra i compiti istituzionali della predetta società. Inoltre, alla stessa società Sincrotrone di Trieste e alle amministrazioni pubbliche che vi partecipano non si applicano le disposizioni sulle società a partecipazione pubblica di cui al d.lgs. 175/2016.

 

Il comma 124 attribuisce natura non commerciale alla gestione - da parte della società consortile per azioni di interesse nazionale Elettra Sincrotrone di Trieste - dell’infrastruttura di ricerca FERMI (si tratta di un laser ad elettroni liberi[27]). L’infrastruttura in questione viene qualificata come rientrante fra i compiti istituzionali della società Sincrotrone e ad essa si applicano le relative disposizioni. Il valore dell’infrastruttura non è soggetto ad ammortamento.

 

L’articolo 10, comma 4, della legge 19 ottobre 1999, n. 370 qualifica la Società Sincrotrone Trieste, società consortile per azioni, come società di interesse nazionale ai sensi dell'articolo 2451 (già articolo 2461) c.c., non avente scopo di lucro. Ai sensi del citato comma, la società non può distribuire utili e avanzi di gestione ai soci ed è obbligata a reinvestire i predetti utili o avanzi di gestione, nonché eventuali residui attivi in sede di liquidazione dei beni costruiti o acquistati, qualora non destinati alla costituzione della riserva legale, all'esercizio dei compiti istituzionali, i quali non hanno natura di attività commerciale e non sono riconducibili ad esercizio di impresa.

Quanto ai compiti istituzionali della società, essi vengono individuati nella lettera d) del medesimo comma 4 in attività di ricerca e formazione, in collegamento con il programma nazionale della ricerca e i programmi europei internazionali, promuovendo la collaborazione con soggetti pubblici e privati, anche stranieri e internazionali, nonché in termini di manutenzione, gestione, completamento e sviluppo del Laboratorio di Luce di Sincrotrone Elettra di Trieste e di messa a disposizione dell'infrastruttura ai consorziati, ai partecipanti e ad enti di ricerca italiani e stranieri, pubblici e privati, assicurando la trasparenza delle procedure e la parità di condizioni, con vincoli di diffusione dei risultati per finalità di ricerca e non commerciali.

Il comma 4 dispone inoltre l’applicazione alla società in questione del regime tributario degli enti non commerciali. Il predetto inquadramento a fini tributari è disposto in regime di neutralità fiscale, ai fini dell'imposizione diretta o indiretta, non determinando cessione o realizzo di plusvalenze e sopravvenienze attive soggette a tassazione in relazione alla prevista destinazione istituzionale dei beni.

Il comma 4 ha disposto che lo statuto e l'ordinamento contabile della società, da sottoporre al controllo del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, venissero modificati sulla base dei principi direttivi nello stesso comma indicati (lett. da a) a f) del comma 4).

La società in questione è a partecipazione pubblica.

 

Il comma 125 prevede che alla società Sincrotrone S.c.p.A e alle amministrazioni pubbliche che vi partecipano non si applicano, limitatamente alla stessa partecipazione, le disposizioni sulle società a partecipazione pubblica di cui al D.Lgs. n. 175/2016.

Si ricorda che il decreto legislativo 19 agosto 2016, recante “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”, attua alcune delle deleghe che la legge n. 124/2015 (c.d. “Riforma Madia”) aveva conferito al Governo in materia di riorganizzazione della pubblica amministrazione. Tale decreto prevede, fra l’altro, una revisione straordinaria (articolo 24) delle partecipazioni possedute dalle PA, da effettuarsi entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del testo unico stesso, per individuare che devono essere alienate o oggetto delle misure di cui all’articolo 20 (piani di riassetto). Annualmente, poi, le PA devono effettuare (ai sensi dello stesso articolo 20) un'analisi dell'assetto complessivo delle società in cui detengono partecipazioni, dirette o indirette, predisponendo, nei casi previsti dal decreto, un piano di riassetto per la loro razionalizzazione, fusione o soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione.

 

In base alle informazioni disponibili sul sito istituzionale della società Elettra Sincrotrone Trieste S.c.p.A., azionisti della stessa sono il Consorzio per l'Area di Ricerca Scientifica e Tecnologica di Trieste (53,70%), la regione autonoma Friuli Venezia Giulia (37,63%), il Consiglio nazionale delle ricerche (4,85%) e Invitalia Partecipazioni S.p.A. (3,82%).

Elettra Sincrotrone Trieste S.c.p.a. è inclusa nell’elenco degli Enti del conto economico consolidato della Pubblica amministrazione, pubblicato dall’ISTAT il 30 settembre 2016.


 

Articolo 1, commi 126-139
(Misure per l’attuazione del Progetto dell’Area Expo 2015)

 


126. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è nominato il Commissario straordinario per la liquidazione della società EXPO 2015 Spa in liquidazione.

127. Gli organi sociali della società EXPO 2015 Spa in liquidazione decadono alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 126.

128. I poteri attribuiti al collegio dei liquidatori ai sensi dell’articolo 2489, primo comma, del codice civile sono assunti dal Commissario straordinario per la liquidazione della società EXPO 2015 Spa in liquidazione. Al fi ne di limitare l’assunzione di ulteriori oneri a carico della procedura liquidatoria della società EXPO 2015 Spa in liquidazione, contenendone gli effetti sulle pubbliche finanze, per lo svolgimento dei compiti di cui ai commi da 126 a 139 del presente articolo, il Commissario straordinario si avvale del personale e delle strutture di cui all’articolo 2, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 123 del 28 maggio 2013.

129. Il contributo economico-patrimoniale a carico dei soci della società EXPO 2015 Spa in liquidazione, come individuato nel progetto di liquidazione adottato dal collegio dei liquidatori, non può, in nessun caso, essere complessivamente superiore a 23.690.000 euro.

130. Il Ministero dell’economia e delle finanze, la regione Lombardia, il comune di Milano, la città metropolitana di Milano e la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Milano assicurano, ciascuno in proporzione alla partecipazione al capitale della società, le risorse necessarie all’integrale copertura del fondo di liquidazione, nella misura massima di cui al comma 129.

131. Il contributo economico-patrimoniale a carico dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze è individuato in misura non superiore a 9.460.000 euro. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

132. In deroga a quanto previsto all’articolo 2490, primo comma, del codice civile, le risorse di competenza del Ministero dell’economia e delle finanze, fissate nella misura massima di cui al comma 131, primo periodo, destinate alla copertura del Fondo di liquidazione della società EXPO 2015 Spa in liquidazione sono riconosciute, per ciascuna delle annualità comprese tra il 1º gennaio 2017 e il 31 dicembre 2021, in via anticipata, nella misura massima, rispettivamente, di 4.810.000 euro per il 2017, di 1.480.000 euro per il 2018, di 1.230.000 euro per il 2019, di 1.060.000 euro per il 2020 e di 880.000 euro per il 2021. Il Commissario straordinario presenta, con cadenza annuale, al Dipartimento del Tesoro del Ministero dell’economia e delle finanze il rendiconto delle attività di liquidazione, che dovranno concludersi entro il 2021. Fermo restando quanto previsto ai commi 129 e 131, il riconoscimento, entro il loro limite massimo, delle somme relative alle annualità successive al 2017 è posto a conguaglio con la differenza tra quanto già corrisposto in via anticipata nell’annualità precedente e gli oneri effettivamente sostenuti dal Commissario straordinario nello stesso periodo di riferimento.

133. Agli oneri di cui al comma 132 si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

134. Al fi ne di dare compiuta attuazione al progetto di valorizzazione dell’area utilizzata per l’EXPO 2015 di cui all’articolo 5 del decreto-legge 25 novembre 2015, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 2016, n. 9, è autorizzata la spesa di 8 milioni di euro per il 2017 per l’avvio delle attività di progettazione propedeutiche alla realizzazione delle strutture per il trasferimento dei dipartimenti scientifici dell’Università degli studi di Milano.

135. Agli oneri di cui al comma 134 si provvede, per l’importo di 3 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 10, comma 1, lettera d) , della legge 19 ottobre 1999, n. 370, e, per l’importo di 5 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica di cui all’articolo 1, comma 870, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. 

136. La società AREXPO Spa può avvalersi, sulla base di convenzioni, della collaborazione degli uffici tecnici e amministrativi dei propri soci pubblici, nonché delle rispettive società in house .

137. All’articolo 1 della legge 7 aprile 2014, n. 56, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 49, l’ultimo periodo è soppresso;

b) al comma 49 -bis , il quinto periodo è soppresso;

c) al comma 49 -ter , il quarto e quinto periodo sono soppressi.

138. Il comma 775 dell’articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è abrogato.

139. Gli enti pubblici non economici strumentali degli enti locali e regionali soci della società EXPO 2015 Spa per le attività strettamente funzionali alla manutenzione degli investimenti di compensazione ambientale e per il paesaggio rurale realizzati per l’esposizione universale, fermo restando il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, possono procedere, anche in deroga agli specifici vincoli assunzionali e finanziari previsti dalla legislazione in materia di personale, ad assunzione di personale a tempo determinato con durata fi no al 31 dicembre 2019.


 

 

I commi da 126 a 139 dell’articolo 1 recano disposizioni riguardanti la liquidazione della società Expo 2015 S.p.A. e l’attuazione del progetto dell’area Expo 2015. É prevista la nomina di un Commissario Straordinario per la liquidazione della società EXPO 2015 S.p.A. in liquidazione (commi 126-128) e sono individuati e disciplinati i contributi per la liquidazione della società, posti a carico dei relativi soci, nonché le modalità di copertura dei contributi a carico del Ministero dell’economia e delle finanze (commi 129-133). Si prevede l’avvio delle attività di progettazione per il trasferimento dei dipartimenti scientifici dell’Università di Milano, autorizzando a tal fine uno stanziamento per il 2017 di 8 milioni di euro (commi 134-135), nonché l’eventuale stipula di convenzioni da parte della società AREXPO S.p.A. per la collaborazione degli uffici tecnici e amministrativi dei propri soci pubblici e delle rispettive società in house (comma 136). Viene inoltre modificata la disciplina relativa al trasferimento delle partecipazioni azionarie detenute dalle province di Milano e di Monza e Brianza nelle società operanti nella realizzazione e gestione di infrastrutture connesse ad Expo 2015 (commi 137-138) e prevista, infine, la possibilità, per gli enti pubblici non economici strumentali degli enti locali e regionali soci di assumere personale a tempo determinato in deroga ai vincoli assunzionali e finanziari vigenti (comma 139).

 

Commissario Straordinario per la liquidazione di EXPO 2015 (co. 126-128)

Il comma 126 prevede la nomina con apposito D.P.C.M. da emanare (su proposta del MEF) entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge – di un Commissario Straordinario per la liquidazione della società EXPO 2015 S.p.A. in liquidazione.

La Expo 2015 S.p.A. è stata istituita il 1° dicembre 2008 quale soggetto responsabile delle attività necessarie per la realizzazione dell’evento Expo Milano 2015. Per una ricostruzione degli interventi normativi operati per disciplinare i diversi ambiti dell’evento, si rinvia al tema web EXPO 2015.

Il comma 127 prevede la decadenza degli organi sociali di EXPO 2015 S.p.A. in liquidazione, dalla data di entrata in vigore del citato D.P.C.M.

Il comma 128 prevede l’assegnazione al Commissario Straordinario dei poteri attribuiti al Collegio dei liquidatori ai sensi del primo comma dell’art. 2489 del Codice civile.

Il 9 febbraio 2016 l’Assemblea straordinaria di Expo 2015 ha deliberato la messa in liquidazione della Società e ha nominato, in sostituzione del consiglio di amministrazione, un Collegio di cinque liquidatori.

L’articolo 2489, primo comma, del Codice civile, attribuisce ai liquidatori, salvo diversa disposizione statutaria ovvero adottata in sede di nomina, il potere di compiere tutti gli atti utili per la liquidazione della società.

Onde limitare l’assunzione di ulteriori oneri a carico della procedura liquidatoria, il comma 128 dispone, inoltre, che il Commissario Straordinario si avvale, per lo svolgimento dei compiti previsti dall’articolo in esame, del personale e delle strutture finora utilizzati (in virtù dell’art. 2, comma 3, del D.P.C.M. 6 maggio 2013) dal Commissario Unico delegato del Governo per Expo Milano 2015.

L’incarico di Commissario unico delegato del Governo per Expo Milano 2015 è stato attribuito, dal citato D.P.C.M. 6 maggio 2013, fino al 31 dicembre 2016, a Giuseppe Sala.

L’art. 2 di tale D.P.C.M. prevede, tra l’altro, al comma 3, che il Commissario unico si avvale, unitamente ai suoi delegati, delle strutture della società Expo S.p.A., del personale e delle risorse già esistenti presso la struttura del Commissario Straordinario delegato del Governo per Expo Milano 2015, cui il medesimo Commissario Unico subentra ad ogni effetto di legge, ovvero di personale distaccato dai soci o da enti, anche privati o società ed amministrazioni interessate, che svolgono attività correlate all'Evento nell'ambito dei propri compiti istituzionali.

Contributi per la liquidazione di EXPO 2015 (co. 129-133)

Il comma 129 stabilisce che l’ammontare del contributo economico-patrimoniale a carico dei soci di EXPO 2015 S.p.A. in liquidazione, così come individuato nel progetto di liquidazione adottato dal Collegio dei liquidatori, non può superare, in nessun caso, l’importo complessivo di 23,69 milioni di euro.

In base al comma 130, le risorse necessarie per la copertura integrale del Fondo di liquidazione, nella misura massima di 23,69 milioni di euro, sono poste a carico dei soci (MEF, Regione Lombardia, Camera di Commercio di Milano, Comune e Città Metropolitana di Milano), in proporzione alla partecipazione di ciascun ente al capitale sociale.

Ai sensi dell’art. 5, comma 2, del D.P.C.M. 6 maggio 2013, in sede di costituzione, sono soci fondatori della società EXPO 2015: il MEF, il comune di Milano, la regione Lombardia, la provincia di Milano e la Camera di commercio di Milano, secondo le quote stabilite dal Ministero dell'economia e delle finanze.

I soci della Società Expo 2015 in liquidazione sono: MEF (40% del capitale sociale), Regione Lombardia (20%), Comune di Milano (20%), Città metropolitana di Milano (10%) e Camera di Commercio di Milano (10%).

 

Il comma 131 prevede che il contributo economico-patrimoniale a carico del MEF non può superare la misura massima di 9,46 milioni di euro. Lo stesso comma autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

La ripartizione annuale, per il periodo 2017-2021, delle citate risorse di competenza del MEF, destinate alla copertura del Fondo di liquidazione, è disciplinata dal comma 132.

Nello specifico, tale comma (in deroga a quanto previsto all’articolo 2490, primo comma, del c.c.) prevede che le risorse di competenza del MEF, fissate nella misura massima di 9,46 milioni di euro, sono riconosciute, per ciascuna delle annualità 2017-2021, in via anticipata, nella misura massima, rispettivamente, di: 4.810.000 euro per il 2017; 1.480.000 euro per il 2018;  1.230.000 euro per il 2019; 1.060.000 euro per il 2020 e 880.000 euro per il 2021.

Il primo comma dell’art. 2490 del Codice civile obbliga i soggetti liquidatori alla redazione del bilancio, che deve essere presentato, alle scadenze previste per il bilancio di esercizio della società, per l'approvazione all'assemblea o (nel caso previsto dal terzo comma dell'art. 2479, vale a dire nel caso in cui l'atto costitutivo preveda che le decisioni dei soci siano adottate mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto) ai soci. In base al primo comma dell’art. 2490 c.c., inoltre, si applicano, in quanto compatibili con la natura, le finalità e lo stato della liquidazione, le disposizioni sulla redazione del bilancio (articoli 2423 e seguenti).

Il medesimo comma 132 prevede che il Commissario Straordinario presenti, al Dipartimento del Tesoro del MEF, il rendiconto annuale delle attività di liquidazione, concludendo tale attività entro il 2021.

Si specifica inoltre che, fermo restando quanto previsto ai commi 129 e 131, il riconoscimento, entro il loro limite massimo, delle somme relative alle annualità successive al 2017 è posto a conguaglio con la differenza tra quanto già corrisposto in via anticipata nell’annualità precedente e gli oneri effettivamente sostenuti dal Commissario Straordinario nello stesso periodo di riferimento.

In base al comma 133, la copertura degli oneri derivanti dal comma 132 viene garantita mediante una corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.

Si ricorda che il Fondo ISPE è stato istituito dall'articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282 del 2004 al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale. Il Fondo viene utilizzato in modo flessibile ai fini del reperimento delle risorse occorrenti a copertura di interventi legislativi recanti oneri finanziari.

Per quanto concerne la dotazione finanziaria del Fondo, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze (cap. 3075), si rinvia a quanto illustrato nel presente dossier al successivo comma 624, recante la rideterminazione del Fondo medesimo.

Trasferimento dei Dipartimenti scientifici dell’Università di Milano
(co. 134-135)

Il comma 134 autorizza la spesa di 8 milioni di euro, per il 2017, per l’avvio delle attività di progettazione propedeutiche alla realizzazione delle strutture necessarie per il trasferimento dei Dipartimenti scientifici dell’Università di Milano.

Nella presentazione del 19 luglio 2016, curata dall’Università statale di Milano, si dà conto di una prima ipotesi progettuale per la creazione del Campus dell'Università Statale di Milano nell'Area Expo 2015. In particolare, con riferimento alle possibili fonti di finanziamento del progetto, si indicano in € 130 mln la quota di finanziamento sostenibile dall’ateneo, in € 100/120 mln la quota che potrebbe derivare dalla valorizzazione dell’attuale Città Studi, in € 130 mln la quota di cofinanziamento da parte di istituzioni pubbliche.

La finalità, come evidenziato nella norma stessa, è quella di dare compiuta attuazione al progetto di valorizzazione dell’area Expo 2015 previsto dall’art. 5 del D.L. 185/2015 (v. infra).

Il comma 135 disciplina la copertura degli oneri progettuali autorizzati dal comma precedente, disponendo riduzioni di spesa a carico:

§  dello stanziamento autorizzato dall’art. 10, comma 1, lett. d), della L. 370/1999, per rifinanziare il Fondo integrativo speciale per la ricerca (FISR), per un importo di 3 milioni di euro.

§  Le risorse del FISR sono allocate sul nuovo cap. 7310 dello stato di previsione del MIUR[28]. In base alla nota di variazione, sul capitolo è presente uno stanziamento per il 2017 pari a € 22,8 mln;

§  del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST), istituito dall’art. 1, comma 870, della L. 296/2006, per un importo di 5 milioni di euro.

§  Le risorse relative al FIRST sono allocate sul cap. 7245 dello stato di previsione del MIUR e, in base alla nota di variazione ammontano, per il 2017, a € 43,3 mln.

Convenzioni della società AREXPO S.p.A. (co. 136)

Il comma 136 consente alla società AREXPO S.p.A. di stipulare convenzioni al fine di avvalersi della collaborazione degli uffici tecnici e amministrativi dei propri soci pubblici e delle società in house di questi ultimi.

Si ricorda che la Società AREXPO S.p.A. ha per oggetto principale l'acquisizione delle aree del sito Expo dai soggetti privati e pubblici anche a mezzo di atti di conferimento e la messa a disposizione di dette aree alla Società Expo 2015 per la progettazione e la realizzazione degli interventi di trasformazione urbana in vista della manifestazione espositiva, attraverso la costituzione di un diritto di uso o di superficie o di altro diritto che comunque garantisca le finalità per le quali la messa a disposizione è realizzata (come previsto dall’art. 3 dello Statuto).

Alla società AREXPO, con un capitale sociale pari a 94 milioni di euro, partecipano: la regione Lombardia (34,67%), il Comune di Milano (34,67%), E.A. Fiera Internazionale di Milano (27,66%), la Provincia di Milano (2,00%) e il Comune di RHO (1,00%).

L’art. 5 del D.L. 185/2015 ha autorizzato la spesa di 50 milioni di euro, per l'anno 2015, per le iniziative relative alla partecipazione dello Stato nell'attività di valorizzazione delle aree in uso alla Società Expo, anche mediante partecipazione al capitale della società proprietaria delle stesse e, nell’ambito di tali iniziative, ha attribuito all'Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) un primo contributo dell'importo di 80 milioni di euro per l'anno 2015 per la realizzazione di un progetto scientifico e di ricerca, sentiti gli enti territoriali e le principali istituzioni scientifiche interessate, da attuarsi anche utilizzando parte delle aree in uso a EXPO S.p.a. ove necessario previo loro adattamento (commi 1 e 2). L’IIT è incaricato (dal medesimo comma 2) di elaborare un progetto esecutivo (la cui approvazione è demandata ad un apposito D.P.C.M. su proposta del MEF).

Lo stesso articolo ha previsto, tra l’altro, la definizione delle iniziative finalizzate alla valorizzazione delle aree in questione e delle relative modalità attuative mediante un apposito D.P.C.M. emanato su proposta del MEF e con il supporto tecnico di Cassa depositi e Prestiti S.p.A. (comma 3).

Conseguentemente, è stato adottato il D.P.C.M. del 9 marzo 2016, che, all’art. 2, specifica che, per iniziative di valorizzazione, si intendono le azioni funzionali al riutilizzo delle aree e delle opere realizzate per Expo Milano 2015, nonché allo sviluppo e alla riqualificazione delle stesse, comprese quelle relative alla fase transitoria convenzionalmente denominata “Fast Post Expo”, dirette ad assicurare l’uso collettivo delle aree o di parte di esse, prevenendone, al contempo, il possibile degrado. L’art. 3 del medesimo D.PC.M. ha previsto la partecipazione del MEF al capitale di AREXPO attraverso un intervento finanziario dello Stato attuato con la sottoscrizione di un aumento di capitale sociale, da deliberare ai sensi dell’articolo 2441, comma 5, del codice civile, mediante l’utilizzo, da parte del MEF, delle somme stanziate sul capitolo 7429, denominato “Spese derivanti dalla partecipazione dello Stato nell'attività di valorizzazione delle aree in uso alla Società Expo S.p.A.”, iscritto nello stato di previsione del medesimo Ministero.

Partecipazioni azionarie delle province di Milano e di Monza e Brianza nelle società operanti su infrastrutture connesse all’Expo (co. 137-138)

Il comma 137 interviene sulla disciplina (prevista dai commi 49, 49-bis e 49-ter dell’art. 1 della L. 56/2014) relativa al subentro, da parte della Regione Lombardia, anche mediante società dalla stessa controllate, in tutte le partecipazioni azionarie di controllo detenute dalla provincia di Milano e le partecipazioni azionarie detenute dalla Provincia di Monza e Brianza nelle società che operano direttamente o per tramite di società controllate o partecipate nella realizzazione e gestione di infrastrutture comunque connesse all'esposizione universale “Expo 2015”. Le modifiche apportate dal comma in esame consistono:

§  nella soppressione del trasferimento alla Città metropolitana di Milano e alla nuova provincia di Monza e di Brianza, in regime di esenzione fiscale, alla data del 31 dicembre 2018, delle partecipazioni originariamente detenute, rispettivamente, dalla provincia di Milano e dalla provincia di Monza e della Brianza (ultimo periodo del comma 49).

Si fa notare che la data del 31 dicembre 2018 è stata posticipata di due anni, rispetto a quella inizialmente fissata al 31 dicembre 2016, dal comma 775 della L. 208/2015, che viene contestualmente abrogato dal successivo comma 138.

§  nella conseguente soppressione della norma (recata dal quinto periodo del comma 49-bis) che disciplina gli effetti finanziari del trasferimento di cui al punto precedente;

In base al quinto periodo del comma 49-bis, l'eventuale differenza tra il valore rivestito dalle partecipazioni al momento del trasferimento, rispettivamente, alla città metropolitana e alla nuova Provincia di Monza e Brianza e quello accertato al momento del subentro da parte della Regione Lombardia costituisce il saldo, positivo o negativo, del trasferimento delle medesime partecipazioni a favore della città metropolitana e della nuova Provincia, che sarà oggetto di regolazione tra le parti.

§  nella conseguente soppressione delle disposizioni (recate dal quarto e quinto periodo del comma 49-ter) che disciplinano la decadenza dei componenti degli organi societari di amministrazione e di controllo in seguito al trasferimento in questione.

Assunzioni per gli enti strumentali degli enti locali e regionali soci di Expo 2015 (co. 139)

Il comma 139, fermo il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, prevede la possibilità, per gli enti pubblici non economici strumentali degli enti locali e regionali soci di Expo 2015 di assumere personale a tempo determinato, con durata fino al 31 dicembre 2019, in deroga ai vincoli assunzionali e finanziari previsti dalla normativa vigente in materia di contratto a tempo determinato (di cui agli articoli da 19 a 29 del D.Lgs. 81/2015).

La norma finalizza la deroga in esame alle attività strettamente funzionali alla manutenzione degli investimenti di compensazione ambientale e per il paesaggio rurale realizzati per l’esposizione universale.

Si ricorda che il richiamato D.Lgs. 81/2015 (attuativo della legge delega in materia di lavoro 183/2014, cd. Jobs act) dispone innanzitutto che al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a trentasei mesi. Inoltre, fatte salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi, e con l'eccezione delle attività stagionali, la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti (conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l'altro) non può superare i trentasei mesi. Un ulteriore contratto a tempo determinato fra gli stessi soggetti, della durata massima di dodici mesi, può essere stipulato presso la direzione territoriale del lavoro competente per territorio. In caso di mancato rispetto della descritta procedura, nonché di superamento del termine stabilito nel medesimo contratto, lo stesso si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data della stipulazione.


 

Articolo 1, comma 140-142
(Fondo da ripartire per il finanziamento degli investimenti
e lo sviluppo infrastrutturale del Paese)

 


140. Nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze è istituito un apposito fondo da ripartire, con una dotazione di 1.900 milioni di euro per l’anno 2017, di 3.150 milioni di euro per l’anno 2018, di 3.500 milioni di euro per l’anno 2019 e di 3.000 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2032, per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, anche al fi ne di pervenire alla soluzione delle questioni oggetto di procedure di infrazione da parte dell’Unione europea, nei settori di spesa relativi a: a) trasporti, viabilità, mobilità sostenibile, sicurezza stradale, riqualificazione e accessibilità delle stazioni ferroviarie; b) infrastrutture, anche relative alla rete idrica e alle opere di collettamento, fognatura e depurazione; c) ricerca; d) difesa del suolo, dissesto idrogeologico, risanamento ambientale e bonifiche; e) edilizia pubblica, compresa quella scolastica; f) attività industriali ad alta tecnologia e sostegno alle esportazioni; g) informatizzazione dell’amministrazione giudiziaria; h) prevenzione del rischio sismico; i) investimenti per la riqualificazione urbana e per la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia; l) eliminazione delle barriere architettoniche. L’utilizzo del fondo di cui al primo periodo è disposto con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri interessati, in relazione ai programmi presentati dalle amministrazioni centrali dello Stato. Gli schemi dei decreti sono trasmessi alle Commissioni parlamentari competenti per materia, le quali esprimono il proprio parere entro trenta giorni dalla data dell’assegnazione; decorso tale termine, i decreti possono essere adottati anche in mancanza del predetto parere. Con i medesimi decreti sono individuati gli interventi da finanziare e i relativi importi, indicando, ove necessario, le modalità di utilizzo dei contributi, sulla base di criteri di economicità e di contenimento della spesa, anche attraverso operazioni finanziarie con oneri di ammortamento a carico del bilancio dello Stato, con la Banca europea per gli investimenti, con la Banca di sviluppo del Consiglio d’Europa, con la Cassa depositi e prestiti Spa e con i soggetti autorizzati all’esercizio dell’attività bancaria ai sensi del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, compatibilmente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica.

141. Al fi ne di garantire il completo finanziamento dei progetti selezionati nell’ambito del Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, di cui all’articolo 1, commi da 974 a 978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, a integrazione delle risorse stanziate sull’apposito capitolo di spesa e di quelle assegnate ai sensi del comma 140 del presente articolo, con delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) sono destinate ulteriori risorse a valere sulle risorse disponibili del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2014-2020.

142. Gli interventi di cui ai commi 140 e 141 del presente articolo sono monitorati ai sensi del decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229.


L’articolo 1, comma 140, istituisce un Fondo per il finanziamento di investimenti in materia di infrastrutture e trasporti, difesa del suolo e dissesto idrogeologico, ricerca, prevenzione del rischio sismico, nonché edilizia pubblica e riqualificazione urbana e sicurezza delle periferie. A tale ultima finalità il comma 141 destina ulteriori finanziamenti, a valere sulle risorse disponibili del Fondo per lo sviluppo e la coesione, per garantire il completo finanziamento dei progetti selezionati nell'ambito del Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia.

 

Istituzione del Fondo (comma 140)

Il comma 140 prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, di un Fondo con una dotazione di 1.900 milioni di euro per l’anno 2017, 3.150 milioni per l’anno 2018, 3.500 milioni per l’anno 2019 e 3.000 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2032.

Il Fondo, oltre ad assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, viene istituito anche al fine di pervenire alla soluzione delle questioni oggetto di procedure di infrazione da parte dell’Unione europea.

Il Fondo generalmente è destinato a finanziare interventi nei seguenti settori:

§  trasporti, viabilità e mobilità sostenibile, sicurezza stradale, riqualificazione e accessibilità delle stazioni ferroviarie;

§  infrastrutture, anche relative alla rete idrica e alle opere di collettamento, fognatura e depurazione;

La disposizione fa generico riferimento agli investimenti in infrastrutture. In tale ambito, merita ricordare che il nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016), in attuazione della legge delega n. 11 del 2016, ha previsto l'abrogazione dei commi da 1 a 5 della legge 21 dicembre 2001, n. 443  (cd. "legge obiettivo") e della disciplina speciale che ha regolato la progettazione, l'approvazione dei progetti e la realizzazione delle infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale (contenuta nel decreto legislativo n. 163 del 2006). Il nuovo Codice provvede a definire una nuova disciplina per la programmazione e il finanziamento delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese (artt. 200-203). Sono individuati due strumenti per la pianificazione e la programmazione: il piano generale dei trasporti e della logistica e i documenti pluriennali di pianificazione (DPP). Per una disamina delle disposizioni in materia di infrastrutture strategiche adottate nel corso della legislatura si rinvia al relativo tema.

Si ricorda, inoltre, che il regolamento di cui al D.P.R. n. 194 del 2016 (pubblicato nella G.U. del 27 ottobre 2016) reca norme per la semplificazione  e l'accelerazione di procedimenti amministrativi necessari per la localizzazione, la progettazione e la realizzazione di rilevanti insediamenti produttivi, opere di rilevante impatto sul territorio o di attività imprenditoriali suscettibili di avere positivi effetti sull'economia o sull'occupazione.

§  ricerca;

§  difesa del suolo e dissesto idrogeologico, nonché risanamento ambientale e bonifiche;

Le norme adottate nel corso della legislatura hanno riguardato, da un lato, la disciplina della governance, il coordinamento e la gestione degli interventi, dall’altro, le risorse finanziarie. È stata istituita la struttura di missione contro il dissesto idrogeologico con funzioni di coordinamento in ordine alla programmazione, progettazione e realizzazione di tali interventi. La tabella E della legge di stabilità per il 2016 (L. 208/2015) ha disposto un rifinanziamento di 1.950 milioni di euro (50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017, 150 milioni di euro per il 2018 e 1.700 milioni di euro per gli anni 2019 e successivi) dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 111, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), utilizzata per la copertura delle esigenze della programmazione antecedente al 2015 nonché della nuova programmazione 2015-2020. Per quanto riguarda le bonifiche, si rinvia al tema web Bonifiche dei siti inquinati e danno ambientale.

§  edilizia pubblica, compresa quella scolastica;

§  attività industriali ad alta tecnologia e sostegno alle esportazioni;

§  informatizzazione dell’amministrazione giudiziaria;

Le risorse stanziate per l’informatizzazione dei servizi della giustizia si ricollegano essenzialmente all’avvio del processo telematico che ha, per ora, trovato principale attuazione nel settore civile.

Un Piano straordinario per la digitalizzazione della giustizia da attuare entro 18 mesi era stato presentato nel marzo 2011. Tale intervento si inquadrava nel Piano e-Gov 2012 che individua nella digitalizzazione della Giustizia un obiettivo prioritario. Le risorse stanziate (rilasciate per stadi di avanzamento) ammontavano a 50 milioni di euro messi a disposizione dal Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, tramite il Dipartimento per la digitalizzazione e l’innovazione tecnologica.

Nel bilancio 2016 - nella nota integrativa al bilancio del Ministero della giustizia – venivano indicate risorse per 22,5 mln nel 2016 per l’accelerazione del processo telematico, 17,8 mln nel 2017 e 16,4 mln nel 2018. Nello stesso bilancio 2016, sul cap. 1536 (Fondo interventi strategici finalizzati al recupero efficienza sistema giudiziario e al completamento del processo telematico) erano previsti complessivi 76,6 mln.

L’atto di indirizzo del Ministro della giustizia per il 2017 indica, tra le priorità politiche, la diffusione dei progetti di innovazione per gli uffici giudiziari. In tale ambito si prevede di attingere in modo organico dalle risorse provenienti dai fondi europei per il finanziamento, tra l’altro, dell’estensione del processo civile telematico agli uffici del giudice di pace e dello sviluppo del processo penale telematico.

Nel bilancio 2017, sul cap. 1536, sono stanziati per il processo telematico complessivi 75,7 mln per il 2017, 82,5 mln per il 2018 e 82,5 mln per il 2019.

Nell’attuale legislatura, in relazione al processo civile, la legge di stabilità 2013 (L. n. 228/2012, art. 1, comma 19) - per l'adeguamento dei sistemi informativi hardware e software presso gli uffici giudiziari, per il potenziamento delle reti di trasmissione dati, per la manutenzione dei relativi servizi nonché per gli oneri connessi alla formazione del personale di magistratura, amministrativo e tecnico - ha autorizzato la spesa di 1,32 mln di euro per l'anno 2012, di 5 mln. per il 2013 e di 3,6 mln. a decorrere dall'anno 2014. L’onere è finanziato con quota parte delle maggiori entrate derivanti dall’aumento del contributo unificato nel processo civile previsto dall’art. 28, comma 2, della legge di stabilità 2012 (Legge. n. 183 del 2011).

Per quanto riguarda la digitalizzazione del processo amministrativo e del processo contabile, rispettivamente, l’art. 13 del Codice del processo amministrativo (D.Lgs. 104/2010) e l’art. 20-bis del D.L. n. 179/2012, non hanno previsto specifici stanziamenti, stabilendo che si dovesse provvedere nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Analogamente, per l’attuazione del processo tributario telematico, prevista dal D.L. n. 98/2011 (art. 39, comma 8) e già operativo in alcune regioni, non risultano previste specifiche risorse.

§  prevenzione del rischio sismico.

Per una disamina delle principali norme vigenti in materia di prevenzione sismica, si rinvia al relativo paragrafo del tema web terremoti. In tale ambito, si ricorda che l’articolo 11 del D.L. 39/2009 ha  istituito il Fondo per la prevenzione del rischio sismico. L’VIII Commissione (Ambiente) della Camera sta svolgendo un'indagine conoscitiva sulle politiche di prevenzione antisismica e sui modelli di ricostruzione a seguito degli eventi sismici del 24 agosto 2016.

 

§  la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia;

Per una disamina degli interventi adottati nella XVII legislatura in tale ambito, si veda la sezione “le politiche di riqualificazione urbana” del tema urbanistica sul sito web della Camera.

§  l’eliminazione delle barriere architettoniche.

 

L’operatività del Fondo sarà disciplinata con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con i Ministri interessati, in relazione ai programmi presentati dalle amministrazioni centrali dello Stato. Con tali decreti devono essere individuati gli interventi da finanziare e i relativi importi.

Gli schemi di decreto sono trasmessi alle Commissioni parlamentari competenti per materia, le quali esprimono il proprio parere entro trenta giorni dalla data dell’assegnazione; decorso tale termine, i decreti possono essere adottati anche in mancanza di tale parere.

La norma prevede, inoltre, che i predetti provvedimenti devono  indicare le modalità di utilizzo dei contributi, sulla base di criteri di economicità e contenimento della spesa, anche attraverso operazioni finanziarie con oneri di ammortamento a carico del bilancio dello Stato, con la Banca europea per gli investimenti (BEI), con la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa (CEB), con la Cassa depositi e prestiti S.p.A. e con i soggetti autorizzati all’esercizio dell’attività bancaria, compatibilmente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica.

Si segnala come tale modalità di utilizzo dei contributi, che ne prevede l’impiego anche con ricorso ad operazioni con diverse tipologie di soggetti finanziatori, sia già stata prevista in altre disposizioni legislative, quali in particolare:

§  il recente decreto-legge n.189 del 2016 (convertito con modificazioni dalla legge 229/2016) sul sisma del 2016 in Italia centrale, il cui articolo 5, comma 6 prevede che il commissario straordinario possa stipulare appositi mutui (di durata massima venticinquennale) con oneri di ammortamento a carico del bilancio dello Stato - pagati agli istituti finanziatori direttamente dallo Stato- con i medesimi soggetti finanziatori previsti dal comma in esame;

§  l’articolo 10 del decreto-legge n.104 del 2013 (L. n. 128/2013) ove, anche in tal caso, si fa riferimento ai soggetti finanziatori previsti dall’articolo 21 in questione, e si dispone il pagamento diretto ai soggetti medesimi da parte dello Stato.

Destinazione di ulteriori risorse  al Programma di intervento per la riqualificazione e la sicurezza delle periferie (comma 141)

Il comma 141 prevede che con una delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) siano destinate ulteriori risorse a valere sulle risorse disponibili del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2014-2020, al fine di garantire il completo finanziamento dei progetti selezionati nell'ambito del Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, di cui all'articolo 1, commi da 974 a 978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016).

La norma in esame prevede altresì che le suddette risorse per il completamento del finanziamento dei progetti selezionati del citato Programma straordinario integrino le risorse stanziate sull'apposito capitolo di spesa del Ministero dell’economia (2097) e quelle assegnate a valere sul Fondo istituito dal comma 140.

 

Il citato comma 974 della legge 208/2015 (legge di stabilità 2015)  ha istituito, per l'anno 2016, il Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, finalizzato alla realizzazione di interventi urgenti per la rigenerazione delle aree urbane degradate.

A tale fine, il comma 978 ha istituito un Fondo per l'attuazione del Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie, da trasferire al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri con una dotazione finanziaria di 500 milioni di euro per l'anno 2016 sul capitolo 2097 del Ministero dell’economia.

In particolare, le suddette disposizioni, che ricalcano quanto previsto dal  Piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate, previsto dai commi 431-434 (cap. 2099 del MEF) della legge di stabilità 2015 (L. 190/2014) sono dirette ai comuni maggiori, al fine di realizzare interventi urgenti per la rigenerazione delle aree urbane degradate, l'accrescimento della sicurezza territoriale, il potenziamento della mobilità sostenibile, lo sviluppo di pratiche di inclusione sociale, l'adeguamento delle infrastrutture destinate ai servizi sociali, culturali, educativi e didattici (comma 974).

È previsto altresì che entro il 31 gennaio 2016 venga emanato il bando con un apposito D.P.C.M. da adottare di concerto con i Ministeri dell'economia, delle infrastrutture e dei beni culturali e sentita la Conferenza unificata (comma 975), finalizzato altresì all’istituzione del "Nucleo di valutazione" dei progetti e per la definizione dei criteri per la valutazione delle proposte (comma 976). Tale bando è stato adottato con il Decreto del presidente del consiglio dei ministri del 25 maggio 2016.

Successivamente, il Presidente del Consiglio dei Ministri emana uno o più decreti per individuare i vincitori, autorizzare la sottoscrizione degli accordi di programma e definire tempi e i modi di realizzazione degli interventi (comma 977).

Monitoraggio degli interventi  (comma 142)

Il comma 142 dispone che gli interventi finanziati con le risorse del Fondo e quelli di cui al comma 141 siano monitorati ai sensi del decreto legislativo n. 229 del 2011.

Si ricorda che il citato decreto ha dato attuazione all’art. 30, comma 9, lettere e), f) e g), della L. n. 196/2009 (legge di contabilità e finanza pubblica), che ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi, al fine di garantire la razionalizzazione, la trasparenza, l'efficienza e l'efficacia delle procedure di spesa relative ai finanziamenti in conto capitale destinati alla realizzazione di opere pubbliche.

Il decreto legislativo si applica a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, della L. n. 196/2009, e ai soggetti destinatari di finanziamenti a carico del bilancio dello Stato finalizzati alla realizzazione di opere pubbliche (art. 1, comma 1). Il decreto introduce nuovi obblighi informativi, e opera anche un coordinamento con gli adempimenti previsti dal Codice dei contratti pubblici in merito alla trasmissione dei dati all’autorità di vigilanza. E' prevista l’istituzione, presso ciascuna amministrazione, di un sistema gestionale informatizzato contenente tutte le informazioni inerenti l’intero processo realizzativo dell’opera, con obbligo, tra l’altro, di subordinare l’erogazione dei finanziamenti pubblici all’effettivo adempimento degli obblighi di comunicazione ivi previsti. La definizione dei contenuti informativi minimi del sistema informativo in argomento è demandata ad un apposito decreto del Ministero dell’economia e delle finanze (art. 5), che è stato emanato in data 26 febbraio 2013 e pubblicato nella G.U. 5 marzo 2013, n. 54.

Il decreto prevede che le amministrazioni provvedano a comunicare i dati, con cadenza almeno trimestrale, alla banca dati istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze – Ragioneria Generale dello Stato, ai sensi dell'art. 13 della L. n. 196/2009, denominata «banca dati delle amministrazioni pubbliche».

L’art. 4 del D.Lgs. n. 229/2011 disciplina poi il definanziamento per mancato avvio dell'opera.

Articolo 1, comma 143
(Fondo per la realizzazione degli investimenti per la conservazione della fauna e della flora per la salvaguardia
della biodiversità e dell'ecosistema marino)

 

143. Presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare è istituito un fondo per la realizzazione degli investimenti per la conservazione della fauna e della flora e per la salvaguardia della biodiversità e dell’ecosistema marino con una dotazione finanziaria di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2021.

 

 

Istituzione di un Fondo per la realizzazione di investimenti per la conservazione della fauna e della flora e per la salvaguardia della biodiversità e dell'ecosistema marino presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

 

Il comma 143 prevede l'istituzione, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di un Fondo per la realizzazione degli investimenti per la conservazione della fauna e della flora e per la salvaguardia della biodiversità e dell'ecosistema marino.

La dotazione finanziaria attribuita è pari a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2021.

 

 

Si ricorda che gli Stati membri in materia connessa alla tutela dell'ecosistema possono accedere anche a fondi dell'Unione europea di tutela ambientale.

In particolare, il programma Life è lo strumento finanziario dell'UE che fornisce supporto alla conservazione ambientale ed a progetti relativi al clima. Attivo dal 1992, è stato prorogato per il periodo 2014-2020 con il regolamento (UE) n. 1293/2013. La dotazione prevista per l'intero periodo ammonta a 3,4 miliardi di euro.

Il programma si articola in due componenti: clima e ambiente. Quest'ultima copre tre aree di priorità: ambiente ed efficienza energetica; natura e biodiversità; governance ambientale ed informazione.

Il regolamento (UE) n. 1923/2013 ha altresì previsto la realizzazione di "progetti integrati", che permettono di finanziare piani, programmi e strategie sviluppate a livello regionale, multi-regionale o nazionale.

L'art. 2, lett. d) del citato regolamento (UE) n. 1923/2013 definisce i progetti integrati come quelli "finalizzati ad attuare su una vasta scala territoriale, in particolare regionale, multi-regionale, nazionale o transnazionale, piani o strategie ambientali o climatici previsti dalla legislazione dell'Unione in materia ambientale o climatica, sviluppati sulla base di altri atti dell'Unione o elaborati dalle autorità degli Stati membri principalmente nei settori della natura, inclusa, tra l'altro, la gestione della rete Natura 2000, dell'acqua, dei rifiuti, dell'aria nonché della mitigazione dei cambiamenti climatici e dell'adattamento ai medesimi, garantendo nel contempo la partecipazione delle parti interessate e promuovendo il coordinamento e la mobilitazione di almeno un'altra fonte di finanziamento dell'Unione, nazionale o privata pertinente".

Le premesse al regolamento esplicitano che i progetti integrati dovrebbero, tra l'altro, fornire esempi di buone pratiche per un'attuazione efficace e ben coordinata della politica ambientale e climatica dell'Unione negli Stati membri e nelle regioni (par. 24). Pur essendo incentrati sui temi individuati, dovrebbero inoltre costituire meccanismi di attuazione plurifunzionali (ad esempio finalizzati a garantire benefici ambientali e rafforzamento delle capacità) che consentono di ottenere risultati in altri settori, in particolare l'ambiente marino (par. 25).

 

Per l'Italia è stato approvato il progetto integrato LIFE IP Gestire 2020 con l'obiettivo di dare vita ad una struttura di gestione integrata regionale in Lombardia. Il progetto prevede, tra l'altro, di incrementare l'efficacia delle azioni di conservazione della biodiversità (ad esempio nell'affrontare il problema delle specie esotiche invasive). Le attività avranno luogo tra il 2016 ed il 2023, con un budget totale di ca. 17 milioni di euro, 10 dei quali provenienti dall'Unione europea.

Attività ambientali possono, inoltre, essere finanziate anche tramite il Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR) o il Fondo sociale europeo (FSE) nella forma, ad esempio, di formazione per giovani ed imprenditori per la creazione di posti di lavoro "verdi.


 

Articolo 1, commi 144 e 145
(Realizzazione di ciclovie turistiche)

 

144. Per lo sviluppo del sistema nazionale di ciclovie turistiche di cui all’articolo 1, comma 640, primo periodo, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è autorizzata l’ulteriore spesa di 13 milioni di euro per l’anno 2017, di 30 milioni di euro per l’anno 2018 e di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2024.

145. Le risorse di cui al comma 144 sono destinate alla realizzazione di progetti individuati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

 

 

L’articolo 1, comma 144, attribuisce ulteriori risorse per la progettazione e la realizzazione di un sistema nazionale di ciclovie turistiche, nonché per la progettazione e la realizzazione di ciclostazioni e di interventi concernenti la sicurezza della circolazione ciclistica cittadina, ad integrazione di quanto stanziato ai sensi dell’articolo 1, comma 640, della legge n. 208 del 2015. Il comma 145 precisa che i progetti finanziati a valere su tali risorse saranno individuati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

 

Al fine di realizzare gli interventi descritti sono attribuite risorse per 13 milioni di euro per l'anno 2017, di 30 milioni di euro per l'anno 2018 e di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2024.

 

Le norme in commento si pongono quindi in continuità con quanto stabilito dall’articolo 1, comma 640, della scorsa legge di stabilità (legge n. 208 del 2015) che aveva assegnato 17 milioni di euro per l’anno 2016 e 37 milioni di euro per gli anni 2017 e 2018 per le finalità sopra indicate.

A differenza della disposizione del comma 144, che non prevede interventi prioritari specifici, rimettendo l’individuazione dei progetti finanziati a un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, l’articolo 1, comma 640, individuava quattro interventi connotati da priorità e precisamente: la ciclovia del Sole Verona-Firenze; la ciclovia VenTo Venezia Torino; il Grab Roma e la Ciclovia dell'acquedotto pugliese da Caposele (AV) a Santa Maria di Leuca (LE) attraverso la Campania, la Basilicata e la Puglia.

 

Rispetto a tali interventi, il 27 luglio 2016 sono stati sottoscritti i primi tre protocolli d'intesa tra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro per i beni e le attività culturali e del turismo e le regioni competenti, per la progettazione e la realizzazione delle ciclovie turistiche nazionali citate. I tre protocolli d’intesa riguardano in particolare la progettazione e la realizzazione della Ciclovia Ven-To, da Venezia (VE) a Torino (TO); la Ciclovia del Sole, da Verona (VR) a Firenze (FI) e la Ciclovia dell'Acquedotto Pugliese, da Caposele (AV) a Santa Maria di Leuca (LE).

Il 21 settembre 2016 è stato sottoscritto il protocollo d’intesa per il "GRAB", il Grande Raccordo Anulare delle Bici, tra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il sindaco di Roma Capitale, che avvia il percorso amministrativo per la progettazione e la realizzazione delle opere relative alla citata ciclovia.

I protocolli d’intesa sottoscritti prevedono che i soggetti interessati assumano le decisioni necessarie per la progettazione, la predisposizione delle gare e la realizzazione degli interventi ed individuano anche un cronoprogramma che, dopo la sottoscrizione dei protocolli e lo stanziamento dei fondi per la progettazione, preveda la progettazione dei tracciati, la stipula di accordi di programma con gli enti locali interessati dai percorsi, le prime gare per la realizzazione delle ciclovie e l’apertura dei primi cantieri entro l’anno 2017. La chiusura dei primi cantieri è prevista per l’anno 2018. In tale anno dovrebbero essere effettuate ulteriori gare per la realizzazione delle ciclovie con l'apertura e la chiusura degli ultimi cantieri.

Il 4 maggio 2016, è stato presentato dal Ministro delle infrastrutture e trasporti, un masterplan per dare vita ad una rete infrastrutturale italiana delle ciclovie turistiche.

 

Si segnala inoltre che in materia di mobilità ciclistica sono in corso di esame i seguenti provvedimenti legislativi:

a)    la proposta di legge C. 2305 “Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica” rispetto alla quale è stato concluso l’esame in sede referente e, dopo la discussione generale svoltasi nella giornata del 17 ottobre 2016, è stato deliberato, nella seduta del 19 ottobre 2016, il rinvio in Commissione IX.

Nell’ambito della citata proposta di legge è prevista una definizione di ciclovia. A differenza della pista ciclabile, definita normativamente nel codice della strada, non esiste infatti una definizione normativa nazionale di ciclovia o di ciclostrada.

All’articolo 1 della citata proposta di legge la ciclovia è definita come “un itinerario che consenta il transito delle biciclette nelle due direzioni, dotato di diversi livelli di protezione determinati da provvedimenti o infrastrutture che rendono la percorrenza ciclistica più agevole e sicura”. Tale definizione è analoga a quella prevista dalla legge regionale n. 1 del 23 gennaio 2013, della regione Puglia, e dalla legge regionale n. 3, della regione Abruzzo che definiscono le ciclovie come “itinerari idonei al transito delle biciclette, dotati di diversi livelli di protezione determinati da provvedimenti e/o infrastrutture che rendono agevole la percorrenza ciclistica e le assicurano gradi di sicurezza variabili”. Tali leggi, in maniera analoga a quanto previsto dalla proposta di legge A. C. 2305, qualificano anche le diverse categorie di ciclovie (nell’ambito delle quali rientrano, ad esempio, le piste ciclabili, le corsie ciclabili, le strade ciclabili e altro).

b)   il testo unificato dei progetti di legge delega per la riforma del codice della strada (T. U. C. 731 e C. 1588), approvato dalla Camera dei deputati il 9 ottobre 2014 ed attualmente all'esame del Senato (S. 1638) che contiene anche principi di delega in materia di mobilità ciclistica;

c)    l’A.C. 72 e abbinate, concernente “Norme per la tutela e la valorizzazione del patrimonio ferroviario in abbandono e la realizzazione di una rete della mobilità dolce” che contiene anche alcune norme in tema di mobilità ciclistica.


 

Articolo 1, comma 146
(Criteri di indennizzo dei figli delle vittime
di omicidio commesso dal coniuge)

 

146. All’articolo 11, comma 3, della legge 7 luglio 2016, n. 122, sono aggiunte, in fi ne, le seguenti parole: «e, in particolare, ai fi gli della vittima in caso di omicidio commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa».

 

 

Il comma 146 prevede che nella determinazione dei limiti dell’indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti sia assicurato, in particolare, un maggior ristoro ai figli della vittima di omicidio commesso dal coniuge/partner.

 

La disposizione modifica il comma 3 dell'articolo 11 della legge 7 luglio 2016, n. 122 (Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2015-2016), prevedendo che il decreto ministeriale che dovrà determinare - nell'ambito delle risorse del Fondo di rotazione di cui all’articolo 14 della suddetta legge - i limiti dell’indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti debba assicurare, in particolare, un maggior ristoro ai figli della vittima di omicidio commesso dal coniuge (o dall’ex coniuge) nonché da persona che ad essa è stata legata da relazione affettiva.

 

L’articolo 11 della legge n. 122 del 2016  statuisce, in attuazione della direttiva 2004/80/CE, in ordine al diritto all’indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti. Più in particolare il comma 1 della disposizione riconosce, facendo salve le provvidenze in favore delle vittime di determinati reati previste da altre disposizioni di legge, ove più favorevoli, il diritto all'indennizzo a carico dello Stato alla vittima di un reato doloso commesso con violenza alla persona e comunque del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, ad eccezione dei reati di percosse e di lesioni non aggravati. Ai sensi del comma 2 l'indennizzo è concesso per la rifusione delle spese mediche e assistenziali, salvo che per i fatti di violenza sessuale e di omicidio, in favore delle cui vittime l'indennizzo è comunque elargito anche in assenza di spese mediche e assistenziali. Il comma 3 demanda ad un successivo decreto interministeriale (decreto del Ministro dell'interno e del Ministro della giustizia, da adottarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze) la determinazione degli importi dell'indennizzo, garantendo un maggior ristoro alle vittime dei reati di violenza sessuale e di omicidio.

L’articolo 14 della stessa legge europea rinomina il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura come “Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti”, attribuendo ad esso anche la copertura degli indennizzi delle vittime dei reati intenzionali violenti.

 

Si ricorda che i commi 351 e 352 dell'articolo 1 della legge destinano all’indennizzo delle vittime dei reati  intenzionali violenti le somme dovute a titolo di sanzione pecuniaria civile (si rinvia alla relativa scheda di lettura per la ricostruzione della disciplina legislativa in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali).

 


 

Articolo 1, comma 147
(Interventi sugli impianti sportivi)

 


147. Dopo il comma 3 dell’articolo 15 del decreto-legge 25 novembre 2015, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 2016, n. 9, è inserito il seguente:

«3 -bis . Nel caso in cui il progetto ammesso sia già stato finanziato con altre risorse pubbliche diverse da quelle stanziate dal presente articolo, il relativo intervento è escluso dal piano pluriennale degli interventi. Resta salva la possibilità che, in sede di rimodulazione annuale del piano, le risorse equivalenti siano destinate, su richiesta del proponente, previa valutazione da parte del CONI dei requisiti necessari e previo accordo con l’ente proprietario, al finanziamento di altri interventi relativi a proposte presentate dallo stesso soggetto proponente, negli stessi modi e termini già previsti dal CONI, che abbiano analogo o inferiore importo e che posseggano i requisiti previsti». 


 

 

Il comma 147 riguarda l’utilizzo delle risorse del Fondo “Sport e periferie”.

 

In particolare, esclude dal piano pluriennale degli interventi per il potenziamento dell'attività sportiva in aree svantaggiate e zone periferiche urbane, finanziato con le risorse del Fondo “Sport e Periferie” (art. 15 del D.L. n. 185/2015-L. n. 9/2016), i progetti ammessi nel piano, già finanziati con altre risorse pubbliche.

È fatta salva la possibilità, in sede di rimodulazione annuale del piano, di destinare le relative risorse al finanziamento di altri interventi relativi a proposte presentate dal medesimo soggetto, nei termini e nei modi già previsti dal CONI, purché risultino di analogo o inferiore importo e posseggano i requisiti richiesti. A tal fine, sono necessari la richiesta del proponente, la previa valutazione del CONI e il previo accordo con l’ente proprietario.

Allo scopo, introduce il comma 3-bis nell’art. 15 del citato D.L. n. 185/2015.

 

L’art. 15 del D.L. 185/2015 (L. 9/2016) ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, per essere poi trasferito al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri e, da qui, al CONI, il Fondo “Sport e periferie”, dotato di € 20 mln nel 2015, € 50 mln nel 2016, ed € 30 mln nel 2017 e finalizzato, in particolare, al potenziamento dell’attività sportiva agonistica e allo sviluppo della relativa cultura in aree svantaggiate e zone periferiche urbane[29].

Per la realizzazione degli interventi – per la quale è possibile utilizzare le procedure semplificate previste dalla legge di stabilità 2014 (art. 1, co. 304, L. 147/2013) - ha previsto la presentazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri, da parte del CONI, entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, di un piano relativo ai primi interventi urgenti e, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, di un piano pluriennale degli interventi, rimodulabile entro il 28 febbraio di ogni anno, disponendone l’approvazione con DPCM.

Infine, ha disposto che il CONI presenta alla Presidenza del Consiglio dei ministri una relazione annuale sull’utilizzo dei fondi assegnati e sullo stato di realizzazione degli interventi finanziati con il Fondo. La Presidenza del Consiglio dei ministri, a sua volta, trasmette la relazione alle Camere.

Il piano degli interventi urgenti è stato approvato con DPCM 1 febbraio 2016, per un costo complessivo di € 27.500.000.

Le modalità di presentazione delle proposte di intervento in vista della predisposizione del piano pluriennale sono state pubblicate dal CONI sul proprio sito il 3 febbraio 2016 e prevedono, fra l’altro, la previa sottoscrizione di accordi con i soggetti proprietari.

La proposta di piano pluriennale – che, in base alle informazioni disponibili, al 14 dicembre 2016, sul sito del CONI, è in attesa di approvazione da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri e di registrazione presso gli organi di controllo - è stata presentata il 12 ottobre 2016.


 

Articolo 1, commi 148-159
(
Misure per l’attrazione degli investimenti)

 


148. Al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dopo l’articolo 26 è inserito il seguente:

«Art. 26 -bis (Ingresso e soggiorno per investitori). — 1. L’ingresso e il soggiorno per periodi superiori a tre mesi sono consentiti, al di fuori delle quote di cui all’articolo 3, comma 4, agli stranieri che intendono effettuare:

a) un investimento di almeno euro 2.000.000 in titoli emessi dal Governo italiano e che vengano mantenuti per almeno due anni;

b) un investimento di almeno euro 1.000.000 in strumenti rappresentativi del capitale di una società costituita e operante in Italia mantenuto per almeno due anni ovvero di almeno euro 500.000 nel caso tale società sia una start-up innovativa iscritta nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all’articolo 25, comma 8, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221; c) una donazione a carattere filantropico di almeno

euro 1.000.000 a sostegno di un progetto di pubblico interesse, nei settori della cultura, istruzione, gestione dell’immigrazione, ricerca scientifica, recupero di beni culturali e paesaggistici e che:

1) dimostrano di essere titolari e beneficiari effettivi di un importo almeno pari a euro 2.000.000, nel caso di cui alla lettera a) , o euro 1.000.000, nei casi di cui alla lettera b) e alla presente lettera, importo che deve essere in ciascun caso disponibile e trasferibile in Italia;

2) presentano una dichiarazione scritta in cui si impegnano a utilizzare i fondi di cui al numero 1) per effettuare un investimento o una donazione filantropica che rispettino i criteri di cui alle lettere a) e b) e alla presente lettera, entro tre mesi dalla data di ingresso in Italia;

3) dimostrano di avere risorse sufficienti, in aggiunta rispetto ai fondi di cui al numero 1) e in misura almeno superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria, per il proprio mantenimento durante il soggiorno in Italia.

2. Per l’accertamento dei requisiti previsti dal comma 1, lo straniero richiedente deve presentare mediante procedura da definire con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’interno e con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i seguenti documenti:

a) copia del documento di viaggio in corso di validità con scadenza superiore di almeno tre mesi a quella del visto richiesto;

b) documentazione comprovante la disponibilità della somma minima prevista al comma 1, lettera c) , numero 1), e che tale somma può essere trasferita in Italia;

c) certificazione della provenienza lecita dei fondi di cui al comma 1, lettera c) , numero 1);

d) dichiarazione scritta di cui al comma 1, lettera c) , numero 2), contenente una descrizione dettagliata delle caratteristiche e dei destinatari dell’investimento o della donazione.

3. L’autorità amministrativa individuata con il decreto di cui al comma 2, all’esito di una valutazione positiva della documentazione ricevuta, trasmette il nulla osta alla rappresentanza diplomatica o consolare competente per territorio che, compiuti gli accertamenti di rito, rilascia il visto di ingresso per investitori con l’espressa indicazione “visto investitori”.

4. Ferma restando l’applicazione del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, ai fi ni della preliminare verifica sulla sussistenza delle condizioni per il rilascio del nulla osta di cui al comma 3, l’autorità amministrativa individuata con il decreto di cui al comma 2 del presente articolo trasmette tempestivamente all’Unità di informazione finanziaria le comunicazioni che attestano la provenienza lecita dei fondi unitamente ad ogni altra informazione, documento o atto disponibile sul soggetto che intende avvalersi della procedura di cui al medesimo comma 2, che siano ritenuti utili ai fi ni della verifica. Con il decreto di cui al comma 2 sono altresì disciplinate le forme e le modalità di attuazione delle predette verifiche preliminari, da concludere entro quindici giorni dalla trasmissione della documentazione di cui al primo periodo, del relativo scambio di informazioni e della partecipazione richiesta agli organi di cui all’articolo 8, comma 2, del medesimo decreto legislativo n. 231 del 2007.

