Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti e dei territori montani e rurali, nonché disposizioni per la riqualificazione ed il recupero dei centri storici A.C. 65 - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 65-A/XVII   AC N. 2284-A/XVII
Serie: Progetti di legge    Numero: 73    Progressivo: 1
Data: 23/09/2016
Descrittori:
CENTRI STORICI E ZONE PEDONALI   COMUNI
COMUNITA' AREE E ZONE MONTANE   CONTRIBUTI PUBBLICI
INSEDIAMENTI RURALI     
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici


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Misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti e dei territori montani e rurali, nonché disposizioni per la riqualificazione ed il recupero dei centri storici

23 settembre 2016
Elementi per l'esame in Assemblea


Indice

Contenuto|I pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva|


Contenuto

Il testo unificato delle proposte di legge n. 65 e 2284, che consta di quindici articoli, contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici. 

Il testo è stato oggetto di diverse rielaborazioni nel corso dell'esame in sede referente, anche in esito all'approfondimento di talune questioni concernenti i profili finanziari del provvedimento. Sono stati, infatti, elaborati tre testi unificati, l'ultimo dei quali nella seduta del 4 maggio 2016 a seguito della documentazione consegnata dal Governo nella seduta del 16 febbraio 2016. Sono stati inoltre successivamente approvati emendamenti, anche al fine di recepire taluni rilievi evidenziati nei pareri delle Commissioni.

Si ricorda che il testo della proposta di legge n. 65 originariamente presentata riprendeva il testo della proposta di legge n. C. 54 della XVI legislatura approvata dalla Camera dei deputati (A.S. 2671). Proposte di legge, aventi ad oggetto le medesime finalità, erano state presentate nelle legislature XIV e XV, ma non avevano completato l'esame nei due rami del Parlamento.


Articolo 1 - Finalità e definizioni

Finalità e quadro normativo di riferimento (comma 1)

L'articolo 1 enuclea le finalità generali della proposta di legge, che riguardano i comuni con popolazione residente fino a 5.000 abitanti e consistono:

  • nel sostegno del loro sviluppo economico, sociale, ambientale e culturale;
  • nella promozione dell'equilibrio demografico, favorendo la residenza in tali comuni;
  • nella tutela e valorizzazione del loro patrimonio naturale, rurale, storico-culturale e architettonico;
  • nel favorire l'adozione di misure a vantaggio sia dei cittadini che vi risiedono, sia delle attività produttive, con riferimento, in particolare, al sistema dei servizi essenziali, con l'obiettivo di contrastare lo spopolamento e di incentivare l'afflusso turistico.

Oltre a tali finalità, già previste nel testo iniziale della proposta di legge C. 65, nel comma 1 è stato aggiunto un periodo volto a sottolineare che l'insediamento nei citati comuni è considerato una risorsa a presidio del territorio, soprattutto per le attività di contrasto al dissesto idrogeologico, nonché di piccola e diffusa manutenzione e tutela dei beni comuni.

Nell'elencare le predette finalità, il medesimo comma 1 richiama le norme costituzionali ed europee, e segnatamente:

  • gli articoli 3, 44, secondo comma, 117 e 119, quinto comma, della Costituzione;
    Si ricorda, in proposito, che ai sensi dell'art. 44, secondo comma, della Cost. la legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane, mentre l'art. 119, quinto comma, della Cost. dispone che per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni;
  • l'articolo 3 del Trattato sull'UE e l'art. 174 del Trattato sul funzionamento dell'UE (TFUE).
    L'articolo 3 del Trattato sull'UE prevede, tra l'altro, che l'UE promuova la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri, mentre l'art. 174 del TFUE stabilisce che per promuovere uno sviluppo armonioso dell'insieme dell'Unione, questa sviluppa e prosegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica, sociale e territoriale. L'articolo 174 prevede, inoltre, che l'Unione mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite e che, tra le regioni interessate, un'attenzione particolare è rivolta alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna.

 Definizione di "piccolo comune" (commi 2-3)

Una prima parte della definizione è ancorata alle caratteristiche dimensionali del comune. Per essere definito "piccolo" il comune deve infatti avere una popolazione residente fino a 5.000 abitanti o essere stato istituito a seguito di fusione tra comuni aventi ciascuno popolazione fino a 5.000 abitanti.

Una seconda parte della definizione richiede, in aggiunta al criterio dimensionale suesposto, che il comune rientri in una delle seguenti tipologie: 

a) comuni collocati in aree interessate da fenomeni di dissesto idrogeologico o, comunque, da criticità dal punto di vista ambientale;

b) comuni caratterizzati da marcata arretratezza economica;

c) comuni nei quali si è verificato un significativo decremento della popolazione residente rispetto al censimento della popolazione effettuato nel 1981;

d) comuni con specifici parametri di disagio insediativo, definiti in base all'indice di vecchiaia, alla percentuale di occupati rispetto alla popolazione residente e all'indice di ruralità;

e) comuni caratterizzati da inadeguatezza dei servizi sociali essenziali;

f) comuni ubicati in aree contrassegnate da difficoltà di comunicazione e dalla lontananza dai grandi centri urbani;

g) comuni la cui popolazione residente presenta una densità non superiore ad 80 abitanti per chilometro quadrato;

h) comuni comprendenti frazioni, con talune caratteristiche precedentemente elencate, limitando gli interventi disposti dalla legge alle medesime frazioni;

i) comuni appartenenti alle unioni di comuni montani;

A tali tipologie, già contemplate dal testo iniziale dell'A.C. 65, sono state aggiunte le seguenti:

l) comuni con territorio compreso totalmente o parzialmente nel perimetro di un parco nazionale, di un parco regionale o di un'area protetta;

Si ricorda in proposito che la legge 6 dicembre 1991, n. 394 ("Legge quadro sulle aree protette") ha istituito l'Elenco ufficiale delle aree protette. Attualmente è in vigore il 6° aggiornamento, approvato con Delibera della Conferenza Stato-Regioni del 17 dicembre 2009 e recepito con il D.M. 27 aprile 2010 (G.U. n. 125 del 31 maggio 2010). A tali aree protette vanno aggiunte le zone di protezione facenti parte della rete europea "Natura 2000" (SIC/ZSC e ZPS), concepita, a livello comunitario, ai fini della tutela della biodiversità europea attraverso la conservazione degli habitat naturali e delle specie animali e vegetali di interesse comunitario, ed istituita dalla c.d. direttiva habitat (n. 92/43/UEE), recepita in Italia con il D.P.R. 357/1997, integrato con il D.P.R. 120/2003.

m) comuni istituiti a seguito di fusione (tale tipologia è contemplata nella prima parte della definizione).

Il comma 3 stabilisce, ai fini di cui al comma 2, che i dati concernenti la popolazione dei comuni sono periodicamente aggiornati e resi pubblici conformemente a quelli elaborati dall'ISTAT e che, in sede di prima applicazione, è considerata la popolazione risultante dall'ultimo censimento ISTAT.

Ambito di applicazione (commi 4-7)

Il comma 4, in linea con quanto previsto dal testo iniziale dell'A.C. 65, prevede la definizione, entro 120 giorni dall'entrata in vigore della legge, dell'elenco dei piccoli comuni, che rappresenta in sostanza l'intervento di delimitazione dell'ambito applicativo della legge.

