Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Finanze
Titolo: Normativa europea in materia bancaria e recepimento in Italia
Serie: Documentazione e ricerche   Numero: 224/3
Data: 31/07/2017
Organi della Camera: VI Finanze

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

Normativa europea in materia bancaria
e recepimento in Italia

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 224/3

 

 

 

                         31 luglio 2017

 

 

 

Servizio Studi

Dipartimento Finanze

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Documentazione e ricerche n. 224/3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I N D I C E

 

 

 

Premessa. 3

Normativa europea in materia bancaria e recepimento in Italia. 5

Proposte dell’UE in materia bancaria. 18

La legislazione in materia bancaria: gli interventi nella XVII Legislatura. 24

Lo stato di salute del sistema bancario italiano. 46

 

 


Premessa

La legislatura in corso è caratterizzata da una produzione normativa consistente nel settore bancario e creditizio, stante l'attuale contesto socioeconomico.

In primo luogo il legislatore è intervenuto allo scopo di garantire una maggiore trasparenza nei rapporti tra banche e clienti e, complessivamente, per potenziare gli strumenti di tutela dei consumatori.

Sotto un diverso fronte, è stato avviato un processo di riforma complessiva del sistema bancario nazionale, dapprima con il decreto-legge n. 3 del 2015 con riferimento alle banche popolari, continuando poi con le fondazioni bancarie e con l'autoriforma delle banche di credito cooperativo, confluita nel decreto-legge n. 18 del 2016.

Numerosi interventi hanno poi inteso fronteggiare la crisi del settore creditizio, esacerbatasi nell’ultimo anno: il decreto-legge n. 18 del 2016 ha recepito l’accordo raggiunto con la Commissione Europea sul meccanismo per smaltire i crediti in sofferenza presenti nei bilanci bancari, da attuare mediante la concessione di garanzie dello Stato nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione che abbiano come sottostante crediti in sofferenza (Garanzia cartolarizzazione crediti in sofferenza – GACS). La presenza della garanzia pubblica è volta a facilitare il finanziamento delle operazioni di cessione delle sofferenze per liberare risorse da destinare al finanziamento del sistema produttivo.

Successivamente, con il decreto-legge n. 237 del 2016 è stata tra l'altro concessa la garanzia dello Stato sulle passività delle banche aventi sede legale in Italia e sui finanziamenti erogati discrezionalmente dalla Banca d'Italia alle banche italiane per fronteggiare gravi crisi di liquidità.

Più recentemente, il decreto-legge n. 89 del 2017 modifica la disciplina dell'intervento statale nelle procedure di risanamento e ricapitalizzazione degli istituti bancari, mentre il decreto-legge n. 99 del 2017 introduce disposizioni urgenti per facilitare la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A. e per garantire la continuità del sostegno del credito alle famiglie e alle imprese del territorio.

In tale contesto la legge n. 107 del 12 luglio 2017 ha istituito una Commissione bicamerale di inchiesta sul sistema bancario e finanziario, avendo particolare riguardo alla tutela dei risparmiatori.

È inoltre proseguita l'attività di recepimento della disciplina europea in materia bancaria e creditizia, soprattutto alla luce del nuovo quadro dell'Unione Bancaria.

Il presente dossier dà quindi conto innanzitutto dell’evoluzione normativa a livello europeo e a livello nazionale, nonché delle proposte normative in discussione a livello europeo e, nella seconda parte, della situazione delle banche italiane.

 


Normativa europea in materia bancaria
e recepimento in Italia

Il Sistema europeo delle autorità di vigilanza finanziarie (SEVIF)

Nel corso del 2010 è stato creato un sistema europeo delle autorità di vigilanza finanziarie (SEVIF) mediante l'istituzione, con appositi regolamenti, di tre nuove autorità di vigilanza europee competenti, rispettivamente per le banche, i mercati finanziari e le assicurazioni, e di un Comitato europeo per il rischio sistemico incaricato della vigilanza macroprudenziale.

In particolare il regolamento (UE) n. 1093/2010 ha istituito l'Autorità bancaria europea (EBA); il regolamento n. 1094/2010 ha istituito  l'Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPA) ed il regolamento n. 1095/2010 ha istituito l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA). Con il regolamento n. 1092/2010 relativo alla vigilanza macroprudenziale del sistema finanziario nell'Unione europea è stato istituto il Comitato europeo per il rischio sistemico(CERS).

La creazione del SEVIF fa seguito alle proposte elaborate da un gruppo di esperti (cd. gruppo "de Larosière") incaricato dalla Commissione europea, nel novembre 2008, di formulare delle raccomandazioni su come rafforzare i meccanismi di vigilanza europei a fronte della crisi finanziaria.

La disciplina sui requisiti patrimoniali

Allo scopo di ridurre l’eventualità di crisi bancarie di carattere sistemico suscettibili di mettere a rischio la stabilità finanziaria complessiva, sono state introdotte nell’ordinamento europeo (attraverso il regolamento (UE) n. 575/2013 e la direttiva 2013/36/UE, cosiddetta Capital Requirements Directive IV – CRD IV) norme che recepiscono l'accordo di Basilea 3 sui requisiti patrimoniali delle banche.

Obiettivo della disciplina è di imporre alle banche di accantonare un capitale adeguato per far fronte ad eventuali perdite inattese e rimanere comunque solvibili in situazioni di crisi. L’importo del capitale è correlato ai rischi legati alle attività svolte; per le attività più sicure è previsto un fattore di ponderazione minore. Il capitale Tier 1 è quello previsto per consentire a ciascuna banca di svolgere la sua attività preservandone la solvibilità; il capitale Tier 2 è invece riferito al caso di cessazione di attività e risponde allo scopo di permettere alla banca di rimborsare i depositanti e i creditori privilegiati in caso di insolvenza. L’importo totale del capitale deve essere pari almeno all’8% delle attività ponderate per il rischio. La percentuale di capitale Tier 1 (di elevatissima qualità) deve rappresentare il 4,5% delle attività ponderate per il rischio. E’ inoltre previsto a carico delle istituzioni finanziarie l’obbligo di disporre di attività liquide sufficienti far fronte a eventuali deflussi in dipendenza di forti stress. A tal fine è stabilito un coefficiente di copertura della liquidità di ammontare crescente dal 60% nel 2015 al 100% nel 2018. Da ultimo, la disciplina ha introdotto norme volte a ridurre leve finanziarie (rapporto tra il capitale e le sue attività totali) eccessive, suscettibili di provocare conseguenze negative sulla solvibilità delle banche.

Le banche italiane negli anni più recenti hanno realizzato diversi interventi per aumentare la propria dotazione di capitale e per adeguarsi ai requisiti richiesti.

 

La Banca d’Italia ha quindi dato avvio all’attuazione in Italia della direttiva 2013/36/UE con l’emanazione delle disposizioni di vigilanza per le banche (circolare n. 285 del 17 dicembre 2013, successivamente aggiornata nel tempo).

Le disposizioni sono entrate vigore il 1° gennaio 2014, data dalla quale è direttamente applicabile nei singoli Stati il menzionato regolamento (UE) n. 575/2013 (CRR) in materia di requisiti patrimoniali.

In particolare con l’aggiornamento del 6 maggio 2014 alle Disposizioni di vigilanza per le banche è stato inserito, alla parte prima, il nuovo titolo IV "Governo societario, controlli interni, gestione dei rischi", capitolo 1 "Governo societario" (comunicato stampa della Banca d'Italia). Le norme confermano principi già presenti nelle recedenti disposizioni, tra cui: la chiara distinzione di compiti e poteri tra gli organi societari; l'adeguata dialettica interna; l'efficacia dei controlli e una composizione degli organi societari coerente con le dimensioni e la complessità delle aziende bancarie.

A livello di normativa primaria, è col decreto legislativo n. 72 del 2015 che sono state apportate le opportune modifiche al Testo Unico Bancario e al Testo Unico della Finanza volte a recepire, a livello legislativo, la direttiva 2013/36/UE sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento (c.d. CRD IV), conformemente alla delega conferita dalla legge 7 ottobre 2014, n. 154 (legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre).

Le principali disposizioni del predetto decreto legislativo prevedono:

§  una complessiva riforma dei requisiti degli esponenti aziendali e dei partecipanti al capitale, valida non solo per il settore bancario e creditizio, ma che si estende anche agli enti operanti nel settore finanziario (ovvero i soggetti disciplinati dal TUF). Le linee guida della riforma prevedono l'integrazione dei vigenti requisiti con criteri di competenza e correttezza, la cui individuazione concreta spetta alla normativa di rango secondario (articoli 23 e 91 della CRD IV); il divieto di cumulo degli incarichi;

§  un rafforzamento dei poteri di intervento e correttivi delle Autorità di vigilanza (Banca d'Italia e Consob);

§  specifici meccanismi di segnalazione, sia all'interno degli intermediari che presso l'autorità di vigilanza, delle eventuali violazioni normative;

§  l'obbligo di astensione di soci e amministratori nelle delibere in cui presentino un interesse in conflitto, in luogo del vigente obbligo dell'amministratore di dare notizie al board dell'interesse di cui è portatore in una specifica operazione;

§  in ordine alle sanzioni, oltre agli adeguamenti dei massimali e dei minimi secondo quanto previsto dalla legge delega, le disposizioni proposte differenziano inoltre tra persone fisiche e giuridiche;

§  secondo quanto previsto dalla norma di delega, si svincola il potere regolamentare della Banca d'Italia dalla necessità di una previa deliberazione del Comitato interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR).

L’unione bancaria

La crisi economico-finanziaria ha prodotto significativi effetti negativi sui bilanci delle banche, derivanti dalla rilevante quantità di titoli di debito pubblico detenuti in portafoglio per i quali è emersa una forte criticità e dall’aumento delle sofferenze, provocato dalla crescita delle insolvenze.  L’UE è intervenuta con strumenti regolamentari e normativi eterogenei, al fine di creare un meccanismo normativo e regolamentare valido a contrastare gli effetti della crisi finanziaria.

Per porre fine al circolo vizioso tra crisi dei sistemi bancari e crescita del debito sovrano, è stata avviata la costruzione dell’Unione bancaria, fondata su tre pilastri:

§  un sistema unico di vigilanza;

§  un meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie, dotato anche di un fondo comune;

§  un sistema europeo di garanzia dei depositi bancari.

 

Allo stato attuale, il progetto dell’Unione bancaria vede realizzati i primi due pilastri, e nello specifico:

§  il meccanismo unico di vigilanza bancaria (single supervisory mechanism, SSM, istituito con il regolamento (UE) n. 1024/2013), che prevede l'attribuzione alla BCE di compiti di vigilanza prudenziale direttamente sulle banche cd. "sistemiche" (circa 130 su un totale di 6000 banche europee), e indirettamente – per il tramite delle autorità di vigilanza nazionali - su tutti gli istituti di credito.

Le banche sistemiche sono quelle il cui valore totale delle attività supera i 30 miliardi di euro, ovvero il rapporto tra le attività totali e il PIL dello Stato membro in cui sono stabilite supera il 20%, a meno che il valore totale delle attività sia inferiore a 5 miliardi di euro (per quanto riguarda l’Italia, l’elenco comprende 15 istituti di credito: Banca Carige , Banca Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare , Banca Popolare dell’Emilia Romagna , Banca Popolare di Milano , Banca Popolare di Sondrio, Banca Popolare di Vicenza, Barclays Italia, Credito Emiliano, Iccrea Holding, Intesa Sanpaolo , Mediobanca , Unicredit , Unione di Banche Italiane e Veneto Banca);

§  il meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie (istituito con il regolamento (UE) n. 806/2014), che mira a limitare l'impatto sui bilanci pubblici degli interventi di salvataggio delle banche in crisi (cd. bail-out), introducendo il principio per cui il finanziamento degli istituti di credito è affidata in primo luogo ad azionisti, obbligazionisti e creditori delle banche stesse (cd. bail-in). Si è provveduto inoltre ad istituire, con accordo intergovernativo, il fondo unico di risoluzione (operativo dal 1° gennaio 2016), che sarà alimentato da contributi delle banche per un totale stimato di 55 miliardi di euro. Il Fondo unico di risoluzione inizialmente è costituito di "comparti nazionali". Questi verranno gradualmente fusi nel corso di una fase transitoria della durata di otto anni. Questa messa in comune dei fondi versati inizierà con il 40% nel primo anno e un ulteriore 20% nel secondo anno, per poi aumentare continuamente con importi uniformi nei rimanenti sei anni, fintanto che i comparti nazionali non cesseranno di esistere. Al termine del processo di mutualizzazione, il Fondo dovrebbe raggiungere almeno l'1% dell'importo dei depositi protetti di tutti gli enti creditizi autorizzati in tutti gli Stati membri dell'unione bancaria (pari al citato importo di circa 55 miliardi di euro).

 

Sul punto si ricorda che la legge di stabilità 2016 (articolo 1, commi 880-885) ha autorizzato il Ministero dell'economia e delle finanze a stipulare con l'organo competente alla gestione del Meccanismo di risoluzione unico degli istituti bancari (SRM), ovvero il Comitato di risoluzione, gli accordi necessari a dare attuazione alla dichiarazione Ecofin del 18 dicembre 2013, la quale tra l'altro stabilisce che gli Stati membri partecipanti all'Unione bancaria assicurino finanziamenti ponte al Fondo di risoluzione unico previsto dal predetto regolamento, ove le risorse del medesimo siano insufficienti. Con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze si dispone l'erogazione di finanziamenti ponte fino a 5.735 milioni di euro. Ove non si possa procedere mediante le ordinarie procedure di gestione dei pagamenti, i decreti del MEF che dispongono l'erogazione dei finanziamenti autorizzano il ricorso ad anticipazioni di tesoreria.

Viene dunque istituito, per assicurare la disponibilità delle somme eventualmente richieste, nello stato di previsione del MEF un apposito fondo con dotazione iniziale di 2.500 milioni di euro per il 2016, per cui si prevede una contabilità speciale. La dotazione del fondo è così costituita:

§  per 1.500 milioni, mediante versamento all'entrata del bilancio dello Stato delle somme giacenti sulla contabilità speciale istituita per il riacquisto da parte delle regioni dei titoli obbligazionari da esse emessi, ivi compreso il contributo MEF a tale scopo, nella parte non utilizzata per la ristrutturazione del debito regionale;

§  per i restanti 1.000 milioni, mediante corrispondente riduzione del rifinanziamento al Fondo destinato ad integrare le risorse iscritte sul bilancio destinate alle garanzie rilasciate dallo Stato.

 

Accanto al predetto regolamento UE) n. 806/2014, la direttiva 2014/59/UE ha istituito un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento. Detta direttiva (definita BRRD - Bank Recovery and Resolution Directive) affronta il tema delle crisi delle banche approntando strumenti nuovi che le autorità possono impiegare per gestire in maniera ordinata eventuali situazioni di dissesto non solo a seguito del loro manifestarsi, ma anche in via preventiva o ai primi segnali di difficoltà. Essa introduce una molteplicità di strumenti, aventi carattere preventivo, carattere di intervento immediato, così come strumenti di "risoluzione" della crisi.

Il recepimento della direttiva BRRD è stato affidato a due distinti provvedimenti:

§  il decreto legislativo n. 181 del 2015 (atto del Governo n. 208), che introduce nel Testo unico bancario le disposizioni relative ai piani di risanamento, alle forme di sostegno all'interno dei gruppi bancari, alle misure di intervento precoce; sono inoltre modificate le norme sull'amministrazione straordinaria delle banche e la disciplina della liquidazione coatta amministrativa. Le stesse materie sono inserite nel Testo unico in materia di intermediazione finanziaria con riferimento alle società di intermediazione mobiliare (SIM); sono inoltre dettate le disposizioni sulle procedure di risoluzione delle SIM non incluse in un gruppo bancario o che non rientrino nell'ambito della vigilanza consolidata (SIM stand alone);

§  il decreto legislativo n. 180 del 2015 (atto del Governo n. 209), che reca la disciplina in materia di predisposizione di piani di risoluzione, avvio e chiusura delle procedure di risoluzione, adozione delle misure di risoluzione, gestione della crisi di gruppi cross-border, poteri e funzioni dell'autorità di risoluzione nazionale e disciplina del fondo di risoluzione nazionale. Le Autorità preposte all'adozione delle misure di risoluzione delle banche potranno attivare una serie di misure, tra cui il temporaneo trasferimento delle attività e delle passività a un'entità (bridge bank) costituita e gestita dalle autorità per proseguire le funzioni più importanti, in vista di una successiva vendita sul mercato, il trasferimento delle attività deteriorate a un veicolo (bad bank) che ne gestisca la liquidazione in tempi ragionevoli ed il cd. bail-in, ossia la procedura che consente di svalutare azioni e crediti e convertirli in azioni, per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà o una nuova entità che ne continui le funzioni essenziali.

 

Il legislatore italiano, in tema di risoluzione delle crisi bancarie, è poi puntualmente intervenuto con il decreto-legge n. 183 del 2015, recante disposizioni urgenti per il settore creditizio, il cui testo è confluito nella legge di stabilità 2016 (articolo 1, commi 842-854 della legge n. 208 del 2015).