5. Al titolare del visto per investitori è rilasciato, in conformità alle disposizioni del presente testo unico, un permesso di soggiorno biennale recante la dicitura “per investitori”, revocabile anche prima della scadenza quando l’autorità amministrativa individuata con il decreto di cui al comma 2 comunica alla questura che lo straniero non ha effettuato l’investimento o la donazione di cui al comma 1 entro tre mesi dalla data di ingresso in Italia o ha dismesso l’investimento prima della scadenza del termine di due anni di cui al comma 1, lettere a) e b) .

6. Il permesso di soggiorno per investitori è rinnovabile per periodi ulteriori di tre anni, previa valutazione positiva, da parte dell’autorità amministrativa individuata con il decreto di cui al comma 2, della documentazione comprovante che la somma di cui al comma 1 è stata interamente impiegata entro tre mesi dalla data di ingresso in Italia e che risulta ancora investita negli strumenti finanziari di cui al comma 1.

7. Ai fi ni del rinnovo del permesso di soggiorno, l’autorità amministrativa individuata con il decreto di cui al comma 2, all’esito di una valutazione positiva della documentazione ricevuta, trasmette il nulla osta alla questura della provincia in cui il richiedente dimora, che provvede al rinnovo del permesso di soggiorno.

8. Ai sensi dell’articolo 29, comma 4, è consentito l’ingresso, al seguito dello straniero detentore del visto per investitori, dei familiari con i quali è consentito il ricongiungimento ai sensi dello stesso articolo 29. Ai familiari è rilasciato un visto per motivi familiari ai sensi dell’articolo 30.

9. Chiunque, nell’ambito della procedura di cui al presente articolo, esibisce o trasmette atti o documenti falsi, in tutto o in parte, ovvero fornisce dati e notizie non rispondenti al vero è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. In relazione alla certificazione di cui al comma 2, lettera c) , del presente articolo, resta ferma  l’applicabilità degli articoli 648 -bis , 648 -ter e 648 -ter .1 del codice penale e dell’articolo 12 -quinquies del decreto- legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356».

149. All’articolo 44, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, le parole: «dalla data di entrata in vigore del presente decreto ed entro i sette anni solari successivi» sono soppresse.

150. All’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, alinea:

1) le parole: «Il reddito di lavoro dipendente prodotto » sono sostituite dalle seguenti: «I redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti»;

2) le parole: «settanta per cento» sono sostituite dalle seguenti: «cinquanta per cento»;

b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1 -bis . Le condizioni di cui al comma 1, lettere b) e d) , non si applicano ai lavoratori autonomi»;

c) al comma 2 è aggiunto, in fi ne, il seguente periodo: «Il criterio di determinazione del reddito di cui al comma 1 si applica anche ai cittadini di Stati diversi da quelli appartenenti all’Unione europea, con i quali sia in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito ovvero un accordo sullo scambio di informazioni in materia fi scale, in possesso di un diploma di laurea, che hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi ovvero che hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, conseguendo un diploma di laurea o una specializzazione post lauream ».

151. Le disposizioni di cui al comma 150, lettera a) , numero 2), e lettera c) , si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 1º gennaio 2017. Le medesime disposizioni di cui al comma 150, lettera a) , numero 2), si applicano, per i periodi d’imposta dal 2017 al 2020, anche ai lavoratori dipendenti che nell’anno 2016 hanno trasferito la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e ai soggetti che nel medesimo anno 2016 hanno esercitato l’opzione ai sensi del comma 4 dell’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.

152. Al capo I del titolo I del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è aggiunto, in fi ne, il seguente articolo:

«Art. 24 -bis (Opzione per l’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero realizzati da persone fi siche che trasferiscono la propria residenza fi scale in Italia). — 1. Le persone fi siche che trasferiscono la propria residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2, comma 2, possono optare per l’assoggettamento all’imposta sostitutiva, di cui al comma 2 del presente articolo, dei redditi prodotti all’estero individuati secondo i criteri di cui all’articolo 165, comma 2, a condizione che non siano state fiscalmente residenti in Italia, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, per un tempo almeno pari a nove periodi d’imposta nel corso dei dieci precedenti l’inizio del periodo di validità dell’opzione. L’imposta sostitutiva non si applica ai redditi di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c) , realizzati nei primi cinque periodi d’imposta di validità dell’opzione, che rimangono soggetti al regime ordinario di imposizione di cui all’articolo 68, comma 3.

2. Per effetto dell’esercizio dell’opzione di cui al comma 1, relativamente ai redditi prodotti all’estero di cui al comma 1 è dovuta un’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi delle persone fi siche calcolata in via forfetaria, a prescindere dall’importo dei redditi percepiti, nella misura di euro 100.000 per ciascun periodo d’imposta in cui è valida la predetta opzione. Tale importo è ridotto a euro 25.000 per ciascun periodo d’imposta per ciascuno dei familiari di cui al comma 6. L’imposta è versata in un’unica soluzione entro la data prevista per il versamento del saldo delle imposte sui redditi. Per l’accertamento, la riscossione, il contenzioso e le sanzioni si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste per l’imposta sul reddito delle persone fi siche. L’imposta non è deducibile da nessun’altra imposta o contributo.

3. L’opzione di cui al comma 1 deve essere esercitata dopo aver ottenuto risposta favorevole a specifica istanza di interpello presentata all’Agenzia delle entrate, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b) , della legge 27 luglio 2000, n. 212, entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui viene trasferita la residenza in Italia ai sensi del comma 1 del presente articolo ed è efficace a decorrere da tale periodo d’imposta. Le persone fi siche di cui al comma 1 indicano nell’opzione la giurisdizione o le giurisdizioni in cui hanno avuto l’ultima residenza fi scale prima dell’esercizio di validità dell’opzione. L’Agenzia delle entrate trasmette tali informazioni, attraverso gli idonei strumenti di cooperazione amministrativa, alle autorità fi scali delle giurisdizioni indicate come luogo di ultima residenza fi scale prima dell’esercizio di validità dell’opzione.

4. L’opzione di cui al comma 1 è revocabile e comunque cessa di produrre effetti decorsi quindici anni dal primo periodo d’imposta di validità dell’opzione. Gli effetti dell’opzione cessano in ogni caso in ipotesi di omesso o parziale versamento, in tutto o in parte, dell’imposta sostitutiva di cui al comma 2 nella misura e nei termini previsti dalle vigenti disposizioni di legge. Sono fatti salvi gli effetti prodotti nei periodi d’imposta precedenti. La revoca o la decadenza dal regime precludono l’esercizio di una nuova opzione.

5. Le persone fi siche di cui al comma 1, per sé o per uno o più dei familiari di cui al comma 6, possono manifestare la facoltà di non avvalersi dell’applicazione dell’imposta sostitutiva con riferimento ai redditi prodotti in uno o più Stati o territori esteri, dandone specifica indicazione in sede di esercizio dell’opzione ovvero con successiva modifica della stessa. Soltanto in tal caso, per i redditi prodotti nei suddetti Stati o territori esteri si applica il regime ordinario e compete il credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero. Ai fi ni dell’individuazione dello Stato o territorio estero in cui sono prodotti i redditi si applicano i medesimi criteri di cui all’articolo 23. 

6. Su richiesta del soggetto che esercita l’opzione di cui al comma 1, l’opzione ivi prevista può essere estesa nel corso di tutto il periodo dell’opzione a uno o più dei familiari di cui all’articolo 433 del codice civile, purché soddisfi no le condizioni di cui al comma 1. In tal caso, il soggetto che esercita l’opzione indica la giurisdizione o le giurisdizioni in cui i familiari a cui si estende il regime avevano l’ultima residenza prima dell’esercizio di validità dell’opzione. L’estensione dell’opzione può essere revocata in relazione a uno o più familiari di cui al periodo precedente. La revoca dall’opzione o la decadenza dal regime del soggetto che esercita l’opzione si estendono anche ai familiari. La decadenza dal regime di uno o più dei familiari per omesso o parziale versamento dell’imposta sostitutiva loro riferita non comporta decadenza dal regime per le persone fi siche di cui al comma 1».

153. I soggetti che esercitano l’opzione di cui all’articolo 24 -bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, introdotto dal comma 152 del presente articolo, per i periodi d’imposta di validità dell’opzione ivi prevista, non sono tenuti agli obblighi di dichiarazione di cui all’articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e sono esenti dalle imposte previste dall’articolo 19, commi 13 e 18, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. La presente disposizione si applica anche ai familiari di cui al comma 6 del citato articolo 24 -bis del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986.

154. Gli effetti dell’opzione di cui all’articolo 24 -bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, introdotto dal comma 152 del presente articolo, non sono cumulabili con quelli previsti dall’articolo 44 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e dall’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.

155. Al fi ne di favorire l’ingresso di significativi investimenti in Italia, anche preordinati ad accrescere i livelli occupazionali, con decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministro dell’interno, sono individuate forme di agevolazione nella trattazione delle domande di visto di ingresso e di permesso di soggiorno applicabili a chi trasferisce la propria residenza fi scale in Italia ai sensi dell’articolo 24 - bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, introdotto dal comma 152 del presente articolo.

156. Con decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministro dell’interno, sono individuate, nel rispetto della normativa vigente nazionale ed europea, forme di agevolazione nella trattazione delle domande di visto di ingresso e di permesso di soggiorno connesse con start-up innovative, con iniziative d’investimento, di formazione avanzata, di ricerca o di mecenatismo, da realizzare anche in partenariato con imprese, università, enti di ricerca e altri soggetti pubblici o privati italiani.

157. Le modalità applicative per l’esercizio, la modifica o la revoca dell’opzione di cui al comma 1 dell’articolo 24 -bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, introdotto dal comma 152 del presente articolo, e per il versamento dell’imposta sostitutiva di cui al comma 2 del medesimo articolo 24 -bis sono individuate con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

158. Per le successioni aperte e le donazioni effettuate nei periodi d’imposta di validità dell’opzione esercitata dal dante causa, ai sensi dell’articolo 24 -bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, introdotto dal comma 152 del presente articolo, l’imposta sulle successioni e donazioni di cui al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, è dovuta limitatamente ai beni e ai diritti esistenti nello Stato al momento della successione o della donazione.

159. Le disposizioni di cui ai commi da 148 a 158 si applicano per la prima volta con riferimento alle dichiarazioni dei redditi relative al periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.


 

 

I commi da 148 a 159 recano una serie di agevolazioni fiscali e finanziarie volte ad attrarre investimenti esteri in Italia.

In primo luogo è introdotta una specifica disciplina, all’interno delle norme in materia di immigrazione, volta a facilitare l’ingresso in Italia di potenziali investitori.

Inoltre, si interviene sugli incentivi per il rientro in Italia di docenti e ricercatori residenti all’estero, rendendo strutturale la misura che consente di abbattere, per un determinato periodo di tempo, la base imponibile a fini IRPEF e IRAP in favore dei predetti soggetti.

Viene esteso ai lavoratori autonomi l’abbattimento della base imponibile IRPEF attualmente spettante ai lavoratori altamente qualificati o specializzati che rientrano in Italia, innalzando anche la misura dell’agevolazione.

Si introduce un’imposta sostitutiva forfettaria sui redditi prodotti all’estero per le persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia, a specifiche condizioni.

Al fine di favorire l’ingresso di significativi investimenti in Italia, anche preordinati ad accrescere i livelli occupazionali, con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell’interno, sono individuate forme di agevolazione nella trattazione delle domande di visto d’ingresso e di permesso di soggiorno applicabili a chi trasferisce la propria residenza fiscale in Italia.

I medesimi Ministri provvedono ad individuare analoghe forme di agevolazione nella trattazione delle domande connesse con start-up innovative, riguardanti iniziative d’investimento, di formazione avanzata, di ricerca o di mecenatismo, da realizzare anche in partenariato con imprese, università, enti di ricerca ed altri soggetti pubblici o privati italiani.

Ingresso e soggiorno per investitori

Il comma 148 introduce una specifica disciplina, all’interno delle norme in materia d’immigrazione, volta a facilitare l’ingresso in Italia di potenziali investitori.

A tal fine viene inserito l’articolo 26-bis nel testo unico immigrazione, di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998 che consente l’ingresso e il soggiorno nello Stato per periodi superiori a tre mesi, al di fuori delle quote annuali di lavoratori non comunitari ammessi nel territorio nazionale (di cui all’articolo 3, comma 4), agli stranieri che intendono effettuare:

a)   un investimento di almeno 2 milioni di euro in titoli emessi dal governo italiano, da mantenere per almeno 2 anni;

b)  un investimento di almeno 1 milione di euro in strumenti rappresentativi del capitale di una società costituita e operante in Italia, mantenuto anche esso per almeno 2 anni; durante l’esame parlamentare l’agevolazione è stata estesa anche agli investimenti di importo inferiore, ossia di almeno euro 500.000, se effettuati in start-up innovative iscritte nell’apposita sezione speciale del registro delle imprese;

c)   una donazione a carattere filantropico di almeno 1 milione di euro a sostegno di un progetto di pubblico interesse, nei settori della cultura, istruzione, gestione dell’immigrazione, ricerca scientifica, recupero di beni culturali e paesaggistici.

Sono richieste le seguenti, ulteriori condizioni per i soggetti predetti. Essi devono:

1)   dimostrare di essere titolari e beneficiari effettivi degli importi corrispondenti agli investimenti o donazioni di cui alle lettere a), b) e c), importo che deve essere in ciascun caso disponibile e trasferibile in Italia;

2)   presentare una dichiarazione scritta in cui si impegnano a utilizzare i fondi predetti per effettuare un investimento o una donazione filantropica, secondo i criteri delle richiamate lettere a), b) e c), entro tre mesi dalla data di ingresso in Italia;

3)   dimostrare di avere risorse sufficienti, in aggiunta rispetto ai fondi di cui sono titolari e beneficiari (di cui al numero 1) e in misura almeno superiore al livello minimo previsto dalla legge per l'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria, per il proprio mantenimento durante il soggiorno in Italia.

 

In proposito è opportuno ricordare che in Italia l'immigrazione dei cittadini stranieri non appartenenti all'Unione europea è regolata secondo il principio della programmazione dei flussi. Ogni anno il Governo, sulla base della necessità di manodopera interna, stabilisce il numero di stranieri che possono entrare nel nostro Paese per motivi di lavoro.

In particolare, la gestione dei flussi di immigrazione è realizzata attraverso una serie di strumenti, tra cui il decreto annuale sui flussi, che determina la quota di ingressi per lavoro subordinato e autonomo consentita nell'anno di riferimento (art. 3, comma 4, T.U.).

Il T.U. immigrazione, prevede accanto a questa procedura ordinaria, la possibilità di assumere al di fuori delle quote fissate dal decreto flussi, e attraverso procedure semplificate, lavoratori appartenenti a specifiche categorie, tra cui: dirigenti; professori universitari; traduttori ed interpreti; artisti e personale artistico e tecnico per spettacoli; sportivi professionisti; giornalisti corrispondenti; infermieri professionali (art. 27).

Successivamente, in attuazione della normativa comunitaria, sono state introdotte specifiche agevolazioni in ordine all'ingresso e al soggiorno di alcune categorie di stranieri quali:

§  volontari (art. 27-bis, introdotto dal D.Lgs. 154/2007 recante attuazione della direttiva 2004/114/UE, relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di Paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato);

§  ricercatori (art. 27-ter introdotto dal D.Lgs. 17/2008 recante attuazione della direttiva 2005/71/UE relativa ad una procedura specificamente concepita per l'ammissione di cittadini di Paesi terzi a fini di ricerca scientifica);

§  lavoratori altamente qualificati destinatari della c.d. Carta blu UE (art. 24-quater introdotto dal D.Lgs. 108/2012 recante attuazione della direttiva 2009/50/UE sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di Paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati);

§  dirigenti, lavoratori specializzati e lavoratori in formazione, nell'ambito di trasferimenti intra-societari (art. 24-quinquies introdotto dallo schema di D.Lgs. recante attuazione della direttiva 2014/66/UE).

 

Il comma 2 dell’inserito l’articolo 26-bis nel testo unico immigrazione demanda l’individuazione della procedura per l’accertamento dei predetti requisiti (su richiesta dello straniero) ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’interno e il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, da emanarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Inoltre stabilisce che lo straniero debba presentare i seguenti documenti:

a)   copia del documento di viaggio in corso di validità con scadenza superiore di almeno tre mesi a quella del visto richiesto;

b)  documentazione comprovante la disponibilità della somma minima necessaria ad effettuare investimenti e donazioni (di cui al comma 1, lettera c), numero 1) dell’articolo 26-bis), e che la somma in questione può essere trasferita in Italia;

c)   certificazione della provenienza lecita dei medesimi fondi

d)  dichiarazione scritta contenente l’impegno a utilizzare i fondi per lo scopo di legge (effettuare un investimento o una donazione filantropica, di cui al comma 1, numero 2)), che contenga una descrizione dettagliata delle caratteristiche e del destinatario/destinatari dell’investimento o donazione.

Ai sensi del comma 3 si prevede che l’autorità amministrativa individuata con le disposizioni attuative delle norme in esame (di cui al comma 2), all’esito di una valutazione positiva della documentazione ricevuta, trasmette il nulla osta alla rappresentanza diplomatica o consolare competente per territorio che, compiuti gli accertamenti di rito, rilascia il visto di ingresso per investitori con l’espressa indicazione “visto investitori”.

 

Il nuovo comma 3-bis, ferma restando l'applicazione della disciplina antiriciclaggio (D.Lgs. n. 231 del 2007), dispone che per la preliminare verifica sulla sussistenza delle condizioni per il rilascio del richiamato nulla osta l'autorità amministrativa trasmette tempestivamente all'Unità di informazione finanziaria le comunicazioni che attestano la provenienza lecita dei fondi.

Unitamente a tali comunicazioni sono trasmessi ogni altra informazione, documento o atto disponibili sul soggetto che intende avvalersi della procedura per ottenere il visto per investitori, i quali siano ritenuti utili ai fini della verifica.

Con le norme attuative (di cui al comma 2 dell’articolo 26-bis) sono altresì disciplinate le forme e le modalità di attuazione delle predette verifiche preliminari, da concludere entro quindici giorni dalla trasmissione della richiamata documentazione, del relativo scambio di informazioni e della partecipazione richiesta agli organi di cui all'articolo 8, comma 2, del medesimo decreto legislativo n. 231 del 2007.

Il comma 4 dispone il rilascio, al titolare del visto per investitori, di un permesso di soggiorno biennale conforme alla normativa nazionale, recante la dicitura “per investitori” e revocabile anche prima della scadenza quando l’autorità amministrativa competente comunica alla questura che lo straniero non ha effettuato l’investimento o la donazione entro tre mesi dalla data di ingresso in Italia. Il visto è revocato anche quando il soggetto interessato ha dismesso l'investimento prima della scadenza del termine di due anni.

 

Si dispone (comma 5) che il permesso di soggiorno “per investitori” è rinnovabile per periodi ulteriori di tre anni, previa valutazione positiva, da parte dell’autorità amministrativa competente, della documentazione comprovante che la somma da destinare a investimenti o donazioni filantropiche è stata interamente impiegata entro tre mesi dalla data di ingresso in Italia e che risulta ancora investita negli strumenti finanziari individuati dalla legge.

Per il rinnovo del permesso di soggiorno (comma 6), l’autorità amministrativa competente, all’esito di una valutazione positiva della documentazione ricevuta, trasmette il nulla osta alla questura della provincia in cui il richiedente dimora che provvede al rinnovo del permesso di soggiorno.

Infine (comma 7), secondo le ordinarie regole relative all’immigrazione, - ai sensi dell’articolo 29, comma 4 del Testo Unico - è consentito l’ingresso, al seguito dello straniero detentore del visto per investitori, dei familiari con cui è consentito il ricongiungimento ai sensi dello stesso dell’articolo 29 T.U. Ad essi è rilasciato un visto per motivi familiari ai sensi dell’articolo 30 T.U.

 

Il T.U. immigrazione prevede la possibilità di esercitare il diritto all’unità familiare attraverso l’istituto del ricongiungimento dei familiari residenti all’Estero, dietro richiesta dello straniero già soggiornante nel nostro Paese e previa disponibilità di un alloggio, di un reddito minimo annuo non inferiore all’assegno sociale e di una assicurazione sanitaria.

È, inoltre, possibile, ai sensi dell’articolo 29, comma 4, l’ingresso del familiare al seguito di uno straniero con idoneo titolo di soggiorno o di visto di ingresso, a condizione che ricorrano i requisiti di disponibilità di cui sopra (alloggio, reddito e assicurazione sanitaria).

 

Il comma 7-bis prevede una nuova ipotesi di reato che si realizza ove, nell'ambito della procedura di richiesta del “visto investitori”, siano esibiti o trasmessi atti o documenti falsi ovvero siano forniti dati e notizie non rispondenti al vero. In tali ipotesi si prevede la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. In relazione alla certificazione sulla provenienza lecita dei fondi per l’investimento, si applicano i reati di riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e di autoriciclaggio ove ne ricorrano i presupposti di legge (articoli 648-bis, 648-ter, 648-ter.1 del codice penale), nonché del reato di trasferimento fraudolento di valori (articolo 12-quinquies del D.L 8 giugno 1992, n. 306).

Rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero

Il comma 149 modifica la vigente disciplina degli incentivi per il rientro in Italia di ricercatori e docenti residenti all’estero, rendendo strutturale la misura che consente, per un determinato periodo di tempo, di abbattere la base imponibile a fini IRPEF e IRAP.

Tale norma, introdotta originariamente dall’articolo 3 del decreto-legge n. 269 del 2003 è stata da ultimo riproposta dall’articolo 44 del decreto-legge n. 78 del 2010, da ultimo modificato per effetto dell’articolo 1, comma 14 della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014).

 

L’articolo 44 richiamato prevede un’agevolazione fiscale, operante ai fini IRPEF e IRAP, per incentivare i ricercatori e i docenti residenti all’estero ad esercitare in Italia la loro attività. Essa consiste nell’esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo, a fini IRPEF (e dalla base imponibile IRAP, ai sensi del comma 2), del novanta per cento degli emolumenti percepiti dai docenti e dai ricercatori che, ove siano in possesso di titolo di studio universitario o equiparato e non occasionalmente residenti all'estero, abbiano svolto documentata attività di ricerca o docenza all'estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi e che, a partire dal 31 maggio 2010 (data di entrata in vigore del D.L. n. 78 del 2010) ed entro i sette anni solari successivi, vengono a svolgere la loro attività in Italia, acquisendo conseguentemente la residenza fiscale nel territorio dello Stato. Tali emolumenti non concorrono altresì alla formazione del valore della produzione netta dell’imposta regionale sulle attività produttive. Ai sensi del comma 3 del predetto articolo 44, le disposizioni agevolative trovano applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2011, nel periodo d’imposta in cui il ricercatore diviene fiscalmente residente nel territorio dello Stato e nei tre periodi d’imposta successivi, sempre che permanga la residenza fiscale in Italia.

 

Il comma 149 in esame elimina dall’articolo 44, comma 1, il riferimento ai sette anni successivi al 31 maggio 2010, in relazione al trasferimento in Italia dei potenziali destinatari dell’agevolazione. Di conseguenza, per effetto delle modifiche in esame, le norme di favore trovano applicazione a tutti i docenti e ricercatori trasferitisi dopo il 31 maggio 2010, senza termine finale.

Resta fermo il carattere temporaneo dell’agevolazione: l’abbattimento di base imponibile si riferisce al periodo d’imposta in cui il ricercatore diviene fiscalmente residente nel territorio dello Stato e ai tre periodi successivi.

Regime speciale per il rientro dei lavoratori qualificati

Il comma 150 intende estendere l’ambito applicativo e la misura delle agevolazioni, di carattere temporaneo, che spettano ai lavoratori altamente qualificati o specializzati che rientrano in Italia secondo l’articolo 16 del D.Lgs. n. 147 del 2015.

 

Il richiamato articolo 16 del D.Lgs. n. 147 del 2015, modificato dalla legge di stabilità 2016 (articolo 1, comma 259 della legge n. 208 del 2015), ha inteso ridisciplinare la materia del rientro dei lavoratori all’estero. In particolare, le norme hanno introdotto una agevolazione temporanea per i lavoratori che rivestono ruoli direttivi, ovvero sono in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione e che, non essendo stati residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti e impegnandosi a permanere in Italia per almeno due anni, trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato. Per questi soggetti il reddito di lavoro dipendente prodotto concorre alla formazione del reddito complessivo IRPEF nella misura del settanta per cento del suo ammontare. L’attività lavorativa va prestata prevalentemente nel territorio italiano, deve essere svolta presso un’impresa residente nel territorio dello Stato in forza di un rapporto di lavoro instaurato con questa o con società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa. L’agevolazione si applica a decorrere dal periodo di imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza nel territorio dello Stato e per i quattro periodi successivi.

Le medesime norme hanno chiarito che i lavoratori rientrati in Italia beneficiando della parziale detassazione IRPEF disposta della legge 30 dicembre 2010, n. 238, entro il 31 dicembre 2015, hanno potuto optare per l’applicazione, con le modalità definite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate da emanarsi entro il 1° aprile 2016 (tre mesi dall’entrata in vigore della norma in esame), nel periodo in corso al 31 dicembre 2016 e per quello successivo, tra:

§  il regime disposto dalla legge n. 238/2010, nei limiti e alle condizioni indicati dalla legge stessa; l’agevolazione consiste nella parziale detassazione IRPEF dei redditi di lavoro dipendente, autonomo o d’impresa; tali redditi concorrono alla base imponibile nella misura, rispettivamente, del 20 per cento per le lavoratrici e del 30 per cento per i lavoratori (con detassazione rispettivamente dell’ottanta e del settanta per cento);

§  in alternativa, il regime previsto dall’articolo 16 del D.Lgs. 147/2015, che dispone, in presenza dei requisiti di legge, di sottoporre il reddito di lavoro dipendente a IRPEF per il settanta per cento del suo ammontare (con detassazione del 30 per cento).

Le modalità di esercizio dell’opzione sono state regolate dal Provvedimento dell’Agenzia delle entrate del 29 marzo 2016.

Le norme attuative dell’articolo 16 sono contenute nel Decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 26 maggio 2016.

 

Più in dettaglio, il comma 150, lettera a) n. 1 modifica il comma 1 dell’articolo 16, al fine di ammettere alla detassazione parziale anche i redditi di lavoro autonomo.

Con le modifiche di cui al n. 2 della lettera a) viene inoltre innalzato dal trenta al cinquanta per cento l’ammontare di reddito esente da IRPEF.

La lettera b) del comma 150 - introducendo il comma 1-bis all’articolo 16 - chiarisce che, ai fini dell’accesso alle agevolazioni, non si applicano ai lavoratori autonomi alcune condizioni attualmente previste dalla legge per l’accesso all’agevolazione (di cui al comma 1, lettere b) e d) dell’articolo 16), e cioè:

§  che l’attività lavorativa sia svolta in forza di un rapporto di lavoro instaurato con un’impresa residente;

§   che i lavoratori rivestano specifici ruoli direttivi o siano in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione definiti dalle norme secondarie.

Con la lettera c) viene inserita, alla fine del comma 2,  una norma che estende l’agevolazione anche ai cittadini di Stati, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea, con i quali sia in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito ovvero un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale, in possesso di un titolo di laurea che hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi, ovvero che hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.

 

Il comma 151 stabilisce la decorrenza delle norme così introdotte.

In particolare, le norme che ampliano l’ammontare del reddito detassato e le norme che estendono le agevolazioni ai cittadini extra UE (comma 3, lettera a), n. 2 e lettera c)) si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2017.

Si prevede inoltre che l’innalzamento al cinquanta per cento della quota di reddito esente da IRPEF (comma 150, lettera a), n. 2) si applichi, per i periodi d’imposta dal 2017 al 2020, anche ai lavoratori dipendenti che nell’anno 2016 hanno trasferito la residenza nel territorio dello Stato (ai sensi dell’articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, TUIR, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986), e ai soggetti che, nel medesimo anno 2016 hanno esercitato l’opzione ai sensi del comma 4 dell’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.

In sostanza, per le annualità 2017-2020 viene esentato da IRPEF il cinquanta per cento del reddito dei lavoratori dipendenti che hanno acquisito la residenza in Italia nel 2016 e quello dei soggetti, destinatari della legge n. 238 del 2010, che nell’anno 2016 hanno scelto invece di applicare il nuovo regime del predetto articolo 16.

Tali categorie di soggetti, per effetto delle norme proposte, per i rimanenti quattro anni dell’agevolazione (atteso che già nel 2016 hanno fruito della riduzione dell’imponibile per il trenta per cento) hanno diritto a una riduzione dell’imponibile in misura più elevata (cinquanta per cento).

Imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero

I commi da 152 a 154 e da 157 a 159 introducono un’imposta sostitutiva forfettaria sui redditi prodotti all’estero.

In particolare il comma 152 – introducendo un articolo 24-bis nel Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986 - consente alle persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia di optare per l’applicazione di una imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero, a specifiche condizioni.

Destinatari della norma (comma 1 del nuovo articolo 24-bis) sono le persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia ai sensi dell’articolo 2, comma 2 TUIR. Esse non devono essere state residenti in Italia in almeno nove dei dieci periodi d’imposta che precedono l’inizio del periodo di validità dell’opzione. L’imposta sostitutiva colpisce i redditi prodotti all’estero, individuati ai sensi dell’articolo 165, comma 2 del TUIR, norma che rinvia ai criteri di cui all’articolo 23 TUIR.

 

In assenza di una Convenzione contro le doppie imposizioni, il reddito si considera prodotto all’estero sulla base di criteri reciproci rispetto a quelli previsti dal menzionato articolo 23 del TUIR, che individua i redditi prodotti nel territorio dello Stato in relazione alle diverse tipologie.

 

L’imposta sostitutiva non si applica alle plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate (di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c) TUIR), realizzate nei primi cinque periodi d’imposta di validità dell’opzione. Esse rimangono comunque soggette al regime ordinario di imposizione (di cui all’articolo 68, comma 3 TUIR: esse concorrono alla formazione del reddito, al netto delle relative minusvalenze, nella misura del 49,72% secondo quanto disposto dal D.M. 02 aprile 2008).

Il comma 2 del nuovo articolo 24-bis del TUIR fissa la misura dell’imposta sostitutiva, calcolata in via forfettaria, a prescindere dall’importo dei redditi percepiti, nella misura di 100.000 euro per ciascun periodo d’imposta in cui è valida la predetta opzione.

L’importo è ridotto a 25.000 euro per ciascun periodo d’imposta per ciascuno dei familiari (di cui al comma 6) a cui il soggetto passivo può chiedere di estendere l’applicazione dell’imposta sostitutiva.

L’imposta è versata in un’unica soluzione entro la data prevista per il versamento del saldo delle imposte sui redditi. Per l’accertamento, la riscossione, il contenzioso e le sanzioni si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste per l’imposta sul reddito delle persone fisiche. Essa non è deducibile da nessuna altra imposta o contributo.

 

Il comma 3 disciplina la procedura per l’esercizio dell’opzione. L’opzione può infatti essere esercitata dopo aver ottenuto risposta favorevole a specifica istanza di interpello probatorio, presentata all’Agenzia delle entrate, in base all’articolo 11, comma 1, lettera b), dello Statuto dei contribuenti (legge n. 212 del 2000).

 

Si rammenta che il D.Lgs. n. 156 del 7 ottobre 2015 ha riformato la disciplina degli interpelli in attuazione della legge 11 marzo 2014, n. 23 (legge di delega fiscale).

Tra le forme di interpello ivi disciplinate, l’interpello probatorio (comma 1, lettera b) dello Statuto dei contribuenti) riguarda la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti dalla legge.

 

L’opzione va esercitata entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui viene trasferita la residenza in Italia; è efficace a decorrere da tale periodo d’imposta.

Nell’opzione deve essere indicata la giurisdizione o le giurisdizioni dell’ultima residenza fiscale prima dell’esercizio di validità dell’opzione. L’Agenzia delle entrate trasmette tali informazioni, attraverso gli idonei strumenti di cooperazione amministrativa, alle autorità fiscali delle giurisdizioni indicate come luogo di ultima residenza fiscale prima dell’esercizio di validità dell’opzione.

Ai sensi del comma 4 l’opzione è revocabile; comunque cessa di produrre effetti decorsi quindici anni dal primo periodo d’imposta di validità.

Gli effetti dell’opzione cessano in ogni caso in ipotesi di omesso o parziale versamento, in tutto o in parte, dell’imposta sostitutiva, nella misura e nei termini previsti dalle vigenti disposizioni di legge, fatti salvi gli effetti prodotti nei periodi d’imposta precedenti. La revoca o la decadenza dal regime precludono l’esercizio di una nuova opzione.

 

Il comma 5 dell’articolo 24-bis consente di scegliere, per sé o per i propri familiari, di non avvalersi dell’applicazione dell’imposta sostitutiva con riferimento ai redditi prodotti in uno o più Stati o territori esteri, dandone specifica indicazione in sede di esercizio dell’opzione, ovvero con successiva modifica della stessa.

Soltanto in tal caso, per i redditi prodotti nei suddetti Stati o territori esteri espressamente indicati si applica il regime ordinario e compete il credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero. Ai fini dell’individuazione dello Stato o territorio estero in cui sono prodotti i redditi, si applicano i criteri di cui al già menzionato articolo 23 TUIR.

 

Ai sensi dell’articolo 24-bis, comma 6, il beneficiario dell’opzione può chiedere che essa venga estesa, nel corso di tutto il periodo di validità, a uno o più familiari individuati dall’articolo 433 del codice civile: si tratta dei soggetti obbligati a prestare gli alimenti nei casi disposti dal codice civile, ossia il coniuge, i figli anche adottivi (in loro mancanza, i discendenti prossimi), i genitori (in loro mancanza, gli ascendenti prossimi) e gli adottanti, i generi e le nuore, il suocero e la suocera, i fratelli e le sorelle germani o unilaterali.

Per usufruire dell’imposta sostitutiva i familiari si devono trovare nelle medesime condizioni poste dal comma 1 dell’articolo 24-bis in esame: devono avere trasferito la propria residenza fiscale in Italia, ma non devono essere state residenti fiscalmente nello Stato per un periodo almeno pari a nove periodi di imposta nel corso dei dieci precedenti l’inizio del periodo di validità dell’opzione.

In tale ipotesi, il soggetto che esercita l’opzione indica la giurisdizione o le giurisdizioni in cui i familiari a cui si estende il regime avevano l’ultima residenza prima dell’esercizio di validità dell’opzione. L’estensione dell’opzione può essere revocata in relazione ad uno o più familiari. La revoca dall’opzione o la decadenza dal regime del soggetto che esercita l’opzione si estendono anche ai familiari.

Tuttavia, la decadenza dal regime di uno o più dei familiari per omesso o parziale versamento dell’imposta sostitutiva loro riferita non comporta decadenza dal regime per le persone fisiche che hanno esercitato l’opzione in prima persona.

 

Il comma 153 reca alcune disposizioni applicative del nuovo regime. In particolare, i soggetti che esercitano l’opzione per l’imposta sostitutiva sui redditi esteri per i periodi d’imposta di validità dell’opzione ivi prevista:

§  non sono tenuti agli obblighi di dichiarazione di attività e investimenti esteri (cui all’articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167);

§  sono esenti dall’imposta sul valore degli immobili situati all’estero - IVIE e dall’imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio - IVAFE, rispettivamente previste dall’articolo 19, commi 13 e 18, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201.

Analoghe agevolazioni si applicano ai familiari cui è estesa l’opzione (ai sensi del comma 6 dell’articolo 24-bis).

 

Il comma 154 chiarisce che gli effetti dell’opzione per l’applicazione dell’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero non sono cumulabili con gli incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero (di cui all’articolo 44 del decreto-legge n. 78 del 2010), né con le agevolazioni per il rientro dei lavoratori qualificati (articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147), per i quali si veda più approfonditamente supra.

 

Il comma 157 demanda ad un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, le modalità applicative per l’esercizio, la modifica o la revoca dell’opzione per l’applicazione dell’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero.

 

Con il comma 158 si prevede che, per le successioni aperte e le donazioni effettuate nei periodi d’imposta di validità dell’opzione prevista dall’articolo 24-bis TUIR, introdotto dalle norme in esame, l’imposta sulle successioni e donazioni sia dovuta limitatamente ai beni e diritti esistenti nello Stato al momento della successione o della donazione.

 

Il nuovo regime (comma 159) si applica ai redditi relativi all’anno d’imposta 2017 (dunque a partire dagli adempimenti dichiarativi per l’anno successivo).

Forme di agevolazione nella trattazione delle domande di visto d’ingresso e di permesso di soggiorno

Il comma 155 affida a un decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministro dell’interno,  il compito di individuare forme di agevolazione nella trattazione delle domande di visto di ingresso e di permesso di soggiorno applicabili a chi trasferisce la propria residenza fiscale in Italia, ai sensi dell’introdotto articolo 24-bis TUIR, al fine di favorire l’ingresso di significativi investimenti in Italia, anche preordinati ad accrescere i livelli occupazionali.

 

Il comma 156 affida a un decreto dei medesimi ministeri (Ministro degli affari esteri di concerto con il Ministro dell’interno), nel rispetto della normativa vigente nazionale ed europea, l’individuazione di forme di agevolazione nella trattazione delle domande di visto di ingresso e di permesso di soggiorno connesse con start-up innovative, con iniziative d’investimento, di formazione avanzata, di ricerca o di mecenatismo, da realizzare anche in partenariato con imprese, università, enti di ricerca ed altri soggetti pubblici o privati italiani.


 

Articolo 1, commi 160-162
(Premio di produttività e welfare aziendale)

 


160. All’articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 182, le parole: «2.000 euro» sono sostituite dalle seguenti: «3.000 euro»;

b) al comma 184 è aggiunto, in fi ne, il seguente periodo: «Le somme e i valori di cui al comma 4 del medesimo articolo 51 concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente secondo le regole ivi previste e non sono soggetti all’imposta sostitutiva disciplinata dai commi da 182 a 191 del presente articolo, anche nell’eventualità in cui gli stessi siano fruiti, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui al comma 182»;

c) dopo il comma 184 è inserito il seguente:

«184 -bis . Ai fi ni dell’applicazione del comma 184, non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente, né sono soggetti all’imposta sostitutiva disciplinata dai commi da 182 a 191:

a) i contributi alle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, versati, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui al comma 182 del presente articolo, anche se eccedenti i limiti indicati all’articolo 8, commi 4 e 6, del medesimo decreto legislativo n. 252 del 2005. Tali contributi non concorrono a formare la parte imponibile delle prestazioni pensionistiche complementari ai fi ni dell’applicazione delle previsioni di cui all’articolo 11, comma 6, del medesimo decreto legislativo n. 252 del 2005;

b) i contributi di assistenza sanitaria di cui all’articolo 51, comma 2, lettera a) , del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, versati per scelta del lavoratore in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui al  comma 182 del presente articolo, anche se eccedenti i limiti indicati nel medesimo articolo 51, comma 2, lettera a) ;

c) il valore delle azioni di cui all’articolo 51, comma 2, lettera g) , del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ricevute, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui al comma 182 del presente articolo, anche se eccedente il limite indicato nel medesimo articolo 51, comma 2, lettera g) , e indipendentemente dalle condizioni dallo stesso stabilite»;

d) al comma 186, le parole: «euro 50.000» sono sostituite dalle seguenti: «euro 80.000»;

e) al comma 189, le parole: «2.500 euro» sono sostituite dalle seguenti: «4.000 euro».

161. All’articolo 51, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo la lettera f - ter ) è inserita la seguente:

«f -quater ) i contributi e i premi versati dal datore di lavoro a favore della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, le cui caratteristiche sono definite dall’articolo 2, comma 2, lettera d) , numeri 1) e 2), del decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 27 ottobre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 12 del 16 gennaio 2010, o aventi per oggetto il rischio di gravi patologie».

162. Le disposizioni di cui all’articolo 51, comma 2, lettera f) , del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come da ultimo modificate dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208, si interpretano nel senso che le stesse si applicano anche alle opere e servizi riconosciuti dal datore di lavoro, del settore privato o pubblico, in conformità a disposizioni di contratto collettivo nazionale di lavoro, di accordo interconfederale o di contratto collettivo territoriale.


 

 

Il comma 160 reca, in primo luogo, alcune modifiche alla disciplina tributaria specifica per gli emolumenti retributivi dei lavoratori dipendenti privati di ammontare variabile e la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili, nonché per le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa. In secondo luogo, il comma 160 reca norme su alcuni valori, somme o servizi, percepiti o goduti dal dipendente, per sua scelta, in sostituzione, totale o parziale, delle somme oggetto del suddetto regime tributario agevolato - cosiddetto welfare aziendale -. Sempre in tema di welfare aziendale, i commi 161 e 162 concernono l'esclusione di alcune fattispecie dalla base imponibile IRPEF del lavoratore dipendente.

 

Il comma 160 reca alcune novelle alla disciplina tributaria specifica - attualmente stabilita dall'art. 1, commi da 182 a 189, della L. 28 dicembre 2015, n. 208, e dal D.M. 25 marzo 2016 - per gli emolumenti retributivi dei lavoratori dipendenti privati di ammontare variabile e la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili, nonché per le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa.

Si ricorda che tale regime tributario (fatta in ogni caso salva l'ipotesi di espressa rinunzia al medesimo da parte del lavoratore) consiste in un'imposta sostitutiva dell'IRPEF e delle relative addizionali regionali e comunali, pari al 10%, e concerne esclusivamente le somme ed i valori suddetti corrisposti in esecuzione di contratti collettivi territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o di contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.

Le novelle di cui alla lettere a) ed e) del comma 160 elevano i limiti di importo complessivo dell'imponibile ammesso al regime tributario in oggetto. Gli attuali limiti - pari a 2.000 euro lordi, ovvero a 2.500 euro lordi per le imprese che coinvolgano pariteticamente i lavoratori nell'organizzazione del lavoro - sono elevati, rispettivamente, a 3.000 ed a 4.000 euro (lordi).

La novella di cui alla lettera d) amplia l'àmbito soggettivo dei lavoratori dipendenti privati ammessi al regime in esame. Secondo la norma vigente, vi rientrano i titolari di reddito da lavoro dipendente privato di importo non superiore, nell’anno precedente quello di percezione, a 50.000 euro; la novella eleva quest'ultimo parametro a 80.000 euro.

La novella di cui alla lettera b) specifica che i valori e servizi percepiti o goduti dal dipendente - relativi a uso promiscuo di veicoli, concessione di prestiti, fabbricati concessi in locazione, in uso o in comodato, servizi gratuiti di trasporto ferroviario - e considerati, in base alle norme fiscali ivi richiamate, come reddito da lavoro dipendente ai fini IRPEF rientrano nell'imposizione IRPEF ordinaria anche qualora il dipendente fruisca dei medesimi valori o servizi in sostituzione (totale o parziale) delle somme oggetto del suddetto regime tributario agevolato.

La novella di cui alla lettera c) prevede che alcuni valori, somme o servizi, qualora siano percepiti o goduti dal dipendente, per sua scelta, in sostituzione, totale o parziale, delle somme oggetto del suddetto regime tributario agevolato, siano esclusi da ogni forma di imposizione tributaria (sia ordinaria sia agevolata). Tali fattispecie sono le seguenti: i contributi alle forme pensionistiche complementari, anche se versati in eccedenza rispetto ai relativi limiti di deducibilità (ai fini IRPEF) dal reddito da lavoro dipendente (tali contributi eccedenti, inoltre, non concorrono a formare la parte imponibile della prestazione complementare, in deroga alle norme generali ivi richiamate[30]); i contributi di assistenza sanitaria (destinati ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale), anche se versati in eccedenza rispetto ai relativi limiti di esenzione dall'IRPEF; il valore di azioni offerte alla generalità dei dipendenti, anche se ricevute per un importo complessivo superiore (nel periodo d'imposta) a quello escluso (in base alla relativa norma generale) dal reddito da lavoro dipendente ai fini IRPEF[31].

Il successivo comma 161 esclude dalla base imponibile IRPEF i contributi ed i premi versati dal datore di lavoro, in favore della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti, per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana o il rischio di gravi patologie.

 

Riguardo alla prima tipologia di rischio, con il richiamo normativo posto dal comma 161, si fa riferimento alle seguenti prestazioni: prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, da garantire alle persone non autosufficienti, al fine di favorire l'autonomia e la permanenza a domicilio, con particolare riguardo all'assistenza tutelare, all'aiuto personale nello svolgimento delle attività quotidiane, all'aiuto domestico familiare, alla promozione di attività di socializzazione volta a favorire stili di vita attivi, nonché prestazioni della medesima natura da garantire presso le strutture residenziali e semi-residenziali per le persone non autosufficienti non assistibili a domicilio, incluse quelle di ospitalità alberghiera; prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, correlate alla natura del bisogno, da garantire alle persone non autosufficienti in ambito domiciliare, semi-residenziale e residenziale, articolate in base all'intensità, complessità e durata dell'assistenza.

 

Il comma 162 pone una norma di interpretazione autentica - avente, quindi, effetto retroattivo - relativa alla nozione, ai fini dell'esenzione dall'IRPEF, delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro, volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti ed ai familiari[32] per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto. Si chiarisce che rientrano in tale nozione anche le opere ed i servizi riconosciuti dal datore in conformità a disposizioni di contratti di lavoro nazionali o territoriali (oltre che di contratti aziendali) ovvero di accordo interconfederale.


 

Articolo 1, comma 163
(Stabilizzazione lavoratori socialmente utili della Calabria)

 


163. Per consentire il completamento delle procedure di cui all’articolo 1, comma 207, terzo periodo, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, da concludere inderogabilmente entro il 31 dicembre 2017, è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l’anno 2017, a titolo di compartecipazione dello Stato. La regione Calabria dispone con propria legge regionale la copertura finanziaria a carico del bilancio della regione medesima degli ulteriori oneri necessari derivanti da quanto previsto dal primo periodo e assicura la compatibilità dell’intervento con il raggiungimento dei propri obiettivi di finanza pubblica.


 

 

Il comma 163 destina 50 milioni di euro per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili e dei lavoratori impegnati in attività di pubblica utilità della regione Calabria.

 

Il comma 163, destina 50 milioni di euro, per il 2017, al completamento delle procedure di stabilizzazione, con contratto a tempo determinato, dei lavoratori socialmente utili e dei lavoratori impegnati in attività di pubblica utilità della regione Calabria, prevedendo che la regione medesima provveda, con propria legge regionale, a coprire gli ulteriori oneri finanziari derivanti dall’intervento, assicurando la compatibilità degli interventi con il raggiungimento dei propri obiettivi di finanza pubblica.

Le procedure di stabilizzazione (di cui all’articolo 1, comma 207, terzo periodo, della legge n.147/2013), devono concludersi inderogabilmente entro il 31 dicembre 2017.

 

L’articolo 1, comma 207, terzo periodo, della legge n. 147/2013, al fine di favorire l’inserimento lavorativo, mediante contratti a tempo determinato, degli LSU e dei lavoratori titolari di determinati strumenti di sostegno al reddito (CIGS, indennità di mobilità e trattamento speciale di disoccupazione) degli enti pubblici della sola regione Calabria, ha previsto la possibilità di utilizzare le risorse di cui all’articolo 1, comma 1156, lettera g)-bis[33], della L. n. 296/2006 (pari a 50 milioni annui, a carico del Fondo per l’occupazione, previsti per la stabilizzazione degli LSU in favore delle regioni che rientrano negli obiettivi di convergenza dei fondi strutturali dell’Unione europea).

Successivamente è intervenuto l’articolo 13, comma 1-bis, del D.L. n. 185/2015, che per consentire il completamento delle procedure di stabilizzazione, da “concludere inderogabilmente entro il 31 dicembre 2016”, ha autorizzato la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2016, a titolo di compartecipazione dello Stato, prevedendo che la regione Calabria disponesse, con legge regionale, la copertura finanziaria a carico del bilancio della regione medesima degli ulteriori oneri necessari, in ogni caso assicurando la compatibilità dell'intervento con il raggiungimento dei propri obiettivi di finanza pubblica.


 

Articolo 1, comma 164
(Esonero contributo di licenziamento nei cambi di appalto)

 

164. All’articolo 2, comma 34, della legge 28 giugno 2012, n. 92, le parole: «Per il periodo 2013-2016» sono sostituite dalle seguenti: «A decorrere dal 1º gennaio 2013».

 

 

Il comma 164 esclude il contributo di licenziamento a carico del datore di lavoro in caso di licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro in attuazione di clausole sociali.

 

Il comma 164 dispone l’applicazione a regime della disposizione (di cui la normativa vigente prevede l’applicazione per il solo periodo 2013-2016)  in base alla quale il contributo di licenziamento a carico del datore di lavoro (pari al 41 per cento del massimale mensile di ASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni) non è dovuto in caso di licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in attuazione di clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o in caso di interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere.

 

La disposizione modifica l’articolo 2, comma 34, della legge n.92 del 2012[34], il quale prevede che per il periodo 2013-2016, il contributo di licenziamento (di cui al comma 31[35]) non è dovuto nei seguenti casi:

a)    licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in attuazione di clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;

b)   interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere.


 

Articolo 1, comma 165
(Riduzione aliquota contributiva iscritti
gestione separata I.N.P.S.)

 

165. A decorrere dall’anno 2017, per i lavoratori autonomi, titolari di posizione fi scale ai fi ni dell’imposta sul valore aggiunto, iscritti alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che non risultano iscritti ad altre gestioni di previdenza obbligatoria né pensionati, l’aliquota contributiva di cui all’articolo 1, comma 79, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, è stabilita in misura pari al 25 per cento.

 

 

Il comma 165 riduce a regime l’aliquota contributiva dovuta dai lavoratori autonomi (titolari di posizione fiscale ai fini dell'Imposta sul Valore Aggiunto) iscritti alla gestione separata INPS (di cui all'articolo 2, comma 26, della L. n. 335/1995) in misura pari al 25%. Per effetto di tale riduzione, l’aliquota risulta essere minore di quattro punti percentuali (25% in luogo del 29%), per il 2017, e di otto punti percentuali (25% in luogo del 33%) a decorrere dal 2018[36].

 

Attualmente la disciplina in materia per il quadriennio 2014-2017 (prevista dall’articolo 10-bis del D.L. n. 192/2014) prevede che l’aliquota contributiva (di cui all'articolo 1, comma 79, della L. n. 247/2007) per i lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata INPS (non iscritti ad altre gestioni di previdenza obbligatoria, né pensionati) sia pari al 27% per il biennio 2014-2015, al 28% per il 2016 e al 29% per il 2017. A decorrere dal 2018, l’articolo 2, comma 57, della L. 92/2012, ha stabilito un’aliquota pari al 33%.


 

Articolo 1, commi 166-186
(APE - Assegno pensionistico a garanzia pensionistica
e APE sociale)

 


166. A decorrere dal 1º maggio 2017, in via sperimentale fi no al 31 dicembre 2018, è istituito l’anticipo finanziario a garanzia pensionistica (APE). L’APE è un prestito corrisposto a quote mensili per dodici mensilità a un soggetto in possesso dei requisiti di cui al comma 167 del presente articolo fi no alla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia di cui all’articolo 24, commi 6 e 7, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. La restituzione del prestito avviene a partire dalla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia, con rate di ammortamento mensili per una durata di venti anni. Il prestito è coperto da una polizza assicurativa obbligatoria per il rischio di premorienza.

167. L’APE può essere richiesto dagli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria, alle forme sostitutive ed esclusive della medesima e alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che, al momento della richiesta di APE, hanno un’età anagrafica minima di 63 anni e che maturano il diritto a una pensione di vecchiaia entro 3 anni e 7 mesi, purché siano in possesso del requisito contributivo minimo di venti anni e la loro pensione, al netto della rata di ammortamento corrispondente all’APE richiesta, sia pari o superiore, al momento dell’accesso alla prestazione, a 1,4 volte il trattamento minimo previsto nell’assicurazione generale obbligatoria. Non possono ottenere l’APE coloro che sono già titolari di un trattamento pensionistico diretto.

168. Il soggetto richiedente, direttamente o tramite un intermediario autorizzato ai sensi della legge 30 marzo 2001, n. 152, presenta all’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), tramite il suo portale, domanda di certificazione del diritto all’APE. L’INPS, verificato il possesso dei requisiti di cui al comma 167 del presente articolo, certifica il diritto e comunica al soggetto richiedente l’importo minimo e l’importo massimo dell’APE ottenibile.

169. Il soggetto in possesso della certificazione di cui al comma 168 del presente articolo, direttamente o tramite un intermediario autorizzato ai sensi della legge 30 marzo 2001, n. 152, presenta, attraverso l’uso dell’identità digitale SPID di secondo livello, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 ottobre 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 285 del 9 dicembre 2014, e con i modelli da approvare con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 175 del presente articolo, domanda di APE e domanda di pensione di vecchiaia da liquidare al raggiungimento dei requisiti di legge. La domanda di APE e di pensione di cui al periodo precedente non sono revocabili, salvo in caso di esercizio del diritto di recesso di cui agli articoli 125 -ter del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e 67 -duodecies del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206. In deroga all’articolo 67 -duodecies , comma 2, del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, il termine per recedere dal contratto di assicurazione di cui ai commi  da 166 a 186 del presente articolo è di quattordici giorni. La facoltà di estinzione anticipata dell’APE è regolata dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 175 del presente articolo. Nella domanda il soggetto richiedente indica il finanziatore cui richiedere l’APE, nonché l’impresa assicurativa alla quale richiedere la copertura del rischio di premorienza. Le informazioni precontrattuali e contrattuali previste ai sensi di legge sono fornite, in formato elettronico e su supporto durevole, al soggetto richiedente dall’INPS, per conto del finanziatore e dell’impresa assicurativa; il finanziatore e l’impresa assicurativa forniscono all’INPS, in tempo utile, la documentazione necessaria. I finanziatori e le imprese assicurative sono scelti tra quelli che aderiscono agli accordi-quadro da stipulare, a seguito dell’entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 175 del presente articolo, tra il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e, rispettivamente, l’Associazione bancaria italiana e l’Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici e altre imprese assicurative primarie. L’attività svolta dall’INPS ai sensi dei commi da 166 a 186 del presente articolo non costituisce esercizio di agenzia in attività finanziaria, né di mediazione creditizia, né di intermediazione assicurativa.

170. La durata minima dell’APE è di sei mesi. L’entità minima e l’entità massima di APE richiedibile sono stabilite dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 175 del presente articolo. Ai fi ni dell’applicazione delle disposizioni del titolo VI del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, il prestito costituisce credito ai consumatori. Per le finalità di cui al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, l’operazione di finanziamento è sottoposta a obblighi semplificati di adeguata verifica della clientela. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Comitato di sicurezza finanziaria, sono definite le modalità semplificate di adempimento dei predetti obblighi, tenuto conto della natura del prodotto e di ogni altra circostanza riferibile al profilo di rischio connesso all’operazione di finanziamento. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 175 del presente articolo disciplina le comunicazioni periodiche al soggetto finanziato e assicurato, anche in deroga a quanto previsto dalla legge.

171. L’istituto finanziatore trasmette all’INPS e al soggetto richiedente il contratto di prestito, ovvero l’eventuale comunicazione di reiezione dello stesso. L’identificazione del soggetto richiedente è effettuata dall’INPS con il sistema SPID anche ai sensi dell’articolo 30, comma 8, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, per il perfezionamento del contratto di finanziamento e della polizza assicurativa del rischio di premorienza. In caso di concessione del prestito, dalla data del perfezionamento decorre il termine di cui agli articoli 125 -ter del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e 67 -duodecies del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, se il soggetto richiedente ha ricevuto dall’INPS tutte le informazioni precontrattuali e contrattuali previste ai sensi di legge. In caso di reiezione della richiesta, ovvero di recesso da parte del soggetto richiedente, la domanda di pensione è priva di effetti. L’erogazione del prestito ha inizio entro trenta giorni lavorativi dalla data del predetto perfezionamento. L’INPS trattiene a partire dalla prima pensione mensile l’importo della rata per il rimborso del finanziamento e lo riversa al finanziatore tempestivamente e comunque non oltre centottanta giorni dalla data di scadenza della medesima rata.

172. I datori di lavoro del settore privato del richiedente, gli enti bilaterali o i fondi di solidarietà di cui agli articoli 26 e 27 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, possono, previo accordo individuale con il lavoratore, incrementare il montante contributivo individuale maturato da quest’ultimo, versando all’INPS in un’unica soluzione, alla scadenza prevista per il pagamento dei contributi del mese di erogazione della prima mensilità dell’APE, un contributo non inferiore, per ciascun anno o frazione di anno di anticipo rispetto alla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia, all’importo determinato ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184. Al contributo di cui al periodo precedente si applicano le disposizioni sanzionatorie e di riscossione previste dall’articolo 116, comma 8, lettera a) , della legge 23 dicembre 2000, n. 388, nel caso di mancato o ritardato pagamento dei contributi previdenziali obbligatori.

173. È istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze un Fondo di garanzia per l’accesso all’APE, con una dotazione iniziale pari a 70 milioni di euro per l’anno 2017. Le disponibilità del Fondo di cui all’articolo 1, comma 32, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per il corrispondente importo di 70 milioni di euro nell’anno 2017. Per le finalità del presente comma è autorizzata l’istituzione di un apposito conto corrente presso la tesoreria dello Stato. Il Fondo di garanzia per l’accesso all’APE è ulteriormente alimentato con le commissioni di accesso al Fondo stesso, che a tal fi ne sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione al Fondo. Tali somme sono versate sul conto corrente presso la tesoreria dello Stato istituito ai sensi del terzo periodo del presente comma. La garanzia del Fondo copre l’80 per cento del finanziamento di cui al comma 166 del presente articolo e dei relativi interessi. La garanzia del Fondo è a prima richiesta, esplicita, incondizionata, irrevocabile e onerosa. Gli interventi del Fondo sono assistiti dalla garanzia dello Stato, avente le medesime caratteristiche di quella del Fondo, quale garanzia di ultima istanza. Il finanziamento è altresì assistito automaticamente dal privilegio di cui all’articolo 2751 - bis , numero 1), del codice civile. La garanzia dello Stato è elencata nell’allegato allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di cui all’articolo 31 della legge 31 dicembre 2009, n. 196. Il Fondo è surrogato di diritto alla banca, per l’importo pagato, nel privilegio di cui al citato articolo 2751 -bis, numero 1), del codice civile. Tale finanziamento e le formalità a esso connesse nell’intero svolgimento del rapporto sono esenti dall’imposta di registro, dall’imposta di bollo e da ogni altra imposta indiretta, nonché da ogni altro tributo o diritto.

174. All’APE si applica il tasso di interesse e la misura del premio assicurativo relativa all’assicurazione di copertura del rischio di premorienza indicati negli accordi-quadro di cui al comma 169. 

175. Le modalità di attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 165 a 174 e gli ulteriori criteri, condizioni e adempimenti per l’accesso al finanziamento, nonché i criteri, le condizioni e le modalità di funzionamento del Fondo di garanzia di cui al comma 173 e della garanzia di ultima istanza dello Stato sono disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

176. La gestione del Fondo di garanzia di cui al comma 173 è affidata all’INPS sulla base di un’apposita convenzione da stipulare tra lo stesso Istituto e il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

177. Le somme erogate in quote mensili di cui al comma 166 del presente articolo non concorrono a formare il reddito ai fi ni dell’imposta sul reddito delle persone fi siche. A fronte degli interessi sul finanziamento e dei premi assicurativi per la copertura del rischio di premorienza corrisposti al soggetto erogatore è riconosciuto, alle condizioni di cui al presente comma, un credito d’imposta annuo nella misura massima del 50 per cento dell’importo pari a un ventesimo degli interessi e dei premi assicurativi complessivamente pattuiti nei relativi contratti. Tale credito d’imposta non concorre alla formazione del reddito ai fi ni delle imposte sui redditi ed è riconosciuto dall’INPS per l’intero importo rapportato a mese a partire dal primo pagamento del trattamento di pensione. L’INPS recupera il credito rivalendosi sulle ritenute da versare mensilmente all’erario nella sua qualità di sostituto d’imposta. All’APE si applicano gli articoli da 15 a 22 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601.

178. Gli effetti della trattenuta di cui al sesto periodo del comma 171 non rilevano ai fi ni del riconoscimento di prestazioni assistenziali e previdenziali sottoposte alla prova dei mezzi.

179. In via sperimentale, dal 1º maggio 2017 e fi no al 31 dicembre 2018, agli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria, alle forme sostitutive ed esclusive della medesima e alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che si trovano in una delle condizioni di cui alle lettere da a) a d) del presente comma, al compimento del requisito anagrafi co dei 63 anni, è riconosciuta, alle condizioni di cui ai commi 185 e 186 del presente articolo, un’indennità per una durata non superiore al periodo intercorrente tra la data di accesso al beneficio e il conseguimento dell’età anagrafi ca prevista per l’accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia di cui all’articolo 24, comma 6, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214:

a) si trovano in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, hanno concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;

b) assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;

c) hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74 per cento e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;

d) sono lavoratori dipendenti, al momento della decorrenza dell’indennità di cui al comma 181, all’interno delle professioni indicate nell’allegato C annesso alla presente legge che svolgono da almeno sei anni in via continuativa attività lavorative per le quali è richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento in modo continuativo e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 36 anni.

