Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea
Titolo: Le proposte sul futuro dell'Unione economica e monetaria (COM(2017)821-827)
Serie: Documentazione per le Commissioni - Esame di atti e documenti dell'UE   Numero: 104
Data: 22/01/2018

22 gennaio 2018

 

n. 104

Le proposte sul futuro dell’Unione economica e monetaria (COM(2017)821-827)

 

 


Il dibattito sul futuro dell’UEM

La riforma dell’Unione economica e monetaria è da tempo oggetto di confronto nell’ambito della discussione più generale sulle prospettive future dell’UE.

La necessità di procedere ad un riassetto dell’UEM discende in primo luogo dal fatto che, attualmente, essa è disciplinata da norme di rango primario (contenute nei Trattati) e numerose altre norme di rango secondario a cui, nel tempo, si sono aggiunti accordi intergovernativi (quali il Trattato cd. Fiscal Compact e il Trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità, ESM), nonché misure - anche di natura non legislativa - intese, per un verso, a rafforzare i vincoli di finanza pubblica e, per altro verso, ad introdurre una cornice comune per le politiche economiche degli Stati membri. Inoltre, da più parti è stata segnalata l’esigenza di aggiornare le regole che disciplinano l’UEM per rafforzare l’efficacia e la capacità di perseguire obiettivi comuni.

L’area euro è attualmente formata da tutti i Paesi dell’Unione europea ad eccezione di: Bulgaria, Croazia, Danimarca, Polonia, Regno Unito, Repubblica ceca, Romania, Svezia, Ungheria.

Ad eccezione del Regno Unito e della Danimarca, tutti gli Stati membri non appartenenti alla zona euro si sono giuridicamente impegnati ad aderire all’euro.

 

 

 

I Paesi appartenenti all’area euro dovrebbero garantire una convergenza e una coerenza nelle politiche economiche e di bilancio. Tuttavia, all’interno dell’UEM permangono significative divergenze sia in termini di PIL pro capite (a parità di potere di acquisto) - che risultano ancora più marcate in conseguenza della crisi economico-finanziaria avviatasi nel 2008 - sia per quanto concerne il rapporto deficit/PIL e debito/PIL:

 

 

 

PIL pro capite 2007

UE28= 100

PIL pro capite 2016

UE28=100

Deficit/

PIL 2017

%

Debito/

PIL 2017

%

Austria

125

128

-1,0

78,4

Belgio

115

118

-1,5

103,8

Cipro

104

83

1,1

103,0

Estonia

69

75

-0.2

9,2

Finlandia

119

109

-1,4

62,7

Francia

108

104

-2,9

96,9

Germania

117

123

0,9

64,8

Grecia

93

68

-1,2

179,6

Irlanda

148

183

-0,4

69,9

Italia

107

97

-2,1

132,1

Lettonia

57

65

-0,9

39,1

Lituania

60

75

0,1

41,5

Lussemburgo

275

258

0,5

23,7

Malta

79

96

0,9

54,9

Paesi Bassi

138

128

0,7

57,7

Portogallo

81

77

-1,4

126,4

Slovacchia

67

77

-1,6

50,6

Slovenia

87

83

-0,8

76,4

Spagna

103

92

-3,1

98,4

Fonte: Eurostat

La relazione dei cinque Presidenti

Il dibattito sul futuro dell’UEM è stato avviato con la presentazione, nel giugno 2015, della relazione dei cinque presidenti, elaborata dal Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, in stretta collaborazione con il Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, l’allora Presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, il Presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, e l’allora Presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz.

La relazione indicava i seguenti obiettivi:

·        il completamento dell'Unione bancaria, con l'istituzione del fondo per la risoluzione delle crisi e il sistema comune di garanzia dei depositi;

·        l'istituzione di un Presidente permanente dell'Eurogruppo (attualmente ha un mandato di due anni e mezzo);

·        l'integrazione nell’ordinamento dell'UE del cd. Fiscal Compact, del Trattato istitutivo del meccanismo europeo di stabilità (European stability mechanism, ESM, cd. Fondo salva-Stati) e del Trattato intergovernativo che istituisce il Fondo unico di risoluzione delle crisi bancarie;

·        l’istituzione di sistema di stabilizzatori comuni per reagire agli shock, cui potranno accedere i Paesi che avranno fatto le riforme;

·        l’istituzione di una "Tesoreria della zona euro".

Le risoluzioni del Parlamento europeo

Il Parlamento europeo è intervenuto nel dibattito approvando, il 16 febbraio 2017, tre risoluzioni dedicate, rispettivamente ai miglioramenti al funzionamento dell’UE a Trattati vigenti (sulla base della relazione degli onn. Brok e Bresso), alle possibili evoluzioni della struttura istituzionale dell’UE anche modificando i Trattati (sulla base delle relazione presentata dall’on. Verhofstadt); e sulla capacità di bilancio della zona euro (sulla base della relazione presentata dagli onn. Böge e Berès).

