Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Accordo di Parigi collegato alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici - A.C. 4079
Riferimenti:
AC N. 4079/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 502
Data: 11/10/2016
Descrittori:
INQUINAMENTO ATMOSFERICO   ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE ( ONU )
TRATTATI ED ACCORDI INTERNAZIONALI     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari


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Accordo di Parigi collegato alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici

11 ottobre 2016
Schede di lettura


Indice

Contenuto dell'Accordo|Contenuto del disegno di legge di ratifica|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|


Contenuto dell'Accordo

L'Accordo in esame è un trattato internazionale concluso nel dicembre 2015, in occasione della Conferenza sui cambiamenti climatici (COP21) tenutasi in quel mese a Parigi, e a seguito del mandato che la Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) aveva conferito nella Conferenza di Durban (COP17) di quattro anni prima. La relazione illustrativa al disegno di legge in esame delinea sinteticamente ed efficacemente il quadro evolutivo che ha condotto agli ulteriori impegni di diminuzione delle emissioni di gas ad effetto serra contenute nell'Accordo di Parigi, onde limitare l'aumento della temperatura del pianeta e i conseguenti effetti negativi sull'habitat umano, soprattutto con il moltiplicarsi di eventi climatici a carattere estremo. La relazione illustrativa, dunque, pone l'Accordo di Parigi al culmine di un percorso iniziato nel 1992 con la citata Convenzione UNFCCC, e che cinque anni dopo, con il Protocollo di Kyoto, ha visto concentrare l'attenzione più specificamente sull'obiettivo di una riduzione (del 5%) delle emissioni di gas ad effetto serra nel periodo 2008-2012, in riferimento ai valori del 1990. L'annuale Conferenza sui cambiamenti climatici – che riunisce le Parti della Convenzione UNFCCC - del 2012 (COP18), svoltasi nella capitale del Qatar Doha, adottava un ulteriore Emendamento per un secondo periodo di impegni nella riduzione delle emissioni di gas serra nel periodo 2013-2020. L'Accordo di Parigi costituisce dunque il terzo importante snodo sulla via, ormai individuata in modo costante, della necessità di una limitazione cospicua delle emissioni di gas a effetto serra, in primis l'anidride carbonica.

La relazione illustrativa prosegue evidenziando come anche nel caso dell'Accordo di Parigi - come già per il Protocollo di Kyoto - l'Unione europea e i suoi Stati membri abbiano optato per adempiere congiuntamente agli impegni in questione: ciò comporterà, al momento del deposito degli strumenti di ratifica, la contemporanea notifica di un accordo di attuazione congiunta nel quale emergano con chiarezza gli impegni dei singoli Stati. L'accordo di attuazione congiunta risulta attualmente in fase di definizione sulla base del pacchetto europeo di riduzione delle emissioni di gas serra in riferimento all'anno 2030.

L'Accordo è stato formalmente ratificato dal Consiglio Ambiente dell'UE il 4 ottobre scorso, subito dopo aver ottenuto il consenso del Parlamento europeo.Con l'approvazione dell'accordo da parte del Parlamento europeo ed il completamento del processo di ratifica da parte dell'UE è stata raggiunta la soglia fissata (ratifica da parte del 55% delle parti contraenti, rappresentanti il 55% delle emissioni totali), pertanto l'accordo entrerà in vigore il 5 novembre prossimo. Per quanto riguarda i singoli Stati membri, allo stato l'accordo è stato ratificato da Austria, Francia, Germania, Malta, Polonia, Portogallo, Slovacchia ed Ungheria. L'accordo, inoltre, è già stato ratificato da Cina e Stati Uniti.

Vale senz'altro la pena ricordare quanto riportato dall'Analisi di impatto della regolamentazione (AIR) che correda anch'essa il disegno di legge in esame: dall'AIR emerge che l'urgenza di intervenire sui livelli di emissione di gas serra deriva dal fatto che dall'inizio della Rivoluzione industriale alla metà del XVIII secolo ad oggi gli ultimi quarant'anni abbiamo visto concentrare la metà delle emissioni di gas serra derivanti da attività umane. 

Nel marzo 2015, in vista dell'adozione dell'Accordo di Parigi, l'Unione europea e gli Stati membri hanno comunicato un impegno a ridurre le emissioni di gas a effetto serra nella misura del 40% rispetto ai livelli del 1990. Viene peraltro sottolineato che gli impegni di limitazione previsti dall'Accordo di Parigi, in riferimento all'Unione europea e agli Stati membri di essa, si applicheranno dal 2021 in poi, poiché fino al 2020 valgono gli obblighi stabiliti dall'Emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto. Per quanto poi riguarda la verifica del grado di attuazione degli obiettivi previsti l'AIR fa riferimento al Regolamento UE 525/2013 in materia di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra, nonché di altre informazioni in materia di cambiamenti climatici.