Tali norme, nel quadro delle procedure di risoluzione delle crisi bancarie, hanno inteso consentire la tempestiva ed efficace attuazione dei programmi di risoluzione di alcuni istituti bancari, segnatamente della Cassa di risparmio di Ferrara Spa, della Banca delle Marche S.p.A., della Banca popolare dell'Etruria e del Lazio - Società cooperativa e della Cassa di risparmio della Provincia di Chieti S.p.A., tutte in amministrazione straordinaria. In particolare sono dettate misure e procedure specifiche ed eccezionali per la costituzione di quattro enti ponte, in corrispondenza delle summenzionate banche.

Nel quadro di tali misure, la Banca d’Italia – quale Autorità di Risoluzione individuata dalla normativa UE e nazionale – ha tempestivamente adottato i provvedimenti di risoluzione nei confronti dei predetti istituti.

 

Si ricorda inoltre che gli articoli da 8 a 10 del decreto-legge n. 59 del 2016 hanno disposto in favore degli investitori delle predette quattro banche sottoposte a risoluzione.  A specifiche condizioni di legge e in presenza di determinati presupposti di ordine patrimoniale e reddituale, gli investitori possono chiedere l'erogazione di un indennizzo forfetario, pari all'80 per cento del corrispettivo pagato per l'acquisto degli strumenti finanziari, al netto degli oneri e spese connessi all'operazione di acquisto e della differenza positiva tra il rendimento degli strumenti finanziari subordinati e il rendimento di mercato individuato secondo specifici parametri.

Il 2 novembre 2016 la VI Commissione Finanze ha approvato la risoluzione 7-01114 Paglia, volta ad estendere il meccanismo di rimborso in favore dei risparmiatori acquirenti di obbligazioni subordinate emesse dalle quattro banche poste in risoluzione anche ai soggetti che abbiano ceduto o suddiviso a titolo non oneroso la proprietà dei titoli con parenti.

La Commissione VI Finanze della Camera ha successivamente approvato, l’8 febbraio 2017, la risoluzione Villarosa 8-00221, che impegna il Governo a estendere la procedura di indennizzo anche ai detentori dei titoli che abbiano ottenuto la titolarità dei medesimi attraverso un semplice trasferimento di proprietà tra vivi, senza corrispettivo in denaro, nonché nelle connesse ipotesi di successione mortis causa, e che non abbiano acquistato gli stessi direttamente dalla banche poste in risoluzione in data precedente al 22 novembre 2015.

 

Il predetto indennizzo è a carico del Fondo di solidarietà per l'erogazione di prestazioni in favore degli investitori, istituito dall'articolo 1, comma 855, della citata legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 2015). La presentazione dell'istanza di indennizzo forfetario preclude, a specifiche condizioni, la possibilità di esperire la specifica procedura arbitrale disciplinata dalla legge di stabilità 2016 (commi da 857 a 860).

 

In proposito si ricorda che con il DPCM 28 aprile 2017, n. 82 (Atto del Governo n. 373) è stato attuato quanto disposto dal comma 859 della richiamata legge di stabilità 2016, norma che affida a un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri l'emanazione della disciplina di rango secondario in tema di accesso alla procedura arbitrale per l'erogazione delle prestazioni del predetto Fondo, consentita a specifiche condizioni di legge. Sono in particolare precisati i criteri e le modalità di nomina degli arbitri, il supporto organizzativo alle procedure arbitrali e le modalità di funzionamento del collegio arbitrale per l'erogazione di prestazioni in favore degli investitori.

 

Durante l’esame parlamentare del decreto-legge n. 237 del 2016 sono state introdotte alcune disposizioni che novellano le disposizioni in materia di accesso al Fondo di solidarietà: si amplia la nozione di "investitore" rilevante per l’accesso alle prestazioni del Fondo di solidarietà, comprendendovi anche il coniuge, il convivente more uxorio, i parenti entro il secondo grado in possesso degli strumenti finanziari a seguito di trasferimento con atto tra vivi; si proroga al 31 maggio 2017 il termine temporale per la presentazione dell'istanza di erogazione dell'indennizzo forfetario; si stabilisce la gratuità del servizio di assistenza agli investitori per la compilazione e la presentazione delle istanze.

 

Per quanto concerne la garanzia dei depositi, il decreto legislativo n. 30 del 2016 (Atto del Governo n. 241) ha recepito le nuove norme europee sui Sistemi di Garanzia dei Depositi - SGD, in attuazione della direttiva 2014/49/UE. Le norme UE dispongono che entro il 2024 il termine per i rimborsi sia abbreviato a 7 giorni (dagli attuali venti), aumentano le informazioni fornite ai depositanti e introducendo meccanismi di finanziamento dei SGD ex ante, fissati in linea di massima allo 0,8% dei depositi coperti. Si prevede che il finanziamento dei fondi dei sistemi di garanzia venga assicurato dal settore bancario.

Credito ipotecario, credito al consumo e alle imprese

Si ricorda preliminarmente che in materia di credito al consumo il D.Lgs. 141/2010 (modificato e integrato nel tempo), oltre al recepire la direttiva 2008/48/CE sui contratti di credito ai consumatori, ha introdotto norme in materia di trasparenza dei contratti e, più in generale, in materia di tutela dei consumatori. Ha altresì recato una compiuta disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario. Si rinvia all'apposito tema web per ulteriori informazioni.

In questa sede si ricorda inoltre che il citato decreto legislativo disciplina anche i c.d. consulenti del credito, soggetti professionali cui è riservata la prestazione in via esclusiva di servizi di consulenza indipendente, che costituiscono un nucleo specifico nell'ambito della consulenza e che vengono ricondotti all'interno della categoria, già esistente, del mediatore creditizio, alle condizioni di legge.

 

La legge 2 aprile 2015, n. 44 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 92 del 2015) ha modificato le norme sul prestito vitalizio ipotecario, disciplinato dall'articolo 11-quaterdecies, comma 12 e seguenti del decreto-legge n. 203 del 2005.

 L'istituto del prestito consente al proprietario di un immobile – di età superiore a 65 anni – di convertirne parte del valore in contanti, per soddisfare esigenze di liquidità, senza dover lasciare l'abitazione posta in garanzia, ovvero di ripagare il capitale e gli interessi sul prestito fino alla scadenza del contratto. La nuova legge ha inteso semplificare le modalità di accesso al prestito. In primo luogo, per evitare che il beneficiario modifichi le condizioni del finanziamento in corso o il valore del bene, si specificano gli eventi che determinano l'obbligo di rimborso del debito, tra cui il trasferimento della proprietà o il compimento di atti che ne riducano significativamente il valore, oltre al decesso del soggetto finanziato. In luogo di un conteggio annuale di interessi e spese, si consente alle parti di concordare un rimborso graduale degli interessi e delle spese. Inoltre, si consente agli eredi del beneficiario, allo scadere del debito, di scegliere se estinguere il debito ovvero vendere l'immobile oppure, in ultima ipotesi, lasciare che la banca venda l'immobile per rimborsare il proprio credito. Con il decreto 22 dicembre 2015, n. 226 del Ministro dello sviluppo economico sono state emanate le norme attuative.

 

Il decreto legislativo n. 72 del 2016 (A.G. 256) ha recepito nell'ordinamento interno la direttiva sul credito ipotecario 2014/17/UE (cd. Mortgage Credit Directive), adottata il 4 febbraio 2014 per garantire un elevato livello di protezione dei consumatori che sottoscrivano contratti di credito relativi a beni immobili (mutui ipotecari). Il decreto attua dunque la delega contenuta nell'Allegato B, punto 13), della legge 9 luglio 2015, n. 114 (legge di delegazione europea 2014), sulla base dei principi e criteri generali contenuti nella legge stessa.

La Direttiva definisce un quadro comune per alcuni aspetti concernenti i contratti di credito garantiti da un'ipoteca o altrimenti relativi a beni immobili residenziali, al fine di accrescere il livello di protezione del consumatore e di potenziare i presidi prudenziali riguardanti la valutazione del merito di credito dei consumatori stessi. Sono quindi definiti standard qualitativi per alcuni servizi, in particolare per quanto riguarda la distribuzione e l'erogazione di crediti attraverso creditori e intermediari del credito. Sono inoltre dettate disposizioni in materia di abilitazione, vigilanza e requisiti prudenziali per gli intermediari.

Con riferimento alle ipotesi di inadempimento del consumatore (articolo 120-quinquiesdecies del Testo Unico Bancario, introdotto dall’articolo 1 del D.lgs. n. 72 del 2016) sono puntualmente disciplinati i casi in cui il consumatore è in ritardo nei pagamenti delle rate di rimborso del credito e si procede, pertanto, all'avvio di procedure esecutive.

In particolare le norme introdotte, pur mantenendo fermo il divieto di patto commissorio di cui all’articolo 2744 del codice civile, consentono di sottoscrivere il “patto marciano”: le parti possono dunque convenire, con clausola espressa sottoscritta al momento della conclusione del contratto medesimo, che in caso di inadempimento del consumatore, la restituzione o il trasferimento del bene immobile oggetto di garanzia reale o dei proventi della vendita del medesimo bene comportino l'estinzione dell’intero debito a carico del consumatore. In tal caso l’estinzione del debito avviene anche se il valore del bene immobile restituito o trasferito, ovvero l'ammontare dei proventi della vendita, è inferiore al debito residuo; inoltre, se il valore dell'immobile stimato dal perito, ovvero l'ammontare dei proventi della vendita, è superiore al debito residuo, il consumatore ha diritto all'eccedenza. Il “patto marciano” non può essere concluso in caso di surrogazione nel contratto di credito, ai sensi delle norme del Testo Unico Bancario. Si chiarisce tra l’altro che il finanziatore non può condizionare la conclusione del contratto di credito alla sottoscrizione della clausola di trasferimento e sono poste specifiche tutele a presidio della posizione del consumatore (relative all’assistenza nella sottoscrizione del contratto e alla stima degli immobili posti in garanzia).

La ratio è di snellire e abbreviare le procedure nel caso di inadempimento del debitore, senza dover far necessariamente ricorso a procedure esecutive giudiziali lunghe e complesse, riducendo pertanto il rischio e i costi esecutivi gravanti sul finanziatore in caso di inadempimento del debitore. Tale semplificazione, nell’intenzione del legislatore delegato e del legislatore comunitario, dovrebbe contribuire ad ampliare la disponibilità di credito da parte delle banche, migliorando inoltre le condizioni di prestito, a vantaggio dei debitori. La previsione si inserisce inoltre nell’attuale dibattito relativo alla soluzione del problema delle sofferenze bancarie e agli effetti che esso ha sui requisiti patrimoniali delle banche stesse e sulla conseguente capacità di erogare credito.

Nel cosiddetto patto marciano, infatti, il creditore diventa proprietario della cosa ricevuta in garanzia, allorché il debitore non adempie, ma si prevedono alcune garanzie: in primo luogo, l'obbligo che il bene stesso venga stimato da un perito scelto dalle parti di comune accordo successivamente all'inadempimento, ed inoltre che il creditore versi al debitore la differenza tra l'ammontare del credito e l'eventuale accertato maggior valore del bene. Tale previsione può essere vantaggiosa anche per il debitore, dal momento che l'espropriazione e la vendita coattiva del bene realizzano, di regola, un valore inferiore a quello effettivo del bene stesso.

 

Il citato decreto-legge n. 59 del 2016, all’articolo 2, ha introdotto una speciale forma di finanziamento alle imprese, garantito dal trasferimento di proprietà immobiliari o altri diritti reali immobiliari, sospensivamente condizionato (cd. “patto marciano”). Infatti, in caso di inadempimento al pagamento, il creditore può attivare la procedura per rivalersi sul diritto immobiliare posto a garanzia, notificando la volontà - al debitore o al titolare del diritto reale immobiliare - di avvalersi degli effetti del patto di trasferimento. In tal caso, si chiede al presidente del tribunale competente la nomina di un perito, per la stima del diritto immobiliare reale oggetto del patto. Il trasferimento può avvenire anche quando il diritto reale immobiliare è sottoposto ad esecuzione forzata per espropriazione. Al proprietario va corrisposta l'eventuale differenza tra il valore di stima del diritto e l'ammontare del debito inadempiuto e delle spese di trasferimento.

Per quanto concerne le condizioni alle quali l'inadempimento qualificato del debitore comporta la possibilità di avvalersi di tale patto, si specifica che l’inadempimento si deve protrarre:

§  per oltre nove mesi dalla scadenza di almeno tre rate, anche non consecutive, nel caso di rimborso a rate mensili;

§  per oltre nove mesi dalla scadenza anche di una sola rata, quando il debitore è tenuto al rimborso rateale secondo scadenze superiori al mese;

§  per oltre nove mesi, quando non è prevista la restituzione a rate, dalla scadenza del rimborso previsto nel contratto di finanziamento.

Inoltre, ove alla scadenza della prima delle rate non pagate il debitore abbia già rimborsato almeno l'85 per cento della quota capitale del finanziamento concesso, il predetto periodo di inadempimento è innalzato da nove a dodici mesi. Per quanto riguarda gli effetti del patto esso, ai fini del concorso tra i creditori, è equiparato all'ipoteca.

Normativa europea sui bilanci

I decreti legislativi n. 136 e 139 del 2015 hanno recepito nell'ordinamento italiano la direttiva 2013/34/UE relativa ai bilanci d'esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese.

In particolare, con il D.Lgs. n. 139 del 2015  (A.G. n. 171 qui il parere reso dalla Commissione VI Finanze della Camera) è stata recepita la disciplina del bilancio di esercizio e di quello consolidato per le società di capitali e per gli altri soggetti individuati dalla legge, mentre il D.Lgs. n. 136 del 2015 (A.G. n. 172; qui il parere della Commissione VI Finanze della Camera) dà attuazione alla direttiva per la parte relativa ai conti annuali ed ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari, nonché in materia di pubblicità dei documenti contabili delle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tale Stato membro.

Conti correnti di base

La direttiva 2014/92/UE reca specifiche prescrizioni sulla comparabilità delle spese relative al conto di pagamento, sul trasferimento del conto di pagamento e sull'accesso al conto di pagamento con caratteristiche di base.

Essa in particolare reca una disciplina relativa alla trasparenza e alla comparabilità delle spese addebitate ai consumatori per i conti di pagamento detenuti nell'Unione, nonché la disciplina del trasferimento del conto di pagamento all'interno di uno Stato membro e le norme per agevolare l'apertura di un conto di pagamento transfrontaliero da parte dei consumatori. Inoltre viene fissato il quadro di riferimento di norme e condizioni in base al quale gli Stati membri devono garantire nell'Unione il diritto dei consumatori di aprire e utilizzare un conto di pagamento con caratteristiche di base.

In merito ai conti di base, gli Stati membri sono tenuti ad assicurare che almeno un prestatore di servizi di pagamento offra conti di pagamento con caratteristiche di base, comprendenti servizi quali i prelievi, i bonifici bancari e una carta di debito.

La legge di delegazione europea 2015 (A.S. 2345, approvata definitivamente il 28 luglio 2016 ma non ancora pubblicata) all'articolo 14 reca i principi e criteri direttivi per il recepimento completo, nell'ordinamento nazionale, della citata Direttiva 2014/92/UE.

In ordine al conto corrente di base, si ricorda che sul fronte interno tale strumento è stato già previsto dall'articolo 12, comma 3 e seguenti del decreto-legge n. 201 del 2011. La predetta norma disponeva che il MEF, la Banca d'Italia, l'ABI, Poste Italiane S.p.A. e le associazioni dei prestatori di servizi di pagamento definissero con apposita convenzione le caratteristiche di un conto di base, che le banche, Poste italiane S.p.A. e gli altri prestatori di servizi di pagamento abilitati ad offrire servizi a valere su un conto di pagamento sarebbero stati tenuti a offrire ai consumatori.

La convenzione è stata firmata il 28 marzo 2012: è stato dunque previsto un conto di pagamento pensato per chi ha limitate esigenze di operatività, aperto a tutti, offerto gratuitamente per le fasce svantaggiate (ISEE fino a 7.500 euro) e per i pensionati fino a 1.500 euro al mese. Tale prodotto standard, le cui caratteristiche sono state individuate dalla convenzione (sottoscritta da MEF, Banca d'Italia, ABI, Poste Italiane e Associazione Istituti di pagamento e moneta elettronica) è stato offerto a partire dal 1° giugno 2012.

Con il decreto legislativo n. 37 del 2017  (atto del Governo n. 367) è stata recepita nell'ordinamento la predetta normativa europea, mediante l’introduzione nel Testo Unico Bancario di un nuovo Capo II-ter, recante disposizioni particolari relative ai conti di pagamento. Detto capo è articolato in tre sezioni, rispettivamente dedicate ai tre macroargomenti disciplinati dalla direttiva (trasparenza e comparabilità delle spese; trasferimento del conto; accesso a un conto di base).

