Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento bilancio | ||
Altri Autori: | Servizio Bilancio dello Stato | ||
Titolo: | Documento di economia e finanza 2015 | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Documentazione di finanza pubblica Numero: 9 | ||
Data: | 15/04/2015 | ||
Organi della Camera: | V-Bilancio, Tesoro e programmazione |
DOCUMENTAZIONE
DI FINANZA PUBBLICA N. 9
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In copertina:
Piazza San Macuto in una stampa d’epoca
Parte Prima: Analisi del programma di stabilita’
1. Finalità e
struttura del DEF
2.1 La
congiuntura internazionale
2.2 Lo
scenario macroeconomico nazionale
3.1 Gli
andamenti tendenziali di finanza pubblica
3.1.2 Le previsioni tendenziali per il periodo
2015-2019
3.1.3 Andamento dei saldi e confronti con stime
europee
Obiettivo di medio termine (OMT),
pareggio di bilancio e flessibilità nella governance
europea
3.2.1. Analisi del quadro programmatico
3.2.3 I saldi per sottosettore
3.3. Spesa
per interessi, fabbisogno e debito
3.3.2. Il fabbisogno del settore pubblico
Parte seconda:
Analisi del programma nazionale di riforma
4. Il Programma
Nazionale di Riforma
4.2 Le
politiche pubbliche nel programma nazionale di riforma
Rilancio della competitività del
settore agroalimentare
Rilancio della competitività dei
settori per la cultura ed il turismo
4.2.3 Le politiche per la concorrenza e l’apertura dei
mercati
4.2.5 Infrastrutture e trasporti
4.2.9 Pubblica amministrazione e semplificazioni
4.2.12 Sanità e politiche sociali
4.2.13 Scuola, università, ricerca
5. L'analisi di
sostenibilità di lungo periodo
6. L’analisi di
sensitività della dinamica del debito nel lungo periodo
7. Esame di
alcune voci di spesa
7.1. I
redditi da lavoro dipendente
7.2. Prestazioni sociali in denaro
8. L’analisi
della fiscal stance
Parte Prima:
Analisi del programma di stabilita’
1. Finalità e struttura del DEF
Il Documento di economia e finanza (DEF) costituisce il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio, che traccia, in una prospettiva di medio-lungo termine, gli impegni, sul piano del consolidamento delle finanze pubbliche, e gli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche, adottati dall’Italia per il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita europeo e il conseguimento degli obiettivi di crescita intelligente, sostenibile e solidale definiti nella Strategia Europa 2020. Il DEF enuncia, pertanto, le modalità e la tempistica attraverso le quali l’Italia intende conseguire il risanamento strutturale dei conti pubblici e perseguire gli obiettivi in materia di occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale, energia e sostenibilità ambientale definiti nell’ambito dell’Unione europea.
Il documento, che s’inquadra al centro del processo di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri dell’UE - il Semestre europeo – è presentato alle Camere, per le conseguenti deliberazioni parlamentari, entro il 10 aprile di ciascun anno, al fine di consentire alle Camere di esprimersi sugli obiettivi programmatici di politica economica in tempo utile per l’invio al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea, entro il successivo 30 aprile[1], del Programma di Stabilità e del Programma Nazionale di Riforma (PNR).
In particolare, il semestre europeo prevede le
seguenti fasi:
· gennaio: presentazione da parte della Commissione dell’Analisi annuale della crescita;
peraltro, è ormai invalsa la prassi di anticipare la presentazione delle
indagini annuali all'autunno, contestualmente alla Relazione della Commissione
sul meccanismo di allerta per la prevenzione degli squilibri macroeconomici;
· febbraio/marzo: il Consiglio
europeo elabora le linee guida di
politica economica e di bilancio a livello UE e a livello di Stati membri;
· dalla metà
alla fine di aprile: gli Stati membri sottopongono
contestualmente i Piani nazionali di
riforma (PNR, elaborati nell’ambito della nuova Strategia per la crescita e
l’occupazione UE 2020) ed i Piani di
stabilità e convergenza (PSC, elaborati nell’ambito del Patto di stabilità
e crescita), tenendo conto delle linee guida dettate dal Consiglio europeo;
· inizio
giugno: sulla base dei PNR e dei PSC,
la Commissione europea elabora le raccomandazioni di politica economica e di
bilancio rivolte ai singoli Stati membri;
· giugno: il Consiglio
ECOFIN e, per la parte che gli compete, il Consiglio Occupazione e affari
sociali, approvano le raccomandazioni
della Commissione europea, anche sulla base degli orientamenti espressi dal
Consiglio europeo di giugno;
· seconda metà
dell’anno: gli Stati membri approvano le rispettive leggi di bilancio, tenendo conto delle raccomandazioni ricevute. In
base alla disciplina del regolamento (UE) n. 473/2013 (uno dei due atti che
compongono il c.d. Two-pack), la Commissione europea opera, di
norma entro il mese di novembre, una valutazione del documento programmatico di
bilancio di ciascuno Stato membro. Nell’indagine annuale sulla crescita
dell’anno successivo, la Commissione dà conto dei progressi conseguiti dai
Paesi membri nell’attuazione delle raccomandazioni stesse.
Quanto alla struttura, il DEF si compone di tre sezioni e di una serie di allegati. In particolare, la prima sezione espone lo schema del Programma di Stabilità, che deve contenere tutti gli elementi e le informazioni richiesti dai regolamenti dell'Unione europea e, in particolare, dal nuovo Codice di condotta sull'attuazione del Patto di stabilità e crescita, con specifico riferimento agli obiettivi di politica economica da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico.
La sezione contiene gli obiettivi e il quadro delle previsioni economiche e di finanza pubblica per il triennio successivo; l’indicazione degli obiettivi programmatici per l'indebitamento netto, per il saldo di cassa e per il debito delle PA, articolati per i sottosettori della PA, accompagnata anche da un'indicazione di massima delle misure attraverso le quali si prevede di raggiungere gli obiettivi. La sezione contiene, inoltre, le previsioni di finanza pubblica di lungo periodo e gli interventi che si intende adottare per garantirne la sostenibilità.
Nella seconda sezione sono indicate le regole generali sull’evoluzione della spesa delle amministrazioni pubbliche, in linea con l’esigenza, evidenziata in sede europea, di individuare forme efficaci di controllo dell’andamento della spesa pubblica.
La sezione reca, tra l’altro, l'analisi del conto economico e del conto di cassa delle amministrazioni pubbliche nell'anno precedente; le previsioni tendenziali a legislazione vigente, almeno per il triennio successivo, dei flussi di entrata e di uscita del conto economico e del saldo di cassa; l'indicazione delle previsioni a politiche invariate per i principali aggregati del conto economico della PA riferite almeno al triennio successivo; le informazioni di dettaglio sui risultati e sulle previsioni dei conti dei principali settori di spesa, con particolare riferimento a quelli relativi al pubblico impiego, alla protezione sociale e alla sanità, nonché sul debito delle amministrazioni pubbliche e sul relativo costo medio; le informazioni sulle risorse destinate allo sviluppo delle aree sottoutilizzate, con evidenziazione dei fondi nazionali addizionali.
Si ricorda, infine, che ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lett. a) della legge n. 244/2012 (delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale), la Sezione II del DEF deve, altresì, riportare, in apposito allegato, informazioni di dettaglio sui risultati conseguiti nell'attuazione del processo di riconfigurazione dello strumento militare, anche sotto il profilo del recupero delle risorse attuato tramite la legge di stabilità, e sulle previsioni di reindirizzo delle medesime risorse nei settori di spesa in cui si articola il bilancio del Ministero della difesa, almeno per il triennio successivo.
La terza sezione reca, infine, lo schema del Programma Nazionale di riforma (PNR) che, in coerenza con il Programma di Stabilità, definisce gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita, produttività, occupazione e sostenibilità delineati dalla nuova Strategia “Europa 2020”. In tale ambito sono indicati:
§ lo stato di avanzamento delle riforme avviate, con indicazione dell'eventuale scostamento tra i risultati previsti e quelli conseguiti;
§ gli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività;
§ le priorità del Paese, con le principali riforme da attuare, i tempi previsti per la loro attuazione e la compatibilità con gli obiettivi programmatici indicati nel Programma di stabilità;
§ i prevedibili effetti delle riforme proposte in termini di crescita dell'economia, di rafforzamento della competitività del sistema economico e di aumento dell'occupazione.
In allegato al DEF sono indicati gli eventuali disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica[2].
In coerenza con gli obiettivi del programma nazionale di riforma, il DEF 2015 indica come collegati alla manovra di bilancio i seguenti provvedimenti:
· Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali (A.C. 2093)[3];
· Disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività agricole del settore agricolo, agroalimentare e della pesca (A.S. 1328)[4];
· Delega al Governo recante disposizioni per l'efficienza del processo civile (A.C. 2953);
· Misure di semplificazione per l’avvio delle attività economiche per i finanziamenti e le agevolazioni alle imprese;
· Riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche (A.S. 1577);
· Revisione della spesa, promozione dell’occupazione e degli investimenti nei settori del cinema e dello spettacolo dal vivo;
· Delega per la revisione dell’ordinamento degli enti locali;
· Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni vigenti (A.C. 2994).
In base alla legge di contabilità nazionale, in allegato al DEF devono essere riportate una serie di documenti supplementari:
a) una relazione di sintesi sugli interventi realizzati nelle aree sottoutilizzate e sui risultati conseguiti;
b) il Programma delle infrastrutture strategiche, previsto dalla "Legge obiettivo" e il relativo stato di avanzamento;
c) un documento relativo allo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra ;
d) un documento recante l'esposizione delle risorse del bilancio dello Stato destinate alle singole regioni;
e) il rapporto sullo stato di attuazione della legge di contabilità e finanza pubblica.
2.1 La congiuntura internazionale
Il DEF 2015, nella prima sezione relativa al Programma di Stabilità, evidenza come nel 2014 il ritmo di crescita dell'economia mondiale si sia mantenuto stabile rispetto al 2013, attestandosi ad un tasso del 3,4 per cento; anche la crescita del commercio mondiale è risultata moderata nel 2014, attestandosi al 3,2 per cento, restando inferiore a quella del PIL, come evidenziato nella tabella che segue:
Tabella 2.1
Andamento del PIL e del commercio mondiale
(variazioni
percentuali)
|
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 |
PIL
mondiale |
3,4 |
3,4 |
3,5 |
3,8 |
|
|
|
Prezzo
del petrolio |
108,6 |
99,0 |
56,7 |
57,4 |
57,4 |
57,4 |
57,4 |
Commercio mondiale |
3,4 |
3,2 |
4,0 |
5,3 |
5,3 |
5,4 |
5,4 |
Cambio dollaro/euro |
1,328 |
1,329 |
1,081 |
1,068 |
1,068 |
1,068 |
1,068 |
Fonte: PIL
mondiale: FMI, WEO (14 aprile 2015);
prezzo del petrolio, commercio mondiale e cambio dollaro/euro: DEF 2015 (aprile
2015). Per il 2013, dati FMI.
Nonostante
il sostegno fornito dal calo dei corsi petroliferi, la ripresa dell’economia
mondiale nel 2014 è stata moderata.
La crescita globale è stata sostenuta principalmente dall’attività economica degli Stati Uniti, in forte accelerazione nell’ultima parte dell’anno: nel complesso, l’economia statunitense è cresciuta, su base annua, del 2,4 per cento con un’ulteriore contrazione del tasso di disoccupazione (sceso al 5,6 per cento). In Giappone il PIL nel 2014 è rimasto stabile, sebbene in ripresa nell’ultimo trimestre dell’anno; in Russia le condizioni economiche si sono ulteriormente deteriorate nel corso dell’anno.
Anche l’andamento della crescita nei mercati emergenti continua a risultare ancora rallentato rispetto ai ritmi del passato. I paesi emergenti dell’area asiatica, in particolare, continuano ad avere tassi di crescita superiori a quelli dei paesi avanzati (la Cina e l’India sono crescite entrambe del 7,4 per cento nel 2014), ma significativamente inferiori a quelli di qualche anno fa.
Le prospettive di crescita dell’economia globale si inseriscono in uno scenario di ripresa internazionale, sebbene caratterizzata da andamenti disomogenei nei paesi avanzati e in quelli emergenti, in cui il contributo maggiore proviene dalla forte contrazione del prezzo del petrolio che, riducendo l’inflazione, aumenta il potere di acquisto dei consumatori.
Le osservazioni di fondo contenute nel documento governativo ricalcano, in sostanza, le considerazioni contenute nel WEO di aprile 2015 dell’FMI. La crescita modesta del 2014, pari al 3,4 per cento, riflette una accelerazione della crescita nelle economie avanzate, rispetto alle previsioni annuali, ed un rallentamento dei mercati e delle economie emergenti. Peraltro, in proiezione, la crescita del prodotto di tali economie si prospetta ancora rallentata, riflettendo soprattutto le difficoltà dei paesi esportatori di petrolio.
Analoghe considerazioni sul quadro macroeconomico internazionale sono state avanzate dalla Banca Centrale europea, nel Bollettino economico di marzo 2015, che mette in evidenza il rafforzamento graduale dell’economia mondiale, ma a ritmi diversi nelle varie economie. Da un lato, il calo significativo dei corsi petroliferi funge da stimo all’attività globale, con il sostegno delle prospettive di espansione vigorosa soprattutto negli Stati Uniti. Dall’altro, il deterioramento della situazione in alcuni mercati emergenti pesa sulle prospettive per la crescita internazionale. Più specificamente, le prospettive a breve termine sono positive soltanto per alcune economie emergenti, e specialmente per quelle importatrici di petrolio. Nel resto del mondo, invece, le prospettive si sono indebolite. In particolare, il calo dei corsi petroliferi sta pesando sull’ economia dei paesi esportatori. In Russia, si prefigura l’ipotesi, per le recenti turbolenze nei mercati finanziari, di una recessione nel 2015.
Secondo le previsioni riportate nel DEF
2015, si prospetta una crescita
dell’economia internazionale nel 2015
del 3,6 per cento ed un’espansione
del commercio mondiale del 4,0 per cento. Nel 2016,
il PIL dell’economia mondiale è atteso crescere al 4,1 per cento, con un aumento del commercio del 5,3 per cento.
In particolare, per gli Stati Uniti la FED stima per il 2015 una
crescita del 2,3-2,7 per cento e per il Giappone
la Banca centrale prevede un incremento del PIL del 2,1 per cento. Per l’Area dell’euro, la BCE prospetta un aumento del PIL dell’1,5 per
cento.
In relazione alle prospettive generali di crescita,
i principali fattori di rischio sul
quadro internazionale restano legati ai diversi tassi di crescita negli Stati Uniti e nell’area dell’euro - che il DEF segnala essersi già
tradotti in significativi aggiustamenti del tasso di cambio e rischiano di
provocare una “guerra delle valute” - e alla possibile reazione dei mercati finanziari, ora ai massimi, ad un aumento
futuro dei tassi di interesse, che potrebbe destabilizzare e spingere
nuovamente l’economia mondiale verso una fase recessiva. Sussistono inoltre i fattori
di rischio legati alla caduta del prezzo
del petrolio per la stabilità finanziaria dei paesi esportatori.
Il graduale rafforzamento della ripresa mondiale indicato nel DEF rispecchia le proiezioni macroeconomiche riportate dagli esperti della BCE a marzo 2015[5], che prevedono, appunto, un incremento della crescita in termini reali del PIL mondiale (esclusa l’area dell’euro) dal 3,6 per cento del 2014 al 3,8 per cento nel 2015 e a poco più del 4 per cento nel 2016-2017 in considerazione del fatto che lo stimolo per la domanda mondiale fornito dal calo dei corsi petroliferi sarà in generale più che compensato dalle prospettive meno favorevoli in alcuni mercati emergenti.
Secondo quanto messo in rilievo dagli esperti della BCE, le prospettive per l’economia mondiale riflettono una serie di fattori favorevoli, tra cui a) il significativo calo delle quotazioni petrolifere – che si ritiene indotto soprattutto dalle condizioni dell’offerta e che avrebbe un effetto nel complesso positivo sull’attività mondiale – e b) il perdurare della ripresa e le prospettive favorevoli negli Stati Uniti. Esistono però anche fattori avversi quali 1) le ripercussioni negative sulla Russia degli shock derivanti dalle sanzioni economiche e dal calo delle quotazioni petrolifere, 2) le brusche oscillazioni dei cambi, dovute in parte alle differenze sempre più accentuate tra politiche monetarie, e 3) la deludente dinamica del prodotto nelle economie emergenti, responsabile delle revisioni al ribasso della loro crescita potenziale.
Il commercio mondiale, che sembra aver perso lievemente slancio verso la fine del 2014, dovrebbe riprendersi gradualmente, in un contesto in cui la fase di debolezza ciclica dovrebbe venir meno e gli investimenti globali dovrebbero registrare una ripresa.
Nel WEO dell’FMI si
confermano le medesime osservazioni circa la spinta offerta dai bassi prezzi
del petrolio per una accelerazione della crescita mondiale, compensata tuttavia
da fattori negativi, quali la debolezza degli investimenti, che
comporteranno un ridimensionamento delle aspettative di crescita a medio
termine anche nelle economie avanziate, l’andamento
dell’inflazione che in molte economie avanzate è sceso al di sotto dei
target e in molti casi declina ancora – in particolare nei paesi con alto debito
e bassa crescita e in cui la politica monetaria non riesce a dare sollievo -,
la caduta del prezzo del petrolio,
che costituisce una spinta alla crescita globale e di molti paesi importatori
ma peserà sull’attività di quelli esportatori, contribuendo al ribasso delle
prospettive di crescita dei mercati emergenti. Le tensioni geopolitiche
continuano inoltre a costituire una minaccia. Nel complesso, le previsioni di crescita del PIL mondiale
formulate dal Fondo monetario, pari al 3,5 per cento nel 205 e al 3,8 per cento
nel 2016, risultano più contenute di
quanto indicato nel DEF.
Per quel che concerne l’Area dell’euro, l’andamento modesto del
tasso di crescita dell’economia nel 2014, intorno allo 0,9
per cento, trova le sue cause – osserva il DEF – innanzitutto nella debolezza della domanda interna, che
colpisce soprattutto gli investimenti,
e nella persistente difficoltà di aumentare l’offerta di credito alle imprese nonostante la politica monetaria espansiva
adottata dalla Banca Centrale europea. A ciò si aggiunge il costante declino del tasso di inflazione.
Al fine di combattere il rischio deflazione e rendere più agevole la concessione del credito all’economia reale, la BCE ha proceduto ad ampliare la dimensione del bilancio dell’Eurosistema, per riportarlo in prossimità dei livelli registrati nel marzo 2012, avviando un quantitative easing (QE) di ampie dimensioni
Per combattere le tendenze deflazionistiche
(si ricorda che nel corso del 2014 nell’area dell’euro l’inflazione, anche al
netto delle componenti più volatili come energia e alimentari, si è portata
significativamente al di sotto della definizione di stabilità dei prezzi, che
consiste in un tasso di crescita al di sotto ma vicino, al 2%) e rendere più
agevole la concessione di credito all’economia reale, la BCE ha proceduto, a più riprese, alla riduzione dei tassi ufficiali (che in settembre 2014 sono scesi
intorno allo zero) e all’avvio di operazioni
mirate di rifinanziamento a più
lungo termine (Targeted Longer-Term
Refinancing Operations, TLTRO) e in settembre
quello di un programma di acquisto di
ABS emessi in seguito alla cartolarizzazione di crediti bancari a imprese e
famiglie (Asset-Backed Securities Purchase Programme, ABSPP) e
di obbligazioni bancarie garantite (Covered
Bond Purchase Programme,
CBPP3), con l’obiettivo di favorire il credito all’economia reale e di
stimolare la crescita attraverso un aumento della dimensione del bilancio dell’Eurosistema.
Nel gennaio 2015, ritenuto insufficiente lo stimolo
monetario conseguito mediante le misure di politica monetaria adottate fra
giugno e settembre 2014, la BCE ha deciso di ampliare la dimensione del
programma di acquisto di titoli per finalità di politica monetaria,
includendovi anche quelli pubblici (Asset Purchase Programme, APP), per
un ammontare complessivo di 60 miliardi mensili fino a settembre 2016 (Quantitative Easing,
QE).
Il 9 marzo la BCE ha avviato il programma di
Quantitative Easing (QE), già annunciato a inizio
d’anno. L’intervento mira ad arrestare la fase di deflazione che interessa l’Eurozona
e a favorire il ripristino di normali condizioni di funzionamento del mercato
creditizio in molti paesi dell’area euro.
L’acquisto di titoli pubblici previsto dal QE
avrebbe effetti espansivi sul sistema economico in quanto, oltre ad influire
sulla curva dei tassi e sul cambio dell’euro, determinerebbe un riaggiustamento
indotto nei portafogli degli operatori finanziari, verso altre attività
finanziarie più redditizie, non direttamente interessate dagli interventi della
Banca centrale, trasmettendo così l’impulso monetario a un ampio ventaglio di
strumenti di finanziamento del settore privato. Inoltre, l’incremento del
valore della ricchezza delle famiglie indotto dall’aumento dei prezzi delle
attività finanziarie, e in prospettiva di quelle reali, potrà riflettersi in
una maggiore crescita dei consumi.
La Commissione europea, nel Winter Forecast di febbraio 2015[6], osserva come nell’Area dell’euro la ripresa abbia avuto un andamento lento nel 2014, dimostrandosi modesta a livello complessivo e non omogenea.
Tabella 2.2
Andamento congiunturale del PIL 2014 in termini reali nell’Area
dell’euro
(valori percentuali)
2014 |
I trim. |
II trim. |
III trim. |
IV trim. |
Italia |
0,0 |
-0,2 |
-0,1 |
0,0 |
Francia |
0,0 |
-0,1 |
0,3 |
0,1 |
Germania |
0,8 |
-0,1 |
0,1 |
0,3 |
Spagna |
0,3 |
0,5 |
0,5 |
0,6 |
AREA EURO |
0,3 |
0,1 |
0,2 |
0,2 |
Regno Unito |
0,6 |
0,8 |
0,7 |
0,6 |
Con riferimento ai risultati congiunturali, nel Bollettino di marzo 2015 la Banca Centrale Europea osserva che nel secondo semestre del 2014 la domanda interna ha mostrato comunque un graduale consolidamento e il PIL dell’area dell’euro, dopo sette trimestri consecutivi di crescita, è tornato nel quarto trimestre del 2014 sui livelli registrati nel primo trimestre del 2011, circa due punti percentuali al di sotto dei livelli precedenti la crisi del 2008. L'attività nell’area dell’euro sarebbe stata sorretta dal calo significativo dei corsi petroliferi a partire da luglio 2014. Il calo dei prezzi del petrolio, infatti, rafforza il reddito reale disponibile sostenendo i consumi privati; l'attuale deprezzamento del tasso di cambio dell’euro favorisce le esportazioni. Tuttavia, l’intensità della ripresa si conferma disomogenea tra gli Stati membri.
La BCE sottolinea come fattore di ulteriore consolidamento della domanda interna l’orientamento accomodante della politica monetaria (con particolare riferimento all’espansione del programma di acquisto degli asset), che dovrebbe portare a miglioramenti delle condizioni finanziarie e delle condizioni di offerta del credito, favorendo l’emergere di andamenti economici più favorevoli nell’area dell’euro, sorreggendo la crescita del PIL in termini reali sia a breve termine sia su un orizzonte temporale più lungo. Si prevede inoltre che l'economia reale possa trarre gradualmente beneficio dai progressi compiuti in materia di riforme strutturali e risanamento dei conti pubblici.
Questi sviluppi positivi si riflettono nelle proiezioni macroeconomiche per l’Area dell’euro formulate dagli esperti della BCE[7] che prevedono un incremento della crescita del PIL in termini reali dell’1,5 per cento nel 2015, dell’1,9 nel 2016 e del 2,1 nel 2017.
Secondo la BCE, vari fattori continuano tuttavia ad ostacolare una ripresa più robusta dell’attività. Tra questi figurano principalmente il processo di aggiustamento dei bilanci in corso in diversi settori e il ritmo piuttosto lento di attuazione delle riforme strutturali. Inoltre, l'incertezza perdurante, ancorché in diminuzione, connessa alla crisi del debito sovrano a livello europeo e fattori geopolitici frenano la crescita nell’area dell’euro.
Secondo il WEO dell’FMI di aprile 2015 - che ha rivisto al rialzo le prospettive di crescita della zona dell’Euro di 0,3 punti percentuali per il 2015 e di 0,2 punti per il 2016, rispetto alle previsioni di gennaio, portandole all’1,2% nel 2015 - la crescita negli ultimi mesi del 2014 è stata più lenta del previsto principalmente, a causa della debolezza degli investimenti e del continuo declino delle prospettive dell’inflazione. Il recupero dell’economia dell’Area euro, secondo l’FMI, dovrà essere sostenuto principalmente dal ribasso dei prezzi del petrolio, dalle misure di politica monetaria e dal deprezzamento dell’euro.
2.2 Lo scenario macroeconomico nazionale
Il DEF 2015 espone l’analisi del quadro
macroeconomico italiano relativo all’anno 2014 e le previsioni per l’anno in corso
e per il periodo 2016-2019, che riflettono i primi segnali di graduale ripresa
dell’economia, nonostante gli elementi d’incertezza che ancora caratterizzano le prospettive di crescita globali.
I
risultati nel 2014
Con riferimento al 2014, il DEF evidenzia come nella seconda metà dell’anno sono emersi segnali di stabilizzazione del quadro economico e nel quarto trimestre dell’anno si sia interrotta la caduta dei livelli generali d’attività dopo tre flessioni trimestrali consecutive.
Come rilevato dall’ISTAT, nel IV trimestre 2014[8] il prodotto interno lordo ha registrato una variazione nulla rispetto al trimestre precedente. I principali aggregati della domanda interna hanno però segnato una lieve risalita. In particolare, rispetto al trimestre precedente, si è registrata una crescita dello 0,2% sia dei consumi finali nazionali, sia degli investimenti fissi lordi. Anche le importazioni e le esportazioni sono aumentate, con incrementi rispettivamente dello 0,3% e dell'1,6%. Nell’ambito dei consumi finali, la spesa delle famiglie residenti e delle ISP in particolare è aumentata dello 0,1% e quella della PA dello 0,4%. La crescita degli investimenti è stata determinata da una risalita della spesa in macchine, attrezzature e prodotti vari (0,2%) e di quella in mezzi di trasporto (7,7%), mentre gli investimenti in costruzioni sono diminuiti ancora, dello 0,6%.
L’andamento
dell’attività economica dell’Italia nell’ultimo trimestre dell’anno è risultato
peraltro inferiore a quello registrato
nell’Area dell’euro nello stesso
periodo (+0,3 per cento) e nei principali paesi europei, i quali hanno
riportato tutti variazioni positive rispetto al terzo trimestre, in particolare,
Germania (+0,7 per cento), Francia (+0,1 per cento), Regno Unito (+0,5 per
cento). Negli Stati Uniti, nel quarto trimestre, il PIL è aumentato in termini
congiunturali dello 0,7%.
Nel complesso, tuttavia, nel 2014 il PIL ha registrato una contrazione dello 0,4 per cento, a fronte della contrazione dell’1,7 per cento registrata nel 2013.
La contrazione del prodotto nel 2014 è risultata sostanzialmente in linea con le previsioni formulate all’interno del Documento Programmatico di Bilancio (-0,3 per cento), presentato ad ottobre 2014[9], e della Nota di aggiornamento del DEF, di settembre 2014[10].
I dati disponibili per i maggiori paesi sviluppati indicano un aumento del PIL in volume nel 2014 negli Stati Uniti (2,4%), in Germania (1,6%) e in Francia (0,4%).
Sul risultato negativo del 2014 ha inciso, in maniera rilevante, - si osserva nel DEF - la debolezza della domanda interna, ed in particolare degli investimenti, il cui contributo negativo alla variazione del PIL è stato pari a -0,6 punti percentuali.
Un apporto positivo è, invece, disceso dalla domanda estera (0,3 punti percentuali), seppure in misura più contenuta rispetto al 2013 (+0,8 per cento). In particolare, le esportazioni hanno beneficiato della favorevole dinamica della domanda mondiale e del miglioramento di competitività indotto, a fine 2014, dal deprezzamento dell’euro.
Per quanto concerne i risultati del 2014, l’ISTAT[11] rileva che nel 214 si è registrato, dal lato della domanda interna, in termini di volume, una variazione nulla dei consumi finali nazionali e un calo del 3,3% degli investimenti fissi lordi.
Per quanto concerne i consumi, la spesa delle famiglie residenti è cresciuta in volume dello 0,3%, segnando un lieve recupero rispetto all’accentuata diminuzione del 2013 (-2,9%). Sul punto il DEF evidenzia come nel 2014 il graduale recupero dei consumi privati in corso d’anno sia stato sostenuto dall’aumento della propensione al consumo, a fronte di una stabilità del reddito disponibile in termini reali. Al contrario, le misure di contenimento della spesa per redditi e per consumi intermedi nelle Pubbliche Amministrazioni, hanno comportato una flessione dei consumi pubblici (-0,9 per cento in termini reali). Per quanto concerne gli investimenti fissi lordi, nel 2014, si è verificata ancora una flessione del 3,3 per cento, ma di intensità inferiore a quella dell’anno precedente (-5,8%). Il calo maggiore ha riguardato la componente delle costruzioni (-4,9%), mentre gli investimenti in macchinari e attrezzature sono diminuiti del 2,7% e quelli in mezzi di trasporto dell’1,2%.
A livello settoriale, la caduta del PIL è riconducibile a cali in volume nell’agricoltura, silvicoltura e pesca (- 2,2%), nell’industria in senso stretto (-1,1%) e nelle costruzioni (-3,8%).
Per
l’industria in senso stretto, il DEF rimarca come la caduta della
produzione industriale si sia arrestata nell’ultimo trimestre dell’anno. Secondo
l’ultimo Comunicato ISTAT[12], dopo la stazionarietà registrata a ottobre,
la produzione industriale ha mostrato incrementi sia a novembre sia a dicembre.
Nella media del trimestre ottobre-dicembre 2014 la produzione è diminuita dello
0,1% rispetto al trimestre precedente.
Per il settore delle costruzioni si registra, ancora, nel 2014, per il settimo anno consecutivo, un valore negativo. Si rilevano tendenze negative anche nei prezzi delle abitazioni. Come rilevato nel recente Comunicato ISTAT[13], nel IV trimestre 2014, sulla base delle stime preliminari, l'indice dei prezzi delle abitazioni (IPAB) acquistate dalle famiglie, sia per fini abitativi sia per investimento, diminuisce dello 0,8% rispetto al trimestre precedente e del 2,9% nei confronti dello stesso periodo del 2013. Questo dato conferma la tendenza al ribasso dei prezzi delle abitazioni in atto da tre anni. È la prima volta, inoltre, da quando è disponibile la serie storica dell'IPAB, che per le abitazioni nuove i prezzi risultano al di sotto di quelli medi del 2010. In media, nel 2014, i prezzi delle abitazioni sono diminuite del 4,2% rispetto al 2013 (quando la variazione media annua era stata del -5,7%). I primi segnali di inversione di tendenza si registrano però nelle compravendite di case, in graduale risalita rispetto ai recenti livelli storicamente molto bassi.
Come già detto, la dinamica delle esportazioni si è invece mantenuta positiva. Le esportazioni hanno mostrato un profilo di crescita progressivo nel corso dell’anno supportate dal favorevole andamento della domanda mondiale e del miglioramento di competitività derivante dal deprezzamento dell’euro.
Per quanto concerne, in particolare, il commercio con l’estero, il DEF evidenzia che nell’anno 2014 l’interscambio ha mostrato una accelerazione, in linea con l’andamento positivo del commercio e della produzione industriale globali. Nel complesso, il saldo commerciale è risultato in avanzo per circa 42,9 miliardi (2,8 per cento del PIL), in miglioramento rispetto a quello registrato lo scorso anno (29,2 miliardi), risultando – illustra il DEF - tra i più elevati dell’Unione europea, dopo la Germania e i Paesi Bassi.
Tale risultato – sottolinea il DEF - è l’effetto della crescita delle esportazioni (2,0 per cento) e della riduzione delle importazioni (-1,6 per cento) in valore. Sul piano geografico, entrambi i flussi commerciali sono risultati più dinamici verso l’area europea, mentre le importazioni dai paesi non europei hanno mostrato una evoluzione negativa per effetto dei minori acquisti di prodotti energetici. Il contributo al miglioramento del saldo è stato fornito, in particolare, dai flussi verso l’area extra-europea. In particolare, le esportazioni sono cresciute soprattutto verso gli Stati Uniti (7,8 per cento) e i paesi EDA Economie Dinamiche Asiatiche (6,3 per cento). Tra i paesi europei, le esportazioni verso la Spagna hanno registrato l’incremento maggiore (4,2 per cento).
Quanto al mercato del lavoro, il DEF rileva come l’occupazione complessiva misurata in ULA (unità di lavoro standard) ha registrato nel 2014 un aumento dello 0,2 per cento grazie ai favorevoli andamenti nei servizi e nel manifatturiero. La crescita ha interessato tutti i macro-settori, ad eccezione delle costruzioni, dove si è registrato un calo del 4,5%; l’occupazione è aumentata dell’1,4% per l’agricoltura, silvicoltura e pesca, dello 0,6% per l’industria in senso stretto e dello 0,5% per i servizi.
Il DEF sottolinea che secondo le rilevazioni sulle forze di lavoro, l’occupazione è aumentata ad un ritmo lievemente superiore (0,3 per cento), ma il tasso di disoccupazione è aumentato al 12,7 per cento della forza lavoro (da 12,2 per cento nel 2013), in conseguenza di una maggiore partecipazione al mercato del lavoro.
Con riferimento all’evoluzione dei prezzi, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo è sceso nel 2014 allo 0,2 per cento rispetto all’1,3 per cento registrato nel 2013. Il DEF evidenzia come la dinamica dei prezzi è stata frenata oltre che dalla moderazione salariale, anche dalla debolezza della domanda aggregata e dalla consistente diminuzione del prezzo del petrolio.
Quanto al mercato del lavoro e all’inflazione, si rinvia anche agli approfondimenti riportati più avanti.
Le
prospettive dell’economia italiana
Con riferimento alle prospettive di crescita dell’economia italiana a partire dall’anno 2015, si segnala che il DEF 2015 presenta due scenari di previsioni macroeconomiche, uno tendenziale e l’altro programmatico, che, fermo restando le assunzioni relative al quadro macroeconomico internazionale, coerenti con le più recenti previsioni delle principali istituzioni internazionali, differiscono per le assunzioni relative alle riforme economiche.
In particolare, le previsioni del quadro tendenziale incorporano gli effetti sull’economia delle azioni di politica economica, delle riforme e della politica fiscale messe in atto precedentemente alla presentazione del Documento stesso.
Il quadro macroeconomico programmatico, invece, include l’impatto sull’economia delle politiche economiche prospettate all’interno del Programma di Stabilità e del Piano Nazionale delle Riforme, che saranno concretamente definite nella Nota di aggiornamento che sarà presentata a settembre 2015 e adottate con la prossima legge di stabilità.
In particolare, il quadro macroeconomico programmatico assume la completa disattivazione degli aumenti di imposte indirette previsti per il 2016, pari ad un punto percentuale di PIL, e misure di contenimento della spesa e altre coperture per un importo pari a 0,6 decimi di PIL. Per il 2017 sono previste ulteriori moderate misure espansive. Il tasso di crescita dell’economia si gioverà dell’impatto delle riforme strutturali che sono state considerate in maniera estremamente prudenziale.
Le due previsioni coincidono per l’anno in corso, mentre si differenziano gradualmente negli anni successivi (si veda più avanti la Tabella 2.8).
Si ricorda, inoltre, che, nel rispetto dei regolamenti europei[14], le previsioni macroeconomiche tendenziali e programmatiche presentate nel DEF 2015 sono sottoposte alla validazione dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, costituito nell’aprile 2014 secondo quanto previsto dalla legge n. 243/2012 di attuazione del principio del pareggio del bilancio[15].
Come sottolineato nel DEF, lo scenario macroeconomico tendenziale ha già ottenuto la validazione dell’Ufficio, il 31 marzo 2015.
Il quadro programmatico otterrà la validazione entro il 30 di aprile, in tempo utile per la presentazione del DEF 2015 alla Commissione europea.
Il
quadro macroeconomico tendenziale
Il DEF 2015 evidenzia come nel 2015 l’economia italiana sia entrata in una fase di moderata ripresa, contrassegnata in prospettiva da dinamiche favorevoli del commercio estero e da una graduale stabilizzazione della domanda interna.
Il documento mette in evidenza come il contributo decisivo alla ripresa dell’economia italiana venga dalla domanda internazionale. La svalutazione del cambio, in primis, e la ripresa del commercio internazionale, che si attende più sostenuta a partire dal 2016, dovrebbe, secondo il DEF, riflettersi positivamente sulla crescita delle esportazioni italiane.
Al contempo, il Governo prefigura un graduale superamento dei fattori negativi che hanno condizionato finora l’andamento della domanda interna. Si prevede sia una ripresa graduale dei consumi, favorita dall’aumentato potere d’acquisto in termini di reddito reale, che degli investimenti, in conseguenza delle migliorate condizioni finanziarie e del cambiamento di clima reso visibile dagli indicatori di fiducia.
La domanda interna, nel suo insieme, viene considerata dal DEF un “rischio positivo”, che potrebbe manifestare livelli più elevati del previsto in corrispondenza di sviluppi favorevoli nel mercato del lavoro.
Gli indicatori congiunturali più recenti evidenziano, secondo il DEF, una tendenza moderatamente favorevole per l'economia italiana, prospettando una prima variazione positiva del prodotto interno lordo già nel primo trimestre 2015 ed una accelerazione più sostenuta della ripresa nei trimestri successivi.
I dati congiunturali disponibili confermano – osserva il Governo - il superamento del punto di minimo del ciclo economico e l’avvio di una fase ciclica moderatamente espansiva, che sta beneficiando di diversi fattori quali il deprezzamento dell’euro e l’ampia flessione del prezzo del petrolio. Inoltre, nel medio termine, il complesso delle misure espansive implementate dalla BCE dovrebbe favorire una ripartenza del credito al settore privato e, conseguentemente, la crescita di consumi e investimenti, e una graduale risalita dell’inflazione al consumo verso l’obiettivo di medio termine. I livelli degli indicatori di fiducia, in particolare, si sono portati nel corso degli ultimi mesi su livelli storicamente elevati.
I dati congiunturali diffusi dall’ISTAT relativi ai primi mesi dell’anno confermano i segnali di una ripresa. Il Comunicato del 13 aprile scorso, relativo alla produzione industriale, indica che a febbraio 2015 l'indice destagionalizzato della produzione industriale è aumentato dello 0,6% rispetto a gennaio. Nella media del trimestre dicembre 2014-febbraio 2015 la produzione è aumentata dello 0,4% rispetto al trimestre precedente. Corretto per gli effetti di calendario, a febbraio 2015, l’indice è tuttavia leggermente diminuito in termini tendenziali dello 0,2%.
Per quanto attiene al clima di fiducia delle imprese, a marzo l’indice ha mostrato un significativo aumento. Secondo il Comunicato ISTAT diffuso il 30 marzo scorso, esso cresce a 103,0 da 97,5 di febbraio. Gli incrementi più rilevanti hanno riguardato il settore delle costruzioni (a seguito del miglioramento dei giudizi sugli ordini e/o i piani di costruzione) e i servizi di mercato (per il balzo in avanti delle valutazioni sulla situazione generale dell’economia) e, più lievemente, il settore delle imprese manifatturiere.
Anche l'indice del clima di fiducia dei consumatori registra a marzo, per il terzo
mese consecutivo, un significativo incremento, raggiungendo il valore di 110,9
da 107,7 del mese precedente (Comunicato ISTAT, 30 marzo 2015).
A gennaio, l’indicatore composito anticipatore dell’economia italiana è risultato positivo per il terzo mese consecutivo, confermando le indicazioni a supporto di un miglioramento dell’attività economica nel primo trimestre.
In considerazione del più favorevole quadro internazionale, il DEF fissa le stime tendenziali di crescita del PIL per il 2015 allo 0,7 per cento, al rialzo rispetto alla crescita dello 0,6 per cento prevista, in termini programmatici, ad ottobre 2014 nel Documento programmatico di bilancio 2015 (DPB).
Nel DEF si sottolinea che si tratta di una stima di crescita prudenziale, in quanto il mutato quadro internazionale giustificherebbe una previsione più ottimistica.
Per il 2016 si prevede una crescita tendenziale del PIL dell’1,3 per cento, superiore rispetto alle previsioni programmatiche elaborate ad ottobre scorso, contenute nella Nota di aggiornamento del precedente DEF e nel Documento Programmatico di bilancio, in ragione del rapido miglioramento del ciclo economico.
Tabella
2.3
Confronto sulle previsioni di crescita del PIL
(variazioni percentuali)
|
Nota agg.
DEF 2014 |
DPB |
DEF 2015 – Previsioni Tendenziali |
|||||||
|
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
2015 |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 |
PIL |
0,6 |
1,0 |
1,3 |
1,4 |
0,6 |
0,7 |
1,3 |
1,2 |
1,1 |
1,1 |
Per gli anni successivi, il DEF evidenzia una crescita tendenziale del PIL più contenuta, pari nel 2017 all’1,2 per cento e pari in media dell’1,1 per cento nel biennio successivo, inferiore a quanto previsto ad ottobre.
Le nuove previsioni rifletterebbero –
secondo quanto illustrato nel DEF - un principio di cautela sulla valutazione
delle principali variabili di finanza pubblica. In particolare, il Governo ha sottratto dalla previsione del tasso di
crescita tendenziale del PIL l’impatto
positivo sulla crescita che il Governo stima, a partire dal 2016, provenire
da alcune riforme strutturali già avviate.
Tale impatto è stato, invece, considerato nella formulazione delle previsioni programmatiche di crescita a partire dall’anno 2018, in via prudenziale, come si precisa meglio più avanti.
Nel DEF sono analiticamente illustrate – nella Sezione I relativa al Programma di stabilità, nel FOCUS relativo alla “Revisione delle stime di crescita” - le motivazioni di base che giustificano una revisione al rialzo del tasso di crescita dell’economia per il biennio 2015-2016 e ad un ridimensionamento delle prospettive di crescita nel medio periodo (2017-2018).
Le nuove stime di crescita tendenziale di breve periodo (2015-2016) sono state in particolare influenzate da inaspettati
andamenti positivi del mercato del lavoro (l’occupazione ha mostrato,
contrariamente alle aspettative, una tenuta già sul finire del 2014) e,
soprattutto, dal miglioramento del quadro esogeno internazionale rispetto a
quanto ipotizzabile in autunno. Gli impatti sulla crescita di tale miglioramento del quadro internazionale
sono riportati in una apposita tabella, in cui si mostrano gli
scostamenti dei valori di PIL attribuibili alle principali esogene e il valore
totale. In maniera
sintetica si mostra che la variazione del cambio dell’euro ha un effetto più
immediato, mentre la crescita della domanda mondiale diventa più rilevante nel
secondo anno. Positivo è, naturalmente, anche l’impatto della riduzione del
prezzo del greggio, che aumenta il reddito disponibile delle famiglie. La riduzione
nei tassi d’interesse agisce in maniera molto più graduale, fornendo effetti
più rilevanti nel medio termine.
Effetto
stimato sul PIL delle esogene internazionali (impatto su tassi di crescita
previsti)
(variazioni percentuali)
|
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 |
Prezzo del petrolio |
0,2 |
0,1 |
0,0 |
-0,1 |
-0,1 |
Domanda mondiale pesata per l’Italia |
0,0 |
0,1 |
0,1 |
0,0 |
0,0 |
Tasso di cambio nominale
effettivo, prezzo dei manufatti |
0,3 |
0,2 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
Prezzo delle materie prime non combustibili, dollari |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
Tassi di
interesse |
0, |
0,1 |
0,1 |
0,2 |
0,2 |
Totale |
0,6 |
0,5 |
0,1 |
0,1 |
0,1 |
Secondo quanto illustrato nel DEF, dunque, nel complesso per il biennio 2015-2016 la spinta verso la revisione al rialzo delle previsioni avrebbe potuto essere maggiore di quella effettivamente effettuata, per motivi prudenziali.
Contrariamente alle previsioni per il 2015 e 2016 (di breve periodo), il DEF ha operato una revisione verso il basso delle previsioni tendenziali del PIL per il medio periodo, a partire dal 2016, in quanto, come sopra illustrato, è stato sottratto rispetto alla previsione pubblicata nella Nota di Aggiornamento del DEF, l’impatto positivo sulla crescita che il Governo stima provenire da alcune riforme strutturali già avviate.
Si ricorda, al riguardo, che la Nota di aggiornamento del DEF 2014, stimava un impatto sull’economia dei provvedimenti di riforma – il DEF 2015 in esame si riferisce a quelli volti a migliorare l’efficienza del sistema giustizia e della PA, nonché a favorire il lavoro - valutato nell’ordine di un aumento complessivo del PIL, a partire dal 2016, dello 0,2 per cento nel 2016 e dello 0,4 per cento negli anni 2017 e 2018 (tale impatto è stato, come detto, considerato nella formulazione delle previsioni programmatiche di crescita a partire dall’anno 2018). Secondo quanto illustrato nel DEF, restano nel tasso di crescita tendenziale gli impatti stimati di alcuni provvedimenti fiscali, anch’essi a carattere strutturale, quali la riduzione dell’IRAP e il provvedimento degli 80 euro e pari a 0.4 decimi di PIL nel 2016.
Si ritiene utile, infine, riportare nella tabella che segue un confronto tra le previsioni di crescita recate nel DEF e quelle più recenti dei principali istituti di ricerca nazionali e internazionali, che stimano per l’anno in corso una crescita del PIL tra 0,5–0,7 punti percentuali, lievemente inferiore rispetto a quella del Governo (con l’eccezione del CER, che stima una crescita dello 0,9%). Per il 2016, le previsioni disponibili degli istituti si presentano, in media, anch’esse leggermente inferiori rispetto a quelle del Governo.
Tabella
2.4
Previsioni degli istituti nazionali e
internazionali sulla crescita del PIL italiano
(variazioni percentuali)
|
2015 |
2016 |
GOVERNO (aprile ’15) |
0,7 |
1,3 |
CER (aprile ’15) |
0,9 |
1,3 |
PROMETEIA (marzo ’15) |
0,7 |
1,4 |
REF.IRS (gennaio ’15) |
0,7 |
1,1 |
BANCA D’ITALIA
(gennaio ’15) |
0,4 |
1,2 |
FMI - WEO (14 aprile ‘15) |
0,5 |
1,1 |
COMMISSIONE UE – Spring
Forecast (febbraio ‘15) |
0,6 |
1,3 |
Analisi
delle componenti del quadro macroeconomico tendenziale
La tabella che segue riporta le previsioni tendenziali per gli anni 2015-2019 dei principali indicatori del quadro macroeconomico complessivo esposto nel DEF 2015, posti a raffronto con i dati di consuntivo del 2014.
Tabella
2.5
Il
quadro macroeconomico tendenziale
(variazioni percentuali)
|
Consuntivo |
Previsioni tendenziali |
||||
|
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 |
PIL |
-0,4 |
0,7 |
1,3 |
1,2 |
1,1 |
1,1 |
Importazioni |
1,8 |
2,9 |
3,5 |
3,8 |
3,9 |
3,6 |
Consumi
finali nazionali |
0,0 |
0,3 |
0,7 |
0,7 |
0,8 |
0,8 |
- spesa delle famiglie e I.S.P |
0,3 |
0,8 |
0,8 |
0,9 |
1,0 |
1,0 |
- spesa delle P.A. |
-0,9 |
-1,3 |
0,4 |
-0,1 |
0,0 |
0,3 |
Investimenti
fissi lordi |
-3,3 |
1,1 |
2,1 |
2,3 |
2,2 |
2,1 |
- macchinari, attrezzature e
vari* |
-1,7 |
2,5 |
3,0 |
2,9 |
2,8 |
2,7 |
- costruzioni |
-4,9 |
-0,3 |
1,2 |
1,6 |
1,6 |
1,4 |
Esportazioni |
2,7 |
3,8 |
4,0 |
4,0 |
3,8 |
3,6 |
|
||||||
PIL nominale (miliardi di
euro) |
1.616,0 |
1.639,0 |
1.687,7 |
1.738,4 |
1.788,6 |
1.840,9 |
* Tale voce ricomprende gli investimenti in macchinari e attrezzature, in trasporti e in beni immateriali.
