Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Revisione del sistema sanzionatorio - Atto del Governo 183-bis
Riferimenti:
SCH.DEC 183-BIS/XVII     
Serie: Atti del Governo    Numero: 188    Progressivo: 1
Data: 14/09/2015
Descrittori:
ENTRATE TRIBUTARIE   L 2014 0023
PENE   REATI TRIBUTARI
SANZIONI AMMINISTRATIVE     
Organi della Camera: II-Giustizia
VI-Finanze
Altri riferimenti:
L N. 23 DEL 11-MAR-14     

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Atti del Governo

Revisione del sistema sanzionatorio

Schema di D.Lgs. n. 183-bis

(Artt. 1, co. 7, e 8, co. 1, L. 23/2014)

 

 

 

 

 

 

 

n. 188/1

 

 

 

14 settembre 2015


SENATO DELLA REPUBBLICA:

 

Servizio del Bilancio

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Elementi di documentazione n. 30/1

 

Servizio Studi

Tel. 06 6706-2451

Studi1@senato.it

 

 

 

CAMERA DEI DEPUTATI:

 

Servizio Studi

Dipartimento finanze

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Dipartimento giustizia

Tel. 06 6760-9559 – st_giustizia@camera.it - Twitter_logo_blue.png CD_giustizia

 

Atti del Governo n. 188/1

 

 

 

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In copertina: Piazza San Macuto in una stampa d’epoca

 

 

 

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INDICE

Schede di lettura

§  Contenuto. 3

§  Titolo I: Revisione del sistema sanzionatorio penale tributario. 4

§  Titolo II: Revisione del sistema sanzionatorio amministrativo. 16


Schede di lettura


Contenuto

Lo schema di decreto prevede la revisione del sistema penale tributario, mediante modifiche del D.Lgs. n. 74 del 2000 (Titolo I) e la modifica dell’impianto sanzionatorio amministrativo (Titolo II).

Il decreto dà attuazione all’articolo 8 della legge delega n. 23 del 2014, il quale reca i principi e criteri direttivi per la revisione del sistema sanzionatorio penale, che deve essere attuata secondo criteri di predeterminazione e proporzionalità, e la revisione del regime della dichiarazione infedele e del sistema sanzionatorio amministrativo al fine di meglio correlare le sanzioni all’effettiva gravità dei comportamenti, con la possibilità di ridurre le sanzioni per le fattispecie meno gravi o di applicare sanzioni amministrative anziché penali, tenuto anche conto di adeguate soglie di punibilità.

Lo schema in esame dà attuazione, inoltre, alla delega nella parte in cui si dispone che l'Autorità giudiziaria possa affidare i beni sequestrati in custodia giudiziale all'amministrazione finanziaria, in luogo degli organi della polizia giudiziaria, al fine di utilizzarli direttamente per le proprie esigenze operative (articolo 13).

Al riguardo si rileva preliminarmente che verranno più diffusamente illustrate le disposizioni modificate rispetto all’A.G. n. 183 ovvero oggetto di rilievi da parte delle Commissioni parlamentari competenti.

Per le disposizioni non modificate dallo schema in esame sarà data una panoramica sintetica, ovvero ne sarà indicato il solo oggetto; si rinvia al dossier n. 188 dell’8 luglio 2015, relativo all’A.G. n. 183, per una più compiuta illustrazione.


Titolo I: Revisione del sistema sanzionatorio penale tributario

 

 

L’articolo 1 interviene sull’articolo 1 del D.Lgs. n. 74 del 2000, modificando e aggiungendo alcune definizioni volte a chiarire la portata dei termini impiegati nei titoli successivi del decreto.

 

E’ stata accolta la condizione di cui alla lettera a) del parere reso dalle Commissioni riunite Giustizia e Finanze della Camera volta ad integrare la definizione di “dichiarazione”, contenuta al all’articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 74 del 2000, includendovi anche quelle presentate dal sostituto d’imposta (articolo 1, comma 1, nuova lettera b) del decreto in esame).

 

In relazione alla definizione di “imposta evasa” (lettera c), che modifica la lettera f) dell’articolo 1, comma 1 del decreto legislativo n. 74 del 2000), non è stata accolta l’osservazione di cui alla lettera a) del parere reso dalle Commissioni riunite Giustizia e Finanze del Senato, volta a chiarire il significato di tale definizione nel caso di consolidato fiscale, in quanto – secondo il Governo – non vi è attinenza con le finalità della modifica in esame, volta a chiarire che non si considera imposta evasa quella teorica collegata alla rettifica di perdite.

 

Si evidenzia che l’articolo 25 del provvedimento in esame ha disciplinato, nell’ambito dei procedimenti di accertamento e di adesione, le modalità di riconoscimento di eventuali perdite da computare in diminuzione dal maggior reddito imponibile accertato, sulla falsariga di quanto previsto nella disciplina del consolidato nazionale per i soggetti aderenti alla tassazione di gruppo (articolo 40-bis del D.P.R. n. 600 del 1973).

 

In relazione alle "operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente" (lettera d), che modifica la lettera g-bis) dell’articolo 1, comma 1 del decreto legislativo n. 74 del 2000) è stata accolta la condizione di cui alla lettera c) del parere reso dalle Commissioni riunite Giustizia e Finanze della Camera, volta a chiarire che con tale definizione si intendono le operazioni apparenti, diverse dalla fattispecie di abuso del diritto, poste in essere con la volontà di non realizzarle in tutto o in parte, ovvero le operazioni riferite a soggetti fittiziamente interposti.

 

Non è stata accolta l’osservazione di cui alla lettera b) del parere reso dalle Commissioni riunite Giustizia e Finanze della Camera, nella parte in cui chiede di rivedere la definizione di “operazioni simulate” facendo riferimento ad una situazione oggettiva solo apparente, mentre la situazione giuridica occulta è l’unica reale e vincolante. Al riguardo il Governo ha osservato che una tale revisione potrebbe comportare il rischio di attrarre nella definizione di simulazione le fattispecie di abuso del diritto.

 

Non è stata accolta l’osservazione di cui alla lettera b) del parere reso dalle Commissioni riunite Giustizia e Finanze del Senato, nella parte in cui suggerisce di ricomprendere nell’ambito di una medesima categoria definitoria le definizioni di operazioni simulate e mezzi fraudolenti (questi ultimi definiti come le condotte artificiose attive, oltre che quelle omissive, realizzate in violazione di uno specifico obbligo giuridico che determinano una falsa rappresentazione della realtà (lettera g-ter)).

 

 

L’articolo 2, non modificato, attraverso la soppressione della parola “annuali” nell'articolo 2, comma 1, del D.Lgs. n. 74 del 2000, estende il novero delle dichiarazioni rilevanti al fine del reato ivi previsto, estendendo la portata della sanzione penale a tutte le dichiarazioni relative alle imposte sui redditi e all’IVA, comprese quelle che vengono presentate in occasione di operazioni straordinarie o nell’ambito di procedure concorsuali.

 

 

L’articolo 3, non modificato, sostituisce la disposizione relativa al reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (articolo 3 del D.Lgs. n. 74 del 2000), modificando la condotta punibile, elevando la soglia di punibilità ed escludendo esplicitamente da tale fattispecie la mancata fatturazione o la sottofatturazione.

Con la modifica della struttura dell’illecito, il delitto si trasforma da reato proprio dei soli contribuenti obbligati alla tenuta delle scritture contabili in reato ascrivibile a qualunque soggetto tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi o a fini IVA.

 

Rimane ferma la pena, da un anno e sei mesi a sei anni, nei confronti di chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente ovvero avvalendosi di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria, indica in dichiarazione elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizie.

Rispetto alla formulazione attuale scompare la disposizione che richiede l’elemento della “falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie”.

Sul piano oggettivo la norma in esame estende la condotta punibile in quanto il reato sarà integrato, oltre che nel caso di indicazione in dichiarazione di “elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi”, anche qualora la falsa indicazione abbia ad oggetto “crediti e ritenute fittizi”.

 

Non è stata accolta la condizione di cui alla lettera d) del parere reso dalle Commissioni riunite II Giustizia e VI Finanze della Camera dei deputati, volta a sopprimere il riferimento agli altri mezzi fraudolenti idonei a ostacolare l’accertamento e a indurre in errore l’amministrazione finanziaria, in quanto l'induzione in errore è stata ritenuta coerente con la natura fraudolenta del mezzo adoperato.

 

Per la configurazione del reato devono, inoltre, sussistere congiuntamente i seguenti presupposti (soglie di punibilità):

a)  imposta evasa superiore a 30 mila euro con riferimento a taluna delle singole imposte (soglia non modificata);

b)  elementi attivi sottratti all’imposizione (anche considerando gli elementi passivi fittizi) superiori al 5 per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione (soglia invariata) o comunque superiore a 1,5 milioni di euro (soglia aumentata rispetto alla vigente soglia di 1 milione); in alternativa, qualora la condotta fraudolenta abbia ad oggetto crediti e ritenute fittizie, il reato è configurabile ove l’ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie in diminuzione dell’imposta è superiore al 5 per cento dell’ammontare dell’imposta medesima o comunque a euro 30.000.

 

Il comma 2 stabilisce che il fatto si considera commesso avvalendosi di documenti falsi quando tali documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie o sono detenuti a fini di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria. Tale disposizione riprende quella già contenuta nel comma 2 dell'articolo 2 del medesimo decreto a proposito del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

 

Il comma 3 chiarisce, per altro verso, che non rientrano tra i “mezzi fraudolenti” perseguiti dalla norma in esame, la mera violazione degli obblighi di fatturazione e di annotazione degli elementi attivi nelle scritture contabili (ad es. la mancata emissione dello scontrino fiscale) e di annotazione dei corrispettivi nelle scritture contabili, o la mera indicazione nelle fatture o nelle annotazioni di corrispettivi inferiori a quelli reali (sottofatturazione).

 

Non è stata accolta la condizione di cui alla lettera e) del parere reso dalle Commissioni riunite Il Giustizia e VI Finanze della Camera dei deputati, volta ad includere tra i mezzi fraudolenti anche l’indicazione nelle fatture o nelle annotazioni di elementi attivi inferiori a quelli reali.

Al riguardo, secondo il Governo, la legge delega prevede che sia dato rilievo a comportamenti fraudolenti, simulatori o finalizzati alla creazione e all'utilizzo di documentazione falsa (ai sensi dell’articolo 8, comma 1, della legge n. 23 del 2014), mentre nella specie trattasi di sola indicazione di elementi attivi inferiori a quelli reali, non accompagnata da elementi fraudolenti.

 

 

L’articolo 4, modificando la disciplina del reato di dichiarazione infedele (previsto dall’articolo 4 del D.Lgs. n. 74 del 2000), eleva le soglie di punibilità ed esclude dall’ambito applicativo della norma una serie di condotte: la non corretta classificazione, la valutazione di elementi esistenti e riportati in bilancio, la violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza, della non inerenza e della non deducibilità di elementi passivi reali.

Si prevede infine una “franchigia” di non punibilità per le valutazioni che, singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al dieci per cento da quelle corrette; degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità del reato.

 

Le lettere a) e b) del comma 1 elevano le soglie di punibilità del reato di dichiarazione infedele che punisce con la reclusione da uno a tre anni (pena non modificata) chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi.