Tale elenco dovrà essere emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa in sede di Conferenza unificata. Prima dell'emanazione lo schema di decreto (in base al disposto del comma 6) dovrà essere trasmesso alle Camere per il parere delle competenti Commissioni parlamentari, da esprimere entro trenta giorni dalla data di assegnazione.

Il comma 5 prevede l'aggiornamento con cadenza triennale dell'elenco in questione, con le stesse procedure previste dal comma 4. 

In sede di aggiornamento il comma 5 dispone che vengano forniti, per quanto concerne i comuni di cui al comma 4, lettere da b) a e), i dati indicativi dei miglioramenti eventualmente conseguiti.

Il comma 7 stabilisce altresì che le regioni possono definire interventi ulteriori rispetto a quelli previsti dalla proposta di legge in esame per il raggiungimento delle finalità di cui al comma 1, anche al fine di concorrere all'attuazione della Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese.

Clausola di invarianza finanziaria (comma 8)

Il comma 8 dispone che dall'attuazione dell'articolo 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


Articolo 2 - Attività e servizi

L'articolo 2, al comma 1, demanda a una pluralità di enti (Stato, regioni, città metropolitane, province, unioni di comuni, comuni, anche in forma associata, unioni di comuni montani, ed enti parco) la possibilità di assicurare, secondo le rispettive competenze, che nei piccoli comuni (come definiti dall'art. 1) siano perseguite la qualità e l'efficienza dei servizi essenziali, con particolare riguardo ai seguenti ambiti: ambiente, protezione civile, istruzione, sanità, servizi socio-assistenziali, trasporti, viabilità e servizi postali.

In attuazione delle predette finalità, il comma 2 prevede la facoltà nei piccoli comuni, anche in forma associata, di istituire centri multifunzionali - con la possibilità del concorso di regioni e province alla copertura delle spese concernenti l'uso dei locali necessari alla prestazione dei predetti servizi - nei quali concentrare:

  • la fornitura di una pluralità di servizi per i cittadini (in materia ambientale, sociale, energetica, scolastica, postale, artigianale, turistica, commerciale, di comunicazione e di sicurezza);
  • nonché lo svolgimento di attività di volontariato e di associazionismo culturale.

 Il comma 2 prevede altresì la possibilità che, per le attività dei centri multifunzionali, i comuni stipulino con gli imprenditori agricoli le convenzioni e i contratti d'appalto previsti dalla vigente normativa sulla modernizzazione del settore agricolo.

L'articolo 15, comma 1, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 (Orientamento e modernizzazione del settore agricolo) disciplina la possibilità da parte delle pubbliche amministrazioni (P.A.), ivi compresi i consorzi di bonifica, di stipulare convenzioni con gli imprenditori agricoli, al fine di favorire lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione ed alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale, alla cura ed al mantenimento dell'assetto idrogeologico e di promuovere prestazioni a favore della tutela delle vocazioni produttive del territorio. Il comma 2 prevede che le convenzioni di cui al comma 1 possano consistere, nel rispetto degli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato all'agricoltura, anche in finanziamenti, concessioni amministrative, riduzioni tariffarie o realizzazione di opere pubbliche. Per le predette finalità, le P.A., in deroga alle norme vigenti, possono stipulare contratti d'appalto con gli imprenditori agricoli di importo annuale non superiore a 50.000 euro nel caso di imprenditori singoli, e 300.000 euro nel caso di imprenditori in forma associata.

Articolo 3 - Fondo per lo sviluppo dei piccoli comuni

L'articolo 3 disciplina l'istituzione di un Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni per il finanziamento di investimenti per:

  • l'ambiente e i beni culturali;
  • la mitigazione del rischio idrogeologico;
  • la salvaguardia e la riqualificazione urbana dei centri storici;
  • la messa in sicurezza delle infrastrutture stradali e degli istituti scolastici;
  • lo sviluppo economico e sociale;
  • l'insediamento di nuove attività produttive.

Il citato Fondo viene istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno e presenta una dotazione di 10 milioni di euro per il 2017 e di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2018 al 2023 (comma 1). A differenza della proposta di legge n. 65 originariamente presentata, che prevedeva l'istituzione di diversi Fondi, pertanto, il testo unificato prevede l'istituzione di un unico fondo di cui gli enti territoriali possono avvalersi ai fini della realizzazione degli interventi.

Ai fini dell'utilizzo delle suddette risorse, i commi 2 e 3 prevedono, rispettivamente,  la predisposizione di un Piano nazionale per la riqualificazione dei piccoli comuni e un elenco di interventi prioritari assicurati dal Piano nazionale. 

In particolare, il citato Piano nazionale viene predisposto con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'interno, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge, previa intesa in sede di Conferenza unificata (comma 2).

Il Piano deve assicurare priorità ai seguenti interventi di (comma 3):

  • qualificazione e manutenzione del territorio, mediante recupero e riqualificazione di volumetrie esistenti e di aree dismesse, nonché interventi volti alla riduzione del rischio idrogeologico;
  • messa in sicurezza e riqualificazione delle infrastrutture stradali e degli edifici pubblici, con particolare riferimento a quelli scolastici, alle strutture pubbliche con funzioni socio-assistenziali e alle strutture di maggiore fruizione pubblica;
  • riqualificazione ed accrescimento dell'efficienza energetica del patrimonio edilizio pubblico, nonché realizzazione di impianti di produzione e distribuzione di energia da fonti rinnovabili;
  • acquisizione e riqualificazione di terreni e di edifici in stato di abbandono o di degrado, ai sensi dell'articolo 5;
  • acquisizione di case cantoniere e del sedime ferroviario dismesso per le finalità di cui all'articolo 6, comma 1;
  • recupero e riqualificazione urbana dei centri storici, ai sensi dell'articolo 4, anche ai fini della realizzazione di alberghi diffusi;
  • recupero dei beni culturali, storici e artistici, ai sensi dell'articolo 7.

I commi 4 e 5 disciplinano, rispettivamente, i criteri per la presentazione e la selezione dei progetti e l'aggiornamento annuale del Piano nazionale, sulla base delle risorse disponibili nell'ambito del Fondo di cui al comma 1. In particolare, nel Piano sono definite le modalità di presentazione dei progetti da parte delle amministrazioni comunali, nonché di selezione dei progetti medesimi da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri sulla base dei criteri elencati nella norma (comma 4), tra i quali i  tempi di realizzazione degli interventi, la capacità e le modalità di coinvolgimento di soggetti e finanziamenti, pubblici e privati, la valorizzazione delle filiere della green economy locali.

Successivamente, i progetti finanziabili vengono individuati con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, mentre le risorse del Fondo sono ripartite con decreti del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze (comma 6). Il comma 7 consente inoltre il cumulo delle risorse erogate con agevolazioni e contributi eventualmente già previsti dalla vigente normativa nazionale o regionale.

Da ultimo, i commi 8 e 9 dispongono in ordine alla copertura degli oneri mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per gli anni 2017 e 2018, dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2016-2018, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2016, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.  


