Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Bilancio dello Stato | ||
Titolo: | (Doc. LVII, n. 2) Documento di economia e finanza 2014 | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Documentazione di finanza pubblica Numero: 5 | ||
Data: | 15/04/2014 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | V-Bilancio, Tesoro e programmazione |
DOCUMENTAZIONE DI FINANZA PUBBLICA
SENATO DELLA
REPUBBLICA:
Servizio del bilancio
Tel.
06 6706-5790
sbilanciocu@senato.it
CAMERA DEI
DEPUTATI:
Servizio Bilancio dello Stato
Tel.
06 6760-2174 – 066760-9455
Servizio Studi – Dipartimento bilancio e politica economica
Tel. 06 6760-9932 – 066760-2233
st_bilancio@camera.it
Il presente dossier è destinato alle esigenze di documentazione interna per l’attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per l’eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. |
1.1 La
congiuntura internazionale
1.2 Lo
scenario macroeconomico nazionale
2.1 Gli
andamenti tendenziali di finanza pubblica
2.1.2 Le previsioni tendenziali per il periodo
2014-2018
2.1.3 L'analisi degli andamenti tendenziali per
sottosettori
2.2.1 La manovra di correzione
2.2.2 I saldi per sottosettore
2.3 Spesa
per interessi, fabbisogno e debito
3.1 Analisi
di sensitività della finanza pubblica
3.1.1 Analisi di sensitività alla crescita
3.1.2 Analisi di sensitività ai tassi di interesse
3.2
L’analisi di sostenibilità di lungo periodo
3.2.1 Tendenze di medio-lungo periodo del sistema
pensionistico italiano
4.1 Esame di
alcune voci di spesa
4.2
L’impatto macroeconomico delle riforme
4.3 L’OMT
nella governance europea e il
pareggio di bilancio ex Legge n. 243
del 2012
4.6
L’analisi della fiscal stance
Ai sensi della legge di contabilità, il Documento di economia e finanza (DEF) costituisce il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio, che traccia, in una prospettiva di medio-lungo termine, gli impegni, sul piano del consolidamento delle finanze pubbliche, e gli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche, adottati dall’Italia per il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita europeo e il conseguimento degli obiettivi di crescita intelligente, sostenibile e solidale definiti nella Strategia Europa 2020. Il DEF enuncia, pertanto, le modalità e la tempistica attraverso le quali l’Italia intende conseguire il risanamento strutturale dei conti pubblici e perseguire gli obiettivi in materia di occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale, energia e sostenibilità ambientale definiti nell’ambito dell’Unione europea.
Il documento, che s’inquadra al centro del processo di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri dell’UE - il Semestre europeo – è presentato alle Camere, per le conseguenti deliberazioni parlamentari, entro il 10 aprile di ciascun anno, al fine di consentire alle Camere di esprimersi sugli obiettivi programmatici di politica economica in tempo utile per l’invio al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea, entro il successivo 30 aprile[1], del Programma di Stabilità e del Programma Nazionale di Riforma (PNR) contenuti, rispettivamente, nella prima e nella terza sezione del Documento.
Quanto alla struttura, il DEF si compone di tre sezioni e di una serie di allegati. In particolare, la prima sezione espone lo schema del Programma di Stabilità, che dovrà contenere tutti gli elementi e le informazioni richiesti dai regolamenti dell'Unione europea e, in particolare, dal nuovo Codice di condotta sull'attuazione del Patto di stabilità e crescita, con specifico riferimento agli obiettivi di politica economica da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico.
La sezione contiene gli obiettivi e il quadro delle previsioni economiche e di finanza pubblica almeno per il triennio successivo; l’indicazione degli obiettivi programmatici per l'indebitamento netto, per il saldo di cassa e per il debito delle PA, articolati per i sottosettori della PA, accompagnata anche da un'indicazione di massima delle misure attraverso le quali si prevede di raggiungere gli obiettivi. La sezione deve, inoltre, contenere le previsioni di finanza pubblica di lungo periodo e gli interventi che si intende adottare per garantirne la sostenibilità, nonché le diverse ipotesi di evoluzione dell'indebitamento netto e del debito rispetto a scenari di previsione alternativi riferiti al tasso di crescita del prodotto interno lordo, della struttura dei tassi di interesse e del saldo primario.
Nella seconda sezione sono indicate le regole generali sull’evoluzione della spesa delle amministrazioni pubbliche, in linea con l’esigenza, evidenziata in sede europea, di individuare forme efficaci di controllo dell’andamento della spesa pubblica.
La sezione reca, tra l’altro, l'analisi del conto economico e del conto di cassa delle amministrazioni pubbliche nell'anno precedente e degli eventuali scostamenti rispetto agli obiettivi programmatici indicati nel DEF e nella Nota di aggiornamento; le previsioni tendenziali a legislazione vigente, almeno per il triennio successivo, dei flussi di entrata e di uscita del conto economico e del saldo di cassa; l'individuazione, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica, di regole generali sull'evoluzione della spesa delle amministrazioni pubbliche; l'indicazione delle previsioni a politiche invariate per i principali aggregati del conto economico della PA riferite almeno al triennio successivo; le informazioni di dettaglio sui risultati e sulle previsioni dei conti dei principali settori di spesa, con particolare riferimento a quelli relativi al pubblico impiego, alla protezione sociale e alla sanità, nonché sul debito delle amministrazioni pubbliche e sul relativo costo medio. All’interno della sezione deve inoltre essere dato conto anche delle risorse destinate allo sviluppo delle aree sottoutilizzate, con evidenziazione dei fondi nazionali addizionali. In allegato alla sezione è riportata una nota metodologica che espone analiticamente i criteri di formulazione delle previsioni tendenziali.
Si evidenzia, infine, che ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera a) della legge n. 244 del 2012 (delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale e norme sulla medesima materia), alla II Sezione del DEF devono altresì essere riportate, in apposito allegato, informazioni di dettaglio sui risultati conseguiti nell'attuazione del processo di riconfigurazione dello strumento militare, anche sotto il profilo del recupero delle risorse realizzato delle misure di ottimizzazione organizzativa e finanziaria previste dalla legge citata, e sulle previsioni di reindirizzo delle medesime risorse nei settori di spesa in cui si articola il bilancio del Ministero della difesa, almeno per il triennio successivo
La terza sezione reca, infine, lo
schema del Programma Nazionale di riforma (PNR) che, in coerenza con il
Programma di Stabilità, definisce gli interventi da adottare per il
raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita, produttività, occupazione
e sostenibilità delineati dalla nuova Strategia “Europa
§ lo stato di avanzamento delle riforme avviate, con indicazione dell'eventuale scostamento tra i risultati previsti e quelli conseguiti;
§ gli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività;
§ le priorità del Paese, con le principali riforme da attuare, i tempi previsti per la loro attuazione e la compatibilità con gli obiettivi programmatici indicati nel Programma di stabilità;
§ i prevedibili effetti delle riforme proposte in termini di crescita dell'economia, di rafforzamento della competitività del sistema economico e di aumento dell'occupazione.
In allegato al DEF sono indicati gli eventuali disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica, da presentarsi alle Camere entro il mese di gennaio[2].
In base alla legge di contabilità nazionale, in allegato al DEF devono essere riportate una serie d’informazioni supplementari:
a) una relazione di sintesi sugli interventi realizzati nelle aree sottoutilizzate e sui risultati conseguiti, in cui è evidenziato il contributo dei fondi nazionali addizionali, con particolare riguardo alla coesione sociale, alla sostenibilità ambientale, nonché alla ripartizione territoriale degli interventi;
b) il Programma delle infrastrutture strategiche, previsto dalla “Legge obiettivo”, nonché lo stato di avanzamento del medesimo programma relativo all'anno precedente, predisposto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
c) un documento, predisposto dal Ministro dell'ambiente, relativo allo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra derivanti dagli obblighi internazionali assunti dall'Italia in sede europea e internazionale, e sui relativi indirizzi;
d) un documento recante l’esposizione, con riferimento agli ultimi dati di consuntivo disponibili, delle risorse del bilancio dello Stato destinate alle singole regioni, con separata evidenza delle categorie economiche relative ai trasferimenti correnti e in conto capitale agli enti locali e alle province autonome di Trento e di Bolzano;
e) il rapporto sullo stato di attuazione della legge di contabilità e finanza pubblica e sullo stato di attuazione delle norme finalizzate all’armonizzazione delle regole contabili degli enti territoriali, prevista dalla legge di attuazione del federalismo fiscale.
1.1 La congiuntura internazionale
Il DEF 2014, nella prima sezione relativa al Programma di Stabilità, evidenza come nel 2013 il ritmo di crescita dell'economia mondiale abbia registrato un leggero rallentamento rispetto al 2012, attestandosi, secondo i dati forniti dal Fondo monetario Internazionale (nel Word Economic Outlook, di aprile 2014), ad un tasso del 3,0 per cento, come evidenziato nella tabella che segue:
Tabella
1.1
Il
recupero del commercio mondiale
(variazioni percentuali)
FMI |
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
Commercio internazionale |
2,8 |
3,0 |
4,3 |
5,3 |
5,6 |
5,7 |
5,6 |
PIL mondiale |
3,2 |
3,0 |
3,6 |
3,9 |
3,9 |
3,9 |
3,9 |
Fonte: FMI, World Economic
Outlook, aprile 2014, Database.
In particolare, il DEF 2014 osserva che la crescita globale nel 2013 è risalita soprattutto nella seconda metà dell’anno: le economie avanzate hanno inciso per gran parte della ripresa, mentre l’andamento della crescita, comunque sempre sostenuta nei mercati emergenti, risulta rallentata rispetto ai ritmi di qualche anno fa.
Tra le economie avanzate, un importante impulso è venuto dai paesi extra UE, in particolare dagli Stati Uniti, la cui economia è cresciuta su base annua più del previsto, dell’1,9 per cento con un’ulteriore contrazione del tasso di disoccupazione (al 7,4 per cento). Anche in Giappone il PIL è cresciuto nel 2013 dell’1,5 percento, sebbene – si afferma nel DEF - non si sia ancora certi, nonostante il piano governativo e gli indirizzi assunti dalla Banca giapponese, dell’uscita del paese dalla fase deflazionistica.
La Cina è cresciuta nel 2013 del 7,7 per cento e l’India del 4,4 per cento.
I paesi emergenti continuano, dunque, nel complesso ad avere tassi di crescita superiori a quelli dei paesi avanzati, ma significativamente inferiori a quelli di qualche anno fa.
Le
osservazioni di fondo contenute nel documento governativo ricalcano, in
sostanza, le considerazioni contenute nel WEO
di aprile 2014 dell’FMI. Sulle economie emergenti - la cui evoluzione
dell’attività economica è stata, come detto, inferiore rispetto al passato – il
Fondo monetario rileva comunque che esse continuano in ogni caso a contribuire
per più di due terzi alla crescita globale. Peraltro, in proiezione, la
crescita del prodotto di tali economie dovrebbe essere aumentata dalle maggiori
esportazioni verso le economie avanzate. Nell’attuale quadro, i rischi al
ribasso delle prospettive di crescita globale, che pure sono state prospettate
nei precedenti rapporti dell’FMI, tendono a diminuire, con tre caveat: un eventuale rafforzarsi dei
rischi provenienti dai mercati emergenti, l’inflazione più bassa di quanto
atteso nei paesi emergenti, il riemergere di rischi di tipo geopolitico.
Analoghe considerazioni sul quadro macroeconomico
internazionale sono state avanzate dalla BCE,
nel Bollettino mensile di marzo 2014. Anche secondo la Banca centrale, a
livello congiunturale, la moderata espansione dell’attività economica mondiale
che si è manifestata sul finire del 2013 è stata caratterizzata da un’accelerazione
proveniente in gran parte dei paesi avanzati, grazie al miglioramento dei
bilanci del settore privato e all’orientamento accomodante delle politiche
economico finanziarie, e da un ritmo rallentato nei principali paesi emergenti,
determinato dai perduranti ostacoli di natura strutturale, dalle incertezze sul
piano delle politiche e di condizioni finanziarie volatili che hanno riguardato
specificamente i paesi con vulnerabilità interne.
La BCE, in
particolare, mette in evidenza le stime per il quarto trimestre del 2013: nei paesi del G20 il tasso di incremento
del PIL è stato pari allo 0,8 per cento sul periodo precedente,
significativamente inferiore rispetto al terzo trimestre. Tale dato cela
andamenti differenziati relativi agli specifici paesi. In particolare, negli Stati Uniti la crescita del PIL in
termini reali si è mantenuta robusta nel quarto trimestre del 2013 grazie al
vigore dei consumi privati, degli investimenti in settori diversi dall’edilizia
residenziale e delle esportazioni. In Giappone
il ritmo di espansione è stato rapido nella prima metà del 2013 e più lento
nella seconda, principalmente a causa della debolezza delle esportazioni e
degli investimenti delle imprese. Ci si attende tuttavia un lieve rafforzamento
nel primo trimestre del 2014, favorito dalla dinamica più robusta dei consumi
privati in previsione dell’aumento dell’imposta sui consumi.
