Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Titolo: Semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione - D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 159
Riferimenti:
DLGS n.159 del 24/09/2015   SCH.DEC 185-BIS/XVII
Serie: Atti del Governo    Numero: 190    Progressivo: 2
Data: 11/11/2015
Descrittori:
DL 2015 0159   L 2014 0023
RISCOSSIONE DI IMPOSTE     
Organi della Camera: VI-Finanze

 

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Atti del Governo n. 190/2 (Esito pareri al Governo)

 

 

 

 

 

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INDICE

Introduzione

§  La legge delega. 3

Schede di lettura

§  Sintesi del contenuto. 13

§  Articolo 1 (Modifiche alla sospensione legale della riscossione) 19

§  Articolo 2 (Rateazione delle somme dovute a seguito dell'attività di controllo e accertamento dell'Agenzia delle entrate) 24

§  Articolo 3 (Inadempimenti nei pagamenti delle somme dovute a seguito dell'attività di controllo dell’Agenzia delle entrate) 33

§  Articolo 4 (Termini per la notifica della cartella di pagamento. Casi particolari) 35

§  Articolo 5 (Concentrazione della riscossione nell’accertamento) 41

§  Articolo 6 (Sospensione della riscossione – Sgravio – Commutazione dell'atto di irrogazione) 44

§  Articolo 7 (Rateazione imposta di successione) 47

§  Articolo 8 (Preclusione alla autocompensazione in presenza di debito su ruoli definitivi) 49

§  Articolo 9 (Oneri di funzionamento del servizio nazionale di riscossione) 50

§  Articolo 10 (Dilazione di pagamento) 55

§  Articolo 11 (Autotutela) 58

§  Articolo 12 (Sospensione dei termini per eventi eccezionali) 59

§  Articolo 13 (Razionalizzazione degli interessi per il versamento, la riscossione e i rimborsi di ogni tributo) 61

§  Articolo 14 (Notifica a mezzo di posta elettronica certificata) 64

§  Articolo 15 (Disposizioni transitorie) 65


Introduzione


La legge delega

La legge 11 marzo 2014, n. 23 conferisce una delega al Governo per la realizzazione di un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita da attuare entro dodici mesi (27 marzo 2015).

In considerazione dell'elevato numero di previsioni di delega non ancora attuate, e tenuto conto della complessità della materia, l'articolo 1, comma 2, della legge 24 marzo 2015, n. 34 (di conversione del decreto-legge n. 4 del 2015), ha prorogato di tre mesi il termine per l'esercizio della delega (vale a dire fino al 27 giugno 2015).

 

Con l'introduzione all'articolo 1 di un nuovo comma 7-bis si prevede che, qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare cada negli ultimi trenta giorni precedenti il termine finale di scadenza della delega, ovvero successivamente a tale termine, operi una proroga automatica di novanta giorni del predetto termine di delega (25 settembre 2015).

 

La legge, che persegue l’obiettivo della riduzione della pressione tributaria sui contribuenti (articolo 16), si compone di 16 articoli concernenti i princìpi generali e le procedure di delega (art. 1); la revisione del catasto dei fabbricati (art. 2); le norme per la stima e il monitoraggio dell’evasione e il riordino dell’erosione fiscale (artt. 3 e 4); la disciplina dell'abuso del diritto e dell'elusione fiscale (art. 5); la cooperazione rafforzata tra l’amministrazione finanziaria e le imprese, con particolare riguardo al tutoraggio, alla semplificazione fiscale e alla revisione del sistema sanzionatorio (artt. 6-8); il rafforzamento dell’attività conoscitiva e di controllo (art. 9); la revisione del contenzioso tributario e della riscossione degli enti locali (art. 10); la revisione dell'imposizione sui redditi di impresa e la previsione di regimi forfetari per i contribuenti di minori dimensioni, nonché la razionalizzazione della determinazione del reddito d'impresa e delle imposte indirette (artt. 11-13); la disciplina dei giochi pubblici (art. 14); le nuove forme di fiscalità ambientale (art. 15).

Princìpi e criteri direttivi

Nell’esercizio della delega il Governo deve attenersi, oltre che ai singoli criteri direttivi esplicitati in ciascun articolo, al rispetto dei princìpi costituzionali, in particolare di quelli di cui agli articoli 3 e 53 della Costituzione (uguaglianza e capacità contributiva), nonché del diritto dell’Unione europea; al rispetto dei princìpi dello statuto dei diritti del contribuente, con particolare riferimento al rispetto del vincolo di irretroattività delle norme tributarie; le nuove norme devono inoltre essere coerenti con quanto stabilito dalla legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di federalismo fiscale.

 

Ulteriori princìpi di delega riguardano: la tendenziale uniformità della disciplina delle obbligazioni tributarie; il coordinamento e la semplificazione degli obblighi contabili e dichiarativi dei contribuenti; la coerenza e uniformità dei poteri in materia tributaria; la generalizzazione del meccanismo della compensazione tra crediti d’imposta vantati dal contribuente e debiti tributari a suo carico.

La procedura

Quanto alla procedura per l’emanazione dei decreti legislativi attuativi, si prevede che le Commissioni parlamentari competenti hanno 30 giorni (prorogabili di altri 20) per l’espressione del parere, trascorsi i quali il provvedimento può essere comunque adottato. Si prevede altresì una procedura rafforzata analoga a quella prevista per i decreti attuativi della legge sul federalismo fiscale: qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, il Governo è tenuto a trasmettere nuovamente i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modifiche. I pareri definitivi delle Commissioni competenti per materia sono espressi entro dieci giorni, decorsi i quali i decreti possono essere comunque adottati. Il Governo, nei 18 mesi successivi dalla data di entrata in vigore di ciascun decreto attuativo, può adottare eventuali decreti correttivi e integrativi.

 

Ai sensi dell’articolo 1, comma 3, almeno uno degli schemi dei decreti legislativi deve essere deliberato in via preliminare dal Consiglio dei ministri entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge (27 giugno 2014).

Il Governo è inoltre tenuto a riferire ogni quattro mesi alle Commissioni parlamentari competenti in ordine all'attuazione della delega (in sede di prima applicazione entro due mesi).

 

Nei decreti legislativi, il Governo deve provvedere all'introduzione delle nuove norme mediante la modifica o l'integrazione dei testi unici e delle disposizioni organiche che regolano le relative materie, provvedendo ad abrogare espressamente le norme incompatibili (articolo 1, comma 9). Il comma 10 prevede inoltre l’emanazione di decreti legislativi recanti le norme necessarie per il coordinamento formale e sostanziale con le altre leggi dello Stato e l'abrogazione delle norme incompatibili con i nuovi decreti.

Le disposizioni finanziarie

L’articolo 16 della legge n. 23 del 2014 (come riformulato dall’art. 1, comma 11, della legge 23 giugno 2014, n. 89) dispone che dall'attuazione della delega non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, né un aumento della pressione fiscale complessiva a carico dei contribuenti.

In considerazione della complessità della materia trattata dai decreti legislativi attuativi e dell'impossibilità di procedere alla determinazione degli eventuali effetti finanziari, per ciascuno schema di decreto legislativo la relazione tecnica evidenzia i suoi effetti sui saldi di finanza pubblica.

Qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri, che non trovino compensazione nel proprio ambito si provvede ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 196 del 2009 ovvero mediante compensazione con le risorse finanziarie recate dai decreti legislativi, adottati ai sensi della legge delega, presentati prima o contestualmente a quelli che comportano i nuovi o maggiori oneri.

A tal fine le maggiori entrate confluiscono in un apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.

Il richiamato comma 2 dell’articolo 17 stabilisce che le leggi di delega comportanti oneri devono recare i mezzi di copertura necessari per l'adozione dei relativi decreti legislativi. Qualora, in sede di conferimento della delega, per la complessità della materia trattata, non sia possibile procedere alla determinazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, la quantificazione degli stessi è effettuata al momento dell'adozione dei singoli decreti legislativi.

I decreti legislativi dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.

A ciascuno schema di decreto legislativo è allegata una relazione tecnica, che dà conto della neutralità finanziaria del medesimo decreto ovvero dei nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura.

 

Il comma 1-bis stabilisce che i decreti legislativi attuativi che recano maggiori oneri entrano in vigore contestualmente o successivamente a quei decreti attuativi che recano la necessaria copertura finanziaria.

 

In sostanza, tale formulazione permette che uno schema di decreto legislativo attuativo recante maggiori oneri per la finanza pubblica possa essere esaminato dalle Commissioni parlamentari per l’emanazione del parere, ma entrerà in vigore nell’ordinamento contestualmente (o successivamente) all’entrata in vigore di un altro schema di decreto attuativo che invece genererà maggiori entrate per la finanza pubblica.

Alla fine la somma degli effetti finanziari di tutti i decreti attuativi della legge delega dovrà essere pari a zero, in quanto diversamente altererebbe in negativo i saldi della finanza pubblica, o finirebbe con l’aumentare la pressione fiscale complessiva a carico del contribuente.

Lo stato di attuazione della delega

In attuazione della delega sono stati emanati i seguenti provvedimenti:

 

§  Il Decreto Legislativo n. 175 del 2014, relativo alle semplificazioni fiscali e alla dichiarazione dei redditi precompilata (Atto del Governo n. 99-bis), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 28 novembre 2014;

§  il Decreto Legislativo n. 188 del 2014, in materia di tassazione dei tabacchi lavorati, dei loro succedanei, nonché di fiammiferi (Atto del Governo n. 106-bis), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 23 dicembre 2014;

§  il Decreto Legislativo n. 198 del 2014, riguardante la composizione, le attribuzioni e il funzionamento delle Commissioni censuarie (Atto del Governo n. 100-bis), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 13 gennaio 2015;

§  il Decreto Legislativo n. 127 del 2015, in materia di fatturazione elettronica, trasmissione telematica delle operazioni IVA e di controllo delle cessioni di beni effettuate attraverso distributori automatici (Atto del Governo n. 162-bis), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18 agosto 2015;

§  il Decreto Legislativo n. 128 del 2015, recante disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente (Atto del Governo n. 163-bis), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18 agosto 2015;

§  il Decreto Legislativo n. 147 del 2015, recante misure per la crescita e l'internazionalizzazione delle imprese (Atto del Governo n. 161-bis), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 22 settembre 2015;

§  il Decreto Legislativo n. 156 del 2015, recante misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario (Atto del Governo n. A.G. 184-bis), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7 ottobre 2015;

§  il Decreto Legislativo n. 157 del 2015, recante misure per la revisione della disciplina dell'organizzazione delle agenzie fiscali (Atto del Governo n. A.G.181-bis), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7 ottobre 2015;

§  il Decreto Legislativo n. 158 del 2015, riguardante la revisione del sistema sanzionatorio (Atto del Governo n. A.G. n. 183-bis), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7 ottobre 2015;

§  il Decreto Legislativo n. 159 del 2015, recante misure per la semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione (Atto del Governo n. A.G. 185-bis), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7 ottobre 2015, oggetto del presente lavoro;

§  il Decreto Legislativo n. 160 del 2015, riguardante la stima e il monitoraggio dell'evasione fiscale e il monitoraggio e il riordino delle disposizioni in materia di erosione fiscale (Atto del Governo n. A.G. 182-bis), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7 ottobre 2015.

 

Si segnala che la legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014, articolo 1, commi 54-89), istituisce, per gli esercenti attività d’impresa e arti e professioni in forma individuale, un regime forfetario di determinazione del reddito da assoggettare a un’unica imposta sostitutiva di quelle dovute con l’aliquota del 15 per cento. Per accedere al regime agevolato (che costituisce il regime “naturale” per chi possiede i requisiti) sono previste delle soglie di ricavi diverse a seconda del tipo di attività esercitata. Tali soglie variano da 15.000 euro per le attività professionali a 40.000 per il commercio.

Il disegno di legge di stabilità 2016 (A.S. 2111, articolo 8) prevede la modifica del predetto regime forfetario. Viene allargato il perimetro di applicabilità: sono aumentate le soglie dei ricavi per accedere al regime ed è estesa a cinque anni la disciplina di vantaggio con aliquota forfetaria al 5 per cento (anziché al 15). Si modifica, poi, il calcolo per la contribuzione dovuta a fini previdenziali: in luogo dell'esclusione dell’applicazione della contribuzione previdenziale minima (alla quale quindi è possibile nuovamente accedere), si prevede l'applicazione di una riduzione pari al 35% della contribuzione ordinaria INPS dovuta ai fini previdenziali.

 

Le norme sembrano dare attuazione all’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge di delega fiscale, il quale prevede l’istituzione di regimi semplificati per i contribuenti di minori dimensioni, nonché, per i contribuenti di dimensioni minime, di regimi che prevedano il pagamento forfetario di un'unica imposta in sostituzione di quelle dovute, purché con invarianza dell'importo complessivo dovuto, prevedendo eventuali differenziazioni in funzione del settore economico e del tipo di attività svolta, con eventuale premialità per le nuove attività produttive.

 

Le disposizioni dell’articolo 1, commi 629-633, della medesima legge di stabilità incrementano il numero delle ipotesi di applicazione del meccanismo di inversione contabile (reverse charge) a fini IVA, in particolare estendendo tale sistema anche ad ulteriori ambiti del settore edile e del settore energetico, e alle cessioni di bancali in legno (pallet).

Si dispone inoltre che per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi eseguite nei confronti di enti pubblici l’imposta sul valore aggiunto venga in ogni caso versata dai medesimi soggetti pubblici (c.d. split payment). Pertanto i fornitori di beni e servizi alla pubblica amministrazione riceveranno l’importo del corrispettivo al netto dell’IVA che verrà così versata, dai soggetti pubblici cessionari, direttamente all’erario.

 

La norma sembra dare attuazione all’articolo 9, comma 1, lettera e), della legge di delega fiscale, il quale prevede l’introduzione di meccanismi atti a contrastare l'evasione dell'IVA dovuta sui beni e servizi intermedi, facendo in particolare ricorso al meccanismo dell'inversione contabile (reverse charge), nonché di introdurre il meccanismo della deduzione base da base per alcuni settori.

 

Infine, l’articolo 1, commi 634-641, modificano le modalità di gestione del rapporto tra fisco e contribuenti, al fine di migliorarne la cooperazione ed aumentare l’adempimento spontaneo agli obblighi fiscali (cd. tax compliance).

In particolare, sono rafforzati i flussi informativi tra contribuenti e Agenzia delle entrate; sono modificate le modalità, i termini e le agevolazioni connessi all’istituto del ravvedimento operoso, consentendo l’accesso all’istituto anche oltre i termini previsti dalle norme vigenti, a prescindere dalla circostanza che la violazione sia già stata constatata, con una riduzione automatica delle sanzioni; sono apportate sostanziali semplificazioni in materia di dichiarazione IVA.

 

Si ricorda al riguardo che l’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge di delega fiscale prevede – tra i princìpi di delega – il coordinamento e la semplificazione delle discipline concernenti gli obblighi contabili e dichiarativi dei contribuenti, al fine di agevolare la comunicazione con l'amministrazione finanziaria in un quadro di reciproca e leale collaborazione, anche attraverso la previsione di forme di contraddittorio propedeutiche all'adozione degli atti di accertamento dei tributi.

 

Si rammenta che il 27 giugno 2015 è scaduto il termine per l’attuazione della delega. Restano quindi inattuate o parzialmente attuate le seguenti norme:

§  revisione del catasto dei fabbricati, fatta salva la riforma delle Commissioni censuarie (articolo 2);

§  revisione della riscossione degli enti locali (articolo 10, comma 1, lettera c));

§  revisione dell'imposizione sui redditi di impresa (articolo 11, comma 1, lettera a)) e definizione di autonoma organizzazione ai fini Irap (articolo 11, comma 2);

§  razionalizzazione dell'imposta sul valore aggiunto e di altre imposte indirette, fatta salva la revisione delle accise sui tabacchi lavorati (articolo 13);

§  revisione della disciplina dei giochi pubblici e rilancio del settore ippico (articolo 14);

§  revisione della fiscalità energetica e ambientale (articolo 15).

 

Per le modalità di attuazione delle singole disposizioni, si rinvia alla documentazione concernente i decreti legislativi.

 

Sullo schema di decreto legislativo n. 185, concernente la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario ha espresso il parere di competenza il 4 agosto 2015 anche la Commissione Finanze della Camera dei deputati (parere favorevole con osservazioni). oltre alla Commissione Bilancio della Camera dei deputati per i profili di carattere finanziario (parere favorevole espresso il 5 agosto 2015).

Nella stessa data del 4 agosto 2015 ha espresso il parere di competenza la Commissione Finanze e tesoro del Senato della Repubblica (parere favorevole con osservazioni).

Il Governo, ritenendo di non accogliere integralmente tali pareri, ha quindi trasmesso nuovamente lo schema di decreto legislativo (n. 185-bis) alle Camere per l’espressione del secondo parere, in data 9 settembre 2015.

La Commissione Finanze della Camera dei deputati ha reso parere favorevole con osservazioni il 16 settembre 2015.

Il 17 settembre 2015 ha espresso il parere di competenza la Commissione Finanze e tesoro del Senato della Repubblica (parere favorevole con osservazioni).

 


Schede di lettura


Sintesi del contenuto

L’articolo 1 novella in più parti la vigente disciplina dell’istituto della sospensione legale della riscossione, previsto dall’articolo 1, commi 537 e seguenti della legge 24 dicembre 212, n. 228.

In sintesi:

§  si sopprime la norma che consente di esperire la procedura di sospensione legale in presenza di “qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito sotteso”, al fine di evitare che possano essere presentate istanze con finalità meramente dilatorie; le ipotesi di sospensione legale della riscossione sono dunque tipizzate ex lege;

§  viene soppresso il termine dilatorio di sessanta giorni decorsi i quali l’ente creditore si pronuncia in ordine all’istanza; sono altresì modificate, con finalità di snellimento, le modalità di comunicazione dell’esito dell’esame dell’istanza al creditore e all’agente della riscossione;

§  si chiarisce che, fino a quando l'ente creditore non comunica al debitore l'esito dell’esame della dichiarazione, resta sospeso il termine di duecento giorni decorso il quale il pignoramento perde efficacia;

§  si vieta espressamente la reiterazione della dichiarazione del debitore volta ad accedere alla sospensione legale della riscossione;

§  viene sancito che l'annullamento del ruolo non opera in presenza di motivi diversi da quelli eccepiti dal contribuente e tipizzati al comma 538, ovvero nei casi di sospensione giudiziale ed amministrativa, ovvero di sentenza non definitiva che ha annullato il credito.

 

L’articolo 2 del provvedimento intende ridurre il divario normativo esistente in materia di rateazione delle somme dovute a seguito delle comunicazioni degli esiti di alcuni istituti definitori dell'accertamento, nonché a semplificare gli adempimenti del contribuente. In estrema sintesi, le norme in esame:

§  per quanto riguarda le rateazioni di somme dovute a seguito di controlli automatici e controlli formali sulle dichiarazioni, elevano da sei a otto il numero delle rate per gli importi inferiori o pari a cinquemila euro;

§  per quanto riguarda la rateazione delle somme dovute per effetto dell’accertamento con adesione abbassano la soglia per accedere ad un numero di rate superiore ad otto (al massimo sedici) da 51.646 a cinquantamila euro. Si specifica che le rate successive alla prima devono essere versate entro l'ultimo giorno di ciascun trimestre;

§  modificano l’impianto normativo relativo al caso di acquiescenza del contribuente, tra l’altro prevedendo l’estensione delle agevolazioni legate all’acquiescenza, specie con riferimento alla riduzione delle sanzioni;

§  disciplinano con modalità univoche il pagamento delle somme rateizzate successivamente all’accertamento con adesione e delle sanzioni ridotte a seguito di acquiescenza.