180. La concessione dell’indennità di cui al comma 179 è subordinata alla cessazione dell’attività lavorativa e non spetta a coloro che sono già titolari di un trattamento pensionistico diretto.

181. L’indennità di cui al comma 179 è erogata mensilmente su dodici mensilità nell’anno ed è pari all’importo della rata mensile della pensione calcolata al momento dell’accesso alla prestazione. L’importo dell’indennità non può in ogni caso superare l’importo massimo mensile di 1.500 euro e non è soggetto a rivalutazione.

182. L’indennità di cui al comma 179 del presente articolo non è compatibile con i trattamenti di sostegno al reddito connessi allo stato di disoccupazione involontaria, con il trattamento di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, nonché con l’indennizzo previsto dall’articolo 1 del decreto legislativo 28 marzo 1996, n. 207.

183. Il beneficiario decade dal diritto all’indennità nel caso di raggiungimento dei requisiti per il pensionamento anticipato. L’indennità è compatibile con la percezione dei redditi da lavoro dipendente o parasubordinato nel limite di 8.000 euro annui e dei redditi derivanti da attività di lavoro autonomo nel limite di 4.800 euro annui.

184. Per i lavoratori di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché per il personale degli enti pubblici di ricerca, che cessano l’attività lavorativa e richiedono l’indennità di cui al comma 179 del presente articolo i termini di pagamento delle indennità di fi ne servizio comunque denominate di cui all’articolo 3 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, iniziano a decorrere al compimento dell’età di cui all’articolo 24, comma 6, del decreto- legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e sulla base della disciplina vigente in materia di corresponsione del trattamento di fi ne servizio comunque denominato.

185. Le modalità di attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 179 a 184, nel rispetto dei limiti di spesa annuali di cui al comma 186, sono disciplinate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle fi nanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, avuto particolare riguardo a:

a) la determinazione delle caratteristiche specifiche delle attività lavorative di cui al comma 179, lettera d) ;

b) le procedure per l’accertamento delle condizioni per l’accesso al beneficio di cui ai commi da 179 a 186 e la relativa documentazione da presentare a tali fi ni;

c) le disposizioni attuative di quanto previsto dai commi da 179 a 186, con particolare riferimento:

1) all’attività di monitoraggio e alla procedura di cui al comma 186 del presente articolo, da effettuare con il procedimento di cui all’articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241;

2) alla disciplina del procedimento di accertamento anche in relazione alla documentazione da presentare per accedere al beneficio;

3) alle comunicazioni che l’ente previdenziale erogatore dell’indennità di cui al comma 179 fornisce all’interessato in esito alla presentazione della domanda di accesso al beneficio;

4) alla predisposizione dei criteri da seguire nell’espletamento dell’attività di verifica ispettiva da parte del personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali nonché degli enti che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria;

5) alle modalità di utilizzo da parte dell’ente previdenziale delle informazioni relative alla dimensione, all’assetto organizzativo dell’azienda e alle tipologie di lavorazioni aziendali, anche come risultanti dall’analisi dei dati amministrativi in possesso degli enti previdenziali, ivi compresi quelli assicuratori nei confronti degli infortuni sul lavoro;

6) all’individuazione dei criteri di priorità di cui al comma 186;

7) alle forme e modalità di collaborazione tra enti che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria, con particolare riferimento allo scambio di dati ed elementi conoscitivi in ordine alle tipologie di lavoratori interessati.

186. Il beneficio dell’indennità disciplinata ai sensi dei commi da 179 a 185 è riconosciuto a domanda nel limite di 300 milioni di euro per l’anno 2017, di 609 milioni di euro per l’anno 2018, di 647 milioni di euro per l’anno anno 2019, di 462 milioni di euro per l’anno 2020, di 280 milioni di euro per l’anno 2021, di 83 milioni di euro per l’anno 2022 e di 8 milioni di euro per l’anno 2023. Qualora dal monitoraggio delle domande presentate e accolte emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, del numero di domande rispetto alle risorse finanziarie di cui al primo periodo del presente comma, la decorrenza dell’indennità è differita, con criteri di priorità in ragione della maturazione dei requisiti di cui al comma 180, individuati con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 185, e, a parità degli stessi, in ragione della data di presentazione della domanda, al fi ne di garantire un numero di accessi all’indennità non superiore al numero programmato in relazione alle predette risorse finanziarie.


 

 

I commi 166-186  introducono, in via sperimentale dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2018, l’Anticipo finanziario a garanzia pensionistica (cd. APE) e una indennità, a favore di determinate categorie di soggetti in condizioni di disagio sociale, spettante fino alla maturazione dei requisiti pensionistici (c.d. APE sociale).

Anticipo finanziario a garanzia pensionistica (cd. APE)

L’APE consiste in un prestito concesso da un soggetto finanziatore e coperto da una polizza assicurativa obbligatoria per il rischio di premorienza corrisposto, a quote mensili per dodici mensilità, a un soggetto in possesso di specifici requisiti, da restituire a partire dalla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia con rate di ammortamento mensili per una durata di venti anni.

L’APE è prevista in via sperimentale dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2018; entro il 10 settembre 2018 il Governo verifica i risultati della sperimentazione e formula proposte ai fini di una sua eventuale prosecuzione (v. comma 193).

Soggetti beneficiari  e requisiti

Possono accedere all’APE i soggetti in possesso dei seguenti requisiti (comma 167):

§  soggetti iscritti all’Assicurazione generale obbligatoria (AGO), alle forme sostitutive ed esclusive della medesima e alla gestione separata (di cui all’articolo 2, comma 26, della legge n.335/1995);

§  età anagrafica minima di 63 anni;

§  maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia entro 3 anni e 7 mesi;

§  anzianità contributiva di 20 anni;

§  pensione pari almeno a 1,4 volte il trattamento minimo (al netto della rata di ammortamento dell’APE);

§  non essere già titolare di un trattamento pensionistico diretto.

Domanda, contratto di finanziamento e disciplina del prestito

Il soggetto richiedente presenta[37] domanda all’INPS di certificazione del diritto all’Ape[38]. L’INPS verifica il possesso dei requisiti, certifica il diritto e comunica al soggetto richiedente l’importo minimo e massimo dell’Ape ottenibile (comma 168).

Una volta ottenuta dall’INPS la certificazione del diritto, il soggetto presenta, utilizzando appositi modelli, domanda di Ape e di pensione (da liquidarsi al raggiungimento dei requisiti di legge), indicando il finanziatore e l’impresa assicurativa (per la copertura del rischio di premorienza).

La domanda di Ape e di pensione non sono revocabili (fatto salvo il diritto di recesso)[39].

I finanziatori e le imprese assicurative sono scelti tra quelli che aderiscono agli accordi-quadro da stipularsi tra il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e, rispettivamente, l’Associazione Bancaria Italiana e l’Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici ed altre imprese assicurative primarie.

Con gli accordi-quadro sono definiti anche il tasso di interesse e la misura del premio assicurativo (comma 174)

Le informazioni precontrattuali e contrattuali (previste dalla legislazione vigente) sono fornite ai soggetti richiedenti dall’INPS per conto del finanziatore e dell’impresa assicurativa (sulla base della documentazione da questi fornita).

L’attività svolta dall’INPS non costituisce esercizio di agenzia in attività finanziaria, né di mediazione creditizia, né di intermediazione assicurativa (comma 169).

 

L’entità minima e massima dell’Ape richiedibile sono determinate con successivo DPCM, mentre la durata minima è di 6 mesi.

Ai fini dell’applicazione delle disposizioni del titolo VI del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia[40] (relative alla trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti), il prestito costituisce credito ai consumatori[41].

Ai fini della normativa antiriciclaggio[42], l'operazione di finanziamento è sottoposta a obblighi semplificati di adeguata verifica della clientela (definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Comitato di sicurezza finanziaria), tenuto conto della natura del prodotto e di ogni altra circostanza riferibile al profilo di rischio connesso all'operazione di finanziamento.

Le comunicazioni periodiche al soggetto finanziato e assicurato, anche in deroga a quanto previsto dalla legge, sono definite con successivo D.P.C.M. (comma 170).

 

L’istituto finanziatore trasmette all’INPS e al soggetto richiedente il contratto di prestito o l’eventuale comunicazione di reiezione dello stesso.

Per il perfezionamento del contratto di finanziamento e della polizza assicurativa del rischio di premorienza l’identificazione del soggetto richiedente è effettuata dall’INPS (anche avvalendosi di collaboratori esterni in convenzione[43]) con il sistema SPID[44].

In caso di concessione del prestito, dalla data di perfezionamento del contratto decorre il termine per l’esercizio del diritto di recesso[45], a condizione che il richiedente abbia ricevuto dall’INPS tutte le informazioni precontrattuali e contrattuali previste ai sensi di legge.

In caso di reiezione della richiesta (o di recesso da parte del soggetto richiedente), la domanda di pensione è priva di effetti.

Il prestito decorre entro 30 giorni lavorativi dal predetto perfezionamento.

Le somme erogate dall’INPS nell’ambito del prestito non concorrono a formare il reddito ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. A fronte degli interessi sul finanziamento e dei premi assicurativi per la copertura del rischio di premorienza corrisposti al soggetto erogatore, è riconosciuto un credito di imposta annuo nella misura massima del 50 per cento dell’importo pari a un ventesimo degli interessi e dei premi assicurativi complessivamente pattuiti nei relativi contratti. Tale credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi ed è riconosciuto dall’INPS per l’intero importo rapportato a mese a partire dal primo pagamento del trattamento di pensione. L'INPS recupera il credito rivalendosi sulle ritenute da versare mensilmente all'Erario nella sua qualità di sostituto d'imposta.

All’APE si applica la disciplina dell’imposta sostitutiva sulle operazioni di finanziamento, di cui gli articoli da 15 a 22 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601 (comma 177) [46].

 

L'INPS trattiene a partire dalla prima pensione mensile l'importo della rata per il rimborso del finanziamento e lo riversa al finanziatore tempestivamente (e comunque non oltre 180 giorni dalla data di scadenza della medesima rata) (comma 171).

Gli effetti della trattenuta non rilevano ai fini del riconoscimento di prestazioni assistenziali e previdenziali sottoposte alla prova dei mezzi (comma 178).

Incremento del montante contributivo

I datori di lavoro del settore privato del richiedente, gli enti bilaterali o i fondi di solidarietà possono, previo accordo individuale con il lavoratore, incrementare il montante contributivo individuale maturato, versando all’INPS, in unica soluzione alla scadenza prevista per il pagamento dei contributi del mese di erogazione della prima mensilità, un contributo non inferiore, per ciascun anno (o sua frazione) di anticipo rispetto alla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia, all’importo determinato dalla normativa in materia di prosecuzione volontaria[47]. Trovano applicazione le disposizioni sanzionatorie e di riscossione previste dalla normativa vigente (articolo 116, comma 8, della legge n.388/2000) per i contributi previdenziali obbligatori (comma 172).

Istituzione di un Fondo di garanzia e garanzia statale di ultima istanza

Il comma 173 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, un apposito Fondo di garanzia per l’accesso all’APE, con una dotazione iniziale pari a 70 milioni di euro per il 2017.

Esso è alimentato dalle disponibilità del Fondo di garanzia per l’accesso ai finanziamenti per i datori di lavoro con meno di 50 dipendenti che non intendano erogare immediatamente in busta paga le quote di TFR maturando con risorse proprie, istituito dall’articolo 1, comma 32 della legge 29 dicembre 2014, n. 190[48]. Dette disponibilità sono pertanto versate all’entrata del bilancio dello Stato per il corrispondente importo di 70 milioni di euro nell’anno 2017 ed, a tale scopo, viene istituito un apposito conto corrente presso la tesoreria dello Stato.

Il fondo è ulteriormente alimentato con le commissioni di accesso al fondo che a tal fine sono versate all'entrata del bilancio dello Stato – sul conto corrente sopradetto - per la successiva riassegnazione al Fondo.

La garanzia del Fondo copre l’80 per cento del finanziamento dell’anticipo finanziario di cui al comma 166 e dei relativi interessi e, precisa  la norma , è “a prima richiesta, esplicita, incondizionata, irrevocabile e onerosa”. Essa è a sua volta assistita, con riguardo agli interventi da effettuare, dalla ulteriore garanzia dello Stato,  che ne ha le medesime caratteristiche, quale “garanzia di ultima istanza”[49]. Il finanziamento è altresì assistito automaticamente dal privilegio di cui all’articolo 2751-bis, n. 1, del codice civile[50], ed il Fondo di garanzia è surrogato di diritto alla banca, per l’importo pagato, nel privilegio medesimo.

Il comma 173 in esame dispone, altresì, che:

§  la garanzia dello Stato è elencata nell’allegato allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di cui all’articolo 31 della legge n. 196/2009;

§  il finanziamento e le formalità a esso connesse nell’intero svolgimento del rapporto sono esenti dall’imposta di registro, dall’imposta di bollo, e da ogni altra imposta indiretta, nonché da ogni altro tributo o diritto.

La gestione del Fondo è affidata all’INPS sulla base di apposita convenzione (comma 176).

Normativa di attuazione

Si prevede (comma 175) che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, (di concerto con il Ministro dell’economia delle finanze e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali), da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, vengano definite le ulteriori modalità di attuazione della disciplina dell’Ape.

In particolare, la disciplina attuativa dovrà definire:

§  ulteriori criteri, condizioni e adempimenti per l’accesso al finanziamento;

§  criteri, condizioni e modalità di funzionamento del Fondo di garanzia e di garanzia di ultima istanza dello Stato;

§  i modelli per la presentazione della domanda di Ape;

§  le modalità di estinzione anticipata dell’Ape;

§  la misura minima e massima dell’Ape;

§  le comunicazioni periodiche da inviare al soggetto finanziato e assicurato, anche in deroga alla normativa vigente.

Indennità fino alla maturazione dei requisiti pensionistici a favore di soggetti in determinate condizioni (cd. APE sociale) (commi  179-186)

L’APE sociale consiste in una indennità, corrisposta fino al conseguimento dei requisiti pensionistici, a favore di soggetti che si trovino in particolari condizioni.

L’APE sociale è prevista in via sperimentale dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2018; entro il 10 settembre 2018 il Governo verifica i risultati della sperimentazione e formula proposte ai fini di una sua eventuale prosecuzione (v. comma 193).

 

Soggetti beneficiari e requisiti

 

Possono accedere all’APE sociale i soggetti in possesso di un’età anagrafica minima di 63 anni e in possesso, alternativamente, di uno dei seguenti requisiti (comma 179):

§  soggetti in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento (anche collettivo) dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale[51] che abbiano concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi e siano in possesso di un anzianità contributiva di almeno 30 anni;

§  soggetti che assistono da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave[52] in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio1992, n. 104 e sono in possesso di un anzianità contributiva di almeno 30 anni;

§  soggetti che hanno una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74% (accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile) e sono in possesso di un anzianità contributiva di almeno 30 anni;

§  lavoratori dipendenti al momento della decorrenza dell’APE sociale, che svolgono specifiche attività lavorative “gravose”[53] da almeno sei anni in via continuativa, per le quali è richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento, e sono in possesso di un anzianità contributiva di almeno 36 anni.

Esclusioni dall’indennità

L’erogazione dell’APE sociale è esclusa nei seguenti casi (commi 180, 182 e 183):

§  mancata cessazione dell’attività lavorativa;

§  titolarità di un trattamento pensionistico diretto;

§  soggetti beneficiari di trattamenti di sostegno al reddito connessi allo stato di disoccupazione involontaria;

§  soggetti titolari di assegno di disoccupazione (ASDI)[54];

§  soggetti che beneficiano di indennizzo per cessazione di attività commerciale[55];

§  raggiungimento dei requisiti per il pensionamento anticipato;

L’indennità è comunque è compatibile con la percezione di redditi da lavoro dipendente o parasubordinato entro 8.000 euro annui e con la percezione di redditi da lavoro autonomo entro 4.800 annui.

 

Si evidenzia che le disposizioni subordinano la concessione dell’indennità alla “cessazione dell’attività lavorativa” (comma 180) e, allo stesso tempo, ne prevedono la compatibilità con la percezione di redditi da lavoro entro determinati limiti (comma 183).

Importo ed erogazione dell’indennità

L’indennità è pari all’importo della rata mensile della pensione calcolata al momento dell’accesso alla prestazione.

L’indennità non può in ogni caso superare l’importo massimo mensile di 1.500 euro.

L’importo dell’indennità non è soggetto a rivalutazione.

L’indennità è erogata mensilmente su dodici mensilità all’anno (comma 181).

Dipendenti pubblici

§  Per i dipendenti pubblici[56] che cessano l’attività lavorativa e richiedono l’APE sociale si prevede che i termini di pagamento delle indennità di fine servizio (comunque denominate)[57] iniziano a decorrere dal raggiungimento del requisito anagrafico previsto per il pensionamento di vecchiaia[58] (comma 184).

Limiti di spesa e gestione delle domande

Il beneficio dell’indennità è riconosciuto, a domanda, entro i seguenti limiti annuali di spesa (comma 186):

§  300 milioni di euro per l'anno 2017;

§  609 milioni di euro per l'anno 2018;

§  647 milioni di euro per l'anno 2019;

§  462 milioni di euro per l’anno 2020;

§  280 milioni di euro per l’anno 2021;

§  83 milioni di euro per l’anno 2022;

§  8 milioni di euro per l’anno 2023.

Qualora dal monitoraggio delle domande presentate ed accolte emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto alle risorse finanziarie disponibili, la decorrenza della indennità è differita, con criteri di priorità (da definire con successivo DPCM) in ragione della maturazione dei requisiti (e, a parità di requisiti, in ragione della data di presentazione della domanda), al fine di garantire un numero di accessi all’indennità non superiore al numero programmato in relazione alle predette risorse finanziarie.

Normativa di attuazione

Si prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, (di concerto con il Ministro dell’economia delle finanze e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali), da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, vengano definite le modalità di attuazione della disciplina dell’Ape sociale (comma 185).

In particolare, la disciplina attuativa dovrà definire:

§  la determinazione delle caratteristiche specifiche delle attività lavorative di cui al comma 179, lettera d);

§  le procedure accertative delle condizioni per l’accesso al beneficio e la documentazione da presentare;

§  le disposizioni attuative di quanto previsto dai commi da 179 a 186, con particolare riferimento:

-      all’attività di monitoraggio ai fini del contenimento della spesa entro i limiti annualmente previsti e alla individuazione dei criteri di priorità per la selezione delle domande;

-      alla procedura di cui al comma 186, da effettuarsi con il procedimento di cui all'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241;

-      alla disciplina del procedimento accertativo anche in relazione alla documentazione da presentare per accedere all’indennità;

-      alle comunicazioni che l'ente previdenziale erogatore dell’indennità fornisce all'interessato in esito alla presentazione della domanda di accesso al beneficio;

-      alla predisposizione di criteri da seguire nell'espletamento dell'attività di verifica ispettiva da parte del personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché degli enti che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria;

-      alle modalità di utilizzo, da parte dell'ente previdenziale, delle informazioni relative alla dimensione e all'assetto organizzativo dell'azienda e alle tipologie di lavorazioni aziendali, anche come risultanti dall'analisi dei dati amministrativi in possesso degli enti previdenziali, ivi compresi quelli assicuratori nei confronti degli infortuni sul lavoro;

-      alle forme e modalità di collaborazione tra enti che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria, con particolare riferimento allo scambio di dati ed elementi conoscitivi in ordine alle tipologie di lavoratori interessati.

Tabella 2 - Principali modalità di pensionamento anticipato nella normativa vigente

 

TIPOLOGIA

DESTINATARI

FONTE NORMATIVA

Pensione anticipata

L'accesso al trattamento pensionistico  è consentito con un'anzianità contributiva, attualmente, di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Eventuali pensionamenti prima dei 62 anni sono soggetti a penalizzazioni (escluse fino al 2017)

Art. 24, c. 10. D.L. 201/2011

Art. 6, c. 2-quater, D.L. 216/2011

Art. 1, c. 113, L. 190/2014

Pensione anticipata contributiva

Ai lavoratori con riferimento ai quali il primo accredito contributivo decorre successivamente al 1° gennaio 1996, l'accesso al trattamento pensionistico è consentito a 63 anni e 7 mesi, con almeno 20 anni di contribuzione effettiva, a condizione che l'ammontare mensile della prima rata di pensione risulti non inferiore a 2,8 volte l'importo mensile dell'assegno sociale (circa 1.255 euro al mese per il 2016)

Art. 24, c. 11, D.L. 201/2011

Part time agevolato

Nel settore privato è possibile concordare la trasformazione da tempo pieno a tempo parziale del rapporto di lavoro subordinato, con una riduzione dell’orario di lavoro compresa tra il 40 e il 60 per cento, per i dipendenti che maturino il diritto alla pensione entro il 31 dicembre 2018, con copertura pensionistica figurativa per la quota di retribuzione perduta e con la corresponsione al dipendente, da parte del datore di lavoro, di una somma pari alla contribuzione pensionistica che sarebbe stata a carico di quest'ultimo (relativa alla prestazione lavorativa non effettuata)

Art. 1, c. 284, L. 208/2015

Opzione donna

Misura sperimentale (fino a tutto il 2016) che prevede la possibilità per le lavoratrici dipendenti che hanno maturato, entro il 31 dicembre 2015 (anche qualora la decorrenza del trattamento così liquidato non sia possibile entro il 31 dicembre 2015), 35 anni di contributi e 57 anni e 3 mesi di età (58 anni e 3 mesi per le lavoratrici autonome)  di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico, a condizione che optino per il sistema di calcolo contributivo integrale.

Art. 1, c. 9, L. 234/2004

Art. 1, c. 281, L. 208/2015

Regime agevolato dipendenti settore privato

Nel settore privato, possono accedere al trattamento pensionistico, ad importo pieno:

-     all’età di 64 anni e 7 mesi entro luglio 2017 i lavoratori con almeno 35 anni di contributi, maturati entro il 31 dicembre 2012 (purché abbiano perfezionato “quota 96” quale somma tra età anagrafica e contributiva in presenza di un’età anagrafica minima di 60 anni);

-     all’età di 64 anni e 7 mesi entro luglio 2017 le lavoratrici con almeno 20 anni di contributi e 60 anni di età entro il 31 dicembre 2012

Art. 24, c. 15-bis, D.L. 201/2011

Lavori usuranti

I lavoratori addetti a lavorazioni particolarmente faticose e pesanti (c.d. lavori usuranti), con almeno 35 anni di anzianità contributiva, ferma restando la possibilità di accedere alla pensione anticipata, possono accedere (a determinate condizioni) al pensionamento attraverso il sistema delle “quote” (“quota 97”, quale somma tra età anagrafica e contributiva, dal 2013, requisito soggetto all’adeguamento alla speranza di vita)

Art. 1, D.Lgs. 67/2011

Art. 24, c. 17, D.L. 201/2011

Lavoratori esposti all’amianto

Ai lavoratori esposti all’amianto si applica:

-     una maggiorazione dell’1,5% ai periodi di prestazione lavorativa nelle miniere e nelle cave di amianto;

-     una maggiorazione dell’1,5% al periodo di esposizione all’amianto, nel caso di contrazione di malattia professionale;

-     una maggiorazione dell’1,25% (dell’1,5% fino a tutto il 2016 per i lavoratori collocati in mobilità e con esposizione oltre 10 anni in presenza di determinate condizioni) all’intero periodo di esposizione all’amianto, purché di durata superiore a 10 anni, ai soli fini della determinazione dell'importo (e non della maturazione del diritto di accesso) delle prestazioni pensionistiche.

Inoltre, con almeno 30 anni di contribuzione, è riconosciuta, a determinate condizioni, una maggiorazione dell'anzianità assicurativa e contributiva pari al periodo necessario per la maturazione del requisito dei 35 anni e, in ogni caso, non superiore al periodo compreso tra la data di risoluzione del rapporto e quella del compimento di 60 anni, se uomini, o 55 anni, se donne. La disposizione è stata prorogata per il triennio 2016-2018 a favore dei lavoratori ammalati con patologia asbesto-correlata accertata e riconosciuta

Art. 13, c. 2, 6, 7 e 8, L. 257/1992

Art. 47, c. 1, D.L. 269/2003

Art. 1, c. 115-117, L. 190/2014

Art. 10, c. 12-viciesbis, D.L. 192/2014

Art. 1, c. 274-279, L. 208/2015

Isopensione

Nei casi di eccedenza di personale (con accordi tra datori di lavoro che impieghino mediamente più di 15 dipendenti e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative), il lavoratore può ricevere, a condizione che raggiunga i requisiti minimi per il pensionamento (di vecchiaia o anticipato) nei 4 anni successivi, una prestazione (a carico del datore di lavoro) di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti.

Art. 4, c. 1, L. 92/2012

Fondi di solidarietà

Nei casi di riduzione o sospensione dell'attività lavorativa i fondi di solidarietà bilaterali possono prevedere un assegno straordinario per il sostegno al reddito, riconosciuto nel quadro dei processi di agevolazione all'esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi 5 anni (7 anni limitatamente a biennio 2016-17);

Art. 26, c. 9, lett. b), D.Lgs. 148/2015;

Art. 12, c. 1, D.L. 59/2016

Contratti solidarietà espansivi (cd. staffetta generazionale)

Ai lavoratori delle imprese nelle quali siano stati stipulati contratti di solidarietà espansivi, che abbiano una età inferiore (di non più di 24 mesi) a quella prevista per la pensione di vecchiaia e abbiano maturato i requisiti minimi di contribuzione per la pensione di vecchiaia, spetta, a determinate condizioni, il trattamento di pensione nel caso in cui abbiano accettato di svolgere una prestazione di lavoro di durata non superiore alla metà dell'orario di lavoro praticato prima della riduzione convenuta nel contratto di solidarietà.

Art. 41, c. 5-6, D.Lgs. 148/2015

 


 

Articolo 1, comma 187
(Quattordicesima)

 


187. Al decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2007, n. 127, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) la tabella A è sostituita dalla tabella A di cui all’allegato D annesso alla presente legge;

b) all’articolo 5, comma 1, quarto periodo, le parole: «e spetta a condizione che il soggetto non possieda un reddito complessivo individuale relativo all’anno stesso superiore a una volta e mezza il trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti» sono sostituite dalle seguenti: «e spetta: nella misura prevista al punto 1) della predetta tabella A a condizione che il soggetto possieda un reddito complessivo individuale relativo all’anno stesso non superiore a una volta e mezza il trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti; fermo restando quanto stabilito dal comma 2, nella misura prevista al punto 2) della predetta tabella A a condizione che il soggetto possieda un reddito complessivo individuale relativo all’anno stesso compreso tra una volta e mezza e due volte il trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti»;

c) il comma 2 dell’articolo 5 è sostituito dal seguente:

«2. Nei confronti dei soggetti che soddisfano le condizioni di cui al comma 1 e per i quali l’importo complessivo del reddito individuale annuo, al netto dei trattamenti di famiglia, risulti superiore a una volta e mezza il trattamento minimo e inferiore a tale limite incrementato dell’importo della somma aggiuntiva spettante, l’importo è comunque attribuito fi no a concorrenza del predetto limite maggiorato. Nei confronti dei soggetti che soddisfano le condizioni di cui al comma 1 e per i quali l’importo complessivo del reddito individuale annuo, al netto dei trattamenti di famiglia, risulti superiore a due volte il trattamento minimo e inferiore a tale limite incrementato dell’importo della somma aggiuntiva spettante, l’importo è attribuito fi no a concorrenza del predetto limite maggiorato».


 

 

Il comma 187 ridetermina, dal 2017, l’importo e le modalità di fruizione della cd. “quattordicesima”, cioè della somma aggiuntiva introdotta (dal 2007) al fine di incrementare i trattamenti pensionistici di importo più basso.

 

La norma interviene sulla disciplina della cd. “quattordicesima”, somma introdotta dal 2007 per incrementare i trattamenti pensionistici di importo più basso (articolo 5, commi 1-4, del D.L. 81/2007). In particolare, vengono rideterminati (dal 2017) l’importo della somma ed i requisiti reddituali richiesti per la fruizione della stessa, la quale viene erogata non più solamente se il soggetto interessato possieda un reddito complessivo individuale non superiore a 1,5 volte il trattamento minimo annuo I.N.P.S. (pari, per il 2016, a 501,89 euro), ma anche, con importi diversi, nei casi in cui il soggetto possieda redditi superiori a 1,5 volte - e fino al limite di 2 volte - il trattamento minimo INPS.

 

A tal fine:

§  viene sostituita la Tabella A (allegata al medesimo D.L. 81/2007) che determina le modalità di fruizione della somma in base ai requisiti richiesti (lettera a));

§  si precisa (lettera b)) che la somma spetti, nel caso in cui si possieda un reddito complessivo individuale non superiore a 1,5 volte il richiamato trattamento minimo annuo, in misura pari:

-         a 437 euro annui per i pensionati ex lavoratori dipendenti con anzianità contributiva fino a 15 anni e per gli ex autonomi che abbiano versato i contributi fino a 18 anni;

-         a 546 euro annui per i pensionati ex lavoratori dipendenti con anzianità contributiva tra i 15 e i 25 anni e per gli ex lavoratori autonomi dai 18 ai 28 anni di contributi versati;

-         a 655 euro annui per i pensionati ex lavoratori dipendenti con più di 25 anni di contributi e i pensionati ex lavoratori autonomi con più di 28 anni di contributi versati;

§  si precisa (lettera b)) che la somma, nel caso in cui si possieda un reddito complessivo individuale annuo INPS compreso tra 1,5 volte e 2 volte il trattamento minimo annuo, spetti (ferma restando la cd. clausola di salvaguardia, vedi infra) in misura pari a quanto attualmente previsto per il 2016 (a parità di requisiti), e cioè:

-         a 336 euro annui per i pensionati ex lavoratori dipendenti con anzianità contributiva fino a 15 anni e per gli ex autonomi che abbiano versato i contributi fino a 18 anni;

-         a 420 euro annui per i pensionati ex lavoratori dipendenti con anzianità contributiva tra i 15 e i 25 anni e per gli ex lavoratori autonomi dai 18 ai 28 anni di contributi versati;

-         a 504 euro annui per i pensionati ex lavoratori dipendenti con più di 25 anni di contributi e i pensionati ex lavoratori autonomi con più di 28 anni di contributi versati;

§  si ridefinisce la cd. clausola di salvaguardia (lettera c)), cioè il limite reddituale (al netto dei trattamenti di famiglia) entro il quale la somma viene concessa interamente e oltre il quale l'aumento viene corrisposto in misura pari alla differenza tra la somma aggiuntiva e la cifra eccedente il limite stesso. Più specificamente, nel confermare che il beneficio venga concesso interamente fino ad un limite di reddito pari a 1,5 volte il richiamato trattamento minimo, si dispone che lo stesso beneficio sia corrisposto (sia nel caso che il reddito complessivo individuale annuo risulti superiore a 1,5 volte, sia nel caso in cui sia compreso tra 1, 5 e 2 volte) in misura pari alla differenza tra la somma aggiuntiva e la cifra eccedente il limite stesso maggiorato.

 

La cd. “quattordicesima” è una somma aggiuntiva introdotta a decorrere dal 2007, al fine di incrementare i trattamenti pensionistici più bassi, dall'articolo 5, commi da 1 a 4, del D.L. 81/2007, e collegata a determinate condizioni reddituali personali, ed erogata ai pensionati ultrasessantaquattrenni, titolari di uno o più trattamenti pensionistici a carico dell’assicurazione generale obbligatoria (A.G.O.) e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative dell’assicurazione medesima.

La fruizione è determinata con le modalità indicate nella Tabella A allegata al medesimo D.L. 81/2007, in funzione dell'anzianità contributiva complessiva accreditata nella gestione di appartenenza a carico della quale è liquidato il trattamento principale, ed è condizionata da specifici requisiti reddituali, diversi per ciascun anno. La “quattordicesima” viene erogata sulla base del solo reddito personale, che per il 2016 deve essere inferiore a quanto viene riportato nei requisiti reddituali richiesti. Più specificamente, si considerano nel computo i redditi assoggettabili all'IRPEF, nonché i redditi esenti da imposte e quelli soggetti a ritenuta alla fonte o ad imposta sostitutiva, compresi i redditi conseguiti all'estero o in Italia presso Enti ed organismi internazionali. Sono invece, per espressa previsione normativa, esclusi: i trattamenti di famiglia comunque denominati; le indennità di accompagnamento; il reddito della casa di abitazione; i trattamenti di fine rapporto comunque denominati; le competenze arretrate sottoposte a tassazione separata. Sono altresì da non considerare i redditi: delle pensioni di guerra; delle indennità per i ciechi parziali e dell'indennità di comunicazione per i sordi prelinguali; dell'indennizzo previsto dalla L. 210 del 25 febbraio 1992 in favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati; della somma di 154,94 euro di importo aggiuntivo previsto dalla L. 388/2000 per espressa previsione normativa; dei sussidi economici che i comuni ed altri Enti erogano agli anziani per bisogni strettamente connessi a situazioni contingenti e che non abbiano caratteristica di continuità.

I requisiti anagrafici e contributivi per il diritto alla prestazione e gli importi della prestazione sono stati illustrati con circolare I.N.P.S. n. 119 dell'8 ottobre 2007 (e con successive circolari e messaggi). Con il messaggio INPS 27 giugno 2016, n. 2831, sono stati individuati i requisiti anagrafici e contributivi, nonché i limiti reddituali per il 2016 ai quali rapportare il reddito personale (che ovviamente deve essere inferiore a questi) valevoli ai fini dell’erogazione della “quattordicesima”.

Più specificamente:

§  per i pensionati ex lavoratori dipendenti con anzianità contributiva fino a 15 anni e per gli ex autonomi che abbiano versato i contributi fino a 18 anni, l’importo della “quattordicesima” è pari ai 336 euro (limite massimo reddituale pari a 10.122,86 euro);

§  per i pensionati ex lavoratori dipendenti con anzianità contributiva tra i 15 e i 25 anni e per i pensionati ex lavoratori autonomi con anzianità contributiva dai 18 ai 28 anni di contributi versati, l’importo della “quattordicesima” è pari a 420 euro (limite massimo reddituale pari a 10.206,86 euro);

§  per i pensionati lavoratori ex dipendenti con più di 25 anni di contributi e i pensionati ex lavoratori autonomi con più di 28 anni di contributi versati, l’importo della “quattordicesima” è pari a 504 euro (limite massimo reddituale pari a 10.290,86 euro).

Il beneficio è concesso interamente fino ad un limite di reddito pari a 1,5 volte il trattamento minimo del Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti; oltre tale importo l'aumento è corrisposto in misura pari alla differenza tra la somma aggiuntiva e la cifra eccedente il limite stesso (cd. clausola di salvaguardia).

Per il 2016, l’importo minimo mensile è pari 501,89 euro, quindi il totale del reddito da non superare per la fruizione della “quattordicesima” è di 9.786,86 euro (cioè 752,83 euro mensili per 13 mensilità).


 

Articolo 1, commi 188-192
(Rendita integrativa temporanea anticipata - RITA)

 


188. A decorrere dal 1º maggio 2017, in via sperimentale fi no al 31 dicembre 2018, per i lavoratori in possesso dei requisiti di età, contributivi e di maturazione del diritto a pensione di vecchiaia di cui al comma 167 del presente articolo e in possesso della certificazione di cui al comma 168 del presente articolo, a seguito della cessazione del rapporto di lavoro, le prestazioni delle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, con esclusione di quelle in regime di prestazione definita, possono essere erogate, in tutto o in parte, su richiesta dell’aderente, in forma di rendita temporanea, denominata «Rendita integrativa temporanea anticipata» (RITA), decorrente dal momento dell’accettazione della richiesta fi no al conseguimento dei predetti requisiti di accesso alle prestazioni nel regime obbligatorio e consistente nell’erogazione frazionata, per il periodo considerato, del montante accumulato richiesto.

189. La parte imponibile della rendita di cui al comma 188, determinata secondo le disposizioni vigenti nei periodi di maturazione della prestazione pensionistica  complementare, è assoggettata alla ritenuta a titolo d’imposta con l’aliquota del 15 per cento ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali. A tal fi ne, se la data di iscrizione alla forma di previdenza complementare è anteriore al 1º gennaio 2007, gli anni di iscrizione prima del 2007 sono computati fi no a un massimo di 15.

190. Le somme erogate a titolo di RITA sono imputate, ai fi ni della determinazione del relativo imponibile, prioritariamente agli importi della prestazione medesima maturati fi no al 31 dicembre 2000 e, per la parte eccedente, prima a quelli maturati dal 1º gennaio 2001 al 31 dicembre 2006 e successivamente a quelli maturati dal 1º gennaio 2007.

191. Le disposizioni di cui ai commi 188, 189 e 190 si applicano anche ai dipendenti pubblici che hanno aderito alle forme pensionistiche complementari loro destinate.

192. Per i lavoratori di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché per il personale degli enti pubblici di ricerca, che accedono a RITA e cessano dal rapporto di lavoro, il trattamento di fi ne rapporto e di fi ne servizio sono corrisposti al momento in cui il soggetto avrebbe maturato il diritto alla corresponsione degli stessi secondo le disposizioni dell’articolo 24, comma 6, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e la disciplina vigente in materia di corresponsione del trattamento di fi ne servizio comunque denominato.


 

 

I commi da 188 a 192 introducono, in via sperimentale dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2018, la possibilità di erogazione anticipata delle prestazioni della previdenza complementare (c.d. RITA), in relazione al montante richiesto e fino al conseguimento dei requisiti pensionistici previsti nel regime obbligatorio, in favore dei soggetti, cessati dal lavoro, in possesso dei requisiti per l’accesso all’APE.

 

I suddetti commi introducono la possibilità di erogazione anticipata delle prestazioni della previdenza complementare (con esclusione di quelle in regime di prestazione definita) in relazione al montante accumulato richiesto e fino al conseguimento dei requisiti pensionistici del regime obbligatorio.

La possibilità di richiedere la rendita integrativa temporanea anticipata (cd. RITA) è riservata ai soggetti, cessati dal lavoro, in possesso dei requisiti per l’accesso all’APE, certificati dall’INPS.

 

Ai sensi del comma 167 (v. retro) possono accedere all’APE i soggetti in possesso dei seguenti requisiti:

§  soggetti iscritti all’Assicurazione generale obbligatoria (AGO), alle forme sostitutive ed esclusive della medesima e alla gestione separata (di cui all’articolo 2, comma 26, della legge n.335/1995);

§  età anagrafica minima di 63 anni;

§  maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia entro 3 anni e 7 mesi;

§  anzianità contributiva di 20 anni;

§  pensione pari almeno a 1,4 volte il trattamento minimo (al netto della rata di ammortamento dell’APE);

§  non essere già titolare di un trattamento pensionistico diretto.

Il soggetto richiedente presenta domanda all’INPS, il quale verifica il possesso dei requisiti per l’accesso all’APE e ne certifica il diritto.

 

La prestazione consiste nell’erogazione frazionata, in forma di rendita temporanea fino alla maturazione dei requisiti pensionistici, del montante accumulato richiesto.

La parte imponibile della rendita, determinata secondo le disposizioni vigenti nei periodi di maturazione della prestazione pensionistica complementare, è assoggettata alla ritenuta a titolo d'imposta con l'aliquota del 15 per cento, ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari, con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali. A tal fine, se la data di iscrizione alla forma di previdenza complementare è anteriore al 1° gennaio 2007, gli anni di iscrizione prima del 2007 sono computati fino a un massimo di 15.

Le somme erogate a titolo di rendita integrativa temporanea anticipata sono imputate, ai fini della determinazione del relativo imponibile, prioritariamente agli importi della prestazione medesima maturati fino al 31 dicembre 2000 e, per la parte eccedente, prima a quelli maturati dal 1° gennaio 2001 al 31 dicembre 2006 e, successivamente, a quelli maturati dal 1° gennaio 2007.

Per i dipendenti pubblici che cessano l’attività lavorativa e richiedono la RITA si prevede che i termini di pagamento del trattamento di fine rapporto e di fine servizio iniziano a decorrere dal raggiungimento del requisito anagrafico previsto per il pensionamento di vecchiaia.

Infine, si prevede che entro il 10 settembre 2018 il Governo verifica i risultati della sperimentazione e formula proposte ai fini di una sua eventuale prosecuzione (v. comma 193).

 


 

Articolo 1, comma 193
(Relazione del Governo alle Camere in materia di APE e di RITA)

 

193. Il Governo trasmette alle Camere entro il 10 settembre 2018 una relazione nella quale dà conto dei risultati delle sperimentazioni relative alle misure di cui ai commi da 166 a 186 e da 188 a 192 e formula proposte in ordine alla loro eventuale prosecuzione.

 

 

Il comma 193 prevede che il Governo trasmetta alle Camere, entro il 10 settembre 2018, una relazione nella quale dia conto dei risultati delle sperimentazioni inerenti alle misure di cui ai commi da 166 a 186 e da 188 a 192 e formuli proposte in ordine alla loro eventuale prosecuzione.

 

Si ricorda che i commi richiamati concernono i vari profili degli istituti dell’anticipo finanziario a garanzia pensionistica (APE) e della connessa rendita integrativa temporanea anticipata (RITA), istituti introdotti dai commi medesimi.


 

Articolo 1, comma 194
(Abolizione penalizzazioni)

 

194. Con effetto sui trattamenti pensionistici decorrenti dal 1º gennaio 2018, le disposizioni di cui all’articolo 24, comma 10, terzo e quarto periodo, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di riduzione percentuale dei trattamenti pensionistici, non trovano applicazione.

 

 

Il comma 194 esclude a regime la riduzione percentuale (cd. penalizzazione) per i trattamenti pensionistici anticipati decorrenti dal 1º gennaio 2018.

 

La disposizione prevede l’esclusione, a regime, dell’applicazione della riduzione percentuale (cd. penalizzazione) prevista dalla “riforma Fornero” (di cui all’articolo 24, comma 10, del D.L. n. 201/2011) sui trattamenti pensionistici anticipati decorrenti dal 1º gennaio 2018.

 

L’articolo 24, comma 10, del D.L. n. 201/2011 (c.d. riforma Fornero), ha stabilito che l’accesso alla pensione anticipata (ossia in assenza dei nuovi requisiti anagrafici introdotti dalla riforma per il pensionamento di vecchiaia), a decorrere dal 1° gennaio 2012, è consentito esclusivamente se risulta maturata un'anzianità contributiva attualmente pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne[59]. Sulla quota di trattamento relativa alle anzianità contributive maturate antecedentemente il 1° gennaio 2012, è applicata una riduzione percentuale pari ad 1 punto percentuale per ogni anno di anticipo nell’accesso al pensionamento rispetto all’età di 62 anni fino a 60 anni, elevata a 2 punti percentuali per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto ai 60 anni.

Dopo la riforma del 2011, sulla materia è intervenuta, dapprima, la legge di Stabilità 2015 (art. 1, c. 113, L. 190/2014) che ha escluso l’applicazione della penalizzazione per i soggetti che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017. Successivamente, la legge di Stabilità 2016 (art. 1, c. 229, L. 208/2015) ha specificato che la suddetta deroga si applica - con effetto sui ratei di pensione decorrenti dal 1° gennaio 2016 - anche per i trattamenti pensionistici liquidati prima del 1° gennaio 2015 (data di entrata in vigore della deroga base suddetta).

 


 

Articolo 1, commi 195-198
(Cumulo dei periodi assicurativi)

 


195. All’articolo 1, comma 239, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo periodo, dopo le parole: «e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima,» sono inserite le seguenti: «nonché agli enti di previdenza di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103,» e le parole: «, qualora non siano in possesso dei requisiti per il diritto al trattamento pensionistico» sono soppresse;

b) il secondo periodo è sostituito dal seguente: «La predetta facoltà può essere esercitata per la liquidazione del trattamento pensionistico a condizione che il soggetto interessato abbia i requisiti anagrafi ci previsti dal comma 6 dell’articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e il requisito contributivo di cui al comma 7 del medesimo articolo 24, ovvero, indipendentemente dal possesso dei requisiti anagrafi ci, abbia maturato l’anzianità contributiva prevista dal comma 10 del medesimo articolo 24, adeguata agli incrementi della speranza di vita ai sensi dell’articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nonché per la liquidazione dei trattamenti per inabilità e ai superstiti di assicurato deceduto».

196. Per i lavoratori di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché per il personale degli enti pubblici di ricerca, che si avvalgono della facoltà di cui all’articolo 1, comma 239, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, come modificato dal comma 195 del presente articolo, i termini di pagamento delle indennità di fi ne servizio comunque denominate di cui all’articolo 3 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, iniziano a decorrere al compimento dell’età di cui all’articolo 24, comma 6, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

197. Per i casi di esercizio della facoltà di ricongiunzione di cui agli articoli 1 e 2 della legge 7 febbraio 1979, n. 29, da parte dei soggetti, titolari di più periodi assicurativi che consentono l’accesso al trattamento pensionistico a seguito di quanto previsto all’articolo 1, comma 239, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, per effetto delle modifiche introdotte dal comma 195 del presente articolo, sono consentiti, su richiesta degli interessati, il recesso e la restituzione di quanto già versato, solo nei casi in cui non si sia perfezionato il pagamento integrale dell’importo dovuto. La restituzione di quanto versato è effettuata a decorrere dal dodicesimo mese dalla data della richiesta di rimborso in quattro rate annuali, non maggiorate di interessi. Il recesso di cui al presente comma non può, comunque, essere esercitato oltre il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge e nei casi in cui abbia già dato titolo alla liquidazione del trattamento pensionistico.

198. I soggetti, titolari di più periodi assicurativi che consentono l’accesso al trattamento pensionistico previsto all’articolo 1, comma 239, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, a seguito delle modifiche introdotte dal comma 195 del presente articolo, che hanno presentato domanda di pensione in totalizzazione ai sensi del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 42, anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge e per i quali il relativo procedimento amministrativo non sia ancora concluso, possono, previa rinuncia alla domanda di pensione in totalizzazione, accedere al trattamento pensionistico previsto al medesimo articolo 1, comma 239, come modificato dal comma 195 del presente articolo.


 

 

Il comma 195 modifica i requisiti per l'accesso al cosiddetto cumulo dei periodi assicurativi (ai fini pensionistici). Il comma 196 concerne i termini di pagamento dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, dei dipendenti pubblici che si avvalgano del medesimo istituto del cumulo. I commi 197 e 198 recano norme transitorie - in considerazione delle novelle di cui al comma 195 - per i soggetti che avessero presentato domanda di ricongiunzione o di totalizzazione.

 

Il comma 195 opera una revisione dei requisiti per l'accesso al cosiddetto cumulo dei periodi assicurativi (ai fini pensionistici)[60].

In base a tale istituto, i soggetti che abbiano contributi (relativi a periodi non coincidenti) in diverse forme pensionistiche obbligatorie di base (inerenti ai lavoratori dipendenti o ai lavoratori autonomi e parasubordinati iscritti in regimi INPS) possono cumulare gratuitamente i medesimi, in alternativa agli istituti della ricongiunzione (eventualmente onerosa) o della totalizzazione; si ricorda che nella totalizzazione (anch'essa gratuita) i periodi contributivi dànno luogo a quote di trattamento pensionistico calcolate secondo il sistema contributivo, mentre nell'istituto del cumulo  ogni quota di trattamento è determinata mediante i criteri di calcolo inerenti (secondo la rispettiva disciplina) alla corrispondente quota di anzianità contributiva.

La novella di cui alla lettera a) del comma 195 sopprime la condizione (ai fini dell'accesso al cumulo) che il soggetto non sia in possesso dei requisiti per il diritto al trattamento pensionistico ed estende l'istituto del cumulo ai periodi contributivi maturati presso le forme pensionistiche obbligatorie di base relative a lavoratori autonomi e gestite da persone giuridiche di diritto privato.

La novella di cui alla lettera b) introduce la possibilità di accesso al cumulo in favore dei soggetti che abbiano conseguito il requisito di anzianità contributiva (per la pensione) indipendente dall'età anagrafica, requisito attualmente pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini ed a 41 anni e 10 mesi per le donne. Restano ferme le altre fattispecie di accesso all'istituto del cumulo (costituite dal possesso del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia e del relativo requisito contributivo ovvero dal possesso dei requisiti dei trattamenti per inabilità o per i superstiti di assicurato deceduto).

Il comma 196 disciplina i termini di pagamento dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, dei dipendenti pubblici che si avvalgano del medesimo istituto del cumulo. Si prevede che i termini di pagamento previsti dalla disciplina generale in materia (ivi richiamata) inizino a decorrere solo al compimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia.

Appare opportuno chiarire se la norma di cui al comma 196 abbia effetto retroattivo, considerato che anche la disciplina attuale[61] consente alcuni casi (trattamenti per inabilità o per i superstiti di assicurato) di ricorso al cumulo prima del compimento dei requisiti anagrafici suddetti. Potrebbe inoltre essere ritenuto opportuno valutare, ai fini in esame, il caso in cui, pur non computando gli effetti del cumulo, il soggetto maturi egualmente, prima del compimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia, il requisito di anzianità contributiva (per la pensione) indipendente dall'età anagrafica.

I commi 197 e 198 recano norme transitorie - in considerazione delle novelle di cui al comma 195 - per i soggetti che avessero presentato domanda di ricongiunzione o di totalizzazione e i cui procedimenti non si siano ancora perfezionati, al fine di consentire l'accesso alternativo all'istituto del cumulo (sempre che sussistano i relativi requisiti) e di garantire il recupero delle somme eventualmente versate dal soggetto (nel caso di domanda di ricongiunzione).

Si segnala che, al contrario che nel comma 198 (relativo alle domande di totalizzazione), nel comma 197, concernente le domande di ricongiunzione, non si esplicita se la norma transitoria riguardi esclusivamente le domande presentate prima dell'entrata in vigore della presente legge.

 

Nel settore pubblico, fino all’emanazione del D.P.C.M. 20 dicembre 1999, che ha introdotto per i nuovi assunti il trattamento di fine rapporto, veniva liquidata l’indennità premio di fine servizio ai dipendenti degli enti locali e l’indennità di buonuscita ai dipendenti statali. I trattamenti di fine servizio si differenziano dal TFR sia per le modalità di calcolo della prestazione (calcolata sull’ultima retribuzione), sia per il suo finanziamento che è caratterizzato anche da una contribuzione del lavoratore alla quale si aggiunge quella dell’amministrazione statale o dell’ente locale.

L’articolo 12, commi 7 e 8, del D.L. n. 78/2010, ha disposto che dal 31 maggio 2010, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche specificamente individuate, il riconoscimento dell’indennità premio di fine servizio, dell’indennità di buonuscita, del TFR e di ogni altra indennità equipollente corrisposta una tantum comunque denominata, spettante in seguito a cessazione di servizio, venga erogata:

§  in un unico importo annuale, qualora l'ammontare complessivo, al lordo delle trattenute fiscali, sia complessivamente pari o inferiore a 50.000 euro;

§  in due importi annuali, qualora l'ammontare sia complessivamente superiore a 50.000 euro ma inferiore a 100.000 euro. In tal caso, il primo importo erogato sarà pari a 50.000 euro, il secondo sarà pari all'ammontare residuo;

§  in tre importi annuali, qualora l'ammontare sia pari o superiore a 100.000 euro. In tal caso, il primo importo erogato rata sarà pari a 50.000 euro, il secondo a 50.000 euro ed il terzo all'ammontare residuo.

Resta fermo quanto previsto dalla normativa vigente in relazione alla determinazione della prima scadenza utile per il riconoscimento dei trattamenti di fine servizio di cui al precedente comma, ovvero del primo importo annuale, con conseguente riconoscimento del secondo e del terzo importo dopo, rispettivamente, 12 e 24 mesi dal riconoscimento del primo importo.

Merita inoltre ricordare che l’articolo 3, comma 2, del D.L. n. 79/1997, ha stabilito che alla liquidazione dei TFS, comunque denominati per i dipendenti pubblici, loro superstiti o aventi causa, che ne abbiano titolo, l'ente erogatore provvede decorsi 24 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro e, nei casi di cessazione dal servizio per raggiungimento dei limiti di età o di servizio previsti dagli ordinamenti di appartenenza, per collocamento a riposo d'ufficio a causa del raggiungimento dell'anzianità massima di servizio prevista dalle norme di legge o di regolamento applicabili nell'amministrazione, decorsi 12 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro. Alla corresponsione agli aventi diritto l'ente provvede entro i successivi 3 mesi, decorsi i quali sono dovuti gli interessi.


 

Articolo 1, commi 199-205
(Lavoratori precoci)

 


199. A decorrere dal 1º maggio 2017, il requisito contributivo di cui all’articolo 24, comma 10, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, come rideterminato ai sensi del comma 12 del medesimo articolo 24 per effetto degli adeguamenti applicati con decorrenza 2013 e 2016, è ridotto a 41 anni per i lavoratori di cui all’articolo 1, commi 12 e 13, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che hanno almeno 12 mesi di contribuzione per periodi  di lavoro effettivo precedenti il raggiungimento del diciannovesimo anno di età e che si trovano in una delle seguenti condizioni di cui alle lettere da a) a d) del presente comma, come ulteriormente specificate ai sensi del comma 202 del presente articolo:

a) sono in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e hanno concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi;

b) assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104;

c) hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74 per cento;

d) sono lavoratori dipendenti di cui alle professioni indicate all’allegato E annesso alla presente legge che svolgono, al momento del pensionamento, da almeno sei anni in via continuativa attività lavorative per le quali è richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento in modo continuativo ovvero sono lavoratori che soddisfano le condizioni di cui all’articolo 1, commi 1, 2 e 3, del decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67.

200. Al requisito contributivo ridotto di cui al comma 199 del presente articolo continuano ad applicarsi gli adeguamenti alla speranza di vita di cui all’articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

201. Per i lavoratori di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché per il personale degli enti pubblici di ricerca, che soddisfano i requisiti di cui al comma 199 del presente articolo, le indennità di fi ne servizio comunque denominate di cui all’articolo 3 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, sono corrisposte al momento in cui il soggetto avrebbe maturato il diritto alla corresponsione delle stesse secondo le disposizioni dell’articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e sulla base della disciplina vigente in materia di corresponsione del trattamento di fi ne servizio comunque denominato.

202. Le modalità di attuazione delle disposizioni dei commi da 199 a 205 del presente articolo, nel rispetto dei limiti di spesa annuali di cui al comma 203, sono disciplinate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, avuto particolare riguardo:

a) alla determinazione delle caratteristiche specifiche delle attività lavorative di cui al comma 199, lettera d) ;

b) alle procedure per l’accertamento delle condizioni per l’accesso al beneficio di cui ai commi da 199 a 205 e alla relativa documentazione da presentare a tali fi ni;

c) all’attività di monitoraggio e alla procedura di cui al comma 203 del presente articolo, da effettuare con il procedimento di cui all’articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241;

d) alle comunicazioni che l’ente previdenziale erogatore del trattamento pensionistico fornisce all’interessato in esito alla presentazione della domanda di accesso al beneficio;

e) alla predisposizione dei criteri da seguire nello svolgimento dell’attività di verifica ispettiva da parte del personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali nonché degli enti che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria;

f) alle modalità di utilizzo da parte dell’ente previdenziale delle informazioni relative alla dimensione, all’assetto organizzativo dell’azienda e alle tipologie di lavorazioni aziendali, anche come risultanti dall’analisi dei dati amministrativi in possesso degli enti previdenziali, ivi compresi quelli assicuratori nei confronti degli infortuni sul lavoro;

g) all’individuazione dei criteri di priorità di cui al comma 203;

h) alle forme e modalità di collaborazione tra enti che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria, con particolare riferimento allo scambio di dati ed elementi conoscitivi in ordine alle tipologie di lavoratori interessati.

203. Il beneficio dell’anticipo del pensionamento ai sensi dei commi da 199 a 202 è riconosciuto a domanda nel limite di 360 milioni di euro per l’anno 2017, di 550 milioni di euro per l’anno 2018, di 570 milioni di euro per l’anno 2019 e di 590 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020. Qualora dal monitoraggio delle domande presentate ed accolte emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, del numero di domande rispetto alle risorse finanziarie di cui al primo periodo del presente comma, la decorrenza dei trattamenti è differita, con criteri di priorità in ragione della maturazione dei requisiti agevolati di cui al comma 199, individuati con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 202, e, a parità degli stessi, in ragione della data di presentazione della domanda, al fi ne di garantire un numero di accessi al pensionamento, sulla base dei predetti requisiti agevolati, non superiore al numero di pensionamenti programmato in relazione alle predette risorse finanziarie.

204. A far data dalla sua decorrenza il trattamento pensionistico di cui al comma 199 del presente articolo non è cumulabile con redditi da lavoro, subordinato o autonomo, per un periodo di tempo corrispondente alla differenza tra l’anzianità contributiva di cui all’articolo 24, commi 10 e 12, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre  2011, n. 214, e l’anzianità contributiva al momento del pensionamento.

205. Il beneficio di cui ai commi da 199 a 204 non è cumulabile con altre maggiorazioni previste per le attività di lavoro di cui al comma 199 del presente articolo, fermo restando quanto previsto all’articolo 80, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388.


 

 

I commi da 199 a 205 introducono, in favore di alcune categorie di soggetti, una riduzione del requisito di anzianità contributiva (per la pensione) indipendente dall'età anagrafica. I beneficiari sono costituiti dai soggetti che abbiano almeno 12 mesi di contribuzione per periodi di lavoro effettivo precedenti il compimento del diciannovesimo anno di età, siano iscritti ad una forma di previdenza obbligatoria di base da una data precedente il 1° gennaio 1996 e si trovino in una delle fattispecie ivi individuate.

 

Il comma 199 prevede, in favore di alcune categorie di soggetti, una riduzione a 41 anni del requisito di anzianità contributiva (per la pensione) indipendente dall'età anagrafica, requisito attualmente pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini ed a 41 anni e 10 mesi per le donne.

La riduzione opera a decorrere dal 1° maggio 2017.

I beneficiari sono costituiti dai soggetti che abbiano almeno 12 mesi di contribuzione per periodi di lavoro effettivo precedenti il compimento del diciannovesimo anno di età, si trovino in specifiche fattispecie e siano iscritti ad una forma di previdenza obbligatoria di base da una data precedente il 1° gennaio 1996 (quest'ultima condizione deriva dal richiamo ai soli soggetti di cui all'art. 1, commi 12 e 13, della L. 8 agosto 1995, n. 335[62]). Le suddette fattispecie specifiche sono le seguenti (individuate dalle lettere da a) a d) del comma 199):

§  stato di disoccupazione, a séguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o (nell'ambito della procedura di conciliazione di cui all'art. 7 della L. 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni) risoluzione consensuale, sempre che la relativa prestazione per la disoccupazione sia cessata integralmente da almeno tre mesi;

§  svolgimento di assistenza, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, in favore del coniuge o di un parente di primo grado convivente, con handicap in situazione di gravità[63];

§  riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, pari o superiore al 74 per cento;

§  svolgimento, al momento del pensionamento, da almeno sei anni in via continuativa, in qualità di lavoratore dipendente, nell'àmbito delle professioni indicate nell’allegato E, di attività lavorative per le quali sia richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltosa e rischiosa la loro effettuazione in modo continuativo (la determinazione delle caratteristiche specifiche di tali attività lavorative è demandata al decreto di cui al comma 202);

§  soddisfacimento delle nozioni di lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, poste, ai fini pensionistici, dall’art. 1, commi da 1 a 3, del D.Lgs. 21 aprile 2011, n. 67, come modificato dal successivo comma 206 dell'articolo 1 della presente legge (cfr., in materia di trattamenti pensionistici per tali lavoratori, la scheda relativa a ai commi 206-208).

 

Il requisito ridotto in esame - pari, come detto, a 41 anni - è soggetto ad adeguamento in base agli incrementi della speranza di vita, secondo il meccanismo generale di adeguamento dei requisiti anagrafici per i trattamenti pensionistici (comma 200). Di conseguenza[64], il requisito è soggetto ad adeguamento - con decorrenza dal 2019 e, successivamente, con cadenza biennale - mediante decreto direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali (mentre l'adeguamento per il triennio 2016-2018 e quelli ancora precedenti sono esclusi, ai sensi dell'alinea del comma 199).

Il comma 201 disciplina i termini di pagamento dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, dei dipendenti pubblici che si avvalgano del requisito ridotto in esame. Si prevede che i termini di pagamento previsti dalla disciplina generale in materia (ivi richiamata) inizino a decorrere solo al compimento dei precedenti requisiti per il trattamento pensionistico.