In particolare, la Sezione I del nuovo Capo II-ter disciplina l'informativa precontrattuale e in corso di rapporto sul conto di pagamento, nonché gli strumenti volti a favorire il confronto fra le offerte. Sono in particolare recepite le norme che impongono l'uso di una determinata terminologia standardizzata europea per la designazione dei principali servizi collegati al conto di pagamento.

La Sezione II intende far confluire nel Testo Unico Bancario quanto disposto dagli articoli 2 e 2-bis del decreto-legge n. 3 del 2015, che – come anticipato - ha recepito nell'ordinamento italiano il Capo III della direttiva 2014/92/UE relativa al trasferimento nel conto di pagamento, con alcune integrazioni volte a chiarire specifici aspetti alla luce dei primi anni di applicazione delle predette norme e, in alcuni casi, per innalzare le tutele in favore dei  i consumatori: In particolare, in luogo di disporre un indennizzo in favore del consumatore nel caso di mancato rispetto delle modalità e dei termini per il trasferimento del conto di pagamento, si dispone che al cliente sia corrisposta una penale di quaranta euro (maggiorabile secondo la durata del ritardo), salva la risarcibilità del danno ulteriore, anche non patrimoniale. Tale prestazione è dovuta indipendentemente dalla prova del danno.

Le disposizioni della Sezione III recepiscono il Capo IV della direttiva, il quale prevede il diritto per tutti i consumatori legalmente soggiornanti di aprire un conto di pagamento con caratteristiche di base senza discriminazioni fondate sulla nazionalità o sul luogo dì residenza. Viene recepita sostanzialmente la Convenzione stipulata dal 2012 (rinnovata sino al 2014) da MEF, Banca d'Italia e associazioni rappresentative dei prestatori di servizi di pagamento (PSP), con qualche modifica all'assetto attuale, derivante sia dalle norme UE (con particolare riferimento al diritto di recesso e al rifiuto legittimo all'apertura del conto di base) che dalla prassi instauratasi nel tempo.

Sono previste iniziative di educazione finanziaria in favore dei consumatori, con particolare riguardo a quelli più vulnerabili; i relativi compiti di promozione di tali iniziative spettano alla Banca d'Italia.

È modificata poi la disciplina del Testo Unico Bancario relativa alla risoluzione stragiudiziale delle controversie coi consumatori, al fine di chiarire che alla Banca d'Italia possono essere presentati esposti in luogo di reclami.

Si modificano inoltre le disposizioni sanzionatorie del TUB al fine di inserirvi gli opportuni riferimenti alle nuove norme introdotte, sanzionando così anche l'inosservanza delle disposizioni di recepimento della Direttiva 2014/92/UE.


 

Proposte dell’UE in materia bancaria

Completamento dell’Unione bancaria: il sistema comune di assicurazione dei depositi

Allo scopo di completare l’architettura dell’Unione bancaria (che poggia sui due pilastri del sistema unico di vigilanza e del meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie), il 24 novembre 2015 la Commissione europea ha presentato:

§  una comunicazione “Verso il completamento dell’Unione bancaria”, nella quale prospetta ulteriori misure che dovrebbero rispondere all’obiettivo di ridurre i rischi residui nel settore bancario. In particolare, si sottolinea che:

-    sono necessari ulteriori interventi per garantire che il meccanismo unico di vigilanza possa operare nel modo più efficace possibile, riducendo le opzioni e le discrezionalità nazionali nell'applicazione delle norme prudenziali;

-    l'armonizzazione dei sistemi nazionali di garanzia dei depositi dovrà progredire contemporaneamente all'istituzione del sistema comune di assicurazione dei depositi (European deposit insurance scheme, EDIS);

-    il Comitato di risoluzione unico, istituito dal regolamento UE/2014/806 e pienamente operativo da gennaio 2016, deve poter intervenire in modo tempestivo ed efficace nel caso di banche in dissesto o a rischio di dissesto, per salvaguardare la stabilità finanziaria e limitare i costi potenziali per l'intero settore bancario e per i contribuenti;

-    è essenziale che l'uso dei finanziamenti pubblici per mantenere la solvibilità e la resilienza del settore bancario sia ridotto al minimo e sia disponibile solo in ultima istanza;

-    va rafforzata la convergenza fra gli Stati membri per quanto riguarda la normativa sull'insolvenza e le procedure di ristrutturazione, come evidenziato nel piano d'azione per la creazione dell'Unione dei mercati dei capitali presentato dalla Commissione europea il 30 settembre 2015;

-    dovrebbero essere adottate ulteriori misure prudenziali volte a limitare la leva finanziaria delle banche, garantire la stabilità dei finanziamenti bancari e migliorare la comparabilità degli attivi ponderati per il rischio;

-    si dovrebbe infine riesaminare l'adeguatezza del trattamento prudenziale delle esposizioni delle banche al rischio sovrano;

§  una proposta di regolamento che istituisce un sistema comune di assicurazione dei depositi bancari (il sopra citato EDIS), che si applicherebbe a tutti i sistemi di garanzia dei depositi (SGD) ufficialmente riconosciuti in uno Stato membro partecipante e a tutti gli enti creditizi affiliati a tali sistemi. Non dovrebbero esservi costi aggiuntivi per gli istituti di credito europei. Le banche continueranno a finanziare il loro fondo nazionale che poco alla volta confluirà al fondo europeo. L’EDIS verrebbe introdotto in tre fasi:

-    nella fase di riassicurazione (fino al 2020), l’EDIS fornirà finanziamenti limitati e coprirà una quota limitata della perdita di un SGD partecipante. In sostanza, in questa fase, un sistema nazionale potrà chiedere l’intervento del DIF (fondo di assicurazione dei depositi che sostiene l’EDIS) fino al 20% del suo ammanco di liquidità; la restante parte (80%) dovrà essere coperta con altre risorse;

-    coassicurazione: la quota iniziale del contributo dell'EDIS sarà relativamente bassa (20%), per crescere al 40% il secondo anno, al 60% il terzo e all’80% dal quarto anno. Viene pertanto introdotto un maggior grado di condivisione dei rischi tra i sistemi nazionali attraverso l'EDIS;

-    assicurazione: a partire dal 2024, l'EDIS assicurerà integralmente i SGD nazionali. Nello stesso anno è previsto anche il completamento del Fondo unico di risoluzione.

In base alla proposta, l’amministrazione dell’EDIS sarebbe affidata al Comitato unico di risoluzione e al SGD partecipante.

L'iter presso le istituzioni europee

L'esame della proposta di regolamento sul sistema comune di assicurazione dei depositi ha conosciuto un avvio particolarmente contrastato in sede di Consiglio, mentre il Parlamento europeo si è per ora limitato a incardinare la proposta stessa presso la Commissione ECON.

In particolare, sia in sede di Consiglio europeo che in sede di Consiglio ECOFIN, sarebbe emersa una posizione nettamente contraria alla proposta sull'EDIS da parte della Germania (supportata da Finlandia e Austria), che avrebbe evidenziato come i rischi dei sistemi bancari nazionali dell'area euro vadano ridotti prima di pensare a qualunque forma di mutualizzazione, e come sia pertanto opportuno attendere la piena operatività del Meccanismo unico di risoluzione con l'entrata in vigore del criterio del bail-in.

La Commissione VI Finanze della Camera dei deputati ha esaminato congiuntamente la comunicazione sul completamento dell’Unione bancaria e la proposta di regolamento sull’EDIS, approvando, l’11 gennaio 2017, un documento finale.

Sulla base della tabella di marcia per il completamento dell'Unione bancaria, concordata il 17 giugno 2016 in sede di Consiglio ECOFIN, la Commissione europea ha presentato, il 23 novembre 2016:

§  modifiche al quadro legislativo vigente relativo ai requisiti di capacità aggiuntiva di assorbimento di eventuali perdite bancarie (total loss absorbing capacity, TLAC) e ai requisiti minimi in materia di fondi propri e passività ammissibili (minimum requirement for own funds and eligible liabilities, MREL);

§  una proposta di modifica della direttiva 2014/59/UE, che prevede l’introduzione di misure di armonizzazione per quanto riguarda la classificazione degli strumenti di debito non garantiti nella gerarchia dei crediti in caso di insolvenza.

Al riguardo, si segnala che il Consiglio ECOFIN del 16 giugno 2017 ha raggiunto sulla proposta un accordo politico che costituirà la base dei negoziati con il Parlamento europeo. In particolare, la proposta di modifica della direttiva 2014/59/UE imporrebbe agli Stati membri di creare una nuova classe di debito di primo rango "non privilegiato" (attualmente non prevista dalla direttiva 2014/59/UE), al fine di fornire maggiore chiarezza agli investitori di una determinata banca riguardo ai rischi che correrebbero nel caso in cui sottoscrivessero un bond della banca stessa e nel caso in cui si trovassero poi a dover condividere le perdite nell’ambito di un ipotetico bail-in: l’investitore che decidesse di acquistare tali bond vedrebbe azzerato il proprio investimento solo dopo il contributo di tutti gli azionisti e obbligazionisti junior non privilegiati, ma prima di altri obbligazionisti privilegiati e dei depositanti.

§  modifiche alla disciplina dei requisiti patrimoniali delle banche, al fine di armonizzare o ulteriormente specificare le opzioni e discrezionalità concesse agli Stati membri, da un lato, e di introdurre un coefficiente di leva finanziaria, possibilmente fissato sopra al 3%, per le banche di importanza sistemica.

Anche in questo caso, il Consiglio ECOFIN del 16 giugno ha raggiunto un accordo politico, in vista dell’avvio dei negoziati con il PE: l’accordo mira a mitigare il potenziale impatto negativo sulle banche derivante dall'introduzione dei nuovi standard contabili IFRS 9 (prevista dal 1° gennaio 2018), che prevedono che la svalutazione dei crediti non avvenga soltanto sulla base delle perdite emerse, ma anche di quelle attese.  Una rapida implementazione dell'IFRS 9 potrebbe portare infatti a una crescita immediata degli accantonamenti per perdite attese sui crediti, con un deterioramento dei ratio patrimoniali. L’ECOFIN ha dunque introdotto un periodo transitorio di cinque anni che consentirebbe alle  banche di riportare al proprio capitale equity Tier 1 una parte degli accantonamenti di cui sopra;

§  un proposta legislativa di armonizzazione minima relativamente alla normativa sull'insolvenza.

 

Riguardo al trattamento dell'esposizione delle banche ai titoli di stato, il Consiglio ECOFIN ha convenuto di attendere i risultati del Comitato di Basilea, dove la discussione è ancora in corso.

Tale soluzione corrisponde agli orientamenti dell’Italia, espressi anche nel documento finale approvato dalla VI Commissione finanza della Camera in esito all’esame della proposta di regolamento sull’EDIS: nel documento si sottolinea che la questione debba essere affrontata nella sede propria della Banca per i regolamenti internazionali, evitando di introdurre a livello europeo una disciplina più stringente di quella che verrebbe applicata altrove. Nell’ambito del Comitato di Basilea prevale l’atteggiamento di chi, come gli Stati Uniti, è assolutamente contrario a introdurre regole più rigorose sui titoli di Stato detenuti nel portafoglio delle banche. L’obiettivo ultimo di chi propone norme stringenti al riguardo è quello di indurre i Paesi più indebitati a ridurre il debito pubblico e quindi il volume dei titoli di Stato in circolazione.

La proposta in materia di riforma strutturale del settore bancario

Il 29 gennaio 2014 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento sulla riforma strutturale del settore bancario.

La proposta mira alla separazione delle attività finanziarie più rischiose delle banche da quelle di intermediazione tradizionale. In particolare, la disciplina proposta prevede:

§  il divieto di negoziazione per conto proprio in strumenti finanziari e in merci, al solo scopo di ottenere un utile per la banca;

§  il potere dell’autorità di vigilanza, e addirittura l’obbligo in determinate circostanze, d’imporre il trasferimento di attività di negoziazione ad alto rischio a entità giuridiche di negoziazione distinte all’interno del gruppo bancario.

La proposta, che segue la procedura legislativa ordinaria, è ancora all’esame del Consiglio dell’UE e del Parlamento europeo. In particolare, il 19 giugno 2015 il Consiglio ha raggiunto un accordo politico, che costituisce la base per avviare i negoziati con il Parlamento europeo.

Il testo concordato dal Consiglio prevede che il regolamento si applichi agli enti a rilevanza sistematica a livello globale (conformemente alla direttiva 2013/36/UE sui requisiti patrimoniali) o alle entità che negli ultimi tre anni abbiano attività totali di almeno 30 miliardi di euro e attività di negoziazione pari ad almeno 70 miliardi di euro. Queste banche sarebbero assegnate a due classi di capitale a seconda che la somma delle loro attività di negoziazione degli ultimi tre anni superi o meno 100 miliardi di euro. Alle banche che superano la soglia si applicherebbero obblighi di comunicazione più severi, una valutazione dei rischi più approfondita e azioni di vigilanza diverse.

Il regolamento non si applicherebbe a enti con un totale di depositi ammissibili (ai sensi della direttiva 2014/49/UE relativa ai sistemi di garanzia dei depositi) inferiore al 3% delle loro attività totali o con un totale di depositi al dettaglio ammissibili inferiore a 35 miliardi di euro.

 

Si segnala che sull’argomento sono all’esame della Commissione Finanze della Camera le proposte di legge C. 1742 e abbinate, le quali intendono introdurre nel nostro ordinamento il principio della separazione delle attività bancarie commerciali da quelle speculative. Tali proposte si possono distinguere in tre gruppi:

§  C. 1742 e Meloni e C. 2240 Bianconi: che prevedono la modifica dell'articolo 10 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB - decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385), in materia di separazione tra le banche commerciali e le banche d'affari;

§  C. 488 Caparini, C. 762 Di Lello, C. 1605 Giancarlo Giorgetti, C. 2000 Sibilia, C. 2712 Minardo e C. 3647Paglia: che attribuiscono una delega al Governo per la riforma dell'ordinamento bancario mediante separazione tra banche commerciali e banche d'affari;

§  C. 2597 Consiglio regionale della Toscana, C. 2601 Schullian, C. 3871 Consiglio regionale dell'Abruzzo e C. 4255 Villarosa, che introducono il principio di separazione bancaria, modificando il TUB, dettando un'apposita disciplina e prevedendo una delega volta a differenziare il trattamento fiscale.

 

Il negoziato UE per il sostegno del sistema bancario italiano

Dal registro degli aiuti di Stato risulta, al momento di redazione del presente lavoro (gennaio 2017) che la Commissione europea avrebbe autorizzato la misura, richiesta dal Governo italiano, riguardante una eventuale concessione di garanzia pubblica sulle passività delle banche italiane a sostegno della liquidità dei predetti istituti. I termini dell'autorizzazione non sono ancora stati resi pubblici.

 

La misura si attiverebbe alle condizioni previste dalla Comunicazione 2013/C 216/01 sugli aiuti di stato nel settore bancario e trova riscontro nell'articolo 32 della direttiva sulla risoluzione delle banche (direttiva BRRD, Bank Recovery Resolution Directive, 2014/59/UE).

 

L'articolo 32, par. 4 della direttiva considera in stato di dissesto (condizione per l'avvio della risoluzione) l'ente creditizio se – tra le altre ipotesi – esso necessita di un sostegno finanziario pubblico straordinario. Sono esclusi tuttavia i casi in cui, al fine di evitare o rimediare a una grave perturbazione dell'economia di uno Stato membro e preservare la stabilità finanziaria, il sostegno finanziario pubblico straordinario si concretizza in una delle forme indicate dalla norma, tra cui la garanzia dello Stato sulle passività di nuova emissione.

Le garanzie sono limitate agli enti solventi e subordinate all'approvazione finale nell'ambito della disciplina degli aiuti di Stato dell'Unione. Le misure hanno carattere cautelativo e temporaneo e sono proporzionate per rimediare alle conseguenze della grave perturbazione e non vengono utilizzate per compensare le perdite che l'ente ha accusato o rischia di accusare nel prossimo futuro.

 

La disciplina in commento è confluita nel decreto-legge n. 237 del 2016, che reca un pacchetto di misure a tutela del settore creditizio, al fine di garantire la stabilità finanziaria, sul quale si rinvia al paragrafo Le disposizioni a tutela del settore creditizio: il decreto-legge n. 237 del 2016.

 

Per quanto concerne la situazione specifica di Veneto Banca e della Banca popolare di Vicenza, si segnala in questa sede che il 25 giugno 2017 la Commissione europea ha approvato le misure contenute nel decreto legge che introduce disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa dei due istituti d credito, cui si rinvia.

 


 

La legislazione in materia bancaria:
gli interventi nella XVII Legislatura

Come anticipato nella premessa, oltre al recepimento della normativa europea, gli interventi normativi nel settore bancario hanno anzitutto avuto lo scopo di garantire una maggiore trasparenza nei rapporti tra banche e clienti e, complessivamente, di potenziare gli strumenti di tutela dei consumatori: si è intervenuti su un ampio raggio di materie, dalla portabilità dei conti di pagamento senza oneri o spese, al diritto di ripensamento per l'offerta fuori sede, alla revisione del sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie con la clientela.

