Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Altri Autori: Servizio Bilancio dello Stato
Titolo: Documento di economia e finanze 2017 - Doc. LVII, n. 5 rigo nero
Riferimenti:
DOC LVII, N. 5   DOC LVII, N. 5  
Serie: Documentazione di finanza pubblica    Numero: 17    Progressivo: 1
Data: 24/04/2017
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione

 


Documento di economia e finanza 2017

 

Doc. LVII, n. 5

 

aprile 2017

 

 

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Documentazione di finanza pubblica n. 17/1

 

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INDICE

Il Documento di economia e finanza.. 1

Parte I - Il quadro macroeconomico.. 5

1. La congiuntura internazionale e l’area dell’euro. 5

2. Lo scenario macroeconomico nazionale. 14

2.1. I risultati nel 2016. 14

2.2. Le prospettive dell’economia italiana per il 2017 e per il triennio successivo. 23

2.3. Il mercato del lavoro. 36

3. Il benessere equo e sostenibile (BES) 44

Parte II – La finanza pubblica.. 51

1. Gli andamenti tendenziali di finanza pubblica. 51

·    Tabelle dati DEF e confronti con Nota tecnico-illustrativa 2017. 52

1.1. Il consuntivo 2016. 57

L’indebitamento netto. 57

Le entrate. 58

Le spese. 61

1.2. Le previsioni tendenziali per il periodo 2017-2020. 63

L’indebitamento netto. 63

Le entrate. 65

·    Le clausole di salvaguardia. 68

Le spese. 69

·    La spesa per interessi 73

1.3. L’analisi degli andamenti tendenziali per sottosettori 76

2. Percorso programmatico di finanza pubblica. 79

2.1. Il quadro programmatico. 79

Box - il percorso di avvicinamento all'OMT: un'analisi dei precedenti 79

Box - La richiesta di correzione della Commissione e la risposta del Governo  81

2.2. Gli indicatori di finanza pubblica. 82

2.3. Gli aggiustamenti strutturali 90

Regole di flessibilità ed “eventi eccezionali”. 91

·    Richiesta di flessibilità per il 2016. 92

·    Richiesta di flessibilità per il 2017. 95

2.4. La regola della spesa. 100

2.5. I saldi per sottosettore. 104

2.6. L’evoluzione del rapporto debito/PIL. 105

2.7. La regola del debito e gli altri fattori rilevanti 111

Parte III – Analisi del Programma nazionale di riforma.. 116

1. Introduzione. 116

2. Il PNR nel quadro della governance europea. 118

Box - il Semestre europeo. 118

2.1. Le Raccomandazioni specifiche per Paese del luglio 2016. 119

2.2. La Relazione Paese e l'esame degli squilibri macroeconomici di febbraio 2017  123

3. Le politiche pubbliche nel programma nazionale di riforma. 125

3.1 Sistema fiscale. 125

3.2. Pubblica amministrazione e semplificazioni 131

3.3. Revisione della spesa. 145

3.4. Privatizzazioni 149

3.5. Sanità e politiche sociali 152

3.6. Scuola, università, ricerca. 162

3.7. Sistema giudiziario. 170

3.8. Comparto difesa e sicurezza. 183

3.9. Infrastrutture e trasporti 188

3.10. Competitività e concorrenza. 206

3.11. Politica di coesione. 218

3.12. Lavoro e previdenza. 228

3.13. Settore bancario. 234

3.14. Ambiente. 239

 


Il Documento di economia e finanza[1]

Il Documento di economia e finanza (DEF) costituisce il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio, che traccia, in una prospettiva di medio-lungo termine, gli impegni, sul piano del consolidamento delle finanze pubbliche, e gli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche, adottati dall’Italia per il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita europeo e per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo, occupazione, riduzione del rapporto debito-PIL e per gli altri obiettivi programmatici prefigurati dal Governo per l’anno in corso e per il triennio successivo.

Il DEF viene trasmesso alle Camere affinché si esprimano su tali obiettivi e sulle conseguenti strategie di politica economica contenute nel Documento. Dopo il passaggio parlamentare, il Programma di Stabilità e il Programma nazionale di riforma vanno inviati al Consiglio dell’Unione europea e alla Commissione europea entro il 30 aprile.

Secondo quanto dispone l’articolo 7 della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009) il Documento, che s’inquadra al centro del processo di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri dell’UE - il Semestre europeo deve essere infatti presentato al Parlamento, per le conseguenti deliberazioni parlamentari, entro il 10 aprile di ciascun anno, al fine di consentire alle Camere di esprimersi sugli obiettivi programmatici di politica economica in tempo utile per l’invio al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea, entro il successivo 30 aprile[2], del Programma di Stabilità e del Programma Nazionale di Riforma (PNR).

Il Semestre europeo fornisce un quadro, temporalmente scandito, per la gestione delle varie tappe della strategia di coordinamento delle politiche economiche tra i paesi dell’UE. In sintesi, esso si compone delle seguenti fasi (si confronti anche il Box all'interno del par. 2, parte III):

§  Novembre: presentazione da parte della Commissione dell’Analisi annuale della crescita, della Relazione sul meccanismo di allerta per la prevenzione degli squilibri macroeconomici. Il Consiglio europeo elabora le Linee guida di politica economica e di bilancio a livello UE e a livello di Stati membri, anticipando così in via di prassi la scadenza inizialmente fissata a gennaio.

§  Febbraio: la Commissione pubblica le Relazioni per Paese integrate, per i paesi selezionati nella relazione sul meccanismo di allerta che presentano squilibri macroeconomici, dall'esame approfondito.

§  Dalla metà alla fine di aprile: gli Stati membri sottopongono contestualmente i Piani nazionali di riforma (PNR, elaborati nell’ambito della nuova Strategia per la crescita e l’occupazione UE 2020) ed i Piani di stabilità e convergenza (PSC, elaborati nell’ambito del Patto di stabilità e crescita), tenendo conto delle linee guida dettate dal Consiglio europeo.

§  Maggio: sulla base dei PNR e dei PSC, la Commissione europea elabora le raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai singoli Stati membri.

§  Giugno: il Consiglio ECOFIN e, per la parte che gli compete, il Consiglio Occupazione e affari sociali, approvano le raccomandazioni della Commissione europea, anche sulla base degli orientamenti espressi dal Consiglio europeo di giugno.

§  Seconda metà dell’anno: gli Stati membri approvano le rispettive leggi di bilancio, tenendo conto delle raccomandazioni ricevute. In base alla disciplina del regolamento (UE) n. 473/2013 (uno dei due atti che compongono il c.d. Two-pack), la Commissione europea opera, di norma entro il mese di novembre, una valutazione del documento programmatico di bilancio di ciascuno Stato membro.

 

Ad iniziare dall’Analisi annuale sulla crescita e dalla Relazione sul meccanismo di allerta dell’anno successivo, la Commissione dà anche conto dei progressi conseguiti dai Paesi membri nell’attuazione delle raccomandazioni stesse. Ciò viene operato in particolare nelle Relazioni per paese, integrate dagli esami approfonditi per gli stati che vengono a tal fine indicati nella relazione sul meccanismo di allerta. Per quanto riguarda l’Italia, il relativo esame approfondito è contenuto nel documento di lavoro dei servizi della Commissione “Relazione per paese relativa all’Italia 2017”, per la quale si rinvia infra (Parte III, § 2) a quanto illustrato nel presente dossier.

 

Quanto alla struttura del DEF, questa è disciplinata dall’articolo 10 della legge di contabilità, nel quale si dispone che sia composta di tre sezioni e di una serie di allegati.

In particolare, la prima sezione espone lo schema del Programma di Stabilità, che deve contenere tutti gli elementi e le informazioni richiesti dai regolamenti dell'Unione europea e, in particolare, dal nuovo Codice di condotta sull'attuazione del Patto di stabilità e crescita, con specifico riferimento agli obiettivi di politica economica da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico.

La sezione espone gli obiettivi e il quadro delle previsioni economiche e di finanza pubblica per il triennio successivo; l’indicazione degli obiettivi programmatici per l'indebitamento netto, per il saldo di cassa e per il debito delle PA, articolati per i sottosettori della PA, accompagnata anche da un'indicazione di massima delle misure attraverso le quali si prevede di raggiungere gli obiettivi. Ciò anche ai fini[3] di dar conto del rispetto del percorso di avvicinamento all’obiettivo di medio termine (OMT), qualora si sia verificato uno scostamento dall’obiettivo medesimo. La sezione contiene, inoltre, le previsioni di finanza pubblica di lungo periodo e gli interventi che si intende adottare per garantirne la sostenibilità.

 

La seconda sezione, Analisi e tendenze della finanza pubblicariporta, principalmente, l'analisi del conto economico e del conto di cassa delle amministrazioni pubbliche nell'anno precedente; le previsioni tendenziali a legislazione vigente, almeno per il triennio successivo, dei flussi di entrata e di uscita del conto economico e del saldo di cassa; l'indicazione delle previsioni a politiche invariate per i principali aggregati del conto economico della PA riferite almeno al triennio successivo; le informazioni di dettaglio sui risultati e sulle previsioni dei conti dei principali settori di spesa, con particolare riferimento a quelli relativi al pubblico impiego, alla protezione sociale e alla sanità, al debito delle amministrazioni pubbliche ed al relativo costo medio, nonché[4] all’ammontare della spesa per interessi del bilancio dello Stato correlata a strumenti finanziari derivati; le informazioni, infine, sulle risorse destinate allo sviluppo delle aree sottoutilizzate, con evidenziazione dei fondi nazionali addizionali.

 

La terza sezione reca, infine, lo schema del Programma Nazionale di riforma (PNR) che, in coerenza con il Programma di Stabilità, contiene gli elementi e le informazioni previsti dai regolamenti dell'Unione europea e dalle specifiche linee guida per il Programma nazionale. In tale ambito sono indicati:

§  lo stato di avanzamento delle riforme avviate, con indicazione dell'eventuale scostamento tra i risultati previsti e quelli conseguiti;

§  gli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività;

§  le priorità del Paese, con le principali riforme da attuare, i tempi previsti per la loro attuazione e la compatibilità con gli obiettivi programmatici indicati nel Programma di stabilità;

§  i prevedibili effetti delle riforme proposte in termini di crescita dell'economia, di rafforzamento della competitività del sistema economico e di aumento dell'occupazione.

 

Sulla base di quanto prevedono sia alcune norme della legge n. 196 del 2009 che ulteriori disposizioni che prescrivono la presentazione in allegato al DEF di alcuni specifici documenti, al DEF 2017 sono allegati:

o   il rapporto sullo stato di attuazione della riforma della contabilità e finanza pubblica, di cui all’articolo 3 della legge n. 196 del 2009 (Doc. LVII, n. 5 - Allegato I);

o   la relazione sugli interventi nelle aree sottoutilizzate, di cui al comma 7 dell'articolo 10 della legge n. 196 del 2009 e all'articolo 7 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88 (Doc. LVII, n. 5 - Allegato II);

o   il documento “Connettere l’Italia: fabbisogni e progetti di infrastrutture” (Doc. LVII, n. 5 - Allegato III);

o   la relazione sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, di cui al comma 9 dell’articolo 10 della legge n. 196 del 2009 (Doc. LVII, n. 5 - Allegato IV);

o   il documento sulle spese dello Stato nelle regioni e nelle province autonome, di cui al comma 10 dell’articolo 10 della legge n. 196 del 2009 (Doc. LVII, n. 5 - Allegato V);

o   il documento “Il benessere equo e sostenibile nel processo decisionale” (DOC LVII, n.5 – Allegato VI);

o   la relazione sui fabbisogni annuali di beni e servizi della pubblica amministrazione e sui risparmi conseguiti con il sistema delle convenzioni Consip, di cui all’articolo 2, comma 576, della legge n.244 del 2007 (Doc. LVII, n. 5 - Allegato VII).

 

Il Documento di economia e finanza 2017 aggiorna il quadro programmatico di finanza pubblica per il quadriennio 2017-2020.

Il DEF, confermando il raggiungimento dell'OMT nel 2019 come indicato nei precedenti documenti di programmazione (DEF e NADEF 2016), rafforza il percorso di riduzione dell’indebitamento netto fino a prevedere il conseguimento di un saldo nullo nel 2020 e il pareggio di bilancio strutturale sia nel 2019 (+0,1%) che nel 2020 (0,0%).

Si tratta, dunque, di un aggiornamento dell'obiettivo programmatico e del percorso di avvicinamento ad esso che - contrariamente a quanto avvenuto in passato (scostamenti in senso "peggiorativo" accordabili solo in caso di "eventi eccezionali", cfr. Box all'interno del paragrafo 2, parte II) - non richiede una procedura rafforzata di approvazione presso ciascuna Camera a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti ex art. 6, legge n. 243 del 2012.

Parte I - Il quadro macroeconomico

1. La congiuntura internazionale e l’area dell’euro

Il DEF 2017, nella prima sezione relativa al Programma di Stabilità, evidenza come nel 2016 l'economia mondiale abbia registrato un incremento di circa il 3% rispetto al 2015, stabilizzandosi su un sentiero di graduale ripresa, in linea con il 2015.

I segnali di recupero della crescita globale, evidenti soprattutto nel secondo semestre dell’anno, non si sono però tradotti in una ripresa del commercio mondiale. La crescita del commercio mondiale ha continuato nel 2016 ad essere molto debole, a causa della bassa elasticità della domanda internazionale alla crescita del PIL, secondo una tendenza ormai costantemente riscontrata negli ultimi cinque anni.

La tendenza al miglioramento della congiuntura appare condivisa dalla maggior parte delle aree dell’economia mondiale. Il 2017 è infatti iniziato in modo favorevole per la gran parte dei paesi avanzati e la ripresa economica si è consolidata e dovrebbe accelerare in corso d’anno anche nei mercati emergenti, sebbene con performance eterogenee nei vari paesi.

 

Negli Stati Uniti, nel 2016 la crescita del PIL è stata pari all’1,6%, in flessione rispetto all’anno precedente (2,6%). La persistente debolezza del ciclo internazionale e degli investimenti interni hanno spinto la Federal Reserve a lasciare per la maggior parte dell’anno il tasso di riferimento invariato tra lo 0,25 e lo 0,50%. Tuttavia, l’economia americana nei mesi a cavallo tra il 2016 e il 2017 ha mostrato decisi segnali di accelerazione. Diversi indicatori, come il basso livello della disoccupazione e il recupero del clima di fiducia delle famiglie, sembrano confermare che l’economia è uscita definitivamente dalla crisi. Coerentemente con le favorevoli condizioni dell’economia, la FED ha operato, a dicembre 2016 e a marzo 2017, due rialzi dei tassi di 25 punti base, prospettando una gradualità di futuri rialzi per il 2017 e il 2018.

In Giappone, il PIL è aumentato dello 0,9%, in accelerazione rispetto al 2015 (0,5%), grazie al contributo positivo del settore estero e dei consumi pubblici e da una politica monetaria della Banca del Giappone estremamente accomodante.

Anche per quel che riguarda le principali economie emergenti, la ripresa economica si è andata consolidando nel corso del 2016. Il quadro congiunturale suggerisce un rafforzamento della dinamica della crescita nelle principali economie emergenti, sebbene con andamenti differenziati tra i vari paesi.

Il nodo resta quello dell’economia cinese che, nel 2016, ha registrato un tasso di crescita del PIL del 6,7%, in decelerazione rispetto al passato, che sconta gli effetti della transizione verso una tipologia di economia più matura e bilanciata. Anche i segnali di ripresa dalle profonde recessioni in cui versavano i maggiori paesi esportatori di materie prime restano contrastanti.

Nel complesso, lo scenario internazionale, a inizio 2017, è migliore delle attese. Si registra un miglioramento della fiducia di imprese e consumatori. Le condizioni monetarie continuano ad essere accomodanti, favorendo maggiore accesso al credito e sostenendo l’espansione di consumi e investimenti. I mercati azionari sono in progressiva espansione.

Nella composizione del quadro macroeconomico tendenziale riportato nel DEF 2017, le variabili esogene internazionali indicano una crescita dell’economia internazionale nel periodo considerato ancora moderata, con una espansione del commercio mondiale del 3,4% nel 2017 e del 3,5% nel 2018, che raggiunge il 3,9% nel 2019.

Per quanto riguarda i movimenti valutari, sebbene diversi segnali indicherebbero un apprezzamento dell’euro rispetto al dollaro, si è preferito adottare – si sottolinea nel DEF - valutazioni prudenziali, ipotizzando per il futuro un tasso di cambio prossimo agli attuali livelli.

Con riferimento, infine, al prezzo del petrolio, per il biennio 2017-2018 è attesa una marginale risalita nel 2017 e poi una sostanziale stabilizzazione. L’aumento delle quotazioni verificatosi a fine 2016 è - secondo quanto espresso nel DEF - in parte rientrato e si considerano poco probabili sostanziali rialzi, in virtù della scarsa tenuta degli accordi di contenimento dei volumi estratti e di una elasticità dell’offerta statunitense maggiore delle attese, a parte, tuttavia, l’incertezza legata, in questa fase, a rischi di natura geo-politica.

Tabella 1 - Prospettive dello scenario internazionale

(variazioni percentuali)

 

2015

2016

2017

2018

2019

2020

Commercio internazionale

2,5

2,8

3,4

3,5

3,9

3,7

Prezzo del petrolio
(Brent FOB dollari/Barile)

52,3

49,0

54,4

53,8

53,4

53,6

Cambio dollaro/euro

1,110

1,107

1,060

1,060

1,060

1,060

Fonte: DEF 2017 (aprile 2017). Per il 2015, dati FMI.

Sebbene le prospettive per l’economia mondiale siano orientate verso una graduale ripresa, lo scenario internazionale continua ad essere caratterizzato da una prevalenza di rischi al ribasso di natura economica e legati a possibili tensioni geopolitiche. Risultano al momento di difficile quantificazione – sottolinea il DEF - i possibili danni che potrebbero derivare al commercio internazionale e all’economia mondiale da eventuali misure protezionistiche intraprese dell’amministrazione statunitense o dagli esiti della Brexit, posto che il processo di uscita del Regno Unito è appena stato formalizzato. Le nazioni con disavanzi di partite correnti, elevata posizione debitoria in dollari e maggiore dipendenza commerciale verso gli Stati Uniti potrebbero essere soggette a maggiori rischi al ribasso nel breve termine.

Il DEF considera però in aumento la possibilità di scenari più favorevoli. Tra i rischi al rialzo vanno considerati – sottolinea il DEF - una ripresa più sostenuta del commercio mondiale e dell’economia cinese, sebbene da quest’ultima provengono anche preoccupazioni legate all’elevato indebitamento di alcuni settori dell’economia.

 

In merito all’andamento dell’economia globale, l’OCSE, nell’Interim Economic Outlook di marzo scorso, sottolinea la crescita ancora modesta del PIL mondiale, che partendo dal 3,0% del 2016, sale al 3,3% nel 2017 per raggiungere a malapena il 3,6% nel 2018, ancora al di sotto della media storica di circa il 4% registrata nei due decenni prima della crisi. Nonostante siano emersi alcuni segnali positivi nei consumi e il clima di fiducia delle imprese sia migliorato, i consumi, gli investimenti, il commercio e la produttività restano deboli. Inoltre, l’aumento dei tassi di interesse e dei prezzi del petrolio tenderà a compensare queste spinte, sebbene dei maggiori prezzi delle materie prime ne beneficeranno alcune economie emergenti. L'economia globale – secondo l’OCSE - è in una trappola di bassa crescita ormai da cinque anni, e ciò ha pesato sulle aspettative future di uscita dalla crisi, ritardando la spesa corrente e la crescita del prodotto potenziale, mantenendo debole il commercio globale e gli investimenti. Tra i maggiori paesi emergenti, si prospetta una crescita in accelerazione in Brasile e in Russia che cominciano ad uscire dalla profonda recessione di questi anni, aiutate dall’aumento dei prezzi delle materie prime e dall’allentamento dell'inflazione, ma nella maggior parte delle altre principali economie avanzate, la crescita dovrebbe continuare intorno al modesto percorso attuale. Scollamento tra mercati finanziari e economia reale, il potenziale di volatilità dei mercati, vulnerabilità finanziarie e le incertezze politiche, tuttavia, potrebbe compromettere la modesta ripresa.

 

Analoghe considerazioni sono state avanzate dalla Banca Centrale europea, nel Bollettino economico di marzo 2017, che, pur mettendo in evidenza come la crescita mondiale abbia mostrato un miglioramento nel secondo semestre del 2016 e sia rimasta sostenuta agli inizi del 2017, registri tuttavia ancora un ritmo contenuto nel confronto storico. In prospettiva, il sostegno alla crescita mondiale verrà sia dalle economie avanzate sia dalle economie di mercato emergenti (EME). Tuttavia, le prospettive nelle economie sia avanzate sia emergenti rimangono in qualche misura contrastanti in quanto:

a.    tra i paesi avanzati le condizioni di finanziamento favorevoli, i miglioramenti nei mercati del lavoro e le azioni di stimolo fiscale dovrebbero sostenere l’attività negli Stati Uniti, mentre si prevede che l’aumento dell’incertezza pesi sulle prospettive di crescita a medio termine dell’economia britannica e che il ritmo di espansione resti moderato in Giappone;

b.    nei mercati emergenti la tenuta della crescita in talune grandi economie e la graduale attenuazione delle profonde recessioni in alcuni dei maggiori paesi esportatori di materie prime forniscono il principale sostegno alla crescita mondiale;

c.    la graduale decelerazione dell’economia cinese continua tuttavia ad agire da freno. Si prevede tuttavia che l’aumento dei corsi petroliferi eserciti un impatto complessivo limitato sull’attività mondiale: benché fornisca un certo sostegno ai paesi produttori di greggio. Al tempo stesso, i consumatori nei paesi importatori di materie prime dovrebbero assorbire parte dello shock abbassando il tasso di risparmio. La crescita mondiale (esclusa l’area dell’euro) dovrebbe aumentare – secondo la BCE - dal 3,1% nel 2016 al 3,5% nel 2017 al 3,8% nel 2018 e nel 2019.

L’incertezza resta tuttavia elevata a causa di numerosi fattori. Fra questi: le nuove politiche dell’amministrazione statunitense e gli effetti sull’economia del paese e sull’attività globale riconducibili a tali politiche; la robustezza della ripresa nei paesi esportatori di materie prime; possibili turbolenze associate al processo di graduale riequilibrio dell’economia cinese; e, infine, possibili turbolenze derivanti dalle incertezze politiche e geopolitiche, quali ad esempio, le future relazioni tra il Regno Unito e l’Unione europea.

 

Anche per quel che concerne l’Area dell’euro, il DEF sottolinea come nel 2016 la ripresa economica si sia consolidata. La crescita del PIL dell’area nel 2016, pari all’1,7%, in marginale accelerazione rispetto all’anno precedente (1,6%), è principalmente attribuibile al contributo dei consumi privati. La ripresa economica continua inoltre a beneficiare – sottolinea il DEF - della buona performance del mercato del lavoro, conseguente alle riforme strutturali operate in diversi Stati membri: il tasso di disoccupazione, sebbene si mantenga ancora su livelli elevati, è sceso gradualmente nel corso del 2016 (10% in media d’anno) raggiungendo il 9,6% a gennaio 2017 (dal 10,3 del gennaio 2016).

 

Secondo quanto esposto nell’ultimo Bollettino economico della BCE (27 marzo), già prima richiamato, l’espansione economica nell’area dell’euro sta proseguendo, sostenuta dalla domanda interna. Nel quarto trimestre dell’anno il PIL in termini reali è aumentato dello 0,4% sul periodo precedente (cfr. grafico seguente), nonostante un rialzo dei corsi petroliferi. La domanda interna e le variazioni delle scorte hanno contribuito positivamente alla dinamica del PIL, mentre la domanda estera netta ha fornito un contributo negativo. La crescita del prodotto nel quarto trimestre ha comportato un incremento annuo del PIL pari all’1,7% nel 2016.

La disoccupazione nell’area è in calo ormai da quattordici trimestri consecutivi. Il tasso di disoccupazione nell’area ha continuato a scendere nel quarto trimestre del 2016, dopo aver toccato il massimo agli inizi del 2013.

Figura 1 - PIL in termini reali e sue componenti nell’area dell’euro

 

Il DEF ricorda inoltre, come fattore importante a sostegno della crescita dell’Area, la politica di bilancio che a partire dal 2016 ha assunto un tono meno restrittivo e si annuncia tale anche nel 2017.

A ciò si aggiunge, infine, l’orientamento fortemente espansivo della Banca centrale europea (BCE) di questi ultimi anni, che ha contribuito a garantire una certa stabilità finanziaria dell’Area dell’euro, nonché a scongiurare fenomeni deflattivi e a migliorare le condizioni economiche.

Sotto questo profilo, il DEF ricorda come, al fine di combattere con maggiore decisione le tendenze deflazionistiche e rendere più agevole la concessione di credito all’economia reale, la Banca centrale europea abbia di recente adottato un pacchetto di misure espansive molto cospicuo (ampliamento della dimensione e della composizione degli acquisti di titoli; ulteriore riduzione dei tassi ufficiali e nuove misure di rifinanziamento delle banche a condizioni eccezionalmente favorevoli), estendendo altresì la durata del programma di acquisto di titoli fino a dicembre del 2017.

 

 

 

Il Consiglio direttivo della BCE, nel perseguimento del proprio obiettivo di stabilità dei prezzi, ha confermato la necessità di preservare il grado molto elevato di accomodamento monetario per assicurare un ritorno durevole dell’inflazione verso livelli inferiori ma prossimi al 2% senza indebito ritardo.

A tal fine, il Consiglio direttivo ha deciso di lasciare invariati i tassi di interesse di riferimento della BCE, stimando che essi rimangano su livelli pari o inferiori a quelli attuali per un prolungato periodo di tempo, ben oltre l’orizzonte degli acquisti netti di attività. Quanto alle misure non convenzionali di politica monetaria, il Consiglio direttivo ha confermato che continuerà a condurre acquisti nell’ambito del programma di acquisto di attività (PAA) all’attuale ritmo mensile di 80 miliardi di euro sino alla fine di marzo 2017; inoltre, da aprile 2017, il Consiglio direttivo intende proseguire gli acquisti netti di attività a un ritmo mensile di 60 miliardi di euro sino alla fine di dicembre 2017 o anche oltre se necessario, e in ogni caso finché non riscontrerà un aggiustamento durevole dell’evoluzione dei prezzi, coerente con il proprio obiettivo di inflazione. Il Consiglio direttivo ha inoltre ribadito che, qualora le prospettive divenissero meno favorevoli o le condizioni finanziarie risultassero incoerenti con ulteriori progressi verso un aggiustamento durevole del profilo dell’inflazione, sarebbe pronto a incrementare il programma di acquisto di attività in termini di entità e/o durata.

 

Con riferimento alle prospettive di crescita dell’Area dell’euro, nel Bollettino già citato, la Banca Centrale Europea rileva che la ripresa economica dell’area in atto dovrebbe continuare a consolidarsi, a un ritmo anche lievemente superiore rispetto a quanto previsto a fine 2016, sostenuta principalmente dalla domanda interna e dai primi segnali di rafforzamento della ripresa e dell’interscambio a livello mondiale. Nel complesso, le indagini congiunturali segnalano una robusta dinamica espansiva nel primo trimestre del 2017. L’espansione dell’attività economica nell’area dell’euro dovrebbe inoltre proseguire, sorretta dalle misure di politica monetaria, di cui si è detto sopra, che continuano a trasmettersi all’economia reale.

 

Negli ultimi mesi, gli indicatori economici della zona euro hanno mostrato segnali positivi suggerendo un proseguimento della fase di recupero (cfr. ISTAT, Euro-zone economic outlook, del 6 aprile 2017).

Le principali determinanti dell’espansione dovrebbero essere il consumo privato, favorito dall’aumento del reddito disponibile e dalle favorevoli condizioni del mercato del lavoro, e gli investimenti guidati dal miglioramento delle aspettative sulle prospettive dell'economia. Anche gli investimenti in costruzioni sono previsti accelerare. L'atteso miglioramento dell'economia internazionale potrebbe costituire un ulteriore impulso alla crescita.

Anche le esportazioni dell’area dell’euro si rafforzerebbero nell’orizzonte di riferimento, sostenute dall’atteso recupero del commercio mondiale e dal passato indebolimento del tasso di cambio dell’euro

Questi sviluppi positivi si riflettono nelle proiezioni macroeconomiche per l’Area dell’euro formulate dagli esperti della BCE nel marzo 2017 che prevedono una crescita del PIL in termini reali dell’1,8% nel 2017, dell’1,7 nel 2018 e dell’1,6 nel 2019.

Per la BCE, i rischi per le prospettive di crescita nell’area dell’euro, pur attenuati in ragione del lieve rafforzamento della domanda estera nel breve periodo, del minore tasso di cambio dell’euro e del clima economico più favorevole, restano orientati al ribasso e connessi prevalentemente a fattori globali. Si sottolinea inoltre il rischio che la crescita economica nell’Area euro possa essere rallentata dalla lenta attuazione delle riforme strutturali e dai restanti aggiustamenti di bilancio in diversi settori.

 

Quanto all’inflazione, il recente aumento dei corsi petroliferi dovrebbe portare l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC) su una media dell’1,7% quest’anno.

Secondo la stima preliminare dell’Eurostat, infatti, nell’area dell’euro l’inflazione sui dodici mesi misurata sullo IAPC è aumentata ancora a febbraio, raggiungendo il 2,0% dall’1,8% di gennaio e dall’1,1per cento di dicembre 2016. Questa evoluzione riflette soprattutto il forte incremento sui dodici mesi delle componenti relative all’energia e ai beni alimentari non trasformati, mentre non vi sono ancora segnali convincenti di una tendenza al rialzo dell’inflazione di fondo. In prospettiva, è probabile che l’inflazione complessiva si mantenga su livelli prossimi al 2% nei prossimi mesi, riflettendo in gran parte movimenti del tasso di variazione sui dodici mesi dei prezzi dell’energia. Le misure dell’inflazione di fondo, tuttavia, si sono mantenute su livelli bassi. Dovrebbero mostrare un graduale incremento nel medio termine, sostenute dalle misure di politica monetaria della BCE, dall’atteso proseguire della ripresa economica e dall’associata graduale riduzione della capacità produttiva inutilizzata.

 

Secondo quanto esposto nel già più volte richiamato Bollettino BCE di marzo, il profilo dell’inflazione complessiva nell’orizzonte temporale di proiezione è fortemente influenzato da quello della componente energetica dello IACP. Le prospettive d’inflazione complessiva per il 2017 sono state infatti riviste a seguito dei recenti aumenti dei corsi petroliferi. Tuttavia, emergono andamenti contrastanti tra l’inflazione dei beni energetici e di quelli non energetici. I prezzi dell’energia dovrebbero essere responsabili della maggior parte del rafforzamento dell’inflazione misurata sullo IAPC tra il 2016 e il 2017. Ciò, a sua volta, è imputabile agli effetti base al rialzo e ai notevoli recenti aumenti delle quotazioni petrolifere. Sulla base delle informazioni disponibili a metà febbraio, le proiezioni macroeconomiche per l’area formulate dagli esperti dell’Eurosistema a marzo prevedono un’inflazione misurata sullo IAPC dell’1,7% nel 2017, dell’1,6 nel 2018 e dell’1,7 nel 2019.

Nel contempo si ritiene che l’attesa ripresa dell’inflazione al netto degli alimentari e dell’energia sarà molto più graduale negli anni a venire, a causa del previsto aumento dei salari e del costo del lavoro per unità di prodotto con il progredire e il consolidarsi della ripresa. La sempre minore fragilità del mercato del lavoro e il graduale venir meno dei fattori legati alla crisi, responsabili del rallentamento della dinamica salariale negli ultimi anni, dovrebbero portare a un rafforzamento della crescita del reddito per occupato e, in ragione di una previsione di ripresa più modesta della produttività, del costo del lavoro per unità di prodotto. Nel complesso, un graduale recupero dell’inflazione di fondo dovrebbe sostenere i livelli di inflazione complessiva tra il 2017 e il 2019. I grafici che seguono mostrano congiuntamente gli andamenti del PIL e dell’inflazione.

 

PIL in termini reali dell’area dell’euro

(variazioni percentuali sul trimestre precedente)

IAPC dell’area dell’euro

(variazioni percentuali sui dodici mesi)

Fonte: Proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro formulate dagli esperti della BCE nel marzo 2017, pubblicato sul sito Internet della BCE.

 

 

Tali considerazioni sono sostanzialmente in linea con quanto riportato dall’OCSE nell’Interim di marzo, nel quale si prevede che nell'area dell'euro la crescita del PIL dovrebbe continuare all’attuale ritmo moderato, sostenuta dalla politica monetaria accomodante e da un modesto alleggerimento fiscale nei prossimi anni. La crescita è destinata a rimanere solida in Germania, ma continuerà ad un ritmo più lento in Francia e in Italia. Sebbene il tasso di disoccupazione diminuisca costantemente, esso rimane superiore al 9%, ed, in alcuni paesi, la disoccupazione giovanile costituisce un freno importante alla domanda attuale e alla futura crescita potenziale.

 

Nella tabella che segue sono riportate le previsioni di crescita del PIL dei principali paesi europei formulate dalla Commissione europea nel Winter Forecast a febbraio 2017 e dall’OCSE nell’Interim Economic Outlook nel marzo 2017 nonché dal FMI nell’aggiornamento di gennaio del Word economic outlook, in attesa della pubblicazione dei dati del WEO di aprile 2017.