Per quanto più precipuamente concerne l'impatto della ratifica dell'Accordo di Parigi sulla competitività dell'Italia, l'AIR constata come proprio a partire da questo Accordo gli impegni alla limitazione delle emissioni di gas a effetto serra comincino a concernere anche paesi finora esclusi, in quanto al di fuori del novero dei paesi sviluppati, e ciò dovrebbe nel tempo ridurre i differenziali di convenienza per gli investimenti che nei decenni passati hanno accelerato il fenomeno della delocalizzazione produttiva delle aziende italiane. Forse ancor più importante è l'impatto potenziale per le aziende italiane che dovrebbe comportare l'insieme degli sforzi per accrescere le capacità dei paesi meno avanzati nel settore del contenimento delle emissioni e dei relativi controlli - ciò dovrebbe infatti favorire l'esportazione del know how italiano nel settore delle tecnologie verdi.

Per quanto poi concerne i soggetti responsabili dell'attuazione dell'Accordo di Parigi l'AIR enumera il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), l'Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).

Passando al contenuto dell'articolato, questo si compone di un preambolo e 29 articoli.

Il Preambolo colloca l'Accordo di Parigi sulla scia della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e dei suoi seguiti. Riconoscendo l'esigenza di una risposta efficace alla minaccia urgente dei cambiamenti climatici, si afferma di voler tenere pienamente conto delle specifiche esigenze dei paesi meno sviluppati in materia di finanziamenti e trasferimenti di tecnologia. Si riconosce inoltre il rapporto intrinseco che le misure di risposta ai cambiamenti climatici intrattengono con un accesso allo sviluppo sostenibile su base equitativa, nello sforzo di sradicamento della povertà. Si riconosce altresì la priorità fondamentale della protezione della sicurezza alimentare, proprio in rapporto alla vulnerabilità dei sistemi produttivi agricoli rispetto agli impatti negativi del cambiamento climatico. Si riconosce infine l'importanza della formazione e della consapevolezza pubblica su tutti i temi che l'Accordo di Parigi pone al centro.

Dopo l'articolo 1, che mutua le definizioni già contenute nell'articolo 1 della UNFCCC, introducendone inoltre ulteriori; gli articoli 2 e 3 contengono gli obiettivi dell'Accordo di Parigi. In base all'articolo 2, comma 1 l'Accordo contribuisce all'attuazione della UNFCCC, rafforzando la risposta globale alla minaccia dei cambiamenti climatici, e ciò in base a tre principali direttive:

a) proseguendo l'azione per limitare l'aumento della temperatura terrestre a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, mantenendolo in ogni caso ben al di sotto dei 2°C;

b) rafforzando la capacità adattativa agli effetti negativi dei cambiamenti climatici, promuovendo uno sviluppo capace di resistere agli effetti del clima e di produrre basse emissioni di gas serra, salvaguardando in primis la produzione alimentare;

c) rendendo i flussi finanziari coerenti con gli obiettivi di cui in precedenza.

Il comma 2 prevede l'attuazione dell'Accordo di Parigi in modo tale da attuare il principio delle responsabilità comuni ma differenziate tra diversi paesi del mondo, alla luce delle rispettive capacità e circostanze concrete.

L'articolo 3 prevede l'impegno delle Parti dell'Accordo a intraprendere e comunicare tutte le azioni definite in base ai successivi articoli 4,7, 9,10, 11 e 13, quali contributi determinati a livello nazionale nell'ambito della risposta globale ai cambiamenti climatici. Si ribadisce inoltre l'esigenza di sostenere le parti riconosciute come paesi in via di sviluppo.