Per la configurazione del reato devono, inoltre, sussistere congiuntamente i seguenti presupposti (soglie di punibilità):

a)  imposta evasa superiore a 150 mila euro con riferimento a taluna delle singole imposte (la soglia attuale è di 50 mila euro);

b)  elementi attivi sottratti all’imposizione (anche considerando gli elementi passivi fittizi) superiori al 10 per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione (soglia invariata) o comunque superiore a 3 milioni di euro (soglia aumentata rispetto alla vigente soglia di 2 milioni).

 

La lettera c) aggiunge i commi 1-bis e 1-ter all’articolo 4 del D.Lgs. n. 74 del 2000. Il nuovo comma 1-bis prevede che, ai fini della configurabilità del delitto di dichiarazione infedele, non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati in bilancio o in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell'esercizio di competenza, della non inerenza e della non deducibilità di elementi passivi reali.

 

Il nuovo comma 1-ter stabilisce, inoltre, che non danno comunque luogo a fatti punibili a titolo di dichiarazione infedele le valutazioni che singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10 per cento da quelle corrette e che degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità previste dal comma 1, lettere a) e b). Pertanto, nella verifica del superamento delle soglie di punibilità del delitto concernente la dichiarazione infedele non dovrà tenersi conto degli importi compresi entro il 10 per cento, anche quando lo scarto complessivo eccedesse il limite tollerato.

 

E’ stata accolta la condizione di cui alla lettera h) del parere reso dalle Commissioni riunite Il Giustizia e VI Finanze della Camera dei deputati, volta a distinguere le due diverse fattispecie contenute nei commi 1-bis e 1-ter.

Con tale modifica il Governo ritiene accolta anche l'osservazione di cui alla lettera d) del citato parere reso dalle Commissioni riunite Giustizia e Finanze e tesoro del Senato, volta a sopprimere il predetto comma 1-ter poiché, introducendo un’ulteriore franchigia del 10 per cento sulle singole operazioni, si estenderebbe eccessivamente l’effetto di sanatoria rispetto a quanto già previsto dal medesimo articolo.

 

E’ stata accolta la condizione di cui alla lettera g) del parere reso dalle Commissioni riunite Il Giustizia e VI Finanze della Camera dei deputati, volta a sostituire la parola "fittizi", ovunque presente nell'articolo 4 del decreto legislativo n. 74 del 2000, con la parola "inesistenti", al fine di rendere la struttura del reato perfettamente coerente con il carattere della infedeltà.

 

Non è stata accolta l'osservazione di cui alla lettera c) del parere reso dalle Commissioni riunite Giustizia e Finanze e tesoro del Senato della Repubblica, volta a eliminare il riferimento all’annualità della dichiarazione, in quanto il Governo ha ritenuto che essa potesse ingenerare un rischio di incertezza nell'applicazione della norma penale.

 

Non è stata accolta l'osservazione di cui al n. 3) del parere reso dalle Commissioni riunite II Giustizia e VI Finanze della Camera, volta a innalzare le pene previste dagli articoli 3 (Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici) e 4 (Dichiarazione Infedele) del decreto legislativo n. 74 del 2000, in quanto le stesse sono state considerate adeguate alla gravità dei rispettivi reati.

 

 

L’articolo 5 eleva la pena della reclusione prevista per il reato di omessa dichiarazione (articolo 5 del D.Lgs. n. 74 del 2000); la nuova pena è fissata tra un anno e sei mesi a quattro anni (la pena vigente è da un anno a tre anni). Allo stesso tempo è elevata la soglia di punibilità che scatta quando l’imposta evasa è superiore a 50 mila euro (la soglia attuale è di 30 mila euro).

 

Il comma 1-bis introduce il nuovo reato di omessa dichiarazione del sostituto d’imposta che punisce, con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni, chiunque non presenta, essendovi tenuto, la dichiarazione di sostituto d’imposta (il c.d. modello 770), quando l’ammontare delle ritenute non versate è superiore a 50 mila euro.

Per entrambi i reati previsti dall’articolo 5, i limiti massimi di pena (superiori a tre anni) consentono, ex art. 280 c.p.p., l’applicazione di misure coercitive diverse dalla custodia in carcere (arresti domiciliari, divieto di espatrio, obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, divieto e obbligo di dimora).

 

E’ stata quindi accolta la condizione di cui alla lettera i) del parere reso dalle Commissioni riunite II Giustizia e VI Finanze della Camera dei deputati, volta a uniformare la sanzione prevista dal comma 1-bis a quella del comma 1.

 

E’ stata accolta l'osservazione di cui alla lettera e) del parere reso dalle Commissioni riunite Giustizia e Finanze e tesoro del Senato, volta a estendere al nuovo reato di omessa dichiarazione di sostituto d’imposta la previsione di cui al comma 2 dell’articolo 5, ai sensi del quale non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto.

 

Non è stata accolta la condizione di cui alla lettera f) del parere reso dalle Commissioni riunite II Giustizia e VI Finanze della Camera, finalizzata all'individuazione, con riferimento ai reati di omessa dichiarazione, di omesso versamento di ritenute certificate e di omesso versamento IVA (articoli 5, 10-bis e 10-ter del D.Lgs. n. 74 del 2000), di una più idonea qualificazione delle condotte omissive di versamenti o di ritenute e delle relative pene, laddove qualificate da strategie fraudolente non riconducibili a reali situazioni di crisi aziendale, trattandosi di condotte rientranti in diverse e già previste ipotesi di reato (articoli 2 e 3 del medesimo D.Lgs. n. 74 del 2000).

 

 

L'articolo 6, non modificato, intervenendo sull'articolo 10 del D.Lgs. n. 74 del 2000, eleva la pena edittale a carico di chi, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l'evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari. La nuova pena va da un anno e sei mesi fino a sei anni di reclusione (la pena attuale è da sei mesi a cinque anni).

Il superamento della soglia dei cinque anni, ai sensi degli articoli 266 e 280 c.p.p., comporta - nelle indagini per l’occultamento e la distruzione di documenti contabili – il possibile utilizzo sia delle intercettazioni telefoniche che della custodia cautelare in carcere.

 

 

L’articolo 7, modificando l’articolo 10-bis del D.Lgs. n. 74 del 2000, chiarisce la portata del reato di omesso versamento di ritenute certificate e innalza la soglia di non punibilità da 50 mila euro a 150 mila euro.

 

Il reato di omesso versamento di ritenute certificate punisce con la reclusione da sei mesi a due anni (pena non modificata) chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta le ritenute “dovute sulla base della dichiarazione” (inserito con la norma in esame) ovvero risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a “150 mila euro” (la soglia vigente è di 50 mila euro) per ciascun periodo d’imposta. Ne consegue che nel reato di omesso versamento delle ritenute le omissioni non devono più necessariamente risultare dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, essendo sufficiente che esse siano dovute in base alla dichiarazione.

 

E’ stata accolta l’osservazione di cui alla lettera f) del parere reso dalle Commissioni riunite Giustizia e Finanze del Senato, volta ad integrare la rubrica del novellato articolo 10-bis del decreto legislativo n. 74 del 2000, in materia di omesso versamento di ritenute certificate, tenendo conto delle modifiche introdotte e, in particolare, dell'estensione del comportamento omissivo non più alle sole ritenute "certificate", ma anche a quelle "dovute" sulla base della dichiarazione annuale del sostituto d'imposta.

 

 

L’articolo 8, non modificato, sostituendo l’articolo 10-ter del D.Lgs. n. 74 del 2000, eleva la soglia di punibilità del reato di omesso versamento dell’IVA da 50 mila a 250 mila euro per ciascun periodo di imposta.

 

L’attuale formulazione dell’articolo 10-ter prevede l’applicazione di quanto previsto dall’articolo 10-bis dello stesso D.Lgs. n. 74 del 2000 (omesso versamento di ritenute certificate: pena da sei mesi a due anni, soglia di punibilità di 50 mila euro) anche a chiunque non versa l’IVA, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo.

La norma in esame, senza fare riferimento all’articolo 10-bis, esplicita che è punito con la reclusione da sei mesi a due anni (pena non modificata) chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a 250 mila euro (la soglia vigente è di 50 mila euro) per ciascun periodo d’imposta.

 

Non è stata accolta la condizione dì cui alla lettera j) del parere reso dalle Commissioni riunite II Giustizia e VI Finanze della Camera volta a uniformare a 150 mila euro le soglie di punibilità per i reati di omesso versamento di ritenute certificate e omesso versamento IVA, in quanto il Governo ha ritenuto la differenziazione delle soglie più rispondente al principio di adeguatezza delle soglie di punibilità alla gravità della condotta sancito dall'articolo 8, comma 1, della legge n. 23 del 2014.

 

 

L’articolo 9, non modificato, sostituendo l’articolo 10-quater del D.Lgs. n. 74 del 2000, distingue l’ipotesi di indebita compensazione di crediti non spettanti - per la quale rimane ferma la vigente pena, da sei mesi a due anni, nei confronti di chi non versa le somme dovute - dall’ipotesi di indebita compensazione di crediti inesistenti, punita più severamente con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. Per entrambe rimane ferma la vigente soglia di punibilità di 50 mila euro. Anche in tal caso, nella seconda più grave fattispecie di reato, il limite massimo di pena superiore a cinque anni consente alla magistratura l’uso delle intercettazioni e della custodia cautelare.

 

 

Non è stata accolta l’osservazione di cui alla lettera g) del parere reso dalle Commissioni riunite Giustizia e Finanze del Senato, volta a distinguere la nozione di "crediti non spettanti" da quella di "crediti inesistenti", in quanto tale distinzione è contenuta all'articolo 15, comma 1, lettera o) del decreto, che modifica l'articolo 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997, che introduce la disciplina dell'utilizzo in compensazione di un credito inesistente, definito come il "credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli automatizzati". La relazione illustrativa al riguardo chiarisce che devono escludersi dall'ambito applicativo della disposizione tutte quelle ipotesi in cui l'inesistenza del credito emerga direttamente da detti controlli operati dall'Amministrazione nonché quelle ipotesi di utilizzazione di crediti in violazione di regole di carattere procedurale non prescritte a titolo costitutivo del credito stesso.

 

 


L’articolo 10 inserisce nel D.Lgs. n. 74 del 2000 il nuovo articolo 12-bis, il quale dispone che nel caso di condanna o di patteggiamento (applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’articolo 444 del c.p.p.) per uno dei delitti previsti dallo stesso D.Lgs. n. 74 del 2000 è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo (cd. confisca obbligatoria), salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando non è possibile, la confisca per equivalente di beni per un valore corrispondente nella disponibilità del reo. Tale previsione, priva di sostanziale portata innovativa, esplicita direttamente quanto già previsto - con il rinvio operato all’art. 322-ter c.p. (confisca obbligatoria a seguito di condanna per reati contro la P.A.) dall’art. 1, comma 143 della legge finanziaria 2008 - in materia di confisca obbligatoria per reati tributari.

 

Sono state accolte, nella sostanza, la condizione di cui alla lettera k) del parere reso dalle Commissioni riunite Il Giustizia e VI Finanze della Camera e le osservazioni di cui alle lettere h) e i) del parere reso dalle Commissioni riunite del Senato, volte ad assicurare la restituzione delle somme all’erario, prevedendo – al comma 2 - che la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro. Nel caso di mancato versamento la confisca è sempre disposta.