Tabella 2 – Previsione del Prodotto interno lordo – Confronti internazionali

(variazioni %)

 

Commissione Europea
febbraio 2017

OCSE- Interim
marzo 2017

FMI – WEO Update
gennaio 2017

 

2017

2018

2017

2018

2017

2018

Italia

0,9

1,1

1,0

1,0

0,7

0,8

Francia

1,4

1,7

1,4

1,4

1,3

1,6

Germania

1,6

1,8

1,8

1,7

1,5

1,5

Spagna

2,3

2,1

-

-

2,3

2,1

area euro

1,6

1,8

1,6

1,6

1,6

1,6

Regno Unito

1,5

1,2

1,6

1,0

1,5

1,4

Usa

2,3

2,2

2,4

2,8

2,3

2,5

Giappone

1,0

0,5

1,2

0,8

0,8

0,5

 

L’OCSE, nell’Interim Economic Outlook (7 marzo 2017) sottolinea che la crescita è destinata a rimanere solida in Germania, mentre continuerà ad un ritmo più lento in Francia e Italia. Le nuove previsioni del PIL effettuate dall’OCSE per il biennio 2017-2018, infatti, vedono questi paesi crescere per entrambi gli anni – rispettivamente all’1% l’Italia ed all’1,4% la Francia - ad un ritmo inferiore all’eurozona, stimato per gli anni medesimi all’1,6 percento Le previsioni del PIL per il nostro paese sono sostanzialmente allineate a quelle governative.


 

2. Lo scenario macroeconomico nazionale

Il DEF 2017 espone l’analisi del quadro macroeconomico italiano relativo all’anno 2016 e le previsioni per l’anno in corso e per il periodo 2018-2020, che riflettono i segnali di graduale ripresa dell’economia, nonostante gli elementi di incertezza che ancora caratterizzano le prospettive di crescita globali.

2.1. I risultati nel 2016

Con riferimento al 2016, il DEF evidenzia come l’economia italiana sia entrata nel terzo anno di ripresa, registrando un tasso di crescita dello 0,9% in termini reali, nonostante i numerosi fattori di freno e di incertezza a livello globale ed europeo.

Figura 2 – Tassi di crescita del PIL in volume

(Anni 2000-2016, variazioni percentuali, valori concatenati)

 

La crescita del prodotto è risultata lievemente superiore a quanto previsto a settembre scorso nella Nota di aggiornamento del DEF 2016 (+0,8%[5]) e nel Documento Programmatico di Bilancio, presentato ad ottobre 2016, grazie al recupero, dopo lo stallo registrato nel secondo trimestre, nella seconda metà del 2016, dovuto – sottolinea il DEF - al balzo della produzione industriale e, dal lato della domanda, a un’accelerazione di investimenti ed esportazioni.

Secondo i dati forniti dall’ISTAT[6], nel IV trimestre 2016 il prodotto interno lordo ha registrato una variazione positiva dello 0,2% rispetto al trimestre precedente (in cui si era registrata una crescita dello 0,3%). Tutti i principali aggregati della domanda interna hanno segnato un aumento rispetto al III trimestre, con un incremento dello 0,2% dei consumi finali nazionali e dell’1,3% degli investimenti fissi lordi. Nell’ambito dei consumi finali, si è osservata una dinamica in aumento della spesa delle famiglie residenti e delle ISP (+0,2% da +0,1% nel terzo trimestre) e un rafforzamento di quella delle amministrazioni pubbliche (+0,6% nel quarto trimestre da +0,2% nel terzo). L’aumento dell’1,3% degli investimenti fissi lordi conferma la tendenza positiva registrata già nel terzo trimestre (+0,8%). L’espansione degli investimenti è stata determinata da una crescita di tutte le componenti: dello 0,4% la spesa per macchine, attrezzature e altri prodotti, del 13,6% i mezzi di trasporto e dello 0,5% gli investimenti in costruzioni, in ripresa rispetto alla lieve flessione (-0,2%) registrata nel terzo trimestre. Anche le importazioni e le esportazioni sono aumentate rispetto al terzo trimestre, con incrementi rispettivamente del 2,2% e dell'1,9%.

 

Nel complesso, il PIL in volume nel 2016 è risalito al di sopra del livello registrato nel 2000, come evidenziato nel grafico che segue:

Figura 3 - Andamento del PIL in volume

Fonte: ISTAT, Comunicato “PIL e indebitamento AP – Anni 2014-2016” (1 marzo 2017).

Sul risultato positivo del 2016 ha inciso in maniera rilevante - si osserva nel DEF – l’andamento della domanda interna, in continua espansione durante l’anno, il cui contributo positivo alla crescita del PIL è stato pari a 0,9 punti percentuali, (+1,4 punti al netto delle scorte). Un apporto negativo è invece venuto dalla domanda estera netta (-0,1 punti percentuali). In particolare, l’apporto negativo delle esportazioni nette nella seconda metà dell’anno deriva innanzitutto dall’intensa ripresa delle importazioni.

Con riferimento ai risultati del 2016, il comunicato dell’ISTAT del 1 marzo 2017[7] registra, dal lato della domanda interna, in termini di volume, una variazione positiva sia dei consumi finali nazionali dell’1,2% sia degli investimenti fissi lordi del 2,9%.

Per quel che riguarda i flussi con l’estero, le esportazioni di beni e servizi sono aumentate del 2,4% e le importazioni del 2,9%.

Tabella 3 - Conto economico delle risorse e degli impieghi - anni 2015-2016

(variazioni percentuali)

 

2015

2016

PIL

0,8

0,9

Importazioni

6,8

2,9

Consumi finali nazionali

1,0

1,2

- spesa delle famiglie residenti

1,5

1,3

- spesa delle P.A.

-0,7

0,6

- spesa delle I.S.P.*

3,6

2,2

Investimenti fissi lordi

1,6

2,9

- costruzioni

-0,4

1,1

- macchinari, attrezzature

2,5

3,9

- mezzi di trasporto

20,3

27,3

Esportazioni

4,4

2,4

*    istituzioni sociali private

Fonte: ISTAT, “PIL e indebitamento AP – Anni 2014-2016” (1 marzo 2017).

Nel complesso, i risultati della crescita del 2016 risultano migliori di quanto ipotizzato nella Nota di aggiornamento del DEF di settembre scorso, sulla base della congiuntura di metà anno. Superiori alle attese si sono rivelati gli andamenti della domanda interna e in particolare degli investimenti (2,9% contro la stima governativa dell’1,9% indicata nella Nota di aggiornamento del DEF). Anche l’aumento dei consumi nazionali (1,2%) ha superato, di due decimi di punto, la stima del Governo. Il rallentamento delle componenti estere della domanda si è rivelato meno pronunciato di quanto temuto e ciò con riguardo soprattutto alle esportazioni, la cui variazione, pur scesa dal 4,4 al 2,4%, si è attestata oltre un punto al di sopra della previsione governativa (1,3%).

La crescita del PIL si pone, tuttavia, al di sotto di quella registrata nei maggiori paesi sviluppati. I dati disponibili al momento del Comunicato Istat del 1° marzo 2017, indicano un aumento del PIL in volume nel 2016 in Germania dell’1,9%, nel Regno Unito dell’1,8%, negli Stati Uniti dell’1,6% e in Francia dell’1,1%.

Per quanto concerne la domanda interna, nel 2016 la spesa delle famiglie residenti è cresciuta dell’1,3%, segnando, per il terzo anno consecutivo, un valore positivo (+1,5% nel 2015 e +0,3% nel 2014), sebbene in attenuazione rispetto al 2015. Sul punto il DEF evidenzia come nel 2016 l’espansione dei consumi privati sia stata sostenuta dalle migliori condizioni del mercato del lavoro, dal recupero del reddito disponibile delle famiglie in termini reali, aumentato dell’1,6% nel 2016, e dal miglioramento delle condizioni di accesso al credito, grazie ai bassi tassi di interesse

Quanto alle famiglie, i dati diffusi dall’Istat nel Comunicato del 4 aprile scorso, rilevano un aumento del reddito disponibile delle famiglie consumatrici in valori correnti nel 2016 dell’1,6%. Sulla base dei più recenti dati Istat sui conti economici nazionali per settore istituzionale (diffusi lo scorso 11 aprile), nel 2016 le famiglie hanno aumentato la spesa per consumi (+1,3%) in misura inferiore rispetto alla crescita del reddito disponibile (+1,6%); di conseguenza, la propensione al risparmio delle stesse sale all’8,6% (+0,2 punti percentuali).

 

Nonostante le misure di contenimento della spesa per redditi e per consumi intermedi che hanno riguardato le Pubbliche amministrazioni in questi ultimi anni, anche i consumi pubblici hanno registrato nel 2016 una ripresa (+0,6% in termini reali), invertendo una dinamica della spesa delle PA ininterrottamente negativa dal 2011.

 

Per quanto concerne gli investimenti fissi lordi, nel 2016, si è verificata una crescita decisamente superiore alle attese, del 2,9%, in accelerazione rispetto al 2015, anno in cui, dopo sette anni consecutivi di valori negativi, si era finalmente registrata l’inversione di tendenza (+1,6%).

Il recupero ha riguardato soprattutto gli investimenti in mezzi di trasporto (+27,3%) e, in maniera più contenuta, quelli in macchinari e attrezzature (+3,9%), che hanno beneficiato dello stimolo fornito dagli incentivi governativi. Anche la componente delle costruzioni registra, nel 2016, per la prima volta dal 2007, un valore positivo (+1,1%). Il DEF sottolinea come tale comparto abbia manifestato una ripresa a partire dalla seconda metà dell’anno, nonostante il dato negativo registrato dall’ISTAT nell’ultimo trimestre dello stesso (-0,7% rispetto al trimestre precedente), grazie all’andamento positivo degli investimenti in abitazioni; tuttavia sono ancora fermi gli investimenti di natura infrastrutturale.

Sulla base delle stime preliminari[8], nel IV trimestre 2016 l'indice dei prezzi delle abitazioni (IPAB) acquistate dalle famiglie, sia per fini abitativi sia per investimento, invariato rispetto al trimestre precedente, registra un aumento su base annua dello 0,1% nei confronti dello stesso periodo del 2015 (era -0,9% nel trimestre precedente). Si tratta – rileva l’ISTAT – di un’inversione della tendenza al ribasso in media d’anno dei prezzi delle abitazioni, in atto ormai da cinque anni: tale dato costituisce infatti il primo aumento tendenziale dei prezzi delle abitazioni dal quarto trimestre 2011 Nella media dell'intero 2016, i prezzi delle abitazioni diminuiscono dello 0,7% sul 2015 (quando la variazione media annua era stata pari a -2,6%). Rispetto alla media del 2010, i prezzi delle abitazioni risultano diminuiti nel 2016 del 14,6% (-2,3% le abitazioni nuove, -19,6% le esistenti). Viene inoltre rilevato che l’aumento tendenziale dei prezzi delle abitazioni si manifesta contestualmente alla crescita dei volumi di compravendita per il settore residenziale (+18,9% è l'incremento registrato per il 2016 dall'Osservatorio del Mercato Immobiliare dell'Agenzia delle Entrate per il settore residenziale, dopo il +6,5% osservato nel 2015).

 

Industria 4.0

Il DEF illustra inoltre il Piano Nazionale Industria 4.0, approvato con la legge di bilancio 2017, si articola in una serie di misure a sostegno della produttività, della flessibilità e della competitività dei prodotti, al fine di sfruttare le opportunità offerte da questa nuova rivoluzione industriale. I super-ammortamenti già introdotti con la Legge di Stabilità 2016 sono stati confermati e potenziati. Inoltre si è introdotto un ampio pacchetto di provvedimenti: misure di stimolo agli investimenti innovativi e rafforzamento delle competenze (Scuola Digitale ed Alternanza Scuola Lavoro), nonché misure di finanza per la crescita.

L’indagine trimestrale più recente svolta dalla Banca d’Italia (relativa al primo trimestre del 2017) rileva che gli incentivi del Piano Industria 4.0 sono ritenuti di un qualche rilievo nelle decisioni di investimento dal 66,1% delle imprese dell’industria e dei servizi (81,5% fra le grandi). Secondo il DEF questi risultati sono incoraggianti in termini di probabile andamento degli investimenti ad alto contenuto tecnologico nel prosieguo dell’anno e nella prima metà del 2018.

Il Capitolo II del Programma Nazionale di Riforma presenta la valutazione econometrica degli effetti del Piano Industria 4.0 sulle principali variabili macroeconomiche dell’Italia (PIL, consumi e investimenti), che mostra gli effetti espansivi della misura in esame. In proposito si rinvia all’apposito capitolo (“Competitività e concorrenza”) del presente dossier

 

Per quanto concerne le esportazioni, la loro dinamica si è mantenuta positiva (+2,4%), superiore alle attese, anche grazie all’accelerazione del commercio mondiale alla fine del 2016 e al deprezzamento dell’euro.

Le importazioni hanno mostrato una dinamica più sostenuta, registrando una crescita del 2,9%, grazie al recupero della domanda interna e del ciclo produttivo industriale. L’apporto del volume delle esportazioni nette alla crescita del PIL è stato dunque negativo.

Tale risultato – precisa ancora il DEF - è l’effetto del rallentamento del commercio e della produzione industriale mondiali.

 

Commercio con l’estero

A livello mondiale, nel 2016 si è registrato un ulteriore rallentamento del commercio e della produzione industriale mondiali, sebbene i più recenti dati in volume indicano tassi di crescita più robusti in chiusura d’anno.

In tale contesto internazionale, per l’Italia le esportazioni complessive di merci in termini di volumi sono aumentate dell’1,2% e si stima che la quota italiana delle esportazioni nel commercio internazionale sia rimasta sostanzialmente invariata.

L’andamento dell’export verso la UE ha avuto un discreto incremento (+3%), mentre si sono ridotti i flussi verso l’area extra-UE di quasi un punto percentuale. Nei mercati extra-europei i dati più positivi hanno riguardato le esportazioni verso gli Stati Uniti (2,7%) e la Cina (6,4%). Per quanto concerne i settori, l’incremento più rilevante si è avuto per le esportazioni dei prodotti farmaceutici, aumentate del 6%, dei prodotti chimici e degli alimentari, bevande e tabacchi e ai mezzi di trasporto, che hanno registrato incrementi di oltre 4 punti percentuali.

Come nell’anno precedente, le importazioni in volume hanno mantenuto un’evoluzione positiva (3,2%), per effetto della maggiore domanda interna, che ha riguardato quasi tutte le aree geografiche.

Quasi tutti i settori hanno presentato un ritmo di crescita sostenuto, soprattutto i mezzi di trasporto (+9,7%), i prodotti petroliferi (+8,8%) e i macchinari (+5,7%). Le categorie di beni che hanno registrato una crescita maggiore sono coerenti con la ripresa del ciclo industriale e con gli interventi di stimolo agli investimenti presi dal governo. Il DEF rileva tuttavia la necessità di monitorare la crescita di quasi due punti percentuali dei beni di consumo, in quanto maggiore della ripresa dei consumi privati. Il dato potrebbe infatti segnalare un eccessivo assorbimento di importazioni, oppure potrebbe essere distorto dal ciclo dei beni durevoli (la cui domanda è soddisfatta dalla produzione nazionale in misura proporzionalmente più contenuta).

Il saldo commerciale ha mostrato un marcato miglioramento nell’anno che si è concluso rispetto al precedente biennio: nel 2016 l’avanzo commerciale ha raggiunto i 51,5 miliardi, aumentando di quasi 10 miliardi rispetto al 2015, rimanendo tra i più elevati dell’Unione Europea dopo quelli della Germania e dei Paesi Bassi.

Il buon andamento del settore estero si riflette anche nel surplus del saldo corrente della bilancia dei pagamenti (2,6% del PIL) che si avvicina ai valori record della fine degli anni novanta.

Le prospettive per il settore estero nel 2017 si muovono nella direzione di un progressivo rafforzamento in alcuni mercati chiave. Il DEF rileva infatti che i dati mensili tendenziali di inizio anno mostrano valori molto promettenti nei flussi di esportazioni verso la Russia, la Cina e altri paesi asiatici; continua tuttavia la flessione verso l’area dell’OPEC. I rischi al ribasso sono legati, secondo il DEF, all’incertezza riguardo alla politica commerciale statunitense.

A livello congiunturale, gli ultimi dati ISTAT diffusi nel comunicato di marzo 2017 evidenziano a gennaio 2017, rispetto al mese precedente, un aumento dell'export dello 0,5% e una diminuzione dell'import dello 0,2%. Negli ultimi tre mesi l'export cresce congiunturalmente del 3,8%, con un incremento più ampio per i paesi extra Ue (+5,9%) rispetto a quelli Ue (+2,2%).

 

Riguardo alle componenti settoriali del valore aggiunto, il DEF sottolinea il consolidamento della ripresa dell’industria manifatturiera e i dati favorevoli della produzione industriale, in aumento sul 2015.

 

Secondo i dati forniti dal Comunicato Istat del 1° marzo 2017, a livello settoriale, la crescita del PIL è riconducibile ad aumenti in volume nell’industria in senso stretto (+1,3%) - con al suo interno una crescita del valore aggiunto della manifattura dell’1,1% - e nel settore dei servizi, che ha registrato un incremento dello 0,6%. Il valore aggiunto ha invece segnato dei cali nell’agricoltura, silvicoltura e pesca (-0,7%) e nelle costruzioni (-0,1%).

Per l’industria in senso stretto, l’ISTAT, nel Comunicato del 10 febbraio[9], registra che a dicembre 2016 l'indice destagionalizzato della produzione industriale è aumentato dell'1,4% rispetto a novembre. Nella media del trimestre ottobre-dicembre 2016 la produzione è aumentata dell'1,3% rispetto al trimestre precedente. Nella media del 2016, la produzione è cresciuta dell'1,6% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

 

Condizioni del credito

Il DEF rileva l’impatto positivo della ripresa economica nel 2016 sulle condizioni finanziarie e creditizie del paese. Nel 2016 l’andamento dei prestiti al settore privato (società non finanziarie e famiglie), dopo quattro anni di contrazione, ha registrato variazioni positive. I tassi d’interesse praticati alla clientela sono risultati in continua discesa avvicinandosi sempre più a quelli praticati dai paesi europei non soggetti alla crisi finanziaria del 2011.

L’andamento dei prestiti alle famiglie, in ripresa a partire dalla metà del 2015, ha mostrato un ulteriore miglioramento fino a raggiungere a dicembre del 2016 una variazione tendenziale pari all’1,87%, grazie principalmente all’aumento di prestiti per l’acquisto di abitazioni. Più lenta la ripresa del credito al consumo. I tassi d’interesse applicati ai nuovi prestiti sono diminuiti posizionandosi a fine 2016 su livelli storicamente bassi sia per l’acquisto di abitazioni (scesi in media al 2,3% dal 2,8% del 2015) sia per il credito al consumo (diminuiti al 7,6% dal 7,9%).

Il 2016 ha visto anche una stabilizzazione dei flussi di credito verso le società non finanziarie; in media annua, la variazione risulta positiva (0,1%) per la prima volta dal 2012. Anche i tassi di interesse sui nuovi prestiti praticati alle imprese sono costantemente diminuiti, passando dall’1,92% registrato a dicembre del 2015 all’1,54% osservato a dicembre del 2016. La tendenza positiva è proseguita nei primi mesi del 2017.

Tuttavia, i miglioramenti non sono omogenei: è ulteriormente aumentata la dinamica del credito alle sole aziende che non presentano debiti deteriorati (a scapito delle imprese in difficoltà), ed inoltre la ripresa dei prestiti alle imprese si sta realizzando differentemente per classe dimensionale e per settori di attività.

Figura 4 - Tassi di interesse alle imprese non finanziarie e alle famiglie (var. %)

Fonte: Banca d’Italia

 

La complessiva tendenza positiva del settore trova evidenza, rileva il DEF, nell’ultima indagine disponibile sul credito bancario nell’Area dell’Euro (Bank Lending Survey), pubblicata in gennaio, che non rileva sostanziali variazioni nei criteri di offerta dei prestiti alle famiglie e alle imprese italiane (soprattutto alle grandi imprese mentre rileva un lieve allentamento per le piccole-medie). Prosegue la riduzione dei margini applicati alla media dei prestiti per entrambi i soggetti economici. Per il primo trimestre del 2017 non sono attese variazioni dei criteri di offerta di credito alle imprese, mentre si prevede un lieve allentamento per i prestiti alle famiglie.

La continuazione della ripresa graduale delle dinamiche di prestito è osservata anche dalla Banca Centrale Europea nel Bollettino economico di marzo 2017, in cui si rileva che il tasso di espansione sui dodici mesi dei prestiti da parte delle istituzioni finanziarie monetarie (IFM) al settore privato è aumentato nel quarto trimestre del 2016 e in gennaio 2017.

In tutti i settori, la crescita tendenziale dei prestiti alle società non finanziarie (SNF) si è ulteriormente rafforzata nel quarto trimestre ed è rimasta stabile in gennaio, al 2,3%. Nel complesso, la crescita dei prestiti alle SNF ha registrato una marcata ripresa dal livello minimo raggiunto nel primo trimestre del 2014, con un miglioramento che è comune ai principali paesi, benché i tassi di crescita dei prestiti restino negativi in alcuni di essi. Anche per quanto riguarda le famiglie, l’espansione sui dodici mesi dei prestiti alle famiglie si è rafforzata nel quarto trimestre del 2016, aumentando ancora lievemente in gennaio, al 2,2% dal 2,0 di dicembre.

Figura 5 - Prestiti delle IFM alle SNF in alcuni paesi dell’area dell’euro (variazioni percentuali sui dodici mesi)

Tali tendenze, precisa la BCE, sono state supportate dalla netta flessione dei tassi sul finanziamento bancario osservata per l’insieme dell’area dell’euro dall’estate 2014 (da ascriversi in particolare alle misure non convenzionali di politica monetaria della BCE) e dai miglioramenti complessivi nell’offerta e nella domanda di prestiti bancari. Inoltre, le banche hanno compiuto progressi sul piano del risanamento dei propri bilanci, anche se i crediti deteriorati in alcuni paesi permangono su livelli elevati e potrebbero limitare il credito bancario.

 

I dati sul mercato del lavoro per il biennio 2015-2016 sono confortanti, per gli effetti positivi che, secondo il DEF, le misure introdotte (Jobs Act e decontribuzione) hanno avuto sull’occupazione. Il Documento rileva che la crescita degli occupati ha accelerato in termini di unità di lavoro standard (1,4% nel 2016), ed il miglioramento dell’occupazione è stato accompagnato da una accelerazione della partecipazione al mercato del lavoro. Questo ha comportato un affievolimento della decrescita del tasso di disoccupazione, che si riduce solamente di 0,2 punti percentuali, attestandosi all’11,7% nel 2016.

È proseguita la fase di moderazione salariale. I redditi da lavoro dipendente pro-capite sono cresciuti in media annua dello 0,3%, mentre la produttività del lavoro, misurata sulle ULA, è diminuita dello 0,5%; conseguentemente, il CLUP ha segnato un aumento dello 0,8% per l’economia nel suo complesso.

Sul mercato del lavoro, si rinvia all’approfondimento riportato più avanti nel presente capitolo.

 

Con riferimento, infine, all’evoluzione dei prezzi, nel 2016 l’inflazione è stata prossima allo zero; l’indice armonizzato dei prezzi al consumo è aumentato solo dello 0,1% rispetto allo 0,2 registrato nel 2015.

Per contro, il deflatore del PIL è aumentato dello 0,8%, riflettendo il miglioramento delle ragioni di scambio.

L’orientamento fortemente espansivo della Banca centrale europea (BCE) – rileva il DEF - non ha ancora conseguito i risultati sperati in termini di crescita reale e di inflazione.

2.2. Le prospettive dell’economia italiana per il 2017 e per il triennio successivo

Per quel che concerne le previsioni, il DEF presenta due scenari di previsioni macroeconomiche, uno tendenziale e l’altro programmatico, che, fermo restando le assunzioni relative al quadro internazionale, coerenti con le più recenti previsioni delle principali istituzioni internazionali, differiscono per le assunzioni relative alle riforme economiche. In particolare, le previsioni del quadro tendenziale incorporano gli effetti sull’economia delle azioni di politica economica, delle riforme e della politica fiscale messe in atto precedentemente alla presentazione del Documento stesso. Il quadro programmatico, invece, include l’impatto sull’economia delle politiche economiche prospettate all’interno del Programma di Stabilità e del Piano Nazionale delle Riforme, che saranno concretamente definite nella Nota di aggiornamento di settembre 2017 e adottate con la prossima legge di stabilità.

Come si espone più diffusamente più avanti, le due previsioni coincidono per l’anno in corso, mentre si differenziano gradualmente negli anni successivi

 

La validazione delle previsioni macroeconomiche

Nel rispetto dei regolamenti europei[10], le previsioni macroeconomiche tendenziali e programmatiche presentate nel DEF sono sottoposte alla validazione dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB), secondo quanto previsto dalla legge n. 243/2012 di attuazione del principio del pareggio del bilancio[11]. Lo scenario macroeconomico tendenziale ha ottenuto la validazione dell’Ufficio, comunicata al Ministro dell’economia e delle finanze il 31 marzo 2017.

Nel validare le previsioni contenute nel quadro macroeconomico tendenziale MEF 2017-2020, in quanto esse “si collocano in un intervallo accettabile allo stato delle informazioni attualmente disponibili” l’Ufficio allega una nota esplicativa che illustra tale valutazione. Questa, nell’affermare che il profilo della crescita tendenziale lungo l’arco della previsione (con un lieve rallentamento nel 2018 e poi una relativa stabilizzazione) è nell’insieme compatibile con la dinamica ipotizzata nelle stime del panel UPB, osserva come tale allineamento si verifichi, prevalentemente, in prossimità del limite superiore delle stime dell'insieme dei previsori medesimi.

Più in particolare, le ipotesi MEF di crescita tendenziale risultano nel 2017 solo leggermente superiori al valore mediano delle stime del panel, mentre per gli anni successivi si situano in prossimità del valore massimo delle stime del panel medesimo (risultando tuttavia nel solo 2019 più elevate dell’estremo superiore del panel).

Per il quadro dell’inflazione,. l’UPB rileva che la stima MEF del deflatore dei consumi privati del PIL si colloca al valore massimo delle previsioni del panel UPB nel 2020. La combinazione delle ipotesi di crescita e inflazione dello scenario tendenziale MEF concorre a determinare una evoluzione del PIL nominale che si colloca in corrispondenza del valore più alto dell’intervallo di stime del panel UPB nel 2018 e si situa sopra tale estremo superiore (per un decimo di punto) nel 2020. Il concretizzarsi di risultati inferiori alle attese per il PIL nominale, in conseguenza di andamenti più deboli di quelli previsti sul lato della crescita reale e dell’inflazione, avrebbe pertanto conseguenze negative per l’evoluzione del rapporto debito/PIL.

Circa le ipotesi sulle esogene internazionali che sono alla base delle stime del MEF, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio segnala come l’innalzamento – ipotizzato dal MEF - dell’elasticità del commercio internazionale alla crescita del PIL mondiale potrebbe risultare soggetto al rischio costituito dalle tensioni protezionistiche presenti nel quadro globale. Segnala inoltre come l’ invarianza del tasso di cambio dell’euro, assunta (in linea con la procedura raccomandata dalla Commissione europea) per tutto il periodo di previsione, risulti secondo l’UPB in contrasto con altre previsioni e con le tendenze indicate nei mercati a termine che scontano un rafforzamento della moneta europea.

 

Il quadro macroeconomico tendenziale

Il DEF conferma per il 2017 la fase di moderata ripresa dell’economia italiana.

Il Documento mette in evidenza come il contributo alla ripresa dell’economia italiana venga soprattutto dalla domanda interna, sostenuta, principalmente, dal maggior dinamismo degli investimenti, in conseguenza delle migliorate condizioni finanziarie e del cambiamento di clima delineato dagli indicatori di fiducia; i consumi subirebbero invece un lieve rallentamento, risentendo dalla decelerazione del reddito disponibile legata all’aumento dei prezzi.

Nella seconda metà del 2016 la crescita ha ripreso slancio, beneficiando del rapido aumento della produzione industriale e, dal lato della domanda, di investimenti ed esportazioni. La fiducia delle imprese italiane sta aumentando notevolmente in un contesto europeo che si fa via via più solido. Rispetto alle previsioni precedenti, il quadro odierno beneficia dell’espansione dei mercati di esportazione dell’Italia e del deprezzamento del cambio: l’evoluzione congiunturale dell’economia italiana si presenta quindi favorevole e, sottolinea il DEF, gli andamenti più recenti forniscono ulteriori segnali positivi sulla crescita del prodotto interno lordo nel primo trimestre 2017.

Gli indici di fiducia delle imprese italiane sono saliti notevolmente durante il primo trimestre, toccando a marzo il livello più alto dal 2007 per quanto riguarda l’industria; ed, in particolare, vengono sottolineati i segnali positivi che emergono per il primo trimestre per il settore manifatturiero. I risultati che emergono dall’indagine sul clima di fiducia del settore e dall’indice PMI (svolto presso i direttori degli acquisti) sono favorevoli, e mostrano un progressivo e sensibile incremento della fiducia nei primi tre mesi dell’anno, legato al miglioramento dei giudizi sugli ordini e sulle attese di produzione.

Nonostante l’inaspettato calo registrato a gennaio, la ripresa della produzione industriale, molto positiva negli ultimi mesi del 2016 e in recupero già a febbraio, suggerisce che l’attività economica possa continuare ad espandersi nei primi mesi dell’anno. Nel complesso, la media della produzione industriale destagionalizzata nei tre mesi terminanti a febbraio mostra una crescita dello 0,74% sui tre mesi precedenti (3,0% a tasso annualizzato). Analogo andamento mostra il settore delle costruzioni, in cui si è assistito a una risalita della produzione alla fine del 2016, seguita da una flessione sensibile dell’indice in gennaio. Il settore dovrebbe però dare segnali di ripresa in corso d’anno – secondo il DEF - anche alla luce della progressiva accelerazione degli investimenti pubblici.

I livelli degli indicatori di fiducia, in particolare l’indice dei consumatori, si mantengono positivi, sebbene leggermente inferiori rispetto ai livelli massimi registrati a dicembre.

I dati congiunturali diffusi dall’ISTAT relativi ai primi mesi dell’anno confermano i segnali di una ripresa benché ancora incerta.

Secondo quanto emerge dall’ultima Nota mensile Istat, rilasciata lo scorso 5 aprile, l’indice della produzione industriale ha registrato a gennaio una contrazione del 2,3% rispetto a dicembre, mantenendo tuttavia una variazione positiva dello 0,5% nel trimestre novembre-gennaio. Analoga flessione congiunturale a gennaio ha riguardato il fatturato e gli ordinativi dell’industria (rispettivamente in flessione del 3,5 e del 2,9%), che comunque hanno un andamento positivo (1,7 e 0,9%) in riferimento al medesimo trimestre. Con riguardo alla produzione industriale, peraltro, l’indice destagionalizzato, rilasciato dall’Istituto nel Comunicato del successivo 10 di aprile e che include anche il mese di febbraio, evidenzia un aumento dell’1,0%% rispetto a gennaio, con una media trimestrale – riferita al periodo dicembre-febbraio - in crescita dello 0,7% rispetto al trimestre precedente. Corretto per gli effetti di calendario, a febbraio 2017, l’indice risulta aumentato in termini tendenziali dell’1,9%.

Segnali non incoraggianti, secondo la Nota mensile Istat di aprile, provengono invece dal settore delle costruzioni, che ha registrato a gennaio un forte calo (anche a seguito delle avverse condizioni climatiche): rispetto al mese precedente: l'indice destagionalizzato della produzione nel settore si è ridotto del 3,8% e, nella media del trimestre novembre-gennaio - nonostante gli incrementi di novembre (+2,0%) e dicembre (+1,0%) - la variazione congiunturale rimane negativa (-0,7%). Nel quarto trimestre 2016, tuttavia, i prezzi delle abitazioni hanno registrato in termini tendenziali un lieve aumento (+0,1%, da -0,9% del trimestre precedente), con un’inversione della tendenza iniziata nel primo trimestre del 2012, come illustrato nel paragrafo precedente. Tuttavia la loro variazione è nulla rispetto al trimestre precedente, sintesi di un aumento dei prezzi delle abitazioni nuove (0,5%) e di un calo di quelli delle abitazioni esistenti (0,2%).

Per quanto attiene infine al clima di fiducia, a marzo, l’indice del clima di fiducia dei consumatori è aumentato a seguito del miglioramento del clima economico e di quello futuro, passando a 106,6 da 107,6 del mese precedente. Anche l'indice composito del clima di fiducia delle imprese ha segnalato un ulteriore miglioramento (dal 104,3 a 105,1), che ricomprende tutti i settori economici ad eccezione delle costruzioni, raggiungendo il livello più elevato da gennaio 2016 (Comunicato ISTAT, 29 marzo 2017).

 

Nonostante le prospettive favorevoli del primo trimestre ed il miglioramento del contesto internazionale e delle aspettative nelle economie avanzate, Italia compresa, il DEF fissa le stime tendenziali di crescita del PIL per il 2017 all’1,1%, con un lieve rialzo dello 0,1% rispetto alla crescita prevista in termini programmatici a settembre 2016, nella Nota d aggiornamento del DEF.