Per contro,
in una serie di economie di mercato
emergenti, le recenti turbolenze nei relativi mercati finanziari hanno
lievemente acuito le incertezze circa le prospettive per l’economia mondiale,
ma le tensioni sono state principalmente circoscritte ai paesi con fondamentali
deboli e squilibri interni.
Tabella
1.2
Andamento
congiunturale del PIL
(valori percentuali)
|
II trim. |
III trim. |
IV trim. |
G20 |
0,8 |
1,2 |
0,8 |
Stati Uniti |
0,6 |
1,0 |
0,6 |
Giappone |
1,0 |
0,3 |
0,3 |
Area Euro |
0,3 |
0,1 |
0,3 |
Brasile |
1,8 |
-0,5 |
0,7 |
Cina |
1,8 |
2,2 |
1,8 |
India |
-0,2 |
5,8 |
0,1 |
Russia |
-0,1 |
0,2 |
- |
Fonte: BCE, Monthly Bullettin, Marzo 2014. Per l’Area Euro, dati EUROSTAT.
Anche l’OCSE, nell’Interim economic assessment di marzo
2014 evidenzia, avendo riguardo agli ultimi dati congiunturali, nel
complesso, un rafforzamento di fondo del ritmo di crescita nelle principali
economie avanzate, aiutate dalla politica monetaria accomodante e dal ridotto
drenaggio fiscale. Vi sono, tuttavia, profili irregolari per la crescita del
PIL a breve termine. Mentre negli Stati Uniti la ripresa ciclica – afferma
l’Istituto - è relativamente ben stabilita, nell’Area dell'euro e in Giappone,
dove la ripresa si è meno netta e l'inflazione rimane sotto il target, gli stimoli di politica
monetaria dovrebbero essere mantenuti o addirittura aumentati. In tali aree è
inoltre necessario che continui l’azione di consolidamento fiscale, sebbene
l’OCSE, visti i progressi già compiuti in molti paesi, prospetti che il ritmo
del risanamento può essere portato avanti più lentamente rispetto al passato,
in modo da evitare un eccessivo freno alla crescita.
Per quanto concerne le principali economie emergenti
(EME), il quadro è variegato, secondo l’OCSE, con alcuni paesi che continuano a
crescere fortemente mentre altri, dove le vulnerabilità sottostanti sono stati
evidenziate da inversioni di afflussi di capitale, stanno vivendo una marcata perdita
di slancio. Dato che le economie emergenti rappresentano comunque, come
sottolineato anche dall’FMI, ben più della metà dell'economia mondiale, la performance economica delle principali
economie emergenti potrebbe comportare – secondo l’OCSE - che la crescita
globale resti moderata nel breve periodo.
Date le considerazioni sopra esposte, le prospettive di crescita dell’economia mondiale per il 2014 si inseriscono in uno scenario di ripresa in cui un maggiore contributo proviene, come detto, dalle economie sviluppate, rafforzate della domanda interna, e in un contesto di ridotte tensioni sui mercati finanziari.
Secondo le previsioni elaborate dal Fondo Monetario Internazionale nell’Economic Outlook di aprile, si prospetta una crescita dell’economia globale nel 2014 del 3,6 per cento ed un’espansione del commercio mondiale del 4,3 per cento. In particolare, negli Stati Uniti è prevista una crescita del 2,8 per cento e il Giappone dovrebbe crescere dell’1,4 per cento.
Per quanto riguarda l’Area dell’euro, il DEF 2014 evidenzia come l’evoluzione positiva dell’economia nella seconda parte dell’anno non sia stata sufficiente ad impedire una contrazione del PIL nel 2013, pari - secondo quanto indicato dalla Commissione europea a febbraio 2014 (nel Winter Forecast) - allo 0,4 per cento su base annuale e un incremento del tasso di disoccupazione all’12,1 per cento.
Il Governo osserva che le cause di tale andamento del PIL nell’Area euro vanno riscontrate nella debolezza della domanda interna, che ha risentito delle politiche fiscali restrittive, e nella difficoltà di aumentare l’offerta di credito alle imprese nonostante la politica monetaria espansiva adottata dalla BCE, difficoltà questa che ha reso più difficile la ripresa economica e il rapido riassorbimento del livello di disoccupazione. Ne è conseguito un aumento della disoccupazione di lungo periodo.
Inoltre, poiché il livello di indebitamento nell’Area resta elevato, ciò potrebbe richiedere l’adozione di ulteriori politiche fiscali restrittive, con possibili conseguenze sulla crescita appena avviata. Inoltre, i rischi di un processo deflazionistico, dovuto ad un livello di inflazione sensibilmente inferiore al 2,0 per cento, possono incidere negativamente sulle decisioni d’investimento.
La
Commissione europea, nel Winter Forecast
di febbraio 2014, osserva che dopo un primo trimestre negativo, si è assistito,
nell’Area dell’euro, all’uscita dalla
recessione nella primavera 2013 e nei tre trimestri successivi. Si
evidenzia al riguardo che la ripresa si è comunque dimostrata modesta a livello
complessivo e non omogenea.
Tabella
1.3
Andamento
congiunturale del PIL
(valori percentuali)
|
I trim. |
II trim. |
III trim. |
IV trim. |
Italia |
-0,6 |
-0,3 |
0,0 |
0,1 |
Francia |
-0,1 |
0,6 |
0,0 |
0,3 |
Germania |
0,0 |
0,7 |
0,3 |
0,4 |
Spagna |
-0,3 |
-0,1 |
0,1 |
0,2 |
AREA EURO |
-0,2 |
0,3 |
0,1 |
0,3 |
Regno Unito |
0,4 |
0,7 |
0,8 |
0,7 |
UE
– 28 |
-0,1 |
0,4 |
0,3 |
0,4 |
Con riferimento ai risultati congiunturali relativi all’ultima parte dell’anno 2013, nel Bollettino di marzo 2014, la Banca Centrale Europea osserva che il risultato positivo del secondo, terzo e quarto trimestre del PIL in termini reali segna un’inversione di tendenza rispetto al protratto periodo di decrescita osservato tra il quarto trimestre del 2011 e il primo del 2013. Tale timida ripresa secondo gli analisti BCE riflette in ampia misura un’inversione del ciclo della domanda interna, un migliorato clima di fiducia di imprese e consumatori e un calo dell’incertezza. Il risultato del quarto trimestre del 2013 è inoltre riconducibile alle esportazioni nette, tornate positive, soprattutto per effetto della debole crescita delle importazioni. Tali andamenti sono stati in parte controbilanciati dal contributo negativo alla crescita proveniente dalla variazione delle scorte.
Per il 2014, il DEF, in linea con quanto prospettato
dalla Commissione europea, stima un incremento del PIL nell’Area dell’euro dell’1,2
per cento.
La Commissione europea, in particolare, prospetta nel
2014 che la crescita del PIL in termini reali si attesti in media all'1,5% nell'UE e all'1,2% nella zona euro, per poi accelerare nel 2015 e raggiungere
il 2,0% nell'UE e l'1,8% nella zona euro.
Tabella
1.4
Previsioni
del prodotto interno lordo nell’Area dell’euro
(valori percentuali)
|
Cons. |
Previsioni |
|
|
2013 |
2014 |
2015 |
Italia |
-1,9 |
0,6 |
1,2 |
Francia |
0,3 |
1,0 |
1,7 |
Germania |
0,4 |
1,8 |
2,0 |
Spagna |
-1,2 |
1,0 |
1,7 |
AREA EURO |
-0,4 |
1,2 |
1,8 |
Regno Unito |
1,9 |
2,5 |
2,4 |
UE – 28 |
0,1 |
1,5 |
2,0 |
Nel Bollettino di marzo 2014, la Banca Centrale Europea afferma che gli andamenti degli indicatori del clima di fiducia basati sulle indagini congiunturali fino a febbraio sono coerenti con il protrarsi di una crescita moderata anche nel primo trimestre di quest’anno. In prospettiva, ci si attende che la ripresa in atto nell’Area euro prosegua, sebbene a un ritmo contenuto. In particolare, si dovrebbe concretizzare un ulteriore miglioramento della domanda interna, sostenuto dall’orientamento accomodante della politica monetaria, da condizioni di finanziamento più favorevoli e dai progressi conseguiti nel risanamento dei conti pubblici e nelle riforme strutturali. Inoltre, i redditi reali sono sostenuti dai più bassi prezzi dell’energia. L’attività economica dovrebbe altresì trarre vantaggio da un graduale rafforzamento della domanda esterna per le esportazioni dell’area. Al tempo stesso, seppure in fase di stabilizzazione, la disoccupazione resta elevata nell’area e i necessari aggiustamenti di bilancio nei settori pubblico e privato continueranno a pesare sul ritmo della ripresa.
Le
proiezioni macroeconomiche formulate
in marzo dagli esperti della BCE
confermano una crescita del PIL in termini reali per l’area dell’euro dell’1,2
per cento nel 2014, che aumenterebbe all’1,5 nel 2015 e all’1,8 nel 2016.
1.2 Lo scenario macroeconomico nazionale
Il DEF 2014 espone l’analisi del quadro
macroeconomico italiano relativo all’anno 2013 e le previsioni per l’anno in
corso e per il periodo 2015-2018, che riflettono i primi segnali di graduale
ripresa dell’economia, nonostante gli elementi d’incertezza che ancora
caratterizzano le prospettive di crescita
globali.
I risultati nel 2013
Con riferimento all’anno 2013[3],
il DEF evidenzia come la recessione, manifestatasi nuovamente nella seconda
metà del 2011 - dopo i moderati segnali di ripresa di inizio anno – si sia
interrotta, in Italia, nell’ultimo trimestre del
Nel complesso, nel 2013 il PIL ha registrato una contrazione dell’1,9 per cento, a fronte della contrazione del 2,4 per cento registrata nel 2012.
La contrazione del prodotto nel 2013 è risultata sostanzialmente in linea con le previsioni formulate all’interno del Documento Programmatico di Bilancio (-1,8 per cento), presentato per la prima volta ad ottobre 2013[4], con il quale sono state aggiornate le previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica contenute nella Nota di aggiornamento del DEF, presentata a settembre 2012[5].
Nonostante il risultato negativo, il DEF 2014
sottolinea che la fase recessiva, che ha interessato l’economia italiana a
partire dalla seconda metà del 2011, si è allentata nella fase finale
dell’anno. Nel quarto trimestre del 2013 si è,
infatti, registrata una inversione di tendenza dell’andamento dell’economia italiana, con una variazione positiva
del PIL dello 0,1 per cento sul
trimestre precedente.
Secondo
quanto rilevato nel Comunicato ISTAT
dell’11 marzo 2014, nel IV trimestre 2013 tutti i principali aggregati della
domanda interna hanno segnato variazioni positive. In particolare, rispetto al
trimestre precedente, fatta eccezione per i consumi finali nazionali che sono
rimasti invariati, gli investimenti fissi lordi sono aumentati dello 0,9 per
cento, le importazioni dello 0,2 per cento e le esportazioni dell’1,2 per
cento. Nell’ambito dei consumi finali, si rileva che la spesa delle famiglie
residenti è diminuita dello 0,1 per cento, mentre quella della PA e delle
Istituzioni Sociali Private (ISP) è aumentata dello 0,2 per cento.
Il recupero dell’attività economica dell’Italia nell’ultimo trimestre
dell’anno è risultato, tuttavia, meno
accentuato di quello verificatasi in media nell’Area dell’euro nello stesso periodo (+0,3 per cento) e, in
particolare, di quello registrato nei principali paesi europei, quali Germania
(+0,4 per cento), Francia (+0,3 per cento), Regno Unito (+0,7 per cento). Negli
Stati Uniti, nel quarto trimestre, il PIL è aumentato in termini congiunturali
dello 0,6%.
In termini tendenziali, tuttavia, nel quarto
trimestre del 2013 il prodotto interno lordo italiano risulta diminuito dello 0,9% nei confronti del
quarto trimestre del
Dal 2007, salvo un breve intermezzo, la recessione ha comportato, nel complesso, una diminuzione del prodotto interno lordo di 9 punti percentuali rispetto ai livelli raggiunti prima della crisi. In volume, il PIL si mantiene al di sotto del livello registrato nel 2009.
Tabella
1.5
Andamento
del PIL in volume
(valori concatenati – anno di riferimento 2005 – mld di euro)
o |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
PIL |
1.475,4 |
1.394,3 |
1.418,4 |
1.424,8 |
1.391,0 |
1.365,2 |
Variazione % |
-1,2 |
-5,5 |
1,7 |
0,4 |
-2,4 |
-1,9 |
Sul risultato negativo del
Un apporto positivo è, invece, disceso dalla domanda estera, seppure in misura più contenuta rispetto al 2012.