Con riguardo al futuro dell’UEM, le tre risoluzioni il PE includono le seguenti proposte:

·        istituire un Ministro delle finanze dell'UE, attribuendo alla Commissione la capacità di formulare e attuare una politica economica comune dell'UE in vista dell’istituzione di un Tesoro europeo (relazioni Verhofstadt e Bresso- Brok);

·        attuare, in aggiunta al Patto di stabilità e di crescita, un "Codice di convergenza" che stabilisca obiettivi convergenti (per quanto riguarda la fiscalità, il mercato del lavoro, gli investimenti, la produttività, la coesione sociale nonché le capacità amministrative pubbliche e di buon governo) (relazioni Verhofstadt e Bresso- Brok);

·        integrare nel quadro giuridico dell'UE il Trattato cd. Fiscal Compact, il Meccanismo europeo di stabilità (“Fondo salva Stati”) e il Fondo di risoluzione unico delle crisi bancarie (relazioni Verhofstadt e Bresso- Brok);

·        dotare il bilancio dell’UE di capacità supplementari per quanto riguarda specificamente la zona euro (relazione Boge-Beres);

·        integrare la capacità di bilancio della zona euro con una strategia di lungo periodo per la sostenibilità del debito e la sua riduzione (relazione Boge-Beres);

·        in caso di gravi crisi economiche imputabili a una carenza di domanda interna, finanziare investimenti mirati a sostenere la domanda aggregata e la piena occupazione(relazione Boge-Beres).

Il documento di riflessione della Commissione europea

Nella primavera del 2017 la Commissione europea ha presentato un documento di riflessione sull'approfondimento dell'Unione economica e monetaria.

Tra le misure che potrebbero essere adottate entro il 2019, la Commissione annoverava:

·        completamento dell’Unione bancaria, attraverso l’introduzione di un sostengo pubblico (public backstop) per il Fondo di risoluzione unico delle crisi bancarie, e l’approvazione delle proposte relative, rispettivamente, al sistema europeo di assicurazione dei depositi bancari, e all’l'ulteriore rafforzamento dei requisiti prudenziali delle banche;

·        realizzazione dell'Unione dei mercati dei capitali, allo scopo di offrire alle famiglie e alle imprese fonti di finanziamento più innovative e diversificate;

Tra le misure da introdurre dopo il 2019, la Commissione europea indica:

·        introduzione di uno strumento comune di stabilizzazione macroeconomica, allo scopo di fronteggiare gli effetti derivanti da gravi recessioni economiche, e in particolare per sostenere gli investimenti pubblici e/o offrire un regime di assicurazione contro la disoccupazione. Per finanziare tale strumento la Commissione ipotizza il ricorso alle risorse del Meccanismo europeo di stabilità (ESM) o l’introduzione di una fonte di finanziamento ad hoc, come i contributi nazionali basati su una percentuale del PIL o dell'IVA, o le entrate da accise, prelievi o imposte societarie;

·        introduzione di un nuovo strumento finanziario per l'emissione comune di titoli di debito, equiparabili ai titoli del Tesoro degli Stati Uniti. Tali strumenti finanziari agevolerebbero le banche nella diversificazione dei loro investimenti e contribuirebbero al superamento dell'interconnessione tra banche ed emittenti sovrani. Tuttavia, la Commissione ritiene che si tratti di una materia molto complessa: in particolare, l’aspetto della mutualizzazione del debito risulta particolarmente controverso, e richiede ulteriori riflessioni;

·        modifica del trattamento regolamentare dei titoli di Stato, che sono attualmente considerati a rischio zero. Tuttavia, Per garantire parità di condizioni per il settore finanziario europeo, secondo la Commissione ogni modifica dovrebbe essere inquadrata in un accordo a livello globale;

·        adozione di standard comuni per valutare le misure adottate dagli Stati membri per promuovere la qualità della spesa pubblica, gli investimenti in istruzione e formazione, la promozione di mercati dei prodotti e dei servizi più aperti e più competitivi e la creazione di sistemi fiscali e previdenziali equi ed efficienti;

·        istituzione di un fondo dedicato che incentivi gli Stati membri ad eseguire le riforme; in alternativa, si potrebbe subordinare l'erogazione dei fondi strutturali, o di una parte di essi, ai progressi compiuti nell'attuazione delle riforme stesse;

·        possibilità di introdurre un bilancio specifico per la zona euro;

·        incorporazione del Fiscal Compact e del Trattato istitutivo dell’ESM nel quadro giuridico dell’UE;

·        fusione delle funzioni del presidente permanente dell'Eurogruppo e del membro della Commissione responsabile per l'UEM;

·        rappresentanza unica dell’area euro negli organismi finanziari internazionali, a partire dal Fondo monetario internazionale;

·        istituzione di un Tesoro dell’area euro incaricato di vigilare sulle politiche economiche e di bilancio della zona euro e dei suoi Stati membri, coordinare l'emissione comune di titoli di debito e gestire lo strumento di stabilizzazione macroeconomica. Il Tesoro potrebbe riunire competenze e servizi esistenti attualmente sparsi in diverse istituzioni e organismi, e potrebbe essere posto sotto la responsabilità di un ministro delle Finanze dell'UE, che presiederebbe anche l'Eurogruppo/ECOFIN;

·        istituzione di un Fondo monetario europeo, basato sull’ESM, con il compito di assicurare assistenza finanziaria agli Stati membri in difficoltà e di fornire il public backstop al fondo comune di risoluzione delle crisi bancarie.

Inoltre, il 17 gennaio 2017 un gruppo di 14 economisti di Francia e Germania (tra i quali spiccano i nomi di Jean Pisani-Ferry, consigliere del Presidente Macron; Clemens Fuest, presidente dell’Ifo, tra i più influenti centri studi tedeschi; Isabel Schnabel, del consiglio di esperti che affianca il governo tedesco) ha presentato un documento sulla riforma dell’eurozona, intitolato “Riconciliare la condivisione del rischio con la disciplina di mercato: un approccio costruttivo alla riforma dell’area euro”.