L'articolo 4, assai lungo, è dedicato alle misure per la mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici e prevede (comma 1) che le Parti tendono a raggiungere il picco massimo di emissioni di gas a effetto serra al più presto possibile - riconoscendo la necessità di maggior tempo per i paesi in via di sviluppo - e successivamente a intraprendere un percorso di rapide riduzioni, sì da assicurare nella seconda metà del XXI secolo un equilibrio fra le emissioni originate dalle attività umane e le possibilità di assorbimento dei gas serra. Il comma 2 stabilisce che ciascuna delle Parti redige, comunica e aggiorna la sequenza dei contributi determinati a livello nazionale che intende conseguire -la relazione illustrativa ricorda infatti al proposito che l'Accordo di Parigi, a differenza del Protocollo di Kyoto, non è corredato da un allegato vincolante per gli obblighi di riduzione in capo a ciascun paese, che, invece, determina in autonomia il proprio contributo allo sforzo globale di mitigazione. In ogni caso (comma 3) ciascuno dei contributi successivamente determinati a livello nazionale da una delle Parti dovrà costituire un progresso sulla via della riduzione delle emissioni di gas serra. Il comma 4 riconosce ai paesi sviluppati un ruolo guida nello sforzo globale di riduzione delle emissioni a effetto serra, sforzo che dovrà riguardare tutti i settori dell'economia fissando obiettivi assoluti di riduzione. Le Parti considerate paesi in via di sviluppo vengono invece incoraggiate (comma 5) a intraprendere nel tempo obiettivi di riduzione e limitazione delle emissioni, anche in questo caso, però, in tutti i settori economici. Le Parti considerate paesi in via di sviluppo riceveranno specifico sostegno negli sforzi di mitigazione, mentre i paesi meno sviluppati e i piccoli Stati insulari hanno facoltà di preparare e comunicare le loro strategie per uno sviluppo con basse emissioni di gas serra in rapporto alle loro particolari circostanze (comma 6). Sulla scorta del comma 9 ciascuna delle Parti comunica ogni cinque anni il contributo determinato livello nazionale. Tale contributo può peraltro essere da ciascuna delle Parti modificato in ogni momento, ma solo per migliorare l'azione di mitigazione (comma 11). Il comma 13 prevede la responsabilità delle Parti in relazione ai loro contributi determinati a livello nazionale, rispetto ai quali le Parti si impegnano altresì ad agire nella trasparenza e in buona fede per quanto concerne il calcolo delle emissioni e degli assorbimenti nella propria specifica situazione. In base al comma 15, poi, le Parti dovranno tener conto delle preoccupazioni dei paesi le cui economie sono quelle maggiormente colpite dall'impatto delle misure di risposta ai cambiamenti climatici, specialmente se si tratti di paesi in via di sviluppo. I commi 16-18 riguardano la facoltà per le organizzazioni regionali di integrazione economica e i loro Stati membri di raggiungere un accordo per agire congiuntamente nelle strategie di riduzione delle emissioni di gas serra, accordo che va comunicato al Segretariato della UNFCCC, che esercita anche le funzioni di Segretariato dell'Accordo di Parigi (art. 17, comma 1), inclusivo delle emissione di ciascuna Parte, dei cui livelli ciascuna Parte rimane individualmente responsabile. Infine (comma 19), tutte le Parti dovrebbero comunque formulare e comunicare la messa a punto di strategie di lungo periodo per uno sviluppo collegato a basse emissioni di gas serra, alla luce delle diverse circostanze nazionali.

L'articolo 5, comma 1 esorta le Parti dell'Accordo a compiere sforzi per conservare e migliorare i bacini di assorbimento dei serbatoi di gas serra, come già indicato nell'articolo 4 della UNFCCC, incluse le foreste, rispetto alle quali il successivo comma 2 incoraggia le Parti ad agire anche investendo risorse economiche contro gli effetti negativi sulle emissioni che derivano dalla deforestazione, intraprendendo invece la strada della conservazione e gestione sostenibile delle foreste, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.

L'articolo 6 concerne il meccanismo di mercato per la commercializzazione internazionale dei tagli alle emissioni: è anzitutto riconosciuta la facoltà di alcune Parti di cooperare nell'attuazione dei loro contributi determinati a livello nazionale (comma 1). La partecipazione al meccanismo di mercato dei tagli alle emissioni è volontaria e autorizzata dalle Parti interessate (comma 3). Il comma 4 istituisce un meccanismo sotto l'autorità e la guida della Conferenza delle Parti – che è l'organo supremo della UNFCCC, deputato ad agire come riunione delle Parti dell'Accordo di Parigi (art. 16, comma 1) -, rivolto alle Parti stesse, che possono scegliere di utilizzarlo, e che mira a promuovere la mitigazione delle emissioni di gas a effetto serra, a incentivare e facilitare la partecipazione in questo processo di soggetti pubblici e privati autorizzati da una delle Parti e a contribuire alla riduzione dei livelli di emissione a livello globale. D'altronde (comma 6) la Conferenza delle Parti garantisce che una quota dei proventi derivanti dal meccanismo di mercato venga impiegata per coprire le spese amministrative e per aiutare le Parti riconosciute come paesi in via di sviluppo e particolarmente vulnerabili agli effetti negativi di cambiamenti climatici, e dunque gravate da elevati costi per l'adattamento ad essi. Modalità e procedure del meccanismo di mercato sono stabilite dalla Conferenza delle Parti in occasione della sua prima sessione (comma 7). Le Parti riconoscono tuttavia l'importanza anche di approcci non di mercato, per i quali è definito un quadro generale (comma 8).