In particolare, la diminuzione della spesa delle famiglie residenti è stata intensa (-2,6 per cento), risentendo della compressione del reddito disponibile.
Sul punto il
DEF evidenzia come nel 2013 sulle decisioni di spesa delle famiglie ha inciso
la perdurante debolezza del mercato del lavoro.
I consumi
delle famiglie, in calo dal 2011, hanno pertanto continuato a contrarsi in
tutte le componenti. Le misure di contenimento della spesa hanno comportato,
inoltre, una riduzione reale dei consumi
pubblici, che includono i redditi da lavoro e i consumi intermedi, dello
0,8 per cento.
Per quanto
concerne gli investimenti fissi lordi,
nel 2013, si è verificata nuovamente una flessione del 4,7 per cento, risultata
meno intensa nel comparto degli investimenti in macchinari, attrezzature e
mezzi di trasporto (-2,4 per cento) a seguito della ripresa, manifestatasi
nella seconda parte dell’anno, dell’attività industriale. Il DEF rimarca come
la caduta della produzione industriale si sia progressivamente ridotta
nell’arco dell’anno e nell’ultimo trimestre abbia avuto una variazione positiva
(+0,9 per cento) dopo dieci trimestri di contrazione.
Il settore
delle costruzioni registra, invece,
nel 2013, per il sesto anno consecutivo, un valore negativo, con una
contrazione ancora più accentuata rispetto al 2012, dell’8,7 per cento.
Come già
ricordato, la dinamica delle esportazioni
si è invece mantenuta positiva. Le esportazioni hanno
mostrato un profilo di crescita progressivo nel corso dell’anno supportate dal
favorevole andamento della domanda mondiale.
Il
rallentamento della domanda interna ha invece inciso sull’andamento delle importazioni, che risultano ridotte del 2,8 per cento. Il DEF
evidenzia peraltro che nella seconda parte dell’anno anche le importazioni sono
tornate a crescere, seppur in misura inferiore alle esportazioni, dopo dieci
trimestri di cali consecutivi.
Per quanto
concerne, in particolare, il commercio
con l’estero, il DEF evidenzia che nell’anno 2013 l’interscambio ha
mostrato un rallentamento, nonostante il commercio e la produzione industriale
globali abbiano mostrato un andamento positivo. Nel complesso, il saldo
commerciale è risultato in avanzo per circa 30,4 miliardi (2,2 per cento del
PIL), in miglioramento rispetto a quello registrato lo scorso anno (9,9
miliardi), risultando – illustra il DEF - tra i più elevati dell’Unione
europea. Il contributo al miglioramento del saldo è stato fornito, in particolare,
dai flussi verso l’area extra-europea.
In particolare, le esportazioni sono cresciute soprattutto verso i paesi
dell’area dell’OPEC, il Giappone, la Russia e la Cina. Tra i paesi europei, le
esportazioni sono aumentate solo verso il Regno Unito (1,9 per cento). Le
importazioni, che hanno subito in via generale una riduzione, hanno registrato
un lieve incremento solo dalla Russia e dall’India.
Sul piano
settoriale, il DEF evidenzia che le esportazioni dei prodotti farmaceutici
hanno registrato l’incremento più elevato, seguiti dai prodotti in legno e dai
mezzi di trasporto, dagli altri prodotti manufatti e dagli apparecchi
elettrici. Tale andamento è confermato nella tabella che segue che espone
l’andamento delle esportazioni dell’Italia nei principali settori negli ultimi
tre anni, in termini di valori FOB[6].
Scambi
dell’Italia per settore. Serie storica 2011-2013
(variazioni percentuali)
|
2011 |
2012 |
2013 |
Prodotti
dell’agricoltura, della silvicoltura e della pesca |
3,3 |
0,4 |
2,6 |
Prodotti
alimentari, bevande e tabacco |
10,1 |
6,8 |
5,3 |
Prodotti
tessili, abbigliamento, pelli e accessori |
12,4 |
2,7 |
4,3 |
Legno e
prodotti in legno; carta e stampa |
4,9 |
1,8 |
1,7 |
Prodotti
delle altre attività manifatturiere |
5,8 |
4,6 |
4,4 |
Sostanze e
prodotti chimici |
10,4 |
1,7 |
0,7 |
Articoli
farmaceutici, chimico-medicinali e botanici |
9,6 |
12,6 |
13,8 |
Articoli in
gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non
metalliferi |
8,0 |
0,4 |
2,7 |
Metalli di
base e prodotti in metallo, esclusi macchine ed impianti |
23,0 |
5,1 |
-10,5 |
Computer,
apparecchi elettronici ed ottici |
11,5 |
-2,1 |
-3,1 |
Apparecchi
elettrici |
4,8 |
-1,8 |
1,4 |
Mezzi di
trasporto |
5,8 |
-0,6 |
2,4 |
Fonte: Comunicato ISTAT 18 marzo 2014, Commercio con l’estero. Valori FOB.
Con
riferimento specifico al settore
manifatturiero italiano, il DEF evidenzia, in un apposito focus, riprendendo i dati diffusi
dall’ISTAT nel recente Rapporto sulla Competitività dei settori produttivi
diffuso il 26 febbraio 2014, come la crisi economica del periodo 2010-2013
abbia riverberato i suoi effetti in modo differenziato nei diversi settori della
manifattura italiana (cfr.
Approfondimento n. 1).
Quanto al mercato del lavoro, il DEF rileva come
la recessione abbia avuto riflessi significativi sull’occupazione, la quale,
misurata in ULA (unità di lavoro standard) ha registrato nel 2013 una riduzione
dell’1,9 per cento. Il calo degli occupati ha riguardato in particolare il
settore delle costruzioni (-9,0 per cento, pari a circa 160 mila unità di
lavoro) e quello dei servizi privati (-1,4 per cento, pari a circa 186 mila
unità).
Segnali di
stabilizzazione sono emersi invece nel settore dell’industria in senso stretto
dove si è verificata una riduzione delle ore autorizzate di cassa integrazione
guadagni (CIG) nel corso dell’anno; il ricorso alla CIG è invece aumentato nel
settore dell’edilizia.
Unitamente
alla flessione degli occupati, il tasso
di disoccupazione è salito al 12,2 per cento; in particolare il tasso di
disoccupazione giovanile (15-24 anni) è aumentato al 40 per cento dal 35,3 per
cento del 2012.
Con
riferimento all’evoluzione dei prezzi,
l’indice armonizzato dei prezzi al consumo è aumentato all’1,3 per cento, in
forte decelerazione rispetto al
Le prospettive dell’economia italiana
Il DEF 2014 sottolinea come l’economia italiana sia entrata in una fase di ripresa, contrassegnata in prospettiva da dinamiche abbastanza favorevoli del commercio estero e da una graduale stabilizzazione della domanda interna.
Il documento sottolinea come le prospettive di recupero dell’economia italiana dipendano, sostanzialmente, dall’evoluzione dello scenario economico mondiale, che si prospetta in graduale ripresa. La progressiva ripresa della domanda internazionale nella seconda metà del 2013, dovrebbe, secondo il DEF, riflettersi positivamente sulla crescita delle esportazioni italiane. Al contempo, il Governo prefigura un graduale superamento dei fattori negativi che hanno condizionato finora l’andamento della domanda interna.
Gli indicatori congiunturali più recenti evidenziano, secondo il DEF, la prosecuzione della fase ciclica moderatamente espansiva emersa alla fine del 2013, prospettando un moderato aumento del PIL nel primo trimestre 2014 ed una ripresa più sostenuta nei trimestri successivi.
In particolare, il Governo evidenzia come nei primi mesi dell’anno sia proseguito l’aumento della fiducia delle imprese manifatturiere e come segnali positivi provengono dal settore dei servizi. Anche la produzione industriale sarebbe attesa in crescita nel primo trimestre.
Si
ricorda, in proposito, che l’ISTAT
ha diffuso, con Comunicato del 10 aprile
scorso, i dati mensili relativi alla produzione
industriale a febbraio 2014. Da tale comunicato risulta che nella media del
trimestre dicembre-febbraio l’indice destagionalizzato ha registrato un lieve
aumento (+0,1%) rispetto al trimestre precedente. Corretto per gli effetti di
calendario, a febbraio 2014, l’indice è aumentato in termini tendenziali dello
0,4%. Nella media dei primi due mesi dell’anno la produzione registra un +0,8%
rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Per
quanto attiene al clima di fiducia delle
imprese, secondo il Comunicato ISTAT diffuso il 27 marzo 2014, esso cresce nello stesso mese a 89,5
rispetto a 88,2 di febbraio. In particolare, l'andamento dell'indice
complessivo rispecchia un miglioramento della fiducia delle imprese dei servizi
di mercato e, più lievemente, delle
imprese manifatturiere. Risulta invece in diminuzione la fiducia delle
imprese di costruzione e di quelle del commercio al dettaglio.
Anche
l'indice del clima di fiducia dei
consumatori registra un significativo incremento, raggiungendo il valore di
101,7 da 97,7 del mese precedente (Comunicato ISTAT, 26 marzo 2014).
Considerando peraltro l’effetto di trascinamento lievemente negativo del risultato dell’anno scorso, pari a -0,1 per cento, le stime di crescita del PIL per il 2014 sono fissate allo 0,8 per cento, al ribasso rispetto alla crescita dell’1,1 per cento prevista ad ottobre 2013 nel Documento programmatico di bilancio (DPB).
La nuova stima di crescita per l’anno 2014 si allinea, di fatto, alle considerazioni espresse dalla Commissione europea nel parere reso sul Documento programmatico di bilancio, in cui la Commissione riteneva la previsione di crescita dell’1,1 per cento piuttosto ottimistica, evidenziando i rischi al ribasso derivanti da fattori esogeni (quale la più modesta espansione dei mercati d’esportazione e maggiore apprezzamento del tasso di cambio) nonché dalla persistente stretta creditizia.
Secondo quanto illustrato nel DEF, infatti, la revisione al ribasso della crescita è attribuibile, nel breve periodo, proprio al persistere della restrizione nella concessione del credito al settore privato.
Nel medio termine, tuttavia, vanno considerati anche alcuni ritardi di attuazione che non consentono ancora alle riforme intraprese di incidere in termini di crescita economica.
Sul punto, il DEF evidenzia – nella Sezione I relativa al Programma di stabilità e con maggior dettaglio nella Sezione III relativa al PNR - come l’impatto macroeconomico delle riforme avviate nel 2012 e 2013, vada rivisto rispetto alle ipotesi contenuto nel DEF dello scorso anno, alla luce non solo del ritardo del processo di attuazione delle misure di intervento ma anche del protrarsi della fase recessiva dell’economia italiana, che ha attenuato gli effetti espansivi delle riforme medesime.
Tale revisione comporta nel breve termine un minore incremento del prodotto, rispetto alle precedenti simulazioni, pari mediamente a 0,3 punti percentuali, mentre nel medio termine (2020) essa si attesta a 0,6 punti percentuali.
In particolare, l'impatto macroeconomico dell'insieme delle riforme strutturali varate dal Governo nel 2012 viene rivisto al ribasso, rispetto allo scenario di base, traducendosi in un incremento del PIL pari a 0,7 punti percentuali nel 2015 (con uno scostamento di 0.9 punti percentuali, rispetto all’incremento di 1,6 punti prospettato nel precedente DEF) e pari a 2,5 punti nel 2020 (in luogo ai 3,9 punti previsti). Anche l’impatto macroeconomico del complesso delle misure varate nel 2013 è rivisto nel DEF in esame, ad un valore pari a 0,1 punti percentuali di PIL nel 2015 e a 0,2 punti nel 2020[7].
Per gli anni successivi, il DEF prevede una crescita del PIL nel 2015 pari all’1,3 per cento e pari in media dell’1,7 per cento nel triennio successivo.
Tabella
1.6
Confronto
sulle previsioni di crescita del PIL
(variazioni percentuali)
|
DPB |
Nota agg. DEF 2013 |
DEF 2014 |
||||||
|
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
PIL |
1,1 |
1,7 |
1,8 |
1,9 |
0,8 |
1,3 |
1,6 |
1,8 |
1,9 |
Si consideri comunque che le prospettive di crescita dell’economia italiana, non possono prescindere - come si rileva nella terza sezione del DEF (nella parte del PNR relativa all’analisi approfondita che la Commissione europea ha deciso di condurre nei confronti dell’Italia per valutare la persistenza di squilibri macroeconomici già rilevati nel 2013) - dall’adozione di urgenti azioni di policy (urgent policy attention), volte a superare i problemi strutturali che caratterizzano la nostra economica, messi in evidenza dall’analisi della Commissione europea, tra i quali la perdita di competitività, derivante dal disallineamento tra salari e produttività, da un elevato cuneo fiscale e dalla prevalenza d’imprese di piccole dimensioni che non riescono a competere nel mercato globale. A causa dell’andamento stagnante della produttività, la graduale riduzione della dinamica salariale non si è tradotta in un miglioramento della competitività di prezzo.