Sono stati specificati i principi generali di diligenza e trasparenza che dovranno essere rispettati dal finanziatore e dall’intermediario del credito, il comportamento dei quali dovrà tenere conto dei diritti e degli interessi del consumatore. Inoltre i medesimi soggetti sono chiamati a valutare tutte le informazioni riguardanti la situazione del consumatore e le specifiche esigenze da questi comunicate, nonché le ipotesi ragionevoli con riguardo ai rischi cui è esposta la situazione del consumatore per la durata del contratto di credito (nuovo articolo 120-septies del TU Bancario, introdotto dal D.Lgs. n. 72 del 2016) . Sono definiti i contenuti necessari dell’informazione pubblicitaria, che deve essere chiara, corretta e non ingannevole. Nell’ambito degli obblighi precontrattuali si introduce il Prospetto informativo europeo standardizzato e si assicura al consumatore un periodo di riflessione di almeno sette giorni (nuovo articolo 120-novies TUB) prima della conclusione del contratto di credito ai fini di una decisione informata e per favorire il confronto tra le offerte sul mercato. Sono definiti gli obblighi di informazione relativi agli intermediari del credito e i principi sulla verifica del merito creditizio.

Sotto un diverso e più consistente fronte, è stato avviato un processo di riforma complessiva del sistema bancario nazionale, dapprima con il decreto-legge n. 3 del 2015 con riferimento alle banche popolari, continuando poi con le fondazioni bancarie e con l'autoriforma delle banche di credito cooperativo, sostanzialmente confluita nel decreto-legge n. 18 del 2016.

Numerosi interventi hanno poi inteso fronteggiare la crisi del settore creditizio, esacerbatasi nell’ultimo anno: il decreto-legge n. 18 del 2016 ha  recepito l’accordo raggiunto con la Commissione Europea sul meccanismo per smaltire i crediti in sofferenza presenti nei bilanci bancari, da attuare mediante la concessione di garanzie dello Stato nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione che abbiano come sottostante crediti in sofferenza (Garanzia cartolarizzazione crediti in sofferenza – GACS). La presenza della garanzia pubblica è volta a facilitare il finanziamento delle operazioni di cessione delle sofferenze per liberare risorse da destinare al finanziamento del sistema produttivo. Successivamente, con il decreto-legge n. 237 del 2016 è stata tra l'altro concessa la garanzia dello Stato sulle passività delle banche aventi sede legale in Italia e sui finanziamenti erogati discrezionalmente dalla Banca d'Italia alle banche italiane per fronteggiare gravi crisi di liquidità.

Più recentemente, il decreto-legge n. 89 del 2017 modifica la disciplina dell'intervento statale nelle procedure di risanamento e ricapitalizzazione degli istituti bancari; il decreto-legge n. 99 del 2017 introduce disposizioni urgenti per facilitare la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A. e per garantire la continuità del sostegno del credito alle famiglie e alle imprese del territorio.

La legge 12 luglio 2017 n. 107 istituisce una Commissione bicamerale di inchiesta sul sistema bancario e finanziario, avendo particolare riguardo alla tutela dei risparmiatori (A.C. 4410).

La riforma del sistema bancario

L'esigenza di rifondare il sistema bancario italiano, come conseguenza della crisi economico-finanziaria e alla luce dell'attuale contesto socioeconomico e di vigilanza, si è concretizzata anzitutto in misure legislative di rango primario e secondario (riforma delle banche popolari). Dall'altro lato, il Governo ha avviato un dialogo con i rappresentanti di categoria (in particolare delle fondazioni bancarie e delle banche di credito cooperativo) al fine di avviare un processo di autoriforma che coinvolga non solo la governance, ma il complessivo assetto sostanziale degli istituti di credito italiani.

Il decreto-legge n. 3 del 2015 ha inteso riformare le banche popolari, prevedendo, tra l'altro:

§  l'introduzione di limiti dimensionali per l'adozione della forma di banca popolare, con l'obbligo di trasformazione in società per azioni delle banche popolari con attivo superiore a 8 miliardi di euro;

§  una disciplina delle vicende straordinarie societarie (trasformazioni e fusioni) che si applica alle banche popolari, con lo scopo di introdurre una normativa uniforme per tutte le banche popolari, sottraendo agli statuti la determinazione delle maggioranze previste per tali vicende societarie;

§  l'introduzione della possibilità, per tali istituti, di emettere strumenti finanziari con specifici diritti patrimoniali e di voto;

§  l'allentamento dei vincoli sulla nomina degli organi di governo societario, con l'attribuzione di maggiori poteri agli organi assembleari;

§  l'introduzione di limiti al voto capitario, consentendo agli atti costitutivi di attribuire ai soci persone giuridiche più di un voto.

 

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 287 del 2016, ha dichiarato manifestamente inammissibili e non fondate le questioni di legittimità costituzionale riferite alla riforma delle banche popolari. 

La Corte in particolare ha riconosciuto la legittimità della soglia dell’attivo di otto miliardi di euro scelto dal legislatore come indice della dimensione della banca popolare, in quanto coerente con lo scopo della novella di riservare il modello cooperativo solo alle aziende di credito di piccola o media dimensione. La Consulta ha rilevato che l’impianto generale della riforma rientra nei limiti delle attribuzioni del legislatore statale, nell’ottica della competenza esclusiva dello Stato in ordine a tutela del risparmio e della concorrenza e con riferimento all’ordinamento civile.

 

Il decreto-legge n. 18 del 2016 riforma il settore delle banche di credito cooperativo, in continuità con la proposta di autoriforma presentata da Federcasse l'8 giugno 2015. Le linee guida dell’intervento riformatore sono:

§  confermare il ruolo delle BCC come banche cooperative delle comunità e dei territori;

§  migliorare la qualità della governance e semplificare l’organizzazione interna;

§  assicurare una più efficiente allocazione delle risorse all’interno del sistema;

§  consentire il tempestivo reperimento di capitale in caso di  tensioni patrimoniali, anche attraverso l’accesso di capitali esterni al mondo cooperativo;

§  garantire l’unità del sistema per accrescere la competitività e la stabilità nel medio-lungo periodo.

 

In sintesi, si prevede che l'esercizio dell'attività bancaria in forma di banca di credito cooperativo (BCC) è consentito solo agli istituti appartenenti ad un gruppo bancario cooperativo; parallelamente vengono innalzati i limiti al numero minimo di soci (500) e al valore nominale della partecipazione detenibile da ciascun socio (100 mila euro) in una BCC. Si stabilisce, inoltre, che la BCC esclusa da un gruppo bancario cooperativo può continuare l'attività bancaria solo a seguito di un'autorizzazione della Banca d'Italia e trasformazione in S.p.A..

 

Con ordinanza del 15 dicembre 2016 il Consiglio di Stato ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale relativa ad alcune prescrizioni della riforma delle banche popolari, tra cui il diritto di recesso per i soci e la facoltà concessa alle banche, su autorizzazione della Banca d’Italia anche in deroga alle norme del codice civile, di sospenderlo o di rimborsarlo solo in parte, ove  nel caso in cui il pagamento andasse a indebolire i ratio patrimoniali. La questione è stata rimessa dunque alla Corte Costituzionale.

Il decreto-legge n. 18 del 2016 recepisce gli indirizzi emersi in sede di autoriforma delle banche di credito cooperativo, prevedendo che l'esercizio dell'attività bancaria in forma di banca di credito cooperativo è consentito solo alle BCC appartenenti un gruppo bancario cooperativo; parallelamente vengono innalzati i limiti al numero minimo di soci (500) e al valore nominale della partecipazione detenibile da ciascun socio (100 mila euro) in una BCC.

Si stabilisce, inoltre, che la BCC esclusa da un gruppo bancario cooperativo può continuare l'attività bancaria solo a seguito di un'autorizzazione della Banca d'Italia e trasformazione in S.p.A..

In deroga alla disciplina sulla devoluzione del patrimonio della cooperativa, che si applica nei casi di fusione e trasformazione di BCC, le banche di credito cooperativo coinvolte in dette operazioni straordinarie possono conferire l'azienda bancaria a una S.p.A. autorizzata all'esercizio dell'attività bancaria, purché al 31 dicembre 2015 il patrimonio netto sia superiore a 200 milioni di euro. All'atto del conferimento, la BCC conferente deve versare allo Stato il 20 per cento del proprio patrimonio netto. Le riserve indivisibili riconducibili alla BCC, al netto di quanto versato allo Stato, restano nella società cooperativa conferente, che acquisisce la partecipazione nella società bancaria conferitaria. La BCC conferente si obbliga a mantenere le clausole mutualistiche, nonché ad assicurare ai soci servizi funzionali al mantenimento del rapporto con la S.p.A. conferitaria, di formazione e informazione sui temi del risparmio e di promozione di programmi di assistenza.

Le banche di credito cooperativo presenti nelle province autonome di Trento e Bolzano possono costituire autonomi gruppi bancari cooperativi, composti solo da banche aventi sede e operanti esclusivamente nella medesima provincia autonoma. Si consente inoltre la costituzione nel gruppo bancario cooperativo di eventuali sottogruppi territoriali facenti capo a una banca costituita in forma di S.p.A. Tale soluzione tiene conto delle specificità territoriali del paese e dell'arricchimento che esse potranno fornire al gruppo, anche in termini di maggiore consolidamento del gruppo stesso.

Per quanto riguarda la riforma delle fondazioni bancarie, il Ministero dell'economia e delle finanze (autorità di vigilanza sulle fondazioni di origine bancaria) e l'ACRI, l'associazione rappresentativa delle stesse, hanno firmato il 23 aprile 2015 un Protocollo d'intesa che definisce in modo più analitico della legge i parametri di riferimento cui le fondazioni conformeranno i comportamenti, con l'obiettivo di migliorare le pratiche operative e rendere più solida la governance.

Tra i principi cardine contenuti nel protocollo vi è la diversificazione degli investimenti: una fondazione non può concentrare più del 33% dell'attivo patrimoniale in un singolo soggetto. Inoltre, è previsto un divieto generale di indebitamento, salvo in caso di temporanee e limitate esigenze di liquidità, e non è permesso l'uso di derivati se non per finalità di copertura o in operazioni in cui non siano presenti rischi di perdite patrimoniali. In ogni caso, l'esposizione debitoria complessiva non può superare il dieci per cento della consistenza patrimoniale (secondo i dati relativi al 2013 sono 27 le fondazioni indebitate, di cui 5 sopra il tetto del 10%). In relazione alla governance, l'organo di amministrazione, il presidente e l'organo di controllo durano in carica per un periodo massimo di quattro anni, rinnovabile una sola volta. Con il protocollo le fondazioni si impegnano a garantire trasparenza nelle loro attività pubblicando sui rispettivi siti web i bilanci, le informazioni sugli appalti, i bandi per le erogazioni, le procedure attraverso le quali si possono avanzare richieste di sostegno finanziario e i criteri di selezione delle iniziative.

 

La gestione dei crediti bancari deteriorati

La eccezionale gravità della recessione ha inciso significativamente sulla qualità degli attivi delle banche italiane, divenuta il principale fattore di vulnerabilità del sistema.

Come rilevato dalla Banca d’Italia in occasione del Seminario Istituzionale sui non performing loans, svoltosi presso la VI Commissione Finanze della Camera il 15 maggio 2017, il problema dei crediti deteriorati delle banche italiane, all’attenzione del Governo e delle istituzioni europee ormai da tempo, è ascrivibile ad un insieme di fattori, tra cui: l’eccezionale fase recessiva che ha colpito la nostra economia negli anni della crisi, dal 2008 al 2013; le scelte imprudenti nell’allocazione del credito; la lunghezza dei tempi di recupero dei crediti, con particolare riferimento alle procedure concorsuali.

Nella medesima occasione, tuttavia, la Banca d’Italia ha riferito che nell’ultimo trimestre del 2016 i nuovi crediti deteriorati sono scesi al 2,3 per cento del valore dei prestiti complessivi, dato analogo al biennio 2006-07. L’istituto ha riscontrato una diminuzione della loro consistenza; essi, dopo aver toccato il picco nella seconda metà del 2015, nello scorso dicembre i crediti deteriorati delle banche italiane ammontavano a 173 miliardi al netto delle rettifiche di valore (il 9,4 per cento del complesso dei prestiti), contro il valore massimo di 200 miliardi nel giugno del 2015. Al lordo delle rettifiche i crediti deteriorati erano pari a 349 miliardi alla fine dello scorso anno. Dei 173 miliardi di crediti deteriorati netti, 92 facevano riferimento a situazioni per le quali è ancora possibile il ritorno alla regolarità dei pagamenti, soprattutto in presenza di un consolidamento della ripresa. Dall’altro lato le cosiddette sofferenze, ovvero la componente più rischiosa, si attestavano a 81 miliardi, il 4,4 per cento dei prestiti totali. A fronte delle sole esposizioni in sofferenza, le banche detengono garanzie reali per 92 miliardi e personali per 36 miliardi;

 

Il rapporto mensile ABI relativo a maggio 2017 rileva che le sofferenze nette (cioè al netto delle svalutazioni già effettuate dalle banche con proprie risorse) a marzo 2017 si posizionano a 77,2 miliardi di euro (valore prossimo al dato del mese precedente e più basso da maggio 2014), in diminuzione rispetto al dato di dicembre 2016 (86,8 miliardi).

Si segnala che il livello di sofferenze non è l'unico criterio per valutare il livello di rischio associabile a un istituto di credito o al settore di uno specifico paese. Le banche di altri Paesi, per esempio, risultano molto più esposte di quelle italiane verso i paesi emergenti, che stanno affrontando una difficile fase economica. O ancora sono molto più esposte su quegli strumenti derivati da cui ha preso le mosse la crisi finanziaria tra il 2007 e il 2008, per poi contagiare il comparto del debito sovrano e l'economia reale.

Ma anche restando nell'ambito dei crediti, le statistiche mettono in luce un tasso di copertura dei crediti deteriorati da parte delle banche italiane superiore a quello che si registra in altri Paesi. Gli stessi indici relativi alla leva finanziaria collocano i nostri istituti di credito in una posizione di vantaggio rispetto a quelli degli altri Paesi dell'Eurozona.

Il già richiamato decreto-legge n. 18 del 2016 recepisce l’accordo raggiunto con la Commissione Europea sul meccanismo per smaltire i crediti in sofferenza presenti nei bilanci bancari, da attuare mediante la concessione di garanzie dello Stato nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione che abbiano come sottostante crediti in sofferenza (Garanzia cartolarizzazione crediti in sofferenza – GACS).

La presenza della garanzia pubblica è volta a facilitare il finanziamento delle operazioni di cessione delle sofferenze per liberare risorse da destinare al finanziamento del sistema produttivo.

In estrema sintesi, oggetto della garanzia dello Stato sono solo le cartolarizzazioni cd. senior, ossia quelle considerate più sicure, in quanto sopportano per ultime eventuali perdite derivanti da recuperi sui crediti inferiori alle attese.

Non si procede al rimborso dei titoli più rischiosi se prima non sono integralmente rimborsate le tranches di titoli coperto dalla garanzie di Stato.

Le garanzie possono essere chieste dagli istituti che cartolarizzano e cedono i crediti in sofferenza, a fronte del pagamento di una commissione periodica al Tesoro, calcolata come percentuale annua sull'ammontare garantito. Il prezzo della garanzia è di mercato, come anche ribadito dalla Commissione europea al fine di non dar vita ad aiuti di Stato.

Si prevede che il prezzo della garanzia sia crescente nel tempo, allo scopo di tener conto dei maggiori rischi connessi a una maggiore durata dei titoli e di introdurre nel meccanismo un incentivo a recuperare velocemente i crediti.

Al fine del rilascio della garanzia, i titoli devono avere preventivamente ottenuto un rating uguale o superiore all'investment grade da un'agenzia di rating indipendente e inclusa nella lista delle agenzie accettate dalla BCE secondo i criteri che le agenzie stesse sono tenute ad osservare.

Inoltre, per favorire il recupero dei crediti, è stata inserita una misura che agevola la vendita di immobili in esito a procedure esecutive, prevedendo una netta riduzione dell’imposta di registro che deve essere versata nella misura fissa di 200 euro (anziché del 9% per valore di assegnazione). L'agevolazione è fruibile a condizione che l'immobile sia rivenduto nei due anni successivi.

Tale piano rientra in una più ampia strategia strutturale (come esposto nel comunicato del MEF del 27 gennaio 2016), basata, oltre che sul ritorno alla crescita economica, anche:

§  sul già esposto consolidamento del settore bancario, attraverso la riforma delle maggiori Banche popolari, la riforma delle Fondazioni bancarie, la prossima riforma delle Banche di credito cooperativo;

§  riduzione dei tempi di recupero dei crediti, in Italia storicamente più alti che altrove. In particolare, con il decreto-legge n. 83 del 2015 è stata introdotta una prima revisione delle procedure concorsuali, in attesa della più ampia riforma della legge fallimentare. Tali interventi intendono ridurre i costi di recupero crediti e migliorare il prezzo potenziale dei crediti deteriorati in caso di cessione.