In base all'articolo 7, comma 1 le Parti stabiliscono l'obiettivo globale sull'adattamento ai cambiamenti climatici, volto a rafforzare la resilienza e ridurre la vulnerabilità a seguito di essi. Le Parti riconoscono il carattere globale della sfida che l'adattamento rappresenta, con le sue dimensioni che vanno dal livello locale al livello internazionale, essendo esso elemento chiave della risposta globale a lungo termine ai cambiamenti climatici, in primis volta a proteggere popolazioni, mezzi di sussistenza ed ecosistemi (comma due). È altresì riconosciuto (comma 5) che l'azione di adattamento deve ispirarsi al riconoscimento dell'eguaglianza di genere, alla necessità di processi pienamente partecipativi e trasparenti e che tengano conto di gruppi, comunità ed ecosistemi vulnerabili; l'azione di adattamento dovrà inoltre essere guidata dalle migliori conoscenze scientifiche disponibili, ed eventualmente integrata dalle conoscenze tradizionali e dalle culture delle popolazioni indigenei e locali, sì da rendere possibile perfino integrazione dell'adattamento nelle politiche e misure socioeconomiche e ambientali di ciascun paese. Inoltre si riconosce che le Parti debbano rafforzare la loro cooperazione in materia di azioni di adattamento (comma 7), con particolare riguardo alla necessità di scambiare informazioni, buone pratiche ed esperienze; di rafforzare i meccanismi istituzionali e le conoscenze scientifiche sul clima - inclusi i sistemi di allerta precoce -; assistere le Parti riconosciute quali paesi in via di sviluppo. Il successivo comma 8 incoraggia le organizzazioni e agenzie specializzate delle Nazioni Unite a sostenere gli sforzi delle Parti dell'azione di adattamento ai cambiamenti climatici. Ai sensi dei commi 9 e 10 ciascuna delle Parti potrà, qualora opportuno, impegnarsi in processi di pianificazione e adattamento, nonché di periodica comunicazione su di esso. In materia di adattamento, comunque (comma 13), è assicurato alle Parti riconosciute come paesi in via di sviluppo un sostegno internazionale di lungo periodo.

In base all'articolo 8, comma 1 le Parti riconoscono d'altronde l'importanza di evitare e ridurre al minimo le perdite collegate agli effetti negativi dei cambiamenti climatici, soprattutto gli eventi meteorologici estremi, ma anche eventi a manifestazione più lenta. Il comma 3 prevede che la cooperazione tra le Parti possa avvalersi anche del cosiddetto Meccanismo di Varsavia. Le aree di cooperazione (comma 4) potranno includere i sistemi di allerta precoce, gli eventi lenti a manifestarsi, la valutazione della gestione del rischio, gli strumenti di assicurazione del rischio ambientale.

Si ricorda che la COP19 di Varsavia aveva raggiunto un accordo nel campo della preservazione delle foreste: dopo 7 anni di discussioni, era messo a punto il Warsaw Framework for REDD+, un meccanismo sostenuto da un impegno di 280 milioni di dollari di finanziamento da parte di Stati Uniti, Norvegia e Regno Unito, che mira ad attribuire un valore economico al carbonio stoccato nelle foreste e ad incentivare i Paesi in via di sviluppo ad investire in un'ottica di sviluppo sostenibile.