Fonte: DEF 2015, Sezione I: Programma di stabilità, Tab. II.1.
Come si evince dalla tabella, tutti i principali indicatori macroeconomici
manifestano nell’anno 2015 un valore positivo rispetto al 2014, salvo l’andamento negativo indicato per
la spesa delle PA (-1,3 per cento), che sconta gli effetti negativi delle
misure di contenimento della spesa per redditi e per consumi intermedi nelle
Pubbliche Amministrazioni, e per gli investimenti nel settore delle costruzioni (-0,3 per cento).
Nel
medio termine, il complesso delle misure espansive implementate dalla BCE
dovrebbe favorire una ripartenza del credito al settore privato e,
conseguentemente, la crescita di consumi e investimenti, e una graduale
risalita dell’inflazione al consumo verso l’obiettivo di medio termine.
In
particolare, l’andamento dei consumi privati
torna positivo nel 2015 (+0,3 per cento), evidenziando una progressiva crescita
negli anni successivi, favoriti dall’aumentato potere d’acquisto in termini di
reddito reale. In tale ambito, i consumi
delle famiglie e delle I.S.P.(Istituzioni
sociali private) manifestano un recupero di 0,5 punti percentuali nel 2015, con
una crescita dello 0,8 per cento, via via sempre più sostenuta intorno all’1,0
per cento a fine periodo.
Anche
gli investimenti fissi lordi sono
previsti in sensibile aumento, dopo gli andamenti fortemente negativi degli
ultimi anni (-8,0 per cento nel 2012, -4,7 per cento nel 2013, -3,3 per cento
nel 2014), evidenziando nell’anno in corso una crescita dell’1,1 per cento
rispetto al 2014, che prosegue a ritmi sostenuti anche nel periodo successivo,
intorno a valori medi di crescita superiori al 2 per cento. In particolare nel
DEF si evidenzia l’andamento particolarmente positivo degli investimenti in macchinari, grazie alle
migliorate condizioni finanziarie.
Mantiene una dinamica ancora negativa nel 2015 il settore delle costruzioni, per il quale si prevede ancora un calo dello 0,3 per cento. Anche tale settore, tuttavia, è previsto in ripresa a partire dal 2015, e destinato a stabilizzarsi su valori positivi pari in media all’1,5 per cento nel triennio 2016-2019.
Per
quanto concerne le esportazioni – che hanno costituito l’unico apporto
positivo alla crescita del PIL negli ultimi due anni – continuerebbero a
manifestare un andamento positivo anche nell’anno in corso, raggiungerebbero una crescita del 3,8-4 per
cento nel periodo successivo. Come già ricordato, la svalutazione del
cambio e la ripresa del commercio internazionale a partire dal 2016, dovrebbe,
secondo il DEF, sospingere verso l’alto le esportazioni italiane. Anche le importazioni manifestano un andamento positivo per tutto il
periodo, trainate dalla ripresa della domanda interna.
Il
grafico seguente indica l’andamento delle principali variabili del quadro
macroeconomico a partire dal 2008 sino alla fine del periodo di previsione
indicato del DEF 2015.
Grafico 2.1
Conto
economico delle risorse e degli impieghi – Previsioni tendenziali
(variazioni % a prezzi costanti)
2013-2015 obiettivi Governo
Mercato
del lavoro
Per quanto concerne il mercato del lavoro, il DEF stima per l’anno 2015 una moderata crescita dell’occupazione, in termini di ULA, dello 0,6 per cento, rispetto all’anno precedente, anno in cui l’occupazione ha manifestato un andamento positivo, con un incremento dello 0,2 per cento. Il tasso di occupazione è previsto in accelerazione nel 2016 (+0,9 per cento), per poi stabilizzarsi intorno allo 0,6-0,5 negli anni successivi.
Tabella
2.6
Il
mercato dl lavoro
(variazioni percentuali)
|
Consuntivo |
Previsioni Tendenziali |
||||
|
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 |
Occupazione
(ULA) |
0,2 |
0,6 |
0,9 |
0,6 |
0,5 |
0,5 |
Tasso di
disoccupazione |
12,7 |
12,3 |
11,8 |
11,4 |
11,1 |
10,9 |
Tasso di
occupazione (15-64 anni) |
55,7 |
55,8 |
56,2 |
56,5 |
56,8 |
5,70 |
CLUP |
1,2 |
0,4 |
1,1 |
0,9 |
1,3 |
0,9 |
Il DEF rileva come l’andamento del mercato del lavoro nel corso del 2014 ha rappresentato una sorpresa positiva in termini di occupazione. Le previsioni formulate fino ad ottobre 2014, nel Documento programmatico di bilancio, assumevano, infatti, un leggero calo di occupazione a fine 2014 e una sua ripresa soltanto a partire dal 2015. La crescita dell’occupazione misurata in termini di unità di lavoro (ULA) è aumentata dello 0,2 per cento, grazie ai favorevoli andamenti registrati nei servizi e nel manifatturiero.
Dopo la consistente perdita di posti di lavoro nel 2012 e nel 2013 (che hanno registrato, rispettivamente, una contrazione dell’occupazione dell’1,4 e dell’1,9 per cento), il numero degli occupati si è dunque sostanzialmente stabilizzato nel 2014.
Il
grafico seguente mostra l’andamento dell’occupazione in Italia a partire dal
2008, con le previsioni 2015-2019 contenute nel DEF.
Grafico
2.2
Andamento
dell’occupazione
(variazione percentuale)
Pur in presenza della crescita dell’occupazione, il tasso di disoccupazione ha tuttavia presentato, anch’esso, un aumento nel 2014, raggiungendo il 12,7 per cento (dal 12,2 per cento del 2013), in conseguenza di una maggiore partecipazione al mercato del lavoro.
A partire
dal 2015, il DEF prevede una graduale
riduzione del tasso di disoccupazione al 12,3 per cento nel 2015 fino al 10,9 per cento di fine periodo.
Tuttavia, nel contempo il Documento rileva come il miglioramento delle prospettive di occupazione e di ripresa economica ipotizzate dal DEF, potendo implicare, quale reazione positiva, un incremento più deciso della partecipazione al mercato del lavoro, risulterebbe suscettibile di comportare una discesa più contenuta del tasso di disoccupazione rispetto a quella prospettata nel periodo considerato.
Sul punto si evidenzia come la Commissione europea, nel Documento sugli squilibri macroeconomici del 18 marzo 2015[16], attribuisce l’aumento del tasso di disoccupazione registrato nel 2014 quasi esclusivamente alla crescita del tasso di partecipazione. Il contributo maggiore all’aumento della forza lavoro è venuto dalle donne, probabilmente a causa delle più pressanti necessità economiche delle famiglie[17].
I più recenti dati congiunturali forniti dall’ISTAT[18] sull’andamento del mercato del lavoro nei primi mesi del 2015 indicano a febbraio 2015 una diminuzione degli occupati dello 0,2% (-44 mila) rispetto al mese precedente e un aumento dei disoccupati su base mensile dello 0,7% (+23 mila). Dopo il calo registrato a dicembre e a gennaio, a febbraio il tasso di disoccupazione sale di 0,1 punti percentuali, tornando al 12,7%, lo stesso livello di dicembre.
Rispetto ai tre mesi precedenti, nel periodo dicembre-febbraio l'occupazione è rimasta sostanzialmente stabile, mentre il tasso di disoccupazione è diminuito di 0,4 punti percentuali, in larga misura per la risalita del tasso di inattività (+0,3 punti).
In particolare, il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, cioè la quota di giovani disoccupati sul totale di quelli attivi (occupati o disoccupati) è pari al 42,6 per cento, in crescita di 1,3 punti percentuali rispetto al mese precedente. Il numero di giovani disoccupati, aumenta dell’1,7% su base mensile (+11 mila). L’incidenza dei giovani disoccupati tra 15 e 24 anni sul totale dei giovani della stessa classe di età è pari al 10,8% (cioè poco più di un giovane su 10 è disoccupato). Dal calcolo del tasso di disoccupazione sono esclusi i giovani inattivi, cioè quelli che non sono occupati e non cercano lavoro, perché ad esempio impegnati negli studi.
Si ricorda, infine, che secondo le previsioni della Commissione europea di febbraio 2015, il tasso di disoccupazione in Italia dovrebbe rimanere al di sopra del 12 per cento nel biennio 2015-2016 (rispettivamente, 12,8 e 12,6 per cento).
La Commissione rileva, inoltre, il rischio di un ulteriore aumento della disoccupazione, nella misura in cui le riforme del mercato del lavoro del 2012 e del 2014 mirano a limitare l’uso della cassa integrazione guadagni straordinaria per consentire la riallocazione della forza lavoro, per cui i lavoratori che potevano in precedenza beneficiarne divengono disoccupati. Tuttavia, secondo la Commissione europea, le misure adottate di recente per sostenere la creazione di posti di lavoro potrebbero favorire nuove assunzioni e pertanto influire in senso positivo sulle previsioni.
Anche il Fondo Monetario Internazionale, nelle recenti previsioni di aprile, reca una previsione del tasso di disoccupazione per l’Italia superiore a quello previsto dal Governo nel DEF 2015, pari al 12,6 per cento per il 2015 e al 12,3 per cento per il 2016 (12,3 e 11,8 nelle stime del Governo) .
Il
grafico che segue mostra l’andamento del tasso di disoccupazione a partire dal
2005 per i principali paesi della UE e per gli Stati Uniti, tratte dal recente
rapporto del Fondo monetario internazionale (Word Economic
Outlook, aprile 2015).
Grafico
2.3
Andamento
del tasso di disoccupazione
(variazione percentuale)
Fonte: Per i consuntivi dei paesi della UE, dati della Commissione Europea, per USA, dati FMI. Per le previsioni, FMI, Word Economic Outlook (aprile 2015)
Con una quota di persone in cerca di lavoro del 12,7 per cento nel 2014, il nostro Paese si pone al di sopra della media dell’Area Euro (pari all’11,6 per cento), mentre nel 2007, prima della crisi, il dato italiano era pari al 6,1 per cento contro una media dell’Area del 7,6 per cento.
Nel confronto con i principali Paesi europei, emerge che nel 2014 il tasso di disoccupazione italiano è risultato superiore a quello di Germania (5,0 per cento), Regno Unito (6,3 per cento) e Francia (9,7 per cento), inferiore solo al dato della Spagna (24,7 per cento).
La dinamica reddituale si è attestata su ritmi moderati. I redditi unitari da lavoro dipendente sono cresciuti in media annua di appena lo 0,6 per cento, mentre la produttività del lavoro è diminuita dello 0,6 per cento; conseguentemente, il costo del lavoro per unità prodotta (CLUP) ha segnato una variazione dell’1,2 per cento per l’economia nel suo complesso. Se si limita l’analisi alle attività manifatturiere che sono più direttamente esposte alla concorrenza internazionale, si rileva una flessione del CLUP dell’1,1 per cento.
Si osservi che le riforme programmate, secondo le stime del Governo - come illustrate di seguito, nel paragrafo sul quando macroeconomico programmatico - avrebbero effetto anche sull’occupazione, a decorrere dall’anno 2016: l’effetto cumulato di esse sarebbe un incremento dello 0,5 per cento nel 2016, dell’1,6 nel 2020, per poi giungere, nel 2025, ad un incremento del 2,2 per cento (cfr. Tavola a pag. 49 della Sez. I - Programma di stabilità del DEF). Come già segnalato, tuttavia, il quadro programmatico include (parzialmente) gli effetti delle riforme solo a partire dal 2018 in poi, sebbene lo scenario programmatico evidenzia comunque una evoluzione più favorevole dell’occupazione e un minor livello di disoccupazione nel periodo considerato rispetto all’andamento tendenziale.
La
dinamica dei prezzi
Quanto all’andamento dei prezzi, il deflatore del PIL è stimato in aumento nell’anno in corso, pari all’1,4 per cento (rispetto allo 0,4 del 2014).
L’aumento dei prezzi al consumo è stato modesto nel 2014.
Secondo il DEF, la dinamica dei prezzi è stata frenata, oltre che dalla moderazione salariale, anche dalla debolezza della domanda aggregata e dalla consistente diminuzione del prezzo del petrolio.
Su base annua l’inflazione armonizzata al consumo è scesa allo 0,2 per cento (da 1,3 per cento nel 2013). A tassazione costante si è misurata un’inflazione lievemente negativa (-0,1 per cento, da 1,1 per cento nel 2013).
A livello tendenziale, si prevede che le misure espansive di QE implementate dalla Banca Centrale Europea siano in grado di conseguire una graduale risalita dell’inflazione al consumo verso l’obiettivo statutario, sostenuta anche dall’aumento delle imposte indirette.
I dati congiunturali dei primi mesi del 2015 forniti dall’ISTAT, confermano l’andamento in declino dell’inflazione. Nel Comunicato sui prezzi al consumo del 30 marzo 2015, si rileva che mese di marzo l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (NIC), ha registrato una diminuzione su base annua pari a -0,1%.
L'indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) aumenta del 2,1% su base mensile mentre fa registrare un tasso tendenziale nullo (la stima provvisoria era -0,1%), dopo la lieve ripresa rilevata a febbraio (+0,1%).
Tabella
2.7
Andamento
dei prezzi
(variazioni
percentuali)
|
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 |
Deflatore
del PIL |
0,8 |
0,7 |
1,7 |
1,8 |
1,8 |
1,8 |
Deflatore dei consumi |
0,2 |
0,4 |
1,8 |
1,9 |
1,6 |
1,7 |
Inflazione programmata |
0,2 |
0,3 |
1,0 |
1,5 |
|
|
Inflazione IPCA (al netto degli energetici importati) |
0,8 |
1,3 |
1,5 |
1,6 |
|
|
Fonte: DEF 2015
(aprile 2015).
Sul punto, si rileva che la Commissione europea, sia nel Winter Forecast di febbraio 2015[19] che nel Documento sugli squilibri macroeconomici, prevede che l’inflazione scenda su livelli negativi nel 2015, a causa del calo dei prezzi del petrolio, dell'elevata disoccupazione e della debole domanda interna.
Più precisamente, la Commissione sottolinea come l'inflazione IPCA (cioè l’indice armonizzato europeo) sia in calo dalla metà del 2012; nel 2014 si è attestata in media allo 0,2% nel 2014, ad un livello percentuale inferiore a quella della zona euro, spinta al ribasso, nell’ultima parte dell’anno, dal crollo dei prezzi del petrolio, che hanno fatto scendere l’indice su livelli negativi nel dicembre 2014 e nel gennaio 2015
Secondo le previsioni d'inverno, il calo dei prezzi del petrolio dovrebbe farsi rapidamente sentire sulla componente energetica dell'inflazione IPCA, la quale, secondo le proiezioni, dovrebbe essere in media negativa nel corso del 2015 e aumentare molto gradualmente successivamente con il miglioramento delle prospettive economiche e l'aumento marginale del prezzo del petrolio.
L'aumento dell'IVA di 2 punti percentuali a decorrere dal gennaio 2016, previsto dalla legge di stabilità 2015, dovrebbe aumentare l'inflazione IAPC nel 2016 all'1,5%.
Secondo la Commissione, la politica monetaria espansionistica annunciata di recente dalla Banca centrale europea dovrebbe diminuire notevolmente il rischio di una spirale deflazionistica.
Il
grafico che segue mostra l’andamento dell’inflazione a partire dal 2005 per i
principali paesi della UE e per gli Stati Uniti.
Grafico
2.4
Inflazione
– Confronti internazionali
(variazione percentuale)
Fonte: per i paesi della UE: indice armonizzato dei prezzi al consumo
(Commissione Europea), per USA: indice dei prezzi al consumo (FMI).
2015-2016 Previsioni
Il
quadro macroeconomico programmatico
Lo scenario previsivo tendenziale è affiancato nel DEF, come già ricordato, dallo scenario programmatico che, ferme restando le componenti derivanti dagli andamenti economici internazionali (vale a dire le c.d. “esogene internazionali” considerate nel quadro tendenziale: commercio internazionale, prezzo del petrolio e cambio dollaro/euro), include gli effetti sull’economia prodotti dalle politiche governative previste nel Documento.
Ne deriva un andamento programmatico che per il primo anno del periodo di previsione – il 2015 – conferma il risultato del tendenziale, mentre risulta più elevato per il periodo successivo, rispettivamente di 0,1, 0,3, 0,3 e 0,2 punti percentuali di PIL per ciascuno degli anni 2016-2019.
Come espone la tabella che segue, l’incremento deriva da un andamento più positivo, rispetto al tendenziale, di tutte le componenti (tranne le esportazioni), che si riflette su una più favorevole evoluzione dell’occupazione e su un minor livello di disoccupazione nel periodo considerato.
Tabella
2.8
Il quadro
macroeconomico tendenziale e programmatico
(variazioni percentuali)
|
Previsioni tendenziali |
Previsioni Programmatiche |
||||||||
|
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 |
PIL |
0,7 |
1,3 |
1,2 |
1,1 |
1,1 |
0,7 |
1,4 |
1,5 |
1,4 |
1,3 |
Importazioni |
2,9 |
3,5 |
3,8 |
3,9 |
3,6 |
2,9 |
3,8 |
4,6 |
4,2 |
3,8 |
Consumi finali nazionali |
0,3 |
0,7 |
0,7 |
0,8 |
0,8 |
0,3 |
0,8 |
1,0 |
1,0 |
1,0 |
- spesa delle famiglie e I.S.P |
0,8 |
0,8 |
0,9 |
1,0 |
1,0 |
0,8 |
1,2 |
1,4 |
1,3 |
1,2 |
- spesa delle P.A. |
-1,3 |
0,4 |
-0,1 |
0,0 |
0,3 |
-1,3 |
-0,5 |
0,0 |
0,0 |
0,3 |
Investimenti fissi lordi |
1,1 |
2,1 |
2,3 |
2,2 |
2,1 |
1,1 |
2,7 |
3,0 |
2,8 |
2,4 |
- macchinari, attrezzature e vari* |
2,5 |
3,0 |
2,9 |
2,8 |
2,7 |
2,5 |
4,1 |
4,1 |
3,5 |
3,2 |
- costruzioni |
-0,3 |
1,2 |
1,6 |
1,6 |
1,4 |
-0,3 |
1,4 |
1,9 |
2,0 |
1,6 |
Esportazioni |
3,8 |
4,0 |
4,0 |
3,8 |
3,6 |
3,8 |
4,0 |
3,9 |
3,7 |
3,6 |
|
||||||||||
Occupazione
(ULA) |
0,6 |
0,9 |
0,6 |
0,5 |
0,5 |
0,6 |
1,0 |
0,8 |
0,7 |
0,7 |
Tasso di
disoccupazione |
12,3 |
11,8 |
11,4 |
11,1 |
10,9 |
12,3 |
11,7 |
11,2 |
10,9 |
10,5 |
|
||||||||||
Deflatore
PIL |
0,7 |
1,7 |
1,8 |
1,8 |
1,8 |
0,7 |
1,2 |
1,8 |
1,9 |
1,8 |
Inflazione programmata |
0,3 |
1,0 |
1,5 |
|
|
0,3 |
1,0 |
1,5 |
|
|
* Tale voce ricomprende gli investimenti in macchinari e attrezzature, in trasporti e in beni immateriali.
Fonte: DEF 2015, Sezione II: Analisi e tendenze della Finanza pubblica, Tab. I.1-1 e I.1-2.
Il più favorevole quadro macroeconomico esposto nello scenario programmatico deriva da:
· la piena disattivazione degli aumenti di imposte indirette previste per il 2016. Si tratta degli aumenti connessi alle c.d. clausole di salvaguardia recate dalle due ultime leggi di stabilità – in particolare dall’articolo 1, comma 430 della L.n.147/2013 e dall’articolo 1, commi 718-719 della L.n.190/2014 - che, tenuto conto della parziale sterilizzazione recentemente intervenuta della prima clausola, comporta, perché non si proceda nel 2016 a dar corso alle stesse, il reperimento di risorse per circa 16 miliardi di euro (1 punto percentuale di PIL);
· misure di contenimento della spesa pari a circa 10 miliardi (0,6 punti di PIL), secondo quanto prefigurato nel DEF in esame per quanto concerne l’attività di revisione della spesa;
· gli effetti positivi di medio periodo connessi alla politica di bilancio esposta nel Documento, ed in particolare all’obiettivo di ridurre la pressione fiscale mediante riduzioni di spesa. Effetti che derivano dalla temporaneità dell’impatto riduttivo del PIL prodotto dai tagli di spesa, a fronte degli effetti positivi permanenti connessi al mancato aumento delle imposte indirette richiesto dalle clausole suddette;
· l’impatto sulla crescita del PIL prodotto dalle riforme strutturali, che sulla base di criteri prudenziali viene incluso nello scenario programmatico limitatamente agli ultimi due anni del periodo di previsione e per valori circoscritti a 0,1 punto di PIL nel 2018 ed a 0,2 punti nel 2019.
In ordine a tale ultimo fattore (su cui si rinvia
più approfonditamente nella parte del dossier relativa alle Analisi speciali)
le stime dell’impatto macroeconomico
delle riforme strutturali vengono riportate nel Programma Nazionale di Riforma[20], nel quale, pur precisandosi che le stesse
dovrebbero produrre effetti già a partire dal 2016, se ne fornisce un quadro –
articolato per ciascuna delle riforme - ad iniziare dal 2020, precisandosi che
vengono incluse soltanto le nuove
riforme già varate dall’attuale Governo ovvero in corso di approvazione. Le
principali aree interessate sono la PA, la competitività, il mercato del
lavoro, la giustizia, l’istruzione e la riduzione del cuneo fiscale, come
riportato nella tabella che segue.
PNR Effetti macroeconomici
per ciascuna riforma strutturale |
|||
|
2020 |
2025 |
Lungo periodo |
Pubblica Amministrazione |
0,4 |
0,7 |
1,2 |
Competitività |
0,4 |
0,7 |
1,2 |
Mercato del lavoro |
0,6 |
0,9 |
1,2 |
Giustizia |
0,1 |
0,2 |
0,9 |
Istruzione |
0,3 |
0,6 |
2,4 |
Tax shift (totale) |
0,2 |
0,2 |
0,2 |
di cui: Riduzione
del cuneo fiscale (IRAP –IRPEF) |
0,4 |
0,4 |
0,4 |
Aumento
tassazione rendite finanziarie + IVA |
-0,2 |
-0,2 |
-0,2 |
Revisione della spesa |
-0,2 |
-0,2 |
0,3 |
TOTALE |
1,8 |
3,0 |
7,2 |
I medesimi effetti sono altresì riportati nel Programma di Stabilità[21] con riferimenti alle componenti del PIL su cui esse agiscono, esponendone gli effetti anche per il primo anno di impatto, vale a dire il 2016, secondo la seguente tabella. Effetti che, come sopra detto, per ragioni di prudenzialità vengono inclusi solo parzialmente nello scenario programmatico e dal 2018 in poi.
PDS Effetti delle riforme
strutturali sulle componenti del Pil |
||||
|
2016 |
2020 |
2025 |
Lungo periodo |
PIL |
0,4 |
1,8 |
3,0 |
7,2 |
Consumi |
1,4 |
2,3 |
3,7 |
5,4 |
Investimenti
|
0,9 |
2,1 |
3,3 |
8,2 |
Occupazione |
0,5 |
1,6 |
2,2 |
3,7 |
Come sopra precisato, in presenza di effetti che sulla base delle risultanze esposte nelle tabelle decorrono dal 2016, con un impatto poi crescente negli anni successivi, le stime recate dal quadro programmatico includono gli effetti in questione nel periodo di previsione del DEF solo nel biennio 2018-2019, per complessivi 0,3 punti percentuali di incremento sul PIL.
Nel recentissimo rapporto del Fondo Monetario Internazionale presentato il 14 aprile scorso (Word economic outlook – aprile 2015), le previsioni per l’economia dell’Area dell’euro risultano riviste lievemente al rialzo, di 0,3 punti percentuali per il 2015 e di 0,2 punti per il 2016, rispetto alle previsioni di gennaio.
Nel complesso, nell’Area euro l’FMI prevede una crescita del prodotto pari all’1,5 per cento nel 2015 e all’1,6 nel 2016.
Le revisioni rispetto alle precedenti stime hanno riguardato, nei medesimi importi indicati per l’aera euro, la Germania, stimata crescere intorno all’1,6 per cento nel 2015 (rispetto all’1,3 stimato a gennaio) e la Francia, per la quale si prevede una crescita dell’1,2 per cento nel 2015 (rispetto al precedente 0,9). Per la Spagna è indicata una revisione al rialzo ancora più consistente, di 0,5 punti percentuali per il 2105, prevedendosi una crescita intorno al 2,5 per cento nel 2015.
Le previsioni dell’FMI per l’Italia, pur riviste al rialzo rispetto al precedente Rapporto di 0,1 punti percentuali, stimano per il 2015 una crescita dello 0,5 per cento, più modesta di quanto prospettato dalla Commissione Europea nel Winter Forecast di febbraio 2015 ed anche di quanto previsto dal Governo nel DEF 2015.
Nonostante il recupero delle prospettive economiche, il tasso di crescita del PIL per l’Italia si mantiene ben al di sotto della media dell’Area euro.
Nella tabella che segue sono riportate le
previsioni di crescita del PIL dei principali paesi europei formulate dalla
Commissione europea a febbraio 2015, nel Winter Forecast, e dal FMI nel recente Word economic outlook del 14 aprile 2015.
Tabella
2.9
Prodotto
interno lordo – Confronti internazionali
(variazioni %)
|
DEF 2015 |
Commissione Europea |
FMI |
|||
|
2015 |
2016 |
2015 |
2016 |
2015 |
2016 |
Economie
avanzate |
||||||
Italia |
0,7 |
1,3 |
0,6 |
1,3 |
0,5 |
1,1 |
Francia |
|
|
1,0 |
1,8 |
1,2 |
1,5 |
Germania |
|
|
1,5 |
2,0 |
1,6 |
1,7 |
Spagna |
|
|
2,3 |
2,5 |
2,5 |
2,0 |
area
euro |
|
|
1,3 |
1,9 |
1,5 |
1,6 |
Regno Unito |
|
|
2,6 |
2,4 |
2,7 |
2,3 |
Usa |
|
|
3,5 |
3,2 |
3,1 |
3,1 |
Giappone |
|
|
1,3 |
1,3 |
1,0 |
1,2 |
Economie
emergenti |
||||||
cina |
|
|
|
|
6,8 |
6,3 |
india |
|
|
|
|
7,5 |
7,5 |
brasile |
|
|
|
|
-1,0 |
1,0 |
russia |
|
|
|
|
-3,8 |
-1,1 |
Con riferimento alla crescita economica dell’Area dell’Euro, si sottolinea come nel Winter Forecast la Commissione europea metta in evidenza che, da quest'anno - e per la prima volta da quando è iniziata la crisi economica e finanziaria - tutti gli Stati membri dell'UE dovrebbero registrare una crescita positiva del PIL.
Tuttavia, secondo la Commissione, la diversità dei risultati economici è probabile persista fino a quando le caratteristiche peculiari influenzeranno la performance di crescita. La crescita infatti è anche collegata al diverso progresso nella lotta alle debolezze strutturali e all’attuazione delle riforme. Più recentemente, il diverso sfruttamento della discesa dei prezzi del petrolio è diventato un ulteriore fattore di differenziazione. Esso si aggiunge ad altri fattori quali le differenze nella regolazione del bilancio pubblico, gli sforzi di deleveraging del settore privato e di consolidamento della settore pubblico.
Tra gli Stati membri più grandi, l'attività economica è prevista – secondo la Commissione UE – molto dinamica in Spagna e nel Regno Unito con tassi di crescita ben al di sopra della media UE. Si rileva, peraltro, che mentre la crescita nel Regno Unito si è mostrata piuttosto forte già dalla fine della recessione del 2008-09, con un moderato rallentamento nel 2012, in Spagna, la ripresa è iniziata soltanto lo scorso anno, sostenuta da un migliore mercato del lavoro e da migliori condizioni di finanziamento.
La crescita economica in Germania, in linea con la media UE nel 2015 e nel 2016, è sostenuta fortemente dalla domanda interna, che dovrebbe crescere più velocemente che nel resto della zona euro, ma con un minor ausilio dalle esportazioni nette, che sono previste in calo e potrebbero girare in negativo nel 2016. L'attività economica in Francia è prevista riprendere lentamente slancio nel 2015 e poi nel 2016, trainata principalmente dai consumi delle famiglie, mentre gli investimenti appaiono impostati a rimanere contenuti quest'anno.
In Italia, l'economia, dopo essersi contratta nuovamente nel 2014, dovrebbe recuperare gradualmente quest’anno e tornare positiva, trainata dal rafforzamento della domanda interna ed esterna. Per il 2015, il PIL reale è previsto in espansione dello 0,6% sostenuto dalle esportazioni e solo da un lieve miglioramento della domanda interna.
Il previsto aumento del reddito reale disponibile delle famiglie derivante dal calo dei prezzi dell'energia si tradurrà – secondo la Commissione UE - solo in parte in maggiori consumi. Infatti, le condizioni del mercato del lavoro restano deboli.
Il graduale declino dei tassi di interesse nominali si prevede sostenere gli investimenti nel 2015 e più significativamente nel 2016. La domanda estera è prevista in crescita grazie al deprezzamento dell’euro, alla migliorata competitività dovuta al minore costo unitario del lavoro, alla crescita e al miglioramento della domanda mondiale. Complessivamente, la crescita del PIL reale è prevista all’1,3% nel 2016. Le importazioni dovrebbero aumentare più lentamente delle esportazioni.
Un eventuale ritardo della ripresa della domanda estera è il rischio principale di ribasso per le previsioni di crescita, mentre il successo delle riforme strutturali e del piano di investimenti UE rappresentano i principali fattori di rischio al rialzo verso la fine dell’orizzonte delle previsioni.
3.1 Gli andamenti tendenziali di
finanza pubblica
Il Documento di Economia e Finanza (DEF) riporta l'analisi del conto economico delle amministrazioni pubbliche a legislazione vigente, integrato con le informazioni relative alla chiusura dell'esercizio 2014.
I conti a legislazione vigente, presentati nella sezione II del DEF, vengono rappresentati nella versione conforme alle regole di Contabilità Nazionale, differenziandosi quindi, nella presentazione dei dati, rispetto a quelli contenuti nella sezione I, redatti ai sensi del Regolamento CE 1500/2000.
Le tabelle da 3.1 a 3.5 contengono i dati relativi al conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, riferiti all’esercizio 2014 e al periodo 2015-2019. Limitatamente al periodo 2015-2017 sono presentati, inoltre, elementi di raffronto con le stime formulate nella Nota tecnico illustrativa della legge di stabilità 2015 (NTI - quadro programmatico).
Ai fini delle analisi contenute nel presente dossier si utilizza la versione della NTI aggiornata alla luce delle più recenti revisioni contabili coerenti con il sistema SEC 2010[22].
L’indebitamento
netto delle Pubbliche amministrazioni
I dati riferiti all’esercizio 2014 diffusi dall’ISTAT[23] attestano un indebitamento netto della PA per il 2014 pari a 49.056 milioni: il dato è sostanzialmente in linea con le stime del saldo di bilancio (49.213) contenute nella Nota tecnico-illustrativa della Legge di Stabilità 2015 (NTI – quadro programmatico). Anche in percentuale del PIL il risultato complessivo in termini di indebitamento è confermato quindi al 3 per cento, secondo le precedenti stime, in lieve incremento rispetto al 2013 (2,9 per cento).
Concorrono a determinare questo risultato un avanzo primario inferiore alle attese (-1,3 miliardi), compensato tuttavia da una minore spesa per interessi (-1,5 miliardi circa).
In particolare, l’avanzo primario, dopo aver raggiunto l’1,9 per cento del PIL nel 2013 (30,5 miliardi) è sceso all’1,6 per cento nel 2014 (26,1 miliardi).
La spesa per interessi si è attestata al 4,7 per cento del prodotto (75,2 miliardi), riducendosi del 3,5 per cento rispetto al livello del 2013 ( pari a circa 78 miliardi) e del 3,5 per cento rispetto alle precedenti stime (circa 1,5 mld in meno).
Le entrate
Rispetto all’anno 2013, nel 2014 le entrate totali delle Amministrazioni pubbliche sono aumentate dello 0,6% in termini nominali, attestandosi al 48,1% del PIL (+0,1% rispetto al PIL nel 2013).
Le entrate correnti registrano, rispetto al 2013, un incremento dello 0,9% determinato da un aumento delle imposte indirette (prevalentemente imputabili al gettito IVA, accise e contributi sociali), in parte compensato da una riduzione delle imposte dirette (prevalentemente imputabile alla contrazione del gettito IRES).
In merito al gettito IVA, si segnala che per l’intero anno 2014 è stata applicata l’aliquota ordinaria del 22% mentre, nel 2013, tale aliquota era intervenuta a decorrere dal 1° ottobre, sostituendo la precedente aliquota del 21%. Pertanto, tra i fattori che hanno determinato l’incremento del gettito nel 2014, rispetto al 2013, rileva anche l’aumento dell’aliquota ordinaria applicata.
In riferimento al gettito delle accise, si segnala che con Determinazione dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli[24]è stato disposto, per l’anno 2014, l’incremento delle aliquote di accise sulla benzina e sul gasolio usato come carburante (+ 2 euro per mille litri). Tale Determinazione è stata adottata ai sensi dell’articolo 61, comma 1, del DL n. 69/2013 che ha previsto l’aumento delle accise in misura tale da assicurare, per l’anno 2014, maggiori entrate pari a 75 milioni di euro. A decorrere dal 1° gennaio 2015 le predette aliquote sono state rideterminate nella misura precedente il predetto incremento (ossia 728,40 euro per mille litri per la benzina e 617,40 euro per mille litri per il gasolio usato come carburante).
In merito all’andamento dell’IRES, il DEF evidenzia che il gettito “ha registrato una sostanziale flessione dovuta sia al rafforzamento dell’aiuto alla crescita economia (ACE) sia all’aumento delle aliquote di acconto per il 2013, relativo in particolare al settore bancario e assicurativo”.
In proposito si segnala che la disciplina agevolata ACE – che consiste in
una deduzione, ai fini delle imposte sui redditi, di un ammontare
corrispondente al rendimento nozionale del nuovo capitale investito - è stata
introdotta dal DL n. 201/2011 ed è stata modificata (ampliandone i benefici)
dalla legge di stabilità 2014. Quest’ultima, tuttavia, ha espressamente
stabilito che, ai fini della determinazione dell’acconto delle imposte da
versare nel 2014, si applica il metodo storico, escludendo quindi
l’applicazione del metodo previsionale. Pertanto, la relazione tecnica ha
ascritto effetti di cassa a decorrere dall’anno 2015 (minori entrate pari a 658
milioni nel 2015 e a 716 milioni dal 2016).
Alla luce di
quanto sopra indicato, appare utile un chiarimento in merito alle ragioni
sottostanti gli effetti di gettito che si sono realizzati nel 2014 in relazione
al rafforzamento dell’aiuto alla crescita economica (ACE).
Le imposte in conto capitale registrano un significativo decremento determinato dal venir meno del versamento una tantum, realizzato nel 2013, dell’imposta sostitutiva dell’IRES e dell’IRAP per il riallineamento dei valori contabili (IAS).
La pressione fiscale per l’anno 2014, pari al 43,5 per cento del PIL, riflette, secondo quanto indicato nel Documento in esame:
· rispetto al 2013, un lieve rialzo (+0,1 per cento) imputabile principalmente all’incremento delle imposte indirette;
· rispetto alle stime contenute nel DEF 2014 - basate sui criteri del SEC 95 - una riduzione di 0,5 punti percentuali imputabile sia alla maggiore debolezza delle grandezze macroeconomiche sia dalla rivalutazione del PIL in seguito all’applicazione dei nuovi criteri contabili (SEC 2010);
· rispetto alle più recenti previsioni contenute nella Nota di Aggiornamento del DEF 2014, si registra un aumento di 0,2 punti percentuali ascrivibile alla revisione al ribasso del PIL e ad una riduzione delle entrate di 1,7 miliardi.
In un apposito focus, il DEF segnala che ai fini della contabilità nazionale gli effetti finanziari legati all’agevolazione di cui all’art.1 del DL n. 66/2014 (c.d. bonus 80 euro) sono registrati tra le spese delle Amministrazioni pubbliche nella categoria delle prestazioni sociali. Quindi, secondo quanto affermato dal DEF, la stima della pressione fiscale risente dei criteri di classificazione contabile della predetta misura; pertanto, qualora gli effetti della medesima fossero qualificati come minore entrata tributaria in luogo della maggiore spesa per prestazioni sociali, il valore della pressione fiscale nel 2014 e negli anni successivi risulterebbe essere più contenuto.
In particolare, per l’anno 2014, la pressione fiscale al netto degli effetti recati dalla predetta misura (c.d. bonus 80 euro) scenderebbe dal 43,5 al 43,1 per cento del PIL.
In proposito si segnala che il decreto legge n. 66/2014, che ha introdotto in via transitoria per 8 mesi del 2014 il c.d. bonus 80 euro, ha stimato effetti negativi pari a 6.655 milioni. Il prospetto riepilogativo riferito al predetto provvedimento (compreso delle modifiche approvate nel corso dell’iter parlamentare) ha qualificato gli effetti come minori entrate ai fini dell’indebitamento netto mentre, ai fini del SNF e del fabbisogno, ha ripartito il totale tra maggiori spese e minori entrate[25] (5.823 nel 2014 e 832 mln nel 2015).
Alla definitiva stabilizzazione del bonus, fissata dalla legge di stabilità 2015 (cfr successivo paragrafo sulle previsioni tendenziali di entrata), gli effetti finanziari sono stati qualificati interamente come maggiore spesa ai fini dell’indebitamento (9.503 mln annui dal 2015) mentre ai fini del SNF e del fabbisogno sono stati imputati, in parte, come minori entrate (696,9 mln nel 2015 e 760,2 mln dal 2016) e, in parte, come maggiori spese (8.014,1 mln nel 2015 e 8.742,8 mln dal 2016).
In proposito si evidenzia che il Documento in esame, nell’analisi della
spesa per prestazioni sociali, indica che su tale aggregato è stato considerato
l’importo di 5.850 milioni riferito alla spesa effettiva nel 2014 per
l’agevolazione in esame. Inoltre, in una nota[26]
riferita alla riduzione delle spese 2014 per prestazioni sociali rispetto alla
stima della NTI 2015, il Documento evidenzia che la differenza è dovuta ad una
serie di fattori, tra cui un “effetto di minore spesa connessa alla prestazione
di cui all’art. 1 del DL 66/2014”. Tenuto conto che la RT associata a tale
decreto-legge stimava, per competenza, un onere di 6.655 milioni, andrebbe
chiarito secondo quale criterio (competenza o cassa) siano state registrate le
spese in questione ai fini dei dati di consuntivo 2014 e se si siano verificati
scostamenti rispetto alle stime delle RT.
Inoltre, alla
luce della diversa imputazione tra le minori entrate e le maggiori spese
riscontrata nelle relazioni tecniche e nei prospetti riepilogativi riferiti
alle norme che hanno disciplinato la misura in esame, andrebbe confermato,
secondo quanto sembra emergere dal Documento, che gli effetti finanziari siano
stati quindi qualificati come maggiore spesa.
I risultati del 2014 indicati nel Documento sono inoltre oggetto di confronto rispetto alle stime indicate nella NTI 2015 in relazione al medesimo anno, aggiornata alla luce dei nuovi criteri contabili.
Come già segnalato in base ai nuovi criteri di imputazione utilizzati, alcuni dati riportati nella colonna “NTI 2015” sono differenti da quelli indicati nella Nota tecnica illustrativa originaria. Tali modifiche, appaiono compensative fra di loro e pertanto non rilevano ai fini dei saldi[27].
Si tratta, in particolare, delle “altre spese/uscite correnti” che, nella NTI sono indicate in misura pari a 74.871 mln e nel DEF sono riportate con il valore di 65.201 mln (-9.670 mln); tale differenza trova compensazione nelle modifiche alla voce “altre entrate correnti” indicate, nella NTI, in misura pari a 76.818 mln e riportate nel DEF in misura pari a 67.147 (-9.671 mln). Inoltre, nell’ambito delle spese/uscite in conto capitale, gli investimenti sono riportati in valore 36.403 mln in luogo di 36.391 mln (+12 mln) mentre le altre uscite/trasferimenti in conto capitale sono indicati in 7.807 mln in luogo dell’originario importo pari a 7.819 (-12 mln).
Le entrate tributarie della PA registrano, rispetto alle stime della NTI, una contrazione di 1.748 mln, dovute alla riduzione delle imposte indirette (-1.006 mln), delle imposte dirette (-702 mln) e delle imposte in conto capitale (-40 mln).
Con riferimento alla ripartizione per sottosettori, il DEF evidenzia che la richiamata contrazione di 1.748 mln è determinata da una forte riduzione del dato relativo al bilancio statale (-4.114 mln) compensato in parte dalle maggiori entrate affluite agli Enti territoriali (+1.461 milioni) e dalle minori poste correttive (+ 905 mln). In particolare, la riduzione del gettito erariale è imputabile alla flessione delle imposte indirette (principalmente IVA ed imposta di fabbricazione sugli oli minerali), che hanno risentito di una dinamica dei consumi meno favorevole di quella stimata, ed a quella delle imposte dirette, con particolare riferimento all’IRES e all’imposta sostitutiva sui redditi da capitale e sulle plusvalenze.
Per quanto riguarda il comparto degli enti territoriali, le entrate 2014 - che evidenziano un valore superiore rispetto alle stime NTI - riguardano, principalmente, il gettito IRAP (+1.095 mln) e le tasse auto a carico delle famiglie (+227 mln).
In base ai dati indicati nel Bollettino delle entrate tributarie pubblicato dal Dipartimento delle finanze[28], il gettito delle principali imposte degli enti territoriali (addizionali IRPEF, IRAP ed IMU quota comuni) risulta pari a 66,7 miliardi nel 2014 e registra in incremento del 2,7% rispetto al gettito 2013. A tale gettito occorre inoltre aggiungere quello relativo alla TASI che si attesta a 4.607 milioni di euro per l’anno 2014.
Le spese
Le spese finali nel 2014 mostrano un incremento rispetto al precedente esercizio (+0,8 per cento), passando da 819.934 milioni del 2013 a 826.262 milioni del 2014. Tale risultato si determina a fronte di un aumento della spesa primaria (+1,2 per cento per le spese correnti e + 1,4 per cento per quelle in conto capitale) e di una riduzione della spesa per interessi (-3,5 per cento). Le spese finali aumentano lievemente anche la loro incidenza sul PIL, passando dal 50,9 per cento del 2013 al 51,1 del 2014. La variazione complessiva è determinata dall’aumento per 0,3 punti di PIL della spesa corrente primaria (da 42,5 a 42,8 per cento) a fronte di un’invarianza dell’incidenza della spesa di parte capitale (3,6 per cento in rapporto al PIL) e di una leggera flessione (-0,1 punti) della spesa per interessi (da 4,8 a 4,7 per cento).
La dinamica della spesa primaria corrente è sostenuta da una variazione positiva delle prestazioni in denaro (+2,7 per cento rispetto al 2013), cui concorrono un incremento della spesa pensionistica (+0,9 per cento rispetto al 2013) e, in massima parte, un aumento della spesa per altre prestazioni sociali in denaro per circa 6,3 miliardi (+9,6 per cento rispetto al 2013). Quest’ultimo incremento è condizionato dalla contabilizzazione in tale voce di spesa dei benefici concessi dall’art. 1 del decreto-legge n. 66/2014 (bonus 80 euro), i cui effetti per il 2014 sono indicati dal DEF in circa 5.850 mln.
In proposito si rinvia alle considerazioni già svolte
nel precedente paragrafo, relativo alle entrate, nel quale sono presentati
elementi di raffronto rispetto alle modalità di contabilizzazione degli effetti
dell’agevolazione e ai relativi importi, indicati nella relazione tecnica
allegata al DL 66/2014.
L’aumento che si registra sulla spesa pensionistica non determina invece una significativa variazione della relativa incidenza sul PIL (che passa dal 15,8 al 15,9 per cento) ed è dovuto principalmente all’indicizzazione ai prezzi applicata dal 1° gennaio 2014 e ad altri fattori gestionali. In particolare l’indicizzazione è risultata pari all’1,2 per cento, con deindicizzazione parziale per prestazioni superiori a tre volte il trattamento minimo INPS.
Si riducono, invece, i redditi da lavoro dipendente (-0,6 per cento nel 2014) confermando il trend in atto dagli esercizi precedenti, che ha comportato una riduzione dell’incidenza in termini di PIL dal 10,7 per cento del 2009 al 10,1 per cento del 2014. Il risultato del 2014 è condizionato sia dalle misure limitative delle assunzioni nelle Amministrazioni pubbliche adottate negli ultimi anni e dalla conferma del blocco dei rinnovi contrattuali per il periodo 2011-2015, sia da interventi più specifici di razionalizzazione amministrativa e contenimento delle spese (relative ad esempio alle risorse per la contrattazione integrativa).
L’aggregato dei consumi intermedi fa registrare un incremento dei volumi di spesa (+0,6 per cento) pur risultando immutata, rispetto al precedente esercizio, l’incidenza in termini di PIL (8,3 per cento) in conseguenza delle misure correttive adottate negli ultimi anni.
L’evoluzione della spesa corrente è influenzata dalla dinamica della spesa sanitaria che aumenta complessivamente dello 0,9 per cento (da 110.044 a 111.028 mln.), non modificando peraltro sostanzialmente la propria incidenza sul PIL, che aumenta dello 0,1 per cento (da 6,8 a 6,9 per cento).
Infine la spesa in conto capitale, dopo la significativa variazione negativa del 2013 rispetto al precedente esercizio (-10,2 per cento), registra un rialzo nel 2014 (+1,4 per cento). L’incremento complessivo risulta da riduzioni sia degli investimenti fissi lordi (-6 per cento) sia dei contributi agli investimenti (-10,4 per cento), più che compensate dal considerevole incremento della voce “altre uscite in c/capitale” (+88,6 per cento). Dalle informazioni contenute nel Documento, tale incremento sembrerebbe riflettere, in particolare, la riclassificazione tra i trasferimenti in conto capitale dei crediti fiscali chiesti a rimborso oltre la capienza del debito del contribuente, in particolare delle Deferred Tax Asset (DTA).
Tali crediti, espressamente individuati dalla normativa vigente, sono vantati dai contribuenti che - in applicazione di norme che dispongono un differimento temporale della deducibilità di alcuni componenti negativi di reddito (quali, ad esempio, la svalutazione di crediti) - pagano maggiori imposte nell’esercizio di competenza in quanto il reddito imponibile risulta superiore a quello che si sarebbe ottenuto nell’ipotesi di immediata deducibilità degli oneri in questione. Le maggiori imposte pagate, tuttavia, rappresentano una “anticipazione” in quanto negli esercizi successivi il contribuente potrà dedurre tali oneri e recuperare il credito vantato.
In base ai criteri previsti dal SEC 95 i crediti per imposte anticipate (DTA) erano contabilizzate per cassa tra le poste correttive che nettizzano le entrate tributarie del Bilancio dello Stato. In base ai criteri previsti dal SEC 2010, invece, i predetti crediti sono contabilizzati in base al criterio di competenza tra le spese in conto capitale.
In riferimento all’anno 2014, il documento afferma che i crediti per DTA sono stati pari a 6,3 miliardi di euro, e che quelli utilizzati in compensazione ammontano a circa 4 miliardi di euro.
In proposito sarebbe utile chiarire se il dato indicato in relazione ai
crediti per DTA nel 2014 (6,3 miliardi) sia riferito al valore di competenza,
ossia ai nuovi crediti maturati dell’anno.
In termini percentuali rispetto al PIL non si verifica una riduzione dell’incidenza della spesa in conto capitale (3,6 per cento) rispetto al precedente esercizio, pur riducendosi quella degli investimenti pubblici (dal 2,4 al 2,2 per cento).
Rispetto alle previsioni contenute nella Nota tecnico illustrativa della legge di stabilità, la spesa finale nel 2014 risulta inferiore di 650 milioni, per effetto di :
· maggiori spese correnti primarie per circa 3,5 miliardi;
· minori interessi passivi per circa 1,5 miliardi;
· minori spese in conto capitale per circa 1,4 miliardi.