 

L’articolo 3 procede alla revisione della disciplina sanzionatoria in materia di rateizzazione dei debiti tributari, prevedendo che ritardi di breve durata ovvero errori di limitata entità nel versamento delle rate non comportino l'automatica decadenza dal beneficio della rateizzazione.

Sono razionalizzati e differenziati gli inadempimenti relativi al pagamento rateale (in caso di controlli automatici e formali, nonché a seguito di accertamento con adesione); è introdotta l’ipotesi di lieve inadempimento in cui non si ha la decadenza dal beneficio della dilazione. Viene esplicitata la possibilità del contribuente di avvalersi del ravvedimento operoso evitando l’iscrizione a ruolo degli importi residui dovuti.

Con riferimento al cosiddetto inadempimento lieve; in particolare, è stato ampliato da cinque a sette giorni il termine per versare tardivamente la prima rata senza incorrere nella decadenza dal beneficio della rateazione.

 

L’articolo 4 disciplina in modo univoco i termini per la notifica delle cartelle di pagamento conseguenti agli inadempimenti di pagamenti rateizzati (di cui all'articolo 15-ter dello D.P.R. n. 602 del 1973, introdotto dal provvedimento in esame). Sono poi disciplinati gli specifici termini di notifica delle cartelle in caso di crisi aziendale e della persona fisica (concordato preventivo, accordo di ristrutturazione dei debiti, composizione di crisi da sovraindebitamento e piano del consumatore).

 

L’articolo 5 modifica la disciplina del cd. accertamento esecutivo, allo scopo di consentire al contribuente, in tale ipotesi, di attivare meccanismi automatici previsti dalla legge per la concessione della dilazione del pagamento prima dell'affidamento in carico all'agente della riscossione, al ricorrere di evidenze specifiche che dimostrino una temporanea situazione di obiettiva difficoltà.

In sintesi, si prevede che l’accertamento diventi esecutivo decorso il termine utile per la proposizione del ricorso, in luogo di sessanta giorni dalla notifica; la sospensione automatica prevista dalla legge non opera in caso di accertamenti definitivi, anche in seguito a giudicato, nonché in caso di recupero di somme derivanti da decadenza dalla rateazione.

 

Con l’articolo 6 si procede a semplificare e cadenzare gli adempimenti del contribuente potenzialmente truffato in caso di omesso, ritardato o insufficiente versamento da parte dell'intermediario, a tal fine sostituendo l’articolo 1 della legge n. 423 del 1995.

Viene eliminata la norma che subordina la sospensione del pagamento delle sanzioni nei confronti del contribuente, oltre che alla dimostrazione di aver fornito opportuna provvista al professionista, al pagamento dell'imposta ancora dovuta; nel caso di provvedimento definitivo di assoluzione del professionista, si stabilisce che non vi è una maggiorazione delle sanzioni a carico del contribuente. Viene ampliato il periodo di sospensione dei termini di prescrizione e dì decadenza previsti per la irrogazione delle sanzioni e per la loro riscossione.

 

Con l’articolo 7 si sostituisce integralmente l’articolo 38 del D.Lgs. n. 346 del 1990, recante il Testo unico delle imposte di successione e donazione, allo scopo di uniformare le disposizioni sul pagamento e la rateizzazione dell'imposta di successione alle altre proposte di modifica normativa avanzate col provvedimento in esame, in particolare con gli esiti dei controlli automatizzati, dei controlli formali e dell'accertamento con adesione.

Viene inoltre recepito nell’ambito del richiamato TU quanto previsto dall'articolo 15-ter del D.P.R. n. 602 del 1973 (anch’esso introdotto dal provvedimento in esame, all’articolo 3) in tema di inadempimenti nei pagamenti delle somme dovute a seguito delle attività di controllo dell'Agenzia delle entrate.

 

Con l’articolo 8 si introduce un periodo all'interno dell’articolo 31, comma 1 del decreto-legge n. 78 del 2010 in tema di autocompensazione di imposta, allo scopo di consentire il rimborso delle eventuali eccedenze di credito utilizzate in compensazione secondo le regole previste dalle singole leggi d'imposta.

 

L’articolo 9 concerne gli oneri di funzionamento del servizio nazionale della riscossione: è anzitutto disposta la riduzione dell’onere di riscossione che grava sui debitori iscritti a ruolo, che passa dall’otto per cento sulle somme iscritte a ruolo riscosse e sui relativi interessi di mora al sei per cento (misura abbattuta del 50 per cento, in caso di pagamento effettuato entro il sessantesimo giorno dalla notifica della cartella).

I debitori iscritti a ruolo sopportano, altresì, gli oneri legati all’effettuazione delle procedure esecutive e quelli necessari per la notifica della cartella di pagamento o degli altri atti di riscossione. Si prevede che anche gli enti creditori contribuiscano alla remunerazione del sistema.

Gli oneri della riscossione ed esecuzione sono commisurati ai costi da sostenere per il servizio nazionale della riscossione e non più al costo di funzionamento del servizio.

Le norme in commento dispongono, analogamente alla disciplina oggi vigente (attuale articolo 17, comma 6-bis del D.Lgs. n. 112 del 1999), che sia effettuata una anticipazione annuale, a carico degli enti creditori che si sono avvalsi dell’agente della riscossione, del rimborso degli oneri di esecuzione afferenti alle posizioni debitorie provvisoriamente inesigibili (all’esito della procedura cautelare o esecutiva svolta). Sono individuati alcuni oneri che in casi specifici restano a carico degli enti creditori fruitori del servizio di riscossione.

Si chiarisce che il primo decreto attuativo delle nuove norme (in particolare, quello cui è demandata la fissazione degli oneri afferenti alle spese di procedura, di notifica e di lavorazione degli sgravi per indebito, nonché la tipizzazione delle suddette spese di procedura) deve essere emanato entro il 30 ottobre 2015.

Resta fermo il precedente regime, limitatamente ai carichi affidati alla società sino al 31 dicembre 2015.

Al fine di assicurare la permanenza dell’equilibrio economico in fase prima applicazione del nuovo regime l’Agenzia delle entrate, in qualità di titolare della funzione nazionale della riscossione provvede ad erogare ad Equitalia S.p.A. una quota di salvaguardia per il triennio 2016-2018. Tale quota, definita nel suo importo massimo pari a quaranta milioni di euro per l’anno 2016, a quarantacinque milioni di euro per l’anno 2017 e a 40 milioni di euro per l’anno 2018, costituisce un meccanismo di integrazione delle ordinarie forme di remunerazione e viene corrisposta previa individuazione delle effettive necessità conseguenti all’accertamento di una contrazione dei ricavi, connessa alla riduzione dell’aggio (ora qualificato “oneri di riscossione”) alla luce delle evidenze del bilancio annuale certificato.

 

Con l’articolo 10 si apportano modifiche alla vigente disciplina della dilazione delle somme iscritte a ruolo, oggetto di numerosi interventi nel corso del tempo (da ultimo con il decreto-legge n. 69 del 2013).

In sintesi:

§  per ottenere la dilazione è sufficiente che il contribuente dichiari di versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà; in tal caso l’agente della riscossione deve concedere (in luogo di averne la facoltà) la rateizzazione; ove le somme siano di importo superiore a cinquantamila euro, la dilazione può essere concessa se il contribuente documenta la temporanea situazione dì obiettiva difficoltà;

§  si chiarisce che è possibile iscrivere fermo amministrativo di beni mobili registrati, al pari dì quanto già previsto per l’ipoteca, nel caso di mancato accoglimento della richiesta di rateizzazione;

§  viene chiarito il regime delle azioni esecutive e di recupero coattivo conseguenti alla richiesta di rateazione;

§  è abbassato da otto a cinque il numero di rate non pagate che condizionano la decadenza dal beneficio, ma si consente di accedere a un nuovo piano di rateazione anche ove si sia già decaduti dal precedente, a specifiche condizioni;

§  si chiarisce che in caso di sospensione della riscossione il debitore è autorizzato a non versare, limitatamente alle somme sospese, le successive rate del piano concesso e allo scadere della sospensione può richiedere il pagamento dilazionato del debito residuo;

 

L’articolo 11 modifica la disciplina dell’annullamento o di revoca in autotutela degli atti dell’amministrazione finanziaria, consentendo al contribuente cui sia stato comunicato un provvedimento di autotutela parziale di avvalersi dei benefici previsti dalle singole leggi di imposta.

 

L’articolo 12 procede a razionalizzare e uniformare la disciplina delle sospensioni disposte in occasione di eventi eccezionali.

Si prevede che, in caso di sospensione dei termini relativi ai versamenti siano parallelamente sospesi, per il medesimo periodo, tutti i termini relativi agli adempimenti anche processuali, in favore dei contribuenti, nonché i termini relativi alle attività di liquidazione, controllo, accertamento, riscossione e contenzioso, in favore dei diversi enti coinvolti; viene previsto termine univoco (30 giorni dal termine del periodo di sospensione) entro cui devono essere effettuati i versamenti interessati dalla sospensione. Viene stabilito che nelle medesime ipotesi i termini di prescrizione e decadenza relativi all'attività degli uffici finanziari, che scadono entro il 31 dicembre dell'anno o degli anni durante i quali si verifica la sospensione, sono prorogati fino al 31 dicembre del secondo anno successivo alla fine del periodo di sospensione.

 

L’articolo 13 introduce una complessiva revisione della misura dei tassi degli interessi per il versamento, la riscossione e i rimborsi di ogni tributo.

Il tasso di interesse viene determinato preferibilmente in una misura unica, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, compresa nell’intervallo tra lo 0,5 per cento e il 4,5 per cento, determinata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

Fino all'emanazione del suddetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alle norme primarie e secondarie vigenti; per gli interessi di mora si applica il tasso individuato annualmente con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate. Si dispone infine che la misura del tasso di interesse può essere rideterminata annualmente con decreto Ministro dell'economia e delle finanze.

Resta fermo che gli interessi di mora non si producono con riferimento alle sanzioni pecuniarie tributarie e agli interessi.

 

L’articolo 14 potenzia la diffusione dell’utilizzo della posta elettronica certificata nell’ambito delle procedure di notifica, disponendo che tale modalità sia obbligatoria per alcuni soggetti. Le norme introdotte trovano applicazione per le notifiche effettuate dal 1° giugno 2016.

 

L’articolo 15 reca la disciplina transitoria, in particolare disponendo una specifica decorrenza per alcune delle norme recate dalla proposta normativa in esame. Viene introdotta la possibilità per il contribuente di chiedere un ulteriore piano di rateazione nel caso di decadenza del primo piano di rateazione concesso, anche con riferimento ai piani di rateazione decaduti nei 24 mesi antecedenti all’entrata in vigore del decreto.


 

Articolo 1
(Modifiche alla sospensione legale della riscossione)

 

L’articolo 1 novella in più parti la vigente disciplina dell’istituto della sospensione legale della riscossione, previsto dall’articolo 1, commi 537 e seguenti della legge 24 dicembre 212, n. 228.

Le norme in esame attua il principio di delega previsto dall'articolo 3, comma 1, lettera a) della legge 11 marzo 2014, n. 23, che prevede una complessiva razionalizzazione e sistematizzazione della disciplina dell'attuazione e dell'accertamento dei tributi.

Accanto alle norme della legge di stabilità 2013, dunque, viene modificato - a scopo di coordinamento - l'articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

Per la decorrenza delle norme in commento, si veda la scheda di lettura relativa l’articolo 15, comma 1 del decreto; in sintesi, esse si applicano alle dichiarazioni presentate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto in esame, ovvero dopo il 22 ottobre 2015.

 

La sospensione legale della riscossione prima delle modifiche

 

L’articolo 1, commi da 537 a 545 della legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012) ha introdotto norme volte, nel complesso, a semplificare i flussi informativi tra fisco e contribuente, ove la pretesa tributaria sottesa alle procedure di riscossione non possa essere soddisfatta (in via temporanea o definitiva) per ragioni formali o sostanziali.

In particolare (comma 537), gli enti e le società incaricate della riscossione dei tributi dal 1° gennaio 2013 hanno l’obbligo di sospendere immediatamente ogni ulteriore iniziativa finalizzata alla riscossione delle somme iscritte a ruolo o affidate, ove intervenga una dichiarazione del debitore, limitatamente alle partite relative agli atti espressamente indicati da quest’ultimo, alle condizioni enumerate dal successivo comma 538.

Per sospendere le procedure di esecuzione entro un certo termine (modificato dalle norme in esame) dalla notifica del primo atto di riscossione utile o di un atto della procedura cautelare o esecutiva eventualmente intrapresa, il contribuente presenta all’agente della riscossione una dichiarazione - anche con modalità telematiche - con la quale venga documentato che gli atti emessi dall'ente creditore prima della formazione del ruolo, ovvero la successiva cartella di pagamento o l'avviso per i quali si procede, sono stati interessati:

§  da prescrizione o decadenza del diritto di credito sotteso, intervenuta in data antecedente a quella in cui il ruolo è reso esecutivo;

§  da un provvedimento di sgravio emesso dall'ente creditore;

§  da una sospensione amministrativa comunque concessa dall'ente creditore;

§  da una sospensione giudiziale, oppure da una sentenza che abbia annullato in tutto o in parte la pretesa dell'ente creditore, emesse in un giudizio al quale il concessionario per la riscossione non ha preso parte;

§  da un pagamento effettuato, riconducibile al ruolo in oggetto, in data antecedente alla formazione del ruolo stesso, in favore dell'ente creditore.

Era possibile avanzare l’istanza, per le norme precedentemente in vigore, anche in presenza di “qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito sotteso”.

Equitalia, con proprio provvedimento amministrativo, aveva previsto l'obbligo di attivarsi nei confronti dell'ente impositore per l'annullamento del titolo esecutivo nel caso in cui il contribuente ne eccepisse l'inesigibilità totale o parziale, disponendone in tale ipotesi la temporanea non procedibilità, fino al momento in cui lo stesso ente impositore notifichi l'esito degli ulteriori accertamenti svolti. La richiesta di pagamento contenuta nella cartella o nell'avviso (es. accertamento esecutivo, avviso di addebito) poteva essere sospesa in via amministrativa, giudiziale e, alle particolari condizioni elencate nella direttiva di Equitalia del 6 maggio 2010, n. 10, anche dagli Agenti della riscossione.

A seguito di quanto previsto dalla predetta direttiva n. 10/2006 è stato reso possibile chiedere direttamente a Equitalia la sospensione delle procedure di riscossione, ove il contribuente abbia già pagato prima della formazione del ruolo/avviso, la commissione tributaria abbia accolto il ricorso ovvero si sia ottenuto lo sgravio o la sospensione amministrativa o giudiziale, indipendentemente se l’Agente della riscossione ha ricevuto la comunicazione dall’ente o la notifica giudiziaria.

La sospensione amministrativa è disposta dall’ente creditore d'ufficio o su richiesta del contribuente, in attesa della pronuncia dell'ente sulla domanda di sgravio o che l'autorità giudiziaria emetta la sentenza sul ricorso. L'ente è tenuto a dare comunicazione del provvedimento all'Agente della riscossione.

Ai sensi del comma 539, entro dieci giorni dalla data di presentazione della dichiarazione del debitore, l’agente della riscossione trasmette all'ente creditore la dichiarazione stessa e la relativa documentazione allegata, al fine di avere conferma dell'esistenza delle ragioni del debitore ed ottenere, in caso affermativo, la sollecita trasmissione della sospensione o dello sgravio direttamente sui propri sistemi informativi.

Decorsi ulteriori sessanta giorni l'ente creditore è comunque tenuto a fornire una risposta.

Nella formulazione precedente essa era inviata al debitore a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno o a mezzo posta elettronica certificata ai debitori obbligati all'attivazione e poteva confermare al debitore la correttezza della documentazione prodotta e contestualmente trasmettere in via telematica all’agente della riscossione il provvedimento di sospensione o sgravio, ovvero avvertire il debitore dell'inidoneità di tale documentazione a mantenere la riscossione sospesa, dandone anche in questo caso immediata notizia al soggetto incaricato della riscossione, per la ripresa dell'attività di recupero del credito iscritto a ruolo.

Il comma 540 prevede che, ove l’ente creditore non invii la predetta comunicazione - che conferma la pretesa debitoria o dichiara inidonea la documentazione prodotta – e ove manchino i conseguenti flussi informativi nei confronti dell’incaricato della riscossione, decorsi 220 giorni dalla data di presentazione della dichiarazione del debitore allo stesso concessionario della riscossione, le partite oggetto della dichiarazione sono annullate di diritto; l’agente della riscossione è considerato automaticamente discaricato dei relativi ruoli. Contestualmente sono eliminati dalle scritture patrimoniali dell'ente ereditare i corrispondenti importi.

Ai sensi del successivo comma 541, ferma restando la responsabilità penale, ove il contribuente produca documentazione falsa si applica la sanzione amministrativa dal 100 al 200 per cento dell'ammontare delle somme dovute, con un importo minimo di 258 euro.

Ai sensi del comma 542, gli agenti della riscossione sono tenuti a fornire agli enti creditori il massimo supporto per l'automazione della fasi di trasmissione di provvedimenti di annullamento o sospensione dei carichi iscritti a ruolo.

Il comma 543 dispone l’applicazione retroattiva delle disposizioni in materia di sospensione e annullamento così introdotte: esse infatti operano anche per le dichiarazioni presentate al concessionario della riscossione prima della data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

In tal caso, l'ente creditore invia la comunicazione e provvede agli adempimenti prescritti entro 90 giorni dalla data di pubblicazione della legge in esame; in mancanza, trascorso inutilmente il termine di 220 giorni dalla stessa data, le partite oggetto di dichiarazione sono annullate di diritto ed il concessionario della riscossione è considerato automaticamente discaricato dei relativi ruoli. Contestualmente sono eliminati dalle scritture patrimoniali dell'ente creditore i corrispondenti importi.

Il comma 544 prevede che, per tutti i casi di riscossione coattiva di debiti fino a mille euro, intrapresa successivamente al 1° gennaio e salvo il caso in cui l'ente creditore abbia notificato al debitore la comunicazione di inidoneità della documentazione da lui inviata, non si possa procedere alle azioni cautelari ed esecutive prima del decorso di centoventi giorni dall'invio, mediante posta ordinaria, di una comunicazione contenente il dettaglio delle iscrizioni a ruolo. Tuttavia tale disposizione non si applica alle entrate che costituiscono risorse proprie iscritte nel bilancio dell'Unione europea, né all'imposta sul valore aggiunto riscossa all'importazione (articolo 10, comma 1 della legge n. 161 del 2014).