Per il 2018, si prevede una lieve riduzione del tasso di crescita rispetto al 2017, intorno all’1,0%, ponendosi al di sotto delle previsioni programmatiche elaborate a settembre scorso nella Nota di aggiornamento del precedente DEF (1,3%). Nell’ultimo biennio di previsione, il PIL si stabilizzerebbe interno all’1,1%.

Tabella 4 - Confronto sulle previsioni di crescita del PIL

(variazioni percentuali)

 

Consuntivo
ISTAT

Nota aggiornamento DEF 2016
Previsioni programmatiche

settembre 2016

DEF 2017
Previsioni tendenziali
aprile 2017

 

2016

2017

2018

2019

2017

2018

2019

2020

PIL

0,9

1,0

1,3

1,2

1,1

1,0

1,1

1,1

 

In merito alla revisione delle stime di crescita del PIL, il DEF sottolinea come in un’ottica di medio periodo e in assenza di shock sfavorevoli l’insieme delle riforme già messe in atto negli ultimi anni indurrebbe a un maggiore ottimismo; tuttavia ragioni prudenziali legate alla programmazione di bilancio vincolano le proiezioni di crescita. Per il 2018, in particolare, l’aumento delle imposte indirette previsto dalle clausole di salvaguardia contenute in precedenti provvedimenti legislativi, ostacolerebbe l’accelerazione tendenziale dell’economia.

Ma la maggiore cautela riguardo al 2018-2019 è inoltre spiegata nel DEF dall’incertezza sul contesto di medio termine globale ed europeo e dal recente aumento dei tassi di interesse, che secondo la convenzione seguita nel formulare le previsioni, implica livelli più elevati attesi in futuro.

 

Nel DEF sono analiticamente illustrate – nel Focus relativo a “Gli errori di previsione del 2016 e la revisione delle stime per il 2017 e anni successivi” riportato nella Sezione I relativa al Programma di stabilità - le motivazioni di base che giustificano la revisione prudenziale del tasso di crescita dell’economia rispetto alle previsioni contenute nella Nota di aggiornamento del DEF e nel Documento programmatico di bilancio (DPB), alla luce dei dati di consuntivo relativi al 2016, pubblicati dall’ISTAT i primi giorni di marzo, e delle nuove ipotesi sullo scenario macroeconomico internazionale.

La tavola che segue mostra gli impatti sulla crescita del PIL tra il 2017 e il 2019 delle revisioni delle esogene internazionali rispetto alle assunzioni di ottobre.

In maniera sintetica, si mostra che nella revisione delle stime di crescita tendenziale di breve periodo la variazione del cambio dell’euro ha un effetto rilevante. L’aggiornamento del tasso di cambio rispetto al DBP, che implica un deprezzamento dell’euro rispetto alle altre valute, porterebbe ad una maggiore crescita del PIL di 0,2 punti percentuali nel 2017 e di 0,1 punti percentuali nel 2018. La maggiore dinamicità del commercio mondiale, a partire dalla seconda metà del 2016, rispetto a quanto prospettato nel DBP (si ricorda che per le simulazioni si utilizza la domanda internazionale pesata per l’Italia), si estende al 2017. Per la parte restante dell’arco previsivo, invece, non si riscontrano variazioni. La maggiore crescita stimata dunque è pari ad un decimo di punto per il solo 2017; nulli gli effetti negli anni seguenti. Con riferimento ai tassi di interesse, l’estensione del Quantitative Easing (QE) a tutto il 2017 annunciata a fine 2016 da parte della BCE renderebbe il profilo del tasso d’interesse a breve termine accomodante per l’economia su tutto l’orizzonte previsivo, rendendo così favorevoli le condizioni del credito. Per contro, le recenti tensioni sui BTP, dovute anche all’incertezza che caratterizza gli esiti delle prossime elezioni in vari paesi europei, hanno causato un innalzamento delle proiezioni del tasso d’interesse a 10 anni nel quadriennio ed un aumento dello spread rispetto al Bund, con un leggero peggioramento delle condizioni finanziarie. L’effetto netto dei due fattori, secondo le stime del modello econometrico, sarebbe leggermente negativo, in particolare nel 2019.

Tabella 5 - Effetto stimato sul PIL della variazione rispetto al DPB delle esogene internazionali (differenze dei tassi di crescita previsti)

(variazioni percentuali)

 

2017

2018

2019

Domanda mondiale pesata per l’Italia

0,1

0,0

0,0

Prezzo del petrolio

0,0

0,0

0,1

Tasso di cambio nominale effettivo

0,2

0,1

0,0

Tassi di interesse

0,0

0,0

-0,1

Totale

0,3

0,1

0,0

Fonte: DEF 2017

Con riferimento alle mutate prospettive dello scenario internazionale, rispetto a quanto ipotizzabile in autunno, si sottolinea pertanto come, complessivamente, il nuovo contesto internazionale più favorevole giustificherebbe un rialzo della previsione di crescita del PIL per il 2017 pari a circa 0,3 punti percentuali, 0,1 punti nel 2018 mentre risulterebbe neutrale per il 2019. La previsione ufficiale non riflette pienamente queste stime poiché si è adottata una valutazione prudenziale.

 

Dal punto di vista della crescita nominale, si rammenta che la previsione tendenziale riflette non solo gli andamenti attesi dei prezzi, ma anche l’aumento delle imposte indirette previsto dalle cosiddette clausole di salvaguardia[12]. Il PIL nominale, cresciuto dell’1,6% nel 2016, accelererebbe al 2,2% nel 2017 e al 2,9% nel 2018-2019, rimanendo intorno al 2,8% nel 2020.

Si ritiene utile, infine, riportare un confronto tra le previsioni di crescita recate nel DEF 2017 e quelle elaborate dai principali istituti di ricerca nazionali e internazionali nei primi mesi dell’anno, che stimano per il 2017 una crescita del PIL tra 0,9–1,1 punti percentuali, lievemente inferiore, nella media, rispetto a quella del Governo; per il 2018 le previsioni sono invece sostanzialmente in linea.

Tabella 6 - Previsioni degli istituti nazionali e internazionali sulla crescita del PIL italiano

(variazioni percentuali)

 

2017

2018

GOVERNO (aprile ’17)

1,1

1,0

PROMETEIA (marzo ’17)

0,9

0,9

REF.IRS (gennaio ’17)

1,1

1,1

CER (gennaio ’17)

1,0

1,0

BANCA D’ITALIA (gennaio ’17)

0,9

1,1

OCSE – Interim Economic Outlook (7 marzo ‘17)

1,0

1,0

COMMISSIONE UE – Winter Forecast (13 febbraio ‘17)

0,9

1,1

FMI - WEO (12 aprile ‘16)

0,7

0,8

Fonte: nostra elaborazione

Le componenti del quadro macroeconomico tendenziale

La tabella che segue riporta le previsioni tendenziali per gli anni 2017-2020 dei principali indicatori del quadro macroeconomico complessivo esposto nel DEF 2017, a raffronto con i dati di consuntivo del 2016.

Tabella 7 - Il quadro macroeconomico tendenziale

(variazioni percentuali)

 

Consuntivo

Previsioni tendenziali

 

2016

2017

2018

2019

2020

PIL

0,9

1,1

1,0

1,1

1,1

Importazioni

2,9

4,4

2,8

3,6

3,8

Consumi finali nazionali

1,2

0,8

0,4

0,7

0,8

- spesa delle famiglie e I.S.P

1,4

1,0

0,5

0,8

0,8

- spesa delle P.A.

0,6

0,3

-0,1

0,2

0,8

Investimenti fissi lordi

2,9

3,7

3,1

3,4

3,5

- macchinari, attrezzature e beni immateriali

2,1

3,4

3,7

3,6

3,8

- mezzi di trasporto

27,3

11,6

1,5

3,7

4,6

- costruzioni

1,1

2,6

2,7

3,1

3,2

Esportazioni

2,4

3,7

3,2

3,3

3,1

 

PIL nominale (miliardi di euro)

1.672,4

1.709,5

1.758,6

1.810,4

1.861,9

Fonte: DEF 2016, Sezione I: Programma di stabilità, Tab. II.1.

Come si evince dalla tabella, tutti i principali indicatori macroeconomici manifestano nell’anno 2017 un valore positivo rispetto al 2016.

Come già ricordato, gli indicatori congiunturali più recenti consentono al Governo – sottolinea il DEF - di prevedere un andamento favorevole dell’economia.

Nel medio termine, inoltre, il complesso delle misure espansive implementate dalla BCE dovrebbe favorire un ulteriore miglioramento delle condizioni di offerta del credito al settore privato e alle imprese, alimentando la crescita economica, e consentire e una graduale risalita dell’inflazione verso l’obiettivo di medio termine, anche in considerazione dell’aumento del prezzo del petrolio.

 

Nelle nuove stime di crescita del Governo, la crescita continua ad essere sostenuta dalla domanda interna, sebbene la dinamica dei consumi privati sia prevista in rallentamento nel 2017 (+0,8% rispetto al risultato dell’1,2% raggiunto nel 2016) e negli anni successivi, risentendo - evidenzia il DEF - della decelerazione del reddito disponibile reale delle famiglie legata sia all’aumento dei prezzi (per effetto dell’aumento delle imposte indirette nel 2018) che alla moderazione salariale. In tale ambito, i consumi delle famiglie e delle I.S.P. (Istituzioni sociali private) manifestano un aumento di 1 punto percentuale nel 2017, rispetto alla crescita dell’1,4 manifestata nel 2016, con un andamento ancora più debole al di sotto dell’1,0% in tutto il periodo (+0,5, +0,8 e +0,8%, rispettivamente, nel triennio 2018-2020).

Il DEF sottolinea inoltre che il profilo dei consumi risulta comunque prudenziale, in quanto sconta il permanere del tasso di risparmio ai livelli registrati nel 2016 (8,6%).

Maggiore vivacità manifestano, invece, gli investimenti fissi lordi, in grande recupero già nel 2015-2016 dopo gli andamenti fortemente negativi degli anni passati, sono previsti in ulteriore crescita nel 2017 (+3,7%). La crescita prosegue a ritmi sostenuti anche nel periodo successivo, spinti dalla ripresa dell’export, dalle condizioni finanziarie favorevoli e dagli incentivi di natura fiscale. In prospettiva, sottolinea il DEF, gioca un ruolo importante anche il graduale recupero dei margini di profitto e il miglioramento dei bilanci delle imprese.

Gli investimenti in costruzioni crescerebbero in misura più contenuta, ma risulterebbero in progressivo miglioramento.

Per quanto concerne le esportazioni che negli ultimi due anni non hanno costituito un apporto positivo alla crescita del PIL– esse ritornerebbero ad una crescita del 3,7% nel 2017, mantenendosi su una media di crescita del 3,2% nel periodo successivo, tasso leggermente inferiore a quello dei mercati esteri rilevanti per l’Italia. Le importazioni sarebbero sospinte dalla maggiore domanda interna.

Segnali incoraggianti in tal senso emergono dai primi dati mensili di commercio estero.

Gli ultimi dati ISTAT disponibili[13] sembrano confermare questa tendenza. A gennaio 2017, rispetto al mese precedente, l'export aumenta dello 0,5% e l'import diminuisce dello 0,2%. Negli ultimi tre mesi, gli scambi con l’estero sono risultati particolarmente intensi (+3,8% per l'export e +4,3% per l'import) soprattutto con i paesi extra-Ue. Le vendite di tutti i principali raggruppamenti industriali sono in espansione. In gennaio, Russia, Cina, Stati Uniti e Giappone risultano gli sbocchi più dinamici per le esportazioni del nostro Paese.

 

Il grafico seguente indica l’andamento delle principali variabili del quadro macroeconomico a partire dal 2007 sino alla fine del periodo di previsione indicato del DEF 2017.

Figura 6 - Conto economico delle risorse e degli impieghi – Previsioni tendenziali

 (var. % a prezzi costanti)

2013-2015 obiettivi Governo

 

Quanto alla dinamica dei prezzi, si prospetta una ripresa graduale dell’inflazione al consumo rispetto al 2016, poco al di sopra dell’1% nell’anno. Su tale andamento – sostiene il DEF – incide l’andamento del prezzo del petrolio.

Il DEF sottolinea che a marzo è proseguita la dinamica al rialzo dell’inflazione, seppure a ritmi più contenuti rispetto al mese precedente (secondo le stime preliminari del Comunicato ISTAT del 31 marzo scorso), che ha portato l’indice dei prezzi a segnare un valore positivo nel 2016.

L’aumento continua ad essere guidato dalle componenti maggiormente volatili (i beni energetici non regolamentati e gli alimentari non lavorati) a seguito dell’aumento del prezzo del petrolio, cui si è aggiunta l’accelerazione dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti. Tuttavia, l’inflazione di fondo è salita solo leggermente e risulta marginalmente superiore allo 0,5%. Tenuto conto dell’andamento del prezzo del petrolio, stabile intorno ai 50 dollari al barile, si prospetta una crescita dell’indice dei prezzi poco al di sopra dell’1% nell’anno.

Tabella 8 - Andamento dei prezzi

(variazioni percentuali)

 

Consuntivo

Previsioni Tendenziali

 

2016

2017

2018

2019

2020

Deflatore del PIL

0,8

1,1

1,8

1,8

1,7

Inflazione IPCA (al netto energetici importati)

0,5

1,0

1,2

1,4

-

Inflazione programmata

0,2

 

 

 

 

Fonte: DEF 2017

Con riferimento all’andamento inflazionistico, i dati congiunturali di marzo[14] registrano che l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, non varia su base mensile rispetto a febbraio, ma registra comunque un aumento dell'1,4% rispetto a marzo 2016.

Secondo quanto emerso nei primi mesi del 2017 – rileva la Nota mensile Istat rilasciata il 4 aprile scorso - le aspettative per il breve termine sebbene orientate al rialzo, manifestano ancora cautela. A marzo la dinamica dei prezzi al consumo è risultata in leggero rallentamento, dopo i rialzi dei primi due mesi dell’anno. In base al recente Comunicato del 13 aprile scorso, la crescita tendenziale dell’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC) si è attestata all’1,4%, due decimi di punto in meno rispetto a febbraio. L'incremento tendenziale dell'indice continua ad essere determinato principalmente dai Beni energetici non regolamentati (+11,3%) e dagli Alimentari non lavorati (+6,2%), la cui crescita è in calo rispetto al mese precedente quando era pari a +12,1% per i primi e a +8,8% per i secondi. A sostenere l'inflazione si aggiunge la dinamica dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (+2,5%, in lieve accelerazione da +2,4% di febbraio). Di conseguenza, l'"inflazione di fondo", al netto degli energetici e degli alimentari freschi, sale di un solo decimo di punto percentuale (+0,7%, da +0,6% del mese precedente). L'inflazione acquisita per il 2017 è pari a +1,1% per l'indice generale, a +0,3% per la componente di fondo.

Anche l’indice armonizzato (IPCA) ha registrato un ritmo leggermente inferiore su base annua (+1,4% da +1,6% di febbraio), mantenendosi al di sotto del tasso medio dell’area euro (+1,5% nella stima di marzo) e ancora distante dal valore indicato dalla Banca centrale europea come obiettivo per la stabilità dei prezzi (inferiore, ma vicino al 2%). L’inflazione ha continuato a essere determinata essenzialmente dai movimenti dei prezzi energetici e alimentari che, dopo i forti aumenti dei mesi precedenti, hanno mostrato un rallentamento dei ritmi di crescita; le tendenze della core inflation (sempre positiva e stabile allo 0,6% in marzo nell’accezione al netto di energetici, alimentari e tabacchi), sebbene incerte, non manifestano evidenti segnali di ripresa.

Figura 7 - Dinamica dei prezzi

Fonte: ISTAT, “Prezzi al consumo – Marzo 2017, dati provvisori”, 31 marzo 2017.

La Commissione europea, nel Winter Forecast di febbraio 2017 sottolinea come nel 2016 l'inflazione IAPC sia stata prossima allo zero, per il terzo anno consecutivo, a causa di un ulteriore calo dei prezzi dell'energia. Poiché i prezzi dell'energia aumentano, l’inflazione in Italia è prevista salire al 1,4% nel 2017 e stabilizzarsi nel 2018.

 

Il quadro macroeconomico programmatico

Nello scenario programmatico gli effetti delle politiche fiscali e di controllo della spesa, di imminente attuazione, che ridurranno l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche dello 0,2% del PIL nel 2017, determinerebbero una crescita del PIL dell’1,1% nel 2017, in linea con lo scenario tendenziale.

La previsione macroeconomica programmatica per i tre anni seguenti, che riflette l’intendimento del Governo di seguire un sentiero di politica di bilancio in linea con le regole europee, è pari a quella tendenziale nel 2018 (+1,0%) e, invece, lievemente inferiore nel 2019 (1,0 contro 1,1%). Nel 2020 la crescita programmatica del PIL è prevista pari a quella tendenziale, ovvero 1,1%, in quanto l’obiettivo del conseguimento di un pieno pareggio di bilancio, sia in termini nominali che strutturali (ovvero aggiustati per ciclo e misure temporanee), comporta una riduzione del deficit esigua (0,2 punti percentuali di PIL).

Lo scenario programmatico – sottolinea il DEF - sconta un minor carico di imposte indirette rispetto al tendenziale e, di conseguenza, in media un aumento dei prezzi al consumo più contenuto. Sia nel 2017 che nel triennio 2018-2020 l’inflazione sarebbe lievemente inferiore nello scenario programmatico, con un conseguente aumento del potere di acquisto delle famiglie. Da rilevare anche un maggiore incremento occupazionale legato ad una riduzione selettiva del cuneo fiscale sul lavoro

In merito alle clausole di salvaguardia tuttora previste in termini di aumento delle aliquote IVA e delle accise, il Governo intende sostituirle con misure sul lato della spesa e delle entrate, comprensive di ulteriori interventi di contrasto all’evasione. Tale obiettivo sarà perseguito nella Legge di bilancio per il 2018, la cui composizione verrà definita nei prossimi mesi, anche sulla scorta della riforma delle procedure di formazione del bilancio che faciliterà la revisione della spesa.

Tabella 9 - Il quadro macroeconomico tendenziale e programmatico

(variazioni percentuali)

 

Previsioni tendenziali

Previsioni Programmatiche

 

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

PIL

1,1

1,0

1,1

1,1

1,1

1,0

1,0

1,1

Importazioni

4,4

2,8

3,6

3,8

4,4

2,9

3,4

4,1

Consumi finali nazionali

0,8

0,4

0,7

0,8

0,7

0,5

0,6

0,7

- spesa delle famiglie e I.S.P

1,0

0,5

0,8

0,8

0,9

0,6

0,7

0,7

- spesa delle P.A.

0,3

-0,1

0,2

0,8

0,2

0,1

0,1

0,7

Investimenti fissi lordi

3,7

3,1

3,4

3,5

3,6

3,0

2,7

3,2

- macchinari, attrezzature e vari*

3,4

3,7

3,6

3,8

3,3

3,4

3,0

3,4

- mezzi di trasporto

11,6

1,5

3,7

4,6

11,6

1,4

2,6

4,0

- costruzioni

2,6

2,7

3,1

3,2

2,5

2,7

2,3

2,8

Esportazioni

3,7

3,2

3,3

3,1

3,7

3,2

3,5

3,5

 

Occupazione (ULA)

0,8

0,8

0,7

0,7

0,8

0,9

0,9

0,7

Tasso di disoccupazione

11,5

11,2

10,8

10,2

11,5

11,1

10,5

10,0

 

Deflatore PIL

1,1

1,8

1,8

1,7

1,2

1,7

1,9

1,7

* Tale voce ricomprende gli investimenti in macchinari e attrezzature e in beni immateriali.

Fonte: DEF 2017, Sezione II: Analisi e tendenze della Finanza pubblica, Tab. I.1-1 e I.1-2.

Gli effetti delle politiche di bilancio che influenzano l’evoluzione del quadro programmatico rispetto allo scenario tendenziale ricomprendono anche le stime dell’impatto macroeconomico delle riforme strutturali vengono riportate nel Programma Nazionale di Riforma[15], nel quale si fornisce un quadro – articolato per ciascuna delle riforme – a 5 e 10 anni dall’introduzione delle riforme, e nel lungo periodo. Le principali aree interessate dal processo di riforma sono le seguenti: Pubblica Amministrazione e semplificazione, concorrenza, mercato del lavoro, giustizia ed istruzione. Inoltre, rispetto alla precedente versione del PNR, sono stati aggiunti gli interventi attuati in materia di crediti deteriorati e procedure fallimentari e le misure relative a ‘Industria 4.0’ (in proposito si rinvia all’apposito capitolo “Competitività e concorrenza” del presente dossier), un ampio pacchetto di provvedimenti che comprende: le misure di stimolo agli investimenti innovativi, le misure di rafforzamento delle competenze (scuola digitale e percorsi formativi ad hoc) e le misure di Finanza per la crescita.

Nella tavola seguente si presenta l’impatto sul PIL dei principali provvedimenti di riforma. L’impatto delle riforme determina un incremento del PIL, rispetto allo scenario di base, pari al 2,9% dopo cinque anni e al 4,7% dopo dieci anni dall’introduzione delle riforme. Nel lungo periodo l’effetto complessivo stimato sul prodotto è di circa il 10%.

Tabella 10 - Effetti macroeconomici delle riforme strutturali per area di intervento (scostamenti percentuali del PIL rispetto allo scenario base)

 

 

2021

2026

Lungo periodo

Pubblica Amministrazione

0,5

0,8

1,2

Concorrenza

0,2

0,5

1,0

Mercato del lavoro

0,6

0,9

1,3

Giustizia

0,1

0,2

0,9

Istruzione

0,2

0,3

1,3

Crediti deteriorati e procedure fallimentari

0,1

0,1

0,1

Industria 4.0, di cui:

1,2

1,9

4,1

Investimenti innovativi

0,6

0,7

1,1

Competenze

0,1

0,3

1,1

Finanza per la crescita, di cui:

0,5

0,9

1,9

- PIR Fondi investimenti

- Altri interventi

0,3

0,2

0,5

0,4

0,9

1,0

TOTALE

2,9

4,7

9,9

Fonte: DEF 2017, , Sezione III: programma Nazionale di riforma, Tab. II.2.

Nella tavola che segue si riporta l’effetto complessivo delle riforme strutturali, con un focus sulle principali variabili macroeconomiche. In particolare, emerge il carattere espansivo delle riforme, soprattutto nel medio e lungo periodo. Si osserva come l’impatto sia sulla spesa per consumi sia su quella per investimenti risulti sostanzialmente coerente con quello registrato per il prodotto.

Tabella 11 - Effetti macroeconomici delle riforme strutturali per componenti del PIL (scostamenti percentuali del PIL rispetto allo scenario base)

 

 

2021

2026

Lungo periodo

PIL

2,9

4,7

9,9

Consumi

2,5

4,5

8,3

Investimenti

4,4

6,9

13,6

Fonte: DEF 2017, Sezione III: programma Nazionale di riforma, Tab. II.3.

2.3. Il mercato del lavoro

Per quanto concerne il mercato del lavoro, nel DEF si rileva come il 2016 si chiuda con risultati positivi, confermando l’evoluzione favorevole che si era già manifestata nel 2015, dopo un periodo negativo che datava dal 2009. L’occupazione cresce per il terzo anno consecutivo (+1,3%, 293 mila occupati in più), a ritmi più sostenuti rispetto al 2015, portando il tasso di occupazione al 57,2% (+0,9 punti, mentre nel 2015 il tasso era aumentato di 6 punti percentuali).

La diminuzione del tasso di disoccupazione, ora situato all’11,7% (11,9% nel 2015) è più contenuta, ammontando a soli due punti percentuali. Il fatto che la velocità di aumento del tasso di occupazione è maggiore di quella con cui diminuisce il tasso di disoccupazione è probabilmente attribuibile anche al fatto che il miglioramento delle prospettive di lavoro ha portato sul mercato persone precedentemente scoraggiate, riducendo l’inattività e aumentando l’offerta di lavoro.

Figura 8 - Occupati (scala sinistra) e tasso di disoccupazione (scala destra) - I trim. 2011 – IV trim. 2016

(dati destagionalizzati, valori assoluti in migliaia di unità e valori percentuali)

Fonte: ISTAT, Comunicato “Il mercato del lavoro – IV trimestre 2016”, 10 marzo 2017.

La tabella seguente riporta i dati di consuntivo dell’ultimo decennio dei principali indicatori del mercato del lavoro.

Tabella 12 - Mercato del lavoro anni 2007-2016

 

 

2007

2008

2009

2010

2011

2012

2013

2014

2015

2016

Numero occupati (migliaia di unità)

22.894

23.090

22.699

22.527

22.598

22.566

22.191

22.279

22.465

22.758

Numero occupati variazione %

0,6

0,9

-1,7

-0,8

0,3

-0,1

-1,7

0,4

0,8

1,3

Totale Unità di lavoro standard

25.125

25.023

24.336

24.130

24.162

23.830

23.250

23.298

23.536

23.859

Unità di lavoro standard -
variazione %

1,0

-0,4

-2,7

-0,8

0,1

-1,4

-2,4

0,2

1,0

1,4

Tasso di attività

62,4

62,9

62,3

62,0

62,1

63,5

63,4

63,9

64,0

64,9

Tasso di occupazione

58,6

58,6

57,4

56,8

56,8

56,6

55,5

55,7

56,3

57,2

Tasso di disoccupazione

6,1

6,7

7,7

8,4

8,4

10,7

12,1

12,7

11,9

11,7

Fonte: ISTAT, Il mercato del lavoro (10 marzo 2017). Per le ULA, PIL e indebitamento delle AP – Anni 2014-2016 (1 marzo 2017). Per gli anni precedenti, banca dati Istat.

Gli andamenti temporali, riportati nei grafici che seguono, evidenziano l’inversione di tendenza avvenuta nel mercato del lavoro negli ultimi anni, dapprima sul numero di occupati (che ha toccato il suo minimo nel 2013 ed è gradualmente risalito, senza però ancora raggiungere il valore del 2008) e nel tasso di disoccupazione (che, dopo 7 anni di aumento ininterrotto, dal massimo toccato nel 2014 è sceso di un punto percentuale in due anni, con una forte diminuzione nel 2015 e un leggero calo nel 2016).

La tabella riassuntiva dei principali indicatori del mercato del lavoro nell’ultimo decennio sopra riportata, evidenzia che benché il numero di occupati a fine 2016 sia quasi tornato ad eguagliare il livello del 2007, in termini di unità di lavoro standard l’occupazione risulti ancora significativamente inferiore, potendosene dedurre che a fine periodo lavora un numero di persone pressoché eguale a quello di dieci anni fa, ma per un minor numero di ore.

Figura 9 - Occupati (a sinistra) e tasso di disoccupazione (a destra) – Serie storica

 

Fonte: Rielaborazione del Servizio Studi della Camera dei Deputati su dati Istat

La nota dell’Istat “Il mercato del lavoro”, diffusa il 10 marzo 2017, effettua un’analisi disaggregata relativa all’andamento degli indicatori nel 2016.

In relazione alla tipologia di lavoro, la nota rileva che l’aumento dell’occupazione riguarda soltanto il lavoro alle dipendenze (1,9%, +323 mila) ed è concentrato tra i dipendenti a tempo indeterminato (+281 mila in confronto ai +42 mila a termine). La crescita tendenziale dell’occupazione continua dunque ad essere interamente determinata dalla componente del lavoro dipendente. Da sei anni prosegue, invece, la diminuzione del numero di lavoratori indipendenti (-30 mila, -0,5%), anche nel 2016 dovuta quasi esclusivamente ai collaboratori. Per il secondo anno consecutivo cresce il lavoro a tempo pieno (+183 mila; +1,0%) e continua ininterrottamente dal 2010 la crescita del lavoro a tempo parziale: questo nel 2016 è quasi esclusivamente di tipo volontario, con la conseguente diminuzione dell’incidenza del part time involontario sul totale del lavoro a tempo parziale (62,6%, -1,3 punti).

Si riduce il contingente di persone in cerca lavoro da almeno 12 mesi, la cui incidenza passa dal 58,1% del 2015 al 57,3%. Nel 2016 il numero di inattivi diminuisce per il terzo anno consecutivo e in misura molto più marcata (-410 mila, -2,9%) coinvolgendo entrambi i generi, le diverse ripartizioni territoriali, e tra le classi di età soprattutto gli adulti. Il calo riguarda sia la componente più distante dal mercato del lavoro (-200 mila, -1,9%) sia le forze di lavoro potenziali (-210 mila, -5,9%). Nel 2016, per il secondo anno consecutivo e con maggiore intensità, diminuisce il numero degli scoraggiati (-164 mila, -8,6%), la cui flessione continua ininterrotta dal secondo trimestre 2015.

In relazione al genere, l’occupazione aumenta più per le donne (+1,5% rispetto a +1,1% gli uomini) ma il tasso cresce con la stessa intensità (entrambi +0,9 punti). La disoccupazione, invece, aumenta soltanto per le donne (31 mila, +2,3 punti) con il tasso che sale di 0,1 punti, mentre per gli uomini la disoccupazione scende sia in valore assoluto (-52 mila, -3,1%) sia nel tasso (-0,4 punti). Il calo dell’inattività è consistente per entrambe le componenti di genere.

Per quanto concerne le differenze anagrafiche, grazie alla crescita nei primi due trimestri dell’anno, aumentano gli occupati di 15-34 anni (44 mila, +0,9%) e si accentua la crescita del rispettivo tasso di occupazione (+0,7 punti in confronto a +0,1 punti nel 2015). Per i 35-49enni la riduzione del numero di occupati si accompagna all’aumento del tasso di occupazione (+0,6 punti). Prosegue la crescita dell’occupazione e del tasso per gli ultracinquantenni, indotta sia dall’invecchiamento della popolazione che dall’allungamento dell’età pensionabile. Il tasso di disoccupazione si riduce soprattutto per i più giovani mentre il calo del tasso di inattività è maggiore per gli over50.

A livello territoriale, nel 2016 l’incremento dell’occupazione riguarda soprattutto il Nord e il Mezzogiorno. Nelle regioni meridionali il tasso di occupazione 15-64 anni cresce di 0,9 punti in un anno (a fronte di +1,1 nel Nord e +0,6 nel Centro), ma è ancora sotto al livello del 2008 di 2,6 punti (-1,0 punti nel Nord e -0,7 nel Centro). I divari territoriali restano comunque accentuati: se nel Centro-Nord sono occupate oltre 6 persone su 10 tra i 15 e i 64 anni, nel Mezzogiorno continuano a esserlo poco più di 4.

I disoccupati e il relativo tasso crescono soltanto nel Mezzogiorno, in corrispondenza della più forte diminuzione dell’inattività. Si ampliano quindi i divari relativi alla disoccupazione: l’indicatore sale al 19,6% nel Mezzogiorno e scende al 10,4% nel Centro e al 7,6% nel Nord.

 

Il grafico che segue fotografa gli andamenti occupazionali per provincia.

Figura 10 - Tasso di occupazione e disoccupazione - anno 2016

Tasso di occupazione 15-64 anni per provincia. Anno 2016

Tasso di disoccupazione per provincia. Anno 2016

Fonte: Istat, Il mercato del lavoro, pag. 18.

Queste tendenze sono sostanzialmente confermate anche dai dati congiunturali dell’ultimo trimestre 2016 (si veda anche la relativa nota trimestrale sulle tendenze dell’occupazione, diffusa congiuntamente dall’Istat, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dall’Inps) e da quelli del primo bimestre 2017 (pubblicati il 3 aprile nel comunicato Istat “Occupati e disoccupati”) i cui contenuti qui non si dettagliano, rimandandosi in proposito ai suddetti documenti

 

Come anticipato all’inizio, come per il 2015, anche per il 2016, il DEF valuta confortanti i risultati 2016 relativi al mercato del lavoro, a riprova che le misure introdotte (Jobs Act e decontribuzione) hanno avuto effetti positivi sull’occupazione. La crescita degli occupati ha accelerato sia in termini di unità standard (1,4%), che di occupati di contabilità nazionale e di forze di lavoro (entrambi dell’1,3%). Secondo le informazioni desumibili dai dati delle forze di lavoro, la crescita del numero degli occupati riflette l’aumento dei dipendenti con contratto a tempo determinato e indeterminato. Gli occupati indipendenti hanno registrato un calo. Il miglioramento dell’occupazione è stato accompagnato da una accelerazione della partecipazione al mercato del lavoro: di conseguenza il tasso di disoccupazione si è ridotto solamente di 0,2 punti percentuali, attestandosi all’11,7%.

È proseguita la fase di moderazione salariale. I redditi da lavoro dipendente pro-capite sono cresciuti in media annua dello 0,3%, mentre la produttività del lavoro, misurata sulle ULA, è diminuita dello 0,5%; Tali fattori si sono riflessi negativamente sul costo del lavoro: il CLUP ha segnato un aumento dello 0,8% per l’economia nel suo complesso.