Anche le inefficienze presenti nella Pubblica Amministrazione e nel sistema giudiziario vengono individuate quali elementi di freno alla crescita economica, così come la corruzione e il sommerso. Particolare enfasi viene data alla scarsa accumulazione di capitale umano. Inoltre, l’elevato debito pubblico, accompagnato da una bassa crescita e dalla bassa inflazione, pone rischi finanziari per l’economia Italiana e per tutta l’area dell’euro. Alle azioni di riforma finalizzate a fronteggiare le predette problematiche è appunto dedicata la parte del Documento che riguarda il Programma Nazionale di Riforma.
Si ritiene utile, infine, riportare nella tabella che segue un confronto tra le previsioni di crescita recate nel DEF e quelle dei principali istituti di ricerca nazionali e internazionali, che stimano per l’anno in corso una crescita del PIL tra 0,5–0,7 punti percentuali, lievemente inferiore rispetto a quella del Governo (con l’eccezione di Prometeia, che stima una crescita dello 0,8%). Per il 2015, le previsioni disponibili degli istituti si presentano, in media, anch’esse leggermente inferiori rispetto a quelle del Governo.
Per quanto concerne specificamente il confronto con le stime della Commissione europea, nel DEF è espressamente esplicitato che per il 2014 lo scostamento è riconducibile all’ipotesi, sottostante le proiezioni del DEF, di un profilo di crescita congiunturale del PIL lievemente più sostenuto a partire dal secondo trimestre dell’anno.
Previsioni degli istituti
nazionali e internazionali sulla crescita
del PIL italiano
(variazioni percentuali)
|
2014 |
2015 |
GOVERNO (aprile ’14) |
0,8 |
1,3 |
CER (febbraio ’14) |
0,6 |
1,3 |
PROMETEIA (marzo ’14) |
0,8 |
1,4 |
REF.IRS (aprile ’14) |
0,6 |
1,4 |
CONFINDUSTRIA (dicembre ’13) |
0,7 |
1,2 |
BANCA D’ITALIA (gennaio ’14) |
0,7 |
1,0 |
CONSENSUS FORECASTS (marzo ’14) |
0,5 |
1,0 |
OCSE – Economic Outlook n. 94 (novembre ‘13) |
0,6 |
1,4 |
FMI (aprile
‘14) |
0,6 |
1,1 |
Si rilevi, infine, che le previsioni di crescita indicate nel DEF 2014 per il periodo 2014-2018 non considerano gli effetti positivi attesi, sulle principali variabili del quadro macroeconomico (nonché sui saldi di bilancio), dalle riforme programmate dal Governo, volte a rafforzare la sostenibilità finanziaria dei conti pubblici anche attraverso un aumento della crescita potenziale.
Sul punto, nel paragrafo su “Riforme
strutturali e avvicinamento graduale all’MTO” del Programma di stabilità, il
Governo rimarca l’impatto macroeconomico
delle misure programmatiche 2014, prevedendo un aumento del PIL di 2,2 punti percentuali nel
Il Governo precisa che la metodologia di proiezione del prodotto potenziale utilizzata per la costruzione della tabella che segue è in linea con quella correntemente discussa a livello europeo dal Comitato di Politica economica del Consiglio europeo e dall’Output Gap Working Group[8].
Le misure indicate nella tavella ricevono peraltro più ampia trattazione nella Sez. III del DEF 2014, dedicata appunto al Programma Nazionale di Riforma. In quella sede, sono peraltro valutati - rileva il Governo - l’impatto di altre misure strutturali, quali ad esempio quelle volte a superare le problematiche derivanti dai ritardi dei pagamenti della P.A., che qui invece, sulla base della metodologia europea, non è considerato.
Tabella
1.7
Effetto
sul PIL delle misure programmatiche 2014
(variazioni percentuali)
Descrizione della misura |
Effetti cumulati sul PIL rispetto allo scenario di
base |
||||
|
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
Aumento delle detrazioni IRPEF
sui redditi da lavoro dipendente |
0,1 |
0,3 |
0,4 |
0,6 |
0,6 |
Riduzione dell’Irap |
0,0 |
0,1 |
0,1 |
0,1 |
0,1 |
Revisione della tassazione sulle
rendite finanziarie |
0,0 |
0,0 |
-0,1 |
-0,1 |
-0,1 |
Spending review |
-0,1 |
-0,2 |
-0,3 |
-0,2 |
-0,1 |
Liberalizzazioni
e semplificazioni |
0,1 |
0,3 |
0,4 |
0,6 |
0,9 |
Riforma del
mercato del lavoro |
0,2 |
0,3 |
0,4 |
0,5 |
0,8 |
TOTALE |
0,3 |
0,6 |
1,0 |
1,5 |
2,2 |
Fonte: DEF 2014, Sezione I – Programma di Stabilità, Tavola III.8.
Elaborazione MEF-RGS sui dati degli Allegati 3, delle relazioni Tecniche e delle informazioni fornite dai Ministeri competenti.
Come espressamente sottolineato nel Documento, le riforme strutturali annunciate ed in parte avviate contribuiranno a ridurre lo scostamento tra il prodotto interno lordo e il suo valore potenziale[9] che, continua ad essere superiore rispetto alla soglia considerata rilevante secondo a metodologia europea in condizioni congiunturali normali, configurando la presenza di “eventi eccezionali”. In particolare, il DEF evidenzia che per effetto delle riforme annunciate dal Governo, il tasso di crescita del PIL potenziale aumenta già nel 2014 passando da un tasso prossimo a zero a un valore dello 0,2 per cento. Negli anni a seguire, e fino al 2017 la crescita del prodotto potenziale è più rapida che nello scenario di riferimento.
In merito all’esigenza di introdurre politiche strutturali finalizzate a migliorare il funzionamento dell'economia nel lungo periodo si rileva quanto indicato dall’OCSE nell’Interim Assessment di marzo 2014, secondo il quale esse non sono un sostituto per politiche macroeconomiche appropriate di stimolo alla domanda, anche se ne possono essere un utile complemento. Le riforme strutturali finalizzate ad aumentare il prodotto potenziale sono dunque un complemento sempre più importante per politiche macroeconomiche di sostegno alla domanda.
Analisi
delle componenti del quadro macroeconomico italiano
La tabella che segue riporta le previsioni per gli anni 2014-2018 dei principali indicatori del quadro macroeconomico complessivo esposto nel DEF 2014, posti a raffronto con i dati di consuntivo degli ultimi due anni.
Tabella
1.8
Il quadro
macroeconomico
(variazioni percentuali)
|
Consuntivi |
Previsioni |
|||||
|
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
PIL |
-2,4 |
-1,9 |
0,8 |
1,3 |
1,6 |
1,8 |
1,9 |
Importazioni |
-7,7 |
-2,8 |
2,8 |
4,4 |
4,1 |
4,2 |
4,2 |
Consumi finali nazionali |
-3,9 |
-2,2 |
0,3 |
0,8 |
0,9 |
1,2 |
1,3 |
- spesa delle famiglie |
-4,3 |
-2,6 |
0,2 |
0,9 |
1,2 |
1,6 |
1,7 |
- spesa delle P.A. e I.S.P. |
-2,9 |
-0,8 |
0,2 |
0,3 |
0,1 |
0,0 |
0,2 |
Investimenti fissi lordi |
-8,0 |
-4,7 |
2,0 |
3,0 |
3,6 |
3,8 |
3,8 |
- macchinari, attrezzature e vari* |
-9,9 |
-2,4 |
4,2 |
4,3 |
4,7 |
4,9 |
4,9 |
- costruzioni |
-6,2 |
-6,7 |
-0,5 |
1,7 |
2,4 |
2,6 |
2,4 |
Esportazioni |
2,3 |
0,1 |
4,0 |
4,4 |
4,2 |
4,1 |
4,1 |
|
|||||||
Occupazione (ULA) |
-1,1 |
-1,9 |
-0,2 |
0,7 |
0,8 |
1,0 |
1,0 |
Tasso di disoccupazione |
10,7 |
12,2 |
12,8 |
12,5 |
12,2 |
11,6 |
11,0 |
|
|||||||
Deflatore PIL |
1,6 |
1,4 |
1,0 |
1,2 |
1,5 |
1,5 |
1,5 |
Inflazione programmata |
1,5 |
1,5 |
1,5 |
1,5 |
- |
- |
- |
* Tale voce ricomprende gli investimenti in macchinari e attrezzature, in trasporti e in beni immateriali.
Fonte: DEF 2014, Sezione II: Analisi e tendenze di Finanza pubblica, Tab. I.1-1.
Come si evince dalla tabella, tutti i principali indicatori macroeconomici
manifestano nell’anno 2014 un valore positivo rispetto al 2013, salvo l’andamento negativo indicato per
gli investimenti nel settore delle costruzioni
(-0,5 per cento).
Tutte le principali componenti della domanda interna dovrebbero iniziare a manifestare un contributo positivo alla crescita del PIL, già a partire dall’anno in corso.
In
particolare, l’andamento dei consumi
privati torna positivo nel 2014 (+0,3 per cento), evidenziando una
progressiva crescita negli anni successivi. In tale ambito, i consumi delle famiglie manifestano un
recupero di quasi 3 punti percentuali nel 2014, anno in cui tornano a crescere
dello 0,2 per cento, ed una crescita via via sempre più sostenuta, fino all’1,7
per cento di fine periodo.
Anche
gli investimenti fissi lordi sono
previsti in sensibile aumento, dopo gli andamenti fortemente negativi degli
ultimi anni (-8,0 per cento nel 2012 e -4,7 per cento nel 2013), evidenziando
nell’anno in corso una crescita del 2,0 percento rispetto al 2013, che prosegue
a ritmi sostenuti anche nel periodo successivo. In particolare nel DEF si
evidenzia l’andamento particolarmente positivo degli investimenti in macchinari, sostenuto dalle favorevoli prospettive
della domanda e dalla maggiore immissione di liquidità nel sistema economico
proveniente dal pagamento dei debiti commerciali della PA.. già programmati.
Mantiene una dinamica ancora negativa nel 2014 il settore delle costruzioni, per il quale si prevede ancora un calo dello 0,5 per cento. Anche tale settore, tuttavia, è previsto in ripresa a partire dal 2015, e destinato a stabilizzarsi su valori positivi pari in media al 2,5 per cento nel triennio 2016-2018.
Per quanto concerne le esportazioni – che hanno costituito l’unico apporto positivo alla crescita del PIL negli ultimi due anni – continuerebbero a manifestare un andamento positivo anche nell’anno in corso, raggiungerebbero una crescita del 4 per cento nel 2014 e mantenendosi al di sopra di tale livello per tutto il periodo successivo.
Anche
le importazioni, secondo le previsioni del DEF, torneranno ad
evidenziare un andamento positivo per tutto il periodo, trainate dalla ripresa
della domanda interna.
Con riferimento alla bilancia dei pagamenti, il saldo corrente è stimato migliorare nel
2014, mantenendosi in surplus
(intorno a +1,4 per cento) per l’intero arco di previsione, grazie al
contributo dell’avanzo commerciale.
Il
grafico seguente indica l’andamento delle principali variabili del quadro
macroeconomico a partire dal 2008 sino alla fine del periodo di previsione
indicato del DEF 2014.
Grafico
1.1
Conto
economico delle risorse e degli impieghi
(variazioni % a prezzi costanti)
2013-2015
obiettivi Governo
Quanto all’andamento dei prezzi, il deflatore del PIL è stimato in riduzione nell’anno in corso, pari all’1,0 per cento (rispetto all’1,4 del 2013).
L’aumento dei prezzi al consumo, secondo le previsioni del DEF, resterebbe modesto per tutto il periodo.
L’indice armonizzato dei prezzi al consumo
(IPCA), valutato al netto dei prodotti energetici, è stimato attestarsi al 1,4
per cento nel
Mercato del lavoro
Per quanto concerne il mercato del lavoro, il DEF stima per l’anno 2014 una ulteriore contrazione dell’occupazione, in termini di ULA, dello 0,2 per cento, rispetto all’anno 2013 anno in cui l’occupazione si è ridotta dell’1,9 per cento.
La stima per il 2014 fornita nel DEF è dunque più pessimistica di quella prospettata nel Documento programmatico di bilancio presentato ad Ottobre scorso, in cui si rappresentava per l’anno in corso una variazione nulla.