 

La direttiva di gruppo n. 2 dell’11 gennaio 2013, prot. n. 2013/500 di Equitalia Spa ha chiarito alcuni punti relativi all’attuazione della predetta disciplina, anzitutto mediante la predisposizione di apposito modello per la presentazione dell’istanza del debitore, con possibilità - nel caso di istanze incomplete – di contattare il debitore.

Le dichiarazioni tardive, ossia presentate oltre il termine di novanta giorni dalla notifica dell’atto che le origina, sono considerate prive di effetti, in quanto inammissibili.

L’esame della fondatezza di quanto dichiarato e documentato dal debitore iscritto a ruolo è riservata in via esclusiva all’ente creditore.

La sospensione può essere richiesta anche per via telematica, attraverso il sito istituzionale di Equitalia Spa.

Le modifiche apportate dalla normativa in esame

La lettera a) del comma 1 anzitutto (numero 1) modifica il comma 538, riducendo da 90 a 60 giorni il termine entro il quale il debitore può presentare la domanda di sospensione della riscossione, a pena di decadenza.

Con il numero 2 della lettera a) si sopprime la lettera f) del comma 538, che consente di esperire la procedura di sospensione legale in presenza di “qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito sotteso”. Si intende dunque evitare che possano essere presentate istanze con finalità meramente dilatorie e che dunque si faccia un uso strumentale dell’istituto.

La lettera b) del comma 1, al n. 1) modifica il comma 539, sopprimendo il termine di sessanta giorni decorsi i quali l’ente creditore si pronuncia in ordine all’istanza ed affidando all’ente creditore il compito di comunicare al debitore non più la correttezza della documentazione, quanto invece l'esito dell'esame della dichiarazione. Si aggiunge, tra le modalità per effettuare detta comunicazione, anche il canale telematico (accanto alla posta elettronica certificata ed alla raccomandata A/R). In tal modo si dà comunicazione al concessionario del provvedimento di sospensione o sgravio ovvero conferma della legittimità del debito iscritto a ruolo.

La lettera b) del comma 1, al n. 2) aggiunge un periodo al comma 539 volto a chiarire che, fino a quando l'ente creditore non comunica al debitore l'esito dell’esame della dichiarazione, resta sospeso il termine di duecento giorni decorso il quale il pignoramento perde efficacia, come previsto dall'articolo 53, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

 

Con la lettera c) del comma 1 si introduce il comma 539-bis, ai sensi del quale viene chiarito che non è ammessa la reiterazione della dichiarazione atta a sospendere la riscossione; essa, comunque, non sospende le iniziative finalizzate alla riscossione.

 

Con la lettera d) del comma 1 si inserisce un periodo alla fine del comma 540, al fine di chiarire che l'annullamento del ruolo non opera in presenza di motivi diversi da quelli eccepiti dal contribuente e tipizzati al comma 538, ovvero nei casi di:

a)  sospensione giudiziale;

b)  sospensione amministrativa;

c)  sentenza non definitiva che ha annullato il credito.

 

Il comma 2 dell’articolo 1 apporta modifiche di coordinamento all'articolo 49 del D.P.R. n. 602 del 1973, abrogandone i commi da 1-bis a 1-quater.

 

L’articolo 49 al comma 1 sancisce il principio generale per cui l’agente della riscossione procede, per la riscossione delle somme non pagate, ad espropriazione forzata in base al ruolo. Le norme abrogate facevano salvo il diritto del debitore di dimostrare, con apposita documentazione (ai sensi del comma 1-bis del medesimo articolo 49), l'avvenuto pagamento delle somme dovute ovvero lo sgravio totale riconosciuto dall'ente creditore; l’agente della riscossione poteva altresì promuovere azioni cautelari e conservative, nonché ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore.

In sintesi, i pagamenti delle somme dovute all'ente creditore ovvero il riconoscimento dello sgravio da parte dell'ente creditore, effettuati in una data successiva a quella di iscrizione a ruolo, dovevano essere tempestivamente comunicati dall'ente creditore al concessionario della riscossione, che doveva rilasciare al debitore, in triplice copia, una dichiarazione attestante l'avvenuto pagamento ovvero lo sgravio totale riconosciuto; la dichiarazione è opponibile al concessionario. Il comma 1-ter demandava a norme secondarie le modalità di attuazione delle disposizioni di cui al comma 1-bis e l’approvazione del modello di dichiarazione attestante l'avvenuto pagamento o lo sgravio totale. Il comma 1-quater prevedeva che, nei casi di opposizione all'attività di riscossione di cui al comma 1-bis, l’agente avesse diritto al rimborso delle spese sostenute per l'attività di riscossione qualora l'ente creditore non abbia inviato la comunicazione dell'avvenuto pagamento o dello sgravio totale riconosciuto al debitore.

 

La lettera a) del comma 2 espunge dall’articolo 49, comma 1, il riferimento al diritto del debitore di fornire prove documentali dell’avvenuto pagamento o dello sgravio (per coordinamento con l’istituto della sospensione legale della riscossione di cui supra). Analogamente (comma 2, lettera b)) è abrogato il comma 1-bis, secondo periodo (relativo al rilascio da parte dell'ente creditore, in triplice copia, della dichiarazione attestante l'avvenuto pagamento ovvero lo sgravio), nonché i menzionati commi 1-ter e 1-quater.


 

Articolo 2
(Rateazione delle somme dovute a seguito dell'attività
di controllo e accertamento dell'Agenzia delle entrate)

 

L’articolo 2 del provvedimento ha reso omogenea la disciplina della rateazione delle somme dovute a seguito delle comunicazioni degli esiti e di alcuni istituti definitori dell'accertamento, nonché a semplificare gli adempimenti del contribuente, in coerenza con i principi di delega dì cui all'articolo 6, comma 5, della legge n. 23 del 2014.

 

Ai sensi del richiamato comma 5, il legislatore delegato ha disposto l’ampliamento dell’ambito applicativo dell’istituto della rateizzazione dei debiti tributari, in coerenza con la finalità della lotta all’evasione fiscale e contributiva e con quella di garantire la certezza, l’efficienza e l’efficacia dell’attività di riscossione. Il Governo nell’attuare tale delega deve:

§  semplificare gli adempimenti amministrativi e patrimoniali a carico dei contribuenti che intendono avvalersi del predetto istituto;

§  consentire la possibilità per il contribuente, anche ove la riscossione del debito sia concentrata nell’atto di accertamento (cd. “accertamento esecutivo”) di attivare meccanismi automatici previsti dalla legge per la concessione della dilazione del pagamento prima dell’affidamento in carico all’agente della riscossione, ove dimostri di versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà, eliminando le differenze tra la rateazione conseguente all'utilizzo di istituti deflattivi del contenzioso, ivi inclusa la conciliazione giudiziale, e la rateazione delle somme richieste in conseguenza di comunicazioni di irregolarità inviate ai contribuenti a seguito della liquidazione delle dichiarazioni o dei controlli formali;

§  procedere ad una complessiva armonizzazione ed omogeneizzazione delle norme in materia di rateazione dei debiti tributari, anche riducendo il divario, comunque a favore del contribuente, tra il numero delle rate concesse a seguito di riscossione sui carichi di ruolo e numero delle rate previste nel caso di altre forme di rateazione;

§  procedere ad una revisione della disciplina sanzionatoria, a tal fine prevedendo che ritardi di breve durata nel pagamento di una rata, ovvero errori di limitata entità nel versamento delle rate, non comportino l’automatica decadenza dal beneficio della rateazione.

 

In estrema sintesi, le norme in esame:

§  per quanto riguarda le rateazioni di somme dovute a seguito di controlli automatici e controlli formali sulle dichiarazioni, elevano da sei a otto il numero delle rate per gli importi inferiori o pari a cinquemila euro;

§  per quanto riguarda la rateazione delle somme dovute per effetto dell’accertamento con adesione, abbassano la soglia per accedere ad un numero di rate superiore ad otto (al massimo sedici) da 51.646 a cinquantamila euro. Si specifica che le rate successive alla prima devono essere versate entro l'ultimo giorno di ciascun trimestre;

§  modificano l’impianto normativo relativo al caso di acquiescenza del contribuente, tra l’altro prevedendo l’estensione delle agevolazioni legate all’acquiescenza, specie con riferimento alla riduzione delle sanzioni;

§  disciplinano con modalità univoche il pagamento delle somme rateizzate successivamente all’accertamento con adesione e delle sanzioni ridotte a seguito di acquiescenza.

Rateazione di somme dovute ad esito di controlli automatici e formali

Il comma 1 dell’articolo 2 in esame ha sostituito il previgente articolo 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, che si occupa di rateazioni di somme dovute a seguito di controlli automatici e controlli formali sulle dichiarazioni.

 

Ai sensi delle norme precedenti, le somme dovute a seguito dei controlli automatici (da versare mediante delega) e quelle dovute a seguito di controlli formali delle dichiarazioni potavano essere versate in un numero massimo di sei rate trimestrali di pari importo, ovvero, se superiori a cinquemila euro, in un numero massimo di venti rate trimestrali di pari importo.

L'importo della prima rata era versato entro il termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione dell’esito dei controlli; si prescriveva che tali somme fossero gravate da interessi al tasso del 3,5 per cento annuo, calcolati dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di elaborazione della comunicazione. Le rate trimestrali nelle quali il pagamento era dilazionato scadevano l'ultimo giorno di ciascun trimestre.

Il mancato pagamento tempestivo della prima rata, ovvero anche di una sola delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, avrebbe comportato la decadenza dalla rateazione con iscrizione a ruolo dell'importo dovuto per imposte, interessi e sanzioni in misura piena, dedotto quanto versato.

In caso di tardivo pagamento di una rata diversa dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, si sarebbe iscritta a ruolo a titolo definitivo una sanzione pari al trenta per cento di ogni importo non versato (di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471) da commisurare alla rata versata in ritardo, nonché gli interessi legali. L'iscrizione a ruolo non sarebbe stata eseguita se il contribuente si fosse avvalso del ravvedimento operoso (di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, come da ultimo modificato dalla legge di stabilità 2015) entro il termine di pagamento della rata successiva.

La notificazione delle cartelle di pagamento conseguenti alle iscrizioni a ruolo così previste era eseguita entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di scadenza della rata non pagata o pagata in ritardo.

Le norme suesposte si applicavano anche alle somme da versare a seguito di ricevimento della comunicazione dell’esito dei controlli automatici (prevista dall'articolo 1, comma 412, della legge 30 dicembre 2004, n. 311), relativamente ai redditi soggetti a tassazione separata.

Era possibile stabilire un piano di rateazione a importi decrescenti, fermo restando il numero massimo stabilito.

 

Per effetto delle modifiche apportate all’articolo 3-bis, in primo luogo (novellando il comma 1 dell’articolo) il numero delle rate per gli importi inferiori o pari a cinquemila euro viene elevato da sei a otto, fermo restando il numero massimo di venti rate, ove si superi detta soglia.

 

Viene espunto dalla disposizione (comma 2, ex comma 3) il riferimento al tasso di interesse al 3,5 per cento annuo.

Si rammenta che, l’articolo 5, comma 2 del D.M. 21 maggio 2009, che reca la razionalizzazione degli interessi per la riscossione ed il rimborso dei tributi (secondo quanto disposto dall'articolo 1, comma 150, della legge finanziaria 2008, l. n. 244 del 2007), chiarisce che si applica il tasso del 3,5 per cento annuo per i pagamenti rateali previsti dall’articolo 3-bis, comma 3.

Tale scelta è coerente con quanto previsto dal decreto in commento che, all’articolo 13, reca una complessiva unificazione della misura degli interessi dovuti per ogni tipo di tributo.

 

Il nuovo comma 3 rinvia, per l’inadempimento nei pagamenti rateali, alle disposizioni di cui all'articolo 15-ter del medesimo D.P.R. n. n. 602 del 1973, introdotto dall’articolo 3 del provvedimento in esame (per cui si veda infra); in particolare, il comma 1 di tale articolo ripropone la decadenza dal beneficio in caso di mancato pagamento della prima rata entro 30 giorni dalla comunicazione, ovvero di una delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della successiva. Si stabilisce che in tali ipotesi, oltre alla decadenza dalla rateazione, le residue somme dovute a titolo di imposta, gli interessi e le sanzioni in misura piena sono iscritti a ruolo.

L’ipotesi di pagamento tardivo non è riproposta nell’articolo 3-bis in quanto confluisce nell’introdotto articolo 15-ter, al comma 5, che ha uniformato le conseguenze discendenti dai diversi tipi di rateazione: si dispone in tal caso l’iscrizione a ruolo dell’eventuale frazione non pagata, del 30 per cento della somma dovuta (commisurata all’importo pagato in ritardo) e dei relativi interessi. Il successivo comma 6 chiarisce che l’iscrizione a ruolo per adempimento tardivo non avviene se il contribuente si avvale del ravvedimento operoso entro il termine di pagamento della rata successiva ovvero, nel caso di ultima rata o di pagamento in un’unica soluzione, entro 90 giorni dalla scadenza del termine.

 

Il novellato comma 4 ripropone l’estensione delle suddette norme alle somme da versare a seguito di controlli automatici, per redditi soggetti a tassazione separata.

 

Non viene riproposto il precedente comma 5 dell’articolo 3-bis, che fissava un termine per la notificazione delle cartelle di pagamento conseguenti alle iscrizioni a ruolo per pagamenti omessi o tardivi, ossia entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di scadenza della rata non pagata o pagata in ritardo.

Non è stata riproposta, altresì, la possibilità di un piano di rateazione a importi decrescenti (articolo 3-bis, comma 6-bis del D.Lgs. n. 462 del 1997).

 

Per la decorrenza delle modifiche in esame si veda l’articolo 15, comma 2 del provvedimento, che fissa una decorrenza diversa secondo il tipo di somme dovute.

Rateazione nel caso di accertamento con adesione

Il comma 2 dell’articolo 2 in commento sostituisce l’articolo 8 del D.Lgs. n. 218 del 1997, che si occupa della rateazione delle somme dovute per effetto dell’accertamento con adesione.

 

In merito si rammenta che la legge di stabilità 2015 (articolo 1, commi da 637 a 640 della legge n. 190 del 2014) ha modificato sostanzialmente le modalità, i termini e le agevolazioni connesse all’istituto del ravvedimento operoso; in sostanza, si accede all’istituto del ravvedimento anche oltre i termini previsti dalle norme previgenti, nonché – per i tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate - a prescindere dalla circostanza che la violazione sia già stata constatata ovvero che siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento, delle quali i soggetti interessati abbiano avuto formale conoscenza, salvo la formale notifica di un atto di liquidazione o accertamento e il ricevimento delle comunicazioni di irregolarità in materia di imposte sui redditi e di IVA. Si può dunque usufruire senza limiti di tempo dell’istituto del ravvedimento operoso, con una riduzione automatica delle sanzioni che tanto sarà più vantaggiosa, quanto più vicino il “ravvedimento” sarà al momento in cui sorge l’adempimento tributario. Il pagamento e la regolarizzazione non precludono l'inizio o la prosecuzione di accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di controllo e accertamento.

Inoltre, con finalità di rendere coerente il nuovo “ravvedimento” con l’attuale impianto normativo sono eliminati gli istituti della definizione dell’accertamento mediante adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio e dell’adesione ai processi verbali di constatazione, con efficacia differita agli atti notificati o consegnati dal 31 dicembre 2015. Sono coerentemente modificati i relativi impianti sanzionatori: tuttavia, l’abrogazione delle disposizioni in materia di sanzioni in sede di acquiescenza si applicherà agli atti definibili notificati dagli uffici dell’Agenzia delle entrate a decorrere dal 1° gennaio 2016.

Si rammenta tuttavia che l'articolo 2, comma 2, lettera a) del decreto-legge n. 153 del 2015 stabilisce la temporanea reviviscenza dell'accertamento con adesione all'invito al contraddittorio, ai soli fini della collaborazione volontaria, fino al 31 dicembre 2016.

 

Ai sensi del previgente articolo 8 del D.Lgs. n. 218 del 1997, il versamento delle somme dovute per effetto dell'accertamento con adesione era eseguito entro venti giorni dalla redazione del relativo atto, mediante delega ad una banca autorizzata o tramite l’agente della riscossione competente in base all'ultimo domicilio fiscale del contribuente.

Le somme dovute potevano essere versate anche ratealmente in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo o in un massimo di dodici rate trimestrali, se le somme dovute superano i 51.646 euro. L'importo della prima rata era versato entro il termine di venti giorni dalla redazione dell’atto di accertamento. Sull'importo delle rate successive erano dovuti gli interessi al saggio legale, calcolati dalla data di perfezionamento dell'atto di adesione.

Entro dieci giorni dal versamento dell'intero importo o di quello della prima rata il contribuente faceva pervenire all'ufficio la quietanza dell'avvenuto pagamento. L'ufficio rilasciava al contribuente copia dell'atto di accertamento con adesione.

In caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, il competente ufficio dell'Agenzia delle entrate provvedeva all'iscrizione a ruolo delle residue somme dovute e della sanzione del trenta per cento del quantum non versato (di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471), applicata in misura doppia, sul residuo importo dovuto a titolo di tributo.

 

Il novellato articolo 8 mantiene fermo il termine per il versamento del quantum dovuto per effetto dell'accertamento con adesione (venti giorni dalla redazione dell'atto), espungendo il riferimento alla delega bancaria o al versamento all’agente della riscossione.

Viene mantenuto il numero delle rate che possono essere versate dal contribuente: otto rate trimestrali di pari importo, o al massimo sedici rate trimestrali. La soglia per accedere ad un numero superiore di rate (al massimo sedici) viene abbassata da 51.646 a cinquantamila euro. Resta fermo il termine per versare la prima rata (venti giorni dall’atto di accertamento) e viene specificato che le rate successive alla prima devono essere versate entro l'ultimo giorno di ciascun trimestre. Resta fermo che il calcolo degli interessi sull'importo delle rate successive alla prima avviene dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata.

 

Fermo restando il termine per l’invio della quietanza agli uffici, viene espunta dall’articolo 8 la disciplina delle conseguenze del mancato pagamento delle rate, in quanto – analogamente a quanto avviene per l’articolo 3 – confluisce nella disciplina generale di cui al nuovo articolo 15-ter del D.P.R. n. 602 del 1973, introdotto dalle norme in esame (articolo 3), richiamato dal novellato comma 4 dell’articolo 8.

Il comma 2 del nuovo articolo 15-ter ripropone la decadenza dal beneficio in caso di mancato pagamento di una rata diversa dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva; in tal caso sono inoltre iscritti a ruolo i residui importo dovuti a titolo di imposte, interessi e sanzioni, nonché della sanzione del trenta per cento del quantum non versato (di cui all' articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471), aumentata della metà (in luogo del raddoppio attualmente previsto dall’articolo 8 del D.Lgs. n. 218 del 1997) e applicata sul residuo importo dovuto a titolo di tributo.

L’ipotesi di pagamento tardivo è prevista invece nell’introdotto articolo 15-ter al comma 5: si dispone in tal caso l’iscrizione a ruolo dell’eventuale frazione non pagata, del 30 per cento della somma dovuta (commisurata all’importo pagato in ritardo) e dei relativi interessi. Il successivo comma 6 chiarisce che l’iscrizione a ruolo per adempimento tardivo non avviene se il contribuente si avvale del ravvedimento operoso entro il termine di pagamento della rata successiva ovvero, nel caso di ultima rata o di pagamento in un’unica soluzione, entro 90 giorni dalla scadenza del termine.

