Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Il quadro politico in Kosovo
Serie: Note di politica internazionale    Numero: 78
Data: 03/05/2016
Descrittori:
KOSOVO     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari


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Il quadro politico in Kosovo

3 maggio 2016


Indice

L’accordo Dacic-Thaci dell’aprile 2013 sulla sistemazione del Kosovo settentrionale|Un quadro politico ed economico ancora precario|Il Kosovo e l'Unione europea|Le tensioni con la Serbia|


Il 10 settembre 2012, quattro anni e mezzo dopo la proclamazione dell'indipendenza nel 2008, il Kosovo raggiungeva, almeno sul piano formale, la piena sovranità: cessava infatti la supervisione sul paese esercitata fino a quel momento dall'ISG (Gruppo internazionale di orientamento sul Kosovo, composto da 25 Stati sostenitori della prima ora di Pristina). Se la Comunità internazionale sembra aver riconosciuto a Pristina sostanziali progressi sulla via della democrazia e dello Stato di diritto, non va dimenticato che la sovranità del paese è rimasta a lungo contestata dai serbo-kosovari residenti nel nord, nonché dalla stessa Serbia, il cui premier Ivica Dacic ribadiva in un primo tempo anch'egli che Belgrado non avrebbe mai riconosciuto l'indipendenza kosovara – anche se i colloqui tra le parti, con il decisivo impulso della UE, raggiungevano qualche risultato distensivo.

L'accordo sulla gestione integrata delle frontiere tra serbi, kosovari e missione europea EULEX, in procinto di entrare in vigore in metà delle sei postazioni dal 10 dicembre 2012, provocava comunque nuove minacce dei serbi del nord del Kosovo, intenzionati a rifiutare in ogni modo il solidificarsi di una vera frontiera con la Serbia e le sue implicazioni, come l'eventuale imposizione di dazi o l'obbligo di servirsi di documenti kosovari.

Tuttavia proprio il governo serbo d'impronta teoricamente più nazionalista succeduto al periodo di Tadic e capeggiato da Dacic si spingeva nel marzo 2013 ad ammettere che in qualche modo il Kosovo non andava più considerato parte della Serbia, e che era ormai tempo per tutti i serbi di prenderne atto, superando le bugie raccontate a lungo negli anni passati.

L’accordo Dacic-Thaci dell’aprile 2013 sulla sistemazione del Kosovo settentrionale

I colloqui ripetuti a Bruxelles tra le rispettive delegazioni non registravano tuttavia veri progressi, fino a che il 19 aprile veniva raggiunto un accordo definito storico tra il premier kosovaro Hashim Thaci e quello serbo Ivica Dacic, finalizzato alla sistemazione della zona settentrionale del Kosovo, abitata prevalentemente da serbi e oggettivamente facilitata dalla vicinanza geografica nel mantenimento di forti legami con Belgrado. L'accordo ha previsto anche la collaborazione della NATO alla sua attuazione, NATO peraltro sempre impegnata a garantire la sicurezza dell'intero Kosovo.

La parte fondamentale dell'accordo serbo-kosovaro, articolato in 15 punti, prevedeva la nascita di una associazione dei comuni a maggioranza serba nel Kosovo settentrionale, associazione che avrebbe goduto di una vasta autonomia (dai poteri di polizia all'amministrazione della giustizia), tuttavia nell'ambito delle strutture nazionali del Kosovo. Nel contesto dell'accordo ciascuna parte si impegnava a non agire per bloccare il percorso di integrazione europea dell'altro contraente, nonché a contribuire nel 2013 all'organizzazione di elezioni nei comuni del Nord del Kosovo.

Nel dettaglio, per quanto concerne i poteri di polizia, gli esponenti serbo-kosovari sarebbero stati inquadrati nelle strutture kosovare di pari grado, ma si prevedeva la figura di un capo della polizia regionale per le quattro municipalità del Kosovo settentrionale a maggioranza serba, figura appannaggio di un serbo-kosovaro nominato dal ministro dell'interno del Kosovo da una lista di nomi fornita dall'associazione dei comuni serbo-kosovari.

Nel Kosovo settentrionale la composizione dei corpi di polizia avrebbe rispecchiato quella etnica della popolazione. Per quanto riguarda la giustizia, si doveva procedere a una integrazione delle autorità giudiziarie, mentre la Corte di appello di Pristina avrebbe dato vita a un gruppo composto da una maggioranza di giudici serbo-kosovari, specializzato per le questioni riguardanti i comuni a maggioranza serba. La municipalità di Mitrovica Nord doveva essere sede di una divisione permanente della Corte d'appello.