Una ripresa dell’occupazione è attesa realizzarsi, secondo le nuove previsioni, soltanto a partire dal 2015, anno in cui l’occupazione segnerebbe una inversione di tendenza, con una evoluzione positiva (+0,7 per cento), fino a crescere dell’1,0 per cento nel 2016 ed anche nel 2017.
Il
grafico seguente mostra l’andamento dell’occupazione in Italia a partire dal
2008, con le previsioni 2014-2018 contenute nel DEF.
Grafico
1.2
Andamento
dell’occupazione
(variazioni %)
Il tasso di disoccupazione crescerebbe più di quanto registrato nel 2013 (12,2 per cento) attestandosi all’12,8 per cento nel 2014 – rispetto al 12,4 percento prospettato dal Governo a settembre nella Nota di aggiornamento al DEF 2013 - per poi progressivamente cominciare a scendere in modo più deciso solo nella parte finale dell’orizzonte di previsione, quando esso si dovrebbe portare all’11 per cento.
Per ciò che concerne l’andamento del mercato del lavoro nei primi mesi del 2014, l’ISTAT, nel Comunicato del 1 aprile u.s., indica che nel mese di Febbraio il tasso di disoccupazione si è attestato al 13 percento, sostanzialmente stabile in termini congiunturali, ma in aumenti di 1,1 punti percentuali nei dodici mesi.
In particolare, il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, cioè la quota di giovani disoccupati sul totale di quelli attivi (occupati o disoccupati) è pari al 42,3 percento, in calo di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente, ma in aumento di 3,6 punti nei dodici mesi. Dal calcolo sono pertanto esclusi i giovani inattivi, cioè quelli che non sono occupati e non cercano lavoro, perché ad esempio impegnati negli studi.
Infine, si rileva
che situazione occupazionale italiana è vista in termini lievemente meno
pessimistici rispetto a quelli delineati dal Governo, dalla Commissione europea nel Winter Forecast, che stima per l’Italia
una crescita del tasso di disoccupazione intorno al 12,6 per cento nel 2014 e
al 12,4 per cento nel 2015.
Il
grafico che segue mostra l’andamento del tasso di disoccupazione a partire dal
2004 per i principali paesi della UE e per gli Stati Uniti, tratte dal recente
rapporto del Fondo monetario internazionale (Word Economic Outlook, aprile
2014).
Grafico
1.3
Andamento
del tasso di disoccupazione
(variazione percentuale)
Fonte: Per i consuntivi 2008-2013 dei paesi della UE, dati
della Commissione Europea, per USA, dati FMI. Per le previsioni 2014-2015, FMI,
Word Economic Outlook (aprile 2014)
Con riferimento al costo
del lavoro per unità di prodotto (CLUP),
misurato in termini di rapporto sul PIL, la crescita della
produttività, unitamente alla prosecuzione della moderazione salariale sono considerati
nel DEF elementi volti a favorirne un rallentamento. Tale indicatore, cresciuto
dell’1,4 per cento nel 2013, avrebbe nel 2014 una crescita pressoché nulla,
pari allo 0,1 per cento.
Si osservi che le riforme programmate, secondo le stime del Governo, come illustrate nel paragrafo precedente, avrebbero effetto anche sull’occupazione soprattutto a decorrere dall’anno 2015: l’effetto cumulato di esse sarebbe un incremento dello 0,2 per cento nel 2014, dello 0,4 nel 2015 per poi giungere al termine dell’orizzonte previsionale, nel 2018, ad un incremento dell’1,2 per cento (cfr. Tavola II.8 della Sez. I - Programma di stabilità del DEF).
Inoltre, il Governo prospetta, dalle riforme programmate, effetti positivi sull’offerta di lavoro: l’introduzione delle detrazioni IRPEF sul lavoro dipendente per le fasce più basse di reddito, oltre a rappresentare una riduzione del cuneo fiscale, afferma il Governo, produrrebbe effetti indiretti sul tasso di partecipazione atteso aumentare in termini cumulati di 0,6 punti percentuali nel triennio 2015-2018 (effetti stimati sulla base del modello di micro simulazione del mercato del lavoro del dipartimento del Tesoro del MEF ItaxSIM).
Nel rapporto del Fondo Monetario Internazionale (Word economic outlook – aprile 2014), le previsioni per l’economia dell’Area dell’euro risultano riviste lievemente al rialzo.
In tale ambito, con riferimento all’Area dell’euro, le revisioni rispetto alle precedenti stime hanno riguardato la Germania, stimata crescere intorno all’1,7 percento nel 2014 (rispetto al 1,6 stimato a gennaio), e la Francia, per la quale si prevede una crescita dell’1,0 percento nel 2014 (rispetto al precedente 0,9).
Le previsioni dell’FMI per l’Italia sono invece rimaste invariate rispetto al precedente Rapporto, stimandosi per il 2014 una crescita per il nostro Paese dello 0,6 per cento, in simmetria con quanto prospettato dalla stessa Commissione Europea nel Winter Forecast di febbraio 2014.
Il ritmo sarebbe dunque più modesto di quanto indicato dal Governo nel DEF, pari allo +0,8 per cento.
Nel complesso, nell’Area euro l’FMI prevede una crescita del prodotto nel 2014 pari allo 1,2 per cento, e anche tale stima corrisponde a quella elaborata dalla Commissione europea.
Tabella
1.9
Prodotto
interno lordo – Confronti internazionali
(variazioni %)
|
DEF 2014 |
Commissione Europea |
FMI |
|||
|
2014 |
2015 |
2014 |
2015 |
2014 |
2015 |
Economie
avanzate |
||||||
Italia |
0,8 |
1,3 |
0,6 |
1,2 |
0,6 |
1,1 |
Francia |
|
|
1,0 |
1,7 |
1,0 |
1,5 |
Germania |
|
|
1,8 |
2,0 |
1,7 |
1,6 |
Spagna |
|
|
1,0 |
1,7 |
0,9 |
1,0 |
area
euro |
|
|
1,2 |
1,8 |
1,2 |
1,5 |
Regno Unito |
|
|
2,5 |
2,4 |
2,9 |
2,5 |
Usa |
|
|
2,9 |
3,2 |
2,8 |
3,0 |
Giappone |
|
|
1,6 |
1,3 |
1,4 |
1,0 |
Economie
emergenti |
||||||
cina |
|
|
|
|
7,5 |
7,3 |
india |
|
|
|
|
5,4 |
6,4 |
brasile |
|
|
|
|
1,8 |
2,7 |
russia |
|
|
|
|
1,3 |
2,3 |
Il settore manifatturiero
Il DEF riporta un approfondimento sulla manifattura italiana: fatturato competitività e strategie anticrisi.
Riprendendo
i dati diffusi dall’ISTAT nel recente Rapporto sulla Competitività dei settori
produttivi diffuso il 26 febbraio 2014, il DEF evidenzia, in un apposito focus come la crisi economica del
periodo 2010-2013 abbia riverberato i suoi effetti in modo differenziato nei
diversi settori della manifattura italiana.
Tra
gennaio-ottobre del 2010 e lo stesso periodo del 2013, il 51 per cento delle
imprese industriali ha aumentato il fatturato totale: il 39 per cento del
totale delle unità ha incrementato le vendite sul mercato interno ed il 61
percento quelle sul mercato esterno. Vi sono comunque, rileva l’ISTAT, marcate
eterogeneità settoriali, le quali sono rilevabili anche dall’analisi della
variazione mediana del loro fatturato totale, che è risultata positiva e
superiore alla dinamica della manifattura nel suo complesso in dieci comparti,
mentre in tredici essa ha registrato un calo.
Tra
i top performer emergono taluni
settori che caratterizzano il modello specializzato italiano: gli articoli in
pelle il cui incremento di fatturato è risultato nel periodo considerato il più
elevato (21,8 percento); nonché l’industria delle bevande (11 percento);
l’industria alimentare (9,4 percento9; i macchinari e le attrezzatura(7,6
percento).
Tra i
bottom performer il settore dei
mobili (-14,6 percento), l’abbigliamento (13,5 percento) e le industrie del
legno (-12,5 percento). Il dettaglio settoriale evidenzia inoltre che
l’andamento della domanda internazionale ha rappresentato un elemento decisivo
per sostenere l’attività produttiva nel triennio 2010-
Comunque,
si osservi che in alcuni settori, il marcato crollo della domanda interna non è
stato compensato dall’incremento (in certi casi percentualmente elevato) del
fatturato estero (si pensi alle apparecchiature elettriche (+5,1 percento di
fatturato estero contro il -16,3 percento del fatturato interno).
L’ISTAT
rileva comunque che per la maggior parte delle imprese esportatrici, il mercato
domestico continua a rappresentare la principale destinazione delle proprie
produzioni: il 60 per cento delle imprese manifatturiere esportava non più del
35 percento del proprio fatturato nel 2010 e non oltre il 41,5 percento nel
Anche
tra i bottom performer vi è comunque
propensione all’estero, come ad esempio per il settore dei mobili che ha
risentito della crisi nonostante quasi la metà delle imprese ha presentato nel
2013 una quota di fatturato estero superiore al 50 percento. A sua volta, il
settore dell’abbigliamento ha presentato un grado di apertura pari a quello
medio manifatturiero.
L’ISTAT
ha elaborato un indicatore sintetico di competitività, sulla base del quale ha
identificato un gruppo di settori più performanti – quali la farmaceutica, le
bevande, la chimica e la meccanica, che nel 2011 hanno spiegato circa un quarto
del valore aggiunto manifatturiero (24,8 percento). Nella parte più bassa della
graduatoria, si trovano settori significativi della manifattura italiana, quali
la fabbricazione dei prodotti in metallo e l’alimentare (con il 20 percento del
valore aggiunto totale).
Sulla
base dell’indicatore sintetico di competitività, con riferimento ai primi tre
trimestri del 2013, l’ISTAT conferma la situazione competitiva iniziale
superiore alla media per il solo settore farmaceutico. Il tessile e i
macchinari appaiano invece sostanzialmente in linea con la competitività media
del settore. La metallurgia evidenzia difficoltà, mentre taluni settori
registrano un miglioramento in termini di competitività in corso d’anno, quali
autoveicoli e mezzi di trasporti.
L’Istat
ha suddiviso le imprese in quattro classi: vincenti, crescenti all’esterno,
crescenti all’interno e in ripiegamento, dando indicazione delle strategie ed
elle performance adottate da ciascuno
di tali gruppi
2.1 Gli andamenti tendenziali di finanza pubblica
Il Documento di Economia e Finanza (DEF) riporta l'analisi del conto economico delle amministrazioni pubbliche (PA) a legislazione vigente, integrato con le informazioni relative alla chiusura dell'esercizio 2013 (tabella 2.1). I conti a legislazione vigente, presentati nella sezione II del DEF, vengono rappresentati nella versione conforme alle regole di Contabilità Nazionale, differenziandosi rispetto ai quelli contenuti nella sezione I, che sono redatti ai sensi del Regolamento CE 1500/2000.
L’indebitamento
netto delle Pubbliche amministrazioni
I dati di consuntivo Istat attestano un indebitamento netto della PA per il 2013 pari a 47.321 milioni, pari al 3 per cento del PIL.
La conferma delle stime del saldo di bilancio contenute nella Nota di aggiornamento del DEF 2013 presentata nel settembre 2013 e nella successiva Nota tecnico illustrativa della Legge di Stabilità 2014 (NTI) si determina a fronte di un avanzo primario inferiore alle attese (-2,1 miliardi), in parte compensato da una minore spesa per interessi (-1,9 miliardi).
L’avanzo primario, dopo aver raggiunto il 2,5 per cento del PIL nel 2012 (39,1 miliardi) è sceso al 2,2 per cento nel 2013 (34,7 miliardi). Lo scostamento rispetto al valore indicato nei precedenti documenti (2,4 per cento del PIL nella NTI) è dovuto alla dinamica più contenuta delle entrate (circa 0,5 punti percentuali di PIL in meno rispetto a quanto previsto), compensata solo parzialmente dal minore rapporto della spesa primaria sul PIL (circa 0,3 punti percentuali)
La spesa per interessi si è attestata al 5,3 per cento del prodotto (82 miliardi), in riduzione di oltre 1 decimo di punto rispetto alle precedenti stime (5,4 per cento nella NTI) e di oltre due decimi di punto rispetto al livello del 2012 (5,5 per cento del PIL, pari a 86,5 miliardi).
Le
entrate
Le entrate complessive delle Amministrazioni Pubbliche realizzate nel 2013, valutate in rapporto al PIL, sono risultate superiori a quelle del 2012 di 0,1 punti percentuali.
Analizzando, tuttavia, l’andamento delle sole entrate tributarie si riscontra una riduzione di 0,2 punti, determinata da alcune misure adottate, tra le quali il Documento in esame segnala la soppressione dell’IMU sulle abitazioni principali e su altre tipologie di immobili.
La pressione fiscale, a fronte di una sostanziale invarianza dell’incidenza delle entrate contributive, si è ridotta di 0,2 punti di PIL attestandosi al 43,8 per cento.