 

Per quanto attiene alle modalità di versamento delle somme dovute, le norme rinviano all'articolo 15-bis del D.Lgs. n. 218 del 1997, aggiunto dal successivo comma 3 dell’articolo 2 in esame, ai sensi del quale il pagamento si esegue mediante versamento unitario di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 (in sostanza, con F24) e con le modalità di cui all’articolo 19 del medesimo provvedimento, fatte salve le ipotesi in cui siano previste altre modalità di pagamento in ragione della tipologia di tributo. L’articolo 15-bis, comma 2 consente, con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, di stabilire ulteriori modalità di versamento.

Si ricorda che l'articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997 disciplina i versamenti unitari effettuati dai contribuenti, con eventuale compensazione dei crediti risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche dei redditi. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva. Il successivo articolo 19 del provvedimento menzionato disciplina il pagamento mediante delega a banca o intermediario (modello F24).

Nell’ipotesi di inadempimento nei pagamenti rateizzati si applicano le disposizioni di cui all'articolo 15-ter del D.P.R. n. 602 del 1973, introdotto dal provvedimento in esame (per cui cfr. supra e infra).

 

Per la decorrenza delle norme in esame si veda la scheda di lettura relativa all’articolo 15, comma 3.

Sanzioni applicabili nel caso di omessa impugnazione dell’accertamento con adesione

Il comma 3 dell’articolo 2 apporta modifiche all’impianto sanzionatorio previsto nel caso di rinuncia del contribuente ad impugnare l'avviso di accertamento o di liquidazione e a formulare istanza di accertamento con adesione (cd. acquiescenza).

 

In particolare, le norme previgenti (articolo 15, comma 1 del D.Lgs. n. 218 del 1997) prevedevano – tra le altre ipotesi – che la sanzione prevista per l’insufficiente dichiarazione di valore ai fini dell’imposta di registro fosse ridotta a un terzo, se il contribuente avesse rinunciato ad impugnare l'avviso di accertamento o di liquidazione e a formulare istanza di accertamento con adesione, provvedendo a pagare, entro il termine per la proposizione del ricorso, le somme complessivamente dovute, tenuto conto della predetta riduzione.

Ai sensi dell’articolo 71 del D.P.R. n. 131 del 1986, ove il valore definitivamente accertato ai fini dell’applicazione dell’imposta, ridotto di un quarto, supera quello dichiarato, si applica la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento della maggiore imposta dovuta. Per alcuni beni e diritti (in particolare concernenti beni immobili), la sanzione si applica anche se la differenza non è superiore al quarto del valore accertato.

Per effetto delle disposizioni in esame (lettera a), n. 1) del comma 3) la suesposta riduzione a un terzo per rinuncia all’impugnazione si estende anche alle sanzioni previste per la fattispecie di occultazione di corrispettivo, prevista all’articolo 72 del richiamato D.P.R. n. 131 del 1986; tale norma prevede che, se viene occultato anche in parte il corrispettivo convenuto, si applica la sanzione amministrativa dal duecento al quattrocento per cento della differenza tra l'imposta dovuta e quella già applicata in base al corrispettivo dichiarato, detratto tuttavia l'importo della sanzione eventualmente irrogata per insufficiente dichiarazione di valore.

 

Le disposizioni previgenti (sempre secondo il comma 1 dell’articolo 15) prevedevano un’analoga riduzione a un terzo in materia di imposta di successione e donazione, se l’accertamento che si rinunciava a impugnare riguardava la fattispecie di omissione di dichiarazione (articolo 50 del D.P.R. n. 131 del 1986), nella quale ipotesi è dovuta una sanzione dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell'imposta liquidata o riliquidata d'ufficio; ove non è dovuta imposta, si applica la sanzione amministrativa da 258 a 1033 euro.

 

Per effetto delle modifiche in commento (lettera a), n. 2) del comma 3) la riduzione della sanzione a un terzo viene estesa anche alla fattispecie del successivo articolo 51, ovvero al caso di infedeltà della dichiarazione, fattispecie che si verifica se si omette l'indicazione di dati o elementi rilevanti per la liquidazione o riliquidazione dell'imposta o li si indica in maniera infedele, ovvero si espongono passività in tutto o in parte inesistenti. In tale ipotesi la sanzione amministrativa va dal cento al duecento per cento della differenza di imposta. La stessa sanzione si applica, con riferimento all'imposta corrispondente, a chi rilascia o sottoscrive attestazioni o altri documenti rilevanti per la determinazione delle passività deducibili contenenti dati o elementi non rispondenti al vero.

Il richiamato articolo 51 reca specifiche disposizioni in cui la sanzione non si applica, nonché (comma 3) una riduzione delle sanzioni (in misura che va da 258 a 1033 euro) ove l'omissione o l'infedeltà attengano a dati o elementi non incidenti sulla determinazione del tributo, ovvero se non sono allegati alla dichiarazioni i documenti prescritti o dei prospetti rilevanti ai fini della liquidazione di altre imposte, ovvero ancora nel caso di inesattezza o di irregolarità dei prospetti medesimi. La sanzione è ridotta alla metà se si provvede alla regolarizzazione nel termine di sessanta giorni dalla richiesta dell'ufficio.

 

La lettera b) del comma 3 apporta modifiche di coordinamento al comma 2 dell’articolo 15 del D.Lgs. n. 218 del 1997, al fine di renderlo coerente con l’articolo 8 del medesimo provvedimento, come novellato dal comma 2 dell’articolo in esame.

 

La lettera c) del comma 3 aggiunge all’articolo 15 il comma 2-bis.1, che estende le agevolazioni legate all’acquiescenza disposte dall’articolo 15 (le quali, come visto in precedenza, consistono nella riduzione delle sanzioni a un terzo) anche all’ipotesi in cui si rinunci a impugnare l'avviso di liquidazione emesso a seguito della decadenza dalle agevolazioni in materia di imposta di registro sulle “prime case” non di lusso (indicate nella Nota II-bis dell'articolo 1, Parte l, della Tariffa I allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131), e da quelle disposte in favore della piccola proprietà contadina (dall'articolo 2, comma 4-bìs, del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194).

 

In sintesi, la richiamata Nota stabilisce una misura agevolata dell’imposta di registro (al 2 per cento, in luogo del 9 per cento) per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione relativi alle stesse, a condizione che l'immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall'acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l'acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all'estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l'attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l'acquirente sia cittadino italiano emigrato all'estero, che l'immobile sia acquistato come prima casa sul territorio italiano . La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall'acquirente nell'atto di acquisto. Nell'atto di acquisto l'acquirente deve dichiarare di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare. Nell'atto di acquisto l'acquirente deve dichiarare di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo ovvero le altre agevolazioni di legge per la prima casa. 2. In caso di cessioni soggette ad IVA le predette dichiarazioni possono essere effettuate, oltre che nell'atto di acquisto, anche in sede di contratto preliminare. Le agevolazioni spettano anche per l'acquisto di pertinenze della prima casa.

In caso di dichiarazione mendace o di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici di cui al presente articolo prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché una sovrattassa pari al 30 per cento delle stesse imposte. Se si tratta di cessioni soggette all'imposta sul valore aggiunto, l'ufficio dell'Agenzia delle entrate presso cui sono stati registrati i relativi atti deve recuperare nei confronti degli acquirenti la differenza fra l'imposta calcolata in base all'aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall'applicazione dell'aliquota agevolata, nonché irrogare la sanzione amministrativa, pari al 30 per cento della differenza medesima. Sono dovuti gli interessi di mora di cui al comma 4 dell'articolo 55 del presente testo unico. Tali disposizioni non si applicano nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall'alienazione dell'immobile acquistato con i benefici di cui al presente articolo, proceda all'acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale.

L’articolo 2, comma 4-bis del D.L n. 194 del 2009, con l’intento di favorire la piccola proprietà contadina, assoggetta gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici vigenti, posti in essere a favore di coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, nonché le operazioni fondiarie operate attraverso l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), alle imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa (200 euro) ed all'imposta catastale nella misura dell'1 per cento. Gli onorari dei notai per gli atti suindicati sono ridotti alla metà. I predetti soggetti decadono dalle agevolazioni se, prima che siano trascorsi cinque anni dalla stipula degli atti, alienano volontariamente i terreni ovvero cessano di coltivarli o di condurli direttamente.

 

Per la decorrenza delle norme in esame si veda la scheda di lettura relativa all’articolo 15, comma 3.

Modalità di pagamento delle somme dovute a seguito di acquiescenza

Il comma 4 dell’articolo in commento ha introdotto l’articolo 15-bis nel D.Lgs. n. 218 del 1997, allo scopo di disciplinare – come rilevato in precedenza – con modalità univoche il pagamento delle somme rateizzate successivamente all’accertamento con adesione e delle sanzioni ridotte a seguito di rinuncia all’impugnazione degli accertamenti.

In particolare (comma 1 dell’articolo 15-bis) tali pagamenti sono effettuati mediante i versamenti unitari con delega di pagamento agli istituti bancari (ai sensi degli articoli 17 e 19 del D.Lgs. n. 218 del 1997, F24), fatte salve le ipotesi in cui il pagamento sia diverso in ragione del tipo di tributo.

 

Si ricorda che l'articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997 disciplina i versamenti unitari effettuati dai contribuenti, con eventuale compensazione dei crediti risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche dei redditi. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva. Il successivo articolo 19 del provvedimento menzionato disciplina il pagamento mediante delega a banca o intermediario (modello F24).

 

Si demanda (comma 2) ad un D.M. del Ministro dell’economia e delle finanze il compito di stabilire ulteriori modalità di versamento.

 

Per la decorrenza delle norme in esame si veda la scheda di lettura relativa all’articolo 15, comma 3.


 

Articolo 3
(Inadempimenti nei pagamenti delle somme dovute a seguito dell'attività di controllo dell’Agenzia delle entrate)

 

L’articolo 3 attua i principi di cui all'articolo 6, comma 5, lettera d), della legge delega; viene rivista la disciplina sanzionatoria in materia di rateizzazione dei debiti tributari, a tal fine prevedendo che ritardi di breve durata ovvero errori di limitata entità nel versamento delle rate non comportino l'automatica decadenza dal beneficio della rateizzazione.

Sono razionalizzati e differenziati gli inadempimenti relativi al pagamento rateale (in caso di controlli automatici e formali, nonché a seguito di accertamento con adesione); è introdotta l’ipotesi di “lieve inadempimento” in cui non si ha la decadenza dal beneficio della dilazione. Viene esplicitata la possibilità del contribuente di avvalersi del ravvedimento operoso evitando l’iscrizione a ruolo degli importi residui dovuti.

 

In particolare, al D.P.R. n. 602 del 1973 viene aggiunto (comma 1 dell’articolo 3) un articolo 15-ter, che disciplina in modo univoco le conseguenze dell’inadempimento nel pagare le somme dovute a seguito dell’attività di controllo dell’Agenzia delle entrate.

 

Il comma 1 dell’articolo 15-ter come già in precedenza rilevato – disciplina le conseguenze derivanti dall’inadempimento delle norme concernenti le rateazioni di somme dovute a seguito di controlli automatici e controlli formali sulle dichiarazioni, disciplinata dall’articolo 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, novellato dall’articolo 2, comma 1 del provvedimento in esame.

 

Il previgente articolo 3-bis prevedeva la decadenza in caso di mancato pagamento tempestivo della prima rata, ovvero anche di una sola delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva; l'importo dovuto per imposte, interessi e sanzioni in misura piena, dedotto quanto versato, era iscritto a ruolo. Nel caso di tardivo pagamento di una rata diversa dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva si verificava l'iscrizione a ruolo a titolo definitivo della sanzione applicabile, salvo che il contribuente si avvalesse del ravvedimento operoso entro il termine di pagamento della rata successiva.

 

La nuova disciplina prevede che il mancato pagamento della prima rata entro il termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione relativa all’esito del controllo, ovvero di una delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l'iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni in misura piena.

 

Il comma 2 dell’articolo 15-ter disciplina l’ipotesi di rateazione a seguito dell’accertamento con adesione, di cui all’articolo 8 del D.Lgs. n. 218 del 1997, come sostituito dall’articolo 2, comma 2 del provvedimento in commento.

 

Ai sensi della disciplina previgente, in caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, si provvedeva all'iscrizione a ruolo delle residue somme dovute e della sanzione, applicata in misura doppia, sul residuo importo dovuto a titolo di tributo

 

Le norme prevedono che il mancato pagamento di una delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l'iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, pari al trenta per cento degli importi non versati, aumentata della metà e applicata sul residuo importo dovuto a titolo di imposta.

Il comma 3 definisce il cd. inadempimento lieve, che non comporta la decadenza se è dovuto a:

§  insufficiente versamento di una rata per una frazione non superiore al 3 per cento e, in ogni caso, a 10.000 euro;

§  tardivo versamento della prima rata, non superiore a sette giorni.

Il comma 4 estende il lieve inadempimento anche al caso in cui si versino in un’unica soluzione le somme dovute a seguito di controlli automatici e di controlli formali (rispettivamente ai sensi dell'articolo 2, comma 2, e dell'articolo 3, comma 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462), ovvero di versamento in unica soluzione o della prima rata delle somme dovute a seguito di accertamento con adesione (ai sensi dell'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218).

Il comma 5 disciplina le conseguenze del lieve inadempimento che, ai sensi del menzionato comma 3, non comporta decadenza dal beneficio di rateazione. In tali ipotesi, nonché nel caso di tardivo pagamento di una rata diversa dalla prima (pur sempre, però, entro il termine di pagamento della successiva) la frazione non pagata è iscritta a ruolo, così come una sanzione pari al trenta per cento degli importi non versati (articolo 13 D.Lgs. n. 471/1997, già menzionato in precedenza) e dei relativi interessi.

Infine, il comma 6 stabilisce in via generale che l’iscrizione a ruolo non avviene se il contribuente si avvale del ravvedimento operoso entro il termine di pagamento della rata successiva ovvero, nel caso di versamento in unica soluzione, entro 90 giorni dalla scadenza.

Per la decorrenza delle norme in esame si veda la scheda di lettura relativa all’articolo 15, comma 4.


 

Articolo 4
(Termini per la notifica della cartella di pagamento. Casi particolari)

 

L’articolo 4 reca disposizioni concernenti la notifica delle cartelle di pagamento, in particolare raggruppando in un unico articolo di legge anche i termini speciali di notifica delle cartelle introdotti nel caso di crisi aziendale o crisi del debitore persona fisica.

 

Nella legge di delega fiscale (legge n. 23/2014) non vi è uno specifico criterio di delega che riguardi la riscossione nelle materie disciplinate dalle norme in commento. Al riguardo, anche secondo quanto illustrato dal Governo, le norme così introdotte rispondono sia ad esigenze di ordine sistematico che alla necessità di assicurare la pretesa tributaria a fronte delle procedure che si attivano nel caso di crisi aziendale o di ipotetica insolvenza del contribuente.

 

In sintesi, si disciplinano in modo univoco i termini per la notifica delle cartelle di pagamento conseguenti agli inadempimenti di pagamenti rateizzati (di cui all'articolo 15-ter dello D.P.R. n. 602 del 1973, introdotto dal provvedimento). Sono poi disciplinati gli specifici termini di notifica delle cartelle in caso di crisi aziendale e della persona fisica (concordato preventivo, accordo di ristrutturazione dei debiti, composizione di crisi da sovraindebitamento e piano del consumatore).

 

Si rammenta che ai sensi dell’articolo 25 del D.P.R. n. 602 del 1973, la cartella di pagamento va notificata al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre:

a)   del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, ovvero a quello di scadenza del versamento dell'unica o ultima rata, se il termine per il versamento delle somme risultanti dalla dichiarazione scade oltre il 31 dicembre dell'anno in cui la dichiarazione è presentata, per le somme che risultano dovute a seguito dell'attività di liquidazione delle imposte, nonché del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione del sostituto d'imposta per le somme che risultano dovute a titolo di TFR o pensione;

b)   del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultano dovute a seguito dell'attività di controllo formale;

c)   del secondo anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo, per le somme dovute in base agli accertamenti dell'ufficio.

 

In particolare, il comma 1, lettera a) introduce la lettera c-bis) all’articolo 25, comma 1 del D.P.R. n. 602 del 1973, al fine di disciplinare i termini per la notifica delle cartelle di pagamento per le somme dovute in seguito agli inadempimenti di pagamenti rateali (conseguenti ai controlli automatici, formali, all’accertamento con adesione) di cui all'articolo 15-ter del D.P.R. n. 602 del 1973 che, come si è visto in precedenza, viene introdotto dall’articolo 3.

Per dette cartelle la notifica avviene entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di scadenza dell'ultima rata del piano di rateazione.

 

La lettera b) del comma 1 inserisce due commi nl predetto articolo 25.

In primo luogo, con l'inserimento del comma 1-bis si disciplinano specifiche ipotesi di notifica delle cartelle di pagamento a seguito di crisi aziendale o personale (concordato preventivo, accordo di ristrutturazione dei debiti, composizione di crisi da sovraindebitamento, fallimento).

 

Per i crediti anteriori alla data di pubblicazione nel registro delle imprese del ricorso per l'ammissione al concordato preventivo, se tali crediti non sono ancora iscritti a ruolo, la notifica è essere effettuata entro il 31 dicembre del terzo anno successivo (comma 1-bis, lettera a)):

§  alla pubblicazione del decreto che revoca l'ammissione al concordato preventivo ovvero ne dichiara la mancata approvazione, ai sensi degli articoli 173 e 179 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;

In estrema sintesi, l’articolo 173 l. fall. prevede che sia il commissario giudiziale, ove accerti che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell'attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, a riferirne immediatamente al tribunale, che apre d'ufficio il procedimento per la revoca dell'ammissione al concordato, dandone comunicazione al pubblico ministero e ai creditori. Il tribunale provvede con decreto e, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di legge dichiara il fallimento del debitore con contestuale sentenza. Ai sensi dell’articolo 179 l. fall., ove nei termini di legge non si raggiungano le maggioranze dei creditori richieste dalla legge per l’approvazione del concordato preventivo, il giudice delegato ne riferisce immediatamente al tribunale che, sentito il debitore in camera di consiglio, con decreto non soggetto a reclamo dichiara inammissibile la proposta di concordato; ove ne ricorrano i presupposti di cui agli articoli, si dichiara il fallimento del debitore;

§  alla pubblicazione della sentenza che dichiara la risoluzione o l'annullamento del concordato preventivo, ai sensi del combinato disposto degli articoli 186, 137 e 138 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

L’articolo 186 l. fall. consente a ciascuno dei creditori di richiedere la risoluzione del concordato per inadempimento, salvo l’inadempimento di scarsa importanza. Il ricorso per la risoluzione deve proporsi entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto dal concordato. Tali norme non si applicano quando gli obblighi derivanti dal concordato sono stati assunti da un terzo con liberazione immediata del debitore.