Tabella 13 - Il mercato del lavoro

(variazioni percentuali)

 

Consuntivo

Previsioni Tendenziali

2016

2017

2018

2019

2020

Occupazione (ULA) *

1,4

0,8

0,8

0,7

0,7

Tasso di disoccupazione

11,7

11,5

11,2

10,8

10,2

Tasso di occupazione

57,2

57,9

58,3

58,8

59,5

CLUP (sul PIL)

0,8

0,8

0,8

1,1

1,0

* Unità di lavoro standard – variazione %

Fonte: DEF 2017

Le previsioni tendenziali riportate nel DEF[16], esposte nella tabella sopra riportata mantengono una variazione positiva dell’occupazione per tutto il periodo di previsione, che si riflette favorevolmente sugli indicatori occupazionali, con un tasso di disoccupazione che scende di 1,5 punti percentuali a fine periodo, posizionandosi a 10,2 punti percentuali, ed un tasso di occupazione che dovrebbe registrare un analogo andamento, salendo di oltre 2 punti percentuali rispetto al consuntivo 2016.

La permanenza del tasso di disoccupazione italiano sopra all’11% nel biennio 2017-18 è contenuta anche dalle previsioni della Commissione europea (Winter Forecast del febbraio 2017), secondo cui la riduzione della tassazione sul lavoro continuerà a sostenere l’occupazione nel biennio 2017-2018, ma la creazione di occupazione netta avverrà ad un ritmo inferiore rispetto al biennio precedente, quando fu rilanciata dalla riduzione triennale dei contributi sociali. Il tasso di disoccupazione, quindi, è destinato a rimanere sopra l’11% nei prossimi anni (11,6 nel 2017 e 11,4 nel 2018, secondo la Commissione UE).

Questa analisi è confermata anche nel Documento di lavoro dei servizi della Commissione costituito dalla Relazione per l’Italia 2017 (febbraio 2017), che sottolinea il miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro dal 2014, grazie alle riforme del mercato del lavoro, all’abolizione delle imposte regionali sul lavoro a tempo indeterminato e agli incentivi fiscali temporanei per le nuove assunzioni a tempo indeterminato, ma anche il rallentamento della crescita dell’occupazione nel 2017-2018, con un tasso di disoccupazione che dovrebbe rimanere superiore all'11% nel 2017- 2018, data la ripresa modesta.

La Commissione rileva inoltre che, nonostante il graduale miglioramento del mercato del lavoro, la disoccupazione di lunga durata e quella giovanile restano alte. Il tasso di disoccupazione di lunga durata è stato del 7% circa nel 2016. Il tasso di disoccupazione giovanile è del 40% circa e più Sintesi 3 di 1,2 milioni di giovani non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano. L’attuazione della riforma delle politiche attive del mercato del lavoro, compreso il rafforzamento dei servizi pubblici per l’impiego, è ancora nelle prime fasi. La contrattazione a livello aziendale non è molto diffusa, il che ostacola la distribuzione efficace delle risorse e l'adeguamento delle retribuzioni alle condizioni economiche.

 

Per quanto in calo, il tasso di disoccupazione italiano rimane più alto di quello dell'Eurozona, che in febbraio, secondo i dati Eurostat, è pari al 9,5%, in calo dal 9,6% di gennaio e dal 10,3% di febbraio 2016. Si tratta del livello più basso da maggio 2009. Nell'area dell'unione europea a 28 stati la disoccupazione è stata pari all'8% (dall'8,1% del mese precedente e dall'8,9% dello stesso periodo del 2016), e anche qui si tratta del valore minimo da gennaio 2009.

Nel grafico che segue, Eurostat riporta i tassi di disoccupazione riscontrati a febbraio:

Figura 11 - Eurostat - Tassi di disoccupazione febbraio 2017

 

Lo scenario programmatico[17] del DEF vede un miglioramento nel mercato del lavoro più rapido rispetto al quadro tendenziale: gli occupati (in termini di contabilità nazionale, ULA) crescerebbero mediamente di quasi 0,2 punti percentuali in più nel 2018 e un punto percentuale nel 2019; il tasso di disoccupazione risulterebbe progressivamente inferiore dal 2018 in poi, posizionandosi al termine del periodo al 10%, rispetto al 10,2 del quadro tendenziale; il tasso di occupazione continuerebbe la fase ascendente fino a raggiungere nel 2020 il 59,7% (rispetto al 59,7 del tendenziale).


 

3. Il benessere equo e sostenibile (BES)

Il benessere equo e sostenibile (BES) è un set di indicatori, sviluppato dall'ISTAT e dal CNEL, per valutare il progresso di una società non solo dal punto di vista economico, come ad esempio fa il PIL, ma anche sociale e ambientale e corredato da misure di disuguaglianza e sostenibilità.

Per la prima volta, con la riforma della legge di contabilità n.196 del 2009 operata dalla legge n.163/2016[18], entrata in vigore nel settembre scorso, gli indicatori di benessere equo e sostenibile entrano nell’ordinamento, venendo inclusi tra gli strumenti di programmazione e valutazione della politica economica nazionale. L’articolo 14 della legge n. 163/2016 prevede infatti che un Comitato per gli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES), costituito presso l’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), selezioni gli indicatori utili alla valutazione del benessere sulla base dell’esperienza maturata a livello nazionale e internazionale.

Tale Comitato è:

§  istituito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per l’economia e le finanze (DPCM 11 novembre 2016);

§  presieduto dal Ministro dell’economia e delle finanze o da un suo rappresentante delegato;

§  composto dal Presidente dell’ISTAT, dal Governatore della Banca d’Italia (o loro rappresentanti delegati), da due esperti della materia provenienti da università ed enti di ricerca;

§  incaricato di selezionare e definire, sulla base dell’esperienza maturata a livello nazionale ed internazionale, gli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES). Tali indicatori saranno successivamente adottati con decreto del MEF, previo parere delle Commissioni parlamentari.

 

Con la medesima legge di riforma sono inoltre stati introdotti, all’articolo 10 della legge di contabilità (relativo al Documento di economia e finanza), i due nuovi commi 10-bis e 10-ter, che prevedono rispettivamente la redazione da parte del Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base dei dati forniti dall’ISTAT, di due documenti:

§  un apposito allegato al DEF, che riporti l’andamento, nell’ultimo triennio, di tali indicatori, nonché le previsioni sull'evoluzione degli stessi nel periodo di riferimento;

§  una relazione, da presentare alle Camere per la trasmissione alle competenti Commissioni parlamentari entro il 15 febbraio di ciascun anno, sull’evoluzione dell’andamento degli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES), sulla base degli effetti determinati dalla legge di bilancio per il triennio in corso.

 

PIL e benessere equo e sostenibile

 

Da oltre cinquant’anni è in atto in ambito internazionale un dibattito sul c.d. “superamento del PIL” come unico indicatore di misurazione del benessere, alimentato dalla consapevolezza che i parametri sui quali valutare il progresso di una società non possano essere esclusivamente di carattere economico, ma debbano tenere conto anche delle fondamentali dimensioni sociali e ambientali del benessere, corredate da misure di diseguaglianza e sostenibilità. Sono stati pertanto proposti indicatori di benessere, di sostenibilità ambientale, di qualità sociale e di parità tra i sessi, quali strumenti da tenere in considerazione nell’elaborazione, nell’adozione e nella valutazione delle politiche pubbliche, al fine di integrare l’uso degli indicatori macroeconomici, ritenuti non più sufficienti a misurare il grado di benessere di una comunità e a orientare, perciò, le politiche pubbliche.

In ambito internazionale si possono segnalare quelli utilizzati da istituzioni quali l’ONU, l’UE e l’OCSE. In ambito nazionale, da alcuni anni è stato avviato il progetto BES, tramite un’iniziativa congiunta del CNEL e dell’ISTAT, al fine di fornire un significativo contributo in questa direzione.

Tale progetto è finalizzato all’individuazione delle misure più idonee a rappresentare il progresso del Paese e dei territori verso l’incremento del benessere dei cittadini. Esso considera 12 dimensioni[19] (articolate in 130 indicatori), come ad esempio la salute, l’istruzione, l’ambiente, la qualità dei servizi, selezionate attraverso un processo di condivisione democratica promosso in Italia da CNEL e ISTAT che si sono impegnati ad elaborare uno strumento capace di misurare gli elementi fondanti del benessere in Italia e nei suoi territori.

Dal progetto scaturisce ogni anno un rapporto, giunto alla sua quarta edizione con il “Rapporto BES 2016”.

Il dibattito sulla misurazione del benessere degli individui e della società ha riscosso una crescente attenzione anche da parte delle istituzioni locali che, in collaborazione con l'Istat, hanno avviato progetti basati sul paradigma del Bes, anche esplorando le potenzialità ancora inespresse dei giacimenti informativi di carattere amministrativo comunali e provinciali. A livello territoriale sono infatti utili strumenti di analisi il « BES delle province », per la costruzione di indicatori territoriali per la governance di area vasta (Rapporto Bes delle province 2015), e il progetto «UrBES», promosso dalla rete delle città metropolitane dell’Associazione nazionale dei comuni italiani insieme con l’ISTAT, che propone un sistema di indicatori del benessere per le città metropolitane e per alcuni comuni capoluogo.

 

In attesa della selezione finale degli indicatori da parte del Comitato, il Governo ha scelto di anticipare in via sperimentale l’inserimento di un primo gruppo di indicatori nel processo di bilancio. Nel DEF 2017 in esame si è dunque condotto un primo esercizio sperimentale su un sottoinsieme di quattro indicatori di benessere equo e sostenibile selezionati dal Comitato, costituiti dai seguenti:

§  il reddito medio disponibile aggiustato pro capite, dato dal rapporto tra il reddito disponibile delle famiglie aggiustato (vale a dire inclusivo del valore dei servizi in natura forniti dalle istituzioni pubbliche e senza fini di lucro) e il numero totale di persone residenti;

§  un indice di disuguaglianza del reddito, dato dal rapporto tra il reddito equivalente[20] totale percepito dal 20% della popolazione con più alto reddito e quello percepito dal 20% della popolazione con più basso reddito. Una riduzione di tale rapporto indica pertanto una maggiore equità nella distribuzione delle risorse;

§  il tasso di mancata partecipazione al lavoro, corrispondente al rapporto tra il totale di disoccupati e le forze di lavoro potenziali tra i 15 e i 74 anni e la forza lavoro effettiva e potenziale. Rispetto al tasso di disoccupazione tale indicatore consente di tener conto anche del fenomeno dello scoraggiamento;

§  l’indicatore delle emissioni di CO2 e di altri gas clima alteranti, già considerato dalla strategia Europa 2020, che traccia l’andamento della qualità dell’ambiente e il relativo impatto delle politiche[21].

Per ciascuno dei quattro indicatori, oltre ai dati di consuntivo dell’ultimo triennio, viene fornito nella tabella seguente uno scenario a politiche vigenti (tendenziale) e uno scenario che inglobi le politiche introdotte nel DEF (programmatico).

 

Tabella 14 - Indicatori sperimentali del benessere

 

 

In generale, come espone la tabella, gli indicatori mostrano un miglioramento nell’orizzonte previsivo, mantenendo il trend dell’ultimo triennio.

L’indicatore relativo al reddito medio disponibile segue, nell’ultimo triennio, gli andamenti macroeconomici. Il DEF evidenzia, però, una funzione stabilizzatrice delle politiche pubbliche italiane in quanto l’indicatore recupera dalla crisi seguendo grosso modo la dinamica del PIL pro capite, anche per via di alcuni interventi, quali quelli volti a ridurre la pressione fiscale e aumentare il reddito disponibile. Tale evoluzione prosegue negli anni 2017-2020, sia per il tendenziale che per il programmatico, confermando gli effetti positivi in termini di benessere delle misure adottate anche nel medio termine, quale ad esempio il piano di lotta alla povertà.

La figura seguente, esposta nella Sezione I (pag. 8) evidenzia, dal 2017, l’andamento programmatico del reddito medio disponibile e dell’indice di disuguaglianza, ovvero dei due indicatori relativi al benessere economico selezionati per questo primo esperimento, e li raffronta all’andamento del PIL pro capite.

 

Figura 12 - Reddito medio disponibile e indice di diseguaglianza

 

Fonte: Elaborazione MEF su dati ISTAT.

L’elevato livello di diseguaglianza che caratterizza l’economia italiana è confermato dai dati iscritti nella tabella che tuttavia mostrano una riduzione negli anni più recenti. Il calo per il periodo 2014-2017 è influenzato, secondo il DEF, dal miglioramento del mercato del lavoro e dalle diverse misure fiscali che sono state adottate, tra le quali le misure degli 80 euro, la cd. quattordicesima per i pensionati, l’aumento delle detrazioni per i redditi da lavoro e pensione, le nuove misure di contrasto alla povertà, l’abrogazione della IMU-TASI sulle abitazioni principali e la revisione della tassazione dei redditi finanziari. Per gli anni 2017-2020, nel quadro tendenziale sono considerati gli effetti delle misure già adottate. Sono anche considerati gli aumenti di occupazione previsti nel quadro macroeconomico tendenziale, che contribuiscono a un leggero miglioramento dell’indicatore. L’effetto complessivo è una contenuta ma costante tendenza alla riduzione della disuguaglianza. Nello scenario programmatico, sono invece indicati gli obiettivi che il Governo intende realizzare intervenendo nel prossimo triennio sulla struttura del prelievo fiscale e contributivo.

Quanto poi al terzo indicatore, il tasso di mancata partecipazione al lavoro, questo appare in riduzione lungo l’intero orizzonte previsivo, segno - osserva il DEF - che le misure a sostegno del sistema produttivo e gli incentivi per l’occupazione hanno avuto effetti positivi. In particolare, il dettaglio per genere evidenzia come l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro stia migliorando. Nello scenario programmatico, illustrato dal grafico seguente, si prevede un rafforzamento di queste tendenze positive, grazie ad una maggiore partecipazione al lavoro di fasce potenziali di lavoratori che rientrano nel mercato incoraggiati dal miglioramento del contesto occupazionale e accompagnati dalle misure di politica attiva.

Figura 13 - Tasso di mancata partecipazione al lavoro

 

Fonte: ISTAT. Dal 2017 obiettivi programmatici DEF.

Tuttora, oltre un quinto della popolazione di riferimento non ha un lavoro pur essendo disponibile ad entrare nel mercato. Nello scenario programmatico, come nel tendenziale, si prevede continuino i miglioramenti a seguito di una maggiore partecipazione al lavoro di fasce potenziali di lavoratori che rientrano nel mercato incoraggiati dal miglioramento del contesto occupazionale e accompagnati dalle politiche attive implementate.

 

In relazione al quarto indicatore, quello “ambientale”, la tabella mostra che nel 2016 ogni abitante ‘ha generato’ in media 7,4 tonnellate di CO2 equivalenti. Le emissioni rimangono sostanzialmente stabili nel periodo considerato, pur in presenza di una ripresa del ciclo produttivo ed industriale, evidenziando – secondo il DEF - un progressivo processo di decarbonizzazione del sistema economico, frutto –rileva il DEF - delle misure che hanno portato alla rapida crescita della produzione di energia da fonti rinnovabili, delle detrazioni fiscali al 65% degli interventi di riqualificazione energetica degli immobili privati (Ecobonus) e, più in generale, delle numerose azioni volte a migliorare l’efficienza energetica. Nello scenario programmatico, dal 2017, le emissioni sono previste ridursi ulteriormente grazie ad alcune misure tra cui il DEF segnala la proroga ed il potenziamento dell’Ecobonus, le norme sui requisiti minimi degli edifici, nonché la realizzazione di una infrastruttura per i combustibili alternativi che incoraggerà il processo di diffusione dei carburanti a più basso contenuto emissivo.

Figura 14 - Emissioni gas serra e PIL pro capite

 

Fonte: ISTAT. Dal 2017 obiettivi programmatici DEF.

Poiché le politiche volte a migliorare le diverse dimensioni del benessere possono comportare costi per le finanze pubbliche, il documento manifesta l’opportunità di considerare almeno un indicatore di sostenibilità finanziaria utilizzato in sede europea, come ad esempio l’indicatore “S2” che misura l'ampiezza dell'aggiustamento fiscale permanente, in termini di saldo primario strutturale, necessario per raggiungere l'obiettivo del vincolo intertemporale su un orizzonte infinito.

Parte II – La finanza pubblica

1. Gli andamenti tendenziali di finanza pubblica

Il Documento di Economia e Finanza riporta l'analisi del conto economico delle amministrazioni pubbliche a legislazione vigente, integrato con le informazioni relative alla chiusura dell'esercizio 2016.

Le tabelle di seguito riportate espongono quindi i dati del DEF riferiti al consuntivo dell’esercizio 2016 e alle previsioni 2017-2020. In alcune tavole, in corrispondenza dei dati esposti nel DEF, sono riportati anche i consuntivi degli esercizi 2014 e 2015.

Limitatamente al consuntivo 2016 e al triennio 2017-2019 sono presentati, inoltre, elementi di raffronto con le stime formulate nella Nota tecnico illustrativa della legge di bilancio 2017 (NTI).

Ai fini delle analisi contenute nel presente dossier si utilizza la NTI aggiornata in base al testo approvato della legge di bilancio per il 2017, resa disponibile dalla Ragioneria Generale dello Stato[22].

Per quanto riguarda i dati riferiti al consuntivo 2016, le informazioni contenute nel DEF e riportate nelle seguenti tabelle tengono conto dell’aggiornamento dei dati di preconsuntivo diffusi dall’ISTAT con i comunicati del 1° marzo e del 4 aprile 2017[23].

Comunicati Istat 2017

In base ai dati pubblicati dall’Istat in data 1° marzo 2017 (PIL e indebitamento AP), nel 2016 il PIL ai prezzi di mercato è risultato pari a 1.672.438 milioni di euro; l’avanzo primario e l’indebitamento netto, indicati in rapporto al PIL, sono risultati pari, rispettivamente, all’1,5% e al 2,4% del prodotto interno lordo.

In data 4 aprile 2017, l’Istat ha pubblicato il Conto trimestrale delle Amministrazioni pubbliche; l’Istituto ha inoltre diffuso le revisioni delle stime del PIL per il biennio 2014-2015 ed aggiornato le stime del conto economico delle pubbliche amministrazioni per l’anno 2016 sulla base delle informazioni resesi disponibili dopo il precedente comunicato.

L’Istat ha in particolare segnalato che i dati relativi alle amministrazioni pubbliche sono coerenti con la versione del conto annuale trasmessa a Eurostat il 31 marzo e che le revisioni non comportano modifiche al valore del rapporto indebitamento netto/PIL. In valore assoluto, in base ai dati aggiornati contenuti nel comunicato del 4 aprile, l’indebitamento netto PA nel 2016 risulta pari a 40.809 milioni di euro (rispetto al valore di 40.708 milioni indicato nel rapporto del 1° marzo).


·        Tabelle dati DEF e confronti con Nota tecnico-illustrativa 2017

Tabella 15 - Conto economico delle amministrazioni pubbliche a legislazione vigente

(milioni di euro)

Fonte: Dati DEF 2017

Tabella 16 - Conto economico delle amministrazioni pubbliche a legislazione vigente

(% del PIL)

Fonte: Dati DEF 2017

Tabella 17 - Conto economico delle amministrazioni pubbliche a legislazione vigente – variazioni rispetto all’anno precedente

(milioni di euro)

Fonte: Elaborazione su dati DEF 2017

Tabella 18 - Conto economico delle amministrazioni pubbliche a legislazione vigente – variazioni rispetto all’anno precedente

(variazioni in %)

Fonte: Elaborazione su dati DEF 2017

Tabella 19 - Raffronto fra la Nota tecnico illustrativa (NTI) della legge di bilancio 2017 e il DEF 2017

(milioni di euro)

Fonte: Elaborazione su DATI DEF 2017 e NTI legge di bilancio 2017


1.1. Il consuntivo 2016

L’indebitamento netto

I dati riferiti all’esercizio 2016 resi noti dall’ISTAT[24] attestano un indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni per il 2016 pari, in valore assoluto, a 40.809 milioni, corrispondente al 2,4% del PIL.

Il dato indica un miglioramento rispetto all’anno 2015: in tale esercizio l’indebitamento è infatti risultato pari a 44.197 milioni (2,7% del PIL).

 

Dal confronto fra il 2016 e il 2015 – limitando l’analisi ai principali aggregati del conto economico della p.a. – emerge che concorrono al miglioramento del saldo sia un decremento delle spese (per 0,8 miliardi), sia un incremento delle entrate (per 2,6 miliardi): tali componenti si riflettono in un miglioramento sia del saldo primario (+1,6 miliardi) sia della spesa per interessi (-1,8 miliardi).

Più in generale, osservando il recente andamento delle determinanti del saldo, si rileva che:

§  l’avanzo primario, dopo aver raggiunto l’1,6% del PIL nel 2014 (25,4 miliardi), rimane costante all’1,5% nel 2015 e nel 2016, sia pur con un miglioramento in valore assoluto (passando da 23,9 miliardi a 25,5 miliardi);

§  la spesa per interessi si attesta al 4,0% del PIL (66,3 miliardi), riducendosi ulteriormente rispetto al livello del 2015 (68,1 miliardi pari al 4,1% del PIL) e del 2014 (74,4 miliardi pari al 4,6% del PIL).

In merito alla spesa per interessi si rinvia all’apposito approfondimento.

Gli andamenti delle diverse voci di entrata e di spesa sono esaminati distintamente nei successivi capitoli.

 

Si segnala infine che, in termini strutturali, l’indebitamento netto si colloca nel 2016 all’1,1% del PIL, in aumento rispetto al dato del 2015 (-0,5%). Per l’illustrazione dei saldi strutturali, si rinvia ai capitoli del presente dossier relativi al percorso programmatico di finanza pubblica.

Le entrate

Rispetto all’anno 2015, nel 2016 le entrate totali delle Amministrazioni pubbliche hanno registrato, in valore assoluto, un incremento di 2,6 miliardi di euro (da 785,9 miliardi a 788,5 miliardi di euro). Poiché tale incremento risulta proporzionalmente inferiore a quello del PIL, l’andamento delle entrate totali rispetto al prodotto interno lordo registra una contrazione, attestandosi al 47,1% del PIL (-0,7 punti percentuali rispetto al 2015).

In particolare, le entrate correnti evidenziano, rispetto al 2015, un incremento di circa 1,4 miliardi (+0,2%), determinato in via prevalente dall’aumento delle imposte dirette (+2,3%) e dei contributi sociali (+1,1%). Le imposte indirette evidenziano, invece, una contrazione di circa 7,7 miliardi di euro (-3,1%). Rispetto al PIL, le entrate correnti registrano una riduzione di 0,7 punti percentuali, passando dal 47,4 al 46,7% del prodotto interno lordo.

Tra le imposte dirette, il DEF evidenzia il contributo positivo del gettito IRPEF ed IRES. In particolare, viene segnalato che il gettito IRES riflette l’aumento della redditività di alcuni segmenti dell’economia che ha riequilibrato le minori entrate correlate all’agevolazione concessa dalla legge di stabilità 2016 (cd maxi ammortamento) e alla revisione dell’ACE (aiuto alla crescita economica).

La contrazione delle imposte indirette, registrata con riferimento all’intero comparto della pubblica amministrazione, è determinata da un incremento riferito al settore statale (+3,179 miliardi) e da una riduzione registrata nel settore delle amministrazioni locali (-10,844 miliardi). In proposito, il DEF evidenzia che – con riferimento al comparto delle amministrazioni centrali – la crescita delle imposte indirette è attribuibile prevalentemente all’imposta sul valore aggiunto per effetto dell’aumento sia degli scambi interni sia dei versamenti dell’imposta effettuati dalle Amministrazioni pubbliche in attuazione delle norme sullo split payment introdotte dalla legge di stabilità 2015. Tale andamento positivo è in parte compensato dalla contrazione del gettito IVA sulle importazioni, che segna riduzioni a fronte del calo dei prezzi degli oli minerali, in particolare del greggio.

Lo split payment, introdotto dalla legge di stabilità 2015[25], si applica alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nei confronti degli enti della P.A. i quali – in luogo del pagamento dell’intera fattura al fornitore - versano l’IVA indicata nella fattura di acquisto direttamente all’Erario e la parte restante al fornitore[26] (reverse charge).

Nell’apposito focus del Documento in esame dedicato al contrasto all’evasione fiscale[27] si afferma che le valutazioni ex post delle misure introdotte in ambito IVA evidenziano un recupero di gettito complessivo di circa 3,77 miliardi, di cui circa 2,1 dovuto alle disposizioni introdotte dalla legge di stabilità 2015: tale recupero risulta superiore a quello quantificato ex ante in sede di relazione tecnica (988 milioni annui per lo split payment e 900 milioni annui per l’estensione del meccanismo reverse charge al settore delle pulizie, dei certificati verdi e dell’edilizia specializzata).

In merito alla contrazione delle imposte indirette registrata nel comparto delle amministrazioni locali il DEF segnala la riduzione del gettito IRAP, determinata dalle disposizioni sul cuneo fiscale introdotte dalla legge di stabilità 2015, l’abolizione della TASI sull’abitazione principale e la rimodulazione dell’IMU sui terreni agricoli e sulle abitazioni date in locazione a canone concordato.

I dati del bollettino delle entrate tributarie - che riflettono peraltro un diverso criterio di contabilizzazione[28] - confermano l’andamento decrescente dell’IRAP (-6,6 miliardi nel 2016 rispetto al 2015) e dell’IMU (-0,6 miliardi). Per quanto concerne la TASI, il bollettino delle entrate afferma che il gettito 2016 registra una riduzione di 3,6 miliardi di euro rispetto al gettito 2015.

Per quanto riguarda le imposte in conto capitale, l’incremento (da 1.217 milioni del 2015 a 5.199 milioni del 2016) è determinato principalmente dal gettito derivante dalla voluntary disclosure.

La tabella II.2-9 concernente le misure one-off, riportata nella Sezione II del Documento in esame, indica, in corrispondenza della voce emersione e rientro di capitali detenuti all’estero (voluntary disclosure), entrate pari a 212 milioni nel 2015, a 4.078 milioni nel 2016 e a 2.000 milioni nel 2017.

 

Rispetto alle valutazioni per l’anno 2016 contenute nella NTI 2017, l’incremento delle entrate tributarie della PA (+2.767 milioni) è determinato dalle maggiori entrate derivanti dalle imposte indirette (+1.231 milioni), dalle imposte in conto capitale (+1.334 milioni) e dalle imposte dirette (+202 milioni).

Il DEF evidenzia che lo scostamento del gettito delle imposte indirette rispetto alle previsioni è determinato in via prevalente dall’imposta sul valore aggiunto che ha mostrato maggiori entrate sia per la componente scambi interni (+628 milioni) per effetto di una dinamica dei consumi più favorevole sia per la componente importazioni (+623 milioni) che ha beneficiato di un miglioramento. Per quanto concerne le imposte dirette – che registrano un lieve scostamento rispetto alle previsioni NTI – il DEF evidenzia che il dato include, da un lato, l’aumento delle entrate relative alla collaborazione volontaria (voluntary disclosure) e, dall’altro lato, gli effetti di una dinamica meno favorevole dei tassi di interesse che ha determinato un calo delle entrate relative alle rendite finanziarie.

Viene inoltre precisato che le innovazioni contabili introdotte dal SEC 2010 hanno comportato un diverso trattamento dei crediti per imposte anticipate (Deferred Tax Assets, DTA), che dal 2014 non vengono più contabilizzati per cassa, tra le poste correttive che nettizzano le entrate tributarie del bilancio dello Stato, ma sono registrate tra le spese per l’intero ammontare nell’anno in cui si sono formate (principio della competenza). Per l’anno 2016 i crediti DTA sono stati pari a 2,4 miliardi (4,9 miliardi nel 2015).

I contributi sociali, rispetto alle previsioni della NTI, risultano di ammontare superiore, con uno scostamento di 1.771 milioni rispetto alle precedenti stime per effetto di maggiori contributi sociali effettivi (+1.863 milioni) e di un lieve decremento dei contributi figurativi (-92 milioni). Tale andamento positivo - riscontrabile anche rispetto al consuntivo 2015 con un incremento dell’1,1% annuo - è riferibile anche a un’evoluzione del quadro macroeconomico più favorevole del previsto.

 

La pressione fiscale si riduce dal 43,3% del 2015 al 42,9% del 2016. Al netto degli effetti del c.d. bonus 80 euro, la pressione fiscale risulterebbe pari al 42,3% nel 2016.

Infatti, il Documento evidenzia che l'incremento di gettito prodotto dal contrasto all'evasione fiscale è stato impiegato per la riduzione di imposte, determinando un rafforzamento della crescita e, conseguentemente, una riduzione della pressione fiscale. Il DEF ricorda, tra gli altri, il c.d. bonus 80 euro per i lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi, e gli interventi che hanno riguardato l’IRAP (dal 2015), l’IMU (dal 2016) e l’IRES (dal 2017).

Nell’apposito focus dedicato al contrasto all’evasione fiscale[29], il DEF evidenzia che nel corso del 2016 l’attività di recupero dell’evasione ha fatto registrare incassi per un ammontare pari a 19 miliardi (+28% rispetto al 2015), confermando un andamento positivo tenuto conto che nel triennio 2014–2016 sono stati incassati oltre 48 miliardi. Gli incassi del 2016 includono gli effetti della voluntary disclosure (4,1 miliardi).

Viene altresì ricordato che, in base ai risultati della “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva”, l’evasione tributaria e contributiva è stimata in 111.655 milioni di cui la quota tributaria è pari a 100.366 milioni di euro.

Le spese

Le spese finali nel 2016 mostrano un decremento rispetto al precedente esercizio (-0,1%), passando da 830.135 milioni a 829.311 milioni.

Rispetto al PIL, le spese finali diminuiscono la loro incidenza, passando dal 50,5% del 2015 al 49,6 del 2016. La variazione complessiva è determinata dalla diminuzione per 0,7 punti di PIL della spesa in conto capitale mentre rimangono sostanzialmente stabili la spesa corrente primaria, attestata al 42,2% in entrambi gli anni 2015 e 2016 e la spesa per interessi, che passa dal 4,1 al 4,0%.

 

Per quanto attiene alle principali componenti di spesa, il consuntivo 2016 evidenzia una spesa per prestazioni sociali in denaro pari a 337.514 milioni di euro (20,2% del PIL). Rispetto al consuntivo 2015 l”aggregato di spesa presenta un tasso di incremento pari all’1,4%.

Nel dettaglio, il Documento segnala che la spesa pensionistica è aumentata dello 0,9% (sia in ragione del saldo tra le nuove pensioni liquidate e le pensioni eliminate, in termini numerici e in termini di importo, sia per la ricostituzione delle pensioni in essere, sia a seguito della sentenza della Corte costituzionale 70/2015 e della conseguente emanazione del D.L. 65/2015). Più sensibile in termini percentuali è risultato l’incremento delle altre prestazioni sociali in denaro (+3,3%), il cui andamento è condizionato, tra l’altro, da un aumento della spesa per liquidazioni di fine rapporto, dall’introduzione dell’istituto dell’assegno di natalità, nonché dall’incremento della spesa per le prestazioni di integrazione al reddito, e per altri assegni e sussidi assistenziali.

I risultati di consuntivo 2016 della spesa per prestazioni sociali in denaro evidenziano in ogni caso un livello di spesa inferiore alle previsioni contenute nella Nota tecnico-illustrativa alla legge di bilancio 2017-2019, per 1.946 milioni di euro.

 

Si accresce, invece, la spesa per redditi da lavoro dipendente dell’1,3% rispetto al 2015, attestandosi ad un valore pari a 164.084 milioni di euro. L’incidenza in termini di PIL rimane invariata al 9,8%.

Il dato di consuntivo 2016 risulta più elevato di 1.176 milioni rispetto a quanto previsto dalla Nota tecnico-illustrativa a seguito sia della revisione della base 2015, sia dell’inclusione dei compensi RAI operata per l'ingresso dell’ingresso di RAI s.p.a. nella lista delle Amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato.

 

L’aggregato dei consumi intermedi fa registrare un incremento della spesa dell’1,3%. L’incidenza di tale voce in termini di PIL resta inalterata all’8,1%. Rispetto alle precedenti stime fornite dalla Nota tecnico-illustrativa, il dato di consuntivo 2016 risulta più elevato di 2.144 milioni. La modifica, secondo quanto affermato nel DEF, deriva, anche in questo caso, dalla revisione della base 2015, dall’inclusione della RAI nel novero delle amministrazioni pubbliche oltre che da maggiori spese del Bilancio dello Stato.

 

L’evoluzione della spesa corrente è influenzata anche dalla dinamica della spesa sanitaria, che aumenta rispetto al precedente esercizio complessivamente dell’1,2% (da 111.245 a 112.542 milioni), mentre l’incidenza sul PIL rimane sostanzialmente invariata, passando dal 6,8 al 6,7%. L’andamento complessivo dell’aggregato è determinato dalle seguenti componenti:

­      spesa per i redditi da lavoro dipendente, che risulta pari a 34.907 milioni, in riduzione dello 0,5% rispetto al 2015;

­      spesa per i consumi intermedi, che risulta pari a 31.586 milioni, in crescita rispetto al 2015 del 4,3%. Tale dinamica è essenzialmente determinata dal tasso di crescita della spesa per l’acquisto dei prodotti farmaceutici che registra un aumento di poco superiore all’8%, per lo più imputabile alla spesa per farmaci innovativi, tra i quali quelli oncologici e quelli per la cura dell’epatite C;

­      spesa per le prestazioni sociali in natura corrispondenti a beni e servizi prodotti da produttori market, che è pari a 39.589 milioni, leggermente superiore a quella del 2015 (+0,3%). Il contenimento della crescita di questo aggregato è essenzialmente imputabile, come spiega il Documento, alla riduzione pari al 2% dell’assistenza farmaceutica convenzionata;

­      per le altre componenti di spesa, il livello registrato è pari a 6.460 milioni, con un incremento dello 0,6% rispetto al 2015.