Rispetto alle stime contenute nella Nota di aggiornamento al DEF 2013 (settembre 2014) nella successiva Nota tecnico-illustrativa della legge di stabilità 2014 (NTI), a fronte di una riduzione complessiva delle entrate tributarie della PA di 3,89 miliardi, il gettito tributario degli Enti territoriali ha subito un decremento di circa 5 miliardi di euro.
Le stime indicate nella Nota di aggiornamento al DEF 2013 includono la riduzione del gettito IMU dell’abitazione principale ed altri immobili indicati dalla normativa (decreto legge n. 102/2013) limitatamente alla prima rata 2013 che era scaduta nel mese di giugno[10].
Il decreto legge n. 133 del 2013 è intervenuto sul pagamento della seconda rata IMU 2013 (scadenza dicembre 2013, poi prorogata a gennaio 2014) disponendo, per specifiche tipologie di immobili, l’obbligo di versare il 40% della differenza, se positiva, tra l’aliquota effettiva deliberata da ciascun comune e l’aliquota standard stabilita a livello nazionale (c.d. mini IMU, introdotta in luogo della soppressione totale dell’imposta). A fronte di tale disposizione, la relazione tecnica allegata al richiamato provvedimento ha attribuito effetti di minor gettito stimati in circa 2,16 miliardi di euro.
In merito al gettito tributario in favore degli Enti locali, inoltre, si ricordano anche gli interventi in materia di maggiorazione TARES (stimata in circa 1 miliardo per l’anno 2013) ai sensi dei quali il gettito tributario è stato riconosciuto in favore dello Stato; contestualmente è stato riconosciuta ai Comuni un’attribuzione di risorse da parte dell’Erario di pari importo.
In proposito, è opportuno acquisire
chiarimenti in merito alla riduzione delle entrate tributarie degli enti locali
indicata in misura pari a circa 5 miliardi di euro rispetto alla stima
contenuta nella Nota di aggiornamento al DEF 2013. Ciò in considerazione del
fatto che qualora, come è presumibile ritenere, la soppressione della prima
rata IMU fosse stata considerata nelle stime indicate nella predetta Nota, gli
ulteriori interventi in materia di IMU per l’anno 2013 dovrebbero riguardare
esclusivamente la seconda rata d’imposta valutata dalla relazione tecnica in
circa 2,2 miliardi.
Il Documento in esame afferma che, rispetto alle previsioni della NTI 2014, il comparto degli enti territoriali registra un gettito inferiore di 5.006 milioni di euro. In particolare, si sono registrate minori entrate IMU per 1.168 mln (abolizione della seconda rata, per la quota di spettanza dei comuni) nonché una riduzione dell’IRAP di 1.276 mln e delle tasse auto per 488 milioni di euro.
Appare opportuno acquisire chiarimenti anche
in merito alla riduzione delle entrate tributarie degli enti locali rispetto
alla NTI 2014, tenuto conto che il minor gettito individuato nel DEF risulta
pari a circa 2,9 miliardi rispetto ai 5 miliardi complessivi.
L’analisi per tipologia di imposta evidenzia, rispetto alle stime dei precedenti documenti programmatici (Nota di aggiornamento e NTI) una rilevante riduzione delle imposte indirette (-9,4 miliardi) imputabile in via prevalente ad una dinamica dei consumi meno favorevole di quella stimata. Contestualmente si registra un incremento delle imposte dirette (+4,6 miliardi) imputabile in via prevalente agli interventi in materia di IRES, sia in termini di liquidazione dell’imposta sia in termini di misura dell’acconto da versare.
Le
spese
Le
spese finali nel 2013 mostrano una riduzione rispetto al precedente
esercizio (-0,2 per cento), passando da 800.873 milioni del
In
presenza di una contrazione anche in termini nominali del prodotto, le spese
totali aumentano lievemente la loro incidenza sul PIL, passando dal 51,1 per
cento del 2012 al 51,2 del 2013. La variazione complessiva è determinata
dall’aumento per 0,7 punti di PIL della spesa corrente primaria (da
Alla dinamica mostrata dalla spesa primaria corrente contribuisce una variazione positiva sia delle prestazioni in denaro (+2,7 per cento rispetto al 2012), che scontano un aumento significativo della spesa per ammortizzatori sociali (+15,9 per cento) e per le indennità di disoccupazione (+ 19,8 per cento) conseguenti al protrarsi della recessione, che delle altre spese correnti (+5,6 per cento). Si riducono, invece, i redditi da lavoro dipendente (-0,7 per cento) per effetto delle misure limitative delle assunzioni nelle Amministrazioni pubbliche e della conferma del blocco dei rinnovi contrattuali, e i consumi intermedi (-1,4 per cento), su cui pesano le misure correttive adottate negli ultimi anni. Tali andamenti si riflettono sulla spesa sanitaria che, per il terzo esercizio consecutivo, si riduce in valore assoluto (-0,3 per cento).
Evidenzia una significativa variazione negativa la spesa in conto capitale (-12,8 per cento). Parte della riduzione è correlata al calo dei contributi in conto capitale, diminuiti per la minore richiesta di agevolazioni per crediti di imposta da parte delle imprese, oltre che per il venir meno del contributo per la ricostruzione dell’Abruzzo (oltre 1 miliardo). Gli investimenti fissi lordi si sono ridotti del 9,5 per cento, nonostante il dato relativo al 2013 comprenda i pagamenti in conto capitale dei debiti pregressi della P.A. autorizzati per lo scorso esercizio.
Rispetto alla Nota tecnico illustrativa della legge di stabilità, la spesa finale risulta inferiore di oltre 7 miliardi, per effetto di minori interessi passivi per 1,9 miliardi e di minori spese in conto capitale per 7,5 miliardi principalmente, riconducibili principalmente ai minori contributi, a fronte di spese correnti al netto degli interessi più elevate di 2,4 miliardi.
All’interno di tale aggregato, si riducono in misura significativa, rispetto alle precedenti stime, la spesa sanitaria (-1,8 miliardi) e quella per pensioni ed altre prestazioni (-1 miliardo), a fronte di un aumento delle altre componenti.
2.1.2 Le previsioni tendenziali per il periodo 2014-2018
Rispetto alle stime relative al triennio 2014-2016 contenuto nella Nota tecnico illustrativa della legge di stabilità 2014 (quadro programmatico) e a quelle relative all’esercizio 2017 della Nota di aggiornamento, il DEF presenta le nuove previsioni sulla base delle informazioni di consuntivo 2013, della revisione del quadro macroeconomico e dell'impatto dei provvedimenti adottati entro il mese di marzo, con particolare riferimento al pagamento dei debiti della P.A. Viene, inoltre, presentata per la prima volta la stima relativa all’esercizio 2018.
L’indebitamento
netto della PA
Il conto economico esposto dal DEF evidenzia un indebitamento netto pari a -2,6 per cento del PIL nel 2013, superiore di 0,1 punti rispetto alle previsioni (-2,5 per cento) della NTI (v. tabella 2.1).
Tale variazione è ascrivibile ai seguenti fattori:
· -0,3 punti a minori entrate fiscali;
· +0,2 punti a entrate non fiscali
· -0,3 punti a minori spese primarie
· -0,2 punti a minori spese per interessi, in relazione ad un andamento dei tassi più favorevole rispetto a quello previsto in precedenza.
L’aggiornamento delle stime per l’esercizio in corso comporta una revisione anche nel successivo biennio:
· -2 per cento nel 2015 rispetto a -1,6 per cento della NTI
· -1,5 per cento nel 2016 rispetto a -0,8 per cento della NTI.
Per il 2017, le stime contenute nel Documento evidenziano un indebitamento netto pari a -0,9 per cento rispetto al valore obiettivo di -0,1 per cento indicato nella Nota di aggiornamento. Per il 2018, il saldo tendenziale è previsto pari a -0,3 per cento.
Le
entrate
Il Documento in esame chiarisce che le previsioni sono costruite considerando gli effetti finanziari associati anche ai provvedimenti legislativi approvati a tutto marzo 2014 con particolare riferimento al tema dei pagamenti dei debiti pregressi delle pubbliche amministrazioni.
Nel 2014 le entrate totali presentano un incremento rispetto al PIL di 0,1 punti percentuali rispetto all’esercizio precedente, per effetto principalmente delle misure previste dal DL n. 133/2013 e n. 4/2014 e della legge di stabilità 2014.
Le principali misure in materia tributaria contenute nel decreto legge n. 133/2013 sono:
- abolizione della seconda rata IMU (fatto salvo il pagamento della c.d. mini-IMU) per le abitazioni principali e gli altri immobili appositamente individuati. La relazione tecnica stima una perdita di gettito di circa 2,2 miliardi nel 2013;
- aumento dell’acconto IRES/IRAP 2013 per banche, assicurazioni e altre società che operano nel settore finanziario. La relazione tecnica considera un anticipo delle imposte al 2013 rispetto al 2014 valutato in circa 15 mld;
- introduzione di una addizionale IRES 2013 per i soggetti che operano nel settore finanziario (come banche e assicurazioni). La relazione tecnica stima una maggiore entrata nel 2014 pari a 1,5 mld;
- introduzione, a regime, di un acconto dell’imposta sostitutiva sul risparmio amministrato. La relazione tecnica stima effetti positivi per l’anno 2013 pari a 670 milioni.
Il decreto legge n. 4 del 2014 prevede, tra l’altro, la soppressione della disposizione contenuta nella legge di stabilità 2014 che riduceva la misura della detrazione IRPEF per oneri dal 19% al 18% per il 2013 e al 17% dal 2014. Gli effetti finanziari (negativi nel dl 4/2014, al fine di annullare gli effetti positivi ascritti nella legge di stabilità) sono valutati in circa 490 mln nel 2014, 770 mln nel 2015 e 560 mln dal 2016.
Le entrate tributarie (che passano dal 30 per cento del PIL del 2013 al 29,9 per cento del 2018) considerano, oltre alle variazioni del quadro macroeconomico e agli effetti dei provvedimenti legislativi, anche l’effetto di trascinamento dei risultati 2013, che hanno fatto registrare una riduzione di 3.890 milioni rispetto alle stime della NTI 2014.
In particolare, le previsioni per il 2014 (+13.919 milioni rispetto al 2013) rappresentano un impatto differenziale netto sul 2014 delle misure fiscali adottate e del miglioramento del quadro macroeconomico; negli anni successivi, le misure introdotte dalla legge di stabilità 2014 e dagli altri provvedimenti fiscali e le prospettive di miglioramento della congiuntura economica continuano a produrre effetti positivi.
Per quanto riguarda la dinamica delle entrate territoriali, le previsioni riflettono l’effetto delle disposizioni della Legge di Stabilità per l’anno 2014 relative alla riforma della tassazione immobiliare ed il miglioramento del quadro congiunturale; il valore rispetto al PIL delle entrate tributarie delle amministrazioni locali passa dal 6,7 per cento del 2013 al 6,2 per cento del 2018 evidenziando un andamento costante decrescente.
Andrebbero forniti chiarimenti in merito
alla valutazione degli effetti sulle entrate tributarie recati dalle
prospettive di miglioramento del quadro macroeconomico. In particolare, sarebbe
utile individuare l’ammontare e la tempistica in base ai quali gli effetti di
maggior gettito, in relazione alla prevista congiuntura economica, si
manifestano.
In proposito, si fa presente che i dati relativi al gettito IVA (aggiornati al mese di febbraio 2014) evidenziano un lieve incremento di gettito che non sembrerebbe imputabile interamente ad una ripresa economica.
Infatti, sulla base dei dati contenuti nel Bollettino delle entrate tributarie pubblicato dal Dipartimento delle finanze, risulta che:
- la variazione del gettito mensile dell’IVA ha assunto un valore negativo (se confrontato con il gettito dello stesso mese dell’anno precedente) per tutto il periodo gennaio-agosto 2013;
- dal mese di settembre 2013 fino a tutto febbraio 2014 la variazione mensile è tornata positiva, con l’unica eccezione del mese di gennaio 2014 nel quale, tuttavia, sono effettuati versamenti a conguaglio relativi all’intero periodo d’imposta precedente.
Contestualmente, tra gli interventi normativi introdotti in materia, si ricorda che a decorrere dal 1° ottobre 2013 l’aliquota IVA ordinaria è stata elevata dal 21% al 22%. Inoltre, nel secondo semestre 2013, il gettito IVA dovrebbe aver risentito degli effetti positivi recati dalle disposizioni in materia di pagamento dei debiti pregressi della P.A.
In base a quanto sopra indicato non è possibile individuare in quale misura l’inversione di tendenza mensile (dal segno negativo al segno positivo) possa essere attribuita ad una ripresa dei consumi, seppure moderata, e quanto invece sia determinato dagli interventi normativi introdotti (incremento dell’aliquota IVA ordinaria e pagamento dei debiti pregressi).