Articolo 4, commi 1-3 - Recupero e riqualificazione dei centri storici

I commi 1-3 dell'articolo 4, che non trovano corrispondenza nel testo iniziale dell'A.C. 65 e che riprendono il contenuto di alcune proposte di legge all'esame della VIII Commissione (C. 344, C. 345, C. 602), prevedono la possibilità, per i piccoli comuni, di individuare, all'interno del perimetro dei centri storici, zone di particolare pregio, dal punto di vista della tutela dei beni architettonici e culturali, da riqualificare mediante interventi integrati pubblici e privati finalizzati alla riqualificazione urbana, nel rispetto delle tipologie e delle strutture originarie, attraverso gli strumenti previsti dalla vigente normativa statale e regionale in materia. Per la realizzazione degli interventi i comuni possono anche avvalersi del Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni istituito dall'art. 3.

Si fa notare che le finalità di riqualificazione nei piccoli comuni, di cui al comma 1 in esame, sono state oggetto di interventi in questa legislatura. Il comma 9 dell'art. 18 del decreto-legge n. 69 del 2013 ha disciplinato il c.d. programma 6.000 campanili, successivamente rifinanziato, che ha previsto la destinazione di contributi statali a favore dei piccoli comuni (con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti), e a favore delle unioni composte da comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti e dei comuni risultanti da fusione tra comuni, ciascuno dei quali con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, per una serie di finalità, tra cui la realizzazione di interventi infrastrutturali di adeguamento, ristrutturazione e nuova costruzione di edifici pubblici, compresi gli interventi per l'adozione di misure antisismiche. Con il D.L. 133/2014 (c.d. decreto sblocca Italia) il proseguimento del programma 6.000 campanili è stato inquadrato all'interno di un nuovo e più ampio programma, denominato "Cantieri in comune", avviato con l'art. 3, comma 2, lettera c), e comma 3, del D.L. 133/2014 e a cui sono stati destinati complessivamente 500 milioni di euro, ripartiti tra i filoni di intervento dal decreto interministeriale 28 gennaio 2015.
Successivamente, con i commi 431-434 della legge di stabilità 2015 (L. 190/2014) è stata prevista la predisposizione di un Piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate, costituito da progetti presentati dagli enti locali e valutati  da un Comitato ad hoc, nonché l'istituzione di un Fondo per l'attuazione del suddetto Piano, con una dotazione complessiva di 200 milioni di euro (50 milioni di euro per l'anno 2015 e 75 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017).
Sempre nella legge di stabilità 2015 (comma 271) è stato disposto che le misure incentivanti e premiali, previste dalle norme per la riqualificazione delle aree urbane degradate di cui ai commi 9 e 14 dell'articolo 5 del D.L. 70/2011(c.d. Piano per la città), prevalgono sulle disposizioni dei piani regolatori generali (PRG) anche relative a piani particolareggiati e/o attuativi. Si tratta di premialità che prevedono, tra l'altro, il riconoscimento di volumetrie aggiuntive e la cui attuazione è demandata alle regioni.
Per la riqualificazione dei comuni più grandi sono invece intervenuti i commi da 974 a 978 della legge di stabilità 2016 (legge n. 208/2015) che hanno previsto la predisposizione di un "Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia" e l'istituzione di un apposito Fondo destinato al finanziamento del Piano, con una dotazione di 500 milioni di euro per il 2016.
Per una disamina dei provvedimenti richiamati si rinvia al tema "Urbanistica".

Quanto alla tipologia dei predetti progetti integrati, il comma 2 specifica che si tratta, tra l'altro, di interventi di: risanamento, conservazione e recupero del patrimonio edilizio da parte di soggetti privati; realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico; manutenzione straordinaria e riuso del patrimonio edilizio inutilizzato; consolidamento statico e antisismico degli edifici storici; miglioramento dei servizi urbani.

In base al comma 3, le regioni possono prevedere forme di indirizzo e coordinamento finalizzate al recupero e alla riqualificazione dei centri storici, anche in relazione a tali interventi integrati. 


Articolo 4, comma 4 - Promozione di alberghi diffusi

Il comma 4 prevede la possibilità per i comuni di realizzare alberghi diffusi, avvalendosi delle risorse del Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni, di cui all'articolo 3. La definizione di albergo diffuso è demandata alle regioni e alle province autonome.

Nell'originaria formulazione, la disposizione definiva come albergo diffuso le strutture ricettive ricavate dal recupero e dal restauro conservativo degli immobili inutilizzati e in stato di degrado, che si trovano in borghi antichi o in centri storici abbandonati o parzialmente spopolati, e prevedeva che la struttura dovesse essere caratterizzata da un ufficio di ricevimento e stanze riservate all'ospitalità in uno o più edifici all'interno del borgo o del centro storico.

Si ricorda che per quanto attiene la definizione di albergo diffuso, la Corte Costituzionale, con sentenza 2-5 aprile 2012, n. 80, ha dichiarato l'incostituzionalità dell'articolo 9, del D.Lgs 79/2011, in materia di classificazione e disciplina delle strutture ricettive alberghiere e paralberghiere, poiché la disposizione aveva accentrato in capo allo Stato compiti e funzioni la cui disciplina era stata rimessa alle Regioni e alle Province autonome dall'art. 1 dell'accordo tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome recepito dal D.P.C.M. 13 settembre 2002.
Si ricorda che nell'accordo succitato sono ricomprese, tra l'altro, le attività ricettive e le attività di gestione di strutture e di complessi con destinazione a vario titolo turistico-ricettiva, con annessi servizi turistici ed attività complementari, fra i quali alberghi e residenze turistico-alberghiere/residence, case ed appartamenti per vacanze (anche quando gestiti sotto la formula della multiproprietà), campeggi e villaggi turistici, altre strutture ricettive definite dalle leggi regionali.
La Corte quindi ha specificato che la disposizione realizzava un accentramento di funzioni legislative spettanti in via ordinaria alle Regioni, in virtù della loro competenza legislativa residuale in materia di turismo. Tale spostamento aveva quindi alterato il riparto di competenze tra Stato e Regioni nella suddetta materia.

Articolo 5 - Misure per il contrasto all'abbandono di immobili nei piccoli comuni

L'articolo 5 consente ai piccoli comuni, anche avvalendosi delle risorse del Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale (di cui all'articolo 3), di adottare misure volte all'acquisizione e alla riqualificazione di immobili al fine di contrastare l'abbandono di terreni e di edifici in stato di abbandono o di degrado. 


Articolo 6, commi 1-2 - Acquisizione di case cantoniere e realizzazione di circuiti e itinerari turistico-culturali

L'articolo 6 inserisce tra le finalità del piano nazionale per la riqualificazione dei piccoli comuni, l'acquisizione di case cantoniere e di stazioni ferroviarie non più utilizzate,  al fine di potenziare l'offerta turistica nel rispetto dei principi della sostenibilità.

Il comma 1 stabilisce in particolare che i  piccoli comuni, anche in forma associata,  potranno acquisire stazioni ferroviarie disabilitate o case cantoniere della società ANAS S.p.A., al valore economico definito dai competenti uffici dell'Agenzia del territorio, oppure stipulare intese finalizzate al recupero di tali beni. Questi potranno essere destinati:

  • a presìdi di protezione civile e salvaguardia del territorio, anche attraverso la concessione in comodato, a favore di organizzazioni di volontariato;
  • a sedi di promozione ed eventuale vendita dei prodotti tipici locali ad altre attività di interesse comunale,  anche d'intesa con la società Invitalia - Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A..