L'articolo 9 è dedicato alla finanza per il clima: il comma 1 prevede da parte dei paesi sviluppati partecipanti all'Accordo di Parigi la messa a disposizione di risorse finanziarie per assistere le Parti riconosciute come paesi in via di sviluppo, sia per gli sforzi di mitigazione che per l'adattamento ai cambiamenti climatici, sulla scia degli obblighi già esistenti in capo ai paesi sviluppati in virtù della UNFCCC. Ai sensi del comma 2 le altre Parti dell'Accordo di Parigi sono meramente incoraggiate a offrire volontariamente sostegno finanziario per la lotta ai cambiamenti climatici. Il comma 3, poi, prevede che le Parti che siano paesi sviluppati dovrebbero continuare a svolgere un ruolo guida nella mobilitazione di risorse a favore della finanza per il clima da un'ampia gamma di fonti, strumenti e canali, sempre tenendo nel debito conto le esigenze e le priorità delle Parti riconosciute come paesi in via di sviluppo. Le Parti che sono paesi sviluppati comunicano inoltre (comma 5) ogni due anni informazioni sulla quantità e qualità delle risorse messe a disposizione o mobilitate, eventualmente anche fornendo un quadro previsionale sui livelli di risorse da offrire ai paesi in via di sviluppo. Le altre Parti, ancora una volta, sono meramente incoraggiate a comunicare volontariamente tali informazioni. Infine, il comma 8 stabilisce che il Meccanismo finanziario della UNFCCC funge da meccanismo finanziario anche per l'Accordo di Parigi.

In base all'articolo 10, comma 1 le parti condividono una visione di lungo termine sul carattere centrale dello sviluppo e del trasferimento di tecnologie allo scopo di migliorare la resilienza ai cambiamenti climatici e ridurre le emissioni di gas serra. In tal senso il comma 3 prevede che il Meccanismo tecnologico istituito in virtù della UNFCCC concorre all'applicazione dell'Accordo di Parigi. E' inoltre istituito (comma 4) un quadro tecnologico quale guida generale all'attività del Meccanismo tecnologico. Infine, il comma 6 prevede che alle Parti che sono paesi in via di sviluppo venga offerto un sostegno anche finanziario per favorire il trasferimento di tecnologie nelle varie fasi del ciclo, si da raggiungere un equilibrio tra il sostegno per la mitigazione dei cambiamenti climatici e quello per l'adattamento agli effetti di essi.

Gli articoli 11-12 riguardano i profili dell'accrescimento della capacity building a favore dei paesi in via di sviluppo e dei paesi meno sviluppati, specialmente quelli particolarmente vulnerabili agli effetti negativi dei cambiamenti climatici, quali i piccoli Stati insulari. Le Parti operanti per il miglioramento delle capacità dei paesi in via di sviluppo che partecipano all'Accordo di Parigi comunicano con cadenza regolare in merito a tali attività, mentre le Parti che sono paesi in via di sviluppo dovrebbero farlo in ordine ai progressi compiuti nella realizzazione di piani, politiche e azioni di rafforzamento delle proprie capacità. L'articolo 12 prevede l'impegno delle Parti, ove opportuno, per il miglioramento della formazione, della coscienza e della partecipazione pubblica in materia di cambiamenti climatici e relative informazioni, riconoscendo l'importanza di queste azioni per rafforzare l'impianto complessivo dell'Accordo di Parigi.

Assai rilevante è quanto previsto dall'articolo 13 in materia di monitoraggio, comunicazione e verifica delle emissioni: a questo scopo il comma 1 istituisce un quadro di trasparenza rinforzato tanto per le azioni che per il sostegno fornito ad altre Parti dell'Accordo di Parigi. Il comma 2 prevede che detto quadro di trasparenza offra flessibilità nell'applicazione delle disposizioni dell'articolo in commento alle Parti che sono paesi in via di sviluppo; inoltre, ai sensi del successivo comma 3, il quadro di trasparenza si basa sulle analoghe disposizioni previste dalla UNFCCC, tenendo conto delle circostanze speciali che gravano sui paesi meno sviluppati e i piccoli Stati insulari, ed è inoltre attuato in modo non intrusivo, non punitivo e nel rispetto della sovranità nazionale delle Parti. Nell'ambito del quadro di trasparenza ciascuna delle Parti fornisce regolarmente un inventario nazionale delle fonti e degli assorbimenti delle emissioni di origine umana di gas a effetto serra; informazioni sui progressi compiuti nell'attuazione dei propri contributi determinati a livello nazionale; informazioni sull'impatto nel proprio territorio dei cambiamenti climatici e sulle relative azioni di adattamento; informazioni da parte dei paesi sviluppati sui trasferimenti finanziari e di tecnologia e sul rafforzamento della capacity building fornito alle Parti che sono paesi in via di sviluppo; informazioni in merito ai trasferimenti finanziari e tecnologici e al sostegno della capacity building ricevuti dai paesi in via di sviluppo che partecipano all'Accordo di Parigi (commi 7-10). I commi 10-11 prevedono che le informazioni fornite dalle Parti sono sottoposte ad un esame tecnico condotto da esperti, il quale si incentra sull'eventuale sostegno della Parte interessata ad altre Parti, e sull'attuazione del rispettivo contributo determinato a livello nazionale. L'esame è condotto con flessibilità nei confronti delle Parti che sono paesi in via di sviluppo.