 

 

L’articolo 11, non modificato, sostituendo l’articolo 13 del D.Lgs. n. 74 del 2000, introduce (comma 1) una causa di non punibilità rappresentata dall'integrale pagamento - prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado - di tutte le somme dovute a titolo di imposta, sanzioni e interessi, per i reati di omesso versamento delle ritenute certificate (art. 10-ter), di omesso versamento dell’IVA (art. 10-bis) e dell’indebita compensazione di crediti non spettanti (art. 10-quater, comma 1).

Il pagamento degli importi dovuti può essere fatto anche mediante le speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento, nonché mediante il ravvedimento operoso.

 

Il comma 2 del nuovo articolo 13 prevede che per i reati di dichiarazione infedele (articolo 4) e di omessa dichiarazione (articolo 5) la non punibilità scatta solo con l’integrale pagamento degli importi dovuti (debiti tributari, sanzioni e interessi), a condizione che il ravvedimento o la presentazione della dichiarazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

Il pagamento degli importi dovuti può avvenire tramite il ravvedimento operoso o la presentazione della dichiarazione omessa (nelle ipotesi di omessa presentazione) entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo.

Non è stata accolta la condizione di cui alla lettera b) del parere reso dalle Commissioni riunite Giustizia e Finanze del Senato, volta a modificare il comma 1 prevedendo - in analogia con quanto già previsto al comma 2 - che non siano punibili i reati di cui agli articoli 10-bis e 10-ter, se i debiti tributari, siano stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

Al riguardo il Governo ha ritenuto che le fattispecie previste dai commi 1 e 2 del nuovo art. 13 del D.Lgs. n. 74 del 2000 presentano profili di diversità che non appaiono idonei a giustificare un trattamento analogo.

 

Il comma 3 prevede che nel caso in cui il contribuente, prima dell'apertura del dibattimento di primo grado, stia provvedendo all'estinzione del debito tributario mediante rateizzazione, anche ai fini dell'applicabilità delle circostanze attenuanti previste dall’articolo 13-bis (introdotto dal successivo articolo 12 del provvedimento in esame), è data la possibilità allo stesso contribuente di pagare il debito residuo entro tre mesi, termine che può essere prorogato per ulteriori tre mesi dal giudice una sola volta, ferma restando la sospensione della prescrizione.

 

 

L’articolo 12, inserisce il nuovo articolo 13-bis del D.Lgs. n. 74 del 2000, relativo alle circostanze del reato.

Il comma 1 prevede, al di fuori dei casi di non punibilità (indicati dall’articolo 13 per i reati espressamente indicati), la diminuzione fino alla metà delle pene (la norma vigente prevede la riduzione fino ad un terzo), senza applicazione delle pene accessorie, nel caso in cui il debito tributario sia estinto mediante pagamento integrale prima dell'apertura del dibattimento di primo grado, anche a seguito speciali procedure conciliative e di adesione all'accertamento previste dalle norme tributarie.

 

Non è stata accolta l'osservazione di cui alla lettera I), primo periodo, del parere reso dalle Commissioni riunite Giustizia e Finanze del Senato, volta a prevedere l’applicazione della circostanza attenuante anche se il contribuente procede alla rateizzazione delle somme dovute o alla prosecuzione del pagamento rateale già concesso, in quanto ritenuta incoerente con la necessità che il debito sia estinto mediante integrale pagamento delle somme dovute.

 

Il comma 2 condiziona la richiesta di patteggiamento per i delitti di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000 al solo caso in cui sia stato pagato integralmente il debito tributario prima dell’apertura del dibattimento (comma 1) ovvero nel caso in cui sia stato esperito il ravvedimento operoso.

Da tale previsione sono escluse le ipotesi di cui all’articolo 13, comma 2, ovvero i casi in cui l’autore dei reati di dichiarazione infedele e omessa dichiarazione abbia avuto formale conoscenza dell’avvio di un procedimento penale o di un’attività di controllo.

In accoglimento dell’osservazione cui alla lettera m) del parere reso dalle Commissioni riunite Giustizia e Finanze del Senato, il comma 2 dell’articolo 13-bis è stato riformulato, al fine di fare escludere anche il caso in cui i debiti tributari sono stati estinti prima dell’apertura del dibattimento in primo grado (comma 1 dell’articolo 13) anche in seguito di conciliazione e di accertamento con adesione ovvero di ravvedimento operoso.

 

Il comma 3 prevede che se il reato è commesso dal compartecipe nell'esercizio dell'attività di consulenza fiscale, esercitata da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario attraverso l'elaborazione di modelli di evasione fiscale, le pene stabilite per il Titolo II del decreto legislativo n. 74 del 2000 sono aumentate della metà.

E’ stata così accolta la condizione di cui alla lettera l) del parere reso dalle Commissioni riunite II Giustizia e VI Finanze della Camera dei deputati e solo in parte l’osservazione di cui alla lettera ff) del parere reso dalle Commissioni riunite 2a Giustizia e 6a Finanze del Senato (che chiede un raddoppio delle pene stabilite per i delitti di cui al titolo II ove l’imposta evasa sia superiore a tre milioni di euro i fatti siano commessi nell’esercizio di un’attività bancaria o finanziaria).

 

Non è stata accolta la condizione di cui alla lettera c) del parere reso dalle Commissioni riunite 2a Giustizia e 6a Finanze del Senato, volta a sopprimere il comma 3, in quanto il Governo ha ritenuto che la previsione della legge di delega (articolo 8, comma 1) - ai sensi della quale la punibilità dei reati tributari considerati deve essere compresa fra un minimo di sei mesi ed un massimo di sei anni delle pene edittali - riguardi le pene previste per il reato semplice e non quelle previste per il reato circostanziato.

 

Non è stata accolta l'osservazione di cui alla lettera n) del parere reso dalle Commissioni riunite Giustizia e Finanze del Senato, volta a prevedere che della diminuzione di pena prevista non si tiene conto ai fini della sostituzione della pena detentiva inflitta con la pena pecuniaria, in quanto ritenuta in contrasto con modifiche già approvate all’articolo 13 del D.Lgs. n. 74 del 2000 .

 

 

L’articolo 13, non modificato, introducendo l’articolo 18-bis nel D.Lgs. n. 74 del 2000, prevede che i beni sequestrati nell'ambito dei procedimenti penali relativi ai delitti previsti da detto decreto e ad ogni altro delitto tributario, diversi dal denaro e dalle disponibilità finanziarie, possano essere affidati dall'autorità giudiziaria in custodia giudiziale agli organi dell'amministrazione finanziaria che ne facciano richiesta per le proprie esigenze operative.

Il comma 2 fa espressamente salve le disposizioni dell'articolo 61, comma 23, del decreto­legge 25 giugno 2008, n. 112 e dell'articolo 2 del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, in materia di affluenza al “Fondo unico giustizia” delle somme di denaro sequestrate e dei proventi derivanti dai beni confiscati.

 

L’articolo 14 dispone l’abrogazione espressa degli articoli 7 (Rilevazioni nelle scritture contabili e nel bilancio) e 16 (Adeguamento al parere del Comitato per l’applicazione delle norme antielusive) del D.Lgs. n. 74 del 2000 e dell’articolo 1, comma 143, della legge n. 244 del 2007 (in tema di confisca che, come detto, è stato trasfuso nel nuovo articolo 12-bis del D.Lgs. n. 74 del 2000 ad opera dell’articolo 10 del provvedimento in esame).

 

Non sono state accolte le osservazioni di cui alle lettere o) e p) del parere reso dalle Commissioni riunite 2a Giustizia e 6a Finanze del Senato, volte ad introdurre modifiche di coordinamento agli articoli 14 e 22 del decreto legislativo n. 74 del 2000 e ad inserire all’interno del medesimo decreto la fattispecie incriminatrice di cui all’articolo 11, comma 1, del decreto legge n. 201 del 2011, in materia di delitto di esibizione di falsa documentazione e di fornitura di notizie non rispondenti al vero. Il Governo al riguardo ha ritenuto di non poterle prendere in considerazione, trattandosi di modifiche non attinenti a quelle già introdotte con il presente decreto.


Titolo II: Revisione del sistema sanzionatorio amministrativo

 

 

Il Titolo II dello schema in esame riguarda il sistema sanzionatorio amministrativo, in attuazione dell’articolo 8, comma 1, della legge delega, il quale, si ricorda, prevede la revisione del sistema sanzionatorio amministrativo al fine di meglio correlare, nel rispetto del principio di proporzionalità, le sanzioni all'effettiva gravità dei comportamenti; un altro criterio di delega prevede la possibilità di ridurre le sanzioni per le fattispecie meno gravi o di applicare sanzioni amministrative anziché penali, tenuto anche conto di adeguate soglie di punibilità.

 

Il Capo I (contenente il solo articolo 15), attua, in generale, il principio di proporzionalità della risposta sanzionatoria di fronte a condotte illecite che riguardano imposte dirette, Iva e riscossione di tributi, con l'obiettivo di graduare le sanzioni riducendole per gli illeciti di più lieve disvalore.

In particolare, in materia di riscossione, si segnala la riduzione della sanzione amministrativa in caso di versamento dell’imposta risultante dalla dichiarazione entro novanta giorni dalla scadenza: la sanzione del 30 per cento dell'imposta non pagata viene ridotta fino alla metà. La convenienza è ancora maggiore per chi effettua il versamento entro quindici giorni.

In caso di dichiarazione infedele è prevista una riduzione della sanzione di un terzo se l’imposta evasa (la maggiore imposta o il minor credito accertati) è inferiore al limite del 3 per cento di quanto dichiarato e complessivamente inferiore a 30mila euro, sempre che non vi sia stata una condotta fraudolenta. La stessa riduzione si applica in caso di errore d'imputazione dei costi per competenza.

Sono previste inoltre sanzioni dimezzate anche per chi presenta entro l'anno l'omessa dichiarazione: dal 60 al 120 per cento delle imposte dovute.

Si segnala, inoltre, il raddoppio della sanzione in caso di omessa o infedele indicazione del canone di locazione per gli immobili assoggettati a “cedolare secca”.

Sono previste infine modifiche alle sanzioni per gli intermediari in tema di dichiarazione precompilata, con l’introduzione di tetti massimi e di riduzioni in caso di tempestive rettifiche.

 

In particolare, l’articolo 15, comma 1, modifica il decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, recante riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi.

 

Sotto un profilo generale si evidenzia che:

§  non è stata accolta la condizione di cui alla lettera d) del parere reso dalle Commissioni Giustizia e Finanze del Senato, che auspica una ulteriore, maggiore graduazione delle sanzioni amministrative conformemente al disposto della legge delega, che intende meglio correlare le sanzioni all’effettiva gravità dei comportamenti, superando l’attuale distinzione tra le ipotesi di frodi e le altre violazioni, a favore di una distinzione tra ipotesi di frode (cui applicare sanzioni sensibilmente maggiorate rispetto alle attuali), ipotesi di evasione (cui applicare sanzioni analoghe a quelle attuali), ipotesi di colpa non grave (cui applicare sanzioni sensibilmente ridotte rispetto alle attuali) e ipotesi che non comportano l’emersione di una maggiore imposta dovuta (cui applicare una sanzione tendenzialmente non rapportata all’imposta comunque inferiore a quella prevista per i casi precedenti – solo se la violazione reca pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo).