Nel documento si individuano i seguenti obiettivi:

·        il limite del 3% nel rapporto deficit/PIL, ad avviso degli economisti franco-tedeschi, non ha funzionato, e dunque si propone di introdurre un limite alla crescita della spesa pubblica nominale, che non dovrebbe superare la crescita potenziale (nei Paesi ad alto debito la spesa pubblica dovrebbe essere anche più bassa). Ogni anno sarebbe un’autorità indipendente a livello nazionale (Fiscal Council) a calcolare le proiezioni di crescita, da sottoporre all’approvazione di un’analoga autorità a livello europeo. Ogni sforamento dovrebbe essere finanziato con titoli di stato subordinati, che inevitabilmente avrebbero un prezzo più basso e un rendimento più alto.

·        in caso di crisi, si dovrebbe rafforzare l’obbligo di ristrutturazione del debito come condizione per gli interventi dell’ESM;

·        per rispondere agli shock macroeconomici, in particolare un aumento significativo della disoccupazione – si propone di istituire un fondo di stabilizzazione, che intervenga tuttavia in ultima istanza, come riassicuratore dei fondi nazionali;

·        per il sistema creditizio si auspica la rottura del circolo vizioso tra banche e titoli di stato nazionali, con la fissazione di maggiori accantonamenti una volta fissata una certa soglia;

·        è condivisa la proposta di istituire un Ministro europeo dell’economia e delle finanze, che sia la tempo stesso Vice presidente della Commissione e Presidente dell’Eurogruppo. Tuttavia, poiché l'Eurogruppo ha sia responsabilità decisionali sia di supervisione, gli economisti franco-tedeschi propongono che queste due missioni siano separate, affidando la missione di vigilanza alla Commissione europea o ad un altro organismo.

Da ultimo, a seguito dell’incontro tra il Presidente della Repubblica francese, Macron, e la Cancelliera tedesca, Merkel, il Bundestag e l’Assemblea nazionale francese dovrebbero approvare, il 22 gennaio 2018, una dichiarazione congiunta nella quale, tra le altre cose, preannunciano la costituzione di un gruppo di lavoro ad alto livello con il compito di elaborare, entro la primavera 2018, proposte comuni sul futuro dell’Unione economica e monetaria.

Il pacchetto di proposte del 6 dicembre 2017

Il presente pacchetto di riforma dell’UEM, presentato il 6 dicembre 2017, individua i seguenti obiettivi generali:

·        maggiore responsabilità democratica, attribuendo ai Parlamenti nazionali e al Parlamento europeo poteri di controllo sulla gestione della governance economica dell’UE;

·        semplificazione delle procedure e integrazione dei meccanismi intergovernativi nel quadro giuridico dell’UE. Il sistema attuale, infatti, è costituito da un complesso di decisioni adottate anche sotto la pressione determinata dalla necessità di far fronte ad una crisi economico-finanziaria senza precedenti, il che, talvolta, ha portato ad una moltiplicazione degli strumenti e ad una crescente sofisticazione delle norme, che sono fonte di complessità e che rischiano di generare duplicazioni;

·        unità. Quanto è stato pensato per la zona euro dovrebbe esserlo anche per e con gli Stati membri che sono tenuti ad aderire all’euro in futuro.

In via generale, il pacchetto di proposte presentato dalla Commissione europea comprende:

·        misure di carattere istituzionale (quelle relative all’istituzione del Ministro europeo dell’economia e delle finanze e del Fondo monetario europeo), con un impatto sull’UE nel suo complesso e non solo sull’area euro;

·        misure che riguardano la razionalizzazione della disciplina legislativa (quelle relative all’incorporazione del Trattato cd.  Fiscal Compact nella cornice giuridica dell’UE);

·        misure che concernono l’attivazione o il miglior utilizzo di risorse finanziarie (in particolare, la proposta relativa al nuovo programma di sostegno alle riforme strutturali e quella sulla c.d. riserva di efficacia).

Nello specifico, il pacchetto è così composto:

·        una comunicazione recante una tabella di marcia per il completamento dell'Unione economica e monetaria dell'Europa (COM(2017)821);

·        una comunicazione relativa ai nuovi strumenti di bilancio per la zona euro (COM(2017)822), a cui sono abbinate le seguenti due proposte legislative:

-       una proposta di modifica del regolamento (UE) 2017/825 per aumentare la dotazione finanziaria del programma di sostegno alle riforme strutturali (COM(2017)825);

-       una proposta di modifica del regolamento sulle disposizioni comuni che disciplinano i Fondi strutturali e di investimento europei (fondi SIE) 2014-2020 (COM(2017)826);

·        una comunicazione sull’istituzione del Ministro europeo dell'economia e delle finanze (COM(2017)823);

·        una proposta di direttiva per l’incorporazione del Trattato cd. Fiscal Compact nell’ordinamento giuridico dell’UE (COM(2017)824);

·        una proposta di regolamento per l’istituzione di un Fondo monetario europeo (COM(2017)827).

La tabella di marcia, contiene misure concrete da adottare nel corso dei prossimi 18 mesi (vedi grafico a pag. 12).

Come risulta dall’elenco sopra citato, accanto alla comunicazione che scandisce la tabella di marcia, la Commissione ha presentato 6 proposte (quattro legislative e due non legislative). Si riportano di seguito gli elementi principali del pacchetto

Istituzione del Ministro europeo dell’economia e delle finanze

Nella citata comunicazione la Commissione delinea, sia pure in termini non puntuali, le eventuali funzioni di un Ministro europeo dell'economia e delle finanze, che dovrebbe fungere da Vicepresidente della Commissione e da Presidente dell'Eurogruppo (ipotesi percorribile in base agli attuali Trattati dell'UE). Il Ministro sarebbe responsabile di fronte al Parlamento europeo e manterrebbe dialoghi regolari anche con i Parlamenti nazionali. In particolare, i Parlamenti nazionali potrebbero chiedere al Ministro di presentare loro il parere della Commissione sui rispettivi documenti programmatici di bilancio.