All’interno della spesa corrente primaria, si riducono in misura significativa, rispetto alle precedenti stime, la spesa per pensioni (circa 2 miliardi in meno) e per altre prestazioni sociali in denaro (-1,9 miliardi circa). Su quest’ultima variazione incidono diversi fattori, tra cui – secondo quanto segnalato dal DEF - una minore spesa connessa al beneficio di cui all’art. 1 del DL 66/2014 (bonus 80 euro), minori spese per ammortizzatori sociali e minori spese per liquidazioni di fine rapporto nel pubblico impiego, con parziale recupero negli anni successivi.
Registra invece un incremento di circa 5,6 miliardi la spesa per consumi intermedi, imputabile sia alla revisione al rialzo sull’anno 2013 (+2.673 milioni) sia dall’affinamento delle classificazioni conseguenti alla contabilità nazionale nella versione SEC 2010.
Per quanto riguarda la spesa in conto capitale, il Documento non evidenzia i fattori sottostanti la revisione delle stime, che comportano una lieve riduzione degli investimenti fissi lordi (-410 milioni) e una più consistente riduzione (per circa 3 miliardi) dei contributi agli investimenti, solo in parte compensata da un incremento (circa 2 miliardi) delle altre spese in conto capitale.
3.1.2 Le previsioni tendenziali per il periodo 2015-2019
Rispetto alle più recenti stime contenute nella Nota tecnico illustrativa della legge di stabilità 2015, riferite al triennio 2015-2017 (quadro programmatico), il DEF presenta le nuove previsioni sulla base delle informazioni relative al 2014 diffuse dall’ISTAT, della revisione del quadro macroeconomico e dell'impatto dei provvedimenti adottati entro il mese di marzo 2015. Sono inoltre presentate le previsioni relative agli esercizi 2018 e 2019, non considerati nell’orizzonte previsionale della NTI.
L’indebitamento netto delle Pubbliche
amministrazioni
Periodo 2015-2017
Con riferimento al triennio 2015-2017 è possibile operare un raffronto con le previsioni contenute nella NTI, nella versione che tiene conto delle riclassificazioni contabili da ultimo operate (cfr. in proposito il paragrafo 3.1.1)
Il conto economico esposto dal DEF evidenzia per il 2015 un indebitamento netto pari a -2,5 per cento del PIL nel 2015, inferiore di 0,1 punti rispetto alle previsioni (-2,6 per cento) della NTI.
Tale variazione è ascrivibile ai seguenti fattori:
· 0,3 punti a minori entrate tributarie
· 0,1 punti a minori entrate non tributarie
· 0,2 punti a minori spese primarie
· 0,3 punti a minori spese per interessi, in relazione ad un andamento dei tassi più favorevole rispetto a quello previsto in precedenza.
Rispetto al 2014, si determina una riduzione dell’indebitamento di 0,5 per cento in termini di PIL dovuto sia ad un incremento del saldo primario (2 mld circa) sia ad una consistente riduzione della spesa per interessi (-5,8 mld circa) che compensa quasi integralmente l’incremento della spesa corrente primaria (+ 5,2 mld circa).
L’aggiornamento delle stime per l’esercizio in corso comporta un aggiornamento della previsione di indebitamento netto anche nei due esercizi successivi.
Rispetto alle precedenti stime contenute nella NTI, il raffronto evidenzia miglioramenti per il biennio 2016-2017. In termini di PIL, le previsioni risultano così aggiornate :
· -1,4 .per cento nel 2016 rispetto a -1,8 per cento indicato nell’ultimo quadro programmatico;
· -0,2 per cento nel 2017 rispetto all’obiettivo di -0,8 per cento già indicato della NTI.
Tale andamento è determinato da una spesa primaria prevista in crescita nell’intero periodo 2015-2017, ma con una dinamica meno sostenuta rispetto al previsto incremento delle entrate. La stima relativa alla spesa per interessi, in riduzione nel 2015 rispetto al 2014 (-7,7 per cento), cresce nel 2016 (+2,7 per cento) per poi ridursi negli esercizi successivi.
In rapporto al PIL, la spesa per interessi resta sostanzialmente costante nel biennio 2015-2016 (4,2 per cento) per poi ridursi nel 2017 (4,0 per cento).
Il saldo primario aumenta invece la propria incidenza rispetto al PIL dall’1,7 per cento del 2015 al 3,8 per cento del 2017.
Periodo 2018-2019
Il Documento fornisce inoltre le previsioni relative agli esercizi 2018-2019, non compresi nell’orizzonte previsionale della NTI.
Per il 2018, il documento evidenzia un saldo di bilancio in avanzo (0,5 per cento rispetto al valore obiettivo di 0,2 indicato nel Documento programmatico di bilancio presentato nell’Ottobre 2014). Per il 2019, il saldo tendenziale è previsto in avanzo di 0,9 per cento del PIL.
L’avanzo primario evidenzia una crescita costante su base annua, raggiungendo il valore di 4,6 per cento in termini di prodotto nel 2019. Tale andamento è sostenuto da una dinamica delle spese crescente, ma meno sostenuta rispetto all’incremento delle entrate (+2,7 per cento nel 2018 e 2,1 nel 2019).
Le entrate
Il Documento di economia e finanze stima un andamento crescente, in valore assoluto, delle entrate totali che passano da 786 miliardi nel 2015 a 881 miliardi nel 2019. Rispetto al PIL, le entrate totali registrano un incremento di 0,5 punti nell’anno 2016, per effetto dell’innalzamento delle aliquote IVA disposto dalla legge di stabilità 2015; negli anni 2017 e 2018 presentano invece una modesta riduzione, mentre nel 2019 registrano una contrazione di 0,4 punti percentuali anche per il venir meno degli effetti finanziari attribuiti all’applicazione del reverse charge nel settore energetico[29].
Il DEF segnala che le previsioni delle entrate tributarie considerano, oltre all’effetto di trascinamento dei risultati di consuntivo per il 2014, anche il rafforzamento della congiuntura economica e gli effetti dei provvedimenti legislativi con impatto differenziale sugli anni di riferimento.
Rispetto alle stime contenute nella NTI (riferite alle annualità dal 2015 al 2017), le entrate tributarie sono riviste al ribasso per l’anno 2015, mentre per le annualità 2016 e 2017 le previsioni sono riviste al rialzo. In particolare, la revisione al ribasso è pari a 1.254 milioni nel 2015, mentre le stime relative agli anni 2016 e 2017 sono incrementate, rispettivamente, di 3.606 milioni e 2.765 milioni.
Rispetto ai risultati 2014, come già indicato, l’incremento delle entrate tributarie, stimato in 10.694 milioni nel 2015, include gli effetti delle misure fiscali adottate e il miglioramento del quadro macroeconomico.
Le prospettive di miglioramento della congiuntura economica ed i provvedimenti fiscali continuano a produrre effetti positivi anche sulle entrate previste per gli anni successivi; le entrate tributarie registrano, infatti, ulteriori incrementi nel 2016 (+29.330 mln), nel 2017 (+16.907 mln) e negli anni 2018 e 2019 (circa 11 miliardi all’anno).
Rispetto ai singoli sottosettori, il DEF evidenzia che per il bilancio dello Stato si stima un incremento delle entrate tributarie, nel 2015 rispetto al 2014, di circa 21 miliardi, ascrivibile essenzialmente agli effetti di miglioramento del quadro macroeconomico e a quelli conseguenti a fattori legislativi.
La stima delle entrate degli enti territoriali, invece, evidenzia una flessione di circa 4 miliardi di euro per il 2015 attribuibili, in via prevalente, alla disposizione contenuta nella legge di stabilità 2015 che consente la piena deducibilità ai fini IRAP del costo del lavoro per assunzioni a tempo indeterminato.
Per quanto riguarda le regioni, si segnala, tuttavia, sul piano
contabile, che, a fronte del minor gettito IRAP indicato, sono previste forme
compensative a carico dello Stato dirette ad assicurare l’ammontare delle
risorse originariamente previste per le esigenze del Fondo sanitario nazionale.
Tali risorse, tuttavia, non potranno essere qualificate come entrate tributarie
degli enti territoriali.
In merito alle
entrate tributarie delle Amministrazioni locali, si segnala che le stime
indicate considerano le aliquote standard stabilite dalla normativa nazionale
dei principali tributi (IMU, TASI, addizionali IRPEF, IRAP). Tuttavia, poiché
la normativa vigente consente alle predette Amministrazioni di variare (in
aumento o in diminuzione) le aliquote e che i dati a livello nazionale
mostrano, in generale, una tendenza ad aliquote effettive più elevate, a
consuntivo dovrebbe rilevarsi un valore superiore di gettito effettivo.
La pressione fiscale passa dal 43,5 per cento del PIL del 2014 al 43,7 per cento del PIL del 2019.
Le previsioni evidenziano variazioni non omogenee nel periodo considerato. Infatti, viene confermato nel 2015 il valore del 2014 (43,5%), successivamente incrementato nel 2016 (44,1%) e confermato nel 2017. Si registra una inversione di tendenza nel 2018 (44%) e nel 2019 (43,7%).
Come evidenziato nel DEF, le stime indicate scontano gli effetti positivi introdotti dalla legge di stabilità 2015, che ha modificato la clausola di salvaguardia introdotta dalla legge di stabilità 2014. Tale ultima clausola, se applicata, avrebbe comportato una riduzione delle agevolazioni fiscali (e quindi un maggior gettito) pari a 3 miliardi di euro per il 2015, a 7 miliardi per il 2016 e a 10 miliardi annui a decorrere dal 2018. Con la legge di stabilità 2015 è stata totalmente disattivata la clausola prevista per il 2015 e sono stati ridotti di 3,728 mld annui gli obiettivi di maggior gettito fissati dalla legge di stabilità 2014 a decorrere dal 2016.
Contestualmente, tuttavia, le previsioni incorporano
gli effetti relativi all’aumento delle aliquote IVA (dal 2016) e delle accise
(dal 2018) stimati in 12,8 mld nel 2016, 19,2 mld nel 2017 e circa 22 mld dal 2018 (cfr. approfondimento le clausole di salvaguardia).
Tali ultime misure, afferma il DEF, incidono sul valore massimo (44,1%) raggiunto dalla pressione fiscale negli anni 2016 e 2017.
In un apposito focus, il DEF precisa che, ai fini della contabilità nazionale gli effetti finanziari legati all’agevolazione di cui all’art.1 del DL n. 66/2014 e alla legge di stabilità 2015 (c.d. bonus 80 euro) sono registrati tra le spese delle Amministrazioni pubbliche nella categoria delle prestazioni sociali. Come già segnalato nell’analisi sul consuntivo 2014, il DEF evidenzia che qualora gli effetti della predetta misura fossero qualificati come minore entrata tributaria in luogo di maggiore spesa per prestazioni sociali, i valori della pressione fiscale nel 2014 e negli anni successivi risulterebbero più contenuti.
Si riporta, di seguito, una tabella contenente la revisione dei dati sulla pressione fiscale esposta dal DEF (cfr. prima e ultima riga). Nella tabella sono inoltre ricostruiti, tramite apposita elaborazione, i dati sottostanti il passaggio tra le due serie di valori. Si tratta dei dati relativi alla clausola di salvaguardia e al c.d. bonus 80 euro (l’importo indicato è riferito all’onere annuo stimato nelle relazioni tecniche che hanno accompagnato la misura. Per il solo anno 2014 si riporta invece il dato indicato nel DEF 2015).
Tabella 3.6
Pressione fiscale al netto del bonus fiscale e delle
clausole di salvaguardia
(milioni
di euro) |
||||||
|
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 |
Pressione fiscale DEF 2015 (in % del PIL) |
43,5 |
43,5 |
44,1 |
44,1 |
44,0 |
43,7 |
Entrate tributarie e contributive DEF 2015 |
702.245 |
712.562 |
744.114 |
766.134 |
787.210 |
803.749 |
di cui: |
|
|
|
|
|
|
Clausola di
salvaguardia |
|
|
16.086 |
25.493 |
28.237 |
28.237 |
Bonus 80 euro (ipotesi qualificazione minori entrate) |
5.850 |
9.503 |
9.503 |
9.503 |
9.503 |
9.503 |
Entrate tributarie e contributive
ricalcolate |
696.395 |
703.059 |
718.525 |
731.138 |
749.470 |
766.009 |
Pressione fiscale ricalcolata |
43,1 |
42,9 |
42,6 |
42,1 |
41,9 |
41,6 |
Fonte: elaborazioni su dati DEF
Come già
evidenziato, i valori ricalcolati della pressione fiscale non tengono conto
degli effetti dell’incremento delle aliquote IVA e delle accise nonché degli
effetti della clausola di salvaguardia introdotta dalla legge di stabilità 2014
e modificata dalla legge di stabilità 2015. Tali effetti risultano peraltro
scontati ai fini dei saldi di finanza pubblica in quanto riferiti a norme
tuttora vigenti.
Per quanto riguarda, invece, gli effetti relativi al c.d. “bonus 80 euro”, l’ipotesi adottata è basata sul fatto che gli effetti finanziari siano stati interamente qualificati come maggiore spesa. Su questi aspetti si rinvia alle considerazioni svolte nella parte relativa ai dati 2014 sulle entrate.
La “clausola di salvaguardia” è disciplina dall’articolo 17 della legge di contabilità e finanza pubblica[30], che la rende obbligatoria in tutti i casi in cui gli oneri associati ad un provvedimento legislativo non siano configurati entro un limite massimo di spesa, ma siano oggetto di una valutazione che dia luogo ad una specifica previsione di spesa. In tali ipotesi, viene introdotta nel testo del provvedimento legislativo una clausola che preveda, da un lato, l’obbligo di monitorare i reali effetti finanziari che il provvedimento produce e, dall’altro lato, l’attivazione automatica di forme di compensazione finanziaria di eventuali effetti che eccedano le originarie previsioni di spesa. La clausola di salvaguardia deve essere automatica ed effettiva, consentendo quindi l’attivazione di ulteriori forme di copertura finanziaria (minori spese o maggiori entrate) nel caso in cui la copertura originaria (riferita alla stima o valutazione originaria degli oneri) non risulti sufficiente.
La definizione di clausola di salvaguardia è stata poi estesa ad altre disposizioni che prevedono meccanismi suscettibili di produrre, a determinate scadenze, variazioni automatiche di entrate o di spese, non necessariamente subordinate alla verifica di scostamenti rispetto a determinate previsioni di spesa, ma poste a garanzia del conseguimento di più generali obiettivi fiscali.
In particolare, la legge n. 147/2013 (legge di stabilità 2014) e la legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015) recano disposizioni relative a clausole di salvaguardia che prevedono l’attivazione di meccanismi automatici per la realizzazione di un maggior gettito fiscale.
Articolo 1, comma 430, della legge di stabilità 2014 e articolo 1,
comma 207 della legge di stabilità 2015
L’art. 1, comma 430, della legge di stabilità 2014, nella formulazione originaria, prevedeva l’introduzione di interventi di variazione di aliquote d’imposta e di riduzione delle agevolazioni e delle detrazioni (c.d. tax espenditure) tali da assicurare un maggior gettito tributario pari a 3 miliardi nel 2015, a 7 miliardi nel 2016 e a 10 miliardi annui a decorrere dal 2017. L’articolo 1, comma 207 della legge di stabilità 2015 ha disposto la riduzione degli obiettivi di maggior gettito originariamente stabiliti che, in base alla normativa attualmente vigente, risultano quindi fissati in 3.272 milioni per l’anno 2016 e in 6.272 milioni annui a decorrere dal 2017, come illustrato nella seguente tabella.
(milioni di euro)
|
SNF, fabbisogno e indebitamento |
|||
|
2015 |
2016 |
2017 |
Dal 2018 |
Maggiori entrate (testo originario art. 1,
co. 430, L.147/13) |
+3.000 |
+7.000 |
+10.000 |
+10.000 |
Riduzione di maggiori
entrate (art.1, c. 207, L.190/2014) |
-3.000 |
-3.728 |
-3.728 |
-3.728 |
Obiettivo finale maggiori
entrate (vigente art.1, c. 430, L.147/2013) |
0 |
+3.272 |
+6.272 |
+6.272 |
Articolo 1, comma 718, della legge di stabilità 2015
Il comma 718 stabilisce, per gli anni 2016-2018, un graduale incremento delle aliquote IVA e dell’aliquota di accisa sui carburanti. Gli effetti di maggior gettito scontati ai fini dei saldi di finanza pubblica, sono valutati in misura pari a 12.814 milioni nel 2016 (aumento IVA), 19.221 milioni nel 2017 (aumento IVA) e 21.965 milioni (aumento IVA e accise) a decorrere dal 2018.
Articolo 1, comma 719, della legge di stabilità
2015
Il successivo comma 719 dispone che gli incrementi delle aliquote riferiti alle clausole sopra descritte possono essere sostituiti integralmente o parzialmente da provvedimenti normativi che assicurino gli stessi effetti sui saldi di finanza pubblica attraverso maggiori entrate o minori spese.
Pertanto, gli obiettivi di maggior gettito tributario attesi in base alla normativa vigente - in relazione alle clausole di salvaguardia contenute nella legge di stabilità 2015 sopra illustrate – sono riepilogati nella seguente tabella.
(milioni di euro)
|
SNF, fabbisogno e
indebitamento |
|||
|
2015 |
2016 |
2017 |
Dal 2018 |
Co. 430 L. stabilità 2014
e Co. 207 L. stabilità 2015 |
0 |
+3.272 |
+6.272 |
+6.272 |
Co. 718 L. stabilità 2015 |
0 |
+12.814 |
+19.221 |
+21.965 |
Totale |
0 |
+ 16.086 |
+ 25.493 |
+ 28.237 |
Ulteriori clausole relative al 2015
La normativa vigente prevede ulteriori disposizioni che contengono “clausole di salvaguardia” suscettibili di determinare incrementi del gettito fiscale. Tra queste se ne illustrano, a titolo esemplificativo, alcune che potrebbero interessare l’anno 2015. L’attivazione di tali clausole tuttavia, a differenza di quelle prima descritte, è eventuale in quanto subordinata al verificarsi di specifiche condizioni.
La legge di stabilità 2015 ha disposto, tra l’altro, l’introduzione dello split payment e ha esteso l’applicazione del meccanismo contabile IVA reverse charge a nuovi settori produttivi. A tali disposizioni sono stati ascritti effetti positivi pari, rispettivamente, a 988 milioni annui e a 1.638 milioni annui a decorrere dal 2015. Il comma 632 stabilisce che, in caso di mancato rilascio di autorizzazione derogatoria da parte dell’Unione europea, venga attivata la clausola di salvaguardia in base alla quale si dovranno incrementare le aliquote di accisa sui carburanti in misura tale da assicurare il maggior gettito scontato ai fini dei saldi di finanza pubblica, pari a 1.716 milioni annui a decorrere dal 2015[31].
Il DL 102/2013 ha introdotto una clausola di salvaguardia (articolo 15, comma 4) in relazione ad alcune maggiori entrate previste dal medesimo decreto e scontate nel prospetto riepilogativo[32]. La clausola prevedeva che, in caso di scostamenti rispetto alle previsioni, il Ministro dell'economia avrebbe provveduto ad incrementare la misura degli acconti IRES e IRAP dovuti per i periodi d'imposta 2013 e 2014, nonché ad aumentare - dal 1° gennaio 2015 - le accise. Con il decreto MEF del 30 novembre 2013 si è dato conto di avvenuti scostamenti[33], disponendo di conseguenza sia un incremento dell'acconto IRES sia un aumento delle aliquote dell'accisa sui carburanti. Successivamente il DL 192/2014 ha soppresso tale ultima disposizione di aumento delle accise ed ha sostituito la clausola di salvaguardia contenuta nel DL 102/2013, prevedendo che – per assicurare le entrate già scontate sui saldi di finanza pubblica[34] –l’utilizzo delle risorse attese dalla disciplina sul rientro dei capitali[35]. Anche in questo caso, tuttavia, è stata introdotta una clausola di salvaguardia, prevedendo che, qualora le adesioni alla volontary disclousure non siano sufficienti a garantire il gettito atteso, dovrà essere adottato dal MEF un decreto che stabilisca l’incremento della misura degli acconti IRES e IRAP dovuti per il periodo d’imposta 2015 nonché l’aumento dal 2016 delle aliquote di accisa in misura tale da assicurare il conseguimento degli obiettivi previsti.
Spese
All’andamento dei saldi nel periodo 2015-2019 contribuisce una dinamica della spesa primaria con variazioni annue positive (+0,9 per cento nell’anno in corso, +1,7 per cento nel 2016, +0,6 nel 2017, +1,4 per cento nel 2018 e +1,3 per cento nel 2019), cui corrisponde tuttavia una riduzione dell’incidenza sul prodotto di 3,1 punti percentuali: il peso sul PIL passa, infatti, dal 46,2 per cento del 2015 al 43,3 per cento nel 2019.
Rispetto alle precedenti previsioni contenute nella NTI, si registrano minori spese finali per circa 2,1 miliardi nel 2015 e 2,3 miliardi nel 2016. Il miglioramento è dovuto alla revisione in diminuzione delle previsioni di spesa per interessi per circa 4,8 miliardi nel 2015 e 4,2 miliardi nel 2016 ed al peggioramento delle previsioni relative alla spesa primaria che cresce di 2,7 miliardi nel 2015 e di 1,9 miliardi nel 2016. Nel 2017 la minore spesa complessiva stimata, pari a 6,6 miliardi, è dovuta alla contemporanea riduzione della spesa per interessi (4,8 miliardi), della spesa corrente al netto degli interessi (0,4 miliardi) e della spesa in conto capitale (1,4 miliardi).
Con riguardo ai diversi aggregati di spesa, per i redditi da lavoro dipendente si prevede una moderata crescita delle retribuzioni per gli anni 2015 (0,5 per cento) e 2016 (+1 per cento) ed una riduzione delle medesime per l’anno 2017 (-0,4 per cento). Secondo il DEF l’incremento è da porre in relazione sia al venir meno di alcune delle misure di contenimento della spesa disposte dalle precedenti manovre di finanza pubblica[36], sia all’effetto di disposizioni recate dalla Legge di Stabilità 2015[37], tra cui, in particolare, la creazione del Fondo “La buona scuola”.
Per quanto concerne i rinnovi contrattuali, il DEF evidenzia che la legge di stabilità 2015 ha prolungato sino al 31 dicembre 2015 la possibilità di dar luogo alle procedure contrattuali per la sola parte normativa, senza possibilità di recupero per la parte economica. L’indennità di vacanza contrattuale (IVC) da calcolare con riferimento al triennio contrattuale 2016-2018, come anticipazione degli eventuali benefici che saranno attribuiti all’atto del rinnovo contrattuale, è quella spettante al 31 dicembre 2013. Pertanto, per il periodo 2016-2018, l’IVC di riferimento è quella in vigore dal 1°luglio 2010.
Rispetto a quanto ipotizzato nella Nota tecnica illustrativa la spesa per redditi da lavoro dipendente aumenta di circa 550 milioni in ciascun anno del triennio 2015-2017. Tale incremento potrebbe essere attribuito alla revisione del dato di preconsuntivo 2014. Si prevede che nell’anno 2018 la spesa non aumenti rispetto all’anno precedente mentre nel 2019 è attesa una crescita dello 0,3 per cento da attribuire, in gran parte, alla corresponsione dell’IVC del nuovo triennio contrattuale 2019-2021.
La riduzione dell’incidenza di tale voce di spesa rispetto al prodotto (dal 10,1 per cento del 2015 al 9 per cento del 2019) è da correlare soprattutto all’andamento crescente del PIL, considerato il contenuto incremento complessivo della voce di spesa, che nel periodo 2015-2019, aumenta di circa 1,5 miliardi di euro.
Si prevede una drastica riduzione della spesa per consumi intermedi nel 2015 (-3,7 per cento), seguita da una crescita pari all’1,6 per cento nel 2016, all’1,5 per cento nel 2017, allo 0,7 per cento nel 2018 e al 2 per cento nel 2019. La crescita di tale voce di spesa si mantiene comunque al di sotto della dinamica del PIL nominale e, conseguentemente, la sua incidenza rispetto a tale variabile si riduce dal 7,9 per cento dell’esercizio 2015 al 7,4 per cento del 2018.
Rispetto a quanto ipotizzato nella Nota tecnica illustrativa, la spesa per consumi intermedi aumenta, in media, di circa 5,5 miliardi nel triennio 2015-2017. Anche in questo caso, si rileva che l’incremento pare attribuibile alla revisione del dato di preconsuntivo 2014.
L’andamento della spesa sanitaria indicato nel quadro tendenziale sconta una crescita dello 0,2 per cento nell’anno 2015, dell’1,9 per cento annuo nel triennio 2016-2018 e del 2 per cento nell’anno 2019. Tale previsione comporta una lieve riduzione dell’incidenza dell’aggregato sul PIL, che passa dal 6,8 per cento del 2015 al 6,5 per cento nel 2019.
La spesa per prestazioni sociali in denaro è stimata in aumento per l’intero periodo previsionale: dopo una crescita del 3 per cento nel 2015 rispetto all’esercizio precedente, la dinamica si dimostra più contenuta dando luogo a incrementi dell’1,4 per cento per il 2016, 2,4 per cento per il 2017, 2,6 per cento per il 2018 e 2,1 per cento per il 2019. L’incidenza sul PIL si attesta a fine periodo sul 20 per cento, in riduzione rispetto al dato relativo al 2015 (20,6 per cento). Per il periodo 2016-2019 la complessiva spesa per prestazioni sociali in denaro presenta un tasso di variazione medio, prendendo a partire dall’anno 2015, del 2,1 per cento.
Per quanto concerne, in particolare, la spesa pensionistica, le previsioni tengono conto, oltre che dei fattori legislativi, del numero di pensioni di nuova liquidazione, dei tassi di cessazione stimati, della indicizzazione delle pensioni in essere ai prezzi, delle ricostituzioni degli importi delle pensioni in essere e degli elementi emersi nell’ambito dell’attività di monitoraggio.
Per quanto concerne la spesa per altre prestazioni sociali in denaro le previsioni tengono conto, oltre che dei fattori legislativi, degli elementi emersi nell’ambito dell’attività di monitoraggio.
Il tasso di variazione medio nel periodo 2016-2019 per la spesa pensionistica risulta pari al 2,3 per cento annuo, mentre quello della spesa per altre prestazioni sociali in denaro è pari al 1,5 per cento annuo.
La riduzione delle previsioni di spesa per prestazioni sociali in denaro ipotizzata dal DEF per l’anno 2015, rispetto a quanto previsto dalla Nota tecnico-illustrativa deriva, in parte, dalla revisione del dato riferito all’anno 2014 e, in parte, dall’effetto di una minore indicizzazione ai prezzi delle prestazioni per gli anni considerati, tenuto conto delle nuove previsioni sulle dinamiche dei prezzi, rispetto a quanto previsto in sede di Nota di Aggiornamento al DEF 2014.
Le previsioni tendenziali mostrano un andamento complessivamente decrescente della spesa in conto capitale non solo in termini percentuali, ma anche in valore assoluto: a fine periodo l’aggregato si attesta su un valore pari a 59,5 miliardi, inferiore di circa 0,7 miliardi rispetto al valore previsto per il 2015 e di circa 5 miliardi rispetto a quello registrato nel 2012. L’andamento descritto viene confermato dalla dinamica della spesa in termini di PIL, che dal 3,7 per cento del 2015 scende al 3,2 per cento a fine periodo.
3.1.3 Andamento dei saldi e confronti con stime europee
Le stime diffuse nello scorso mese di febbraio dalla Commissione europea (Winter Forecast), nel confermare la previsione di un rapporto dell’indebitamento netto rispetto al PIL pari al 3,0 per cento nel 2014, aggiorna le precedenti stime relative al periodo 2014-2016 (Autumn Forecast – Novembre 2014).
Nella Tabella 3.7 le stime contenute nei due rapporti della Commissione sono confrontate, rispettivamente, con le previsioni contenute nel Documento programmatico di bilancio (DBP presentato dal Governo nell’Ottobre 2014) e con le previsioni contenute nel Documento in esame (Aprile 2015).
Il raffronto è limitato alle stime della Commissione europea, che utilizzano metodologie conformi a quelle del Documento in esame[38], e riguarda i valori dell’indebitamento netto, della spesa per interessi e del saldo primario. Inoltre, ai fini di una più completa rappresentazione degli andamenti tendenziali, il confronto è esteso al saldo strutturale[39], ossia all’indebitamento netto depurato della componente ciclica e delle misure una tantum, per la cui definizione ed analisi si rinvia al paragrafo 3.2 del presente dossier.
Tabella 3.7 - Confronti con stime europee (2014 - 2016) –Indebitamento
netto, Interessi, Saldo primario, Indebitamento netto strutturale
(%PIL)
|
2014 |
2015 |
2016 |
Indebitamento netto |
|||
DBP (Ottobre 2014) |
-3,0 |
-2,6 |
-1,8 |
Autumn Forecast (Novembre
2014) |
-3,0 |
-2,7 |
-2,2 |
Winter Forecast (Febbraio 2015) |
-3,0 |
-2,6 |
-2.0 |
DEF (Aprile 2015) |
-3,0 |
-2,5 |
-1,4 |
Interessi |
|||
DBP (Ottobre
2014) |
4,7 |
4,5 |
(*) |
Autumn Forecast (Novembre
2014) |
4,7 |
4,5 |
4,6 |
Winter Forecast (Febbraio 2015) |
4,7 |
4,3 |
4,3 |
DEF (Aprile 2015) |
4,7 |
4,2 |
4,2 |
Saldo primario |
|||
DBP (Ottobre
2014) |
1,7 |
1,9 |
(*) |
Autumn Forecast (Novembre
2014) |
1,7 |
1,8 |
2,4 |
Winter Forecast (Febbraio 2015) |
1,6 |
1,7 |
2,4 |
DEF (Aprile 2015) |
1,6 |
1,7 |
2,8 |
Indebitamento netto strutturale |
|||
DBP (Ottobre
2014) |
-0,9 |
-0,6 |
-0,4 (**) |
Autumn Forecast (Novembre
2014) |
-0,9 |
-0,8 |
-1,0 |
Winter Forecast (Febbraio 2015) |
-0,9 |
-0,6 |
-0,8 |
DEF (Aprile 2015) |
-0,8 |
-0,5 |
-0,0 |
(*) Dati non disponibili nel Documento programmatico di bilancio; (**) In
base al DBP (Ottobre 2014), l’obiettivo del pareggio strutturale si raggiunge
nel 2017, anno non coperto dalla previsione della Commissione europea.
Le ultime stime della Commissione europea, pur migliorando, rispetto a quelle dell’autunno 2014, la previsione di indebitamento sia per il 2015 che per il 2016, restano al di sopra del livello del saldo ipotizzato dal DEF (per 0,1 per cento nel 2015 e 0,6 punti percentuali nel 2016). In termini strutturali, la differenza è invece pari a 0,1 per cento nel 2014 e nel 2015 e a 0,8 punti percentuali nel 2016.
Lievemente superiore a quella del DEF è anche la previsione riferita alla spesa per interessi (+0,1 per cento per ciascuno dei due esercizi). La stima del saldo primario differisce di conseguenza solo per il 2016 (-0,4 per cento rispetto al PIL).
Il Documento individua le cause degli scostamenti rispetto alle previsioni della Commissione essenzialmente nella diversa proiezione di crescita formulata, in particolare, per il 2015 e nell’utilizzo di stime basate sulla metodologia delle “politiche invariate” per il 2016. Inoltre, viene evidenziato, in via generale, che gli scostamenti sono riconducibili all’utilizzo di dati diversi per il 2014 rispetto a quelli utilizzati dal DEF, diffusi in via provvisoria dall’ISTAT nel marzo 2015, dopo la pubblicazione del rapporto europeo.
Inoltre, si rileva che il DEF (cfr. Sez I - Programma di stabilità , nota 12, pag. 55 Doc. LVII, n. 3) sottolinea come il diverso orizzonte temporale utilizzato nelle previsioni della Commissione (che si fermano all’esercizio successivo a quello in corso) sia suscettibile di determinare differenze nelle stime rispetto alle previsioni dei Paesi membri, che utilizzano un orizzonte temporale più ampio. Queste differenze riguardano principalmente il calcolo dell’output gap e possono determinare discrepanze in fase di stima dei valori strutturali.
Obiettivo di medio
termine (OMT), pareggio di bilancio e
flessibilità nella governance europea
Obiettivo di medio
termine
Gli obiettivi di finanza pubblica, indicati nei documenti presentati in corso d’anno dal Governo, si inquadrano nel contesto delle regole che costituiscono la cosiddetta governance europea, intesa come un complesso di previsioni, contenute nei trattati e nella normativa europea, tese a rafforzare gli strumenti e le procedure per una più rigorosa politica di bilancio e a garantire la solidità finanziaria dei Paesi aderenti all’Unione europea.
L’impianto normativo richiamato è costituito da tre regolamenti approvati dalle Istituzioni europee nel novembre 2011 nell’ambito di un insieme complessivo di sei atti legislativi (il c.d. six pack), dal Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione economica e monetaria (cd. Fiscal Compact ) [40], ratificato dall’Italia con legge 23 luglio 2012, n. 114, e da due ulteriori regolamenti del 21 maggio 2013, n. 472 e n. 473 (c.d. two pack).
Gli Stati membri, nell’ambito dell’aggiornamento dei rispettivi
programmi di stabilità, presentano il percorso di aggiustamento necessario per
il conseguimento di un obiettivo di medio termine (OMT), calcolato in
termini di saldo del conto consolidato delle pubbliche amministrazioni. L’OMT è
definito in modo specifico per ciascun Paese sulla base del potenziale di
crescita dell’economia, del livello del debito e delle passività implicite. Il
percorso di avvicinamento all’OMT dovrebbe infatti garantire la convergenza,
nel medio termine, verso livelli sostenibili nel rapporto debito/PIL.
Più specificamente, l’OMT consiste in un livello di indebitamento netto strutturale (corretto, cioè, per il ciclo e al netto delle misure temporanee e una tantum[41]) che può divergere dal requisito di un saldo prossimo al pareggio o in attivo, ma che deve essere tale da garantire, in presenza di normali fluttuazioni cicliche, un adeguato margine di sicurezza rispetto alla soglia del 3 per cento dell’indebitamento ed un ritmo di avvicinamento certo ad una situazione di sostenibilità delle finanze pubbliche. In particolare l’obiettivo di medio termine si attesta in una forcella stabilita tra il -1% del PIL e il pareggio o l'attivo del saldo strutturale di bilancio, in termini corretti per il ciclo.
Per l’Italia,
l’obiettivo di medio termine (OMT) è fissato nel pareggio di bilancio in termini strutturali, da realizzare, sulla
base dei precedenti impegni, confermati dal quadro programmatico del Documento
in esame, entro il 2017.
I documenti di programmazione finanziaria e di bilancio stabiliscono, per ciascuna annualità del periodo di programmazione, obiettivi del saldo del conto consolidato, articolati per sottosettori della p.a., tali da assicurare il conseguimento dell’obiettivo di medio termine, ovvero il rispetto del percorso di avvicinamento a tale obiettivo. Nei casi di scostamento dall’obiettivo previsti per eventi eccezionali e per scostamenti negativi emersi a consuntivo è previsto un meccanismo di correzione. Insieme agli obiettivi del saldo del conto consolidato i medesimi documenti di programmazione indicano anche le misure da adottare per conseguirli.
Il percorso di aggiustamento
verso l’Obiettivo di Medio Termine viene a sua volta definito in termini di
miglioramento progressivo del saldo strutturale verso la convergenza con l’OMT.
Nel definire tale percorso occorre quindi tener conto, oltre che del saldo di
partenza e della distanza rispetto all’OMT, delle condizioni cicliche
dell’economia, del livello del rapporto debito/PIL e dell’esistenza di rischi
rispetto alla sostenibilità di medio periodo delle finanze pubbliche .
Nella definizione degli obiettivi programmatici sono comunque
ammessi margini di flessibilità per tenere
conto dei riflessi finanziari delle riforme
strutturali con un impatto
positivo significativo sulla sostenibilità
delle finanze pubbliche, della spesa
per investimenti e della congiuntura economica, alle
condizioni e secondo le modalità definite in ambito europeo.
Flessibilità
nell’avvicinamento all’OMT
Il 13 gennaio
2015 la Commissione ha presentato una comunicazione[42]
sull’utilizzo di margini di flessibilità nel perseguimento dell’obiettivo di
medio temine per “ tener conto in modo ottimale
di tre dimensioni politiche specifiche, concernenti rispettivamente: i) gli
investimenti, in particolare riguardo all’istituzione del nuovo Fondo europeo
per gli investimenti strategici nel quadro del piano di investimenti per
l’Europa; ii) le riforme strutturali e iii) la situazione congiunturale”.
La
comunicazione, che ha natura interpretativa, non modifica le
disposizioni del Patto di stabilità e crescita, ma è volta a garantire un uso
ottimale dei margini di flessibilità già insiti nell’attuale normativa europea,
con riguardo sia al braccio preventivo che al braccio correttivo del Patto.
Contributi al FEIS e clausola degli
investimenti
Una prima categoria di spese di investimento
prese in considerazione dalla Comunicazione sono i contributi al nuovo Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS)[43].
Per quanto riguarda i contributi degli
Stati membri al FEIS, questi non
avranno alcuna incidenza nel braccio preventivo del Patto di stabilità e
crescita in quanto saranno considerati spese una tantum, in quanto tali prive di effetti sul percorso di
avvicinamento all’OMT, che è definito facendo riferimento al saldo strutturale.
Nell’ambito della procedura per disavanzi eccessivi (parte correttiva del Patto), i contributi al FEIS saranno considerati “fattori significativi” : pertanto, in caso di superamento del valore di riferimento per il deficit e per il debito, non sarà aperta la procedura se l’inosservanza è dovuta al contributo versato (e, se il superamento del valore di riferimento del deficit è di entità ridotta ed è da considerarsi temporaneo). Riguardo invece al cofinanziamento da parte di Stati membri di progetti di investimento finanziati anche dal FEIS la Commissione ne terrà conto nell'applicazione della cosiddetta “clausola sugli investimenti”, di cui vengono meglio chiariti i profili applicativi. Detta clausola consente infatti, a determinate condizioni[44], una deviazione temporanea dello Stato membro dall’obiettivo di medio termine o dal percorso di avvicinamento ad esso, per consentire spese di investimento con effetti a lungo termine positivi, diretti e verificabili, sulla crescita e sulla sostenibilità delle finanze pubbliche e che producano un incremento del livello complessivo degli investimenti pubblici.
Le principali innovazioni consistono nella possibilità
di applicare “la “clausola sugli
investimenti” indipendentemente dalla situazione economica della zona euro o
dell’UE nel suo complesso, collegandola esclusivamente alla situazione
congiunturale nel singolo Stato membro”.
Clausola delle riforme strutturali
Margini di flessibilità nel perseguimento dell’OMT, insiti nella
disciplina del Patto, riguardano ancora gli Stati membri che attuino riforme
strutturali importanti, integralmente attuate e che presentino effetti positivi
quantificabili sul bilancio a lungo temine, che possono determinarsi anche
attraverso un innalzamento del potenziale di crescita dell’economia. Gli Stati
possono quindi essere autorizzati a deviare temporaneamente dall’obiettivo di
medio termine o dal percorso di avvicinamento ad esso per far fronte ai costi a
breve termine derivanti dall’attuazione delle predette riforme. Per gli Stati
sottoposti a procedura per disavanzi eccessivi, la Commissione terrà invece
conto dell’esistenza di un piano correttivo che indichi le predette riforme
strutturali nel definire il termine per la correzione del disavanzo eccessivo. Pertanto
le valutazioni della Commissione si baseranno quindi sulle informazioni
riportate nello specifico piano di riforme strutturali (o nel piano
correttivo).
Pertanto si potrà concedere allo Stato membro più tempo per raggiungere
l’obiettivo a medio termine e, quindi, la possibilità di deviare
temporaneamente dal percorso di aggiustamento strutturale verso di esso,
ovvero, per gli Stati membri che hanno già raggiunto tale obiettivo, la
possibilità di discostarsene temporaneamente, a condizione che:
i) le riforme soddisfino i criteri
summenzionati;
ii) la deviazione temporanea non superi lo 0,5%
del PIL e l’obiettivo a medio termine sia raggiunto nell’orizzonte temporale
del programma di stabilità dell’anno in cui è attivata la clausola;
iii) sia mantenuto sempre un opportuno margine di
sicurezza, in modo che la deviazione dall’obiettivo a medio termine o dal
percorso di aggiustamento di bilancio concordato non determini il superamento
del valore di riferimento del 3% del PIL fissato per l’indebitamento netto
nominale.
Aggiustamento
strutturale di bilancio e congiuntura economica
La
Comunicazione della Commissione fornisce infine una matrice (di seguito
riportata) che chiarisce la modulazione dell’ aggiustamento di bilancio in
rapporto ai periodi di congiuntura più o meno favorevole, al fine di
escludere i profili applicativi delle disposizioni del Patto che richiedono di
rapportare lo sforzo di avvicinamento all’OMT in funzione delle diverse fasi
del ciclo e delle complessive circostanze economiche. Pertanto d’ora in poi la
Commissione utilizzerà tale matrice “per
precisare l’aggiustamento di bilancio necessario e per tener meglio conto della
situazione congiunturale dei singoli Stati membri nel quadro del braccio
preventivo del patto”.
|
|
Aggiustamento annuo di bilancio richiesto* |
|
|
Condizioni |
debito inferiore al 60 e |
debito superiore al 60 o rischio di sostenibilità |
Congiuntura eccezionalmente sfavorevole |
crescita reale <0 |
nessun bisogno
di aggiustamento |
|
Congiuntura molto sfavorevole |
-4 ≤ divario tra prodotto effettivo |
0 |
0,25 |
Congiuntura sfavorevole |
-3 ≤ divario tra prodotto effettivo |
0 se crescita inferiore al potenziale, 0,25 se crescita superiore
al potenziale |
0,25 se crescita inferiore al potenziale, 0,5 se crescita
superiore al potenziale |
Congiuntura normale |
-1,5 ≤ divario tra prodotto effettivo |
0,5 |
>0,5 |
Congiuntura favorevole |
divario tra prodotto effettivo e potenziale |
>0,5 se crescita inferiore al potenziale, 0,75 se
crescita superiore al potenziale |
≥0,75 se crescita inferiore al potenziale, ≥ 1
se crescita superiore al potenziale |
* Tabella
tratta dalla Comunicazione della Commissione Europea “Sfruttare al meglio la flessibilità consentita dalle norme vigenti del
patto di Stabilità e Crescita” (13.01.2015) – Allegato 2.
Pertanto,
sulla base della matrice, in previsione di un output gap compreso tra -4,0 e -3,0, intervallo nel quale ricade l’output gap previsto per l’Italia nel
2015 dal DEF (-3,8), si determina una condizione di very bad times, con
possibilità, per gli Stati con un rapporto debito/PIL superiore al 60 per cento
di prevedere un aggiustamento annuo pari
allo 0,25 per cento.
3.2.1. Analisi del quadro programmatico
L'impianto programmatico del DEF è costruito al fine
di realizzare due obiettivi di politica di bilancio dichiarati dal Governo nello
stesso documento: rafforzare la ripresa economica e di qui conseguire un rilancio
dell'occupazione, evitando aumenti del prelievo fiscale e rilanciando gli investimenti;
ricondurre il rapporto tra il debito pubblico e il PIL su un sentiero di riduzione
coerente con le regole europee. Da questo impianto strategico discende la scelta
di politica fiscale dichiarata dal Governo di disattivare le clausole di salvaguardia
previste per il 2016 dalla Legge di Stabilità 2015 per circa 0,8 punti percentuali
di PIL e dalla Legge di Stabilità 2014 per circa 0,2 punti percentuali di PIL. Scelta
resa possibile grazie all'effetto combinato del maggiore gettito fiscale conseguente
alla migliore dinamica del Pil (+0,4 per cento) e della
contrazione della spesa per interessi (-0,3 per cento) rispetto al dato previsivo della Nota di aggiornamento al DEF 2014 il cui impatto
complessivo è stimato dal Governo in circa lo 0,4 per cento di PIL e dalle minori
uscite per importo pari a circa 0,6 per cento del PIL conseguite attraverso le politiche
di revisione della spesa in corso di definizione (pp. 133-134 Sez. I).
Il Documento di economia e finanza per il 2015 indica saldi programmatici che risultano sostanzialmente coerenti con il quadro di regole di bilancio europee alla luce dei diversi fattori mitiganti prospettati dal Governo e dell'ipotesi di attivazione della clausola delle riforme come delineata dalla Commissione europea nella comunicazione " Sfruttare al meglio la flessibilità consentita dalle norme vigenti del Patto di stabilità e crescita" (di seguito anche: Comunicazione flessibilità)[45].
Analizzando in dettaglio le informazioni contenute nella tabella AT1 che riporta i principali dati di finanza pubblica corretti per il ciclo con nelle stime indicate negli ultimi documenti programmatici Documento di economia e finanza 2014 (DEF2014), Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2014 (Nota di aggiornamento al DEF 2014), Documento programmatico di bilancio 2015 (DPB2015) e da ultimo dal documento in esame (DEF2015) si può osservare quanto segue.
In termini di saldo strutturale si osserva che l'obiettivo del pareggio
strutturale prefigurato nel DEF 2014 al 2016 viene posticipato al 2017. A riguardo
il Governo dichiara di volersi avvalere per il 2016 della clausola europea sulle
riforme delineata nella citata Comunicazione sulla flessibilità[46], ciò al fine di percorrere con
maggiore gradualità il sentiero di avvicinamento all'OMT e il raggiungimento del
pareggio di bilancio strutturale nel 2017 (cfr. grafico 3.1).
Grafico 3.1
Saldo strutturale programmatico:
confronto tra DEF 2015, DPB 2015 tabelle aggiornate, Nota di aggiornamento del DEF
2014 e DEF 2014
(in percentuale del PIL)
Fonti: DEF 2015, DPB 2015 tabelle aggiornate, Nota di aggiornamento del DEF 2014 e DEF 2014
Si ricorda, in
questa sede, che nel DEF2014 il Governo, con l’intenzione di attivare la
clausola delle riforme strutturali, aveva posticipo il conseguimento del pareggio
strutturale di bilancio dal 2015 al 2016, motivando questa scelta con l'esigenza
di non determinare un impatto depressivo sulla domanda interna.
Il percorso di avvicinamento all’OMT viene ripreso nel 2015, anno in cui il saldo strutturale è programmato al livello di -0,5 per cento del PIL, quindi in miglioramento di 0,2 punti percentuali rispetto al 2014 (cfr. infra).
A riguardo si precisa
che, nel quadro del braccio preventivo del patto, in presenza di una congiuntura
molto sfavorevole – come nel caso in esame in cui l'output gap si attesta al
3,8 per cento – e con un rapporto debito sul Pil superiore
al 60 per cento l’aggiustamento annuo di bilancio
verso l’obiettivo di medio periodo dovrebbe attestarsi su di un valore pari a
0,25 punti di Pil, di poco superiore al dato stimato
per il 2015.
Nel 2016 si registra, come detto, un saldo di bilancio strutturale a -0,4 per cento, con un miglioramento di 0,1 punti percentuali. Infine nel 2017 viene raggiunto il pareggio di bilancio strutturale. Negli ultimi due anni dell'orizzonte di previsione il saldo passa in positivo attestandosi allo 0,1 per cento (2018) e allo 0,2 per cento (2019).
Con
riferimento alle stime di aggiustamento relative al 2016, si osserva che queste
rispettano le condizioni previste dal braccio preventivo solo laddove venga
attivata la cd. clausola delle riforme.
Tabella 3.8
Obiettivi programmatici della P.A. Rapporti sul PIL.
(in percentuale del PIL)
Fonti: DEF 2015, DPB 2015 tabelle aggiornate, Nota di
aggiornamento del DEF 2014 e DEF 2014
Gli obiettivi di indebitamento netto nominale del conto economico della pubblica amministrazione sono pari a -3,0 per cento nel 2014, -2,6 per cento nel 2015, -1,8 per cento nel 2016, -0,8 per cento nel 2017, 0 nel 2018, per passare poi ad un accreditamento netto (0,4 per cento) alla fine dell'orizzonte di riferimento (cfr. la tabella 3.8 e il grafico 3.2).
La stima della componente ciclica è stata rivista alla luce delle nuove previsioni macroeconomiche e risulta essere in peggioramento nel 2015, invariata nel 2016 e in miglioramento nel biennio 2017-2018.