Il comma 202 demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le modalità di attuazione delle disposizioni in esame, tra cui l'individuazione di criteri di priorità; questi ultimi rilevano, ai sensi del comma 203, qualora dal monitoraggio delle domande emerga uno scostamento, anche in via prospettica, rispetto ai limiti di spesa ivi stabiliti - pari a 360 milioni di euro per il 2017, 550 milioni per il 2018, 570 milioni per il 2019 e 590 milioni annui a decorrere dal 2020 -. In quest'ultimo caso, la decorrenza dei trattamenti in oggetto è differita, in base ai suddetti criteri di priorità e, a parità degli stessi, in ragione della data di presentazione della domanda, secondo la procedura della conferenza di servizi[65] (alla quale fa riferimento il comma 202, lettera c)).

Il trattamento pensionistico liquidato in base al requisito ridotto in esame non è cumulabile con redditi da lavoro, subordinato o autonomo, per un periodo di tempo corrispondente alla differenza tra il requisito ordinario (per il conseguimento del trattamento a prescindere dall'età anagrafica) e l'anzianità contributiva al momento del pensionamento (comma 204).

Appare opportuno valutare la congruità (rispetto alle norme generali in materia) della permanenza del divieto di svolgere attività lavorativa per i casi in cui, prima del conseguimento del suddetto requisito ordinario, il soggetto abbia maturato il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia.

Il presente beneficio del requisito ridotto non è cumulabile (comma 205) con altre maggiorazioni contributive previste per le attività di lavoro in oggetto, ad esclusione della maggiorazione stabilita in favore degli invalidi[66] e dei sordomuti dall'art. 80, comma 3, della L. 23 dicembre 2000, n. 388.


 

Articolo 1, commi 206-208
(Lavori usuranti)

 


206. Con effetto dalla data di entrata in vigore della presente legge:

a) l’articolo 24, comma 17 -bis , del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è abrogato;

b) all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67, sono apportate le seguenti modificazioni:

1) alla lettera a) , le parole: «, compreso l’anno di maturazione dei requisiti,» sono soppresse e le parole: «per le pensioni aventi decorrenza entro il 31 dicembre 2017;» sono sostituite dalla seguente: «ovvero»;

2) alla lettera b) , le parole: «, per le pensioni aventi decorrenza dal 1º gennaio 2018» sono soppresse;

c) all’articolo 1, comma 4, del decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67, è aggiunto, in fi ne, il seguente periodo: «In via transitoria, con riferimento ai requisiti di cui al presente comma non trovano applicazione gli adeguamenti alla speranza di vita di cui al citato articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, previsti per gli anni 2019, 2021, 2023 e 2025 ai sensi dell’articolo 24, comma 13, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214»;

d) all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67, sono apportate le seguenti modificazioni:

1) alla lettera b) , le parole: «a decorrere dal 1º gennaio 2012» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 31 dicembre 2016»;

2) dopo la lettera b) sono aggiunte le seguenti:

«b -bis ) entro il 1º marzo dell’anno di maturazione dei requisiti agevolati qualora tali requisiti siano maturati nel corso dell’anno 2017;

b -ter ) entro il 1º maggio dell’anno precedente a quello di maturazione dei requisiti agevolati qualora tali requisiti siano maturati a decorrere dal 1º gennaio 2018».

207. Per effetto di quanto stabilito dal comma 206 del presente articolo il Fondo di cui all’articolo 1, comma 3, lettera f) , della legge 24 dicembre 2007, n. 247, è incrementato di 84,5 milioni di euro per l’anno 2017, di 86,3 milioni di euro per l’anno 2018, di 124,5 milioni di euro per l’anno 2019, di 126,6 milioni di euro per l’anno 2020, di 123,8 milioni di euro per l’anno 2021, di 144,4 milioni di euro per l’anno 2022, di 145,2 milioni di euro per l’anno 2023, di 151,8 milioni di euro per l’anno 2024, di 155,4 milioni di euro per l’anno 2025 e di 170,5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2026, con conseguente corrispondente incremento degli importi di cui all’articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67.

208. Ai fi ni della corretta attuazione dei commi 206 e 207, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono apportate le necessarie modificazioni al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 20 settembre 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 276 del 26 novembre 2011, anche introducendo eventuali semplificazioni nella documentazione necessaria per la richiesta di accesso al beneficio, fermi restando i contenuti informativi previsti per la certificazione del beneficio medesimo ai sensi del decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67.


 

 

I commi da 206 a 208 contengono alcune misure volte ad agevolare ulteriormente l'accesso al pensionamento anticipato dei lavoratori che svolgono lavori usuranti.

 

Più nel dettaglio,  a partire dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, nei confronti dei richiamati lavoratori, si prevede (comma 206):

§  che non vengano più applicate le disposizioni in materia di decorrenze annuali per il godimento del trattamento pensionistico (c.d. finestre)[67] (lett. a));

§  una attenuazione delle condizioni legislativamente previste per l’accesso al trattamento pensionistico anticipato, anticipando al 2017 (in luogo del 2018) la messa a regime della disciplina relativa ai requisiti che devono essere presenti nel corso della carriera lavorativa. Infatti, per l’accesso al suddetto trattamento pensionistico anticipato, si richiede che le attività usuranti siano state svolte per un periodo di tempo pari, alternativamente (lett. b)):

-      ad almeno 7 anni negli ultimi 10 anni (rispetto alla normativa vigente si prevede che ai fini della suddetta durata non venga più compreso l'anno di maturazione dei requisiti e che il limite non venga più riferito solamente alle pensioni aventi decorrenza entro il 31 dicembre 2017) (n. 1);

-      ad almeno la metà della vita lavorativa complessiva (rispetto alla normativa vigente tale limite non viene più riferito solamente alle pensioni aventi decorrenza dal 1° gennaio 2018) (n. 2).

§  in via transitoria, che per gli anni 2019, 2021, 2023 e 2025, non si proceda all’adeguamento alla speranza di vita dei requisiti richiesti per l’accesso alla pensione anticipata (vedi infra, box di approfondimento - adeguamento che proprio dal 2019 si avrà ogni biennio anziché ogni triennio (lett. c));

§  una modifica dei termini attualmente previsti per la trasmissione, da parte del lavoratore che svolge attività usuranti, della domanda e della relativa documentazione per l’accesso al trattamento pensionistico anticipato previsto per tali lavoratori. Si dispone che la domanda e la relativa documentazione devono essere trasmesse (lett. c-bis)):

-     entro il 1° marzo dell'anno di maturazione dei requisiti agevolati qualora tali requisiti siano maturati entro il 31 dicembre 2016 (non a decorrere dal 1° gennaio 2012, come attualmente previsto);

-     entro il 1° marzo dell'anno di maturazione dei requisiti agevolati qualora tali requisiti siano maturati nel corso del 2017;

-     entro il 1° maggio dell'anno precedente a quello di maturazione dei requisiti agevolati qualora tali requisiti siano maturati a decorrere dal 1° gennaio 2018.

In conseguenza di quanto sopra esposto, si prevede un incremento sia del fondo per il pensionamento anticipato in favore degli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti (84,5 milioni di euro per il 2017, 86,3 per il 2018, 124,5 per il 2019, 126,6 per il 2020, 123,8 per il 2021, 144,4 per il 2022, 145,2 per il 2023, 151,8 per il 2024, 155,4 per il 2025 e 170,5 annui a decorrere dal 2026) sia, in misura corrispondente,  degli oneri previsti dall’articolo 7 del D.Lgs. 67/2011 per l’attuazione delle misure per l’accesso anticipato al pensionamento per gli addetti alle lavorazioni usuranti (comma 207).

 

Per una corretta applicazione di quanto previsto dai citati commi 206 e 207, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento sono apportate, con decreto del Ministro del lavoro di concerto con il Ministro dell’economia, le necessarie modifiche al D.M. 20 settembre 2011, che disciplina le modalità di accesso anticipato al pensionamento per gli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, anche introducendo semplificazioni nella documentazione necessaria ai fini della certificazione del beneficio dell’accesso anticipato al pensionamento (comma 208).

 

Per completezza, si segnala che altre disposizioni in materia di pensionamento dei lavoratori che svolgono attività usuranti sono contenute nel comma 199 (vedi relativa scheda di lettura).

 

La normativa che disciplina l’accesso al trattamento pensionistico dei soggetti che hanno svolto attività lavorative usuranti è contenuta nel D.Lgs. 67/2011, così come sostanzialmente modificato dall’art. 24, c. 17, del D.L. 201/2011 (cd. riforma Fornero).

Per quanto riguarda, innanzitutto, la platea dei soggetti beneficiari, il decreto dispone che possano usufruire del pensionamento anticipato quattro diverse categorie di soggetti, ossia: i lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti (di cui all’articolo 2 del D.M. 19 maggio 1999); i lavoratori subordinati notturni (come definiti dal D.Lgs. n. 66/2003); i lavoratori addetti alla cd. “linea catena” che, nell’ambito di un processo produttivo in serie, svolgano lavori caratterizzati dalla ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto finale; i conducenti di veicoli pesanti adibiti a servizi pubblici di trasporto di persone.

Le condizioni per l’accesso al beneficio pensionistico sono che le attività usuranti vengano svolte al momento dell’accesso al pensionamento e che siano state svolte per una certa durata nel corso della carriera lavorativa, ossia, nella fase transitoria, fino al 2017, per un minimo di 7 anni negli ultimi 10 anni di attività lavorativa, mentre a regime, dal 2018, per un arco di tempo almeno pari alla metà dell’intera vita lavorativa.

Dal 2013 i suddetti lavoratori che hanno almeno 35 anni di anzianità contributiva possono accedere (a determinate condizioni) al pensionamento anticipato attraverso il sistema delle quote, più precisamente a quota 97 quale somma tra età anagrafica e contributiva (e non più con il riconoscimento dell’anticipo di 3 anni come previsto prima della “riforma Fornero”), requisito soggetto all’adeguamento alla speranza di vita.

 

Per quanto concerne i profili finanziari, l’articolo 7, comma 1, del D.Lgs. 67/2011 aveva (inizialmente) coperto gli oneri finanziari con le risorse del Fondo per il pensionamento anticipato in favore degli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti (istituito con l’articolo 1, comma 3, lettera f), della L.247/2007), per somme pari a 312 milioni di euro per il 2011, 350 milioni di euro per il 2012 , 383 milioni di euro per il 2013 e 2014 e 233 milioni di euro a decorrere dal 2015.

Successivamente, il Fondo è stato rideterminato da una serie di interventi, e cioè:

§  l’articolo 1, comma 721, della L. 190/2014 ha ridotto di 150 milioni di euro (passando così da una dotazione, nel 2014, pari a 383 milioni di euro ad una dotazioni pari a 233 milioni di euro annui), lo stanziamento del Fondo;

§  l’articolo 1, comma 289, della L. 208/2015 ha previsto (ai fini del concorso alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'elevamento della cosiddetta no tax area per i pensionati ha disposto) una riduzione del Fondo in misura pari a 140 milioni di euro per il 2017, 110 milioni per il 2018, 76 milioni per il 2019 e 30 milioni per il 2020;

§  l’articolo 1, comma 300, della L. 208/2015, che (per la copertura degli oneri finanziari derivanti dai precedenti commi 298 e 299 (relativi, rispettivamente, alla soppressione del divieto di cumulo di riscatto, ai fini pensionistici, dei periodi - non coincidenti - del corso legale di laurea e di quelli corrispondenti al congedo parentale, collocati temporalmente al di fuori del rapporto di lavoro, e l’estensione della deroga all'applicazione di alcune riduzioni percentuali dei trattamenti pensionistici liquidati prima del 1° gennaio 2015) ha ridotto il Fondo di 15,1 milioni di euro per il 2016, 15,4 milioni di euro per il 2017, 15,8 milioni di euro per il 2018, 16,2 milioni di euro per il 2019, 16,5 milioni di euro per il 2020, 16,9 milioni di euro per il 2021, 17,2 milioni di euro per il 2022, 17,7 milioni di euro per il 2023, 18 milioni di euro per il 2024 e 18,4 milioni di euro a decorrere dal 2025;

§  l’articolo 1, comma 304, della L. 208/2015, che (per incrementare il Fondo sociale per l’occupazione e la formazione, per il 2016, di 250 milioni di euro, da destinare al rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga), ha ridotto il Fondo per una somma pari a 150 milioni di euro.

 


 

Articolo 1, comma 209
(Benefici previdenziali centralinisti non vedenti)

 


209. Con effetto dalla data di entrata in vigore della presente legge, all’articolo 9, comma 2, della legge 29 marzo 1985, n. 113, le parole: «In attesa della legge di riforma generale del sistema pensionistico,» sono soppresse e sono aggiunte, in fi ne, le seguenti parole: «nonché all’incremento dell’età anagrafica a cui applicare il coefficiente di trasformazione per il calcolo della quota di pensione nel sistema contributivo come previsto dall’articolo 1, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335».


 

 

Il comma 209 interviene sui benefici previdenziali per i centralinisti telefonici non vedenti, prevedendo che il beneficio di quattro mesi di contribuzione figurativa per ogni anno di servizio sia utile non solo ai fini del diritto alla pensione e dell'anzianità contributiva (come stabilito dalla normativa vigente, di cui all’articolo 9, comma 2, della legge n. 113/1985), ma anche per l’incremento dell’età anagrafica a cui applicare il coefficiente di trasformazione per il calcolo contributivo.

 

 

L’articolo 9, comma 2, della legge n. 113/1985, prevede che in attesa della legge di riforma generale del sistema pensionistico, le prestazioni di lavoro dei centralinisti telefonici non vedenti sono considerate particolarmente usuranti; ad essi viene pertanto riconosciuto, su richiesta, per ogni anno di servizio presso pubbliche amministrazioni o aziende private effettivamente svolto, il beneficio di quattro mesi di contribuzione figurativa utile ai soli fini del diritto alla pensione e dell'anzianità contributiva.

 


 

Articolo 1, comma 210
(No
tax area pensionati)

 


210. I commi 3 e 4 dell’articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1986, n. 917, sono sostituiti dal seguente:

«3. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono uno o più redditi di pensione di cui all’articolo 49, comma 2, lettera a) , spetta una detrazione dall’imposta lorda, non cumulabile con quella prevista al comma 1 del presente articolo, rapportata al periodo di pensione nell’anno, pari a:

a) 1.880 euro, se il reddito complessivo non supera 8.000 euro. L’ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 713 euro;

b) 1.297 euro, aumentata del prodotto fra 583 euro e l’importo corrispondente al rapporto fra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 8.000 euro ma non a 15.000 euro;

c) 1.297 euro, se il reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 55.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 40.000 euro».


 

 

Il comma 210 stabilisce una disciplina uniforme per le detrazioni dall'imposta lorda IRPEF spettanti con riferimento ai redditi da pensione (cosiddetta no tax area per i pensionati), estendendo ai soggetti di età inferiore a 75 anni la misura delle detrazioni già prevista per gli altri soggetti.

 

Quest'ultima misura è pari a[68]:

§  1.880 euro, se il reddito complessivo non supera 8.000 euro (l'ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 713 euro);

§  1.297 euro, aumentata del prodotto tra 583 euro e l’importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.000 euro, qualora l’ammontare del reddito complessivo sia superiore a 8.000 euro e pari o inferiore a 15.000 euro;

§  una quota proporzionale - rispetto ad una base di calcolo pari a 1.297 euro - corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 40.000 euro, qualora l’ammontare del reddito complessivo sia superiore a 15.000 euro e pari o inferiore a 55.000 euro.

Resta fermo che per i casi di reddito complessivo superiore a 55.000 euro non spettano le detrazioni in esame.

 

Nella disciplina attualmente vigente, per i soggetti di età inferiore a 75 anni, la misura della detrazione è pari a:

§  1.783 euro, se il reddito complessivo non supera 7.750 euro (l'ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 690 euro);

§  1.255 euro, aumentata del prodotto tra 528 euro e l’importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.250 euro, qualora l’ammontare del reddito complessivo sia superiore a 7.750 euro e pari o inferiore a 15.000 euro;

§  una quota proporzionale - rispetto ad una base di calcolo pari a 1.255 euro - corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 40.000 euro, qualora l’ammontare del reddito complessivo sia superiore a 15.000 euro e pari o inferiore a 55.000 euro.

 


 

Articolo 1, comma 211
(Trattamenti pensionistici per le vittime del dovere
e loro familiari superstiti)

 

211. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai trattamenti pensionistici spettanti alle vittime del dovere e ai loro familiari superstiti, di cui alla legge 13 agosto 1980, n. 466, alla legge 20 ottobre 1990, n. 302, e all’articolo 1, commi 563 e 564, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, si applicano i benefìci fi scali di cui all’articolo 2, commi 5 e 6, della legge 23 novembre 1998, n. 407, e dell’articolo 3, comma 2, della legge 3 agosto 2004, n. 206, in materia di esenzione dall’imposta sui redditi.

 

 

Il comma 211 estende ai trattamenti pensionistici spettanti alle vittime del dovere e ai loro familiari superstiti i benefici fiscali in materia di esenzione dall’imposta sui redditi.

 

I benefici fiscali che vengono estesi ai suddetti trattamenti pensionistici sono quelli previsti dall’art. 2, co. 5 e 6, della L. n. 407/1998 e dall’art. 3, co. 2, della L. n. 206/2004, che consistono, rispettivamente:

§  nell’esclusione del trattamento speciale di reversibilità corrisposto ai superstiti dei caduti e le pensioni privilegiate erogate per causa di servizio alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata dal novero delle prestazioni che concorrono a formare il reddito imponibile ai fini dell’IRPEF;

§  nell’esenzione dall’IRPEF della pensione maturata a seguito dell’aumento figurativo di 10 anni del versamento dei contributi riconosciuto a coloro che hanno subito un'invalidità permanente della capacità lavorativa, causata da atti di terrorismo e dalle stragi di tale matrice, e ai loro familiari.

 

Per vittime del dovere si intendono i soggetti di cui alla L. n. 466/1980 (determinate categorie di dipendenti pubblici e di cittadini che abbiano riportato una invalidità permanente) e, in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subìto un'invalidità permanente in attività di servizio o nell'espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi in determinate circostanze (art. 1, commi 563 e 564, L. n. 266/2005), le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata di cui alla L. n. 302/1990, nonché i familiari superstiti dei predetti soggetti.

La normativa vigente riconosce una serie di benefici economici, fiscali e previdenziali in favore dei suddetti soggetti, progressivamente ampliati nel corso di successivi interventi normativi. Tra i benefici previdenziali e assistenziali per le vittime del dovere e dei loro familiari vi sono:

§  l’attribuzione di due annualità (comprensive della tredicesima mensilità) ai superstiti aventi diritto alla pensione di reversibilità, in caso di decesso dei soggetti vittime di dovere con invalidità non inferiore al 25 per cento (art. 5, comma 4, L. n. 206/2004, come modificato e esteso nella platea dall’art. 2, commi 105 e 106, della L. n. 244/2007);

§  l’erogazione di specifici benefìci che incidono sui trattamenti pensionistici (aumento figurativo di 10 anni dei versamenti contributivi utili ad aumentare l’anzianità pensionistica maturata, la misura della pensione e il TFR; equiparazione, per le vittime che hanno subìto danni più gravi, ai grandi invalidi di guerra e riconoscimento del diritto immediato alla pensione diretta; adeguamento costante, al trattamento in godimento dei lavoratori in attività, delle pensioni delle vittime (L. n. 206/2004);

§  l’introduzione di un assegno vitalizio (1.033 euro mensili soggetti a perequazione automatica) a favore dei soggetti portatori di una invalidità permanente non inferiore ad un quarto della capacità lavorativa e dei suoi familiari superstiti (art. 5, comma 3, L. n. 206/2004, come modificato e esteso nella platea dall’art. 2, commi 105 e 106, della L. n. 244/2007).

 


 

Articolo 1, commi 212-221
(
Soggetti salvaguardati dall’incremento dei requisiti pensionistici)

 


212. A seguito dell’attività di monitoraggio e verifica relativa alle misure di salvaguardia previste dall’articolo 24, comma 14, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, dall’articolo 22 del decreto-legge  6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, dall’articolo 1, commi da 231 a 234, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dagli articoli 11 e 11 -bis del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, dall’articolo 1, commi da 194 a 198, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, dall’articolo 2 della legge 10 ottobre 2014, n. 147, e dai relativi decreti attuativi del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 1º giugno 2012, 8 ottobre 2012, 22 aprile 2013 e 14 febbraio 2014, pubblicati, rispettivamente, nella Gazzetta Ufficiale n. 171 del 24 luglio 2012, n. 17 del 21 gennaio 2013, n. 123 del 28 maggio 2013 e n. 89 del 16 aprile 2014, nonché dall’articolo 1, commi da 265 a 276, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, resa possibile in relazione alle misure per le quali la certificazione del diritto al beneficio è da ritenere conclusa nonché a quanto stabilito dal comma 213 del presente articolo, i complessivi importi indicati al quarto periodo del comma 235 dell’articolo 1 della legge n. 228 del 2012 sono rideterminati in 243,4 milioni di euro per l’anno 2013, 908,9 milioni di euro per l’anno 2014, 1.618,5 milioni di euro per l’anno 2015, 2.000,4 milioni di euro per l’anno 2016, 1.796,2 milioni di euro per l’anno 2017, 1.270,6 milioni di euro per l’anno 2018, 734,8 milioni di euro per l’anno 2019, 388,1 milioni di euro per l’anno 2020, 194,8 milioni di euro per l’anno 2021, 103,5 milioni di euro per l’anno 2022 e 9,9 milioni di euro per l’anno 2023, cui corrisponde la rideterminazione del limite numerico massimo in 137.095 soggetti. La ripartizione dei complessivi limiti di spesa e numerici di cui al primo periodo del presente comma è effettuata ai sensi dell’articolo 1, comma 193, della legge n. 147 del 2013. Ai sensi di quanto stabilito dall’articolo 1, comma 235, della legge n. 228 del 2012, l’autorizzazione di spesa di cui al primo periodo del predetto comma 235 è incrementata di 641,85 milioni di euro per l’anno 2017, di 405,7 milioni di euro per l’anno 2018, di 106,54 milioni di euro per l’anno 2019, di 76,97 milioni di euro per l’anno 2020, di 50,22 milioni di euro per l’anno 2021, di 10,48 milioni di euro per l’anno 2022 e di 2 milioni di euro per l’anno 2023.

213. In considerazione del limitato utilizzo, come anche accertato ai sensi dell’articolo 1, comma 263, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, ai fi ni dell’accesso al pensionamento secondo i requisiti e le decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore dell’articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, della salvaguardia di cui all’articolo 22, comma 1, lettera a) , del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, nonché della circostanza che risultano trascorsi i termini decadenziali di comunicazione degli elenchi nominativi di cui all’articolo 3 del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 8 ottobre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 17 del 21 gennaio 2013, all’articolo 22, comma 1, alinea, del citato decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, le parole: «ulteriori 35.000 soggetti» sono sostituite dalle seguenti: «ulteriori 19.741 soggetti».

214. Le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore dell’articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ferme restando, nei limiti definiti ai sensi del comma 212 del presente articolo, le salvaguardie ivi indicate, continuano ad applicarsi ai seguenti soggetti che maturano i requisiti per il pensionamento successivamente al 31 dicembre 2011:

a) nel limite di 11.000 soggetti, ai lavoratori collocati in mobilità o in trattamento speciale edile ai sensi degli articoli 4, 11 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, o ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, a seguito di accordi governativi o non governativi, stipulati entro il 31 dicembre 2011, ovvero da aziende cessate o interessate dall’attivazione, precedente alla data di licenziamento, delle vigenti procedure concorsuali quali il fallimento, il concordato preventivo, la liquidazione coatta amministrativa, l’amministrazione straordinaria o l’amministrazione straordinaria speciale, previa esibizione della documentazione attestante la data di avvio della procedura concorsuale, anche in mancanza dei predetti accordi, cessati dall’attività lavorativa entro il 31 dicembre 2014 e che perfezionano, anche mediante il versamento di contributi volontari, entro trentasei mesi dalla fi ne del periodo di fruizione dell’indennità di mobilità o del trattamento speciale edile, i requisiti vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Il versamento volontario di cui alla presente lettera, anche in deroga alle disposizioni dell’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184, può riguardare anche periodi eccedenti i sei mesi precedenti la domanda di autorizzazione stessa e può comunque essere effettuato solo con riferimento ai trentasei mesi successivi al termine di fruizione dell’indennità di mobilità o del trattamento speciale edile indicato dalla presente lettera. Eventuali periodi di sospensione dell’indennità di mobilità, ai sensi dell’articolo 8, commi 6 e 7, della legge n. 223 del 1991 e dell’articolo 3 del decreto-legge n. 299 del 1994, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 451 del 1994, intervenuti entro la data di entrata in vigore della presente legge per svolgere attività di lavoro subordinato, a tempo parziale, a tempo determinato, ovvero di lavoro parasubordinato mantenendo l’iscrizione nella lista, si considerano rilevanti ai fi ni del prolungamento del periodo di fruizione dell’indennità stessa e non comportano l’esclusione dall’accesso alle salvaguardie di cui al presente comma;

b) nel limite di 9.200 soggetti, ai lavoratori di cui all’articolo 1, comma 194, lettera a) , della legge 27 dicembre 2013, n. 147, i quali perfezionano i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico, secondo la disciplina vigente prima della data di entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, entro l’ottantaquattresimo mese successivo alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge n. 201 del 2011;

c) nel limite di 1.200 soggetti, ai lavoratori di cui all’articolo 1, comma 194, lettera f) , della legge 27 dicembre 2013, n. 147, i quali perfezionano i requisiti utili  a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico, secondo la disciplina vigente prima della data di entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, entro il settantaduesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge n. 201 del 2011;

d) nel limite di 7.800 soggetti, ai lavoratori di cui all’articolo 1, comma 194, lettere b) , c) e d) , della legge 27 dicembre 2013, n. 147, i quali perfezionano i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico, secondo la disciplina vigente prima della data di entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, entro l’ottantaquattresimo mese successivo alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge n. 201 del 2011;

e) nel limite di 700 soggetti, ai lavoratori di cui all’articolo 24, comma 14, lettera e -ter ), del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, limitatamente ai lavoratori in congedo per assistere fi gli con disabilità grave ai sensi dell’articolo 42, comma 5, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, i quali perfezionano i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico, secondo la disciplina vigente prima della data di entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011, entro l’ottantaquattresimo mese successivo alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge n. 201 del 2011;

f) nel limite di 800 soggetti, con esclusione del settore agricolo e dei lavoratori con qualifica di stagionali, ai lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato e ai lavoratori in somministrazione con contratto a tempo determinato, cessati dal lavoro tra il 1º gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, non rioccupati a tempo indeterminato, i quali perfezionano i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico, secondo la disciplina vigente prima della data di entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, entro il settantaduesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge n. 201 del 2011.

215. Per i lavoratori di cui al comma 214, lettera a) , che siano già stati autorizzati ai versamenti volontari in data antecedente a quella di entrata in vigore della presente legge e per i quali siano decorsi i termini di pagamento, sono riaperti a domanda i termini dei versamenti relativi ai trentasei mesi successivi alla fi ne del periodo di fruizione dell’indennità di mobilità o del trattamento speciale edile come specificato nel medesimo comma 214.

216. Ai fi ni della presentazione delle istanze da parte dei lavoratori, da effettuare entro il termine di decadenza di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, si applicano per ciascuna categoria di lavoratori salvaguardati le specifiche procedure previste nei precedenti provvedimenti in materia di salvaguardia dei requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore dell’articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, da ultimo stabilite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 14 febbraio 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 89 del 16 aprile 2014. L’INPS provvede al monitoraggio delle domande di pensionamento inoltrate dai lavoratori di cui al comma 214 del presente articolo che intendono avvalersi dei requisiti di accesso e del regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, sulla base della data di cessazione del rapporto di lavoro, e provvede a pubblicare nel proprio sito internet, in forma aggregata al fi ne di rispettare le vigenti disposizioni in materia di tutela dei dati personali, i dati raccolti a seguito dell’attività di monitoraggio, avendo cura di evidenziare le domande accolte, quelle respinte e le relative motivazioni. Qualora dal monitoraggio risulti il raggiungimento del limite numerico delle domande di pensione e dei limiti di spesa, anche in via prospettica, determinati ai sensi dei commi 214 e 218, primo periodo, del presente articolo, l’INPS non prende in esame ulteriori domande di pensionamento fi nalizzate ad usufruire dei benefìci previsti dai commi da 214 a 218 del presente articolo.

217. I dati rilevati nell’ambito del monitoraggio svolto dall’INPS ai sensi del comma 216 del presente articolo sono utilizzati ai fi ni della predisposizione della relazione di cui all’articolo 2, comma 5, della legge 10 ottobre 2014, n. 147.

218. I benefìci di cui al comma 214 sono riconosciuti nel limite di 30.700 soggetti e nel limite massimo di 137 milioni di euro per l’anno 2017, di 305 milioni di euro per l’anno 2018, di 368 milioni di euro per l’anno 2019, di 333 milioni di euro per l’anno 2020, di 261 milioni di euro per l’anno 2021, di 171 milioni di euro per l’anno 2022, di 72 milioni di euro per l’anno 2023, di 21 milioni di euro per l’anno 2024, di 9 milioni di euro per l’anno 2025 e di 3 milioni di euro per l’anno 2026. Conseguentemente, all’articolo 1, comma 235, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, gli importi indicati al quarto periodo, come modificati ai sensi del comma 212 del presente articolo, sono corrispondentemente incrementati degli importi di cui al precedente periodo, per una rideterminazione pari a 243,4 milioni di euro per l’anno 2013, 908,9 milioni di euro per l’anno 2014, 1.618,5 milioni di euro per l’anno 2015, 2.000,4 milioni di euro per l’anno 2016, 1.933,2 milioni di euro per l’anno 2017, 1.575,6 milioni di euro per l’anno 2018, 1.102,8 milioni di euro per l’anno 2019, 721,1 milioni di euro per l’anno 2020, 455,8 milioni di euro per l’anno 2021, 274,5 milioni di euro per l’anno 2022, 81,9 milioni di euro per l’anno 2023, 21 milioni di euro per l’anno 2024, 9 milioni di euro per l’anno 2025 e 3 milioni di euro per l’anno 2026, cui corrisponde la rideterminazione del limite numerico massimo in 167.795 soggetti.

219. Al fi ne del concorso alla copertura degli oneri derivanti dai commi da 214 a 218 del presente articolo, l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 235, primo periodo, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, come rifinanziata anche ai sensi del comma 212 del presente articolo, è ridotta di 134 milioni di euro per l’anno 2017, di 295 milioni di euro per l’anno 2018, di 106,54  milioni di euro per l’anno 2019, di 76,97 milioni di euro per l’anno 2020, di 50,22 milioni di euro per l’anno 2021, di 57,10 milioni di euro per l’anno 2022 e di 54 milioni di euro per l’anno 2023.

220. Al fi ne del concorso alla copertura degli oneri derivanti dai commi da 214 a 218 del presente articolo si provvede altresì mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, per 3 milioni di euro per l’anno 2017, per 10 milioni di euro per l’anno 2018, per 22 milioni di euro per l’anno 2019, per 30 milioni di euro per l’anno 2020, per 31 milioni di euro per l’anno 2021, per 28 milioni di euro per l’anno 2022, per 18 milioni di euro per l’anno 2023, per 10 milioni di euro per l’anno 2024, per 6 milioni di euro per l’anno 2025 e per 3 milioni di euro per l’anno 2026.

221. Le risorse residue dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 235, primo periodo, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, come conseguenti dai commi da 212 a 219 del presente articolo, concorrono alla copertura dei maggiori oneri derivanti dalle misure in materia pensionistica previste dalla presente legge, e, conseguentemente, all’articolo 1, comma 235, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, sono soppressi i primi tre periodi e gli ultimi due periodi. Qualora dall’attività di monitoraggio di cui al comma 216 del presente articolo dovessero venire accertate, anche in via prospettica, economie rispetto ai limiti di spesa di cui al comma 218, primo periodo, del presente articolo, le stesse confluiscono nel Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a) , del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.


 

 

I commi da 212 a 221 recano l’ottavo intervento di salvaguardia in relazione ai nuovi requisiti introdotti dalla riforma pensionistica del 2011 (c.d. Riforma Fornero), con il quale si garantisce l’accesso al trattamento previdenziale con i vecchi requisiti ad un massimo di ulteriori 30.700 soggetti. Per effetto di tali disposizioni il limite massimo numerico di soggetti salvaguardati viene stabilito a poco più di 200.000.

 

La disposizione reca l’ottavo intervento di salvaguardia in relazione ai nuovi requisiti introdotti dalla riforma pensionistica (articolo 24 del D.L. 201/2011- c.d. Riforma Fornero), con il quale si garantisce l’accesso al trattamento previdenziale con i vecchi requisiti ad un massimo di ulteriori 30.700 soggetti, incrementando i contingenti di categorie già oggetto di precedenti salvaguardie (che vengono considerate concluse), attraverso il prolungamento del termine - da 36 a 84 mesi successivi all’entrata in vigore della riforma pensionistica - entro il quale i soggetti devono maturare i vecchi requisiti.

Per effetto di tali disposizioni il limite massimo numerico di soggetti salvaguardati viene stabilito a poco più di 200.000.

Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa allegata al provvedimento, tale intervento ha lo scopo “di portare a conclusione tale programma di gradualità nel processo di innalzamento dei requisiti di accesso al pensionamento implementato nel limite di risorse programmate”.

È inoltre previsto che le eventuali risorse che dovessero residuare dall’apposita autorizzazione di spesa della salvaguardia in esame concorrono alla copertura dei maggiori oneri derivanti dalle misure pensionistiche contenute nel disegno di legge in esame, con conseguente soppressione dell’apposito Fondo istituito (dall’articolo 1, comma 235, della L. 228/2012) per finanziare gli interventi in favore delle categorie di lavoratori salvaguardati. Qualora, a seguito del monitoraggio effettuato, dovessero essere accertate, anche in via prospettica, economie rispetto ai limiti di spesa indicati, gli importi confluiscono nel Fondo sociale per occupazione e formazione (comma 221).

 

Più specificamente, viene previsto che i requisiti per l’accesso al sistema previdenziale vigenti prima della riforma pensionistica continuino ad applicarsi a specifiche categorie di lavoratori, nei limiti di determinati contingenti (comma 214):

§  nel limite di 11.000 soggetti, ai lavoratori collocati in mobilità o in trattamento speciale edile a seguito di accordi governativi o non governativi, stipulati entro il 31 dicembre 2011, o nel caso di lavoratori provenienti da aziende cessate o interessate dall’attivazione, precedente alla data di licenziamento, delle vigenti procedure concorsuali (quali il fallimento, il concordato preventivo, la liquidazione coatta amministrativa, l’amministrazione straordinaria o l’amministrazione straordinaria speciale, a condizione di esibire la documentazione attestante la data di avvio della procedura concorsuale), anche in mancanza dei predetti accordi, cessati dall’attività lavorativa entro il 31 dicembre 2014 e che perfezionano, entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità o del trattamento speciale edile, ovvero, anche mediante il versamento di contributi volontari, entro 36 mesi dalla fine dello stesso periodo, i requisiti vigenti prima della data di entrata in vigore della riforma pensionistica. Per quanto concerne, specificamente, i versamenti volontari, questi possono riguardare (anche in deroga alle disposizioni dell'articolo 6, comma 1, D.Lgs. 184/1997) anche periodi eccedenti i 6 mesi precedenti la domanda di autorizzazione stessa; il versamento può comunque essere effettuato solo con riferimento ai 36 mesi successivi al termine di fruizione dell'indennità di mobilità o del trattamento speciale edile (in tal caso, ai sensi del successivo comma 215, per i lavoratori già autorizzati ai versamenti volontari antecedentemente al 1° gennaio 2017 e per i quali siano decorsi i termini di pagamento, è prevista la riapertura, a domanda, dei termini per i versamenti relativi ai 36 mesi successivi alla fine della fruizione dell’indennità di mobilità). Eventuali periodi di sospensione dell’indennità di mobilità (intervenuti entro il 1° gennaio 2017) per svolgere attività di lavoro subordinato, a tempo parziale, a tempo determinato, ovvero di lavoro parasubordinato, mantenendo l’iscrizione nella lista, si considerano rilevanti ai fini del prolungamento del periodo di fruizione dell’indennità stessa e non comportano l’esclusione dall’accesso alle salvaguardie (lettera a));

§  nel limite di 9.200 soggetti, ai lavoratori prosecutori volontari con almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile al 6 dicembre 2011, anche se abbiano svolto, successivamente al 4 dicembre 2011, qualsiasi attività non riconducibile a lavoro dipendente a tempo indeterminato, che maturino i requisiti previdenziali secondo la disciplina vigente prima della riforma pensionistica entro 84 mesi dalla sua entrata in vigore (lettera b));

§  nel limite di 1.200 soggetti, ai lavoratori prosecutori volontari non in possesso al 6 dicembre 2011 di almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile, e a condizione che abbiano almeno un contributo accreditato derivante da effettiva attività lavorativa nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2007 e il 30 novembre 2013 e che alla data del 30 novembre 2013 non svolgano attività lavorativa riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, che maturino i requisiti previdenziali secondo la disciplina vigente prima della riforma pensionistica entro 84 mesi dalla sua entrata in vigore (lettera c));

§  nel limite di 7.800 soggetti, ai lavoratori titolari di accordi individuali o collettivi e i lavoratori con risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro che maturano i requisiti previdenziali secondo la disciplina vigente prima della riforma pensionistica entro 84 mesi dalla sua entrata in vigore (lettera d));

§  nel limite di 700 soggetti, ai lavoratori in congedo per assistere figli con disabilità grave nel corso del 2011, i quali maturino i requisiti previdenziali secondo la disciplina vigente prima della riforma pensionistica entro 84 mesi dalla sua entrata in vigore (lettera e));

§  nel limite di 800 soggetti, ai lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato e ai lavoratori in somministrazione con contratto a tempo determinato (con esclusione dei lavoratori del settore agricolo e dei lavoratori stagionali), cessati dal lavoro tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, non rioccupati a tempo indeterminato, i quali maturino i requisiti previdenziali secondo la disciplina vigente prima della riforma pensionistica entro 72 mesi dalla sua entrata in vigore (lettera f)).

 

Si prevede che i soggetti interessati presentino le istanze, a pena di decadenza, entro il 1° marzo 2017, secondo le procedure previste, per ciascuna categoria di soggetti, dai precedenti provvedimenti di salvaguardia[69]. Si dispone, inoltre, che l’I.N.P.S. provveda al monitoraggio delle domande (pubblicando, sul proprio sito internet, i dati raccolti), non prendendo in considerazione ulteriori domande di pensionamento nel caso di raggiungimento dei limiti numerici e dei limiti di spesa stabiliti. E’ altresì prevista una relazione annuale al Parlamento, da presentare entro il 30 settembre di ogni anno, sulla base dei dati rilevati dall’I.N.P.S. nell’ambito della propria attività di monitoraggio (commi 216 e 217). Nel caso in cui l’attività di monitoraggio accertasse economie rispetto ai limiti di spesa indicati (vedi infra), le risorse confluiscono nel Fondo sociale per occupazione e formazione (comma 221).

 

Per quanto concerne i profili finanziari dell’intervento (definiti dai commi 212, 213, 218, 219 e 220), gli oneri programmati per le prime sette salvaguardie, secondo quanto riportato nella relazione tecnica allegata al provvedimento, pari (in termini cumulati) a 11,42 miliardi di euro, per un limite massimo di 172.466 soggetti, passerebbero quindi (in termini cumulati, considerando anche l’ottava salvaguardia) a 10,79 miliardi, per un limite massimo di 164.795 soggetti.

In particolare, ai fini della quantificazione degli oneri dell’intervento e della relativa copertura finanziaria, considerando il carattere conclusivo dell’intervento, sono rideterminati sia gli importi delle risorse destinate alle salvaguardie, sia il limite numerico massimo di soggetti salvaguardati, pari a 137.095 soggetti (rispetto ai 146.166 attualmente previsti); in relazione a ciò, si incrementa l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 235, primo periodo, della L. 228/2012 (comma 212).

 

Inoltre, in considerazione del limitato utilizzo della cd. seconda salvaguardia (articolo 22, comma 1, lettera a), del D.L. 95/2012, vedi infra), nonché della scadenza dei termini decadenziali di comunicazione degli elenchi nominativi dei lavoratori da licenziare (anche sulla base delle eccedenze)[70], viene rideterminato il limite numerico massimo di soggetti interessati dalla medesima salvaguardia, che quindi passa da 35.000 a 19.741 soggetti (comma 213)

 

Inoltre, prevedendo che i nuovi benefici siano riconosciuti nel limite di 30.700 soggetti e nel limite massimo di 137 milioni per il 2017, 305 milioni per il 2018, 368 milioni per il 2019, 333 milioni per il 2020, 261 milioni per il 2021, 171 milioni per il 2022, 72 milioni per il 2023, 21 milioni per il 2024, 9 milioni per il 2025 e 3 milioni per il 2026, si provvede al corrispondente incremento degli importi previsti all’articolo 1, comma 235, quarto periodo, della L. 228/2012 (ossia delle economie aventi carattere pluriennale destinate ad alimentare l’apposito fondo), rideterminando il limite numerico massimo dei contingenti di lavoratori interessati a 167.795 soggetti, nonché alla copertura degli oneri a valere sull’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 235, primo periodo, della L. 228/2012 (ossia riducendo la dotazione dell’apposito fondo) (commi 218 e 219).

 

Infine, per la copertura degli oneri derivanti dai precedenti commi 214-218 si provvede altresì mediante la corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica (di cui all'articolo 10, comma 5, del D.L. 282/2004) per 3 milioni di euro per il 2017, 10 milioni per il 2018, 22 milioni per il 2019, 30 milioni per il 2020, 31 milioni per il 2021, 28 milioni per il 2022, 18 milioni per il 2023, 10 milioni per il 2024, 6 milioni per il 2025 e 3 milioni per il 2026 (comma 220).

 

La questione degli “esodati” trae origine dalla riforma pensionistica realizzata del Governo Monti (articolo 24 del D.L. 201/2011, c.d. riforma Fornero), che a decorrere dal 2012 ha sensibilmente incrementato i requisiti anagrafici e contributivi per l'accesso al pensionamento. La riforma, in particolare, ha portato a 66 anni il limite anagrafico per il pensionamento di vecchiaia; velocizzato il processo di adeguamento dell'età pensionabile delle donne nel settore privato (66 anni dal 2018); per quanto concerne il pensionamento anticipato, abolito il previgente sistema delle quote, con un considerevole aumento dei requisiti contributivi (42 anni per gli uomini e 41 anni per le donne) e l'introduzione di penalizzazioni economiche per chi comunque accede alla pensione prima dei 62 anni.

Al fine di salvaguardare le aspettative dei soggetti prossimi al raggiungimento dei requisiti pensionistici, la riforma ha dettato una disciplina transitoria, individuando alcune categorie di lavoratori ai quali continua ad applicarsi la normativa previgente, preordinando allo scopo specifiche risorse finanziarie. Tale platea comprende, in particolare, i lavoratori che maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2011; i lavoratori collocati in mobilità sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 4 dicembre 2011 (data di entrata in vigore della riforma) e che maturino i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità; i lavoratori titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore alla data del 4 dicembre 2011, nonché lavoratori per i quali sia stato previsto da accordi collettivi stipulati entro la data del 4 dicembre 2011 il diritto di accesso ai predetti fondi di solidarietà; i lavoratori che, antecedentemente alla data del 4 dicembre 2011, siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione; i lavoratori che alla data del 4 dicembre 2011 si trovino in esonero dal servizio; i lavoratori che alla data del 31 ottobre 2011 sono in congedo per assistere figli con disabilità grave, a condizione che maturino, entro ventiquattro mesi dalla data di inizio del predetto congedo, il requisito di anzianità contributiva di 40 anni.

L'insufficienza delle norme transitorie contenute nella legge di riforma, resasi evidente nei mesi successivi alla sua entrata in vigore (mesi che hanno visto crescere la protesta dei lavoratori che si sarebbero venuti a trovare senza stipendio e senza pensione), ha indotto il Governo e il Parlamento a rivedere la platea dei soggetti ammessi al pensionamento secondo la normativa previgente, estendendola a più riprese.

Sono stati fin qui effettuati sette interventi di salvaguardia:

§  prima salvaguardia: l'articolo 6, comma 2-ter, del D.L. 216/2011 ha ricompreso anche i lavoratori il cui rapporto di lavoro si fosse risolto, in base ad accordi individuali, sottoscritti in data antecedente a quella di entrata in vigore della legge di riforma o in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale, purché in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi che, in base alla previgente disciplina pensionistica, avrebbero comportato la decorrenza del trattamento entro un periodo non superiore a 24 mesi dalla data di entrata in vigore della riforma. l'articolo 6, comma 2-septies, dello stesso provvedimento, ha disposto che la normativa previgente continuasse ad applicarsi anche ai lavoratori che alla data del 31 ottobre 2011 risultassero essere in congedo per assistere figli con disabilità grave, a condizione che maturassero, entro 24 mesi dalla data di inizio del congedo, in presenza di un requisito di anzianità contributiva non inferiore a quaranta anni;

§  seconda salvaguardia: l'articolo 22 del D.L. 95/2012 (c.d. "spending review") ha ulteriormente incrementato la platea dei soggetti salvaguardati, rientranti in alcune categorie (lavoratori collocati in mobilità o in mobilità lunga, sulla base di appositi accordi stipulati dalle imprese in sede governativa anteriormente al 31 dicembre 2011; lavoratori che, alla data del 4 dicembre 2011, non erano titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore; prosecutori volontari autorizzati antecedentemente il 4 dicembre 2011; lavoratori con accordi individuali o collettivi di incentivazione all’esodo il cui rapporto di lavoro si sia risolto entro il 31 dicembre 2011 e che siano in possesso di specifici requisiti)  ricomprendendovi altri 55.000 lavoratori (successivamente ridotto a 35.000 e ulteriormente ridotto dal provvedimento in esame 19.741);

§  terza salvaguardia: l'articolo 1, commi 231-237, della L. 228/2012 (legge di stabilità per il 2013), ha stabilito che le disposizioni previgenti alla legge di riforma continuino a trovare applicazione anche nei confronti di ulteriori categorie di lavoratori (lavoratori cessati dal rapporto di lavoro entro il 30 settembre 2012 e collocati in mobilità - ordinaria o in deroga - a seguito di accordi, governativi o non governativi, stipulati entro il 31 dicembre 2011 e che avessero perfezionato i requisiti utili al trattamento pensionistico entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità o durante il periodo di godimento dell'indennità di mobilità in deroga, e in ogni caso entro il 31 dicembre 2014; lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione entro il 4 dicembre 2011, a condizione che perfezionassero i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 36° mese dalla data di entrata in vigore del D.L. 201/2011 e in possesso di specifici requisiti contributivi; lavoratori che avessero risolto il rapporto di lavoro entro il 30 giugno 2012, in ragione di accordi individuali o in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, ancorché avessero svolto, dopo la cessazione, qualsiasi attività non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato  purché non superassero specifici limiti reddituali; lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria entro il 4 dicembre 2011 e collocati in mobilità ordinaria alla predetta data, i quali, in quanto fruitori della relativa indennità, dovessero attendere il termine della fruizione stessa per poter effettuare il versamento volontario, a condizione che perfezionassero specifici requisiti. Le modalità di attuazione sono contenute nel DM 22 aprile, e le relative istruzioni operative sono contenute nella C.M. 5 giugno 2013, n. 19;

§  quarta salvaguardia: gli articoli 11 e 11-bis del D.L. 102/2013 hanno recato nuove disposizioni. In particolare, l'articolo 11 ha stabilito che le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima dell'entrata in vigore della cd. riforma Fornero, trovassero applicazione anche nei confronti dei lavoratori il cui rapporto di lavoro fosse cessato entro il 31 dicembre 2011 a seguito di risoluzione unilaterale. Il beneficio è stato riconosciuto nel limite di 6.500 soggetti. Il successivo articolo 11-bis ampliato ulteriormente la platea dei cd. esodati, ricomprendendovi anche 2.500 lavoratori i quali nel 2011 erano in congedo per assistere a familiari con handicap grave o fruivano di permessi giornalieri retribuiti per assistenza a coniuge parente o affine con handicap grave, i quali maturino i requisiti pensionistici entro 36 mesi dall'entrata in vigore del D.L. 201/2011;

§  quinta salvaguardia: l'articolo 1, comma 191, della L. 147/2013 ha previsto un ulteriore contingente di soggetti, pari a 6.000 unità (già interessato da provvedimenti precedenti), per i quali trova applicazione la disciplina pensionistica previgente il D.L. 201/2011 (lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione entro il 4 dicembre 2011, a condizione che perfezionino i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 36° mese dalla data di entrata in vigore del D.L. 201/2011 con almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile alla data di entrata in vigore del D.L. 201/2011, ancorché abbiano svolto, successivamente alla medesima data del 4 dicembre 2011, attività lavorativa retribuita, comunque non riconducibile al rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, entro il limite di 7.500 euro annui) Il successivo comma 194 ha ulteriormente esteso la platea di tali lavoratori, includendovi un massimo di ulteriori 17.000 lavoratori, esclusi dai precedenti interventi di salvaguardia, a condizione che perfezionino i requisiti pensionistici entro il 7 dicembre 2014, appartenenti alle seguenti categorie: prosecutori volontari autorizzati al 4 dicembre 2011 con un contributo accreditato o accreditabile al 6 dicembre 2011 e che, dopo il 4 dicembre 2011, abbiano svolto attività lavorativa non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato; lavoratori con accordi individuali o collettivi cessati dall'attività lavorativa entro il 30 giugno 2012 e che abbiano svolto, dopo tale data, attività lavorativa non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato; lavoratori con accordi individuali o collettivi cessati dall'attività lavorativa dopo il 30 giugno 2012 e fino al 31 dicembre 2012 e che abbiano svolto, dopo la data di cessazione, attività lavorativa non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato; lavoratori con risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro di lavoro tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2008 che abbiano svolto dopo la cessazione attività non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (si includono anche i lavoratori con risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro di lavoro tra il 1° gennaio 2009 e il 31 dicembre 2011 che abbiano svolto dopo la cessazione attività non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, con un reddito annuo lordo complessivo superiore a euro 7.500); lavoratori in mobilità ordinaria che maturino il requisito pensionistico ante L. 214/2011 dopo la data di fine mobilità e entro sei mesi dalla stessa; soggetti autorizzati al versamento dei contributi volontari entro il 4 dicembre 2011 senza accreditamento di contributi effettivi alla stessa data;

§  sesta salvaguardia: la L. 147/2014 ha assicurato l'accesso al sistema previdenziale, secondo la disciplina antecedente alla riforma, ad un contingente di 32.100 lavoratori, prolungando di un anno (da 36 a 48 mesi successivi all'entrata in vigore delle riforma ) il termine entro il quale le categorie di lavoratori già individuate nelle precedenti salvaguardie (prosecutori volontari; lavoratori cessati sulla base di accordi individuali o collettivi; lavoratori in mobilità; lavoratori il cui rapporto di lavoro sia stato risolto unilateralmente) dovevano maturare i requisiti pensionistici al fine di accedere al sistema previdenziale con i requisiti antecedenti alla legge Fornero. A tali categorie si aggiunge, inoltre, quella dei lavoratori cessati che erano titolari di un contratto a tempo determinato. Per la copertura degli oneri il provvedimento attinge, in buona misura, alle risorse stanziate per le precedenti salvaguardie e in parte non utilizzate (in quanto le effettive richieste di pensionamento si sono rivelate inferiori alle attese), con conseguente riduzione delle platee ivi previste. In particolare, la riduzione delle precedenti platee è pari a 24.000 lavoratori, con un saldo attivo di 8.100 lavoratori (32.100 previsti complessivamente a cui vanno sottratti 24.000 lavoratori derivanti dalla riduzione delle platee previste da precedenti salvaguardie);

§  settima salvaguardia: la L. 208/2015 ha garantito l'accesso al trattamento previdenziale con i vecchi requisiti a un massimo di ulteriori 26.300 soggetti, sia individuando nuove categorie di soggetti beneficiari, sia incrementando i contingenti di categorie già oggetto di precedenti salvaguardie, attraverso il prolungamento del termine (da 36 a 60 mesi successivi all'entrata in vigore della riforma pensionistica) entro il quale i soggetti devono maturare i vecchi requisiti. Più specificamente, si prevede che i requisiti per l'accesso al sistema previdenziale vigenti prima della riforma pensionistica continuino ad applicarsi a specifiche categorie di lavoratori (lavoratori collocati in mobilità o in trattamento speciale edile; lavoratori provenienti da aziende cessate o interessate dall'attivazione delle vigenti procedure concorsuali; prosecutori volontari; lavoratori titolari di accordi individuali o collettivi; lavoratori con risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro; lavoratori in congedo per assistere figli con disabilità grave; lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato e lavoratori in somministrazione con contratto a tempo determinato -con esclusione dei lavoratori del settore agricolo e dei lavoratori stagionali) nei limiti di determinati contingenti.

Per effetto dei ripetuti interventi di salvaguardia adottati fin qui del legislatore la copertura previdenziale riguarda una platea complessiva di 172.466 lavoratori.

Articolo 1, commi 222-225
(Trattamento anticipato di pensione per le lavoratrici)

 


222. Al fi ne di portare a conclusione la sperimentazione di cui all’articolo 1, comma 9, della legge 23 agosto 2004, n. 243, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, la facoltà prevista dal medesimo articolo 1, comma 9, è estesa alle lavoratrici che non hanno maturato entro il 31 dicembre 2015 i requisiti previsti dalla stessa disposizione per effetto degli incrementi della speranza di vita di cui all’articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

223. Per le lavoratrici di cui al comma 222 del presente articolo restano fermi, ai fi ni dell’accesso al trattamento pensionistico, il regime degli incrementi della speranza di vita di cui all’articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, il regime delle decorrenze, nonché il sistema di calcolo delle prestazioni applicati al pensionamento di anzianità di cui all’articolo 1, comma 9, della legge 23 agosto 2004, n. 243.

224. Gli oneri derivanti dai commi 222 e 223 sono valutati in 18,3 milioni di euro per l’anno 2017, in 47,2 milioni di euro per l’anno 2018, in 87,5 milioni di euro per l’anno 2019, in 68,6 milioni di euro per l’anno 2020, in 34,1 milioni di euro per l’anno 2021 e in 1,7 milioni di euro per l’anno 2022.

225. A quota parte degli oneri di cui al comma 224 si provvede:

a) quanto a 4,5 milioni di euro per l’anno 2019, a 2,5 milioni di euro per l’anno 2020, a 0,9 milioni di euro per l’anno 2021 e a 0,2 milioni di euro per l’anno 2022, mediante le maggiori entrate derivanti dalle misure di cui ai commi 222 e 223;

b) quanto a 22,2 milioni di euro per l’anno 2018, a 52,5 milioni di euro per l’anno 2019 e a 33,6 milioni di euro per l’anno 2020, mediante il versamento all’entrata del bilancio dello Stato da parte dell’INPS, in deroga a quanto previsto dall’articolo 5 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, di una quota pari a 22,2 milioni di euro per l’anno 2018, a 52,5 milioni di euro per l’anno 2019 e a 33,6 milioni di euro per l’anno 2020 delle entrate derivanti dall’aumento contributivo di cui all’articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, con esclusione delle somme destinate al finanziamento dei fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua di cui all’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388;

c) quanto a 25 milioni di euro per l’anno 2018, a 30,5 milioni di euro per l’anno 2019, a 32,5 milioni di euro per l’anno 2020, a 33,2 milioni di euro per l’anno 2021 e a 1,5 milioni di euro per l’anno 2022, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.


 

 

I commi 222 e 223 estendono l'àmbito di applicazione dell'istituto (transitorio e sperimentale) che permette alle lavoratrici l'accesso al trattamento anticipato di pensione in presenza di determinati requisiti anagrafici e contributivi e a condizione che tali soggetti optino per il sistema di calcolo contributivo integrale (cosiddetta opzione donna). Il comma 224 reca la quantificazione degli oneri finanziari conseguenti all'ampliamento in oggetto. Il comma 225 provvede alla copertura di una quota di tali oneri.

 

In base alla disciplina finora vigente, all'istituto in esame possono far ricorso le lavoratrici che avessero maturato gli specifici requisiti previsti entro il 31 dicembre 2015 (a prescindere dalla data della decorrenza iniziale del trattamento)[71]. Tali requisiti consistono nel possesso di un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e di un'età pari o superiore a 57 anni e 3 mesi per le dipendenti e a 58 anni e 3 mesi per le autonome. L'accesso all'istituto è subordinato alla condizione che la lavoratrice opti per il sistema di calcolo contributivo integrale.

I commi 222 e 223 estendono, a decorrere dal 2017, l'applicabilità dell'istituto alle lavoratrici che, al 31 dicembre 2015, non avessero raggiunto la suddetta frazione di 3 mesi (nell'età anagrafica). Di conseguenza, all'istituto possono far ricorso le lavoratrici che, al 31 dicembre 2015, avessero un'età pari o superiore a 57 anni, se dipendenti, o a 58 anni, se autonome (fermi restando il possesso, alla medesima data, di un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e la condizione che la lavoratrice opti per il sistema di calcolo contributivo integrale).

Il comma 224 reca la quantificazione degli oneri finanziari conseguenti all'ampliamento in oggetto.

Il comma 225 provvede alla copertura di una quota di tali oneri. A tal fine:

§  si ricorre, nella misura di 22,2 milioni di euro per il 2018, 52,5 milioni per il 2019 e 33,6 milioni per il 2020, alle entrate contributive dell'INPS destinate in via ordinaria, per il 50 per cento, al finanziamento delle attività dell'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) e, per il restante 50 per cento, al finanziamento del Fondo sociale per occupazione e formazione;

§  si riduce, nella misura di 25 milioni di euro per il 2018, 30,5 milioni per il 2019, 32,5 milioni per il 2020, 33,2 milioni per il 2021 e 1,5 milioni per il 2022, la dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.


 

Articolo 1, commi 226-232
(Rifinanziamento prepensionamento giornalisti)

 


226. Nelle more dell’esercizio della delega di cui all’articolo 2, comma 4, della legge 26 ottobre 2016, n. 198, per il sostegno degli oneri derivanti dalle prestazioni di vecchiaia anticipata per i giornalisti dipendenti da aziende in ristrutturazione o riorganizzazione per crisi aziendale, di cui all’articolo 37 della legge 5 agosto 1981, n. 416, è autorizzata la spesa di 5,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, di 5 milioni di euro per l’anno 2020 e di 1,5 milioni di euro per l’anno 2021, in aggiunta a quanto previsto dall’articolo 1 -bis del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114. Sono conseguentemente aumentati i limiti di spesa di cui all’articolo 41 -bis , comma 7, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14.

227. I trattamenti di vecchiaia anticipata di cui ai commi da 226 a 232 del presente articolo sono erogati ai giornalisti interessati dai piani di ristrutturazione o riorganizzazione presentati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali prima della data di entrata in vigore della presente legge, ancorché ne siano esauriti i termini di durata. In tal caso, non si tiene conto, ai fi ni della decorrenza dei trattamenti ovvero della decadenza del termine di sessanta giorni previsto dall’alinea del comma 1 dell’articolo 37 della legge 5 agosto 1981, n. 416, del periodo intercorrente tra la data di scadenza del piano di ristrutturazione o riorganizzazione e quella di entrata in vigore della presente legge, dalla quale inizia a decorrere nuovamente il predetto termine. L’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani prende in considerazione le domande  di pensionamento secondo l’ordine cronologico di presentazione dei piani, nel rispetto dei limiti di spesa di cui al comma 226 del presente articolo e delle condizioni di cui all’articolo 1 -bis , comma 2, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114.

228. Agli oneri derivanti dalle prestazioni di vecchiaia anticipata finanziate ai sensi dei commi da 226 a 232 del presente articolo concorre il contributo aggiuntivo a carico dei datori di lavoro di cui all’articolo 41 -bis , comma 7, secondo periodo, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14.

229. L’instaurazione di rapporti di lavoro dipendente o autonomo di cui agli articoli 2222 e seguenti del codice civile, anche in forma di collaborazione coordinata e continuativa, ovvero la sottoscrizione di contratti per la cessione del diritto d’autore, con i giornalisti che abbiano optato per i trattamenti di vecchiaia anticipata finanziati ai sensi dei commi da 226 a 232 del presente articolo comporta la revoca del finanziamento concesso, anche nel caso in cui il rapporto di lavoro sia instaurato con un’azienda diversa facente capo al medesimo gruppo editoriale.

230. All’onere derivante dall’attuazione del comma 226 si provvede:

a) quanto a 5,5 milioni di euro per l’anno 2017, mediante corrispondente riduzione della quota del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione destinata per l’anno 2017 agli interventi di competenza della Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell’articolo 1, comma 4, della legge 26 ottobre 2016, n. 198;

b) quanto a 5,5 milioni di euro per l’anno 2018, a 5,5 milioni di euro per l’anno 2019, a 5 milioni di euro per l’anno 2020 e a 1,5 milioni di euro per l’anno 2021, mediante corrispondente versamento all’entrata del bilancio dello Stato, per pari importo e per i medesimi anni, delle risorse disponibili su apposita contabilità speciale, su cui affluiscono 17,5 milioni di euro della quota del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione destinata per l’anno 2017 agli interventi di competenza della Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell’articolo 1, comma 4, della legge 26 ottobre 2016, n. 198.