I piccoli comuni potranno altresì acquisire il sedime ferroviario dismesso e non recuperabile all'esercizio ferroviario, principalmente per la destinazione a piste ciclabili, in conformità agli strumenti di programmazione della rete ciclabile eventualmente previsti a livello nazionale e regionale.

Si ricorda che il comma 640 della legge di stabilità 2016 (L. 208/2015) ha destinato 17 milioni di euro per l'anno 2016, e 37 milioni di euro per gli anni 2017 e 2018 per la progettazione e realizzazione di un sistema nazionale di ciclovie turistiche nonché per la progettazione e realizzazione di ciclostazioni e di interventi concernenti la sicurezza della ciclabilità cittadina. 
Si segnala che sono in corso di esame presso la Camera varie proposte di legge sui temi della promozione della mobilità ciclistica, della valorizzazione del patrimonio ferroviario in abbandono e dell'utilizzo delle ferrovie turistiche. Si tratta delle seguenti:
  • le proposte (A.C. 2305 e abb) relative allo sviluppo della mobilità ciclistica e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica, che prevedono la realizzazione di una Rete ciclabile nazionale "Bicitalia" e per le quali la IX Commissione Trasporti ha approvato in comitato ristretto un nuovo testo base il 27 luglio 2016, inviato alle altre Commissioni per i pareri in sede consultiva;
  • le proposte di legge recanti norme per la tutela e la valorizzazione del patrimonio ferroviario in abbandono e la realizzazione di una rete della mobilità dolce (A.C. 72, A.C. 599, A.C. 1640, A.C. 1747), attualmente all'esame della VIII Commissione Ambiente  e per le quali è stato adottato un nuovo Testo Unificato, con emendamenti approvati da ultimo il 29 giugno 2016, inviato alle altre Commissioni in sede consultiva per i pareri;
  • la proposta di legge A.C. 1178 in materia di ferrovie turistiche, che ha come finalità a salvaguardia e la valorizzazione dei tracciati ferroviari e delle stazioni in disuso ove sia ancora possibile il ripristino dell'esercizio ferroviario in un'ottica turistica, per le linee che attraversano territori di particolare pregio naturalistico o archeologico, all'esame della IX Commissione Trasporti in sede referente.

 

Il comma 2 prevede che il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, in collaborazione con Ferrovie dello Stato S.p.A. e previo accordo con Regioni ed enti locali interessati, promuova nei piccoli comuni, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la realizzazione di circuiti e itinerari turistico-culturali ed enogastronomici, volti alla rinnovata fruizione dei percorsi connessi alla rete ferroviaria storica.

Si ricorda che  nell'ambito del Gruppo Ferrovie dello Stato (i soci fondatori sono Trenitalia, Rfi e Ferrovie holding) è stata costituita, il 6 marzo 2013, la Fondazione FS italiane, fondazione senza scopo di lucro con il compito di preservare, valorizzare e consegnare integro, il patrimonio storico, tecnico e industriale dei treni storici, dei musei ferroviari e dei fondi archivistici in materia. La Fondazione ha avviato a partire dall'aprile 2014 varie iniziative di valorizzazione delle ferrovie storiche.

Articolo 6, comma 3 - Pianificazione paesaggistica

Il comma 3 dispone che ai piccoli comuni si applicano le disposizioni di cui all'art. 135, comma 4, lettera d), del D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).

L'articolo 135 prevede, al comma 1, che lo Stato e le regioni assicurano che tutto il territorio sia adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti che lo costituiscono. A tale fine lo stesso comma prevede che le regioni sottopongano a specifica normativa d'uso il territorio mediante piani paesaggistici. Tali piani (in base al successivo comma 2), con riferimento al territorio considerato, ne riconoscono gli aspetti e i caratteri peculiari, nonché le caratteristiche paesaggistiche, e ne delimitano i relativi ambiti. Per ciascuno di tali ambiti il comma 4 stabilisce che i piani paesaggistici definiscono apposite prescrizioni e previsioni ordinate in particolare ad una serie di finalità. Una di queste, indicata dalla lettera d), è orientata alla individuazione delle linee di sviluppo urbanistico ed edilizio, in funzione della loro compatibilità con i diversi valori paesaggistici riconosciuti e tutelati, con particolare attenzione alla salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell'UNESCO.

Si fa notare che nel testo iniziale dell'A.C. 65 la norma in esame era formulata come novella alla richiamata lettera d), prevedendo che la particolare attenzione da essa richiesta fosse dedicata non solo alla salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell'UNESCO, ma anche al territorio dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti.

Si segnala che la disposizione vigente sembra già applicabile a tutto il territorio nazionale considerato che, ai sensi della citata lettera d), all'interno di un certo ambito paesaggistico il Piano, a prescindere dalle dimensioni dei comuni interessati, individua le "linee di sviluppo urbanistico ed edilizio".


Articolo 7 - Convenzioni con diocesi cattoliche e con altre confessioni religiose

 L'articolo 7 prevede la possibilità, per i piccoli comuni, anche in forma associata, di stipulare convenzioni con le diocesi cattoliche e le rappresentanze delle altre confessioni religiose che hanno concluso intese con lo Stato italiano, ai sensi dell'art. 8 della Costituzione, al fine di salvaguardare e recuperare i beni culturali, storici, artistici e librari degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti. Ciò, anche avvalendosi delle risorse relative al Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno dall'art. 3 del testo unificato e di quelle rese disponibili da operatori economici privati.

L'art. 9 del Codice dei beni culturali (D.lgs. 42/2004) prevede che, per i beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti ed istituzioni della Chiesa cattolica o di altre confessioni religiose, il Mibact e, per quanto di competenza, le regioni provvedono, relativamente alle esigenze di culto, d'accordo con le rispettive autorità. Prevede, inoltre, l'osservanza delle disposizioni stabilite dalle intese concluse ai sensi dell'art. 12 dell'Accordo di modificazione del Concordato lateranense firmato il 18 febbraio 1984 (L. 121/1985), ovvero dalle leggi emanate sulla base delle intese sottoscritte con le confessioni religiose diverse dalla cattolica, ai sensi dell'art. 8, co. 3, della Costituzione.
Il 26 febbraio 2013 è stato presentato il Manuale per la protezione dei beni culturali ecclesiastici, realizzato dal Comando dei Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, mentre il 27 novembre 2014 sono state presentate le Linee guida per la tutela dei beni culturali ecclesiastici, realizzate dal medesimo Comando, d'intesa con l'Ufficio nazionale dei beni culturali ecclesiastici della Conferenza episcopale italiana.
Nel 2015, infine, è stata presentata BeWeb, una banca dati in cui è censito il patrimonio storico e artistico, architettonico, archivistico e librario delle diocesi italiane e degli istituti culturali ecclesiastici.
I rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose non cattoliche sono regolati dall'articolo 8 della Costituzione che sancisce il principio di eguale libertà di tutte le confessioni religiose. Viene riconosciuto alle confessioni non cattoliche l'autonomia organizzativa sulla base di propri statuti, a condizione che questi non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano ed è posto il principio che i rapporti delle confessioni con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.
Il principio della regolazione con intesa è stato attuato a partire dalla metà degli anni '80 e riguarda alcune delle confessioni presenti in Italia quali: la Tavola Valdese, le Assemblee di Dio in Italia, la Chiesa Cristiana Avventista del 7º giorno, l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, l'Unione Cristiana vangelica Battista d'Italia, la Chiesa Evangelica Luterana in Italia, la Sacra Arcidiocesi Ortodossa d'Italia ed Esarcato per l'Europa Meridionale, la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni, la Chiesa Apostolica in Italia, l'Unione buddhista italiana e l'Unione induista Italiana.
Attualmente, la disciplina riguardante le confessioni non cattoliche presenti in Italia è diversa a seconda che queste abbiano o meno proceduto alla stipulazione di una intesa con lo Stato. Per le confessioni prive di intesa  è tuttora applicata la legge sui "culti ammessi" (L. n. 1159/1929) e il relativo regolamento di attuazione. Per le confessioni che hanno stipulato un'intesa con lo Stato italiano cessano di avere efficacia le norme richiamate che sono sostituite dalle disposizioni contenute nelle singole intese.