La Relazione in proposito rileva che la graduazione delle sanzioni amministrative tributarie nel senso indicato dalla Commissione risulta sostanzialmente già attuata con le modifiche proposte dall'articolo 15 dello schema di decreto legislativo e, in particolare, nella nuova disciplina della dichiarazione infedele;

§  non è stata accolta l'osservazione di cui al punto 1 del parere reso dalle Commissioni Giustizia e Finanze della Camera, che propone di abbassare la misura minima e massima delle sanzioni previste per violazione degli obblighi connessi alle dichiarazioni.

A parere del Governo tale modifica rientra nelle valutazioni di politica sanzionatoria e sembra comportare maggiori oneri.

 

Con le modifiche in esame le sanzioni sono state convertite dalla lira all’euro.

 

La lettera a) sostituisce l'articolo 1 del D.Lgs. n. 471 del 1997, relativo alle violazioni in materia di dichiarazione delle imposte sui redditi, collocando in questa sede, tra le altre, la disciplina sanzionatoria delle violazioni in materia di Irap, attualmente contenuta dell'articolo 32 del D.Lgs. n. 446 del 1997 (articolo abrogato dal successivo articolo 31 del provvedimento in esame).

Per quanto riguarda la fattispecie di omessa presentazione della dichiarazione, le sanzioni vengono proporzionate all'eventuale ritardo nell'adempimento. Viene modificata la disciplina per la fattispecie di infedele dichiarazione, attraverso una graduazione della sanzione base, secondo la gravità del comportamento tenuto dal contribuente; viene inoltre disciplinata una specifica ipotesi di omessa o infedele indicazione del canone derivante dalla locazione di immobili ad uso abitativo assoggettati a cedolare secca.

 

La lettera b) modifica l'articolo 2 del D.Lgs. n. 471 del 1997 che disciplina le violazioni di omessa e di infedele presentazione della dichiarazione del sostituto d'imposta: anche per tali fattispecie è stato introdotto un principio di proporzionalità della sanzione in base all'eventuale ritardo nell'adempimento, nel caso di omessa presentazione della dichiarazione; parallelamente, per la dichiarazione infedele dei sostituti d’imposta sono inserite le graduazioni sanzionatorie già previste nell'infedele dichiarazione ai fini delle imposte dirette. Anche in questo caso, al di fuori di condotte fraudolente, è prevista una riduzione di un terzo della sanzione, a specifiche condizioni di legge. Viene estesa ai sostituti d'imposta la definizione di base di commisurazione della sanzione già prevista con riferimento alla dichiarazione infedele ai fini delle imposte sui redditi.

Per ragioni di coerenza con la disciplina dettata ai fini delle imposte sui redditi, il nuovo comma 4-ter dell'articolo 2 prevede, anche per i sostituiti d'imposta, l'esclusione dell'applicazione della sanzione per infedele dichiarazione in caso di rettifica del valore normale dei prezzi di trasferimento, praticati nell'ambito delle operazioni con imprese estere controllate (di cui all'articolo 110, comma 7, del TUIR, cd. transfer pricing). L'esimente si applica qualora il sostituto presenti all'amministrazione finanziaria la documentazione nazionale idonea a consentire il riscontro della conformità al valore normale dei prezzi di trasferimento praticati (transfer pricing).

Con un elemento di novità rispetto all’A.G. n. 183, che non è stato oggetto di rilievo da parte delle Commissioni parlamentari, il comma 4-ter è stato riformulato, in modo da chiarire che la sanzione non si applica in caso di rettifica da cui derivi la non corretta applicazione delle aliquote convenzionali sul valore delle royalties e degli interessi attivi che eccede il valore normale, previste per l’applicazione delle ritenute di legge.

La formulazione antecedente del comma prevedeva che la sanzione non si applicasse in caso di rettifica del valore normale dei prezzi di trasferimento da cui derivasse la mancata esecuzione delle ritenute di legge.

In sostanza, ove l'errore consista nell'applicazione delle ritenute convenzionali in misura inferiore rispetto a quelle che si sarebbero dovute applicare per effetto della rettifica del valore normale, la sanzione per infedele dichiarazione non si applica ove il sostituto presenti al fisco il cd. masterfile e la documentazione nazionale richiesti ai fini del transfer pricing.

 

La lettera c) modifica le misure sanzionatorie presenti nell'articolo 3 del D.Lgs. n. 471 del 1997; si prevede l'applicazione di una sanzione amministrativa in caso di omessa denuncia, nel termine previsto per legge, delle situazioni che danno luogo a variazioni in aumento del reddito dominicale e del reddito agrario dei terreni, convertendo in euro (da 250 a 2.000 euro) la sanzione prima prevista da lire cinquecentomila a lire quattro milioni.

 

La lettera d) abroga l'articolo 4 del D.Lgs. n. 471 del 1997, originariamente inserito per disciplinare, in via transitoria, il regime sanzionatorio delle dichiarazioni incomplete previste dall'articolo 46, secondo e terzo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973 (articolo abrogato a decorrere dal 1° aprile 1998).

La lettera e) modifica l'articolo 5 del D.Lgs. n. 471 del 1997, relativo alle violazioni riguardanti la dichiarazione dell'IVA.

Anche per tale ipotesi, diverse novità corrispondono a quelle previste per le violazioni di omessa e di infedele presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e dell'Irap: in particolare, anche per tali fattispecie si è introdotta una maggiore proporzionalità della sanzione in base all'eventuale ritardo nell'adempimento (con sanzione più lieve nel caso di tardività contenuta nell'effettuazione dell'adempimento); parimenti, vengono riproposte le graduazioni sanzionatorie connaturate al disvalore del comportamento tenuto dal contribuente nell'ipotesi di infedele dichiarazione. Analoga è la definizione di imposta dovuta ai fini della commisurazione della sanzione, così come analoga è l’eliminazione di aggravanti previste, in precedenza, per le violazioni relative al contenuto e alla presentazione dei modelli per gli studi di settore.

E’ inoltre riformulata la disciplina sanzionatoria della richiesta di rimborso dell'imposta in difformità rispetto al contenuto della dichiarazione, in linea con le diverse modalità con cui viene effettuata la richiesta di rimborso dell'eccedenza detraibile. Sono adeguate anche le disposizioni sulla presentazione delle dichiarazioni di inizio, variazione o cessazione di attività, al fine di consentire l'applicazione della sanzione per mancata presentazione di una delle dichiarazioni di inizio, variazione o cessazione di attività, oltre che alla richiesta di registrazione al c.d. mini sportello unico (Mini One Stop Shop, abbreviato in MOSS, di cui al D.Lgs. n. 42 del 2015) anche alla incompleta o inesatta presentazione delle successive comunicazioni.

 

La lettera f) effettua diversi interventi puntuali nell'articolo 6 del D.Lgs. n. 471 del 1997 recante la disciplina sanzionatoria relativa all'inosservanza degli obblighi di documentazione, registrazione e individuazione delle operazioni rientranti nell'ambito applicativo dell'IVA, anche intracomunitaria.

In primo luogo è ridotta la sanzione-base per le violazioni degli obblighi di fatturazione e registrazione relative ad operazioni imponibili, espressa in misura proporzionale: essa al momento pari ad una somma che va dal 100 al 200 per cento dell'imposta relativa all'imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso dell'esercizio. Per effetto delle norme in esame, i predetti importi sono ridotti, rispettivamente, a 90 e 180 per cento.

In alternativa a quella base, si dispone un’ulteriore riduzione della sanzione, per il caso di ritardo nella registrazione/certificazione che non abbia inciso sulla liquidazione periodica e, quindi, sull'assolvimento del tributo: la misura di detta sanzione è fissata in un importo da 250 a 2000 euro.

 

Si segnala che, con un elemento di novità rispetto all’A.G. 183 – benché non costituisca oggetto di rilievo da parte delle Commissioni parlamentari competenti – lo schema in esame modifica anche il comma 6 dell'articolo 6, che disciplina il caso di indebita detrazione IVA: la sanzione, precedentemente corrispondente all’intera detrazione indebitamente operata, viene ridotta al 90 per cento dell'imposta detratta.

 

Nel comma 8, relativo all'obbligo di regolarizzazione della fattura da parte del cessionario o del committente, la misura minima della sanzione viene portata ad euro 250.

 

E’ stata accolta l'osservazione di cui alla lettera v) contenuta nel parere reso dalle Commissioni riunite del Senato, mediante la completa riscrittura della disciplina sanzionatoria del reverse charge rispetto a quanto previsto nell’A.G. 183.

Al riguardo, le Commissioni rilevano che, nel caso di omessa o tardiva applicazione del meccanismo dell’inversione contabile ad opera di cessionari o committenti che non soffrano alcun limite al pieno esercizio del diritto di computare in detrazione l’imposta relativa ai beni e servizi acquistati, l’omissione o il ritardo non appaiono idonei ad arrecare alcun reale pregiudizio agli interessi erariali, attesa la necessità che al soggetto obbligato all’assolvimento dei relativi obblighi contabili, dichiarativi e di versamento dell’IVA vada, in ogni caso, riconosciuta la spettanza della detrazione, ove ne sussistano tutte le condizioni sostanziali, conformemente a quanto espresso dalla prassi e dalla giurisprudenza di legittimità. Si reputa dunque ragionevole limitare la sanzione per il comportamento omissivo o scorretto all’applicazione di un ammontare fisso, mantenendo al contrario l’irrogazione della sanzione variabile (nella misura dal cento al duecento per cento dell’imposta non assolta o irregolarmente assolta) ai soli casi nei quali il puntuale adempimento degli obblighi connessi al meccanismo della inversione contabile avrebbe generato in capo al cessionario o committente una posizione di debito IVA verso l’Erario. Tale situazione si verifica qualora il cessionario o committente non risulti legittimato a computare in detrazione l’IVA a credito per un ammontare in tutto o in parte corrispondente a quello dell’IVA dovuta in relazione all’operazione di acquisto di beni o servizi, ovverosia qualora in capo a detto soggetto operi una limitazione di carattere soggettivo (i.e. pro rata di detraibilità ex articolo 19, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633), sia in presenza di limitazioni di natura oggettiva (e.g. casi di indetraibilità specifica).

 

E’ stata altresì accolta la condizione di cui alla lettera e), punto III del parere delle Commissioni riunite del Senato, che chiede di intervenire sulle sanzioni applicabili per irregolarità connesse alla non corretta individuazione del debitore dell’imposta, al fine di meglio correlarle al danno erariale, in particolare prevedendo una sanzione rapportata all’IVA, per il cessionario o committente debitore dell’IVA per una data operazione che non assolva correttamente gli adempimenti relativi al reverse charge, solo ove in capo a questi il diritto alla detrazione dell’IVA relativa a tale operazione sia escluso o limitato.

 

L’originario A.G. n. 183 si limitava a introdurre un comma 9-bis, che riduceva la sanzione amministrativa (fra il novanta ed il centottanta per cento) relativa al mancato assolvimento dell'IVA mediante il meccanismo del reverse charge.

 

Le norme introducono una disciplina articolata e improntata a criteri di proporzionalità tra la misura della sanzione e la gravità della violazione.

 

In particolare, l’ambito di applicazione del comma 9-bis è esteso a tutte le forme di inversione contabile contemplate dalla disciplina IVA, dunque non solo quelle tipizzate dagli articoli 17 e 74 del DPR n. 633 del 1972; esso trova applicazione anche per l’agricoltura e le operazioni intracomunitarie.