 

Infine, la spesa in conto capitale risulta pari, nel 2016, a 57.338 milioni con una riduzione, rispetto al dato del 2015, di 10.910 milioni, pari a circa il 16%. In termini percentuali rispetto al PIL, l’incidenza della spesa in conto capitale passa dal 4,1% del 2015 al 3,4% del 2016.

Tale andamento è peraltro influenzato, come evidenziato dal DEF, dal sensibile incremento registrato nel precedente esercizio dalla spesa in conto capitale, per effetto della contabilizzazione in tale voce degli effetti di operazioni relative al Fondo nazionale di risoluzione e di oneri una tantum conseguenti alla sentenza della Corte costituzionale in materia di indicizzazione delle pensioni n. 70 del 2015 e del decreto legge n. 65/2015.

Dal confronto con le precedenti stime della NTI, si osserva una riduzione complessiva dell'aggregato (‑942 milioni), accompagnata da una parziale ricomposizione tra le voci di spesa capitale: gli investimenti fissi lordi registrano infatti uno scostamento negativo di 2.064 milioni, mentre il risultato dei contributi agli investimenti risulta più elevato per 759 milioni.

1.2. Le previsioni tendenziali per il periodo 2017-2020

Rispetto alle stime contenute nella Nota tecnico-illustrativa alla legge di bilancio (NTI) 2017, riferite al triennio 2017-2019, il DEF presenta le nuove previsioni sulla base delle informazioni relative al 2016 diffuse dall’ISTAT, del nuovo quadro macroeconomico rappresentato nella Sezione I del DEF medesimo (che contiene il Programma di stabilità dell’Italia) e dell'impatto finanziario dei provvedimenti approvati fino al mese di marzo 2017.

Sono inoltre presentate le previsioni relative all’esercizio 2020, non considerato nell’orizzonte previsionale della NTI.

L’indebitamento netto

Il DEF rappresenta l’andamento previsto dell’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni nel periodo 2017-2020 ed effettua una revisione delle stime della NTI, che incorpora gli effetti della legge di bilancio 2017. Di seguito si dà conto di questi elementi.

Andamento nel periodo 2017-2020

Il conto economico esposto dal DEF evidenzia per il 2017 un indebitamento netto pari al 2,3% del PIL (39,6 miliardi).

Rispetto al 2016, nel 2017 si determina quindi una riduzione del saldo dello 0,1% in termini di PIL, dovuta sia a un miglioramento del saldo primario (+1,0 miliardi) sia a una minore spesa per interessi (-0,3 miliardi).

Concorre al miglioramento del rapporto indebitamento netto/PIL anche la crescita del PIL nominale, stimata per il 2017 al 2,2% rispetto al 2016.

Per gli anni successivi, si stima un’ulteriore riduzione, sia in valore assoluto sia in rapporto al PIL, dell’indebitamento netto, secondo la seguente progressione:

2018: 22.801 milioni (1,3% del PIL);

2019: 10.682 milioni (0,6% del PIL);

2020: 8.389 milioni (0,5% del PIL).

 

In base al DEF, l’indicato percorso di miglioramento del saldo è determinato dai seguenti fattori:

·        la spesa per interessi registra, in termini di incidenza sul PIL, una riduzione iniziale (dal 3,9% del 2017 al 3,7% del 2018 e del 2019) per poi attestarsi al 3,8% nel 2020;

·        il saldo primario, positivo in tutti gli esercizi, aumenta la propria incidenza rispetto al PIL dall’1,5% del 2017 al 2,4% nel 2018, al 3,1% nel 2019, fino a raggiungere il 3,4% nel 2020.

 

Il percorso di riduzione del disavanzo tendenziale - che sconta l’operatività, dal 2018, delle clausole di salvaguardia (cfr. apposito approfondimento) - risulta attribuibile ad una riduzione delle spese (in rapporto al PIL si passa dal 49,1% del 2017 al 47,0% del 2020), mentre l’incidenza delle entrate rispetto al PIL cresce nel 2018 (dal 46,8% del 2017 al 47%), resta stabile nel 2019, per diminuire nuovamente al termine del periodo di previsione (46,5% del 2020).

Revisione delle stime e raffronto rispetto alla NTI

Con riferimento al triennio 2017-2019 è possibile operare un raffronto con le previsioni contenute nella NTI.

Relativamente al 2017 l’indebitamento netto (pari, come visto, al 2,3% del PIL) risulta in linea con le precedenti stime.

Per quanto riguarda gli esercizi successivi, rispetto alla NTI, il raffronto evidenzia un peggioramento per il biennio, comunque sempre nel quadro di un progressivo percorso di riduzione del deficit.

In rapporto al PIL, infatti, le previsioni risultano così aggiornate:

·        per il 2018 la previsione di indebitamento netto passa dall’1,2% (NTI) all’1,3% (DEF);

·        per il 2019 la stima passa dallo 0,2% (NTI) allo 0,6% di indebitamento netto (DEF).

Tale revisione è determinata da una riduzione delle stime del saldo primario (in termini assoluti: -0,7 miliardi nel 2018 e -1,6 miliardi nel 2019), cui si aggiunge un incremento della spesa per interessi (+3,1 miliardi nel 2018 e +5,6 miliardi nel 2019).

Concorre alla revisione delle stime del rapporto indebitamento netto/PIL anche l’aggiornamento delle previsioni sul PIL nominale (-0,4 miliardi nel 2018 e -2,6 miliardi nel 2019).

 

Si evidenzia infine che la sez. I del DEF 2017 fornisce anche le indicazioni relative all’andamento tendenziale dell’ indebitamento netto, in termini strutturali. Tali previsioni indicano un rapporto del deficit strutturale rispetto al PIL pari all’1,6% nel 2016, con un miglioramento negli esercizi successivi fino a raggiungere valori prossimi al pareggio nel 2019 (-0,2%) e nel 2020 (‑0,4).

Sul punto si rinvia ai paragrafi relativi al percorso programmatico di finanza pubblica.

Le entrate

Il Documento di economia e finanza 2017 stima per il periodo di previsione un andamento crescente, in valore assoluto, delle entrate totali, che passano da 799,6 miliardi nel 2017 a 865,8 miliardi nel 2020.

In termini di incidenza sul PIL, le stime relative alle entrate totali della PA registrano, invece, per il 2017 una riduzione di 0,3 punti percentuali (passando da 47,1 a 46,8 punti percentuali). Negli anni 2018 e 2019 le entrate totali si attestano nuovamente al 47,0% del PIL, mentre nel 2020 si riducono al 46,5% del PIL.

Il Documento afferma che tale andamento risente della dinamica del PIL nominale, dell’effetto combinato della sterilizzazione delle clausole di salvaguardia con riguardo all’esercizio 2017, delle misure relative agli sgravi contributivi e delle altre misure previste dalla legge di bilancio per il 2017 in materia di entrate fiscali.

In merito all’aggiornamento delle stime, il DEF segnala che, rispetto alla NTI, le nuove previsioni incorporano gli effetti di un profilo di crescita del PIL nominale più elevato per il 2017 e più contenuto per gli anni successivi. Nel confronto con le valutazioni della NTI 2017, la previsione aggiornata per l’anno 2017 sconta 0,2 punti percentuali di PIL di maggiori entrate non tributarie mentre resta sostanzialmente stabile l’incidenza delle entrate tributarie.

Riguardo ai fattori che, in linea generale, hanno determinato la revisione delle stime delle entrate rispetto a quelle indicate nella NTI, il DEF evidenzia che le nuove previsioni considerano, oltre alle variazioni del quadro macroeconomico e agli effetti dei provvedimenti legislativi con impatto differenziale sugli anni di riferimento, anche l’effetto di trascinamento dei risultati 2016. Con riferimento alle sole entrate tributarie, nel 2016 infatti si registra un incremento di 2.767 milioni rispetto alle precedenti stime (da 493.081 milioni della NTI a 495.848 milioni del DEF).

L’aggiornamento delle previsioni riferite a tale componente di entrata evidenzia una crescita anche per il 2017 (da 498,4 miliardi a 499,1 miliardi) ed una riduzione negli anni 2018 e 2019 (rispettivamente, -3 miliardi e -2,5 miliardi).

Se si considera l’intero periodo di riferimento (2017-2019), il DEF stima una crescita più attenuata delle entrate tributarie rispetto a quella prevista dalla NTI. In termini percentuali, rispetto al 2017, le entrate tributarie aumentano nel 2019 del 7,5%, secondo le stime della NTI, e del 6,9% nel DEF.

 

Analizzando il nuovo quadro previsionale riportato nel DEF 2017, si osservano, su base annua, le seguenti principali variazioni.

Per quanto attiene alle entrate tributarie, si registra una variazione positiva per l’anno 2017, rispetto al 2016, in misura pari a circa 3,3 miliardi.

Le prospettive di miglioramento della congiuntura economica producono effetti positivi anche sulle entrate previste per gli anni successivi. Nellanno 2018 le previsioni delle entrate tributarie mostrano, rispetto all’anno precedente, un incremento del 4,1% (+20.448 milioni) ascrivibile solo in parte al miglioramento del quadro congiunturale; per l’altra parte l’incremento delle previsioni è attribuibile agli effetti della legge di bilancio 2017 e dei provvedimenti legislativi adottati in anni precedenti, con particolare riferimento alle “clausole di salvaguardia” (cfr apposito approfondimento).

Negli anni 2019 e 2020 si prevedono ulteriori incrementi delle entrate tributarie, su base annua, più contenuti, pari, rispettivamente, al 2,6% (+13.755 milioni) e all’1,6% (+8.616 milioni).

 

Nella seguente tabella si confrontano le entrate tributarie indicate dal DEF con le componenti, incluse nei tendenziali, relative alle clausole di salvaguardia, evidenziando, infine, le variazioni stimate, al netto degli effetti ascritti alle medesime clausole.

 (importi in milioni di euro)

 

La tabella evidenzia che, al netto delle variazioni dovute alle clausole di salvaguardia, gli incrementi delle entrate tributarie risulterebbero pari a circa 0,9 miliardi nel 2018 (rispetto al 2017), a circa 10 miliardi nel 2019 (rispetto al 2018) e a circa 8,6 miliardi nel 2020 (rispetto al 2019).

 

Il DEF segnala altresì che tutte le principali voci di entrata registrano una evoluzione positiva nel periodo considerato, come riflesso degli sviluppi del quadro macroeconomico e degli interventi normativi previsti a legislazione vigente, ad eccezione delle imposte dirette, che per il solo 2018 registrano una flessione rispetto al 2017 (-3.359 milioni). Il DEF attribuisce tale flessione anche agli interventi previsti dalla legge di bilancio 2017 in materia di nuova IRI (imposta sul reddito delle imprese) e alle modifiche alla disciplina ACE.

L’imposta sul reddito d’impresa (IRI)[30] è un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e relative addizionali e si applica ai redditi d’impresa realizzati dalle persone fisiche. L’aliquota dell’imposta è fissata, in linea con l’aliquota IRES, al 24%. Alla disposizione che ha introdotto tale disciplina sono stati attribuiti effetti finanziari netti di minore entrata, per l’anno 2018, pari a circa 2 miliardi di euro e, a decorrere dal 2019, pari a circa 1,2 miliardi.

I commi da 549 a 553 della legge di bilancio 2017 modificano la disciplina ACE. Alla disposizione sono ascritti effetti positivi di gettito pari a 1,7 miliardi nel 2017, 1,5 miliardi nel 2018 e a 1,4 miliardi dal 2019.

Complessivamente, alle misure sono stati quindi imputati, per il 2018, effetti netti di minor gettito (per circa 0,5 miliardi).

 

Con specifico riferimento alle entrate in conto capitale, il DEF segnala, per il 2018 una riduzione, sia per la componente tributaria che per quella non tributaria, pari, rispettivamente, a 1.992 e 1.972 milioni di euro. Il Documento segnala che tale riduzione è determinata dal venir meno della riapertura dei termini della voluntary disclosure (imposte tributarie in c/ capitale), del contributo del fondo nazionale di risoluzione banche e di quello relativo ai fondi UE per solidarietà terremoto (entrate in conto capitale non tributarie), che incidono invece sulla predetta voce nel 2017.

Si segnala in proposito che, nel prospetto relativo alle misure one-off contenuto nella sezione II del Documento in esame[31], le entrate relative alla voluntary disclosure sono indicate in misura pari a 212 milioni nel 2015, 4.078 milioni nel 2016 e 2.000 milioni per l’anno 2017. Inoltre, per l’anno 2017, sono indicate entrate da contributo del fondo nazionale di risoluzione banche pari a 1.526 milioni e da Fondo solidarietà UE per “sisma Amatrice” pari a 750 milioni.

Si ricorda che la legge di bilancio 2017 aveva ascritto effetti di maggiore entrata per l’anno 2017 relativi alla disciplina della voluntary disclosure pari a 1.600 milioni.

 

Con riferimento infine ai contributi sociali, le previsioni rispetto ai dati di consuntivo 2016 (221.440 milioni di euro) sono stimate crescere dell’1,4% nel 2017, mentre nel 2018 e nel 2019 la crescita sarà più sostenuta, rispettivamente del 3,7 e 3,8%. Tale dinamica riflette l’andamento dei redditi da lavoro dipendente e dell’occupazione sottostante le previsioni del quadro macroeconomico, nonché il venir meno delle misure di decontribuzione per le nuove assunzioni. Con riferimento alla incidenza rispetto al PIL, a fronte di un lieve calo nel 2017 (13,1%), si stima una risalita al 13,2% nel 2018, al 13,4% nel 2019 e al 13,3% nel 2020, con una media del triennio 2018-2020 pari quindi al 13,3%.

 

Infine, le previsioni del DEF 2017 concernenti la pressione fiscale evidenziano una riduzione dal 42,9% del 2016 al 42,4% del 2020, con un livello minimo del 42,3% nel 2017.

Nella seguente tabella si riportano i dati relativi alla pressione fiscale, anche al netto del cd bonus 80 euro, contenuti nella Tavola III.1 del DEF 2017[32].

 (in % del PIL)

·        Le clausole di salvaguardia

Aumento aliquote IVA ed accise

L’articolo 1, comma 626, della legge n. 147/2013 (legge di stabilità 2014) e articolo 1, comma 718, della legge n. 190/2014 (legge di stabilità 2015) hanno introdotto clausole di salvaguardia che prevedono l’attivazione di meccanismi automatici per la realizzazione di effetti di maggior gettito fiscale. Tali norme sono state oggetto di numerosi interventi di modifica diretti, in via prevalente, ad evitare l’entrata in vigore, per determinati periodi di imposta, degli aumenti delle aliquote.

 

Situazione ante legge di bilancio 2017

 

La disciplina vigente fino al 31 dicembre 2016 prevedeva:

-          l’incremento, dal 10% al 13%, dell’aliquota IVA ridotta a decorrere dal 2017;

-          l’incremento dal 22% al 24% nel 2017 e l’ulteriore incremento al 25% dal 2018, dell’aliquota IVA ordinaria;

-          l’incremento delle aliquote di accisa sui carburanti in misura tale da assicurare maggiori entrate pari a 350 milioni a decorrere dal 2018.

Gli effetti finanziari di maggior gettito ascritti alle predette misure sono indicati nella seguente tabella.

 (importi in milioni di euro)

 

Legge di bilancio 2017

 

L’articolo 1, commi 631 e 632, della legge n. 232/2016 (legge di bilancio 2017) è intervenuta sulla disciplina in esame disattivando gli incrementi di aliquote (IVA e accise) previste per l’anno 2017 a fronte di una variazione dell’aliquota IVA ordinaria (dal 25% al 25,9%) a decorrere dal 2019.

Gli effetti finanziari di maggior gettito attesi dopo le modifiche introdotte dalla legge di bilancio 2017 sono indicati nella seguente tabella.

 (importi in milioni di euro)

 

In termini di PIL, gli effetti di maggiori entrate attese dall’attivazione delle clausole di salvaguardia rappresentano circa l’1,1% nel 2018, l’1,3% nel 2019 e l’1,2% nel 2020.

Le spese

Il DEF 2017 stima per il periodo di previsione un andamento crescente, in valore assoluto, delle spese finali, che passano da 839,1 miliardi del 2017 a 874,2 miliardi del 2020. In termini di PIL tuttavia l’incidenza delle spese si riduce da 49,1% del 2017 al 48,3 del 2018 fino ad attestarsi al 47% al termine del periodo di previsione.

La spesa corrente primaria è caratterizzata da variazioni annue positive (1,4% nell’anno in corso, 1,0% nel 2018, 1,5% nel 2019, 1,8% nel 2020). A tale andamento corrisponde tuttavia una riduzione dell’incidenza di tale aggregato, espresso in termini di PIL, che passa dal 41,9% del 2017 al 40,1% nel 2020.

 

Rispetto alle precedenti previsioni contenute nella NTI, si registrano maggiori spese finali per circa 5,0 miliardi nel 2017, 2,1 miliardi nel 2018 e 6,4 miliardi nel 2019. Il peggioramento è dovuto alla revisione in aumento delle previsioni di spesa per redditi da lavoro dipendente, consumi intermedi, per altre uscite correnti e interessi e ad un miglioramento delle previsioni relative alla spesa per prestazioni sociali ed in conto capitale.

Con riguardo ai diversi aggregati di spesa, per i redditi da lavoro dipendente si prevede una moderata crescita delle retribuzioni per l’anno 2017 (1,6%), seguita da una riduzione dello 0,5% nell’anno 2018, mentre negli anni 2019 e 2020 è attesa una crescita, rispettivamente, dello 0,3 e dello 0,2% da attribuire, fra l’altro, alla corresponsione dell’identità di vacanza contrattuale (IVC) del nuovo biennio contrattuale 2019-2020. L’incremento della spesa del 2017 sconta anche l’onere derivante dai rinnovi contrattuali che si ipotizza vengano sottoscritti nell’anno. La riduzione registrata nel 2018 è, invece, spiegata, secondo le informazioni del DEF, dal venir meno, a legislazione vigente, del finanziamento delle missioni di pace.

Rispetto a quanto ipotizzato nella Nota tecnico illustrativa la spesa per redditi da lavoro dipendente cresce di circa 1,9 miliardi nel 2017, di 1,6 miliardi nel 2018 e di 1,8 miliardi nel 2019.

Tale effetto sembra imputabile, almeno in parte, ad una revisione al rialzo del dato 2016. Quest'ultimo, infatti, è stato incrementato di circa 1,2 miliardi per effetto della revisione del dato 2015 e per l’inclusione dei compensi RAI, a seguito dell’ingresso di tale società nel novero delle amministrazioni pubbliche.

Nelle nuove previsioni, la riduzione dell’incidenza di tale voce di spesa rispetto al prodotto (dal 9,8% del 2016 al 9,0% del 2020) viene conseguita, come evidenziato dal DEF, nonostante: gli effetti di spesa conseguenti all’istituzione del Fondo per il pubblico impiego di cui all’articolo 1, comma 365, della legge n. 232/2016 (1.480 milioni per il 2017, 1.930 milioni dal 2018) e alla considerazione, come accennato in precedenza, dell’indennità di vacanza contrattuale da corrispondere con riferimento al triennio 2019-2020.

Si prevede inoltre un incremento della spesa per consumi intermedi nel 2017 dello 0,7%, seguita da una riduzione pari allo 0,3% nel 2018, mentre nel 2019 e nel 2020 la voce torna a crescere, rispettivamente, dello 0,7% e 1,8%. L’andamento di tale voce di spesa si mantiene comunque al di sotto della dinamica del PIL nominale evidenziando, conseguentemente, un’incidenza sul PIL che si riduce dall’8,0% dell’esercizio 2017 al 7,5% del 2020, secondo quanto riferito dal DEF, in conseguenza delle norme di contenimento della spesa adottate. Nel DEF si chiarisce che l’incremento su base annua della spesa del 2017 deriva dagli interventi disposti dal decreto legge fiscale 193/2016 e dalla legge di bilancio 2017 e dalla dinamica della spesa sanitaria. L’incremento di spesa registrato nel 2020 è, invece, sempre secondo il DEF, conseguenza del venir meno delle misure di contenimento adottate negli anni passati.

Rispetto a quanto ipotizzato nella Nota tecnica illustrativa la spesa per consumi intermedi aumenta, di 1,6 miliardi nel 2017, di 2,7 miliardi nel 2018 e di 2,1 miliardi nel 2019. La revisione è effetto, secondo quanto specificato nel DEF, dell’aggiornamento della base 2015, dell’inclusione della RAI nella lista delle amministrazioni pubbliche e di maggiori spese del Bilancio dello Stato: l’effetto di tali revisioni ha comportato un rialzo delle stime per il 2016 di 2.144 milioni e quindi un effetto di trascinamento nelle previsioni per gli anni successivi.

 

L’andamento della spesa sanitaria indicato nel quadro tendenziale sconta una crescita dell’1,4% nell’anno 2017 con un valore pari a 114.138 milioni di euro e un’incidenza sul PIL del 6,7%. Tale andamento è influenzato dalla dinamica crescente di tutte le componenti dell’aggregato con un’influenza più marcata dei consumi intermedi, che mostrano un tasso di crescita rispetto all’anno precedente del 2,7%. Il Documento evidenzia che la dinamica crescente di tale aggregato è influenzata principalmente dalla componente farmaceutica che sconta i maggiori costi connessi all’immissione sul mercato di farmaci innovativi nonché il rispetto del nuovo tetto del 6,89% della spesa farmaceutica per acquisti diretti[33].

Per il triennio 2018-2020 la spesa sanitaria è prevista crescere ad un tasso medio annuo dell’1,3%, mentre il rapporto fra la spesa sanitaria e il PIL decresce e si attesta, alla fine dell’arco temporale considerato, ad un livello pari al 6,4%. Tale andamento, precisa il Documento, sconta le previsioni relative al PIL nominale assunto dal quadro macroeconomico, che nel medesimo arco temporale cresce in media del 2,9%.

 

Per l’anno 2017, la stima della spesa per prestazioni sociali in denaro, predisposta a legislazione vigente, risulta in crescita del 2,2% circa rispetto ai dati di consuntivo 2016, per un valore in termini assoluti di 344.850 milioni.

Nel dettaglio, il Documento segnala che la spesa pensionistica è prevista in aumento dell’1,3%, tenuto conto anche delle misure contenute nella legge di bilancio 2017 quali: laumento dell'importo della cosiddetta quattordicesima per i pensionati con reddito fino a 1,5 volte il trattamento minimo; nuove agevolazioni per i lavori usuranti e per l’accesso al pensionamento dei lavoratori precoci; l’ottava salvaguardia pensionistica per i lavoratori esodati.

La crescita delle altre prestazioni sociali in denaro nel 2017 è altresì stimata nel 5,1%. Tale previsione considera le misure introdotte con la legge di bilancio 2017-2019, tra cui: l’introduzione della cosiddetta APE sociale; le misure per il sostegno alla famiglia[34], misure di contrasto alla povertà quali l’incremento del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale e misure in favore dei giovani, quali la proroga della prestazione della carta elettronica per i coloro che compiono 18 anni nel 2017.

Per il periodo 2018-2020, la complessiva spesa per prestazioni sociali in denaro, prendendo a riferimento l’anno 2017, prevede incrementi annui del 2,6% in media. Il tasso di variazione annua della spesa pensionistica è stimato al 2,8%, mentre quello della spesa per altre prestazioni sociali in denaro risulta dell’1,9%.

Il Documento stima comunque, per il periodo 2012-2019, un livello complessivo della spesa per prestazioni sociali in denaro inferiore a quanto previsto nella Nota tecnico-illustrativa.

 

Per la spesa in conto capitale le previsioni tendenziali mostrano un andamento complessivamente decrescente nel periodo 2017-2020: a fine periodo l’aggregato si attesta su un valore pari a 56,7 miliardi, inferiore di circa 1 miliardo rispetto al valore previsto per il 2017. L’andamento descritto viene confermato dalla dinamica della spesa in termini di PIL, che dal 3,4% del 2017 scende al 3,0% nel 2020. Si determinano peraltro valori più elevati nel 2018 e nel 2019, che mostrano un'incidenza della spesa in conto capitale rispetto al PIL, rispettivamente, del 3,5% e del 3,3%.

Tale andamento delle spese in conto capitale va considerato anche nel quadro della complessiva riduzione tendenziale della spesa primaria nel periodo 2016-2020. In questa ottica si osserva che, nel periodo considerato, il rapporto fra spesa capitale e spesa primaria passa dal 7,5% del 2016 al 7,1% circa del 2020, facendo tuttavia registrare medio tempore valori più elevati negli esercizi 2018 (7,8%) e 2019 (7,6%).

·        La spesa per interessi

Dai dati di consuntivo per il 2016, la spesa per interessi risulta pari a 66.272 milioni con una riduzione, rispetto al dato del 2015, di 1.794 milioni, pari a quasi il 3%.

Dal confronto con le precedenti stime, si osserva un valore sostanzialmente in linea (-206 milioni) rispetto a quello indicato per il 2016 nella Nota tecnico illustrativa.

 

Negli anni 2017 e 2018, le previsioni a legislazione vigente mostrano una spesa per interessi pari, in valore assoluto, rispettivamente, a 65.979 milioni e a 65.531 milioni. L’andamento decrescente non è confermato dalle previsioni riferite al 2019 e al 2020, esercizi nei quali l’aggregato di spesa torna a crescere, raggiungendo, rispettivamente, il valore di 67.422 milioni e 71.089 milioni. In termini di incidenza sul PIL, la spesa si colloca, rispettivamente, al 3,9% e al 3,7% nei due anni considerati. Non cambia quest’ultima incidenza nel 2019, mentre si registra un incremento nel 2020 (3,8%).

Rispetto alle precedenti stime, si osserva che le nuove previsioni assumono, per tutto il periodo considerato, valori superiori sia a quelli del DEF 2016 sia a quelli della NTI riferita alla legge di bilancio 2017: in particolare, rispetto a quest’ultima, si registra una correzione in aumento di circa il 4% nel 2017, il 5% nel 2018 e il 9,2% nel 2019.

Tabella 20. Spesa per interessi: confronto tra DEF 2016, Nota tecnico illustrativa LB2017 e Documento di economia e finanzia 2017

(importi in milioni di euro)

 

2015

2016

2017

2018

2019

2020

 

 

 

 

 

 

 

DEF 2016

 

 

 

 

 

 

Spesa per interessi

68.440

66.911

65.186

64.075

64.002

 

Variazione assoluta annua

-5.900

-1.529

-1.725

-1.111

-73

 

Variazione %

-7,9

-2,2

-2,6

-1,7

-0,1

 

in % del PIL

4,2

4,0

3,8

3,6

3,5

 

PIL nominale

1.636.372

1.671.584

1.715.832

1.764.755

1.818.439

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NTI LS 2017

 

 

 

 

 

 

Spesa per interessi

68.216

66.478

63.442

62.394

61.770

 

Variazione assoluta annua

-6.124

-1.738

-3.036

-1.048

-624

 

Variazione %

-8,2

-2,5

-4,6

-1,7

-1,0

 

in % del PIL

4,2

4,0

3,7

3,5

3,4

 

PIL nominale

1.642.444

1.672.026

1.705.841

1.758.962

1.812.933

 

 

 

 

 

 

 

 

DEF 2017

 

 

 

 

 

 

Spesa per interessi

68.066

66.272

65.979

65.531

67.422

71.089

Variazione assoluta annua

-6.311

-1.794

-293

-448

1.891

3.667

Variazione %

-8,5

-2,6

-0,4

-0,7

2,9

5,4

in % del PIL

4,1

4,0

3,9

3,7

3,7

3,8

PIL nominale

1.645.439

1.672.438

1.709.547

1.758.562

1.810.380

1.861.903

Fonte: elaborazione su dati del DEF 2017

Il Documento in esame precisa che nel 2016 la spesa per interessi, calcolata in base al criterio di competenza economica SEC2010, si riduce di circa 1,8 miliardi rispetto al 2015. La riduzione ha interessato principalmente le Amministrazioni centrali: in particolare, la componente imputabile ai titoli di Stato è diminuita per circa 2,5 miliardi, mentre la componente relativa a strumenti diversi dai titoli è aumentata soprattutto per la parte relativa alle giacenze presso la Tesoreria dello Stato di enti non facenti parte delle PA, che ha visto un incremento di circa 800 milioni, anche a causa della modifica dei criteri remunerazione delle stesse giacenze.

Il Documento evidenzia che, anche nel 2016, la riduzione nella spesa per interessi sui titoli di Stato va riferita soprattutto nella discesa dei tassi di collocamento del debito, almeno fino al mese di agosto, ma anche alla bassa inflazione, sia europea che nazionale, considerato l’impatto che questa variabile ha sui titoli indicizzati (BTP€i e BTP Italia).

 

Nel periodo 2017-2019, la spesa per interessi rispetto al PIL segue un percorso di riduzione progressiva, passando dal 3,9% nel 2017 al 3,7% alla fine del periodo considerato. Rispetto alla NTI, il Documento evidenzia stime annuali in media più alte di circa 0,2 punti percentuali di PIL. Nell’anno 2020 la spesa per interessi è prevista attestarsi su un valore pari a 3,8 punti percentuali di PIL. Il Documento sottolinea che tale revisione al rialzo rispetto alle precedenti previsioni riflette l’aumento atteso dei tassi di interesse, il peggioramento in determinati esercizi del fabbisogno (in conseguenza dell’intervento di sostegno al settore bancario e del termine, nel 2018, del regime di tesoreria unica[35]) e la scadenza nel 2019 di diversi titoli di Stato.

In particolare, il DEF evidenzia che le stime della spesa per interessi sono state prodotte sulla base di uno scenario dei tassi di interesse elaborato a partire dai tassi attesi impliciti nella curva dei rendimenti italiana nelle settimane di elaborazione delle stime. Tale scenario vede un progressivo rialzo dei tassi su tutte le scadenze, con un contestuale appiattimento della forma della curva dei rendimenti, dovuto ad una dinamica in aumento dei tassi a breve più accentuata rispetto a quella dei tassi a medio-lungo termine.

Nella seguente tabella si riportano i dati forniti dal DEF riferiti alle ipotesi utilizzate riguardo all’andamento dei tassi di interesse a breve e a lungo termine.

Tabella 21 - Ipotesi utilizzate per i tassi di interesse

 

 

2016

2017

2018

2019

2020

 

 

 

 

 

 

Tasso di interesse a breve termine

n.d.

-0,15

0,46

1,16

1,84

Tasso di interesse a lungo termine

1,40

2,28

2,98

3,33

3,63

 

 

 

 

 

 

Fonte: PdS-DEF 2017

Nota: per tasso di interesse a breve termine si intende la media dei tassi previsti sui titoli di Stato a 3 mesi in emissione durante l’anno. Per tasso di interesse a lungo termine si intende la media dei tassi previsti sui titoli di Stato a 10 anni in emissione durante l’anno.

Il Documento evidenzia altresì che, nonostante l’attesa risalita del costo delle nuove emissioni, la dinamica prevista della spesa per interessi in rapporto al PIL sarà contenuta dal miglioramento atteso dei saldi di cassa da finanziare e dalla composizione attuale e futura dello stock dei titoli in circolazione, che tende a diluire nel tempo gli effetti sui conti pubblici di un incremento nel costo di finanziamento sul mercato. In particolare, il DEF evidenzia che, nel corso del 2016, le emissioni degli strumenti a tasso fisso di medio lungo termine hanno rafforzato la tendenza, già evidenziata nel 2015, alla riduzione delle scadenze nei comparti a 2, 3 e 5 anni e all’incremento di quelle con vita uguale o superiore ai 7 anni. Ciò ha permesso di consolidare la riduzione dell’esposizione ai rischi di rifinanziamento e di interesse: infatti la vita media complessiva di tutti i titoli di Stato al 31 dicembre 2016 è risultata pari a 6,76 anni contro i 6,52 anni del 2015, mentre l’Average Refixing Period, il principale indicatore utilizzato per la misura del rischio di tasso, è passato da 5,42 anni, dato di fine 2015 a 5,66 anni nel 2016. Anche la durata finanziaria di tutto lo stock di titoli del debito è passata da 5,48 anni, a fine 2015 a 5,54 anni alla fine del 2016.

1.3. L’analisi degli andamenti tendenziali per sottosettori

Il Documento riporta, come di consueto, la disaggregazione del conto economico per sottosettori della PA, con riferimento sia agli esercizi di consuntivo, sia alle previsioni tendenziali.

 

Con particolare riferimento alle componenti relative al sottosettore delle amministrazioni locali, i risultati conseguiti indicano nel 2016 una flessione dell’incidenza sul PIL sia delle spese, che passano dal 14,6% nel 2015 al 14,3%, sia delle entrate, che si riducono dal 15,0% al 14,6% sul PIL. In valori assoluti, si registra una contenuta flessione delle spese (circa 752 milioni) a fronte di una riduzione di 2.105 milioni delle entrate. Il saldo complessivo di bilancio registra valori positivi (accreditamento netto), mostrando però una flessione in valore assoluto da 5,6 miliardi del 2015 a 4,2 miliardi del 2016.

Sempre con riferimento agli enti locali, si rileva che le componenti della spesa che, a consuntivo, registrano una flessione sono, per la parte corrente, quelle relative ai redditi da lavoro dipendente e alla spesa per interessi. Per quanto concerne le spese di conto capitale si registra una diminuzione di tutte le voci e, in particolare, degli investimenti fissi lordi.