231. Alla compensazione dei conseguenti effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica recati dal comma 230 del presente articolo si provvede mediante corrispondente utilizzo del Fondo di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189, pari a 5,5 milioni di euro per l’anno 2018, a 5,5 milioni di euro per l’anno 2019, a 5 milioni di euro per l’anno 2020 e a 1,5 milioni di euro per l’anno 2021.

232. Il Fondo di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto- legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189, è incrementato di 17,5 milioni di euro per l’anno 2017.


 

 

I commi da 226 a 232 rifinanziano l’accesso alla pensione di vecchiaia anticipata per i giornalisti dipendenti da aziende in ristrutturazione o riorganizzazione per crisi aziendale (di cui all’art. 37 della L. 416/1981).

 

 

Nelle more dell’esercizio della delega (di cui all’art. 2, c. 4, della L. 198/2016) prevista per rendere l'accesso ai prepensionamenti per i giornalisti progressivamente conforme alla normativa generale del sistema pensionistico, si dispone che il suddetto rifinanziamento sia pari a 5,5, mln di euro annui per il triennio 2017-2019, a 5 mln di euro per il 2020 e a 1,5 mln di euro per il 2021. Tale intervento è aggiuntivo al rifinanziamento già disposto dall’art. 1-bis del D.L. 90/2014[72]. Conseguentemente sono aumentati i limiti spesa all’uopo stabiliti dall’art. 41-bis, c. 7, del D.L. 207/2008[73] (comma 226).

I prepensionamenti sono erogati ai giornalisti interessati dai piani di ristrutturazione o riorganizzazione presentati al Ministero del lavoro prima dell’entrata in vigore della legge di bilancio, anche nel caso in cui sia esperito il loro termine di durata (comma 227). In tali casi, non si tiene conto (ai fini della decorrenza dei trattamenti ovvero della decadenza dell’opzione al prepensionamento di 60 giorni dal maturare delle condizioni di anzianità contributiva richiesta) del periodo che intercorre tra la data di scadenza del piano di ristrutturazione o conversione e l’entrata in vigore della legge di bilancio.

Agli oneri derivanti dal rifinanziamento in esame concorre lo specifico contributo aggiuntivo da versare (da parte dei datori di lavoro) all’INPGI per il finanziamento dell’onere eccedentario rispetto alle apposite risorse stanziate per il prepensionamento (di cui all’art. 41-bis, co. 7, secondo periodo, del D.L. n. 207/2008[74]) (comma 228).

Si procede alla revoca del finanziamento per il prepensionamento nel caso in cui i giornalisti interessati instaurino rapporti di lavoro (dipendente o autonoma anche sotto forma di collaborazione) ovvero sottoscrivano contratti per la cessione del diritto d’autore (comma 229).

All’onere finanziario si provvede (comma 230):

§  quanto a 5,5 mln di euro per il 2017 mediante corrispondente riduzione del Fondo per il pluralismo e l’innovazione e informazione (per la quota destinata agli interventi della Presidenza del Consiglio);

§  quanto a 5,5 mln di euro annui per il biennio 2018-2019, a 5 mln di euro per il 2020 e a 1,5 mln di euro per il 2021 tramite un corrispondente versamento di un pari importo all’entrata del bilancio dello Stato delle risorse disponibili su un’apposita contabilità speciale (su cui affluiscono 147,5 mln di euro del Fondo per il pluralismo e l’innovazione e informazione sempre per la quota destinata agli interventi della Presidenza del Consiglio).

Alla compensazione di tali oneri si provvede mediante il corrispondente utilizzo del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali per importi di pari entità per gli stessi anni in precedenza evidenziati (comma 231), che per tale motivo è incrementato di 17,5 mln di euro per il 2017 (comma 232).


 

Articolo 1, comma 233
(Trasformazione a tempo parziale dei rapporti di lavoro)

 


233. L’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 284, quinto periodo, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è ridotta di 100 milioni di euro per l’anno 2017 e di 50 milioni di euro per l’anno 2018 e, conseguentemente, le somme versate in entrata al bilancio dello Stato ai sensi dell’undicesimo periodo del medesimo comma 284, in misura pari a 120 milioni di euro per l’anno 2017 e a 60 milioni di euro per l’anno 2018, sono trasferite all’INPS a copertura dei maggiori oneri derivanti dallo stesso comma 284 nella misura di 20 milioni di euro per l’anno 2017 e di 10 milioni di euro per l’anno 2018 e rimangono acquisite al bilancio dello Stato per l’importo di 100 milioni di euro per l’anno 2017 e di 50 milioni di euro per l’anno 2018.


 

 

Il comma 233 riduce il limite massimo di spesa previsto per la specifica disciplina transitoria[75], relativa ad una fattispecie di trasformazione da tempo pieno a tempo parziale del rapporto di lavoro subordinato, pubblico o privato, con copertura pensionistica figurativa per la quota di retribuzione perduta e con la corresponsione al dipendente, da parte del datore di lavoro, di una somma pari alla contribuzione pensionistica che sarebbe stata a carico di quest'ultimo (relativa alla prestazione lavorativa non effettuata).

 

Si ricorda che l'istituto è subordinato al possesso, da parte del dipendente, di determinati requisiti anagrafici e contributivi e ad ulteriori condizioni, relative al contenuto dell'accordo, e che il summenzionato importo, corrisposto dal datore di lavoro, non concorre alla formazione del reddito da lavoro dipendente e non è assoggettato a contribuzione previdenziale. L'accoglimento della domanda di trasformazione, da parte dell'INPS, è altresì subordinato al rispetto di limiti complessivi di spesa.

Nella disciplina finora vigente, questi ultimi sono pari a 60 milioni di euro per il 2016, 120 milioni per il 2017 e 60 milioni per il 2018. La presente novella riduce a 20 milioni per il 2017 ed a 10 milioni per il 2018 tali limiti. Le conseguenti economie di spesa restano acquisite al bilancio dello Stato; si ricorda che la copertura degli stanziamenti in oggetto è reperita mediante ricorso alle entrate contributive dell'INPS destinate in via ordinaria, per il 50 per cento, al finanziamento delle attività dell'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) e, per il restante 50 per cento, al finanziamento del Fondo sociale per occupazione e formazione[76] - ricorso che resta attivato secondo le misure integrali originarie, in quanto le economie di spesa restano acquisite al bilancio dello Stato.

Secondo la relazione tecnica, allegata al disegno di legge, il ridimensionamento dell’autorizzazione di spesa "è effettuato coerentemente con gli elementi di monitoraggio disponibili per la misura in esame e garantendo al contempo elementi di prudenzialità".

 

Più in dettaglio, ai fini dell'applicazione dell'istituto in esame:

§  il dipendente, pubblico o privato, titolare di un rapporto a tempo pieno e indeterminato, deve maturare entro il 31 dicembre 2018 il requisito anagrafico per il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia ed aver già maturato (al momento della trasformazione del rapporto) i requisiti minimi di contribuzione per il diritto al medesimo trattamento;

§  l'accordo per la trasformazione del rapporto deve riguardare un periodo di tempo non superiore a quello intercorrente tra la data di accesso al beneficio in esame e la data di maturazione del suddetto requisito anagrafico;

§  la riduzione dell'orario di lavoro deve essere pari ad una misura compresa tra il 40 per cento e il 60 per cento[77].


 

Articolo 1, commi 234-237
(Fondi di solidarietà bilaterali)

 


234. All’articolo 12, comma 1, primo periodo, del decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 giugno 2016, n. 119, le parole: «2016 e 2017» sono sostituite dalle seguenti: «2016, 2017, 2018 e 2019». Le disposizioni di cui al primo periodo del presente comma sono estese anche al Fondo di solidarietà per il sostegno dell’occupabilità, dell’occupazione e del reddito del personale del credito cooperativo. L’operatività delle disposizioni di cui ai primi due periodi del presente comma è subordinata all’emanazione dei regolamenti di adeguamento della disciplina dei Fondi ai sensi dell’articolo 26, comma 3, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, da adottare con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Dall’attuazione di quanto previsto dal presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

235. Fino al 31 dicembre 2019, con riferimento alle imprese o gruppi di imprese coinvolti in processi di ristrutturazione o fusione, rientranti nei settori destinatari dei Fondi di solidarietà di cui all’articolo 26 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, e interessati da provvedimenti legislativi relativi a processi di adeguamento o riforma per aumentarne la stabilità e rafforzarne la patrimonializzazione, il contributo straordinario a carico del datore di lavoro previsto dall’articolo 33, comma 3, del predetto decreto legislativo n. 148 del 2015 per l’assegno straordinario per il sostegno al reddito di cui all’articolo 26, comma 9, lettera b) , del medesimo decreto legislativo n. 148 del 2015, è ridotto, a domanda da presentare dallo stesso datore di lavoro e nei limiti e alle condizioni di cui al comma 236 del presente articolo, di un importo pari all’85 per cento dell’importo equivalente alla somma della prestazione di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, e della contribuzione figurativa di cui all’articolo 12 del medesimo decreto legislativo n. 22 del 2015, per i nuovi accessi all’assegno straordinario nel 2017, e pari al 50 per cento dell’importo equivalente alla medesima somma, per i nuovi accessi all’assegno straordinario negli anni 2018 e 2019, con riferimento a un limite massimo complessivo di 25.000 accessi nel triennio 2017-2019. Detto importo è calcolato, per ciascun lavoratore coinvolto nei processi di agevolazione all’esodo, ai sensi degli articoli 4 e 5 del decreto legislativo n. 22 del 2015, e in ogni caso relativamente a un periodo non superiore alla durata dell’assegno straordinario. All’integrazione del finanziamento degli assegni straordinari necessaria per effetto della riduzione del contributo straordinario di cui al primo periodo del presente comma provvede la Gestione degli  interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali, istituita presso l’INPS ai sensi dell’articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88.

236. Il beneficio di cui al comma 235 è riconosciuto ai datori di lavoro nel limite di 174 milioni di euro per l’anno 2017, di 224 milioni di euro per l’anno 2018, di 139 milioni di euro per l’anno 2019, di 87 milioni di euro per l’anno 2020 e di 24 milioni di euro per l’anno 2021. L’INPS provvede al monitoraggio delle domande presentate ai sensi del comma 235 ai fi ni del rispetto dei limiti di spesa annuali di cui al primo periodo del presente comma e del limite numerico complessivo di cui al comma 235. Fermo restando il limite numerico complessivo di cui al comma 235, qualora dal monitoraggio risulti il raggiungimento, anche in via prospettica, dei limiti di spesa annuali di cui al primo periodo del presente comma, l’INPS non prende in esame ulteriori domande fi nalizzate a usufruire del benefi cio di cui al comma 235. Alle attività previste l’INPS provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

237. Per il triennio 2017-2019, i Fondi di solidarietà di cui al comma 234 provvedono, a loro carico e previo il versamento agli stessi Fondi della relativa provvista finanziaria da parte dei datori di lavoro ai sensi del secondo periodo del presente comma, nei confronti dei lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi sette anni, anche al versamento della contribuzione correlata a periodi, utili per il conseguimento del diritto alla pensione anticipata o di vecchiaia, riscattabili o ricongiungibili precedenti all’accesso ai Fondi di solidarietà. Gli oneri di finanziamento sono versati ai Fondi dal datore di lavoro e costituiscono specifica fonte di finanziamento con destinazione riservata alle finalità di cui al primo periodo del presente comma. L’operatività della disposizione di cui ai primi due periodi del presente comma è subordinata all’emanazione dei regolamenti di adeguamento della disciplina dei Fondi di cui al comma 234, da adottare con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Dall’attuazione di quanto previsto dal presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


 

 

I commi da 234 a 237 recano alcune norme in materia di fondi di solidarietà bilaterali. In tale àmbito, i commi 234 e 237 concernono specificamente i fondi relativi al personale del credito e a quello del credito cooperativo, mentre i commi 235 e 236 fanno riferimento ai settori interessati da provvedimenti legislativi relativi a processi di adeguamento o di riforma.

 

Il comma 234 prevede, in via transitoria, la possibilità che, mediante modifiche dei relativi atti istitutivi, i fondi di solidarietà bilaterali relativi al personale del credito e a quello del credito cooperativo contemplino l'assegno straordinario per il sostegno al reddito (riconosciuto nel quadro dei processi di agevolazione all'esodo) in favore di lavoratori che raggiungano i requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi sette anni, anziché nei successivi cinque anni (come consentito dalla norma generale sui fondi bilaterali). La possibilità in oggetto è ammessa per il periodo 2016-2019 - per il fondo relativo al personale del credito, essa è già ammessa per gli anni 2016 e 2017, ai sensi dell'art. 12 del D.L. 3 maggio 2016, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 giugno 2016, n. 119 -. Le modifiche in oggetto della disciplina dei due fondi devono essere adottate secondo la procedura di cui al presente comma 1.

Il comma 237, sempre con riferimento ai due suddetti fondi di solidarietà bilaterali, consente che, per il periodo 2017-2019, essi corrispondano ai lavoratori che raggiungano i requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi sette anni l'importo relativo al riscatto o alla ricongiunzione di periodi contributivi precedenti l'accesso al fondo di solidarietà. Tale beneficio è subordinato al previo versamento, a carico del datore di lavoro ed in favore del fondo, delle relative somme nonché all'adozione (secondo la procedura di cui al medesimo comma 237) delle conseguenti modifiche della disciplina dei due fondi.

I commi 235 e 236 consentono una riduzione del contributo straordinario relativo ai citati assegni straordinari per il sostegno al reddito (nell'àmbito dei fondi di solidarietà bilaterali che contemplino tale istituto), con riferimento ai settori che siano interessati da provvedimenti legislativi relativi a processi di adeguamento o di riforma per aumentarne la stabilità e rafforzarne la patrimonializzazione, limitatamente alle imprese o gruppi di imprese coinvolti in processi di ristrutturazione o fusione e fino al 31 dicembre 2019.

Si ricorda che, in base alla norma generale, il contributo straordinario in oggetto (a carico del datore di lavoro) è pari al fabbisogno di copertura dell'assegno straordinario e della contribuzione correlata. Ai sensi dei commi 235 e 236, il contributo, su domanda, è ridotto di un importo pari, per gli assegni aventi decorrenza iniziale nel 2017, all'85% della somma costituita dall'applicazione ipotetica della misura del trattamento generale di disoccupazione (NASpI) e della relativa contribuzione figurativa, calcolate (con riferimento al singolo lavoratore) secondo le relative norme generali, e, per gli assegni aventi decorrenza iniziale nel 2018 o nel 2019, al 50% della medesima base di calcolo. La riduzione è ammessa entro un limite massimo complessivo di 25.000 accessi, nel triennio in oggetto, all'assegno straordinario e, in ogni caso, nel limite di 174 milioni di euro per il 2017, 224 milioni per il 2018, 139 milioni per il 2019, 87 milioni per il 2020 e 24 milioni per il 2021. La copertura finanziaria delle conseguenti minori risorse viene posta a carico dell'INPS, il quale provvede altresì al monitoraggio delle domande presentate al fine di garantire il rispetto dei limiti annuali di spesa e del limite numerico suddetti.


 

Articolo 1, commi 238 e 239
(Incremento del Fondo per la lotta alla povertà
e all’esclusione sociale)

 


238. Lo stanziamento del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, di cui all’articolo 1, comma 386, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è incrementato di 150 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2017. L’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 16, comma 7, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, come rifinanziata dall’articolo 43, comma 5, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, è ridotta di 150 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2017.

239. Nelle more dell’attuazione dei provvedimenti legislativi di cui all’articolo 1, comma 388, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, per l’anno 2017 sono definiti, nei limiti delle risorse disponibili nel Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, di cui all’articolo 1, comma 386, della citata legge n. 208 del 2015, nuovi criteri di accesso alla misura di contrasto alla povertà di cui all’articolo 1, comma 387, lettera a) , della medesima legge n. 208 del 2015, anche al fi ne di ampliare la platea nel rispetto delle priorità previste dalla legislazione vigente. Con il medesimo decreto sono stabilite le modalità di prosecuzione della sperimentazione dell’assegno di disoccupazione (ASDI), di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, anche mediante eventuale utilizzo di quota parte delle risorse disponibili nel predetto Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale.


 

 

I commi 238 e 239 autorizzano, dal 2017, un incremento a regime di 150 milioni di euro a valere sullo stanziamento del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale. Conseguentemente viene ridotta dello stesso importo, sempre dal 2017, l’autorizzazione di spesa per il finanziamento dell’Assegno di disoccupazione – ASDI. Nelle more dell'introduzione di un'unica misura nazionale di contrasto alla povertà, e nei limiti delle risorse disponibili nel Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, un decreto interministeriale dovrà aggiornare i criteri per l’accesso al Sostegno per l’inclusione attiva (SIA) per il 2017, anche al fine di ampliare la platea dei beneficiari e definire le modalità di prosecuzione della sperimentazione dell’ASDI.

 

Il comma 238 dispone, dal 2017, un incremento a regime di 150 milioni a valere sullo stanziamento del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, istituito dall’art. 1, comma 386 della legge di stabilità 2016 (legge 208/2015).

 

Il cap. 3550 Fondo per la lotta e alla povertà e all'esclusione sociale, istituito l’anno scorso in conseguenza delle previsioni contenute nella stabilità 2016, presenta una previsione per il 2017 pari a 1.030 milioni di euro. Nel biennio 2018-2019, il capitolo, con una dotazione iniziale pari a 1.054 milioni, riceve dalla legge di bilancio, Sezione II, un rifinanziamento di 500 milioni di euro, che porta la dotazione dei prossimi due anni a 1.554 milioni di euro. A tali risorse per il triennio deve ora essere aggiunta l’autorizzazione annua, a regime, di 150 milioni disposta dall’articolo in esame.

 

Conseguentemente, dal 2017, viene ridotta di 150 milioni annui l’autorizzazione di spesa per il finanziamento dell’Assegno di disoccupazione – ASDI di cui all’articolo 16, comma 7, del D.Lgs. 22/2015; autorizzazione poi rifinanziata a regime ai sensi dell’art. 43, co. 5, del D.Lgs. 148/2015 (270 milioni per il 2017, 170 milioni per il 2018 e 200 milioni di euro annui a decorrere dal 2019).

 

L'ASDI (assegno di disoccupazione) è una misura introdotta in via sperimentale dall'art. 16, c. 1, D.Lgs. 22/2015 (prevista inizialmente per il solo 2015 e prorogata poi fino al 2019), con lo scopo di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori beneficiari della NASpl che abbiano fruito di questa per l'intera durata, siano privi di occupazione e si trovino in una condizione economica di bisogno[78].

I beneficiari dell'ASDI sono i lavoratori che:

§  abbiano fruito della NASpI entro il 31 dicembre 2016 (termine prorogato, da ultimo, dal DM 23 maggio 2016, in luogo dell’iniziale 31 dicembre 2015) per la sua intera durata, che si trovano ancora in stato di disoccupazione e che versano in una condizione di particolare disagio economico;

§  siano ancora in stato di disoccupazione al termine della NASpI;

§  siano, al termine del periodo di fruizione della NASpI, componenti di un nucleo familiare in cui sia presente almeno un minore di anni 18 o abbiano un'età pari a 55 anni o superiore e non abbiano maturato i requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato;

§  siano in possesso di una attestazione dell'ISEE, in corso di validità, dalla quale risulti un valore dell'indicatore non superiore a 5.000 euro;

§  non abbiano usufruito dell'ASDI per un periodo pari o superiore a 6 mesi nei 12 mesi precedenti il termine della fruizione della NASpI e, comunque, per un periodo pari o superiore a 24 mesi nel quinquennio precedente;

§  abbiano sottoscritto un progetto personalizzato finalizzato alla ricerca attiva di lavoro proposto dai Centri per l'impiego.

 

L'ASDI è erogato mensilmente a decorrere dal giorno successivo a quello del termine di fruizione della NASpI per una durata massima di sei mesi. Qualora il lavoratore abbia già fruito dell'ASDI nei 12 mesi precedenti il termine di fruizione della NASpI, l'ASDI è erogato per una durata massima pari alla differenza tra 6 mesi e la durata dell'ASDI fruito in tale periodo di tempo e comunque per un numero massimo di mesi pari alla differenza tra 24 e i mesi di ASDI fruiti nei 5 anni precedenti il termine di fruizione della NASpI.

L'importo dell'ASDI è pari al 75 per cento dell'ultima indennità NASpI percepita, e, comunque, in misura non superiore all'ammontare dell'assegno sociale (pari, per il 2016 a 448,07 euro per 13 mensilità). Tale importo, in presenza di determinate condizioni, è incrementato secondo le modalità e gli importi previsti dal richiamato DM 29 ottobre 2015.

 

Nelle more dell’attuazione dei provvedimenti legislativi finalizzati all'introduzione di un'unica misura nazionale di contrasto alla povertà e alla razionalizzazione degli strumenti e dei trattamenti esistenti, e nei limiti delle risorse disponibili nel Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, il comma 239 demanda ad un decreto interministeriale - Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze - l’aggiornamento per il 2017 dei criteri per l’accesso alla misura di contrasto alla povertà, denominata Sostegno per l’inclusione attiva (SIA) anche al fine di ampliare la platea dei beneficiari nel rispetto delle priorità previste dalla legislazione vigente. Il decreto interministeriale, che dovrà essere emanato entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio, definirà pure le modalità di prosecuzione della sperimentazione dell’assegno di disoccupazione (ASDI), anche mediante eventuale utilizzo di quota parte delle risorse disponibili nel Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale.

 

La legge di stabilità 2016 (commi 386-390 della legge 208/2015) ha disegnato una serie di interventi per il contrasto alla povertà e ha previsto, al comma 388, uno o più provvedimenti legislativi di riordino della normativa in materia di strumenti e trattamenti, indennità, integrazioni al reddito e assegni di natura assistenziale o comunque sottoposti alla prova dei mezzi, finalizzati all'introduzione di un'unica misura nazionale di contrasto alla povertà, correlata alla differenza tra il reddito familiare del beneficiario e la soglia di povertà assoluta. Molto sinteticamente, la legge di stabilità 2016 ha previsto:

§  il riordino della normativa in materia di trattamenti di natura assistenziale o comunque sottoposti alla prova dei mezzi nonché in materia di accesso alle prestazioni sociali;

§  la definizione di un Piano nazionale triennale per la lotta alla povertà e all'esclusione;

§  l'istituzione del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

§  l'avvio di una misura nazionale di contrasto alla povertà, intesa come rafforzamento, estensione e consolidamento della Carta acquisti sperimentale – SIA;

§  lo stanziamento di risorse certe per la Lotta alla povertà e la loro quantificazione per il 2016 e gli anni successivi. Più in particolare, per il 2016, la stabilità 2016 ha stanziato 380 milioni, ai quali si sono aggiunti i 220 milioni della messa a regime dell'Asdi. Tali risorse, alle quali si sono addizionati fondi europei, sono state utilizzate per l’avvio, nel 2016, di un Programma di sostegno per l'inclusione attiva. I criteri e le procedure di avvio del Programma sono stati definiti con decreto del 26 maggio 2016. A decorrere dal 2017, la stabilità 2016 ha invece stanziato, a regime, risorse pari a un miliardo per anno, per garantire l'attuazione del Piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale come disegnato dalla legge delega ora in esame al Senato e dai decreti legislativi da questa discendenti.

Il 28 gennaio 2016 il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge delega recante norme relative al contrasto alla povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali collegato alla legge di stabilità 2016. Approvato in prima lettura dalla Camera (A.C. 3594), il disegno di legge è attualmente all'esame del Senato ( S. 2494).

Come già detto, il SIA è stato esteso a tutto il territorio nazionale secondo le modalità attuative indicate dal decreto del 26 maggio 2016 Avvio del Sostegno per l'Inclusione Attiva (SIA). Il SIA è una misura di contrasto alla povertà basata su un sostegno economico condizionato all’attivazione di percorsi personalizzati -lavorativi e formativi - verso l’inclusione e l’autonomia. Questi i criteri di accesso al SIA e le priorità come definite dal decreto del maggio 2016:

§  requisiti del nucleo familiare richiedente: presenza di un figlio minorenne, di un figlio disabile, ovvero di una donna in stato di gravidanza accertata;

§  requisiti concernenti la condizione economica del nucleo familiare: ISEE inferiore a 3.000 euro; trattamenti di natura previdenziale e assistenziale non superiori a 600 euro mensili; vincoli riguardanti il possesso di autoveicoli; impossibilità di beneficiare contemporaneamente di strumenti di sostegno al reddito dei disoccupati.

§  valutazione multidimensionale del bisogno. La valutazione tiene conto dei carichi familiari, della situazione economica e di quella lavorativa. Sono favoriti i nuclei con il maggior numero di figli minorenni, specie se piccoli (età 0-3); in cui vi è un genitore solo; in cui sono presenti persone con disabilità grave o non autosufficienti.


 

Articolo 1, comma 240
(Interventi a carico del Fondo sociale
per occupazione e formazione)

 


240. A valere sulle risorse del Fondo sociale per occupazione e formazione di cui all’articolo 18, comma 1, lettera

a) , del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, si provvede, nei limiti degli importi rispettivamente indicati: a) alla restituzione dell’anticipazione effettuata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri per interventi di pubblica utilità e socialmente utili nei territori di Genova Cornigliano, pari a 5 milioni di euro per l’anno 2017;

b) all’estensione degli incentivi di cui all’articolo 32, comma 1, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, alle assunzioni effettuate fi no al 31 dicembre 2017; a tal fi ne è autorizzata la spesa di 2,6 milioni di euro per l’anno 2017, di 5,6 milioni di euro per l’anno 2018 e di 3 milioni di euro per l’anno 2019; conseguentemente, all’articolo 32, comma 3, primo periodo, dello stesso decreto legislativo n. 150 del 2015, le parole: «2015 e 2016» sono sostituite dalle seguenti: «2015, 2016 e 2017» e le parole: «sono incrementate di 27 milioni di euro per l’anno 2015 e di 27 milioni di euro per l’anno 2016» sono sostituite dalle seguenti: «sono incrementate di 27 milioni di euro per l’anno 2015, di 27 milioni di euro per l’anno 2016 e di 27 milioni di euro per l’anno 2017»;

c) all’incremento di 15 milioni di euro annui del finanziamento della misura di cui all’articolo 6, comma 4 - bis , del decreto-legge 1º ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, introdotto dall’articolo 5, comma 1, del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 maggio 2014, n. 78; conseguentemente, al comma 4 -bis dell’articolo 6 del citato decreto-legge n. 510 del 1996, le parole: «euro 15 milioni annui» sono sostituite dalle seguenti: «euro 30 milioni annui»;

d) al finanziamento delle misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti dalle imprese del settore del call-center , previste dall’articolo 44, comma 7, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, nella misura di 30 milioni di euro per l’anno 2017.


 

 

Il comma 240 reca alcuni interventi, ponendo i relativi oneri a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione. Le misure concernono: la regolazione di risorse finanziarie per gli interventi di pubblica utilità e socialmente utili nei territori di Genova Cornigliano; l'estensione al 2017 di alcuni incentivi e misure finanziarie in materia di apprendistato e di alternanza scuola lavoro; un incremento del limite di risorse per la concessione del beneficio della riduzione della contribuzione previdenziale ed assistenziale in favore dei datori di lavoro che stipulino il contratto di solidarietà; il finanziamento di misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti dalle imprese del settore del call-center.

 

Gli interventi di cui al comma 240 riguardano, più in particolare:

§  la restituzione (lettera a)) dell’anticipazione effettuata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per gli interventi di pubblica utilità e socialmente utili nei territori di Genova Cornigliano, pari a 5 milioni di euro per il 2017. Tale restituzione attiene a risorse che la Presidenza del Consiglio aveva anticipato, per lo svolgimento degli interventi in oggetto in favore di lavoratori degli stabilimenti di Cornigliano del gruppo ILVA, a valere su fondi destinati alla bonifica ed alla riqualificazione della medesima area di Cornigliano. La norma in esame consente la reintegrazione di questi ultimi fondi (ponendo l'onere a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione);

§  l'estensione (lettera b)) alle assunzioni effettuate nel 2017 di alcuni incentivi sperimentali per i contratti di "apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore". Per tale estensione è autorizzata la spesa di 2,6 milioni di euro per il 2017, di 5,6 milioni per il 2018 e di 3 milioni per il 2019. Gli incentivi in esame[79] consistono, con riferimento al relativo rapporto contrattuale, nella riduzione a 5 punti percentuali dell'aliquota unica a carico del datore di lavoro per gli apprendisti, con riferimento al complesso delle forme e gestioni di previdenza obbligatoria (tale aliquota è, nella normativa generale relativa all'apprendistato e fatte salve le misure più favorevoli per alcune fattispecie[80], pari al 10 per cento), nonché nell'esclusione dei seguenti contributi a carico del datore di lavoro: contributo all'INPS dovuto in caso licenziamento[81]; contributo di finanziamento dell'ASpI (pari, per gli apprendisti, all'1,31 per cento); contributo pari allo 0,3 per cento destinato al finanziamento della formazione professionale;

§  un incremento (ai sensi della medesima lettera b)), pari a 27 milioni di euro per il 2017, delle risorse finanziarie statali relative all'obbligo di frequenza di attività formative fino al compimento del diciottesimo anno di età. L'incremento è destinato ai percorsi formativi inerenti: alla suddetta tipologia di "apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore"; all'alternanza scuola lavoro. Tale incremento è identico a quello già previsto per gli anni 2015 e 2016, per le medesime finalità, dall'art. 32, comma 3, del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150, e successive modificazioni;

§  l'incremento (lettera c)), da 15 a 30 milioni di euro annui, del limite di risorse per la concessione del beneficio della riduzione della contribuzione previdenziale ed assistenziale in favore dei datori di lavoro che stipulino il contratto di solidarietà[82]. Si ricorda che tale riduzione è riconosciuta, nella misura del 35 per cento e per un periodo non superiore a 24 mesi, fermo restando il vincolo dei limiti finanziari annui suddetti, con riferimento alla contribuzione a carico del datore per i lavoratori interessati dalla riduzione dell'orario di lavoro in misura superiore al 20 per cento;

§  il finanziamento (lettera d)), per l'importo di 30 milioni di euro per il 2017, di misure - definite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti dalle imprese del settore del call-center, anche in deroga alla normativa generale vigente. Si ricorda che, per il finanziamento di tali misure, per gli anni 2015 e 2016, è stato disposto un finanziamento pari, rispettivamente, ad euro 5.286.187 e ad euro 5.510.658 e che a tali stanziamenti è stata data attuazione con il D.M. 12 novembre 2015, n. 22763.


 

Articolo 1, commi 241 e 242
(Congedo per le lavoratrici autonome per motivi connessi al percorso di protezione relativo alla violenza di genere)

 


241. Il diritto all’astensione dal lavoro di cui all’articolo 24, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, è riconosciuto alle lavoratrici autonome nella misura massima di tre mesi.

242. Durante il periodo di congedo di cui al comma 241, la lavoratrice autonoma ha diritto a percepire un’indennità giornaliera pari all’80 per cento del salario minimo giornaliero stabilito dall’articolo 1 del decreto-legge 29 luglio 1981, n. 402, convertito, con modifica  zioni, dalla legge 26 settembre 1981, n. 537, nella misura risultante, per la qualifica di impiegato, dalla tabella A allegata al medesimo decreto e dai decreti ministeriali di cui al secondo comma del medesimo articolo 1.


 

 

I commi 241 e 242 estendono alle lavoratrici autonome il diritto al congedo per motivi connessi al percorso di protezione (debitamente certificato) relativo alla violenza di genere.

I commi in esame estendono alle lavoratrici autonome il diritto al congedo per motivi connessi al percorso di protezione (debitamente certificato) relativo alla violenza di genere.

Il periodo di congedo ha una durata massima di tre mesi. Durante tale periodo, la lavoratrice autonoma ha diritto a percepire un’indennità giornaliera, pari all’80 per cento del limite minimo di retribuzione giornaliera, stabilito ai fini della contribuzione minima previdenziale, nella misura inerente alla qualifica di impiegato (limite pari, nel 2016, a 47,68 euro).

Si ricorda che la disciplina finora vigente[83] prevede, per le lavoratrici dipendenti[84] e per le titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, il diritto, rispettivamente, ad un congedo retribuito ed alla sospensione del rapporto contrattuale, per i motivi suddetti. In entrambi i casi, è posto un limite massimo di durata pari a tre mesi.

In merito ai soggetti competenti, ai fini in esame, alla suddetta certificazione del percorso di protezione, la normativa (che si applica anche per le lavoratrici autonome in oggetto) fa riferimento ai servizi sociali del comune di residenza, ai centri antiviolenza ed alle case-rifugio[85], di cui all'art. 5-bis del D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 ottobre 2013, n. 119.

Articolo 1, comma 243
(Localizzazione e svolgimento dei servizi dei call center)

 


243. L’articolo 24 -bis del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, è sostituito dal seguente:

«Art. 24 -bis (Misure a sostegno della tutela dei dati personali, della sicurezza nazionale, della concorrenza e dell’occupazione nelle attività svolte da call center). — 1. Le misure del presente articolo si applicano alle attività svolte da call center indipendentemente dal numero di dipendenti occupati.

2. Qualora un operatore economico decida di localizzare, anche mediante affidamento a terzi, l’attività di call center fuori dal territorio nazionale in un Paese che non è membro dell’Unione europea, deve darne comunicazione, almeno trenta giorni prima del trasferimento:

a) al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché all’Ispettorato nazionale del lavoro a decorrere dalla data della sua effettiva operatività a seguito dell’adozione dei decreti di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, indicando i lavoratori coinvolti; la predetta comunicazione è effettuata dal soggetto che svolge il servizio di call center ;

b) al Ministero dello sviluppo economico, indicando le numerazioni telefoniche messe a disposizione del pubblico e utilizzate per i servizi delocalizzati;

c) al Garante per la protezione dei dati personali, indicando le misure adottate per garantire il rispetto della legislazione nazionale, e in particolare delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, nonché delle disposizioni concernenti il registro pubblico delle opposizioni, istituito ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 178.

3. Gli operatori economici che, antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente disposizione, hanno localizzato, anche mediante affidamento a terzi, l’attività di call center fuori dal territorio nazionale in un Paese che non è membro dell’Unione europea, devono darne comunicazione ai soggetti di cui al comma 2 entro sessanta giorni dalla medesima data di entrata in vigore, indicando le numerazioni telefoniche messe a disposizione del pubblico e utilizzate per i servizi delocalizzati. In caso di omessa o tardiva comunicazione si applica la sanzione amministrativa pecuniaria pari a 10.000 euro per ciascun giorno di ritardo.

4. In attesa di procedere alla ridefinizione del sistema degli incentivi all’occupazione nel settore dei call center , nessun beneficio, anche fi scale o previdenziale, previsto per tale tipologia di attività può essere erogato a operatori economici che, dopo la data di entrata in vigore della presente disposizione, delocalizzano l’attività di call center in un Paese che non è membro dell’Unione europea.

5. Quando un soggetto effettua una chiamata a un call center deve essere informato preliminarmente sul Paese in cui l’operatore con cui parla è fisicamente collocato nonché, a decorrere dal novantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente disposizione, nell’ipotesi di localizzazione dell’operatore in un Paese che non è membro dell’Unione europea, della possibilità di richiedere che il servizio sia reso tramite un operatore collocato nel territorio nazionale o di un Paese membro dell’Unione europea, di cui deve essere garantita l’immediata disponibilità nell’ambito della medesima chiamata.

6. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando un cittadino è destinatario di una chiamata proveniente da un call center .

7. In caso di omessa o tardiva comunicazione di cui al comma 2 si applica la sanzione amministrativa pecuniaria pari a 150.000 euro per ciascuna comunicazione omessa o tardiva. Nei casi di cui al comma 2, lettera a) , la sanzione è irrogata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali ovvero, dalla data della sua effettiva operatività, dall’Ispettorato nazionale del lavoro. Nei casi di cui al comma 2, lettere b) e c) , la sanzione è irrogata, rispettivamente, dal Ministero dello sviluppo economico e dal Garante per la protezione dei dati personali. Il mancato rispetto delle disposizioni dei commi 5 e 6 comporta la sanzione amministrativa pecuniaria pari a 50.000 euro per ogni giornata di violazione; all’accertamento delle violazioni delle disposizioni dei commi 5 e 6 e all’irrogazione delle relative sanzioni provvede il Ministero dello sviluppo economico. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 161 del codice di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, ove la mancata informazione di cui ai commi 5 e 6 del presente articolo integri, altresì, la violazione di cui all’articolo 13 del medesimo codice di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003. Al fi ne di consentire l’applicazione delle predette disposizioni, il Ministero dello sviluppo economico comunica al Garante per la protezione dei dati personali l’accertamento dell’avvenuta violazione.

8. Ai fi ni dell’applicazione del presente articolo, nonché di quanto previsto dall’articolo 130 del codice di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, anche il soggetto che ha affidato lo svolgimento di propri servizi a un call center esterno è considerato titolare del trattamento ai sensi degli articoli 4, comma 1, lettera f) , e 28 del medesimo codice di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003 ed è conseguentemente responsabile in solido con il soggetto gestore. La constatazione della violazione può essere notificata all’affidatario estero per il tramite del committente.

9. Qualunque operatore economico che svolge o si avvale di servizi di call center è tenuto a comunicare, su richiesta del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero dello sviluppo economico o del Garante per la protezione dei dati personali, entro dieci giorni dalla richiesta, la localizzazione del call center destinatario della chiamata o dal quale origina la stessa. Il mancato rispetto delle disposizioni del presente comma comporta la sanzione amministrativa pecuniaria pari a 50.000 euro per ogni violazione.

10. Per le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori che procedono ad affidamenti di servizi a operatori di call center l’offerta migliore è determinata al netto delle spese relative al costo del personale, determinato ai sensi dell’articolo 23, comma 16, del decreto  legislativo 18 aprile 2016, n. 50, ovvero sulla base di accordi con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.

11. Tutti gli operatori economici che svolgono attività di call center su numerazioni nazionali devono, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, iscriversi al Registro degli operatori di comunicazione di cui alla delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 666/08/CONS del 26 novembre 2008, comunicando, altresì, tutte le numerazioni telefoniche messe a disposizione del pubblico e utilizzate per i servizi di call center . L’obbligo di iscrizione sussiste anche a carico dei soggetti terzi affidatari dei servizi di call center e deve essere contemplato nel contratto di affidamento del servizio.

12. L’inosservanza dell’obbligo di cui al comma 11 comporta l’applicazione di una sanzione pecuniaria amministrativa pari a 50.000 euro».


 

 

Il comma 243 modifica la disciplina dei call center recata dall’articolo 24-bis del decreto-legge n. 83 del 2012, ampliando l’ambito applicativo della normativa, introducendo nuovi obblighi per gli operatori ed innalzando la sanzioni previste per le violazioni.

 

In primo luogo è esteso l’ambito di applicazione della normativa, al fine di ricomprendervi i call center, indipendentemente dal numero di dipendenti occupati (attualmente la disciplina dell’articolo 24-bis è limitata ai call center con più di 20 dipendenti).

La delocalizzazione dell’attività di call center in paesi che non siano membri dell’Unione europea deve essere comunicata 30 giorni (anziché 120 giorni) prima del trasferimento, oltre che al Ministero del lavoro e al Garante per la protezione dei dati personali, anche all’Ispettorato nazionale del lavoro e al Ministero dello sviluppo economico, indicando a quest’ultimo le numerazioni messe a disposizione del pubblico per il servizio delocalizzato. Si prevede una sanzione amministrativa pari a 150.000 euro per ciascuna comunicazione omessa o tardiva, mentre per gli operatori che hanno già delocalizzato viene confermata la precedente misura della sanzione, pari a 10.000 euro per ciascun giorno di violazione.

Si estende a qualsiasi beneficio, anche fiscale o previdenziale, il divieto di erogazione ad operatori economici che delocalizzano - successivamente all’entrata in vigore della legge - le attività di call center in paesi che non siano membri dell’Unione europea.

Viene previsto l’obbligo di informare preliminarmente, in caso di chiamata da o verso un call center, sul Paese in cui l’operatore è fisicamente collocato; inoltre, a decorrere dal novantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge, deve essere altresì garantita, nell’ambito della medesima chiamata, la possibilità di ricevere il servizio da un operatore collocato nel territorio nazionale o dell’Unione europea; la violazione di tali norme comporta una sanzione amministrativa pari a 50.000 euro per ogni giorno di violazione.

Il soggetto che affida il servizio di call center all’esterno è considerato titolare del trattamento dei dati personali ed è responsabile in solido con il soggetto gestore del servizio di call center.

Si introduce un obbligo di comunicazione della localizzazione del call center , che ciascun soggetto che svolge o si avvale di servizi di call center deve adempiere entro 10 giorni dalla richiesta[86], pena la sanzione amministrativa pecuniaria di 50.000 euro.

Per le amministrazioni che procedono agli affidamenti dei servizi di call center l’offerta migliore viene definita al netto delle spese del personale (determinate ai sensi dell’articolo 23, comma 16, del decreto legislativo n. 50/2016).

Si introduce, infine, l’obbligo di iscrizione al Registro degli operatori di comunicazione per tutti gli operatori che svolgono attività di call center (la cui inosservanza è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria di 50.000 euro).

 

Con riferimento al comma 4 del nuovo articolo 24-bis della legge n. 134/2012 (ove si stabilisce che “nessun beneficio, anche fiscale o previdenziale, previsto per tale tipologia di attività può essere erogato a operatori economici che, dopo la data di entrata in vigore della presente disposizione, delocalizzano l'attività di call center in un Paese che non è membro dell'Unione europea”), non appare chiaro se il divieto di erogazione riguardi unicamente i benefici che la normativa riserva al solo settore dei call center o, invece, anche i benefici a carattere generale (es. incentivi per le assunzioni o stabilizzazioni a tempo indeterminato).

 

Con riferimento al comma 10 del nuovo articolo 24-bis della legge n. 134/2012 (ove si stabilisce che “l’offerta migliore è determinata al netto delle spese relative al costo del personale”) si osserva che una disposizione analoga, peraltro di carattere generale e non limitata a uno specifico settore, presente nella previgente normativa in materia di contratti pubblici (articolo 81, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 163 del 2006), non si rinviene nel nuovo Codice degli appalti (di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016).

Si osserva, inoltre, che mentre la disposizione in esame  richiama la determinazione dell’”offerta migliore”, la nuova disciplina dei criteri di aggiudicazione dei contratti pubblici (contenuta nel Codice degli appalti di cui al decreto legislativo n.50 del 2016) fa riferimento in via prevalente al criterio dell’”offerta economicamente più vantaggiosa”.

 

L’articolo 24-bis del decreto-legge n. 83/2012 prevede, innanzitutto, che le disposizioni in esso contenute si applicano unicamente alle attività svolte da call center con almeno venti dipendenti.

Qualora un'azienda decida di spostare l'attività di call center fuori dal territorio nazionale deve darne comunicazione, almeno centoventi giorni prima del trasferimento, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali indicando i lavoratori coinvolti. Inoltre deve darne comunicazione all'Autorità garante per la protezione dei dati personali, indicando quali misure vengono adottate per il rispetto della legislazione nazionale, in particolare del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e del registro delle opposizioni. Analoga informativa deve essere fornita dalle aziende che già oggi operano in Paesi esteri.

In attesa di procedere alla ridefinizione del sistema degli incentivi all'occupazione nel settore dei call center, i benefici previsti dalla legge 29 dicembre 1990, n. 407, non possono essere erogati ad aziende che delocalizzano attività in Paesi esteri.

Quando un cittadino effettua una chiamata ad un call center deve essere informato preliminarmente sul Paese estero in cui l'operatore con cui parla è fisicamente collocato e deve, al fine di poter essere garantito rispetto alla protezione dei suoi dati personali, poter scegliere che il servizio richiesto sia reso tramite un operatore collocato nel territorio nazionale.

Quando un cittadino è destinatario di una chiamata da un call center deve essere preliminarmente informato sul Paese estero in cui l'operatore è fisicamente collocato.

Il mancato rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo comporta la sanzione amministrativa pecuniaria di 10.000 euro per ogni giornata di violazione.

 

Il nuovo Codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, che ha abrogato il precedente Codice di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, ha introdotto, in recepimento della normativa europea contenuta nelle direttive del 2014 sugli appalti pubblici e sull’aggiudicazione delle concessioni, innovazioni importanti riguardanti i criteri di aggiudicazione. L’articolo 95, comma 2, prevede, infatti, che - fatte salve le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative relative al prezzo di determinate forniture o alla remunerazione di servizi specifici - le stazioni appaltanti, nel rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento, procedono all'aggiudicazione degli appalti e all'affidamento dei concorsi di progettazione e dei concorsi di idee, sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo o sulla base dell'elemento prezzo o del costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita, conformemente all'articolo 96. Si introduce, pertanto, la preferenza per il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, anche se è consentita la possibilità di ricorrere al criterio del minor prezzo per i lavori di importo pari o inferiore a 1.000.000 di euro. L’articolo 23, comma 16, del nuovo Codice richiamato nella norma in esame prevede che, per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, il costo del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione. Fino all'adozione delle tabelle, si applica l'articolo 216, comma 4, del medesimo Codice.

L’articolo 81, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 163 del 2006, aggiunto dall'art. 4, comma 2, lett. i-bis), D.L. 13 maggio 2011, n. 70 e abrogato dall'art. 44, comma 2, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, prevedeva che l'offerta migliore fosse altresì determinata al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e delle misure di adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.


 

Articolo 1, commi 244-248
(
Fondo di solidarietà per il settore pesca)

 


244. Al fi ne di garantire la continuità del reddito degli operatori del settore della pesca, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottare entro sessanta giorni dalla data di sottoscrizione di accordi e contratti collettivi da parte delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali del settore comparativamente più rappresentative a livello nazionale, ai sensi dell’articolo 26 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, e comunque entro il 31 marzo 2017, presso l’INPS è istituito il Fondo di solidarietà per il settore della pesca (FOSPE).

245. Il FOSPE è costituito da una dotazione iniziale pari a 1 milione di euro a carico del bilancio dello Stato per l’anno 2017 e da contribuzione ordinaria, ripartita tra datori di lavoro e lavoratori nella misura, rispettivamente, di due terzi e di un terzo, in misura tale da garantire un flusso costante di risorse sufficiente all’avvio dell’attività e alla gestione del Fondo a regime, da individuare anche in relazione all’importo stimato delle prestazioni da erogare, alle compatibilità finanziarie e agli obblighi di equilibrio di bilancio di cui all’articolo 35 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, nonché ai livelli retributivi stabiliti dalla contrattazione collettiva nazionale delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative, nel limite massimo pari a due terzi dell’aliquota prevista dall’articolo 20 della legge 8 agosto 1972, n. 457.

246. Il FOSPE eroga prestazioni e relative coperture figurative ai dipendenti e comunque a tutti gli imbarcati delle imprese di pesca nonché a quelli delle cooperative di pesca, compresi i soci lavoratori e i soci delle cooperative della piccola pesca di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250, nel caso di arresto temporaneo obbligatorio deciso dalle autorità pubbliche competenti e nel caso di sospensioni temporanee dell’attività di pesca per condizioni meteorologiche avverse o per ogni altra causa, organizzativa o ambientale, non imputabile al datore di lavoro, prevista dagli accordi e contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali e imprenditoriali del settore comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

247. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali effettua un monitoraggio sul tasso di adesione al FOSPE da parte dei soggetti di cui al comma 246 e presenta alle Camere, entro il 31 ottobre 2017, una relazione sullo stato di attuazione del Fondo, sul suo funzionamento e sul tasso di adesione rilevato.

248. Per quanto non espressamente previsto dai commi da 244 a 247 del presente articolo si applicano al FOSPE le disposizioni del titolo II del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148.


 

 

I commi da 244 a 248 prevedono l’istituzione del Fondo di solidarietà per il settore pesca (FOSPE), al fine di garantire la continuità del reddito dei lavoratori del settore pesca, con una dotazione di 1 milioni di euro per l’anno 2017. Il fondo è altresì alimentato da contribuzione volontaria ripartita tra datori di lavoro e lavoratori in misura pari a, rispettivamente, due terzi e un terzo.

 

Il comma 244 è volto a garantire la continuità del reddito degli operatori del settore della pesca[87], mediante l'istituzione presso l'INPS del Fondo di solidarietà per il settore della pesca (FOSPE). Essa avverrà con decreto interministeriale previa sottoscrizione di accordi e contratti collettivi da parte delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali del settore comparativamente più rappresentative a livello nazionale, e comunque entro il 31 marzo 2017.

 

Per il comma 245 la sua dotazione iniziale sarà pari a 1 milione di euro a carico del bilancio dello Stato per l'anno 2017; vi si aggiungerà la contribuzione ordinaria, ripartita tra datori di lavoro e lavoratori nella misura, rispettivamente, di due terzi e di un terzo, per garantire un flusso costante di risorse sufficiente all'avvio dell'attività e alla gestione a regime. L'individuazione delle risorse sarà individuata anche in relazione:

a)   all'importo stimato delle prestazioni da erogare;

b)  alle compatibilità finanziarie e agli obblighi di equilibrio di bilancio di cui all'articolo 35 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 (obbligo di bilancio in pareggio ed impossibilità di erogare prestazioni in carenza di disponibilità);

c)   ai livelli retributivi stabiliti dalla contrattazione collettiva nazionale delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative, nel limite massimo pari a due terzi dell'aliquota prevista dall'articolo 20 della legge 8 agosto 1972, n. 457 (commisurato al 3 per cento della retribuzione corrisposta).

 

Per il comma 246 le prestazioni (e relative coperture figurative) sono erogate dal Fondo ai dipendenti e comunque a tutti gli imbarcati delle imprese di pesca nonché a quelli delle cooperative di pesca, compresi i soci lavoratori e i soci delle cooperative della piccola pesca, nel caso di arresto temporaneo obbligatorio deciso dalle autorità pubbliche competenti e nel caso di sospensioni temporanee dell'attività di pesca per condizioni meteorologiche avverse o per ogni altra causa, organizzativa o ambientale, non imputabile al datore di lavoro, prevista dagli accordi e contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali e imprenditoriali del settore comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

 

L'arresto temporaneo dell'attività di pesca per le imbarcazioni autorizzate all'uso del sistema strascico e/o volante (ovvero quelle che hanno un maggiore impatto ambientale) è misura inizialmente assunta in esecuzione di quanto previsto dal regolamento (CE) n. 1198/2006 del Consiglio, del 27 luglio 2006, e poi modulata sulla base del Programma operativo approvato dalla Commissione europea e dei Piani di gestione redatti ai sensi della normativa unionale. L’Italia ha un unico Piano di gestione nel quale confluiscono i piani regionali; essi sono riferiti  alle varie aree geografiche di riferimento (GSA)[88].

 

Il comma 247 attribuisce al Ministro del lavoro e delle politiche sociali il compito di monitorare sul tasso di adesione al FOSPE e di presentare alle Camere, entro il 31 ottobre 2017, una relazione recante tale tasso, unitamente allo stato di attuazione del Fondo ed al suo funzionamento.

Per quanto non espressamente previsto, il comma 248 estende al FOSPE le disposizioni del titolo II del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 14, aventi a oggetto la costituzione di fondi di solidarietà per i settori che non rientrano nei trattamenti di integrazione salariale, con la finalità di assicurare ai lavoratori una tutela in costanza di rapporto di lavoro nei casi di riduzione o sospensione dell'attività lavorativa.


 

Articolo 1, comma 249
(Regime di imposizione tributaria delle quote di pensione
in favore dei superstiti corrisposte agli orfani)

 


249. Le pensioni a favore dei superstiti di assicurato e pensionato, nell’ambito del regime dell’assicurazione generale obbligatoria e delle forme esclusive o sostitutive di tale regime, nonché della Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, limitatamente a quelle percepite dagli orfani, concorrono alla formazione del reddito complessivo di cui all’articolo 8 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, per l’importo eccedente euro 1.000.


 

 

Il comma 249 concerne il regime di imposizione tributaria delle quote di pensione in favore dei superstiti corrisposte agli orfani.

 

Il comma 249 introduce un'esclusione delle quote di pensione in favore dei superstiti corrisposte agli orfani dal reddito imponibile ai fini IRPEF; l'esclusione opera fino ad un limite di importo pari a 1.000 euro. Nel caso in cui l'ammontare del trattamento sia superiore a tale limite, solo la quota eccedente rientra nel calcolo dell'imponibile complessivo.

L'esenzione in oggetto è posta con riferimento ai relativi trattamenti corrisposti dalle forme pensionistiche obbligatorie di base inerenti ai lavoratori dipendenti, pubblici o privati, o ai lavoratori parasubordinati iscritti nel relativo regime INPS. Si osserva che, almeno letteralmente, è omesso il riferimento alle forme pensionistiche obbligatorie di base, gestite dall'INPS, relative ai lavoratori autonomi.

 


 

Articolo 1, comma 250
(Pensione di inabilità per i soggetti affetti da malattie
connesse all'esposizione all'amianto)

 


250. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge e nei limiti previsti dagli ultimi tre periodi del presente comma, il lavoratore iscritto all’assicurazione generale obbligatoria o alle forme esclusive e sostitutive della medesima affetto da mesotelioma pleurico (c45.0), mesotelioma pericardico (c45.2), mesotelioma peritoneale (c45.1), mesotelioma della tunica vaginale del testicolo (c45.7), carcinoma polmonare (c34) e asbestosi (c61), riconosciuti di origine professionale, ovvero quale causa di servizio, ha diritto al conseguimento di una pensione di inabilità, ancorché non si trovi nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa. Ai fi ni del conseguimento del diritto alla pensione di inabilità di cui al primo periodo, il requisito contributivo si intende perfezionato quando risultino versati a favore dell’assicurato almeno cinque anni nell’intera vita lavorativa. Il beneficio pensionistico di cui ai primi due periodi, che non è cumulabile con altri benefìci pensionistici previsti dalla normativa vigente, è riconosciuto, a domanda, nel limite di 20 milioni di euro per l’anno 2017 e di 30 milioni di euro annui a decorrere dal 2018. Qualora dal monitoraggio delle domande presentate e accolte, emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, del numero di domande rispetto alle risorse finanziarie di cui al terzo periodo il riconoscimento del trattamento pensionistico è differito, con criteri di priorità in ragione dell’età anagrafica, dell’anzianità contributiva e, infine, della data di presentazione della domanda, allo scopo di garantire un numero di accessi al pensionamento non superiore al numero di pensionamenti programmato in relazione alle predette risorse finanziarie. Per i lavoratori di cui all’articolo 1, comma 2, e all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché per il personale degli enti pubblici di ricerca, che rientrano nelle fattispecie di cui ai primi due periodi del presente comma, le indennità di fi ne servizio comunque denominate di cui all’articolo 3 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, sono corrisposte al momento in cui il soggetto avrebbe maturato il diritto alla corresponsione delle stesse secondo le disposizioni dell’articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214,  e sulla base della disciplina vigente in materia di corresponsione del trattamento di fi ne servizio comunque denominato. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono emanate le disposizioni necessarie per l’attuazione del presente comma.


 

 

Il comma 250 introduce, entro i limiti finanziari ivi stabiliti, il diritto alla pensione di inabilità per i soggetti affetti da alcune malattie connesse all'esposizione lavorativa all'amianto anche per i casi in cui manchi il presupposto dell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa e modifica i relativi requisiti contributivi.

Il comma 250 attribuisce, a decorrere dal 2017, entro i limiti finanziari ivi stabiliti, il diritto alla pensione di inabilità per i soggetti affetti da alcune malattie connesse all'esposizione lavorativa all'amianto anche per i casi in cui manchi il presupposto dell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa.

Per il relativo trattamento, il medesimo comma 250 stabilisce che il requisito contributivo - pari, secondo la disciplina generale in materia di pensione di inabilità[89], a 5 anni di assicurazione e contribuzione, di cui almeno 3 nel quinquennio precedente la domanda - sussiste anche in presenza della sola condizione del versamento di 5 anni di contribuzione.

Le patologie in esame sono le seguenti, purché riconosciute di origine professionale, ovvero quale causa di servizio: mesotelioma pleurico; mesotelioma pericardico; mesotelioma peritoneale; mesotelioma della tunica vaginale del testicolo; carcinoma polmonare; asbestosi.

I benefìci in esame - che concernono i soggetti iscritti alle forme obbligatorie di base relative ai lavoratori dipendenti, pubblici o privati, e non sono cumulabili con altri benefìci pensionistici previsti dalla normativa vigente - sono riconosciuti, a domanda, nel limite di 20 milioni di euro per il 2017 e di 30 milioni annui a decorrere dal 2018.

Qualora dal monitoraggio delle domande presentate e accolte emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, del numero di domande rispetto alle risorse finanziarie summenzionate, il riconoscimento del trattamento pensionistico è differito, con criteri di priorità in ragione dell’età anagrafica, dell’anzianità contributiva e, a parità dei precedenti criteri, della data di presentazione della domanda.

Riguardo ai termini di pagamento dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, dei dipendenti pubblici che si avvalgano dei benefìci in esame, si prevede che tali termini di pagamento - previsti dalla disciplina generale in materia (ivi richiamata) - inizino a decorrere solo al compimento dei requisiti stabiliti dalla disciplina antecedente per un trattamento pensionistico.

Si demanda ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, l'adozione delle disposizioni necessarie per l’attuazione del presente comma.


 

Articolo 1, comma 251
(Fondo occupazione disabili)

 


251. Le risorse del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili, di cui all’articolo 13, comma 4, della legge 12 marzo 1999, n. 68, già trasferite alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano ed eventualmente non impegnate in favore dei beneficiari, sono riattribuite ai Fondi regionali per l’occupazione dei disabili, di cui all’articolo 14, comma 1, della medesima legge n. 68 del 1999 e sono prioritariamente utilizzate allo scopo di finanziare gli incentivi alle assunzioni delle persone con disabilità successive al 1º gennaio 2015 non coperte dal predetto Fondo di cui all’articolo 13, comma 4, della legge n. 68 del 1999.


 

 

Il comma 251 interviene sulle risorse per l’occupazione dei disabili.

 

 

Il comma 251 prevede la riattribuzione delle risorse del Fondo per il diritto al lavoro ai disabili (le cui risorse finanziano la corresponsione da parte dell'INPS degli incentivi ai datori di lavoro che assumono lavoratori disabili nonché i progetti sperimentali di inclusione lavorativa delle persone disabili da parte del Ministero del Lavoro), già trasferite a Regioni e Province autonome e non impegnate a favore dei beneficiari, ai Fondi regionali per l’occupazione dei disabili (istituiti per il finanziamento dei programmi regionali di inserimento lavorativo e dei relativi servizi) e prioritariamente utilizzate per finanziare gli incentivi alle assunzioni di persone con disabilità successive al 1° gennaio 2015 non coperte dal Fondo per il diritto al lavoro ai disabili.

 

Il Fondo regionale per l'occupazione dei disabili, previsto dall’articolo 14 della legge n. 68/1999, è istituito dalle regioni ed è destinato al finanziamento dei programmi regionali di inserimento lavorativo e dei relativi servizi. Le modalità di funzionamento e gli organi amministrativi del Fondo sono determinati con legge regionale, in modo tale che sia assicurata una rappresentanza paritetica dei lavoratori, dei datori di lavoro e dei disabili. Al Fondo sono destinati gli importi derivanti dalla irrogazione delle sanzioni amministrative previste dalla legge n.68/1999 ed i contributi versati dai datori di lavoro ai sensi della legge n. 6871999 non versati al Fondo nazionale per il diritto al lavoro dei disabili (di cui all’articolo 13 della legge n. 68/1999), nonché il contributo di fondazioni, enti di natura privata e soggetti comunque interessati.

Il Fondo eroga: contributi agli enti che svolgano attività rivolta al sostegno e all'integrazione lavorativa dei disabili; contributi per il rimborso forfetario parziale delle spese necessarie all'adozione di accomodamenti ragionevoli in favore dei lavoratori con riduzione della capacità lavorativa superiore al 50 per cento, incluso l'apprestamento di tecnologie di telelavoro o la rimozione delle barriere architettoniche che limitano in qualsiasi modo l'integrazione lavorativa della persona con disabilità, nonché per istituire il responsabile dell'inserimento lavorativo nei luoghi di lavoro; ogni altra provvidenza in attuazione delle finalità della legge n. 68/1999.


 

Articolo 1, commi 252-267
(Norme sulla contribuzione studentesca universitaria)

 


252. Gli studenti dei corsi di laurea e di laurea magistrale delle università statali contribuiscono alla copertura dei costi dei servizi didattici, scientifici e amministrativi mediante un contributo onnicomprensivo annuale, anche differenziato tra i diversi corsi di laurea e di laurea magistrale, da versare all’università alla quale sono iscritti. Restano ferme le norme in materia di imposta di bollo, le norme in materia di esonero e di graduazione dei contributi, di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68, nonché le norme sulla tassa regionale per il diritto allo studio, di cui all’articolo 3, commi da 20 a 23, della legge 28 dicembre 1995, n. 549. Sono comunque ricompresi, all’interno del contributo onnicomprensivo annuale, i contributi per attività sportive.