Si distinguono le seguenti fattispecie:

§  l'ipotesi in cui il cedente/prestatore emette correttamente fattura senza applicazione dell'imposta, ma il cessionario/committente non pone in essere gli adempimenti connessi all'inversione contabile. In tal caso, se la fattura ricevuta non è stata totalmente occultata - ma risulta comunque dalla contabilità ai fini delle imposte dirette - si applica una sanzione in misura fissa, compresa tra euro 500 e euro 20.000. Ove l'annotazione non risulti nemmeno nelle scritture contabili, la sanzione è applicata in misura proporzionale (dal 5 al 10 per cento dell’imponibile) con un minimo di 1.000 euro;

§  l'ipotesi in cui il cedente/prestatore non emetta la fattura entro quattro mesi dall'operazione e il cessionario/committente non provveda a regolarizzare entro trenta giorni tale omissione. Anche in tal caso si applicano la sanzione proporzionale (dal 5 al 10 per cento dell’imponibile), con un minimo di 1.000 curo, nonché quelle per indebita detrazione e per infedele dichiarazione.

 

Il comma 9-bis1 detta le eccezioni alla predetta regola generale, di cui al comma 9-bis. Si prevede l'ipotesi di irregolare assolvimento dell'imposta, con applicazione di una sanzione fissa (da 250 a 10.000 euro) per l'ipotesi di operazioni in cui, in linea generale, l'imposta è stata applicata ordinariamente e versata dal cedente/prestatore in luogo dell'applicazione del reverse charge. Tale sanzione si applica al cessionario/committente - che è il vero debitore dell'imposta - con solidarietà del cedente/prestatore. Viene fatto salvo il diritto alla detrazione ed è evitato l'obbligo di regolarizzazione dell'operazione in capo al cessionario/committente. La sanzione è più grave quando l'applicazione dell'imposta in regime ordinario in luogo del reverse charge è determinata da intenti fraudolenti; si applica la rimodulata sanzione base (dal 90 al 180 per cento).

 

Il comma 9-bis2 dispone l'applicazione di una sanzione in misura fissa (da 250 a 10.000) in capo al cedente/prestatore, salvaguardando il diritto alla detrazione del cessionario, ma senza obbligo di regolarizzazione dell'operazione, per le ipotesi in cui l'imposta è stata erroneamente assolta dal cessionario/committente con il meccanismo dell'Inversione contabile in luogo del meccanismo ordinario, per operazioni riconducibili alle ipotesi di reverse charge, ma per le quali non ricorrevano tutte le condizioni per la sua applicazione. Anche in tale ipotesi è prevista la solidarietà del cessionario/committente con il cedente/prestatore (vero debitore dell'imposta) ed è prevista una sanzione più grave in capo al cedente/prestatore - nei casi in cui l'applicazione dell'imposta in reverse charge è determinata da intenti fraudolenti: essa va dal 90 al 180 per cento.

 

Il comma 9-bis3 disciplina l'ipotesi di errata applicazione del reverse charge ad operazioni esenti, non imponibili o non soggette ad imposta. In tale evenienza nella contabilità devono essere eliminati sia il debito che il credito erroneamente registrati, con effetti neutrali; viene salvaguardato il diritto al recupero dell'Imposta eventualmente non detratta (per indetraibilità soggettiva od oggettiva) attraverso la nota di variazione o la richiesta di rimborso ai sensi dell'art. 21 del decreto legislativo 546 del 1992. La medesima procedura si applica anche per le operazioni inesistenti, con effetti sostanzialmente neutri, salvo in questo caso l'applicazione della sanzione dal 5 al 10 per cento dell'imponibile.

 

Nel comma 9-ter la sanzione amministrativa relativa all’acquisto non documentato regolarmente (ora pari al 20 per cento del corrispettivo) è resa applicabile dal 10 al 20 per cento del predetto ammontare.

 

Non è stata accolta la condizione di cui alla lettera e), punto I del parere delle Commissioni 2^ e 6^ del Senato, che chiede una riduzione delle sanzioni in tema di obblighi di documentazione, registrazione e individuazione delle operazioni rientranti nell'ambito applicativo dell'IVA e in particolare invita il Governo a limitare l’applicazione delle sanzioni ivi indicate al caso di accertamenti notificati prima della presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui è stata commessa la violazione.

In merito la Relazione ritiene che la proposta non tiene conto della natura del tributo e della necessità di garantire un presidio sanzionatorio agli adempimenti formali ad esso relativi (certificazione dci corrispettivi, registrazione, liquidazione del tributo), fondamentali per il corretto funzionamento dello stesso. Ove la stessa fosse accolta, una volta presentata la dichiarazione lVA annuale, le violazioni prodromiche non sarebbero più contestabili, ma sarebbero difatti assorbite dalla contestazione dell'infedele dichiarazione che ne consegue, e ciò comporterebbe il venir meno di un deterrente alla violazione. Peraltro, in presenza di violazioni relative agli obblighi prodromici di documentazione e registrazione e di violazioni per infedele dichiarazione, vi è l’ordinaria disciplina del concorso di violazioni di cui al l'articolo 12 del decreto legislativo n. 472 del 1997.

 

Non è stata accolta la condizione di cui alla lettera e), punto II del parere delle Commissioni riunite del Senato, che chiede che sia fissata in tema di IVA una misura delle sanzioni compatibile con i criteri dettati dalla Corte di Giustizia UE, in particolare nella cd. sentenza Equoland.

 

Nella cd. sentenza “Equoland” della Corte di Giustizia UE (Causa C-272/13) la Corte ha affermato che la direttiva Iva 2006/112/CE non consente ad uno Stato membro di chiedere il pagamento dell'imposta all'importazione, qualora la medesima sia già stata regolarizzata nell'ambito del meccanismo dell'inversione contabile, mediante un'autofatturazione e una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite del soggetto passivo. Dunque ha vietato all'amministrazione doganale di recuperare l’IVA, ove la documentazione fornita dal contribuente consenta di chiarire che questi ha già provveduto al pagamento del tributo, con la successiva doppia annotazione del documento fiscale nei registri degli acquisti e delle vendite..

Al riguardo la Relazione rammenta che, secondo giurisprudenza costante della Corte di Giustizia, in mancanza di armonizzazione della normativa dell'Unione nel settore delle sanzioni applicabili in caso di inosservanza delle condizioni previste da un regime istituito da tale normativa, gli Stati Membri restano competenti a scegliere le sanzioni che sembrano loro appropriate, ma sono tenuti ad esercitare la loro competenza nel rispetto del diritto dell'Unione e dei suoi principi generali e., di conseguenza, nel rispetto del principio di proporzionalità. La Corte di Giustizia rinvia al giudice nazionale il compito di verificare se "importo della sanzione non eccede quanto necessario per conseguire gli obiettivi consistenti nell'esatta riscossione dell'imposta ed evitare l'evasione. Si ritiene dunque che le modifiche apportate dalle norme in commento al decreto legislativo n. 471 del 1997 rispondano alle sopra citate esigenze di carattere generale evidenziate dalla Corte di Giustizia.

 

La lettera g) modifica l'articolo 7 del D.Lgs. n. 471 del 1997 che concerne le specifiche violazioni relative alle esportazioni. Viene attenuata la sanzione prevista per il fornitore dell'esportatore abituale che, da proporzionale (dal cento al duecento per cento dell'imposta), viene stabilita in misura fissa da euro 250 a euro 2.000, al fine di armonizzarla con le modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 175 del 2014 in materia di semplificazioni fiscali, anch’esso attuativo della legge delega in commento.

Dal 1° gennaio 2015, infatti, il fornitore dell'esportatore abituale non è più tenuto a comunicare le lettere d'intento ricevute dell'esportatore abituale, dovendo verificare l'avvenuta trasmissione delle stesse all'Agenzia delle Entrate, prima di effettuare la relativa operazione.

 

Non è stata accolta l’osservazione di cui alla lettera z) del parere delle Commissioni riunite del Senato, che invita il Governo a valutare una ulteriore attenuazione rispetto a quanto previsto dalle norme proposte.

La Relazione al riguardo afferma che la sanzione in misura fissa, in luogo della precedente sanzione proporzionale, sia proporzionata alla tipologia di violazione; essa torna applicabile solo nell'ipotesi in cui il fornitore non abbia verificato il corretto invio, da parte dell'esportatore abituale, della dichiarazione d'intento e che quest'ultimo abbia effettivamente omesso l'adempimento. In tal caso alla omessa verifica consegue una violazione sostanziale - emissione di una fattura senza addebito d'imposta - che resta sanzionata in capo all’emittente con una sanzione in misura fissa.

 

La lettera h) modifica ed aggiorna l'articolo 8 del D.Lgs. n. 471 del 1997 che disciplina le violazioni di carattere formale relative al contenuto e alla documentazione delle dichiarazioni. In particolare:

§  sono disciplinate unitariamente le sanzioni per le imposte dirette e l’Irap;

§  è aggiornato il riferimento al soggetto attualmente preposto all'approvazione dei modelli dichiarativi (Direttore dell'Agenzia e non più il Ministero delle Finanze);

§  è eliminato il riferimento all'obbligo di allegare i documenti alla dichiarazione;

§  è aggiornato il riferimento agli elementi relativi alla dichiarazione dei sostituti d'imposta, ora contenuto all'articolo 4 del D.P.R. n. 322 del 1998.

 

Viene aggiunto il nuovo comma 3-ter all'articolo 8, che individua, nel contesto delle disposizioni volte a punire le eventuali omissioni o incompletezze dei dati della dichiarazione, una sanzione fissa (da 2.000 a 21.000 euro) applicabile nei casi in cui il contribuente non abbia provveduto a effettuare le segnalazioni richieste da:

§  l'articolo 113, comma 6, del TUIR, in relazione alle partecipazioni acquisite per il recupero di crediti bancari;

§  l'articolo 124, comma 5-bis, del TUIR, in ordine alla continuazione del consolidato nazionale;

§  l'articolo 132, comma 5, del TUIR, relativo al consolidato mondiale;

§  l'articolo 30, comma 4-quater, della legge 30 dicembre 1994, n. 724 per le società di comodo;

§  l'articolo 1, comma 8 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, in tema di Aiuto per la crescita economica (ACE).

 

Le ipotesi menzionate, infatti, sono oggetto di modifica da parte dello schema di decreto delegato in materia di interpello (A.G. n. 184-bis) nel cui contesto la presentazione dell'istanza di interpello - fino ad oggi obbligatoria - è stata resa facoltativa ed è stata sostituita, in omaggio all'esigenza di monitoraggio da parte dell'amministrazione sulle predette situazioni, dalla introduzione di un obbligo di segnalazione.

La relazione illustrativa chiarisce che è stata accolta l’osservazione di cui alla lettera bb) del parere delle Commissioni riunite del Senato, che invita a coordinare le disposizioni in esame con quanto previsto dalla revisione della disciplina sugli interpelli, mediante la rinumerazione del comma introdotto da 3-ter a 3-quinquies - atteso che il decreto delegato recante misure per la crescita e l'internazionalizzazione delle imprese, in corso di pubblicazione sulla G.U., ha inserito nell'articolo otto in argomento i commi 3-ter e 3-quater: si segnala tuttavia che tale modifica non è presente nell’articolato del testo presentato alle Camere.