Ai sensi dell’articolo 137 della legge fallimentare, si può richiedere la risoluzione del concordato se le garanzie promesse non vengono costituite o se il proponente non adempie regolarmente gli obblighi derivanti dal concordato; la sentenza che risolve il concordato riapre la procedura di fallimento. Il ricorso per la risoluzione deve proporsi entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto nel concordato.

Inoltre (articolo 138 l. fall.) il concordato omologato può essere annullato dal tribunale, su istanza del curatore o di qualunque creditore, in contraddittorio con il debitore, quando si scopre che è stato dolosamente esagerato il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell'attivo. Non è ammessa alcuna altra azione di nullità. La sentenza che annulla il concordato riapre la procedura di fallimento ed è provvisoriamente esecutiva.

 

Per quanto invece riguarda (comma 1-bis, lettera b)) i crediti rientranti nell'accordo di ristrutturazione dei debiti (di cui all'articolo 182-bis l. fall.), non ancora iscritti a ruolo alla data di presentazione della proposta di transazione fiscale (di cui all'articolo 182-ter, sesto comma, l. fall.), la notifica della cartella avviene entro il 31 dicembre del terzo anno successivo al termine previsto dalla transazione fiscale medesima per i pagamenti agli enti creditori (settimo comma dell’articolo 182-ter), ovvero alla pubblicazione della sentenza che dichiara l'annullamento dell'accordo.

 

L’accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis, L. fall.) è uno strumento per il risanamento dell’impresa in crisi cui si ricorre quando vuole ridurre la propria esposizione debitoria e tentare un percorso che porti verso il risanamento. Esso si fonda su un accordo con tanti creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti e sulla relazione di un professionista che attesti la veridicità e la fattibilità, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori. Il contenuto dell’accordo con i creditori aderenti, anche di crediti tributari e previdenziali, è liberamente determinabile, mentre ai creditori non aderenti all’accordo si deve assicurare l’integrale pagamento nei termini fissati dalla legge. Per facilitare l’utilizzo di questo tipo di accordo l’impresa può fare una richiesta di preaccordo (o proposta di accordo) ottenendo l’applicazione anticipata delle tutele e vedendosi assegnata un termine per depositare i documenti. Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, quindi, sono caratterizzati da due fasi: quella propriamente stragiudiziale, nella quale il debitore negozia con i creditori la propria situazione debitoria e nella quale, in sostanzia, è rimesso all’autonomia delle parti trovare, qualora sia possibile, un accordo; e quella giudiziale, in cui l’accordo necessita dell’omologazione dell’autorità giudiziaria per essere produttivo di ulteriori effetti legali: omologa che può essere concessa sulla base di una valutazione discrezionale di attendibilità del piano di riorganizzazione dell’impresa come illustrato nell’apposita relazione. L’accordo di ristrutturazione dei debiti non determina l’apertura del concorso dei creditori sul patrimonio, e non vi è alcun obbligo di rispettare la c.d. “par conditio creditorum” tra i creditori e non è nominato alcun organo che rappresenta la massa dei creditori, non ha una efficacia vincolante verso tutti i creditori, ma solo nei confronti degli aderenti. Per questo motivo gli accordi di ristrutturazione dei debiti non possono essere considerati una procedura concorsuale.

 

Con il piano per l’ammissione al concordato preventivo (ai sensi dell’articolo 182-ter l. fall. che disciplina la cd. transazione fiscale) il debitore può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e dei relativi accessori, limitatamente alla quota di debito avente natura chirografaria e anche se non iscritti a ruolo, ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell'Unione europea; con riguardo all'imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento. Se il credito tributario o contributivo è assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono essere inferiori a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli delle agenzie e degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie; se il credito tributario o contributivo ha natura chirografaria, il trattamento non può essere differenziato rispetto a quello degli altri creditori chirografari ovvero, nel caso di suddivisione in classi, dei creditori rispetto ai quali è previsto un trattamento più favorevole.

Il debitore può effettuare la proposta di transazione fiscale anche nell'ambito delle trattative che precedono la stipula dell'accordo di ristrutturazione dei debiti. La proposta di transazione fiscale è depositata presso gli uffici dell’amministrazione finanziaria che procedono alla trasmissione ed alla liquidazione ivi previste. Nei successivi trenta giorni l'assenso alla proposta di transazione è espresso relativamente ai tributi non iscritti a ruolo, ovvero non ancora consegnati al concessionario del servizio nazionale della riscossione alla data di presentazione della domanda, con atto del direttore dell'ufficio, su conforme parere della competente direzione regionale, e relativamente ai tributi iscritti a ruolo e già consegnati al concessionario del servizio nazionale della riscossione alla data di presentazione della domanda, con atto del concessionario su indicazione del direttore dell'ufficio, previo conforme parere della competente direzione generale. L'assenso così espresso equivale a sottoscrizione dell'accordo di ristrutturazione.

La transazione fiscale conclusa nell'ambito dell'accordo di ristrutturazione è revocata di diritto se il debitore non esegue integralmente, entro 90 giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti alle Agenzie fiscali ed agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie.

 

La lettera c) del comma 1-bis disciplina i termini di notifica delle cartelle di pagamento nel caso di accordi di composizione della crisi da sovraindebitamento o della proposta di piano del consumatore.

 

Si rammenta che l'istituto della composizione delle crisi da sovraindebitamento nasce per far fronte a “una situazione di perdurante squilibrio economico fra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte" che determina la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni. La crisi da sovraindebitamento può colpire tanto le famiglie quanto i lavoratori autonomi e gli imprenditori, purché questi ultimi non siano soggetti alle procedure fallimentari; da ultimo, il D.L. 179/2012 ha esteso la procedura anche ai consumatori. Si tratta, in sostanza, della mancanza, protratta nel tempo, di risorse economiche per far fronte agli impegni assunti, una situazione analoga a quella che può determinare il fallimento dell'imprenditore commerciale.

La legge n. 3 del 2012 delinea una sorta di procedura concorsuale, modellata sull’istituto del concordato fallimentare, applicabile a soggetti diversi dagli imprenditori commerciali, allo scopo di evitare inutili collassi economici con la frequente impossibilità di soddisfacimento dei creditori ma, soprattutto, con il ricorso al mercato dell’usura e, quindi, al crimine organizzato.

Più in dettaglio, la legge contempla lo strumento dell’accordo con i creditori, su proposta del debitore, sulla base di un piano di ristrutturazione dei debiti che assicuri il regolare pagamento dei creditori estranei. Rispetto a questi ultimi, il piano può anche prevedere una moratoria dei pagamenti (con esclusione dei crediti impignorabili) sempre che il piano risulti idoneo ad assicurare il pagamento alla scadenza del nuovo termine e l'esecuzione del piano venga affidata ad un liquidatore nominato dal giudice.

Viene definito il procedimento finalizzato all’omologazione da parte del giudice dell’accordo, che presuppone l’accettazione da parte dei creditori che rappresentino almeno il 60 per cento dei crediti. In caso di contestazioni da parte dei creditori, il giudice procederà all'omologazione soltanto se riterrà che il singolo credito possa essere meglio soddisfatto dal piano rispetto a quanto non sarebbe in caso di liquidazione del patrimonio del debitore.

La legge del 2012 prevede il coinvolgimento degli “organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento”. Questi ultimi, costituiti ad hoc da enti pubblici e iscritti in apposito registro, svolgono in generale attività di assistenza al debitore finalizzate al superamento della crisi di liquidità, di soluzione delle eventuali difficoltà insorte nell’esecuzione dell’accordo e di vigilanza sull’esatto adempimento dello stesso.

 

In particolare, per i crediti non ancora iscritti a ruolo, anteriori alla data di pubblicazione della proposta di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento o della proposta di piano del consumatore, la notifica avviene entro il 31 dicembre del terzo anno successivo:

1)  alla pubblicazione del decreto che dichiara la risoluzione o l'annullamento dell'accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, ai sensi dell'articolo 14 della legge 27 gennaio 2012, n. 3, ovvero la cessazione degli effetti dell'accordo, ai sensi dell'articolo 11, comma 5, o dell'articolo 12, comma 4, della medesima legge n. 3 del 2012.

Ai sensi del richiamato articolo 14, l'accordo può essere annullato dal tribunale su istanza di ogni creditore, in contraddittorio con il debitore, solo nelle seguenti ipotesi: quando è stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell'attivo ovvero dolosamente simulate attività inesistenti. Se il proponente non adempie agli obblighi derivanti dall'accordo, se le garanzie promesse non vengono costituite o se l'esecuzione dell'accordo diviene impossibile per ragioni non imputabili al debitore, ciascun creditore può chiedere al tribunale la risoluzione dello stesso. L'annullamento e la risoluzione dell'accordo non pregiudicano i diritti acquistati dai terzi in buona fede.

L’articolo 11 al comma 5 prevede che l'accordo cessi, di diritto, di produrre effetti se il debitore non esegue integralmente, entro novanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti secondo il piano alle amministrazioni pubbliche e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie. L'accordo è altresì revocato se risultano compiuti durante la procedura atti diretti a frodare le ragioni dei creditori. Il giudice provvede d'ufficio con decreto reclamabile, ai sensi dell'articolo 739 del codice di procedura civile, innanzi al tribunale e del collegio non può far parte il giudice che lo ha pronunciato.

Ai sensi dell’articolo 12, comma 4, l’obbligatorietà dell’accordo per tutti i creditori viene meno in caso di risoluzione dell'accordo o di mancato pagamento di alcuni crediti (tra cui i crediti impignorabili;

2)  alla pubblicazione del decreto che revoca o dichiara la cessazione degli effetti del piano del consumatore, ai sensi dell'articolo 11, comma 5, e dell'articolo 12-ter, comma 4, della legge n. 3 del 2012.

L’articolo 11, comma 5 dispone che l'accordo cessa, di diritto, di produrre effetti se il debitore non esegue integralmente, entro novanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti secondo il piano alle amministrazioni pubbliche e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie. L'accordo è altresì revocato se risultano compiuti durante la procedura atti diretti a frodare le ragioni dei creditori.

Un effetto tipico del piano di sovraindebitamento è che, dalla data della sua omologazione, i creditori con causa o titolo anteriore non possono iniziare o proseguire azioni esecutive individuali, né azioni cautelari, né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di piano. Tuttavia, ai sensi dell’articolo 12-ter, comma 4 sopra richiamato, tali effetti non si producono nel caso di mancato pagamento dei titolari di alcuni crediti (tra cui quelli impignorabili).

 

L’introdotto comma 1-ter dell’articolo 25 prevede che, ove successivamente alla chiusura delle procedure di concordato preventivo o di accordo di ristrutturazione dei debiti sia dichiarato il fallimento del debitore, il concessionario della riscossione possa procedere all'insinuazione al passivo fallimentare (ai sensi dell'articolo 87, comma 2 del D.P.R. n. 602 del 1973), senza necessità di notificare la cartella di pagamento.

 

Il richiamato comma 2 dell’articolo 87 prevede che, se il debitore è dichiarato fallito ovvero è sottoposto a liquidazione coatta amministrativa, il concessionario chiede, sulla base del ruolo, per conto dell'Agenzia delle entrate, l'ammissione al passivo della procedura.


 

Articolo 5
(Concentrazione della riscossione nell’accertamento)

 

L’articolo 5 modifica la disciplina del cd. accertamento esecutivo, introdotto dall’articolo 29 del D.L. n. 78 del 2010, in linea con le previsioni della legge delega (articolo 6, comma 5, lettera b) della legge n. 23 del 2014) volte a consentire al contribuente, anche ove la riscossione del debito sia concentrata nell'atto di accertamento, di attivare meccanismi automatici previsti dalla legge per la concessione della dilazione del pagamento prima dell'affidamento in carico all'agente della riscossione, al ricorrere di evidenze specifiche che dimostrino una temporanea situazione di obiettiva difficoltà.

 

L’accertamento esecutivo

L'articolo 29, comma 1 del D.L. 78/2010 ha previsto la concentrazione delle fasi di accertamento e riscossione, per alcune tipologie di atti emessi a partire dal 1° ottobre 2011 e relativi ai periodi d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2007 e successivi. Ai sensi della suddetta disposizione, l'avviso di accertamento emesso dall'Agenzia delle Entrate ai fini delle imposte sui redditi, dell'IVA e dell'IRAP, nonché il relativo provvedimento di irrogazione delle sanzioni devono contenere l'intimazione ad adempiere all'obbligo di pagamento degli importi negli stessi indicati.

In particolare, la legge fissa i termini oltre i quali l'accertamento diventa esecutivo (articolo 29, comma 1, lettera b), in precedenza sessanta giorni dalla notifica) e da cui le somme dovute saranno maggiorate dell'interessa di mora ed il rimborso delle spese relative alle procedure esecutive, nonché l'aggio per l'agente della riscossione, saranno a carico del contribuente (articolo 29, comma 1, lettera f));

Le norme chiariscono quindi i termini oltre i quali (dopo trenta giorni dall’esecutività dell’accertamento, ai sensi dell’articolo 29, comma 1, lettera b)) la riscossione delle somme richieste - in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo - è affidata in carico agli agenti della riscossione anche ai fini dell'esecuzione forzata. L'agente della riscossione informa il debitore di aver preso in carico le somme per la riscossione. Tale comunicazione non avviene in presenza di fondato pericolo per il positivo esito della riscossione, ovvero quando gli agenti della riscossione, successivamente all'affidamento in carico, vengono a conoscenza di elementi idonei a dimostrare il fondato pericolo di pregiudicare la riscossione.

Ove il contribuente faccia istanza di sospensione giudiziale dell'esecuzione dell'atto impugnato (ai sensi del citato articolo 47 del D.Lgs. 546/1992) l'esecuzione forzata è sospesa fino alla data di emanazione del provvedimento che decide sull'istanza e, in ogni caso, per un periodo non superiore a centoventi giorni dalla notifica dell'istanza stessa. La sospensione non si applica alle azioni cautelari e conservative, nonché ad ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore.

Secondo la disciplina vigente, la dilazione del pagamento può essere concessa solo dopo l'affidamento del carico all'agente della riscossione ((articolo 29, comma 1, lettera g)). In ogni caso l'esecuzione forzata è sospesa per un periodo di 180 giorni, decorrenti dall'affidamento in carico del credito all’agente della riscossione. Tale sospensione non si applica con riferimento alle azioni cautelari e conservative, nonché ad ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore. La sospensione non opera neppure se l'agente della riscossione, successivamente alla "ricezione" del credito, è a conoscenza di elementi idonei a integrare il fondato pericolo per il pregiudizio della riscossione.

Trascorso il predetto termine di sospensione, l'agente della riscossione procede quindi ad espropriazione forzata, senza la preventiva notifica della cartella di pagamento, con i poteri, le facoltà e le modalità previste dalle (già esposte) disposizioni che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo. In particolare, l'esibizione dell'estratto degli atti di "accertamento esecutivo", ai fini dell'espropriazione forzata, come trasmesso all'agente della riscossione con le modalità determinate con provvedimento dell'Agenzia delle Entrate. tiene luogo, a tutti gli effetti, dell'esibizione dell'atto stesso in tutti i casi in cui l'agente della riscossione ne attesti la provenienza.

Dunque il contribuente:

§  all'atto della ricezione dell'accertamento, può presentare ricorso con contestuale richiesta di sospensiva;

§  in ogni caso, la sola esecuzione (quindi il pignoramento) è sospesa per 180 giorni dall'affidamento ad Equitalia, quindi, salvo cause di sospensione dei termini per il ricorso, dalla notifica dell'accertamento non si procede a esecuzione per 270 giorni;

§  se, successivamente all'affidamento del credito, emergono elementi integranti il fondato pericolo per la riscossione, la sospensione dell'esecuzione viene meno.

Le disposizioni previgenti (norma eliminata dall’articolo in commento) disponevano che l'espropriazione fosse avviata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l'accertamento fosse divenuto definitivo.

Le norme introducono anche una procedura di riscossione ulteriormente "accelerata", per il caso (articolo 29, comma 1, lettera c)) di fondato pericolo per il positivo esito della riscossione. In tale ipotesi, decorsi sessanta giorni dalla notifica, la riscossione delle somme può essere affidata in carico agli agenti della riscossione anche prima dei suesposti termini di 90 giorni.

 

In sintesi, si prevede anzitutto che l’accertamento diventi esecutivo decorso il termine utile per la proposizione del ricorso, in luogo di sessanta giorni dalla notifica; la sospensione automatica prevista dalla legge non opera in caso di accertamenti definitivi, anche in seguito a giudicato, nonché in caso di recupero di somme derivanti da decadenza dalla rateazione.

 

Il comma 1, lettera a) dell’articolo 5 modifica l’articolo 29, comma 1, lettera b) primo periodo al fine di chiarire che l’accertamento diventa esecutivo decorso il termine utile per la proposizione del ricorso, in luogo di sessanta giorni dalla notifica.

 

Il comma 1, lettera b) dell’articolo 5 modifica l’articolo 29, comma 1, lettera b) del D.L. n. 78 del 2010 al fine di chiarire che la sospensione dell’esecuzione forzata (come si è visto, operante in ogni caso per 180 giorni successivi all’affidamento in carico all’agente della riscossione salvo ipotesi specifiche di particolare urgenza) non opera in caso di accertamenti definitivi, anche in seguito a giudicato, nonché in caso di recupero di somme derivanti da decadenza dalla rateazione.

Il comma 1, lettera c) dell’articolo 5 modifica l’articolo 29, comma 1, lettera b) al fine di chiarire che l’agente della riscossione comunica la presa in carico al debitore, oltre che con raccomandata semplice, anche a mezzo posta elettronica.

Viene altresì eliminato il riferimento all'indirizzo presso cui l'agente della riscossione informa il contribuente della presa in carico delle somme, al fine di evitare il rischio di non garantire la conoscibilità dell'atto da parte del contribuente che, dopo la notifica dell’avviso di accertamento, potrebbe aver cambiato domicilio.

 

Il comma 1, lettera d) dell’articolo 5 modifica l’articolo 29, comma 1, lettera e) eliminandovi l'ultimo periodo, ai sensi del quale l'espropriazione forzata, in ogni caso, è avviata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo.


 

Articolo 6
(Sospensione della riscossione – Sgravio – Commutazione
dell'atto di irrogazione)

 

Con l’articolo 6 sono semplificati e scanditi gli adempimenti del contribuente potenzialmente truffato in caso di omesso, ritardato o insufficiente versamento da parte dell'intermediario, a tal fine sostituendo l’articolo 1 della legge n. 423 del 1995.

 

Ancorché non vi sia uno specifico criterio di delega legato all’ipotesi in commento, sembra che le norme in commento trovino la propria ratio nella parte della legge delega che prevede una complessiva razionalizzazione della disciplina dell'attuazione e dell'accertamento relativa alla generalità dei tributi (articolo 3 della legge n. 23 del 2014).

 

L’articolo 1 della legge n. 423 del 1995 sospende la riscossione di soprattasse e di pene pecuniarie previste dalle leggi d'imposta in caso di omesso, ritardato o insufficiente versamento nei confronti del contribuente e del sostituto d'imposta qualora la violazione consegua alla condotta illecita, penalmente rilevante, di dottori commercialisti, ragionieri, consulenti del lavoro, avvocati, notai e altri professionisti iscritti nei rispettivi albi, in dipendenza del loro mandato professionale (comma 1).