In via prudenziale, tuttavia, è presumibile ritenere che i dati indicati, pubblicati ad aprile 2014 ed aggiornati per competenza al mese di febbraio 2014, evidenzino una ripresa economica graduale che potrebbe determinare effetti positivi progressivi nel tempo.
In merito alle entrate tributarie delle
Amministrazioni locali, si segnala che le stime indicate sono effettuate
considerando le aliquote standard stabilite dalla normativa nazionale dei
principali tributi (IMU, addizionali IRPEF, IRAP). Tuttavia, si evidenzia che
le disposizioni vigenti, oltre a stabilire l’aliquota di base di ciascun
tributo, consentono alle predette Amministrazioni la facoltà di variare (in
aumento o in diminuzione) le predette aliquote. I dati a livello nazionale
mostrano, in generale, una tendenza ad un incremento delle aliquote
effettivamente applicate cui corrisponderebbe un valore superiore di gettito
valutato rispetto al PIL.
Con riferimento all’imposta municipale sugli immobili (IMU) si segnala che il gettito dell’anno 2012 riferito alle manovre sulle aliquote dei comuni è indicato in circa 3,8 miliardi (a fronte di un gettito complessivo di circa 23,8 miliardi).
Per l’anno 2013, il gettito della c.d. mini-IMU (40% della differenza, se positiva, tra aliquota deliberata dagli enti locali ed aliquota standard riferita ai soli immobili individuati dalla normativa, quali le abitazioni principali ed assimilati) è stimato in misura pari a circa 400 milioni.
Si fa inoltre presente che le stime indicate
non sembrano includere gli effetti degli interventi – allo stato attuale
solamente annunciati – in materia di riduzione del cuneo fiscale. In
particolare, secondo quanto indicato nel PNR, l’incremento della detrazione
IRPEF per redditi di lavoro dipendente determinerebbe effetti di minor gettito
tributario stimabile, su base annua, in circa 10 miliardi (6 miliardi per il
2014, considerata l’introduzione in corso d’anno): tale intervento troverebbe
la copertura finanziaria nella riduzione della spesa pubblica. Non sembra
essere invece indicata la stima degli effetti finanziari recati dall’annunciata
riduzione del 10 per cento dell’IRAP, per la cui copertura finanziaria sono
previste modifiche al regime di tassazione delle rendite finanziarie.
In proposito, si evidenzia che il gettito IRAP relativo al 2013 risulta pari, secondo i dati contenuti nel Bollettino delle entrate tributarie pubblicato dal Dipartimento delle Finanze, a 34,7 miliardi, di cui 24,8 miliardi rappresentano la quota versata dai soggetti privati.
Le previsioni dei contributi sociali registrano una riduzione rispetto al PIL passando dal 13,8 per cento del 2013 al 13,4 per cento del 2018.
La pressione fiscale, pari al 43,8 per cento nel 2013, registra un lieve incremento negli anni 2014 e 2015 (44 per cento) per poi assumere un andamento decrescente raggiungendo il valore del 43,3 per cento nel 2018.
Il valore della pressione fiscale stimato include effetti finanziari di segno opposto attribuiti ad alcuni interventi normativi già approvati. In particolare, tra le misure che determinano una riduzione del gettito si segnalano:
- la soppressione dell’IMU sull’abitazione principale ed altre tipologie di immobili individuate;
- il minor gettito recato dalle norme (introdotte nel 2008, e poi prorogate) che hanno consentito la rivalutazione agevolata dei valori attivi di bilancio per le società che hanno effettuato operazioni straordinarie (quali, ad esempio, le fusioni bancarie). Tali misure hanno determinato, nei primi anni di applicazione, un incremento del gettito di imposta sostitutiva e determinano, negli anni successivi, una riduzione del gettito ordinario riferito ai periodi d’imposta nei quali le predette operazioni straordinarie producono effetti ai fini fiscali.
Tra le misure che recano, invece, incremento di gettito si segnala la previsione di riduzioni di agevolazioni fiscali vigenti (comma 430 della legge di stabilità 2014) da effettuare in modo da assicurare un maggior gettito tributario pari a 3 miliardi nel 2015, 7 miliardi nel 2016 e a 10 miliardi annui a decorrere dal 2017.
Sul punto è opportuno acquisire chiarimenti
tenuto conto che, a fronte di interventi specifici che determinano la riduzione
di gettito, non risultano allo stato individuate le misure che si intende
adottare per assicurare gli effetti positivi inclusi nelle stime indicate.
Le
spese
All’andamento dei saldi nel periodo 2014-2018 contribuisce una dinamica della spesa corrente al netto degli interessi (+1 per cento nell’anno in corso, +1,3 per cento nel 2015, +1,4 nel 2016 e +1,8 nella media nel successivo biennio), che consente una riduzione dell’incidenza sul prodotto di 2,4 punti percentuali: il peso sul PIL passa, infatti, dal 42,9 per cento del 2014 al 40,5 per cento nel 2018.
Per quanto riguarda i redditi da lavoro dipendente, continua il trend decrescente osservato negli anni precedenti, in conseguenza del blocco della contrattazione collettiva, dei trattamenti economici individuali e delle progressioni di carriera. Le misure limitative del turnover, che si protraggono su tutto l’orizzonte temporale, fanno sì che solo nel 2018 sarebbe possibile sostituire completamente con nuovi addetti il personale cessato dal servizio. Lo scenario tendenziale evidenzia, infatti, una riduzione in valore assoluto della spesa nel 2014 (-0,7 per cento), a fronte di una lieve variazione positiva (+0,1 per cento) nel 2015. Nel 2018, l’erogazione della nuova indennità di vacanza contrattuale relativa al triennio 2018-2020 comporta un aumento dello 0,3 per cento. L’aggregato riduce pertanto il suo peso sul prodotto, passando dal 10,3 per cento del 2014 (10,5 per cento nel 2013) al 9,1 per cento del 2018.
I consumi intermedi, dopo le accentuate riduzioni registrate negli esercizi 2012-2013, aumentano in misura contenuta nel 2014 (+0,2 per cento) e nel 2015 (+0,6), per poi aumentare più sensibilmente (+2,2 per cento in media annua) negli anni successivi, mantenendosi comunque al di sotto della dinamica del PIL nominale: si riduce, infatti, l’incidenza sul prodotto interno lordo, che passa dall’8,2 per cento dell’esercizio in corso (8,3 per cento nel 2013) al 7,8 per cento del 2018.
L’andamento della spesa sanitaria indicato nel quadro tendenziale riflette un valore di preconsuntivo 2013 inferiore alle precedenti stime (-1,8 miliardi rispetto alla NTI): i tendenziali sono pertanto rideterminati riduzione di circa 1,6 miliardi nel 2014, 1,2 miliardi nel 2015 e 900 milioni nel 2016. Il nuovo profilo della spesa, che sconta una crescita intorno al 2 per cento annuo in tutto il periodo di previsione, comporta una lieve riduzione dell’incidenza dell’aggregato sul PIL, che passa dal 7 per cento del 2014 al 6,8 per cento nel 2018.
Per quanto riguarda la spesa per prestazioni sociali, dopo una crescita del 2,7 per cento nel 2013 e nel 2014, l’aggregato si riduce nel biennio successivo (+ 2,1 per cento) per poi aumentare nuovamente nel 2017 (+2,6 per cento) e 2018 (+2,5 per cento). L’incidenza sul PIL si attesta a fine periodo sul 20,1 per cento, in riduzione rispetto al dato relativo al 2014 (20,7 per cento).
Le previsioni tendenziali mostrano un andamento complessivamente decrescente per la spesa in conto capitale: a fine periodo l’aggregato si attesta su un valore pari a 41,5 miliardi, inferiore di circa 4 miliardi rispetto al valore previsto per il 2014 e di oltre 7 miliardi rispetto a quello registrato nel 2012. L’andamento descritto viene confermato dalla dinamica della spesa in termini di PIL, che dal 2,9 per cento del 2014 scende al 2,3 per cento a fine periodo.
Rispetto alle precedenti previsioni contenute nella NTI, nel 2014 si registrano minori spese per circa 7,6 miliardi, di cui 3,5 miliardi relativi agli interessi passivi e 4 miliardi alla spesa primaria (-3,2 miliardi la spesa in conto capitale e -767 milioni quella di parte corrente). La revisione in riduzione delle stime per il biennio successivo (-7,1 miliardi nel 2015 e -5,8 miliardi nel 2016) è ascrivibile alla spesa per interessi (-6,7 e -6,5 miliardi nei due anni) a fronte di variazioni di segno diverso all’interno della spesa primaria.
Tabella 2.1
2.1.3 L'analisi degli andamenti tendenziali per sottosettori
Il documento riporta, come di consueto, la disaggregazione dei conti dei sottosettori della PA, con riferimento sia agli esercizi di consuntivo, sia alle previsioni tendenziali. Di seguito si analizza in particolare la componente relativa alle amministrazioni locali. Per tale settore i risultati conseguiti nel 2013 mostrano una seppur marginale flessione della dimensione del bilancio pubblico locale espresso in termini di incidenza sul PIL (l’incidenza sia delle spese che delle entrate sul PIL passa dal 15,1% nel 2012 al 15% nel 2013, con un saldo che resta in sostanziale pareggio[11]), a fronte di un incremento della dimensione del bilancio pubblico centrale e di quello previdenziale. In particolare, le componenti della spesa che registrano una flessione sono, per la parte corrente, quella relative ai redditi da lavoro dipendente e, per la parte in conto capitale, la spesa per gli investimenti fissi lordi. Sul lato dell’entrata risulta evidente la riduzione del gettito delle imposte indirette, dovuta in larga misura al venir meno del gettito IMU sulla prima casa. E’ inoltre marcata la riduzione dei trasferimenti dalle amministrazioni pubbliche, per via dei tagli derivanti dalle manovre di finanza pubblica, solo parzialmente compensati dall’incremento dei trasferimenti a compensazione del predetto minor gettito IMU sulla prima casa. L’incremento delle entrate non tributarie, sia di parte corrente che in conto capitale, appare sintomatico del tentativo delle amministrazioni locali di far fronte, con aumenti tariffari e valorizzazione dei cespiti patrimoniali, alla riduzione del gettito tributario e dei trasferimenti.
L’andamento riscontrato nei dati di consuntivo è previsto accentuarsi nelle previsioni tendenziali, con una progressiva flessione dell’incidenza del bilancio locale sul PIL per oltre un punto percentuale nell’arco del quinquennio (l’incidenza sia delle spese che delle entrate sul PIL passa dal 15% del 2013 al 13,5% del 2018, con un saldo che resta in sostanziale pareggio). Prosegue, sul lato della spesa, la flessione dei redditi da lavoro dipendente e degli investimenti, a cui si aggiunge anche una flessione della spesa per interessi passivi. Prosegue altresì, sul lato dell’entrata, la riduzione dei trasferimenti pubblici e del gettito tributario, inclusa la componente diretta, e non è prevista una crescita compensativa delle entrate non tributarie, che sono a loro volta previste ridursi.
Al riguardo si segnala che, in ragione del processo di consolidamento dei conti della PA, la spesa per interessi nel conto economico delle amministrazioni locali non registra l’incremento della spesa per interessi connesso alle anticipazioni erogate alle amministrazioni locali a valere sul Fondo per il pagamento dei debiti della PA.. Tale spesa, originariamente stimato nell’ordine di un miliardo annuo[12], è presumibilmente registrata nell’ambito dei trasferimenti verso altre amministrazioni pubbliche che mostrano, effettivamente, un aumento sensibile nel 2014 (0,1 punti di PIL) e più contenuto negli esercizi successivi.
In considerazione del descritto andamento tendenziale dei conti delle amministrazioni locali, andrebbe valutato se la riduzione della dimensione del bilancio locale in termini di incidenza sul PIL, ove non accompagnata da recuperi compensativi di efficienza, possa riflettersi in una parallela riduzione dei servizi locali.
Di seguito si riporta l’analisi grafica delle principali componenti della spesa primaria della PA e dei suoi sottosettori, espressa in valori assoluti:
Grafico 2.1
Spesa
consolidata della PA - Valori assoluti (milioni di euro)
Nota: le scale dei grafici sono tra loro diverse.
Gli andamenti raffigurati mostrano che l’evoluzione crescente in valore assoluto della spesa complessiva è pressoché integralmente spiegato dalla sua componente previdenziale, con un modesto contributo della spesa corrente delle amministrazioni locali. La spesa in conto capitale risulta pressoché costante nel suo complesso, con un contributo variabile tra amministrazioni locali e centrali.
Di seguito gli stessi importi sono rappresentati in termini di incidenza sul PIL.
Grafico 2.2
Spesa
consolidata della PA – Incidenza sul PIL (milioni di euro)
Nota: le scale dei grafici sono tra loro diverse.