Particolarmente rilevante è l'articolo 14, che delinea un esercizio di revisione globale: il comma 1 prevede che la Conferenza delle Parti stila periodicamente un bilancio sull'attuazione del medesimo, al fine di valutare i progressi collettivi nel perseguimento degli obiettivi a lungo termine; tale bilancio globale è onnicomprensivo, e viene redatto considerando tutti gli aspetti dell'attuazione dell'Accordo, in spirito di equità e tenendo conto delle migliori conoscenze scientifiche. Il comma 2 prevede che la Conferenza delle Parti tenga il suo primo bilancio globale nel 2023, e successivamente ogni cinque anni. Il bilancio globale fornisce alle Parti indicazioni per il miglioramento dei contributi a livello nazionale, nonché delle misure di sostegno adottate e da adottare in conformità all'Accordo di Parigi, in vista del rafforzamento della cooperazione internazionale in materia di azioni per il clima (comma 3).

Gli articoli 15-19 sono dedicati ai vari Organi di amministrazione dell'Accordo di Parigi: l'articolo 15, in particolare, istituisce un meccanismo facilitativo dell'Accordo, costituito da un Comitato di esperti che riferisce annualmente alla Conferenza delle Parti. Il successivo articolo 16 è appunto dedicato alla Conferenza delle Parti, e prevede che in seno ad essa le decisioni adottate in virtù dell'Accordo di Parigi sono prese esclusivamente da chi sia parte del medesimo Accordo. La Conferenza delle Parti verifica ad intervalli regolari l'attuazione dell'Accordo di Parigi e adotta le decisioni necessarie a promuoverne l'effettiva attuazione. L'articolo 17 concerne il Segretariato della UNFCCC, che esercita anche le funzioni di Segretariato dell'Accordo di Parigi. L'articolo 18, poi, prevede che l'Organo sussidiario di consulenza scientifica e tecnica e l'Organo sussidiario di attuazione istituiti dagli articoli 9 e 10 della UNFCCC esercitano le proprie funzioni anche nei confronti dell'Accordo di Parigi.

Gli articoli 20-29 contengono le clausole finali dell'Accordo, il quale (articolo 20, comma 1) è aperto alla firma presso il Quartier generale delle Nazioni Unite a New York dal 22 aprile 1016 al 21 aprile 2017, nei confronti di Stati o di Organizzazioni regionali che siano Parti della UNFCCC. Successivamente l'Accordo di Parigi sarà aperto ad adesione.

L'entrata in vigore dell'Accordo è prevista il 30º giorno successivo alla data in cui almeno 55 parti alla UNFCCC, le cui emissioni stimate rappresentino complessivamente almeno il 55% del totale delle emissioni di gas serra a livello globale, avranno depositato i loro strumenti di ratifica, accettazione, approvazione o adesione (articolo 21, comma 1).

Gli articoli 22-23 prevedono che le disposizioni della UNFCCC in ordine all'adozione di emendamenti e all'adozione ed emendamento di allegati si applichino mutatis mutandis all'Accordo di Parigi. L'articolo 24, del pari, prevede che le disposizioni della UNFCCC in ordine alla composizione delle controversie si applichino mutatis mutandis anche all'Accordo di Parigi.

L'articolo 25 prevede che nella Conferenza delle Parti ciascuna Parte abbia un voto: tuttavia le organizzazioni regionali di integrazione economica esercitano il diritto di voto, nei settori di loro competenza, con un numero di voti pari al numero complessivo dei loro Stati membri che partecipano all'Accordo di Parigi.

Il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite è il Depositario dell'Accordo di Parigi, i cui testi facenti ugualmente fede sono redatti in lingua araba, cinese, inglese, francese, russa e spagnola (articoli 26 e 29).

Mentre l'articolo 27 stabilisce l'inammissibilità dell'apposizione di riserve all'Accordo di Parigi, l'articolo 28, infine, prevede che tre anni dopo l'entrata in vigore dell'Accordo per una determinata Parte, questa possa denunciare l'Accordo con notifica scritta al Depositario, e con effetto di norma dopo un anno. Inoltre, la denuncia della UNFCCC costituisce denuncia implicita anche nei confronti dell'Accordo di Parigi.