Ai sensi del previgente comma 2, la sospensione era disposta dal responsabile della direzione regionale delle entrate territorialmente competente, che provvedeva su istanza del contribuente o del sostituto d'imposta, da presentare unitamente alla copia della denuncia del fatto illecito all'autorità giudiziaria o ad un ufficiale di polizia giudiziaria, dopo il pagamento dell'imposta ancora dovuta, e sempre che il contribuente avesse dimostrato di aver provvisto il professionista delle somme necessarie al versamento omesso, ritardato o insufficiente (comma 2).

Ai sensi del previgente comma 3 si disponeva, sopraggiunta l’irrevocabilità della sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti che avessero accertato l'esistenza del reato a carico del professionista, che l'ufficio tributario irrogante le sanzioni commutasse l'atto di irrogazione a carico del professionista e ne disponesse lo sgravio in favore del contribuente (comma 3). Nel caso di declaratoria di amnistia o di intervenuta prescrizione del reato o di non doversi procedere per motivi di natura processuale, il contribuente continuava ad avvalersi della sospensione del pagamento delle soprattasse e delle pene pecuniarie a condizione che promuovesse azione civile entro tre mesi dalla sentenza, fornendone prova all'ufficio tributario competente. In tale ipotesi, alla sospensione conseguiva lo sgravio del pagamento delle soprattasse e delle pene pecuniarie qualora il professionista fosse condannato nel giudizio civile con sentenza irrevocabile (comma terzo).

Nel caso in cui l'azione penale nei confronti del professionista si fosse conclusa con una sentenza assolutoria (comma 4), l'ufficio tributario avrebbe revocato il provvedimento di sospensione e proceduto alla riscossione delle sanzioni a carico del contribuente con una maggiorazione pari al 50 per cento delle stesse.

Il cancelliere (comma 5) presso l'ufficio giudiziario che avesse pronunciato la sentenza nei confronti del professionista ne avrebbe dato notizia, entro sessanta giorni dalla data in cui fosse divenuta irrevocabile, alla direzione regionale delle entrate territorialmente competente.

I termini di prescrizione e di decadenza previsti per la irrogazione delle sanzioni erano sospesi per tutta la durata del giudizio penale a carico del professionista.

Il D.M. 2 febbraio 1996 ha attuato le predette norme, in particolare prevedendo le modalità di commutazione delle sanzioni a carico del professionista, dello sgravio a favore del contribuente e della trasmissione delle notizie fra direzione regionale delle entrate ed ufficio tributario impositore (secondo quanto disposto dal comma 6).

Il comma 6-bis dispone che, in presenza dei presupposti di legge, nei confronti dei contribuenti e dei sostituti di imposta per i quali sussistono comprovate difficoltà di ordine economico, l'ufficio delle entrate o il centro di servizio competente per territorio può disporre la sospensione della riscossione del tributo il cui versamento risulta omesso, ritardato o insufficiente e dei relativi interessi per i due anni successivi alla scadenza del pagamento, nonché, alla fine del biennio, la dilazione in dieci rate dello stesso carico. La sospensione e la rateazione sono disposte previo rilascio di apposita garanzia nelle forme di legge e con di durata corrispondente al periodo dell'agevolazione concessa. Sono dovuti gli interessi previsti per la dilazione di pagamento.

Tali disposizioni si applicano (comma 7), per i periodi di imposta precedenti la data della loro entrata in vigore (ossia anteriori al 1° novembre 1995), anche nel caso di incarichi conferiti a soggetti non iscritti in albi professionali

 

Le norme in commento non intervengono sostanzialmente sull’impianto dei commi 1 e 6-bis (ora rinumerato nel comma 7): è in particolare chiarito che la sospensione per condotta illecita dell’intermediario riguarda le sanzioni pecuniarie (in luogo delle pene pecuniarie e delle soprattasse) e sono apportate le modifiche formali conseguenti, in particolare, alla riorganizzazione degli uffici dell’Amministrazione finanziaria. Resta dunque ferma la sospensione della riscossione delle sanzioni per condotta illecita dell’intermediario e gli adempimenti connessi ad attivare tale sospensione.

La principale modifica al comma 2 riguarda l’eliminazione della norma che subordina la sospensione, oltre che alla dimostrazione di aver fornito opportuna provvista al professionista, al pagamento dell'imposta ancora dovuta.

Viene complessivamente rielaborato l’insieme di norme che disciplinano le conseguenze del procedimento penale sulla sospensione: il novellato comma 3 mantiene fermo l’annullamento delle sanzioni a carico del contribuente ove il giudizio si concluda con un provvedimento definitivo di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, che sono irrogate a carico del professionista, precisando che a tale irrogazione segue l’iscrizione a ruolo nei termini di legge (ai sensi dell'articolo 17, comma 3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472).

Analoghe modifiche sono apportate col nuovo comma 4 (che comprende anche alcune ipotesi attualmente disciplinate al comma 3) con un più preciso riferimento alle sentenze favorevoli all’imputato (non luogo a procedere ai sensi dell'articolo 425 del codice di procedura penale per motivi di natura processuale o per intervenuta estinzione del reato, ovvero non doversi procedere ai sensi dell'articolo 529 del medesimo codice), confermando la sospensione ove il contribuente promuova tempestivamente l’azione civile e l’eventuale irrogazione a carico del professionista nel caso di sua soccombenza definitiva.

Il nuovo comma 5 riprende il contenuto del vigente comma 4 dell’articolo 1: in caso di provvedimento definitivo di assoluzione l'ufficio revoca la sospensione e procede alla riscossione delle sanzioni a carico del contribuente.

Rispetto al testo vigente, si chiarisce che in tale ipotesi non vi è una maggiorazione delle sanzioni a carico del contribuente.

Viene tuttavia chiarito inoltre che la riscossione è effettuata nei confronti del contribuente anche ove questi non abbia promosso tempestiva azione civile - nel caso di sentenze definitive di non luogo a procedere e di non doversi procedere - ovvero, laddove promossa l’azione, il giudizio civile si concluda con un provvedimento definitivo di rigetto.

Il nuovo comma 6 amplia il periodo di sospensione dei termini di prescrizione e dì decadenza previsti per la irrogazione delle sanzioni e per la loro riscossione; in particolare, essi sono sospesi fino al 31 dicembre dell'anno successivo alla data in cui è divenuto definitivo il provvedimento che conclude il giudizio penale a carico del professionista o il giudizio civile eventualmente promosso nei suoi confronti (in luogo della sospensione perdurante per la sola durata del giudizio penale a carico del professionista). La parte che vi ha interesse ne dà notizia all'ufficio competente entro sessanta giorni dalla suddetta data.

Il novellato comma 7 corrisponde all’attuale comma 6-bis dell’articolo 1; non vengono apportate modifiche di carattere sostanziale, consentendo dunque anche nel caso di specie, in presenza di comprovate difficoltà di ordine economico, la sospensione della riscossione del tributo il cui versamento risulta omesso, ritardato o insufficiente e dei relativi interessi, per i due anni successivi alla scadenza del pagamento, nonché, alla fine del biennio, la dilazione in dieci rate dello stesso carico. Si subordina la dilazione e la sospensione al rilascio di apposita garanzia, rinviando alle “forme di cui all'articolo 38-bis, primo comma” del D.P.R. n. 633 del 1972 che disciplina le modalità e le condizioni per l’effettuazione i cd. rimborsi IVA.

Al riguardo si rammenta che il menzionato articolo 38-bis, è stato modificato dal D.Lgs. n. 175 del 2014 (in materia di semplificazioni fiscali) nel senso, tra l’altro, di espungere dal comma 1 la menzione dell’obbligo di prestazione di idonea garanzia ai fini dell’ottenimento dei rimborsi; la garanzia è infatti disciplinata dai commi 3 e seguenti dell’articolo 38-bis, in quanto obbligatoria solo se il rimborso supera una specifica soglia (15.000 euro).


 

Articolo 7
(Rateazione imposta di successione)

 

Con l’articolo 7 si sostituisce integralmente l’articolo 38 del D.Lgs. n. 346 del 1990, recante il Testo unico delle imposte di successione e donazione, allo scopo di uniformare le disposizioni sul pagamento e la rateizzazione dell'imposta di successione alle altre proposte di modifica normativa avanzate col provvedimento in esame, in particolare con gli esiti dei controlli automatizzati (articolo 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973), dei controlli formali (successivo articolo 36-ter del D.P.R. n. 600 del 1973) e dell'accertamento con adesione (articoli 3-bis del D.Lgs. n. 462 del 1997 e 8 del D.Lgs. n. 218 del 1997, modificati dal provvedimento in commento).

Viene inoltre recepito nell’ambito del richiamato TU quanto previsto dall'articolo 15-ter del D.P.R. n. 602 del 1973 (anch’esso introdotto dal provvedimento in esame, all’articolo 3) in tema di inadempimenti nei pagamenti delle somme dovute a seguito delle attività di controllo dell'Agenzia delle entrate.

 

Le disposizioni proposte intendono attuare le norme di delega (articolo 6, comma 5, lettera c) della legge n. 23 del 2014) nella misura in cui impegnano il legislatore delegato a procedere ad una complessiva armonizzazione e omogeneizzazione delle norme in materia di rateizzazione dei debiti tributari.

 

Le norme previgenti (articolo 38) consentivano di rateizzare il quantum dovuto, a condizione che fosse versato almeno il 20 per cento delle imposte, delle sanzioni amministrative e degli interessi di mora entro sessanta giorni da quello in cui fosse stato notificato l'avviso di liquidazione; il rimanente importo era versato in rate annuali posticipate. Sugli importi dilazionati erano dovuti, con decorrenza dalla data di concessione della dilazione, gli interessi a scalare nella misura determinata con decreto del Ministro delle finanze (ai sensi dell’articolo 5, comma 3 del D.M. 21 maggio 2009 sugli importi dilazionati sono dovuti, per le dilazioni concesse dal 1° gennaio 2010, gli interessi annui a scalare nella misura del 3 per cento).

La dilazione era concessa a condizione che fosse prestata idonea garanzia. Si disponeva Il contribuente avesse in ogni caso diritto di ottenere la dilazione, ove offrisse di di iscrivere ipoteca su beni o diritti compresi nell'attivo ereditario di valore complessivo superiore di almeno un terzo all'importo da dilazionare, maggiorato dell'ammontare dei crediti garantiti da eventuali ipoteche di grado anteriore iscritte sugli stessi beni e diritti.

Salva l'applicazione delle sanzioni stabilite per il ritardo nel pagamento, si decadeva dal beneficio della dilazione se si non provvedeva al pagamento delle rate scadute entro sessanta giorni dalla notificazione di apposito avviso; era tuttavia in facoltà dell'ufficio competente di concedere una nuova dilazione.

 

Con le novità introdotte al primo comma dell’articolo 38 rimane fermo l’obbligo di versare almeno il venti per cento dell’imposta liquidata, nei medesimi termini, e tuttavia si dispone che:

1)  il debito residuo possa essere dilazionato in otto rate trimestrali e, per importi superiori a ventimila euro, in dodici rate trimestrali (anziché in un massimo di cinque rate annuali a prescindere dagli importi);

2)  la rateazione non è comunque consentita per debiti d'imposta inferiori a 1.000 euro.

Il nuovo secondo comma prevede l'applicazione degli interessi calcolati dal primo giorno successivo al pagamento del venti per cento dell'imposta liquidata. Inoltre, le rate trimestrali scadono l 'ultimo giorno di ciascun trimestre.

 

Non sono riproposte le disposizioni dei commi 3 e 4 in materia di prestazione di garanzia, coerentemente alle prescrizioni di cui all’articolo 6 e, più in generale, alla tendenza della legislazione tributaria dell’ultimo periodo (che ha visto ridursi, per quanto possibile, le ipotesi in cui sussiste obbligo di prestare idonea garanzia per accedere a benefici fiscali, quali la dilazione dei pagamenti e i rimborsi IVA).

I nuovi commi 3 e 4 introducono anche per l'imposta di successione quanto disposto dall’articolo 3 (che introduce il nuovo articolo 15-ter del D.P.R. n. 602 del 1973) in relazione agli esiti dei controlli automatizzati, formali e all’accertamento con adesione.

In particolare, ai sensi del novellato comma 3 si stabilisce che il mancato pagamento del venti per cento dell'imposta liquidata entro i sessanta giorni o di una delle rate entro il termine di pagamento della rata successiva comporta la decadenza dalla rateazione e l'iscrizione dell'importo dovuto con sanzioni e interessi, dedotto quanto già versato.

Viene introdotto (comma 4) il cd. lieve inadempimento, che evita la decadenza dalla rateazione nel caso di insufficiente versamento della rata per una frazione non superiore al tre per cento e, in ogni caso, a diecimila euro, nonché in caso di tardivo versamento della somma (pari al venti per cento) non superiore a sette giorni. Gli effetti del lieve inadempimento si producono anche con riferimento al versamento in un'unica soluzione (comma 5).

L'ultimo comma (comma 6) del novellato articolo 38 stabilisce che, in caso di lieve inadempimento, si applicano i commi 4 e 5 del nuovo articolo 15-ter del D.P.R. n. 602 del 1973, in tema di iscrizione a ruolo dell'eventuale frazione non pagata e della relativa sanzione, nonché per quanto concerne la possibilità, per il contribuente, di usufruire del ravvedimento operoso.

Viene, altresì eliminata la previsione contenuta nel previgente comma 5, che consentiva all'Ufficio di concedere un'altra dilazione anche se il contribuente è già decaduto dal beneficio della dilazione, non avendo provveduto al pagamento delle rate scadute entro sessanta giorni dalla notificazione di apposito avviso.


 

Articolo 8
(Preclusione alla autocompensazione in presenza
di debito su ruoli definitivi)

 

Con l’articolo 8 si introduce un periodo all'interno del dell’articolo 31, comma 1 del D.L. n. 78 del 2010 in tema di autocompensazione di imposta, allo scopo di consentire il rimborso delle eventuali eccedenze di credito utilizzate in compensazione secondo le regole previste dalle singole leggi d'imposta.

 

Il comma 1 del menzionato articolo 31 vieta la compensazione mediante versamento unitario sia, relativa alle imposte erariali, fino a concorrenza dell'importo dei debiti, di ammontare superiore a millecinquecento euro, iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, e per i quali è scaduto il termine di pagamento. In caso di inosservanza del divieto si applica la sanzione del 50 per cento dell’importo dei debiti iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori e per i quali è scaduto il termine di pagamento fino a concorrenza dell’ammontare indebitamente compensato. Sono previsti specifici casi in cui la sanzione non può essere applicata (fintantoché pende contestazione giudiziale o amministrativa) e specifici limiti alla sanzione stessa. Si ammette comunque il pagamento, anche parziale, delle somme iscritte a ruolo per imposte erariali e relativi accessori mediante la compensazione dei crediti relativi alle stesse imposte.

 

La modifica consente dunque di disciplinare m maniera univoca il trattamento dei crediti d'imposta da liquidare al contribuente. La materiale corresponsione delle somme, in ossequio al D.M. 10 febbraio 2011, è comunque effettuata dall'Agente della riscossione utilizzando i fondi ricevuti e previo nulla osta dell'Agenzia delle Entrate, da rilasciarsi qualora il rimborso risulti spettante secondo la disciplina prevista dalle singole leggi d'imposta.


 

Articolo 9
(Oneri di funzionamento del servizio nazionale di riscossione)

 

L’articolo 9 ha riformato il sistema della remunerazione del servizio nazionale della riscossione. Il principio generale è che venga riconosciuto agli agenti della riscossione il ristoro degli oneri di riscossione e di esecuzione commisurati al costo di funzionamento del servizio.

Più in dettaglio, le norme in esame sostituiscono integralmente l'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.

 

In primo luogo (con una modifica al comma 1 dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 112 del 1999), entro il 31 gennaio di ciascun anno Equitalia Spa, previa verifica da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, deve individuare e rendere pubblici, sul proprio sito web, i costi da sostenere per il servizio nazionale di riscossione. Gli oneri della riscossione ed esecuzione sono commisurati ai costi da sostenere per il servizio nazionale della riscossione.

Detti costi, tenuto conto dell'andamento della riscossione, possono includere una quota incentivante destinata al miglioramento delle condizioni di funzionamento della struttura e dei risultati complessivi della gestione, misurabile sulla base di parametri, attinenti all'incremento della qualità e della produttività dell'attività, nonché della finalità di efficientamento e razionalizzazione del servizio.

Si demanda a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze l’individuazione di criteri e parametri per la determinazione dei costi, nonché i criteri e i parametri in relazione ai quali modificare in diminuzione le quote percentuali poste a carico dei soggetti che intervengono nelle procedure di riscossione, all'esito della verifica sulla qualità e produttività dell'attività, nonché dei risultati raggiunti in termini di efficientamento e razionalizzazione del servizio. Si chiarisce che ciò possa essere effettuato anche rimodulando le quote poste a carico del debitore e dell’ente creditore, in relazione alle procedure esecutive, in funzione dell'attività effettivamente svolta.

In tal modo è stata accolta l’osservazione formulata dalla 6° Commissione Finanze del Senato, contenuta nel parere sull’A.G. n. 185-bis: la Commissione invitava il Governo a tener conto dei principi contenuti nell’ordinanza n.147 del 2015 della Corte costituzionale in tema di remunerazione degli agenti della riscossione, disponendo che gli oneri di riscossione, oltre che modificabili in diminuzione potessero anche essere rimodulati in funzione dell’attività effettivamente svolta.

 

Inoltre (novellato comma 2 dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 112 del 1999), gli oneri di riscossione ed esecuzione sono così ripartiti:

§  una quota è posta a carico del debitore (oneri di riscossione), nella seguente misura: se il debitore riceve la cartella di pagamento e paga le somme iscritte a ruolo entro sessanta giorni dalla data di ricezione della medesima, è posto a suo carico l’uno per cento delle somme riscosse, in caso di riscossione spontanea, ovvero il tre per cento in tutti gli altri casi, oltre alle spese di notifica della cartella; se il debitore paga oltre i sessanta giorni dalla notifica, l’onere a suo carico si eleva al sei per cento delle somme iscritte a ruolo e degli interessi di mora (maturati in favore dell’ente creditore) riscossi; viene sostanzialmente ripresa la formulazione dell’A.G. n. 185, con una maggiore diversificazione degli oneri di riscossione posti a carico del debitore;

§  una quota (spese esecutive) correlata all’attivazione di una procedura cautelare o esecutiva, posta anch’essa a carico del debitore. Si demanda a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sia la misura degli oneri a carico del debitore, sia la tipologia di spese oggetto di rimborsi.