Nelle more della ratifica dell'accordo, nelle rispettive capitali si levavano forti le voci dei serbi del Kosovo settentrionale, come anche della Chiesa ortodossa di Belgrado, fortemente contrari all'accordo appena siglato - in effetti va ricordato che i serbi del Nord del Kosovo non erano stati inclusi nelle estenuanti tornate negoziali che avevano condotto alla firma dell'accordo.

Tuttavia il Parlamento serbo approvava il 26 aprile a larga maggioranza l'accordo del 19 – cui il parlamento kosovaro aveva già dato via libera quattro giorni prima -: poche ore dopo la Commissione europea presentava ai ministri degli esteri della UE riuniti a Lussemburgo i rapporti su Serbia e Kosovo, che raccomandavano rispettivamente l'apertura dei negoziati per l'adesione e dei negoziati per l'accordo di associazione all'Unione europea – in effetti il Vertice europeo della fine di giugno indicava per entrambe le questioni la data del 1° gennaio 2014.

Unanime condanna destava il 19 settembre 2013 l'uccisione nel nord del Kosovo di un doganiere lituano della missione europea EULEX che stazionava ad un posto di frontiera con la Serbia, mentre tre altri agenti venivano feriti. Alla metà di ottobre il rapporto annuale della Commissione europea accordava al Kosovo luce verde per dare avvio al negoziato per l'accordo di stabilizzazione e associazione con la UE; tuttavia il 3 novembre le elezioni locali registravano nel nord del Kosovo ripetute intimidazioni e violenze da parte dei serbo-kosovari contrari agli accordi del 19 aprile, con gravi ombre sulla possibilità di effettiva attuazione degli stessi, e, di riflesso, pregiudizio della possibilità di effettiva integrazione europea del Kosovo e della Serbia.


Un quadro politico ed economico ancora precario

Rinnovato ottimismo destavano comunque le elezioni kosovare dell'8 giugno 2014, alle quali per la prima volta partecipavano massicciamente anche i serbo-kosovari – lo stesso nuovo premier di Belgrado Vucic aveva espresso auspici in tal senso -, consolidando la compagine istituzionale del paese e le prospettive di reale attuazione degli accordi del 2013.

La maggioranza relativa veniva riportata dal Partito democratico del Kosovo del premier in carica Hashim Thaci, che con poco più del 30% dei voti incontrava però gravi difficoltà a dar vita a un nuovo governo. Semmai la calante affluenza al voto (41%) denunciava un certo scollamento dalla politica seguita dalle autorità, anche qui alle prese con forte disoccupazione, corruzione e diffusa criminalità.

Il nuovo esecutivo ha potuto ottenere solo il 9 dicembre la fiducia del Parlamento (73 voti contro 38), dopo un accordo siglato il giorno precedente tra il partito del premier uscente Thaci e la Lega democratica del Kosovo (LDK) guidata da Isa Mustafa: in base a tale intesa la guida del governo è andata a Isa Mustafa, mentre Thaci – con la promessa di elezione nel 2016 al vertice dello Stato – ha ripiegato sulle cariche di vicepremier e ministro degli esteri. La minoranza serbo-kosovara ha ottenuto un vicepremier e due dicasteri.

Il settimo anniversario, nel febbraio 2015, della proclamazione dell'indipendenza del Kosovo dalla Serbia ha visto un paese ancora attanagliato in grandi difficoltà economiche e con elevati tassi di corruzione e di criminalità - tanto che è proseguita senza soluzione di continuità la spinta all'emigrazione dei kosovari nel resto d'Europa, pur fra mille difficoltà.

Sul piano internazionale, l'anniversario della proclamazione d'indipendenza riscontrava fino a quel momento il riconoscimento del Kosovo da parte di 108 Stati, tra i quali 23 Stati membri dell'Unione europea, inclusa l'Italia. Né la Russia né la Cina risultavano aver riconosciuto l'indipendenza del Kosovo: in particolare, la distanza di Mosca da Pristina si toccava con mano il 9 novembre, quando il Kosovo mancava di poco la possibilità di ottenere l'adesione all'UNESCO - che sarebbe stata una tappa importante anche per il desiderato ingresso di Pristina nelle Nazioni Unite -, proprio per la forte opposizione della Serbia e del suo storico alleato russo, preoccupati che l'ingresso del Kosovo nell'UNESCO potesse consentire a Pristina di appropriarsi della gestione di quattro siti serbo-ortodossi (principalmente monasteri) facenti parte del patrimonio mondiale dell'umanità, e la cui tutela, secondo Belgrado, non sarebbe adeguatamente assicurata dal Kosovo in larga parte musulmano e di etnia albanese.