 

Sul punto si ricorda che il decreto-legge n. 83 ha introdotto disposizioni fiscali relative agli istituti di credito. In particolare, con una modifica alla disciplina delle svalutazioni e delle perdite su crediti degli enti creditizi e finanziari e delle imprese di assicurazione, ne viene consentita la deducibilità in un unico esercizio (rispetto ai precedenti 5 anni) ai fini delle imposte dirette; viene bloccata parzialmente l'applicazione delle disposizioni sui Deferred Tax Assets – DTA (che consentono di qualificare come crediti d'imposta le attività per imposte anticipate iscritte in bilancio). In particolare, si prevede che esse non trovino applicazione per le attività per imposte anticipate, relative al valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali, iscritte per la prima volta a partire dai bilanci relativi all'esercizio in corso al 27 giugno 2015.

 

All’inizio di aprile 2016 è stato costituito un fondo di investimento privato volto a sostenere futuri aumenti di capitale da parte di banche e a contribuire alla dismissione dei crediti deteriorati attualmente nei bilanci degli intermediari italiani. Si tratta del cd. Fondo Atlante, Fondo di Investimento Alternativo (FIA); è un'iniziativa del settore privato, costituita da una società di gestione del risparmio indipendente che raccoglie capitali di istituzioni finanziarie (banche, assicurazioni e fondazioni che partecipano su base volontaria). Le finalità del Fondo sono:

§  assicurare il successo degli aumenti di capitale richiesti dall'Autorità di Vigilanza a banche che oggi si trovano a fronteggiare oggettive difficoltà di mercato, agendo da back stop facility;

§  contribuire a far decollare un mercato delle sofferenze bancarie: l'ammontare di sofferenze che potranno essere deconsolidate dai bilanci bancari sarà di gran lunga superiore a quelle acquistate dal Fondo, in quanto Atlante concentrerà i propri investimenti sulla tranche junior di veicoli di cartolarizzazione, potendo far leva su quelle a maggior seniority per le quali c'è un manifesto interesse da parte degli investitori;

§  offrire agli investitori rendimenti attraenti in un'ottica di medio-lungo periodo e benefici per il sistema bancario che si rifletteranno sull'economia del Paese in termini di stabilità e di prospettive di crescita.

 

Il Fondo Atlante II - anch’esso Fondo di investimento alternativo (FIA) mobiliare chiuso di diritto italiano, nato per iniziativa privata e riservato ad investitori professionali -, a differenza di Atlante, può investire unicamente in crediti deteriorati (non performing loans – NPLs) e strumenti collegati ad operazioni in NPL. Esso investe in particolare in titoli junior e mezzanine, emessi da veicoli costituiti per l’acquisito di portafogli di NPL provenienti da più banche italiane, con un obiettivo di rendimento in linea con quello delle emissioni obbligazionarie con rating a singola B.

Con comunicato stampa dell’8 agosto 2016 la SGR del fondo ha annunciato che Atlante II ha superato la dimensione minima degli impegni formali prevista dal Regolamento per l’avvio dell’attività, raccogliendo adesioni per un importo pari a Euro 1,715 miliardi da istituzioni finanziarie italiane. Il Fondo persegue l’attività di raccolta, da rivolgersi sia a società italiane che estere con l’obiettivo di arrivare tra i 3,000 e i 3,500 mld di raccolta entro il termine ultimo per la sottoscrizione, fissato dal regolamento al 31 luglio 2017.

Si rammenta sul punto che l’articolo 7 del decreto-legge n. 59 del 2016 dispone l'acquisizione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze della Società per la Gestione di Attività S.G.A. S.p.A., la società costituita in occasione del salvataggio del Banco di Napoli nel 1997 allo scopo di recuperare i crediti in sofferenza. A fronte del trasferimento delle azioni della Società è riconosciuto un corrispettivo non superiore a 600.000 euro, pari al loro valore nominale. Successivamente all'acquisizione la Società potrà estendere la sua operatività, acquistando e gestendo crediti e altre attività finanziarie anche da soggetti diversi dal Banco di Napoli.

 

Con l'articolo 60-sexies del decreto-legge n. 50 del 2017 sono state introdotte norme volte alla velocizzazione del mercato dei crediti deteriorati di banche e intermediari finanziari, permettendo in particolare alle società cessionarie di tali asset di concedere finanziamenti volti a migliorare le prospettive di recupero dei crediti deteriorati medesimi e a favorire il ritorno in bonis del debitore ceduto. In tale caso, la gestione dei crediti ceduti e dei finanziamenti concessi è affidata a una banca o un intermediario finanziario autorizzato.

Si prevede che, nell'ambito di accordi o procedure volti al risanamento ed alla ristrutturazione, le società di cartolarizzazione possono acquistare azioni, quote o altri titoli e strumenti partecipativi derivanti dalla conversione di parte dei crediti del cedente e concedere finanziamenti volti tra l'altro a rimettere in bonis i debitori ceduti. Le somme derivanti da tali azioni o strumenti partecipativi sono assimilate ai pagamenti effettuati dai debitori ceduti e sono destinate in via esclusiva al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi nonché al pagamento dei costi dell'operazione. In tale ipotesi, la società di cartolarizzazione deve individuare un soggetto con i necessari requisiti di competenza e le autorizzazioni di legge, cui sono conferiti i compiti di gestione o amministrazione e i poteri di rappresentanza; tale soggetto va individuato altresì nel prospetto informativo ove previsto dalla legge. Si consente di costituire una società veicolo avente, come unico oggetto sociale, il compito di acquisire, gestire e valorizzare, nell'esclusivo interesse dell'operazione di cartolarizzazione, i beni posti in garanzia dei crediti cartolarizzati. Anche le somme rinvenienti dalla gestione di tali beni o diritti hanno destinazione vincolata. Nel caso di cessione di beni unitamente ai relativi contratti di locazione finanziaria, la società veicolo deve essere consolidata nel bilancio di una banca e deve essere costituita per specifiche operazioni di cartolarizzazione. A tale società veicolo, cessionaria dei contratti, dei rapporti e dei beni oggetto di locazione finanziaria, si applica la disciplina fiscale che opera per le società che esercitano attività di locazione finanziaria. Alle cessioni di immobili operate da tale società si applicano le imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa. È previsto uno specifico regime di pubblicità per le cessioni di crediti effettuati da banche e intermediari finanziari ai sensi delle norme introdotte, non individuati in blocco.

 

Il Consiglio dell'UE, con comunicato stampa dell'11 luglio 2017, ha sollecitato alcuni interventi in tema di crediti bancari deteriorati.

Tra le raccomandazioni formulate dal Consiglio vi sono stati in particolare i seguenti inviti:

§  alla Commissione UE a presentare, nell'estate del 2017, un'interpretazione dei poteri di vigilanza attuali per precisarne l'utilizzabilità per quanto riguarda le politiche di accantonamenti delle banche per i crediti deteriorati, nell'ottica di una possibile modifica della disciplina dei requisiti patrimoniali delle banche; a prendere in considerazione misure di sostegno prudenziali, applicabili ai nuovi crediti concessi, per far fronte a una possibile insufficienza degli accantonamenti; a elaborare, entro la fine del 2017, uno "schema orientativo" per l'eventuale creazione di società di gestione patrimoniale a livello nazionale; a elaborare, entro l'estate del 2018, un approccio europeo per promuovere lo sviluppo di mercati secondari per i crediti deteriorati adottando, se del caso, iniziative legislative in materia; infine, a vagliare ulteriormente la possibilità di rafforzare la protezione dei creditori garantiti;

§  alla vigilanza bancaria della BCE, insieme alle autorità nazionali competenti nell'ambito dell'unione bancaria, ad attuare entro la fine del 2018, per quanto riguarda gli enti meno significativi dell'unione bancaria, orientamenti analoghi agli orientamenti per le banche in merito ai crediti deteriorati presentati dal meccanismo di vigilanza unico (SSM) per gli enti significativi, con adeguamenti mirati ove opportuno;

§  agli Stati membri, a valutare entro la fine del 2018, basandosi attentamente sull'esercizio di valutazione comparata, la possibilità di svolgere valutazioni inter pares specifiche sui regimi di insolvenza in tutta l'UE, riconoscendo che i sistemi giuridici e i quadri normativi in materia di insolvenza variano notevolmente tra gli Stati membri.

 

Il sostegno alla liquidità delle imprese: il D.L. n. 59 del 2016 e la riforma della crisi di impresa approvata dalla Camera

Nel solco di tali interventi, ovvero per sostenere la liquidità delle imprese,  si colloca l’insieme di norme contenute nel decreto-legge n. 59 del 2016 (L. 119 del 2016).

In primo luogo, il provvedimento ha introdotto una nuova garanzia reale mobiliare, di natura non possessoria, denominata "pegno mobiliare non possessorio" (articolo 1).

Si tratta di una garanzia del credito concesso per l’esercizio dell’impresa (costituito con contratto scritto a pena di nullità) in cui il debitore - diversamente che nel pegno (possessorio) – non si spossessa del bene mobile che ne è oggetto. Possono essere oggetto del pegno non possessorio: i beni mobili anche immateriali, destinati all’esercizio dell’impresa e i crediti derivanti dallo stesso esercizio o ad esso inerenti; tali beni possono essere esistenti o futuri, determinati o determinabili, anche facendo riferimento a una categoria merceologica o a un valore complessivo. Non possono essere, invece, oggetto della garanzia i beni mobili registrati.

La mancata disponibilità del bene da parte del creditore garantito è compensata da adeguate forme di pubblicità che, nello specifico, consistono nell'iscrizione della garanzia in un apposito registro informatizzato costituito presso l’Agenzia delle entrate; una volta iscritto, il pegno prende grado ed e è opponibile a terzi e nelle procedure esecutive e concorsuali; l’iscrizione ha una durata di 10 anni ed è rinnovabile e la sua cancellazione può essere domandata consensualmente, dal creditore e dal datore di pegno o può essere chiesta da quest’ultimo al giudice.

È fatta salva la possibilità, per il creditore, di promuovere azioni conservative o inibitorie se il debitore o il terzo costituente pegno abusano nell'utilizzo del bene che resta in loro possesso. La disciplina del pegno mobiliare non possessorio può essere ricondotta, per quanto non espressamente previsto dal decreto-legge, alla disciplina codicistica del pegno.

Al verificarsi di un evento che determina l’escussione del pegno, previa intimazione al debitore: il bene mobile oggetto di pegno può essere oggetto di vendita da parte del creditore, che si soddisfa fino alla concorrenza della somma garantita ; se oggetto del pegno è un credito questo, analogamente, essere escusso (o ceduto a un terzo). Se previsto dal contratto ed iscritto nel citato registro informatizzato, il bene: può essere locato dal creditore, incassando i canoni o può essere oggetto di appropriazione da parte di quest’ultimo (in entrambi i casi, fino alla concorrenza della somma garantita).

L'articolo 3 del provvedimento istituisce presso il Ministero della giustizia un registro elettronico delle procedure di espropriazione forzata immobiliari, delle procedure d'insolvenza e degli strumenti di gestione della crisi.

L'articolo 4 reca misure acceleratorie della procedura di espropriazione forzata, anche attraverso novelle al codice di procedura civile. Tra l'altro, la norma dispone che:

§  il pignoramento deve contenere l'avvertimento che l'opposizione all'esecuzione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l'assegnazione del bene pignorato;

§  per quanto riguarda l'istituto della vendita a mezzo di commissionario nell'esecuzione mobiliare, il soggetto incaricato della vendita non può protrarre le attività di vendita oltre i sei mesi. Con riferimento al numero degli esperimenti di vendita, essi sono limitati ad un massimo di tre (mentre nella formulazione previgente non potevano essere inferiori a tre);

§  in ordine alle vendite giudiziarie di beni immobili, per semplificare le procedure di liberazione degli immobili, il custode deve procedere secondo le disposizioni del giudice dell'esecuzione immobiliare, senza essere tenuto all'osservanza delle formalità del codice di procedura civile. Per l'attuazione dell'ordine il giudice può avvalersi della forza pubblica e nominare ausiliari. Inoltre, si consente agli interessati a presentare l'offerta d'acquisto di esaminare i beni in vendita entro 7 giorni dalla richiesta, effettuata tramite il portale delle vendite pubbliche;

§  le vendite dei beni immobili pignorati devono avere luogo obbligatoriamente con modalità telematiche;

§  i giudici dell'esecuzione e i professionisti delegati possono effettuare distribuzioni anche parziali delle somme ricavate dall'esecuzione immobiliare;

§  nel caso in cui il debitore contesti un credito solo parzialmente, il giudice è obbligato a concedere la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto sulla parte non contestata, garantendo in tal modo la provvisoria esecutività del credito avente prova certa.

L'articolo 5  interviene sulla materia della ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare. In particolare si dispone che, ai fini del recupero o della cessione dei crediti, i soggetti incaricati possono avvalersi delle norme per la ricerca dei beni con modalità telematiche per accedere ai dati relativi ai soggetti nei cui confronti la procedura ha ragioni di credito, anche in mancanza di titolo esecutivo nei loro confronti. Nell'ambito di procedure concorsuali e di procedimenti in materia di famiglia, l'autorizzazione viene data dal giudice del procedimento.

L'articolo 5-bis istituisce e disciplina l'elenco dei professionisti che provvedono alle operazioni di vendita dei beni pignorati. Detto elenco, in particolare, è costituito presso ciascun Tribunale e per farne parte occorre, accanto ai titoli abilitativi, aver assolto appositi obblighi di prima formazione, stabiliti con decreto del Ministro della giustizia.  Si fa salva la possibilità, ove ricorrano speciali ragioni, di conferire l'incarico a persona non iscritta in alcun elenco ma nel provvedimento di conferimento dell'incarico devono essere analiticamente indicati i motivi della scelta.

L'articolo 6  interviene sulla legge fallimentare (di cui al R.D. n. 267 del 1942), con la dichiarata finalità di velocizzare le procedure. Si introduce la possibilità, alle condizioni di legge, di svolgere in via telematica le udienze in relazione all’elevato numero di creditori e all’entità del passivo. Si inserisce inoltre, tra le giuste cause di revoca del curatore, anche il mancato rispetto dell'obbligo di presentare un progetto di ripartizione delle somme, quando vi siano somme disponibili da distribuire ai creditori. Sono state modificate le norme  relative al procedimento di ripartizione dell'attivo, allo scopo di chiarire che:

§  se sono in corso procedimenti di impugnazione del decreto che accerta il passivo, il curatore deve indicare, nel progetto di ripartizione, per ciascun creditore, le somme che possono essere ripartite immediatamente e quelle per le quali, invece, occorre attendere una fideiussione, idonea a garantire la restituzione alla procedura delle somme (con gli interessi) che risultino ripartite in eccesso;

§   se sono presentati reclami contro la ripartizione dell'attivo, il progetto di ripartizione è dichiarato esecutivo e non occorre accantonare le somme corrispondenti ai crediti oggetto di contestazione, se viene presentata una idonea fideiussione.

 

Nel solco del processo di riforma inaugurato con il menzionato D.L. n. 83 del 2015, la Commissione Rordorf istituita presso il Ministero della giustizia con D.M. 28 gennaio 2015 ha elaborato una complessiva riforma delle procedure concorsuali. La Commissione ha concluso i propri lavori lo scorso 31 dicembre 2015; all’esito dei quali, il 10 febbraio 2016 il Governo ha presentato alla Camera un disegno di legge delega per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza (A.C. 3671) avente l’obiettivo di affrontare tempestivamente i casi di crisi aziendale al fine di limitare le perdite del tessuto economico, sia nella dimensione strettamente imprenditoriale sia sul piano finanziario, o di risanare l’azienda, con benefici sul piano occupazione e più in generale tutelando il tessuto economico contiguo.

L’esigenza di una riforma nasce dalla necessità, avvertita da tempo dagli studiosi e dagli operatori del settore, di un approccio alle procedure concorsuali non più episodico ed emergenziale, bensì sistematico e organico, in modo da ricondurre a linearità un sistema divenuto nel tempo troppo farraginoso per le modifiche intervenute sulle originarie norme del 1942.

Nell’ambito del disegno di legge delega il 18 maggio 2016, la Camera ha stralciato la parte inerente la materia dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza (AC 3671-ter, approvato dalla Camera dei Deputati e ora all’esame del Senato, A.S. 2831), che prevede una revisione delle leggi Prodi e Marzano finalizzata a contemperare la continuità produttiva e occupazionale delle imprese con la tutela dei creditori.

La residua e più corposa parte del provvedimento di riforma delle procedure concorsuali (AC 3671-bis) è stata oggetto di esame da parte della Commissione Giustizia ed è stata approvata lo scorso 1°febbraio 2017 dall’Assemblea della Camera.