Contenuto del disegno di legge di ratifica

Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica dell'Accordo di Parigi collegato alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato il 12 dicembre 2015, si compone di sei articoli.

L'articolo 1, comma 1 contiene come di consueto l'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo; il comma 2 prevede che il Governo deposita lo strumento di ratifica dell'Accordo di Parigi unitamente a quello dell'Unione europea e degli altri Stati membri, in conformità al disposto dell'articolo 4, paragrafi 16-18 dell'Accordo di Parigi.

L'articolo 2 contiene l'ordine di esecuzione dell'Accordo di Parigi.

L'articolo 3 è dedicato al contributo italiano al Green Climate Fund e prevede che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è autorizzato ad assicurare la partecipazione italiana al Fondo nella misura di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016-2018, onde contribuire alla prima capitalizzazione del Fondo medesimo.

Al proposito la relazione illustrativa al disegno di legge ricorda che il Green Climate Fund (Fondo verde per il clima) è stato istituito in occasione della XVI sessione della Conferenza delle Parti della UNFCCC (dicembre 2010) quale elemento del meccanismo finanziario della Convenzione medesima. In occasione della prima Conferenza dei donatori del Fondo, nel novembre 2014, l'Italia si è impegnata a contribuire alla prima capitalizzazione con una cifra pari a 250 milioni di euro. In seguito poi ad un accordo tra il Ministero dell'ambiente e la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (BIRS) in qualità di fiduciario del Green Climate Fund, l'Italia ha stabilito di corrispondere 50 milioni di euro per ciascuna delle annualità 2016-2018. Tuttavia durante la XIII riunione dell'organo direttivo del Green Climate Fund è emerso come l'Italia sia il maggiore dei donatori a non avere ancora firmato l'accordo per il pagamento integrale del contributo, pregiudicando il raggiungimento dell'obiettivo di 10,3 miliardi promessi in occasione della prima riunione dei donatori. L'Italia è stato pertanto più volte sollecitata a firmare per contribuire alla parte rimanente del contributo, la cui corresponsione costituisce del resto non solo attuazione degli obblighi derivanti dalla UNFCCC, ma dallo stesso Accordo di Parigi, il cui articolo 2 richiama espressamente gli obblighi derivanti dai precedenti strumenti internazionali sui cambiamenti climatici.

L'articolo 4 riguarda gli eventuali oneri finanziari conseguenti ai contributi nazionali quali previsti dall'articolo 4, paragrafi 2 e 3 dell'Accordo di Parigi: tali oneri finanziari saranno autorizzati, una volta definiti a livello europeo, con provvedimenti normativi ad hoc.

L'articolo 5 reca la copertura finanziaria degli oneri collegati alla ratifica ed esecuzione dell'Accordo di Parigi. Il comma 1 prevede che le spese di missione, valutate in 493.045 euro annui a partire dal 2017, nonché le ulteriori spese derivanti dall'adesione all'Accordo, in particolare dagli articoli 6, 11 e 12, pari a 1.450.000 euro per il 2017 e a 2.050.000 euro annui dal 2018, siano coperte con corrispondente riduzione della proiezione per gli anni 2017-2018 del fondo speciale di parte corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia delle finanze, con parziale utilizzazione dell'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

Il comma 2, in riferimento all'onere collegato al contributo italiano al Green Climate Fund, prevede che alla spesa di 50 milioni di euro per ciascuna delle annualità 2016-2018 si provveda mediante riduzione del fondo speciale di conto capitale dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, con parziale utilizzazione dell'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Il comma 3 reca la clausola di salvaguardia a fronte di eventuali scostamenti, e stabilisce che, secondo quanto previsto dalla legge di contabilità generale dello Stato (articolo 17, comma 12, legge n. 196/2009), il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede al monitoraggio degli oneri valutati di cui al comma 1 dell'articolo 5, e riferisce in merito al Ministro dell'economia e delle finanze, il quale, in presenza di scostamenti rispetto alle previsioni, sentito il Ministro dell'ambiente, provvede a ridurre, nella misura necessaria alla copertura finanziaria del maggior onere, le dotazioni finanziarie di parte corrente di cui all'articolo 21, comma 5, lettere b) e c) della legge 196 del 2009, destinate alle spese derivanti da obblighi internazionali nell'ambito del Programma "Sviluppo sostenibile, rapporti e attività internazionali" dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente.

In base al comma 4 il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce senza ritardo alle Camere, con apposita relazione, sulle cause degli scostamenti e sull'adozione delle misure di cui al precedente comma 3.