Grafico 3.2
Indebitamento netto programmatico:
confronto tra DEF 2015, DPB 2015, Nota di aggiornamento del DEF 2014 e DEF 2014
(in percentuale del PIL)
I valori programmatici evidenziano una rapida discesa nell'arco di programmazione, posizionandosi in modo deciso al di sotto della soglia limite dell'ordinamento europeo, pari al 3 per cento di disavanzo sul PIL, arrivando a conseguire una posizione di surplus nel 2019. Per il triennio 2015-2017 risultano inoltre confermati i valori obiettivo, da ultimo aggiornati con la Relazione di variazione alla Nota di aggiornamento al DEF 2014 e incamerati nelle tabelle aggiornate al Documento programmatico di bilancio 2015.
Se si guarda, invece,
al DEF2014, pur tenendo in debita considerazione le mutate condizioni macroeconomiche
tra le previsioni primaverili e quelle autunnali, nel triennio considerato si osserva
un peggioramento del saldo in esame di -0,8 punti percentuali nel 2015, di -0,9
punti percentuali nel 2016, di -0,5 per cento 2017 tra le previsioni del
DEF2015 e quelle del DEF2014.
Il grafico 3.3 mostra l’evoluzione dell'indebitamento netto programmatico in relazione agli obiettivi strutturali e all’andamento stimato dell’output gap, cioè della misura del divario tra andamento economico effettivo e potenziale. Esso evidenzia che – in presenza di pareggio strutturale – l'entità dell’output gap determina la misura del disavanzo nominale consentito, cioè la misura della stabilizzazione consentita per far fronte alla posizione ciclica negativa. Gli obiettivi nominali – dopo un picco nel 2014 – si riducono di entità, in conseguenza della progressiva chiusura attesa dell'output gap.
Grafico 3.3
Andamento del saldo nominale
e strutturale in relazione all'output gap
(in percentuale del PIL)
Nota: il grafico presenta i valori del saldo nominale,
strutturale e output gap a segni invertiti.
Fonte: DEF 2015
L’avanzo primario nominale viene mantenuto su livelli significativi, crescenti in tutto il periodo di programmazione, passando dal 1,9 per cento del PIL nel 2013 al 4 per cento nel 2019. Gli interessi sono nettamente decrescenti, passando da 4,8 nel 2013 a circa 3,7 punti di PIL nel 2019, dati in netto miglioramento rispetto alle previsioni dell'anno passato (cfr. la tabella 3.8).
Guardando al complesso
dei dati in tabella (periodo 2015-2018) si registra quindi un chiaro miglioramento
del quadro di previsione rispetto allo scorso autunno ma non sufficiente a riportare
le stime sui valori previsti con il DEF2014, l'unico dato che, infatti, risulta
in miglioramento rispetto ad un anno fa è la minore spesa per interessi.
Le valutazioni sul Documento
programmatico di bilancio 2015 e
le previsioni invernali della Commissione europea
Nel novembre 2014 la Commissione europea ha adottato un parere sul
Documento programmatico di bilancio (DPB) [47]
predisposto dal Governo per illustrare i principali aspetti della situazione di
bilancio delle amministrazioni pubbliche per il 2015. Il parere esaminava il
progetto di bilancio e le proiezioni in esso contenute in relazione a quelle
del Programma di stabilità di aprile 2014 confrontandole con quelle fornite
dalla stessa Commissione nell'autunno del 2014. La Commissione europea
ricordava preliminarmente che l'Italia è soggetta al braccio preventivo del
Patto di stabilità e crescita (PSC)[48] e deve pertanto
assicurare la realizzazione di progressi sufficienti al raggiungimento
dell'OMT, nonché verso il rispetto della regola del debito; tuttavia fino al
2015 è soggetta alle disposizioni transitorie valevoli nei tre anni successivi
all'uscita dalla procedura per disavanzi eccessivi (che per l'Italia è avvenuta
nel 2012).
La Commissione notava che il Governo ha rivisto significativamente al ribasso la crescita del PIL a -0,3 per cento nel 2014 (contro il +0,8 previsto nel programma di stabilità) e +0,6 per cento nel 2015 (dal +1,3 per cento del programma di stabilità). A tale proposito le previsioni della Commissioni coincidevano per il 2015 mentre prevedevano un lieve peggioramento (-0,4 per cento) per il 2014[49].
La Commissione prevedeva nel
2015 un disavanzo nominale leggermente più elevato di quello programmato dal
Governo (2,7 contro 2,6 per cento del PIL). Il saldo strutturale risultava in
miglioramento nel 2015 di 0,1 punti percentuali contro lo 0,3 previsto dal
Governo. La Commissione associava i rischi di revisione al ribasso delle
previsioni di bilancio a risultati macroeconomici peggiori del previsto, dal
persistere di bassi tassi di inflazione e da un'attuazione solo parziale delle
misure di bilancio programmate.
Secondo le previsioni della
Commissione, l'andamento del debito era sostanzialmente in linea con quanto
previsto nel documento programmatico di bilancio aggiornato[50].
Con riferimento all'impatto del DPB, la Commissione valutava il rischio che almeno una parte della riduzione dei trasferimenti dal governo centrale potesse comportare aumenti di imposta e/o riduzioni di spesa in conto capitale a livello locale.
La valutazione complessiva, sulla base delle previsioni della Commissione, evidenziava il rischio di una deviazione significativa dal percorso di aggiustamento richiesto verso l'obiettivo a medio termine. Mentre nel 2014 le condizioni economiche eccezionalmente gravi (crescita negativa e divario tra prodotto effettivo e prodotto potenziale negativo superiore al 4 per cento del PIL) giustificavano, a parere della Commissione, il fatto che l'Italia non fosse tenuta a soddisfare il requisito di un avanzo strutturale prossimo all'obiettivo a medio termine, nel 2015 le previsioni della Commissione indicano una deviazione significativa dall'aggiustamento richiesto verso l'obiettivo a medio termine.
Con riferimento agli aspetti fiscali del DPB, la Commissione osservava che il DPB prevede misure di riduzione del carico fiscale sul lavoro, come raccomandato dal Consiglio.
Nel complesso, la Commissione esprimeva il parere che il DPB dell'Italia rischia di non rispettare i requisiti del patto di stabilità e crescita. La Commissione invitava pertanto le autorità ad adottare le misure necessarie nell'ambito della procedura di bilancio nazionale al fine di assicurare che il bilancio 2015 rispetti il patto di stabilità e crescita.
Nel febbraio 2015 la Commissione europea ha pubblicato le previsioni invernali nelle quali sono stati evidenziati i seguenti andamenti[51].
Il PIL italiano dovrebbe incrementare dello 0,6 per cento nel 2015 e dell'1,3 per cento nel 2016, sostenuto dal rafforzamento dalla domanda estera[52] e da un lieve miglioramento della domanda interna[53]. L'inflazione è prevista assumere valori negativi nel 2015 (-0,3 per cento) a causa del calo del prezzo del petrolio, dell'elevata disoccupazione e della debole domanda interna. La graduale riduzione dei tassi di interesse nominali, anche se non sì è completamente tradotta in termini reali, dovrebbe sostenere gli investimenti nel 2015 e nel 2016, sopratutto nel settore dell'edilizia e degli investimenti in attrezzature.
Il disavanzo pubblico è previsto attestarsi al 2,6 per cento del PIL nel 2015 e dovrebbe ridursi nel 2016 al 2 per cento, supportato dalla caduta della spesa per interessi. La spesa primaria dovrebbe crescere solo leggermente in termini nominali[54]. La spesa per stipendi pubblici dovrebbe rimanere invariata.
Per quanto riguarda il saldo di bilancio strutturale, cioè al netto della componente ciclica e delle misure una tantum, la Commissione europea stima per il 2015 un valore pari a ‑0,6 per cento, rispetto al -0,8 per cento previsto in autunno.
Le stime della Commissione confermano il valore del saldo strutturale indicato dal Governo nel DPB dell'ottobre scorso (-0,3 per cento nel 2015).
Nello stesso mese di febbraio 2015 la Commissione ha adottato una relazione sulla conformità dell'Italia al criterio del debito stabilito dal Trattato[55] nella quale è stato ribadito che nel complesso, considerati gli sforzi strutturali programmati e i livelli di debito previsti, l’Italia non sta facendo progressi sufficienti verso la conformità con il parametro per la riduzione del debito nel 2014 e nel 2015, in quanto la variazione del saldo strutturale è nettamente inferiore all’aggiustamento lineare strutturale minimo del saldo strutturale richiesto sia nel 2014 (-0,3 per cento del PIL contro lo 0,9 per cento richiesto) che nel 2015 (0,3 per cento del PIL contro il 2,2 per cento richiesto). Tuttavia, considerata anche la presenza di fattori significativi, la Commissione ha concluso che il criterio del debito risulta attualmente soddisfatto[56].
Le variabili utilizzate per
l’analisi della finanza pubblica corretta
per il ciclo: alcuni elementi definitori
La governance
economica europea definisce gli obiettivi di finanza pubblica in termini
nominali e strutturali.
Per ottenere il saldo strutturale (indebitamento
netto o saldo primario), occorre in primo luogo depurare il saldo nominale
dalla sua componente ciclica: se negativa, tale componente migliora il saldo in
termini strutturali; viceversa in caso di componente ciclica positiva.
La componente ciclica del saldo di bilancio è data
dal prodotto tra l’output gap e la stima della sensibilità al ciclo del
saldo di bilancio. La metodologia concordata in sede europea per il calcolo
della componente ciclica è cambiata. A decorrere dal 2013, invece di misurare
l’impatto di variazioni della crescita del PIL sul livello assoluto del saldo
di bilancio, si prende in considerazione la variazione del saldo (in
percentuale del PIL) rispetto a variazioni della crescita. A livello aggregato
il nuovo parametro (basato sul concetto di semi-elasticità) è pari a 0,55 per
l’Italia, non significativamente diverso rispetto a quello in precedenza
applicato (0,5, in base al concetto di sensitività); mutano tuttavia le sue
componenti, cioè le elasticità ponderate delle entrate e delle spese, che si
posizionano ora su valori, rispettivamente, prossimi a zero e a 0,5[57]. Il valore del parametro
corrispondente alla somma delle elasticità ponderate delle entrate e delle
spese viene periodicamente aggiornato in sede europea sulla base degli
andamenti registrati nell’arco di un decennio.
Il saldo corretto per il ciclo va poi depurato delle misure
una tantum, sottraendo sia le entrate che le spese identificate come
straordinarie. In caso di prevalenza delle prime sulle seconde il saldo
strutturale risulterà peggiore del saldo corretto per il solo ciclo, viceversa
in caso di prevalenza delle spese sulle entrate.
Va infine osservato come variazioni nelle stime del PIL
(effettivo e potenziale) e dell’output gap determinano, a parità di parametro relativo alla sensibilità del
bilancio al ciclo e di valore nominale dell’indebitamento netto o del saldo
primario una variazione nel saldo strutturale. Ciò si verifica con riferimento
non solo agli esercizi di previsione, ma anche per i valori di consuntivo.
In termini di dibattito, non solo scientifico, è utile
sapere che le diversi istituzioni internazionali utilizzano metodologie diverse
per la correzione dei saldi per gli effetti del ciclo ciò da luogo a differenze
spesso non trascurabili sotto il profilo delle raccomandazioni circa le
decisioni di politica di bilancio[58].
Ovviamente con riferimento all'analisi della finanza pubblica dei paesi europei
assumono valore di cogenza unicamente le elaborazioni definite in sede
comunitaria. È bene rilevare infine che, come ha osservato la BCE, "indipendentemente
dal metodo utilizzato, la stima di una variabile inosservabile quale la posizione
ciclica è sempre soggetta a una notevole incertezza, che si traduce fra l’altro
in consistenti revisioni, anche dopo un prolungato periodo di tempo"[59].
PIL potenziale e output gap
Il PIL potenziale rappresenta il livello teorico massimo di
produzione che un paese può raggiungere senza causare tensioni
inflazionistiche. Esso esprime, pertanto, i fattori fondamentali dell’economia
e la componente strutturale della crescita. La differenza tra il livello del
PIL effettivo e quello del PIL potenziale, espressa in percentuale del PIL
potenziale stesso, viene denominata output
gap.
Il PIL potenziale non è direttamente osservabile, ma viene
stimato secondo la metodologia approvata dall’Ecofin
e utilizzata dagli Stati membri dell’UE per il calcolo degli indicatori
strutturali di finanza pubblica riportati nei Programmi di stabilità[60]. Tale metodologia è basata
sulla funzione di produzione e dipende quindi non solo dalle ipotesi del quadro
macroeconomico, ma anche dei parametri utilizzati per la stima del tasso di
disoccupazione strutturale (NAWRU) e della Total
factor productivity
(TFP)[61].
Per quanto riguarda il NAWRU, i parametri sono stati più
volte rivisti dalla Commissione, alla luce degli effetti sul mercato del lavoro
della prolungata recessione. Il NAWRU è stato pertanto rideterminato verso
l’alto, determinando una riduzione nel tasso di crescita del PIL potenziale. In
altri termini questo significa che il tasso di disoccupazione di
equilibrio, tale da non generare pressioni inflazionistiche sui salari è stato stimato in crescita
negli anni della crisi, con una dinamica che, di fatto, ha fatto sì che al
crescere della disoccupazione crescesse anche il NAWRU. Ciò comporta, a sua volta, un
più contenuto valore dell’output gap
e della componente ciclica, con effetti sul calcolo dei saldi di bilancio in
termini strutturali.
È altresì intuitivo rilevare che, a parità di metodologia,
riforme strutturali che incidessero sul costo del lavoro e/o sulla produttività
di tale fattore avrebbero l’effetto di ridurre stabilmente il tasso di
disoccupazione di equilibrio, poiché la metodologia utilizza sia i valori del
PIL effettivamente registrati a consuntivo negli anni precedenti, sia il valore
del PIL atteso nel periodo di previsione, ne derivano due conseguenze: i)
difficilmente il calcolo del PIL potenziale è in grado di cogliere appieno i
punti di inversione del ciclo e gli effetti di cambiamenti strutturali; ii) la variazione
del valore atteso del PIL per il periodo di previsione o le modifiche
riguardanti i dati di consuntivo (conseguenti anche a revisioni contabili)
determinano una revisione del PIL potenziale, e quindi dell’output gap,
anche negli anni in cui non si è verificata alcuna variazione nella crescita
effettiva (o attesa). Tali revisioni influiscono, a loro volta, sul calcolo
degli indicatori strutturali di finanza pubblica (cfr. infra).
Nei
paragrafi seguenti viene analizzato con maggior dettaglio il quadro programmatico,
anche al fine di chiarire la portata della manovra correttiva in senso espansivo
delineata nel DEF2015.
Il
quadro programmatico determina infatti un peggioramento dell'indebitamento
netto di 0,1 punti di PIL nel 2015; 0,4 punti di PIL nel 2016; 0,6 punti di PIL
nel 2017 e 0,5 punti di PIL in ciascun anno dell'ultimo biennio, (cfr. grafico 3.4).
In
termini assoluti, con riferimento al PIL nominale stimato, tali variazioni
percentuali si sostanziano in un maggior indebitamento netto per circa 1,6
miliardi di euro (2015), 6,7 miliardi di euro (2016), 10,4 miliardi di euro (2017),
9,0 miliardi di euro (2018).
Si ricorda che la legge di contabilità
e finanza pubblica (n. 196 del 2009) richiede che la sezione I del DEF indichi l'articolazione
della manovra necessaria per il conseguimento degli obiettivi almeno per un triennio,
nonché un'indicazione di massima delle misure attraverso le quali si prevede di
raggiungere i predetti obiettivi (art. 10, comma 2, lett.
f)).
Ovviamente, non potendosi
conoscere in questa fase la composizione di dettaglio della manovra non è
possibile fornire valutazioni in merito ai suoi possibili impatti.
Si rammenta altresì che la scelta
di come tradurre in termini di politiche di bilancio le scelte sul livello
dell'indebitamento netto ha ricadute non secondarie in considerazione sia degli
effettivi moltiplicativi sul Pil[62]
che di quelli redistributivi.
Grafico 3.4
Misura della correzione dell'indebitamento netto
tendenziale
Fonte: Elaborazione su dati DEF 2015
Il
confronto tra l'indebitamento netto tendenziale e indebitamento netto programmatico
e tra il saldo primario tendenziale e quello programmatico evidenzia infatti che
nel periodo 2015-2019 il Governo opera una correzione espansiva, (gli anni 2013
e 2014 sono qui riportati per fornire una informazione più completa della dinamica
delle variabili considerate).
La tabella seguente indica che i vincoli posti dai saldi tendenziali vengono allentati al fine di incrementare i saldi programmatici, permettere un percorso di aggiustamento di bilancio più graduale, non ostacolando la ripresa ma anzi rafforzandone la dinamica di crescita. Il Governo afferma, infatti, che affinché le riforme strutturali sviluppino a pieno i loro effetti è cruciale che nei prossimi anni la ripresa economica dopo diversi anni di recessione non venga ostacolata da misure restrittive.
Tabella 3.9
Misura della correzione dell'indebitamento netto e
del saldo primario tendenziali
In percentuale del Pil
Nota: eventuali incongruenze tra le cifre sono dovute agli arrotondamenti.
L'incremento dello 0,1 per cento sul Pil dell'indebitamento netto 2015, rispetto al dato tendenziale, è motivato in base all'intenzione di rafforzare l’attivazione delle riforme strutturali già avviate e di qui aumentare il tasso di crescita del PIL potenziale dal – 0,2 per cento (NaDEF2014) al -0,1 per cento. Nel 2015 viene, ad ogni modo, assicurato un miglioramento dell'indebitamento netto strutturale di 0,2 punti percentuali di Pil rispetto al dato 2014 (da -0,7 a -0,5 per cento), così da essere coerente con l'aggiustamento fiscale richiesto agli Stati Membri ad alto debito in presenza di condizioni economiche severe.
Anche per il 2016, l'indebitamento netto viene rivisto al rialzo (-0,4 per cento) rispetto al quadro tendenziale. Il Governo si appella in questo caso alla possibilità offerta dalla flessibilità prevista dalle regole di bilancio definite dal Patto di stabilità e crescita (articolo 5 del regolamento (CE) 1466 del 1997 come modificato dal regolamento (UE) 1175 del 2011), letto alla luce della cd. Comunicazione sulla flessibilità e dalla normativa nazionale (articolo 3, comma 4 della legge n. 243 del 2012) per gli Stati che stanno attuando riforme strutturali importanti, con effetti diretti positivi di lungo periodo sul bilancio, quantificabili sulla sostenibilità di lungo periodo delle finanze pubbliche, già attuate o inserite in un piano strutturale di medio periodo dettagliato da misure precise e secondo un calendario credibile per la loro adozione e realizzazione.
In questa sede
si ricorda che l'attuazione delle misure e il rispetto del calendario sono monitorati
nel contesto del Semestre europeo o della procedura per squilibri macroeconomici
eccessivi e che, nel caso in cui lo Stato non attui le riforme concordate, la deviazione
temporanea dall'OMT non sarebbe più garantita.
A riguardo si rammenta che la mancata attivazione della clausola
sulle riforme (o il suo venir meno) comporterebbe la necessità di una correzione
dell'indebitamento netto strutturale verso l'OMT dello 0,5 per cento (a fronte dello
0,1 previsto), riportando quindi il pareggio del bilancio strutturale al 2016.
3.2.3 I saldi per sottosettore
Il DEF 2015 espone l’obiettivo di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche; diversamente dai documenti dei precedenti anni (DEF 2014 e 2013) non viene indicato il saldo a legislazione vigente dei sottosettori della PA: amministrazioni centrali, amministrazioni locali ed enti di previdenza (tabella 3.10). In tal modo non risulta possibile verificare in che misura i valori dei sottosettori della PA si riflettano sull'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche.
Sul punto si segnala che, diversamente dal DEF 2015, nel quale l'ISTAT non ha reso disponibili i dati di consuntivo dei sottosettori, nei precedenti documenti i medesimi dati di preconsuntivo e consuntivo, ancorché non ancora diffusi, erano stati resi disponibili dall'ISTAT.
La tabella 3.10 mostra anche la variazione cumulata del saldo primario necessaria a ricondurre l'evoluzione dell'indebitamento netto della PA a legislazione vigente all'obiettivo programmatico.
Si rileva che - poiché il DEF 2015 non indica nemmeno la ripartizione per sottosettore della manovra della legge n. 196 del 2009 a partire dal 2015 - non è possibile altresì desumere i saldi programmatici per sottosettore. Si ricorda che la legge di contabilità richiede che i saldi programmatici siano articolati per sottosettore (art. 10, comma 2, lett. e)).
Tabella 3.10
Indebitamento netto per sottosettore.
(in percentuale del PIL)
|
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 |
Amministrazioni pubbliche (programmatico) |
-3,0 |
-2,6 |
-1,8 |
-0,8 |
0,0 |
0,4 |
Amministrazioni pubbliche (tendenziale) |
-3,0 |
-2,5 |
-1,4 |
-0,2 |
0,5 |
0,9 |
Correzione del saldo primario |
-0,1 |
-0,4 |
-0,6 |
-0,5 |
-0,5 |
|
Amministrazioni centrali (tendenziale) |
- |
- |
- |
- |
- |
- |
Amministrazioni locali (tendenziale) |
- |
- |
- |
- |
- |
- |
Enti di previdenza (tendenziale) |
- |
- |
- |
- |
- |
- |
Fonte: DEF 2015, Sezione I, Tavola III.1.
Nota: eventuali incongruenze tra le cifre sono dovute agli arrotondamenti.
Le regole di bilancio per le amministrazioni locali
Il DEF fornisce una sintesi delle regole che governano la finanza pubblica degli enti territoriali soffermandosi in particolare sulle regole del patto di stabilità interno.
I vincoli sul controllo dei saldi finanziari per gli enti locali e il vincolo sulla crescita della spesa finale per le regioni sono destinati ad essere soppiantati in seguito all'entrata in vigore dal 2016 della regola del pareggio di bilancio per gli enti territoriali introdotta dall'articolo 9 della legge n. 243 del 2012.
La nuova governance vedrà lo Stato definire i principi fondamentali per il coordinamento della finanza pubblica mentre gli enti territoriali beneficeranno di maggiore autonomia finanziaria, nel rispetto del pareggio di bilancio e dei principi contabili comuni.
Con riferimento agli enti locali (province, città metropolitane e comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti) il DEF riporta sinteticamente le misure introdotte dalla legge di stabilità per il 2015, evidenziando da un lato l'alleggerimento dei vincoli posti dal patto di stabilità interno per circa 2,3 miliardi di euro e dall'altro le misure compensative derivanti da una nuova posta di bilancio ai fini della determinazione del saldo finanziario obiettivo (Fondo crediti di dubbia esigibilità)[63] e dalla riduzione della dotazione del Fondo di solidarietà comunale.
A decorrere dal 2015 viene abolito il meccanismo di premialità basato sulla virtuosità degli enti che prevedeva effetti di minore incidenza finanziaria dei vincoli per gli enti virtuosi e di maggiore incidenza per gli altri enti. Per gli anni 2015 e 2016 si estende anche alle province e alle città metropolitane l'esclusione dal computo del saldo finanziario delle spese per interventi di edilizia scolastica, entro il limite massimo di 50 milioni di euro per ciascun anno. Anche per l'anno 2015, ancorché in misura ridotta rispetto all'anno 2014, viene confermata la deduzione dal patto di stabilità interno della spesa relativa ai pagamenti dei debiti di parte capitale, certi, liquidi ed esigibili al 31 dicembre 2013 (40 milioni di euro per gli enti locali, 60 milioni di euro per le regioni). Infine, si è proceduto a una revisione dei limiti all'indebitamento, innalzando il valore percentuale massimo dell'importo degli interessi passivi rispetto ai primi tre titoli delle entrate.
Relativamente alle regioni il DEF evidenzia l'anticipo al 2015 della regola del pareggio di bilancio che si concretizza nell'equilibrio tra entrate e spese finali nella fase di rendicontazione del bilancio e nell'equilibrio di parte corrente sia in termini di competenza che di cassa. Il contributo aggiuntivo richiesto alle regioni a statuto ordinario nel periodo 2015-2018 ammonta a circa 3,5 miliardi mentre per le regioni a statuto speciale tale apporto si attesta in circa 0,5 miliardi annui.
Con la legge di stabilità si è provveduto a unificare le misure di flessibilità del patto regionalizzato verticale e orizzontale, mentre è stato soppresso il patto regionale integrato. Infine, viene esteso al 2015 il patto verticale incentivato con un contributo di 1 miliardo di euro alle regioni che si impegnano a cedere ai comuni e alle province spazi finanziari per pagare debiti commerciali di parte capitale maturati al 30 giungo 2014.
Il passaggio dal vincolo in termini di tetto di spesa alla regola del
pareggio di bilancio dovrebbe comportare un effetto redistributivo dell'onere tra
enti in disavanzo ed enti in avanzo, da un lato incidendo sulle regioni che
presentano un disavanzo e che quindi devono conseguire risparmi di spesa o
incrementi di entrate per poter conseguire il pareggio di bilancio e dall'altro
alleggerendo le regioni che presentano una situazione di avanzo che potranno
incrementare le proprie voci di spesa o diminuire le proprie entrate, fino alla
concorrenza del pareggio di bilancio.
Come
è noto le modifiche del Patto di stabilità e crescita del 2011 hanno introdotto
un vincolo sull'evoluzione della spesa, esso è stato recepito anche
nell'ordinamento nazionale con l'articolo 5 della legge n. 243 del 2012 di
attuazione del principio di pareggio del bilancio.
Il
tasso di crescita dell'aggregato di spesa di riferimento per la regola è
calcolato secondo l'ipotesi di politiche invariate e non incorpora, pertanto,
l'effetto delle misure programmate dal Governo. Le spese da escludere nel
calcolo dell'aggregato di spesa di riferimento che deve rispettare la regola
sono indicate nella tabella seguente. Il tasso di crescita limite (benchmark) è fissato dalla Commissione
europea[64].
Tabella 3.11
Spese da escludere dalla regola della spesa
Fonte: DEF 2015
La
tabella seguente, che indica i passaggi e gli importi necessari per calcolare
il tasso di crescita dell'aggregato di spesa di riferimento nonché il relativo
limite massimo consentito dalla regola (benchmark).
Tabella 3.12
Applicazione della regola della spesa
(milioni di euro)
Fonte: DEF 2015, sez. I (Programma di stabilità), Focus "Verifica della regola di spesa e delle deviazioni significative", pag. 44, tabella "Applicazione della regola di spesa".
A riguardo si segnala che l'importo indicato al punto 7 con riferimento all'anno 2014 è 738.654 e non 738.644, si tratta ad ogni modo di una differenza che non incide sui risultati dell'analisi.
Nel DEF 2015 il Governo
evidenzia che, secondo la valutazione ex
post effettuata sui dati del
2014, non si rilevano deviazioni significative per l’Italia, sia con riguardo
all’aggiustamento del saldo strutturale sia rispetto alla regola di spesa.
Risulta invece che, in base ai due criteri, lo sforzo fiscale effettuato negli
anni passati sia stato superiore a quello richiesto.
Nel 2015, in presenza di
condizioni cicliche particolarmente avverse (“very bad times”) e in corrispondenza quindi di un miglioramento richiesto
di 0,25 punti percentuali di PIL in termini strutturali, le finanze pubbliche
risulterebbero in linea con i requisiti del braccio preventivo del Patto non
segnalandosi inoltre deviazioni significative nella media di due anni.
Con riferimento al 2016, il
miglioramento delle condizioni cicliche da particolarmente avverse ad avverse (output gap compreso
tra -3% e -1,5%) comporterebbero un aggiustamento del saldo strutturale e del
margine di convergenza della regola di spesa tali da garantire un miglioramento
di 0,5 punti percentuali di PIL in termini strutturali. Tuttavia, ipotizzando
l’applicazione della clausola delle riforme il Governo indica un aggiustamento
del saldo strutturale nullo e un tasso di crescita dell’aggregato di
riferimento della regola di spesa allineato al tasso di crescita medio del PIL
potenziale, annullando, il margine di convergenza.
A riguardo sarebbe
utile che la tabella "Applicazione della regola della spesa"
contenuta all'interno del focus "Verifica della regola della spesa e delle
deviazioni significative" recasse tutti gli elementi necessari al fine di
verificarne la concreta applicazione, in particolare ci si riferisce ai
passaggi matematici che consentono di passare dallo step
9 allo step 10.
La regola della spesa
I regolamenti europei che costituiscono il c.d. six pack[65] hanno introdotto nell'ambito del braccio preventivo del Patto di Stabilità e Crescita (PSC) un vincolo alla crescita della spesa (expenditure benchmark), diretto a rafforzare il raggiungimento dell’obiettivo di medio termine, parametrato al tasso di crescita di medio periodo del PIL potenziale.
Le specifiche riguardanti l'attuazione del PSC e le linee guida su il formato e il contenuto dei programmi di stabilità e convergenza sono definite all'interno del cd. Codice di condotta.
Quest'ultimo stabilisce che il tasso di crescita di medio periodo del PIL potenziale sia calcolato come media delle stime dei precedenti 5 esercizi, della stima per l'esercizio corrente e delle proiezioni per i 4 esercizi successivi.
Il calcolo del benchmark viene aggiornato periodicamente e comunicato agli Stati membri: per quanto riguarda l’Italia, il valore relativo al 2013 è pari a +0,3 per cento, al 2014 è pari a 0, al 2015 è pari a -0,5 per cento, al 2016 è pari a 0, per il biennio 2017-2018 è pari a -1,3 per cento e infine al 2019 il valore è pari a zero.
Limite massimo alla crescita dell'aggregato di spesa
(2013-2019)
Fonte: DEF 2015.
L'aggregato di spesa pubblica sottoposto a valutazione è individuato nel totale della spesa delle Amministrazioni Pubbliche[66] diminuito della spesa per interessi, della spesa nei programmi europei per la quota coperta da fondi comunitari e della componente legata al ciclo delle spese non discrezionali per indennità di disoccupazione[67]. L'aggregato deve essere poi depurato dalla volatilità intrinseca della spesa per investimenti, prevedendo che il valore iscritto in ciascun esercizio sia sostituito da un valore medio calcolato sulla base della spesa per l'esercizio in corso e quella relativa ai tre esercizi precedenti. Deve inoltre essere aggiunta la stima delle maggiori spese, rispetto a quelle iscritte nel tendenziale a legislazione vigente, secondo lo scenario a politiche invariate.
Al valore della spesa così ottenuto devono essere sottratte le entrate derivanti da misure discrezionali, considerando l’incremento rilevato (o atteso) nell’anno t rispetto all’esercizio precedente (t-1). A queste si aggiungono (purché non ricomprese nella precedente voce o già scontate nei tendenziali) le eventuali maggiori entrate derivanti da innalzamenti automatici di imposte e/o tasse previsti dalla legislazione a copertura di poste specifiche di spesa[68].
Poiché il PIL potenziale è stimato in termini reali, la spesa così determinata è deflazionata con il deflatore del PIL quale risulta dalle previsioni della Commissione, in particolare si utilizzano le medie dei valori del deflatore del PIL indicati per ciascun anno dalle previsioni della Commissione pubblicate nell’anno precedente (media previsioni Spring e Autumn). Per gli anni successivi a quelli per i quali si dispongono le previsioni della Commissione, si utilizzano i valori del deflatore indicati dai Governi nell’aggiornamento annuale dei Programmi di stabilità.
Il limite massimo per la variazione della spesa è diverso a seconda della posizione di ciascuno Stato rispetto all'OMT, in quanto è diretto a garantire la coerenza con il percorso di convergenza concordato.
Per gli Stati membri che hanno già raggiunto l'OMT, la crescita della spesa pubblica non deve essere più elevata del parametro medio relativo al PIL potenziale. Eventuali dinamiche di crescita superiori possono essere consentite soltanto se compensate da misure discrezionali dal lato delle entrate di pari ammontare.
Per gli Stati che non hanno ancora raggiunto l'OMT, il tasso di crescita della spesa deve essere inferiore a quello del PIL potenziale e coerente con un miglioramento del saldo strutturale di almeno 0,5 punti in termini di PIL.
Per i paesi che non hanno raggiunto l’OMT, il calcolo del benchmark (L = lower rate) si basa sulla seguente formula, in cui R è il tasso di riferimento pari al tasso di crescita del PIL potenziale, P la quota (in percentuale del PIL) della spesa al netto degli interessi e -50/P il c.d. shortfall (L = R – 50/P). Lo shortfall è applicato anche nell’anno di raggiungimento dell’OMT in quanto considerato “strumentale” rispetto all’obiettivo medesimo.
Il rispetto del benchmark viene valutato ex post nell’ambito del giudizio sull’avvicinamento o raggiungimento dell’OMT. Uno scostamento nella dinamica della spesa dal valore di riferimento non ha conseguenze se il Paese ha già raggiunto l’OMT e questo non sia pregiudicato.
Per un Paese che non abbia raggiunto l’OMT e che presenti una deviazione del saldo di bilancio rispetto al percorso di avvicinamento pari o superiore allo 0,5 per cento del PIL in un anno (o cumulativamente in due anni), lo scostamento viene considerato significativo se la spesa al netto delle misure discrezionali sulle entrate ha un impatto sul saldo pari ad almeno allo 0,5 per cento del PIL in un anno (o cumulativamente in due anni).
Nel 2015 la regola del debito (cfr. box) è entrata a regime per l’Italia, cioè al termine di un periodo triennale di transizione avviato con l’uscita dalla procedura per disavanzi eccessivi avvenuta nel 2012.
Si ricorda in questa sede che, nel periodo di transizione, l'Italia
era chiamata ad assicurare un aggiustamento strutturale minimo del saldo di bilancio
tale da consentire di colmare gradualmente la differenza tra il debito previsto
e quello che consentirebbe di rispettare la regola al termine del periodo di transizione.
La stima programmatica del rapporto debito/PIL contenuta nel documento di economia e finanza si attesta al 132,5 per cento nel 2015, segnando un incremento di circa 0,4 punti percentuali rispetto al dato 2014 (132,1 per cento).
I dati riportati nella tavola seguente tratta dal DEF
evidenziano il dettaglio delle determinanti delle variazioni attese nel debito
nel 2015 e negli anni successivi, da cui si può agevolmente verificare come in effetti
è innanzitutto lo stock-flow adjustment, pari a -0,3 per cento per il 2015
unitamente a un effetto snow-ball più contenuto rispetto al 2014 a spiegare
la modesta crescita del rapporto tra i due anni considerati.
Tabella 3.13
Determinanti del debito pubblico
(in percentuale del PIL)
1) Eventuali imprecisioni derivano dagli arrotondamenti.
2) Al lordo ovvero al netto delle quote di pertinenza dell’Italia dei prestiti a Stati membri dell'UEM, bilaterali o attraverso l'EFSF, e del contributo al capitale dell'ESM. A tutto il 2014 l'ammontare di tali quote è stato pari a circa 60,3 miliardi, di cui 46,0 miliardi per prestiti bilaterali e attraverso l'EFSF e 14,3 miliardi per il programma ESM (cfr. Banca d’Italia, Supplemento al bollettino statistico Finanza pubblica, fabbisogno e debito n. 15 del 13 marzo 2015). Le stime programmatiche considerano proventi da privatizzazioni pari allo 0,41 per cento di PIL nel 2015, 0,5 per cento di PIL nel 2016 e 2017 e 0,3 per cento nel 2018. Tali proventi includono anche la quota residua pari a 1.071 milioni di euro di rimborsi nel triennio 2015-2017dei bond emessi dal Monte dei Paschi di Siena e acquistati dal Tesoro. Inoltre tali stime scontano l’ipotesi di un’uscita graduale dalla Tesoreria Unica a partire dal 2017 e una modesta riduzione delle giacenze di liquidità del MEF per circa 0,17 per cento di PIL nel 2017 e per circa 0,14 per cento di PIL nel 2018. Lo scenario dei tassi di interesse utilizzato per le stime si basa sulle previsioni implicite derivanti dai tassi forward sui titoli di Stato italiani del periodo di compilazione del presente documento.
3) Include gli effetti del contributo italiano a sostegno dell'Area Euro: contributi programma Greek Loan Facility (GLF), EFSF e ESM.
4) Include gli effetti dei contributi per GLF e programma ESM.
5) La voce altro, residuale rispetto alle precedenti, comprende: variazioni delle disponibilità liquide del MEF; discrepanze statistiche; riclassificazioni Eurostat; contributi a sostegno dell'Area Euro previsti dal programma EFSF.
Dal 2016 il rapporto Debito/PIL dovrebbe avviarsi un percorso di riduzione del rapporto in commento, –1,6 punti percentuali rispetto al dato 2015. Le previsioni per gli anni successivi fanno attestare il rapporto al 127,4 per cento nel 2017, 123,4 per cento nel 2018, e al 120 per cento nel 2019. La riduzione cumulata è di circa 12 punti percentuali.
Per quanto riguarda il rispetto della regola del debito si osserva quanto segue.
Nel DEF viene rilevato che, nello scenario a legislazione vigente, la dinamica del rapporto debito/PIL non è in linea con quanto richiesto dal benchmark della regola del debito, che nel 2018, nella sua configurazione forward looking, è pari a 123,1 per cento di PIL vale a dire sei decimi di punto al di sotto del rapporto debito/PIL previsto a legislazione vigente.
Il Governo, nel fare riferimento, allo scenario programmatico evidenzia come, nel periodo 2015-2018, il rapporto debito/PIL sia previsto ridursi in coerenza con il criterio forward looking garantendo così il rispetto della regola già nel 2016. Il DEF dà conto del fatto che nel 2018 la distanza tra il rapporto debito/PIL programmatico e il benchmark forward looking (pari a 123,4 per cento) è prevista annullarsi, sia pure sotto la condizione che vengano realizzati gli aggiustamenti fiscali programmati sull’avanzo primario e gli incassi derivanti dalle privatizzazioni pari a 0,4 per cento di PIL nel 2015 e quelli programmati per complessivi 1,3 punti di PIL nel triennio 2016-2018.
Si segnala che il
documento non riporta una tabella analitica con il dettaglio dei valori presi in
esame, riportando unicamente due grafici che illustrano il sentiero di aggiustamento
e la regola del debito nello scenario tendenziale e in quello programmatico. A
tal fine sarebbe auspicabile disporre di tale dettaglio informativo o che i
grafici siano corredati delle etichette con i dati in corrispondenza dei
singoli anni considerati.
La regola del debito
Il quadro di riforma della governance economica dell'UE, adottato nel novembre 2011 (six pack) e richiamato nel fiscal compact, rafforza il controllo della disciplina di bilancio attraverso l'introduzione di una regola numerica che specifica il ritmo di avvicinamento del debito al valore soglia del 60 per cento del PIL[69].
In particolare, il nuovo articolo 2 del regolamento 1467/97 stabilisce che, per la quota del rapporto debito/PIL in eccesso rispetto al valore del 60 per cento, il tasso di riduzione debba essere pari a 1/20 all'anno nella media dei tre precedenti esercizi (criterio backward looking).
Come specificato in ECFIN/C1-C4(2011), Operationalizing the debt criterion in Excessive Deficit Procedure. Clarifications of open issues, la regola numerica che ciascun Stato membro si impegna a rispettare è la seguente:
Nel caso in cui il valore del rapporto debito/PIL nell’esercizio di riferimento sia superiore al benchmark, la Commissione deve verificare se il mancato rispetto della regola possa essere attribuibile a effetti ciclici o se, sulla base delle previsioni a politiche invariate, è prevista una correzione entro i due anni successivi al primo anno di valutazione (t+2), (criterio forward-looking)[71].
Per quanto riguarda il primo aspetto, occorre considerare che una regola sul debito che non tenga in considerazione gli andamenti ciclici potrebbe portare a risultati incoerenti con la fissazione di obiettivi di saldo in termini strutturali, depurato cioè dagli effetti degli stabilizzatori automatici. Essa, inoltre, rischierebbe di essere fortemente pro-ciclica, penalizzando un deterioramento delle finanze pubbliche non imputabile a fattori strutturali. Per tale ragione la regola di benchmark del debito è affiancata da un'altra formula che misura il debito aggiustato per l'andamento ciclico. Tenuto conto che il ciclo influenza la dinamica del debito sia attraverso l'andamento del saldo di bilancio (che incide sul numeratore) sia attraverso l'andamento del PIL (effetto denominatore), la formula utilizzata è la seguente:
dove B indica il debito nominale, Y il PIL nominale, C la componente ciclica, p il deflatore del PIL e ypot
il tasso di crescita del PIL potenziale. Al numeratore, il debito effettivo Bt,
viene aggiustato per l'andamento del ciclo degli ultimi tre anni; mentre al
denominatore, il PIL dei tre esercizi precedenti, Yt-3, viene proiettato sull'anno t, per l'intero
triennio considerato, al tasso di crescita nominale del PIL potenziale [(1+ytpot)(1+pt)].
In fasi negative del ciclo, il rapporto debito/PIL aggiustato risulterà inferiore rispetto a quello effettivo, in quanto il debito verrà depurato per l'effetto degli stabilizzatori automatici e il PIL nei tre anni precedenti viene fatto variare al tasso di crescita del PIL potenziale. È da notare che tale formula non viene utilizzata dalla Commissione nelle fasi positive del ciclo, nelle quali il debito aggiustato risulterebbe superiore rispetto a quello effettivo (una componente ciclica positiva farebbe aumentare il numeratore e quindi il valore del rapporto). In altre parole, ai paesi non è chiesto, in relazione al debito, uno sforzo aggiuntivo nei "tempi buoni".
In conclusione, la prima formula fornisce il livello di debito in percentuale sul PIL da perseguire che, qualora raggiunto, esime il paese da ulteriori sforzi; la seconda formula serve, invece, a valutare - qualora l'applicazione del primo algoritmo evidenziasse un mancato rispetto del benchmark - se la regola possa essere considerata comunque effettivamente rispettata, tenuto conto della possibilità di scontare gli andamenti ciclici.
Qualora il rapporto debito/PIL fosse più alto del benchmark anche dopo l’aggiustamento per il ciclo e rimanesse più elevato anche in prospettiva (nei due anni successivi all’anno di riferimento), la Commissione sarà chiamata a redigere un rapporto ex articolo 126, comma 3 del TFUE, nel quale al benchmark numerico si aggiungono valutazioni “qualitative” relative a un certo insieme di “altri fattori rilevanti”. L’analisi di tali fattori rappresenta, quindi, un passo obbligato nelle valutazioni che inducono ad avviare una procedura per disavanzi eccessivi a causa di una mancata riduzione del debito a un “ritmo adeguato”.
Nella relazione si prende in considerazione l’evoluzione di medio periodo del quadro macroeconomico e di finanza pubblica, e in particolare: l'evoluzione della posizione economica a medio termine; gli sviluppi nella posizione del debito a medio termine, la sua dinamica e sostenibilità, anche alla luce di fattori di rischio legati alla struttura per scadenze e alla denominazione in valuta; le operazioni di aggiustamento stock-flow; le riserve accantonate e le altre voci dell’attivo del bilancio pubblico; le garanzie, specie quelle legate al settore finanziario; le passività, sia esplicite che implicite, connesse all’invecchiamento della popolazione e al debito privato, nella misura in cui questo rappresenti una passività implicita potenziale per il settore pubblico.
Particolare attenzione meritano, inoltre, gli interventi di sostegno tra Stati membri o nei confronti dell’EFSF/MES nel contesto della salvaguardia della stabilità finanziaria: qualora la regola non fosse rispettata, la Commissione dovrà valutare in quale misura tali interventi incidano sul debito e verificare se, al netto di essi, la regola risulti rispettata.
La Commissione tiene infine in debita considerazione tutti gli altri fattori che, secondo lo Stato membro interessato, sono significativi per valutare l'osservanza dei criteri relativi al disavanzo e al debito.
Nel caso di Stati membri che siano stati sottoposti alla procedura di deficit eccessivo (PDE), è previsto un periodo di transizione di tre anni (dall’uscita della PDE) per l’applicazione della regola. In tale periodo, gli Stati devono prevedere un aggiustamento fiscale strutturale “minimo” (Minimum linear structural adjustment - MLSA), cioè una correzione del saldo di bilancio che garantisca un progresso continuo e realistico verso il benchmark del debito, considerando la regola meno stringente. L’aggiustamento deve essere tale da rispettare le seguenti condizioni: l’aggiustamento strutturale annuo del saldo di bilancio non deve scostarsi più dello 0,25 per cento del PIL dell’aggiustamento richiesto per assicurare la regola del debito a fine periodo; in qualsiasi momento del periodo di transizione, il restante aggiustamento strutturale annuo non deve superare lo 0,75 per cento del PIL.
Ciò, indipendentemente dalle correzioni del saldo richieste per raggiungere l’obiettivo di medio termine. In base agli esercizi di simulazione compiuti dai Servizi della Commissione, la correzione del saldo richiesta dalla regola del debito sarebbe inferiore o al massimo uguale a quella necessaria per raggiungere l’OMT.
Tale percorso di aggiustamento è evidenziato dalle seguenti figure.
Fonte: Nota Ecofin/ C1-C4 (2011)
È da rilevare che il sentiero di aggiustamento lineare viene rivisto alla fine del primo e del secondo anno del periodo transitorio, al momento dell’invio della notifica alla Commissione europea e dell’aggiornamento annuale dei programmi di stabilità, per tener conto dei risultati conseguiti e dell’aggiornamento del quadro macroeconomico e delle previsioni del debito. A chiusura del terzo anno viene valutato ex post il rispetto della regola.
A conclusione della valutazione ex post di ogni “step”, l’eventuale mancato rispetto dell’aggiustamento richiesto attiva la preparazione di un rapporto da parte della Commissione ai sensi dell’articolo 126, comma 3 del Trattato, diretto a valutare se debba essere aperta o meno la procedura per deficit eccessivi. Anche in questo caso, la Commissione prende in debita considerazione i “fattori rilevanti”.
3.3. Spesa per interessi, fabbisogno e debito
Nei dati contenuti nel Documento di economia e finanza 2015[72], la spesa per interessi nel 2014 risulta pari a 75.182 milioni con una riduzione rispetto al dato del 2013 di 2.760 milioni.
Dal confronto con i dati contenuti nel Documento di economia e finanza 2014 e con la successiva Nota di aggiornamento al DEF 2014[73], si osserva che la stima attuale per l’anno 2014 registra una netta diminuzione della spesa per interessi. In particolare, la revisione delle stime mostra una correzione in diminuzione di 1.488 milioni rispetto al valore stimato nella Nota di aggiornamento al DEF 2014 di settembre 2014.
Negli anni 2015 e 2016 le previsioni a legislazione vigente mostrano una spesa per interessi pari, in valore assoluto, rispettivamente a 69.386 milioni e a 71.227 milioni. Tuttavia in termini di incidenza sul PIL la stessa rimane costante al 4,2 per cento nei due anni considerati, per passare al 4 per cento nel 2017 ed attestarsi ad un valore pari a 3,7 punti percentuali di PIL alla fine del 2019.
Rispetto alle precedenti stime, si osserva una correzione al ribasso e una generale stabilizzazione dell’andamento di tale aggregato, che raggiunge nel 2019, ultimo anno considerato dalla serie, il valore di 67.638 milioni.
Pur rilevando che non varia l’incidenza della spesa sul PIL, appaiono utili chiarimenti in merito ai fattori sottostanti il valore più elevato (in cifra assoluta) della spesa per interessi indicato per l’anno 2016.
Tabella 3.14
Spesa per
interessi, andamento tendenziale a legislazione vigente: confronto tra Nota di
aggiornamento del DEF 2014, Nota tecnico illustrativa LS2015 e Documento di
economia e finanza 2015.