Il raggiungimento, entro il primo semestre del 2019, di un'intesa comune circa il ruolo del Ministro permetterebbe di istituire tale figura quale componente della prossima Commissione (2019-2024).

Attualmente, nell’ambito della Commissione europea c’è un Vicepresidente (Valdis Dombrovskis) competente per l’euro e il dialogo sociale e che svolge funzioni di indirizzo e coordinamento dell'attività di sei Commissari, tra i quali figura Pierre Moscovici, responsabile per gli affari economici e finanziari. La loro nomina, unitamente a quella degli altri membri della Commissione europea, è stata approvata con il voto favorevole del Parlamento europeo, di fronte al quale sono responsabili.

Il Presidente dell’Eurogruppo, invece, è eletto, in base ad uno specifico protocollo del Trattato sul funzionamento dell’UE, a maggioranza dai ministri dell’economia e delle finanze della zona euro, e non è legato da un vincolo di responsabilità con il PE.

Il Ministro europeo dell’economia e delle finanze, secondo la Commissione, dovrebbe:

·        perseguire l'interesse generale dell'economia dell'UE e della zona euro e rappresentarla a livello mondiale.

Al riguardo si ricorda che già nell’ottobre 2015 la Commissione europea aveva presentato una proposta di decisione - alla quale non è stato dato seguito - che mirava ad introdurre, entro il 2025, una rappresentanza unificata per la zona euro in seno al Fondo monetario internazionale, affidandola al Presidente dell'Eurogruppo.

La Commissione osserva che, mentre l'euro si è affermato come la seconda valuta più usata nel mondo, la zona euro non è rappresentata come entità unica nelle istituzioni finanziarie internazionali, a partire dal Fondo monetario internazionale che, essendo dotato di strumenti per la concessione di prestiti e svolgendo una funzione di sorveglianza, costituisce un attore fondamentale nella governance economica mondiale. Considerazioni analoghe valgono con riferimento ad altri consessi internazionali: a livello dei leader del G7 l’Unione e la zona euro sono rappresentate dal Presidente del Consiglio europeo e dal Presidente della Commissione. A livello dei ministri delle finanze del G7 e dei governatori delle banche centrali, la zona euro è rappresentata dal Presidente dell’Eurogruppo, dalla Commissione e dalla Banca centrale europea (BCE). A livello dei capi di Stato e di governo del G20 l’Unione e la zona euro sono rappresentate dal Presidente del Consiglio europeo e dal Presidente della Commissione. Qualora il G20 tratti questioni di competenza della zona euro sono la Commissione e la BCE a presentarne le posizioni nelle riunioni dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali. Tale rappresentanza frammentata riduce considerevolmente il peso politico ed economico della zona euro su scala globale;

·        rafforzare il coordinamento delle politiche e vigilare sulle norme economiche, finanziarie e di bilancio.

Al riguardo, sarebbe opportuno acquisire chiarimenti sulla portata del prospettato rafforzamento, rispetto alla situazione vigente, dei poteri di vigilanza e coordinamento.

Attualmente, la funzione di coordinamento e di vigilanza si svolge nell’ambito del cosiddetto semestre europeo (i cui attori principali sono la Commissione europea, il Consiglio ECOFIN e il Consiglio europeo), scandito dalle seguenti tappe:

-       verso la fine dell'autunno la Commissione presenta la sua analisi annuale della crescita, che identifica le priorità dell'UE per l'anno a venire, in termini di politiche economiche, occupazionali e di bilancio. La Commissione propone raccomandazioni specifiche per la zona euro nel suo complesso, che vengono poi discusse dal Consiglio ECOFIN e approvate dal Consiglio europeo di primavera. La Commissione pubblica anche la relazione sul meccanismo di allerta (AMR), che identifica gli Stati membri che potrebbero evidenziare squilibri macroeconomici;

-       in aprile gli Stati membri presentano i propri programmi di stabilità e convergenza (PSC)) nonché i programmi nazionali di riforma (PNR);

-       in maggio la Commissione valuta i PNR e i PSC, nonché i progressi realizzati dagli Stati membri in termini di conseguimento degli obiettivi definiti nella strategia Europa 2020 e di correzione degli squilibri macroeconomici. Sulla base di tali valutazioni, la Commissione propone raccomandazioni specifiche per paese (RSP), che vengono successivamente discusse dalle varie formazioni del Consiglio;

-       in giugno/luglio il Consiglio europeo approva le RSP, che vengono poi ufficialmente adottate dal Consiglio ECOFIN di luglio, chiudendo a livello dell'UE il ciclo annuale del Semestre europeo;

·        pronunciarsi sulla politica di bilancio appropriata per la zona euro a sostegno della politica monetaria della Banca centrale europea, promuovendo la qualità e la miglior composizione della spesa pubblica.

Al riguardo, potrebbe risultare opportuno acquisire chiarimenti sulla effettiva portata di questo obiettivo, che sembra prefigurare la possibilità di elaborare una politica di bilancio più coerente con la politica monetaria della BCE: ciò costituirebbe una significativa innovazione rispetto all’assetto attuale, in cui non è previsto alcun nesso vincolante tra politica economica dell’area euro e politica monetaria della BCE

Si ricorda che, per stabilizzare i mercati dei titoli di stato e contribuire a riportare l’inflazione su livelli inferiori ma prossimi al 2% sostenendo la ripresa economica,, la Banca centrale europea ha attivato il cd. Quantitative easing, che prevede l’acquisto, su base mensile, di titoli pubblici e privati per un importo fino a 30 miliardi di euro fino a settembre 2018 e oltre, se necessario (fino a marzo 2017 erano 80 miliardi, e fino a dicembre 2017 60 miliardi).