253. L’importo del contributo onnicomprensivo annuale è stabilito da ciascuna università statale con il regolamento di cui al comma 254 del presente articolo. Tutti gli studenti, ad eccezione di coloro che ne sono esonerati ai sensi dell’articolo 3, comma 22, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, sono tenuti al pagamento della tassa regionale per il diritto allo studio.

254. Ciascuna università statale, nell’esercizio della propria autonomia normativa, approva il regolamento in materia di contribuzione studentesca, nel rispetto dei criteri di equità, gradualità e progressività, nonché delle disposizioni dei commi da 252 a 267. In sede di prima applicazione, ciascuna università statale approva il proprio regolamento in materia di contribuzione studentesca entro il 31 marzo 2017. Il regolamento si applica a decorrere dall’anno accademico 2017/2018. In caso di mancata approvazione del regolamento entro il 31 marzo 2017, trovano comunque applicazione le disposizioni dei commi da 255 a 258.

255. Sono esonerati dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale gli studenti che soddisfano congiuntamente i seguenti requisiti:

a) appartengono a un nucleo familiare il cui Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), calcolato secondo le modalità previste dall’articolo 8 del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, nonché dall’articolo 2 -sexies del decreto-legge 29 marzo 2016, n. 42, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2016, n. 89, è inferiore o eguale a 13.000 euro;

b) sono iscritti all’università di appartenenza da un numero di anni accademici inferiore o uguale alla durata normale del corso di studio, aumentata di uno;

c) nel caso di iscrizione al secondo anno accademico abbiano conseguito, entro la data del 10 agosto del primo anno, almeno 10 crediti formativi universitari; nel caso di iscrizione ad anni accademici successivi al secondo abbiano conseguito, nei dodici mesi antecedenti la data del 10 agosto precedente la relativa iscrizione, almeno 25 crediti formativi.

256. Nel caso di iscrizione al primo anno accademico, l’unico requisito da soddisfare è quello di cui al comma 255, lettera a) .

257. Per gli studenti che appartengono a un nucleo familiare il cui ISEE sia compreso tra 13.001 euro e 30.000 euro e che soddisfano entrambi i requisiti di cui alle lettere b) e c) del comma 255, il contributo onnicomprensivo annuale non può superare il 7 per cento della quota di ISEE eccedente 13.000 euro.

258. Per gli studenti che appartengono a un nucleo familiare il cui ISEE sia inferiore a 30.000 euro e che soddisfano il requisito di cui alla lettera c) del comma 255, ma non quello di cui alla lettera b) del medesimo comma 255, il contributo onnicomprensivo annuale non può superare quello determinato ai sensi dei commi 255 e 257, aumentato del 50 per cento, con un valore minimo di 200 euro.

259. Il regolamento di cui al comma 254 stabilisce, nel rispetto di quanto previsto dai commi da 255 a 258 e del principio di equilibrio di bilancio di ciascuna università statale:

a) eventuali ulteriori casi di esonero, o graduazione, del contributo onnicomprensivo annuale, per specifiche categorie di studenti, individuate in relazione alla carriera universitaria individuale o alla particolare situazione personale;

b) le modalità di versamento del contributo onnicomprensivo annuale, in una o più rate, unitamente alle maggiorazioni dovute in caso di ritardo nel versamento.

260. Oltre al contributo onnicomprensivo annuale di cui comma 252, le università statali non possono istituire ulteriori tasse o contributi a carico degli studenti, fi no al rilascio del titolo finale di studio, fatti salvi i contributi per i servizi prestati su richiesta dello studente per esigenze individuali e le imposte erariali.

261. Nel caso di studenti aventi la cittadinanza di Stati non appartenenti all’Unione europea, e non residenti in Italia, per i quali risulti inapplicabile il calcolo dell’ISEE del nucleo familiare di appartenenza ai sensi dell’articolo 8, comma 5, del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, l’importo del contributo onnicomprensivo annuale è stabilito dalle singole università statali, anche in deroga ai criteri individuati nei commi da 255 a 258 del presente articolo.

262. Gli studenti dei corsi di dottorato di ricerca che non sono beneficiari di borsa di studio sono esonerati dal pagamento delle tasse o contributi a favore dell’università. Il regolamento di cui al comma 254 stabilisce il con  tributo annuale dovuto dagli iscritti ai corsi o scuole di specializzazione.

263. Gli articoli 2 e 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1997, n. 306, sono abrogati.

264. A decorrere dall’anno accademico 2020/2021, i limiti di importo ISEE di cui ai commi 255, 257 e 258 sono aggiornati ogni tre anni, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, a seguito del monitoraggio dell’attuazione e dell’efficacia delle norme dei commi da 252 a 267 del presente articolo.

265. Il Fondo per il finanziamento ordinario delle università, di cui all’articolo 5 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, è incrementato di 55 milioni di euro per l’anno 2017 e di 105 milioni di euro a decorrere dall’anno 2018. Le somme di cui al primo periodo sono ripartite tra le università statali, a decorrere dall’anno 2017, con riferimento all’anno accademico 2016/2017, e conseguentemente per gli anni successivi, in proporzione al numero degli studenti esonerati dal pagamento di ogni contribuzione ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68, cui si aggiunge, a decorrere dall’anno 2018, il numero degli studenti esonerati dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale ai sensi del comma 255 del presente articolo, moltiplicati per il costo standard di ateneo per studente in corso.

266. Le disposizioni dei commi da 252 a 267 del presente articolo non si applicano alle università non statali, alle università telematiche e alle istituzioni universitarie ad ordinamento speciale, nonché all’università degli studi di Trento.

267. Le istituzioni statali dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, entro il 31 marzo 2017, adeguano i propri regolamenti in materia di contribuzione studentesca alle disposizioni dei commi da 252 a 266. In caso di mancato adeguamento entro il 31 marzo 2017, trovano comunque applicazione le disposizioni dei commi da 255 a 258. Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, nella ripartizione del fondo annuale di dotazione tra le istituzioni di cui al presente comma, tiene conto degli studenti esonerati dal pagamento di ogni contribuzione e di quelli esonerati dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale.


 

 

I commi 252-267 contengono una ridefinizione della disciplina in materia di contributi corrisposti dagli studenti iscritti ai corsi di laurea e di laurea magistrale delle università statali, con l’istituzione di un contributo annuale onnicomprensivo. Inoltre, per i medesimi studenti prevedono l’istituzione della c.d. “no tax area” per quanti appartengono ad un nucleo familiare con ISEE fino a 13.000 euro e il conseguente incremento delle risorse del Fondo di finanziamento ordinario (FFO).

Contributo onnicomprensivo annuale ed esoneri

Rispetto al quadro normativo previgente, si specifica che il contributo annuale versato dagli studenti dei corsi di laurea e di laurea magistrale all’università statale cui sono iscritti, per la copertura dei costi dei servizi didattici, scientifici e amministrativi, è onnicomprensivo e, in particolare, comprende anche i contributi per attività sportive. Inoltre, come si evince dall’abrogazione degli artt. 2 e 3 del D.P.R. n. 306/1997 – che prevedevano, tra l’altro, che gli studenti contribuissero alla copertura del costo dei servizi offerti dalle università mediante il pagamento dei contributi universitari e della tassa di iscrizione[90]–, esso assorbe la pregressa tassa di iscrizione.

Per completezza., tuttavia, si ricorda che il riferimento alla tassa di iscrizione è presente anche in altri articoli del D.P.R. n. 306/1997. Ad esempio, ai sensi dell’art. 1, co. 1, lett. e), la somma dei contributi universitari e della tassa di iscrizione costituisce la “contribuzione studentesca”.

Il contributo può essere differenziato per i diversi corsi di laurea e di laurea magistrale.

Pertanto, le università statali non possono istituire – fatti salvi i contributi per i servizi prestati su richiesta dello studente per esigenze individuali, nonché le imposte erariali – ulteriori tasse o contributi a carico degli studenti dei corsi di laurea e di laurea magistrale, fino al rilascio del titolo finale di studio.

 

Inoltre, le università statali determinano il contributo annuale dovuto dagli iscritti ai corsi e alle scuole di specializzazione.

Si tratta, sostanzialmente, di quanto già previsto dall’art. 4 del DPR 306/1997 (che rimane vigente), che dispone, altresì, che gli stessi studenti sono tenuti anche al pagamento della tassa di iscrizione.

In sede applicativa, occorrerà dunque verificare se per gli iscritti ai corsi e alle scuole di specializzazione continuerà ad essere applicata la tassa di iscrizione.

 

Si ricorda che, in base all’art. 5, co. 1, del D.P.R. 306/1997 la contribuzione studentesca non può eccedere il 20% dell’importo del finanziamento ordinario dello Stato, a valere sul FFO.

Non concorrono al raggiungimento di tale limite il gettito della tassa di iscrizione e dei contributi universitari per le scuole di specializzazione (art. 4), nonché i contributi versati dagli studenti iscritti oltre la durata normale dei “corsi di studio di primo e di secondo livello”, ossia dei corsi di laurea e di laurea magistrale (art. 5, co. 1-bis).

L’art. 9 del D.Lgs. n. 68/2012rilegificando aspetti precedentemente disciplinati con gli artt. 7 e 8 del D.P.C.M. 9 aprile 2001 – ha disposto, a sua volta, in particolare, che, ai fini della graduazione dell'importo dei contributi dovuti per la frequenza ai corsi di livello universitario, le università statali e le istituzioni AFAM valutano la condizione economica degli iscritti, anche tenuto conto della situazione economica del territorio in cui ha sede l'università, e possono tenere conto dei differenziali di costo di formazione riconducibili alle diverse aree disciplinari.

L’esonero totale dal pagamento della tassa di iscrizione e dei contributi è concesso agli studenti in possesso dei requisiti per l’accesso alle borse di studio (requisiti che devono essere definiti, ai sensi dell’art. 7, co. 7, con un decreto interministeriale non ancora intervenuto), agli studenti disabili con un’invalidità pari almeno al 66%, agli studenti stranieri beneficiari di borsa di studio erogata dal Governo italiano nell’ambito dei programmi di cooperazione allo sviluppo e degli accordi intergovernativi culturali e scientifici, agli studenti costretti a interrompere gli studi a causa di infermità gravi e prolungate (per il periodo di infermità), agli studenti che intendono ricongiungere la carriera dopo un periodo di interruzione.

Le università statali e le istituzioni AFAM, nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio, possono disporre autonomamente ulteriori esoneri, totali o parziali, dal pagamento della tassa di iscrizione e dei contributi universitari, tenuto conto della condizione economica degli studenti, in favore di studenti diversamente abili con invalidità inferiore al 66%, di studenti che concludono gli studi entro i termini previsti dai rispettivi ordinamenti con regolarità nell’acquisizione dei crediti previsti dal piano di studi, o di studenti che svolgono una documentata attività lavorativa.

 

Restano ferme le norme in materia di imposta di bollo, di esonero e di graduazione dei contributi di cui al citato art. 9 del D.Lgs. n. 68/2012 (che si aggiungeranno, dunque, agli esoneri e ai limiti massimi previsti dal testo in esame), nonché le norme sulla tassa regionale per il diritto allo studio. Si stabilisce, inoltre, che quest’ ultima deve essere pagata da tutti gli studenti, ad eccezione di coloro che ne sono esonerati ai sensi dell’art. 3, co. 22, della L. 549/1995 (e non anche degli studenti che rientrano nella c.d. “no tax area”).

Peraltro, un ulteriore caso di esonero dal pagamento della tassa regionale per il diritto allo studio è previsto dall’art. 1, co. 283, del testo in commento, per gli studenti che fruiscono delle (nuove) borse nazionali per il merito e la mobilità.

 

La disciplina della tassa regionale per il diritto allo studio è recata dall’art. 3, co. 20-23, della L. n. 549/1995, come modificata, con riferimento ai soli importi (indicati nel co. 21), dall’art. 18, co. 8, dello stesso D.Lgs. 68/2012.

Gli studenti universitari sono tenuti al pagamento della tassa regionale per il diritto allo studio universitario, il cui importo è determinato dalle regioni (o dalle province autonome), a partire dalla misura minima, rapportata alla condizione economica, di € 120 ed entro il limite massimo di € 200 (da aggiornare annualmente sulla base del tasso di inflazione programmato): ove non si proceda a tale determinazione, la tassa è dovuta nella misura di € 140. Le regioni (e le province autonome) concedono l'esonero parziale o totale dal pagamento della tassa agli studenti capaci e meritevoli privi di mezzi; sono comunque esonerati dal pagamento gli studenti beneficiari delle borse di studio e dei prestiti d'onore, nonché gli studenti risultati idonei nelle graduatorie per l'ottenimento di tali benefici. Il gettito della tassa è interamente devoluto alla erogazione delle borse di studio e dei prestiti d'onore.

 

Sono esonerati dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale – oltre a coloro che rientrano nelle fattispecie considerate dall’art. 9 del D.Lgs. n. 68/2012 – gli studenti che soddisfano congiuntamente i seguenti requisiti:

a)   appartengono ad un nucleo familiare il cui Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) sia inferiore o uguale a 13.000 euro.

Per le modalità di calcolo dell’ISEE, si fa riferimento all’art. 8 del D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159, nonché all’art. 2-sexies del D.L. n. 42/2016 (L. n. 89/2016) che, nelle more dell'adozione delle modifiche al D.P.C.M. n. 159/2013, volte a recepire le sentenze del Consiglio di Stato, sezione IV, nn. 00841, 00842 e 00838 del 2016, ha introdotto una disciplina transitoria per il calcolo dell’ISEE, citando esplicitamente anche le prestazioni per il diritto allo studio universitario;

b)  sono iscritti all’università di appartenenza da un numero di anni accademici inferiore o uguale alla durata normale del corso di studio, aumentata di uno[91];

c)   nel caso di iscrizione al secondo anno accademico, hanno conseguito almeno 10 crediti formativi universitari (CFU) entro il 10 agosto del primo anno; nel caso di iscrizione ad anni successivi, hanno conseguito almeno 25 CFU nei dodici mesi antecedenti il 10 agosto dell’anno accademico precedente la relativa iscrizione.

 

Ai fini dell’esonero, gli studenti iscritti al primo anno accademico devono soddisfare solo il requisito relativo all’ISEE.

 

Ulteriori disposizioni fissano i criteri per la determinazione dell’importo massimo del contributo onnicomprensivo annuale per determinate categorie di studenti, fino ad un ISEE di 30.000 euro[92].

In particolare:

§  per gli studenti che appartengono ad un nucleo familiare il cui ISEE è compreso tra 13.001 euro e 30.000 euro, e che soddisfano i requisiti di cui alle lett. b) e c), il contributo non può superare il 7%[93] della quota di ISEE eccedente 13.000 euro[94];

§  per gli studenti che appartengono ad un nucleo familiare il cui ISEE è inferiore o uguale a 13.000 euro, e che soddisfano solo il requisito di cui alla lett. c), il contributo è pari a 200 euro;

§  per gli studenti che appartengono ad un nucleo familiare il cui ISEE è compreso tra 13.001 euro e 30.000 euro, e che soddisfano solo il requisito di cui alla lett. c), il contributo non può superare quello determinato ai sensi del primo punto, aumentato del 50%, con un valore minimo di 200 euro[95].

Anche per quanto riguarda la determinazione degli importi massimi del contributo onnicomprensivo annuale appena indicati, sarà necessario specificare la disciplina applicabile agli studenti iscritti al primo anno accademico.

 

A decorrere dall’a.a. 2020/21, i limiti degli importi ISEE per usufruire dell’esonero o delle riduzioni sono aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, a seguito del monitoraggio dell’attuazione e dell’efficacia delle disposizioni introdotte.

 

Un’ulteriore previsione riguarda gli studenti dei corsi di dottorato di ricerca che non sono beneficiari di borsa di studio, per i quali è disposto l’esonero dal pagamento delle tasse e dei contributi universitari.

L’art. 8 del D.M. n. 45/2013, recante il Regolamento relativo alle modalità di accreditamento delle sedi e dei corsi di dottorato e i criteri per l’istituzione dei corsi di dottorato da parte degli enti accreditati, dispone che il bando per l’ammissione ai corsi contiene, fra l’altro, l'indicazione del numero di borse di studio che possono essere attribuite a uno o più candidati risultati idonei nelle procedure di selezione, nonché “l'indicazione delle tasse e dei contributi posti a carico dei dottorandi anche tenuto conto di quanto previsto dalla normativa vigente sul diritto allo studio”.

Regolamenti universitari in materia di contribuzione studentesca

L’importo del contributo onnicomprensivo annuale dovuto dagli studenti iscritti ai corsi di laurea e ai corsi di laurea magistrale – che, come già detto, può essere anche differenziato tra i diversi corsi di studio –, nonché l’importo del contributo annuale dovuto dagli iscritti ai corsi o scuole di specializzazione (cui si è già accennato), sono stabiliti nel regolamento in materia di contribuzione studentesca che ciascuna università statale approva nel rispetto dei criteri di equità, gradualità e progressività.

Il regolamento può disporre, nel rispetto del principio di equilibrio di bilancio di ciascuna università statale, eventuali ulteriori casi di esonero o graduazione del contributo per specifiche categorie di studenti, individuate in relazione alla carriera universitaria o alla particolare situazione personale, e stabilisce, altresì, le modalità di versamento del contributo in una o più rate e le maggiorazioni dovute per i ritardati pagamenti.

In sede di prima applicazione, il regolamento è approvato entro il 31 marzo 2017 ed entra in vigore a decorrere dall’a.a. 2017/2018. In caso di mancato rispetto del termine, si applica comunque la nuova disciplina sugli esoneri e le riduzioni.

 

Nel caso di studenti con nazionalità di paesi non appartenenti alla UE e residenti all’estero, per i quali risulti inapplicabile il calcolo dell’ISEE ai sensi dell’art. 8, co. 5, del D.P.C.M. n. 159/2013, l’importo del contributo onnicomprensivo annuale è stabilito dalle singole università, anche in deroga ai criteri individuati dalla nuova disciplina.

L’art. 8, co. 5, del D.P.C.M. n. 159/2013 stabilisce che la condizione economica degli studenti stranieri o degli studenti italiani residenti all'estero viene definita attraverso l'Indicatore della situazione economica equivalente all'estero, calcolato come la somma dei redditi percepiti all'estero e del 20% dei patrimoni posseduti all'estero.

Incremento del Fondo per il finanziamento ordinario delle università statali (FFO)

In conseguenza della nuova disciplina sugli esoneri dal pagamento dei contributi universitari, il Fondo per il finanziamento ordinario (FFO) delle università statali (art. 5 della L. 537/1993, cap. 1694 dello stato di previsione del MIUR) è incrementato  di 55 milioni di euro per il 2017 e di 105 milioni di euro annui dal 2018.

 

Di seguito si riporta l’andamento delle risorse allocate sul cap. 1694 nel periodo 2006-2017:

(milioni di euro)

2008 (cons.)

2009 (cons.)

2010 (cons.)

2011 (cons.)

2012 (cons.)

2013 (cons.)

2014 (cons.)

2015 (cons.)

2016 (ass.to)

2017

(nota di var.)

7.443,7

7.513,1

6.681,3

6.969,3

6.999,5

6.697,7

7.011,4

6.913,4

6.919,5

6.981,9

 

A decorrere dal 2017, con riferimento all’a.a. 2016/17, tali risorse sono ripartite tra le università statali, in proporzione al numero degli studenti esonerati dal pagamento di ogni contribuzione ai sensi dell’art. 9 del d.lgs. 68/2012, cui si aggiunge, dal 2018, il numero degli studenti esonerati dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale, moltiplicati per il costo standard per studente in corso di ateneo[96].

Dunque, il numero di studenti che beneficiano delle riduzioni parziali del contributo onnicomprensivo non influisce sulla ripartizione delle risorse incrementali del FFO.

Campo di applicazione della nuova disciplina

Le nuove disposizioni non si applicano alle università non statali, alle università telematiche, alle istituzioni universitarie ad ordinamento speciale, nonché all’università degli studi di Trento[97].

 

Le Istituzioni statali dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) adeguano i propri regolamenti in materia di contribuzione studentesca entro il 31 marzo 2017. In caso di mancato adeguamento, si applicano comunque le disposizioni sull’esonero dal pagamento o di riduzione del contributo onnicomprensivo annuale previste dalle disposizioni in commento.

Analogamente a quanto avviene per le università statali, il MIUR, nella ripartizione del fondo annuale di dotazione” tra le istituzioni AFAM, tiene conto degli studenti esonerati dal pagamento di ogni contribuzione, e di quelli esonerati dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale.

Con l’espressione “fondo di dotazione” si è inteso fare riferimento, verosimilmente, alle risorse destinate al funzionamento amministrativo e didattico delle istituzioni AFAM (allocate sul cap. 1673/pg. 5 dello stato di previsione del MIUR)[98].

Anche, in questo caso, il numero di studenti che beneficiano delle riduzioni parziali del contributo onnicomprensivo non influisce sulla ripartizione delle risorse destinate a tali istituzioni.

 


 

Articolo 1, commi 268-272
(Finanziamento del fondo integrativo statale
per la concessione delle borse di studio)

 


268. Al fi ne di sostenere l’accesso dei giovani all’università, e in particolare dei giovani provenienti da famiglie meno abbienti, il fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio, di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a) , del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, è incrementato di 50 milioni di euro a decorrere dall’anno 2017.

269. Ai fi ni della gestione delle risorse del fondo di cui all’articolo 18 del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68, ciascuna regione razionalizza l’organizzazione degli enti erogatori dei servizi per il diritto allo studio mediante l’istituzione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, di un unico ente erogatore dei medesimi servizi, prevedendo comunque una rappresentanza degli studenti nei relativi organi direttivi. Sono comunque fatti salvi i modelli sperimentali di gestione degli interventi di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68.

270. La norma del comma 269 costituisce principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica.

271. Nelle more dell’emanazione del decreto di cui all’articolo 7, comma 7, del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68, e allo scopo di consentire che l’assegnazione delle risorse del fondo di cui al comma 268 del presente articolo avvenga, in attuazione dell’articolo 18, commi 1, lettera a) , e 3, del medesimo decreto legislativo n. 68 del 2012, in misura proporzionale al fabbisogno finanziario delle regioni, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, con decreto emanato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, che si esprime entro sessanta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale il decreto può essere comunque adottato, determina i fabbisogni finanziari regionali.

272. Le risorse del fondo di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a) , del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68, sono direttamente attribuite al bilancio dell’ente regionale erogatore dei servizi per il diritto allo studio, a norma del comma 269 del presente articolo, entro il 30 settembre di ciascun anno. Nelle more della razionalizzazione di cui al medesimo comma 269, tali risorse sono comunque trasferite direttamente agli enti regionali erogatori, previa indicazione da parte di ciascuna regione della quota da trasferire a ciascuno di essi.


 

 

I commi 268-272 prevedono un incremento, a decorrere dal 2017, del fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio e la determinazione, ai fini dell’assegnazione del medesimo fondo, dei fabbisogni finanziari regionali. Inoltre, prevedono la razionalizzazione, da parte di ciascuna regione, dell’organizzazione degli enti erogatori dei servizi per il diritto allo studio.

 

Incremento del fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio

 

A decorrere dal 2017, si prevede un incremento del fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio pari a € 50 mln.

Tale incremento consente di mantenere inalterato, nel 2017, il volume delle risorse disponibili nel 2016.

 

Il fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio è stato istituito dall’art. 18, co. 1, lett. a), del d.lgs. 68/2012 ed era stato incrementato, da ultimo, di € 54.750.000 per il 2016 e di € 4.750.000 dal 2017 dall’art. 1, co. 254, della legge di stabilità 2016 (L. 208/2015).

Il fondo è allocato nel cap. 1710 dello stato di previsione del MIUR.

Di seguito si riporta l’andamento delle risorse allocate sul cap. 1710 (che fino al 2011 assumeva la denominazione di cap. 1695) nel periodo 2006-2017:

 

(milioni di euro)

2006
(cons.)

2007
(cons.)

2008
(cons.)

2009
(cons.)

2010
(cons.)

2011
(cons.)

2012
(cons.)

2013
(cons.)

2014
(cons.)

2015
(cons.)

2016
(ass.to)

2017
(nota di variazioni)

177,0

166,9

152,0

246,5

99,7

101,6

164,7

149,2

162,7

162,0

216,8

216,8

 

 

La relazione tecnica all’A.S. 2611 evidenziava, al riguardo, che con l’incremento delle risorse si stimava un incremento di 15.201 borse (10,9%) che, pertanto, sarebbero diventate 154.571. Conseguentemente, il numero degli idonei non beneficiari in rapporto a tutti gli idonei si sarebbe ridotto da 49.242 (26,11%) a 34.041 (18,05%).

 

 

Razionalizzazione degli enti erogatori dei servizi per il diritto allo studio

Ai fini della gestione[99] delle risorse del fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio, si prevede – quale principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica[100] – che ciascuna regione razionalizza l’organizzazione degli enti erogatori dei servizi per il diritto allo studio mediante l’istituzione, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, di un unico ente erogatore dei medesimi servizi.

Si tratta di un termine ordinatorio, come evincibile da quanto infra previsto in ordine al trasferimento delle risorse.

Durante l’esame alla Camera, la Commissione parlamentare per le questioni regionali aveva ritenuto tale previsione, pur espressamente qualificata come principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, come lesiva della competenza legislativa regionale in materia di “organizzazione amministrativa della regione”. Aveva, pertanto, formulato la condizione che la previsione fosse modificata prevedendo che la regione “può razionalizzare” Anche la Commissione Affari costituzionali, nel parere reso il 25 novembre 2016, aveva richiamato l’attenzione sul punto, formulando un’osservazione.

 

Negli organi direttivi dell’ente erogatore deve essere comunque prevista una rappresentanza degli studenti.

Qui il quadro degli enti erogatori dei servizi per il diritto allo studio presente sul sito del MIUR.

Sono fatti salvi, in ogni caso, i modelli di sperimentazione di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 68/2012.

L’art. 12 del d.lgs. 68/2012 – oltre a disporre la promozione, da parte del MIUR, sentito il MEF, di accordi di programma e protocolli di intese per favorire il raccordo tra regioni, province autonome, università, istituzioni AFAM ed altre istituzioni che concorrono al successo formativo degli studenti e per potenziare la gamma di servizi e interventi posti in essere dalle stesse istituzioni – prevede la possibilità di sperimentare nuovi modelli nella gestione degli interventi per la qualità e l’efficienza del sistema universitario. In particolare, a tal fine, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca può stipulare protocolli e intese sperimentali con le regioni e le province autonome, sentiti il CNSU, il CNAM e la CRUI, anche con l’attribuzione di specifiche risorse nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio. I risultati dei protocolli e degli accordi sono sottoposti a verifica e valutazione da parte del MIUR[101], mentre i risultati delle sperimentazioni sono pubblicati sul sito dello stesso MIUR e sono consultabili da tutti i soggetti che concorrono all’attuazione del diritto allo studio.

 

Assegnazione delle risorse del fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio

 

In relazione all’assegnazione del fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio, si stabilisce, anzitutto, affinché la stessa avvenga in misura proporzionale al fabbisogno finanziario delle regioni, che, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, determina, con proprio decreto, i fabbisogni finanziari regionali.

Il decreto – che interviene nelle more dell’emanazione del decreto interministeriale che, ai sensi dell’art. 7, co. 7, del D.Lgs. 68/2012, deve definire i criteri e le modalità di riparto dello stesso fondo – è emanato previo parere della Conferenza Stato-regioni, che si esprime entro 60 giorni dalla data di trasmissione[102], decorsi i quali può essere comunque adottato.

Al riguardo, durante l’esame alla Camera, la Commissione parlamentare per le questioni regionali, rilevato che il D.I. di cui all’art. 7, co. 7, del d.lgs. 68/2012 deve essere emanato d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, aveva formulato la condizione che anche il decreto previsto dalla disposizione in esame fosse adottato d’intesa con la medesima Conferenza.

Con riferimento all’assegnazione del fondo integrativo statale in misura proporzionale al fabbisogno finanziario regionale, si richiamano l’art. 18, co. 1, lett. a), del D.Lgs. n. 68/2012 – che indica proprio tale principio – nonché il co. 3 del medesimo articolo.

In base all’art. 18, co. 3, del D.Lgs. n. 68/2012, le regioni che concorrono al soddisfacimento del fabbisogno finanziario necessario per il sostegno del diritto allo studio degli studenti capaci e meritevoli in misura maggiore rispetto al 40% dell'assegnazione relativa al fondo integrativo statale (percentuale richiesta dal co. 1, lett. c), del medesimo art. 18) hanno diritto all'assegnazione di specifici incentivi nel riparto dello stesso fondo integrativo e del FFO.

Si prevede, inoltre, che le risorse del fondo integrativo statale sono attribuite direttamente al bilancio dell’ente regionale erogatore dei servizi per il diritto allo studio entro il 30 settembre di ogni anno. Nelle more della razionalizzazione sopra illustrata, le risorse sono comunque trasferite agli enti regionali erogatori, previa indicazione, da parte di ciascuna regione, della quota da trasferire a ciascuno di essi.

Si modifica, così, senza procedere a novella, il co. 7 dell’art. 18 del D.Lgs. n. 68/2012, in base al quale le risorse del fondo integrativo statale confluiscono dal bilancio dello Stato in appositi fondi a destinazione vincolata attribuiti alle regioni.

L'ultimo riparto delle risorse del fondo, relativo alle risorse disponibili nel 2015, è stato operato con D.P.C.M. 24 ottobre 2016 (GU 1° dicembre 2016), sulla base dei criteri di cui all'art. 16 del D.P.C.M. 9 aprile 2001 e dei dati trasmessi dalle regioni.


 

Articolo 1, commi 273-289
(Borse di studio nazionali per il merito e la mobilità)

 


273. A decorrere dal 1º gennaio 2017, la Fondazione per il Merito, di cui all’articolo 9, comma 3, del decreto- legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, assume la denominazione di «Fondazione Articolo 34». La nuova denominazione sostituisce la precedente, ovunque presente, nel medesimo decreto-legge n. 70 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2011, e in ogni altro provvedimento legislativo o regolamentare.

274. All’articolo 9 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 4 è aggiunto, in fi ne, il seguente periodo: «I componenti dell’organo di amministrazione della Fondazione e il suo presidente sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del Ministro dell’economia e delle finanze»;

b) al comma 6 è aggiunta, in fi ne, la seguente lettera: «e -bis ) i criteri e le metodologie per l’assegnazione delle borse di studio nazionali per il merito e la mobilità».

275. Entro il 30 aprile di ogni anno, la «Fondazione Articolo 34», sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, bandisce almeno 400 borse di studio nazionali, ciascuna del valore di 15.000 euro annuali, destinate a studenti capaci, meritevoli e privi di mezzi, al fi ne di favorirne l’immatricolazione e la frequenza a corsi di laurea o di laurea magistrale a ciclo unico, nelle università statali, o a corsi di diploma accademico di I livello, nelle  istituzioni statali dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, aventi sedi anche differenti dalla residenza anagrafi ca del nucleo familiare dello studente.

276. Sono ammessi a partecipare al bando di cui al comma 275 gli studenti iscritti all’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado che soddisfano congiuntamente i seguenti requisiti:

a) l’ISEE, alla data di emanazione del bando, calcolato ai sensi dell’articolo 8 del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, nonché dell’articolo 2 -sexies del decreto-legge 29 marzo 2016, n. 42, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2016, n. 89, è inferiore o eguale a 20.000 euro;

b) le medie dei voti ottenuti in tutte le materie, negli scrutini finali del penultimo e del terzultimo anno della scuola secondaria di secondo grado, nonché negli scrutini intermedi dell’ultimo anno, purché comunque effettuati entro la data di scadenza del bando, sono tutte eguali o superiori a 8/10;

c) i punteggi riportati nelle prove dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI), relative alle materie di italiano e matematica, ricadono nel primo quartile dei risultati INVALSI della regione ove ha sede la scuola di appartenenza.

277. Il limite di importo dell’ISEE di cui al comma 276, lettera a) , può essere aggiornato con cadenza triennale con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca a seguito del monitoraggio dell’attuazione e dell’efficacia delle norme dei commi da 273 a 289.

278. Sono altresì ammessi a partecipare al bando di cui al comma 275, in numero non superiore a due per ciascuna istituzione scolastica, gli studenti che soddisfano le condizioni di cui al comma 276, lettere a) e c) , e che, pur non soddisfacendo la condizione di cui al comma 276, lettera b) , sono motivatamente qualificati come eccezionalmente meritevoli dal dirigente scolastico della scuola secondaria di secondo grado di appartenenza, su proposta del collegio dei docenti.

279. I candidati ammessi a partecipare al bando ai sensi dei commi 276 e 278 sono inclusi in un’unica graduatoria nazionale di merito. Il punteggio assegnato a ciascun candidato è calcolato sulla base dei criteri di valutazione stabiliti nel bando e fondati sui valori di cui al comma 276, lettere a) , b) e c) , nonché sulla motivazione del giudizio di merito eccezionale di cui al comma 278. Nella fissazione dei predetti criteri, i valori delle medie di cui al comma 276, lettera b) , sono rapportati ai valori delle medesime medie nelle scuole della provincia di appartenenza, come calcolati dall’INVALSI.

280. Le borse di studio di cui ai commi da 273 a 289 sono assegnate, nell’ordine della graduatoria nazionale di merito, entro il 31 agosto di ogni anno e sono corrisposte allo studente in rate semestrali anticipate, previa verifica del rispetto delle condizioni di cui ai commi 281 e 282.

281. La prima rata è versata allo studente al momento della comunicazione dell’avvenuta immatricolazione a un corso di laurea o di laurea magistrale a ciclo unico o a un diploma accademico di I livello, scelto liberamente dallo studente, fermo restando il superamento delle prove di ammissione, ove previste. La seconda rata è versata allo studente entro il 31 marzo dell’anno successivo.

282. Le borse di studio di cui ai commi da 273 a 289 sono confermate, negli anni accademici successivi al primo, per tutta la durata normale del relativo corso di laurea o corso di laurea magistrale a ciclo unico, o corso di diploma accademico di I livello, e sono versate in due rate semestrali annuali, entro il 30 settembre dell’anno di riferimento ed entro il 31 marzo dell’anno successivo, a condizione che lo studente, al 10 agosto di ogni anno accademico, abbia conseguito:

a) tutti i crediti formativi degli anni accademici precedenti;

b) almeno 40 crediti formativi dell’anno accademico in corso, con una media dei voti riportati in tutti gli esami sostenuti non inferiore a 28/30 e nessun voto inferiore a 24/30.

283. Gli studenti beneficiari delle borse di studio di cui ai commi da 273 a 289 del presente articolo sono esonerati dal pagamento della tassa regionale per il diritto allo studio di cui all’articolo 3, commi 20, 21, 22 e 23, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, nonché delle tasse e dei contributi previsti dagli ordinamenti delle università statali o delle istituzioni statali dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica di appartenenza, ferma restando la disciplina dell’imposta di bollo.

284. Le borse di studio di cui ai commi da 273 a 289 sono incompatibili con ogni altra borsa di studio, ad eccezione di quelle destinate a sostenere finanziariamente lo studente per soggiorni di studio all’estero, con tutti gli strumenti e i servizi del diritto allo studio di cui al decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68, nonché con l’ammissione alle istituzioni universitarie ad ordinamento speciale o ad altre consimili strutture universitarie che offrano gratuitamente agli studenti vitto e alloggio. Lo studente può comunque chiedere di usufruire dei servizi offerti dagli enti regionali per il diritto allo studio, al costo stabilito dai medesimi enti.

285. Alle borse di studio di cui ai commi da 273 a 289 del presente articolo si applicano, in materia fi scale, le disposizioni dell’articolo 4 della legge 13 agosto 1984, n. 476.

286. Per il finanziamento delle borse di studio di cui ai commi da 273 a 289 del presente articolo, sono attribuiti alla «Fondazione Articolo 34» 6 milioni di euro per l’anno 2017, 13 milioni di euro per l’anno 2018 e 20 milioni di euro a decorrere dall’anno 2019.

287. Al finanziamento dell’organizzazione e delle attività ordinarie della «Fondazione Articolo 34» sono attribuiti 2 milioni di euro per l’anno 2017 e 1 milione di euro a decorrere dall’anno 2018.

288. Nelle more del raggiungimento della piena operatività della «Fondazione Articolo 34» e della nomina dei relativi organi di amministrazione, al fi ne di attuare tempestivamente le finalità dei commi da 273 a 289 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, una cabina di regia, composta da tre membri designati, rispettivamente, dal Presidente del Consiglio dei ministri,  dal Ministro dell’economia e delle finanze e dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, incaricata di attivare le procedure relative all’emanazione del bando di cui al comma 275, ai fi ni dell’assegnazione e del versamento delle borse di studio agli studenti vincitori. Con il medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono definiti le modalità operative e organizzative della cabina di regia e il supporto amministrativo e tecnico alle attività della stessa, nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Al raggiungimento della piena operatività della Fondazione e alla nomina dei relativi organi di amministrazione, la cabina di regia decade automaticamente dalle sue funzioni.

289. La quota parte delle risorse di cui al comma 286 eventualmente non utilizzate per le finalità di cui ai commi da 273 a 288, da accertare entro il 15 settembre di ogni anno con decreto del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, confluisce, nel medesimo esercizio finanziario, nel Fondo di intervento integrativo per la concessione dei prestiti d’onore e delle borse di studio iscritto nello stato di previsione del medesimo Ministero. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

I commi 273-289 prevedono, annualmente, almeno 400 borse di studio nazionali per il merito e la mobilità, ciascuna del valore di € 15.000 annui, da assegnare a studenti, sulla base di requisiti di merito e di reddito, al fine di favorirne l’iscrizione ai corsi di laurea o di laurea magistrale a ciclo unico nelle università statali o ai corsi di diploma accademico di primo livello nelle istituzioni statali dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, anche aventi sede differente da quella di residenza del nucleo familiare.

 

Il nuovo strumento sembra tener luogo del Piano nazionale per il merito e la mobilità degli studenti universitari capaci, meritevoli e privi di mezzi che, in base all’art. 59 del D.L. 69/2013 (L. 98/2013), doveva essere emanato ogni tre anni.

La “Fondazione Articolo 34”

Si dispone che, dal 1° gennaio 2017, la Fondazione per il merito di cui all’art. 9, co. 3, del D.L. 70/2011 (L. 106/2011) – mai costituita – assume la nuova denominazione di “Fondazione Articolo 34”, evidentemente con riferimento all’art. 34 della Costituzione, che prevede, per quanto qui interessa, che i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi e che la Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

Si dispone, altresì, che la nuova denominazione sostituisce la precedente in tutti i provvedimenti legislativi e regolamentari, ove presente e, in particolare, nel citato D.L. 70/2011.

 

L’art. 9, co. 3-16, del D.L. 70/2011 (L. 106/2011) ha previsto l’istituzione della Fondazione per il merito per la realizzazione degli obiettivi di pubblico interesse del Fondo per il merito degli studenti universitari - di cui all’art. 4 della L. 240/2010[103] - e per promuovere la cultura del merito e la qualità degli apprendimenti nel sistema scolastico e universitario[104].

I membri fondatori sono il MIUR e il MEF, ai quali è stata attribuita la vigilanza sulla stessa Fondazione. Lo statuto della Fondazione deve disciplinare, tra l’altro, la partecipazione alla Fondazione di altri enti pubblici e privati, nonché le modalità con le quali tali soggetti possono partecipare finanziariamente allo sviluppo del Fondo per il merito.

Alla Fondazione sono stati affidati, tra l’altro, la gestione del Fondo per il merito, il coordinamento operativo della somministrazione delle prove nazionali standard per l’accesso al fondo e, ai soli fini del perseguimento degli scopi e degli obiettivi indicati dall’art. 4 della L. 240/2010, la possibilità di concedere finanziamenti e rilasciare garanzie in favore degli studenti dei corsi di laurea e laurea magistrale.

Il patrimonio della Fondazione è costituito da apporti del MIUR e del MEF, ulteriori apporti dello Stato, risorse provenienti da altri soggetti pubblici e privati. Inoltre, la Fondazione può avere accesso, fra l’altro, alle risorse di programmi cofinanziati dai Fondi strutturali europei.

Lo stesso art. 9, per il 2011, ha autorizzato la spesa di € 9 mln quale dotazione del Fondo per il merito e di € 1 mln a favore della costituzione del fondo di dotazione della Fondazione, nonché la spesa di € 1 mln a favore della stessa Fondazione a decorrere dal 2012.

Dalla deliberazione della Corte dei conti n. 19/2013 del 19 dicembre 2013 risultava che l'iter istitutivo della Fondazione per il merito non era ancora giunto a compimento.

Da ultimo, la tab. D della L. 208/2015 (legge di stabilità 2016) aveva disposto il definanziamento permanente delle risorse destinate alla Fondazione per il merito, che erano state appostate sul cap. 1649 dello stato di previsione del MIUR.

 

Si dispone, inoltre, in ordine alla governance della Fondazione. In particolare, si prevede che i componenti dell’organo di amministrazione – di cui non viene indicato il numero –, nonché il suo Presidente, sono nominati con DPCM, su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del Ministro dell’economia e delle finanze.

Infine, si prevede che la Fondazione definisce anche i criteri e le metodologie per l’assegnazione delle borse di studio nazionali per il merito e la mobilità.

Allo scopo, si novellano i commi 4 e 6 dell’art. 9 del D.L. 70/2011.

Le risorse

Per il finanziamento delle borse di studio per il merito e la mobilità, sono attribuiti alla Fondazione € 6 mln per il 2017, € 13 mln per il 2018 ed € 20 mln dal 2019.

Le risorse sono state appostate sul cap. 1649/pg 2 dello stato di previsione del MIUR.

La quota parte delle risorse eventualmente non utilizzata – che deve essere accertata entro il 15 settembre di ogni anno con decreto del MIUR – confluisce, nel medesimo esercizio finanziario, nel Fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio.

Per il finanziamento dell’organizzazione e delle attività della stessa Fondazione sono attribuiti € 2 mln per il 2017 ed € 1 mln dal 2018.

Le risorse sono state appostate sul cap. 7275 dello stato di previsione del MIUR.

La procedura per l’assegnazione delle borse di studio per il merito e la mobilità

Entro il 30 aprile di ogni anno, la Fondazione, sentita la Conferenza Stato-regioni, bandisce almeno 400 borse di studio nazionali, ciascuna del valore di € 15.000 annui, destinate a studenti capaci, meritevoli e privi di mezzi, finalizzate a favorirne l’iscrizione a corsi di laurea, o di laurea magistrale a ciclo unico nelle università statali, o a corsi di diploma accademico di primo livello nelle istituzioni statali dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), anche aventi sede diversa da quella della residenza anagrafica del nucleo familiare dello studente.

 

Si ricorda che, per analoga tipologia di intervento, l’art. 59 del D.L. n. 69/2013 (L. n. 98/2013) – vertendosi in materia di sostegno del diritto allo studio, rimessa alla competenza esclusiva delle regioni a statuto ordinario – aveva previsto l’adozione di una intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.

 

L’art. 3 del D.Lgs. 68/2012, nel prevedere un sistema integrato di strumenti e servizi per la garanzia del diritto allo studio, al quale partecipano, nell’ambito delle rispettive competenze, diversi soggetti, ha disposto che, ferma restando la competenza esclusiva dello Stato in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, le regioni a statuto ordinario esercitano la competenza esclusiva in materia di diritto allo studio, disciplinando e attivando gli interventi per il concreto esercizio di tale diritto, mentre le università e le istituzioni AFAM, nei limiti delle proprie risorse, organizzano i propri servizi – compresi quelli di orientamento e tutorato – al fine di realizzare il successo formativo degli studi e promuovono attività culturali, sportive e ricreative, nonché interscambi tra studenti di università italiane e straniere.

 

Sono ammessi a partecipare al bando gli studenti iscritti all’ultimo anno della scuola secondaria di II grado che soddisfano congiuntamente i seguenti requisiti di reddito e di merito:

§  possesso, alla data di emanazione del bando, di un Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) inferiore o uguale a € 20.000. Il valore ISEE può essere aggiornato con cadenza triennale con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, a seguito del monitoraggio dell’attuazione e dell’efficacia dell’istituto introdotto.

Per il calcolo dell’ISEE, anche in tal caso si richiamano l’art. 8 del DPCM 159/2013 e l’art. 2-sexies del D.L. 42/2016 (L. 89/2016) che, nelle more dell'adozione delle modifiche al DPCM 159/2013, volte a recepire le sentenze del Consiglio di Stato, sezione IV, nn. 00841, 00842 e 00838 del 2016, ha introdotto una disciplina transitoria, citando esplicitamente anche le prestazioni per il diritto allo studio universitario.

§  medie dei voti relativi a tutte le materie ottenuti negli scrutini finali del terzo e quarto anno del percorso di istruzione secondaria di secondo grado, nonché negli scrutini intermedi del quinto anno, purché effettuati entro la data di scadenza del bando, uguali o superiori a 8/10;

§  punteggi riportati nelle prove di italiano e matematica somministrate dall’INVALSI ricadenti nel primo quartile (evidentemente, in ordine decrescente) dei risultati della regione ove ha sede la scuola frequentata.

Al riguardo, si ricorda che l’art. 1, co. 5, del D.L. 147/2007 (L. 176/2007) ha previsto che, a decorrere dall'a.s. 2007-2008, il Ministro dell’istruzione fissa, con direttiva annuale, gli obiettivi della valutazione esterna condotta dal Servizio nazionale di valutazione in relazione al sistema scolastico e ai livelli di apprendimento degli studenti, per effettuare verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti, di norma, alle classi II e V della scuola primaria, I e III della scuola secondaria di I grado e II e V della scuola secondaria di II grado.

Su tale base, la Direttiva 85/2012 del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca aveva disposto che nel corso del triennio scolastico 2012/13 – 2014/15 le rilevazioni nazionali degli apprendimenti previste dalla norma citata avrebbero riguardato anche le classi V della scuola secondaria di II grado.

Tuttavia, come si evince dalla nota INVALSI prot. 9021 del 26 settembre 2016, per l’a.s. 2016/2017 la rilevazione INVALSI riguarderà gli stessi livelli scolastici già coinvolti nelle rilevazioni del precedente a.s. e, per quanto qui interessa, sarà rivolta, per italiano e matematica, (solo) alle classi II del percorso di istruzione secondaria di secondo grado.

Dunque, ai fini dell’assegnazione delle borse di studio nazionali per il merito e la mobilità, potrebbe determinarsi che si debba fare riferimento ai risultati conseguiti nel corso del II anno di scuola secondaria di II grado.

 

Inoltre, sono ammessi a partecipare al bando, in numero non superiore a due per ogni istituzione scolastica, gli studenti che soddisfano le condizioni relative ad ISEE e punteggi riportati nelle prove INVALSI, ma che, pur non soddisfacendo la condizione relativa alle medie riportate negli scrutini indicati, sono qualificati dal dirigente scolastico, su proposta del collegio dei docenti, come eccezionalmente meritevoli. La qualificazione deve essere motivata.

 

I candidati ammessi a partecipare sono valutati sulla base dei criteri indicati nel bando, riferiti ai requisiti sopra esposti e alla motivazione del giudizio di merito eccezionale. In particolare, nella fissazione dei criteri, i valori delle medie riportate negli scrutini indicati sono rapportati ai valori delle stesse medie registrate nelle scuole della medesima provincia, come calcolate dall’INVALSI.

All’esito della valutazione, i candidati sono inclusi in un’unica graduatoria nazionale di merito.

 

Le borse di studio sono assegnate, nell’ordine della graduatoria, entro il 31 agosto di ogni anno e sono corrisposte allo studente in rate semestrali, previa verifica del rispetto di alcune condizioni.

In particolare, la prima rata è corrisposta al momento della comunicazione (evidentemente, alla Fondazione) dell’avvenuta immatricolazione ad uno dei corsi di studio sopra indicati, fermo restando il superamento delle prove di ammissione, ove previste. La seconda rata è corrisposta entro il 31 marzo dell’anno successivo.

Negli anni accademici successivi, le borse di studio sono confermate, per tutta la durata normale del corso di studio, a condizione che lo studente abbia conseguito, entro il 10 agosto di ogni a.a., tutti i crediti formativi (CFU) degli a.a. precedenti e almeno 40 CFU dell’a.a. in corso, con una media dei voti non inferiore a 28/30 e nessun voto inferiore a 24/30.

Le due rate sono corrisposte, rispettivamente, entro il 30 settembre ed entro il 31 marzo dell’anno successivo.

Disciplina degli esoneri e delle incompatibilità

Lo studente che percepisce la borsa di studio nazionale per il merito e la mobilità è esonerato dal pagamento della tassa regionale per il diritto allo studio (di cui all’art. 3, co. 20-23, della L. 549/1995 – v. ante, scheda art. 1, co. 252-267), nonché delle “tasse e dei contributi” previsti dalle università statali, o dalle istituzioni AFAM, ferma restando la disciplina dell’imposta di bollo. Inoltre, le borse di studio in questione sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche (art. 4, L. 476/1984).

In relazione al riferimento a “tasse e contributi”, si ricorda che l’art. 1, co. 252-267, del testo in commento prevede l’istituzione, a decorrere dall’a.a. 2017/2018, di un “contributo onnicomprensivo annuale” (che ricomprende tasse e contributi universitari attuali, ad eccezione della tassa regionale per il diritto allo studio e dell’imposta di bollo).

Le borse di studio per il merito e la mobilità sono incompatibili con altre borse di studio, ad eccezione di quelle per i soggiorni di studio all’estero. Inoltre, sono incompatibili con tutti gli strumenti e i servizi per il diritto allo studio di cui al D.Lgs. n. 68/2012, nonché con l’ammissione a istituti universitari ad ordinamento speciale o altre strutture universitarie che offrano gratuitamente vitto e alloggio. Lo studente borsista, tuttavia, può chiedere di usufruire dei servizi offerti dagli enti regionali per il diritto allo studio, al costo stabilito dai medesimi enti.

La disciplina transitoria

Nelle more del raggiungimento della piena operatività della Fondazione, si prevede l’istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con DPCM, di una Cabina di regia composta da 3 membri, designati, rispettivamente, dal Presidente del Consiglio dei Ministri, dal Ministro dell’economia e delle finanze e dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

La Cabina di regia deve attivare le procedure per l’emanazione del bando e procedere all’assegnazione delle borse di studio e al versamento delle rate agli studenti.

Il D.P.C.M. definisce le modalità operative e organizzative della Cabina di regia, nonché il supporto amministrativo e tecnico alle attività della stessa, nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

La Cabina di regia decade automaticamente dalle sue funzioni al momento della nomina dell’organo di amministrazione della Fondazione e del raggiungimento della piena operatività della stessa.

 

L'art. 59 del D.L. 69/2013 (L. 98/2013) ha previsto l'erogazione di borse di mobilità - cumulabili con le borse assegnate ai sensi del d.lgs. 68/2012 - a favore di studenti meritevoli che intendessero iscriversi nell'a.a. 2013/2014 a corsi di laurea o di laurea magistrale a ciclo unico in un'università statale o non statale (con esclusione delle università telematiche) con sede in una regione diversa da quella di residenza.

Per avere accesso al beneficio era necessario aver conseguito in Italia, nell'a.s. 2012/2013, un diploma di istruzione secondaria di secondo grado con votazione almeno pari a 95/100. Sono stati poi individuati ulteriori criteri di merito, economici e logistici, per l'inserimento nella graduatoria di ammissione al beneficio. Il mantenimento del diritto alla corresponsione della borsa di studio per gli anni accademici successivi al primo era subordinato, oltre che alla permanenza del requisito della residenza fuori sede, esclusivamente a requisiti di merito.

Le somme stanziate, provenienti dalle risorse già impegnate negli anni 2011 e 2012 e non ancora pagate finalizzate a interventi del Fondo per il merito degli studenti universitari, ammontavano a € 5 mln annui per il 2013 e il 2014 e a € 7 mln per il 2015, da iscrivere sul Fondo per il sostegno dei giovani e per favorire la mobilità degli studenti (che, in base all'art. 60, co. 1, del medesimo D.L. 69/2013, è confluito, a decorrere dal 2014, nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università e nel contributo statale per le università non statali legalmente riconosciute).

È stato, infine, previsto che, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, doveva essere adottato un Piano nazionale per il merito e la mobilità degli studenti universitari capaci, meritevoli e privi di mezzi, che definisse la tipologia degli interventi e i criteri di individuazione dei beneficiari. Il Piano doveva essere triennale e poteva essere aggiornato annualmente anche in relazione alle risorse disponibili. Le risorse stanziate per l'attuazione del Piano dovevano essere determinate annualmente con la legge di stabilità.

L'importo delle borse, le modalità di presentazione delle domande da parte degli studenti, nonché ulteriori criteri per la formazione della graduatoria dei candidati, sono stati definiti con DM 4 settembre 2013, n. 755.

Il bando ha fissato il termine del 26 settembre 2013 per la presentazione della domanda e ha indicato che la graduatoria riportante i punteggi totali sarebbe stata accessibile ai soli candidati, entro il 30 settembre 2013, nell'area riservata del portale www.universitaly.it.

L'importo della borsa di mobilità è stato definito in 5.000 euro annui. Sono stati, inoltre, definiti i punti da attribuire, ai fini della formazione della graduatoria, sia con riferimento al punteggio riportato nell'esame di Stato (al massimo, 4 punti), sia con riferimento all'Indicatore della situazione economica equivalente (al massimo, 6 punti).

Il 3 ottobre 2013 il MIUR ha comunicato che erano state presentate 4.160 domande: 2.902 di studenti che volevano immatricolarsi in un corso triennale, 530 per lauree magistrali a ciclo unico di 5 anni, 728 per lauree magistrali a ciclo unico di 6 anni. Il 71% dei richiedenti proveniva dalle regioni del sud e dalle isole, il 13% dal centro e il 16% dal nord. Nello stesso comunicato erano presenti ulteriori dati e una tabella.

Nella Relazione della Corte dei conti sul Rendiconto 2015 (v. pag. 198) si legge che al primo bando "ha fatto seguito l'erogazione in favore degli atenei delle tre annualità previste".

 


 

Articolo 1, commi 290-293
(Orientamento
pre-universitario, sostegno didattico e tutorato)

 


290. In attuazione dell’articolo 6, comma 1, lettera a) , della legge 19 novembre 1990, n. 341, nonché dell’articolo 3 del decreto legislativo 14 gennaio 2008, n. 21, sulla base degli obiettivi indicati dal comma 1 del medesimo articolo 3, le università e le istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica organizzano specifici corsi di orientamento pre-universitario o pre-accademico destinati agli studenti, da svolgere, in collaborazione con le scuole e senza interferenze con l’attività scolastica ordinaria, durante gli ultimi due anni di corso della scuola secondaria di secondo grado o nel periodo intercorrente tra il conseguimento del diploma e l’immatricolazione.

291. All’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68, dopo le parole: «connesse ai servizi » sono inserite le seguenti: «e al tutorato di cui all’articolo 13 della legge 19 novembre 1990, n. 341».

292. In attuazione dell’articolo 13 della legge 19 novembre 1990, n. 341, e ai fi ni di cui al comma 2 del medesimo articolo 13, le università organizzano specifiche attività di tutorato riservate a studenti iscritti al primo o al secondo anno di un corso di laurea o di laurea magistrale a ciclo unico che abbiano riscontrato ostacoli formativi iniziali, anche con collaborazioni a tempo parziale di studenti dei corsi di studio o degli anni superiori assegnate ai sensi e con le modalità di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68, come modificato dal comma 291 del presente articolo.

293. Per le finalità dei commi da 290 a 292 del presente articolo, il Fondo per il finanziamento ordinario delle università, di cui all’articolo 5 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, è incrementato di 5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2017. Tale importo è ripartito annualmente tra le università tenendo conto delle attività organizzate dalle stesse per attuare piani pluriennali di interventi integrati di orientamento pre-universitario, di sostegno didattico e di tutorato adottati ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 14 gennaio 2008, n. 21, e dei commi da 290 a 292 del presente articolo, nonché dei risultati raggiunti.


 

 

I commi 290-293 prevedono lo sviluppo di iniziative volte a sostenere gli studenti nella scelta del percorso universitario o accademico, attraverso attività di orientamento, e durante il percorso universitario, attraverso attività di tutorato, e il conseguente incremento del Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO).

Orientamento pre-universitario o pre-accademico

Una prima previsione attiene all’organizzazione di specifici corsi di orientamento pre-universitari o pre-accademici, da parte delle università e delle istituzioni AFAM, da svolgere durante gli ultimi due anni di corso della scuola secondaria di secondo grado, o tra il conseguimento del diploma e l’immatricolazione, in collaborazione con le scuole e senza interferenze con l’attività scolastica ordinaria.

I corsi sono organizzati in attuazione di quanto già previsto dall’art. 6 della L. n. 341/1990 - in base al quale gli stessi corsi, gestiti dalle università anche in collaborazione con le scuole secondarie superiori, devono essere previsti negli statuti - , nonché dall’art. 3 del d.lgs. 21/2008, recante proprio la disciplina dei percorsi di orientamento all'istruzione universitaria e all'alta formazione artistica, musicale e coreutica.

 

Preliminarmente, si ricorda che, in base all’art. 2 del d.lgs. 21/2008, la realizzazione dei percorsi di orientamento è affidata (direttamente) agli istituti di istruzione secondaria superiore statali e paritari che, a tal fine, assicurano il raccordo con le università, anche consorziate tra loro, e le istituzioni AFAM. In base allo stesso art. 2, università e istituzioni AFAM potenziano quanto già realizzato attraverso le pre-iscrizioni o nell'ambito dei progetti o convenzioni in essere ed individuano nei propri regolamenti specifiche iniziative, delineandone l'attuazione attraverso piani pluriennali di intervento. Per la progettazione, realizzazione e valutazione dei percorsi e delle iniziative indicate, scuole, università e istituzioni AFAM stipulano specifiche convenzioni, aperte alla partecipazione di altre istituzioni, enti, associazioni, imprese, rappresentanze del mondo del lavoro e delle professioni, tra cui le associazioni iscritte al Forum delle associazioni studentesche maggiormente rappresentative, camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e agenzie per il lavoro.

 

I corsi devono essere organizzati sulla base degli obiettivi indicati dal co. 1 dell’art. 3 del d.lgs. 21/2008, ai sensi del quale gli stessi devono mirare prioritariamente a dare allo studente l’opportunità, fra l’altro, di:

§  conoscere temi, problemi e procedimenti caratteristici in diversi campi del sapere, anche per aree disciplinari e ambiti professionali che non rientrano direttamente nei curricoli scolastici, al fine di individuare interessi e predisposizioni specifiche e favorire scelte consapevoli in relazione ad un proprio progetto personale;

§  conoscere i settori del lavoro e il collegamento fra questi e le tipologie dei corsi di studio universitari;

§  disporre di adeguata documentazione sui percorsi e sulle sedi di studio, nonché sui servizi agli studenti nella formazione post-secondaria;

§  autovalutare, verificare e consolidare le proprie conoscenze in relazione alla preparazione richiesta per i diversi corsi di studio;

§  partecipare a laboratori finalizzati a valorizzare, anche con esperienze sul campo, le discipline tecnico-scientifiche.

 

In materia, si ricorda che l’estensione delle iniziative di orientamento anche al IV anno del percorso di istruzione nella scuola secondaria di secondo grado (oltre che all’ultimo anno di corso della scuola secondaria di primo grado) è stata operata con l’art. 8 del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) che ha autorizzato una spesa di € 1,6 mln di euro nel 2013 ed € 5 mln annui a decorrere dal 2014. A seguito di tali previsioni, il MIUR ha avviato la campagna “Io scelgo, io studio”, attivando uno specifico sito, e il 21 febbraio 2014 ha emanato le Linee guida nazionali per l’orientamento permanente.

Da ultimo, l’art. 1, co. 7, lett. s), della L. 107/2015 ha inserito tra gli obiettivi del potenziamento dell’offerta formativa la definizione di un sistema di orientamento. Ulteriori riferimenti all’orientamento sono presenti, inoltre, in particolare, nei co. 29[105], 32[106], 33[107], 40[108] del medesimo art. 1.

Tutorato universitario

Una seconda previsione attiene all’organizzazione di attività di tutorato nelle università (e non anche nelle istituzioni AFAM).

In particolare, si prevede che le università organizzano tali attività, riservate a studenti iscritti al primo e al secondo anno di un corso di laurea o di laurea magistrale a ciclo unico, che abbiano riscontrato ostacoli formativi iniziali.

A tal fine, si richiama l’art. 13 della L. n. 341/1990.

L’art. 13 citato dispone che le università istituiscono il tutorato con regolamento, sotto la responsabilità dei consigli delle strutture didattiche. Il tutorato è finalizzato ad orientare ed assistere gli studenti lungo tutto il corso degli studi, a renderli attivamente partecipi del processo formativo, a rimuovere gli ostacoli ad una proficua frequenza dei corsi, anche attraverso iniziative rapportate alle necessità, alle attitudini ed alle esigenze dei singoli.