Sul lato dell’entrata incidono sulla variazione delle entrate tributarie (-9,3 miliardi) le imposte indirette, che evidenziano una flessione del gettito per 10,8 miliardi. Corrispondentemente risultano aumentati i trasferimenti, presumibilmente di carattere compensativo, registrati nella voce trasferimenti da amministrazioni pubbliche (+ 9,4 miliardi).

 

L’andamento riscontrato si riflette anche nelle previsioni tendenziali per gli anni 2017-2020, con una progressiva flessione dell’incidenza sul PIL delle spese (dal 14,1% del 2017 al 13,2% del 2020) mentre le entrate variano dal 14,3 al 13,3 in termini di PIL con un saldo che resta sempre attivo, passando da 2,8 miliardi del 2017 a 2,0 miliardi nel 2020.

 

Di seguito si riporta l’analisi grafica delle principali componenti della spesa primaria della PA e dei suoi sottosettori, espressa in valori assoluti.

Figura 15 - Spesa della PA - Valori assoluti

(milioni di euro)

Nota: I grafici sono costruiti su scale diverse.

Gli andamenti raffigurati mostrano un’evoluzione crescente, in valore assoluto, della spesa primaria, in larga parte attribuibile alla componente previdenziale, con un più ridotto contributo della spesa corrente, al netto degli interessi, delle amministrazioni locali e centrali. La spesa in conto capitale, dopo essere aumentata, da 57,7 miliardi del 2017 a 61,2 miliardi del 2018, mostra un trend decrescente con una prima flessione nel 2019 che si accentua nel 2020. Il dato relativo all’ultimo anno del periodo previsionale si attesta su un valore complessivo di 56,7 miliardi. Dal raffronto del dato 2017 con quello del 2020 la flessione appare principalmente imputabile alle amministrazioni centrali, mentre registrano un incremento, sia pur contenuto, le spese in conto capitale delle amministrazioni locali.

Di seguito gli stessi importi sono rappresentati in termini di incidenza sul PIL.

Figura 2 - Spesa della PA - Incidenza sul PIL

(percentuale)

Nota: I grafici sono costruiti su scale diverse.

I grafici evidenziano che la spesa, al netto degli interessi, si riduce complessivamente rispetto al PIL nel periodo considerato. La componente della spesa corrente primaria che riduce meno la propria incidenza nel periodo di osservazione è quella previdenziale (che varia dal 20,2% del 2017 al 20,0% del 2020). Tra le restanti componenti la spesa corrente primaria delle amministrazioni centrali registra una più evidente dinamica tendenziale di riduzione rispetto a quella delle amministrazioni locali. Analogamente, per la spesa in conto capitale, l’incidenza sul PIL si riduce per le amministrazioni centrali (dal 2,1% del 2017 all’1,8% del 2020) mentre resta sostanzialmente stabile quella riferibile alle amministrazioni locali (1,7%).


 

2. Percorso programmatico di finanza pubblica

2.1. Il quadro programmatico

Il Documento di economia e finanza 2017 aggiorna il quadro programmatico di finanza pubblica per il quadriennio 2017-2020.

 

Il DEF rafforza il percorso di riduzione dell’indebitamento netto fino a prevedere il conseguimento di un saldo nullo nel 2020 e il pareggio di bilancio strutturale sia nel 2019 (+0,1%) che nel 2020 (0,0%).

 

Si tratta, dunque, di un aggiornamento dell'obiettivo programmatico e del percorso di avvicinamento ad esso che - contrariamente a quanto avvenuto in passato (scostamenti in senso "peggiorativo" accordabili solo in caso di "eventi eccezionali") - non richiede una procedura rafforzata di approvazione presso ciascuna Camera a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti ex art. 6, legge n. 243 del 2012.

 

Box - il percorso di avvicinamento all'OMT: un'analisi dei precedenti

Questo box riassume sinteticamente i precedenti riferiti alla fissazione dell'obiettivo del pareggio di bilancio strutturale e del percorso di avvicinamento a tale obiettivo.

Con il DEF 2013 il Governo fissava il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013.

 Nel 2014 in sede di presentazione del DEF, il Governo chiedeva di posporre il raggiungimento del pareggio di bilancio strutturale di tre anni - dal 2013 al 2016, e di due anni - dal 2014 al 2016 - rispetto alla raccomandazione del Consiglio europeo del luglio 2013. In tale occasione veniva presentata una Relazione ex art. 6 con la quale si posponeva il raggiungimento dell'obiettivo di medio periodo (MTO) al 2016, sulla base di tale relazione ciascuna delle due Camere con propria risoluzione del 17 aprile 2014 ha autorizzato a maggioranza assoluta lo scostamento in questione, unitamente al piano di rientro.

Sempre nel 2014, a causa di una revisione al ribasso delle stime sull’andamento dell’economia italiana per l’anno in corso e per il 2015, il Governo era spinto a chiedere di rinviare il conseguimento dell'obiettivo del pareggio di bilancio dal 2016 al 2017, presentando una Relazione ex art. 6, approvata presso ciascuna Camera a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.

 Nel settembre del 2015, il Governo accompagnava la presentazione della Nota di aggiornamento con una Relazione ex art. 6 al fine di chiedere un aggiornamento del piano di rientro verso l’OMT e rinviare l'obiettivo di pareggio al 2018. La Relazione è stata approvata Camera a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti presso entrambe le Camere.

In sede di presentazione del DEF 2016, il Governo ha domandato di rinviare l'obiettivo programmatico portandolo a un sostanziale pareggio di bilancio al 2019. La Relazione ex articolo 6 della legge n.243 del 2012 è stata approvata da ciascuna Camera in data 27 aprile 2016 a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.

Lo scorso settembre, il Governo ha presentato come annesso alla Nota una relazione ex art. 6 con la quale ha chiesto di aggiornare il percorso di avvicinamento all'OMT senza modificare l'obiettivo di sostanziale pareggio di bilancio al 2019, in data 12 ottobre, ciascuna Camera ha approvato la predetta relazione a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.

Si rammenta che l’articolo 6 della legge n. 243 del 2012 prevede, ai commi da 1 a 3, che qualora il Governo al fine di fronteggiare eventi eccezionali ritenga indispensabile discostarsi temporaneamente dall'obiettivo programmatico, sentita la Commissione europea, presenti alle Camere, per le conseguenti deliberazioni parlamentari (da approvare a maggioranza assoluta dei propri componenti) componenti, una relazione con cui aggiorna gli obiettivi programmatici di finanza pubblica, nonché una specifica richiesta di autorizzazione che indichi la misura e la durata dello scostamento e definisca il piano di rientro verso l'obiettivo programmatico. Il successivo comma 5 dispone inoltre che il piano di rientro possa essere aggiornato al verificarsi di ulteriori eventi eccezionali ovvero qualora in relazione all’ andamento del ciclo economico il Governo intenda apportarvi modifiche.

La Figura 16 illustra gli aggiornamenti del piano di aggiustamento verso l'obiettivo programmatico presentati dal Governo e approvati dalle Camere.

 

Figura 16 - Saldo strutturale programmatico (2013-2020)

(in percentuale del PIL)

Fonte: Tavole "Indicatori di finanza pubblica" da: DEF 2013, DEF 2014, NADEF 2014, NADEF 2015, DEF 2016, NADEF 2016, DEF 2017.

Le previsioni per il 2017 incorporano gli effetti delle misure correttive (0,2 p.p. di PIL) che il Governo si è impegnato ad approvare lo scorso febbraio (cfr. Box successivo) così da portare, nel 2017, il livello dell'indebitamento netto al -2,1% (rispetto al -2,3% del DPB 2017).

Si tratta di misure che, ancorché non indicate puntualmente nel Documento in esame, vengono dichiarate dal Governo come aventi natura strutturale, tali da avere una portata correttiva di "quasi 0,3 p.p. di PIL sugli anni successivi".

Nel DEF il pacchetto viene descritto come comprendente "misure volte a ridurre l’evasione dell’IVA e di altri tributi con interventi quali l’allargamento delle transazioni a cui si applica il cosiddetto split payment. Altre misure riguardanti le entrate comprendono una rimodulazione delle accise sul tabacco e delle aliquote dell’ACE (Aiuto alla Crescita Economica), nonché un aumento dell’imposizione sui giochi. Le misure di controllo della spesa si concentreranno sugli stanziamenti di alcuni fondi già previsti per legge. Il pacchetto è accompagnato da maggiori investimenti nelle zone colpite dai recenti sismi pari a un miliardo di euro all’anno per il periodo 2017-2020".

Sono invece confermati gli obiettivi (2018 e 2019) di indebitamento netto previsti lo scorso autunno.

 

Box - La richiesta di correzione della Commissione e la risposta del Governo

Nel novembre scorso la Commissione UE formulava, nel parere sul DPB 2017, la richiesta al Governo italiano di prendere misure aggiuntive per il 2017 atteso che emergeva una deviazione "significativa" dal percorso di avvicinamento all’OMT dell'indebitamento netto previsto per il 2017.

Il 17 gennaio 2017 la Commissione ha perciò richiesto espressamente al Governo italiano l'adozione di misure correttive del disavanzo strutturale di bilancio previsto per il 2017, congiuntamente all’aggiornamento delle informazioni sui fattori "rilevanti" circa la prevista dinamica del debito, onde evitare il rischio di incorrere in una procedura per disavanzo eccessivo a causa del mancato rispetto della regola sul debito per il 2015. Nella lettera, la Commissione UE esplicitava l'esigenza di una correzione strutturale di almeno lo 0,2% del PIL, formulando la richiesta di un elenco dettagliato di misure specifiche previste a tal fine e un chiaro calendario circa la loro rapida adozione.

Il Ministro dell’Economia e delle finanze ha risposto ai rilievi e alle richieste formulate dalla Commissione con due lettere (1° e del 7 febbraio 2017). Dalla lettura congiunta di quest'ultime e dal contenuto degli interventi in Parlamento del Ministro (2 e 7 febbraio) si constatava l'impegno del Governo ad adottare un intervento correttivo, pari al 0,2% del PIL che la sua composizione si sarebbe articolata per circa un quarto sul versante delle uscite (circa 0,85 miliardi) e per tre quarti dal lato delle entrate di bilancio (2,55 miliardi).

 

2.2. Gli indicatori di finanza pubblica

Il DEF riporta le differenze rispetto al precedente programma di stabilità (2016) dei principali indicatori di finanza pubblica (cfr. Tabella 22 ).

Dall'analisi dei dati si evidenzia come in un quadro di peggioramento delle prospettive di crescita, il profilo degli indicatori indebitamento netto/PIL e debito pubblico/PIL vengano mantenuti su di un sentiero decrescente sia pure su livelli più alti e, per il debito, con una dinamica meno pronunciata rispetto al Programma di stabilità 2016.

Tabella 22 - Differenze rispetto al precedente programma di stabilità

Eventuali imprecisioni derivano dagli arrotondamenti

Fonte: DEF 2017, sez. I, tavola III.4, pag. 51.

Si rammenta che l'analisi del quadro programmatico del DEF si avvale di un insieme di indicatori che dipende dalle regole europee e si articola nelle variabili rilevanti per la decisione di politica di bilancio[36]. La fissazione degli obiettivi di saldo strutturale, ossia corretto per il ciclo economico e per le misure una tantum, riflette l’impegno del Paese al raggiungimento dell'obiettivo di medio termine (di seguito anche: OMT, o nell'acronimo anglosassone MTO - medium term objective) concordato in sede europea; tale obiettivo si affianca alla riduzione programmatica del debito pubblico.

La Tabella 23 mette a confronto le stime dei principali indicatori di finanza pubblica contenute nel DEF in esame rispetto a quelle prospettate nella Nota di aggiornamento del DEF dello scorso autunno e nel DEF 2016.

La dinamica degli indicatori di finanza pubblica riflette le stime sia sui principali saldi che sul PIL nominale; a riguardo, con riferimento alle stime su PIL reale, deflatore e PIL nominale e alle differenze rispetto alle previsioni formulate nella NADEF di settembre 2016, si rinvia all'analisi della parte I - "Il quadro macroeconomico".

Tabella 23 - Indicatori di finanza pubblica e obiettivi programmatici

(in percentuale del PIL)

Fonti: DEF 2016, sez. I, NADEF 2016, tavole III.2 e III.3; DEF 2017, tavole III.8 (La finanza pubblica corretta per il ciclo) e I.3 (Indicatori di finanza pubblica).

L’avanzo primario nominale continua, nell'orizzonte programmatico, a mostrare una dinamica con tassi di crescita a ritmi crescenti, mostrando un miglioramento, con riferimento al triennio 2018-2020, rispetto alle previsioni formulate lo scorso settembre. L'indicatore passa dall'1,5% del PIL (2016) al 3,8% del PIL (2020), il miglioramento rispetto alle stime precedenti oscilla da 0,1 punti percentuali (p.p.) di PIL per il 2018 fino ad un massimo di 0,3 p.p. di PIL per il 2019. Come si avrà modo di vedere di seguito tale dinamica più favorevole compensa quella di segno contrario dell'andamento degli interessi in rapporto al PIL, consentendo di confermare le stime sull'indebitamento netto.

 

La stima degli interessi passivi prospettata dal DEF, pur mantenendosi stabilmente su livelli inferiori al 4% in rapporto al PIL, mostra un andamento peggiore rispetto a quanto previsto nella scorsa Nota di aggiornamento (valori tra parentesi). In particolare, il rapporto si attesta al 3,9% (3,7%) nel 2017, al 3,7% (3,6%) nel 2018, al 3,7% (3,4%) nel 2019, per poi registrare un incremento di 0,1 p.p. di PIL nel 2020, anno in cui si attesta al 3,8%.

A riguardo, per una più completa analisi dei profili di rischio si ritiene possa essere utile disporre di maggiori informazioni circa le stime dell'andamento della spesa per interessi anche alla luce delle prospettive di politica monetaria.

Nel 2017, si evidenzia un saldo dell'indebitamento netto programmatico al -2,1%, più alto di 0,1 p.p. di PIL (-2,0%) rispetto alla Nota di aggiornamento (valori tra parentesi), ma in miglioramento di 0,3 p.p. di PIL rispetto al -2,4% del 2016. Inoltre si stima un sensibile calo al -1,2% nel 2018 e al -0,2% nel 2019, biennio in cui vengono confermati i valori indicati nella Nota di aggiornamento.

Nell'orizzonte di previsione 2017-2020 si evidenzia infine il raggiungimento del pareggio di bilancio nell'ultimo anno del periodo considerato.

Dal confronto tra l'indebitamento netto tendenziale e indebitamento netto programmatico ( Tabella 24 e Figura 17 ) si evidenzia come, nell'orizzonte previsionale 2017-2020 i vincoli posti dai saldi tendenziali vengano rafforzati (fino a un massimo di 0,5 p.p. di PIL) al fine di ridurre i saldi programmatici e raggiungere, come detto, il pareggio nel 2020.

Tabella 24 – Confronto tra l'indebitamento netto tendenziale e programmatico

(in percentuale del PIL)

* differenza tra programmatico e tendenziale.

Fonti: elaborazioni su DEF 2017, sez. I, tavola I.3 (Indicatori di finanza pubblica)

In termini assoluti, con riferimento al PIL nominale stimato per le annualità, tali variazioni percentuali si sostanziano in un minor indebitamento netto, rispetto a quanto prospettato nel quadro tendenziale, per circa 3,4 miliardi di euro nel 2017, 1,8 miliardi di euro nel 2018, 7,2 miliardi nel 2019 e 9,3 miliardi nel 2020.

Figura 17 - Confronto tra l'indebitamento netto tendenziale e programmatico

(in percentuale del PIL)

Fonti: elaborazioni su DEF 2017, sez. I, tavola I.3 (Indicatori di finanza pubblica)

A riguardo si rammenta che lo scenario tendenziale incorpora l’aumento delle aliquote IVA previste dalle cd. clausole di salvaguardia sul 2018 e 2019, che hanno un impatto sui saldi di circa 1,1 p.p. di PIL nel 2018 e di ulteriori 0,2 p.p. nel 2019.

Nel Documento programmatico all'esame, il Governo conferma che nella prossima Legge di Bilancio verranno "disattivate" attraverso l'approvazione di un pacchetto, ancora non definito e chiarito nei suoi contenuti fondamentali, ma che potrà beneficiare della riforma delle procedure di formazione del bilancio tesa a facilitare la revisione della spesa. In tal senso viene anticipato che "le amministrazioni centrali contribuiranno al conseguimento degli obiettivi programmatici con almeno un miliardo di risparmi di spesa all’anno. Tale contributo sarà oggetto del DPCM previsto dalla nuova normativa".

 

L'output gap, che misura il differenziale tra PIL effettivo e potenziale, evidenzia un profilo evolutivo in miglioramento, evidenziando una costante riduzione, atteso che il dato previsionale passa dal -3,8% del 2015, al -2,7% del 2016, al -1,8% del 2017, al -1,1% nel 2018, al -0,5% nel 2019 per poi annullarsi nel 2020 ultimo anno dell'orizzonte di previsione (cfr. Figura 18 )[37]. Analoga dinamica è seguita dalla componente ciclica che passa dal -1,5% del 2016, al -1,0% nel 2017, al -0,6% del 2018, al -0,3% nel 2019, per poi annullarsi nel 2020.

 

A riguardo si osserva che, rispetto alle previsioni del settembre 2016, la dinamica dei due indicatori evidenzia un peggioramento con riferimento al quadriennio 2016-2019.

 

La Figura 18 mostra l’evoluzione dell'indebitamento netto programmatico in relazione agli obiettivi strutturali e all’andamento stimato dell’output gap, cioè della misura del divario tra andamento economico effettivo e potenziale. Esso evidenzia che – in presenza di pareggio strutturale – l'entità dell’output gap determina la misura del disavanzo nominale consentito, cioè la misura della stabilizzazione consentita per far fronte alla posizione ciclica negativa. Gli obiettivi nominali si riducono di entità rispetto al 2016, in conseguenza della progressiva chiusura attesa dell'output gap.

Figura 18 - Andamento del saldo nominale e strutturale in relazione all'output gap

(in percentuale del PIL)

Fonti: DEF 2017, tavole III.8 (La finanza pubblica corretta per il ciclo) e I.3 (Indicatori di finanza pubblica)

Con riferimento ai principali indicatori sin qui commentati in Tabella 25 e in Figura 19 si evidenziano le differenze tra le stime pubblicate lo scorso 13 febbraio dalla Commissione europea nelle previsioni di inverno, quelle del Governo dell'autunno scorso (DBP 2017) e del DEF in esame.

Tabella 25 - Indicatori di finanza pubblica e obiettivi programmatici: confronto DEF 2017, previsioni di inverno della Commissione e Documento programmatico di bilancio 2017 del Governo

Fonti: DEF 2017; DPB 2017, tab. III.1-6; European economic forecast - Winter 2017, tab. II.12.1 e Allegato statistico

Figura 19 – Saldo di bilancio strutturale, Indebitamento netto e Output gap, confronto tra DEF 2017, DPB 2017 e Previsioni di inverno 2017

 

Al netto delle differenze riferibili al quadro informativo disponibile al momento di chiusura delle stime e ai criteri con cui queste vengono condotte, i dati in tabella mostrano alcune importanti discrepanze, in particolare a livello di indicatori strutturali, che andranno riesaminate nel mese di maggio quando la Commissione europea pubblicherà le previsioni di primavera e presenterà le proprie valutazioni sul programma di stabilità e il PNR dell’Italia.

 

Riprendendo l'esame degli indicatori di finanza pubblica, l'entità in rapporto al PIL delle misure una tantum registra alcune modifiche nel DEF in esame, rispetto alla precedente Nota di aggiornamento per cui nel 2016 è pari allo 0,2% (0,1%), nel 2017 è indicata pari allo 0,3% (0,1%), nel 2018 allo 0,1% a fronte di un valore negativo pari al -0,1% (Nadef), infine, nell'ultimo biennio si azzerano. (cfr. Tabella 23 - Indicatori di finanza pubblica e obiettivi programmatici ).

 

Da ultimo si rammenta che la legge di contabilità e finanza pubblica (n. 196 del 2009) prevede all'articolo 10, comma 2, che il DEF contenga l'articolazione per sottosettori del quadro programmatico di finanza pubblica.

L'informazione al Parlamento sull'articolazione per sottosettori appare necessaria anche in relazione a quanto previsto dall'art. 3, comma 3, della Legge 243 del 2012 (perseguimento dell'obiettivo di medio termine).

 

La Tabella 26 riporta un confronto degli indicatori strutturali contenuti nel DEF con quelli dei precedenti documenti programmatici.

Tabella 26 - Indicatori strutturali. Confronto documenti programmatici

 

 

2015

2016

2017

2018

2019

2020

Tasso di crescita del PIL a prezzi costanti

DEF 2017

0,8

0,9

1,1

1,0

1,0

1,1

NADEF 2016

0,7

0,8

1,0

1,3

1,2

 

DEF 2016

0,8

1,2

1,4

1,5

1,4

 

NADEF 2015

0,9

1,6

1,6

1,5

1,3

 

DEF 2015

0,7

1,4

1,5

1,4

1,3

 

NADEF 2014

0,6

1,0

1,3

1,4

n.d.

 

Tasso di crescita del PIL potenziale

DEF 2017

-0,1

-0,2

0,1

0,3

0,4

0,6

NADEF 2016

-0,3

-0,2

0,2

0,3

0,4

 

DEF 2016

-0,2

-0,2

0,2

0,4

0,5

 

NADEF 2015

0,0

0,1

0,3

0,4

0,6

 

DEF 2015

-0,1

0,0

0,2

0,3

0,5

 

NADEF 2014

-0,2

0,0

0,2

0,3

 

 

Output gap

DEF 2017

-3,8

-2,7

-1,8

-1,1

-0,5

0,0

NADEF 2016

-3,5

-2,5

-1,7

-0,7

0,0

 

DEF 2016

-3,5

-2,3

-1,1

-0,1

0,7

 

NADEF 2015

-4,0

-2,5

-1,3

-0,2

0,5

 

DEF 2015

-3,8

-2,5

-1,3

-0,3

0,5

 

NADEF 2014

-3,5

-2,6

-1,4

-0,4

n.d.

 

Componente ciclica del saldo di bilancio

DEF 2017

-2,1

-1,5

-1,0

-0,6

-0,3

0,0

NADEF 2016

-1,9

-1,3

-0,9

-0,4

0,0

 

DEF 2016

-1,9

-1,2

-0,6

-0,1

0,4

 

NADEF 2015

-2,1

-1,4

-0,7

-0,1

0,3

 

DEF 2015

-2,0

-1,4

-0,7

-0,1

0,3

 

NADEF 2014

-1,9

-1,4

-0,8

-0,2

n.d.

 

Indebitamento netto

DEF 2017

-2,7

-2,4

-2,1

-1,2

-0,2

0,0

NADEF 2016

-2,6

-2,4

-2,0

-1,2

-0,2

 

DEF 2016

-2,6

-2,3

-1,8

-0,9

0,1

 

NADEF 2015

-2,6

-2,2

-1,1

-0,2

0,3

 

DEF 2015

-2,6

-1,8

-0,8

0,0

0,4

 

NADEF 2014

-2,9

-1,8

-0,8

-0,2

n.d.

 

Saldo primario

DEF 2017

1,5

1,5

1,7

2,5

3,5

3,8

NADEF 2016

1,5

1,5

1,7

2,4

3,2

 

DEF 2016

1,6

1,7

2,0

2,7

3,6

 

NADEF 2015

1,7

2,0

3,0

3,9

4,3

 

DEF 2015

1,6

2,4

3,2

3,8

4,0

 

NADEF 2014

2,3

2,7

3,1

3,4

n.d.

 

Misure una tantum

DEF 2017

-0,2

0,2

0,3

0,1

0,0

0,0

NADEF 2016

-0,1

0,1

0,1

-0,1

-0,1

 

DEF 2016

-0,1

0,1

0,0

0,0

0,0

 

NADEF 2015

-0,1

-0,1

0,0

-0,1

0,0

 

DEF 2015

-0,1

-0,1

0,0

0,0

0,0

 

NADEF 2014

-0,1

0,0

0,0

0,0

n.d.

 

Saldo di bilancio corretto per il ciclo al netto delle una tantum

DEF 2017

-0,5

-1,2

-1,5

-0,7

0,1

0,0

NADEF 2016

-0,7

-1,2

-1,2

-0,7

-0,2

 

DEF 2016

-0,6

-1,2

-1,1

-0,8

-0,2

 

NADEF 2015

-0,3

-0,7

-0,3

0,0

0,0

 

DEF 2015

-0,5

-0,4

0,0

0,1

0,2

 

NADEF 2014

-0,9

-0,4

0,0

0,0

n.d.

 

Variazione saldo di bilancio corretto per ciclo al netto delle una tantum

DEF 2017

0,3

-0,7

-0,3

0,8

0,8

-0,1

NADEF 2016

0,2

-0,5

0,0

0,5

0,6

 

DEF 2016

0,2

-0,7

0,1

0,3

0,6

 

NADEF 2015

0,3

-0,4

0,4

0,3

0,0

 

DEF 2015

0,2

0,1

0,3

0,2

0,0

 

NADEF 2014

0,1

0,5

0,4

0,0

n.d.

 

Avanzo primario corretto per il ciclo al netto delle una tantum

DEF 2017

3,7

2,8

2,4

3,0

3,8

3,8

NADEF 2016

3,5

2,8

2,5

2,8

3,3

 

DEF 2016

3,6

2,8

2,7

2,8

3,3

 

NADEF 2015

4,0

3,5

3,8

4,1

4,1

 

DEF 2015

3,7

3,9

4,0

4,0

3,8

 

NADEF 2014

3,7

4,1

4,2

4,1

n.d.

 

Variazione avanzo primario corretto per ciclo e al netto delle una tantum

DEF 2017

3,7

-0,9

-0,4

0,6

0,8

0,0

NADEF 2016

-0,3

-0,7

-0,3

0,3

0,5

 

DEF 2016

-0,2

-0,8

-0,1

0,1

0,5

 

NADEF 2015

0,0

-0,5

0,3

0,3

0,0

 

DEF 2015

-0,2

0,2

0,1

0,0

-0,2

 

NADEF 2014

-0,1

0,4

0,1

-0,1

n.d.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note: n.d. = dato non disponibile.

Fonti: Tavole "La finanza pubblica corretta per il ciclo" e "Indicatori di finanza pubblica" in: DEF 2017, NADEF 2016, DEF 2016, NADEF 2015, DEF 2015 e NADEF 2014 ed elaborazioni sulle tavole citate.

2.3. Gli aggiustamenti strutturali

L'Italia è sottoposta al braccio preventivo del PSC: in tale quadro di regole il percorso di avvicinamento all'obiettivo programmatico (OMT)[38] è valutato in base alla variazione del saldo strutturale e alla regola di spesa.

Si rammenta che in relazione alla variazione del saldo strutturale, in ciascun anno, il percorso verso l'OMT viene valutato sulla base della variazione del saldo strutturale e viene modulato in funzione delle condizioni cicliche dell'economia (sinteticamente indicata dal livello dell'output gap; del livello del saldo strutturale di partenza e del rapporto debito/PIL; nonché dell'esistenza di rischi di medio periodo sulla sostenibilità delle finanze pubbliche valutati sulla base dell'indicatore S1[39]).

 

Nel 2016 si stima un obiettivo di indebitamento netto pari al 2,4% e un corrispondente saldo strutturale di -1,2%, in peggioramento di circa 0,7 p.p. di PIL rispetto al 2015, il Governo chiarisce che tale deterioramento del saldo è in linea con quanto consentito dalle regole europee a fronte delle clausole di flessibilità concesse per il 2016.

Regole di flessibilità ed “eventi eccezionali”

Con la Comunicazione del 13 gennaio 2015[40] la Commissione europea ha chiarito le modalità e le condizioni di utilizzo di margini di flessibilità, che consentono deviazioni temporanee dall’obiettivo a medio termine o dal percorso di avvicinamento al medesimo, nell’ambito delle regole vigenti del Patto.

Tale flessibilità è, in particolare, riconosciuta per l’adozione di riforme strutturali e per gli investimenti pubblici (“clausole di flessibilità”). L’aggiustamento di bilancio richiesto è inoltre modulato in relazione all’andamento del ciclo economico, secondo i criteri fissati nella Comunicazione.

La Posizione comune approvata dal Consiglio ECOFIN nel febbraio 2016[41] ha introdotto alcuni elementi di novità rispetto alla Comunicazione della Commissione in materia di flessibilità del gennaio 2015. In particolare:

·        è stata precisata l’applicabilità della clausola per gli investimenti a progetti di investimento cofinanziati dai diversi Fondi strutturali e di investimenti europei;

·        è stata indicata una misura massima dello 0,5% del PIL alla deviazione dal percorso di aggiustamento verso l’obiettivo di medio termine consentita per la clausola degli investimenti, in analogia a quanto previsto per la clausola delle riforme;

·        è stato previsto un limite massimo dello 0,75% alla deviazione complessiva che si ottiene cumulando le due clausole.

 

Il Patto di stabilità e crescita prevede inoltre un’ipotesi di allontanamento temporaneo nel percorso di avvicinamento all’MTO (soggetto ad autorizzazione) in caso di “eventi eccezionali”[42].

Il Vademecum della Commissione europea sul PSC[43] ricorda che questa ipotesi, definita di adeguamento del percorso di consolidamento di bilancio, è stata introdotta dal Six pack nel 2011 e chiarisce che l’attivazione di questa clausola non si traduce in una sospensione a tempo indefinito del consolidamento delle finanze pubbliche, bensì nella riprogettazione del percorso di avvicinamento, su basi specifiche per il singolo Paese, al fine di tener conto delle circostanze eccezionali di una grave crisi economica nell’area euro o nell’Unione, come pure di un evento inconsueto al di fuori del controllo dello Stato.

In tali circostanze, dunque, le descritte deviazioni temporanee possono essere consentite ex ante (ai sensi dell’articolo 5 citato) oppure possono non essere prese in considerazione ex post (ai sensi dell’articolo 6 citato).

·        Richiesta di flessibilità per il 2016

Nel DEF del 2016 (aprile 2016) è stata formulata, per il 2016, una richiesta di flessibilità - per tener conto di significative riforme strutturali - nella misura di 0,1 punti percentuali, che va ad aggiungersi a quella per 0,4 punti, già formulata, in ragione della medesima clausola delle riforme strutturali, nel DEF 2015.

Inoltre, nel DEF è stata richiesta un’ulteriore deviazione pari a 0,3 punti percentuali di PIL, per tenere conto della spesa nazionale per gli investimenti in progetti cofinanziati dall'UE (clausola degli investimenti).

La richiesta complessiva ammontava quindi a 0,8 punti percentuali, rimodulata nella misura dello 0,75% per tener conto dei limiti imposti dalle decisioni europee.

L’approvazione delle predette richieste avrebbe comportato una variazione del saldo strutturale nel 2016 pari a -0,25 punti.

Il DEF 2016 ha inoltre evidenziato l’esigenza di qualificare sia l'inconsueto afflusso dei rifugiati sia le misure di sicurezza per fronteggiare la gravità della minaccia terroristica come eventi eccezionali, al di fuori del controllo del Governo ai sensi dell'art. 5, par. 1, e dell'art. 6, par. 3, del Regolamento (CE) n. 1466/97, tali da giustificare una deviazione temporanea dal percorso di avvicinamento all'obiettivo di bilancio a medio termine, in base alla normativa europea richiamata. È stato quindi richiesto che l’aggiustamento verso l’obiettivo di medio termine non tenesse conto dei costi supplementari legati alle misure di sicurezza e all’emergenza migranti, computati, rispettivamente, nella misura dello 0,06 e dello 0,04% del PIL nel 2016, per un totale di 0,1 p.p. di PIL.

La Raccomandazione del Consiglio UE del 12 luglio 2016 ha indicato, come detto, l’esigenza di limitare la deviazione temporanea dall'aggiustamento verso l'obiettivo di bilancio a medio termine all'importo pari complessivamente allo 0,75% del PIL, concesso per gli investimenti e l'attuazione delle riforme strutturali, subordinando tale deviazione ad una serie di condizioni, tra cui la necessità di riprendere il percorso di avvicinamento all’obiettivo di bilancio a medio termine nel 2017 e di conseguire un aggiustamento annuo di bilancio verso l'obiettivo di bilancio a medio termine pari allo 0,6% del PIL o più nel 2017. Per quanto attiene alla qualificazione quali eventi eccezionali richiesta per le spese connesse all’emergenza migranti e all’emergenza sicurezza, il Consiglio ha evidenziato che la valutazione finale, anche per gli importi ammissibili, sarebbe stata effettuata ex post nella primavera del 2017 sulla base dei dati di consuntivo forniti dalle autorità̀ italiane.

 

Il DEF in esame fornisce elementi di verifica ex post relativi alla richiesta di flessibilità formulata per il 2016 nonché elementi di valutazione, con dati di aggiornamento e/o di conferma, relativi ai margini di deviazione temporanea dal percorso verso il MTO richiesti per il 2017.

In apposito box contenuto nel Documento in esame, nella Sezione I, vengono fornite indicazioni per confermare del rispetto della condizione prescritta per l’utilizzo dei margini dovuti alla “clausola degli investimenti”, che impone che gli investimenti finanziati da risorse nazionali non siano sostituiti con le spese in cofinanziamento europee, affinché gli investimenti pubblici totali non diminuiscano nell’anno di utilizzo della flessibilità. In proposito il Documento precisa che la componente degli investimenti fissi lordi - per la quale i dati disponibili indicano nel 2016 una riduzione del 4,5% rispetto all’anno precedente - non è completamente rappresentativa della politica di investimento del settore pubblico per diverse ragioni.