Nella proposta della Commissione sembrerebbe prefigurarsi dunque la possibilità per il Ministro di promuovere una politica espansiva, se necessario, per favorire una ripresa dell’inflazione da domanda;

·        in quanto presidente dell'Eurogruppo, il Ministro presiederebbe quindi anche il consiglio dei governatori del Fondo monetario europeo;

·        monitorare l'uso degli strumenti di bilancio dell'UE e della zona euro, compresi quelli a sostegno delle riforme, della stabilizzazione macroeconomica e della convergenza (ad esempio, gli interventi della Banca europea per gli investimenti e dell’ESM).

Occorre rilevare che la proposta della Commissione sul nuovo Ministro prefigura un assetto che non corrisponde a quello contenuto nel Trattato sull’Unione europea (TUE) relativo alla figura dell’Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune (sottoposto al voto del Parlamento europeo insieme al resto della Commissione ma nominato dal Consiglio europeo) né alle proposte, recentemente avanzate nell’ambito del dibattito sul futuro dell’UE, di far coincidere la figura del Presidente del Consiglio europeo con quella di Presidente della Commissione europea. La Commissione, infatti, prospetta che il nuovo Ministro sia Vicepresidente della Commissione europea e possa essere eletto Presidente dell’Eurogruppo, ma non prevede alcun ruolo all’interno del Consiglio dei Ministri dell’economia e delle finanze dell’UE (ECOFIN) che, a differenza dell’Eurogruppo, esercita la funzione legislativa.

Sotto il profilo della denominazione, la parola “ministro” costituirebbe un’innovazione senza precedenti, nonché un’anomalia all’interno del collegio dei commissari, dove lo stesso responsabile della politica estera e di sicurezza comune, come ricordato, non è denominato “ministro” ma “alto rappresentante”.

Inoltre, la proposta della Commissione attribuisce al Ministro il ruolo di coordinare le politiche fiscali, ma non la collega a una gestione di un vero e proprio bilancio dell’eurozona. Tuttavia, tra le misure che potrebbero essere realizzate a medio-lungo termine (tra il 2019 e il 2025), la Commissione evoca anche la creazione di un Tesoro della zona euro, senza peraltro chiarire di quante risorse disporrebbe e come verrebbe alimentato (vedi infra, paragrafo “Gli ulteriori obiettivi della tabella di marcia”).

Si segnala che nel documento di riflessione presentato il 14 dicembre 2017 il Ministero dell’economia e delle finanze italiano auspica l’istituzione di un Ministro che sia contemporaneamente Vicepresidente della Commissione europea Presidente dell'Eurogruppo, e che abbia il compito di: vigilare sulle finanze pubbliche; definire la politica di bilancio dell’area euro; sovrintendere all’utilizzo di un fondo di stabilizzazione contro gli shock economici (rainy day fund) e alla eventuale emissione di titoli obbligazionari comuni dell’eurozona.

Istituzione di un Fondo monetario europeo

La proposta di regolamento prevede l'istituzione di un Fondo monetario europeo (FME), basato sulla struttura ormai consolidata del Meccanismo europeo di stabilità (cd. Fondo “salva-Stati”, ESM), ma ancorato all'ordinamento giuridico dell'UE (attualmente l’ESM è disciplinato da un apposito accordo intergovernativo). Il FME:

·        potrebbe costituire un meccanismo di backstop (garanzia) comune per il fondo di risoluzione unico e fungerebbe da prestatore di ultima istanza al fine di facilitare la risoluzione ordinata delle banche in difficoltà;

·        potrebbe concedere assistenza finanziaria precauzionale agli Stati membri dell'FME sotto forma di linea di credito condizionale, nonché assistenza finanziaria per la ricapitalizzazione degli enti creditizi;

·        nell’ambito dell’assistenza finanziaria, potrebbe adottare disposizioni per l'acquisto dei titoli emessi sul mercato primario da un membro dell'FME (funzione che attualmente è già svolta dall’ESM, dunque non costituirebbe una novità);

·        verrebbe introdotto il voto a maggioranza qualificata (85%), anziché all’unanimità, per le decisioni in materia di sostegno alla stabilità, esborsi e attivazione del sostegno. Peraltro, è prevista  anche la possibilità di adottare decisioni a maggioranza semplice quando si tratti di richiamare il capitale non versato al fine di ripristinare il livello del capitale ove quest'ultimo, per effetto dell'assorbimento di perdite, sia sceso al di sotto degli 80 miliardi di euro (vedi infra). Per tutte le decisioni è necessaria comunque la presenza di un quorum di due terzi dei membri dell'FME aventi diritto di voto che rappresentino almeno i due terzi dei diritti di voto (calcolati sulla base delle quote di capitale, vedi infra);

·        verrebbe inserito un esplicito riferimento all’applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nelle attività del futuro FME (di conseguenza, la concessione dell’assistenza finanziaria sarebbe condizionata al rispetto dei diritti tutelati nella Carta).

·        la proposta reca una disciplina puntuale per quanto riguarda i membri e la governance: L'FME sarebbe dotato di un consiglio dei governatori e di un consiglio di amministrazione, nonché di un direttore generale. Il presidente del consiglio dei governatori sarebbe il presidente dell'Eurogruppo (come già avviene per l’ESM).