Articolo 8 - Sviluppo della rete in banda ultra larga e programmi di e-government

 L'articolo 8, comma 1, stabilisce che le aree dei piccoli comuni  per le quali non vi è interesse da parte degli operatori a realizzare reti per la connessione veloce e ultraveloce, possano essere destinatarie delle risorse previste, in attuazione del piano per la banda ultralarga del 2015, per le aree a fallimento di mercato (aree bianche rientranti nei cluster C e D). Si tratta delle aree per le quali la delibera CIPE 6 agosto 2015, n. 65 ha previsto uno stanziamento pari a 2,2 miliardi di euro a valere sulle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) 2014-2020, per interventi di immediata attivazione.

Per lo sviluppo della  banda ultralarga nelle c.d. aree bianche (a fallimento di mercato),  il MISE ha redatto a maggio 2016 un Piano degli investimenti che prevede un investimento diretto pubblico per garantire a tutti una connessione a 30 Mbps e l'85 per cento di copertura oltre i 100 Mbps. Le aree bianche sono state individuate dal Governo italiano mediante un'attività di consultazione pubblica ed includono circa il 24,6% della popolazione. Il 2 marzo 2016, il Comitato per la Banda Ultra Larga (COBUL) aveva infatti deciso di focalizzare l'intervento pubblico nelle aree a fallimento di mercato mediante l'impiego del modello ad "intervento diretto" ed il CIPE, nella riunione del 1° maggio 2016 ha recepito tale orientamento stabilendo che nelle aree a fallimento di mercato si proceda esclusivamente con l'intervento diretto. Tale regime nazionale di aiuto, definito in conformità alla normativa europea in materia di aiuti di Stato, secondo le previsioni degli "Orientamenti dell'Unione europea per l'applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato in relazione allo sviluppo rapido di reti a banda larga"(2013/C 25/01) , è stato notificato alla Commissione Europea. Qui il Piano degli investimenti.

Gli interventi in tali cluster C e D porteranno alla realizzazione di una rete a banda ultralarga interamente finanziata dallo Stato che resterà pubblica: sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Speciale - Contratti Pubblici del 3 giugno 2016 è stato pubblicato il primo bando per la concessione di costruzione e gestione della rete in fibra nelle aree bianche, che consentirà di avviare le procedure nelle prime sei regioni (Abruzzo, Molise, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto) con le quali si sono chiusi specifici accordi di programma e convenzioni operative. L'importo complessivo massimo dell'investimento, comprensivo dell'IVA, previsto da tale bando è pari a € 1.405.377.950. Nel bando, suddiviso per lotti, sono inoltre indicati i criteri per l'aggiudicazione dell'appalto.

Numerosi accordi operativi sono stati quindi firmati nei mesi di luglio ed agosto dal MISE con il gruppo delle regioni che interessate dal secondo bando per la costruzione della rete pubblica a banda ultralarga nelle aree bianche, a fallimento di mercato, poi pubblicato il 24 agosto 2016: si tratta delle regioni Friuli Venezia Giulia, Valle d'Aosta, Lazio, Basilicata, Campania, Umbria, Sicilia, Marche, Liguria e della Provincia di Trento. 

Si prevedono collegamenti ad almeno 100 mbps per scuole, presidi sanitari, aree industriali e le principali località turistiche. Infratel Italia, società in house del Mise, è il soggetto attuatore che ha pubblicato il secondo bando di gara, suddiviso in sei lotti funzionali. L'importo complessivo messo a gara è di euro 1.254.989.312 e il termine per la presentazione delle domande è stato fissato al 30 settembre 2016.

 

Si segnala che già sulla base della mappatura del territorio nazionale in essere le aree dei comuni di cui alla proposta di legge, che rientrino nelle aree a fallimento di mercato, saranno destinatarie degli interventi di realizzazione della banda ultralarga finanziati sulla base della delibera CIPE 6 agosto 2015, n. 65 .

 

Il comma 2 prevede inoltre che i progetti informatici riguardanti i piccoli comuni conformi ai requisiti prescritti dalla legislazione nazionale e dell'Unione europea, abbiano la precedenza nell'accesso ai finanziamenti pubblici previsti dalla normativa vigente per la realizzazione dei programmi di e-government.

In tale ambito sono definiti come prioritari i collegamenti informatici nei centri multifunzionali per la fornitura di una pluralità di servizi da parte dei comuni (previsti dall'articolo 2, comma 2), compresi quelli realizzati attraverso l'utilizzo di sistemi di telecomunicazione a banda larga e senza fili.

Il comma 3 prevede infine che il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione dia priorità ai piccoli comuni, anche in forma associata, nella individuazione delle iniziative di innovazione tecnologica individuate per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.


Articolo 9 - Disposizioni relative ai servizi postali e all'effettuazione di pagamenti

Il comma 1 dell'articolo 9, per favorire il pagamento di imposte, tasse e tributi nonché dei corrispettivi dell'erogazione di acqua, energia, gas e di ogni altro servizio nei piccoli comuni, consente di utilizzare per l'attività di incasso e trasferimento di somme la rete telematica gestita dai concessionari dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, previa convenzione con il Ministero dell'economia e delle finanze, nel rispetto della disciplina riguardante i servizi di pagamento e delle disposizioni adottate in materia dalla Banca d'Italia.

In assenza di ulteriori precisazioni, la disposizione in commento sembra fare riferimento alla rete telematica di proprietà dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, costituita dall'infrastruttura hardware e software di trasmissione dati, prevista dall'articolo 14-bis, comma 4, del D.P.R. n. 640 del 1972, per mezzo della quale si effettua la gestione telematica degli apparecchi da intrattenimento contemplati dall'articolo 110 del TULPS per l'esercizio del gioco lecito. Al riguardo però si osserva che lo scopo precipuo dell'infrastruttura è quella di gestire il gioco lecito, con finalità legate alla pubblica sicurezza ed al prelievo fiscale; l'utilizzo di detta rete per l'incasso e il trasferimento di somme richiederebbe, dunque, la predisposizione di ulteriori infrastrutture software.

 

Il comma 1 in commento specifica che l'utilizzo della predetta rete deve avvenire nel rispetto della disciplina riguardante i servizi di pagamento e delle disposizioni adottate in materia dalla Banca d'Italia.