La precarietà della situazione politica e sociale del Kosovo si è nuovamente palesata il 26 febbraio 2016 in occasione dell'elezione in Parlamento del nuovo capo dello Stato, nella persona di Hashim Thaci, eletto al terzo scrutinio dopo gravi tensioni nell'aula parlamentare e nelle piazze di Pristina antistanti le sedi del governo e del parlamento, già teatro di una protesta ad oltranza per ottenere le dimissioni del governo e nuove elezioni politiche, con l'allestimento di una vera e propria tendopoli.

I manifestanti sono stati raggiunti anche da un gruppo di deputati che ha abbandonato i lavori dell'aula per non partecipare all'elezione di una figura come quella di Thaci, ritenuta equivoca e corrotta, nonché gravata dalle accuse formulate nel 2010 dal Consiglio d'Europa nei suoi confronti in ordine alla responsabilità dei suoi uomini in un traffico di organi umani perpetrato alla fine degli Anni Novanta principalmente a danno di prigionieri serbi catturati nei combattimenti contro le truppe di Belgrado da cui uscì poi l'indipendenza kosovara dalla Serbia.

L'agitazione delle opposizioni è proseguita anche in occasione dell'insediamento di Thaci alla Presidenza della Repubblica (8 aprile), preceduta il giorno prima dal giuramento in Parlamento, al quale non hanno presenziato i deputati nazionalisti da mesi in forte contrasto con il governo, per protesta contro gli accordi conclusi con la Serbia sulla creazione di una comunità di municipalità serbe nel Kosovo settentrionale, e con il Montenegro sulla demarcazione della linea di frontiera con il Kosovo.

Tra l'altro la Corte costituzionale di Pristina aveva respinto pochi giorni prima un ricorso delle opposizioni su presunte irregolarità nell'elezione di Thaci alla Presidenza della Repubblica. In piazza, in modo assai singolare, l'agitazione delle opposizioni si è concretizzata l'8 aprile con il lancio da parte dei manifestanti di lacrimogeni - peraltro a questa pratica le opposizioni avevano fatto clamorosamente ricorso anche durante alcune sedute parlamentari nei mesi precedenti.


Il Kosovo e l'Unione europea

Per quanto concerne i rapporti con l'Unione europea, se nell'ottobre 2015 il Kosovo ha proceduto alla firma dell'Accordo di stabilizzazione e associazione con la UE, è pur vero che alla metà di dicembre Pristina si è vista opporre un rifiuto da Bruxelles in ordine alla liberalizzazione dei visti, con la motivazione dell'assenza di otto importanti criteri per tale concessione.

Nello stesso mese di dicembre il Ministro degli esteri italiano Paolo Gentiloni, visitando a Pristina i militari italiani impegnati nella missione NATO-KFOR, al momento sotto comando italiano, ha messo l'accento sui rischi della radicalizzazione in senso integralista islamico dell'intera regione: in particolare proprio dal Kosovo risultavano partiti oltre duecento cosiddetti foreign fighters diretti nei campi di addestramento del "Califfato" in Siria e Iraq, una percentuale altissima rispetto alla ridotta popolazione kosovara, e tale da destare le più grandi preoccupazioni.

Va comunque ricordato che il 1° aprile la dirigenza di Pristina ha potuto salutare con soddisfazione l'entrata in vigore dell'Accordo di stabilizzazione e associazione tra Kosovo e l'Unione Europea, auspicando in tempi brevi di ottenere anche la liberalizzazione dei visti verso il territorio dell'Unione.

A testimonianza della persistente precaria condizione economica del paese sta il dato di 54.000 kosovari che ha chiesto asilo in Germania negli ultimi due anni, figurando al terzo posto subito dopo paesi ben più grandi e in una condizione di conflitto perdurante come Afghanistan e Iraq. Va del resto ricordato che alla fine di aprile è stata lanciata dalla missione civile europea in Kosovo EULEX e dalla polizia di Pristina una vasta operazione contro la corruzione e il crimine organizzato, diretta contro una quarantina di personaggi di notevole influenza, tra i quali politici, magistrati, avvocati e alti burocrati.