Nel medio-lungo periodo l'FME potrebbe dotarsi di nuovi strumenti finanziari, ad esempio per sostenere un'eventuale funzione di stabilizzazione per affrontare gli shock asimmetrici. Il Parlamento europeo e il Consiglio sono invitati ad adottare la proposta entro il primo semestre del 2019.

Attualmente l’ESM ha un capitale sottoscritto totale di 700 miliardi di euro. Di questo importo, 80 miliardi di euro sono sotto forma di capitale versato dagli Stati membri e i restanti 620 miliardi sotto forma di garanzie prestate dagli stessi Stati. Le quote di capitale per ciascuno Stato membro sono ripartite in base alla partecipazione al capitale versato della BCE (per l’Italia la quota è pari al 17,9% del totale; la Germania e la Francia hanno una quota, rispettivamente, del 26,9% e del 20,2%):

 

 

Capitale sottoscritto (miliardi di euro)

Capitale versato (miliardi di euro)

Germania

190,0

21,7

Francia

142,7

16,3

Italia

125,3

14,3

La capacità effettiva di prestito dell’ESM al momento della sua istituzione (ottobre 2012) ammontava a 500 miliardi di euro; a seguito degli interventi di assistenza finanziaria a favore di Grecia, Cipro, Portogallo, Irlanda e Spagna, la capacità di prestito residua dell’ESM è pari a 378 miliardi.

Il Governo italiano, nel menzionato documento di riflessione, condivide l’ipotesi di integrare l’ESM nella cornice giuridica dell’UE, attribuendogli le funzioni di backstop (garanzia) comune per il fondo di risoluzione unico delle crisi bancarie e di gestione del fondo di stabilizzazione dell’area euro.

Incorporazione del Fiscal Compact nella cornice giuridica dell’UE

La Commissione propone di incorporare, con un’apposita direttiva, le disposizioni del Trattato sulla stabilità, il coordinamento economico e la governance (cd. Fiscal Compact) nell'ordinamento giuridico dell'Unione.

L’art. 16 del Fiscal Compact prevede infatti che, al più tardi entro cinque anni dalla data di entrata in vigore del Trattato stesso (e dunque, entro il 1° gennaio 2018), sulla base di una valutazione dell'esperienza maturata in sede di attuazione, siano adottate le misure necessarie per incorporarne il contenuto nella cornice giuridica dell’UE.

Con il Fiscal Compact, di fatto, si sono confermate alcune regole di bilancio già introdotte nell’ordinamento della UE e si impegnavano gli Stati firmatari a recepire la regola del pareggio strutturale di bilancio in disposizioni vincolanti a un elevato livello di gerarchia delle fonti giuridiche (preferibilmente a livello costituzionale)

Si può in proposito osservare che le previsioni di maggiore rilievo del Fiscal Compact sono riprodotte nei due principali strumenti normativi dell’Unione che definiscono il Patto di stabilità e crescita, ovvero i regolamenti (UE) n. 1466/97 e 1467/97, come modificati dapprima con il cosiddetto six-pack del 2011 e, successivamente all’entrata in vigore del Fiscal Compact, con il cosiddetto two-pack del 2013. Gli unici elementi di differenza riguardano:

·        nell’ambito del cosiddetto braccio preventivo, il Fiscal Compact identifica l’obiettivo di medio termine (OMT) in termini di disavanzo strutturale di bilancio delle amministrazioni pubbliche nella misura massima dello 0,5% del PIL, mentre nel six-pack tale misura era identificata nell’1%;

·        il meccanismo correttivo automatico previsto dal Fiscal Compact, che si attiva qualora si constatino deviazioni significative dall'obiettivo di medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo e che obbliga la parte contraente ad attuare misure per correggere le deviazioni in un periodo di tempo definito, non è riprodotto nell’ordinamento dell’Unione.

Il Parlamento europeo e il Consiglio sono invitati ad adottare la proposta di incorporazione del Fiscal Compact nell’ordinamento giuridico dell’UE entro il primo semestre del 2019.

Il 10 maggio 2017 la Camera dei deputati ha approvato una mozione (Rosato e altri, n. 1/01627), nella quale, tra le altre cose, impegna il Governo ad opporsi in sede europea a tale incorporazione del Fiscal compact.

Inoltre, merita segnalare che, in occasione della Conferenza interparlamentare sulla governance economica svoltasi a Tallinn il 30-31 ottobre scorso, nessuna delegazione si è espressa a favore di un incorporazione sic et simpliciter del Fiscal Compact nell’ordinamento giuridico dell’UE, rilevando che la stabilità di bilancio non può rappresentare un obiettivo a se stante, in particolare nelle situazioni di crisi che richiedono misure anticicliche.

Nuovi strumenti di bilancio per la zona euro

I nuovi strumenti di bilancio dovrebbero garantire la stabilità della zona euro, attraverso:

·        uno strumento di sostegno alla realizzazione delle riforme strutturali degli Stati membri.

Per il periodo 2018-2020 la Commissione propone di rafforzare il programma di sostegno alle riforme strutturali raddoppiando, da qui al 2020, i finanziamenti disponibili per le attività di supporto tecnico, che raggiungerebbero in tal modo i 300 milioni di euro. A tale scopo propone di avviare una fase di sperimentazione attraverso modifiche mirate al regolamento sulle disposizioni comuni sui Fondi strutturali e di investimento europei (fondi SIE) 2014-2020, in modo da ampliare la possibilità di utilizzare parte della riserva di efficacia a sostegno delle riforme concordate.