Al riguardo si ricorda che il D.Lgs. n. 11 del 2010, emanato in attuazione della direttiva 2007/64/CE, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno (Payment Services Directive - PSD), ha introdotto nell'ordinamento italiano la figura degli istituti di pagamento, intermediari che insieme a banche e Istituti di moneta elettronica effettuano servizi di pagamento (nuovi Titoli V-bis e Titolo V-ter del Testo unico bancario, D.Lgs. n. 385 del 1993). Il D.Lgs. n. 45 del 2012 ha recepito nell'ordinamento italiano la direttiva 2009/110/CE concernente gli istituti di moneta elettronica: soggetti diversi dalle banche che svolgono l'attività di emissione di moneta elettronica; possono anche svolgere attività connesse e strumentali e offrire servizi di pagamento. In ambito comunitario è stata istituita la SEPA ovvero la Single Euro Payments Area (Area Unica dei Pagamenti in Euro), l'area in cui i cittadini, le imprese, le pubbliche amministrazioni e gli altri operatori economici possono effettuare e ricevere pagamenti in euro con strumenti diversi dal contante, sia all'interno dei confini nazionali che fra i paesi che ne fanno parte, secondo condizioni di base, diritti ed obblighi uniformi. Si segnala che gli Stati membri dovranno recepire entro il 13 gennaio 2018 la seconda direttiva sui servizi di pagamento - PSD2, direttiva 2015/2366 del 25 novembre 2015 (entrata in vigore il 13 gennaio 2016). Essa mira a promuovere lo sviluppo di un mercato interno dei pagamenti al dettaglio efficiente, sicuro e competitivo rafforzando la tutela degli utenti dei servizi di pagamento, sostenendo l'innovazione e aumentando il livello di sicurezza dei servizi di pagamento elettronici.

Gli istituti di pagamento sono le imprese, diverse dalla banche e dagli IMEL (istituti di moneta elettronica), autorizzati a prestare i servizi di pagamento. Sono iscritti, previa autorizzazione, in un Albo tenuto dalla Banca d'Italia. Possono esercitare attività accessorie alla prestazione di servizi di pagamento, quali la concessione di crediti e la prestazione di garanzie connesse al servizio di pagamento. In particolare gli istituti di pagamento operano direttamente nei confronti del pubblico e possono, ove autorizzati alla prestazione dello specifico servizio: emettere strumenti di pagamento, incluse le carte di credito; detenere conti intestati ai cliente ("conti di pagamento") sui quali possono essere disposte operazioni quali depositi e prelievi, bonifici o addebiti diretti; erogare credito con durata non superiore ai 12 mesi, a condizione che sia strumentale all'erogazione di servizi di pagamento; effettuare servizi di trasferimento fondi e di rimesse di denaro (money transfer).

Si segnala che attualmente nell'Albo degli istituti di pagamento tenuto dalla Banca d'Italia sono iscritte società che fanno parte di gruppi nei quali sono presenti anche società concessionarie dei giochi pubblici (Lottomatica e Sisal).

Il comma 2 dell'art. 9 consente ai piccoli comuni, anche in forma associata e d'intesa con la regione, in conformità alla normativa europea e nazionale e fermo restando il rispetto della normativa regolatoria di settore, di proporre iniziative per sviluppare l'offerta complessiva dei servizi postali congiuntamente ad altri servizi in specifici ambiti territoriali. Tali ambiti saranno individuati tenuto conto di ragioni di efficienza e razionalizzazione della fornitura dei servizi e valorizzando la presenza capillare degli uffici postali del fornitore del servizio universale postale.

Si prevede che di tali iniziative, che dovranno essere valutate favorevolmente da parte del fornitore del servizio universale postale, sia data informazione, a cura dello stesso fornitore del servizio universale, al Ministero dello sviluppo economico e all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM).

Si ricorda infatti che come fornitrice del servizio universale è riconosciuta ex lege la società Poste italiane S.p.A. per un periodo di quindici anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 58/2011, quindi fino al 2026, con possibilità di revoca ogni quinquennio qualora la verifica dello stato del rispetto degli obblighi del contratto di programma dia esito negativo. I rapporti tra lo Stato e il fornitore del servizio universale sono disciplinati da un contratto di programma. Il nuovo Contratto di programma 2015-2019 tra il Ministero dello Sviluppo Economico  e la società Poste italiane S.p.A. per la fornitura del servizio postale universale è stato firmato il 15 dicembre 2015.
Si ricorda infine che in base all'articolo 21 del decreto-legge n. 201/2011l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) è stata designata come nuova autorità di regolamentazione del settore postale.È stata conseguentemente istituita, nel dicembre 2012, la direzione per i servizi postali dell'AGCOM.

Il comma 3 riconosce inoltre ai piccoli comuni la facoltà di stipulare apposite convenzioni, d'intesa con le organizzazioni di categoria e con la società Poste italiane S.p.A., affinché i pagamenti su conti correnti, in particolare quelli relativi alle imposte comunali, i pagamenti dei vaglia postali, nonché altre prestazioni,  possano essere effettuati presso gli esercizi commerciali di comuni o frazioni non serviti dal servizio postale.

Si prevede inoltre anche la possibilità dei piccoli comuni di  affidare a Poste italiane spa la gestione dei servizi di tesoreria e di cassa. 

Si ricorda in proposito che la legge n. 261 del 1999 stabilisce, in conformità ai contenuti della disciplina europea sul servizio postale universale, che sia assicurata la fornitura del servizio universale e delle prestazioni in esso ricomprese, di qualità determinata, da fornire permanentemente in tutti i punti del territorio nazionale, incluse le situazioni particolari delle isole minori e delle zone rurali e montane, a prezzi accessibili all'utenza. La dizione «tutti i punti del territorio nazionale» trova specificazione, secondo criteri di ragionevolezza, attraverso l'attivazione di un congruo numero di punti di accesso (cioè gli uffici postali e le cassette postali), individuati con provvedimento dell'autorità di regolamentazione. Per quanto riguarda gli uffici postali Poste italiane è tenuta, anche in base al decreto ministeriale 7 ottobre 2008, al rispetto dei seguenti parametri:
Punti di accesso al servizio universale Termini del servizio
Un punto di accesso a max 3 km dal luogo di residenza per il 75% popolazione
Un punto di accesso a max 5 km luogo di resid. per il 92,5% popolazione
Un punto di accesso a max 6 km luogo di resid. per il 97,5% popolazione
Almeno 1 ufficio postale per il 96% comuni

Inoltre, sempre ai sensi del decreto ministeriale, nei comuni nei quali vi è un solo ufficio postale è vietata le soppressione dello stesso. Ciò non significa che in ogni comune debba necessariamente esservi un ufficio postale. Infatti secondo i parametri indicati, essendovi in Italia, al 20 giugno 2016, 7.999 comuni (7.998 dal primo luglio 2016), Poste italiane deve avere un ufficio postale in almeno 7.678 comuni.