Il DEF evidenzia, in particolare, che:

·        la politica di privatizzazioni condotta negli anni passati ha fatto si che, per molti servizi di pubblica utilità, gli investimenti di interesse pubblico siano effettuati erogando contributi alle imprese che, secondo i criteri del SEC, sono contabilizzati come contributi agli investimenti anziché come investimenti fissi lordi;

·        una corretta valutazione dell’impegno nazionale per finalità di investimento deve comprendere anche i contributi agli investimenti a imprese;

·        la spesa per investimenti fissi lordi comprende anche la spesa finanziata con risorse europee soggetta a significative fluttuazioni secondo le fasi pluriennali del ciclo di programmazione e attuazione dei programmi cofinanziati; per una corretta analisi del trend di spesa analizzare occorre quindi depurare i dati della quota finanziata dalla UE.

Adottando quindi una definizione di investimento pubblico coerente con le finalità della clausola, il Documento fornisce in apposita tabella dati che rideterminano l’ammontare di riferimento degli investimenti (cfr. successiva tabella), che, per il 2016, evidenziano una lieve crescita rispetto al livello registrato nel 2015, in linea quindi con la regola europea.

Tabella 27 - Spesa della PA per investimenti e contributi agli investimenti al netto della quota UE

(milioni di euro)

Fonte: DEF 2017

Il DEF precisa che i progetti realizzati nel 2016 tramite l’uso dei margini di bilancio accordati dalla Commissione europea hanno riguardato aree di intervento coerenti con quelle interessate dall’attuazione delle riforme strutturali. Il Documento segnala inoltre che gli investimenti fissi lordi non comprendono alcune importanti voci di spesa, ammissibili per la clausola, come quelle sostenute nell’ambito degli interventi per la coesione sociale e lo sviluppo regionale, per lo sviluppo rurale e il settore marittimo.

Per i motivi esposti, il Governo Italiano ritiene quindi che i requisiti richiesti dalla clausola, già verificati in occasione della presentazione della richiesta di flessibilità nel DPB 2016, e nei documenti successivi, continuino ad essere soddisfatti.

 

Il DEF afferma inoltre che i dati di fine anno confermano lo sforzo finanziario collegato alle quote riconosciute per il 2016 eleggibili, a un esame ex ante, in relazione all’emergenza migranti una quota (0,05% del PIL) e agli interventi straordinari per la sicurezza (0,06% del PIL ).

 

In particolare, riguardo alle spese per il rafforzamento della la sicurezza nazionale, il Documento elenca le misure straordinarie adottate ed indica complessivamente in 1.038,3 milioni (0,062% del PIL 2016) le spese sostenute leggermente superiori a quelle inizialmente previste (980,5 milioni di euro, pari a 0,059% del PIL) poiché su alcuni dei capitoli interessati dagli interventi sono confluite successivamente ulteriori risorse per coprire il fabbisogno emerso.

Per quanto attiene ai dati relativi all’afflusso dei migranti, si rinvia alla successiva tabella, che aggiorna la serie storica dei dati di spesa relativi sia al periodo 2011-2016 sia alla previsione per il 2017. Per il 2016, la tabella conferma il trend di aumento dell’afflusso e di incidenza sul bilancio delle relative spese, evidenziando un incremento, nei dati di consuntivo, dell’ammontare già previsto per il 2016 nell’ambito del DPB 2017 e nelle ultime stime del Governo[44].

·        Richiesta di flessibilità per il 2017

La Nota di aggiornamento al DEF 2016 (ottobre 2016) e l’annessa Relazione al Parlamento[45] ai sensi della legge n. 243 del 2012, art. 6, comma 5, hanno evidenziato la necessità di utilizzare pienamente i margini di flessibilità previsti dall’ordinamento europeo, richiamando sia “la revisione delle stime dell’output gap, che … indica un sostanziale peggioramento delle condizioni cicliche, sia il ricorrere di eventi eccezionali quali: i) il sisma del 24 agosto 2016, che attesta l’esigenza di por mano a un piano organico di messa in sicurezza del territorio nazionale, oltre che di ricostruzione; ii) l’intensità del fenomeno migratorio e la necessità di impostare una politica di ampio respiro nella gestione dell’immigrazione.”

Il Governo ha quindi richiesto al Parlamento l’autorizzazione a utilizzare, ove necessario, ulteriori margini di bilancio sino a un massimo dello 0,4% del PIL per il 2017.” [46]

Il Documento programmatico di bilancio per il 2017 (DPB 2017) evidenzia pertanto che sul bilancio per il 2017 gravano “spese di natura eccezionale” in misura pari a circa 0,4% del PIL, da attribuirsi:

·        al protrarsi dell’emergenza relativa ai migranti e alla necessità di impostare una politica di ampio respiro nella gestione dell’immigrazione, che includa investimenti nei paesi di transito e di origine dei flussi. Il DPB indica un'incidenza complessiva tra lo 0,22 e lo 0,24% del PIL, chiedendo una deviazione temporanea aggiuntiva dal percorso di aggiustamento verso l'obiettivo a medio termine pari allo 0,16% del PIL nel 2017, corrispondente alla differenza (circa 2,8 miliardi di euro) tra i costi complessivi previsti per il 2017 e la spesa media nel periodo 2011-2013, prima dell'acutizzazione della crisi dei rifugiati;

·        al sisma del 24 agosto 2016 e alla necessità di garantire, oltre agli interventi per affrontare i danni immediati che sono già scontati tra le misure una tantum - la salvaguardia del territorio nazionale, in primis prevedendo misure di contrasto al dissesto idrogeologico e mettendo in sicurezza le scuole (circa 0,2% del PIL).

 

Nel parere sul DPB 2017 la Commissione europea (novembre 2017) ha riconosciuto il "considerevole contributo, anche di natura finanziaria, apportato negli ultimi anni dagli Stati membri in prima linea" e si è dichiarata disposta a “prendere in considerazione, a tempo debito, un'ulteriore deviazione nel 2017” [47]. Per quanto riguarda i costi legati al terremoto, la Commissione ha affermato che lo 0,18% del PIL stanziato dal Governo “potrebbe essere considerato idoneo a beneficiare della "clausola sugli eventi inconsueti"”. Per gli anni successivi solo le modifiche incrementali positive delle risorse stanziate a questo fine sarebbero considerate idonee a beneficiare di altre eventuali deviazioni temporanee.

Complessivamente, tenendo conto del successivo aggiornamento dei dati e dei margini di bilancio già riconosciuti nel 2015 e 2016, per le spese relative all’afflusso di migranti (complessivamente 0,07% del PIL), per tale emergenza è stato riconosciuto provvisoriamente lo 0,14% del PIL ed un ulteriore 0,18% è stato invece considerato ammissibile per la salvaguardia antisismica, per un totale di 0,32% del PIL nel 2017, da portare a riduzione della correzione di 0,6% richiesta in base alle condizioni congiunturali. Per la valutazione da parte della Commissione le autorità italiane dovranno fornire i necessari dati ex ante ed ex post.

 

Il deciso incremento dei flussi dei migranti e delle presenze a fine 2016 si riflette nei dati per il 2017, quali risultano dall’aggiornamento della serie storica (2011-2017) presentato nel DPB 2017: i nuovi dati, riportati nella successiva tabella, scontano la revisione della componente relativa alla quantificazione del contributo UE, ora valutata in base all’effettivo accredito dal bilancio comunitario a favore dell'Italia, invece che in base a una stima previsionale.

L’aggiornamento indica una spesa complessiva, al netto dei contributi UE, prevista per il 2017 che varia da 4,2 (scenario costante) a 4,6 miliardi (scenario di crescita), in aumento sia rispetto alle indicazioni del DPB (rispettivamente 3,3 e 4,1 miliardi), sia rispetto alle stime di febbraio 2017 (3,4 miliardi nello scenario costante).

Tabella 28 – Stima della spesa sostenuta per la crisi migranti. Anni 2011-2017

Nota: I dati non comprendono la spesa relativa all’emergenza Nord Africa, aperta nel 2011 e chiusa il 1° gennaio 2013. Rispetto a precedenti stime, è stata rivista la serie annuale di dati relativi ai Contributi UE in base agli effettivi accrediti comunitari a favore dell’Italia. Lo scenario di crescita considera una presa in carico di circa mille minori aggiuntivi l’anno a un costo medio di 45 euro al giorno, di circa 62 mila persone aggiuntive nelle strutture di accoglienza governativa e temporanee a un costo medio di 32,5 euro al giorno e di circa 3,5 mila richiedenti asilo e rifugiati aggiuntivi nel sistema di protezione a un costo di 35 euro al giorno.

Fonte: DEF 2017

In merito alle spese per la prevenzione del rischio sismico, dell’instabilità idrogeologica e la messa in sicurezza delle scuole, il Documento evidenzia che, in aggiunta alle spese già classificate come una tantum ai fini della contabilità europea, nella legge di bilancio 2017 sono stati incrementati gli incentivi fiscali per gli interventi di prevenzione ed adeguamento antisismico, rivolti principalmente alle abitazioni private (detrazione pari al 50% delle spese di manutenzione di edifici destinati a residenza primaria, abitazioni secondarie, condomini e attività produttive nelle aree a rischio sismico).

Il costo degli incentivi fiscali relativi alla messa in sicurezza degli edifici è stimato pari a 2 miliardi di euro, rappresentando un anticipo di circa il 15% della spesa totale prevista nel 2017. Sono, inoltre, previsti interventi a valere sul ‘Fondo di investimento’ pluriennale istituito con la Legge di bilancio per l’assegnazione di circa 0,5 miliardi per garantire la messa in sicurezza di scuole e uffici pubblici e l’adozione di misure per prevenire il rischio sismico e il dissesto idrogeologico. Ulteriori azioni, avviate a livello locale, per favorire la salvaguardia del territorio, con la concessione a regioni e comuni di margini aggiuntivi per gli investimenti, comportano interventi per ulteriori 0,5 miliardi), in parte specificamente destinati all’edilizia scolastica.

 

Gli spazi complessivi che risultano, per il periodo 2015-2017, dall’interlocuzione finora intervenuta con le autorità europee e i relativi effetti di riduzione rispetto all’aggiustamento strutturale richiesto sulla base della considerazione delle sole condizioni congiunturali sono state così riassunti nella Relazione della Commissione europea sull’Italia, del 22 febbraio 2017, predisposta ai sensi dell’art. 126, par. 3 del Trattato.

 

Nel triennio successivo (2018-2020), l'indebitamento netto strutturale è previsto ridursi fino al -0,7% (2018), per raggiungere un lieve surplus di bilancio +0,1% (2019) e tornare a un saldo nullo nel 2020, confermando così il pareggio strutturale.

Con riferimento agli anni 2015 e 2016, le variazioni strutturali prospettate dal Governo sono, rispettivamente, in linea o non tali da configurarsi come deviazioni significative ai sensi delle regole europee.

Tabella 29 - Sintesi della flessibilità

Flessibilità concessa all'Italia nell'ambito del patto di stabilità e crescita (% del PIL)

2015

2016

2017

Condizioni congiunturali

"molto sfavorevoli"

"sfavorevoli"

"normali"

Requisito della matrice di riferimento (che tiene conto delle condizioni congiunturali e del livello del debito)

0,25%

0,5%

0,6%

Flessibilità concessa ex ante

 

di cui per le clausole di flessibilità:

 

di cui per eventi inconsueti:

0,03%

 

 

o  0,03% clausola rifugiati (confermato ex post)

0,86%

o  0,5% clausola riforme

o  0,25% clausola investimenti

o  0,05% clausola rifugiati

o  0,06% costi per la sicurezza

0,32%

 

 

o  0,14% clausola rifugiati

o  0,18% costi sisma

Requisito della matrice "corretto" dopo applicazione delle clausole di flessibilità come da raccomandazione 1 del Consiglio

0,25%

-0,25%

0,60%

Aggiustamento strutturale richiesto dopo applicazione delle clausole di flessibilità e per eventi inconsueti

0,22%

-0,36%

0,28%

Aggiustamento strutturale realizzato dall'Italia (previsioni d'inverno 2017)

0,2%

-0,6%

-0,4%

Fonte: Commissione UE - Relazione ex art. 126, par 3.

In relazione all'anno 2017 si osserva quanto segue.

Il Governo precisa che la propria stima[48] dell'output gap per il 2017 è pari a -1,7% del PIL potenziale (programmatico), tale cioè da definire come avverse le condizioni cicliche dell'economia italiana e da indicare, in presenza di una crescita superiore al potenziale, una correzione del saldo strutturale pari a 0,5 p.p. di PIL. Di contro le stime dell'output gap della Commissione sono pari a -0,4%, lasciando intravedere condizioni cicliche "normali" a cui è stata associata una richiesta di riduzione del saldo strutturale pari "allo 0,6% o più del PIL (Raccomandazioni paese 2016[49]).

Nel 2017, il Governo conferma il livello del saldo strutturale del 2016 (‑1,2%), tale variazione nulla, se inserita nell'analisi del Governo, non costituirebbe una deviazione significativa, mentre darebbe luogo a una deviazione significativa nello scenario della Commissione.

2.4. La regola della spesa

Come è noto le modifiche del Patto di stabilità e crescita del 2011 hanno introdotto un vincolo sull'evoluzione della spesa, esso è stato recepito anche nell'ordinamento nazionale con l'articolo 5 della legge n. 243 del 2012 di attuazione del principio di pareggio del bilancio. Per i paesi che non hanno raggiunto l’OMT (come l'Italia), l'aggregato della spesa di riferimento dovrebbe seguire un'evoluzione commisurata alla differenza tra il tasso crescita medio del PIL potenziale e il cosiddetto margine di convergenza, a sua volta calibrato in relazione alle condizioni cicliche dell'economia[50].

Il tasso di crescita dell'aggregato di spesa di riferimento per la regola è calcolato secondo l'ipotesi di politiche invariate e non incorpora, pertanto, l'effetto delle misure programmate dal Governo. Le spese da escludere nel calcolo dell'aggregato di spesa di riferimento che deve rispettare la regola sono indicate nella tabella seguente. Il tasso di crescita limite (benchmark) è fissato dalla Commissione europea[51].

Tabella 30 - Spese da escludere dalla regola di spesa

 

2016

2017

2018

2019

2020

Livello(1)

% PIL

In % del PIL

Spese per programmi UE pienamente coperte da fondi UE

960

0,1

0,2

0,1

0,2

0,2

- di cui spese per investimenti pienamente coperte da fondi UE

300

0,0

0,1

0,1

0,1

0,1

Componente ciclica della spesa per sussidi di disoccupazione (2)

2.280

0,1

0,1

0,1

0,1

0,0

Entrate discrezionali (3)

-9.575

-0,6

-0,2

0,9

0,2

0,0

Incrementi di entrata già individuati per legge

0,0

0,0

0,0

0,0

0,0

0,0

 

 

 

 

 

 

 

(1)     Valori in milioni.

(2)     La componente ciclica della spesa per sussidi di disoccupazione è stata calcolata con la metodologia attualmente utilizzata dalla Commissione Europea, sulla base dell’unemployment gap.

(3)   Sono comprese le entrate discrezionali contributive.

Fonte: DEF 2017, Sez I, Tavola III.5 (Spese da escludere dalla regola della spesa).

La tabella seguente indica il tasso di crescita dell'aggregato di spesa di riferimento nonché il relativo limite massimo consentito dalla regola (benchmark).

Tabella 31 - Regola di spesa

Fonte: DEF 2017, Sez. I, tavola pag. 57.

Nel 2015, in corrispondenza di condizioni cicliche definibili[52] come particolarmente avverse, cd. very bad times (output gap pari a -3,8% del PIL potenziale, sia nello scenario programmatico sia in quello tendenziale), l’aggiustamento richiesto del saldo strutturale e il margine di convergenza della regola di spesa dovrebbero garantire un miglioramento di 0,25 punti percentuali di PIL in termini strutturali. Sia su base annua sia sulla media dei due anni, il deficit strutturale si è ridotto in linea con quanto richiesto, mentre registra una deviazione di circa 0,1 punti percentuali di PIL se si considerano le variazioni cristallizzate degli scorsi esercizi.

 Per quanto riguarda la regola di spesa, il Governo afferma che la deviazione su base annua sarebbe di 0,2 punti di PIL e, quindi, non significativa (inferiore alla soglia di 0,5 che farebbe scattare l’allarme per una deviazione significativa) e senza deviazione in ragione dei dati cristallizzati nei precedenti esercizi e sulla media dei due anni.

Al riguardo, si segnala una discrepanza tra quanto rappresentato dal Governo nella tabella contenente le deviazioni dell'aggregato di spesa su base annua e biennale (rispettivamente 0,4 e 0,3) e quanto indicato nel testo (0,2 punti di PIL su base annua e 0,0 sulla media dei due anni).

Per il 2016, in considerazione del limite massimo di flessibilità conseguente all’attivazione cumulata della clausola delle riforme e degli investimenti nonché della concessione di ulteriore flessibilità per eventi non usuali, l'indebitamento netto strutturale può aumentare di 0,36 punti percentuali di PIL rispetto al 2015. L’aggregato spesa può invece aumentare dello 0,8% in termini reali.

A fronte di tali parametri, nel 2016 è possibile riscontrare deviazioni non significative del saldo strutturale di 0,3 punti percentuali di PIL su base annua e di 0,2 punti percentuali di PIL sulla media del 2015 e del 2016. In relazione alla regola della spesa il Governo registrerebbe una deviazione di 0,1% su base annua e dello 0,2% sulla media dei due anni, dunque, entrambe compatibili con il rispetto della regola. Lo scostamento medio biennale sarebbe nullo se si considerano i dati cristallizzati dei precedenti esercizi.

Nel 2017, in presenza di condizioni cicliche ancora negative, a fronte di un obiettivo di miglioramento strutturale dello 0,5% del PIL e in considerazione della flessibilità aggiuntiva connessa ai costi dei rifugiati e dei recenti sismi (0,32 p.p. di PIL), la riduzione del saldo strutturale richiesta risulta di 0,18 p.p. di PIL. Rispetto a tale valore il Governo ammette il mancato rispetto della convergenza del saldo strutturale verso l'OMT (deviazione 0,7 p.p. su base annua e 0,5 p.p. sulla media biennale) e della regola di spesa (deviazione di 0,6 p.p. su base annua e di 0,4 p.p. su due anni). La correzione della deviazione da parte del Governo prevede misure permanenti per circa 0,2 p.p. di PIL che riducono il saldo strutturale a 0,5% e quella dell'aggregato di spesa su base annua intorno a 0,3 p.p. di PIL.

Con riferimento al 2018 il Governo nel dare conto della riduzione del saldo strutturale, prevista intorno allo 0,8% di PIL, e dell’aggregato spesa, atteso ridursi del 2,4%, fa riferimento allo scenario programmatico anziché all'ipotesi delle politiche invariate.

 

Si osserva che rispetto al Documento di economia e finanza del 2016 l'attuale DEF non reca i passaggi e gli importi necessari per calcolare il tasso di crescita dell'aggregato di spesa di riferimento nonché il relativo limite massimo consentito dalla regola (benchmark).

 

La regola della spesa

I regolamenti europei che costituiscono il c.d. six pack[53] hanno introdotto nell'ambito del braccio preventivo del Patto di Stabilità e Crescita (PSC) un vincolo alla crescita della spesa (expenditure benchmark), diretto a rafforzare il raggiungimento dell’obiettivo di medio termine, parametrato al tasso di crescita di medio periodo del PIL potenziale.

Le specifiche riguardanti l'attuazione del PSC e le linee guida su il formato e il contenuto dei programmi di stabilità e convergenza sono definite all'interno del cd. Codice di condotta.

Quest'ultimo stabilisce che il tasso di crescita di medio periodo del PIL potenziale sia calcolato come media delle stime dei precedenti 5 esercizi, della stima per l'esercizio corrente e delle proiezioni per i 4 esercizi successivi.

Il calcolo del benchmark viene aggiornato periodicamente e comunicato agli Stati membri: per quanto riguarda l’Italia, il valore relativo al 2015 è pari a -0,5, al 2016 è pari a 0,8%, al 2017 è pari a -0,5, al 2018 è pari a -1,4.

 

Tabella 32 - Limite massimo alla crescita dell'aggregato di spesa (2015-2018)

Fonte: DEF 2017, Sezione I, pag. 57.

 

L'aggregato di spesa pubblica sottoposto a valutazione è individuato nel totale della spesa delle Amministrazioni Pubbliche[54] diminuito della spesa per interessi, della spesa nei programmi europei per la quota coperta da fondi comunitari e della componente legata al ciclo delle spese non discrezionali per indennità di disoccupazione[55]. L'aggregato deve essere poi depurato dalla volatilità intrinseca della spesa per investimenti, prevedendo che il valore iscritto in ciascun esercizio sia sostituito da un valore medio calcolato sulla base della spesa per l'esercizio in corso e quella relativa ai tre esercizi precedenti. Deve inoltre essere aggiunta la stima delle maggiori spese, rispetto a quelle iscritte nel tendenziale a legislazione vigente, secondo lo scenario a politiche invariate.

Al valore della spesa così ottenuto devono essere sottratte le entrate derivanti da misure discrezionali, considerando l’incremento rilevato (o atteso) nell’anno t rispetto all’esercizio precedente (t-1). A queste si aggiungono (purché non ricomprese nella precedente voce o già scontate nei tendenziali) le eventuali maggiori entrate derivanti da innalzamenti automatici di imposte e/o tasse previsti dalla legislazione a copertura di poste specifiche di spesa[56].

Poiché il PIL potenziale è stimato in termini reali, la spesa così determinata è deflazionata con il deflatore del PIL quale risulta dalle previsioni della Commissione, in particolare si utilizzano le medie dei valori del deflatore del PIL indicati per ciascun anno dalle previsioni della Commissione pubblicate nell’anno precedente (media previsioni Spring e Autumn). Per gli anni successivi a quelli per i quali si dispongono le previsioni della Commissione, si utilizzano i valori del deflatore indicati dai Governi nell’aggiornamento annuale dei Programmi di stabilità.

Il limite massimo per la variazione della spesa è diverso a seconda della posizione di ciascuno Stato rispetto all'OMT, in quanto è diretto a garantire la coerenza con il percorso di convergenza concordato.

Per gli Stati membri che hanno già raggiunto l'OMT, la crescita della spesa pubblica non deve essere più elevata del parametro medio relativo al PIL potenziale. Eventuali dinamiche di crescita superiori possono essere consentite soltanto se compensate da misure discrezionali dal lato delle entrate di pari ammontare.

Per gli Stati che non hanno ancora raggiunto l'OMT, il tasso di crescita della spesa deve essere inferiore a quello del PIL potenziale e coerente con un miglioramento del saldo strutturale di almeno 0,5 punti in termini di PIL.

Per i paesi che non hanno raggiunto l’OMT, il calcolo del benchmark (L = lower rate) si basa sulla seguente formula, in cui R è il tasso di riferimento pari al tasso di crescita del PIL potenziale, P la quota (in percentuale del PIL) della spesa al netto degli interessi e -50/P il c.d. shortfall (L = R – 50/P). Lo shortfall è applicato anche nell’anno di raggiungimento dell’OMT in quanto considerato “strumentale” rispetto all’obiettivo medesimo.

Il rispetto del benchmark viene valutato ex post nell’ambito del giudizio sull’avvicinamento o raggiungimento dell’OMT. Uno scostamento nella dinamica della spesa dal valore di riferimento non ha conseguenze se il Paese ha già raggiunto l’OMT e questo non sia pregiudicato.

Per un Paese che non abbia raggiunto l’OMT e che presenti una deviazione del saldo di bilancio rispetto al percorso di avvicinamento pari o superiore allo 0,5% del PIL in un anno (o cumulativamente in due anni), lo scostamento viene considerato significativo se la spesa al netto delle misure discrezionali sulle entrate ha un impatto sul saldo pari ad almeno allo 0,5% del PIL in un anno (o cumulativamente in due anni).

2.5. I saldi per sottosettore

Il DEF 2017 espone l’obiettivo di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche; viene altresì indicato il saldo a legislazione vigente dei sottosettori della PA: amministrazioni centrali, amministrazioni locali ed enti di previdenza ( Tabella 33 ), cfr. per un maggior dettaglio il paragrafo 1.3. L’analisi degli andamenti tendenziali per sottosettori .

Il DEF evidenzia che nell'intero periodo considerato gli enti previdenziali registrerebbero un accreditamento netto tendenziale stabile (pari allo 0,1%), parimenti le amministrazioni locali registrerebbero un saldo positivo di 0,2% nel 2017 per poi stabilizzarsi allo 0,1% dal 2018. Il percorso di contenimento dell'indebitamento netto della PA viene dunque sostanzialmente riflesso nel saldo delle amministrazioni centrali, il quale passa dal -2,6% del PIL nel 2017, al -1,5% nel 2018, al ‑0,8% nel 2019, per poi passare al -0,6% nel 2020.

La Tabella 33 mostra anche la variazione cumulata del saldo primario necessaria a ricondurre l'evoluzione dell'indebitamento netto della PA a legislazione vigente all'obiettivo programmatico.

 

Si rileva che - poiché il DEF 2017 non indica la ripartizione per sottosettore delle azioni di variazione richieste a partire dal 2017 - non è possibile desumere i saldi programmatici per sottosettore, sebbene tale articolazione sia richiesta dalla legge di contabilità (art. 10, comma 2, lett. e) della legge n. 196 del 2009).

Tabella 33 - Indebitamento netto per sottosettore

(in percentuale del PIL)

 

2015

2016

2017

2018

2019

2020

Amministrazioni pubbliche (programmatico)

-2,6

-2,4

-2,1

-1,2

-0,2

0,0

Amministrazioni pubbliche (tendenziale)

-2,6

-2,4

-2,3

-1,3

-0,6

-0,5

Correzione del saldo primario

-

0,2

0,1

0,4

0,5

Amministrazioni centrali (tendenziale)

-

-2,8

-2,6

-1,5

-0,8

-0,6

Amministrazioni locali (tendenziale)

-

0,3

0,2

0,1

0,1

0,1

Enti di previdenza (tendenziale)

-

0,1

0,1

0,1

0,1

0,1

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: DEF 2017, Sezione I.

Nota: eventuali incongruenze tra le cifre sono dovute agli arrotondamenti.

2.6. L’evoluzione del rapporto debito/PIL

L’analisi del debito pubblico contenuta nel presente paragrafo si basa sui dati relativi al quadro programmatico del DEF (Sezione I - Programma di stabilità dell’Italia) riferiti al periodo 2017-2020 e concerne il dato al lordo dell'impatto del contributo nazionale agli strumenti di sostegno europei[57].

Il DEF ricorda che, in virtù delle revisioni statistiche operate dall'ISTAT sul PIL del biennio 2014-2015, è emerso un miglioramento del rapporto debito/PIL dello 0,1% nel 2014 (131,8% il nuovo valore) e dello 0,2% nel 2015 (132,1%), rispetto al consuntivo della Nota di aggiornamento al DEF[58].

Per il 2016 (dato preliminare), tenendo sempre conto delle anzidette revisioni (mentre sui contestuali stock del debito non sono state apportate significative variazioni dalla Banca d'Italia), il rapporto in questione dovrebbe raggiungere il 132,6%, confermando la sua sostanziale stabilizzazione su valori inferiori al 133%, mentre nel periodo 2008-2014 la crescita media aveva sfiorato i 5 punti percentuali annui, nonché migliorando, sia pur marginalmente, le previsioni della Nota di aggiornamento 2016 e del DPB 2017.

Il dato più rilevante in relazione al peggioramento del rapporto di 0,5 p.p. di PIL (rispetto al dato 2015) va rinvenuto nella scelta del Tesoro di entrare nel 2017 con giacenze liquide soddisfacenti (saldo +7,4 miliardi euro rispetto a fine 2015) per fronteggiare il rilevante volume di titoli in scadenza.

Il fabbisogno di cassa del settore pubblico si è invece attestato al 2,8% del PIL, a fronte del 3,2% stimato nei due documenti programmatici sopra citati.

Nel 2017 la previsione del rapporto è del 132,5%, in linea con le precedenti previsioni.

 

Da un lato, a peggiorare il quadro, si prevede che il fabbisogno cresca al 3,5% del PIL (anche per gli interventi a tutela del settore bancario). Inoltre, il previsto rialzo dell'inflazione determinerà una più alta spesa per interessi e una rivalutazione diretta di una parte dello stock dei titoli in circolazione.

Tali fenomeni negativi saranno tuttavia più che compensati da:

·        la riduzione (0,7% del PIL, circa 12 miliardi) dell'ampia giacenza di tesoreria cui si accennava, consentendo di emettere meno debito in misura corrispondente,

·        le entrate da privatizzazioni (0,3% del PIL, circa 5,1 miliardi) e

·        una previsione di PIL nominale per il 2017 superiore di circa lo 0,3% rispetto alla stima del DPB 2017.

 

Il DEF fornisce l’evoluzione del tasso di crescita del rapporto debito/PIL scomposto nelle tre componenti: saldo primario, snow-ball effect e stock flow adjustment[59].

Il DEF segnala che la (marginale) riduzione del rapporto ha luogo proprio nel primo anno in cui l'effetto snow-ball è superato dall'avanzo primario.

Nella tabella che segue è riportata un’analisi delle componenti che determinano la variazione del rapporto debito/PIL: il segno algebrico delle singole componenti indica l’effetto, ad incremento o a riduzione del rapporto, esercitato dalle medesime.

Tabella 34 - Determinanti del debito pubblico (1)

Note:

1) Eventuali imprecisioni derivano dagli arrotondamenti.

2) Include gli effetti dei contributi per Greek Loan Facility e programma ESM.

3) La voce altro, residuale rispetto alle precedenti, comprende: variazioni delle disponibilità liquide del MEF; discrepanze statistiche; riclassificazioni Eurostat; contributi a sostegno dell'Area Euro previsti dal programma EFSF.

Fonte: DEF 2017, Sez. I, Tavola III.10 (Determinanti del debito pubblico)

La riduzione del rapporto dovrebbe accentuarsi nel 2018, con un valore pari al 131%, ascrivibile al miglioramento sia del fabbisogno (-1,3% rispetto al 2017, quindi pari al 2,2%) che del PIL nominale (+2,7%). A questi si aggiungeranno le entrate da privatizzazioni (0,3% del PIL) e un'ulteriore riduzione nelle disponibilità liquide del Tesoro (0,1% del PIL).

Nel 2019 il rapporto è previsto calare al 128,2%, in virtù di una riduzione del fabbisogno per circa 1 punto di PIL, un costante livello di entrate da privatizzazioni e una crescita del PIL nominale pari al 3%. L'effetto snow-ball è sostanzialmente nullo.

Nel 2020 il rapporto scende ulteriormente al 125,7%. Il fabbisogno è previsto stabile e la crescita del PIL nominale pari al 2,8%, mentre gli introiti da privatizzazioni restano confermati allo 0,3% del PIL. Si registra una modesta risalita dell'effetto snow-ball, a causa di una dinamica meno favorevole degli interessi e della crescita nominale, mentre continua l'aumento dell'avanzo primario.

Complessivamente il miglioramento del rapporto osservato nel periodo scaturirà in sostanza dal crescente scarto fra l'avanzo primario e l'effetto snow-ball, che tende di suo a contrarsi grazie alla crescita del PIL nominale e alla sostanziale stabilizzazione degli interessi. Oscillante in un range compreso fra lo 0,7% e l'1% resta per tutto il periodo di riferimento il contributo (negativo) della componente legata all'aggiustamento stock-flussi.

 

Il DEF dà poi conto anche del dato del rapporto al netto dei contributi italiani all'ESM e dei prestiti ad altri Stati membri, mediamente inferiore di 3,3 p.p. di PIL all'omologo dato al lordo.

Nella tabella che segue sono riportati i dati del debito delle Amministrazioni pubbliche per l’intero periodo di osservazione (2015-2020) in rapporto al PIL.

Tabella 35 - Debito delle Amministrazioni pubbliche in rapporto al PIL

Note:

1) Eventuali imprecisioni derivano dagli arrotondamenti.

2) I sostegni includono gli effetti dei contributi per Greek Loan Facility e programma ESM.

Fonte: DEF 2017, Sez. I, Tavola III.10 (Determinanti del debito pubblico)

Al riguardo, si ritiene auspicabile un approfondimento, con indicazioni più dettagliate sulle partecipazioni oggetto di dismissioni, circa la realizzabilità degli introiti attesi dalle privatizzazioni, cifrati pari a 0,3 p.p. annui dal 2017, anche alla luce del fatto che, a fronte di una stima del DEF 2016 che li stimava pari allo 0,5% del PIL per il medesimo anno, i ricavi effettivamente conseguiti sono stati pari a circa 0,1 p.p. di PIL. Nondimeno si segnala che, per il 2015, gli introiti da privatizzazioni hanno pienamente centrato l'obiettivo previsionale di 0,4 p.p. di PIL indicato dal Governo nel corrispondente documento programmatico.

Inoltre si osserva che per il 2017 l'incremento in valore assoluto del debito pubblico (+48 miliardi) indicato nel DEF non sembra compatibile con le stime relative alle sue componenti che sembrano condurre ad un risultato complessivo inferiore, pari a circa 43 miliardi di euro. Analoghe discrasie sembrano emergere in relazione agli anni successivi.