(milioni di euro – in percentuale del PIL)
|
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 |
|
|
|
|
|
|
|
Nota agg. DEF 2014 |
|
|
|
|
|
|
Spesa per
interessi |
76.670 |
74.280 |
75.446 |
74.150 |
73.897 |
n.d. |
Variazione
assoluta |
-1.272 |
-2.390 |
-1.166 |
-296 |
-253 |
- |
Variazione % |
-1,6 |
-3,1 |
-1,5 |
-0,3 |
-0,3 |
- |
in
percentuale del PIL |
4,7 |
4,5 |
4,5 |
4,3 |
4,2 |
- |
PIL nominale |
1.626,5 |
1.642,8 |
1.677,7 |
1.723,1 |
1.770,9 |
- |
|
|
|
|
|
|
|
NTI LS 2015* |
|
|
|
|
|
|
Spesa per
interessi |
76.670 |
74.213 |
75.412 |
74.086 |
73.897 |
- |
Variazione
assoluta |
-1.272 |
-2.457 |
-1.199 |
-1.326 |
-189 |
- |
Variazione % |
-1,6 |
-3,2 |
-1,6 |
-1,7 |
-0,2 |
- |
in
percentuale del PIL |
4,7 |
4,5 |
4,4 |
4,2 |
|
- |
PIL nominale |
1.626,5 |
1.646,5 |
1.690,0 |
1.742,3 |
n.d. |
- |
|
|
|
|
|
|
|
DEF 2015 |
|
|
|
|
|
|
Spesa per
interessi |
75.182 |
69.386 |
71.227 |
69.251 |
68.201 |
67.638 |
Variazione assoluta |
-2.760 |
-5.796 |
1.841 |
-1.976 |
-1.050 |
-563 |
Variazione % |
-3,5 |
-7,7 |
2,6 |
-2,7 |
-1,5 |
-0,8 |
in percentuale del PIL |
4,7 |
4,2 |
4,2 |
4,0 |
3,8 |
3,7 |
PIL nominale |
1.616,0 |
1.638,9 |
1.687,7 |
1.738,3 |
1.788,6 |
1840,9 |
|
Fonte: Elaborazioni su dati MEF
*Si fa riferimento ai dati della Nota tecnica illustrativa aggiornata alla luce delle più recenti revisioni contabili coerenti con il sistema SEC 2010 (vedi punto 3.1)
Il DEF precisa che nel 2014 la riduzione della spesa per interessi, già registrata nel 2013, è proseguita grazie al progressivo calo dei tassi di interesse. La spesa per interessi è scesa a circa 75,2 miliardi, riducendosi del 3,5 per cento rispetto al 2013. Il Documento precisa altresì che il calo degli interessi passivi riflette anche l’esclusione dei flussi originati dalle operazioni in strumenti finanziari ai fini della Procedura per Deficit eccessivi prevista dai nuovi criteri contabili del SEC 2010. Infatti, in linea con i nuovi criteri del SEC 2010, nel 2014 il diverso trattamento contabile di tali flussi finanziari ha comportato una riduzione della spesa per interessi passivi di poco superiore ai 3 miliardi.
Sarebbe utile un chiarimento riguardo all’incidenza effettiva di tale riclassificazione sullo scostamento rilevato tra l’anno 2013 e 2014, posto che quest’ultimo risulta pari a circa 2,8 miliardi e che sullo stesso incide - secondo quanto rilevato dal DEF - il trend decrescente dei tassi d’interesse.
Inoltre, il dato 2014 ha
risentito, da un lato, della sensibile riduzione dei tassi di interesse
sull’intero spettro delle scadenze offerte dal Tesoro, con particolare
intensità su quelle intermedie (5-10 anni), dall’altro, di un deciso incremento
della liquidità e dell’efficienza del mercato secondario dei titoli
governativi, dopo una lunga fase di instabilità iniziata con la crisi del
debito sovrano dell’Area dell’Euro. Coerentemente a tale fenomeno, il
DEF segnala che il 2014 è stato anche l’anno della forte
riduzione del differenziale dei tassi italiani rispetto a quelli europei, ed in
particolare rispetto a quelli tedeschi: lo spread
Italia-Germania sulla scadenza 10 anni si è sostanzialmente dimezzato passando
dai circa 210 punti base di gennaio 2014 agli attuali circa 100 punti base.
In virtù del più favorevole
scenario il Tesoro ha potuto gestire la sua politica di emissione con maggiore
agilità, puntando ad un ulteriore ribilanciamento dell’offerta di titoli a
favore delle scadenze a medio-lungo termine, potendo nondimeno spuntare un
costo medio delle emissioni al livello più basso dalla nascita dell’euro, pari
all’1,35 per cento.
Grafico 3.5
Differenziale
di rendimento BTP-BUND-BENCHMARK10 anni
Nota: grafico tratto dal Pds-DEF 2015
Per gli anni 2015-2019, la spesa per interessi rispetto al PIL segue un percorso di riduzione progressiva. Così come precisato dal Documento, la stessa rimane costante al 4,2 per cento nei primi due anni della previsione per ridursi ulteriormente nel periodo successivo, fino a raggiungere il 3,7 per cento del PIL nel 2019.
Rispetto all’andamento indicato per il periodo 2015-2017 nella NTI 2015 (e nella Nota di aggiornamento al DEF 2014), tale aggregato di spesa presenta una dinamica più contenuta per 0,3 punti percentuali di PIL, per effetto principalmente di uno scenario dei tassi di interesse più favorevole di quello ipotizzato a settembre dello scorso anno e dell’andamento previsto dei saldi programmatici di cassa. Questi due fattori, infatti, consentono, da un lato, migliori condizioni di finanziamento e, dall’altro, un percorso di progressivo alleggerimento delle emissioni complessive di ogni anno, con beneficio sulla dinamica dello stock del debito e conseguentemente sull’onere per interessi.
La spesa per interessi si riduce, in media, sull’orizzonte di previsione, ad un tasso di circa il 2,3 per cento, in coerenza, così come sottolineato nel Documento in esame, con l’evoluzione favorevole dei tassi di interesse.
Tabella 3.15
Ipotesi
utilizzate per i tassi di interesse
|
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 |
|
|
|
|
|
|
|
Tasso di interesse a breve termine |
0,20 |
0,15 |
0,31 |
0,57 |
0,94 |
1,35 |
Tasso di interesse a lungo termine |
3,00 |
1,60 |
1,84 |
2,11 |
2,35 |
2,58 |
|
|
|
|
|
|
|
Fonte: PdS-DEF 2015
Nota: per tasso di interesse a breve termine si intende la media dei tassi previsti sui titoli di Stato a 3 mesi in emissione durante l’anno. Per tasso di interesse a lungo termine si intende la media dei tassi previsti sui titoli di Stato a 10 anni in emissione durante l’anno.
Con riferimento alla riduzione attesa dei tassi di interesse, si rileva che, a gennaio 2015[74], il Consiglio direttivo della BCE ha deciso di estendere il Programma di acquisto di attività (PAA) (cd. Quantitative Easing (QE)) includendo a partire da marzo le obbligazioni emesse da amministrazioni e agenzie pubbliche dei paesi dell'area dell'euro e da istituzioni europee. Gli acquisti mensili di titoli del settore pubblico e del settore privato ammonteranno nel complesso a 60 miliardi di euro. Gli acquisti dovrebbero proseguire sino alla fine di settembre 2016 e, in ogni caso, finché il Consiglio direttivo non riscontri un aggiustamento durevole del profilo dell’inflazione coerente con il proprio obiettivo di conseguire tassi di inflazione su livelli inferiori ma prossimi al 2 per cento nel medio termine.
Come rilevato dalla BCE[75], il programma di acquisto di attività ha già prodotto un sostanziale allentamento delle condizioni finanziarie generali. A dicembre 2014 e per gran parte di gennaio 2015 gli andamenti nei mercati finanziari sono stati determinati in larga misura dalle aspettative degli operatori circa l’annuncio del PAA. In questo contesto i rendimenti dei titoli dell'area dell'euro hanno subito un calo che ha interessato la generalità degli strumenti, delle scadenze e degli emittenti e sono scesi in molti casi su nuovi minimi storici. Andamenti favorevoli nei mercati finanziari hanno determinato una diminuzione dei costi di raccolta per le banche, che sono stati gradualmente trasmessi ai costi del finanziamento esterno per il settore privato. Le misure di politica monetaria adottate dalla BCE hanno migliorato le condizioni del finanziamento bancario e i rendimenti sulle obbligazioni bancarie non garantite sono scesi su minimi storici nel quarto trimestre del 2014. Questo miglioramento è stato gradualmente trasmesso ai tassi di interesse bancari sui prestiti alle famiglie e alle società non finanziarie (SNF), che nel terzo e quarto trimestre del 2014 hanno registrato un calo sostanziale.
Il Documento sottolinea, inoltre, che le previsioni sono state formulate analizzando l’attuale contesto di mercato e le aspettative sui tassi futuri per le varie scadenze e strumenti offerti dal Tesoro, così come incorporate nel livello medio dei tassi forward di queste ultime settimane. In considerazione della difficoltà di poter prevedere l’impatto del Quantitave Easing (QE) della BCE sul differenziale di rendimento tra i titoli italiani e quelli tedeschi, il DEF evidenzia che si è ritenuto pertanto opportuno focalizzare l’attenzione esclusivamente sul livello e la conformazione attesa della curva italiana.
In proposito il DEF precisa che gli acquisti di titoli di Stato della BCE interessano anche i titoli tedeschi, rispetto ai quali è calcolato lo spread. Per questi ultimi sussistono peraltro condizioni diverse, con riguardo al possibile valore degli acquisti in relazione al circolante e alla platea di investitori, solo parzialmente sovrapponibile a quella che detiene il debito italiano. Ne conseguono effetti non prevedibili sui prezzi medi e quindi sui tassi medi dei titoli dei due Paesi. Non viene inoltre evidenziata anche la rilevanza - se confrontata con il debito italiano - che il debito tedesco svolge in qualità di collateral all’interno del mercato finanziario europeo e internazionale. Il Documento segnala inoltre che attualmente i tassi tedeschi sono negativi fino all’area 5-7 anni. L’insieme di queste considerazioni rende quindi scarsamente efficace formulare previsioni basate su un percorso atteso dello spread Italia-Germania.
Pertanto il DEF non formula ipotesi circa l’andamento previsto dello spread nel periodo di riferimento.
In proposito si evidenzia che la Nota di aggiornamento al DEF 2014 (così come il DEF 2014) ipotizzava una graduale chiusura degli spread di rendimento a dieci anni dei titoli di Stato italiani rispetto a quelli tedeschi a 150 punti base nel 2015 e 100 punti base nel 2016 e 2017.
3.3.2. Il fabbisogno del settore pubblico
I risultati del 2014
Nel 2014 il settore pubblico[76] ha registrato incassi totali per 768 miliardi e pagamenti totali per 838 miliardi da cui scaturisce un fabbisogno pari a quasi 70 miliardi di euro. Considerando i pagamenti al netto della voce interessi passivi si ottiene un saldo primario pari a circa 14 miliardi di euro
Rispetto al 2013, il fabbisogno registra un miglioramento (dal 4,6 per cento del PIL al 4,3 per cento) dovuto allo spiccato decremento dei pagamenti finali accompagnato da una minore flessione degli incassi finali.
La tabella 3.16 consente un confronto del dato relativo al fabbisogno pubblico del 2014 con quello degli anni precedenti.
Tabella 3.16
|
milioni di
euro |
percentuale
del PIL |
||||
|
2012 |
2013 |
2014 |
2012 |
2013 |
2014 |
Incassi
correnti |
753.788 |
759.112 |
759.827 |
46,7 |
47,2 |
47,0 |
Incassi in
conto capitale |
7.324 |
7.207 |
6.758 |
0,5 |
0,4 |
0,4 |
Incassi
partite finanziarie |
10.317 |
3.665 |
1.686 |
0,6 |
0,2 |
0,1 |
TOTALE INCASSI |
771.428 |
769.983 |
768.271 |
47,8 |
47,8 |
47,5 |
Pagamenti
correnti |
756.870 |
781.990 |
787.058 |
46,9 |
48,6 |
48,7 |
di cui interessi passivi |
87.766 |
83.497 |
83.899 |
5,1 |
5,2 |
5,2 |
Pagamenti in
conto capitale |
51.777 |
46.512 |
41.188 |
3,9 |
2,9 |
2,5 |
Pagamenti
partite finanziarie |
12.896 |
14.729 |
9.889 |
0,8 |
0,9 |
0,6 |
TOTALE PAGAMENTI |
821.543 |
843.231 |
838.135 |
50,9 |
52,4 |
51,9 |
Saldo di parte corrente |
-3.082 |
-22.878 |
-27.231 |
-0,2 |
-1,4 |
-1,7 |
Saldo primario |
32.652 |
10.249 |
14.036 |
2,0 |
0,6 |
0,9 |
Fabbisogno |
-50.115 |
-73.248 |
-69.863 |
-3,1 |
-4,6 |
-4,3 |
Fonte: DEF 2015
Il saldo dei pagamenti finali vede una diminuzione di circa 5 miliardi in termini di spesa in conto capitale (minori erogazioni per investimenti fissi lordi e minori trasferimenti a imprese). E di circa 4,8 miliardi in termini di pagamenti per partite finanziarie. In proposito, si ricorda che i pagamenti per partite finanziarie effettuati nel 2013 comprendevano, tra l’altro, gli oneri relativi alla sottoscrizione dell’aumento di capitale della Banca Europea degli Investimenti e quelli connessi alla sottoscrizione di strumenti finanziari a favore del Monte dei Paschi di Siena, non replicati nell’anno in corso.
I pagamenti per partite finanziarie effettuati nel 2014 comprendono, fra l’altro, gli esborsi per circa 2.800 milioni relativi alla quota di sottoscrizione del capitale del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES).
Gli incassi finali si riducono di circa 1,7 miliardi rispetto al 2013, per effetto:
· dei minori incassi per partite finanziarie (2 miliardi) e di quelli di parte capitale (0,45 miliardi), (+0,7 miliardi);
·
dell’incremento degli incassi correnti (0,7
miliardi) dovuto all'effetto combinato dell’aumento dei contributi sociali (1,2
miliardi) e dei trasferimenti da altri soggetti (0,4 miliardi), e della contrazione
degli incassi tributari (0,5 miliardi, dato influenzato dall'andamento negativo
degli incassi IRPEF e IRES, parzialmente compensato dal più sostenuto gettito
riveniente dall'IVA e dalle imposte relative ai fattori energetici ) e degli
altri incassi correnti (0,4 miliardi).
La tabella 3.17 riporta l’analisi distinta del fabbisogno pubblico riferito ai settori delle Amministrazioni centrali e delle Amministrazioni locali[77]. I dati evidenziano un miglioramento a livello di Amministrazioni centrali (da 79 a 74 miliardi di fabbisogno), ai -49 miliardi del 2012) e lieve flessione di quasi 2 miliardi dell'attivo riferibile al comparto delle Amministrazioni locali.
Tabella 3.17
(milioni di euro)
|
2012 |
2013 |
2014 |
Amministrazioni centrali |
|||
Incassi correnti |
416.983 |
422.286 |
422.139 |
Incassi in conto capitale |
2.099 |
3.121 |
4.025 |
Incassi partite finanziarie |
3.787 |
5.032 |
3.181 |
TOTALE INCASSI |
422.869 |
430.439 |
429.345 |
Pagamenti correnti |
432.482 |
455.674 |
461.956 |
Pagamenti in conto capitale |
30.746 |
28.409 |
22.726 |
Pagamenti partite finanziarie |
8.661 |
25.625 |
18.906 |
TOTALE PAGAMENTI |
471.889 |
509.708 |
503.589 |
Fabbisogno Amministrazioni
centrali |
-49.020 |
-79.269 |
-74.244 |
in percentuale del PIL |
-3,0 |
-4,9 |
-4,6 |
Amministrazioni locali |
|||
Incassi correnti |
222.239 |
228.105 |
231.130 |
Incassi in conto capitale |
13.642 |
14.503 |
8.186 |
Incassi partite finanziarie |
9.298 |
15.247 |
13.870 |
TOTALE INCASSI |
245.180 |
257.855 |
253.186 |
Pagamenti correnti |
213.492 |
220.348 |
222.027 |
Pagamenti in conto capitale |
29.414 |
28.296 |
23.671 |
Pagamenti partite finanziarie |
3.368 |
3.189 |
3.107 |
TOTALE PAGAMENTI |
246.274 |
251.833 |
248.805 |
Fabbisogno Amministrazioni
locali |
-1.095 |
6.021 |
4.381 |
in percentuale del PIL |
-0,1 |
0,4 |
0,3 |
Fonte: DEF 2015
Il comparto delle
Amministrazioni centrali registra nel 2014 un fabbisogno pari a 74,2
miliardi, in riduzione di 5 miliardi rispetto al 2013. Il miglioramento è
riconducibile alla favorevole dinamica del saldo di parte capitale (+6.6
miliardi) e del saldo delle operazioni di carattere finanziario (+4.9 miliardi),
parzialmente attenuata dal deterioramento del saldo di parte corrente (-6,4
miliardi). L’avanzo primario, pari a 5,4 miliardi si confronta con il valore
marginalmente negativo registrato nel 2013.
Il miglioramento del fabbisogno
è da ricondurre, in via prevalente, all'attivo del saldo corrente, alla contrazione
del saldo negativo di parte capitale e al risultato positivo riscontrato del
saldo delle operazioni di carattere finanziario, che risente del fatto che i
pagamenti effettuati nel 2013 comprendevano, tra l’altro, gli oneri relativi
alla sottoscrizione dell’aumento di capitale della Banca Europea per gli
Investimenti (1.6 miliardi), la sottoscrizione di strumenti finanziari a favore
del Monte dei Paschi di Siena (2 miliardi), il pagamento (5,7 miliardi)
relativo alla quota di sottoscrizione del capitale del Meccanismo Europeo di
Stabilità (MES) e le anticipazioni fornite a Regioni, Comuni e Province per
fornire la liquidità necessaria ai pagamenti dei debiti della Pubblica
amministrazione (14 miliardi). I pagamenti per partite finanziarie effettuati
nel 2014 comprendono il pagamento dell’ultima quota di sottoscrizione del
capitale del MES (2,8 miliardi) e anticipazioni di liquidità a favore di
Regioni, Comuni e Province per il pagamento dei debiti pregressi (12,5 miliardi).
Il comparto delle Amministrazioni locali[78] evidenzia nel 2014 un saldo positivo pari a 4,4 miliardi, con un decremento di 1,6 miliardi rispetto al 2013.
Alla determinazione del saldo contribuisce un ammontare di incassi finali pari a 253,2 miliardi(-4.7 miliardi rispetto al 2013) e un ammontare di pagamenti finali pari a 248,8 miliardi (-3 miliardi rispetto al 2013).
Nel dettaglio, gli incassi tributari sono pari a 107,1 miliardi +1,3 miliardi rispetto al 2013), i trasferimenti da altre amministrazioni pubbliche sono pari a 103,2 miliardi (4,3 miliardi rispetto al 2013), gli incassi da partite finanziarie sono 13,9 miliardi (-1,4 miliardi rispetto al 2013).
Dal lato dei pagamenti si registra, rispetto all’anno precedente, l’aumento delle spese per l’acquisto di beni e servizi (+2,6 miliardi e la riduzione delle spese di personale (-2,3 miliardi), delle spese per investimenti fissi lordi (-3 miliardi) e dei trasferimenti in conto capitale ad imprese (-1 miliardi).
L’avanzo primario registra una riduzione, passando da 11,4 miliardi nel 2013 a 9,5 miliardi nel 2014.
Si segnala
infine che le disponibilità presso le contabilità speciali di tesoreria unica
intestate a tutte le Regioni, hanno registrato una diminuzione, rispetto al 1°
gennaio 2014, pari a 1,2 miliardi (passando da 15,2 a 14 miliardi circa).
Il Fabbisogno di cassa del settore pubblico: previsioni tendenziali 2015‑2019
Le previsioni del fabbisogno del settore pubblico, e della sua analisi per comparti, è riportata nella seguente tabella 3.18.
Tabella 3.18
(milioni di euro)
|
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 |
Fabbisogno settore pubblico |
|||||
Incassi correnti |
787.540 |
819.894 |
844.083 |
865.261 |
875.378 |
Incassi in conto capitale |
6.168 |
5.940 |
5.926 |
5.756 |
5.677 |
Incassi partite finanziarie |
2.688 |
2.977 |
2.661 |
2.807 |
2.687 |
TOTALE
INCASSI |
796.397 |
828.811 |
852.671 |
873.825 |
883.742 |
Pagamenti correnti |
798.802 |
800.435 |
808.348 |
816.075 |
825.560 |
Pagamenti in conto capitale |
46.780 |
46.572 |
43.250 |
42.206 |
44.104 |
Pagamenti partite finanziarie |
8.223 |
8.154 |
7.594 |
12.927 |
9.712 |
TOTALE
PAGAMENTI |
853.806 |
855.161 |
859.192 |
871.209 |
879.375 |
Fabbisogno |
-57.409 |
-26.350 |
-6.521 |
2.616 |
4.366 |
in percentuale del PIL |
-3,5 |
-1,6 |
-0,4 |
0,1 |
0,2 |
Comparto amministrazioni centrali |
|||||
Incassi correnti |
454.945 |
484.138 |
502.003 |
512.353 |
514.873 |
Incassi in conto capitale |
2.654 |
2.472 |
2.467 |
2.759 |
2.039 |
Incassi partite finanziarie |
3.664 |
3.891 |
3.624 |
3.644 |
3.686 |
TOTALE
INCASSI |
461.262 |
490.501 |
508.093 |
518.755 |
520.598 |
Pagamenti correnti |
484.551 |
487.986 |
489.621 |
492.281 |
492.207 |
Pagamenti in conto capitale |
26.844 |
28.373 |
24.825 |
23.703 |
23.996 |
Pagamenti partite finanziarie |
13.854 |
3.159 |
2.969 |
3.002 |
2.970 |
TOTALE
PAGAMENTI |
525.250 |
519.518 |
517.415 |
518.986 |
519.173 |
Fabbisogno |
-63.987 |
-29.017 |
-9.322 |
-231 |
1.425 |
in percentuale del PIL |
-3,9 |
-1,7 |
-0,5 |
0,0 |
0,1 |
Comparto amministrazioni locali |
|||||
Incassi correnti |
228.758 |
232.856 |
234.283 |
241.290 |
241.832 |
Incassi in conto capitale |
9.301 |
11.168 |
11.169 |
11.066 |
11.173 |
Incassi partite finanziarie |
11.826 |
1.252 |
1.229 |
1.421 |
1.339 |
TOTALE
INCASSI |
249.885 |
245.276 |
246.681 |
253.777 |
254.344 |
Pagamenti correnti |
215.257 |
214.287 |
215.620 |
216.696 |
219.352 |
Pagamenti in conto capitale |
25.037 |
25.107 |
25.259 |
25.989 |
27.065 |
Pagamenti partite finanziarie |
3.012 |
3.216 |
3.002 |
8.245 |
4.986 |
TOTALE
PAGAMENTI |
243.306 |
242.609 |
243.881 |
250.930 |
251.403 |
Fabbisogno |
6.578 |
2.667 |
2.801 |
2.847 |
2.941 |
in percentuale del PIL |
0,4% |
0,2% |
0,2% |
0,2% |
0,2% |
Negli anni dal 2015 al 2019 il Documento stima un fabbisogno del settore pubblico in costante miglioramento fino a raggiungere, nel 2018, il valore positivo di 2,6 miliardi (0,1 per cento rispetto al PIL) dato che è previsto raddoppiarsi a 4,4 miliardi nel 2019 (0,2 per cento rispetto al PIL).
Per il 2015, le previsioni indicano un fabbisogno del settore pubblico che si attesta a 57.409 milioni, livello inferiore di 12.454 milioni al consuntivo del 2014 (69.863 milioni). Rispetto alla stima della NTI alla legge di stabilità 2015 il fabbisogno per il 2015 risulta più contenuto di quasi 6 miliardi. Tale miglioramento riflette, da un lato, il risultato del consuntivo 2014, che si è attestato su livelli inferiori rispetto alle attese, e, dall’altro, la positiva evoluzione del quadro macroeconomico.
In particolare, la riduzione prevista del fabbisogno, rispetto al risultato del 2014, è in larga parte riconducibile all’incremento degli incassi finali, che beneficiano della positiva evoluzione degli incassi tributari, trainati dalla ripresa dell’attività economica e dagli effetti di alcune disposizioni normative. In particolare, le misure previste dalla legge di stabilità 2015 in termini di reverse charge, tassazione del TFR, adempimento volontario dei contribuenti e regolarizzazione degli operatori del settore dei giochi sprovvisti di concessione statale comportano effetti positivi sulle entrate tributarie. Gli incassi finali risentono positivamente anche della conferma del regime di tesoreria unica tradizionale disposto con la Legge di Stabilità 2015, che comporta il mantenimento sui conti della tesoreria statale delle disponibilità liquide degli Enti territoriali, delle Università e dipartimenti universitari cui si aggiungono, a partire dal 2015, le Camere di Commercio. Il ripristino del regime di tesoreria mista è previsto a partire dal 2018.
Sul versante dei pagamenti, il venir meno degli interventi per il pagamento dei debiti pregressi delle amministrazioni pubbliche contribuisce a contenerne la dinamica. In termini di saldo "primario" si stima, sempre per l’anno 2015, un avanzo di 22,6 miliardi in crescita di circa 8,5 miliardi rispetto al dato del 2014 (14 miliardi). La spesa per interessi è stimata in riduzione del 5 per cento rispetto all’anno precedente. Sul versante dei pagamenti in conto capitale, essi sono previsti in crescita nel 2015, riportandosi su valori coerenti con l’andamento storico, dopo il risultato particolarmente contenuto registrato nel 2014.
Per gli anni 2016-2019 il fabbisogno è previsto in forte riduzione nel biennio 2016-2017, attestandosi, rispettivamente, a 26,3 e 6,5 miliardi , principalmente per effetto del consistente aumento del gettito tributario connesso al protrarsi della ripresa economica. Il miglioramento del saldo proseguirebbe nel 2018, anno in cui il conto di cassa chiuderebbe con un avanzo di 2,6 miliardi, attestandosi l'anno dopo a 4 miliardi Anche l’avanzo primario è previsto in costante miglioramento su tutto l’orizzonte di previsione, passando dai 22,6 miliardi del 2015 ai 77,4 miliardi del 2019.
Sul versante degli incassi, si stima una crescita su base annua del 4 per cento nel 2016, del 2,9 per cento nel 2017, del 2,5 per cento nel 2018 e dell’1,1 per cento nel 2019[79], mentre i pagamenti correnti al netto degli interessi evidenziano un andamento crescente nel quadriennio 2016-2019, con un incremento medio annuo pari all’1,3 per cento[80].
In merito alle stime relative alle annualità 2017-2019 andrebbero richiesti chiarimenti in merito all'effetto d'impatto sulla dinamica del fabbisogno prevista per effetto del ritorno al regime di tesoreria cd. "mista".
Il Documento colloca il rapporto debito/PIL per l’anno 2014 ad un valore pari a 132,1 punti percentuali, un valore inferiore di 0,5 punti a quello programmatico indicato nella Nota di aggiornamento al DEF 2014. Si afferma che, considerato che la crescita nominale effettiva nel 2014 non si è discostata significativamente da quella prevista in quei documenti (0,4 per cento contro lo 0,5 per cento previsto) e che il valore dello stock nominale del debito è risultato persino inferiore alla previsioni per circa lo 0,3 per cento di PIL, la causa principale cui ascrivere il risultato è l’effetto “trascinamento” del più basso livello del PIL del 2013 (per quasi 0,6 punti percentuali).
Per l'anno 2015 la nuova stima programmatica del rapporto debito/PIL si attesta al 132,5 per cento, un dato solo in lieve aumento rispetto alla chiusura del 2014 (circa 0,4 punti percentuali in più). Questo valore va confrontato con il dato contenuto nelle tabelle aggiornate del Documento Programmatico di Bilancio (d’ora in poi DBP) per il 2015 pari al 133,1 per cento.
Nonostante quindi un livello di partenza del 2014 più elevato, alla fine dell’anno in corso il rapporto in questione dovrebbe chiudersi al di sotto dell’ultima previsione, grazie ad un minor fabbisogno del settore pubblico, ad un utilizzo delle giacenze liquide accumulate nel 2014 e alla maggiore crescita nominale prevista per circa 0,2 punti percentuali.
Le minori privatizzazioni
previste per il 2015 rispetto alla Nota di Aggiornamento del DEF 2014 (per
circa lo 0,3 per cento di PIL) sono quasi perfettamente compensate dalla minore
rivalutazione del debito dovuta ai titoli indicizzati all’inflazione – a causa
di una più bassa stima dell’inflazione, sia italiana che europea, per lo stesso
anno – e dai benefici in termini di cassa derivanti dalle emissioni sopra la
pari.
In merito alle determinanti
delle variazioni del debito nel 2015, si può facilmente evincere dalla tavola
seguente come in effetti è proprio lo stock-flow
adjustment, pari a -0,3 per cento -
principalmente dovuto alla combinazione dei fattori sopra menzionati (utilizzo delle
giacenze liquide, privatizzazioni, scarsa rivalutazione per effetto dell’inflazione
e ampi scarti di emissioni) - insieme ad un effetto snow-ball significativamente
ridimensionato rispetto al 2014 - grazie soprattutto al calo degli interessi -
a spiegare la modesta crescita del rapporto in questione tra il 2014 ed il
2015, pur in un presenza di un avanzo primario invariato e ancora inferiore
rispetto allo snow-ball.
Dal 2016 prende
avvio la fase di discesa, che prevede, in tale anno, una riduzione di 1,6 punti
percentuali rispetto al 2015 In virtù di un sensibile
incremento dell’avanzo primario, che va a superare per la prima volta l’effetto
snow-ball,
in riduzione ulteriore per effetto della ripresa della crescita nominale,
determinando appunto la riduzione del rapporto debito/PIL.
La discesa prosegue in modo solido nel 2017, arrivando al 127,4 per cento, con oltre 3,5 punti percentuali di PIL di riduzione. Mentre il miglioramento del fabbisogno di cassa di 0,2 punti percentuali viene neutralizzato da minori privatizzazioni per un importo analogo, il 2017 beneficia di una crescita nominale sostenuta e di un’ipotesi di modesta riduzione prevista delle giacenze di liquidità del MEF, per circa lo 0,17 per cento di PIL, per alleggerire il volume di titoli emesso sul mercato: l’insieme di questi fattori spiega la maggiore riduzione, per circa 0,4 punti percentuali, del rapporto debito/PIL tra il 2016 ed il 2017 rispetto al DPB. Nello stesso anno per la prima volta lo snow-ball diventa negativo, grazie ad una ripresa del calo del costo del debito, mentre l’avanzo primario continua a salire superando la soglia del 3 per cento.
Nel 2018 la riduzione aumenta ulteriormente sino ad arrivare a circa 4 punti percentuali di PIL, con un rapporto che a fine anno dovrebbe attestarsi al 123,4 per cento. Mentre vengono meno circa 0,4 punti di entrate da privatizzazioni, il fabbisogno di cassa continua ed essere più basso per circa 0,2 punti percentuali di PIL e anche nel 2018 viene prevista un’ipotesi di contenuta riduzione delle disponibilità liquide del MEF per circa lo 0,14 per cento. Mentre l’avanzo primario continua a crescere, l’effetto snow-ball permane sul livello dell’anno precedente, dando quindi luogo ad una più marcata riduzione del rapporto debito/PIL se confrontato con l’anno precedente.
Nell’anno 2019
la serie raggiunge il 120 per cento, con una discesa di 3,4 punti percentuali.
La divaricazione tra avanzo primario ed effetto snow-ball si allarga ulteriormente, ma è in parte
compensata da un livello più elevato dello stock-flow
adjustment che risente dell’ipotizzata assenza di
ulteriori introiti da privatizzazioni e dell’impatto tornato significativo
dell’aumento del tasso di inflazione sulla rivalutazione del debito attraverso
i titoli indicizzati.
Nella tabella che segue è riportata, un’analisi delle componenti che determinano la variazione del rapporto debito/PIL: il segno algebrico delle singole componenti indica l’effetto, ad incremento o a riduzione del rapporto, esercitato dalle medesime.
Tabella 3.19
Determinanti della variazione
del rapporto debito /PIL programmatico, anni 2014-2019
(in percentuale del PIL)
|
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 |
||
Rapporto debito/PIL |
132,1 |
132,5 |
130,9 |
127,4 |
123,4 |
120 |
||
Variazione rapporto
debito/PIL |
3,6 |
0,4 |
-1,6 |
-3,6 |
-3,9 |
-3,4 |
||
Di cui: |
|
|
|
|
|
|
||
|
Saldo primario (segno
“-“ indica l’avanzo) |
-1,6 |
-1,6 |
-2,4 |
-3,2 |
-3,8 |
-4 |
|
|
Snow ball effect |
4,1 |
2,4 |
0,9 |
-0,2 |
-0,2 |
0,0 |
|
|
di cui: |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
interessi |
4,6 |
4,2 |
4,2 |
4,0 |
3,8 |
3,7 |
|
Stock flow adjustment |
1,1 |
-0,3 |
-0,1 |
-0,1 |
0,0 |
0,6 |
|
|
di cui: |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
differenza tra cassa e
competenza |
0,8 |
0,6 |
-0,3 |
-0,2 |
-0,3 |
0,1 |
|
|
accumulazione netta di
asset finanziari (*) |
0,4 |
0,0 |
-0,2 |
-0,2 |
-0,1 |
0,2 |
|
|
effetti di valutazione
del debito |
-0,5 |
-0,1 |
0,3 |
0,3 |
0,3 |
0,3 |
|
|
altro (**) |
0,4 |
-0,8 |
0,1 |
-0,1 |
0,1 |
0,0 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Fonte: DEF 2015
(*) include gli effetti dei contributi per GLF e programma ESM
(**) la voce altro residuale rispetto alle precedenti comprende: variazioni delle disponibilità liquide del MEF; discrepanze statistiche; riclassificazione Eurostat, contributi a sostegno dell’area Euro previsti dal programma EFSF
Dall’analisi dei dati sopraesposti
è possibile osservare che la riduzione del rapporto debito/PIL dal 2014 è quasi
interamente attribuibile ad un miglioramento del saldo primario, che
contribuisce in misura pari a circa 3,9 punti percentuali nella media del
periodo 2014-2018.
Nella tabella che segue è riportato il confronto tra le previsioni contenute nel quadro programmatico della Nota di aggiornamento e del DEF del rapporto debito/PIL per il periodo 2014-2019. I dati sono, rispettivamente, al netto ed al lordo degli effetti delle misure di sostegno adottate nell’area euro ai fini della stabilizzazione finanziaria.
Negli anni 2014 e 2015, il valore del debito al lordo delle misure di sostegno tiene conto della quota di pertinenza dell’Italia dei prestiti EFSF diretti alla Grecia e del programma ESM, per un valore pari rispettivamente a 46.000 milioni e a 14.300 milioni di euro.
Tabella 3.20
Debito
delle Amministrazioni pubbliche in rapporto al PIL: confronto tra Nota di
Aggiornamento al DEF 2014 e DEF 2015
(in percentuale del PIL)
|
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 |
|
|
|
|
|
|
|
DEF 2015: |
|
|
|
|
|
|
quadro
programmatico |
|
|
|
|
|
|
al lordo dei sostegni |
132,1 |
132,5 |
130,9 |
127,4 |
123,4 |
120,0 |
al netto dei sostegni |
128,4 |
128,9 |
127,3 |
123,9 |
120,1 |
116,7 |
Nota agg. DEF 2014: |
|
|
|
|
|
|
quadro programmatico |
|
|
|
|
|
|
al lordo dei sostegni |
131,6 |
133,4 |
131,9 |
128,6 |
124,6 |
|
al netto dei sostegni |
127,8 |
129,7 |
128,2 |
125,0 |
121,0 |
|
Fonte: DEF 2015 |
||||||
Nota: Le stime
programmatiche considerano proventi da privatizzazioni pari allo 0,41 per
cento di PIL nel 2015, 0,5 per cento di PIL nel 2016 e 2017 e 0,3 per cento
nel 2018. Tali proventi includono anche la quota residua pari a 1.071 milioni
di euro di rimborsi nel triennio 2015-2017dei bond emessi dal Monte dei
Paschi di Siena e acquistati dal Tesoro. |
Si rileva che il Documento non
espone il dato del debito pubblico in valore assoluto relativo al quadro
tendenziale. In proposito si osserva che la disponibilità dello stesso risulterebbe
utile al fine di verificare gli effetti delle misure che si intendono adottare
per la riduzione del rapporto debito/PIL.
Gli strumenti di sostegno
UE: l'EFSF e l'ESM
La nozione di debito pubblico conteggiata ai fini del rispetto dei parametri del "Fiscal Compact" é valutata al lordo e al netto delle emissioni riconducibili al finanziamento nazionale degli strumenti EFSF ed ESM adottati in sede comunitaria al fine di assicurare sostegno finanziario agli stati UE che si trovino in crisi di solvibilità. Il primo strumento, istituito per tutelare la stabilità finanziaria dell’area dell’euro a seguito della decisione del Consiglio della UE del 9 maggio 2010 e giuridicamente costituito come società per azioni, con sede legale in Lussemburgo è stato l'European Financial Stability Facility (EFSF) è stato sostituito dallo European Stability Mechanism (ESM) nel fornire nuovo sostegno ai paesi dell’area dell’euro in difficoltà. Noto col nome di Fondo salva-stati, l’EFSF é autorizzato a intervenire come prestatore per i Paesi in difficoltà finanziaria, operando sui mercati primari e secondari del debito. L’intervento sul mercato secondario può essere però programmato solo in seguito ad un’analisi da parte della BCE che deve riconoscere l’esistenza di circostanze finanziarie di carattere eccezionale tali da mettere a rischio la stabilità finanziaria. Lo strumento può intervenire anche attraverso operazioni di ricapitalizzazione delle istituzioni finanziarie, per mezzo di prestiti ai loro governi, e può compiere attività volte a prevenire il verificarsi di situazioni di instabilità . Per raccogliere i fondi necessari per finanziare i prestiti ai paesi della Zona Euro in difficoltà finanziaria l'EFSF emette obbligazioni a breve, medio e lungo termine. Tale strumento di sostegno rimane tuttavia ancora in attività per la gestione dei programmi ai quali ha già preso parte (quelli a favore di Irlanda, Portogallo e Grecia). Ad oggi, la provvista complessiva delle risorse necessarie al suo finanziamento avviene attraverso l’emissione e il collocamento sul mercato di obbligazioni supportate dalla garanzia dei paesi dell’area dell’euro, secondo la quote di partecipazione nel capitale della BCE. La capacità finanziaria iniziale, pari a circa 250 miliardi, è stata poi innalzata a 440, con l’accordo raggiunto dal Consiglio europeo del 25 marzo 2011, congiuntamente all’aumento delle garanzie da 440 a 780 miliardi.
L'istituzione dell' European Stability Mechanism (ESM) è stata invece concordata dal Consiglio europeo del 28-29 ottobre 2010, e portata a termine l’11 luglio 2011 con la sottoscrizione del Trattato che lo istituisce, da parte dei 17 paesi allora appartenenti all’area dell’euro, poi emendato il 2 febbraio 2012. È divenuto operativo nell’ottobre 2012 e per l'appunto ha sostituito gradualmente lo European Financial Stability Facility (EFSF). L’European Stability Mechanism (ESM) è il meccanismo di salvataggio permanente a cui é riconosciuto il potere di emettere titoli simili a quelli emessi dall’EFSF in passato per i prestiti a Irlanda e Portogallo (garantiti dai paesi dell’Eurozona, in proporzione alle quote nella BCE). Il Fondo inoltre può anche acquistare Eurobond sul mercato primario e secondario e nel caso di insolvenza di uno stato finanziato essendo riconosciutogli il diritto di prelazione rispetto ai creditori privati. In definitiva, l’ESM concede sostegno finanziario ai paesi membri dell’area dell’euro che ne faranno richiesta a condizioni non di favore e previa un’approfondita analisi che verifichi la loro solvibilità. L’Euro Summit del 29 giugno 2012 ha previsto l'ampliamento delle finalità di utilizzo dei fondi dell’ESM, includendovi la ricapitalizzazione diretta degli istituti bancari, una volta realizzata l’integrazione a livello europeo della vigilanza sugli istituti di credito. La capacità di prestito dell’ESM è ad oggi di circa 500 miliardi, garantita da un capitale iniziale di quasi 702 miliardi, di cui circa 80 miliardi conferiti dai singoli paesi in proporzione, salvo alcune correzioni, alla partecipazione al capitale della Banca centrale europea e 622 miliardi sotto forma di capitale richiamabile.
Nella tabella che segue è riportata la ripartizione del debito al lordo e al netto dei sostegni finanziari all’area dell’euro per sottosettori, con la precisazione che la quota relativa a tali sostegni è posta interamente a carico delle Amministrazioni centrali.
Tabella 3.21
Debito
programmatico delle Amministrazioni pubbliche per sottosettori
(milioni di euro - in percentuale del PIL)
|
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 |
Debito netto sostegni |
||||||
P.A. |
2.074.618 |
2.111.841 |
2.141.008 |
2.154.920 |
2.153.136 |
2.157.851 |
%PIL |
128,4 |
128,9 |
127,3 |
123,9 |
120,1 |
116,7 |
|
|
|
|
|
|
|
Amm.C. |
1.986.785 |
2.030.741 |
2.062.714 |
2.076.556 |
2.080.736 |
2.088.489 |
Amm.L. |
139.613 |
132.881 |
130.074 |
127.144 |
124.179 |
121.141 |
Enti prev. |
213 |
213 |
213 |
213 |
213 |
213 |
|
|
|
|
|
|
|
Debito lordo sostegni |
||||||
P.A. |
2.134.947 |
2.172.170 |
2.201.337 |
2.201.249 |
2.213.465 |
2.218.180 |
%PIL |
132,1 |
132,5 |
130,9 |
127,4 |
123,4 |
120,0 |
|
|
|
|
|
|
|
Amm.C. |
2.047.114 |
2.091.070 |
2.123.043 |
2.136.885 |
2.141.065 |
2.148.818 |
Amm.L. |
139.613 |
132.881 |
122.123 |
127.144 |
124.179 |
121.818 |
Enti prev. |
213 |
213 |
213 |
213 |
213 |
213 |
|
|
|
|
|
|
|
Fonte: DEF 2015 |
||||||
Nota: il debito delle amministrazioni centrali, locali e degli enti di
previdenza è da considerarsi al lordo degli interessi non consolidati. |
Come evidenziato nella tabella 2.16, l’andamento complessivo del debito della PA risulta determinato pressoché integralmente dalla componente delle amministrazioni centrali. Quest’ultima registra una crescita annua in termini assoluti fino al 2017; dal 2017 subentra, invece, una lieve flessione. In termini di incidenza sul PIL, tale flessione si registra già dal 2016.
Garanzie concesse dallo Stato
Il Documento riferisce che al 31 dicembre 2014 le garanzie concesse dallo Stato sono ammontate a circa 43,1 miliardi, pari al 2,7 per cento del PIL, con un calo significativo di 55,6 miliardi. Le garanzie concesse ad istituti di credito a seguito della crisi finanziaria sono scese a 23,4 miliardi, pari all’1,4 per cento del PIL, riducendosi di 58,3 miliardi a seguito del miglioramento della situazione patrimoniale delle istituzioni finanziare.
Garanzie
pubbliche (in milioni di euro) – 2014 |
||
|
Livello |
in % di PIL |
Stock garanzie |
43.068 |
2,7 |
di cui: settore finanziario |
23.375 |
1,4 |
All’ammontare complessivo hanno contribuito le seguenti componenti:
· Il Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese. E' uno strumento di politica industriale del Ministero dello Sviluppo Economico che fruisce della garanzia dello Stato e opera attraverso tre distinte modalità di intervento. Al 31 dicembre 2014, il debito residuo garantito risulta pari a circa 13.800 milioni;
· TAV S.p.A. Il Ministero dell’Economie e delle Finanze garantisce l’adempimento degli obblighi derivanti alle Ferrovie dello Stato S.p.A. nei confronti della TAV S.p.A., in relazione alla concessione, realizzazione e gestione del sistema Alta Velocità. Si tratta di una garanzia fidejussoria finalizzata a rendere possibile il reperimento sul mercato delle risorse finanziarie necessarie alla realizzazione della rete ad alta velocità. Al 31 dicembre 2014 il debito residuo garantito risulta pari a circa 1.986 milioni;
· Garanzie assunte dalle Amministrazioni locali. Al 31 dicembre 2014, il debito residuo garantito risulta pari a circa 3.824 milioni;
· Banche italiane. Tali garanzie sono concesse dallo Stato sulle passività delle banche italiane relativamente ai titoli obbligazionari emessi dagli istituti di credito. Al 31 dicembre 2014, il debito residuo garantito risulta pari a circa 23.375 milioni.
Parte seconda:
Analisi del programma nazionale di riforma
4. Il Programma Nazionale di Riforma
Come già segnalato, la terza sezione del DEF 2015 reca lo schema del Programma Nazionale di riforma (PNR) che, in coerenza con il Programma di Stabilità, definisce gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita, produttività, occupazione e sostenibilità delineati dalla nuova Strategia “Europa 2020”. In tale ambito sono indicati:
· le priorità del Paese, con le principali riforme da attuare, e i tempi previsti per la loro attuazione (parte I Cronoprogramma del governo);
· i prevedibili effetti delle riforme proposte in termini di crescita dell'economia, di rafforzamento della competitività del sistema economico e di aumento dell'occupazione. (parte II L’impatto economico delle riforme strutturali);
· lo stato di avanzamento delle riforme avviate, in relazione alle raccomandazioni formulate dal Consiglio UE al termine del “semestre europeo” 2014 (parte III: Il Paese nel quadro del semestre europeo e Appendice: le principali azioni di riforma in dettaglio a livello nazionale e regionale);
· gli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività.
Le Raccomandazioni (CSR – Country Specific Recommendation) rivolte all’Italia dal Consiglio UE l’8 luglio 2014[82], a chiusura del semestre europeo 2014, sulla base delle valutazioni della Commissione sul PNR e sul Programma di stabilità contenuti nel DEF 2014, si riferiscono ad otto ambiti di intervento:
1. Sostenibilità delle finanze pubbliche – E’ incentrata sul rafforzamento delle misure di bilancio per gli anni 2014 e 2015, nel corso dei quali vanno garantiti progressi sia nel percorso di raggiungimento dell’Obiettivo di Medio Termine (OMT) – costituito dal pareggio di bilancio strutturale, vale a dire al netto degli effetti, al momento sfavorevoli, del ciclo economico – che, soprattutto, nel percorso di riduzione del debito: a tal fine occorre tra l’altro operare sul versante delle privatizzazioni nonché sul piano del contenimento e del miglioramento della efficienza e qualità della spesa. Va attuato un aggiustamento di bilancio favorevole alla crescita, basato sul conseguimento dei risparmi previsti e nel contempo preservando la spesa atta a promuovere la crescita, vale a dire quella in ricerca e sviluppo, innovazione e importanti infrastrutture.
2. Sistema fiscale: Richiede di trasferire ulteriormente il carico fiscale da lavoro e capitale a consumi, beni immobili e ambiente, assicurando la neutralità in termini di gettito; - di rivedere l'ambito di applicazione delle esenzioni e delle aliquote ridotte IVA, nonché il sistema delle agevolazioni fiscali dirette e, inoltre, di procedere alla riforma del catasto, allineando gli estimi e le rendite ai valori di mercato; - di proseguire la lotta all'evasione fiscale, migliorando il rispetto dell'obbligo tributario e contrastando in modo incisivo l'economia sommersa e il lavoro irregolare ed, infine, di sviluppare ulteriormente il rispetto degli obblighi tributari, rafforzando la prevedibilità del fisco e semplificando le procedure, oltre a procedere nella modernizzazione del sistema fiscale. Viene inoltre raccomandata una valutazione di efficacia sulle misure di riduzione del cuneo fiscale, assicurandone il finanziamento per il 2015.
3. Efficienza e qualità della Pubblica Amministrazione - Segnala la necessità, nell'ambito di un potenziamento degli sforzi intesi a far progredire l'efficienza della pubblica amministrazione, di: precisare le competenze a tutti i livelli di governo; garantire una migliore gestione dei fondi dell'UE con un'azione risoluta di miglioramento della capacità di amministrazione, della trasparenza, della valutazione e del controllo di qualità sia a livello nazionale che a livello regionale, specialmente nelle regioni meridionali; potenziare ulteriormente l'efficacia delle misure anticorruzione, anche rafforzando i poteri dell'autorità nazionale anticorruzione; monitorare tempestivamente gli effetti delle riforme adottate per aumentare l'efficienza della giustizia civile, con l'obiettivo di garantirne l'efficacia, e attuare interventi complementari, ove necessari.
4. Sistema finanziario: - Raccomanda di rafforzare la resilienza del settore bancario, garantendone la capacità di gestire e liquidare le attività deteriorate per rinvigorire l’erogazione di prestiti all’economia reale. Rileva inoltre la necessità di promuovere l’accesso alle imprese, soprattutto piccole e medie, ai finanziamenti non bancari, nonché di promuovere pratiche efficienti di governo societario, con particolare attenzione alle banche popolari ed al ruolo delle fondazioni.