L'AGCOM è intervenuta con la delibera 342/14/CONS del 26 giugno 2014 sulla questione dei punti di accesso al servizio postale, in considerazione degli effetti del piano di razionalizzazione degli uffici postali predisposto da Poste Italiane ed ha introdotto alcuni ulteriori elementi di limitazione alla possibilità, per Poste italiane, di intervenire mediante razionalizzazione (chiusura) di uffici. In particolare è stato introdotto:
1) il divieto di chiusura di uffici postali situati in Comuni rurali che rientrano anche nella categoria dei Comuni montani. Per "Comuni rurali", si intendono i Comuni con densità abitativa inferiore a 150 ab/km2, secondo i più recenti dati demografici ISTAT; per "Comuni montani", i Comuni contrassegnati come totalmente montani nel più recente elenco di Comuni Italiani pubblicato dall'ISTAT. Mentre è stata ammessa la chiusura di uffici postali nel caso in cui in tali comuni vi sia più di due uffici postali ed il rapporto abitanti per ufficio postale sia inferiore a 800.
2) il divieto di chiusura di uffici postali che sono presidio unico nelle isole minori.

Articolo 10 - Promozione dei prodotti provenienti da filiera corta o a chilometro utile

L'articolo 10, sostanzialmente modificato al fine di recepire le condizioni contenute nel parere della Commissione Agricoltura, prevede, ai commi 1 e 2, che i piccoli comuni possano promuovere il consumo e la commercializzazione dei:

  • prodotti agricoli ed alimentari provenienti da filiera corta: sono tali quelli che provengono da un filiera di approvvigionamento composta da un numero limitato di operatori economici, secondo un definizione adottata in sede europea;
  • prodotti agricoli ed alimentari a chilometro utile: sono tali quelli il cui luogo di produzione o di coltivazione ed allevamento della materia prima sia situato entro un raggio di 70 chilometri dal luogo di vendita e quelli per i quali è dimostrato un limitato apporto delle emissioni inquinanti derivanti dal trasporto, calcolato dalla fase di produzione fino al momento del consumo finale.

Nei bandi di gara promossi dai piccoli comuni per la fornitura di servizi legati alla ristorazione collettiva  (comma 3)  costituisce titolo preferenziale per l'aggiudicazione l'utilizzo dei prodotti prima richiamati, inclusi quelli biologici, in quantità superiori ai criteri minimi ambientali stabiliti dal decreto del Ministro dell'Ambiente del 25 luglio 2011 (con cui sono stati adottati i criteri minimi ambientali da inserire nei bandi di gara della Pubblica amministrazione per l'acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari e serramenti esterni). In tal caso (comma 4) l'utilizzo di tali prodotti deve essere adeguatamente documentato attraverso fatture di acquisto nelle quali sono riportate le indicazioni sull'origine, sulla natura, sulla qualità e sulla quantità dei prodotti acquistati.

Si segnala che il nuovo Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016 prevede che le stazioni appaltanti contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione attraverso l'inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e conformemente, in riferimento all'acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari, a quanto specificamente previsto all'articolo 144. Nel caso dei contratti relativi ai servizi di ristorazione ospedaliera, assistenziale, scolastica e sociale di cui all'articolo 95, comma 3, lettera a), e dei contratti relativi ai servizi di ristorazione di cui all'articolo 144, il suddetto decreto può stabilire che l'obbligo di cui al comma 1 si applichi anche per una quota inferiore al 50 per cento del valore a base d'asta.
Si fa presente, altresì, che il comma 1 dell'articolo 144 del citato Codice, oltre a ribadire che i servizi di ristorazione sono aggiudicati esclusivamente sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, dispone che la valutazione dell'offerta tecnica tiene conto, in particolare, degli aspetti relativi a fattori quali la qualità dei generi alimentari con particolare riferimento a quella di prodotti biologici, tipici e tradizionali, di quelli a denominazione protetta, nonché di quelli provenienti da sistemi di filiera corta e da operatori dell'agricoltura sociale, il rispetto delle diposizioni ambientali in materia di green economy, dei criteri ambientali minimi pertinenti.

Articolo 11 - Misure per favorire la vendita dei prodotti provenienti da filiera corta o a chilometro utile

 L'articolo 11, modificato nel corso dell'esame in sede referente a seguito delle indicazioni fornite dalla Commissione Agricoltura,  prevede che i piccoli comuni, sulla base delle disposizioni regionali, destinino (comma 1) specifiche aree per la realizzazione dei mercati agricoli per la vendita diretta, riservando prioritariamente (comma 2) i posteggi agli imprenditori agricoli che vendono i prodotti agricoli ed alimentari provenienti da filiera corta e a chilometro utile. Le strutture commerciali destinano alla vendita di tali prodotti una congrua percentuale, in termine di valore della produzione agricola annualmente acquistata (comma 3). Viene fatta salva, infine, la facoltà per gli imprenditori agricoli di svolgere la vendita diretta come disciplinata dal decreto legislativo n. 228/2001 (comma 4).


Articolo 12 - Attuazione delle politiche di sviluppo, tutela e promozione delle aree rurali e montane

L'articolo 12 pone in capo ai comuni che esercitano obbligatoriamente in forma associata le funzioni fondamentali mediante unione di comuni o unione di comuni montani l'obbligo di svolgere le funzioni di programmazione in materia di sviluppo socio-economico, e quelle che riguardano l'impiego delle occorrenti risorse finanziarie, anche derivanti dai fondi strutturali dell'Unione europea. È fatto divieto di ricorrere alla creazione di nuovi soggetti, agenzie o strutture comunque denominate per lo svolgimento di tale compito (comma 1).

Si ricorda che i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero fino a 3.000 abitanti se appartengono o sono appartenuti a comunità montane, esclusi i comuni il cui territorio coincide integralmente con quello di una o di più isole e il comune di Campione d'Italia, esercitano obbligatoriamente in forma associata, mediante unione di comuni o convenzione, le funzioni fondamentali (articolo 14, comma 28, del decreto-legge n. 78/2010).

Sulla base di quanto previsto dal presente articolo, le Regioni adottano gli opportuni provvedimenti per recepire la disciplina dell'Unione europea in materia di sviluppo delle aree rurali e montane  (comma 2).


Articolo 13 - Trasporti e istruzione nelle aree rurali e montane

L'articolo 13, commi 1 e 2, prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, predispone, in coerenza con la strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese, il Piano per l'istruzione destinato alle aree rurali e montane.