I principali profili innovativi del disegno di legge approvato dalla Camera e ora all’esame del Senato (A.S. 2681), che delega il Governo a riformare entro 12 mesi le procedure concorsuali, sono i seguenti:

§  nel generale quadro di favore e incentivazione degli strumenti di composizione stragiudiziale della crisi, viene introdotta una fase preventiva di "allerta", finalizzata all'emersione precoce della crisi d'impresa e a una sua risoluzione assistita; lo strumento potrà essere attivato volontariamente dal debitore ovvero d'ufficio dal tribunale, allertato da creditori pubblici, e porterà - in caso di mancata collaborazione del debitore - a una dichiarazione pubblica di crisi;

§  la facilitazione, nello stesso quadro, all'accesso ai piani attestati di risanamento e agli accordi di ristrutturazione dei debiti;

§  la semplificazione delle regole processuali con la riduzione delle incertezze interpretative, anche di natura giurisprudenziale, che nuocciono alla celerità delle procedure concorsuali; in caso di sbocco giudiziario della crisi è prevista, in particolare, l'unicità della procedura destinata all'esame di tutte le situazioni di crisi e di insolvenza; dopo una prima fase comune, la procedura potrà, seconda i diversi casi, evolvere nella procedura conservativa o in quella liquidatoria;

§  la revisione della disciplina dei privilegi – ritenuta ormai obsoleta – e la previsione di un sistema di garanzie mobiliari non possessorie (una forma di pegno, in cui il debitore non è spossessato del bene mobile che ne è oggetto);

§  l'individuazione del tribunale competente in relazione alle dimensioni e tipologia delle procedure concorsuali; in particolare, le procedure di maggiori dimensioni sono assegnate al tribunale delle imprese (a livello di distretto di corte d'appello);

§  l'eliminazione della procedura fallimentare e la sua sostituzione con quella di liquidazione giudiziale; tale strumento vede, in particolare, il curatore come dominus della procedura e, come possibile sbocco (in caso di afflusso di nuove risorse), anche un concordato di natura liquidatoria; dovrà essere data priorità alla trattazione delle proposte che assicurino la continuità aziendale, considerando la liquidazione giudiziale come extrema ratio;

§  una rivisitazione, sulla base delle prassi verificate e delle criticità emerse, della normativa sul concordato preventivo (concordato in continuità di impresa e concordato di natura liquidatoria), lo strumento ritenuto più funzionale tra quelli concorsuali attualmente vigenti;

§  la sostanziale eliminazione come procedura concorsuale della liquidazione coatta amministrativa, che residua unicamente come possibile sbocco dei procedimenti amministrativi volti all'accertamento e alla sanzione delle gravi irregolarità gestionali dell'impresa;

§  la previsione di una esdebitazione di diritto (non dichiarata, quindi, dal giudice) per le insolvenze di minori dimensioni;

§  le modifiche alla normativa sulle crisi da sovraindebitamento, sia per coordinarla con la riforma in essere che per tenere conto dell'esperienza successiva alla introduzione dell'istituto, previsto dalla legge n. 3 del 2012;

§  la disciplina dei rapporti tra la procedura di liquidazione giudiziale e i procedimenti di sequestro o confisca disposti dalla magistratura penale;

§  colmando una lacuna dell'attuale legge fallimentare, viene introdotta una specifica disciplina di crisi e insolvenza dei gruppi di imprese. Si intende in particolare consentire lo svolgimento di una procedura unitaria per la trattazione dell'insolvenza delle società del gruppo e, anche in caso di procedure distinte in diverse sedi giudiziarie, vi dovranno essere obblighi di reciproca informazione a carico degli organi procedenti;

§  sono introdotte alcune modifiche al codice civile, tra cui alcune disposizioni sulla responsabilità degli amministratori di società e criteri di quantificazione del danno risarcibile in alcuni casi di azione di responsabilità nei loro confronti. La Camera ha inoltre introdotto un articolo relativo alla tutela degli acquirenti di immobili da costruire.

 

Le disposizioni a tutela del settore creditizio: i decreti legge n. 237 del 2016, n. 89 e 99 del 2017

Il decreto-legge n. 237 del 2016  ha introdotto numerose misure a sostegno del sistema bancario, con lo scopo di tutelare la stabilità del sistema.

Il Capo I del provvedimento disciplina la concessione della garanzia dello Stato sulle passività delle banche aventi sede legale in Italia (articoli 1-9) e sui finanziamenti erogati discrezionalmente dalla Banca d'Italia alle banche italiane per fronteggiare gravi crisi di liquidità (emergency liquidity assistance – ELA, articoli 10-11). La garanzia è concessa dal MEF nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato, sulla base di una decisione positiva della Commissione europea sul regime di concessione della garanzia o, nel caso la banca beneficiaria soffra di una carenza di capitale, sulla notifica individuale. Per accedere alla garanzia gli strumenti di debito devono avere specifiche caratteristiche riguardanti, tra l’altro, la data di emissione e la durata. L'ammontare delle garanzie è limitato a quanto strettamente necessario per ripristinare la capacità di finanziamento a medio-lungo termine delle banche beneficiarie; l'ammontare massimo delle operazioni di ciascuna banca non può eccedere, di norma, i fondi propri a fini di vigilanza. La garanzia può essere concessa anche a favore di una banca che non rispetta tali requisiti, se la banca ha urgente bisogno di sostegno della liquidità; ovvero anche a favore di una banca in risoluzione o di un ente-ponte.

Sono disciplinate dettagliatamente le modalità di attivazione della garanzia.

Il Capo II del provvedimento (articoli 13-23-bis) autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze a sottoscrivere o acquistare azioni di banche italiane, appartenenti o meno a un gruppo bancario, o di società italiane capogruppo di gruppi bancari che presentano esigenze di rafforzamento del proprio patrimonio, in relazione a una prova di stress basata su uno scenario avverso e condotta a livello nazionale, dell'Unione europea o del Meccanismo Unico di Risoluzione.

La richiesta di ricapitalizzazione precauzionale deve essere preceduta dalla sottoposizione, all'autorità competente, di un programma di rafforzamento patrimoniale. Ove l'attuazione del programma sia ritenuta insufficiente a conseguire l'obiettivo di rafforzamento patrimoniale, è possibile avanzare la richiesta di intervento dello Stato.

Il MEF può inoltre condizionare la sottoscrizione del capitale dell'emittente alla revoca o alla sostituzione dei consiglieri esecutivi o del direttore generale degli istituti interessati alle misure nonché, per effetto delle modifiche apportate durante l'esame parlamentare, alla limitazione delle retribuzioni degli organi apicali. Il piano di ristrutturazione e le sue eventuali successive variazioni sono notificati alla Commissione europea, ai fini di una decisione sulla compatibilità delle misure con le norme in tema di aiuti di Stato.

Ad esito positivo della valutazione della Commissione UE, con provvedimento del Ministro dell'economia e delle finanze sono adottate le misure di burden sharing, ovvero di riparto degli oneri del risanamento tra obbligazionisti ed azionisti, nonché l'aumento di capitale degli istituti interessati e la sottoscrizione o l'acquisto delle azioni da parte del MEF.

L'adozione dei predetti provvedimenti è subordinata all'assenza delle condizioni per avviare la risoluzione degli istituti interessati, nonché all'assenza dei presupposti che danno luogo alla conversione forzosa di azioni, partecipazioni e altri strumenti di capitale.

Sono poi disciplinate le misure di partecipazione di azionisti e creditori subordinati agli oneri di risanamento della banca (cd. burden sharing) e si chiarisce che la sottoscrizione delle azioni da parte del MEF è effettuata solo dopo l'applicazione delle misure di ripartizione degli oneri, allo scopo di contenere il ricorso ai fondi pubblici.  Durante l'esame parlamentare è stata introdotta una norma che in seno alle misure di burden sharing consente di disporre, in luogo della conversione degli strumenti finanziari, l'azzeramento di strumenti e prestiti della banca e la contestuale attribuzione agli investitori di azioni di nuova emissione computabili nel capitale primario di prima classe. Nella medesima sede parlamentare è stata disposta la neutralità fiscale – con esclusione dal computo IRES e IRAP – di ogni eventuale differenza (positiva o negativa) derivante alle banche dalle predette misure.

L'articolo 24 istituisce un Fondo, con una dotazione di 20 miliardi di euro per l'anno 2017, destinato a coprire gli oneri delle operazioni di sottoscrizione e acquisto di azioni effettuate per il rafforzamento patrimoniale (capo II) e delle garanzie concesse dallo Stato su passività di nuova emissione e sull'erogazione di liquidità di emergenza (capo I) a favore delle banche e dei gruppi bancari italiani.

Nel corso dell'esame al Senato è stato introdotto l'articolo 24-bis, che reca misure ed interventi intesi a sviluppare l'educazione finanziaria, previdenziale ed assicurativa. Viene allo scopo prevista l'adozione di un programma per una Strategia nazionale per l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale. Per l'attuazione della predetta Strategia si istituisce e si disciplina presso il Ministero dell'economia e delle finanze un Comitato nazionale per la diffusione dell'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale. Esso opera attraverso riunioni periodiche; in seno al Comitato possono essere costituiti specifici gruppi di ricerca cui potranno partecipare accademici e esperti della materia. Agli oneri derivanti dall'attività del Comitato si provvede, nel limite di un milione di euro l'anno a decorrere dal 2017, mediante la corrispondente riduzione del Fondo speciale di parte corrente relativo al Ministero dell'economia e delle finanze.

Viene integrata (articolo 25) la disciplina relativa alle contribuzioni addizionali al Fondo di risoluzione nazionale, chiarendo il perimetro delle obbligazioni ad esse connesse, i costi, gli oneri e le spese che possono essere coperti dal citato Fondo, nonché le modalità per richiamare le predette contribuzioni addizionali. L'articolo 26 stabilisce che qualora la Banca d'Italia - al fine di soddisfare esigenze di liquidità - eroghi finanziamenti garantiti mediante pegno o cessione di credito, la garanzia si intende prestata, con effetto nei confronti dei terzi aventi causa, all'atto della sottoscrizione del contratto di garanzia finanziaria. A tal fine sono introdotte deroghe alla normativa civilistica sulle garanzie. La garanzia prestata, inoltre, è sottratta a revocatoria fallimentare, in applicazione della legge fallimentare che esclude la revocatoria stessa nei confronti dell'istituto di emissione.

Il Senato ha introdotto alcuni articoli aggiuntivi all'articolo 26 del provvedimento: in particolare, l'articolo 26-bis, ai commi 1-3, novella alcune disposizioni contenute nel Capo I del decreto-legge n. 59 del 2016, in materia di accesso al Fondo di solidarietà istituito in favore degli investitori delle Banche poste in risoluzione a fine 2015 (Banca Marche, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Ferrara, CariChieti). In particolare, come già anticipato nel presente lavoro, le norme ampliano la nozione di "investitore" che può accedere alle tutele del Fondo; prorogano al 31 maggio 2017 il termine temporale per la presentazione dell'istanza di erogazione dell'indennizzo forfetario; stabiliscono la gratuità del servizio di assistenza agli investitori per la compilazione e la presentazione delle istanze.

L'articolo 26-bis, al comma 4, modifica la disciplina sulla attività per imposte anticipate (DTA – Deferred Tax Assets). Le norme incidono sulle disposizioni che consentono di trasformare in credito di imposta le DTA qualificate - ove ad esse non corrisponda un effettivo pagamento anticipato di imposte (cd. DTA "di tipo 2") - mediante il pagamento di un canone, in particolare modificando la decorrenza della relativa disciplina, nonché i termini e le modalità per il versamento del canone.

L'articolo 26-ter dispone che alle banche di credito cooperativo, in relazione alla trasformazione in crediti d'imposta delle DTA da perdite fiscali connesse ai componenti negativi di reddito, non si applichino i limiti alla riportabilità delle perdite di cui all'articolo 84 TUIR; più precisamente, non si applica la norma che stabilisce, per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione dell'utile, che la perdita è riportabile per l'ammontare che eccede l'utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti.

Viene incrementato (articolo 27)  per l'anno 2017, di 20 miliardi di euro il livello massimo del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato e il livello massimo del ricorso al mercato finanziario, di competenza e di cassa, nonché l'importo massimo di emissione di titoli pubblici, quantificando gli oneri delle maggiori emissioni di titoli pubblici e prevedendone la relativa copertura.

 

Nel mese di giugno 2017 il Governo ha approvato il decreto-legge n. 89 del 2017, le cui disposizioni modificano la disciplina dell’intervento statale nelle procedure di risanamento e ricapitalizzazione degli istituti bancari contenuta nel sopra illustrato decreto-legge n. 237 del 2016.

È stata novellata la normativa riguardante il riparto degli oneri di risanamento delle banche tra azionisti e creditori subordinati (cd. burden sharing), che consiste nella riduzione forzosa del capitale o del debito subordinato e/o nella conversione di quest'ultimo in azioni.

Si prevede dunque che, ove la banca abbia presentato o formalmente comunicato l'intenzione di presentare richiesta di intervento dello Stato, sia prorogato di sei mesi il termine di scadenza delle passività oggetto delle predette misure di burden sharing, se tale termine di scadenza ricade nei sei mesi successivi alla presentazione dell'istanza o della formale comunicazione dell'intenzione di presentarla.

Le norme in esame intervengono inoltre sulle misure di ricapitalizzazione degli istituti bancari da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, effettuata mediante l’acquisto di azioni o altri strumenti rappresentativi del capitale: in particolare, si allunga (di 60 giorni, da 60 a 120) il periodo concesso per il completamento, da parte del MEF, delle operazioni di acquisto delle azioni delle banche interessate al risanamento, ove tali azioni derivino dalle predette misure di burden sharing.

 

Con il decreto legge n. 99 del 2017 sono stata poi introdotte disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A.. e per garantire la continuità del sostegno del credito alle famiglie e alle imprese del territorio.

Il 23 giugno scorso, la Banca Centrale Europea ha dichiarato le due banche in condizione di dissesto (failing or likely to fail). Successivamente il Comitato di risoluzione unico (SRB – Single Resolution Board) ha valutato se vi fossero tutti i tre requisiti per una risoluzione secondo la direttiva europea per i salvataggi bancari (BRRD), giungendo alla conclusione che non è possibile dichiarare la risoluzione in quanto non sussiste il requisito dell’interesse pubblico.

Il Governo ha dunque ritenuto necessario applicare la normativa del Testo unico bancario (D.Lgs. n. 385 del 1993), che prevede l’avvio della procedura di liquidazione coatta amministrativa. Sono state contestualmente adottate, con il citato decreto-legge n. 99 del 2017, misure pubbliche volte a sostenere una gestione ordinata della crisi delle due banche, nel contesto di una speciale procedura d’insolvenza.

Le misure adottate intendono contemplare aiuti compatibili con il mercato interno, ritenuti ammissibili dalle regole europee in quanto volti a evitare danni economici più ampi; essi (articolo 1) sono stati subordinati all’approvazione da parte della Commissione europea, che il 25 giugno 2017 ha approvato le predette misure, a seguito di notifica (effettuata il giorno precedente) da parte del Governo italiano.

Come riferito dalla Commissione, le misure consistono anzitutto nella vendita di parte delle attività delle due banche a Intesa Sanpaolo, ivi incluso il trasferimento di personale. A parere della Commissione, il soggetto acquirente (Intesa) è stato scelto in una procedura aperta, equa e trasparente. La Commissione europea reputa inoltre che detta vendita consentirà di abbassare l’ammontare della rimanente massa liquidatoria, finanziata da crediti forniti da Intesa.

Sotto il profilo finanziario, le misure adottate dal Governo per garantire la continuità dell’accesso al credito da parte delle famiglie e delle imprese, nonché per la gestione dei processi di ristrutturazione delle banche in liquidazione consistono in iniezioni di liquidità pari a 4,8 miliardi di euro. A questa cifra si aggiungono circa 400 milioni, quale fair value delle garanzie prestate dallo Stato sugli impegni delle banche in liquidazione, per un ammontare massimo di circa 12 miliardi di euro.

Il Governo riferisce che detti aiuti di Stato sono adeguatamente coperti dai crediti delle due banche.

Gli organi UE hanno valutato tali misure compatibili con la normative europea in tema di aiuti di Stato e, in particolare con la Banking Communication del 2013; a parere della Commissione, infatti, gli azionisti e i debitori subordinati hanno pienamente contribuito ai costi del risanamento, riducendo i costi dell’intervento statale. Inoltre, a parere della Commissione il costo netto dell’operazione per lo Stato sarà molto inferiore al predetto ammontare nominale.

 

Più in dettaglio, il decreto legge 99 del 2017 consente al Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta della Banca d’Italia, di:

1.   sottoporre le due banche a liquidazione coatta amministrativa, disponendo altresì la continuazione dell’esercizio dell’impresa (articolo 2, comma 1, lettere a) e b));

2.   prevedere la cessione dell’azienda bancaria o di rami di essa ad un acquirente (articolo 2, comma 1, lettera c));

3.   effettuare misure di sostegno pubblico per la predetta cessione.