Si ricorda che attualmente il rimborso delle spese di procedura trova regolamentazione nel D.M. 21 novembre 2000, che elenca, con enunciazione tassativa, le attività soggette a rimborso e la misura di tale rimborso. L’elencazione non è esaustiva, alla luce delle plurime modifiche normative con le quali sono state previste nuove attività a carico degli agenti della riscossione, introdotte anche quali condizioni di procedibilità, che necessitano di trovare adeguato ristoro nel nuovo decreto;

§  sempre a carico del debitore, una quota correlata alla notifica della cartella e degli altri atti della riscossione;

§  è prevista una quota, a carico dell’Ente creditore che si avvale degli agenti della riscossione, ove vi sia un provvedimento di sgravio per indebito, nella misura da determinarsi con il richiamato decreto ministeriale; tale previsione è espressamente introdotta dal provvedimento in esame;

§  una quota, comunque posta a carico dell’Ente creditore, pari al tre per cento delle somme riscosse entro il sessantesimo giorno dalla notifica della cartella.

 

Le norme in commento dispongono, analogamente alla disciplina previgente (originario articolo 17, comma 6-bis del D.Lgs. n. 112 del 1999), che (novellato comma 3 dell’articolo 17) sia effettuata una anticipazione annuale, a carico degli enti creditori che si sono avvalsi dell’agente della riscossione, del rimborso degli oneri di esecuzione afferenti alle posizioni debitorie provvisoriamente inesigibili (all’esito della procedura cautelare o esecutiva svolta). Gli enti creditori versano, se tempestivamente richiesto, il rimborso delle spese esecutive entro il 30 giugno di ciascun anno solare, salvo diniego definitivo del discarico, nel qual caso l’Agente della riscossione restituisce all’Ente creditore l’importo anticipato maggiorato degli interessi legali.

Viene stabilito, inoltre (comma 4 dell’articolo 17), che restano a carico degli enti creditori fruitori del servizio:

a)  in caso di mancata ammissione al passivo di una procedura concorsuale, ovvero in caso di mancata riscossione nell’ambito della stessa procedura, il cinquanta per cento degli oneri di riscossione (di cui al comma 2, lettera a), nn. 2 e 3 dell’articolo 17, novellato dalle norme in commento, nel caso di pagamento entro sessanta giorni di notifica dalla cartella o successivamente a tale termine);

b)  in caso di sgravio o di definitiva inesigibilità della quota, il cinquanta per cento delle spese esecutive e di quelle correlate alla notifica della cartella e degli altri atti della riscossione.

 

L’articolo 9, comma 2 prevede che, in caso di mancata erogazione, da parte degli enti creditori, nel termine stabilito, delle anticipazioni previste dal comma 4 del nuovo articolo 17, afferenti ai rimborsi delle spese sostenute dall’agente della riscossione per lo svolgimento delle procedure cautelari ed esecutive, continua ad applicarsi la disciplina attuale, in base alla quale l’agente della riscossione può trattenere l’importo di propria spettanza all’atto del riversamento, allo stesso ente, delle somme iscritte a ruolo, riscosse per conto di quest’ultimo.

Al comma 3 dell’articolo 9 si dispone che il primo decreto cui è demandata la fissazione degli oneri afferenti alle spese di procedura, di notifica e di lavorazione degli sgravi per indebito, nonché la tipizzazione delle suddette spese di procedura sia emanato entro il 30 ottobre 2015.

Al comma 4 viene introdotta una disposizione transitoria, che mantiene fermo il precedente regime (per cui si veda infra) limitatamente ai carichi affidati alla società sino al 31 dicembre 2015.

Al comma 5, al fine di assicurare la permanenza dell’equilibrio economico in fase prima applicazione del nuovo regime, viene previsto che l’Agenzia delle entrate, in qualità di titolare della funzione nazionale della riscossione provveda ad erogare ad Equitalia S.p.A. (ricompresa, unitamente alle altre società di riscossione dalla medesima partecipate, nell’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate ai sensi dell’art. 1, comma 5, della legge 30 dicembre 2004, n. 311) una quota di salvaguardia per il triennio 2016-2018.

Tale quota, definita nel suo importo massimo pari a quaranta milioni di euro per l’anno 2016, a quarantacinque milioni di euro per l’anno 2017 e a 40 milioni di euro per l’anno 2018, che costituisce un meccanismo di integrazione delle ordinarie forme di remunerazione, viene corrisposta previa individuazione delle effettive necessità conseguenti all’accertamento di una contrazione dei ricavi, connessa alla riduzione dell’aggio (ora qualificato “oneri di riscossione”) alla luce delle evidenze del bilancio annuale certificato.

Il comma 6 abroga il comma 13-quinquies dell’articolo 10 del decreto-legge n. 201 del 2011, mentre il comma 7 reca la clausola di invarianza finanziaria.

 

La remunerazione del servizio della riscossione:
la disciplina previgente e la riforma del 2011

In estrema sintesi si ricorda che, a seguito della riforma del sistema della riscossione (operata dall’articolo 3 del decreto-legge 30 settembre 2005 n. 203), la riscossione dei tributi è passata dai soggetti privati (titolari di concessione) all’Agenzia delle entrate, che la effettua mediante la società Riscossione S.p.A., operante dal 1° ottobre 2006 ed oggi denominata Equitalia S.p.A., nonché attraverso le società da essa partecipate.

Secondo la disciplina precedente e, comunque, sino all’entrata in vigore della nuova disciplina sopra illustrata, agli agenti della riscossione spettava:

§  una remunerazione per l’attività svolta (articolo 17 del D.Lgs. 112/1999), mediante un compenso – detto aggio - pari che sino al 1° gennaio 2013 è stato pari al nove per cento delle somme iscritte a ruolo riscosse e dei relativi interessi di mora, a carico del debitore in tutto o in parte, secondo la tempestività del pagamento; l’aggio è stato abbassato all’otto per cento sui ruoli emessi dal 1° gennaio 2013;

§  il rimborso delle spese sostenute per le procedure esecutive poste in essere.

Inoltre (articolo 17, comma 6) all’agente della riscossione spettava il rimborso delle spese relative alle procedure esecutive, sulla base di una tabella approvata con decreto del Ministero delle finanze, con il quale erano altresì stabilite le modalità di erogazione del rimborso stesso. Tale rimborso era a carico dell'ente creditore, se il ruolo veniva annullato per effetto di provvedimenti di sgravio o in caso di inesigibilità. Negli altri casi era a carico del debitore.

Si ricorda che l’articolo 10, ai commi da 13-quater a 13-septies del D. L. n. 201 del 2011, aveva disegnato una riforma del sistema della remunerazione degli agenti della riscossione, destinata a entrare in vigore con l’emanazione dei relativi provvedimenti attuativi; in mancanza di tali provvedimenti, non emanati, è rimasta ferma la suesposta disciplina in materia di remunerazione degli agenti della riscossione, recata dall’articolo 17 del D.Lgs. 112/1999 nella sua formulazione precedente. Come già ricordato, in attesa dell'entrata in vigore di detta riforma, il D.L. n. 95 del 2012 ha previsto (articolo 5, comma 1) una riduzione dell'aggio di un punto percentuale sui ruoli emessi dal 1° gennaio 2013 (che dunque passa dal nove all’otto per cento a decorrere dalla predetta data).

In sintesi, il disegno dell’articolo 10 del D. L. n. 201 del 2011 prevedeva in primo luogo la sostituzione dell’attuale sistema di remunerazione basato sull’aggio con l’attribuzione agli agenti della riscossione di un rimborso dei costi fissi risultanti dal bilancio certificato. La previsione del rimborso sarebbe stata finalizzata ad assicurare il funzionamento del servizio nazionale della riscossione, a presidiare la funzione di deterrenza e contrasto all’evasione e il progressivo innalzamento del tasso di adesione spontanea agli obblighi tributari. Tale rimborso sarebbe stato calcolato annualmente in misura percentuale delle somme iscritte a ruolo riscosse e dei relativi interessi di mora, con decreto non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, tenuto conto dei seguenti, specifici parametri: carichi annui affidati; andamento delle riscossioni coattive; processo di ottimizzazione, efficientamento e riduzione dei costi.

Il decreto avrebbe dovuto in ogni caso garantire al contribuente oneri inferiori a quelli esistenti alla data del 6 dicembre 2011.

In sostanza, il sistema di remunerazione con aggio veniva sostituito da un rimborso percentuale, alla cui determinazione sarebbe proceduto in base ad elementi connessi ad elementi di fatto come l’andamento della riscossione, ma anche in rapporto a indicatori di produttività ed efficienza dell’agente unico della riscossione. Il rimborso era posto a carico del debitore nella misura del cinquantuno per cento, nel caso di pagamento tempestivo (entro sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento). La parte rimanente rimaneva a carico dell’ente creditore. Per pagamenti tardivi (successivi ai sessanta giorni) il rimborso sarebbe stato interamente a carico del contribuente.

La riforma dell’articolo 10 novellava infine la disciplina in materia di rimborsi spettanti all’agente della riscossione in rapporto alle procedure esecutive. In particolare, per effetto delle modifiche, continuerà ad essere attribuito all’agente un rimborso per le spese sostenute; ma questo, anziché essere riferito in via generica alle spese relative alle procedure esecutive, riguarderà gli specifici oneri connessi allo svolgimento delle singole procedure..

Il decreto (comma 13-quinquies) che calcola annualmente il rimborso spettante agli agenti della riscossione nonché quello in materia di rimborso spese avrebbero dovuto essere emanati entro il 31 settembre 2013 (termine fissato da ultimo con l’articolo 52, comma 2 del D.L. n. 69 del 2013), decorso senza che le norme siano state attuate.

 


 

Articolo 10
(Dilazione di pagamento)

 

Con l’articolo 10 viene modificata la disciplina della dilazione delle somme iscritte a ruolo, oggetto di numerosi interventi nel corso del tempo (da ultimo con il decreto-legge n. 69 del 2013). In tal modo si dà attuazione dell’ articolo 6, comma 5 della legge di delega (legge n. 23 del 2014, per cui si veda supra in riferimento all’articolo 2).

 

Il comma 1 dell’articolo 19, nella sua antecedente formulazione, prevedeva che l'agente della riscossione, su richiesta del contribuente, poteva concedere, nelle ipotesi di temporanea situazione di obiettiva difficoltà dello stesso, la ripartizione del pagamento delle somme iscritte a ruolo fino ad un massimo di settantadue rate mensili.

In caso di comprovato peggioramento (comma 1-bis, non modificato dalle norme in esame) della situazione economica del contribuente, la dilazione già concessa può essere prorogata una sola volta, per un ulteriore periodo e fino a settantadue mesi, a condizione che non sia intervenuta decadenza. Si può chiedere (comma 1-ter, anch’esso non modificato) che i predetti piani di rateazione fossero costituiti da rate variabili di importo crescente per ciascun anno.

Nella formulazione precedente, una volta ricevuta la richiesta di rateazione era possibile iscrivere ipoteca (comma 1-quater) sugli immobili di debitore ed eventuali coobbligati solo nel caso di mancato accoglimento della richiesta, ovvero di decadenza dal beneficio, salve le ipoteche già iscritte alla data di concessione della rateazione.

Le predette rateazioni (comma 1-quinquies, non modificato), se il debitore si trova, per ragioni estranee alla propria responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica, possono essere aumentate fino a centoventi rate mensili. Ai fini della concessione di tale maggiore rateazione, si intendeva per comprovata e grave situazione di difficoltà quella in cui ricorrono congiuntamente alcune, seguenti condizioni:

§  accertata impossibilità per il contribuente di eseguire il pagamento del credito tributario secondo un piano di rateazione ordinario;

§  solvibilità del contribuente, valutata in relazione al piano di rateazione concedibile.

Il comma 3 dell’articolo recava le conseguenze in caso di mancato pagamento, nella formulazione originaria, di otto rate anche non consecutive (decadenza dal beneficio della rateazione; riscossione immediata dell'intero importo iscritto a ruolo ancora dovuto; impossibilità di rateizzare il carico).

Ai sensi del comma 4, le rate mensili nelle quali il pagamento è stato dilazionato la prima volta (ai sensi del comma 1) scadono nel giorno di ciascun mese indicato nell'atto di accoglimento dell'istanza di dilazione.

 

In particolare, l’articolo 1, comma 1, lettera a) sostituisce integralmente il già illustrato comma 1 dell’articolo 19 del D.P.R. n. 603 del 1973, al fine di chiarire che per ottenere la dilazione è sufficiente che il contribuente dichiari di versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà; in tal caso l’agente della riscossione deve concedere (in luogo di averne la facoltà) la rateizzazione. Sono escluse dalla dilazione le somme dovute a titolo di diritti di notifica. Resta fermo il numero di rate (al massimo settantadue, con cadenza mensile).

Si chiarisce però che, ove le somme siano di importo superiore a cinquantamila euro, la dilazione può essere concessa se il contribuente documenta la temporanea situazione dì obiettiva difficoltà.

Con il n. 2 della lettera a) viene sostituito il comma 1-quater dell’articolo 19, in materia di iscrizione di ipoteca immobiliare.

In primo luogo, si chiarisce che, ricevuta la richiesta di rateazione, l'Agente della riscossione può iscrivere il fermo amministrativo di beni mobili registrati (ad es. automobili e imbarcazioni, di cui all'articolo 86 del medesimo D.P.R. n. 602 del 1973), al pari di quanto già previsto per l’ipoteca, solo nel caso di mancato accoglimento della richiesta stessa, ovvero dì decadenza dal beneficio.

Viene dunque espressamente chiarito che per le somme oggetto di verifica ai sensi dell'articolo 48-bis non può essere concessa la dilazione: si tratta delle somme pagate dalle amministrazioni pubbliche dalle società a prevalente partecipazione pubblica le quali sono tenute, prima di effettuare il pagamento di un importo superiore a diecimila euro, a verificare se il beneficiario è inadempiente all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo. In caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all'agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell'esercizio dell'attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo.

Si specifica inoltre che a seguito della presentazione della richiesta di dilazione non possono essere avviate nuove azioni esecutive sino all'eventuale rigetto della stessa; in caso di relativo accoglimento, solo il pagamento della prima rata determina l'impossibilità di proseguire le procedure di recupero coattivo precedentemente avviate. Tale effetto si produce a condizione che non si sia ancora tenuto l'incanto con esito positivo o non sia stata presentata istanza di assegnazione, ovvero il terzo non abbia reso dichiarazione positiva o non sia stato già emesso provvedimento di assegnazione dei crediti pignorati.

 

Le modifiche al comma 3 dell’articolo 19 (comma 1, lettera a), n. 3)) hanno ridotto da otto a cinque il numero di rate non pagate che condizionano la decadenza dal beneficio.

Inoltre, (sostituendo la lettera c) del comma 3) anche in caso di decadenza dai piani di ammortamento concessi a decorrere dall’entrata in vigore della disposizione in esame, i contribuenti possano ottenere comunque - a differenza di quanto accadeva in precedenza - un nuovo piano di rateazione. La nuova rateazione è concessa a condizione che, al momento della presentazione della relativa istanza, le rate del precedente piano, già scadute alla data di tale presentazione, vengano integralmente saldate. Restano ferme anche in tale ipotesi le norme in materia di iscrizione di ipoteca e fermo.

 

Viene introdotto un comma 3-bis all’articolo 19 del D.P.R. n. 602 del 1973, ai sensi del quale, in caso di provvedimento amministrativo o giudiziale di sospensione totale o parziale della riscossione, emesso in relazione alle somme che costituiscono oggetto della dilazione, il debitore è autorizzato a non versare, limitatamente alle stesse, le successive rate del piano concesso. Inoltre, allo scadere della sospensione, il debitore può richiedere il pagamento dilazionato del debito residuo, comprensivo degli interessi fissati dalla legge per il periodo di sospensione, nello stesso numero di rate non versate del piano originario, ovvero in altro numero, fino a un massimo di settantadue.

Viene poi introdotta la possibilità, per semplificare l’adempimento per i contribuenti e assicurare maggiore certezza e puntualità all’Erario in ordine al pagamento delle rate, nel caso di rateazione del debito, di effettuare il relativo pagamento anche mediante domiciliazione sul conto corrente indicato dal debitore.

Sono infine apportate modifiche all'articolo 39, comma 2 del D.P.R. n. 602 del 1973, in particolare sopprimendo la previsione secondo cui gli interessi relativi al periodo di sospensione della riscossione sono riscossi mediante ruolo formato dall'ufficio che ha emesso il provvedimento di sospensione. In tal modo si intende semplificare il sistema di riscossione, consentendo la riscossione di tali interessi direttamente da parte dell'agente della riscossione, analogamente a quanto avviene per gli interessi di mora.

Per la decorrenza delle norme in esame si veda la scheda di lettura relativa all’articolo 15, comma 5.


 

Articolo 11
(Autotutela)

 

L’articolo 11 modifica la disciplina dell’annullamento o di revoca in autotutela degli atti dell’amministrazione finanziaria, consentendo al contribuente cui sia stato comunicato un provvedimento di autotutela parziale di avvalersi dei benefici previsti dalle singole leggi di imposta.

 

Anche tale disposizione, in mancanza di un principio specifico, sembra rientrare nell’intento della legge di delega (articolo 3 della legge n. 23 del 2014) di operare una complessiva razionalizzazione e sistematizzazione della disciplina dell'attuazione e dell'accertamento relativa alla generalità dei tributi.

 

La disciplina dell’autotutela nell’amministrazione finanziaria (articolo 2-quater del D.L. n. 564 del 1994, attuato con D.M. 11 febbraio 1997, n. 37) chiarisce che (comma 1-bis dell’articolo) il potere di annullamento o di revoca comprende anche il potere di disporre la sospensione degli effetti dell'atto che appaia illegittimo o infondato. In caso di pendenza del giudizio, la sospensione degli effetti dell'atto cessa con la pubblicazione della sentenza (comma 1-quater).

La sospensione degli effetti dell'atto disposta anteriormente alla proposizione del ricorso giurisdizionale cessa con la notificazione, da parte dello stesso organo, di un nuovo atto, modificativo o confermativo di quello sospeso; il contribuente può impugnare, insieme a quest'ultimo, anche l'atto modificato o confermato (1-quinquies).

 

L’articolo 11 ha aggiunto i commi da 1-sexies a 1-octies al richiamato articolo 2-quater del D. L. n. 564 del 1994, in particolare prevedendo che:

§  nei casi di annullamento o revoca parziali dell'atto, il contribuente può avvalersi degli istituiti di definizione agevolata delle sanzioni previsti per l'atto oggetto di annullamento o revoca, alle medesime condizioni esistenti alla data di notifica dell’atto, purché rinunci al ricorso. In caso di ricorso già proposto, è stabilito che le spese del giudizio restano a carico delle parti che le hanno sostenute (comma 1-sexies);

§  le nuove disposizioni non si applicano nelle ipotesi individuate all'articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, relative alla definizione agevolata delle sole sanzioni irrogate contestualmente al recupero del tributo (comma 1-septies); in tale ipotesi il contribuente paga un terzo della sanzione irrogata, e comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo, entro il termine previsto per la proposizione del ricorso;

§  infine, l'atto di autotutela parziale non è autonomamente impugnabile, in quanto si tratta di una rettifica dell’originaria pretesa impositiva e non di un nuovo atto, sostitutivo del precedente annullato (comma 1-octies).


 

Articolo 12
(Sospensione dei termini per eventi eccezionali)

 

L’articolo 12 ha razionalizzato e uniformato la disciplina delle sospensioni disposte in occasione di eventi eccezionali.