Dispone, infine, che i servizi di tutorato collaborano con gli organismi di sostegno al diritto allo studio e con le rappresentanze degli studenti.

 

Si prevede, altresì, che le attività di tutorato sono realizzate anche con la collaborazione a tempo parziale di studenti dei corsi di studio (sia degli stessi anni di corso, sia degli anni superiori), ai sensi e con le modalità indicate dall’art. 11 del d.lgs. 68/2012 che, a tal fine, viene novellato, inserendo esplicitamente il riferimento a tale collaborazione fra quelle che devono essere disciplinate dai regolamenti delle università, degli enti regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano erogatori dei servizi per il diritto allo studio, nonché delle istituzioni AFAM (alle quali, tuttavia, come si è visto, non si fa riferimento nella previsione generale relativa all’organizzazione delle stesse iniziative).

Si sancisce così, a livello legislativo, una previsione che è già contenuta in alcuni regolamenti universitari inerenti il tutorato[109].

 

Al riguardo, si ricorda che, in base all’art. 11 del D.Lgs. n. 68/2012, l’assegnazione delle collaborazioni degli studenti avviene nei limiti delle risorse disponibili nel bilancio delle università e delle istituzioni AFAM, sulla base di graduatorie formulate secondo criteri di merito e condizione economica.

La prestazione richiesta allo studente per le collaborazioni – secondo un orario che può variare in relazione al tipo di attività svolta ed è determinato da università e istituzioni AFAM, ma non può superare 200 ore per ciascun anno accademico - comporta un corrispettivo, esente da imposte, entro il limite di € 3.500 annui, non configura in alcun modo un rapporto di lavoro subordinato e non dà luogo ad alcuna valutazione ai fini dei pubblici concorsi.

Risorse

Per il perseguimento delle finalità sopra indicate, si dispone l’incremento del (solo) Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO - v, ante, scheda art. 1, co. 252-267) di € 5 mln dal 2017. L’importo è ripartito annualmente fra le università tenendo conto delle attività organizzate dalle stesse e dei risultati raggiunti.

 


 

Articolo 1, comma 294
(Erogazioni liberali in favore degli Istituti Tecnici Superiori)

 


294. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 15, comma 1, lettera i -octies ), dopo le parole: «nonché a favore» sono inserite le seguenti: «degli istituti tecnici superiori di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 gennaio 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 86 dell’11 aprile 2008,»;

b) all’articolo 100, comma 2, lettera o -bis ), dopo le parole: «e successive modificazioni,» sono inserite le seguenti: «nonché a favore degli istituti tecnici superiori di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 gennaio 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 86 dell’11 aprile 2008,».


 

 

Il comma 294 introduce la possibilità di detrarre o dedurre le erogazioni liberali in favore degli Istituti Tecnici Superiori (ITS).

 

Sono quindi detraibili per le persone fisiche o deducibili dal reddito d’impresa le erogazioni liberali in favore degli Istituti Tecnici Superiori di cui al D.P.C.M. 25 gennaio 2008.

 

A seguito della riorganizzazione del sistema dell’istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) - istituito con l’art. 69 della L. 144/1999 e costituente un sistema di formazione terziaria non universitaria – operato, sulla base di quanto previsto dall’art. 1, co. 631, della L. 296/2006, con il D.P.C.M. 25 gennaio 2008, sono state previste tre tipologie di intervento: percorsi di IFTS, poli tecnico-professionali e ITS (già citati dall’art. 13 del D.L. 7/2007 -L. 40/2007).

In particolare, il D.P.C.M. 25 gennaio 2008 ha previsto che gli ITS possono essere costituiti se previsti nei piani territoriali adottati ogni triennio dalle regioni nell’ambito della programmazione dell’offerta formativa di loro competenza.

Essi realizzano percorsi, di regola, di durata biennale, per un totale di 1800/2000 ore (per particolari figure, possono avere una durata superiore, nel limite massimo di sei semestri), e sono volti al conseguimento di un diploma di tecnico superiore riferito alle seguenti aree tecnologiche: efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie della vita, nuove tecnologie per il made in Italy, tecnologie innovative per i beni e le attività culturali, tecnologie della informazione e della comunicazione.

Sulla disciplina degli ITS è intervenuto, da ultimo, l’art. 1, co. 45-52 della L. 107/2015, con previsioni relative, fra l’altro, a: titoli di studio necessari per l’accesso ai percorsi degli stessi, introduzione, dal 2016, di un meccanismo premiale per l’assegnazione di parte delle risorse finanziarie; semplificazione delle procedure per lo svolgimento delle prove conclusive dei percorsi; disponibilità di un patrimonio minimo per il riconoscimento della personalità giuridica; criteri per il riconoscimento dei crediti acquisiti a conclusione dei percorsi ai fini dell’accesso ai corsi di laurea; possibilità di attivare corsi in filiere diverse, da parte di un ITS, purché abbia un patrimonio non inferiore a € 100.000.

Attualmente, gli ITS sono 91. Qui maggiori informazioni.

 

A tal fine, si estende, anzitutto, alle erogazioni liberali a favore degli ITS la detrazione pari al 19 per cento già prevista per le erogazioni a favore degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, statali e paritari senza scopo di lucro appartenenti al sistema nazionale di istruzione nonché a favore delle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) e delle università, finalizzate all'innovazione tecnologica, all'edilizia scolastica e universitaria e all'ampliamento dell'offerta formativa. Allo scopo, si novella l’art. 15, co. 1, lett. i-octies), del D.P.R. 917/1986.

In base all’art. 1, co. 1, della L. 62/2000, il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali.

In base all’art. 2, co. 1, della L. 508/1999, le Accademie di belle arti, l'Accademia nazionale di arte drammatica e gli Istituti superiori per le industrie artistiche, nonché, con la trasformazione in Istituti superiori di studi musicali e coreutici, i Conservatori di musica, l'Accademia nazionale di danza e gli Istituti musicali pareggiati costituiscono il sistema dell'alta formazione e specializzazione artistica e musicale. Qui l’elenco delle Istituzioni AFAM.

 

A legislazione vigente, la detrazione spetta a condizione che il versamento di tali erogazioni sia eseguito tramite banca o ufficio postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento tracciabili.

 

Inoltre, si introducono gli ITS nell’ambito dei soggetti a favore dei quali sono deducibili le erogazioni liberali, nel limite del 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato e comunque nella misura massima di 70.000 euro annui, finalizzate all’innovazione tecnologica, all’edilizia scolastica e all’ampliamento dell’offerta formativa. Allo scopo, si novella l’art. 100, co. 2, lett. o-bis), del medesimo DPR 917/1986, che a legislazione vigente riguarda solo le erogazioni a favore degli istituti scolastici di ogni ordine e grado appartenenti al sistema nazionale di istruzione.

 

Anche in tale caso, a legislazione vigente, il versamento deve essere eseguito tramite banca o ufficio postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento tracciabili.


 

Articolo 1, commi 295-305
(Interventi di finanziamento e sviluppo delle attività di ricerca)

 


295. Al fi ne di incentivare l’attività base di ricerca dei docenti delle università statali, nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università, di cui all’articolo 5 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, è istituita una apposita sezione denominata «Fondo per il finanziamento delle attività base di ricerca », con uno stanziamento di 45 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2017.

296. Il Fondo di cui al comma 295 è destinato al finanziamento annuale delle attività base di ricerca dei ricercatori e dei professori di seconda fascia in servizio nelle università statali.

297. Sono esclusi dal finanziamento annuale i ricercatori e i professori di seconda fascia che, alla data di presentazione della domanda di cui al comma 301 del presente articolo, sono in regime di impegno a tempo definito, sono collocati in aspettativa o sono risultati vincitori delle procedure di cui all’articolo 1, commi da 207 a 212, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, ovvero usufruiscono di finanziamenti provenienti dallo European Research Council (ERC), da progetti di ricerca di interesse nazionale (PRIN) o da ulteriori finanziamenti pubblici, nazionali, europei o internazionali, comunque denominati.

298. L’importo individuale del finanziamento annuale è pari a 3.000 euro, per un totale di 15.000 finanziamenti individuali. L’assegnazione del finanziamento deve tenere conto dell’ordine di elenchi di cui al comma 300, lettere b) e c) , in modo che le domande di cui al comma 301 siano soddisfatte nella misura del 75 per cento di quelle presentate dai ricercatori e del 25 per cento di quelle presentate dai professori associati.

299. Entro il 31 luglio di ogni anno, l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), con riferimento a ciascun settore scientifico-disciplinare, predispone gli elenchi dei ricercatori e dei professori di seconda fascia che possono richiedere il finanziamento annuale individuale delle attività base di ricerca.

300. Nel limite delle disponibilità finanziarie di cui al comma 295 e fermo restando l’importo del finanziamento individuale di cui al comma 298, l’ANVUR predispone  gli elenchi di cui al comma 299 sulla base dei seguenti criteri:

a) la verifica della sussistenza, per ognuno dei ricercatori e dei professori di seconda fascia, delle condizioni di cui al comma 297;

b) l’inclusione, nell’elenco dei ricercatori appartenenti a ciascun settore scientifico-disciplinare, di tutti i ricercatori la cui produzione scientifica individuale, relativa agli ultimi cinque anni, è pari o superiore a un apposito indicatore della produzione scientifica dei ricercatori appartenenti a ciascun settore scientifico-disciplinare, calcolato dall’ANVUR sulla base dei dati disponibili per l’ultimo triennio;

c) l’inclusione, nell’elenco dei professori di seconda fascia appartenenti a ciascun settore scientifico-disciplinare, di tutti i professori di seconda fascia la cui produzione scientifica individuale, relativa agli ultimi cinque anni, è pari o superiore a un apposito indicatore della produzione scientifica dei professori di seconda fascia appartenenti a ciascun settore scientifico-disciplinare, calcolato dall’ANVUR sulla base dei dati disponibili per l’ultimo triennio.

301. Entro il 30 settembre di ogni anno ciascun ricercatore e professore di seconda fascia incluso negli elenchi predisposti ai sensi dei commi 299 e 300, esclusivamente tramite l’apposita procedura telematica accessibile dal sito internet istituzionale dell’ANVUR, può presentare la domanda diretta a ottenere il finanziamento annuale individuale delle attività base di ricerca.

302. Entro il 30 novembre di ogni anno, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca trasferisce a ciascuna università le risorse per il finanziamento annuale delle attività base di ricerca spettante ai ricercatori e ai professori di seconda fascia.

303. Al fi ne di favorire lo sviluppo delle attività di ricerca nelle università statali e di valorizzare le attività di supporto allo svolgimento delle stesse senza maggiori oneri per lo Stato, a decorrere dall’anno 2017:

a) gli atti e i contratti di cui all’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, stipulati dalle università statali non sono soggetti al controllo previsto dall’articolo 3, comma 1, lettera f -bis ), della legge 14 gennaio 1994, n. 20;

b) all’articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, al comma 12, quarto periodo, le parole: «dalle università e» sono sostituite dalle seguenti: «dalle università nonché a quella effettuata» e, al comma 13, quarto periodo, sono aggiunte, in fi ne, le seguenti parole: «, nonché dalle università». Al fi ne di assicurare il rispetto di quanto previsto dall’articolo 6, comma 21, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, in termini di minori entrate per lo Stato con riferimento a quanto previsto dal periodo precedente, lo stanziamento del Fondo per il finanziamento ordinario delle università, di cui all’articolo 5 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, è ridotto di 12 milioni di euro;

c) all’articolo 1, comma 1, lettere a) e b) , del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 31 dicembre 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 66 del 20 marzo 2015, le parole: «30 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «50 per cento».

304. Le somme destinate, a qualsiasi titolo, dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca al finanziamento delle attività di ricerca non sono soggette ad esecuzione forzata. Gli atti di sequestro e di pignoramento afferenti ai fondi di cui ai commi da 295 a 305 sono nulli e la nullità è rilevabile d’ufficio.

305. La dotazione finanziaria del Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca, di cui all’articolo 7 del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, è incrementata di 25 milioni di euro a decorrere dall’anno 2018, da destinare al sostegno specifi co delle «Attività di ricerca a valenza internazionale».


 

 

I commi 295-305 istituiscono, nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università statali, una sezione denominata “Fondo per il finanziamento delle attività base di ricerca”, destinata a incentivare l’attività base di ricerca dei professori di seconda fascia e dei ricercatori delle università statali. Introducono, inoltre, misure di semplificazione delle attività di ricerca nelle università statali.

Infine, prevedono un incremento del Fondo ordinario per gli enti di ricerca vigilati dal MIUR (FOE), destinato al sostegno delle Attività di ricerca a valenza internazionale.

Il Fondo per il finanziamento delle attività base di ricerca

A decorrere dal 2017, nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università statali (FFO - v. ante, scheda art. 1, co. 252-267) è istituita una apposita sezione denominata “Fondo per il finanziamento delle attività base di ricerca”, destinata al finanziamento annuale delle attività base di ricerca dei professori di seconda fascia e dei ricercatori, entrambi in servizio a tempo pieno nelle università statali, con uno stanziamento di € 45 mln annui.

L’importo annuale del finanziamento individuale è pari a € 3.000. Pertanto, potranno essere finanziate, complessivamente, fino a 15.000 domande.

Cause di esclusione dal finanziamento

Non possono accedere al finanziamento i professori di seconda fascia e i ricercatori che:

§  alla data di presentazione della domanda, sono in regime di impegno a tempo definito[110];

§  sono collocati in aspettativa;

§  sono stati assunti in base alle procedure di chiamata diretta a valere sul Fondo per le cattedre universitarie del merito Giulio Natta, di cui all’art. 1, co. 207-212, della L. 208/2015 (legge di stabilità 2016);

§  fruiscono di finanziamenti pubblici, comunque denominati, nazionali, europei o internazionali. In particolare, si fa riferimento esplicito ai finanziamenti provenienti dall’European Research Council (ERC) e dai Progetti di rilevante interesse nazionale (PRIN).

Si ricorda che le risorse annuali per i progetti di ricerca di interesse nazionale delle università (PRIN)[111] sono confluite, ai sensi dell’art. 1, co. 870, della L. n. 296/2006 (legge finanziaria 2007), nel Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST).

La procedura per l’accesso alle risorse del Fondo per il finanziamento delle attività base di ricerca

Entro il 31 luglio di ogni anno l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) predispone, per ciascun settore scientifico-disciplinare[112], l’elenco dei professori di seconda fascia e dei ricercatori che possono chiedere il finanziamento annuale delle proprie attività base di ricerca.

Gli elenchi – che sono predisposti verificando, anzitutto, la presenza dei presupposti indicati – includono i professori di seconda fascia e i ricercatori la cui produzione scientifica individuale relativa agli ultimi 5 anni è almeno pari ad un indicatore della produzione scientifica dei professori di seconda fascia – o dei ricercatori –, calcolato dall’ANVUR per ciascun settore scientifico-disciplinare, sulla base dei dati disponibili per l’ultimo triennio.

 

I ricercatori e i professori di seconda fascia inclusi negli elenchi possono presentare la domanda rivolta ad ottenere il finanziamento annuale entro il 30 settembre di ogni anno, esclusivamente tramite l’apposita procedura telematica accessibile dal sito dell’ANVUR.

 

L’assegnazione del finanziamento tiene conto dell’ordine di ciascun elenco – che, come già ricordato, è distinto per professori di seconda fascia e per ricercatori, nonché per settore disciplinare –, in modo da soddisfare il 75% delle domande dei ricercatori e il 25% delle domande dei professori di seconda fascia.

Il MIUR trasferisce ad ogni università il finanziamento spettante ai ricercatori e ai professori di seconda fascia entro il 30 novembre di ogni anno.

Ulteriori misure per lo sviluppo delle attività di ricerca delle università statali

Al fine di favorire lo sviluppo di attività di ricerca nelle università statali e valorizzare le attività di supporto allo svolgimento delle stesse, si prevede che:

§  gli atti e i contratti stipulati dalle università statali, volti a conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione (art. 7, co. 6, d.lgs. 165/2001), non sono più soggetti al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti (art. 3, co. 1, lett. f-bis), della L. 20/1994).

In base all’art. 7, co. 6, del d.lgs. 165/2001, per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità:

-     l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell'amministrazione conferente;

-     l'amministrazione deve avere preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;

-     la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; non è ammesso il rinnovo; l'eventuale proroga dell'incarico originario è consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell'incarico;

-     devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.

Si ricorda, inoltre, che la Corte costituzionale, nella sentenza 172/2010, nel riconoscere l’inapplicabilità delle predette disposizioni sul controllo preventivo della Corte dei conti agli atti delle regioni e degli enti locali, ha precisato che l’ambito soggettivo delle Amministrazioni i cui atti sono sottoposti a tale controllo non può che essere quello delle Amministrazioni centrali dello Stato.

 

§  le università statali sono esentate dai limiti di spesa per missioni – a prescindere dalla provenienza delle risorse utilizzate – e per attività di formazione, previsti per le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione. A tal fine, si novella l’art. 6, co. 12, quarto periodo, e co. 13, ultimo periodo, del D.L. 78/2010 (L. 122/2010).

Prima della modifica ora apportata, in base all’art. 6, co. 12, quarto periodo, del D.L. 78/2010 (L. 122/2010), il limite di spesa per missioni applicabile, a decorrere dal 2011, alle amministrazioni indicate – pari al 50% della spesa sostenuta nel 2009 – non si applicava (per quanto qui interessa) unicamente alla spesa effettuata da università e da enti di ricerca con risorse derivanti da finanziamenti UE o da soggetti privati o da finanziamenti pubblici destinati ad attività di ricerca.

Inoltre, in base al co. 13, ultimo periodo, il limite di spesa per attività di formazione  applicabile, a decorrere dal 2011, alle stesse amministrazioni – pari al 50% della spesa sostenuta nel 2009 – non si applicava all’attività di formazione effettuata dalle Forze armate, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco e dalle Forze di Polizia tramite i propri organismi di formazione.

In base al co. 21, tra l’altro, le somme provenienti da tali riduzioni di spesa sono versate annualmente dagli enti e dalle amministrazioni dotati di autonomia finanziaria ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato.

A fronte delle novità introdotte, peraltro, si dispone la riduzione del Fondo di finanziamento ordinario delle università di € 12 mln (ovviamente, annui).

La relazione tecnica all’A.S. 2611 evidenziava che ciò era finalizzato ad assicurare che non si realizzassero nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dal momento che l’importo di 12 milioni di euro corrispondeva al versamento effettuato annualmente dalle singole università per le somme dovute ai sensi dell’art. 6, co. 12 e 13, del D.L. n. 78/2010.

§  si eleva la percentuale di assunzioni possibili, nel triennio 2015-2017, per determinate categorie di atenei.

In particolare:

-     gli atenei che riportino, al 31 dicembre dell'anno precedente, un valore dell'indicatore delle spese di personale pari o superiore all'80% o un importo delle spese di personale e degli oneri di ammortamento superiore all'82% delle entrate costituite dai contributi statali per il funzionamento e delle tasse, soprattasse e contributi universitari (di cui all'art. 5, co. 1, del d.lgs. 49/2012), al netto delle spese per fitti passivi, possono procedere all'assunzione di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato con oneri a carico del proprio bilancio per una spesa media annua non superiore al 50% (invece del previgente 30%) di quella relativa al personale cessato dal servizio nell'anno precedente;

-     gli atenei che riportino, al 31 dicembre dell'anno precedente, valori inferiori a quelli sopra indicati possono procedere all'assunzione di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato, con oneri a carico del proprio bilancio, per una spesa media annua non superiore al 50% (invece del previgente 30%) di quella relativa al personale cessato dal servizio nell'anno precedente, maggiorata di un importo pari al 20% del margine ricompreso tra l'82% delle entrate sopra indicate, al netto delle spese per fitti passivi, e la somma delle spese di personale e degli oneri di ammortamento annuo a carico del bilancio di ateneo complessivamente sostenuti al 31 dicembre dell'anno precedente.

Ai fini indicati, si modifica l’art. 1, co. 1, lett. a) e b), del D.P.C.M. 31 dicembre 2014, che, in attuazione dell’art. 7, co. 6, del d.lgs. 49/2012, ha dettato disposizioni per il rispetto dei limiti delle spese di personale e delle spese di indebitamento da parte delle università per il triennio 2015-2017.

Si è intervenuti così, con norma primaria, in un ambito disciplinato con fonte non legislativa.

In materia, si ricorda che l’art. 7 del d.lgs. 49/2012 ha individuato, limitatamente all’anno 2012, le combinazioni dei livelli degli indicatori di spesa per il personale e di spesa per indebitamento rilevanti, per ciascun ateneo, per la determinazione, tra l’altro, della misura delle assunzioni di personale a tempo indeterminato e del conferimento di contratti di ricerca a tempo determinato (co. 1), rimettendo ad un D.P.C.M., da emanare con cadenza triennale, entro il mese di dicembre antecedente al successivo triennio di programmazione, la definizione della disciplina applicabile agli anni successivi (co. 6).

In seguito, l’art. 14, co. 3, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012), introducendo il co. 13-bis nell’art. 66 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008), ha fissato le misure percentuali di turn-over valide con riferimento “al sistema” delle università nel suo complesso[113] e ha previsto che all’attribuzione del contingente di assunzioni spettante a ciascun ateneo si provvede con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, “tenuto conto di quanto previsto dall’art. 7 del d.lgs. 49/2012”.

Ancora in seguito, peraltro, l’art. 1, co. 9, del D.L. 150/2013 (L. 15/2014) ha prorogato al 30 giugno 2014 il termine per l’adozione del D.P.C.M. con il quale ridefinire, per il triennio 2014-2016, la disciplina per l’individuazione della misura delle assunzioni per ciascun ateneo.

Il D.P.C.M. è poi, di fatto, intervenuto il 31 dicembre 2014 con riferimento al triennio 2015-2017[114].

Impignorabilità delle somme per attività di ricerca

Le somme destinate dal MIUR, a qualsiasi titolo, al finanziamento delle attività di ricerca non sono soggette ad esecuzione forzata e gli atti di sequestro e di pignoramento afferenti ai fondi previsti dai commi 295-305 sono nulli, con nullità rilevabile d’ufficio.

 

La posizione delle pubbliche amministrazioni soggette ad esecuzione forzata non è, pacificamente, diversa da quella di ogni altro debitore, essendo possibile anche nei loro confronti l’azione esecutiva finalizzata all’espropriazione.

Tuttavia, una deroga in tal senso e quindi l’impignorabilità di somme delle pubbliche amministrazioni è stata ritenuta, in specifiche ipotesi, costituzionalmente legittima dalla Corte costituzionale (sentenza 138/1981) ove si tratti di somme destinate - da apposita disposizione di legge o da un provvedimento amministrativo che trovi nella legge fondamento - ad un pubblico servizio, ovvero all'espletamento di esso, o di soddisfacimento di specifiche finalità pubbliche, nel senso di creare un diretto collegamento tra quelle entrate e determinati servizi pubblici o specifici fini pubblici.

Soltanto in presenza del citato vincolo di destinazione le somme ed i crediti della PA diventano patrimonio indisponibile in quanto finalizzati all’attuazione dell’interesse pubblico e al regolare svolgimento dell’attività amministrativa (ex pluribus, Corte Cost. sentenza 350/1998; Cass., Sez. Unite, sentenza 4071/1979).

Deroghe alla disciplina sull’esecuzione forzata sono state in passato già disposte dal legislatore (in particolare: art. 1, co. 5 e 5-bis, del D.L. 9/1993, art. 1 del D.L. 313/1994, art. 14, co. 3, del D.L. 669/1996, art. 6, co. 5, del D.L. 35/2013).

Incremento del Fondo per il finanziamento ordinario degli enti di ricerca vigilati dal MIUR

Dal 2107, si prevede l’ incremento di € 25 mln del Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca vigilati dal MIUR (FOE), da destinare al sostegno delle “Attività di ricerca a valenza internazionale”.

Al riguardo, si ricorda che i contributi ai 12 enti di ricerca vigilati dal MIUR sono determinati come somma di due addendi, ossia assegnazioni ordinarie e contributi straordinari. Tra i contributi straordinari sono incluse le somme per Attività di ricerca a valenza internazionale che, nel D.M. 631/2016, con il quale si è proceduto al riparto del FOE per il 2016, sono pari a € 515,8 mln.

 


 

Articolo 1, commi 306 e 339
(Assunzioni da parte dell’ANVUR e
disposizioni specifiche per la VQR)

 


306. Al fi ne di consentire il regolare svolgimento dei compiti attribuiti all’ANVUR, è autorizzata l’assunzione, a decorrere dall’anno 2017, di ulteriori 15 unità appartenenti all’area terza del contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) - comparto Ministeri, di cui 13 funzionari valutatori tecnici e 2 funzionari amministrativi, e di ulteriori 2 unità appartenenti all’area seconda del medesimo CCNL - comparto Ministeri, mediante scorrimento delle graduatorie concorsuali vigenti presso l’Agenzia e, per l’eventuale quota non coperta, mediante avvio di nuove procedure concorsuali, previo espletamento delle procedure di mobilità di cui all’articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

339. All’articolo 3, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1º febbraio 2010, n. 76, è aggiunta, in fi ne, la seguente lettera:

«i -bis ) svolge, con cadenza quinquennale, la valutazione della qualità della ricerca delle università e degli enti di ricerca, sulla base di un apposito decreto del Ministro  dell’istruzione, dell’università e della ricerca, emanato entro il 31 marzo dell’anno successivo al quinquennio oggetto di valutazione, e diretto a individuare le linee-guida concernenti lo svolgimento della medesima valutazione e le risorse economiche a tal fi ne necessarie. La valutazione della qualità della ricerca deve essere conclusa entro il 31 dicembre dell’anno successivo all’emanazione del decreto di cui al precedente periodo».


 

 

Il comma 306 autorizza l’assunzione di nuove unità di personale da parte dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR).

Il comma 339 stabilisce che la Valutazione della qualità della ricerca (VQR) è effettuata dall’ANVUR sulla base di linee-guida emanate dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

 

In particolare, si autorizza l’assunzione da parte dell’ANVUR, a decorrere dal 2017, di 13 funzionari valutatori tecnici e 2 funzionari amministrativi appartenenti all’Area terza del CCNL Ministeri e di 2 unità di Area seconda del medesimo CCNL, per complessive 17 unità.

La dotazione organica del personale non dirigenziale dell’ANVUR è stata fissata in 12 unità di area III e 3 unità di area II dall’All. A del regolamento concernente la struttura e il funzionamento dell’Agenzia, adottato con DPR 76/2010, ed è stata così confermata dalla tab. 38 del DPCM 22 gennaio 2013.

A fronte della dotazione organica sopra indicata, quella effettiva, in base ai dati presenti sul sito dell’ANVUR, è di 10 unità di area III e 2 unità di area II.

Si tratta, dunque, di un ampliamento di fatto del personale, cui non corrisponde, tuttavia, un esplicito ampliamento della dotazione organica.

L’assunzione avviene mediante scorrimento delle graduatorie concorsuali in corso di validità[115] e, per l’eventuale quota non coperta, mediante l’avvio di nuove procedure concorsuali, previo espletamento delle procedure di mobilità di cui all’art. 30 del d.lgs.165/2001 (passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse).

Le risorse da trasferire all’ANVUR per il proprio funzionamento sono allocate sul cap. 1688 dello stato di previsione del MIUR e, in base alla nota di variazioni – che include la previsione del co. 306 -, sono pari, per il 2017, a € 7.652.873.

 

Si stabilisce, inoltre, che la VQR – che interviene, come già previsto a legislazione previgente (art. 60, co. 01, del D.L. 69/2013 –L. 98/2013), con cadenza quinquennale – è effettuata dall’ANVUR sulla base di un apposito decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca – che deve essere emanato entro il 31 marzo dell’anno successivo al quinquennio oggetto di valutazione – che individua le linee-guida e le risorse economiche necessarie al suo svolgimento. Infine, si dispone che la VQR si deve concludere entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di emanazione del DM.

A tal fine, si novella l’art. 3, co. 1, del citato D.P.R. 76/2010, che elenca i compiti affidati all’Agenzia.

 

Tra i compiti esplicitamente affidati all’ANVUR dall’art. 3, co. 1, del D.P.R. 76/2010 rientrano:

§  la valutazione della qualità dei processi, i risultati e i prodotti delle attività di gestione, formazione, ricerca, ivi compreso il trasferimento tecnologico delle università e degli enti di ricerca, anche con riferimento alle singole strutture dei predetti enti. Tali valutazioni si concludono entro un periodo di 5 anni;

§  la valutazione dell'efficienza e dell'efficacia dei programmi pubblici di finanziamento e di incentivazione delle attività didattiche, di ricerca e di innovazione;

§  lo svolgimento, su richiesta del Ministro e compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili, di ulteriori attività di valutazione, nonché di definizione di standard, di parametri e di normativa tecnica.

 


 

Articolo 1, comma 307
(Finanziamento ulteriore in favore dell'INGM)

 

307. Al fi ne di contribuire al funzionamento dell’Istituto nazionale di genetica molecolare (INGM) di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b) , del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 81, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2004, n. 138, è autorizzata a decorrere dall’anno 2017 una spesa ulteriore di 1 milione di euro annui.

 

 

Il comma 307 autorizza, a decorrere dal 2017, una spesa ulteriore di 1 milione di euro annui in favore dell’Istituto nazionale di genetica molecolare (INGM).

 

L’art. 1, comma 1, lettera b), del D.L. n. 81/2004 (Interventi urgenti per fronteggiare situazioni di pericolo per la salute pubblica) ha istituito l’Istituto di riferimento nazionale specifico sulla genetica molecolare e su altre moderne metodiche di rilevazione e di diagnosi, collegato con l'Istituto superiore di sanità e altre istituzioni scientifiche nazionali ed internazionali, con sede in Milano, presso l'Ospedale Maggiore, denominato Fondazione «Istituto nazionale di genetica molecolare - INGM». Si ricorda che la legge di stabilità 2014 (legge 147/2013) all’art. 1, comma 220, al fine di potenziare l'attività di ricerca da esso svolta, a decorrere dal 2014 ha autorizzato la spesa di 1.000.000 di euro. Successivamente, il comma 419 dell'art. 1 della legge di stabilità 2015 (legge 208/2015) ha autorizzato, a decorrere dal 2016, una spesa ulteriore di 1 milione di euro annui, al fine di contribuire al funzionamento dell’INGM; tuttavia, la tabella D della stessa legge di stabilità 2015 ha operato, invece, una riduzione del finanziamento del medesimo Istituto, nella misura di 200 migliaia di euro per il 2016, di 300 migliaia per il 2017 e di 200 migliaia annui a decorrere dal 2018.


 

Articolo 1, commi 308-311
(Esonero contributivo alternanza scuola-lavoro)

 


308. Al fi ne di promuovere forme di occupazione stabile, ai datori di lavoro privati, con riferimento alle nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato, anche in apprendistato, con esclusione dei contratti di lavoro domestico e di quelli relativi agli operai del settore agricolo, decorrenti dal 1º gennaio 2017 al 31 dicembre 2018, è riconosciuto, per un periodo massimo di trentasei mesi, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, l’esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, nel limite massimo di un importo di esonero pari a 3.250 euro su base annua. L’esonero di cui al presente comma spetta, a domanda e alle condizioni di cui al comma 309 del presente articolo, ai datori di lavoro che assumono a tempo indeterminato, secondo quanto stabilito al primo periodo del presente comma, entro sei mesi dall’acquisizione del titolo di studio, studenti che hanno svolto presso il medesimo datore di lavoro attività di alternanza scuola-lavoro pari almeno al 30 per cento delle ore di alternanza previste ai sensi dell’articolo 1, comma 33, della legge 13 luglio 2015, n. 107, ovvero pari almeno al 30 per cento del monte ore previsto per le attività di alternanza all’interno dei percorsi erogati ai sensi del capo III del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, ovvero pari almeno al 30 per cento del monte ore previsto per le attività di alternanza realizzata nell’ambito dei percorsi di cui al capo II del decreto del Presidente  del Consiglio dei ministri 25 gennaio 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 86 dell’11 aprile 2008, ovvero pari almeno al 30 per cento del monte ore previsto dai rispettivi ordinamenti per le attività di alternanza nei percorsi universitari. L’esonero di cui al primo periodo del presente comma si applica inoltre ai datori di lavoro che assumono a tempo indeterminato, secondo quanto stabilito al medesimo primo periodo, entro sei mesi dall’acquisizione del titolo di studio, studenti che hanno svolto, presso il medesimo datore di lavoro, periodi di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore, il certificato di specializzazione tecnica superiore o periodi di apprendistato in alta formazione. L’INPS provvede, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, anche ai fi ni di cui al comma 309 del presente articolo, al monitoraggio del numero di contratti incentivati ai sensi del presente comma e delle conseguenti minori entrate contributive, inviando relazioni mensili al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze.

309. Il beneficio contributivo di cui al comma 308 è riconosciuto nel limite massimo di spesa di 7,4 milioni di euro per l’anno 2017, di 40,8 milioni di euro per l’anno 2018, di 86,9 milioni di euro per l’anno 2019, di 84 milioni di euro per l’anno 2020, di 50,7 milioni di euro per l’anno 2021 e di 4,3 milioni di euro per l’anno 2022. Qualora dal monitoraggio delle domande presentate e accolte emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, del numero di domande rispetto alle risorse finanziarie determinate ai sensi del primo periodo del presente comma, l’INPS non prende in esame ulteriori domande per l’accesso al beneficio di cui al comma 308.

310. Entro il 31 dicembre 2018 il Governo verifica i risultati del beneficio di cui ai commi 308 e 309, al fi ne di una sua eventuale prosecuzione.

311. Il secondo periodo del comma 39 dell’articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107, è sostituito dal seguente: «Le risorse sono ripartite tra le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione».


 

 

I commi da 308 a 311 introducono un esonero contributivo a favore dei datori di lavoro privati che assumono a tempo indeterminato studenti che abbiano svolto attività di alternanza scuola-lavoro o periodi di apprendistato presso il medesimo datore di lavoro.

 

I suddetti commi prevedono, per il solo settore privato, uno sgravio contributivo per le nuove assunzioni con contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato, anche in apprendistato[116], decorrenti dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2018.

 

Lo sgravio contributivo consiste (comma 308) nell’esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro (ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche e con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL), nel limite massimo di un importo di esonero pari a 3.250 euro su base annua, per un periodo massimo di trentasei mesi.

 

Il suddetto beneficio contributivo spetta, a domanda e nei limiti di spesa di cui al comma 309 (vedi infra), entro 6 mesi dall’acquisizione del titolo di studio, per l’assunzione di studenti che abbiano svolto presso il medesimo datore di lavoro:

§  attività di alternanza scuola-lavoro pari, alternativamente, almeno al:

-     30 per cento delle ore di alternanza previste ai sensi dell’art. 1, c. 33, L. 107/2015 (secondo cui i percorsi di alternanza scuola-lavoro sono attuati, negli istituti tecnici e professionali, per una durata complessiva, nel secondo biennio e nell'ultimo anno del percorso di studi, di almeno 400 ore e, nei licei, per una durata complessiva di almeno 200 ore nel triennio);

-     30 per cento del monte orario previsto per le attività di alternanza all’interno dei percorsi di istruzione e formazione professionale (per i quali, ai sensi dell’art. 17 del Capo III del D.Lgs. 226/2005, viene richiesto un orario complessivo obbligatorio di almeno 990 ore annue);

-     30 per cento del monte ore previsto per le attività di alternanza realizzata nell’ambito dei percorsi realizzati dagli Istituti tecnici superiori che, ai sensi dell’art. 7 del Capo II del D.P.C.M. del 25 gennaio 2008, in generale, hanno la durata di quattro semestri, per un totale di 1800/2000 ore;

-     30 per cento del monte ore previsto dai rispettivi ordinamenti per le attività di alternanza nei percorsi universitari.

§  periodi di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore, il certificato di specializzazione tecnica superiore o periodi di apprendistato in alta formazione.

È previsto il monitoraggio da parte dell’INPS (con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente) del numero di contratti incentivati e delle conseguenti minori entrate contributive, attraverso l’invio di relazioni mensili al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze (comma 308). Inoltre, si prevede che il Governo, entro il 31 dicembre 2018, proceda alla verifica dei risultati conseguenti all’introduzione dell’esonero contributivo, al fine di una sua eventuale prosecuzione (comma 310).

Sono previsti dei limiti massimi di spesa per il riconoscimento del suddetto beneficio contributivo (di 7,4 milioni di euro per il 2017, 40,8 per il 2018, di 86,9 per il 2019, di 84,0 per il 2020, di 50,7 per il 2021 e di 4,3 per il 2022). Se dal monitoraggio delle domande presentate ed accolte, risultino scostamenti (anche in via prospettica) del numero di domande rispetto alle risorse finanziarie così determinate, l'INPS non prende in esame ulteriori domande per l’accesso al beneficio (comma 309).

Viene, inoltre, esteso l’ambito di operatività del sistema di alternanza scuola-lavoro anche alle scuole paritarie private e degli enti locali (comma 311).

In particolare si stabilisce che le risorse destinate dall’art. 1, co. 39, della L. 107/2015 all’attuazione del sistema di alternanza scuola-lavoro, pari a € 100 mln annui dal 2016, sono ripartite, oltre che tra le istituzioni scolastiche statali, anche tra le scuole paritarie private e degli enti locali, che insieme costituiscono il sistema nazionale di istruzione (art. 1, L. 62/2000).

A tal fine, si novella l’art. 1, co. 39, ultimo periodo, della L. 107/2015, in base al quale le risorse per l’alternanza scuola lavoro – pari a € 100 mln annui dal 2016 - sono ripartite tra le istituzioni scolastiche secondo le stesse modalità indicate al co. 11 del medesimo articolo per il riparto del fondo di funzionamento destinato alle scuole statali.

 

In base all’art. 1, co. 11, della L. 107/2015, il MIUR, entro il mese di settembre di ogni anno, eroga a favore di ciascuna istituzione scolastica la quota di risorse spettante per il periodo tra settembre e dicembre dell'anno scolastico di riferimento e, contestualmente, comunica in via preventiva l'importo delle ulteriori risorse relative al periodo compreso tra gennaio ed agosto dello stesso anno scolastico, che sarà erogata entro il mese di febbraio dell'esercizio finanziario successivo[117].

 

Si segnala che, all’esito della novella, non risultano precisate le modalità di ripartizione delle risorse tra le scuole.

 

La legge n.107/2015 (c.d. Buona scuola) ha previsto il rafforzamento del collegamento fra scuola e lavoro, attraverso l'introduzione di una durata minima dei percorsi di alternanza negli ultimi 3 anni di scuola secondaria di secondo grado (almeno 400 ore negli istituti tecnici e professionali e almeno 200 ore nei licei) e l'adozione della Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola-lavoro, riconoscendo allo studente, tra l'altro, la possibilità di esprimere una valutazione sull'efficacia e sulla coerenza dell'esperienza in azienda con il proprio indirizzo di studio. Ha, altresì, previsto la costituzione presso le Camere di commercio, del registro nazionale per l'alternanza scuola- lavoro (art. 1, co. 33-44).

Inoltre, è stata prevista la possibilità, per le scuole, di dotarsi di laboratori territoriali per l'occupabilità (art. 1, co. 60)

Il 7 settembre 2015 il MIUR ha comunicato la firma del decreto che stanzia 45 milioni per l'attivazione dei laboratori territoriali per l'occupabilità. Si tratta del  DM 4 settembre 2015, n. 657. Qui l'avviso pubblico per l'acquisizione di manifestazioni di interesse da parte delle istituzioni scolastiche. Il 1° luglio 2016 ha comunicato che sono stati finanziati 58 laboratori territoriali - che saranno operativi entro dicembre - su 151 ammessi alla valutazione (rispetto agli oltre 500 progetti presentati alla scadenza del bando). Qui la graduatoria. Fra le proposte presentate, ristoranti "digitali" nei quali studiare come ottimizzare il servizio utilizzando strumenti innovativi, officine tecnologiche, poli per la robotica e la meccanica aperti agli studenti e anche ai giovani NEET.

L'8 ottobre 2015, invece, il MIUR ha inviato alle scuole la Guida operativa per l'attivazione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro.

In precedenza, il D.L. 104/2013 ha previsto che i percorsi di orientamento - che, dall'a.s. 2013/2014, sono avviati a partire dal quarto anno nelle scuole secondarie di secondo grado, nonché nell'ultimo anno delle scuole secondarie di primo grado (art. 8) - comprendono, fra l'altro, misure per far conoscere il valore educativo e formativo del lavoro, anche attraverso giornate di formazione in azienda, agli studenti della scuola secondaria di secondo grado, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali (art. 8-bis, co. 1). Inoltre, aveva previsto un programma sperimentale per il triennio 2014-2016, per lo svolgimento di periodi di formazione in azienda degli studenti degli ultimi due anni della scuola secondaria di secondo grado, che contemplava la conclusione di contratti di apprendistato (art. 8-bis, co. 2). Era stato conseguentemente emanato il DI 473 del 17 giugno 2014 e l'8 settembre 2014 sul sito del MIUR era stata data notizia dell'avvio della fase di sperimentazione del programma di formazione in alternanza scuola-lavoro per studenti del quarto e quinto anno degli Istituti tecnici ad indirizzo Tecnologico messo a punto da MIUR, Ministero del Lavoro, regioni, organizzazioni sindacali ed Enel.

Successivamente, il d.lgs. 81/2015, dettando una disciplina organica dell'apprendistato, ha abrogato l'art. 8-bis, co. 2, del D.L. 104/2013, facendo salvi, fino alla loro conclusione, i programmi sperimentali per lo svolgimento di periodi di formazione in azienda già attivati.

Ancora in precedenza, l'art. 2, co. 14, del D.L. 76/2013 (L. 99/2013) aveva previsto tirocini formativi da destinare agli studenti delle quarte classi delle scuole secondarie di secondo grado, con priorità per quelli degli istituti tecnici e degli istituti professionali. Tale previsione è stata abrogata dall'art. 2, co.1, e dall'all. 1 del D.Lgs. 10/2016.

Si ricorda, infine, che l’art. 43, c. 5, del D.Lgs. 81/2015 (attuativo della legge delega in materia di lavoro 183/2014, cd. Jobs act) dispone che possono essere, altresì, stipulati contratti di apprendistato, di durata non superiore a quattro anni, rivolti ai giovani iscritti a partire dal secondo anno dei percorsi di istruzione secondaria superiore, per l'acquisizione, oltre che del diploma di istruzione secondaria superiore, di ulteriori competenze tecnico professionali rispetto a quelle previste dai vigenti regolamenti scolastici, utili anche ai fini del conseguimento del certificato di specializzazione tecnica superiore. Possono essere, inoltre, stipulati contratti di apprendistato, di durata non superiore a due anni, per i giovani che frequentano il corso annuale integrativo che si conclude con l'esame di Stato. Per quanto concerne altri strumenti volti a rafforzare il collegamento fra scuola e lavoro, si rimanda al sito http://www.sistemaduale.lavoro.gov.it/Pagine/default.aspx

 

 

Si ricorda che vi sono altri sgravi contributivi previsti dalla normativa vigente per il settore privato, i quali però non sono riconosciuti per i contratti di apprendistato (così come per il lavoro domestico).

Infatti, per il 2015, l'articolo 1, comma 118, della L. 190/2014 (Stabilità 2015) ha introdotto uno sgravio per i contratti a tempo indeterminato relativi a nuove assunzioni decorrenti dal 1° gennaio 2015 e stipulati entro il 31 dicembre 2015 e consistente nell'esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro (ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche e con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL), nel limite massimo di un importo di esonero pari a 8.060 euro su base annua, per un periodo massimo di trentasei mesi. Il beneficio si applica con misure, condizioni e modalità di finanziamento specifiche nel settore agricolo, ai sensi dei commi 119 e 120 del citato art. 1 della L. n. 190.

Per il 2016, l'articolo 1, commi da 178 a 181, della L. 208/2015 (Stabilità 2016) prevede, per il settore privato, la proroga dello sgravio contributivo per i contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato relativi alle assunzioni effettuate nel corso del 2016 consistente nell'esonero dal versamento del 40% dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro (con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), nel limite di 3.250 euro su base annua, per un massimo di 24 mesi. Anche in questo caso, particolari disposizioni concernono il settore agricolo (commi 179 e 180).

Per entrambi i richiamati esoneri contributivi, per il 2015 e per il 2016, sono previsti specifici casi di esclusione e di incumulabilità con altri benefici.

Nell'ambito delle misure riferite al Mezzogiorno, l’art. 1, c. 109 e 110, della L. 208/2015 estende il suddetto esonero contributivo previsto per il 2016 dalla medesima L. 208/2015 alle assunzioni a tempo indeterminato dell'anno 2017 realizzate dai datori di lavoro privati operanti nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna. L'estensione dell'incentivo è tuttavia condizionata alla ricognizione delle risorse del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie già destinate agli interventi del Piano di Azione Coesione (PAC), non ancora oggetto di impegni giuridicamente vincolanti rispetto ai cronoprogrammi approvati, da effettuarsi entro il 31 marzo 2016 e all’emanazione, all’esito della ricognizione, di un D.P.C.M. che stabilisce l’ammontare delle risorse disponibili e l’utilizzo delle stesse per l’estensione del suddetto beneficio (che non risulta ancora adottato). È prevista una maggiorazione della percentuale di decontribuzione per l'assunzione di donne di qualsiasi età, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi.


 

Articolo 1, commi 312 e 313
(Programma operativo nazionale
"Per la Scuola - competenze e ambienti per l'apprendimento")

 


312. All’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dopo il comma 616 -bis è inserito il seguente:

«616 -ter . Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, relativamente al programma operativo nazionale “Per la scuola - competenze e ambienti per l’apprendimento” riferito al periodo di programmazione 2014/2020, può condurre le verifi che di cui all’articolo 125, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, avvalendosi dei revisori dei conti di cui al comma 616 del presente articolo, rispettando il principio della separazione delle funzioni previsto dalla normativa dell’Unione europea che disciplina l’intervento dei Fondi strutturali».

313. Nel programma operativo nazionale «Per la scuola - competenze e ambienti per l’apprendimento», riferito al periodo di programmazione 2014/2020, di cui alla decisione della Commissione europea C(2014) 9952 del 17 dicembre 2014, per «istituzioni scolastiche» si intendono tutte le istituzioni scolastiche che costituiscono il sistema nazionale di istruzione, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, della legge 10 marzo 2000, n. 62.


 

 

I commi 312 e 313 stabiliscono che il PON “Per la Scuola - competenze e ambienti per l'apprendimento" riguarda tutte le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione. Si dispone, inoltre, che il MIUR può condurre i relativi controlli avvalendosi dei propri revisori dei conti.

 

In particolare, si dispone che, nel programma operativo nazionale "Per la Scuola - competenze e ambienti per l'apprendimento" del periodo di programmazione 2014/2020, per «istituzioni scolastiche» si intendono tutte le istituzioni scolastiche che costituiscono il sistema nazionale di istruzione (dunque, scuole statali e scuole paritarie private e degli enti locali, ex art. 1, L. 62/2000).

Inoltre, al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, viene riconosciuta la possibilità di condurre i controlli previsti dal Regolamento (UE) n. 1303/2013 (che disciplina l’utilizzo dei Fondi strutturali europei[118]) avvalendosi dei propri revisori dei conti (ossia, ex art. 1, co. 616, della L. 296/2006, due revisori chiamati a riscontrare la regolarità amministrativa e contabile presso le istituzioni scolastiche statali)[119]. Tale facoltà deve essere esercitata nel rispetto del principio della separazione delle funzioni previsto dalla normativa comunitaria che disciplina l'intervento dei Fondi strutturali (di cui al richiamato Regolamento UE 1303/2013).

 


 

Articolo 1, commi 314-338
(Fondo per il finanziamento dei
dipartimenti universitari di eccellenza)

 


314. Al fi ne di incentivare l’attività dei dipartimenti delle università statali che si caratterizzano per l’eccellenza nella qualità della ricerca e nella progettualità scientifica, organizzativa e didattica, nonché con riferimento alle finalità di ricerca di «Industria 4.0», nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università, di cui all’articolo 5 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, è istituita un’apposita sezione denominata «Fondo per il fi nanziamento dei dipartimenti universitari di eccellenza», con uno stanziamento di 271 milioni di euro a decorrere dall’anno 2018.

315. Il Fondo di cui al comma 314 è destinato al finanziamento quinquennale dei dipartimenti di eccellenza delle università statali, come individuati e selezionati ai sensi e per gli effetti dei commi da 318 a 331.

316. La quota parte delle risorse di cui al comma 314, eventualmente non utilizzata per le finalità di cui ai commi da 318 a 339 del presente articolo, confluisce, nel medesimo esercizio finanziario, nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università, di cui all’articolo 5 della legge 24 dicembre 1993, n. 537.

317. Per le istituzioni universitarie statali ad ordinamento speciale, ai fi ni dell’applicazione dei commi da 318 a 339, il riferimento ai dipartimenti si intende sostituito dal riferimento alle classi.

318. Entro il 31 dicembre del quarto anno di erogazione del finanziamento di cui ai commi da 314 a 317, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, è nominata una commissione deputata allo svolgimento delle attività di cui ai commi da 325 a 328. La commissione è composta da sette membri, di cui:

a) due designati dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di cui uno con funzioni di presidente;

b) quattro designati dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca nell’ambito di due rose di tre membri ciascuna, indicate rispettivamente dall’ANVUR e dal Comitato nazionale dei garanti della ricerca, di cui all’articolo 21 della legge 30 dicembre 2010, n. 240;

c) uno indicato dal Presidente del Consiglio dei ministri.

319. Entro la medesima data di cui al comma 318, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca richiede all’ANVUR, sulla base dei risultati ottenuti, all’esito dell’ultima valutazione della qualità della ricerca (VQR), dai docenti appartenenti a ciascun dipartimento delle università statali:

a) la definizione del calcolo di un apposito «Indicatore standardizzato della performance dipartimentale» (ISPD), che tenga conto della posizione dei dipartimenti nella distribuzione nazionale della VQR, nei rispettivi settori scientifico-disciplinari;

b) l’attribuzione a ognuno dei dipartimenti delle università statali del relativo ISPD.

320. All’esito delle procedure di cui al comma 319, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca redige e rende pubblica, nel proprio sito internet istituzionale, la graduatoria dei dipartimenti delle università statali, in ordine decrescente rispetto all’ISPD attribuito al singolo dipartimento.

321. Dal 1º maggio al 31 luglio del quinto anno di erogazione del finanziamento di cui ai commi da 314 a 317, esclusivamente tramite l’apposita procedura telematica accessibile dal sito internet istituzionale del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, le università statali di appartenenza dei dipartimenti collocati nelle prime 350 posizioni della graduatoria di cui al comma 320, come aggiornata agli esiti dei pareri negativi di cui al comma 337, terzo periodo, possono presentare la domanda diretta a ottenere, per ognuno dei medesimi dipartimenti, il finanziamento di cui ai commi da 314 a 317.

322. Il numero massimo di domande ammissibili, per i dipartimenti appartenenti alla stessa università statale, è pari a 15. Nel caso in cui i dipartimenti per i quali l’università statale può presentare la domanda di cui al comma 321 siano superiori a 15, l’università stessa procede a una selezione delle proprie domande dipartimentali, nel numero massimo di 15, motivando la scelta in ragione dell’ISPD attribuito al singolo dipartimento, nonché di ulteriori criteri demandati all’autonoma valutazione del singolo ateneo.

323. La domanda di cui ai commi 321 e 322:

a) è presentata, per ciascun dipartimento, con riferimento a una sola delle quattordici aree disciplinari del Consiglio universitario nazionale (CUN);

b) contiene un progetto dipartimentale di sviluppo, avente durata quinquennale, e relativo: agli obiettivi di carattere scientifico; all’utilizzo del finanziamento per il reclutamento, ai sensi degli articoli 18 e 24 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, e dell’articolo 1, comma 9, della legge 4 novembre 2005, n. 230, del personale docente, ovvero per il reclutamento di personale tecnico e amministrativo; alla premialità, ai sensi dell’articolo 9 della legge n. 240 del 2010; all’investimento in infrastrutture per la ricerca; allo svolgimento di attività didattiche di elevata qualificazione; alla presenza di eventuali cofinanziamenti attribuiti al progetto dipartimentale;

c) qualora, al medesimo dipartimento, afferissero docenti appartenenti a più aree disciplinari, il progetto di cui alla lettera b) deve dare preminenza alle aree disciplinari che hanno ottenuto, all’esito dell’ultima VQR, i migliori risultati.

324. Il numero complessivo dei dipartimenti che possono ottenere il finanziamento di cui ai commi da 314 a 317 è pari a 180. Il numero dei dipartimenti finanziati, con riferimento a ciascuna delle 14 aree disciplinari del CUN, non può essere inferiore a 5 né superiore a 20. La suddivisione del numero dei dipartimenti finanziati, con riferimento a ciascuna delle 14 aree disciplinari del CUN, è stabilita, nel limite delle risorse economiche di cui ai commi da 314 a 317, con il decreto di cui al comma 318, e tenuto conto:

a) della numerosità della singola area disciplinare, in termini di dipartimenti ad essa riferibili;

b) di criteri informati ad obiettivi di crescita e miglioramento di particolari aree della ricerca scientifica e tecnologica italiana.

325. La valutazione delle domande presentate ai sensi dei commi 321, 322 e 323 per la selezione dei dipartimenti di cui al comma 324 è affidata alla commissione di cui al comma 318 e si svolge mediante due fasi successive.

326. Nella prima fase, la commissione procede a valutare le domande presentate da ciascuna università statale in relazione al solo dipartimento che ha ottenuto la migliore collocazione nelle prime 350 posizioni della graduatoria di cui al comma 320. La valutazione della domanda ha ad oggetto il progetto dipartimentale di sviluppo di cui al comma 323, lettere b) e c) . Esclusivamente in caso di esito positivo della valutazione, il dipartimento consegue il finanziamento di cui ai commi da 314 a 317, nei limiti massimi delle risorse finanziarie assegnate a ciascuna delle 14 aree disciplinari del CUN ai sensi del comma 324.

327. Nella seconda fase, tenuto conto del numero dei dipartimenti ammessi e di quelli esclusi dal finanziamento ai sensi del comma 326, la commissione valuta le rimanenti domande assegnando a ognuna di esse un punteggio da 1 a 100, di cui 70 punti sono attribuiti in base all’ISPD del singolo dipartimento e 30 punti sono attribuiti in base al progetto dipartimentale di sviluppo di cui al comma 323, lettere b) e c) , in relazione alla coerenza e alla fattibilità dei contenuti del medesimo progetto. La graduatoria risultante all’esito di questa seconda fase suddivide i dipartimenti in base alla relativa area disciplinare di appartenenza e assegna il finanziamento di cui ai commi da 314 a 317 ai dipartimenti che, nei limiti del numero complessivo di cui al comma 324, sono utilmente posizionati.

328. Entro il 31 dicembre del quinto anno di erogazione del finanziamento di cui ai commi da 314 a 317, la commissione pubblica, nel sito internet istituzionale dell’ANVUR, l’elenco dei dipartimenti che sono risultati assegnatari del finanziamento di cui ai commi da 314 a 317. Entro il 31 marzo di ognuno dei cinque anni successivi alla predetta pubblicazione, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca trasferisce alle università statali cui appartengono i dipartimenti il relativo finanziamento. L’università è vincolata all’utilizzo di queste risorse a favore dei dipartimenti finanziati.

329. Il quarto periodo del comma 1 dell’articolo 9 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, è sostituito dal seguente: «In tal caso, le università possono prevedere, con appositi regolamenti, compensi aggiuntivi per il personale docente e tecnico amministrativo che contribuisce all’acquisizione di commesse conto terzi ovvero di finanziamenti pubblici o privati».

330. La selezione di cui ai commi 326 e 327 è svolta con cadenza quinquennale. Le attività di supporto alla commissione di cui al comma 318 da parte della competente direzione generale del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca sono svolte nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Per la partecipazione alle riunioni della commissione non sono dovuti compensi, gettoni di presenza o altri emolumenti comunque denominati. Eventuali rimborsi di spese di missione sono posti a carico delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. 

331. Per il primo quinquennio di istituzione del Fondo di cui ai commi da 314 a 317 e relativamente agli anni 2018-2022:

a) il decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di cui al comma 318, è adottato entro il 30 aprile 2017;

b) le attività di cui ai commi 319 e 320 devono concludersi entro il 30 aprile 2017;

c) il termine per la presentazione delle domande di cui al comma 321 è fissato al 31 luglio 2017;

d) il termine per la pubblicazione dell’elenco di cui al comma 328, primo periodo, è fissato al 31 dicembre 2017; i termini per il trasferimento del finanziamento annuale di cui al comma 328, secondo periodo, sono fissati al 31 marzo 2018, al 31 marzo 2019, al 31 marzo 2020, al 31 marzo 2021 e al 31 marzo 2022.

332. L’importo annuale del finanziamento di cui ai commi da 314 a 331 è pari a 1.350.000 euro.

333. L’importo di cui al comma 332:

a) è ridotto del 20 per cento per il primo quintile, calcolato in base all’organico su base nazionale, dei dipartimenti che, ai sensi del comma 327, sono risultati assegnatari del finanziamento;

b) è ridotto del 10 per cento per il secondo quintile, calcolato in base all’organico su base nazionale, dei dipartimenti che, ai sensi del comma 327, sono risultati assegnatari del finanziamento;

c) è mantenuto invariato per il terzo quintile, calcolato in base all’organico su base nazionale, dei dipartimenti che, ai sensi del comma 327, sono risultati assegnatari del finanziamento;

d) è aumentato del 10 per cento per il quarto quintile, calcolato in base all’organico su base nazionale, dei dipartimenti che, ai sensi del comma 327, sono risultati assegnatari del finanziamento;

e) è aumentato del 20 per cento per il quinto quintile, calcolato in base all’organico su base nazionale, dei dipartimenti che, ai sensi del comma 327, sono risultati assegnatari del finanziamento.

334. Per i dipartimenti appartenenti alle aree disciplinari dal n. 1 al n. 9 del CUN, l’importo di cui al comma 332 è aumentato di 250.000 euro, utilizzabili esclusivamente per investimenti in infrastrutture per la ricerca.

335. L’importo complessivo del finanziamento quinquennale di cui ai commi da 314 a 317 e di cui al comma 332 è assoggettato alle seguenti modalità di utilizzazione:

a) non più del 70 per cento, tenuto conto di quanto previsto all’articolo 18, comma 3, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, può essere impiegato per le chiamate dei professori e per il reclutamento di ricercatori, a norma degli articoli 18 e 24 della medesima legge n. 240 del 2010, e per il reclutamento del personale tecnico e amministrativo;

b) nel rispetto del limite percentuale di cui alla lettera a) del presente comma, almeno il 25 per cento deve essere impiegato per le chiamate di professori esterni all’università cui appartiene il dipartimento ai sensi dell’articolo 18, comma 4, della legge 30 dicembre 2010, n. 240;

c) nel rispetto del limite percentuale di cui alla lettera a) del presente comma, almeno il 25 per cento deve essere impiegato per il reclutamento di ricercatori, a norma dell’articolo 24, comma 3, lettera b) , della legge 30 dicembre 2010, n. 240;

d) nel rispetto del limite percentuale di cui alla lettera a) del presente comma, per le chiamate dirette di professori ai sensi dell’articolo 1, comma 9, della legge 4 novembre 2005, n. 230.

336. L’erogazione del finanziamento di cui al comma 332 è interrotta a seguito del mutamento di denominazione del dipartimento e in conseguenza della sua cessazione.

337. Entro il 31 gennaio dell’ultimo anno di erogazione del finanziamento di cui al comma 332, l’università, per ogni dipartimento, è tenuta a presentare alla commissione di cui al comma 318 una relazione contenente il rendiconto concernente l’utilizzazione delle risorse economiche derivanti dal medesimo finanziamento e i risultati ottenuti rispetto ai contenuti individuati nel progetto di cui al comma 323, lettere b) e c) . La commissione, entro tre mesi dalla presentazione della relazione, riscontrata la corrispondenza tra l’utilizzazione delle risorse economiche e gli obiettivi del progetto, verificato il rispetto delle modalità di utilizzazione di cui al comma 335, esprime il proprio motivato giudizio. In caso di giudizio negativo, l’università non può presentare per lo stesso dipartimento la domanda diretta all’ottenimento, per il quinquennio successivo, del finanziamento di cui ai commi da 314 a 317.

338. Al fi ne di favorire l’utilizzazione dei finanziamenti di cui ai commi da 314 a 337 del presente articolo, alla legge 30 dicembre 2010, n. 240, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 23, comma 4, sono aggiunte, in fi ne, le seguenti parole: «, ma consente di computare le eventuali chiamate di coloro che sono stati titolari dei contratti nell’ambito delle risorse vincolate di cui all’articolo 18, comma 4»;

b) all’articolo 24, comma 3, la lettera b) è sostituita dalla seguente: « b) contratti triennali, riservati a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lettera a) , ovvero che hanno conseguito l’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di prima o di seconda fascia di cui all’articolo 16 della presente legge, ovvero che sono in possesso del titolo di specializzazione medica, ovvero che, per almeno tre anni anche non consecutivi, hanno usufruito di assegni di ricerca ai sensi dell’articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, o di assegni di ricerca di cui all’articolo 22 della presente legge, o di borse post-dottorato ai sensi dell’articolo 4 della legge 30 novembre 1989, n. 398, ovvero di analoghi contratti, assegni o borse in atenei stranieri».