La riserva di efficacia è costituita dal 6% dei fondi SIE, che viene accantonata ed è destinata soltanto a programmi che hanno conseguito i propri target intermedi. Sulla base delle informazioni e delle valutazioni fornite nella relazione annuale sullo stato di attuazione nel 2019, la Commissione europea può infatti decidere sia l’assegnazione della riserva di efficacia, sia, nel caso di grave carenza, la sospensione dei pagamenti.

Nella relazione presentata sulla base dell’art. 6 della legge 234/2012, il Governo rileva che rileva che la proposta non è conforme all’interesse nazionale, poiché la riassegnazione della riserva di efficacia potrebbe sottrarre risorse alla politica di coesione con diverse conseguenze;

-       la necessità di intervenire sul quadro programmatorio vigente, modificando l’Accordo di partenariato e i Programmi operativi;

-       la riduzione della capacità di finanziamento delle azioni previste dai Programmi operativi, sia per la quota UE (potenzialmente per l’Italia fino a un massimo di 1,9 miliardi di euro) sia per la quota di cofinanziamento nazionale;

-       il trasferimento di risorse dei fondi SIE dalla forma tipica di esecuzione a “gestione condivisa” a forme di “gestione diretta da parte della Commissione europea;

-       Il rischio di mancata salvaguardia del principio di destinazione territoriale dei fondi SIE.

Nel citato documento del 14 dicembre 2017, il Ministero dell’economia e delle finanze sottolinea l’esigenza di promuovere una politica di bilancio che dia impulso alle riforme strutturali e agli investimenti.

In particolare, il Governo italiano ritiene che occorrerebbe rendere più agevole l’applicazione della clausola di flessibilità introdotta dalla Commissione europea nel gennaio 2015, che consente agli Stati membri deviazioni temporanee dall’obiettivo di bilancio a medio termine previsto dal Patto di stabilità, o dal percorso di aggiustamento verso di esso, in vista della realizzazione di riforme strutturali e di investimenti pubblici per progetti cofinanziati dall’UE nel quadro della politica strutturale e di coesione (compresi i progetti cofinanziati nell'ambito dell'Iniziativa a favore dell'occupazione giovanile), le reti transeuropee e il meccanismo per collegare l’Europa;

·       uno specifico strumento di convergenza per gli Stati membri in procinto di aderire all'euro;

·       una funzione di stabilizzazione, al fine di mantenere i livelli di investimento in caso di gravi shock asimmetrici, da adottare entro il primo semestre del 2019.

Tali strumenti verrebbero finanziati con un’apposita linea di bilancio dedicata alla zona euro all’interno del bilancio UE. Tuttavia, la definizione dell’ammontare di questa nuova linea viene rinviata a maggio prossimo, quando la Commissione presenterà la proposta per il Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2028.

Il Governo italiano, nel documento del 14 dicembre, prospetta l’introduzione di un rainy day fund che offra sostegno agli Stati membri in difficoltà economica. Al fine di evitare trasferimenti permanenti unidirezionali e prevenire il rischio morale, il trasferimento di risorse dal fondo verrebbe effettuato solo in presenza di shock significativi e in misura proporzionale rispetto all'intensità degli shock stessi. Inoltre, le risorse ricevute dovrebbero essere rimborsate, configurandosi dunque come un prestito senza interessi. L'attivazione del meccanismo dovrebbe essere il più automatica possibile, in modo da sottrarla i meccanismi negoziali e discrezionali tipici del sistema intergovernativo: la proposta del Governo italiano è di ancorare l’attivazione del fondo ad aumenti significativi del tasso di disoccupazione.

Gli ulteriori obiettivi della tabella di marcia

Oltre alle scadenze temporali indicate per ciascuna delle proposte sopra esposte, la tabella di marcia indica una serie di obiettivi da raggiungere nei prossimi 18 mesi. In particolare, entro la fine del 2018:

·        Parlamento europeo e Consiglio dell’UE dovrebbero approvare in via definitiva le proposte connesse al completamento dell’Unione bancaria, ovvero quelle relative alla riduzione dei rischi del settore creditizio, all’istituzione del sistema europeo di assicurazione dei depositi bancari e della garanzia comune per il fondo di risoluzione unico delle crisi bancarie.

Il negoziato sulla proposta relativa al sistema europeo di assicurazione dei depositi bancari risulta attualmente bloccato, avendo alcuni Stati membri (tra cui Germania, Finlandia e Austria) richiesto che l’approvazione del sistema comune sia subordinata all’approvazione di ulteriori misure riduzione dei rischi bancari.

Con riferimento all’Unione bancaria, il citato documento del MEF condivide l’esigenza di procedere rapidamente all’approvazione in via definitiva delle proposte connesse al completamento dell’Unione bancaria. Per ridurre ulteriormente i rischi, oltre al processo in corso per la riduzione dei crediti deteriorati, ad avviso del Governo italiano dovrebbe essere istituita una nuova task force per valutare i rischi dei titoli illiquidi e l'adeguatezza dei modelli interni che le banche utilizzano per valutare le loro attività, in particolare il cosiddetto "Livello 3" (derivati complessi, titoli strutturati, ma anche obbligazioni semplici che non hanno un mercato specifico).

·        la Commissione europea dovrebbe presentare una proposta relativa all’ introduzione di nuovo strumento finanziario per l'emissione di titoli garantiti da obbligazioni sovrane (sovereign bond-backed securities).

Si tratterebbe di prodotti finanziari cartolarizzati emessi da un’entità commerciale o da un’istituzione, il cui uso potrebbe aumentare la diversificazione dei bilanci delle banche.