Su indicazione del Ministro, i commissari liquidatori nominati dalla Banca d’Italia (articolo 3, comma1) possono cedere l’azienda bancaria a un soggetto selezionato sulla base di una procedura aperta, concorrenziale, non discriminatoria di selezione dell’offerta di acquisto più conveniente.

Tale soggetto è stato in particolare individuato in Intesa Sanpaolo, come annunciato dalla banca in un comunicato stampa del 26 giugno.

Nel medesimo comunicato, la banca ricorda che il contratto di acquisto delle attività delle banche venete include una clausola risolutiva, che prevede l’inefficacia del contratto e la retrocessione alle banche in liquidazione coatta amministrativa del perimetro oggetto di acquisizione, in particolare nel caso in cui il decreto-legge non fosse convertito in legge, ovvero fosse convertito con modifiche e/o integrazioni tali da rendere più onerosa per Intesa Sanpaolo l’operazione, e non fosse pienamente in vigore entro i termini di legge.

Il decreto, per assicurare la continuità dell’esercizio dell’impresa, contiene misure speciali – anche in deroga alle disposizioni civilistiche - per garantire l’immediata efficacia della cessione nei confronti dei terzi (articolo 3, comma 2).

Il Ministro è autorizzato a effettuare i seguenti interventi pubblici a sostegno dell’operazione (articolo 4):

1.   concessione della garanzia dello Stato a copertura dello sbilancio di cessione;

2.   erogazione di un supporto finanziario per ricostituire i fondi propri del cessionario per un ammontare idoneo a fronteggiare l’assorbimento patrimoniale derivante dalle attività ponderate per il rischio acquisito;

3.   concessione della garanzia dello Stato sull’adempimento di obblighi assunti dalle due banche in relazione a impegni, dichiarazioni e garanzie da esse assunti;

4.   erogazione al cessionario di fondi a sostegno di misure di ristrutturazione aziendale.

Il provvedimento (articolo 5) abilita il Ministero a cedere le attività deteriorate delle due banche alla Società per la Gestione di Attività S.p.A., il cui capitale è da esso interamente posseduto. Il corrispettivo della cessione è rappresentato da un credito verso le banche in liquidazione: i proventi della gestione del portafoglio trasferito sono destinati interamente alle banche in liquidazione e sono, dunque, disponibili per i creditori di quest’ultime.

Inoltre (articolo 6) per i creditori subordinati delle banche che siano investitori al dettaglio è previsto un meccanismo di ristoro analogo a quello previsto dal decreto legge n. 59 del 2016 per gli istituti posti in risoluzione nel novembre 2015. Come in quel caso, le prestazioni sono a carico del “Fondo interbancario di tutela dei depositanti”.

Con le disposizioni in materia fiscale (articolo 7) si intende rendere fiscalmente neutre le operazioni di cessione e gli interventi pubblici che le possono accompagnare. Si intende inoltre consentire il trasferimento dei crediti per le imposte differite delle banche in liquidazione al cessionario dell’azienda bancaria.

Le risorse necessarie (articolo 9)  per il sostegno pubblico sono prelevate dal Fondo costituito con il decreto legge n. 237 del 23 dicembre 2016, incrementate di 300 milioni di euro per l’anno 2018.

 

La commissione di inchiesta sul sistema bancario

La legge 12 luglio 2017, n. 107 istituisce una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario (A.C. 4410).

La legge prevede che la Commissione d'inchiesta sia costituita da venti senatori e venti deputati, nominati dai Presidenti delle Camere in proporzione al numero dei componenti dei gruppi. Essa deve concludere i propri lavori entro un anno dalla sua costituzione e comunque entro la fine della XVII legislatura (articoli 1 e 2).

La Commissione è chiamata a verificare (articolo 3) gli effetti sul sistema bancario italiano della crisi finanziaria globale e le conseguenze dell'aggravamento del debito sovrano; la gestione degli Istituti bancari coinvolti in situazioni di crisi o di dissesto, destinatari anche in forma indiretta di risorse pubbliche o posti in risoluzione; l'efficacia delle attività di vigilanza sul sistema bancario e sui  mercati finanziari; l'adeguatezza della disciplina legislativa e regolamentare nazionale ed europea sul sistema bancario e finanziario, nonché sul sistema di vigilanza, anche ai fini della prevenzione e gestione delle crisi bancarie. Il provvedimento disciplina (articolo 4) l'attività di indagine della Commissione e la richiesta di atti e documenti da parte della stessa (articolo 5).

I componenti della Commissione, i funzionari e il personale addetti alla Commissione stessa, nonché ogni altra persona che collabora con essa o compie o concorre a compiere atti d'inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio, sono vincolati al segreto (articolo 6).

L'articolo 7 disciplina il funzionamento dell'organo e in particolare pone il limite alle spese per suo il funzionamento in 150.000 euro. Gli oneri sono posti per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati. Può essere autorizzato, su richiesta della Commissione e con determinazione dei Presidenti delle due Camere, un incremento delle predette spese in misura non superiore al 30 per cento, per motivate esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta.

 

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Lo stato di salute del sistema bancario italiano

Nonostante sia essenzialmente orientato verso la tradizionale attività di intermediazione creditizia, il sistema bancario italiano ha retto, nel complesso, all’urto della crisi, pur con difficoltà, anche gravi, di singoli istituti. Il sistema si è adeguato al marcato inasprimento della regolamentazione internazionale, adattandosi al nuovo regime di vigilanza europeo.

Le banche hanno fatto fronte alla diminuzione dei ricavi in larga parte attraverso riduzioni dei costi operativi, soprattutto quelli per il personale. Il riassetto organizzativo è stato di ampie dimensioni: dal 2008 al 2014 il numero di sportelli è diminuito dell'8 per cento e quello dei dipendenti del 12, secondo quanto riferito nel rapporto sulla stabilità finanziaria della Banca d’Italia n. 1 del 2015.

La Banca d’Italia, nella più recente edizione del menzionato rapporto (n. 1 del 2017) ha rilevato che i bilanci delle banche italiane beneficiano della ripresa economica, che ha riportato i tassi di insolvenza di famiglie e imprese a livelli prossimi a quelli antecedenti la crisi; il già menzionato calo delle consistenze dei crediti deteriorati, secondo l’Istituto, sarà accentuato dal completamento delle operazioni di cessione per importi ingenti da parte di alcuni intermediari.

Tuttavia, a fronte dei segnali di miglioramento, a parere dell’Autorità di vigilanza il sistema bancario rimane esposto a rischi rilevanti, in quanto l’indebolimento della ripresa economica potrebbe peggiorare la qualità degli attivi e la redditività; inoltre, l’elevata incertezza in Italia e in Europa potrebbe aumentare l’avversione al rischio degli investitori e rendere più difficile e oneroso l’accesso ai mercati dei capitali.

Con riferimento al patrimonio ed alla redditività, la Banca d’Italia rileva come le ingenti rettifiche di valore su crediti effettuate dal gruppo UniCredit a dicembre 2016 hanno temporaneamente ridotto il capitale di migliore qualità in rapporto alle attività ponderate per il rischio (common equity tier 1 ratio, CET1 ratio) del sistema bancario italiano, sceso all’11,5 per cento alla fine del 2016. Il gruppo ha successivamente effettuato un aumento di capitale di 13 miliardi, integralmente sottoscritto da investitori privati all’inizio di marzo di quest’anno; ha programmato inoltre la dismissione di partecipazioni non strategiche, i cui benefici per la situazione patrimoniale si avrebbero nella seconda metà del 2017. Tenendo conto dell’aumento di capitale di UniCredit, dunque, il CET1 ratio del sistema bancario italiano sarebbe in linea con quello di giugno 2016 (12,4 per cento); quello delle banche significative sarebbe pari all’11,6 per cento (11,7 a giugno del 2016), un valore inferiore di circa 2,5 punti percentuali rispetto alla media delle principali banche europee. Con l’aumento di capitale di UniCredit, per i gruppi bancari italiani significativi il rapporto di leva finanziaria (leverage ratio) – che misura l’adeguatezza del capitale rispetto alle attività non ponderate per il rischio – sarebbe pari al 5,1 per cento, in linea con quello medio delle principali banche europee (5,2 per cento).

 

Dall’altro lato, il sistema bancario italiano, negli anni più intensi della crisi economica, ha beneficiato di aiuti pubblici di importo sostanzialmente limitato rispetto ad altri Paesi dell’area euro.

La Banca d’Italia nel corso dell’audizione di dicembre 2015 ha riferito che alla fine del 2014 gli aiuti di Stato concessi alle banche ammontavano a 238 miliardi di euro in Germania (8,2 per cento del PIL), 52 miliardi in Spagna (5,0 per cento), 42 miliardi in Irlanda (22,6 per cento), 40 miliardi in Grecia (22,2 per cento), 36 miliardi nei Paesi Bassi (5,5 per cento), 28 miliardi in Austria (8,4 per cento), 19 miliardi sia in Portogallo (11,0 per cento) sia in Belgio (4,6 per cento). A quella stessa data era di circa 1 miliardo il sostegno pubblico in Italia, oggi integralmente restituito.

A fronte del pur ridotto sostegno, lo Stato italiano ha conseguito guadagni netti, a differenza degli altri paesi, che hanno subito forti perdite. Come chiarito dalla BCE nell’articolo “L’impatto fiscale degli interventi a sostegno del settore finanziario durante la crisi”,  pubblicato sul Bollettino economico BCE numero 6 del 2015, in alcuni Paesi, tra cui l’Italia, le entrate cumulate derivanti dalle misure di assistenza finanziaria sono state lievemente superiori alle uscite.

Si ricorda che il decreto legge n. 95 del 2012 ha introdotto misure finalizzate alla ripatrimonializzazione della Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. (MPS). L’intervento normativo si inseriva nel solco delle indicazioni e delle direttive fornite in sede europea per il rafforzamento dei requisiti di capitale degli istituti di credito, stante le perduranti tensioni sui mercati finanziari con particolare riferimento ai titoli di debito sovrano. Le citate norme hanno autorizzato il Ministero dell'economia e delle finanze a sottoscrivere nuovi strumenti finanziari, emessi da MPS, per l’importo massimo di 2 miliardi; a tale importo si aggiunge l’emissione di ulteriori 1,9 miliardi, destinata a sostituire le obbligazioni emesse dalla banca nel 2009 (ai sensi del decreto-legge n. 185 del 2008) e non ancora rimborsati. L’importo complessivo dell’emissione autorizzato è stato dunque pari ad un massimo di 3,9 miliardi. Nel luglio 2016 MPS ha emesso a favore del Ministero dell'Economia, a titolo di interessi maturati al 31 dicembre 2014, 117.997.241 azioni ordinarie, pari al 4% del capitale sociale, con contestuale aumento del capitale sociale per euro 243.073.800, rendendo lo Stato azionista di Mps.

Le misure contenute nel decreto-legge n. 237 del 2016 riguardano principalmente la crisi di tale istituto; ad esito degli stress test condotti dall’EBA nel corso del 2016, per cui si veda oltre.

 

Di fatto, il costo della crisi dell’economia italiana è stato assorbito in ampia misura dalle banche e dai loro azionisti, anche attraverso un eccezionale aumento delle rettifiche su crediti. Già l’esito della valutazione approfondita dei bilanci delle banche di tutta l'area euro, svoltasi nell’anno 2014 ai fini dell'avvio della vigilanza unica e reso possibile anche grazie al notevole impegno della Banca d'Italia, sia stato complessivamente positivo per le banche italiane, evidenziando carenze di capitale solo per 4 istituti di credito.

 

Se il Bollettino economico della Banca d’Italia di ottobre 2016 evidenziava un ristagno del credito al settore privato non finanziario, il Bollettino di gennaio 2017 evidenziava come nei tre mesi terminanti in novembre 2016 la dinamica del credito al settore privato non finanziario si fosse lievemente rafforzata (1,1 per cento, al netto dei fattori stagionali e in ragione d’anno). Il dato positivo è confermato nel Bollettino economico di aprile 2017, in cui si rileva come anche nel trimestre dicembre 2016-febbraio 2017 il credito al settore privato non finanziario si sia lievemente rafforzato (1,4 per cento). I finanziamenti alle famiglie hanno accelerato (2,7 per cento, al netto dei fattori stagionali e in ragione d’anno), sostenuti anche dalla crescita dei mutui per l’acquisto di abitazioni (2,9 per cento). In febbraio i prestiti alle imprese sono cresciuti sui tre mesi (0,4 per cento, correggendo per i fattori stagionali e in ragione d’anno) e hanno ristagnato sui dodici mesi. Resta disomogenea la dinamica del credito tra i diversi settori di attività economica: il tasso di crescita dei finanziamenti erogati alle società dei servizi si è attestato al 2,4 per cento sui dodici mesi, mentre i prestiti destinati alle aziende manifatturiere e alle imprese edili hanno continuato a contrarsi (-0,7 e -5,5 per cento, rispettivamente).

 

Il 29 luglio 2016 l’European Banking Authority - EBA ha pubblicato i risultati degli stress test per 51 banche in paesi della UE e dello Spazio Economico Europeo, che copre circa il 70 per cento degli asset bancari in ciascuna giurisdizione e in Europa. I test hanno coinvolto anche le principali cinque banche italiane (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banca Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare e UBI Banca). L’esercizio è stato coordinato dall’Autorità Bancaria Europea (EBA), in collaborazione con la BCE e le autorità di vigilanza nazionali. Si tratta di un esercizio che valuta la capacità di tenuta delle grandi banche europee in condizioni economiche e finanziarie avverse, con bassa probabilità di realizzarsi.

I risultati sono destinati a fornire alle autorità di Vigilanza indicazioni utili ai fini dell’ordinaria attività di supervisione. L’esercizio condotto è stato particolarmente rigoroso, sia per la lunghezza del periodo temporale considerato – un triennio– sia per alcune importanti assunzioni metodologiche.

Lo stress test ipotizza per ciascun paese due scenari: uno di base (baseline), ripreso dalle previsioni della Commissione europea formulate nell’autunno 2015, e uno avverso (adverse). La simulazione è stata condotta a partire dai dati di bilancio delle banche di fine 2015.

In particolare, nello scenario avverso si ipotizza per l’Italia una caduta del PIL reale nel triennio 2016-18 di quasi sei punti percentuali rispetto alle previsioni dello scenario di base. Nel 2018 il livello del prodotto sarebbe di circa 10 punti percentuali inferiore a quello osservato all’inizio della crisi finanziaria (2007); si tratterebbe di una perdita senza precedenti dall’ultimo conflitto mondiale. Lo scenario avverso ipotizza inoltre un aumento nel triennio del rendimento dei titoli di Stato italiani a lungo termine di circa 100 punti base, che comporterebbe una svalutazione del 12 per cento di tali titoli. Allo scenario macroeconomico avverso si aggiungono una serie di assunzioni metodologiche, sostenibili per il complesso degli intermediari, che possono avere effetti particolarmente negativi per le banche ancora in ristrutturazione o già caratterizzate da condizioni di debolezza.

La Banca d’Italia spiega nel dettaglio la metodologia utilizzata in una Nota del 29 luglio 2016.

Per quanto riguarda le banche italiane, quattro delle cinque prese in considerazioni mostrano una buona tenuta.

Per queste banche (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banco Popolare e UBI Banca) l’impatto ponderato sul capitale (CET1) derivante dallo scenario avverso è pari a 3,2 punti percentuali a fronte del 3,8 per cento della media del campione EBA. Comprendendo anche il Monte dei Paschi, l’impatto sarebbe, in termini ponderati, di 4,1 punti percentuali.

Monte dei Paschi di Siena, che ha superato il test nello scenario di base, mostra nello scenario avverso un risultato negativo.

Dal novembre del 2013 il gruppo è sottoposto a un piano di ristrutturazione approvato dalla Commissione europea. Circa la metà della complessiva riduzione di capitale registrata dal Monte dei Paschi è attribuibile alla diminuzione del margine di interesse; la restante parte è dovuta all’incremento delle deduzioni patrimoniali e delle perdite su crediti e alle svalutazioni sui titoli di Stato detenuti nel portafoglio AFS.  Il Consiglio di amministrazione del Monte dei Paschi ha deliberato a fine luglio 2016 un piano, che prevede la cessione dell’intero portafoglio di crediti in sofferenza e un aumento di capitale fino a 5 miliardi, che consente di incrementare significativamente gli accantonamenti sui restanti crediti deteriorati. Per effetto di tale operazione, la banca intende detenere prestiti deteriorati – ma non in sofferenza – in linea con quelli medi del sistema bancario italiano.  La Banca ha dunque comunicato al mercato la volontà di procedere al rafforzamento di capitale, per complessivi 5 miliardi, il 25 ottobre 2016 (operazione autorizzata il 23 novembre dalla Banca Centrale Europea e da Banca d’Italia per quanto di competenza).

Stante l’impossibilità di reperire sul mercato tale cifra, il 23 dicembre 2016 MPS ha inviato alla BCE un’istanza di sostegno finanziario straordinario e temporaneo per l’accesso alla misura della ricapitalizzazione precauzionale.