 

La lettera i) modifica l'articolo 9 del D.Lgs. n. 471 del 1997, relativo alle violazioni degli obblighi concernenti la contabilità in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto: si prevede l'applicazione di un'unica sanzione per entrambi i settori impositivi e per le diverse infrazioni configurabili.

 

La lettera l) modifica l'articolo 10 del D.Lgs. n. 471 del 1997, relativo alle violazioni da parte degli operatori finanziari degli obblighi scaturenti da richieste operate nell'esercizio dei poteri inerenti all'accertamento delle imposte dirette o dell'IVA nonché le violazioni degli obblighi di comunicazione all'Archivio dei rapporti finanziari. Salva la conversione dei valori in euro, la disposizione non è stata oggetto di modifica sostanziale.

 

La lettera m) modifica l'articolo 11 del D.Lgs. n. 471 del 1997, contenente norme sanzionatorie volte a colpire le residue fattispecie di infrazioni in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto.

 

Sono state accolte l’osservazione di cui alla lettera aa) del parere reso dalle Commissioni riunite del Senato e l'osservazione n. 1 del parere reso dalle Commissioni riunite della Camera, di contenuto analogo: le Commissioni suggeriscono di sopprimere la norma proposta nell’articolo 15 dell’A.G. 183 (nella parte in cui inserisce un comma 7-bis all’articolo 11) che prevede una sanzione per la mancata o inesatta indicazione da parte dell’imprenditore del soggetto beneficiario delle somme prelevate dal proprio conto corrente bancario; a parere delle Commissioni tale norma appare contraddittoria rispetto alle finalità di eliminare le sanzioni improprie e del fatto che la generalità delle imprese non è dotata di una contabilità che consente la rilevazione dei flussi finanziari.

E’ stata dunque eliminata dalle norme dello schema la disposizione che propone l’applicazione di una sanzione dal 10 al 50 per cento delle somme in caso di mancata o inesatta indicazione del soggetto beneficiario delle somme prelevate nell'ambito dei rapporti finanziari e delle relative operazioni di cui all'artico 32, primo comma n. 2 del D.P.R n. 600 del 1973, salvo che le somme non risultino dalle scritture contabili.

Conseguentemente è stato soppresso l'intervento di modifica dell'art. 32, comma 1, n. 2) del D.P.R. 600/1973, contenuto nell'originario art. 31, comma 3, dell’A.G. n. 183.

 

Al riguardo si rammenta che l’abrogazione di tale n. 2) era contenuto tra le condizioni poste dalla Commissione V della Camera.

La predetta Commissione auspicava che dal 1° gennaio 2016 non fosse più possibile applicare alle imprese (articolo 32, primo comma, numero 2), del D.P.R n. 600 del 1973) la presunzione legale secondo la quale il prelevamento non giustificato dal conto bancario corrisponde automaticamente a un costo a sua volta produttivo di un ricavo.

La non applicazione di tale presunzione era già applicata ai lavoratori autonomi a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 228 del 2014. La Corte ha infatti stabilito che, in relazione ai lavoratori autonomi, non si può ritenere che il prelevamento non giustificato dal conto bancario corrisponda automaticamente a un costo a sua volta produttivo di un ricavo.

 

Si segnala che le modifiche introdotte eliminano la sanzione, ma non eliminano l’applicazione alle imprese della presunzione legale sopra illustrata. Tale modifica era infatti contenuta nell'originario articolo 31, comma 3, dell’A.G. n. 183, ora soppresso.

 

 

Il nuovo comma 7-bis introduce una nuova disciplina sanzionatoria in materia di tardiva presentazione delle garanzie richieste nell'ambito delle compensazioni dell’IVA di gruppo, relative all'ammontare delle eccedenze di credito risultanti dalla dichiarazione annuale dell'ente o società controllante ovvero delle società controllate, compensate in tutto o in parte con somme che avrebbero dovuto essere versate dalle altre società controllate o dall'ente o società controllante.

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Il nuovo comma 7-ter prevede la sanzione per la mancata presentazione dell’interpello nei casi in cui questo sia oggetto di un obbligo, c.d. “interpello disapplicativo”, previsto dal comma 2 dell'articolo 11 della legge n. 212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente) come modificato dallo schema di decreto legislativo in tema di interpello (A.G. n. 184-bis).

Tale provvedimento ha previsto un interpello obbligatorio nel caso in cui il contribuente intenda disapplicare norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall'ordinamento tributario. Tramite l’interpello il contribuente deve fornire la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi.

 

La lettera n) modifica l'articolo 12 del D.Lgs. n. 471 del 1997 che disciplina le sanzioni accessorie in materia di imposte dirette e IVA, convertendo in euro le sanzioni ivi previste.

 

La lettera o) sostituisce l'articolo 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997, relativo alle violazioni degli obblighi di versamento dei tributi, modificandone altresì la rubrica dell’articolo per riferirlo ai ritardati o omessi versamenti diretti e ad altre violazioni in materia di compensazioni. In sintesi, sono state apportate modifiche per rendere le sanzioni maggiormente proporzionali: si prevede una riduzione per i versamenti effettuati con lieve ritardo. Si prevede una disciplina specifica per l'ipotesi di utilizzo di un'eccedenza o di un credito d'imposta esistenti in misura superiore a quella spettante.

Inoltre si rifonde nell’articolo la disciplina dell'utilizzo in compensazione di un credito inesistente attualmente contenuta nel decreto-legge n. 185 del 2008, definendo quali crediti sono “inesistenti”. Si introduce altresì la disciplina sanzionatoria della garanzia IVA di gruppo presentata tardivamente, sottraendo così tale fattispecie all’applicazione della più generale normativa in tema di l'omesso versamento.

 

Non è stata accolta l’osservazione di cui alla lettera cc) del parere reso dalle Commissioni riunite del Senato che raccomanda una più attenta definizione della nozione di credito inesistente, in quanto reputa sia poco intellegibile il riferimento alla mancanza, totale o parziale, di un “presupposto costitutivo” affinché detto credito sia considerato non esistente.

Con riferimento alla definizione di credito inesistente, la Relazione osserva che la qualificazione dello stesso come “mancante del presupposto costitutivo” consentirebbe tra l’altro di tenere conto della molteplicità dei crediti agevolativi presenti in ambito fiscale e delle molteplici configurazioni di tali crediti operati dalle leggi istitutive; siffatta definizione, in particolare, evita che possa essere irrogata al contribuente una sanzione grave nel caso in cui sussistano i requisiti sostanziali previsti dalla norma istitutiva del credito, ma non siano stati posti in essere adempimenti formali relativi alla esposizione o utilizzazione del credito (a meno che tali adempimenti non siano considerati costitutivi dalle stesse norme di riferimento). Inoltre, si rileva ce il riferimento operato al riscontro dell'esistenza del credito da utilizzare in compensazione mediante procedure automatizzate rappresenterebbe condizione ulteriore a quella dell'esistenza sostanziale del credito, volta ad evitare che si applichino le sanzioni più gravi quando il credito, pur sostanzialmente inesistente, può essere facilmente "intercettato" mediante controlli automatizzati, nel presupposto che la condotta del contribuente connota per scarsa insidiosità.

 

La lettera p) modifica l'articolo 14 del D.Lgs. n. 471 del 1997 il quale prevede l'applicazione di una sanzione amministrativa pari al 20 per cento dell'ammontare non trattenuto nei confronti dei soggetti che violano l'obbligo di esecuzione, in tutto o in parte, delle ritenute alla fonte. La norma in esame elimina, rispetto alla vigente formulazione, il riferimento all'applicazione delle disposizioni dell'articolo 13 per il caso di omesso versamento.

 

E’ stata accolta l’osservazione di cui alla lettera q) del parere reso dalle Commissioni riunite del Senato nella parte in cui si chiede di precisare nella relazione illustrativa dello schema che, in virtù del predetto intervento normativo, il contribuente non potrà essere sanzionato per omesso versamento in caso di accertamento di ritenute non dichiarate e non operate.

 

La lettera q) modifica l'articolo 15 del D.Lgs. n. 471 del 1997 che prevede l'applicazione di una sanzione amministrativa nei casi in cui i documenti utilizzati per i versamenti diretti non contengono gli elementi necessari per l'identificazione del soggetto che li esegue e per l'imputazione della somma versata, al fine di reintrodurre nel D.Lgs. norme contenute in leggi speciali e maggiormente graduare le sanzioni previste per l’inadempimento tardivo.

 

Il Capo II, contenente il solo articolo 16, introduce modifiche al decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, recante la disciplina generale delle sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie.

 

La lettera a) modifica l'articolo 2, comma 4, del Decreto legislativo n. 472 del 1997 il quale prevede un meccanismo di adeguamento triennale delle misure delle sanzioni amministrative. In particolare, viene eliminato il riferimento al Ministro del Tesoro ed aggiornato il riferimento al Ministro dell'economia e delle finanze.

 

La lettera b) abroga l'articolo 5, comma 2, del Decreto legislativo n. 472 del 1997, relativo alla disciplina della responsabilità dell'autore materiale della violazione. Il contenuto di detto comma viene trasfuso nel successivo articolo 11, che regolamenta la responsabilità per le violazioni commesse nell'interesse di società, associazioni o enti aventi o meno personalità giuridica.

 

La lettera c) modifica l'articolo 7 del Decreto legislativo n. 472 del 1997, relativo ai criteri di determinazione della sanzione; viene eliminata la discrezionalità nell'applicazione della recidiva, ma l’automatismo non opera, tuttavia, quando l'applicazione della recidiva determinerebbe la manifesta sproporzione fra l'entità del tributo e la sanzione. Inoltre, tra le violazioni che risultano non rilevanti ai fini della recidiva sono aggiunte, oltre a quelle già contemplate, anche quelle definite a seguito di mediazione e conciliazione tributaria (oggetto di modifica, si ricorda, con l’A.G. n. 184-bis).

Viene eliminata la natura eccezionale della circostanza attenuante in base alla quale la sanzione può essere ridotta fino alla metà del minimo se ricorrono circostanze che rendano manifesta la sproporzione fra l'entità del tributo e la sanzione. Con la modifica in esame, pertanto, l'attenuante assume carattere generale e non più eccezionale.

 

In parziale accoglimento dell’osservazione di cui alla lettera s) del parere delle Commissioni riunite del Senato, è stata prevista una norma generale di chiusura all'interno dell'articolo 7 del D.Lgs. n. 472 del 1997 (recante i "criteri di determinazione della sanzione") ai sensi della quale, per tutte le ipotesi non espressamente disciplinate dalle singole disposizioni di settore, nel caso di presentazione di dichiarazioni e denunce con un ritardo non superiore a 30 giorni dal termine ordinario di scadenza, la sanzione prevista per l'omissione è ridotta alla metà.

Le Commissioni ritengono che una norma di tal fatta conferisca maggiore coerenza alle modifiche proposte, eviti rischi di vuoti normativi e garantisca uniformità di trattamento tra situazioni analoghe.

Esse (parte dell’osservazione non accolta) suggerivano di introdurre una disposizione che chiarisse che le dichiarazioni e denunce non si considerano omesse se presentate con ritardo non superiore a un termine compreso tra 30 e 90 giorni, e che tale norma di chiusura fosse alternativa ai proposti interventi di modifica di cui agli articoli 15, 17, 18, 21, 22, 23, 27, 28, 29, con specifiche disposizioni nell’ambito dei singoli tributi.