I grafici evidenziano che l’unica componente della spesa primaria che mantiene invariata la propria incidenza sul PIL è quella previdenziale. Le restanti componenti di spesa tendenziale registrano una dinamica inferiore a quella del PIL.
Il Documento di economia e finanza per il 2014 presenta un quadro programmatico che si discosta da quello previsto per l’Italia dalle regole di bilancio europee e nazionali. La raccomandazione del Consiglio europeo del luglio 2013 invitava l’Italia a conseguire l’obiettivo di medio termine (OMT - corrispondente al pareggio di bilancio) nel 2014[13]. In alternativa, l’Italia dovrebbe conseguire nel 2014 un aggiustamento del saldo di bilancio strutturale pari ad almeno lo 0,5 per cento del PIL. Gli stessi obblighi derivano dalla legge 243 del 2012 di attuazione del principio costituzionale di bilancio in pareggio, la quale recepisce la normativa europea nella definizione sia dell’equilibrio di bilancio che del percorso di avvicinamento all’obiettivo stesso.
Il Governo, tuttavia, sostiene nel DEF l’inopportunità di procedere in questa fase congiunturale dell’economia italiana ad una correzione del saldo di bilancio che rischierebbe di rallentare la ripresa avviata nell'ultimo trimestre del 2013. Il Governo si appella, pertanto, alla possibilità offerta dalle regole di bilancio definite dal Patto di stabilità e crescita (articolo 5 del regolamento (CE) 1466 del 1997 come modificato dal regolamento (UE) 1175 del 2011) e dalla normativa nazionale (articoli 3 e 6 della legge n. 243 del 2012) di allontanarsi temporaneamente dall'OMT o dal percorso di avvicinamento ad esso in presenza di gravi recessioni economiche oppure in relazione all'attuazione di riforme strutturali[14].
Il Patto di stabilità e crescita definisce "grave recessione economica" un periodo di tasso di crescita negativo del PIL reale o di perdita di prodotto accumulata durante un periodo in cui il PIL reale è molto basso rispetto al PIL potenziale che si rifletta nell'output gap. Il Governo rileva che l'output gap del 2014 (-3,4 per cento del PIL potenziale) è previsto ben al di sotto del valore medio (-2,7 per cento del PIL potenziale) che dovrebbe prevalere, secondo quanto calcolato dalla Commissione europea[15], in presenza di una fase recessiva di un ciclo economico "normale".
Le variabili utilizzate per l’analisi della finanza pubblica corretta per il ciclo: alcuni elementi definitori
Il Patto di stabilità e crescita e l’insieme di regole che costituiscono la governance europea definiscono gli obiettivi di finanza pubblica in termini non solo in termini nominali, ma anche strutturali.
Per ottenere il saldo strutturale (indebitamento netto o saldo primario), occorre in primo luogo depurare il saldo nominale dalla sua componente ciclica: se negativa, tale componente migliora il saldo in termini strutturali; viceversa in caso di componente ciclica positiva.
La componente ciclica del saldo di bilancio è data dal prodotto tra l’output gap e la stima della sensibilità al ciclo del saldo di bilancio. Questo è un parametro, il cui valore, individuato sulla base degli andamenti registrati nell’arco di un decennio, viene periodicamente aggiornato in sede europea; esso è attualmente pari per l’Italia a 0,55, quale somma delle elasticità ponderate delle entrate e delle spese[16].
Il saldo corretto per il ciclo va poi depurato delle misure una tantum, sottraendo sia le entrate che le spese identificate come straordinarie: in caso di prevalenza delle prime sulle seconde il saldo strutturale risulterà peggiore del saldo corretto per il solo ciclo, viceversa in caso di prevalenza delle spese sulle entrate.
Va infine osservato come variazioni nelle stime del PIL (effettivo e potenziale) e dell’output gap determinano, a parità di parametro relativo alla sensibilità del bilancio al ciclo e di valore nominale dell’indebitamento netto o del saldo primario una variazione nel saldo strutturale. Ciò si verifica con riferimento non solo agli esercizi di previsione, ma anche per i valori di consuntivo.
PIL potenziale e output gap
Il PIL potenziale rappresenta il livello teorico massimo di produzione che un paese può raggiungere senza causare tensioni inflazionistiche. Esso esprime, pertanto, i fattori fondamentali dell’economia e la componente strutturale della crescita. La differenza tra il livello del PIL effettivo e quello del PIL potenziale, espressa in percentuale del PIL potenziale stesso, viene denominata output gap.
Il PIL potenziale non è direttamente osservabile, ma viene stimato secondo la metodologia approvata dall’Ecofin e utilizzata dagli Stati membri dell’UE per il calcolo degli indicatori strutturali di finanza pubblica riportati nei Programmi di stabilità[17]. Tale metodologia è basata sulla funzione di produzione e dipende quindi non solo dalle ipotesi del quadro macroeconomico, ma anche dei parametri utilizzati per la stima del tasso di disoccupazione strutturale (NAIRU) e della Total factor productivity (TFP)[18].
Per quanto riguarda il NAIRU, i parametri sono stati più volte rivisti dalla Commissione, alla luce degli effetti sul mercato del lavoro della prolungata recessione. Il NAIRU è stato pertanto rideterminato verso l’alto, determinando una riduzione nel tasso di crescita del PIL potenziale. Ciò comporta, a sua volta, un più contenuto valore dell’output gap e della componente ciclica, con effetti sul calcolo dei saldi di bilancio in termini strutturali.
Occorre inoltre rilevare che, a parità di metodologia, riforme strutturali che incidessero sul costo del lavoro e/o sulla produttività di tale fattore avrebbero l’effetto di ridurre stabilmente il tasso di disoccupazione di equilibrio.
E’ da osservare infine che, poiché la metodologia utilizza sia i valori del PIL effettivamente registrati a consuntivo negli anni precedenti, sia il valore del PIL atteso nel periodo di previsione, ne derivano due conseguenze: i) difficilmente il calcolo del PIL potenziale è in grado di cogliere appieno i punti di inversione del ciclo e gli effetti di cambiamenti strutturali; ii) la variazione del valore atteso del PIL per il periodo di previsione o le modifiche riguardanti i dati di consuntivo (conseguenti anche a revisioni contabili) determinano una revisione del PIL potenziale, e quindi dell’output gap, anche negli anni in cui non si è verificata alcuna variazione nella crescita effettiva (o attesa). Tali revisioni influiscono, a loro volta, sul calcolo degli indicatori strutturali di finanza pubblica (cfr. infra).
Il Governo motiva, inoltre, il rallentamento nel percorso di avvicinamento all'OMT in base all'intenzione di approntare delle riforme strutturali in grado di aumentare il tasso di crescita del PIL potenziale.
Sulla base di tali considerazioni, il quadro
programmatico pospone il raggiungimento del pareggio di bilancio strutturale di
tre anni - dal 2013 al 2016 - rispetto all'obiettivo contenuto nel DEF 2013, e
di due anni - dal 2014 al 2016 - rispetto alla raccomandazione del Consiglio
europeo del luglio
Tabella
2.2
Obiettivi
programmatici della PA
(in percentuale del PIL)
Fonte: DEF 2014, Nota di aggiornamento del DEF 2013 e DEF 2013.
Il percorso di avvicinamento all’OMT riprenderà nel 2015, anno in cui il saldo strutturale è programmato al livello di -0,1 per cento del PIL, quindi in miglioramento di 0,5 punti percentuali rispetto all’anno precedente come richiesto dalle regole di bilancio europee e nazionali. Nel 2016 il saldo di bilancio strutturale è previsto raggiungere l’OMT, che si manterrà per il resto del periodo considerato.
Sulla base della stima aggiornata della
componente ciclica (rivista nel presente documento sulla base delle nuove
previsioni macroeconomiche), gli obiettivi di indebitamento netto nominale del
conto economico della pubblica amministrazione sono pari a -2,6 per cento nel
2014, -1,8 per cento nel 2015, -0,9 per cento nel 2016, -0,3 per cento nel 2017
e 0,3 per cento nel 2018 (cfr. la tabella 2.2 e il grafico 2.4). I valori
programmatici, pur rimanendo negativi, evidenziano una rapida discesa nell'arco
di programmazione, posizionandosi in modo deciso al di sotto della soglia
limite dell'ordinamento europeo, pari al 3 per cento di disavanzo sul PIL.
Rispetto alla Nota di aggiornamento, il peggioramento della posizione economica
del paese implica una correzione ciclica maggiore e quindi un disavanzo ciclico
consentito più ampio (grafico 2.5).
Grafico
2.3
Saldo
strutturale programmatico: confronto tra DEF 2014, Nota di aggiornamento 2013 e
DEF 2013
Fonti: DEF 2014, Nota di aggiornamento del DEF 2013 e DEF 2013
Grafico
2.4
Indebitamento
netto programmatico: confronto tra DEF 2014, Nota di aggiornamento 2013 e DEF
2013
Fonti: DEF 2014, Nota di aggiornamento del DEF 2013 e DEF 2013
Il grafico 2.5 mostra l’evoluzione dell'indebitamento netto programmatico in relazione agli obiettivi strutturali e all’andamento stimato dell’output gap, cioè della misura del divario tra andamento economico effettivo e potenziale. Esso evidenzia che - in presenza di pareggio strutturale - l'entità dell’output gap determina la misura del disavanzo nominale consentito, cioè la misura della stabilizzazione consentita per far fronte alla posizione ciclica negativa. Gli obiettivi nominali - dopo un picco nel 2013 corrispondente all'ampliamento dell'output gap - si riducono di entità, in conseguenza della progressiva chiusura attesa dell'output gap.
Grafico
2.5
Andamento
del saldo nominale e strutturale in relazione all'output gap
Nota:
il grafico presenta i valori del saldo nominale, strutturale e output gap
a segni invertiti
Fonte: elaborazione su DEF 2014
L’avanzo primario nominale viene mantenuto
su livelli significativi, crescenti in tutto il periodo di programmazione,
passando dal 2,2 per cento del PIL nel 2013 al 5 nel 2018. Gli interessi sono
nettamente decrescenti, passando da 5,3 nel
La tabella 2.3 espone le stime per gli anni 2013-2018 dei principali saldi programmatici di finanza pubblica in rapporto al PIL, come rappresentati nel DEF 2014, nella Nota di aggiornamento al DEF 2013 e nel DEF 2013.
Tabella
2.3
Indicatori
strutturali - Confronto documenti programmatici
|
|
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
Tasso di crescita del PIL a
prezzi costanti |
DEF-Progr.stabil 14 |
-2,4 |
-1,9 |
0,8 |
1,3 |
1,6 |
1,8 |
1,9 |
Nota agg DEF 2013 |
-2,4 |
-1,7 |
1,0 |
1,7 |
1,8 |
1,9 |
|
|
DEF-Progr.stabil 13 |
-2,4 |
-1,3 |
1,3 |
1,5 |
1,3 |
1,4 |
|
|
Nota agg DEF 2012 |
-2,4 |
-0,2 |
1,1 |
1,3 |
|
|
|
|
DEF-Progr.stabil 12 |
-1,2 |
0,5 |
1,0 |
1,23 |
|
|
|
|
Tasso di crescita del PIL
potenziale |
DEF-Progr.stabil 14 |
-0,7 |
-0,4 |
-0,1 |
0,3 |
0,4 |
0,7 |
0,8 |
Nota agg DEF 2013 |
-0,6 |
-0,3 |
0,1 |
0,3 |
0,4 |
0,6 |
|
|
DEF-Progr.stabil 13 |
-0,5 |
0,0 |
0,2 |
0,3 |
0,3 |
0,5 |
|
|
Nota agg DEF 2012 |
-0,6 |
-0,2 |
0,0 |
0,2 |
|
|
|
|
DEF-Progr.stabil 12 |
-0,3 |
0,0 |
0,2 |
0,4 |
|
|
|
|
Output gap |
DEF-Progr.stabil 14 |
-3,1 |
-4,5 |
-3,7 |
-2,7 |
-1,6 |
-0,5 |
0,6 |
Nota agg DEF 2013 |
-3,4 |
-4,8 |
-4,0 |
-2,7 |
-1,4 |
-0,2 |
|
|
DEF-Progr.stabil 13 |
-3,6 |
-4,8 |
-3,8 |
-2,6 |
-1,7 |
-0,8 |
|
|
Nota agg DEF 2012 |
-3,7 |
-3,8 |
-2,7 |
-1,7 |
|
|
|
|
DEF-Progr.stabil 12 |
-3,0 |
-2,6 |
-1,8 |
-1,0 |
|
|
|
|
Componente ciclica del saldo di
bilancio |
DEF-Progr.stabil 14 |
-1,7 |
-2,5 |
-2,0 |
-1,5 |
-0,9 |
-0,3 |
0,3 |
Nota a |