In pari data la Banca ha inviato alla Banca d’Italia e al Ministero dell’Economia e delle Finanze un’istanza per ammissione alla garanzia dello Stato di cui all’articolo 7 del sopra illustrato decreto-legge n. 237 del 2016, per ottenere la possibilità di emettere ulteriori passività garantite dallo Stato. Lunedì 26 dicembre 2016 Monte dei Paschi di Siena ha reso noto di aver ricevuto una comunicazione della BCE che richiede di raccogliere 8,8 miliardi di nuovo capitale, quasi 4 miliardi di euro in più rispetto alla cifra pianificata dal luglio 2016.

In seguito all’insuccesso del piano di rafforzamento basato su capitali privati, MPS il 30 dicembre 2016 ha presentato istanza per la ricapitalizzazione precauzionale, trasmettendo le prime linee guida di un piano di ristrutturazione

In seguito all’insuccesso del piano di rafforzamento patrimoniale basato su capitali privati, precondizione per poter accedere alle misure di sostegno pubblico, lo scorso 30 dicembre MPS ha presentato richiesta di ricapitalizzazione precauzionale da parte dello Stato. In quella sede sono state trasmesse le prime sintetiche linee guida di un piano di ristrutturazione, basate sul piano industriale preparato ai fini dell’aumento di capitale non andato a buon fine.

I vertici di MPS sono stati auditi il 19 gennaio 2017 presso le Commissioni Finanze di Camera e Senato in ordine all’applicazione all’istituto delle misure del citato decreto-legge n. 237 del 2016.

Come riferito dalla Banca d’Italia nell’audizione del 17 gennaio 2017 presso le Commissioni finanze di Camera e Senato, si prevede di ultimare il nuovo piano di ristrutturazione in tempi brevi.

Il 25 gennaio 2017, Monte dei Paschi ha rilasciato un comunicato stampa in cui comunica di aver effettuato nella medesima data due emissioni di titoli con garanzia dello Stato, ai sensi del provvedimento in esame, per un importo complessivo di Euro 7 miliardi di euro, così suddivisi:

a)   scadenza 20/1/2018, cedola 0,5%, nominale Eur 3 mld. (ISIN: IT0005240491);

b)  scadenza 25/1/2020, cedola 0,75%, nominale Eur 4 mld. (ISIN: IT0005240509).

I titoli, assistiti da garanzia dello Stato ai sensi del Decreto Legge n. 237/2016, sono stati sottoscritti interamente dall’emittente e verranno venduti sul mercato, o utilizzati come collaterale a garanzia di operazioni di finanziamento, nel corso del 2017.

Il 1° giugno 2017 la Commissaria Margrethe Vestager ha concluso un accordo di principio con il Ministro Padoan in merito al piano di ristrutturazione di Banca Monte dei Paschi di Siena (MPS), al fine di consentire la ricapitalizzazione precauzionale della banca in linea con le norme dell'UE. L'accordo di principio è subordinato alla conferma parallela, da parte della Banca centrale europea nelle sue funzioni di vigilanza, del fatto che MPS è solvibile e soddisfa i requisiti di capitale, nonché all'ottenimento da parte dell'Italia di una conferma formale dagli investitori privati che acquisteranno il portafoglio di crediti in sofferenza.

Il 4 luglio 2017 la Commissione europea ha approvato il piano dell'Italia a sostegno della ricapitalizzazione precauzionale del Monte dei Paschi di Siena. In particolare, la  Commissione ha approvato aiuti di Stato per 5,4 miliardi di euro per la ricapitalizzazione precauzionale del Monte dei Paschi di Siena (MPS), a seguito del predetto accordo di massima sul piano di ristrutturazione di MPS raggiunto il 1° giugno 2017 dalla Commissaria Vestager e da Pier Carlo Padoan, Ministro dell'Economia e delle finanze italiano. A parere della Commissione, attualmente sussistono entrambe le condizioni per questo accordo: la Banca centrale europea, nella sua veste di autorità di vigilanza, ha confermato che MPS è solvibile e soddisfa i requisiti patrimoniali, e l'Italia ha ottenuto un impegno formale da parte di investitori privati ad acquistare il portafoglio di crediti deteriorati della banca.

Il 28 luglio 2017, nell’ambito della procedura volta al rafforzamento patrimoniale di MPS ai sensi del decreto-legge n. 237 del 2016, sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana i decreti del Ministro dell’Economia e delle Finanze con cui sono stati disposti l’applicazione delle misure di ripartizione degli oneri, di cui all’articolo 22, commi 2 e 4, del predetto decreto-legge e l’aumento di capitale della banca a servizio della sottoscrizione delle azioni da parte dello stesso MEF.

In conformità a quanto previsto del decreto, alcuni strumenti finanziari indicati nel decreto ministeriale sono forzosamente convertiti in azioni ordinarie della Banca di nuova emissione, al prezzo unitario di 8,65 euro.

Le azioni della banca riservate al MEF saranno emesse ad un prezzo unitario di 6,49 euro, a fronte della sottoscrizione per cassa da parte del MEF. Entrambe le tipologie di azioni (azioni derivanti dal burden sharing e azioni di nuova emissione riservate al MEF) sono destinate ad essere negoziate sul Mercato Telematico Azionario organizzato e gestito da Borsa Italiana S.p.A.

In sostanza, dopo la ricapitalizzazione e la conversione dei bond subordinati in azioni, il MEF diventa titolare di una quota del capitale pari a circa il 53 per cento, che può essere innalzata fino ad un massimo del 70 per cento circa. Il MEF sottoscrive dunque l'aumento di capitale precauzionale di MPS per un controvalore di 3,85 miliardi ad un prezzo scontato di 6,49 euro per azione.

Viene dunque applicato il burden sharing, come previsto sulle emissioni subordinate del Monte dei Paschi, apportando alla banca un aumento di capitale da 4,47 miliardi, che si aggiunge ai 3,85 miliardi sottoscritti dal Tesoro.

Al termine dell’operazione, come reso noto da MPS nel proprio comunicato stampa, il capitale sociale di MPS risulterà pari a circa 16 miliardi di euro (15.692.799.350,97 euro).

 

Con nota tecnica del 15 aprile 2016, la Banca d'Italia ha fornito alcuni chiarimenti relativi agli intermediari Banca Popolare di Vicenza (BPV) e Veneto Banca (VB). Le predette banche sono state investite da due tipologie di problematiche, legate alla loro originaria natura di banche popolari non quotate: la modalità di determinazione del prezzo delle azioni e i finanziamenti concessi dalle banche alla clientela per la sottoscrizione delle azioni della banca medesima. Relativamente al prezzo delle azioni, per le banche popolari non quotate il codice civile (articolo 2528) attribuisce la responsabilità di fissare il prezzo all'assemblea dei soci, su proposta degli amministratori. Riguardo alla raccolta di capitale (ed emissione di azioni) a fronte di finanziamenti erogati dalle stesse banche emittenti ai sottoscrittori delle azioni (cosiddette 5 "azioni finanziate"), la normativa di settore prevede che le azioni acquistate grazie a un finanziamento della banca emittente non possono essere conteggiate nel patrimonio di vigilanza. Tale patrimonio è considerato dalla normativa di settore come il primo cuscinetto di sicurezza per assorbire eventuali perdite; deve essere quindi costituito da risorse sicure, non da elementi a elevato rischio di essere vanificate da un finanziamento non restituito.

Per quanto concerne la Banca Popolare di Vicenza, le controversie hanno riguardato principalmente l'operatività in azioni proprie che, dal gennaio del 2014 (a seguito dell'entrata in vigore del regolamento europeo n. 575 del 26 giugno 2013), richiede in ogni caso un'autorizzazione della Vigilanza, la quale subordina la decisione ad una valutazione prudenziale, poiché nel momento in cui la banca riacquista le proprie azioni dai suoi soci riduce il patrimonio.

Nel corso del 2014, come rileva la Banca d'Italia, è emerso che la Banca Popolare di Vicenza acquistava azioni proprie senza aver prima richiesto l'autorizzazione alla Vigilanza. Le ispezioni del 2015 hanno rilevato, oltre ai riacquisti di azioni proprie effettuati senza la necessaria autorizzazione, anche il problema delle "azioni finanziate" non dedotte per un ammontare cospicuo dal patrimonio di vigilanza. La Banca d'Italia ha rilevato come ciò abbia comportato un impatto negativo sotto il profilo patrimoniale di circa 1 miliardo di euro, registrato dalla banca nella relazione semestrale al 30 giugno e nel bilancio d'esercizio 2015. La situazione patrimoniale ha inoltre risentito del deterioramento del portafoglio creditizio, che ha comportato la contabilizzazione di 1,3 miliardi di euro di rettifiche di valore nel bilancio 2015 (+54% rispetto all'anno precedente). Come riferito dalla Banca d'Italia, l'alta dirigenza di BPV è stata rinnovata e la banca, in coerenza con il nuovo piano industriale, ha poi deliberato un piano complessivo di rafforzamento patrimoniale o di modifica radicale della corporate governance che comprende la trasformazione in S.p.A. (approvata dall'Assemblea il 3 marzo 2016), un aumento di capitale da 1,5 miliardi di euro e la quotazione in Borsa delle azioni (tramite un'operazione di Initial Public Offering, IPO). Il cambio di forma giuridica e l'obbligo di trasformazione in società quotata hanno comportato una significativa svalutazione delle azioni, il cui valore è passato dai 62,50 euro nel 2014 (approvazione bilancio 2013) ai 6,3 euro di febbraio 2016.

Con l'intervento del fondo Atlante nell'aprile del 2016 è stato sottoscritto un nuovo aumento di capitale, con l'ulteriore abbassamento del prezzo di ciascuna azione a 10 centesimi di euro.

Con comunicato stampa del 9 gennaio 2017 l'istituto ha annunciato l'avvio di un'iniziativa di conciliazione transattiva rivolta agli azionisti che hanno investito in azioni BPVi negli ultimi 10 anni. L'offerta pubblica di transazione prevede un riconoscimento economico pari a 9 euro per ogni azione acquistata tramite una banca del Gruppo Banca Popolare di Vicenza a partire dal 1° gennaio 2007 e sino al 31 dicembre 2016, al netto delle vendite; il riconoscimento sarà erogato a fronte della rinuncia dell'azionista a qualsiasi pretesa in relazione all'investimento in (o mancato disinvestimento di) titoli azionari Banca Popolare di Vicenza, titoli che rimarranno comunque di proprietà dell'azionista. La platea è stata stimata in circa 94.000 azionisti, individuati secondo criteri oggettivi, che comprendono principalmente persone fisiche, società di persone, fondazioni, ONLUS ed enti senza fine di lucro. Contestualmente BPVI ha costituto un fondo, per complessivi 30 milioni di euro, a sostegno degli azionisti che versano in condizioni disagiate.

L'iniziativa si basa sulla consapevolezza della presenza di situazioni di impoverimento e grave disagio sociale che coinvolgono alcuni azionisti risparmiatori di BPVi, oltreché sulla volontà di ricostruire un rapporto di fiducia tra la Banca e i suoi soci risparmiatori. Il fondo è riservato esclusivamente agli azionisti che rientrano nel perimetro dell'Offerta di Transazione e che rinunciano ad azioni risarcitorie, l'attivazione del fondo è subordinata all'esito positivo della stessa Offerta di Transazione. Il termine di adesione all'Offerta di Transazione, in origine fissato al 22 marzo 2017, è stato prorogato al 28 marzo 2017.

Il 9 aprile 2017 l'istituto ha reso noto che a tale offerta hanno aderito 66.770 azionisti (71,9%), portatori del 68,7% delle azioni comprese nell’Offerta di Transazione .

L'istituto, il 1° febbraio 2017, ha comunicato di aver ricevuto dal Ministero dell'Economia e delle Finanze il decreto con il provvedimento di concessione della garanzia dello Stato su nuove emissioni obbligazionarie ai sensi del decreto-legge n. 237 del 2016 e di aver contestualmente avviato l'operatività necessaria per l'emissione di titoli garantiti.

Il 17 marzo 2017 BPVI ha reso noto che è in fase di finalizzazione il nuovo Piano industriale 2017-2021 - già sottoposto alle Autorità di Vigilanza - nel quale è previsto un progetto di fusione con il Gruppo Veneto Banca unitamente ad un intervento di rafforzamento patrimoniale da realizzarsi nel 2017. Nella medesima occasione la Banca Popolare di Vicenza, nell'ambito delle modalità di reperimento dei capitali necessari ad implementare la citata ricapitalizzazione, ha comunicato al MEF, Banca d'Italia e BCE l'intenzione di accedere alle già citate misure di ricapitalizzazione precauzionale di cui al decreto-legge n. 237 del 2016.

Il 1° giugno 2017 l’istituto ha effettuato una seconda emissione obbligazionaria con garanzia dello Stato, ai sensi del decreto-legge n. 237 del 2016, per un importo complessivo di 2,2 miliardi di euro nominali, tasso nominale annuo lordo 0,50% e scadenza 1 giugno 2020 (ISIN: IT0005247645). Il titolo è stato sottoscritto interamente dall’emittente e verrà utilizzato per incrementare i buffer di liquidità del Gruppo. Con questa emissione le obbligazioni in essere con garanzia statale emesse dalla Banca ammontano a 5,2 miliardi di euro nominali (di cui 3,0 miliardi di euro emessi nel febbraio 2017).

 

Con riferimento a Veneto Banca, la problematica illustrata dalla Banca d'Italia concerne in particolare il fenomeno delle "azioni finanziate" non dedotte, reiterato nel tempo nonostante i solleciti delle Autorità di vigilanza e le sanzioni irrogate. Nella richiamata nota tecnica, la Banca d'Italia rileva che detta prassi ha comportato un impatto negativo sotto il profilo patrimoniale per circa 300 milioni di euro, registrato dalla banca nella relazione trimestrale al 30 settembre 2015 e nel bilancio d'esercizio 2015; ulteriori 56 milioni di euro sono emersi dal completamento delle analisi svolte dalla funzione di revisione interna della banca su richiesta della Vigilanza. La situazione patrimoniale ha inoltre risentito anche del deterioramento del portafoglio creditizio, che ha comportato la contabilizzazione di oltre 700 milioni di euro di rettifiche di valore su crediti nel bilancio 2015. La necessità di "squalificare" le "azioni finanziate" e di recepire le ulteriori perdite emerse ha imposto alla banca di ricostituire i margini patrimoniali regolamentari. Ai cambiamenti di governance del 2015 sono seguiti la definizione di un piano di rafforzamento patrimoniale, per 1 miliardo di euro, nonché la trasformazione in società per azioni, ai sensi delle nuove norme sulle banche popolari (decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, convertito con legge 24 marzo 2015, n. 33) e la quotazione in borsa. Nel corso del 2016 la governance aziendale ha avuto un sostanziale rinnovo, conclusosi con l'avvio dell'azione di responsabilità il 16 novembre 2016 nei confronti degli ex componenti del Consiglio di Amministrazione e del Collegio Sindacale nonché dell'ex Direttore Generale di Veneto Banca S.p.A. Analogamente a quanto disposto da BPVi, Veneto Banca ha annunciato l'avvio di un'iniziativa di conciliazione transattiva, mediante un'Offerta di Transazione con un indennizzo forfettario ed onnicomprensivo pari al 15% della perdita teorica sofferta in conseguenza degli acquisti di Azioni Veneto Banca (al netto delle vendite effettuate e dei dividendi percepiti) avvenuti nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2007 ed il 31 dicembre 2016, a fronte della rinuncia dell'azionista a promuovere azioni legali. L'iniziativa si rivolge a circa 75.000 azionisti, pari a circa l'85% del totale. Il Consiglio di Amministrazione di Veneto Banca ha deliberato inoltre la costituzione di un Fondo di solidarietà di 30 milioni di euro per sostenere i Soci che versano in comprovate situazioni di particolare disagio socio-economico, rivolto ai medesimi destinatari dell'Offerta Pubblica di Transazione; anche in questo caso i beneficiari dovranno rinunciare ad azioni risarcitorie nei confronti della Banca. Il fondo diventa effettivo a seguito dell'esito positivo dell'Offerta stessa. L'Offerta si è conclusa il 28 marzo, a seguito della proroga dei termini.

Si ricorda che la Banca ha effettuato nel febbraio 2017 due emissioni garantite dallo Stato ai sensi del D.L. n. 237 del 2016.

A seguito della richiesta presentata nella medesima data di BPVi (17 marzo 2017) di ricapitalizzazione precauzionale di cui al decreto-legge n. 237 del 2016, anche Veneto Banca ha manifestato l’intenzione di accedere al sostegno finanziario straordinario e temporaneo da parte dello Stato italiano (“ricapitalizzazione precauzionale”), ai sensi del D.L 237/2016.

 

Com’è noto, le due banche sono state poste in liquidazione nel giugno 2017; per tali istituti sono state attivate alcune specifiche misure di sostegno pubblico, recate dal decreto-legge n. 99 del 2017, il cui contenuto è illustrato nel paragrafo relativo alle disposizioni di tutela del settore creditizio.