L'articolo 6, infine, prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica il giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

 

La relazione tecnico-finanziaria chiarisce anzitutto come i contributi a livello nazionale previsti dall'articolo 4, paragrafi 2 e 3 dell'Accordo di Parigi potranno consistere in una molteplicità di misure normative o di altro tipo, non necessariamente onerose per la finanza pubblica - viene comunque ribadito che in caso di ulteriori oneri a carico dell'Italia, una volta definiti a livello europeo, si provvederà con separati provvedimenti normativi. La relazione tecnico-finanziaria, quindi, ha lo scopo di quantificare gli oneri derivanti dalle sole disposizioni dell'Accordo che generano immediati obblighi per le Parti, ovvero da quelle attività per lo più di tipo preparatorio al futuro trasferimento di risorse nei paesi in ritardo tecnologico o maggiormente a rischio per gli immediati impatti del cambiamento climatico in atto.

Pertanto si prevedono oneri in relazione anzitutto all'articolo 6 dell'Accordo, per il finanziamento di progetti pilota e la generazione di unità di carbonio commerciabili, nonché per attività di creazione di capacità del settore privato e di organizzazioni non governative, per un totale di 800.000 euro annui.

Vi sono poi oneri, correlati agli articoli 11 e 12 dell'Accordo, per attività di capacity building, formazione e coinvolgimento del pubblico, tra le quali due campagne informative sui cambiamenti climatici e il ruolo degli attori non statuali, il patrocinio di due corsi di formazione a livello universitario in materia di cambiamenti climatici, la redazione di due manuali di studio e approfondimento tecnico specialistico, la creazione di 2-3 campagne di sensibilizzazione e/o eventi ad hoc, l'organizzazione di due seminari sullo scambio di buone pratiche in relazione alla capacity building per i cambiamenti climatici. Tutte queste attività si stima richiedano un totale di 650.000 euro annui.

Come già più volte emerso, l'Accordo di Parigi definisce solo il quadro generale delle azioni e degli obblighi: si prevedono quindi, per una definizione più dettagliata, una serie di riunioni degli organi sussidiari correlati all'Accordo stesso. Per queste riunioni gli oneri di missione specificati in una tabella allegata alla relazione tecnico-finanziaria, si precisa, non discendono direttamente da specifici articoli dell'Accordo: tali spese di missione annue sono valutate in 493.045 euro.

Va poi considerato che l'entrata in vigore dell'Accordo di Parigi determinerà un incremento dei contributi nazionali già corrisposti dall'Italia per la Convenzione ONU sui cambiamenti climatici, a seguito delle numerose attività previste dall'Accordo di Parigi elencate nella relazione tecnico-finanziaria in apposita tabella: prudenzialmente si stimano oneri finanziari aggiuntivi per l'Italia, in quanto vi è la possibilità che l'Accordo di Parigi registri un numero di Parti minore rispetto alla Convenzione sui cambiamenti climatici: tale spesa addizionale decorre dal 2018, poiché il bilancio preventivo della UNFCCC per il biennio 2016-2017 è già stato approvato. È previsto pertanto, fino perlomeno all'anno 2050, un aumento della quota attualmente dovuta dall'Italia al fondo generale obbligatorio della UNFCCC, nella misura del 50%, per un importo, quindi, pari a 600.000 euro annui.

Conclusivamente, tenendo presente anche il contributo nazionale al Green Climate Fund cui si è già fatto cenno, la relazione tecnico-finanziaria quantifica in una apposita tabella gli oneri derivanti dal disegno di legge in esame, che complessivamente ammontano a 50 milioni per il 2016, 51.943.045 per il 2017, 52.543.045 per il 2018 e 2.543.045 a partire dagli esercizi successivi. Tutti questi oneri sono oneri autorizzati, salvo le spese di missione (493.045 euro a partire dal 2017), che sono oneri valutati.

 

Infine, il provvedimento è accompagnato da un'Analisi tecnico-normativa (ATN), la quale ricapitola il quadro normativo nazionale di riferimento, e osserva successivamente non esservi alcuna incompatibilità del provvedimento con l'ordinamento europeo, in quanto l'intervento risulta in linea con la normativa UE per la riduzione delle emissioni di gas serra, tanto è vero che l'Unione europea e gli Stati membri hanno concordato come già detto di procedere a una ratifica congiunta dell'Accordo di Parigi.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il provvedimento si inquadra nell'ambito delle materie di cui all'art. 117, secondo comma, lettera a) della Costituzione (politica estera e rapporti internazionali dello Stato), demandate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.