Il Piano deve avere particolare riferimento al collegamento dei plessi scolastici ubicati in tali aree, all'informatizzazione e alla progressiva digitalizzazione e non deve comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Con riferimento ad informatizzazione e progressiva digitalizzazione, si ricorda, anzitutto, che l'art. 11, co. 3, del D.L. 179/2012 (L. 221/2012) – aggiungendo il co. 1-bis nell'art. 8 del DPR 81/2009 – ha disposto che per le scuole funzionanti, fra l'altro, nelle piccole isole e nei comuni montani, le regioni e gli enti locali interessati stipulano convenzioni con il MIUR per consentire, in situazioni particolarmente svantaggiate, l'istituzione di centri scolastici digitali collegati funzionalmente alle istituzioni scolastiche di riferimento, mediante l'utilizzo di nuove tecnologie.
Tale possibilità si è aggiunta a quella - recata dal co. 1 del citato art. 8 del DPR 81/2009 - di costituire, nelle stesse realtà, classi uniche per anno di corso e indirizzo di studi con numero di alunni inferiore a quello minimo e massimo stabilito per i diversi ordini e gradi di scuole.
Successivamente, sulla base dell'art. 1, co. 56, della L. 107/2015, è stato approvato, con DM 27 ottobre 2015, n. 851, il Piano Nazionale Scuola Digitale, che si compone di 35 azioni, riferite a quattro ambiti di intervento:
- strumenti abilitanti: è la parte infrastrutturale, riguarda tutte le azioni relative alla connettività, ai nuovi spazi e ambienti per la didattica, all'amministrazione digitale;
- competenze e contenuti per gli studenti: nuove competenze digitali degli studenti, standard e interoperabilità degli ambienti on line per la didattica, promozione delle risorse educative aperte (OER), esperienze di alternanza scuola lavoro in imprese digitali;
- formazione del personale scolastico;
- accompagnamento.
Più in generale, si ricorda che le funzioni amministrative relative all'assistenza scolastica sono state attribuite ai comuni – che le svolgono secondo le modalità previste dalla legge regionale – dall'art. 45 del DPR 616/1977. In base all'art. 42 dello stesso DPR, esse concernono, tra l'altro, tutti i servizi destinati a facilitare l'assolvimento dell'obbligo scolastico.
In virtù di tali previsioni, successivamente confermate dall'art. 327 del d.lgs. 297/1994, sono state attribuite ai comuni, fra l'altro, le funzioni relative al trasporto degli alunni della scuola dell'infanzia e della scuola dell'obbligo, già attribuire alle regioni dall'art. 1 del DPR 3/1972.


Il comma 3 prevede, infine, che, nell'ambito del Piano Generale dei Trasporti e della Logistica (PGTL) e dei Documenti Pluriennali di Pianificazione (DPP), di cui all'articolo 201 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (nuovo Codice dei contratti pubblici), siano individuate apposite azioni destinate alle aree rurali e montane, con particolare riguardo al miglioramento delle reti infrastrutturali, nonché al coordinamento tra i servizi, pubblici e privati, finalizzati al collegamento tra i comuni delle aree rurali e montane, nonché al collegamento degli stessi con i comuni capoluogo di provincia e regione.

Il decreto legislativo n. 50 del 2016 , in attuazione della legge n. 11 del 2016, ha disciplinato le modalità per l'individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese. Gli strumenti di pianificazione e programmazione generale sono il Piano Generale dei Trasporti e della Logistica e i Documenti Pluriennali di Pianificazione.
Il Piano generale dei trasporti e della logistica (PGTL) contiene le linee strategiche delle politiche della mobilità delle persone e delle merci nonché dello sviluppo infrastrutturale del Paese ed è adottato ogni tre anni, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del CIPE, acquisito il parere della Conferenza unificata e sentite le Commissioni parlamentari competenti.
Con riferimento all'elaborazione dei documenti pluriennali di programmazione,  nell'allegato al Documento di economia e finanza 2016, denominato "Strategie per le infrastrutture di trasporto e logistica" si prevede l'adozione di un  il Documento di Programmazione Pluriennale (DPP) 2017-2019 da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Tra gli obiettivi prioritari vi sono i seguenti:
1) la realizzazione di infrastrutture utili, snelle e condivise, attraverso una pianificazione nazionale unitaria, la programmazione e il monitoraggio degli interventi, nonché il miglioramento della qualità della progettazione;
2)  lo sviluppo urbano sostenibile, attraverso la cd. "cura del ferro", l'accessibilità alle aree urbane e metropolitane, la qualità e l'efficienza del trasporto pubblico locale, la sostenibilità del trasporto urbano e le tecnologie per città intelligenti.

Articolo 14 - Clausole di invarianza finanziaria

 L'articolo 14 contiene le clausole di invarianza finanziaria, salvo quanto previsto dall'articolo 3 istitutivo del Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni.

Il comma 1, in particolare, dispone che all'attuazione del provvedimento legislativo in esame si provvede nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il comma 2 precisa che i comuni con popolazione residente fino a 5.000 abitanti non iscritti nell'elenco di quelli ammissibili ai finanziamenti (articolo 1, comma 4) attuano le disposizioni previste dal provvedimento in esame nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Tale clausola di invarianza finanziaria si applica anche ai comuni istituiti a seguito di fusione tra comuni aventi ciascuno popolazione residente fino a 5.000 abitanti.


Articolo 15 - Disposizioni particolari per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano

L'articolo 15 introduce nel testo della proposta di legge la cosiddetta clausola di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel senso che le norme in essa contenute si applicano ai piccoli comuni delle autonomie speciali solo in quanto non contrastino con le attribuzioni di ciascuna autonomia definite, per ciascuna di esse, dallo statuto e dalle relative norme di attuazione.

A tale riguardo si ricorda che tutte le autonomie speciali hanno competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali, la competenza riguarda tutti gli aspetti dell'ordinamento - circoscrizioni territoriali, conferimento di funzioni, sistema elettorale - ed anche la finanza locale. Per quest'ultimo aspetto, tuttavia, esiste di fatto una differenza sostanziale che distingue le due isole dalle altre autonomie speciali. Per le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e per le Province autonome di Trento e di Bolzano sono intervenute specifiche norme di attuazione dello statuto speciale che hanno disciplinato la materia della finanza locale nel senso che è la regione - o la provincia autonoma - a provvedere interamente alla finanza degli enti locali del proprio territorio con risorse del proprio bilancio e senza alcun apporto da parte dello Stato. Ciò non è avvenuto, invece, nel caso della Regione Sardegna e della Regione siciliana, dove la finanza degli enti locali è ancora a carico dello Stato; per tale motivo, sotto il profilo finanziario, questi comuni sono equiparabili ai comuni delle regioni a statuto ordinario e come tali ricevono finanziamenti statali.


I pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva

La I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso parere favorevole con alcune osservazioni; le Commissioni di merito hanno modificato il comma 4 dell'articolo 4 al fine di recepire una di tali osservazioni relativamente alla necessità di fare riferimento alla disciplina prevista dalle regioni e dalle province autonome ai fini della definizione di albergo diffuso.

La IX Commissione (Trasporti) ha formulato un parere favorevole con condizioni, che le Commissioni di merito hanno recepito al fine, tra l'altro, di fare riferimento - all'articolo 6, comma 1 -agli strumenti di programmazione della rete ciclabile eventualmente previsti a livello nazionale e regionale e - all'articolo 13, comma 3 - al piano generale dei trasporti e della logistica e ai documenti pluriennali di pianificazione previsti dall'articolo 201 del nuovo codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016 nell'ambito dei quali sono individuate apposite azioni destinate alle aree rurali e montane.

Anche la XIII Commissione (Agricoltura) ha formulato un parere favorevole con condizioni, che le Commissioni di merito hanno recepito apportando, tra l'altro, modificazioni agli articoli 10 e 11.

Ulteriori modificazioni hanno tenuto conto dei rilievi della Commissione parlamentare per le questioni regionali con riguardo al richiamo alle disposizioni regionali, con riferimento alla vendita diretta di prodotti agricoli e agroalimentari di cui all'articolo 11, e all'applicabilità della legge alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano.

La VI Commissione (Finanze), la X Commissione (Attività produttive), la XI Commissione (Lavoro pubblico e privato) e la XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) hanno espresso parere favorevole. La VII Commissione (Cultura) e la XII Commissione (Affari sociali) hanno espresso parere favorevole con un'osservazione.