5. Mercato del lavoro: - Richiede preliminarmente di valutare entro la fine del 2014 gli effetti delle riforme del mercato del lavoro e del quadro di contrattazione salariale sulla creazione di posti di lavoro, sulle procedure di licenziamento, sul dualismo del mercato del lavoro e sulla competitività di costo, valutando la necessità di nuovi interventi. Poi, di operare per una più globale tutela sociale dei disoccupati, limitando tuttavia l'uso della cassa integrazione guadagni, per facilitare la riallocazione dei lavoratori; di rafforzare il legame tra le politiche del mercato del lavoro attive e passive ed intervenire concretamente per aumentare il tasso di occupazione femminile; di fornire in tutto il paese servizi idonei ai giovani non registrati presso i servizi pubblici per l'impiego, in conformità agli obiettivi della garanzia per i giovani; per far fronte al rischio di povertà e di esclusione sociale, di estendere gradualmente il nuovo regime pilota di assistenza sociale, e, infine, di migliorare l'efficacia dei regimi di sostegno alla famiglia e la qualità dei servizi a favore dei nuclei familiari a basso reddito con figli.
6. Istruzione e formazione – Richiama la necessità di rendere operativo il sistema nazionale per la valutazione delle scuole, anche per ridurre i tassi di abbandono e di rafforzare il collegamento fra scuola e lavoro e dell’istruzione terziaria professionalizzante; di istituire un registro nazionale delle qualifiche, per garantire un più ampio riconoscimento delle competenze e, infine, di assicurare che i finanziamenti pubblici premino in modo più congruo la qualità di istruzione superiore e ricerca.
7. Semplificazione e concorrenza – Raccomanda di: approvare la normativa in itinere volta a semplificare il contesto normativo a vantaggio delle imprese e dei cittadini e colmare le lacune attuative delle leggi in vigore; promuovere l'apertura del mercato e rimuovere gli ostacoli rimanenti e le restrizioni alla concorrenza nei settori dei servizi professionali e dei servizi pubblici locali, delle assicurazioni, della distribuzione dei carburanti, del commercio al dettaglio e dei servizi postali; potenziare l'efficienza degli appalti pubblici, specialmente tramite la semplificazione delle procedure attraverso l'uso degli appalti elettronici, la razionalizzazione delle centrali d'acquisto e la garanzia della corretta applicazione delle regole relative alle fasi precedenti e successive all'aggiudicazione; applicare con rigore la normativa in materia di servizi pubblici locali, che impone di rettificare entro il 31 dicembre 2014 i contratti che non ottemperano alle disposizioni sugli affidamenti in house.
8. Infrastrutture - Richiede in primo luogo di garantire la pronta e piena operatività dell’Autorità di regolazione dei trasporti entro settembre 2014 e, in secondo luogo, il potenziamento della gestione portuale e dei collegamenti tra i porti e l’entroterra.
Le indicazioni dell’Unione Europea nei confronti del nostro Paese si basano sulle considerazioni generali rivolte all’insieme degli Stati membri contenute nell’Analisi annuale della crescita per il 2015[83], nella quale la Commissione illustra le principali caratteristiche del proprio programma per l’occupazione della crescita, individuando le ulteriori misure a livello di Unione che consentano agli Stati membri di ritornare a livelli di crescita più sostenuti e realizzare progressi verso lo sviluppo sostenibile, richiedendo a tal fine un deciso impegno al cambiamento e ad agire diversamente a livello nazionale. Nell’analisi in questa sede si ritiene opportuno limitarsi a richiamarne solo la strategia generale e le conclusioni, rinviando per il resto a quanto espone il Documento.
Strategia
La strategia della Commissione muove dalla constatazione della presenza di un significativo rischio che persistano una crescita lenta, un’inflazione prossima allo zero e un tasso di disoccupazione elevato. Il protrarsi della crisi sembra evidenziare come il suo impatto della crisi non sia solo ciclico, come mostra la debolezza della domanda aggregata, ma presenti anche un’importante componente strutturale che ha ridotto la crescita potenziale delle economie dell’UE. La Commissione ritiene, conseguentemente, che per far fronte efficacemente a questa sfida occorra incorporare le politiche strutturali, di bilancio e monetarie in un approccio integrato che stimoli la crescita, agendo contemporaneamente sul lato della domanda e dell’offerta di tutte le economie dell’Unione e che, a tal fine occorra intervenire a tutti i livelli di governo, vale a dire quello dell’Unione e quello nazionale, ma anche quelli regionale e locale.
Su questa base la Commissione raccomanda i tre pilastri principali della politica economica dell’Unione per il 2015:il rilancio coordinato degli investimenti, un impegno rinnovato verso le riforme strutturali ed il perseguimento della responsabilità di bilancio.
Conclusioni
La politica economica dell’UE ha un bisogno urgente di segnare un nuovo inizio. Nella sua analisi annuale della crescita per il 2015 la Commissione propone che l’UE miri a un approccio integrato in materia di politica economica che poggia su tre pilastri principali, che dovranno necessariamente essere interconnessi: rilancio degli investimenti, accelerazione delle riforme strutturali e perseguimento di un risanamento di bilancio favorevole alla crescita e responsabile.
Gli Stati membri dovrebbero innanzitutto appoggiare il piano di investimenti da 315 miliardi di euro proposto nel quadro della presente analisi annuale della crescita e dovrebbero impegnarsi ad approvare le modifiche normative necessarie per istituire il nuovo fondo proposto entro fine giugno 2015. Gli Stati membri dovrebbero inoltre impegnarsi a raggiungere almeno l’obiettivo di raddoppiare complessivamente l’uso degli strumenti finanziari innovativi utilizzati per attuare progetti nel quadro dei fondi strutturali e di investimento europei nei prossimi tre anni.
L’approccio integrato proposto dovrebbe essere attuato a livello nazionale in funzione della situazione di ogni Stato membro, affrontando le rigidità del mercato del lavoro per contrastare gli elevati livelli di disoccupazione, proseguendo le riforme delle pensioni, modernizzando i sistemi di protezione sociale, rendendo più flessibili i mercati dei prodotti e dei servizi, migliorando le condizioni quadro per gli investimenti delle imprese, aumentando la qualità degli investimenti nella ricerca, nell’innovazione, nell’istruzione e nella formazione e rendendo più efficiente la pubblica amministrazione. Le parti sociali sono invitate a contribuire attivamente alla realizzazione dei programmi di riforma nazionali.
Per aumentare la titolarità e la rendicontabilità a livello nazionale è necessario un maggiore coinvolgimento dei parlamenti nazionali, delle parti sociali e delle parti interessate nel semestre europeo. La razionalizzazione del semestre europeo 2015 costituirà un primo passo in questa direzione.
L’approccio integrato proposto richiede la leadership politica degli Stati membri, del Parlamento europeo e del Consiglio europeo. La Commissione collaborerà con tutti i soggetti interessati per fare sì che l’Europa possa ritrovare la strada verso una ripresa economica sostenibile.
Sulla base di tale Analisi, nonché degli elementi contenuti nella Relazione 2015 della Commissione sul meccanismo di allerta per la prevenzione degli squilibri macroeconomici[84], redatta contestualmente all’Analisi medesima, le analisi specifiche sono rilasciate nelle Relazioni della Commissione europea relative a ciascun paese, prodotte nel marzo 2015, ciascuna comprensiva dell’esame approfondito sulla prevenzione e correzione degli squilibri macroeconomici. Si tratta di un documento che fa parte del c.d. “pacchetto sulla sorveglianza”, che muove dall’Analisi annuale della crescita, prosegue con il Meccanismo di allerta e si conclude, di norma nel mese di luglio, con l’adozione delle Raccomandazioni specifiche per ciascun Stato membro.
Al momento la procedura sugli squilibri macroeconomici concerne 16 Paesi[85].
Per quanto concerne il nostro Paese, l’esame approfondito è riportato nella “Relazione per paese relativa all’Italia 2015”, del 18 marzo 2015[86] i cui contenuti possono distinguersi, in estrema sintesi, tra quelli più strettamente macroeconomici e quelli anche strutturali.
Quanto ai profili economici, la Relazione muove dalla considerazione che, dopo una prolungata contrazione, la crescita dovrebbe tornare su valori positivi nel 2015, pur rimanendo ben al di sotto della media UE, e il rapporto debito pubblico/PIL dovrebbe aumentare ulteriormente. Di cruciale importanza per la ripresa, trainata dalle esportazioni, sono la domanda esterna e l’andamento dell’inflazione. Il persistere di bassi livelli di crescita della produttività continua tuttavia a perpetuare gli squilibri macroeconomici dell'Italia, ossia il livello molto elevato del debito pubblico e la debolezza della competitività esterna. A sua volta, peraltro, il livello molto elevato del debito pubblico continua a pesare considerevolmente sull'economia italiana e a rappresentare una delle maggiori fonti di vulnerabilità, specialmente in un contesto di prolungata debolezza della crescita. Quanto alla competitività, non si sono ancora registrati miglioramenti: la debole crescita della produttività continua a spingere al rialzo il costo del lavoro per unità di prodotto, mentre i fattori non di costo restano sfavorevoli; gli investimenti, inoltre, sono stati duramente colpiti dalla crisi, il che ha aggravato il deterioramento a lungo termine della loro qualità.
Per gli aspetti macroeconomico e strutturali, le Relazione rileva poi come le carenze della pubblica amministrazione e del sistema giudiziario compromettano la qualità del contesto imprenditoriale e riducano la capacità di attuare efficacemente le riforme. La mancanza di concorrenza sui mercati del prodotto, le carenze infrastrutturali e i bassi livelli di spesa per ricerca e sviluppo, in particolare da parte delle imprese, ostacolano la crescita della produttività. Continua a permanere bassa la partecipazione al mercato del lavoro e le politiche attive del mercato medesimo sono deboli. Il sistema dell'istruzione italiano continua a soffrire di problemi mai risolti, il sistema fiscale ostacola l'efficienza economica e si accentuano le disparità sociali e regionali e, da ultimo, la revisione della spesa (spending review) non fa ancora parte del normale processo di bilancio, e anche il programma di privatizzazioni ha subito ritardi nel 2014.
In presenza di questa analisi, la Relazione rileva nel contempo alcuni fattori positivi, rilevando come nel complesso l'Italia abbia compiuto qualche progresso nel dar seguito alle raccomandazioni del 2014, in quanto:
· è stato ridotto in misura significativa l'onere fiscale sul lavoro;
· la riforma in corso del mercato del lavoro potrebbe consentire di risolvere antiche rigidità e di migliorare l'allocazione delle risorse;
· qualche progresso è stato compiuto nel miglioramento del sistema dell'istruzione, nonché della governance e della resilienza del settore bancario;
· sono stati presi primi provvedimenti per semplificare le istituzioni e l'amministrazione e, nel febbraio 2015, il Governo ha adottato un disegno di legge in materia di concorrenza.
Ne derivano alcune importanti sfide politiche:
· il risanamento di bilancio favorevole alla crescita;
· l'attuazione delle riforme strutturali per accrescere la produttività;
· il superamento delle strozzature infrastrutturali;
· una maggiore efficienza del sistema fiscale e della pubblica amministrazione, ivi compreso il sistema giudiziario.
Va rammentato come questa procedura per la sorveglianza sugli squilibri macroeconomici negli Stati membri prevede che, in una fase successiva, qualora la Commissione concluda che in uno Stato membro esistono squilibri eccessivi, lo Stato interessato deve predisporre un piano di azioni correttivo. Sono altresì previste ammende, pari allo 0,1% del PIL, che tuttavia vengono imposte solo in ultima istanza e sanzionano la ripetuta mancanza di azioni correttive.
Per completare il quadro delle procedure dell’Unione Europea sulle posizioni di bilancio degli Stati membri, va rammentata la procedura per i disavanzi eccessivi ai sensi dell’articolo 126 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, in base alla quale la Commissione esamina la conformità alla disciplina di bilancio con riguardo ai due parametri del disavanzo pubblico – con riguardo al valore soglia del 3% - e del rapporto debito/ Pil, con riguardo al valore di riferimento del 60%. Tale procedura non rileva ai fini dell’analisi del DEF, e pertanto si ritiene utile in questa sede limitarsi a segnalare che in riferimento alla stessa è intervenuta per l’Italia la Relazione prevista dal suddetto articolo 126, comma 3. Si tratta della Relazione della Commissione COM(2015)113 final del 27 febbraio 2015[87], nella quale la Commissione, sulla base dei dati esposti nel Documento Programmatico di Bilancio 2015 dell’Italia, ha valutato che questo:
·
espone un dato
previsionale di disavanzo per tale
anno che si pone all’interno del valore
di riferimento del 3% del Pil;
·
quanto al
rapporto debito/Pil, pur in presenza di valori che
sotto il profilo nominale degli stessi sembrano non soddisfare il parametro di
riferimento della riduzione del debito, considerando alcuni fattori
significativi che possono incidere positivamente sul parametro medesimo, il criterio del debito risulta attualmente
soddisfatto.
Il piano Juncker
Il Piano, presentato dalla Commissione europea lo scorso 16 novembre con la comunicazione COM(2014)903, è diretto a favorire la mobilitazione nell'UE di "almeno 315 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi" nel triennio 2015-2017; esso reca inoltre una serie di ulteriori misure volte ad assicurarne l'effettiva destinazione all'economia reale e a migliorare il contesto regolamentare nell'UE in senso favorevole ad ulteriori investimenti.
La Commissione motiva la presentazione del piano rilevando l'urgente bisogno di rilanciare gli investimenti nell'UE il cui livello, a causa della crisi economica e finanziaria, ha registrato un calo pari al 15% circa rispetto al picco del 2007.
Il calo è stato particolarmente pronunciato in Italia (-25%), Portogallo (-36%), Spagna (-38%), Irlanda (-39%) e Grecia (-64%).
Il Piano si articola in tre pilastri:
1.
la già richiamata
mobilitazione di almeno 315 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi nei
prossimi tre anni;
2.
iniziative per
garantire che questi investimenti aggiuntivi soddisfino i bisogni dell'economia
reale;
3.
misure volte a
rafforzare la prevedibilità normativa e a rimuovere gli ostacoli alla
realizzazione degli investimenti, per rendere l'Europa più attraente e
moltiplicare, di conseguenza, gli effetti del piano.
Primo
pilastro: il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS)
Il FEIS, la cui disciplina puntuale è contenuta
nell'apposita proposta di regolamento (COM(2015)10) presentata dalla
Commissione europea il 13 gennaio 2015, si configura come fondo
fiduciario dedicato in seno alla Banca europea per gli investimenti
(BEI). Più specificamente, il FEIS verrebbe istiuito
quale meccanismo di garanzia distinto, chiaramente identificabile e
trasparente gestito dalla BEI in regime di separazione contabile.
Per quanto riguarda la dotazione finanziaria, l'Unione
europea stanzierebbe, a garanzia del fondo, 21 miliardi di
cui:
·
16 miliardi nell'ambito delle risorse già previste
bilancio europeo, nell'ambito del Meccanismo per collegare l'Europa (cd. Connecting Europe, nella misura
di 3,3 miliardi), del programma Orizzonte 2020 (2,7 miliardi)
e della riserva di bilancio (2 miliardi), derivante dall'utilizzo del margine
di flessibilità del bilancio dell'Unione, vale dire del margine disponibile
tra il massimale delle risorse proprie e quello delle spese. Il margine
disponibile nel periodo 2014-2020 è pari in media, in stanziamenti di
pagamento, allo 0,28% del Reddito nazionale lordo (RNL) europeo, con un minimo
dello 0,25% nel 2014 e nel 2015 ed un massimo dello 0,32% nel 2020 (tra i 40 e
45 miliardi di euro annui in valori assoluti);
·
5 miliardi di
euro della BEI.
La BEI impiega la garanzia dell'UE a copertura dei
rischi sugli strumenti in base al portafoglio.
Sono ammissibili
alla copertura i singoli strumenti seguenti ovvero i portafogli composti
dagli strumenti seguenti:
·
prestiti della
BEI, garanzie, controgaranzie,
strumenti del mercato dei capitali, qualsiasi altra forma di finanziamento o di
strumento di supporto di credito, partecipazioni azionarie o quasi-azionarie.
Detti strumenti sono concessi, acquisiti o emessi a beneficio delle operazioni
effettuate nell'Unione nell'ambito del FEIS, comprese operazioni transnazionali
tra uno Stato membro e un Paese terzo, laddove il finanziamento della BEI sia
stato concesso in base a un accordo sottoscritto che non è scaduto né è stato
annullato;
·
finanziamenti
della BEI al FEI grazie ai quali
questo può sottoscrivere prestiti, garanzie, controgaranzie, qualsiasi altra
forma di strumento di supporto di credito, strumenti del mercato dei capitali e
partecipazioni azionarie o quasi-azionarie.
Inoltre, la garanzia è concessa anche per il sostegno di piattaforme d'investimento dedicate e di banche di promozione nazionali (per l'Italia, la Cassa depositi e prestiti), per il tramite della BEI, che investono in operazioni conformi ai requisiti previsti dal regolamento (vedi infra, "Obiettivi e ambito di intervento").
Secondo
pilastro: Fare in modo che gli investimenti arrivino all’economia reale
Il secondo pilastro del piano consiste, secondo la
Commissione, in iniziative volte a garantire che i finanziamenti aggiuntivi
generati dal FEIS (nonché dai fondi strutturali) siano destinati "a
progetti redditizi con un reale valore aggiunto per l'economia sociale
di mercato europea".
A questo scopo, si prevede l'individuazione di una
riserva di progetti di rilevanza europea per 300 miliardi di euro
che potrebbero usufruire delle fonti di finanziamento aggiuntive di cui al
primo filone del piano.
Un lista preliminare di progetti è stata predisposta
dalla "task force per gli investimenti" composta da BEI e
Commissione, insieme agli Stati membri, che ha già prodotto un primo rapporto, il quale
individua ben 2000 progetti in tutta l'UE per un valore complessivo
potenziale attorno ai 1300 miliardi di euro.
In particolare, la task force ha predisposto una lista, a carattere
meramente illustrativo delle tipologie di progetti potenzialmente
finanziabili, di 44 progetti tra quelli già presentati dagli Stati
membri in base a programmi precedenti. Anche in questo caso, l'inclusione
nella lista non implica necessariamente che il progetto verrò finanziato
nell'ambito del FEIS. Dei 44 progetti, 4 sono italiani e riguardano:
·
interventi di ristrutturazione
degli edifici scolastici, per un valore di 8,7 miliardi di euro,
·
la creazione di
una rete europea di ricerca biomolecolare, da realizzare con altri
quattro Paesi dell'Unione, con un investimento di 170 milioni;
·
l'introduzione di
incentivi alla produzione industriale di alta tecnologia, a valere su
400 milioni di euro;
·
investimenti per
l'integrazione della rete elettrica italiana al mercato unico, con
costi stimati in 480 milioni di euro;
I progetti identificati nel rapporto sono solo un punto d'inizio. La decisione finale sull'assegnazione dei finanziamenti spetterà alla BEI e alla Commissione europea.
Terzo
pilastro: Migliorare il contesto degli investimenti
Il Piano ribadisce la necessità l'importanza della riduzione
degli oneri amministrativi e della semplificazione normativa al fine
di promuovere il rilancio degli investimenti.
Il Piano preannuncia l'avvio all'inizio del 2015 di
una consultazione volta ad identificare gli interventi necessari, per rimuovere
gli ostacoli al finanziamento degli investimenti nell'ambito dell'UE e
progredire, a medio e lungo termine, verso un'Unione dei mercati dei
capitali.
L'obiettivo è quello di contribuire a ridurre
l'attuale forte dipendenza degli investimenti dall'intermediazione bancaria,
soprattutto per le PMI, e le restrizioni per i finanziamenti a lungo termine
per le infrastrutture determinate dal fatto che la circolazione dei capitali nell'UE non è stata totalmente liberalizzata.
A breve termine il Piano prospetta una prima serie di
interventi sono:
· adottare entro la fine del 2014 la proposta di regolamento relativo ai fondi di investimento europei a lungo
termine (ELTIF), affinché siano operativi per la metà del 2015;
·
definire criteri
per semplificare e rendere più trasparenti e uniformi le operazioni di cartolarizzazione;
·
riflettere,
insieme al settore privato, sul modo migliore di diffondere maggiormente
nell'UE i regimi di collocamento privato (private placement)
applicati con successo in alcuni mercati europei;
·
rivedere misure
già vigenti, come la direttiva relativa al prospetto, per alleggerire
gli oneri amministrativi che gravano sulle PMI, affinché possano rispettare più
agevolmente gli obblighi per la quotazione in borsa.
Il Piano prospetta infine interventi nel breve e medio periodo in alcuni settori chiave per il rilancio degli investimenti: energia, trasporti, mercato unico digitale, mercati dei servizi, ricerca e innovazione
4.2 Le politiche pubbliche nel programma nazionale di riforma
Il Programma Nazionale di Riforma (PNR) individua dunque gli ambiti prioritari dell’azione governativa e definisce gli interventi volti ad ottemperare ad impegni presi in sede europea.
Le azioni previste dal PNR possono essere ricondotte alle seguenti aree di intervento:
· Ambiente
· Competitività
· Concorrenza
· Giustizia
· Infrastrutture e trasporti
· Istruzione
· Mercato del lavoro e politiche sociali
· Politiche di coesione
· Privatizzazioni
· Pubblica amministrazione e semplificazioni
· Revisione della spesa
· Riforme istituzionali
· Salute e politiche sociali
· Sistema creditizio e assicurativo
· Sistema fiscale
Nel presente capitolo per ciascuna area di intervento verranno indicati le principali misure prospettate dal Governo. Tali indicazioni saranno poste a confronto con il contenuto del DEF 2014, nonché con le indicazioni da ultimo formulate dalla Commissione europea nel documento sugli squilibri macroeconomici di marzo 2015.
Il PNR 2015 (par. I.13), in continuità con quanto previsto nel documento dello scorso anno, sottolinea l’importanza di proseguire negli interventi di valorizzazione dell’ambiente e del territorio, per un verso, ottimizzando le opportunità offerte dalla cosiddetta economia verde (green economy ) e, per l’altro, attraverso la contestuale attenzione alle problematiche legate al dissesto idrogeologico, alle politiche di adattamento e mitigazione dei cambiamenti climatici, al risanamento ambientale e alla bonifica dei siti inquinati.
Nell’ambito delle predette finalità, il programma segnala due provvedimenti in corso di esame parlamentare. Il primo è il disegno di legge, recante disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali (già approvato dalla Camera dei deputati e all’esame del Senato, A.S. 1676), che contiene, tra l’altro, misure volte a incentivare gli acquisti verdi, nonché in materia di gestione dei rifiuti, difesa del suolo, strategia per lo sviluppo della Green Community, mobilità sostenibile, capitale naturale. Il disegno di legge, che era già stato collegato alla legge di stabilità 2014 (per tale ragione si fa riferimento a tale provvedimento come al “collegato ambientale”), viene esplicitamente collegato alla decisione di bilancio in coerenza con gli obiettivi del programma nazionale di riforma per il 2015. Il secondo è il disegno di legge sul contenimento del consumo del suolo (A.C. 2039, all’esame delle Commissioni riunite VIII e XIII della Camera).
Relativamente ai provvedimenti in corso di esame parlamentare, il programma, inoltre, evidenzia l’importanza di approvare entro il 2015 la proposta di legge delega volta a un riordino delle disposizioni in materia di sistema nazionale e coordinamento della protezione civile (A.C. 2607, all’esame dell’VIII Commissione).
Quanto agli interventi da adottare, il programma prospetta l’adozione di un provvedimento legislativo, denominato Green Act, entro il mese di giugno 2015, che dovrebbe contenere misure in materia di efficienza energetica, fonti rinnovabili, mobilità sostenibile, con particolare riguardo alla rigenerazione urbana, nonché per l’uso efficiente del capitale naturale.
Il programma sottolinea inoltre che è opportuno un rafforzamento del ruolo della fiscalità ambientale, al fine di liberare risorse pubbliche per sostenere la ricerca e gli investimenti per un’economia verde e per un più efficiente uso delle risorse energetiche e naturali. In proposito si ricorda l’art. 15 della legge 11 marzo 2014, n. 23 (Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita), che riguarda la fiscalità energetica ed ambientale. Il programma prospetta, a tale riguardo, una tempistica legata all’attività del Comitato per una riforma fiscale ecologica e all’attuazione delle relative misure nel 2015 e nel 2016.
All’interno delle misure adottate in risposta alle Raccomandazioni 7 e 8 del Consiglio (par. III.1), per l’ambiente, sono, infine, riportate le misure per la tutela dell’ambiente e del territorio attraverso:
· interventi di semplificazione della disciplina vigente riguardanti il dissesto idrogeologico, le bonifiche e la messa in sicurezza di siti contaminati e per il recupero dei rifiuti, il sistema di tracciabilità dei rifiuti e l’operatività della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA/VAS, la normativa concernente le terre e rocce da scavo (D.L. n. 91/2014 e D.L. n. 133/2014);
· l’istituzione della Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M. del 27 maggio 2014);
· una nuova disciplina dei reati ambientali (contenuta nel progetto di legge approvato dal Senato e ora all’esame della Camera A.C. 342-957-1814-B).
Nel documento sugli squilibri macroeconomici la Commissione, nella sintesi della valutazione degli impegni riguardanti la raccomandazione n. 7, rileva, tra l’altro, che sono state adottate misure per semplificare le procedure di autorizzazione in materia ambientale. In generale, segnala che la gestione dei rifiuti e dell'acqua è inefficiente, in particolare nel Sud dell'Italia, e che una strategia per l'adattamento ai cambiamenti climatici stenta a decollare, mentre nel Centro-Nord le principali sfide, che hanno un impatto significativo sul bilancio nazionale, sono la carente gestione del territorio, le inondazioni e l'inquinamento atmosferico.
Tra le sfide principali cui l’Italia deve far fronte è centrale quella volta a sostenere la competitività del proprio sistema industriale, ancora debole a causa, tra l’altro, della crescita lenta della produttività, della forte contrazione che hanno subito i crediti delle banche alle imprese, dell’elevata percentuale di piccole imprese con una posizione competitiva debole sui mercati internazionali, dall’elevato costo dell’energia, della non completa apertura dei mercati, degli oneri elevati e dagli adempimenti a carico delle imprese.
La risposta del Governo, individuabile nelle linee programmatiche del DEF 2015, si articola nell’attuazione completa e nell’implementazione del complesso di misure già approvate nel corso del 2014, in una linea di sostanziale continuità. I principali strumenti che il Governo intende utilizzare per azionare le leve della competitività sono quindi rintracciabili: nel rilancio degli investimenti privati, con particolare riguardo alle spese per l’innovazione; nel sostegno all’accesso al credito e alla capitalizzazione delle imprese con misure volte a diversificare e accrescerne le fonti finanziamento e garanzia; nel consolidamento della struttura patrimoniale delle imprese; nelle azioni per l’internazionalizzazione e attrazione degli investimenti esteri; nella riduzione dei costi energetici; nelle azioni per la concorrenza e l’apertura dei mercati; nelle semplificazioni del contesto normativo in cui operano le imprese.
Già nel DEF 2014 il Governo si poneva l’obiettivo di incentivare gli investimenti nei beni strumentali di impresa. Rispetto a tale obiettivo, è stato completato il processo attuativo della c.d. nuova “legge Sabatini” con la quale sono stati introdotti un finanziamento e un contributo in conto interessi per l’acquisto di macchinari, impianti, beni strumentali d’impresa, attrezzature hardware, software e tecnologie digitali. In particolare è stata aumentata la dotazione delle risorse al massimo previsto di 5 miliardi (con la legge di Stabilità per il 2015) e reso facoltativo il ricorso alla provvista CDP per banche e intermediari finanziari che erogano i finanziamenti alle PMI (con il c.d. “DL Investment Compact”). Tali misure sono state valutate con favore nel Documento della Commissione UE sugli squilibri macroeconomici di marzo 2015.
Proseguendo in tale direzione di sostegno all’ammodernamento degli impianti produttivi, il PNR 2015 evidenzia l’intenzione del Governo di prorogare, a tutto il 2015, l’ambito oggettivo di applicazione della misura (art. 18 del DL 91/14) che prevede un credito di imposta del 15 % sugli investimenti aggiuntivi in beni strumentali effettuati tra il 25 giugno 2014 e il 30 giugno 2015.
Il Governo intende inoltre, entro settembre 2015, promuovere una piattaforma nazionale di investimenti pubblico-privati per progetti integrati di Smart cities che dovrebbero avere un significativo impatto su crescita, competitività e occupazione. Si tratta dell’applicazione ad una città, ad un territorio, o ad un distretto di una strategia integrata volta ad implementare in particolare tecnologie e strumenti per l’efficienza energetica e l’integrazione di fonti rinnovabili, nonché la diffusione di piattaforme tecnologiche e di connettività che consentano la promozione di nuovi sistemi di servizi digitali per migliorare la qualità della vita di cittadini ed imprese.
Innovazione, ricerca e sviluppo
Il ruolo cruciale dell’innovazione tecnologica nel stimolare la produttività, la crescita economica e il tenore di vita, già riconosciuto nel DEF 2014, è tra gli obiettivi programmatici indicati nel DEF 2015. Nell’analisi sugli squilibri macroeconomici dell’Italia contenuta nel documento di Marzo 2015, la Commissione UE evidenzia che l'intensità delle attività di R&S delle imprese italiane era pari allo 0,67% nel 2013, rispetto ad una media UE dell'1,29%.
A fronte di ciò il Governo, nel corso dell’anno passato, ha individuato, quali strumenti per sostenere la ricerca e l’innovazione, l’ampliamento del vigente quadro di crediti d'imposta per la ricerca e lo sviluppo (la cui nuova disciplina è contenuta nella legge di stabilità 2015) e l'introduzione di un regime di tassazione agevolata per i redditi derivanti dall'uso o dalla vendita di brevetti e marchi. Il cd. patent box, consiste in una agevolazione fiscale sui proventi derivanti da opere dell’ingegno, da brevetti industriali, da marchi d’impresa, come pure da processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili.
La piena operatività di tali misure, che hanno peraltro ricevuto una valutazione positiva da parte della Commissione UE, nel Documento sugli squilibri macroeconomici, è subordinata, come rammenta il DEF, all’approvazione del relativo decreto attuativo.
D’altro lato, per aumentare la propensione all’innovazione delle imprese italiane il Governo punta, nel DEF 2015, sulla completa attuazione delle misure (previste nel c.d. DL Investment compact) che prevedono l’estensione delle agevolazioni a supporto delle startup innovative alle PMI innovative, ossia quelle piccole e medie imprese che si qualificano per essere in possesso dei (almeno due) requisiti del volume di spese in R&S almeno pari al 3% del maggior valore tra fatturato e costo della produzione; dell’ impiego di personale altamente qualificato in misura almeno pari a un quinto della forza lavoro complessiva; della detenzione, licenza o deposito di un brevetto o un software registrato alla SIAE.
Accesso al credito e mercato dei capitali
Per superare le difficoltà di accesso ai finanziamenti e problemi di liquidità delle PMI, sotto il profilo dell’attenuazione del rischio di credito, il PNR 2015, in continuità con quanto indicato nel PNR dello scorso anno, indica tra gli obiettivi strategici quello di un ulteriore potenziamento del Fondo di garanzia alle PMI, che segue una serie di interventi attuati nel corso dell’anno passato volti all’ assegnazione di risorse e all’ ampliamento dell’accesso a una platea più ampia di piccole e medie imprese, tramite in particolare la revisione dei criteri di accesso per il rilascio della garanzia.
La platea dei destinatari della garanzia è stata poi ulteriormente ampliata (dalla legge di stabilità per il 2015, n. 190/2014) alle imprese con un numero di dipendenti non superiore a 499( dunque non più esclusivamente le piccole e medie imprese). L’efficacia di tale disposizione è stata tuttavia sospesa (D.L. 192/2014) fino al 31 dicembre 2015.
L’ulteriore potenziamento del Fondo, da attuarsi entro ottobre 2015, dovrebbe consistere nella revisione del modello di governance, nonché nell’introduzione del ricorso a sistemi di ammissione alla garanzia del Fondo basati su un modello di valutazione del rischio del credito, espresso come probabilità di default. Ulteriore novità dovrebbe consistere nell’ampliamento dell’ambito operativo del Fondo anche alle compagnie di assicurazione, ai fondi credito e alle società di cartolarizzazione per tenere conto della liberalizzazione del credito diretto alle imprese (operata dal c.d. “Dl competitività”).
Sotto il profilo dell’accesso ai finanziamenti non bancari l’Unione Europea ha raccomandato all’Italia l’adozione di misure volte a promuoverne l’accesso delle imprese, soprattutto di quelle di piccole e medie dimensioni (Raccomandazione n. 4). La Commissione, nel Documento sugli squilibri macroeconomici di marzo 2015, ha riconosciuto i progressi notevoli che l’Italia ha compiuto al riguardo, in particolare con riferimento all'agevolazione e la diversificazione dell'accesso ai finanziamenti. Il Documento sugli squilibri di marzo 2015, ha tuttavia evidenziato che la conoscenza delle misure da parte della PMI è ancora piuttosto limitata; si ipotizza che ciò possa essere in parte dovuto alla crescente frammentazione delle politiche.
Il DEF 2015 reca in merito un’ampia rassegna delle iniziative intraprese, la maggior parte delle quali sono confluite nei due decreti legge n. 91 del 2014 e 133 del 2014. Dette misure sono già legislativamente definite e già attuate, ovvero in corso di attuazione: esse hanno investito la normativa sul credito alle imprese, così come il loro regime finanziario, civile e fiscale.
Sotto il profilo dell’erogazione diretta del credito alle imprese da parte di soggetti non bancari, si è consentito alle imprese di assicurazione (anche senza residenza fiscale in Italia) ed alle società di cartolarizzazione italiane di concedere finanziamenti diretti alle imprese. Un analogo mandato è stato recentemente attribuito a Cassa Depositi e Prestiti, direttamente o tramite SACE, ovvero tramite una diversa società controllata (D.L. n. 3 del 2015).
Alcune misure fiscali adottate per sostenere la liquidità delle imprese hanno peraltro avuto un’implementazione autonoma: tra di esse, sia la Commissione UE che il Documento di economia e finanza in particolare ricordano – accanto ai già citati patent box e credito d’imposta per spese di ricerca e sviluppo - il potenziamento delle agevolazioni fiscali per investimenti in capitale di rischio, (ACE – Aiuto alla crescita economica), di cui è stato esteso l’ambito operativo soggettivo ed oggettivo.
La Commissione UE ha inoltre valutato con favore le misure fiscali che hanno corredato le già citate innovazioni relative al mercato dei capitali (agevolazioni per l’investimento in strumenti finanziari delle PMI e in particolare i cd. mini-bond; agevolazioni sui project bond).
Ulteriore punto qualificante delle politiche per sostenere il finanziamento non bancario delle imprese è rintracciabile, nel DEF 2015, nella fase di avvio l’operatività dei portali di equity crowdfunding, che consentono alle imprese innovative di reperire con modalità innovative le risorse finanziarie.
Accanto alle misure fiscali e finanziarie, ai predetti scopi il Governo ha inteso facilitare l’attività delle imprese, specie le piccole e medie, mediante alcune modifiche al diritto societario: gli interventi hanno riguardato tra l’altro la costituzione di società (ad es. la riduzione del capitale sociale minimo per la costituzione di SpA), la nuove definizione dimensionale delle PMI emittenti azioni quotate, le modifiche alla disciplina delle offerte pubbliche di acquisto. Ulteriori disposizioni hanno inteso incentivare gli investitori professionali all’ingresso nel capitale delle PMI quotate, nonché consentire alle società quotate e quotande di prevedere - in via statutaria - l’attribuzione di diritti di voto maggiorato.
L’attività
di Cassa Depositi e Prestiti
Il Documento di economia e finanza richiama le
attività svolte da Cassa Depositi e
Prestiti (di seguito, CDP) in relazione a molteplici settori di operatività,
a sostegno dell’economia italiana.
In estrema sintesi, si rammenta che CDP è una società
per azioni a controllo pubblico, la cui quota di minoranza è detenuta da
investitori privati (Fondazioni Bancarie); la sua attività si concreta, accanto
al sostegno degli enti pubblici e alle opere infrastrutturali, anche in un
generale supporto all’economia del Paese.
Accanto al ruolo svolto nella gestione delle risorse
per la ‘Nuova Sabatini’ ed all’attività di credito alle imprese, il Documento di economia e finanza 2015 ricorda
l’intervento di CDP in seno alle seguenti iniziative:
· giugno 2014: Cassa Depositi e Prestiti ha autorizzato un impegno
d’investimento nel capitale sociale del Fondo Europeo per gli Investimenti
(FEI) per rafforzare l’impegno a sostegno delle PMI;
· agosto 2014: la Cassa Depositi e Prestiti (CDP) e l’Associazione
Bancaria Italiana (ABI) hanno siglato la Convenzione ‘Piattaforma Imprese’, con
la quale si attivano strumenti in favore delle imprese, apportando ulteriori 5
miliardi alle misure di CDP per l’economia e raggruppando in uno strumento
organico i ‘Plafond’ dedicati a favorire l’accesso al credito;
· decreto
‘Sblocca Italia’(settembre 2014): il D.L. n. 133 del 2014 ha introdotto norme volte
ad ampliare l’operatività della Cassa Depositi e Prestiti, sia della gestione
separata (finanziata con risparmio postale e titoli assistiti da garanzia
statale) sia della gestione ordinaria (finanziata con risorse tratte sul
mercato);
· novembre
2014: KfW
(la banca statale tedesca per lo sviluppo) e CDP hanno sottoscritto un accordo
da 500 milioni finalizzato al sostegno delle PMI italiane e alla realizzazione
di infrastrutture nell’ambito dell’efficientamento
energetico;
· fine 2014: CDP, l’Associazione Bancaria Italiana, SACE e Simest hanno siglato l’accordo di proroga di un anno della
Convenzione relativa al sistema ‘Export Banca’, a sostegno dell’export e dei
processi di internazionalizzazione delle imprese italiane;
· CDP
contribuirà al Piano Juncker con investimenti pari a 8 miliardi su diverse iniziative,
articolate nei settori previsti dal Piano stesso, ed in particolare per
favorire il credito alle PMI, la Digital economy, il sistema delle
infrastrutture di trasporto e dell’energia.
Consolidamento della struttura patrimoniale delle imprese
Nel DEF 2015 il Governo ribadisce la centralità dell’obiettivo del consolidamento della struttura patrimoniale delle imprese italiane, già enunciato nel DEF dello scorso anno, a partire dal rafforzamento delle reti d’impresa e dei consorzi, con misure che ne incentivino la diffusione sul territorio e la proiezione verso l’esterno.
In tale direzione va, ad esempio la misura (contenuta nella legge di stabilità 2015) che ha aumentato la dotazione del Fondo “Reti di Impresa’ al fine di promuovere la digitalizzazione delle imprese.
Tra gli strumenti per raggiungere l’obiettivo suddetto, il Governo indica inoltre una serie di puntuali misure agevolative, che dovrebbero essere adottate entro settembre 2015, in particolare sui contratti di rete. Si tratta, da un lato di agevolazioni fiscali da estendere a tutte le reti, con una particolare attenzione per le reti “green” e per quelle finalizzate all’internazionalizzazione. Inoltre dovrebbero essere introdotti incentivi alle iniziative di reti guidate da imprese di medio-grandi dimensione in grado di gestire alcuni elementi di complessità connessi con la realizzazione del Programma di rete. Infine la riforma dovrebbe essere volta a semplificare la normativa in relazione all’aspetto della mobilità dei lavoratori interni alle imprese partecipanti e prevede la costituzione di un Fondo nazionale che integri il singolo finanziamento regionale per supportare le imprese appartenenti al contratto di rete interregionale non beneficiarie.
Con riguardo infine alla patrimonializzazione delle imprese, il DEF 2015 fa riferimento (in particolare nel PNR, Sez. III, dedicata alle Risposte alle Raccomandazioni) al Fondo privato di servizio per la patrimonializzazione e la ristrutturazione delle imprese. In realtà tale Fondo è stato sostituito (con il c.d. Dl Investiment compact) da una Società per azioni, il cui capitale sarà interamente sottoscritto da investitori istituzionali e professionali e il cui scopo è la ristrutturazione, il sostegno e riequilibrio della struttura finanziaria e patrimoniale di imprese caratterizzate da adeguate prospettive industriali e di mercato. Si tratta dunque di un nuovo soggetto con natura e finalità diverse rispetto al Fondo di servizio, che era tenuto ad investire in aziende non solo prospetticamente, ma anche correntemente in utile.
Riduzione dei costi energetici per le imprese
Il costo dell’energia, e in particolare dell’energia elettrica, rappresenta un fattore di svantaggio competitivo per le imprese italiane.
La riduzione del costo dell’energia costituiva dunque un obiettivo strategico nel DEF dello scorso anno. Pertanto, nel corso del 2014 il Governo ha lanciato un pacchetto per la riduzione dei costi dell’energia elettrica (cd. “taglia bollette”), che include la revisione degli incentivi alle rinnovabili e la riduzione di numerose agevolazioni tariffarie di varia natura.
Al riguardo si segnala che la Commissione europea, nel Documento sugli squilibri macroeconomici, ha sottolineato il rischio, per modifiche retroattive ai sistemi incentivanti, di minare la fiducia degli investitori e aumentare il costo del capitale per gli investimenti futuri.
Inoltre il Governo sembra puntare sulle nuove infrastrutture di interesse strategico – in particolare l’elettrodotto Rizziconi-Sorgente, per collegare la Sicilia al continente – che dovrebbero consentire un migliore funzionamento del mercato e ulteriori riduzioni dei prezzi.
Accanto alla riduzione dei costi, quale elemento caratterizzante della propria politica energetica, il Governo intende realizzare, entro dicembre 2015, il completamento del processo (partito il 24 febbraio 2015), di market coupling secondo il quale i mercati elettrici di tre delle cinque frontiere italiane, ovvero Francia, Austria e Slovenia, sono stati“allineati” (o in gergo “accoppiati”) tra loro tramite la sincronizzazione delle rispettive Borse elettriche e il coordinamento dei rispettivi sistemi che definiscono ex ante la quantità massima di energia elettrica che può essere immessa in una zona e prelevata in un’altra. Per le frontiere elettriche tra Italia-Svizzera e Italia-Grecia il processo partirà invece nei prossimi mesi. Lo scopo del Market Coupling è quello di integrare i mercati elettrici di più paesi permettendo di assegnare la capacità giornaliera di transito sulla frontiera, con l’obiettivo di massimizzare il surplus economico complessivo dei partecipanti al mercato e incrementare il benessere sociale.
Internazionalizzazione e promozione del
made in Italy
La Commissione UE, nel Documento sugli squilibri macroeconomici di Marzo 2015, ha messo in rilievo i principali deficit del sistema imprenditoriale italiano caratterizzato da una demografia sbilanciata verso le piccole imprese a bassa produttività, con una specializzazione relativa in prodotti ad intensità tecnologica medio-bassa, che pesa sulla competitività non di prezzo dell'economia italiana ed in particolare sulla propensione dell’Italia alle esportazioni.
La tendenza positiva della bilancia commerciale - secondo i dati Istat, nel 2014 l'avanzo commerciale raggiunge 42,9 miliardi - è dovuta principalmente alla contrazione delle importazioni nominali, mentre le esportazioni sono aumentate solo moderatamente.
Secondo la Commissione europea, affinché la capacità di esportazione possa diventare il motore di una crescita potenziale significativamente più elevata, l'Italia avrebbe bisogno di un recupero delle quote dei settori dei beni scambiabili (in particolare agricoltura e industria).
La Commissione pone al riguardo l’accento soprattutto sull’erosione del settore manifatturiero italiano, che rappresenta il 95% delle esportazioni di beni, e che potrebbe avere un impatto negativo sulle capacità di esportazione del paese.
In un quadro macroeconomico congiunturale che profila, secondo le stime europee, un’ulteriore evoluzione favorevole dei tassi di cambio assieme al rafforzamento della domanda esterna, il Governo ha avviato, a febbraio 2015, e intende attuare entro l’anno, il Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l’attrazione degli investimenti in Italia (previsto dal D.L. n. 133/2014 e finanziato con la legge di stabilità 2015), finalizzato al sostegno delle imprese italiane (soprattutto PMI) che si rivolgono ai mercati esteri, all’assistenza agli investitori esteri in Italia nonché alla promozione dei prodotti italiani nei diversi mercati. Alcune azioni previste dal Piano sono rivolte a tutti i settori produttivi (ad es. sostegno alle manifestazioni fieristiche, come Vinitaly per l’agroalimentare, e all’e-commerce), altre riguardano comparti quali, in particolare, il comparto agroalimentare che mostrano un andamento delle esportazioni particolarmente favorevole e crescente (nel 2014 il valore delle esportazioni è stato pari a 34,3 miliardi), riservatario di una quota di risorse del Piano e di specifiche azioni di sostegno (azioni a tutela all'estero dei marchi e delle certificazioni di qualità, realizzazione di un segno distintivo unico volontario per le iniziative di promozione all'estero e per l’Expo e lotta al cd. Italian sounding).
Sono state inoltre poste in essere alcune misure volte a rafforzare l’attività a supporto dell’export, prima fra tutte la possibilità di utilizzare i fondi provenienti dalla gestione separata della Cassa Depositi e prestiti per tutte le operazioni volte a sostenere l’internazionalizzazione delle imprese, prevista dal decreto ‘Investment Compact’.
Rilancio della competitività del settore agroalimentare
Le
politiche per il rilancio della competitività del settore agricolo e
agroalimentare contenute nel DEF 2015 si muovono in sostanziale continuità con
le azioni già avviate nel corso dell’anno scorso.
Nella
Nota di Aggiornamento al DEF 2014 di settembre scorso, venivano richiamati, nel
piano delle riforme, gli interventi di sostegno al settore agricolo compiuti
nel 2014 (e considerati conclusi, in quanto adottati). Si tratta del D.L.
66/2014, e, in maggiore misura, nel D.L. n. 91/2014.
Nel
DEF 2015, l’Esecutivo intende incidere con ulteriori misure, confermando da un
lato quale provvedimento collegato alla decisione di bilancio il disegno di
legge A.S. 1328, recante disposizioni in materia di semplificazione,
razionalizzazione e competitività agricole del
settore agricolo, agroalimentare e della pesca, già dichiarato collegato alla
legge di stabilità 2014, presentato a febbraio 2014 ed attualmente all’esame
del Senato. Dalla sua effettiva approvazione il Governo fa dipendere la
realizzazione della semplificazione e
del riassetto della normativa vigente in materia di agricoltura e pesca, e
il riordino degli enti vigilati dal MIPAAF, punti sui quali il DDL prevede
apposite deleghe al Governo (art. 5 e art. 9, del DDL 1328-A).
La
prosecuzione dell’opera di semplificazione e sistemazione normativa del
settore, parzialmente avviata con il D.L. n. 91/2014 (articoli 1, 1-bis e 2), e
per la quale si rimanda alla scheda
relativa alle Politiche di semplificazione, invocata nel PNR anche con
specifico riferimento a taluni settori, quali il vitivinicolo, trova riscontro
in sede parlamentare: la XIII Commissione della Camera è impegnata nell’esame
in sede referente delle proposte di legge (C. 2236 Sani e C. 2618 Oliverio) di
riorganizzazione e semplificazione della disciplina della coltivazione della
vite e produzione e commercio del vino.
Sul
piano della riorganizzazione degli enti
vigilati dal Mipaaf, la legge di stabilità 2015 è
in parte intervenuta, disponendo l’incorporazione di INEA nel CRA e
l’Istituzione del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi
dell’economia agraria. Inoltre, il Mipaaf è coinvolto
anche nel riassetto complessivo della P.A. di cui al disegno di legge delega
A.S. 1577, all’esame del Senato, che prevede la riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato, con
eventuale assorbimento nelle altre forze di polizia e la conseguente
riorganizzazione delle funzioni in materia di sicurezza agroalimentare.
Il
PNR considera inoltre quale veicolo per la realizzazione di un cambiamento del
sistema agricolo - sostenuto in misura prevalente dalle risorse provenienti
dalla politica agricola comune (PAC) - la semplificazione
e la riduzione degli adempimenti per
le aziende relative alla gestione della
PAC 2014-2020.
Su
tale punto, anche su input della
Commissione UE, sono state già adottate misure di semplificazione nella
gestione della politica agricola comune 2014-2020 con il DM Mipaaf 12 gennaio 2015, n. 162,
approvato d'intesa tra Stato - Regioni, che costituisce, nella sostanza, la
base normativa che sostiene il «Piano Agricoltura 2.0» avviato il 23 marzo
scorso.