E’ opportuno precisare che la proposta non implicherebbe alcuna forma di mutualizzazione del debito pubblico che, ad avviso della Commissione, risulta particolarmente controversa e richiede ulteriori riflessioni, anche a causa della preoccupazione per il possibile affievolirsi degli incentivi a realizzare politiche di bilancio rigorose.

Entro la metà del 2019:

·        i colegislatori dell’UE dovrebbero adottare le proposte connesse al completamento dell’Unione dei mercati dei capitali, allo scopo di offrire alle famiglie e alle imprese fonti di finanziamento più innovative e diversificate e un minor ricorso al finanziamento tramite il prestito bancario.

Allo stato attuale sono stati realizzati circa due terzi delle 33 azioni previste dal Piano d’azione per l’Unione dei mercati dei capitali. In particolare, merita segnalare che sono state approvate:

-       la proposta di regolamento relativo al prospetto da pubblicare per l'offerta al pubblico o l'ammissione alla negoziazione di titoli;

-       la proposta di regolamento che instaura un quadro europeo per le cartolarizzazioni;

-       la proposta di regolamento che modifica la disciplina relativa ai fondi europei per il venture capital e ai fondi europei per l’imprenditoria sociale.

In aggiunta, tra il 2019 e il 2025, la prossima Commissione europea potrebbe assumere iniziative in relazione a:

·        la modifica del trattamento regolamentare dei titoli di Stato, che sono attualmente considerati a rischio zero;

Occorre rilevare che, da un lato, tale trattamento non incentiva le banche a diversificare le proprie attività; dall’altro, se fosse modificato in senso peggiorativo, potrebbe indurre le banche a ridurre drasticamente la quantità di titoli di Stato in loro possesso. E’ stata da più parti raccomandata la necessità di disciplinare la materia nell’ambito di un accordo più generale su scala globale, al fine di garantire parità di condizioni e non creare situazioni più gravose per il settore finanziario europeo.

Al riguardo, è opportuno segnalare che nella riunione del 16 giugno 2017 il Consiglio ECOFIN ha concordato di attendere gli esiti dei lavori del Comitato di Basilea sul trattamento dei rischi dei titoli di Stato detenuti dalle banche.

Con riferimento ai titoli di stato, il Governo italiano rileva che meccanismi per la ristrutturazione del debito sovrano o l'introduzione di ponderazioni o limiti di rischio sulle obbligazioni sovrane detenute dalle banche potrebbero avere un impatto molto negativo sulla stabilità finanziaria e aumentare la prociclicità, con la conseguenza di rendere l'UEM più fragile.

Riguardo agli ultimi due punti, si rileva che la Commissione non fornisce alcun elemento che chiarisca contenuti e modalità di attuazione degli obiettivi prospettati.

Il contributo del Governo italiano

Il citato documento di riflessione presentato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze il 14 dicembre 2017, oltre alle indicazioni sopra riportate per ciascun punto della riforma dell’UEM proposta dalla Commissione, delinea i seguenti obiettivi considerati prioritari dal Governo italiano per rafforzare l’Unione europea e completare l’Eurozona:

·        un nuovo approccio ai cd. beni pubblici europei, che preveda il finanziamento comune de:

-       la gestione delle frontiere esterne e delle politiche migratorie;

-       l’attuazione del piano d’azione europeo in materia di difesa, in particolare istituendo il Fondo europeo per la difesa, che dovrebbe sostenere gli investimenti comuni nella ricerca e nello sviluppo tecnologico applicati alla difesa;

-       il potenziamento delle misure per garantire la sicurezza interna ed esterna, inclusa la cyber-security;

-       il Fondo europeo per gli investimenti strategici (cd. Piano Juncker) reso permanente;

-       i programmi che promuovono la mobilità dei giovani (in primo luogo, Erasmus), dotandoli di maggiori risorse. Inoltre, sarebbe opportuno varare una forma di reddito minimo garantito per assicurare a tutti i bambini condizioni di vita dignitose e il diritto allo studio.

Per garantire adeguate risorse ai nuovi compiti attributi all’UE, il MEF ritiene imprescindibile una riflessione sulle dimensioni del bilancio dell’Unione e sulla necessità di nuove entrate, che potrebbero provenire dalla tassazione dell’energia e delle emissioni di CO2, dalla tassazione dell’economia digitale, da un’imposta sui visti concessi ai migranti o da un’imposta comune sul reddito delle società;

·       rendere più efficace la procedura per gli squilibri macroeconomici, introdotta nel 2011, dal momento che, ad avviso del Governo, si è dimostrata carente nell’affrontare la problematica dei surplus delle partite correnti (che interessano diversi Paesi dell’area euro, in primis la Germania). Al riguardo, sarebbe opportuno introdurre meccanismi che inducano i Paesi in surplus ad aumentare la domanda interna, anche attraverso misure per incrementare i salari;

Esame presso le Istituzioni dell’UE

A margine della riunione del Consiglio europeo del 14-15 dicembre 2017 i Capi di Stato e di governo della zona euro hanno avviato la discussione sul pacchetto di proposte, rinviando tuttavia ogni decisione al Consiglio europeo di giugno 2018.

 

Esame presso il Senato

Il pacchetto di proposte è attualmente all’esame della Commissione bilancio del Senato.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

XVII legislatura – Documentazione per le Commissioni – Esame di atti e documenti dell’ UE, n. 104, 22 gennaio 2018

Il bollettino è stato curato dall’Ufficio Rapporti con l’Unione europea (' 06 6760.2145 - * cdrue@camera.it)