 

La lettera d) modifica l'articolo 11 del Decreto legislativo n. 472 del 1997, relativo alla disciplina dei responsabili della sanzione amministrativa.

 

La lettera e) modifica l'articolo 12 del Decreto legislativo n. 472 del 1997 concernente il concorso di violazioni e la continuazione. In particolare si estende anche all'ipotesi di mediazione e conciliazione giudiziale la previsione secondo cui le disposizioni sulla determinazione di una sanzione unica in caso di progressione si applicano separatamente per ciascun tributo e per ciascun periodo d'imposta.

 

La lettera f) interviene sull'articolo 13 del D.Lgs. n. 472 del 1997, recante l'istituto del ravvedimento operoso; tra l’altro si dispone che la riduzione sanzionatoria ivi disciplinata trovi applicazione se la regolarizzazione delle omissioni e degli errori, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro novanta giorni dalla data dell'omissione o dell'errore (in luogo del termine per la presentazione della dichiarazione, previsto dalla norma vigente), ovvero se la regolarizzazione delle omissioni e degli errori commessi in sede dì dichiarativa avviene entro novanta giorni dal termine per la presentazione della dichiarazione in cui l'omissione o l'errore è stato commesso.

 

La lettera g) modifica l'articolo 14 del Decreto legislativo n. 472 del 1997 che disciplina la materia della responsabilità dipendente da cessione di azienda o di un ramo di azienda, prevedendo la responsabilità solidale del cessionario per il pagamento dell'imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell'anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore.

In particolare si introduce il nuovo comma 5-bis che prevede una causa di disapplicazione della norma quando la cessione avviene nell'ambito di una procedura concorsuale, di un accordo di ristrutturazione dei debiti, di un piano attestato o di un procedimento di composizione della crisi da sovraindebitamento o di liquidazione del patrimonio.

Il nuovo comma 5-ter in primo luogo l'applicazione dell’intera disciplina, in quanto compatibile, anche alla fattispecie di conferimento di azienda.

 

E’ stata accolta l’osservazione di cui alla lettera dd) del parere delle Commissioni riunite del Senato, prevedendo (nuova formulazione del comma 5-ter) che la nuova normativa in tema di responsabilità del cessionario d’azienda sia estesa a tutti i trasferimenti d’azienda.

 

La lettera h) modifica l'articolo 23 del Decreto legislativo n. 472 del 1997, che disciplina l'istituto della sospensione dei rimborsi e la compensazione.

Viene introdotta un’ulteriore ipotesi di sospensione del pagamento: la notifica di un provvedimento con il quale vengono accertati maggiori tributi, ancorché non definitivo. La sospensione, inoltre, opera nei limiti di tutti gli importi dovuti in base all'atto o alla decisione della commissione tributaria, ovvero dalla decisione di altro organo.

 

Con riferimento al Capo II in esame si segnala che non è stata accolta la condizione di cui alla lettera g) del parere reso dalle Commissioni riunite del Senato, volta all'eliminazione dal D.Lgs. n. 471 del 1997 delle disposizioni “non pertinenti”, tra cui l’articolo 16, comma 1, lettera h), dello schema in commento, che modifica la disciplina della sospensione dei rimborsi o l’articolo 26 dello schema di decreto legislativo rubricato “Ulteriori modifiche in materia di imposta di registro”

A parere del Governo le modifiche proposte appaiono avere significativi riflessi sul profilo sanzionatorio e, più in generale, appaiono in linea in linea con gli obiettivi della delega.

 

Con il Capo III vengono introdotte modifiche a specifiche disposizioni sanzionatorie, non contenute nei decreti legislativi nn. 471 e 472 del 1997.

 

L’articolo 17, comma 1, modificando l'articolo 17 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro), prevede espressamente che la comunicazione relativa alle cessioni, alle risoluzioni e alle proroghe anche tacite del contratto di locazione deve essere presentata all'ufficio presso cui è stato registrato il contratto entro trenta giorni, prevedendo altresì la sanzione per il mancato versamento relativo alle predette operazioni.

Il comma 2, modificando l'articolo 3, comma 3, del Decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, reca le sanzioni per la mancata presentazione della comunicazione relativa alla risoluzione del contratto di locazione per il quale è stata esercitata l'opzione per il regime della cedolare secca, prevedendo una riduzione dell’importo per il versamento tardivo.

 

L'articolo 18 dello schema in esame riduce le sanzioni per omessa registrazione degli atti e dei fatti rilevanti ai fini dell'applicazione dell'imposta, qualora la richiesta di registrazione sia effettuata con ritardo non superiore a 30 giorni: fermo restando un importo minimo pari a 200 euro, si prevede in tali casi che la sanzione per omessa registrazione sia compresa tra il 60 e il 120 per cento dell’ammontare delle imposte dovute.

Sono inoltre ridotte le misure minima e massima della sanzione prevista dall'articolo 72 del D.P.R. n. 131 del 1986 per l'occultazione di corrispettivo convenuto.

 

L'articolo 19 modifica l'articolo 25, comma 5, della legge n. 133 del 1999 recante disposizioni tributarie in materia di associazioni sportive dilettantistiche; è soppressa la sanzione impropria della decadenza dalle relative agevolazioni, in caso di inosservanza della disciplina sulla tracciabilità dei pagamenti e dei versamenti.

 

L'articolo 20 modifica l'articolo 1, comma 421, della legge n. 311 del 2004, concernente la disciplina dell'atto di recupero motivato per la riscossione di crediti indebitamente utilizzati: la modifica in esame prevede che tale strumento può essere utilizzato anche per la riscossione delle relative sanzioni ed interessi.

 

L'articolo 21 modifica l'articolo 4, comma 6-quinquies del D.P.R. n. 322 del 1998, recante la disciplina sanzionatoria della certificazione unica; viene inserito un tetto massimo, pari ad euro 50.000, per ciascun sostituto di imposta, quale limite per l'irrogazione della sanzione di 100 euro, prevista per ogni certificazione omessa, tardiva o errata (sanzione, peraltro, non cumulabile per espressa previsione normativa). Se la certificazione è correttamente trasmessa entro sessanta giorni dal termine previsto nel primo periodo, la sanzione è ridotta ad un terzo con un massimo di 20.000 euro.

 

L'articolo 22 modifica la disciplina in tema di obbligo, da parte degli enti e delle casse aventi esclusivamente fine assistenziale, di comunicazione in via telematica all'Anagrafe tributaria degli elenchi dei soggetti ai quali sono state rimborsate spese sanitarie, per effetto dei contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale per un importo non superiore complessivamente ad euro 3.615,20.

Per tali soggetti, la legge prevede la sanzione di 100 euro per ogni comunicazione, in caso di omessa, tardiva o errata trasmissione dei dati, si applica, senza possibilità di cumulo. Per effetto delle modifiche in esame si inserisce un tetto massimo di euro 50.000 per soggetto terzo e viene previsto che se la comunicazione è correttamente trasmessa entro sessanta giorni dalla scadenza, la sanzione è ridotta ad un terzo, con un massimo di euro 20.000.

 

L'articolo 23 introduce una specifica disciplina sanzionatoria per i soggetti tenuti a inviare al Sistema tessera sanitaria i dati relativi alle prestazioni erogate nel 2015 ai fini della loro messa a disposizione dell'Agenzia delle entrate (omessa, tardiva o errata trasmissione dei dati; errata comunicazione dei dati).

 

L’articolo 24 modifica l'articolo 39 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, recante la disciplina del visto ovvero dell'asseverazione infedele, al fine di coordinare tale disposizione con le nuove misure di riduzione sanzionatoria introdotte nell'istituto del ravvedimento operoso dalla legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014, articolo 1, comma 637).

 

L’articolo 25 disciplina le modalità di riconoscimento, nell'ambito dei procedimenti di accertamento (articolo 42 del D.P.R. n. 600 del 1973) e di adesione (articolo 7 del D.Lgs. n. 218 del 1997), di eventuali perdite da computare in diminuzione dal maggior reddito imponibile accertato.

In particolare l'ufficio deve computare in diminuzione, dal maggiore imponibile accertato, le perdite "di periodo", ovvero le perdite del periodo d'imposta oggetto di accertamento fino a concorrenza del loro importo. Per quanto riguarda le "perdite pregresse", ovvero le perdite maturate in periodi d'imposta antecedenti a quello oggetto di accertamento, la disposizione prevede che le stesse siano computate in diminuzione su richiesta del contribuente, che deve presentare un'apposita istanza all'ufficio competente all'emissione dell'avviso di accertamento entro il termine di proposizione del ricorso.

Il computo in diminuzione delle perdite implica, pertanto, la correlata rideterminazione delle sanzioni per infedele dichiarazione, le quali sono commisurate (ai sensi dell'articolo 1l del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471) alla maggiore imposta che eventualmente residua dopo la rideterminazione dei redditi nell'anno oggetto di accertamento.

Si evidenzia, inoltre, che considerando anche la nuova definizione di “imposta evasa” nell’ambito del Decreto legislativo n. 74 del 2000, operata dall’articolo 1 del provvedimento in esame (per cui non si considera imposta evasa quella teorica collegata sia ad una rettifica in diminuzione di perdite dell'esercizio sia all'utilizzo di perdite pregresse spettanti e utilizzabili), la disciplina in esame comporta un minore ambito di applicazione dei reati tributari per i quali sono previste delle soglie di punibilità collegate all’imposta evasa (soglie che, peraltro, in taluni casi sono state elevate dal provvedimento in esame).

Si introduce la stessa disciplina nell'ambito dei procedimenti di adesione: fermo restando il computo in diminuzione delle perdite del periodo d'imposta oggetto di adesione, il contribuente ha facoltà di chiedere che siano computate in diminuzione dai maggiori imponibili le perdite pregresse, non utilizzate, fino a concorrenza del loro importo.

 

Le disposizioni entrano in vigore il 1° gennaio 2016, con riferimento ai periodi di imposta per i quali, alla predetta data, sono ancora pendenti i termini per l'accertamento (articolo 43 del D.P.R. n. 600 del 1973).

 

Non è stata accolta l'osservazione di cui alla lettera ee) del parere reso dalle Commissioni riunite del Senato, che invita in primo luogo il Governo a verificare se le norme trovano adeguata copertura nella legge delega.

Nel parere si invita a verificare se detto intervento sul fronte dello scomputo delle perdite oggetto di riporto in avanti sia coerente con l’insieme delle regole che disciplina l’impiego delle perdite di periodo. Le Commissioni reputano che postulare l’esistenza di una facoltà di chiedere che le perdite in discorso siano computate in diminuzione dei maggiori imponibili accertati, significa escludere l’esistenza di un diritto incondizionato allo scomputo dei risultati reddituali di segno negativo e ciò in palese contraddizione con le regole desumibili dal sistema che impediscono al contribuente di scegliere il periodo d’imposta di impiego. Chiedono inoltre di chiarire se ai fini dello scomputo valgono i limiti generali del TUIR.