Il
PNR evidenza complessivamente l’esigenza di accelerare e facilitare l’attuazione nazionale della PAC 2014-2020,
sia sul versante dei pagamenti diretti che dello sviluppo rurale, nonché
dell’efficacia dei controlli sull’erogazione delle forme di incentivazione al
settore, con riduzione del rischio di correzioni finanziarie da parte
dell’Unione europea. Lo sforzo di efficientamento da
parte degli Stati membri e delle autorità regionali nell’utilizzo dei Fondi
strutturali e di investimento europei costituisce peraltro una parte della
strategia del Piano di investimenti per l’Europa, il cd. “Piano Juncker”, lanciato con la
Comunicazione della Commissione UE del 26 novembre 2014 (COM (2014) 903 final).
In
particolare, per ciò che attiene allo sviluppo rurale, l’obiettivo evidenziato
dal PNR è quello di dare avvio al
Programma di Sviluppo Rurale nazionale (PSRN) relativo alla gestione del rischio in agricoltura
(che prevede l’attivazione di risorse pubbliche, europee e statali, per
complessivi 1.640 milioni nel periodo 2014-2020), con l’introduzione, in linea
con quanto previsto dal Reg. UE 1305/2013, di nuove forme di mutualità per la stabilizzazione del reddito e per
fronteggiare le emergenze climatiche.
Il
PSRN 2014-2020 “gestione del rischio” è, in particolare, finalizzato a
garantire l’ampliamento del sistema di sostegno alle assicurazioni agricole
agevolate, attraverso strumenti innovativi, quali i fondi di mutualizzazione e il cd. strumento di stabilizzazione del
reddito (IST), per il pagamento di compensazioni finanziarie agli agricoltori
in caso di perdite economiche che possono essere causate da avversità
atmosferiche, epizoozie, fitopatie o
infestazioni parassitarie. In questi termini, - come evidenziato nel PSRN –sono
interventi non sovrapponibili a quelli a valere sul Fondo di Solidarietà
Nazionale.
Le ulteriori misure, annunciate
come urgenti nel PNR, sono strettamente connesse alla necessità di dare
sostegno a settori non più assoggettati a specifica regolamentazione a livello
europeo, come il settore lattiero-caseario, che necessitano di un rilancio di
competitività.
Anche in relazione al
superamento del regime delle quote latte, introdotto a decorrere dal 1984 e
cessato il 31 marzo scorso, il PNR evidenzia la necessità di una riforma
strutturale delle relazioni commerciali nel settore, evidenziata anche dalla
XIII Commissione della Camera, nella risoluzione n. 8-00102, approvata il 9
aprile scorso.
Le misure del PNR sono in linea
con gli obiettivi del Piano straordinario per il latte, già reso noto dal Mipaaf con un comunicato del 31 marzo 2015. Si tratta di
una serie di azioni, talune delle quali già adottate con la legge di stabilità
2015,che ha istituito un Fondo Latte di Qualità per gli investimenti nel
settore, con una dotazione finanziaria di complessivi 108 milioni di euro nel
triennio 2015-2017.
Quanto alla tempistica di
attuazione di tali riforme, il Governo indica le misure di rilancio del settore
lattiero caseario e quelle di gestione del rischio come attuabili entro il
2015, quelle di attuazione della PAC entro dicembre 2015. Non vengono ascritte,
alle misure in questione specifici effetti in termini di impatto sul PIL.
Rilancio della competitività dei settori per la cultura ed il turismo
Il PNR 2015
conferma l’azione di rafforzamento ed integrazione delle sinergie tra le politiche per la cultura e quelle per il turismo,
settori riconosciuti come essenziali per la crescita dell’economia del nostro
paese.
Più in
particolare, il documento evidenzia che il ruolo trasversale della cultura
implica la modifica dei tradizionali
schemi di governance
delle politiche di settore, richiedendo piuttosto la definizione di nuovi
modelli di collaborazione tra i diversi livelli istituzionali e tra soggetti
pubblici e privati.
In tale
ottica, a fine 2014 è stato insediato un tavolo permanente tra Ministero per i beni culturali e il turismo e l’ANCI, in
attuazione del Protocollo d’intesa precedentemente siglato, finalizzato a individuare soluzioni innovative in materia di gestione
dell’offerta culturale delle città. In tale contesto si inserisce anche la
previsione (art. 7, co. 3-quater, D.L. 83/2014-L. 106/2014) del conferimento
annuale del titolo di capitale italiana
della cultura, sulla base di una procedura di selezione definita con
decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo,
d’intesa con la Conferenza unificata.
Una nuova
politica gestionale ha interessato anche il settore dei musei, per il quale è intervenuto il D.M. 23 dicembre 2014. In particolare, il sistema museale italiano è costituito
da 20 musei dotati di autonomia tecnico-scientifica – la cui direzione sarà
affidata con un bando
internazionale emanato il 7 gennaio 2015 a esperti in materia di gestione
museale – e da una rete di 17 Poli regionali. Del sistema museale nazionale
fanno parte i musei statali, nonché, tramite apposite convenzioni stipulate con
il direttore del Polo museale territorialmente competente, ogni altro museo di
appartenenza pubblica o privata.
Relativamente
all’attrazione di capitali privati,
la legge di stabilità 2015 ha ulteriormente ampliato la politica di incentivi
fiscali utilizzati nella forma dei crediti d’imposta, già definita dal D.L.
83/2014 (c.d. Art Bonus), estendendo la possibilità di fruire delle
agevolazioni fiscali tali previsioni anche per il sostegno delle fondazioni
lirico-sinfoniche e dei teatri di tradizione (oltre che alle donazioni per
interventi di manutenzione e restauro dei beni culturali pubblici, per il
sostegno dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica, la produzione
cinematografica e audiovisiva, le sale cinematografiche storiche).
La politica di incentivazione
fiscale interessa altresì il settore più specificamente turistico. Il DEF 2015 pone infatti
l’accento sull’attuazione delle misure che prevedono agevolazioni per la
digitalizzazione delle strutture ricettive e per la ristrutturazione e
riqualificazione delle strutture alberghiere. L’estensione anche alle imprese
turistiche delle agevolazioni fiscali previste per le startup rientra invece tra gli obiettivi che il Governo intende
perseguire entro il 2015.
Per rispondere al consistente digital divide che ostacola gli operatori del sistema, pubblici e privati,
nella programmazione, sviluppo e gestione della promozione e
commercializzazione on-line dell’offerta complessiva di servizi turistici, il
Governo punta all’implementazione della strategia digitale per il turismo.
Tra gli altri interventi da attuare entro il 2015, vi
è altresì la classificazione nazionale delle strutture alberghiere e la
predisposizione di un Piano straordinario per la mobilità turistica.
Rispetto alle linee di azione individuate nel DEF
2014, diversi punti non hanno trovato ancora completa attuazione. In
particolare il Piano strategico per il turismo, punto qualificante delle
politiche di settore dello scorso anno, non è stato adottato, né è citato nel
PNR 2015.
4.2.3 Le politiche per la concorrenza e l’apertura dei mercati
Un significativo filone di interventi volti all’obiettivo dello stimolo della competitività del sistema imprenditoriale è rappresentato, nel DEF 2015, dalle politiche per la concorrenza.
L’Unione Europea ha sottolineato l’importanza (Raccomandazione n. 7) di promuovere l'apertura del mercato e rimuovere gli ostacoli rimanenti e le restrizioni alla concorrenza. Mercati aperti e concorrenziali sono infatti un importante fattore per accrescere l’efficienza e la competitività delle imprese italiane e garantiscono effetti positivi in termini di minori costi, maggiore possibilità di scelta e più tutela per i consumatori.
Già nel DEF 2014 il Governo sottolineava l’esigenza di dare nuovo impulso all’attuazione delle norme in materia di liberalizzazione delle attività economiche, indicando in particolare lo strumento della legge annuale sulla concorrenza quale strumento per porre in atto un’attività periodica di rimozione dei tanti ostacoli e freni, normativi e non, che restano nei mercati dei prodotti e dei servizi. Nel corso del 2014 la legge annuale per la concorrenza non è stata adottata. In particolare il Governo, sulla base delle segnalazioni dell’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato, ha invece adottato, a febbraio 2015 il primo disegno di legge annuale per la concorrenza, che è attualmente all’esame della Camera (A.C. 3012).
Con riguardo ai settori coinvolti il Governo intende intervenire, tramite il disegno di legge, in una serie di ambiti, che corrispondono in larga parte a quelli indicati nelle Raccomandazioni, quali le assicurazioni e fondi pensione, le comunicazioni, i servizi postali, l’energia, le banche, le professioni e la distribuzione farmaceutica. Nel cronoprogramma il Governo fissa alla fine del 2015 l’implementazione delle predette misure.
In ordine al settore assicurativo, con
Per quanto concerne il settore bancario, il Governo intende intervenire con:
· la facilitazione dell’accesso del cliente ai servizi di assistenza, mediante il contenimento dei costi delle relative chiamate telefoniche;
· la predisposizione di strumenti per favorire il confronto tra servizi bancari, in coerenza con la disciplina europea;
· il potenziamento della trasparenza, in occasione di vendita di polizze assicurative accessorie a contratti di finanziamento e mutui.
Con particolare riguardo all’ambito energetico, con riferimento al mercato elettrico e del gas, l’obiettivo governativo, è quello di superare, tramite le misure contenute nel “ddl concorrenza” l’attuale disciplina transitoria della “maggior tutela”, in base alla quale i consumatori finali di gas, cioè consumatori domestici e piccole medie-imprese, e i consumatori domestici di energia elettrica, che non abbiano scelto un fornitore sul mercato libero, vengono approvvigionati a condizioni stabilite trimestralmente dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico. Il Governo ha scelto per tale riduzione del perimetro della tutela una decorrenza differita nel tempo (1 gennaio 2018).
Con riguardo al settore della distribuzione dei carburanti
La raccomandazione n. 7 invita poi ad approvare la normativa in itinere o altre misure equivalenti volte – tra l’altro - a promuovere l’apertura del mercato e a rimuovere gli ostacoli rimanenti e le restrizioni alla concorrenza nei settori dei servizi professionali.
Con riferimento a tale settore, il disegno di legge sulla concorrenza:
· incide sulla professione forense, disciplinando le società tra avvocati e consentendovi l'accesso anche a soci di capitale;
· interviene sulla professione notarile, svincolando il numero e la collocazione dei notai dalla garanzia di un determinato reddito annuo per il professionista e favorendo l'offerta sei servizi notarili attraverso anche un ampliamento del bacino territoriale di riferimento;
· semplifica la compravendita di taluni immobili ad uso non abitativo, rendendo sufficiente il ricorso all'avvocato;
· semplifica la procedura per la costituzione di società a responsabilità limitata.
Infine è intenzione del Governo incidere nel settore della distribuzione farmaceutica, con misure volte ad eliminare il limite di titolarità di quattro licenze in capo ad un unico soggetto e a consentire la titolarità delle stesse in capo ai soci di capitale.
Nel DEF 2015, sempre con riguardo alle tematiche relative alla concorrenza, assumono inoltre specifico rilievo i servizi pubblici locali di rilevanza economica.
Al riguardo,
Il Governo indica, tra gli interventi finora compiuti, la costituzione dell’Osservatorio per i servizi pubblici locali presso il Ministero dello sviluppo economico, che in particolare dovrebbe assistere e vigilare sugli enti affidanti dei servizi nella redazione delle relazioni tecniche di affidamento, garantendone l’uniformità rispetto alla disciplina europea. In proposito, si segnala che i compiti e l’organizzazione dell’Osservatorio sono stati definiti con un decreto ministeriale di agosto 2014. Devono tuttavia essere ancora pubblicate le relazioni degli enti affidanti. Proprio al fine di sbloccare i ritardi nella costituzione degli ambiti territoriali ottimali, nell’istituzione dei relativi enti di governo e dei nuovi affidamenti su scala d’ambito, con la legge di stabilità 2015 è stato introdotto l’obbligo generalizzato per gli enti locali di aderire agli enti di governo degli ambiti prevedendo, in caso di mancata adesione al 1° marzo 2015 o entro sessanta giorni dall’istituzione o designazione dell’ente d’ambito, l’esercizio di poteri sostitutivi da parte del Presidente della Regione. Inoltre sono state adottate specifiche misure di incentivazione, anche economica, per superare la frammentazione organizzativa e gestionale dei SPL.
Nel 2015, il Governo intende dare una sistematizzazione alle numerose e complesse norme sui SPL che si sono succedute nel tempo con l’obiettivo di renderle più agevolmente applicabili. A tal fine, il disegno di legge delega di riforma della p.a. in corso di esame al Senato (AS 1577) contiene una delega per il riordino della disciplina dei servizi pubblici locali. Il Governo ritiene di concludere l’esame del provvedimento entro luglio 2015 e di approvare i decreti attuativi entro dicembre 2015.
In attesa di una compiuta riforma del settore dei servizi pubblici locali alcuni interventi di natura regolatoria hanno interessato il comparto idrico dove, oltre all’istituzione del nuovo Metodo Tariffario Idrico (MTI) - usato per la prima volta per calcolare le tariffe del periodo 2014-2015, sono stati fatti alcuni pasi avanti per razionalizzare le gestioni, mentre altre misure hanno riguardato il trasporto e i rifiuti.
In particolare, il D.L. 133/2014 “Sblocca Italia” è intervenuto sulle infrastrutture del settore idrico e per l’individuazione degli Enti di governo dell’ambito, introducendo la possibilità dell’affidamento diretto del servizio nell’ambito dell’Ato, purché a favore di società in possesso dei requisiti richiesti dall’ordinamento europeo per la gestione cosiddetta in house, partecipate esclusivamente e direttamente da enti locali compresi nell’ambito territoriale ottimale. Nel comparto dei rifiuti sempre il decreto Sblocca Italia ha previsto misure per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato e integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio.
Nell’ambito degli interventi in risposta alla Raccomandazione 8, si segnalano inoltre le misure in materia di concessioni autostradali di cui all’articolo 5 del D.L. 133/2014 finalizzate a consentire modifiche del rapporto concessorio attraverso l’aggiornamento o la revisione anche mediante l'unificazione di tratte interconnesse, contigue ovvero tra loro complementari, ai fini della loro gestione unitaria; relativamente a tali misure, la Commissione, nel documento sugli squilibri macroeconomici, sottolinea che la possibilità di proporre modifiche alle concessioni, e in tal modo beneficiare di proroghe, potrebbe precludere il mercato configurando possibili profili di incompatibilità con il diritto dell’UE.
Nell’ambito dei trasporti, il programma nazionale di riforma contempla interventi volti a promuovere la concorrenza con specifico riferimento al trasporto pubblico locale e all’ordinamento portuale.
Per quanto concerne il trasporto pubblico locale, si segnala che è in corso di predisposizione un disegno di legge volto a razionalizzare l’erogazione dei sussidi nel settore ed a garantire che gli affidamenti avvengano con procedure competitive (mentre gli affidamenti in house dovrebbero rappresentare una categoria residuale). Si annuncia inoltre l’intenzione di affrontare “con spirito di apertura al mercato” il tema del trasporto pubblico non di linea e dei servizi legati alla mobilità innovativa e alla sharing economy.
Per quanto concerne l’ordinamento portuale, si ribadisce l’intenzione di una riforma del settore (i cui contenuti dovrebbero emergere dal piano generale della portualità e logistica previsto dal decreto-legge n. 133/2014, sul punto si rinvia alla scheda relativa a infrastrutture e trasporti) che conduca ad una razionalizzazione del ruolo delle autorità portuali e a una riduzione del loro numero.
Per ulteriori elementi si rinvia alla scheda relativa alle infrastrutture e trasporti.
La giustizia riveste un ruolo significativo nel quadro delle riforme strutturali indicate dal DEF, a partire dalla riduzione dei margini di incertezza dell'assetto giuridico per alcuni settori, sia dal punto di vista della disciplina generale, sia dal punto di vista degli strumenti che ne assicurano l'efficacia (ad esempio, la riforma della giustizia civile).
La giustizia rientra tra le aree di intervento per le riforme strutturali, suscettibile di produrre effetti macroeconomici. Nel DEF, tali effetti sono valutati pari allo 0,1 per cento del PIL entro il 2020, allo 0,2 per cento del PIL entro il 2025 e allo 0,9 per cento del PIL nel lungo periodo.
Merita ricordare che il quadro di valutazione UE sulla
giustizia (The Eu Justice Scoreboard),
presentato dalla Commissione Europea nel marzo 2015, conferma che un sistema di
giustizia efficace svolge un ruolo essenziale per creare un contesto favorevole
agli investimenti, ripristinare la fiducia, favorire una crescita sostenibile
oltre a determinare una maggiore prevedibilità nella regolazione. La
Commissione mette a confronto in quel documento i dati di base sull’efficienza
della giustizia civile.
Le riforme dei sistemi giudiziari sono, quindi, diventate parti integranti dei programmi di aggiustamento economico e fin dal 2012 l’Italia, insieme ad altri cinque Paesi membri, è stata individuata dalla UE tra gli Stati con particolari problematicità, attinenti in particolare alla durata dei procedimenti giudiziari e all’organizzazione del sistema giustizia.
Tra i provvedimenti di riforma considerati nello scenario rilevante per la clausola di flessibilità sono comprese nel DEF anche le misure di semplificazione nel settore della giustizia.
La specializzazione degli uffici giudiziari e il conseguimento di economie di scala attraverso la distribuzione geografica degli uffici giudiziari sono a tal fine due strumenti indicati dal documento.
Inoltre, lo snellimento del processo civile è perseguito attraverso il piano di digitalizzazione della giustizia, in particolare per accelerare il completamento del processo civile telematico, e l’introduzione di modalità di risoluzione delle controversie esterne ai tribunali e nuove formule di determinazione degli onorari degli avvocati.
Gli interventi diretti a contrastare i fenomeni di corruzione nel settore pubblico sono poi volti a favorire gli investimenti delle imprese in Italia e a tal fine è stata prima istituita e poi rafforzata l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC).
Inoltre, in materia di corruzione e tempi di prescrizione di alcuni reati, ulteriori misure sono al vaglio del Parlamento.
Il DEF dedica un paragrafo alla giustizia, anche in risposta alla raccomandazione n. 3 sulla efficienza e qualità della Pubblica Amministrazione, segnala la necessità di potenziare ulteriormente l'efficacia delle misure anticorruzione, anche rafforzando i poteri dell'autorità nazionale anticorruzione; monitorare tempestivamente gli effetti delle riforme adottate per aumentare l'efficienza della giustizia civile, con l'obiettivo di garantirne l'efficacia, e attuare interventi complementari, ove necessari.
Gli ambiti affrontati sono i seguenti:
· giustizia civile
· riforme ordinamentali e organizzative
· settore penale
· rafforzamento delle misure per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella PA
· la valorizzazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata.
Rispetto al DEF 2014, trovano una specifica e autonoma trattazione le riforme ordinamentali e organizzative, unitamente alla lotta alla corruzione e alla valorizzazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Nel DEF 2015 non costituiscono più ambiti di intervento autonomamente trattati la giustizia amministrativa e il sistema carcerario.
Nel complesso, il DEF 2015 si sviluppa lungo una linea di continuità con quello dello scorso anno, contraddistinta dal legame tra efficienza del sistema giudiziario e ripresa economica.
Nel DEF 2015, per ogni ambito sono individuate alcune azioni, per ciascuna delle quali sono specificate descrizione, finalità e tempi di realizzazione.
Con riguardo alla giustizia civile, le azioni interessano: il tribunale delle imprese, con l’estensione delle competenze delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale, e la disciplina delle crisi d’impresa; il tribunale della famiglia e della persona; le misure acceleratorie del processo civile; l’adozione in favore delle famiglie affidatarie e il divorzio breve. Tali settori sono fatti oggetto di un disegno di legge del Governo presentato alla Camera dei deputati (giustizia civile), di una proposta di legge già approvata dal Senato (adozione) e di un’altra modificata dal Senato dopo la prima approvazione della Camera dei deputati (divorzio breve).
Con riguardo alle riforme ordinamentali e organizzative, le azioni individuate investono sia il Parlamento per le modifiche legislative sia l’amministrazione competente per gli adeguamenti organizzativi. Tali azioni riguardano la riforma della magistratura onoraria, la riorganizzazione del Ministero della giustizia, il processo civile e penale telematico, l’ufficio del processo, l’accesso in magistratura, lo sviluppo di un sistema informativo integrato per il monitoraggio delle pendenze in materia civile (Strasburgo 2), la geografia giudiziaria, la razionalizzazione dei processi di spesa nella gestione e funzionamento degli uffici giudiziari, l’assunzione di nuove professionalità, la formazione e riqualificazione del personale giudiziario.
In particolare, sul processo civile telematico, il D.L. n. 90/2014 ha disposto l’obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali nei procedimenti civili. Tramite il portale dei servizi nazionali di giustizia, è possibile per chiunque la consultazione on line dello stato della causa in forma anonima e per i dati generici.
Si ricorda che, nel 2011, il Governo ha adottato un Piano straordinario per la digitalizzazione della giustizia. In particolare, l’art. 4 del decreto-legge 193/2012 ha disposto che nel processo civile e nel processo penale, tutte le comunicazioni e notificazioni per via telematica si effettuano mediante posta elettronica certificata (PEC). Per la prima volta, dunque, la disciplina del processo telematico è stata estesa anche al settore penale. Il provvedimento ha inoltre stabilito che negli uffici giudiziari indicati nei singoli decreti ministeriali attuativi, siano effettuate per via telematica ad un indirizzo di posta elettronica certificata una serie di notificazioni e comunicazioni nei procedimenti civili e penali e nelle procedure concorsuali.
Nella relazione sullo stato della giustizia (anno 2014), presentata dal ministro della giustizia il 19 gennaio 2015 (doc. CCXI, n. 2), sono forniti alcuni elementi e dati concernenti: la diffusione del processo civile telematico in vista degli obblighi previsti per il 30 giugno 2014; la diffusione dei registri penali SICP (sistema informativo della cognizione penale); la diffusione delle comunicazioni e notifiche nel processo penale in vista degli obblighi previsti per il 15 dicembre 2014; il potenziamento e il consolidamento delle infrastrutture tecnologiche destinate alla giustizia ed incremento della sicurezza, anche con riguardo alla protezione dagli attacchi di tipo cyber; l’integrazione nel sistema di Data-warehouse dei dati di ambito esecuzione civile e procedure concorsuali (registri SIECIC).
Con riguardo al settore penale, è individuata un’azione complessivamente dedicata alle modifiche alla normativa processuale e sostanziale ed essenzialmente contenuta nel disegno di legge n. 2798, all’esame della Camera dei deputati. Sono previsti interventi sui seguenti aspetti del diritto processuale penale: a) estensione della procedibilità a querela; b) estinzione del reato per riparazione del danno; c) diritti difensivi in fase di indagine; d) garanzie nell’acquisizione dei tabulati telefonici e nelle intercettazione di comunicazioni e conversazioni telefoniche o telematiche; e) riduzione dei tempi di durata del processo penale mediante interventi sull’udienza preliminare, sui riti alternativi e sulle impugnazioni; f) potenziamento degli strumenti investigativi (con il già approvato decreto legge per la lotta al terrorismo anche internazionale e mediante l’istituzione della banca dati nazionale del DNA). Nel settore del diritto penale sostanziale sono previsti i seguenti interventi: a) revisione della prescrizione dei reati (oggetto di una proposta di legge approvata dalla Camera e all’esame del Senato); b) riordino del codice penale; c) depenalizzazione dei reati di minore allarme sociale (oggetto di una delega contenuta nella legge n. 67 del 2014).
Ulteriori azioni interessano: misure volte a rafforzare il contrasto alla criminalità organizzata e ai patrimoni illeciti e il contrasto alla corruzione (oggetto della proposta di legge n. 3008, già approvata dal Senato); il disegno di legge recante misure in materia di estradizione per l’estero; il completamento del piano d’azione per il sovraffollamento carcerario.
Per quest’ultimo ambito, in base ai recenti interventi legislativi, sono state adottate misure volte a limitare in talune ipotesi l’esecuzione della pena in carcere. In particolare, qualora il giudice procedente ritenga che possa essere concessa la sospensione condizionale della pena, oppure la pena detentiva da irrogare possa essere contenuta in un massimo di tre anni, non possono essere disposte le misure della custodia cautelare o degli arresti domiciliari.
È stato introdotto nell’ordinamento giudiziario penale l’istituto della sospensione del procedimento penale con messa alla prova, inserita tra le cause estintive del reato. La misura consiste in condotte riparatorie, nell’affidamento dell’imputato al servizio sociale e nella prestazione di lavoro di pubblica utilità. La sospensione del processo con messa alla prova può essere richiesta dall’imputato nei procedimenti per reati puniti con pena pecuniaria, ovvero con reclusione fino a 4 anni.
Gli interventi normativi adottati hanno prodotto una consistente diminuzione della popolazione carceraria: si è passati da circa 66.000 detenuti (con una capienza regolamentare di 47.040 posti), presenti al momento della condanna della Corte di Strasburgo nella sentenza Torreggiani del gennaio 2013, a circa 54.000 al marzo 2015 (con una flessione di circa il 20 per cento e con una capienza regolamentare pari a 49.494 posti).
Sul piano organizzativo, con decreto ministeriale del marzo 2015 è stata definita la struttura e la composizione dell’ufficio del Garante nazionale dei diritti e delle persone detenute o private della libertà personale. L’istituzione del Garante nazionale rappresenta una puntuale risposta alle criticità evidenziate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo con la sentenza del 2013, circa la presenza di efficaci strumenti di tutela dei diritti delle persone private della libertà personale
Con riguardo al rafforzamento delle misure per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella p.a., sono individuate azioni relative al rafforzamento delle misure preventive e al ruolo dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), al superamento della frammentazione delle stazioni appaltanti.
Infine, la valorizzazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata interessa in particolare la definizione di una strategia nazionale. Sul tema sono in corso di esame alla Camera le proposte di legge n. 1138 e abbinate.
Quanto agli effetti macroeconomici, le misure considerate per la giustizia mirano all’aumento dell’efficienza tanto di quella civile quanto di quella penale.
Il DEF fa ricorso a stime della Commissione Europea sugli indicatori di efficienza giudiziaria e sul flusso di investimenti esteri diretti. In particolare, le riforme considerate nello studio della Commissione Europea comporterebbero: i) una riduzione del numero dei tribunali di prima istanza del 48 per cento a seguito di una riorganizzazione geografica dei tribunali e ii) una riduzione del tasso di litigiosità del 2,9 per cento generato da una riforma sulla mediazione.
4.2.5 Infrastrutture e trasporti
Infrastrutture
Per quanto riguarda le infrastrutture materiali, il PNR 2015 evidenzia innanzitutto (par.
I.11), in continuità con quanto affermato nel precedente documento,
l’importanza di proseguire gli interventi, già avviati nel 2014, nella
direzione della semplificazione (misure contenute soprattutto nel D.L. n.
133/2014 cd. “Sblocca Italia”) e della lotta alla corruzione (che ha
determinato l’istituzione dell’Autorità nazionale anticorruzione - ANAC). Tra i
provvedimenti in corso di esame in tale ambito, il documento prospetta
l’adozione, entro il mese di dicembre 2015, del disegno di legge delega (A.S.
1678, all’esame del Senato) per il recepimento delle nuove direttive europee
2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, che riformano nel complesso la disciplina
degli appalti pubblici e delle concessioni, la cui attuazione determinerà una
modifica della disciplina contenuta nel Codice dei contratti pubblici (d.lgs.
163/2006).
Ulteriori misure rilevanti nel settore degli appalti pubblici sono, inoltre, collegate (par. I.2 e
I.15) alla razionalizzazione delle centrali d’acquisto della pubblica amministrazione, disciplinata dall’articolo 9 del D.L. 66/2014, al fine di pervenire a
un elenco ristretto di soggetti aggregatori; in proposito, il documento prevede
di pervenire entro il
Sul fronte degli investimenti infrastrutturali, il programma sottolinea l’importanza strategica del Piano per gli Investimenti per l’Europa, cd Piano Juncker, e della creazione del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), la cui operatività potrà contribuire al finanziamento di importanti progetti. Vengono, altresì, prospettati entro il mese di giugno 2015 il finanziamento dei progetti trasmessi alla Commissione europea a valere sulle risorse della Connecting Europe Facility e l’approvazione da parte della Commissione europea del Programma operativo infrastrutture e reti 2014-2020. Nel contempo, il documento pone l’attenzione sulla necessità di destinare finanziamenti alle opere piccole e medie al fine di assicurare la manutenzione del territorio e del patrimonio pubblico; in tale ambito, sono ricompresi gli interventi segnalati dai sindaci e finanziati nell’ambito delle risorse stanziate dal D.L. 133/2014, il cui completamento è previsto entro il 2017, e quelli riguardanti i beni immobili demaniali e il dissesto idrogeologico, anch’essi finanziati dal predetto decreto, il cui completamento è previsto entro il 2018.
Quanto al finanziamento delle infrastrutture, il
programma rileva la necessità, per un verso, di una programmazione strategica
finalizzata a promuovere le opere
prioritarie e, per l’altro, di un coinvolgimento del capitale privato
attraverso varie forme di partenariato
pubblico-privato (PPP). Relativamente al primo profilo, l’allegato al DEF,
che reca l’aggiornamento del Programma delle infrastrutture strategiche (PIS),
elenca, tra l’altro, venticinque opere prioritarie il cui costo è pari a 70,93
miliardi di euro di cui 48 disponibili. Per quanto riguarda invece il
coinvolgimento dei privati nelle opere infrastrutturali, il documento, entro il
mese di dicembre 2015, prevede la creazione di una Unità tecnica
interministeriale per la valutazione dei profili di bancabilità delle opere da
realizzare con la finanza di progetto e uno standard
unificato per i bandi, le procedure e i contratti, nel rispetto degli obiettivi
e della natura del progetto oggetto di bando. Ulteriori azioni in tale ambito
interessano la trasparenza del flusso di informazioni e il monitoraggio delle
opere, nonché lo studio di specifiche disposizioni riguardanti i modelli di PPP
contestualmente al recepimento delle nuove direttive europee.
Con riguardo alle misure adottate in risposta alla
raccomandazione n.
Ulteriori azioni riguardano, infine, l’attuazione del Piano per l’emergenza abitativa, entro il 2016, e del Piano per le città, che sarà finanziato fino al 2017.
Il D.L. n. 47/2014 contiene una serie di misure volte: al rifinanziamento del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione e del Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli; alla riduzione della cedolare secca per i contratti a canone concordato dal 15 al 10 per cento, per il quadriennio 2014-2017; al recupero degli alloggi di edilizia residenziale pubblica (ERP); a incentivare l’edilizia residenziale sociale.
In attuazione di quanto previsto dal D.L. n. 83 del 2012, nel PNR 2015 si ricorda che si è proceduto alla selezione di 28 progetti a cui è stata garantita la copertura finanziaria in parte con fondi nazionali ed in parte con fondi del Piano di azione e coesione (PAC). Sono stati inoltre sottoscritti 28 contratti di valorizzazione urbana e firmate 24 convenzioni per la definizione delle modalità di erogazione del finanziamento e di monitoraggio degli interventi. I finanziamenti destinati al Piano nazionale per le città, risultano pari ad un totale di 318 milioni di cui 224 milioni di fondi nazionali e 94 milioni di fondi del PAC.
In merito alle infrastrutture
energetiche,
Il Governo ritiene di concludere entro l’anno la procedura per l’individuazione delle infrastrutture energetiche con l’adozione di un provvedimento che individuerà i criteri di selezione, in particolare i nuovi terminali GNL, coerenti con le previsioni contenute nella SEN, a cui applicare l’iter autorizzativo semplificato previsto dal decreto “sblocca-Italia”.
Per quanto concerne le infrastrutture immateriali, il programma nazionale di riforma segnala (si veda in particolare la scheda n. 61 del capitolo relativo alle azioni di riforma a livello nazionale) la predisposizione da parte del Governo della strategia nazionale banda ultralarga e della strategia per la crescita digitale, entrambe approvate dal Consiglio dei ministri nella riunione del 3 marzo 2015. La tabella del cronoprogramma di governo indica per il piano banda ultralarga un’attuazione nel periodo 2015-2020.
Si ricorda che la strategia per la crescita digitale prevede un percorso per la digitalizzazione del Paese capace di determinare il progressivo switch off dell’opzione analogica per la fruizione dei servizi pubblici, progettando la digitalizzazione della pubblica amministrazione, e di garantire crescita economica e sociale, attraverso lo sviluppo di competenze nelle imprese e di diffusione di cultura digitale fra i cittadini che generi nuova offerta capace di competere sui mercati globali;
La strategia italiana per la banda ultralarga prevede invece, tra le altre cose, la suddivisione del territorio nazionale in quattro tipologie di cluster con costi e complessità di infrastrutturazione crescenti, prevedendo, attraverso una sinergia di interventi pubblici e privati, per le aree dei cluster A e per la maggioranza delle aree del cluster B l’infrastrutturazione con reti di banda ultralarga a 100 Mbps, mentre per le aree dei cluster C e D è prevista un’infrastrutturazione con reti di banda larga veloce ad almeno 30 Mbps.
Il DEF 2015 ricorda anche l’attuazione in corso delle disposizioni previste dall’art. 6 del decreto-legge n. 133/2014 (cd. DL Sblocca Italia) in materia di riconoscimento di un credito di imposta IRES ed IRAP entro il limite massimo del 50 per cento dell’investimento aggiuntivo rispetto a quanto già previsto dai piani industriali degli operatori. In particolare, risulta in via di predisposizione il decreto attuativo del Ministero dello sviluppo economico chiamato ad individuare condizioni, criteri, modalità operative, di controllo e attuative per la fruizione del credito d’imposta nonché il procedimento per l'individuazione, da parte del CIPE, del limite degli interventi agevolabili.
Trasporti
Nel settore dei trasporti, il programma nazionale di riforma
(paragrafo I.11) conferma, in ambito
aeroportuale, la centralità attribuita già nel DEF 2014 al piano nazionale
degli aeroporti, di cui si prevede l’approvazione entro giugno 2015. Si
specifica che la stesura finale del piano dovrà tenere conto delle integrazioni
decise in sede di Conferenza Stato-regioni (
Anche in ambito portuale, è ribadita l’esigenza dell’adozione, entro giugno 2015[88], del piano nazionale della portualità e della logistica (la cui adozione è anche prevista ai sensi dell’art. 29 del decreto-legge n. 133/2014, cd. DL Sblocca Italia). Laddove il DEF 2014 sottolineava l’esigenza dell’individuazione, nell’ambito del piano, di distretti portuali e logistici nell’ambito dei corridoi della rete transeuropea TEN-T, e, quindi, dell’individuazione di una sola Autorità portuale di interesse nazionale per ciascun distretto, ritenendo imprescindibile il superamento della “logica delle 24 autorità portuali”, il DEF 2015 prevede[89] una “gerarchizzazione della rete, l’individuazione di bacini portuali di rilevanza nazionale” e “l’individuazione e implementazione di un modello di governance che centralizzi gli indirizzi strategici”, nonché una “semplificazione delle rete delle autorità portuali”. In questo quadro, il PNR prevede che la riforma dell’ordinamento portuale conduca a “una razionalizzazione del ruolo delle autorità portuali e a una riduzione del loro numero”. In questo contesto si dovrà anche provvedere al completamento dei corridoi europei e al miglioramento delle infrastrutture di collegamento stradali e ferroviarie di ultimo miglio.
Al riguardo si ricorda che il documento sugli squilibri macroeconomici della Commissione europea (SWD(2015)31) segnala, nell’ambito dell’attuazione della raccomandazione 8, i “progressi limitati” compiuti per quanto concerne le infrastrutture strategiche nel settore dei porti, citando anche la mancata adozione del piano strategico per la portualità previsto “dal decreto legge n. 90/2014” (in realtà si tratta, come già segnalato, del decreto-legge n. 133/2014; il termine per l’adozione del piano è scaduto il 9 febbraio 2015).
Per quanto concerne il trasporto pubblico locale e ferroviario il programma nazionale di riforma 2015 indica la necessità (con attuazione prevista nel 2016) di un coordinamento tra la programmazione dei servizi e la programmazione degli investimenti al fine di migliorare progressivamente gli indicatori di efficientamento e razionalizzazione del settore. Si intende anche garantire la concorrenza e la trasparenza dei servizi locali e in particolare quella del trasporto locale ferroviario coadiuvandosi con l’Autorità dei trasporti.
In proposito il documento sugli squilibri macroeconomici sulla Commissione europea registra, con riferimento all’attuazione della raccomandazione 8, i “notevoli progressi per quanto riguarda l’Autorità di regolazione dei trasporti, che è attualmente operativa anche se sotto organico”[90].
Il DEF 2015 annuncia poi la predisposizione di un
disegno di legge di riforma del trasporto pubblico locale volto a
razionalizzare l’erogazione dei sussidi nel settore ed a garantire che gli
affidamenti avvengano con procedure competitive (mentre gli affidamenti in house
dovrebbero rappresentare una categoria residuale). Si annuncia inoltre
l’intenzione di affrontare “con spirito di apertura al mercato” il tema del
trasporto pubblico non di linea e dei servizi legati alla mobilità innovativa e
alla sharing economy. Si prevede infine
l’approvazione entro la fine del 2015 dei costi-standard nel settore del
trasporto pubblico locale (in materia l’art. 1, co. 84, della legge di
stabilità
In materia di trasporto stradale, il DEF 2015 conferma l’esigenza, già segnalata nel DEF 2014, di un superamento, per l’autotrasporto, della “logica di erogazione annuale di risorse”.
Merita segnalare che nel frattempo è
intervenuta la riforma del settore operata con la legge di stabilità 2015 (L.
n. 190/2014, art. 1 commi da
Il DEF segnala inoltre l’approvazione con il DPCM 26 settembre 2014 del piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica; il documento si impegna infine ad attuare entro il luglio 2015, la piattaforma telematica nazionale dei sistemi di trasporto intelligente (ITS) prevista dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 1° febbraio 2013.
Con tale decreto si dava attuazione all’articolo 8 del decreto-legge n. 179/2012 che ha recepito nell’ordinamento interno la direttiva 2010/40/UE in materia di sistemi di trasporto intelligente.
Per quanto riguarda il mercato del lavoro, il Documento
di economia e finanza (di seguito “Documento”), nella sezione dedicata al
Programma nazionale di riforma (PNR, I-8) richiama assai ampiamente il Jobs act (legge n. 183/2014), ossia il
principale provvedimento di riforma del mercato del lavoro sin qui adottato,
recante cinque deleghe legislative
che intervengono su importanti e vasti ambiti del diritto del lavoro.
Si tratta delle seguenti deleghe:
·
delega in materia di ammortizzatori sociali, finalizzata a razionalizzare le
forme di tutela esistenti, differenziando l'impiego degli strumenti di
intervento in costanza di rapporto di lavoro (Cassa Integrazione) da quelli
previsti in caso di disoccupazione involontaria (ASpI);
·
delega in materia di servizi
per il lavoro e di politiche attive, avente lo scopo di riordinare la
normativa in materia di servizi per il lavoro, per garantire la fruizione dei
servizi essenziali in materia di politiche attive del lavoro su tutto il
territorio nazionale, razionalizzando gli incentivi all'assunzione e
all'autoimpiego e istituendo una cornice giuridica nazionale che faccia da
riferimento anche per le normative regionali e provinciali;
·
delega in materia di semplificazione delle procedure
e degli adempimenti,
per conseguire obiettivi di semplificazione e razionalizzazione delle procedure
di costituzione e gestione dei rapporti di lavoro, al fine di ridurre gli
adempimenti a carico di cittadini e imprese;
·
delega in materia di riordino delle forme contrattuali
e dell'attività ispettiva,
finalizzata a rafforzare le opportunità d'ingresso nel mondo del lavoro e a
riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con
le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo, nonché a rendere
più efficiente l'attività ispettiva;
·
delega in materia di tutela e conciliazione delle
esigenze di cura, di vita e di lavoro, avente lo scopo di garantire adeguato sostegno alla
genitorialità e favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di
lavoro per la generalità dei lavoratori.
Gli effetti della riforma in termini di impatto sul PIL, una volta pienamente implementata con l’adozione di tutti i decreti legislativi attuativi, sono quantificati in 0,6% nel 2020 e in 1,3% nel lungo periodo.
A tale riguardo il Documento ricorda innanzitutto che
in attuazione della delega sono stati fin qui approvati due decreti
legislativi, relativi al contratto a
tutele crescenti e all'introduzione di nuovi ammortizzatori sociali.
Il primo (D.Lgs. 23/2015), relativo al contratto a tutele crescenti, introduce una nuova disciplina delle conseguenze dei licenziamenti illegittimi, individuali e collettivi, per i lavoratori assunti a tempo indeterminato successivamente alla sua entrata in vigore, eliminando ogni possibilità di reintegrazione nel posto di lavoro in caso di licenziamenti economici e circoscrivendola nel caso di licenziamenti disciplinari. In quest'ultimo caso la reintegrazione del lavoratore sarà possibile solo nel caso di insussistenza del fatto materiale, direttamente dimostrata in giudizio.
Il secondo (D.Lgs. 22/2015) prevede l'introduzione di nuovi ammortizzatori sociali per il 2015, denominati Nuova assicurazione sociale per l'impiego (NASpI), Assegno sociale di disoccupazione (ASdI) e Indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa (DIS-COLL), a fronte del superamento degli ammortizzatori sociali vigenti (ASpI, mini-ASpI e indennità una tantum per i collaboratori coordinati e continuativi). Il provvedimento prevede, poi, in un'ottica di rafforzamento delle politiche attive, l'introduzione del nuovo contratto di ricollocazione.
Il Documento, richiamati i due ulteriori schemi di decreto legislativo già trasmessi alle Camere per l’espressione del parere da parte delle Commissioni competenti, relativi al riordino delle forme contrattuali e alla disciplina delle mansioni (n.158) e alle misure per favorire la conciliazione tra tempi di cura, di vita e di lavoro (n.157), definisce poi un cronoprogramma per la successiva attuazione della delega, prevedendo l’adozione dei seguenti ulteriori schemi di decreto legislativi:
· entro maggio 2015, lo schema di decreto in materia di semplificazione delle procedure e degli adempimenti connessi al rapporto di lavoro e lo schema di decreto sull’Agenzia per l’attività ispettiva;
· entro giugno 2015, lo schema di decreto in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro e lo schema di decreto in materia di politiche attive.
Si fa presente che il cronoprogramma non sembra prevedere l’adozione di
decreti legislativi volti ad attuare talune parti della legge delega, in
particolare quelle relative all’introduzione del tax
credit quale incentivo al lavoro femminile[91]
e alla cessione di giorni di riposo aggiuntivi fra lavoratori dipendenti dello
stesso datore di lavoro[92].
Il Documento prevede inoltre la presentazione, entro il 2015, di un disegno di legge governativo "per consentire, attraverso la contrattazione aziendale (o territoriale), l’adozione di modelli di partecipazione dei lavoratori nella vita delle imprese e per favorire l’evoluzione nelle relazioni industriali, con il superamento della conflittualità attraverso la ricerca di obiettivi condivisi".
Il programma nazionale di riforma, nella sezione dedicata alle risposte alla Raccomandazione n.5 in materia di mercato del lavoro (sezione III.1), oltre a richiamare il Jobs act e il relativo processo di attuazione della delega, si sofferma sui seguenti aspetti:
· monitoraggio delle riforme del mercato del lavoro: a tale riguardo il documento ricorda che è tuttora operante il sistema permanente di monitoraggio attivato dalle legge n.92/2012 (legge Fornero), nell’ambito del quale la legge n.183/2014 (Jobs act) prevede che si proceda al monitoraggio delle nuove discipline normative adottate con i decreti legislativi attuativi della delega.
Al riguardo si osserva che la Raccomandazione n.5 chiedeva all’Italia, in modo assai puntuale, che entro la fine del 2014 si procedesse alla valutazione degli effetti delle riforme del mercato del lavoro e del quadro della contrattazione salariale sulla creazione di posti di lavoro. Tale indicazione non ha avuto seguito, ove si consideri che l’ultimo Rapporto sugli effetti delle riforme del mercato del lavoro (per quanto concerne le tipologie contrattuali) risale a gennaio 2014 (a fronte di una periodicità che la legge prevede almeno annuale);
· tutele per la disoccupazione e sostegno al reddito: a tale riguardo il documento (oltre al Jobs act e al decreto attuativo in materia di ammortizzatori) ricorda lo stanziamento di 1,3 miliardi di euro nel 2015 per gli ammortizzatori sociali in deroga e la ridefinizione (in termini restrittivi) dei criteri di accesso agli ammortizzatori sociali in deroga e alla CIG in deroga;
· garanzia giovani[93]: a tale riguardo il documento fa presente, in primo luogo, che a febbraio 2015 la Commissione UE ha proposto di aumentare dall’1% al 30% il tasso di prefinanziamento dell’iniziativa, con la conseguenza che si renderebbe disponibile una somma complessiva nel 2015 per l’Italia 170 milioni (invece dei 5,6 milioni previsti); inoltre, ricorda che tra le azioni previste dal Programma italiano volte a dare attuazione alla Garanzia giovani, vi è anche la previsione del cosiddetto "bonus occupazione", un incentivo per le assunzioni di giovani con specifici requisiti;
· misure per incentivare la disoccupazione: a tale riguardo il documento richiama i provvedimenti assunti dal Governo per la riduzione del cuneo fiscale, come gli 80 euro in busta paga per i dipendenti con reddito annuo fino a 26.000 euro, la deducibilità del costo del lavoro dalla base imponibile IRAP e l’esenzione contributiva triennale totale (entro il limite di 8.040 euro annui) per le nuove assunzioni a tempo indeterminato fatte nel 2015;
· semplificazione dei contratti a termine e dell’apprendistato: a tale riguardo il Documento richiama il decreto legge n.34/2014, che ha introdotto semplificazioni per l’accesso a tali forme contrattuali. Per quanto riguarda il contratto a termine, in particolare, è stata eliminata la necessità di indicare la causale ed è stata prevista la possibilità di prorogare il contratto fino a 5 volte; a fronte di ciò, è stato introdotto un tetto all'utilizzo di tale contratto, pari al 20% dei lavoratori a tempo indeterminato dipendenti dallo stesso datore di lavoro. Per quanto attiene all'apprendistato sono state semplificate le procedure per la redazione del piano formativo e per lo svolgimento della formazione pubblica; inoltre sono stati attenuati gli obblighi di stabilizzazione e fissati criteri volti al contenimento della retribuzione nell'apprendistato di primo livello.
Per quanto concerne la valutazione delle attività posta in essere dal nostro Paese in relazione alle raccomandazioni in materia di mercato del lavoro formulate a livello europeo, merita ricordare brevemente le considerazioni svolte dalla Commissione europea nella Relazione per Paese relativa all’Italia 2015. In tale documento la Commissione rileva in primo luogo che sebbene non sono stati compiuti progressi ai fini del conseguimento degli obiettivi Europa 2020 in materia di occupazione, i tassi di attività hanno resistito grazie alla crescente partecipazione degli anziani (anche per effetto del sensibile aumento dell’età pensionabile conseguente alla riforma previdenziale del 2011) e delle donne alla forza lavoro.
A fronte di ciò, tuttavia, persistono tassi assai elevati di disoccupazione giovanile e di giovani NEET, con conseguenze potenzialmente gravi per l’accumulazione del capitale umano (soprattutto ove si consideri che a differenza di altri Stati membri, come la Spagna, ove si registrano alti tassi di disoccupazione giovanile, in Italia la diminuzione dei tassi di attività giovanile non è associata a un allungamento del tempo trascorso nel sistema scolastico e formativo.
Per quanto riguarda le politiche attive il documento evidenzia che esse non sono sufficientemente sviluppate per affrontare in modo adeguato le carenze del mercato del lavoro italiano. Ciò è da ricondurre principalmente alla scarsa efficienza dei servizi dell’impiego, alla ridotta cooperazione tra questi e le agenzie private e, più in generale, al fatto che la spesa per le politiche attive è inferiore alla media dell’unione europea ed è destinata solo in parte modesta all’assistenza nella ricerca di lavoro; inoltre, manca un coordinamento efficace tra le politiche di attivazione e il sistema delle indennità di disoccupazione, ossia tra politiche attive e passive. A tale riguardo il documento guarda con favore alla riforma delle politiche attive prevista dal Jobs act e, in particolare, al possibile miglioramento della governance del sistema che potrà discendere dalla creazione di un’agenzia nazionale.
Il documento osserva, poi, che sono stati fatti progressi limitati nella promozione dell’occupazione femminile, mentre le misure adottate per combattere la disoccupazione giovanile sono state insufficienti, soprattutto per quanto attiene alla transizione tra scuola e lavoro.