Si prevede che, in caso di sospensione dei termini relativi ai versamenti siano parallelamente sospesi, per il medesimo periodo, tutti i termini relativi agli adempimenti anche processuali, in favore dei contribuenti, nonché i termini relativi alle attività di liquidazione, controllo, accertamento, riscossione e contenzioso, in favore dei diversi enti coinvolti; viene previsto termine univoco (30 giorni dal termine del periodo di sospensione) entro cui devono essere effettuati i versamenti interessati dalla sospensione. Viene stabilito che nelle medesime ipotesi i termini di prescrizione e decadenza relativi all'attività degli uffici finanziari che scadono entro il 31 dicembre dell'anno o degli anni durante i quali si verifica la sospensione, sono prorogati fino al 31 dicembre del secondo anno successivo alla fine del periodo di sospensione.

Anche tale disposizione sembra rientrare nell’intento della legge di delega (articolo 3 della legge n. 23 del 2014) di operare una complessiva razionalizzazione e sistematizzazione della disciplina dell'attuazione e dell'accertamento relativa alla generalità dei tributi.

 

Si rammenta che l’articolo 9 dello statuto del contribuente (legge n. 212 del 2000) consente al Ministro dell’economia e delle finanze, con decreto, di sospendere o differire il termine per l'adempimento degli obblighi tributari a favore dei contribuenti interessati da eventi eccezionali ed imprevedibili.

In particolare, al comma 1 si prevede che, in caso di sospensione dei termini relativi ai versamenti tributari, previdenziali e assicurativi, siano parallelamente sospesi, per il medesimo periodo, tutti i termini relativi agli adempimenti anche processuali, in favore dei contribuenti, nonché i termini relativi alle attività di liquidazione, controllo, accertamento, riscossione e contenzioso, in favore dei diversi enti coinvolti.

Si chiarisce che tale disposizione deroga all'articolo 3, comma 3, del richiamato statuto del contribuente, ai sensi del quale i termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati.

Viene previsto termine univoco (30 giorni dal termine del periodo di sospensione) entro cui devono essere effettuati i versamenti interessati dalla sospensione.

Col comma 2 si chiarisce che i termini di prescrizione e decadenza relativi all'attività degli uffici degli enti impositori, degli enti previdenziali e assistenziali e degli agenti della riscossione aventi sede nei territori dei Comuni colpiti dagli eventi eccezionali (ovvero aventi sede nei territori di Comuni diversi ma riguardanti debitori aventi domicilio fiscale o sede operativa nei territori di Comuni colpiti da eventi eccezionali) e per i quali è stata disposta la sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari, che scadono entro il 31 dicembre dell'anno o degli anni durante i quali si verifica la sospensione, sono prorogati – anche in tale ipotesi, in deroga alle disposizioni dell'articolo 3, comma 3 dello statuto del contribuente - fino al 31 dicembre del secondo anno successivo alla fine del periodo di sospensione.

Il comma 3, infine, sancisce il divieto di notifica delle cartelle di pagamento durante il predetto periodo di sospensione.


 

Articolo 13
(Razionalizzazione degli interessi per il versamento,
la riscossione e i rimborsi di ogni tributo)

 

L’articolo 13 ha introdotto una complessiva revisione della misura dei tassi degli interessi per il versamento, la riscossione e i rimborsi di ogni tributo.

Il tasso di interesse viene determinato preferibilmente in una misura unica, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, compresa nell’intervallo tra lo 0,5 per cento e il 4,5 per cento, determinata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

Fino all'emanazione del suddetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alle norme primarie e secondarie vigenti per gli interessi di mora si applica il tasso individuato annualmente con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate. Si dispone infine che la misura del tasso di interesse può essere rideterminata annualmente con decreto Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Si ricorda brevemente che nella cartella di pagamento (ora nell’accertamento esecutivo) viene indicato l’importo totale da saldare e gli enti che ne hanno fatto richiesta tramite l’agente della riscossione. Poi è indicato il dettaglio dei singoli tributi non pagati, gli interessi, le sanzioni, l’aggio e le altre spese.

Se il pagamento avviene oltre termini di scadenza indicati nella cartella/avviso, all'importo si aggiungeranno:

§  ulteriori interessi di mora e sanzioni, previsti dalla legge e versati interamente agli enti creditori;

§  un aggio interamente a carico del contribuente e pari all'8 per cento dell’importo dovuto (per i ruoli emessi fino al 31 dicembre 2012 l'aggio è pari al 9 per cento);

§  eventuali spese per le azioni cautelari/esecutive (ipoteche, fermi, pignoramenti).

 

Gli interessi di mora sono oneri aggiuntivi, previsti dalla legge, che si applicano alle somme da pagare in caso di scadenza dei termini previsti. Quindi, gli interessi di mora decorsi inutilmente 60 giorni dalla notifica della cartella/avviso, si applicano giornalmente sulle somme richieste, a partire dalla data della notifica e fino alla data del pagamento. L'agente della riscossione riversa interamente gli interessi di mora all'ente creditore. A partire dai ruoli consegnati dal 13 luglio 2011, gli interessi di mora non sono più calcolati sulle sanzioni pecuniarie tributarie e sugli altri interessi.

 

Più in dettaglio, il comma 1 dispone che il tasso di interesse per il versamento, la riscossione e i rimborsi di ogni tributo, anche in ipotesi diverse da quelle previste dall'articolo 13 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, è determinato possibilmente in una misura unica, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, compresa nell'intervallo tra lo 0,5 per cento e il 4,5 per cento, determinata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

Il richiamato articolo 13 aveva fissato univocamente la misura degli interessi per la riscossione o per il rimborso di imposte per le seguenti ipotesi:

§  mancato o ritardato versamento diretto (articolo 9 del D.P.R. n. 602 del 1973);

§  ritardata iscrizione a ruolo (articolo 21 del D.P.R. n. 602 del 1973);

§  dilazione del pagamento (articolo 22 del D.P.R. n. 602 del 1973);

§  sospensione amministrativa della riscossione (articolo 39 del D.P.R. n. 602 del 1973);

§  ritardato rimborso di imposte pagate (articolo 44 del D.P.R. n. 602 del 1973).

Inoltre, il comma 2 dell’articolo 13 aveva chiarito le misure dovute per la riscossione delle imposte indirette e in materia di imposta sul valore aggiunto.

 

Ai sensi del comma 2, si affida a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo, la misura e la decorrenza dell'applicazione del predetto tasso di interesse in misura unica.

Si chiarisce che (comma 3) fino all'emanazione del decreto, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alle singole leggi d'imposta e il decreto ministeriale del 21 maggio 2009.

 

Il predetto decreto ha razionalizzato degli interessi per la riscossione ed il rimborso dei tributi, ai sensi dell'articolo 1, comma 150, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008). La richiamata legge ha affidato a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la determinazione delle misure, anche differenziate, degli interessi per il versamento, la riscossione e i rimborsi di ogni tributo, nei limiti di tre punti percentuali di differenza rispetto al tasso di interesse fissato ai sensi dell'art. 1284 del codice civile (saggio di interesse legale), salva la determinazione degli interessi di mora (ai sensi dell' art. 30 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602).

L’articolo 1 del D.M. 21 maggio 2009 reca la misura degli interessi per ritardato rimborso delle imposte. In particolare, quelli dovuti per ritardato rimborso di imposte pagate e per rimborsi eseguiti mediante procedura automatizzata sono dovuti nella misura del 2 per cento annuo e dell'1 per cento semestrale, a decorrere dal 1° gennaio 2010.

In materia di imposta sul valore aggiunto gli interessi sono dovuti nella misura del 2 per cento annuo, a decorrere dal 1° gennaio 2010. In tema di rimborsi dell'imposta di successione gli interessi sono dovuti nella misura dell'1 per cento, per ogni semestre compiuto, a decorrere dal 1° gennaio 2010. Per quanto riguarda le somme non dovute per tasse e imposte indirette sugli affari gli interessi sono dovuti nella misura dell'1 per cento per ogni semestre compiuto, a decorrere dal 1° gennaio 2010.

L’articolo 2 fissa la misura degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo che, dal 1° ottobre 2009 sono dovuti nella misura del 4 per cento annuo, per i ruoli resi esecutivi dalla medesima data.

L’articolo 3 stabilisce che gli interessi per dilazione del pagamento di somme iscritte a ruolo (ai sensi dell’articolo 19 del D.P.R. n. 602 del 1973) sono dovuti nella misura del 4,5 per cento annuo, per le dilazioni concesse a decorrere dal 1° ottobre 2009.

Gli interessi per la sospensione amministrativa (articolo 4) della riscossione, sono dovuti nella misura del 4,5 per cento annuo, a decorrere dal 1° ottobre 2009.

Gli interessi per i pagamenti rateali (articolo 5) di somme dovute a titolo di saldo e di acconto delle imposte e dei contributi dovuti dai soggetti titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate dall'INPS sono dovuti nella misura del 4 per cento annuo a decorrere dai pagamenti delle imposte dovute in relazione alle dichiarazioni fiscali presentate dal 1° luglio 2009.

Dal 1° gennaio 2010, sono dovuti gli interessi al tasso del 3,5 per cento annuo per i pagamenti rateali previsti dall' art. 3-bis, comma 3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462 (rate successive alla prima nel caso di dilazione di somme liquidate a seguito di controlli formali o automatici).

Sugli importi dilazionati di imposte di donazione e successione sono dovuti, per le dilazioni concesse dal 1° gennaio 2010, gli interessi annui a scalare nella misura del 3 per cento.

Infine, l’articolo 6 disciplina gli interessi per ritardato pagamento.

A decorrere dalle dichiarazioni presentate per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2007, gli interessi relativi alle somme dovute a seguito di controlli automatici e formali, versate entro i termini previsti dalle relative norme, sono dovuti nella misura del 3,5 per cento annuo.

Dal 1° gennaio 2010 sono stabiliti al tasso del 3,5 per cento annuo gli interessi relativi alle somme dovute a seguito di:

a)  rinuncia all'impugnazione dell'accertamento versate entro i termini di legge;

b)  pagamento dell'imposta di registro, di donazione, ipotecaria e catastale entro i termini di legge;

c)  pagamento delle tasse sulle concessioni governative, e delle tasse automobilistiche la cui gestione è di competenza dello Stato, entro i termini previsti dagli avvisi di accertamento;

d)  accertamento con adesione versate nei termini stabiliti dalla relativa disciplina;

e)  conciliazione giudiziale, sempre se versate nei termini di legge.

Inoltre, dal 1° gennaio 2010 sono stabiliti nella misura del 2,5 per cento per ogni semestre compiuto gli interessi relativi alle somme dovute per le imposte sulle successioni e per le imposte ipotecarie e catastali, versate entro sessanta giorni da quello in cui è stato notificato l'avviso di liquidazione.

 

Il comma 4 dell’articolo in esame consente di rideterminare annualmente la misura generale del tasso di interesse - di cui al comma 1 - con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Il comma 5 reca la clausola di invarianza finanziaria.


 

Articolo 14
(Notifica a mezzo di posta elettronica certificata)

 

L’articolo 14 reca norme volte a potenziare la diffusione dell’utilizzo della posta elettronica certificata nell’ambito delle procedure di notifica.

In particolare è stato sostituito il secondo comma dell'articolo 26 del DPR n. 602 del 1973, che consentiva di eseguire la notifica della cartella a mezzo posta elettronica certificata, all'indirizzo risultante dagli elenchi a tal fine previsti dalla legge, resi consultabili, anche in via telematica, dagli agenti della riscossione.

Con le nuove norme resta fermo che la notifica della cartella possa essere eseguita, con le modalità di legge, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo risultante dagli elenchi a tal fine previsti dalla legge.

La novità consiste nel fatto che per le imprese individuali o costituite in forma societaria, nonché per i professionisti iscritti in albi o elenchi, la notifica avviene esclusivamente con tali modalità, all’indirizzo risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC). Qualora l’indirizzo di posta elettronica del destinatario non risulti valido, la notificazione viene eseguita mediante deposito presso la Camera di Commercio competente per territorio. Analogamente si procede, quando la casella di posta elettronica risulta satura.

Per le persone fisiche intestatarie di una casella di posta elettronica certificata, che ne facciano richiesta, la notifica è eseguita esclusivamente con le suddette modalità all’indirizzo dichiarato all’atto della richiesta stessa, ovvero a quello successivamente comunicato all’agente della riscossione all’indirizzo di posta elettronica risultante dall’indice degli indirizzi delle pubbliche amministrazioni (istituito ai sensi dell’articolo 57-bis del D.Lgs. 7 marzo 2005 n. 82).

Le norme introdotte trovano applicazione per le notifiche effettuate dal 1° giugno 2016.


 

Articolo 15
(Disposizioni transitorie)

 

L’articolo 15 reca la disciplina transitoria, in particolare disponendo una specifica decorrenza per alcune delle norme recate dalla proposta normativa in esame.

In primo luogo, si sancisce che le novellate disposizioni in materia di sospensione legale della riscossione (articolo 1, commi da 538 a 540 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, modificate dall'articolo 1 del decreto in esame) si applicano alle dichiarazioni presentate successivamente al 22 ottobre 2015, data di relativa entrata in vigore del decreto in esame.

Si demanda a un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate la disciplina delle modalità telematiche di presentazione della dichiarazione e di invio della risposta al debitore. Fino alla data fissata da tale provvedimento resta fermo quanto disposto dalle stesse disposizioni nella versione in vigore antecedente alle modifiche apportate.

 

Il comma 2 reca una specifica decorrenza delle norme (articolo 2, comma 1 del decreto in esame) che hanno novellato le modalità di rateazione delle somme dovute a seguito di controlli automatici e controlli formali sulle dichiarazioni.

In particolare, esse si applicano a decorrere dalle dichiarazioni relative al periodo d'imposta in corso:

a)  al 31 dicembre 2014, per le somme dovute all’esito dei controlli automatici, in particolare ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462; si tratta delle somme pagate entro trenta giorni dal ricevimento della relativa comunicazione della liquidazione, nella quale ipotesi l'ammontare delle sanzioni dovute è ridotto ad un terzo e gli interessi sono dovuti fino all'ultimo giorno del mese antecedente a quello dell'elaborazione della comunicazione;

b)  al 31 dicembre 2013, per le somme dovute ad esito di controlli formali, e in particolare ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462; se le somme sono pagate con delega bancaria entro 30 giorni dalla comunicazione dell’esito, l'ammontare delle sanzioni amministrative dovute è ridotto ai due terzi e gli interessi sono dovuti fino all'ultimo giorno del mese antecedente a quello dell'elaborazione della comunicazione;

c)  al 31 dicembre 2012, per le somme contenute negli avvisi di liquidazione riguardanti redditi soggetti a tassazione separata (ai sensi dell'articolo 1, comma 412, della legge 30 dicembre 2004, n. 311), a seguito della liquidazione dell'imposta dovuta sui redditi relativi a lavoro dipendente soggetti a tassazione separata (tra cui il TFR, comunque i redditi cui all'articolo 17 del testo unico delle imposte sui redditi, D.P.R. n. 917 del 1986); è fatta eccezione per le somme dovute relativamente alle altre tipologie di redditi soggetti a tassazione separata (di cui all'articolo 21 del TUIR), per cui le disposizioni sulla dilazione si applicano a decorrere dalle dichiarazioni relative al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2013.

 

Il comma 3 chiarisce che le disposizioni di cui all'articolo 2, commi da 2 a 4 (rispettivamente concernenti i versamenti di somme dovute a seguito di accertamento con adesione; i pagamenti per acquiescenza all’accertamento con adesione; pagamento delle somme rateizzate successivamente all’accertamento con adesione e delle sanzioni ridotte a seguito di acquiescenza), non si applicano agli atti di adesione, agli atti definiti ai sensi delle norme in materia di acquiescenza (articolo 15 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218), alle conciliazioni giudiziali e alle mediazioni tributarie già perfezionati alla data di entrata in vigore del decreto in esame.

 

Il comma 4 prevede una decorrenza differenziata per le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 1, ossia le nuove norme sull’inadempimento nei pagamenti delle somme rateizzate. Esse si applicano:

a)  le rateazioni di somme dovute a seguito di controlli automatici e controlli formali sulle dichiarazioni (articolo 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462), a decorrere dalle dichiarazioni relative al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014, per le somme dovute ai sensi del già menzionato articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462 (esito di controlli automatici, con pagamento tempestivo e riduzione di sanzioni e interessi); al 31 dicembre 2013, per le somme dovute ai sensi del già menzionato articolo 3, comma 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462 (somme dovute all’esito di controlli formali, con sanzioni e interessi ridotti se il pagamento è tempestivo); al 31 dicembre 2012, per le somme dovute somme contenute negli avvisi di liquidazione riguardanti redditi soggetti a tassazione separata (ai sensi dell'articolo 1, comma 412, della legge 30 dicembre 2004, n. 311), a seguito della liquidazione dell'imposta dovuta sui redditi relativi a lavoro dipendente soggetti a tassazione separata (tra cui il TFR, comunque i redditi cui all'articolo 17 del testo unico delle imposte sui redditi, D.P.R. n. 917 del 1986); è fatta eccezione per le somme dovute relativamente alle altre tipologie di redditi soggetti a tassazione separata (di cui all'articolo 21 del TUIR), per cui le disposizioni sulla dilazione si applicano a decorrere dalle dichiarazioni relative al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2013;

b)  le rateazioni di somme dovute a seguito di adesione all’accertamento (articolo 8 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218), agli atti di adesione, agli atti definiti per acquiescenza (ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218), alle conciliazioni giudiziali e alle mediazioni tributarie perfezionati a decorrere dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

 

Ai sensi del comma 5, le novelle alla disciplina della rateazione delle somme iscritte a ruolo (di cui all'articolo 19, commi 1, 1-quater e 3, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, modificate dall'articolo 10 del presente decreto), si applicano alle dilazioni concesse e ai ruoli consegnati a decorrere dal 22 ottobre 2015, data di entrata in vigore del decreto in commento.

 

Ai sensi del comma 6, le norme che consentono, in caso di sospensione della riscossione, di non versare le successive rate del piano concesso e di chiedere – allo scadere della sospensione – la dilazione delle somme residue, si applicano alle dilazioni concesse dal 22 ottobre 2015 e ai piani di rateazione in essere alla stessa data.

 

Il comma 7 prescrive che le somme iscritte a ruolo non ancora versate, oggetto di piani di rateazione concessi dagli agenti della riscossione e decaduti nei 24 mesi antecedenti al 22 ottobre 2015, possono, a semplice richiesta del contribuente, da presentarsi inderogabilmente entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, essere ripartite fino a un massimo di 72 rate mensili. E’ introdotta così la possibilità per il contribuente di chiedere un ulteriore piano di rateazione, nel caso di decadenza del primo piano di rateazione concesso, anche con riferimento ai piani di rateazione decaduti nei 24 mesi antecedenti all’entrata in vigore del decreto. Tale possibilità non si configura per i piani di rateazione delle somme dovute a seguito di acquiescenza o di accertamento con adesione.

 

In tal caso, ferma restando l'applicazione delle disposizioni generali, il mancato pagamento di due rate anche non consecutive, determina la decadenza automatica dal beneficio della rateazione.