 

 

I commi 314-338 istituiscono, a decorrere dal 2018, nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università statali (FFO), una sezione destinata a finanziare i dipartimenti universitari di eccellenza, sulla base dei risultati della Valutazione della qualità della ricerca (VQR) effettuata dall’ANVUR e della valutazione dei progetti dipartimentali di sviluppo, presentati dalle università.

Il Fondo per il finanziamento dei dipartimenti universitari di eccellenza

La nuova sezione del FFO (v. ante, scheda art. 1, co. 252-267) – che ha una dotazione annua di 271 milioni di euro, a decorrere dal 2018 – è volta ad incentivare, con un finanziamento quinquennale, l’attività dei dipartimenti universitari che si caratterizzano per l’eccellenza nella qualità della ricerca e nella progettualità scientifica, organizzativa e didattica, nonché con riferimento alle finalità di ricerca di Industria 4.0.

Nelle istituzioni universitarie statali ad ordinamento speciale, il riferimento compiuto ai dipartimenti si intende sostituito con il riferimento alle classi[120].

Le somme eventualmente non utilizzate confluiscono, nello stesso esercizio finanziario, nel FFO

Il procedimento per l’attribuzione del finanziamento

La Commissione incaricata della valutazione

Con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, si procede alla nomina della Commissione incaricata della valutazione delle domande presentate dalle università, che si compone di 7 membri, di cui:

§  2 designati dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, dei quali, uno con funzioni di presidente;

§  4 designati dallo stesso Ministro nell’ambito di 2 rose, ciascuna con 3 soggetti, indicate rispettivamente dall’ANVUR e dal Comitato Nazionale dei Garanti della Ricerca[121];

§  1 indicato dal Presidente del Consiglio dei Ministri.

Il decreto di nomina della Commissione è emanato, per il quinquennio 2018-2022, entro il 30 aprile 2017 e, a regime, entro il 31 dicembre del quarto anno di erogazione del (precedente) finanziamento.

 

Per la partecipazione alle riunioni della Commissione non sono dovuti compensi, gettoni di presenza o altri emolumenti comunque denominati. Eventuali rimborsi relativi a spese di missione sono posti a carico delle risorse finanziarie del MIUR disponibili a legislazione vigente.

Anche le attività di supporto alla Commissione da parte della competente Direzione generale del MIUR si svolgono nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

La prima graduatoria sulla base dei risultati della VQR

Entro la stessa data indicata per il decreto di nomina della Commissione (dunque, entro il 30 aprile 2017 per il quinquennio 2018-2022 e, a regime, entro il 31 dicembre del quarto anno di erogazione del precedente finanziamento) il MIUR richiede all’ANVUR, sulla base dei risultati ottenuti nell’ultima VQR dai docenti appartenenti a ciascun dipartimento, la definizione di un apposito Indicatore Standardizzato della Performance Dipartimentale (ISPD), che tenga conto della posizione dei dipartimenti nell’ambito della distribuzione nazionale della VQR, nei rispettivi settori scientifici disciplinari, nonché l’attribuzione ad ogni dipartimento del relativo indice.

 

La VQR 2004-2010 – il cui progetto è stato formalizzato con DM 15 luglio 2011 – è stata avviata dall'ANVUR con bando del 7 novembre 2011 ed è stata articolata sulle 14 aree disciplinari individuate dal D.M. 4 ottobre 2000, n. 175[122] (poi divenute 16, nel corso della valutazione dei prodotti della ricerca effettuata dai Gruppi di esperti, per la suddivisione delle aree 8 e 11 in due sub-aree).

La valutazione riguardava obbligatoriamente le università e gli enti pubblici di ricerca vigilati dal MIUR, e consentiva ad altri enti di ricerca di sottoporsi volontariamente alla valutazione con una partecipazione ai costi.

Per le università, la VQR aveva tra i suoi compiti anche quello di fornire agli atenei una graduatoria dei dipartimenti universitari che potesse essere utilizzata come informazione e in piena autonomia dagli organi decisionali delle strutture per la distribuzione interna delle risorse.

I soggetti valutati sono stati ricercatori, assistenti, professori associati e professori ordinari (a tempo indeterminato e a tempo determinato).

Il rapporto finale della VQR 2004-2010 è stato presentato dall'ANVUR nel giugno 2013. Successivamente, a seguito di varie segnalazioni, i risultati della valutazione sono stati aggiornati, secondo quanto indicato dall'ANVUR nella news del 30 gennaio 2014.

Con riferimento alla VQR 2011–2014, il 27 giugno 2015 è stato emanato il D.M. 458/2015, recante le linee guida, il cui art. 2, in particolare, ha disposto che il processo di valutazione sarebbe stato avviato con l'emissione di apposito bando del Presidente dell'ANVUR e si sarebbe dovuto concludere con la pubblicazione dei risultati entro il termine del 31 ottobre 2016.

Il bando è stato approvato dal Consiglio Direttivo dell’ANVUR il 30 luglio 2015, e modificato il 3 settembre 2015 e l’11 novembre 2015.

Qui una sintesi sulle caratteristiche della VQR 2011-2014.

 

Successivamente, il MIUR compila la graduatoria per ISPD decrescente dei singoli dipartimenti, e la rende pubblica sul proprio sito internet.

Per il primo quinquennio, tali operazioni devono concludersi entro la stessa data del 30 aprile 2017.

Si tratta, peraltro, della stessa data prevista per la richiesta all’ANVUR, che è ovviamente propedeutica.

Per quanto riguarda la disciplina a regime, invece, non è indicato il termine entro cui deve essere pubblicata la graduatoria dei dipartimenti in base ai risultati della VQR.

Le domande di finanziamento e il progetto dipartimentale di sviluppo

La domanda per ottenere il finanziamento può essere presentata, esclusivamente tramite l’apposita procedura telematica accessibile dal sito del MIUR, dalle università statali cui afferiscono i dipartimenti collocati nelle prime 350 posizioni della graduatoria.

Il numero massimo di domande ammissibili per dipartimenti appartenenti alla stessa università statale è pari a 15. Nel caso in cui i dipartimenti in posizione utile di graduatoria siano più di 15, l’università procede ad una selezione, motivando la scelta in ragione dell’ISPD attribuito e di ulteriori criteri che possono essere stabiliti dal singolo ateneo.

La domanda contiene un progetto dipartimentale di sviluppo, avente durata quinquennale, e relativo a:

§  obiettivi di carattere scientifico;

§  utilizzo del finanziamento per il reclutamento di professori e ricercatori (ex artt. 18 e 24, L. 240/2010, e art. 1, co. 9, L. 230/2005), nonché di personale tecnico ed amministrativo;

§  premialità (ex art. 9, L. 240/2010: v. infra);

§  investimento in infrastrutture per la ricerca;

§  svolgimento di attività didattiche di elevata qualificazione;

§  presenza di eventuali cofinanziamenti attribuiti al progetto.

 

Per ciascun dipartimento, può essere presentata domanda per una sola delle 14 aree disciplinari. Qualora, al medesimo dipartimento afferiscono docenti appartenenti a più aree disciplinari, il progetto dipartimentale di sviluppo deve dare preminenza all’area disciplinare che ha ottenuto, all’esito dell’ultima VQR, i migliori risultati.

Per il primo quinquennio, il termine finale per la presentazione delle domande è fissato al 31 luglio 2017. Non è, invece, indicato il termine iniziale per la presentazione delle domande.

A regime, invece, le domande possono essere presentate dal 1° maggio al 31 luglio del quinto anno di erogazione del (precedente) finanziamento.

I dipartimenti finanziabili

Il numero complessivo dei dipartimenti che possono ottenere il finanziamento è pari a 180, di cui non meno di 5 e non più di 20 per ogni area disciplinare.

La suddivisione del numero dei dipartimenti finanziati per ogni area disciplinare è stabilita con il medesimo decreto ministeriale di nomina della Commissione valutatrice, tenuto conto della numerosità della singola area disciplinare – in termini di dipartimenti ad essa riferibili – e di criteri che hanno come obiettivo la crescita e il miglioramento di particolari aree della ricerca scientifica e tecnologica italiana.

Valutazione delle domande e assegnazione delle risorse

La valutazione delle domande si articola in due fasi.

Nella prima fase, la Commissione procede a valutare i progetti dipartimentali di sviluppo presentati da ciascuna università in relazione solo al dipartimento collocato nella posizione migliore in graduatoria. In caso di esito positivo, il dipartimento consegue il finanziamento, fermo restando il rispetto dei “limiti massimi delle risorse finanziarie assegnate a ciascuna delle 14 aree disciplinari”.

Al riguardo, si evidenzia, peraltro, che, in base all’art. 1, co. 324, il decreto ministeriale provvede alla suddivisione per area disciplinare del “numero dei dipartimenti finanziati” e non delle risorse.

 

Nella seconda fase, la commissione, tenuto conto del numero dei dipartimenti già ammessi al finanziamento nella prima fase, valuta le rimanenti domande assegnando ad ognuna un punteggio da 1 a 100. In particolare, fino a 70 punti sono attribuiti in base all’ISPD, mentre fino a 30 punti sono attribuiti al progetto dipartimentale di sviluppo, in relazione a coerenza e fattibilità dello stesso progetto. I dipartimenti sono poi suddivisi in base all’area disciplinare di appartenenza. Il finanziamento è assegnato ai dipartimenti che, nei limiti del numero complessivo (rimanente) stabilito per ciascuna area, sono utilmente posizionati in graduatoria.

L’elenco dei dipartimenti assegnatari del finanziamento è pubblicato dalla Commissione sul sito dell’ANVUR (e non anche del MIUR).

Per il primo quinquennio, ciò avviene entro il 31 dicembre 2017; a regime, entro il 31 dicembre del quinto anno di erogazione del (precedente) finanziamento.

Entro il 31 marzo di ognuno dei cinque anni successivi alla pubblicazione del predetto elenco, il MIUR trasferisce il finanziamento alle università cui appartengono i dipartimenti, con vincolo di utilizzo a favore dei medesimi dipartimenti assegnatari.

In caso di mutamento di denominazione del dipartimento assegnatario o della sua cessazione, l’erogazione del finanziamento è interrotta.

Importo del finanziamento e sua utilizzazione

L’importo annuo del finanziamento per ciascun dipartimento assegnatario dipende innanzitutto dalla consistenza dell’organico del dipartimento, rapportata alla consistenza organica a livello nazionale.

Più nello specifico, l’importo annuale base – pari a 1.350.000 euro – è attribuito ai dipartimenti risultati assegnatari del finanziamento che si trovano nel terzo quintile[123];

Lo stesso importo:

§  è ridotto del 20% per i dipartimenti assegnatari che si trovano nel primo quintile;

§  è ridotto del 10% per i dipartimenti assegnatari che si trovano nel secondo quintile;

§  è aumentato del 10% per i dipartimenti assegnatari che si trovano nel quarto quintile;

§  è aumentato del 20% per i dipartimenti assegnatari che si trovano nel quinto quintile[124].

Al riguardo si segnala che, nel co. 333, il riferimento al co. 327 (e non al co. 328) esclude i dipartimenti ai quali il finanziamento sia stato assegnato ai sensi del co. 326.

Per i dipartimenti appartenenti alle aree disciplinari da 1 a 9, l’importo è aumentato di 250.000 euro, da utilizzare esclusivamente per investimenti in infrastrutture per la ricerca.

L’importo complessivo del finanziamento quinquennale è assoggettato a determinati vincoli di utilizzo.

Al riguardo si segnala che nell’alinea del co. 335, nel riferirsi all’importo complessivo del finanziamento quinquennale, si richiamano sia i commi da 314 a 317 (nei quali è indicato proprio lo stanziamento annuale complessivo del Fondo), sia il comma 332 che, come si è visto, non include, per l’importo annuale del finanziamento dipartimentale, né gli incrementi né i decrementi previsti dai commi 333 e 334.

Innanzitutto, si dispone che non più del 70% dell’importo complessivo del finanziamento può essere utilizzato per il reclutamento di professori e di ricercatori, nonché di personale tecnico e amministrativo, “tenuto conto di quanto previsto all’articolo 18, comma 3, della legge 30 dicembre 2010, n. 240”.

L’art. 18, co. 3, della L. 240/2010 prevede che gli oneri derivanti dalla chiamata di professori e dalla stipula di contratti per ricercatore possono essere a carico totale di altri soggetti pubblici e di soggetti privati, previa stipula di convenzioni di importo non inferiore al costo quindicennale per i posti di professore di ruolo e di ricercatore di tipo B (ovvero di importo e durata non inferiore a quella del contratto per i posti di ricercatore di tipo A) (v. infra).

Al riguardo, la relazione tecnica all’A.S. 2611 evidenziava che il riferimento era al principio che dovrà essere tenuto in considerazione dagli atenei per calcolare il numero di docenti da reclutare con il finanziamento attribuito, ossia la garanzia della copertura del costo quindicennale del posto. Dunque, il finanziamento attribuito nei 5 anni dovrà essere diviso per il costo stipendiale dei 15 anni della figura che si vuole reclutare (professore o ricercatore di tipo B).

 

Inoltre, fermo restando tale primo vincolo, si stabilisce che il finanziamento deve essere impiegato:

 

§  per almeno il 25%, per le chiamate di professori esterni all’università cui appartiene il dipartimento, ai sensi dell’art. 18, co. 4, della L. 240/2010.

La norma citata prevede che ciascuna università statale, nell'ambito della programmazione triennale, vincola le risorse corrispondenti ad almeno un quinto dei posti disponibili di professore di ruolo alla chiamata di coloro che nell'ultimo triennio non hanno prestato servizio, o non sono stati titolari di assegni di ricerca ovvero iscritti a corsi universitari nell'università stessa.

Al riguardo, sono considerati “esterni” anche coloro che sono stati titolari di contratti di insegnamento. A tal fine, è stato novellato l’art. 23, co. 4, della L. 240/2010 che prevede che la stipulazione di contratti per attività di insegnamento non dà luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli universitari – inserendovi anche la nuova previsione.

 

§  per almeno il 25%, per il reclutamento di ricercatori di tipo B.

L’art. 24, co. 3, della L. 240/2010 ha individuato due tipologie di contratti di ricerca a tempo determinato. La prima (lett. a)) consiste in contratti di durata triennale, prorogabili per due anni, per una sola volta, previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte. La seconda (lett. b)) è riservata a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lettera a), oppure, per almeno tre anni anche non consecutivi, di assegni di ricerca o di borse post-dottorato, oppure di contratti, assegni o borse analoghi in università straniere – nonché, ai sensi dell’art. 29, co. 5, a candidati che hanno usufruito per almeno 3 anni di contratti a tempo determinato stipulati in base all’art. 1, co. 14, della L. 230/2005 – e consiste in contratti triennali non rinnovabili.

Il co. 5 dello stesso art. 24 prevede che nel terzo anno di questa seconda tipologia di contratto l’università, nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, valuta il titolare del contratto che abbia conseguito l’abilitazione scientifica nazionale, ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato. Se la valutazione ha esito positivo, il titolare del contratto, alla scadenza dello stesso, è inquadrato come professore associato.

Al riguardo, si prevede che i contratti di ricercatore di tipo B possono essere stipulati anche con coloro che hanno conseguito l’abilitazione scientifica nazionale o sono in possesso del titolo di specializzazione medica.

A tal fine, è stato novellato l’art. 24, co. 3, lett. b), della L. 240/2010, inserendovi anche il riferimento ai soggetti che hanno usufruito di assegni di ricerca di cui all’art. 22 della stessa L. 240/2010 che, erroneamente, non erano stati citati nell’art. 24, ma ai quali la possibilità di stipulare contratti di ricercatore di tipo B era già stata estesa – con una previsione di equipollenza, ma al di fuori di una novella – con l’art. 1, co. 10-octies, secondo periodo, del D.L. 210/2015 (L. 21/2016).

 

§  per le chiamate dirette di professori (ex art. 1, co. 9, L. 230/2005). Per tale tipologia, non è definita una quota minima.

L’art. 1, co. 9, della L. 230/2005 – come da ultimo modificato dall’art. 1, co. 209, della L. 208/2015 - dispone che le università, nell’ambito delle relative disponibilità di bilancio, possono procedere alla copertura di posti di professore ordinario e associato e di ricercatore mediante chiamata diretta di:

-     studiosi impegnati all’estero da almeno un triennio in attività di ricerca o insegnamento universitario, che ricoprano una posizione accademica equipollente in istituzioni universitarie estere;

-     studiosi che abbiano già svolto per chiamata diretta autorizzata dal MIUR, nell’ambito del “programma di rientro dei cervelli”, un periodo di almeno tre anni di ricerca e di docenza nelle università italiane e conseguito risultati scientifici congrui rispetto al posto per il quale ne viene proposta la chiamata;

-     studiosi che siano risultati vincitori nell’ambito di specifici programmi di ricerca di alta qualificazione, finanziati dall’Unione europea o dallo stesso MIUR[125];

-     studiosi italiani e stranieri di elevato e riconosciuto merito scientifico, previamente selezionati mediante procedure nazionali (il riferimento è proprio alle procedure di cui ai commi 208-212 della L. 208/2015, c.d. “Cattedre Natta”).

Le università possono procedere, altresì, alla copertura dei posti di professore ordinario mediante chiamata diretta di studiosi di chiara fama.

A tali fini, le università formulano specifiche proposte al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, che concede o rifiuta il nulla osta alla nomina, previo parere – ad eccezione del caso di chiamate di studiosi che siano risultati vincitori di uno dei programmi di ricerca di alta qualificazione effettuate entro tre anni dalla vincita del programma e di chiamate di studiosi di elevato e riconosciuto merito scientifico previamente selezionati attraverso le procedure nazionali – della commissione nominata per l’espletamento delle procedure di abilitazione scientifica nazionale.

Il rettore, con proprio decreto, dispone la nomina determinando la relativa classe di stipendio sulla base delle eventuale anzianità di servizio e di valutazioni di merito.

Relazione finale

Entro il 31 gennaio dell’ultimo anno di erogazione del (precedente) finanziamento l’Università deve presentare alla Commissione incaricata della valutazione, per ogni dipartimento, una relazione contenente il rendiconto dell’utilizzazione delle risorse e i risultati ottenuti rispetto ai contenuti individuati nel progetto.

Entro tre mesi dalla presentazione della relazione, la Commissione esprime il proprio motivato giudizio circa la corrispondenza tra utilizzo delle risorse e obiettivi del progetto, nonché il rispetto dei vincoli di utilizzo di cui sopra.

In caso di giudizio negativo, l’Università non può presentare, per il quinquennio successivo, la domanda di finanziamento per lo stesso dipartimento.

Si segnala che nel co. 337 si fa riferimento al finanziamento di cui al comma 332 che, tuttavia, non considera le riduzioni e gli aumenti di cui al comma 333, nonché la maggiorazione di cui al comma 334.

La disciplina del Fondo di ateneo per la premialità

Si modifica la disciplina inerente il Fondo di ateneo per la premialità, previsto dall’art. 9 della L. 240/2010, estendendo la possibilità di concedere compensi aggiuntivi al personale docente e al personale tecnico amministrativo anche al caso in cui tale personale contribuisca all’acquisizione di finanziamenti pubblici, ed eliminando il divieto di concedere tali compensi aggiuntivi a valere sulle risorse del Fondo derivanti da finanziamenti pubblici.

In base all’art. 9 della L. 240/2010, il Fondo di ateneo per la premialità di professori e ricercatori è alimentato innanzitutto con le somme relative agli scatti stipendiali non attribuite a causa di valutazione negativa.

Sono previsti anche altri possibili canali per alimentare il Fondo: il MIUR può attribuire ulteriori somme ad ogni università, in proporzione alla valutazione dei risultati effettuata dall’ANVUR; inoltre, ogni ateneo può integrare il Fondo con una quota dei proventi delle attività svolte in conto terzi o con finanziamenti pubblici o privati. In tal caso, a legislazione previgente, l’ateneo poteva prevedere compensi aggiuntivi per il personale docente e tecnico amministrativo che contribuiva all’acquisizione di commesse conto terzi o di finanziamenti solo privati, e solo nei limiti delle risorse che non derivavano da finanziamenti pubblici.



[1]     La natura formale del bilancio discendeva dal previgente terzo comma dell’articolo 81 della Costituzione, a norma del quale, si rammenta, con la legge di bilancio “non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese”. Con la mancata riproposizione di tale norma del nuovo testo dell’articolo 81 introdotto dalla legge costituzionale n. 1 del 2012 si è determinato il passaggio da una concezione formale ad una concezione sostanziale della legge di bilancio.

[2]     Tali tabelle prevedevano, rispettivamente, la determinazione degli importi delle leggi di spesa permanente, la riduzione di autorizzazioni legislative di spesa di parte corrente nonché le variazioni delle leggi che dispongono spese a carattere pluriennale in conto capitale.

[3]     In corso d’esame presso la Camera (A.C. 4110).

[4]     Cfr. relazione illustrativa al disegno di legge di bilancio integrato, Tavola 2.

[5]     La disciplina degli abbonamenti alle radioaudizioni e alla televisione è stata introdotta dal R.D.L. 246/1938 (L. 880/1938).

[6]     Ai sensi della L. 13 giugno 1935, n. 1184, come modificato dal d.lgs.lgt. 8 febbraio 1946, n. 56.

[7]     A tal fine, l’art. 10, co. 1, ha novellato l’art. 1, co. 160, lett. b), della L. 208/2015, che aveva destinato fino a € 50 mln annui provenienti dal canone RAI al Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, contestualmente istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, destinato (solo) all’emittenza radiofonica e televisiva in ambito locale.

[8]     La permanenza in vigore della l. 907/1942, pur a seguito delle semplificazioni legislative che hanno avuto luogo nel corso degli anni, è stata ritenuta “indispensabile” dall’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179.

[9]     In attuazione della norma, in data 14 febbraio 2014 è stata stipulata tra il Ministero dello Sviluppo Economico, Associazione Bancaria Italiana e CDP una Convenzione che disciplina le condizioni, i criteri e le modalità di utilizzo da parte delle banche del plafond di provvista CDP.

[10]    Con decreto direttoriale del 02 settembre 2016 è stata disposta, a partire dal giorno successivo, la chiusura dello sportello per la presentazione delle domande di accesso ai contributi statali, a causa dell’esaurimento delle risorse finanziarie disponibili.

[11]    Cfr. anche la Relazione sulle spese pluriennali e di investimento allegata alla Nota di aggiornamento al DEF 2016.

[12]    La citata Relazione espone un’analisi previsionale dalla quale emerge un fabbisogno complessivo di ulteriori 212 milioni di euro complessivi nel periodo 2017-2023. L’analisi è stata condotta sulla base dell’attuale trend di impiego delle risorse e stimando, per effetto della più generale politica di stimolo degli investimenti messa in atto dal Governo (maxiammortamento), un incremento realistico di circa il 20% , anche in ragione dei nuovi soggetti finanziatori non più “vincolati” alla provvista finanziaria di CDP.

[13]    Ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3 del TFUE i progetti (nazionali) diretti a istituire o modificare aiuti sono comunicati alla Commissione europea in tempo utile perché essa presenti le sue osservazioni. Se la Commissione ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato interno a norma dell'articolo 107 TFUE, la Commissione inizia senza indugio la procedura prevista dal paragrafo 2 dello stesso articolo 108. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale. Ai sensi del paragrafo 4 dell'articolo 108 del TFUE, la Commissione può adottare regolamenti concernenti le categorie di aiuti di Stato per le quali il Consiglio ha stabilito, conformemente all'articolo 109 TFUE, che possono essere dispensate dalla procedura di notifica.

[14]    L’intensità di auto è importo lordo dell'aiuto espresso come percentuale dei costi ammissibili, al lordo di imposte o altri oneri

[15]    L'articolo 1 del Regolamento UE n. 1407/2013, fissa il campo di applicazione disponendo che esso si applichi agli aiuti concessi alle imprese di qualsiasi settore, ad eccezione dei seguenti aiuti:

a)    aiuti concessi a imprese operanti nel settore della pesca e dell'acquacoltura di cui al regolamento (CE) n. 104/2000 del Consiglio;

b)    aiuti concessi a imprese operanti nel settore della produzione primaria dei prodotti agricoli;

c)     aiuti concessi a imprese operanti nel settore della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli nei casi seguenti:

i)    qualora l'importo dell'aiuto sia fissato in base al prezzo o al quantitativo di tali prodotti acquistati da produttori primari o immessi sul mercato dalle imprese interessate,

ii)   qualora l'aiuto sia subordinato al fatto di venire parzialmente o interamente trasferito a produttori primari;

d)    aiuti per attività connesse all'esportazione verso paesi terzi o Stati membri, ossia aiuti direttamente collegati ai quantitativi esportati, alla costituzione e gestione di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse con l'attività d'esportazione;

e)     aiuti subordinati all'impiego di prodotti nazionali rispetto a quelli d'importazione.

[16]    Il d. lgs. 460/1997 reca il riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale,

[17]  Dal punto di vista settoriale, la gran parte delle start-up innovative (oltre l'80%) opera nel settore dei servizi privati alle famiglie e alle imprese. Se si escludono i comparti del turismo e del commercio, emerge che il 76% delle start-up italiane fornisce servizi alle imprese. In particolare, le attività nettamente prevalenti sono quelle relative alla consulenza informatica e alla produzione di software (circa il 42% del totale start-up). Seguono le attività di ricerca scientifica e sviluppo e le attività professionali e tecniche (28%). Solo il 18% delle start-up innovative opera nei settori dell'industria manifatturiera e delle costruzioni; infine il commercio incide soltanto per il 4% del totale. All'interno del manifatturiero prevalgono le fabbricazioni di computer e prodotti di elettronica e ottica, di macchinari ed apparecchiature e di apparecchiature elettriche ed apparecchiature per uso domestico non elettriche.

[18]    A fine dicembre 2015 il numero di start-up innovative iscritte alla sezione speciale del Registro delle imprese, è pari a 5.143, in aumento di 439 unità rispetto alla fine di settembre (+9,3%). Le start-up rappresentano lo 0,33% del milione e mezzo di società di capitali italiane. Il capitale sociale delle start-up è pari complessivamente a poco più di 258 milioni di euro, che corrisponde in media a quasi 50 mila euro a impresa (il capitale medio è rimasto stabile rispetto al trimestre precedente).

[19]    Tale regolamento dichiarava alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato. In particolare, l’articolo 21 riguarda le condizioni di compatibilità dei regimi di aiuti al finanziamento del rischio a favore delle PMI.

[20]    L’articolo 4 citato è relativo all’istituzione di un apposito fondo rotativo per la gestione dei mutui agevolati concessi ad Invitalia, ai sensi dell’articolo 23 del decreto legislativo n. 185/2000, con il compito di provvedere alla selezione ed erogazione delle agevolazioni ivi previste a favore dell’autoimprenditorialità e dell’autoimpiego; si rammenta che le misure relative all'autoimpiego (di cui al medesimo D.Lgs. n. 185 del 2000, ma al titolo II non richiamato dalla norma in commento) rappresentano un complesso di incentivi, destinati prevalentemente ai soggetti privi di occupazione residenti nelle aree depresse, ai fini della creazione di attività di lavoro autonomo o della costituzione di microimprese o della creazione di iniziative di autoimpiego in forma di franchising.

[21]    I rientri quindi potrebbero anche derivare da esiti patologici delle misure previste dal capo III del medesimo titolo I del citato decreto legislativo n. 185/2000: si tratta delle iniziative dirette a sostenere  in tutto il territorio nazionale le  imprese  agricole  a  prevalente  o totale partecipazione giovanile, a favorire il ricambio generazionale in  agricoltura  e  a  sostenerne  lo  sviluppo  attraverso  migliori condizioni per l'accesso al credito.

[22]   In riferimento agli impieghi del Fondo per la crescita sostenibile, si rammenta che, già a partire dal D.M. 20 giugno 2013, essi hanno finanziato interventi, volti al sostegno di progetti di ricerca e sviluppo - finalizzati alla realizzazione di nuovi prodotti, processi o servizi o al significativo miglioramento di prodotti, processi o servizi esistenti - di rilevanza strategica per il sistema produttivo e, in particolare, per la competitività delle piccole e medie imprese. In questo quadro, il MiSe ha emanato decreti di concessione di agevolazioni per programmi di sviluppo sperimentale, comprendenti eventualmente anche attività non preponderanti di ricerca industriale, attuati da imprese start-up.

[23]    Nei fondi comuni di investimento di tipo chiuso il rimborso delle quote è ammesso solo in periodi predeterminati (cfr. l'art. 1, comma 1, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni).

[24]    Nel caso di specie, si tratta del Piano triennale degli investimenti dell'INAIL per il triennio 2016-2018.

[25]    Per l'attuazione si veda la Circolare INAIL 11 aprile 2016, n. 15.

[26]    Il D.P.C.M. dispone l’approvazione di un progetto esecutivo, allegato al decreto, che si presenta come un Masterplan redatto in lingua inglese, riferito a differenti e distinti piani di intervento. L’articolo 2, co. 1 del decreto dispone che l’IIT deve provvedere, entro trenta giorni dalla data del medesimo decreto (16 settembre 2016), ad avviare il progetto e a rendere operativo un “apposito ente” indicato in premessa, da costituire entro 24 mesi dalla medesima data.

[27]    Secondo le informazioni disponibili sul sito istituzionale della Società Sincrotrone, la società stessa è stata istituita nel 1987 e gestisce la sorgente di luce di sincrotrone Elettra e il laser ad elettroni liberi FERMI. In particolare, FERMI è il nuovo laser ad elettroni liberi (FEL) seeded che sta entrando in servizio accanto ad Elettra, la macchina di luce di sincrotrone di terza generazione. Unico tra le cinque sorgenti FEL al mondo attualmente operanti nell'ultravioletto e nei raggi X molli, FERMI è stato sviluppato per generare impulsi ultracorti (10-100 femtosecondi) con una luminosità di picco 10 miliardi di volte superiore a quella fornita dalle sorgenti luminose di terza generazione. FERMI sta per aprire opportunità per lo studio della struttura della materia condensata ed i suoi stati transitori, della materia soffice condensata e di quella a bassa densità, utilizzando una varietà di tecniche di diffrazione, dispersione e spettroscopia.

[28]    Fino al 2016 le risorse del Fondo risultavano allocate nello stato di previsione del MEF.

[29]    Il Fondo è allocato sul cap. 7457 dello stato di previsione del MEF.

[30]    Secondo queste ultime, non concorrono a formare la parte imponibile i redditi già assoggettati ad imposta.

[31]    Si ricorda che, ai fini di quest'esenzione, le azioni non devono essere riacquistate dalla società emittente o dal datore di lavoro né comunque essere cedute prima che siano trascorsi almeno tre anni dalla percezione.

[32]    Per la nozione di familiari, cfr. l'art. 12 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

[33]    La lettera g-bis) del comma 1156 ha disposto lo stanziamento, a decorrere dall’anno 2008, sempre a valere sul Fondo per l’occupazione, di un ulteriore contributo, pari a 50 milioni di euro, per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili nonché per iniziative connesse alle politiche attive per il lavoro. Tale contributo opera in favore delle regioni rientranti negli obiettivi di convergenza dei Fondi strutturali UE, che per le finalità su indicate stipulano una apposita convenzione con il Ministero del lavoro.

[34]    Cd. riforma Fornero.

[35]    L’articolo 2, comma 31, della legge n.92/2012 prevede che “Nei casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per le causali che, indipendentemente dal requisito contributivo, darebbero diritto all'ASpI, intervenuti a decorrere dal 1° gennaio 2013, è dovuta, a carico del datore di lavoro, una somma pari al 41 per cento del massimale mensile di ASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni”.

[36]    Secondo quanto riportato nella relazione tecnica allegata al provvedimento, la valutazione è stata effettuata (sulla base di elementi amministrativi forniti dall’I.N.P.S.) sulla base di una stima di 277.000 iscritti per il 2017 con reddito medio annuo pari a 16.300 euro.

[37]    La domanda può essere presentata direttamente o tramite un intermediario autorizzato ai sensi della legge n.152/2001, ossia istituti di patronato e di assistenza sociale.

[38]    La domanda deve essere presentata attraverso l’uso dell’identità digitale SPID di secondo livello, ai sensi del DPCM 24 ottobre 2014 (recante “Definizione delle caratteristiche del sistema pubblico per la gestione dell'identità digitale di cittadini e imprese (SPID), nonché dei tempi e delle modalità di adozione del sistema SPID da parte delle pubbliche amministrazioni e delle imprese”).

[39]    Sul diritto di recesso v. oltre (comma 171).

[40]    Decreto legislativo n.385/1993.

[41]    Si segnala che il testo iniziale del disegno di legge prevedeva che l’APE costituisse credito ai consumatori (ai fini dell’applicazione del titolo VI del  Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, recante norme in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali e di rapporti con i clienti) solo “se di importo non superiore a 75.000 euro”

[42]    Decreto legislativo n.231/2007, recante “Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione”.

[43]    Ai sensi dell’articolo 30, comma 8, del decreto legislativo n.231/2007, il quale prevede che “Nel caso di rapporti continuativi relativi all'erogazione di credito al consumo, di leasing, di emissione di moneta elettronica o di altre tipologie operative indicate dalla Banca d'Italia, l'identificazione può essere effettuata da collaboratori esterni legati all'intermediario da apposita convenzione, nella quale siano specificati gli obblighi previsti dal presente decreto e ne siano conformemente regolate le modalità di adempimento”.

[44]    Il sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale è disciplinato dal DPCM 24 ottobre 2014 (recante “Definizione delle caratteristiche del sistema pubblico per la gestione dell'identità digitale di cittadini e imprese (SPID), nonché dei tempi e delle modalità di adozione del sistema SPID da parte delle pubbliche amministrazioni e delle imprese”).

[45]    Il diritto di recesso è disciplinato dall’articolo 125-ter del decreto legislativo n.385/1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) e dall’articolo 67-duodecies del decreto legislativo n.206/2005 (Codice del consumo). Il primo prevede che “Il consumatore può recedere dal contratto di credito entro quattordici giorni; il termine decorre dalla conclusione del contratto o, se successivo, dal momento in cui il consumatore riceve tutte le condizioni e le informazioni (previste ai sensi dell'articolo 125-bis)”. Il secondo prevede che “Il consumatore dispone di un termine di quattordici giorni per recedere dal contratto senza penali e senza dover indicare il motivo. […]Il termine durante il quale può essere esercitato il diritto di recesso decorre alternativamente: a)  dalla data della conclusione del contratto, tranne nel caso delle assicurazioni sulla vita, per le quali il termine comincia a decorrere dal momento in cui al consumatore è comunicato che il contratto è stato concluso; b) dalla data in cui il consumatore riceve le condizioni contrattuali e le informazioni di cui all'articolo 67-undecies, se tale data è successiva a quella di cui alla lettera a). Il termine per l’esercizio del diritto di recesso dal contratto è ridotto a 14 giorni (rispetto ai 30 giorni previsti dalla normativa vigente, di cui all’articolo 67-duodecies, comma 2, del decreto legislativo n.206/2005, per i contratti a distanza aventi per oggetto le assicurazioni sulla vita e schemi pensionistici individuali).

[46]   In estrema sintesi, l’esercizio dell’opzione per l’imposta sostitutiva sui finanziamenti – che si applica ordinariamente nella misura ordinaria dello 0.25% dell’importo del finanziamento - consente, alle condizioni di legge, l’esenzione dagli altri tributi indiretti (imposta di registro, imposta di bollo, imposta ipotecaria, etc.) che sarebbero altrimenti applicabili ai singoli atti posti in essere per effettuare le medesime operazioni di finanziamento, ivi comprese le garanzie.

[47]   La disposizione richiama l’articolo 7 del decreto legislativo n.184/1997, il quale prevede che l'importo del contributo volontario è pari all'aliquota di finanziamento, prevista per la contribuzione obbligatoria alla gestione pensionistica, applicata all'importo medio della retribuzione imponibile percepita nell'anno di contribuzione precedente la data della domanda. L'importo minimo di retribuzione sulla quale sono commisurati i contributi volontari non può essere inferiore alla retribuzione settimanale (determinata ai sensi dell'articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 463/1983). L'importo del contributo volontario minimo dovuto da tutte le categorie di prosecutori volontari non può essere inferiore a quello stabilito per i lavoratori dipendenti comuni. Per le categorie tenute al versamento di contributi volontari mensili, tale importo è ragguagliato a mese.

[48]   L’individuazione dei criteri, delle condizioni e delle modalità di funzionamento del Fondo di garanzia per l’accesso ai finanziamenti e della Garanzia dello Stato come prestatore di ultima istanza è contenuta nel DPCM 20 febbraio 2015, n. 29.

[49]    La garanzia di ultima istanza costituisce una fattispecie già prevista anche in altre norme, quale ad esempio quella relativa al fondo di garanzia per le PMI di cui all’articolo 11, co.4 del D.L. n.185/2008.

[50]    Si tratta del privilegio generale sulle retribuzioni dovute ai prestatori di lavoro subordinato e tutte le indennità dovute per effetto della cessazione del rapporto di lavoro, nonché il credito del lavoratore per i danni conseguenti alla mancata corresponsione, da parte del datore di lavoro, dei contributi previdenziali ed assicurativi obbligatori.

[51]    Risoluzione consensuale avvenuta nell'ambito della procedura di conciliazione di cui all'art. 7 della L. 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni

[52]    L’handicap in situazione di gravità è definito dall’articolo 3, comma 3, della legge n.104/1992, ove si prevede che “Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici”.

[53]    Le professioni (indicate nell’apposito Allegato cui la norma rinvia) sono le seguenti:

A.  Operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici

B.  Conduttori di gru, di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni

C.  Conciatori di pelli e di pellicce

D.  Conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante

E.   Conduttori di mezzi pesanti e camion

F.   Professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni.

G.  Addetti all'assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza

H.  Professori di scuola pre–primaria

I.    Facchini, addetti allo spostamento merci ed assimilati

J.    Personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia

K.  Operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti.

Il comma 185 prevede, poi, che con successivo DPCM si proceda alla determinazione delle caratteristiche specifiche di tali attività lavorative.

[54]    L’ASDI è disciplinato dall’articolo 16 del decreto legislativo n. 22/2015.

[55]    L’indennizzo per cessazione di attività commerciale è stato istituito dal decreto legislativo n. 207/1996. L’indennizzo spetta in caso di cessazione definitiva dell'attività commerciale ai soggetti che esercitano, in qualità di titolari o coadiutori, attività commerciale al minuto in sede fissa, anche abbinata ad attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, ovvero che esercitano attività commerciale su aree pubbliche

[56]    I dipendenti cui la disposizione fa riferimento sono quelli di tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’ARAN e le Agenzie istituite dal D.Lgs. 300/1999 (di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n.165/2001), nonché i dipendenti degli enti di cui all’articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001 (ente EUR; enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate; Agenzia spaziale italiana; Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura; ENEA; Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale e Registro aeronautico italiano (RAI); CONI; CNEL; E.N.A.C.) e il personale degli enti pubblici di ricerca.

[57]    Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR), disciplinato dall’art. 2120 c.c., è un elemento della retribuzione la cui erogazione è differita al momento della cessazione del rapporto di lavoro, riconosciuto ai dipendenti del settore privato e, ai sensi del D.P.C.M.20 dicembre 1999, anche ai dipendenti pubblici assunti dopo il 31 dicembre 2000 (ad eccezione delle categorie cosiddette “non contrattualizzate”). Si ricorda, in proposito, che fino all’emanazione del DPCM 20 dicembre 1999, che ha introdotto per i nuovi assunti il TFR, veniva liquidata l’indennità premio di fine servizio ai dipendenti degli enti locali e l’indennità di buonuscita ai dipendenti statali. I dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato prima del 31 dicembre 2000 possono optare per il TFR aderendo, contestualmente, ad un fondo di previdenza complementare. I Trattamenti di Fine Servizio si differenziano dal TFR sia per le modalità di calcolo della prestazione (calcolata sull’ultima retribuzione), sia per il loro finanziamento, caratterizzato anche da una contribuzione del lavoratore alla quale si aggiunge quella dell’amministrazione statale o dell’ente locale. Questi versano la somma totale dovuta, per poi riprendere (rivalendosi) la parte obbligatoria dovuta dal dipendente. Merita infine ricordare che l’articolo 1, commi 484 e 485, della L. 147/2013 ha modificato la disciplina sui termini temporali della rateizzazione dell’erogazione dei trattamenti di fine servizio (TFS) o di fine rapporto (TFR), comunque denominati, dei dipendenti pubblici, con effetto sui soggetti che maturino i requisiti per il pensionamento a decorrere dal 1° gennaio 2014, riducendo, in particolare, l’importo oggetto della rateizzazione.

[58]    L’articolo 24, comma 6, del D.L. 201/2011 ha ridefinito i requisiti anagrafici per il pensionamento di vecchiaia a decorrere dal 1° gennaio 2012, disponendo l'innalzamento a 66 anni (al quale vanno aggiunti gli indici di speranza di vita, pari, nel 2016, a 7 mesi) del limite minimo per accedere alla pensione di vecchiaia (sia per i lavoratori dipendenti sia per quelli autonomi), nonché l'anticipazione della disciplina a regime dell'innalzamento progressivo dell'età anagrafica delle lavoratrici dipendenti private al 2018 (in luogo del 2026).

[59]    Si fa presente che anche su tali requisiti opera la norma di cui all’art. 12 del D.L. 78/2010 che prevede l’adeguamento all’incremento della speranza di vita; tali adeguamenti saranno aggiornati con cadenza biennale (non più triennale) dal 1° gennaio 2019, per effetto di quanto disposto dall’art. 24, c. 13, del D.L. 201/2011:

[60]    La disciplina finora vigente è posta dall'art. 1, commi da 239 a 248, della L. 24 dicembre 2012, n. 228.

[61]    Cfr. il citato comma 239 dell'art. 1 della L. n. 228 del 2012.

[62]    Si ricorda che, per i soggetti il cui primo accredito contributivo decorra successivamente al 1° gennaio 1996, il trattamento pensionistico può essere conseguito al compimento di un requisito anagrafico (attualmente pari a 63 anni e 7 mesi) meno elevato rispetto a quello generale, purché sussistano le condizioni di cui all'art. 24, comma 11, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214.

[63]    La disposizione fa rinvio alla nozione di handicap grave di cui all'art. 3, comma 3, della L. 5 febbraio 1992, n. 104.

[64]    Cfr. il comma 13 del citato art. 24 del D.L. n. 201 del 2011.

[65]    Procedura di cui all'art. 14 della L. 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

[66]    Invalidi ai quali sia stata riconosciuta un'invalidità superiore al 74 per cento o ascritta alle prime quattro categorie della tabella A allegata al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, di cui al D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, e successive modificazioni.

[67]    Attraverso la soppressione dell’art. 24, c. 17-bis, del D.L. 201/2011 ove si prevede l’applicazione ai lavoratori che svolgono lavori usuranti, i quali maturano i requisiti per il pensionamento dal 1° gennaio 2012,  delle cd. finestre mobili, secondo cui la prima decorrenza utile per godere del trattamento pensionistico è fissata (art. 12, c. 2, D.L. 78/2010:

- trascorsi 12 mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti, per coloro per i quali le pensioni sono liquidate a carico delle forme di previdenza dei lavoratori dipendenti;

- trascorsi 18 mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti, per coloro per i quali le pensioni sono a carico delle gestioni per gli artigiani, i commercianti e i coltivatori diretti nonché della gestione separata.

[68]    Il beneficio non è cumulabile con le detrazioni spettanti per i redditi da lavoro dipendente e per alcune delle categorie di redditi assimilati al lavoro dipendente.

[69]    Procedure stabilite, da ultimo, dal D.M. 14 febbraio 2014 (G.U. n.89 del 16 aprile 2014).

[70]    Di cui all’articolo 3 del D.M. 8 ottobre 2012 ( pubblicato nella G.U. n. 17 del 21 gennaio 2013) e al medesimo articolo 22, comma 1, lettera a), del D.L. 95/2012.

[71]    Si ricorda che, per i trattamenti liquidati in base all'istituto in esame, la decorrenza può avere luogo solo dopo 12 mesi dalla maturazione dei suddetti requisiti, ovvero dopo 18 mesi per le lavoratrici autonome.

[72]    L’art. 1-bis del D.L. 90/2014 autorizza, per il sostegno degli oneri derivanti dalle prestazioni di vecchiaia anticipate per i giornalisti dipendenti da aziende in ristrutturazione o riorganizzazione per crisi aziendale, la spesa di 3 milioni di euro per l'anno 2014, 9 milioni di euro per l'anno 2015, 13 milioni di euro per l'anno 2016, 13 milioni di euro per l'anno 2017, 10,8 milioni di euro per l'anno 2018 e 3 milioni di euro per l'anno 2019.

[73]    L’art. 41-bis, c. 7, primo periodo, del D.L. 207/2008 stanzia 10 milioni di euro a decorrere dal 2009 per il sostegno degli oneri derivanti dalle prestazioni di vecchiaia anticipate per i giornalisti dipendenti.

[74]    Qualora i datori di lavoro interessati dai processi di ristrutturazione o riorganizzazione in presenza di crisi aziendali presentino piani comportanti effetti finanziari complessivamente superiori a determinati importi massimi (20 milioni di euro annui fino al 2013, 23 nel 2014, 29 nel 2015, 33 nel 2016, 33 nel 2017, 30,8 nel 2018, 23 nel 2019 e 20 a decorrere dal 2020, Il richiamato art. 41-bis, c.7, del D.L. 208/2007), l’art. 41-bis, c. 7, del D.L. 208/2007  ha previsto l’introduzione a carico dei medesimi datori di lavoro di uno specifico contributo aggiuntivo da versare all’INPGI per il finanziamento dell'onere eccedentario (si veda sul punto il DM 5 agosto 2009).

[75]    Di cui all'art. 1, comma 284, della L. 28 dicembre 2015, n. 208, e successive modificazioni, ed al D.M. 7 aprile 2016.

[76]    Riguardo alle entrate contributive in oggetto, cfr. l'art. 5 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150, e successive modificazioni.

[77]    Si ricorda, inoltre, che il citato comma 284 dell'art. 1 della L. n. 208, e successive modificazioni, mediante il richiamo dell'art. 41, comma 6, del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, esclude che la trasformazione a tempo parziale possa determinare un incremento della base di calcolo della quota di trattamento pensionistico liquidata secondo il cosiddetto metodo retributivo.

[78]    Per le disposizioni attuative dell’ASDI si veda il DM 29 ottobre 2015.

[79]    Si ricorda che per gli incentivi in oggetto non si applica la norma in base alla quale i benefìci contributivi (in materia di previdenza e assistenza sociale) relativi all'apprendistato sono mantenuti per un anno dalla prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di formazione.

[80]    Cfr. l'art. 1, comma 773, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, e l'art. 22, comma 1, della L. 12 novembre 2011, n. 183.

[81]    Di cui all'art. 2, commi 31 e 32, della L. 28 giugno 2012, n. 92, e successive modificazioni.

[82]    Si ricorda che il contratto di solidarietà (di tipo difensivo), in base alla nuova disciplina in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, di cui al D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, è confluito nell'àmbito del trattamento straordinario di integrazione salariale e costituisce una delle causali del medesimo trattamento.

[83]    Di cui all'art. 24 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 80.

[84]    Con esclusione del lavoro domestico.

[85]    Si ricorda che queste ultime due strutture possono essere sia pubbliche sia private.

[86]    La richiesta può essere fatta dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dal Ministero dello sviluppo economico o dal Garante per la protezione dei dati personali.

[87]    Si rammenta che nella relazione approvata dalla XI Commissione della Camera dei deputati in sede consultiva sull'Atto Camera C. 4127-bis, veniva considerata anche l'opportunità di destinare nell'anno 2017 una quota delle risorse del Fondo sociale per occupazione e formazione a interventi urgenti in materia di politiche del lavoro, anche in considerazione del rifinanziamento del Fondo, disposto dall'articolo 8 del decreto-legge n. 193 del 2016; era anche "valutata l'esigenza di costituire uno specifico fondo per promuovere la realizzazione delle misure per la sistemazione logistica e il supporto dei lavoratori che svolgono attività lavorativa stagionale di raccolta dei prodotti agricoli, che saranno previste nell'ambito del piano di cui all'articolo 9, comma 1, della legge 29 ottobre 2016, n. 199, recante disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo".

[88]  "Infatti, a differenza del comparto agricolo, nel settore della pesca l’unità di base amministrativa non è la Regione, ma l’area geografica di riferimento (GSA), che in genere comprende i mari. In Italia abbiamo sette GSA che ricomprendono una o più Regioni ed in relazione alle quali vengono modulati i Piani di gestione": cfr. XVI legislatura, Senato della Repubblica, Giunte e commissioni, 9a Commissione, resoconto stenografico n. 5, 30 luglio 2009, p. 4: Audizione del sottosegretario di Stato per le politiche agricole alimentari e forestali, Antonio Buonfiglio, sul fermo pesca e sulle altre problematiche inerenti al comparto ittico.

[89]    Cfr. l'art. 4 della L. 12 giugno 1984, n. 222.

[90]    In base all’abrogato art. 2 del D.P.R. 306/1997 - come modificato dall’art. 7, co. 42, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012) - gli studenti dei corsi di laurea, di laurea magistrale (e di specializzazione) contribuivano alla copertura del costo dei servizi offerti dalle università mediante il pagamento dei contributi universitari e della tassa di iscrizione determinata annualmente[90].

In base all’abrogato art. 3, i contributi universitari erano determinati autonomamente dalle università, in relazione ad obiettivi di adeguamento della didattica e dei servizi per gli studenti, nonché sulla base della specificità del percorso formativo. In particolare, le università graduavano l'importo dei contributi universitari per gli studenti iscritti ai corsi di laurea secondo criteri di equità e solidarietà, in relazione alle condizioni economiche dell'iscritto, utilizzando metodologie adeguate a garantire un'effettiva progressività, anche allo scopo di tutelare gli studenti di più disagiata condizione economica.

[91]    Il testo dell’A.C. 4127-bis prevedeva l’esonero (solo) per gli studenti iscritti ai corsi di laurea e ai corsi di laurea magistrale a ciclo unico da un numero di anni accademici inferiore o uguale alla durata normale del corso di studio.

[92]    Il testo dell’A.C. 4127-bis faceva riferimento ad un ISEE fino a 25.000 euro.

La relazione tecnica all’A.S. 2611 evidenziava che erano 655.802 gli studenti con ISEE inferiore a 30.000 euro che non erano esonerati dalla contribuzione studentesca.

[93]    Il testo dell’A.C. 4127-bis prevedeva che il contributo non potesse superare l’8% della quota di ISEE eccedente 13.000 euro.

[94]    Ad esempio, nel caso di uno studente con ISEE pari a 14.000 euro, il contributo non può superare 70 euro; nel caso di uno studente con ISEE pari a 30.000 euro, il contributo non può superare 1.190 euro.

[95]    Ad esempio, nel caso di uno studente con ISEE pari a 14.000 euro, il contributo non può superare 200 euro; nel caso di uno studente con ISEE pari a 30.000 euro, il contributo non può superare 1.785 euro.

[96]    L’art. 8 del D.Lgs. 42/2012 definisce il costo standard unitario di formazione per studente in corso come il costo di riferimento attribuito al singolo studente iscritto entro la durata normale del corso di studio, determinato tenuto conto della tipologia di corso di studi, delle dimensioni dell'ateneo e dei differenti contesti economici, territoriali e infrastrutturali in cui opera l'università. Per il triennio 2014-2016, il costo standard per studente in corso è stato definito con DI 9 dicembre 2014, n. 893.

[97]    Le funzioni amministrative e legislative statali in materia di Università degli studi di Trento sono state delegate alla provincia autonoma di Trento dall’art. 2, co. 122, della L. 191/2009. I contenuti della delega sono stati specificati con il D.Lgs. 142/2011.

[98]    I criteri per la ripartizione delle risorse destinate al funzionamento delle istituzioni AFAM per l'anno 2016 sono stati stabiliti con DM 20 giugno 2016, n. 488.

[99]    Il testo originario dell’A.C. 4127-bis faceva riferimento all’accesso alle risorse del fondo.

[100]  L’art. 117, terzo comma, della Costituzione attribuisce la materia del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario alla competenza legislativa concorrente.

Il coordinamento della finanza pubblica, come confermato dalla giurisprudenza costituzionale, non sembra costituire propriamente un ambito materiale, quanto piuttosto una finalità assegnata alla legislazione statale, funzionale anche al perseguimento di impegni finanziari assunti in sede europea, inclusi gli obiettivi quantitativi collegati al rispetto del Patto di stabilità e crescita a livello europeo. La coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea per l'equilibrio dei bilanci e per la sostenibilità del debito pubblico e l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea sono principi ora direttamente richiamati dagli artt. 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost., a seguito delle modifiche introdotte dalla legge costituzionale 1/2012. Da ultimo, anche in considerazione della situazione di eccezionale gravità del contesto finanziario, la Corte ha inoltre fornito una lettura estensiva delle norme di principio nella materia del coordinamento della finanza pubblica. Pur ribadendo, in via generale, che possono essere ritenuti principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica le norme che «si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente e non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi», la Corte ha, nei fatti, avallato le scelte del legislatore statale di introdurre vincoli specifici per il contenimento della spesa delle regioni e degli enti locali, quali, ad esempio, quelli relativi alle riduzioni di spesa per incarichi di studio e consulenza (sentenza 262/2012), all'obbligo di soppressione o accorpamento da parte degli enti locali di agenzie ed enti che esercitino funzioni fondamentali e funzioni loro conferite (sentenza 236/2013), alla determinazione del numero massimo di consiglieri e assessori regionali e alla riduzione degli emolumenti dei consiglieri (sentenze 198/2012 e 23/2014).  

[101]  A tal fine, i soggetti gestori predispongono ogni anno una relazione sui risultati della sperimentazione, sui benefici concretamente apportati dalle strategie integrative adottate rispetto al regime ordinario delle prestazioni oggetto del D.Lgs. 68/2012 e sulle eventuali linee correttive da attivare.

[102]  A fronte dei 20 giorni previsti dal testo originario dell’A.C. 4127-bis.

[103]  L’art. 4 della L. 240/2010 ha istituito presso il MIUR un nuovo fondo per la promozione dell’eccellenza e del merito fra gli studenti universitari dei corsi di laurea e di laurea magistrale, destinato a erogare premi di studio, fornire buoni studio e garantire la solvibilità dei finanziamenti concessi dagli istituti di credito. Gli interventi sono cumulabili con le borse di studio. I beneficiari delle provvidenze sono individuati mediante prove nazionali standard per gli iscritti al primo anno per la prima volta e mediante criteri nazionali standard di valutazione per gli iscritti agli anni successivi al primo.

[104]  Peraltro, lo stesso art. 9 non reca contenuti che attengono ad eventuali funzioni della Fondazione nell’ambito del sistema scolastico.

[105]  Il dirigente scolastico, di concerto con gli organi collegiali, può individuare percorsi formativi e iniziative diretti all'orientamento.

[106]  Le attività e i progetti di orientamento scolastico nonché di accesso al lavoro sono sviluppati con modalità idonee a sostenere anche le eventuali difficoltà e problematiche proprie degli studenti di origine straniera.

[107]  Con riferimento alle attività di alternanza scuola-lavoro.

[108]  Convenzioni con enti pubblici e privati finalizzate a favorire l'orientamento scolastico e universitario dello studente.

[109]  A titolo di esempio, si vedano l’art. 5 del regolamento dell’università di Torino e l’art. 7 del regolamento dell’università di Pavia.

[110]  In base all’art. 6, co. 1, della L. 240/2010, il regime di impegno dei professori e dei ricercatori è a tempo pieno (1.500 ore) o a tempo definito (750 ore).

[111]  I Programmi di ricerca di rilevante interesse nazionale (PRIN) prevedono proposte di ricerca libere e autonome, nell’ambito delle 14 aree disciplinari di cui al D.M. 175 del 4 ottobre 2000. Il MIUR cofinanzia gli stessi, attraverso la pubblicazione di un bando a ricerca libera. Con D.D. 4 novembre 2015, n. 2488, modificato con D.D. 14 dicembre 2015, n. 3265, è stato emanato il bando PRIN 2015. In relazione a tale bando, con DD.DD. 1826, 1827 e 1828 del 20 settembre 2016 sono stati approvati 300 progetti, per l'importo complessivo di € 91.244.801, suddivisi per macrosettore LS - Scienze della vita (109 progetti), PE - Scienze fisiche e ingegneria (95 progetti) e SH - Scienze sociali e umanistiche (96 progetti).

[112]  In base all’art. 15 della L. 240/2010, i settori concorsuali per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale possono essere articolati in settori scientifico-disciplinari. I settori concorsuali sono stati rideterminati, da ultimo, con D.M. 30 ottobre 2015 n. 855, rettificato, relativamente all’all. D, con D.M. 22 giugno 2016, n. 494.

[113]  A seguito delle modifiche da ultimo apportate dall’art. 1, co. 460, della L. 147/2013, si tratta del contingente corrispondente ad una spesa pari al 50% per il 2014 e il 2015, al 60% per il 2016, all’80% per il 2017 e al 100% dal 2018, di quella relativa al corrispondente personale complessivamente cessato dal servizio nell’anno precedente. Successivamente, l’art. 1, co. 346, della L. 190/2014 (legge di stabilità 2015) e l’art. 1, co. 251, della L. 208/2015 (legge di stabilità 2016), hanno introdotto previsioni finalizzate a facilitare, in determinate condizioni, la stipula di contratti a tempo determinato relativi a ricercatori.

[114]  Criteri e contingente assunzionale delle singole università statali per l’anno 2015 sono stati definiti con D.M. 21 luglio 2015 n. 503 e, per l’anno 2016, con D.M. 5 agosto 2016, n. 619.

[115]  Qui la sezione del sito dell’ANUR relativa alle procedure concorsuali.

[116]  Con esclusione dei contratti di lavoro domestico e quelli relativi agli operai del settore agricolo.

[117]  Come si evince dalla nota n. 3623 del 10 marzo 2016, l’assegnazione alle scuole statali delle risorse relative ai percorsi di alternanza scuola-lavoro è stata effettuata con nota n. 1349 del 3 febbraio 2016 e note nn. 2402 e 2403 del 19 febbraio 2016.

[118]  Il Regolamento in questione reca disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca;  nel disporre la nuova disciplina dei Fondi strutturali, esso ha contestualmente che abrogato il previgente regolamento (CE) n. 1083/2006.

[119]  I controlli in questione sono quelli previsti dall’art. 125, par. 5, del richiamato Regolamento (UE) 1303/2013, secondo cui, nell’ambito delle funzioni dell'autorità di gestione (responsabile della gestione del programma operativo nazionale conformemente al principio della sana gestione finanziaria), la stessa procede, tra l’altro, alle verifiche amministrative rispetto a ciascuna domanda di rimborso presentata dai beneficiari e alle verifiche sul posto delle operazioni.

[120]  Si veda, a titolo di esempio, lo Statuto della Scuola superiore di studi universitari e di perfezionamento Sant’Anna di Pisa.

[121]  Da ultimo, la designazione dei componenti del Comitato Nazionale dei Garanti della Ricerca - previsto dall’art. 21 della L. 240/2010 - è stata operata con D.M. 3 novembre 2015, n. 861.

[122]  Si tratta di: Area 01 - Scienze matematiche e informatiche; Area 02 - Scienze fisiche; Area 03 - Scienze chimiche; Area 04 - Scienze della terra; Area 05 - Scienze biologiche; Area 06 - Scienze mediche; Area 07 - Scienze agrarie e veterinarie; Area 08 - Ingegneria civile e Architettura; Area 09 - Ingegneria industriale e dell'informazione; Area 10 - Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Area 11 - Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Area 12 - Scienze giuridiche; Area 13 - Scienze economiche e statistiche; Area 14 - Scienze politiche e sociali.

[123]  In statistica, i quantili sono le n parti uguali in cui si suddivide l’intera distribuzione di frequenza, dopo aver ordinato i valori. Quando la distribuzione si suddivide in 4 parti uguali, si parla di quartili; in 5 parti uguali, si parla di quintili; in 10 parti uguali, si parla di decili; in 100 parti uguali, si parla di percentili.

[124]  La relazione tecnica all’A.S. 2611 evidenziava che detti aumenti e riduzioni non comportavano incrementi alla stima della spesa complessiva fatta sull’importo base, in quanto il numero dei dipartimenti che riceveva una maggiorazione (del 10% o del 20%) era identico al numero di dipartimenti che riceveva una decurtazione della stessa entità.

[125]  I programmi di ricerca di alta qualificazione, finanziati dall’UE o dal MIUR, sono stati individuati, da ultimo, con DM 28 dicembre 2015.