Le tensioni con la Serbia

Per quanto concerne i rapporti con la Serbia vi sono stati nelle ultime settimane alti e bassi, a partire dalla mancata presenza del presidente serbo Nikolic all'insediamento di Thaci - forfait peraltro non troppo sorprendente, ma il cui spirito è stato ribadito dopo la metà di aprile dal presidente serbo escludendo recisamente la possibilità che Belgrado possa aderire in futuro all'Unione europea, se questa porrà la precondizione del riconoscimento del Kosovo. Va comunque registrato che il premier serbo Vucic ai primi di aprile ha potuto recarsi nel Kosovo per incontrare la minoranza serba in vista delle elezioni politiche di fine aprile a Belgrado, alle quali i serbi del Kosovo hanno regolarmente partecipato con il placet del governo di Pristina.

A fronte di ciò, tuttavia, diversi ordigni esplosivi sono stati lanciati nelle stesse giornate contro abitazioni ed automobili di esponenti serbi del Kosovo, per non parlare della bomba che ha colpito una località nella quale poche ore dopo avrebbe tenuto un discorso elettorale proprio il premier serbo Vucic. Sul piano diplomatico dei rapporti tra Serbia e Kosovo va ricordato il netto rifiuto opposto da Belgrado ad ogni possibilità di discussione di una demarcazione del confine tra Serbia e Kosovo nell'ambito del dialogo bilaterale in corso a Bruxelles con la mediazione dell'Unione europea: la posizione di Belgrado non è sorprendente se si ricorda che la Serbia persiste costantemente nel rifiuto di riconoscere l'indipendenza kosovara.

Le schermaglie tra Serbia e Kosovo sono proseguite alla metà di aprile con il divieto di ingresso nel Kosovo al capo di stato maggiore delle forze armate serbe - cui a Pristina si imputano crimini di guerra alla fine degli Anni Novanta -, nonché al capo dell'ufficio governativo serbo per il Kosovo Djuric, che non ha potuto quindi partecipare a una riunione elettorale a Gracanica. Pochi giorni dopo è stata la volta dei serbi del Kosovo settentrionale, entrati in agitazione bloccando per un'ora il valico di frontiera Jarinje per protesta contro la decisione di Pristina di non riconoscere a partire dal 18 aprile le carte d'identità rilasciate dalla Serbia ai fini dell'ingresso e dell'uscita dal Kosovo.

Su questo punto peraltro è stato prontamente raggiunto un accordo nell'ambito dei negoziati a livello tecnico fra Belgrado e Pristina a Bruxelles, dai quali è stata confermata la validità delle carte d'identità rilasciate dalle autorità serbe - la sessione negoziale ha inoltre stabilito di porre fine ai divieti di ingresso nel Kosovo ad esponenti e dirigenti serbi, ma se tale previsione è stata rispettata fino al 24 aprile per rendere possibile un'adeguata partecipazione dei serbi del Kosovo alle elezioni politiche di Belgrado, già il 25 aprile il ministro degli esteri del Kosovo ha firmato un provvedimento sul divieto di ingresso nel paese ai ministri serbi della difesa e dell'interno, asseritamente per la scarsa collaborazione dei due dicasteri nelle indagini sui crimini di guerra compiuti dai serbi in Kosovo durante il conflitto della fine degli Anni Novanta.

Va infine ricordata alla metà di aprile anche la visita del Ministro della difesa Roberta Pinotti al contingente militare italiano in Kosovo inquadrato nella missione internazionale KFOR: proprio il comandante della KFOR, il generale Miglietta, ha aggiornato il Ministro della difesa sugli ultimi sviluppi operativi, in particolare sulle attività poste in essere da KFOR sul tema dei flussi migratori e sul contrasto ai foreign fighters. Il Ministro Pinotti ha poi incontrato il presidente del Kosovo Thaci e il primo ministro Mustafa, approfondendo temi relativi alla sicurezza e alla stabilità regionale - gli esponenti kosovari hanno manifestato compiacimento per la costante vicinanza italiana a Pristina e hanno presentato i risultati della più recente legislazione kosovara contro il terrorismo.