Con riguardo alla Garanzia giovani, il documento, preso atto positivamente della rapida mobilitazione dei fondi dell’unione europea, osserva che i risultati sono ancora limitati, in quanto manca una collaborazione concreta tra tutti i soggetti coinvolti al fine di garantire offerte di lavoro o formative numero e qualità sufficiente, con il contratto di apprendistato che continua a scontare forti limiti.
Infine, il documento osserva che i progressi contro il lavoro sommerso sono stati limitati, in quanto non si è proceduto alla prevista assunzione di 250 ispettori e ci si è limitati a un limitato incremento delle sanzioni.
Nell'ambito
del potenziamento degli sforzi intesi a far progredire l'efficienza della
pubblica amministrazione, la Raccomandazione
3 segnala espressamente la necessità di garantire una migliore gestione dei fondi dell'UE attraverso un'azione risoluta
di miglioramento della capacità di amministrazione, della trasparenza, della
valutazione e del controllo di qualità sia a livello nazionale che a livello
regionale, specialmente nelle regioni meridionali.
In
un contesto di progressiva contrazione degli investimenti pubblici, la politica
di coesione va considerata – sottolinea il PNR - come la principale fonte di
finanziamento della spesa di investimento, specialmente al Sud, per la cui
attuazione è presupposto essenziale la possibilità di utilizzare gli spazi di
flessibilità nell’applicazione del Patto di stabilità e crescita.
La necessità del rafforzamento della capacità amministrativa
nella gestione dei fondi europei – soprattutto alla luce delle
difficoltà e dei ritardi che hanno caratterizzato l’attuazione delle politiche
di coesione nel precedente
ciclo di programmazione 2007-2013 (cfr.
Riquadro a fine paragrafo) - ha portato alla definizione di un nuovo quadro di
governance istituzionale per le politiche di coesione, delineata dall’articolo
10 del D.L. n. 101/2013, che ha affidato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri[94]
e alla nuova Agenzia per la coesione
territoriale, sottoposta alla vigilanza del Presidente del Consiglio,
l'azione di programmazione, coordinamento, sorveglianza e sostegno della
politica di coesione. Tra i compiti assegnati all’Agenzia figura anche il
monitoraggio sistematico e continuo dei programmi operativi e degli interventi
della politica di coesione, attraverso specifiche attività di valutazione e
verifica, ferme restando le funzioni di controllo e di monitoraggio attribuite
alla Ragioneria generale dello Stato[95].
Sotto questo profilo, nella Relazione sugli squilibri macroeconomici, la Commissione rileva come le recenti riforme – in particolare, la citata costituzione dell’Agenzia per la coesione territoriale, in procinto di diventare operativa[96], e i poteri di monitoraggio e di intervento diretto conferiti al Presidente del Consiglio per garantire l'utilizzo tempestivo dei fondi[97] - potrebbero produrre miglioramenti nella gestione finora carente dei fondi dell'UE da parte dell'Italia, dovuta in gran parte a inefficienze di programmazione e gestione.
Nel 2014 si è concluso – ricorda il PNR – il negoziato con la Commissione europea per la definizione dell'Accordo di partenariato 2014-2020 (approvato con Decisione di esecuzione C(2014) 8021 final), che reca l'impianto strategico e la selezione degli obiettivi tematici su cui si concentrano gli interventi finanziati dai Fondi di investimento europei (SIE), relativi sia alla politica di coesione perseguita specificamente dai fondi strutturali (FESR e FSE), sia all’agricoltura e alla pesca (FEASR e FEAMP), nell’ambito di un quadro strategico comune.
Nell’Accordo sono state introdotte misure per ovviare alle carenze amministrative, in particolare è espressamente previsto che tutti i programmi operativi cofinanziati dall'UE debbano essere accompagnati da piani per il potenziamento amministrativo[98], volti a garantire che le amministrazioni dispongano del livello basilare di strutture e competenze necessario per gestire le risorse loro affidate. Essi comprendono misure per rafforzare l'amministrazione pubblica nel suo complesso in settori cruciali per una gestione corretta ed efficace dei fondi dell'UE quali gli appalti pubblici, gli aiuti di Stato e la prevenzione della corruzione.
Le risorse dei Fondi UE relative al ciclo di programmazione 2014-2020 sono ripartite tra 11 obiettivi tematici, individuati dall’articolo 9 del Regolamento UE n. 1303/2013. Escludendo le risorse del FEASR e del FEAMP (circa 11 miliardi complessivi), le risorse comunitarie assegnate all’Italia a titolo dei due Fondi strutturali per la politica di coesione del FSE e del FESR ammontano a oltre 31 miliardi, cui si aggiungono le risorse destinate all’occupazione giovanile (YEI) e al Fondo indigenti (FEAD), per circa 1,2 miliardi. A tali risorse comunitarie si affiancano oltre 20 miliardi di cofinanziamento nazionale.
Il
13 febbraio scorso, la Commissione
europea ha adottato 11 Programmi
Operativi Regionali:
Valle d'Aosta, Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria,
Marche e Lazio e le due provincie autonome di Trento e di Bolzano. Gli 11
programmi, i primi ad essere adottati per l'Italia, realizzeranno un
investimento complessivo di 5.518 milioni di euro, di cui 2.759 milioni
stanziati dall'UE attraverso il FESR e l'altra metà derivante dal
cofinanziamento nazionale. Sempre a febbraio, la Commissione ha adottato il Programma Operativo Nazionale
"Cultura e Sviluppo" riguardante cinque regioni del
Sud Italia (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia) con un budget
complessivo di 490,9 milioni, e il PON “Governance e capacità istituzionale” (con una dotazione finanziaria di oltre 827
milioni), che ha come obiettivo primario il rafforzamento della capacità
amministrativa e istituzionale della PA, il miglioramento della governance
multilivello nei programmi di investimento pubblico.
4.2.9 Pubblica amministrazione e semplificazioni
· da misure di revisione della spesa, per un importo pari allo 0,6 del Pil (circa 10 miliardi).
La riforma
della legge elettorale
Il PNR indica nel maggio 2015 il termine per l’approvazione definitiva della riforma.
4.2.12 Sanità e politiche sociali
Le disposizioni danno attuazione all'art. 1 del Patto della salute 2014-2016.
La legge di stabilità per il 2015 ha previsto una serie di ulteriori misure a favore della famiglia:
4.2.13 Scuola, università, ricerca
· nell’a.s. 2014-2015 è stato avviato il sistema nazionale di valutazione[118];
Lo schema di D.M. non ha, finora, concluso il suo iter.
Il Governo richiama altre le disposizioni emanate dalla Banca d'Italia in tema di governo societario degli istituti di credito (circolare n. 285 del 17 dicembre 2013, come modificata nel tempo, illustrata nella scheda n. 38) per il recepimento in via amministrativa di alcune norme del cosiddetto CRD Package, ovvero delle norme europee che danno attuazione all'accordo di Basilea 3 sui requisiti di capitale delle banche e procedono, più in generale, al complessivo riassetto della legislazione europea in materia bancaria.
Il Governo indica che il completamento di tale revisione avverrà entro il 2015.
· il ruolo delle imprese assicurative nel sostegno all’economia;
· la solidità patrimoniale e la governance delle imprese assicurative.
In merito al primo profilo, si rinvia alla scheda relativa alle politiche sulla concorrenza.
· disciplina dell'abuso del diritto e dell'elusione fiscale;
· riscossione degli enti locali;
· imposizione sui redditi d’impresa;
· monitoraggio, tutoraggio per l’adempimento fiscale;
· fatturazione elettronica per l’IVA;
· misure di semplificazione per i contribuenti internazionali;
· tassazione in materia di giochi pubblici;
· revisione del contenzioso tributario e del sistema sanzionatorio.
5. L'analisi di sostenibilità di lungo periodo
L’impatto dell’invecchiamento della popolazione sulla sostenibilità fiscale
Il DEF 2015
reca l'analisi di sostenibilità delle finanze pubbliche nel lungo periodo.
Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano
Spesa pubblica per pensioni in rapporto al PIL sotto
differenti ipotesi normative
6. L’analisi di sensitività della dinamica del debito nel lungo periodo
Simulazioni rispetto alle variabili demografiche
Sensitività del debito pubblico a un aumento/riduzione del
flusso netto di immigrati
Simulazioni rispetto alle variabili macroeconomiche
Sensitività alle ipotesi macroeconomiche, maggiore e minore
crescita della produttività
Simulazioni rispetto a uno scenario di rischio nella spesa sanitaria
Sensitività del debito pubblico alle ipotesi della spesa
sanitaria nel risk scenario
Fonte: elaborazione del Servizio del bilancio del Senato della Repubblica su dati del DEF 2015.
Simulazioni rispetto all'avanzo primario
Sensitività del debito pubblico all'avanzo primario
strutturale
7. Esame di alcune voci di spesa
7.1. I redditi da lavoro dipendente
Spesa per redditi da lavoro dipendente
· la razionalizzazione del comparto scuola;
· il perdurare del blocco dei rinnovi contrattuali per il periodo 2010-2015;
7.2. Prestazioni sociali
in denaro
Tasso di crescita medio annuo spesa prestazioni sociali
Spesa per prestazioni sociali in denaro, 2011-2014
Previsioni
per gli anni 2016-2019
Previsioni della spesa per prestazioni sociali in denaro,
2014-2019
A livello delle diverse componenti di spesa, si evidenzia quanto segue.
·
per le altre componenti di spesa è previsto un livello di spesa pari a 6.379 milioni.
Previsioni
per gli anni 2016-2019
8. L’analisi della fiscal stance
Output gap e
avanzo primario strutturale programmatico
Fonte: DEF 2015, La finanza pubblica corretta per il ciclo, Tavola III.6
Con le nuove indicazioni della Commissione europea sulla flessibilità nel Patto di stabilità e crescita pubblicate il 13 gennaio 2015[129], lo sforzo fiscale richiesto agli Stati membri per i Paesi che non hanno ancora raggiunto l’OMT viene modulato in base alla posizione del ciclo economico. L’aggiustamento di bilancio richiesto è inoltre più elevato per i Paesi con un livello di debito pubblico rispetto al PIL maggiore del valore di riferimento del 60 per cento. Si veda in proposito l’approfondimento su “Obiettivo di medio termine (OMT), pareggio di bilancio e flessibilità nella governance europea” riportato nel presente dossier.
Variazione dell'avanzo primario strutturale e output gap,
DEF 2015
[1] La presentazione del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforma al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea entro il 30 aprile, già prevista dall’art. 9, co. 1, della legge n. 196/2009, è regolata dal Regolamento UE n. 473/2013, recante disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro, che fissa, all’articolo 4, un calendario comune di bilancio.
[2] Che ai sensi dell’articolo 7 della legge di contabilità n.196/2009 vanno presentati entro il mese di gennaio; i disegni di legge collegati possono essere altresì indicati nella Nota di aggiornamento del DEF.
[3] Già collegato ambientale alla legge di stabilità 2014.
[4] Già collegato agricolo alla legge di stabilità 2014.
[5] https://www.ecb.europa.eu/pub/pdf/other/ecbstaffprojections201503.it.pdf (cfr. Riquadro 2)
[8] Comunicato ISTAT, “Conti economici trimestrali” (5 marzo 2015).
[9] Si ricorda che il Regolamento UE n. 473/2013, recante disposizioni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio degli Stati membri della zona euro, fissa un calendario comune di bilancio e introduce l’obbligo per gli Stati membri di trasmettere annualmente, entro il 15 ottobre, alla Commissione europea e all’Eurogruppo, il documento programmatico di bilancio, che contiene l’aggiornamento delle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica indicate nel Programma di stabilità presentato nel mese di aprile e i dettagli della manovra di finanza pubblica finalizzata al raggiungimento degli obiettivi dei saldi di bilancio coerenti con il ciclo annuale di sorveglianza, compresa la procedura sugli squilibri macroeconomici, e con le raccomandazioni formulate dalle Istituzioni europee sul suddetto Programma di stabilità. Sul documento programmatico, e dunque sulle previsioni formulate dagli Stati membri, la Commissione europea procede ad una valutazione entro il 30 novembre e successivamente l’Eurogruppo si pronuncia sulla base delle valutazioni espresse della Commissione. Tale procedura ha trovato attuazione in occasione dell’esame dei disegni di legge di bilancio e di stabilità per il 2014. La misura di osservanza da parte degli Stati membri dei pareri elaborati dalla Commissione è tenuta in considerazione dal Consiglio al momento di decidere se esiste un disavanzo eccessivo per il Paese e dalla Commissione al momento di raccomandare le conseguenti sanzioni.
[10] Si ricorda che la Nota di aggiornamento del DEF 2014, in considerazione dell’andamento negativo dell’economia italiana nella prima parte dell’anno, conteneva una revisione al ribasso degli indicatori del quadro macroeconomico, prevedendo, per il 2014, una contrazione del PIL dello 0,3 per cento rispetto ad una crescita dello 0,8 per cento precedentemente indicata dal DEF di aprile.
[11] Comunicato ISTAT, “PIL e indebitamento AP – Anni 2012-2014” (1 marzo 2015).
[12] Comunicato ISTAT, “Produzione industriale”, del 10 febbraio 2015.
[13] Comunicato ISTAT “Prezzi delle abitazioni – IV Trimestre 2014”, del 3 aprile 2015
[14] Si veda, in particolare, il Reg. (EU) 473/2013, facente part del
c.d.d Two-Pack.
[15] La legge costituzionale n. 1/2012 ha previsto l'istituzione presso le Camere, nel rispetto della relativa autonomia costituzionale, di un organismo indipendente al quale attribuire compiti di analisi e verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazione dell'osservanza delle regole di bilancio. Il Protocollo d’intesa tra il Ministero dell’economia e delle finanza e l’UPB, che disciplina il processo di validazione delle previsioni macroeconomiche è stato siglato il 15 settembre 2014.
[16] Relazione per paese relativa all'Italia 2015 comprensiva dell'esame approfondito sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici, ( COM(2015) 85 final).
[17] Questa interpretazione sembra confermata dai dati derivanti dall’indagine sulle forze lavoro nel 2014, secondo cui il tasso di inattività ha fatto registrare nel 2014 una diminuzione di 0,6 punti percentuali rispetto al 2013, e tale flessione ha riguardato, in particolare, la componente femminile (-0,8 pp). Nonostante la crisi, tra il 2007 e il 2014 è aumentata la partecipazione complessiva la mercato del lavoro, particolarmente per la componente femminile. Il tasso di inattività si infatti è ridotto complessivamente di 1,5 pp con una flessione di 3,8 pp per le donne e un incremento di 0,7 pp per gli uomini. La crisi economica sembra dunque aver spinto i second-earner (soprattutto le donne) sul mercato del lavoro, a fronte delle difficoltà occupazionali dei capi-famiglia (soprattutto uomini).
[18] Comunicato ITAT, “Occupati e disoccupati (mensili)” del 30 marzo 2015.
[20] PNR, paragrafo II.2
[21] PDS, Sezione I, paragrafo III.3
[22] Tale versione aggiornata, che differisce in parte da
quella originaria della Nota, è riportata nel DEF in esame limitatamente al
2014 e, per gli esercizi successivi, è stata acquisita direttamente dal
Ministero dell’economia in data 14 aprile 2015. Le differenze rispetto alla
versione originaria della NTI riguardano singole poste di entrata e di spesa e
appaiono compensative fra di loro, non alterando quindi in modo significativo i
saldi finali. In particolare, per il 2014 non si rileva alcuna differenza in
termini di saldi, mentre per gli esercizi successivi (2015-2017) le variazioni
conseguenti alle riclassificazioni determinano differenze trascurabili (circa 5
milioni in ciascun esercizio), rispetto ai saldi esposti nel testo originario
della Nota, consultabile al link: http://www.rgs.mef.gov.it/VERSIONE-I/Attivit--i/Bilancio_di_previsione/Legge_di_stabilit/2015/Nota_tecnico-illustrativa/.
[23] Ai fini dell’analisi del conto consolidato
delle amministrazioni pubbliche per l’anno 2014 il DEF utilizza le stime
diffuse in via provvisoria dall’ISTAT con Nota del 2 marzo 2015, aggiornati con
successiva Nota del 2 aprile 2015.
[24] Determinazione n. 145733 del 23/12/2013
[25] La relazione tecnica riferita alla norma in esame precisa che, trattandosi di una fattispecie particolare, la classificazione definitiva verrà stabilita dall’ISTAT sulla base delle regole del SEC (con particolare riferimento a quelle 2010). Pertanto, la RT non esclude che una parte degli sgravi possa essere contabilizzata dal lato della spesa (trasferimenti alle famiglie) alla stregua di altri crediti d’imposta.
[26] Sezione II – Analisi dei principali settori di spesa, nota n. 26 pagina 187-188, Doc. LVII, n. 3.
[27] Per i dati indicati nella Nota tecnica illustrativa nel testo originario si rinvia al seguente link: (http://www.rgs.mef.gov.it/VERSIONE-I/Attivit--i/Bilancio_di_previsione/Legge_di_stabilit/2015/Nota_tecnico-illustrativa/
[28] I dati indicati nel Bollettino delle entrate tributarie sono determinati in base al criterio della competenza giuridica.
[29] La legge di stabilità 2015 ha introdotto tale regime per un periodo transitorio di quattro anni.
[30] Legge n. 196/2009.
[31] Poiché l’autorizzazione comunitaria è richiesta solo per alcuni settori interessati dalle discipline indicate, il valore della clausola di salvaguardia (1.716 milioni) è inferiore alla somma degli effetti positivi ascritti alle due disposizioni.
[32] Maggiori introiti IVA collegati al pagamento dei debiti pregressi delle amministrazioni pubbliche (maggior gettito pari a 925 milioni nel 2013); versamenti connessi alla definizione agevolata dei giudizi di responsabilità amministrativo-contabile dei concessionari dei giochi (maggior gettito pari a 600 milioni nel 2013).
[33] Nella misura di 260 milioni per la definizione agevolata dei giudizi di responsabilità dei concessionari dei giochi (introiti conseguiti nella misura di 340 milioni a fronte di una previsione di 600 milioni) e nella misura di 385 milioni per l’IVA correlata al pagamento dei debiti pregressi delle P.A. (introiti conseguiti nella misura di 540 milioni a fronte di una previsione di 925 milioni). Il totale dei (maggiori) introiti non conseguiti ammonta quindi a 645 milioni.
[34] Nella misura di 671,1 milioni nel 2015 e di 17,8 milioni nel 2016. Tali somme sono il risultato del susseguirsi delle predette norme. Infatti:
- le maggiori entrate derivanti dal DL 102/2013 riguardavano l’anno 2013 (1.525 milioni, di cui 925 mln per maggiori entrate IVA e 600 mln per la sanatoria giochi);
- la clausola di salvaguardia del DL 102/2013 doveva intervenire mediante un incremento degli acconti IRES ed IRAP per gli anni 2013 e 2014, nonché mediante un incremento delle aliquote di accisa per l’anno 2015 al fine di compensare le minori entrate in termini di saldo imposte 2014;
- con il decreto MEF del 30 novembre 2013 è stata data attuazione alla prima delle due misure (ossia all’incremento degli acconti IRES ed IRAP per gli anni 2013 e 2014), assicurando la neutralità finanziaria anche per l’anno 2014 (meccanismo saldo/acconto);
- la seconda misura prevista dallo stesso decreto MEF (aumento accise) è stata invece neutralizzata dal DL 192/2014, il quale, in mancanza dell’aumento delle accise, ha stabilito nuove misure (volountary disclousure) con effetti equivalenti a quelli espressamente previsti dallo stesso decreto MEF in relazione al medesimo aumento (ossia, come precisato dalla RT allegata al DL 192/2014, maggiori entrate nette per 671,1 mln nel 2015 e per 17,8 mln nel 2016).
[35] Legge n. 186/2014 alla quale non sono stati ascritti effetti positivi di gettito.
[36] Il DEF, in particolare, evidenzia che a partire dal 1° gennaio 2015 non producono più effetto, tra le altre, le norme di contenimento delle spese di personale previste dal decreto legge n. 78/2010 riguardanti il blocco dei trattamenti economici individuali (articolo 9, commi 1 e 2) ed il blocco economico delle progressioni di carriera comunque denominate e dei passaggi tra le aree (articolo 9 comma 21, terzo e quarto periodo).
[37] Legge n. 190/2014.
[38] Non sono quindi operati raffronti rispetto ai recenti dati diffusi dall’OCSE e dal FMI.
[39] Per quanto riguarda il DEF si utilizzano i dati della Tavola I.1.
[40] Si ricorda che anche il Fiscal Compact fissa l’obbligo per i Paesi il cui debito supera il 60% del PIL di convergere verso l’obiettivo del pareggio di bilancio con un miglioramento annuale dei saldi pari ad almeno lo 0,5% e di ridurre il debito nella misura di almeno 1/20 della eccedenza rispetto alla soglia del 60%, calcolata nel corso degli ultimi tre anni.
[41] Per una definizione del saldo di bilancio strutturale si veda il successivo capitolo 3.2.
[42] Comunicazione della Commissione Europea “Sfruttare al meglio la flessibilità consentita dalle norme vigenti del patto di Stabilità e Crescita” (13.01.2015).
[43] Cfr. infra l’apposito approfondimento.
[44] Tali condizioni consistono essenzialmente nelle seguenti: crescita del PIL negativa o al di sotto del suo potenziale; non superamento del valore di riferimento del 3% con opportuno margine di sicurezza; obbligo di compensare la deviazione entro l’orizzonte temporale del programma di stabilità; rispondenza degli investimenti alle categorie specificamente individuate.
[45] Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti "Sfruttare al meglio la flessibilità consentita dalle norme vigenti del Patto di stabilità e crescita", COM(2015)12. In proposito si rinvia all’approfondimento “Obiettivo di medio termine (OMT), pareggio di bilancio e margini di flessibilità nella governance europea” inserito nel capitolo 3.1.
[46] Per un approfondimento si veda anche Servizio del bilancio del Senato della Repubblica, La comunicazione della Commissione europea sulla flessibilità, Nota breve n. 10, febbraio 2015.
[47] Parere della Commissione sul documento programmatico di bilancio dell'ITALIA, C(2014) 8806 final, 28 novembre 2013
[48] Cfr. Servizio del bilancio del Senato della Repubblica, La governance economica europea, op.cit..
[50] Si prevedeva un rapporto debito/PIL pari a 131,6 per cento nel 2014 w 133,1 per cento nel 2015.
[51] Cfr. Servizio del bilancio del Senato della Repubblica, Le previsioni d'inverno della Commissione europea, Nota breve n. 9, Febbraio 2015.
[52] La domanda estera dovrebbe beneficiare ulteriormente del deterioramento dei tassi di cambio dell'euro, del miglioramento della competitività dovuta al minore costo unitario del lavoro e della più elevata domanda globale.
[53] Il previsto aumento del reddito disponibile reale delle famiglie derivante dal calo dei prezzi dell'energia dovrebbe tradursi solo parzialmente in più elevati livelli di consumo. Infatti, le esigenze del mercato del lavoro permangono deboli e molte famiglie hanno bisogno di ripristinare i risparmi che sono stati erosi durante la crisi.
[54] I piani di riduzione della spesa del Governo interessano sia la spesa corrente che quella in conto capitale ma la prima dovrebbe incrementare leggermente principalmente per le misure di supporto al reddito e per la maggiore estensione dei benefici di disoccupazione.
[55] Relazione della Commissione, Italia. Relazione elaborata a norma dell’articolo 126, paragrafo 3, del trattato, COM/2015/0113 final */
[56] I fattori significativi considerati sono stati: i) le attuali condizioni economiche sfavorevoli, in particolare bassi tassi di inflazione, rendono il rispetto della regola del debito particolarmente difficile; ii) dovrebbe essere sostanzialmente garantita la conformità all’aggiustamento richiesto verso l’obiettivo a medio termine; iii) la prevista attuazione di ambiziose riforme strutturali orientate alla crescita in linea con gli impegni delle autorità dovrebbe contribuire alla riduzione del debito a medio/lungo termine.
[57] European Commission, Directorate General for Economic
and Financial Affairs, AA.VV., The cyclically adjusted budget balance in the EU
fiscal framework: an update, in
«Economic Paper» n. 478.
[58] Per un
approfondimento si vedano in particolare i contributi del Fondo monetario
internazionale disponibili su http://www.imf.org/external/np/fad/strfiscbal/ e
della Banca Centrale Europea nel Riquadro 6 Il saldo strutturale come
indicatore della posizione di bilancio del Bollettino mensile BCE n. 9/2014:
https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/bollettino-bce/bol-bce-2014/Bollmensile-09-14.pdf
[59] Banca
centrale europea (BCE), Bollettino mensile n. 9/2014, op. cit.
[60] Tale metodologia è stata approvata dal
Consiglio ECOFIN e viene periodicamente discussa e rivista all’interno del
Comitato di Politica Economica e dell’Output Gap Working
Group (EPC-OGWG).
[61] D'Auria et al., 2010, The production
function methodology for calculating potential growth rates and output gaps, in «European Economy,
Economic Papers», n. 420.
[62] Per
un approfondimento sul tema dei moltiplicatori
fiscali si cfr., in particolare, Anja Baum, Marcos Poplawski-Ribeiro
e Anke Weber, Fiscal Multipliers and the State of the Economy in «International Monetary Fund
Working Paper», WP/12/286, dicembre 2012; Ana-Isabel
Guerra e Ferran Sancho, Budget Constrained Expenditure Multipliers, in «Applied Economics Letters»,
Vol. 18, Issue 13, febbraio 2011, pagg.
1259-1262; Antonio Spilimbergo, Steve Symansky, and Martin Schindler, Fiscal Multipliers, in «IMF Staff Position Note»,
SPN/09/11 20 maggio 2009; Olivier Blanchard and
Daniel Leigh, Growth Forecast Errors and Fiscal Multipliers, in «International Monetary Fund
Working Paper», WP/13/1, gennaio 2013.
[63] L'accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilità non potrà essere oggetto di impegno e genererà un'economia di bilancio che confluirà nel risultato di amministrazione come quota accantonata.
[64] Cfr. l'approfondimento sulla regola della
spesa per i dettagli sulle voci da inserire nell'aggregato di riferimento e
sulla modalità di determinazione del tasso di crescita limite (benchmark).
[65] Articoli 5 e 6 del Regolamento (CE) 1466/1997 come modificato dal Regolamento (UE) 1175/2011. Le linee guida sono consultabili sul sito della Commissione, al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/economy_finance/economic_governance/sgp/pdf/coc/code_of_conduct_en.pdf
[66] Il dato relativo alla spesa delle amministrazioni pubbliche, redatto ai sensi del Regolamento CE 1500/2000, differisce da quello contenuto nel Conto Economico delle Amministrazioni redatto in base alle regole di Contabilità Nazionale. Il raccordo tra le due versioni viene diffuso annualmente dall'Istat a distanza di alcuni mesi.
[67] Secondo la metodologia contenuta in Mourre et al., The cyclically-adjusted budget balance used in the EU fiscal framework: an update, «European Economy – Economic papers», n. 478, marzo 2013, il livello di spesa per ammortizzatori sociali e sussidi di disoccupazione è moltiplicando per il prodotto tra l’output gap e la semielasticità di questa specifica spesa.
[68] V. Commissione, Documento del 27 giugno 2012, Complementary information on the functioning of the expenditure and debt benchmarks; v. anche Codice di condotta, Tavola 2c.
[69] Nella prima versione del Patto di Stabilità e Crescita si specificava che i paesi con un debito pubblico superiore al 60 % avrebbero dovuto avvicinarsi a tale soglia ad un ritmo adeguato, ma senza specificarlo in modo concreto.
[70] La formula è scomponibile in due parti: da un lato, il livello di debito di lungo periodo, ossia il 60 per cento del PIL; dall'altro, la quota in eccesso rispetto a tale soglia, definita da una media geometrica sul triennio precedente. Tale formula tende a dare un maggiore peso al debito registrato negli anni più recenti, per via dell'esponente i (i=1,2,3) incorporato nel peso 0,95i, che diminuisce all'aumentare della distanza temporale rispetto all'anno di riferimento (in concreto il peso passa da 0,95, a 0,9025, a 0,857375).
[71] Conseguentemente, pur basandosi la chiusura della EDP sulla notifica di dati ex-post, la Commissione prenderà in considerazione non soltanto l’avvenuto rispetto della regola del debito al tempo t, ma anche l’evoluzione in prospettiva del rapporto debito/PIL.
[72] I dati utilizzati sono tratti dalla Sezione II, Analisi e tendenze della Finanza pubblica.
[73] I valori della spesa per interessi indicati, per il periodo 2014-2017, nella Nota tecnico illustrativa alla legge di stabilità 2015 (NTI 2015) risultano identici a quelli indicati nella Nota di aggiornamento al DEF 2014.
[74] Cfr. Comunicato stampa della BCE del 22 gennaio 2015.
[75] Bollettino economico n. 2/2015 del 19 marzo 2015.
[76] Tale comparto rappresenta in termini soggettivi un universo quasi coincidente con quello delle amministrazioni pubbliche contenute nell’elenco (lista S13) elaborato dall’ISTAT per la costruzione del conto economico della pubblica amministrazione secondo le regole contabili europee.
[77] La tavola non riporta i dati relativi al comparto degli Enti di previdenza e assistenza sociale.
[78] Comprende Regioni, Sanità, Comuni e Province.
[79] Le previsioni degli incassi contributivi indicano una sostanziale stabilità nel 2015 (-0,2 per cento) e una graduale ripresa negli anni successivi, riflettendo la dinamica dell’attività economica e dell’occupazione. A contenere la dinamica dei contributi sociali contribuiscono le misure disposte dalla legge di stabilità 2015 in merito all’erogazione in busta paga del trattamento di fine rapporto, prevista a partire dall’anno in corso e fino alla metà del 2018, ed il corrispondente minore versamento dei contributi da parte del datore di lavoro, ed agli sgravi contributivi sulle nuove assunzioni a tempo indeterminato.
[80] La spesa per il personale in servizio per gli anni 2015 e 2016 è prevista in rialzo rispettivamente dello 0,5 e dello 0,7 per cento, per effetto delle misure sul sistema scolastico previste nell’ambito del piano sulla “Buona Scuola”. Successivamente, la spesa tornerebbe a ridursi dello 0,5 per cento nel 2017 e dello 0,1 per cento nel 2018, per poi tornare ad aumentare nel 2019 (+0,2 per cento), in ragione dell’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale relativa al triennio 2019-2021. La spesa per l’acquisto di beni e servizi registrerebbe un incremento medio annuo di circa lo 0,4 per cento nel periodo 2016-2018, per poi accelerare nel 2019 (+1,3 per cento).I trasferimenti correnti presentano un profilo crescente su tutto il periodo di previsione, con un tasso di crescita medio annuo pari al 2,2 per cento, dovuto in massima parte all’incremento dei trasferimenti a famiglie, che includono le prestazioni di natura previdenziale e assistenziale.
La spesa per interessi si riduce, in media, sull’orizzonte di previsione, ad un tasso di circa il 2,3 per cento, in coerenza con l’evoluzione favorevole dei tassi di interesse.
[81] L’analisi del debito pubblico contenuta nel presente paragrafo si basa sui dati relativi al quadro programmatico del DEF.
[82] http://ec.europa.eu/europe2020/pdf/csr2014/csr2014_council_italy_it.pdf
[84] http://ec.europa.eu/europe2020/pdf/2015/amr2015_it.pdf
Il documento riporta anche i commenti specifici su squilibri e rischi per ciascun paese (a pag.31 per l’Italia).
[85] I Paesi in questione sono, oltre al nostro, Belgio, Bulgaria, Germania, Irlanda, Spagna, Francia, Croazia, Ungheria, Paesi Bassi, Portogallo, Slovenia, Finlandia, Svezia, Romania, Regno Unito, e sono indicati in un apposito Comunicato stampa della Commissione, che ne sintetizza anche le conclusioni per ciascuno di essi
https://webmail.camera.it/service/home/~/Comunicato%20stampa.pdf?auth=co&loc=it&id=28022&part=2
[86]https://webmail.camera.it/service/home/~/SWD_2015_31_IT_DOCUMENTDETRAVAIL_f2.docx?auth=co&loc=it&id=27701&part=2
[88] La tabella iniziale del cronoprogramma di governo del DEF indica, per l’attuazione del piano nazionale della portualità e della logistica il triennio 2015-2017.
[89] In coerenza con le linee guida del piano presentate in occasione degli stati generali della portualità e della logistica svoltisi il 9 febbraio 2015, come segnalato nella scheda n. 62 del capitolo relativo alle azioni di riforma a livello nazionale.
[90] Il programma nazionale di riforma ricostruisce anche l’attività fin qui svolta dall’Autorità: tra le altre cose, si ricorda l’approvazione delle misure di regolazione per l’accesso equo e non discriminatorio alle infrastrutture ferroviarie, del regolamento in materia di sanzioni per il mancato rispetto dei diritti dei passeggeri nel trasporto ferroviario e dei modelli tariffari per i diritti aeroportuali.
[91] Di cui all’articolo 1, comma 9, lettera c), della legge n.183/2014.
[92] Di cui all’articolo 1, comma 9, lettera e), della legge n.183/2014.
[93] La Garanzia giovani (Youth Guarantee) è un programma comunitario, il quale prevede che ogni giovane, entro quattro mesi dalla conclusione del suo ciclo di scuola o di università (o entro quattro mesi dalla perdita di un posto di lavoro), riceva l'offerta di un lavoro, di un tirocinio, di un modulo di formazione o di un nuovo percorso d'istruzione. Per tale programma, vi è uno stanziamento globale comunitario, destinato ai Paesi che, come l'Italia, hanno un tasso di disoccupazione giovanile superiore al 25 per cento. In tale àmbito, le risorse in favore dell'Italia sono pari a 1,5 miliardi di euro per il periodo 2014-2015.
[94] Con il trasferimento delle competenze del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica (DPS) dal Ministero dello sviluppo economico alla Presidenza del Consiglio.
[95] Sulla nuova governance delle politiche di coesione, si veda la Scheda n. 20 dell’Appendice alla Sezione III - PNR (pag. 37-38).
[96] Lo Statuto dell’Agenzia è stato approvato con D.P.C.M. 9 luglio 2014; con il D.P.C.M. 15 dicembre 2014 è stato istituito il Dipartimento per le Politiche di Coesione (DPC) presso la Presidenza del Consiglio e disposto il trasferimento all’Agenzia di 210 unità di personale provenienti dall’ex Dipartimento per lo sviluppo e la coesione del MISE.
[97] Sotto questo profilo, si ricorda che l’articolo 12 del D.L. n. 133 del 2014 (c.d. Sblocca Italia), interviene in tema di utilizzo delle risorse dei fondi strutturali dell’Unione europea e del Fondo per lo sviluppo e la coesione, prevedendo che il Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza unificata, possa proporre al CIPE il definanziamento e la riprogrammazione delle risorse non impegnate qualora le amministrazioni pubbliche responsabili si siano rese responsabili di inerzia, ritardo o inadempimento. E’ inoltre attribuito al Presidente del Consiglio l’esercizio dei poteri ispettivi e di monitoraggio sullo stato di attuazione degli interventi finanziati dall'UE o dal Fondo per lo sviluppo e la coesione – anche con l’ausilio di amministrazioni statali e non statali dotate di specifica competenza tecnica - nonché i poteri sostitutivi già previsti dalla normativa vigente in caso di accertato inadempimento, inerzia o ritardo nell’attuazione di tali interventi.
[98] Si tratta del Piano di Rafforzamento Amministrativo (PRA) che è stato richiesto a tutte le Regioni e Amministrazioni centrali titolari di programma.
[99] Ritardi che sembrano essere alla base di alcuni dei contenuti della suddetta Raccomandazione, nella quale, nell’auspicare il portare a compimento l’ambizioso programma di privatizzazioni,, si valuta nel contempo come nel corso del 2014 i progressi in materia siano stati limitati.
[100] IPO (Initial Public Offering) è una offerta pubblica iniziale di titoli azionari con cui una società colloca parte di tali titoli per la prima volta sul mercato borsistico, offrendoli al pubblico degli investitori.
[101] Nella Relazione Finanziaria Semestrale
approvata dal CdA di Poste Italiane il 16 settembre
2014 si evidenzia che la diminuzione dei volumi della corrispondenza, comporta
la necessità della revisione del sistema delle regole che garantiscano la
sostenibilità del servizio postale universale. Tale revisione viene considerata
da Poste una condizione necessaria definire le prospettive economico-finanziarie
dell'Azienda nel percorso della privatizzazione.
[102] Viene rammentato che in base alla disciplina vigente gli introiti derivanti dalle dismissioni delle partecipazioni direttamente detenute saranno destinati alla riduzione del debito pubblico, mentre per le operazioni di dismissione di secondo livello, i proventi saranno utilizzati per il rafforzamento patrimoniale delle Capogruppo. Parte di tali proventi potranno anche essere destinati al pagamento di un dividendo a favore dell’azionista pubblico.
[103] INVIMIT (Investimenti Immobiliari Italiani,
Società di Gestione del Risparmio, S.p.A.): costituita nel 2013 è diventata
operativa da ottobre, con un capitale sociale di 8 milioni. A marzo 2014
INVIMIT ha istituito il Fondo Comune di Investimento Chiuso Immobiliare a
Comparti – i3 Core, un fondo di fondi suddiviso in due
comparti: Territorio e Stato. Il
fondo sarà totalmente sottoscritto da INAIL per 1,4 miliardi di euro con una
durata di 30 anni.
[104] Nella Raccomandazione n.1. Nella Relazione sugli squilibri macroeconomici si rileva inoltre come un quadro di bilancio sostenuto dal processo in corso di revisione della spesa e da programmi di razionalizzazione della stessa dovrebbe contribuire a riportare il debito pubblico su un percorso discendente.
[105] Organo istituito dall’articolo 49-bis dl decreto legge n.69 del 2013 (L. n.98/2013), che ha contestualmente soppresso la previgente disciplina dettata dal decreto-legge n.52 del 2012.
[106] Decreto-legge 28 gennaio 2014, n.4, recante disposizioni urgenti in materia tributaria e contributiva e di rinvio di termini relativi ad adempimenti tributari e contributivi, convertito dalla legge n. 50 del 2014; decreto-legge 24 aprile 2014, n.66, recante misure urgenti per la competitività e giustizia sociale, convertito dalla legge n.89 dl 2014.
[107] Poi non emanato a seguito della parziale disattivazione della clausola, come esposto più avanti.
[108] Al punto V.3 del Programma di Stabilità.
[109] “Le prospettive della finanza pubblica dopo la legge di stabilità” http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sezioni_riunite/sezioni_riunite_in_sede_di_controllo/2015/prospettive_finanza_pubblica_febbraio_2015.pdf
[110] Delega originariamente prevista dall’articolo 40 della legge di contabilità 196/2009, riconfermata dall’articolo 1 della legge n.89 del 2014 (di conversione del D.L. n.66/2014).
[111] Deve ritenersi che il riferimento sia all’articolo 1, commi da 505 a 510 (escluso il comma 508) della legge n.190/2014 che reca alcune disposizioni tesa e facilitare l’applicazione agli enti locali della nuova disciplina contabile dettata dal decreto legislativo n.118 del 2011, con il quale si è disposta già in parte a decorrere dal 2015, una riforma della contabilità degli enti territoriali.
[112] Al cui riguardo sono sostanzialmente ultimate le note metodologiche ed i fabbisogni standard per tutte le funzioni fondamentali per gli enti locali, considerata la pubblicazione in G.U. dei DPCM 5 aprile 2013 e 15 ottobre 2014 relativi ad un primo gruppo di funzioni, e la prossima pubblicazione anche di un ultimo DPCM, già approvato dal Consiglio dei ministri del 27 marzo 2015, concernente le restanti funzioni fondamentali.
[113] Articolo 1, commi da 460 a 478 della legge n.190/2014.
[114] http://revisionedellaspesa.gov.it/documenti/PRIME_PROPOSTE_PER_UNA_ REVISIONE_DELLA_SPESA_xfinalex.pdf
[115] In corso d’esame presso il Senato (A.S. n.1577).
[116] In particolare, la legge n. 244 del 2012 ha previsto una riduzione generale a 150.000 unità del personale militare delle tre Forze armate dalle attuali 190.000 unità, da attuare entro l’anno 2024; una riduzione delle dotazioni organiche del personale civile della difesa dalle attuali 30.000 unità a 20.000 unità, da conseguire sempre entro l’anno 2024; una contrazione complessiva del 30% delle attuali strutture operative, logistiche, formative, territoriali e periferiche della difesa, anche attraverso la loro soppressione e il loro accorpamento, con la finalità non solo di ottimizzare l’impiego delle risorse umane e strumentali disponibili, ma anche di contenere il numero delle infrastrutture in uso al Ministero della difesa.
[117] In base all’art. 1, co. 4, della L. 190/2014, il Fondo è istituito al fine di dotare il paese di un sistema di istruzione scolastica che si caratterizzi per: un rafforzamento dell’offerta formativa e della continuità didattica; la valorizzazione dei docenti e una sostanziale attuazione dell’autonomia scolastica, anche attraverso la valutazione. In particolare, le finalizzazioni prioritarie riguardano la realizzazione di un piano straordinario di assunzioni, il potenziamento dell’alternanza scuola-lavoro e la formazione di docenti e dirigenti.
[119] Per il 2014, il Decreto Ministeriale 4 novembre 2014, n. 815, relativo ai criteri di riparto del Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO), ha attribuito € 1.215.000.000 per le finalità premiali di cui all'art. 2 del D.L. 180/2008 (pari a circa il 18% del totale). Tale quota, per il 2013, era stata pari al 13,5%.
[120] Il 5 agosto
2014 in Conferenza unificata è stato raggiunto l’accordo per la realizzazione del sistema di
monitoraggio e valutazione dei percorsi degli ITS, il cui art. 2 ha disposto, fra l’altro, che per il 2015 il contributo nazionale è ripartito tra
le regioni, a livello sperimentale, assegnando il 10% a titolo di premialità. Sull’argomento, interviene anche l’art. 21, co. 2, lett.
h), dell’A.C. 2994.
[121] Il medesimo Decreto Ministeriale 4 novembre 2014, n. 815 ha destinato poco meno del 20% (corrispondente a € 982.281.446,20) della quota base FFO in proporzione al parametro costo standard di formazione per studente in corso, di cui al Decreto Interministeriale 9 dicembre 2014 n. 893.
[122] Previsto
dall’art. 8-bis, co. 2, del D.L.
104/2013 (L. 128/2013). Al programma sperimentale è stato dato avvio con il D.M. prot.n. 28/0005408/1.44.10 del 5 giugno 2014. L’8 settembre 2014 sul sito del
MIUR è stata data notizia
dell'avvio della fase di sperimentazione per studenti del quarto e quinto anno
degli Istituti tecnici ad indirizzo tecnologico messo a punto da MIUR,
Ministero del Lavoro, regioni, organizzazioni sindacali ed Enel.
[123] Il piano prevedeva un investimento da parte del MIUR di circa 900 milioni di euro l'anno e si articolava su tre assi prioritari: a) lo sviluppo e l'attrazione di capitale umano altamente qualificato, da inserire nel tessuto produttivo del Paese; b) l'identificazione di un numero limitato di importanti progetti tematici; c) la promozione, anche attraverso il trasferimento di conoscenza e competenze, della capacità d'innovare e di competere da parte del sistema delle imprese, in particolare delle piccole.
[124] In particolare, per quanto concerne la composizione, rimaneva
immutato il numero dei membri (34), riducendo però a 4 il numero di quelli
nominati dal MIUR ed elevando a 30 il numero di quelli eletti in rappresentanza
del personale docente e non docente e degli studenti. Era prevista, inoltre, l'eliminazione
dei rappresentanti del CUN e la durata in carica dei membri passava da 3 a 4
anni, con abolizione del divieto di riconferma.
[125] Recepisce l'invecchiamento demografico, l'ipotesi che gli incrementi di speranza di vita si traducano in anni vissuti in buona salute in misura pari al 50 per cento, l'allineamento al PIL procapite della dinamica del costo unitario, un'elasticità del costo unitario rispetto al PIL procapite superiore all'unità.
[126] Sul punto, anche in merito alla dinamica a in calo registrata dalla voce Redditi di lavoro dipendente già a partire dal 2011, su cui hanno chiaramente inciso sia fattori correlati al contenimento della cd. dinamica "retributiva" – in considerazione del mancato rinnovo dei contratti, ma anche delle misure di congelamento"retributivo", per la componente nominale e di fatto, contenute nell'articolo 9 del decreto-legge n. 78/2010, ivi compresi i massimali "retributivi" i cui effetti finanziari complessivi attesi sono stati peraltro contenuti dal pronunciamento della Corte Costituzionale n. 35/2013 – che dei vincoli al reclutamento (cd. blocco parziale del turn over) prorogati nelle varie leggi di stabilità, sembrerebbe indispensabile l'acquisizione di un quadro di sintesi degli effetti prodotti dalle singole misure, per ciascun comparto della PA, per ciascuna annualità del quadriennio 2011/2014, atteso che le informazioni al momento disponibili non consentono una ricostruzione puntuale dei fattori e della misura con cui questi hanno concorso alla riduzione della spesa per il personale della PA. Né, a ben vedere, ciò consente di valutare gli effetti di contenimento della spesa derivanti dalle norme già in vigore, per l'esercizio in corso e per le prossime annualità in programmazione. Sul punto, la Corte dei conti, nel referto sul Coordinamento della finanza pubblica 2014, ha fornito una riflessione su di una analisi effettuata dall'Aran relativamente alla dinamica retributiva complessiva "storica", registrata dalla spesa per il decennio 2000/2009. L'analisi di dettaglio della spesa contenuta nell'ultimo referto sul rendiconto generale dello Stato (2013) è ovviamente limitata alla sola Amministrazione statale. Va dunque segnalato che l'ultimo specifico Referto sul Costo del Lavoro pubblico disponibile è quello relativo al 2013.Cfr. CORTE DEI CONTI, SS.RR., Rapporto 2014 sul coordinamento della finanza pubblica, maggio 2014, pagina 167 e seguenti; Relazione sul Rendiconto Generale dello Stato 2013, giugno 2014, volume I pagina 261 e seguenti; Relazione Annuale sul Costo del Lavoro pubblico 2013, giugno 2013, pagine 43 e seguenti; ARAN, Rapporto Semestrale sulle Retribuzioni dei pubblici dipendenti, dicembre 2012, pagina 36.
[127] Si osserva che in termini di SNF circa il 10 per cento di tale posta è contabilizzata come minore entrata, come risulta dalla RT relativa al provvedimento in oggetto.
[128] Cfr. Sez II, Focus La gestione della finanza pubblica in Italia negli anni della crisi.
[129] Making the best use of the flexibility within
the existing rules of the Stability and Growth Pact - 13 gennaio
2015.
[130] Nel mese di aprile 2014, a fronte del contesto economico eccezionalmente negativo, il DEF 2014 aveva previsto il posticipo per il conseguimento del pareggio strutturale di bilancio dal 2015 al 2016. Il 30 settembre 2014, a seguito del significativo rallentamento della crescita economica il Governo richiedeva al Parlamento, sentita la Commissione Europea, l’autorizzazione per uno scostamento temporaneo dal percorso di convergenza verso l’MTO indicato nel DEF 2014. Gli obiettivi di finanza pubblica fissati in aprile erano rivisti e il raggiungimento del pareggio strutturale ulteriormente posticipato dal 2016 al 2017 a causa dell’aggravarsi delle condizioni economiche divenute eccezionalmente severe. Il conseguimento del pareggio nel 2017 risulta confermato nel quadro programmatico contenuto nel Documento in esame.
[131] Con riferimento alla definizione e al trattamento contabile delle misure in esame si rinvia a quanto riportato nell'ED n.2 (XVII Legislatura) "L'attività della Commissione bilancio. Aspetti metodologici della quantificazione e della copertura e sessione di bilancio". Aprile 2013 e in particolare il paragrafo 1.3.1. "Misure una tantum" dell'Appendice, http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00739751.pdf
[132] Analoga richiesta è stata avanzata anche in riferimento a precedenti DEF.
[133] L’analisi degli importi indicati nella tabella viene condotta operando un confronto con l’analoga tabella contenuta nella Nota di aggiornamento al DEF 2014
[134] Si ricorda che le dismissioni immobiliari sono separatamente considerate in quanto costituiscono, ai fini dell’indebitamento netto, partite rettificative della spesa, in quanto sono considerate disinvestimenti.