La Relazione rileva in merito che il sistema di scomputo delle perdite è già disciplinato nell'ambito del procedimento di accertamento e di adesione nei confronti dei soggetti aderenti al consolidato nazionale. L'articolo 35 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, infatti, a decorrere dal l° gennaio 2011, ha introdotto uno specifico procedimento accertativo del consolidato e, con esso, il regime dell'utilizzo delle perdite, introducendo l'articolo 40-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e l'articolo 9.bis del decreto legislativo 19 giugno 1997, n, 218. In tale ambito, solo la consolidante è nella facoltà di scegliere se e quali perdite utilizzare in sede di accertamento, mediante la presentazione di apposita istanza. L'articolo 25 del decreto in commento si fonda, con precipue peculiarità, sui principi relativi al computo in diminuzione delle perdite contenuti nella disciplina del consolidato nazionale.

Il Governo ricorda inoltre che la scelta operata dal legislatore tiene anche in considerazione l'opportunità di dettare regole uniformi per l'utilizzo delle perdite pregresse, con riferimento ai soggetti aderenti al consolidato e ai soggetti che non vi partecipano. Inoltre, si ritiene che riconoscere la facoltà al contribuente di chiedere il computo in diminuzione delle perdite pregresse non utilizzate dal maggiori imponibili accertati non sia in contraddizione con le regole desumibili dal sistema, che impediscono al contribuente di utilizzare le perdite in ambito dichiarativo. Qualora, di contro, in ambito accertativo si prevedessero regole di scomputo automatico, e quindi obbligatorio, per le perdite pregresse, il Governo reputa che in tal modo si introdurrebbero criteri di priorità nell'utilizzo delle stesse che non appaiono voluti dal legislatore.

Ad ulteriore argomentazione, la Relazione evidenzia inoltre che lo scomputo automatico previsto dal legislatore solo per le perdite di periodo ha lo scopo di ripristinare il risultato di periodo che si sarebbe ottenuto se il contribuente avesse dichiarato correttamente il proprio reddito (finalità non ritenuta è rinvenibile nel caso di utilizzo delle perdite pregresse al periodo l'imposta oggetto di rettifica) e che ne giustifica lo scomputo prioritario rispetto alle perdite pregresse, il cui utilizzo, invece, deve essere lasciato alla piena facoltà del contribuente. Tale facoltà deve riferirsi alla tipologia di perdite da utilizzare, in base alla loro natura e ai limiti di cui agli articoli 8 e 84 del TUlR.

La Relazione infine evidenzia che tale aspetto sarà oggetto del Provvedimento del Direttore dell' Agenzia delle entrate previsto dalle norme primarie, in cui saranno stabiliti i contenuti e le modalità per la presentazione dell'istanza di computo delle perdite e le conseguenti attività dell'ufficio competente.

 

L'articolo 26, introducendo un nuovo comma 1-bis all'articolo 13 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro), amplia il termine per la richiesta di registrazione dei decreti di trasferimento e degli atti ricevuti dai cancellieri, portandolo a 60 giorni da quello in cui il provvedimento è stato emanato.

 

 

L’articolo 27 apporta modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale (D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347).

In sintesi:

§  è ampliato da 30 a 120 giorni dalla data dell'atto o del provvedimento ovvero della sua pubblicazione, se questa è prescritta il termine concesso ai cancellieri per richiedere la trascrizione;

§  si riduce del cinquanta per cento la misura minima e massima della sanzione stabilita per l'omessa richiesta di trascrizione o delle annotazioni obbligatorie, qualora la richiesta di trascrizione o le annotazioni obbligatorie siano effettuate entro trenta giorni dalla data dell'atto o del provvedimento ovvero dalla sua pubblicazione;

§  ove le richieste siano effettuate con analogo ritardo non superiore a 30 giorni, è prevista una sanzione in misura fissa di 50 euro.

 

L'articolo 28 apporta modifiche all'articolo 50 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni (decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346) operando, preliminarmente, la conversione in euro delle previsioni edittali già contemplate per l'omissione della dichiarazione di successione. In aggiunta è prevista una riduzione al cinquanta per cento delle misura minima e massima della sanzione per omessa presentazione della dichiarazione di successione, qualora la stessa sia presentata con ritardo non superiore a trenta giorni. Per tale ultima ipotesi, sono stabilite misure minime e massime pari ad euro 150 e 500, qualora non sia dovuta l'imposta di successione.

Con l'articolo 29 sono apportate modifiche agli articoli 24 e 25 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 che disciplina l’imposta di bollo.

Tra le modifiche apportate si ricorda la riduzione al cinquanta per cento delle misure minime e massime della sanzione per omessa dichiarazione di conguaglio contenente l'indicazione del numero degli atti e documenti emessi nell'anno precedente, distinti per voce di tariffa e degli altri elementi utili per la liquidazione dell'imposta, nonché degli assegni bancari estinti nel suddetto periodo, qualora la stessa dichiarazione sia presentata con un ritardo non superiore a trenta giorni.

 

L'articolo 30 apporta modifiche agli articoli 32 e 33 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640, in materia di sanzioni sull'imposta sugli intrattenimenti, prevedendo, tra l'altro, la riduzione delle misure previste.

Al comma 1 dell'articolo 32 viene introdotta un'attenuante, laddove la violazione non incide sulla corretta liquidazione del tributo.

Al comma 2 è introdotta una riduzione al cinquanta per cento della misura minima e massima della sanzione qualora le dichiarazioni siano presentate con un ritardo non superiore a trenta giorni.

Al comma 3 è prevista una sanzione minima di 500 euro per il mancato rilascio dei titoli di accesso o dei documenti di certificazione dei corrispettivi, ovvero per l'emissione degli stessi per importi inferiori a quelli reali.

Il comma 4 dell'articolo 33 viene abrogato; non sono sanzionabili i destinatari del titolo di accesso o del documento di certificazione dei corrispettivi, così come accade per gli scontrini fiscali ordinari.

 

In linea generale si segnala che non sono state accolte le seguenti osservazioni in materia di sanzioni doganali ed accise, in quanto il Governo reputa che una revisione della disciplina possa essere più adeguatamente valutata in sede di eventuale adozione di un decreto legislativo correttivo e integrativo delle norme di delega, ai sensi dell'articolo 1, comma 8 della legge n. 23 del 2014:

§  l’osservazione di cui alla lettera t) del parere reso dalle Commissioni riunite del Senato che segnala l’opportunità di rivedere il sistema sanzionatorio di in materia doganale;

§  l’osservazione di cui alla lettera u) del parere reso dalle Commissioni riunite del Senato che segnala la medesima opportunità in materia di accise; tale revisione muovendo dai criteri enunciati nella delega, dovrebbe contemplare la possibilità di contenere le ipotesi di applicazione della sanzione penale e ridurre la sanzione amministrativa.

 

L’articolo 31 contiene una disposizione norma aggiuntiva rispetto a quanto previsto dall’A.G. n. 183, in coordinamento con le modifiche operate alla disciplina sanzionatoria del reverse charge (articolo 15, comma 1, lettera f) dello schema): con le modifiche proposte dallo schema in esame si riformula il testo dell'articolo 21, settimo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972. Si chiarisce che la sanzione colpisce il cedente o il prestatore che emette fattura per operazioni inesistenti, ovvero che indica nella fattura i corrispettivi delle operazioni o le imposte relative in misura superiore a quella reale: in tal caso l'imposta è dovuta per l'intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura.

Si chiarisce così che la prescrizione non riguarda le ipotesi di operazioni soggette a reverse charge, ossia ad inversione contabile.

 

Nella sua formulazione antecedente (A.G. n. 183) l’articolo 31 chiariva le decorrenze delle norme previste dallo schema in materia di sanzioni e individuava le norme da disapplicare; esso è stato trasfuso al successivo articolo 32.

L’articolo 31, comma 1 stabiliva che le disposizioni previste dal provvedimento in esame si applicassero a partire dal 1° gennaio 2016 e fino al 31 dicembre 2017. Il comma 1-bis, conseguentemente, prevedeva la non applicazione delle norme abrogate con l’introduzione della normativa prevista dal decreto per gli anni 2016 e 2017.

 

E’ stata accolta la condizione di cui alla lettera m) del parere reso dalle Commissioni Giustizia e Finanze della Camera, della condizione di cui al parere della V Commissione Bilancio della Camera e dalla condizione di cui alla lettera a) del parere reso dalle Commissioni riunite del Senato; in luogo di una loro applicazione temporanea, le norme del decreto in esame si applicano a partire dal 1°gennaio 2017.

 

L’articolo 32 precisa che l’applicazione dal 1° gennaio 2017 riguarda solo le disposizioni del Titolo II, ovvero quelle di riforma del sistema sanzionatorio amministrativo tributario. La riforma dei reati penali tributari, invece, in mancanza di altre previsioni, entra in vigore decorsi quindici giorni dalla pubblicazione in GU del decreto legislativo.

Sono state accolte le condizioni della Commissione Bilancio della Camera, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione.

 

In primo luogo, all'articolo 32, comma 1, è stata eliminata la temporaneità dell’applicazione delle nuove disposizioni ai soli anni 2016 e 2017; conseguentemente, la disapplicazione temporanea delle seguenti disposizioni è stata sostituita con la loro abrogazione a decorrere dal 1° gennaio 2017:

a)  gli articoli 32 e 33 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 sulle violazioni relative alla dichiarazione Irap;

b)  l'articolo 27, comma 18, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, in materia di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti;

c)  l'articolo 19, comma 4, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 sull'omessa presentazione del modello di versamento contenente i dati relativi alla eseguita compensazione;

d)  l'articolo 3, commi 5 e 6, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, in materia di dichiarazione dei redditi da locazione di immobili ad uso abitativo (cd. cedolare secca sugli affitti);

Si segnala che con l’abrogazione del comma 6 la norma in esame estende l’applicazione della cd. cedolare secca anche alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell'esercizio di una attività d'impresa, o di arti e professioni. E’ inoltre abrogata la disposizione che prevede che il reddito derivante dai contratti in commento non può essere, comunque, inferiore al reddito determinato mediante l'applicazione delle tariffe d'estimo, (ai sensi dell'articolo 37, comma 1, Tuir).

 

E’ stata accolta l'osservazione di cui alla lettera r) del parere reso dalle Commissioni riunite del Senato: è stata quindi aggiornata la disposizione di cui all'articolo 34, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (concernente una forma di ravvedimento speciale per gli intermediari tenuti all'applicazione di ritenute o imposte sostitutive sui redditi di capitale e sui redditi diversi di natura finanziaria), eliminando il rinvio, ormai datato, al decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461.

 

L’articolo 33 (ex articolo 32) provvede alla copertura degli oneri derivanti dal provvedimento in esame, stimati in 40 milioni di euro annui dal 2017 (con una modifica conseguente alle nuove decorrenze stabilite all’articolo 32), si provvede mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell’articolo 16 della legge n. 23 del 2014.

Si affida al Ministro dell'economia e delle finanze il compito di monitorare (in parziale accoglimento della condizione espressa dalla V Commissione della Camera) gli effetti finanziari derivanti dalle disposizioni introdotte.

Si segnala tuttavia che la condizione espressa dalla predetta Commissione prevede che il Ministro ove necessario adotti, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, le occorrenti iniziative legislative volte alla correzione dei predetti effetti.

L’articolato dello schema prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze valuti, in relazione all'entità dello scostamento, la necessità di adottare un proprio decreto per provvedere alla rimodulazione degli importi delle sanzioni, fino ad un massimo del 20 per cento ovvero di presentare al Parlamento una apposita relazione in cui sono indicate le cause dello scostamento e gli interventi specifici da adottare per il mantenimento degli equilibri di finanza pubblica.