Infine, si osserva che il rapporto di inizio anno del Governo consegnato alla Commissione indica un valore del rapporto debito/PIL pari al 132% per il 2017, al netto del supporto al sistema bancario. Atteso che la stima per il presente anno non dovrebbe aver subito modificazioni per altre motivazioni, si può presumere che l'indicazione per l'omologo dato del valore del 132,5% nel presente DEF derivi dall'ipotesi di un impatto per mezzo p.p. sul fabbisogno delle misure precauzionali predisposte a tutela del settore bancario. Si tratterebbe di uno sforzo, a fronte di uno stanziamento per 20 miliardi di euro tramite la costituzione di un fondo ad hoc nello stato di previsione del MEF, pari a circa 8,5 miliardi di euro. Circa l'effettivo ammontare delle necessità occorrenti per il sistema bancario e dell'impatto degli interventi statali a suo sostegno, si auspicano maggiori informazioni, anche considerando la discrasia rinvenibile fra il dato testé indicato e quello desumibile in altra parte del DEF, parificato a circa "la metà delle risorse rese disponibili per la ricapitalizzazione precauzionale delle banche tramite il decreto-legge n. 237 del 2016 (20 miliardi)". Sembrano pertanto permanere quegli elementi di incertezza circa le modalità, i tempi e l'entità finanziaria degli interventi, espressamente riconosciuti nella stessa Relazione presentata al Parlamento il 19 dicembre 2016 ai sensi dell'articolo 6, comma 6, della legge n. 243 del 2012, al fine di ottenere l'autorizzazione a ricorrere all'indebitamento per realizzare operazioni relative alle partite finanziarie.

 

Nel confronto tra i dati del Programma di stabilità del DEF 2017 e quelli della Nota di aggiornamento del DEF 2016, a fronte della conferma della stima relativa al 2017, le nuove previsioni mostrano un profilo superiore del rapporto debito/PIL (circa 1 p.p. di PIL nel 2018 e 1,5 p.p. di PIL nel 2019), come evidenziato nella tabella che segue.

Tabella 36 - Andamento programmatico del rapporto debito/PIL delle AA.PP. - anni 2015-2019 (Confronto tra DEF 2017, NADEF 2016, DEF 2016 e NADEF 2015 )

Fonti: tavola III.10 (Determinanti del debito pubblico), sez. I, DEF 2017; NADEF 2016; DEF 2016

Nella tabella che segue è riportata la ripartizione del debito al lordo dei sostegni finanziari all’area dell’euro per sottosettori.

Tabella 37 - Debito programmatico delle AA.PP. per sottosettori (1)

Note:

1) Eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

2) Al lordo degli interessi non consolidati.

Fonte: DEF 2017, sez. I, tab. III.11 (debito delle amministrazioni pubbliche per sottosettore).

Come evidenziato nella precedente tabella, la dinamica riferita all’andamento del debito della PA risulta determinata pressoché integralmente dalla componente delle amministrazioni centrali. Nel periodo di programmazione 2017-2020 la componente attribuibile alla amministrazioni locali registra una riduzione in valore assoluto (mentre la riduzione della componente delle amministrazioni centrali riguarda soltanto il suo rapporto col PIL), passando dai circa 130 miliardi di euro del 2017 ai 125 miliardi stimati per il 2020.

Resta costante a poco meno di 150 milioni di euro la componente ascrivibile agli enti di previdenza e assistenza.

2.7. La regola del debito e gli altri fattori rilevanti

Nel 2016, al termine di un periodo triennale di transizione (2013-2015) avviato con l’uscita dalla procedura per disavanzi eccessivi avvenuta nel 2012, per l’Italia la regola del debito è entrata a regime.

Come si illustrerà meglio più avanti sia con riferimento al 2016 che al 2017 si osserva un gap nel raggiungimento del benchmark forward looking per il rispetto della regola del debito.

Tuttavia il Governo ritiene che, anche in questa fase, continuino a persistere una serie di fattori rilevanti che giustificano la deviazione del rapporto debito/PIL rispetto alla dinamica prevista dalla regola, (cfr. infra per un'analisi di tali fattori).

 

La regola del debito

Il quadro di riforma della governance economica dell'UE, adottato nel novembre 2011 (six pack) e richiamato nel fiscal compact, rafforza il controllo della disciplina di bilancio attraverso l'introduzione di una regola numerica che specifica il ritmo di avvicinamento del debito al valore soglia del 60% del PIL. La regola è stata recepita a livello nazionale con la legge n. 243 del 2012 di attuazione del principio dell’equilibrio di bilancio in Costituzione.

In particolare, l'articolo 2 del regolamento 1467/97 stabilisce che, per la quota del rapporto debito/PIL in eccesso rispetto al valore del 60%, il tasso di riduzione debba essere pari a 1/20 all'anno nella media dei tre precedenti esercizi (criterio backward looking). In caso negativo, viene chiesto di valutare:

a)    se il mancato rispetto è riconducibile alla posizione dell'economia, depurando cioè dall’effetto del ciclo sia il numeratore che il denominatore del rapporto;

b)   se il limite stesso è rispettato nei due anni successivi all’anno di riferimento (cosiddetto forward-looking benchmark - scenario prospettico).

Se anche in questo caso la regola non risulta rispettata, possono essere valutati i cd. fattori rilevanti. In particolare, la Commissione sarà chiamata in questo caso a redigere un rapporto ex articolo 126, comma 3, del TFUE, nel quale al benchmark numerico si aggiungono valutazioni “qualitative” relative a un certo insieme di “altri fattori rilevanti”. L’analisi di tali fattori rappresenta, quindi, un passo obbligato nelle valutazioni che inducono ad avviare un'eventuale procedura per disavanzi eccessivi a causa di una mancata riduzione del debito a un “ritmo adeguato”.

 

Il DEF in esame ammette, con riferimento al benchmark più favorevole tra i 3 sopra descritti (lettera b) nel box), il mancato rispetto della regola nel 2017, sulla base delle previsioni del 2019, sia nello scenario tendenziale (129,3% con un gap del 4% rispetto al forward-looking benchmark) che programmatico (128,2%, con un gap del 3,1%).

Per quanto attiene al rispetto della regola nel 2018 valutata sulla base della previsione del 2020, il pieno conseguimento dell’MTO previsto per il 2019 nello scenario programmatico non sarebbe sufficiente a colmare il gap rispetto al benchmark forward looking che, pur risultando ridotto, grazie all’accelerazione della crescita del PIL nominale, al contributo positivo dell’effetto snowball e all’aumento dell’avanzo primario, si attesterebbe intorno al 2% del PIL. Per contro, nello scenario a legislazione vigente il rapporto debito/PIL del 2020 si collocherebbe al 127,2%, circa il 2,9% del PIL al di sopra del benchmark forward-looking.

Tabella 38 - Rispetto della regola del debito anni 2017 e 2018

Fonte: Tavola III.12 (Rispetto della regola del debito: configurazione forward-looking), sez. I, DEF 2017

Il DEF evidenzia poi che l'avvicinamento al rispetto del benchmark è ascrivibile al crescente avanzo primario, in modo preponderante per il 2017-2018 e in modo esclusivo per il 2019-2020.

 

Ricostruendo il quadro storico attinente alla questione, il DEF ricorda che già agli inizi del 2015 la Commissione europea aveva riscontrato una deviazione eccessiva rispetto al benchmark della regola del debito. Per questo motivo, era stato redatto un Rapporto per valutare l’eventuale presenza di fattori rilevanti e decidere se aprire una procedura di infrazione per deficit eccessivo. In seguito ad un’accurata analisi, supportata da considerazioni tecniche pervenute dal Governo italiano, la Commissione ha concluso di non dover considerare come significativo lo sforamento e non ha proceduto all’apertura della Procedura per Disavanzi Eccessivi. In particolare, venivano considerati come fattori mitiganti:

     i.            il rispetto del braccio preventivo del Patto di Stabilità e Crescita;

   ii.            le condizioni economiche avverse (bassa crescita e bassa inflazione) e, infine,

iii.            l’avvio di riforme strutturali capaci di aumentare la crescita potenziale e quindi la sostenibilità del debito pubblico nel medio periodo.

L'anno scorso, poi, la questione si era ripresentata e la Commissione, dopo aver acquisito un ulteriore rapporto sui fattori rilevanti redatto dal Governo nazionale, ha confermato che la bassa inflazione e l'ambizioso piano di riforme strutturali erano ancora fattori mitiganti della deviazione, tuttavia notando come il rispetto delle condizioni di convergenza verso l'obiettivo di medio termine fosse a rischio. Il giudizio è stato quindi rinviato alla sessione di bilancio per il 2017, concretizzandosi nel parere sul Documento programmatico di bilancio pubblicata a novembre 2016, nel quale la Commissione ha affermato che gli impegni dell'Italia non sembravano sufficienti a garantire il rispetto della regola del debito nel 2016 e nel 2017, preannunciando comunque un ulteriore, nuovo rapporto sui fattori rilevanti.

A gennaio il Governo italiano ha ribadito i rischi deflattivi connessi a processi di rapida riduzione del rapporto debito/PIL e l'incertezza delle stime dell'output gap, ritenuto grossolanamente sottovalutato[60], e ha rappresentato i crescenti costi delle riforme strutturali e della crisi dei migranti.

Acquisiti tali rilievi, nel rapporto sui fattori rilevanti dello scorso febbraio[61], la Commissione Europea ha concluso che le condizioni macroeconomiche permangono sfavorevoli ma sono in graduale miglioramento. Inoltre, ha evidenziato un marcato rallentamento nella prosecuzione dell’azione di stimolo alla crescita economica attraverso l’adozione di riforme strutturali. Infine, ha sottolineato il rischio per il 2016 e il 2017 di non conformità delle finanze pubbliche italiane all’aggiustamento richiesto dal braccio preventivo del Patto di Stabilità e Crescita per convergere verso l’obiettivo di medio termine (OMT).

 

Si ricorda che la Commissione rileva come l'Italia non abbia compiuto progressi sufficienti verso la conformità al parametro per la riduzione del debito nel 2015. Inoltre, non considerando tutti i fattori significativi, si prevede il mancato rispetto della regola anche nel 2016 e nel 2017, con un divario ampio anche a causa del deterioramento del saldo strutturale (da ‑1,0% del PIL potenziale nel 2015, a -2,5% nel 2018, nell'ipotesi di politiche invariate).

Prendendo in considerazione, invece, i fattori significativi viene osservato che le condizioni macroeconomiche non possono essere considerate una circostanza attenuante per spiegare il mancato risanamento di bilancio (2016-2017) e la divergenza nel rispetto alla regola del debito (configurazione forward-looking).

L'Italia presenta un rischio di non conformità con l'aggiustamento richiesto dal braccio preventivo sia nel 2016 che nel 2017, ciò nella misura in cui, in base alle previsioni d'inverno, non sembra essere soddisfatta la condizione necessaria di ripresa del percorso di aggiustamento verso l'OMT. La Commissione, pur prendendo atto degli impegni del Governo italiano, dichiara di valutare come non sufficientemente dettagliate le risposte contenute nella prima lettera del Governo in risposta alla comunicazione del 17 gennaio 2017.

La valutazione della Commissione è che il debito pubblico italiano "continua a rappresentare una delle maggiori fonti di vulnerabilità nel medio periodo e le misure adottate di recente non sono in linea con la piena attuazione delle passate riforme pensionistiche che sarebbero necessarie per migliorare la sostenibilità del debito, insieme alle altre riforme strutturali intese a promuovere la crescita potenziale nel medio/lungo periodo e a un ulteriore aggiustamento di bilancio"[62].

 

Riprendendo le considerazioni svolte nel DEF, la concessione dei fattori rilevanti per la mancata compliance con la regola del debito è stata legata alla ripresa della convergenza verso l’OMT (espressamente indicato fra i "fattori rilevanti"), da conseguire attraverso l’introduzione di un pacchetto di misure correttive pari ad almeno lo 0,2% del PIL, che il Governo si è impegnato a presentare immediatamente dopo questo Documento.

 

Si ricorda che in realtà, a fronte del dato pacifico del mancato rispetto della regola del debito in assenza dell'adozione della manovra correttiva, l'ultimo Documento presentato dal Governo italiano in merito ai "fattori rilevanti" accompagna la necessaria correzione dei saldi con una evoluzione più favorevole del rapporto debito/PIL, rispetto a quanto indicato nel DPB.

Sul punto, si rappresenta che appare ovvio che il giudizio della Commissione, per cui viene considerato soddisfatto il criterio del debito (secondo lo scenario prospettico) a condizione che siano attuate in maniera credibile e relativamente rapida le misure per la correzione strutturale del deficit in misura pari ad almeno lo 0,2%, sia stato formulato scontando anche il trend del rapporto debito/PIL presentato alla Commissione stessa dal Governo a gennaio.

Giova quindi segnalare che, con riferimento al 2020, il rapporto debito/PIL indicato nel DEF è pari al 125,7% a fronte del 123,5% riportato nel citato rapporto consegnato alla Commissione.

 

D'altra parte, a sostegno dell'atteggiamento più graduale assunto dal Governo in relazione alla correzione del saldo strutturale, si rappresenta che la stessa relazione della Commissione del 22 febbraio u.s., pur ascrivendoli alle condizioni macroeconomiche sfavorevoli (destinate ad attenuarsi, ma comunque non a cessare), segnala l'esistenza per l'Italia di "moltiplicatori fiscali piuttosto elevati"[63] che vanno ad amplificare l'effetto negativo sul denominatore di manovre correttive volte a ridurre lo stock di debito.

Parte III – Analisi del Programma nazionale di riforma

1. Introduzione

La terza Sezione del DEF 2017 reca il Programma Nazionale di riforma (PNR) che, in stretta relazione con quanto previsto nel Programma di Stabilità, definisce gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita, produttività, occupazione e sostenibilità delle finanze pubbliche, in coerenza con gli indirizzi formulati dalle istituzioni europee nell’ambito del semestre Europeo.

In tale ambito sono indicati:

§  le priorità del Paese, con le azioni prioritarie di riforma da attuare e i tempi previsti per la loro attuazione (parte I Le riforme: rilancio nella continuità e Appendice A Cronoprogramma del Governo);

§  lo scenario macroeconomico e i prevedibili effetti delle riforme in termini macroeconomici e finanziari (parte II Scenario macroeconomico e impatto delle riforme e Appendice B Tavole di sintesi dell'impatto macroeconomico delle riforme);

§  l'azione del Governo e lo stato di avanzamento delle riforme avviate, in relazione alle raccomandazioni formulate dal Consiglio UE al termine del semestre europeo 2016 (parte III: Le risposte di policy alle principali sfide economiche e Appendice C Sintesi delle misure in risposta alle raccomandazioni del Consiglio 2016);

§  il quadro degli interventi ricompresi nelle azioni di policy per il Mezzogiorno (parte IV: Coesione, riequilibrio territoriale e mezzogiorno).

 

Oltre ad una indicazione (parte V) sulle interlocuzioni istituzionali con regioni e province autonome nella preparazione del PNR, completa la Sezione una ultima parte in cui si dà conto dei progressi conseguiti nell’ambito della Strategia Europa 2020 (Appendice D Sintesi misure in risposta ai target della strategia Europa 2020).

 

Di seguito si riporta in forma sintetica l’impatto finanziario delle misure del programma nazionale di riforma, con riferimento a quanto dettagliato nelle griglie ad esso allegate.

Si precisa che gli effetti finanziari nelle griglie sono valutati in termini di maggiori/minori entrate e maggiori/minori spese sia per il bilancio dello Stato, sia per la Pubblica Amministrazione (PA) e quantificati con riferimento ai relativi saldi.

Tabella 39 - Impatto finanziario delle misure griglia PNR

(milioni di euro)

* Al netto degli importi inseriti nella Tabella allegata alla Legge di Bilancio per il 2017.

1) Maggiori spese in particolare riferite a:

-   ‘Sistema finanziario’: tutela del risparmio nel settore creditizio, programmate per il 2017 (20 miliardi);

-   ‘Spesa pubblica e tassazione’: Fondo per il pubblico impiego: 1,4 miliardi per il 2017 ed 1,9 per ciascuno degli anni successivi; farmaci innovativi e vaccini: 1 miliardo l’anno; fondi a favore degli enti territoriali e locali: 970 milioni annui;

-   ‘Lavoro e pensioni’ che, dal 2017, prevede 150 milioni annui per la lotta alla povertà che si aggiungono a quelle previste a legislazione vigente, 390 milioni annui per il premio alla nascita, 160 milioni medi annui per il sostegno al reddito del personale del credito. Interventi aggiuntivi alla riforma pensionistica 2011, riguardano: la c.d. quattordicesima – 800 milioni annui; l’APE sociale – in media 500 milioni annui; e l’estensione ad ulteriori soggetti della salvaguardia in relazione ai nuovi requisiti introdotti dalla riforma – in media 540 milioni annui;

-   ‘Infrastrutture e sviluppo’: in media 2,9 miliardi annui dal 2017 per infrastrutture, trasporti, difesa del suolo, ricerca, prevenzione del rischio sismico, edilizia pubblica, riqualificazione urbana e sicurezza delle periferie.

2) Minori spese, in particolare:

-   ‘Spesa pubblica e tassazione’: varie riduzioni operate nella LdB 2017 e disposizioni sulla definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti di riscossione (D.L. 193/2016) e altre misure tra cui l’introduzione del regime per cassa per i contribuenti in contabilità semplificata dal 2018, la soppressione del credito di imposta a favore di enti previdenziali e le modifiche alle disposizioni sulle pensioni apportate alla Legge di Stabilità per il 2016

3) Maggiori entrate, in particolare:

-   ‘Spesa pubblica e tassazione’: tra cui nuove disposizioni recanti misure per il recupero dell’evasione, abrogazione dello spesometro e introduzione di nuovi adempimenti in materia di IVA e IRPEF, riforma del sistema fiscale con l’introduzione della già citata imposta IRI, modifica della disciplina ACE - aiuto alla crescita economica e, infine, riapertura dei termini della ‘voluntary disclosure’.

4) Minori entrate, in particolare:

-   Spesa pubblica e tassazione’: disattivazione delle clausole di salvaguardia, introduzione della nuova imposta sul reddito d’impresa – IRI – opzionale per tutte le imprese individuali e le società di persone commerciali in contabilità ordinaria.

-   ‘Sostegno alle Imprese’: proroga e rafforzamento della disciplina di maggiorazione della deduzione di ammortamenti;

-   ‘Energia e ambiente’: detrazioni fiscali, tra cui le detrazioni per spese relative ad interventi di rafforzamento delle misure antisismiche.

 

Fonte: Elaborazioni RGS su dati allegati 3 delle Relazioni Tecniche e delle informazioni riportate in documenti ufficiali. Sono escluse le risorse dei programmi di azione e coesione e dei vari fondi destinati agli interventi a carattere europeo.

2. Il PNR nel quadro della governance europea

La terza sezione del DEF può essere più compiutamente analizzata e compresa nei suoi contenuti fondamentali se inserita all'interno della Governance economica europea e, in particolare, della cornice del Semestre europeo.

I due paragrafi seguenti circoscrivono l'analisi alle raccomandazioni specifiche che, su proposta delle Commissione, sono state adottate, nel luglio 2016, dal Consiglio per essere rivolte all'Italia così come agli altri Paesi dell’UE, nonché ai risultati delle analisi condotte all'interno della procedura sugli squilibri macroeconomici (MIP, nell'acronimo anglosassone) e alle relative raccomandazioni formulate all'Italia per correggere gli squilibri eccessivi del Paese (febbraio 2017).

Il Box seguente fornisce una sintesi del Semestre europeo al cui interno si inseriscono i documenti oggetto di esame della presente nota.

 

Box - il Semestre europeo

Il Semestre europeo fornisce un quadro, temporalmente scandito, per la gestione delle varie tappe della strategia di coordinamento delle politiche economiche tra i paesi dell’UE. In sintesi esso si compone delle seguenti fasi:

Novembre: presentazione da parte della Commissione dell’Analisi annuale della crescita, della Relazione sul meccanismo di allerta per la prevenzione degli squilibri macroeconomici. Il Consiglio europeo elabora le Linee guida di politica economica e di bilancio a livello UE e a livello di Stati membri. Anticipando così in via di prassi la scadenza inizialmente fissata a  Tale prassi è stata confermata anche per il semestre 2017, per il quale entrambi i documenti[64] sono stati approvati il 16 novembre 2016 contestualmente alle linee guida contenute nelle Raccomandazioni del Consiglio COM (2016) 726 sulla politica economica della zona euro;

Febbraio: la Commissione pubblica le Relazioni per Paese integrate, per i paesi selezionati nella relazione sul meccanismo di allerta che presentano squilibri macroeconomici, dall'esame approfondito.

Dalla metà alla fine di aprile: gli Stati membri sottopongono contestualmente i Piani nazionali di riforma (PNR, elaborati nell’ambito della nuova Strategia per la crescita e l’occupazione UE 2020) ed i Piani di stabilità e convergenza (PSC, elaborati nell’ambito del Patto di stabilità e crescita), tenendo conto delle linee guida dettate dal Consiglio europeo;

Maggio: sulla base dei PNR e dei PSC, la Commissione europea elabora le raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai singoli Stati membri;

Giugno: il Consiglio ECOFIN e, per la parte che gli compete, il Consiglio Occupazione e affari sociali, approvano le raccomandazioni della Commissione europea, anche sulla base degli orientamenti espressi dal Consiglio europeo di giugno;

Seconda metà dell’anno: gli Stati membri approvano le rispettive leggi di bilancio, tenendo conto delle raccomandazioni ricevute. In base alla disciplina del regolamento (UE) n. 473/2013 (uno dei due atti che compongono il c.d. Two-pack), la Commissione europea opera, di norma entro il mese di novembre, una valutazione del documento programmatico di bilancio di ciascuno Stato membro.

2.1. Le Raccomandazioni specifiche per Paese del luglio 2016

Nella riunione del 12 luglio 2016 il Consiglio economia e finanza ha approvato le raccomandazioni specifiche per paese e i pareri sulle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri (di seguito: raccomandazioni)[65], chiudendo così il ciclo annuale del Semestre europeo, avviato il 26 novembre 2015.

In generale, si osserva una riduzione del numero delle raccomandazioni rivolte a ciascun paese e una maggiore focalizzazione sulle priorità identificate nell'analisi annuale della crescita e connesse ai tre pilastri strategici: rilancio degli investimenti, proseguimento delle riforme strutturali e gestione responsabile delle politiche di bilancio.

Tale tendenza è particolarmente evidente nel caso dell'Italia dove si è passati dalle 8 raccomandazioni del 2014 (6 del 2015 (cfr. box)) alle sole 5 raccomandazioni del 2016.

Nel testo approvato dal Consiglio vengono confermate le cinque proposte di raccomandazioni delle Commissione indirizzate all'Italia e riguardanti gli aggiustamenti di bilancio e la fiscalità (CSR1), la pubblica amministrazione, il contrasto alla corruzione e la giustizia civile (CSR2), i crediti deteriorati e il settore bancario (CSR3), il mercato del lavoro e la spesa sociale (CSR4), la concorrenza (CSR5).

Aggiustamenti di bilancio e fiscalità (CSR 1)

Il Consiglio raccomanda all'Italia di limitare nel 2016 la deviazione temporanea dall'aggiustamento dello 0,5% del PIL richiesto all'importo dello 0,75% del PIL concesso per gli investimenti e per l'attuazione delle riforme strutturali, a condizione di riprendere il percorso di avvicinamento all'obiettivo di bilancio a medio termine nel 2017. Viene chiesto di conseguire un aggiustamento annuo di bilancio verso l'OMT pari allo 0,6% o più del PIL nel 2017[66]. Con riferimento al processo di privatizzazione si raccomanda di assicurare l'attuazione puntuale del programma di privatizzazioni, impiegando tali entrate straordinarie per ridurre il debito pubblico. Viene inoltre richiesto di completare la riforma del processo di bilancio nel corso del 2016 e assicurare che la revisione della spesa ne costituisca parte integrante.

Sul fronte del fisco si raccomanda di: spostare il carico fiscale dai fattori di produzione al consumo e al patrimonio, ridurre il numero e la portata delle agevolazioni fiscali, completare la riforma del catasto entro il primo semestre 2017, procedere nel contrasto all'evasione fiscale con disposizioni, quali ad esempio la diffusione dei sistemi elettronici di fatturazione e pagamento, volte al miglioramento del tasso di rispetto dell'obbligo tributario.

PA, contrasto alla corruzione e giustizia civile  (CSR 2)

Il Consiglio raccomanda di attuare la riforma della pubblica amministrazione adottando e applicando tutti i decreti legislativi necessari, in particolare in materia di riforma delle imprese di proprietà pubblica, servizi pubblici locali e gestione delle risorse umane; potenziare la lotta contro la corruzione anche riformando l'istituto della prescrizione entro fine 2016; ridurre la durata dei procedimenti civili dando attuazione alle riforme e assicurando una gestione efficiente delle cause.

I crediti deteriorati e il settore bancario  (CSR 3)

Con riferimento al settore bancario viene raccomandato, da un lato, di accelerare il processo di riduzione dei crediti deteriorati, anche agendo sul fronte di un ulteriore miglioramento della disciplina dell'insolvenza e del recupero crediti e, dall'altro, di completare in tempi brevi l'attuazione delle riforme in corso in materia di governo societario.

Mercato del lavoro e spesa sociale  (CSR 4)

In relazione al mercato del lavoro il Consiglio raccomanda di attuare la riforma delle politiche attive, con particolare riguardo all'incremento dell'efficienza dei servizi per l'impiego e all'incentivazione del lavoro dei componenti delle famiglie che costituirebbero la seconda fonte di reddito. Sul fronte delle spesa sociale, oltre alla sua revisione e razionalizzazione, viene raccomandato di adottare e attuare la strategia nazionale di lotta contro la povertà.

Concorrenza  (CSR 5)

L'ultima raccomandazione all'Italia riguarda il contesto competitivo del Paese, rispetto al quale si chiede di adottare e attuare rapidamente la legge sulla concorrenza rimasta in sospeso; intervenire ulteriormente per aumentare la concorrenza nelle professioni regolamentate, nei trasporti, nella sanità, nel commercio al dettaglio e nell'aggiudicazione delle concessioni.

 

Sintesi delle raccomandazioni rivolte all'Italia nel 20141 e nel 20152

Nel luglio del 2014 Consiglio ha indirizzato in tutto otto raccomandazioni all'Italia attraverso le quali si chiedeva di:

1)   Sostenibilità finanze pubbliche: adottare provvedimenti per rafforzare le misure di bilancio per il 2014 alla luce dell'emergere di uno scarto rispetto ai requisiti del patto di stabilità e crescita, in particolare alla regola della riduzione del debito; per il 2015, operare un sostanziale rafforzamento della strategia di bilancio al fine di garantire il rispetto del requisito di riduzione del debito, raggiungendo così l'obiettivo a medio termine.

2)   Sistema fiscale: trasferire ulteriormente il carico fiscale dai fattori produttivi ai consumi, ai beni immobili e all’ambiente, riesaminare la portata delle agevolazioni fiscali dirette e allargare la base imponibile sui consumi.

3)   Fondi UE e anticorruzione: porre attenzione sulla necessità di garantire una migliore gestione dei fondi UE, specialmente nelle regioni meridionali; potenziare ulteriormente l'efficacia delle misure anticorruzione, in particolare rivedendo l'istituto della prescrizione entro la fine del 2014.

4)   Settore bancario: rafforzare la resilienza del settore bancario, rinvigorire l'erogazione di prestiti all'economia reale, promuovere l'accesso delle imprese a finanziamenti non bancari.

5)   Occupazione e spesa sociale: adoperarsi per una più globale tutela sociale dei disoccupati, limitando tuttavia l'uso della cassa integrazione guadagni; adottare entro marzo 2015 misure che riducano i disincentivi fiscali al lavoro delle persone che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare. Per far fronte al rischio di povertà e di esclusione sociale, di estendere gradualmente il nuovo regime pilota di assistenza sociale.

6)   Istruzione e ricerca: rendere operativo il sistema nazionale per la valutazione degli istituti scolastici; ridurre i tassi di abbandono scolastico; accrescere l'apprendimento basato sul lavoro negli istituti professionali; assicurare che i finanziamenti pubblici premino in modo più congruo la qualità dell'istruzione superiore e della ricerca.

7)   Concorrenza: eliminare gli ostacoli alla concorrenza nei seguenti settori: servizi professionali, servizi pubblici locali, assicurazioni, distribuzione dei carburanti, commercio al dettaglio e servizi postali

8)   Trasporti: garantire la pronta e piena operatività dell'Autorità di regolazione dei trasporti entro settembre 2014; potenziare la gestione portuale e i collegamenti tra i porti e l'entroterra.

 

Nello stesso mese dell'anno successivo il Consiglio ha circoscritto le raccomandazioni all'Italia all'interno di sei ambiti di intervento, chiedendo di:

1)   Sostenibilità finanze pubbliche: conseguire un aggiustamento di bilancio verso l'obiettivo di bilancio a medio termine pari ad almeno lo 0,25 % del PIL nel 2015 e allo 0,1 % del PIL nel 2016, adottando le necessarie misure strutturali sia nel 2015 che nel 2016, tenuto conto dello scostamento consentito per l'attuazione di importanti riforme strutturali; assicurare che la revisione della spesa costituisca parte integrante del processo di bilancio; attuare in modo rapido e accurato il programma di privatizzazioni e ricorrere alle entrate straordinarie per compiere ulteriori progressi al fine di assicurare un percorso adeguato di riduzione del rapporto debito pubblico/PIL; attuare la legge delega di riforma fiscale entro settembre 2015, con particolare riguardo alla revisione delle agevolazioni fiscali e dei valori catastali e alle misure per migliorare il rispetto della normativa tributaria;

2)   Infrastrutture e coesione: adottare il piano strategico nazionale della portualità e della logistica previsto, in particolare per contribuire alla promozione del trasporto intermodale mediante migliori collegamenti; assicurare la piena operatività dell'Agenzia per la coesione territoriale in modo da determinare un sensibile miglioramento della gestione dei fondi dell'UE;

3)   Pubblica amministrazione: adottare e attuare le leggi in discussione intese a migliorare il quadro istituzionale e a modernizzare la pubblica amministrazione; riformare l'istituto della prescrizione entro la metà del 2015; fare in modo che le riforme adottate per migliorare l'efficienza della giustizia civile contribuiscano a ridurre la durata dei procedimenti;

4)   Sistema finanziario: introdurre entro la fine del 2015 misure vincolanti per risolvere le debolezze che permangono nel governo societario delle banche, dare attuazione alla riforma concordata delle fondazioni e adottare provvedimenti per accelerare la riduzione generalizzata dei crediti deteriorati;

5)   Mercato del lavoro: adottare i decreti legislativi riguardanti la configurazione e il ricorso alla cassa integrazione guadagni, la revisione degli strumenti contrattuali, l'equilibrio tra attività professionale e vita privata e il rafforzamento delle politiche attive del mercato del lavoro; promuovere, di concerto con le parti sociali e conformemente alle prassi nazionali, un quadro efficace per la contrattazione di secondo livello; nell'ambito degli sforzi per ovviare alla disoccupazione giovanile, adottare e attuare la prevista riforma della scuola e ampliare l'istruzione terziaria professionalizzante;

6)   Semplificazione e concorrenza: attuare l'«Agenda per la semplificazione 2015-2017» al fine di snellire gli oneri amministrativi e normativi; adottare misure finalizzate a favorire la concorrenza in tutti i settori contemplati dal diritto della concorrenza e intervenire in modo deciso sulla rimozione degli ostacoli che ancora permangono; garantire la rettifica entro la fine del 2015 dei contratti di servizi pubblici locali che non ottemperano alle disposizioni sugli affidamenti «in-house».

 

1. Raccomandazione del Consiglio dell'8 luglio 2014, (2014/C 247/11)

2. Raccomandazione del Consiglio del 14 luglio 2015, (2015/C272/16)

2.2. La Relazione Paese e l'esame degli squilibri macroeconomici di febbraio 2017

La Commissione europea ha pubblicato lo scorso 22 febbraio un articolato pacchetto di documenti (cd. Pacchetto di Inverno del Semestre europeo). In questa sede si illustra sinteticamente il contenuto della relazione per paese riferita all'Italia, integrata dall'esame approfondito sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici. L'Italia infatti rientrava nel gruppo dei 13 Stati membri per i quali la Relazione sul meccanismo di allerta di novembre 2016 ha ravvisato la necessità di un esame approfondito.

Si ricorda che il Pacchetto di inverno recava anche la relazione che esamina il rispetto, da parte dell'Italia, del criterio del debito a norma dell'articolo 126, paragrafo 3, del Trattato (di cui si è detto nella sezione II all'interno del paragrafo relativo al rispetto della regola del debito).

 

Nella Relazione per Paese la Commissione valuta i progressi dell'Italia nel dar seguito alle raccomandazioni specifiche del 2016, rilevando che nel complesso l'Italia ha compiuto alcuni progressi[67]. Viene registrato che sono stati compiuti progressi significativi nella riforma del processo di bilancio. La Commissione osserva alcuni progressi per quanto attiene alla giustizia civile, al mercato del lavoro e al settore bancario. Per contro, si afferma che i progressi sono stati limitati nel settore della fiscalità, della concorrenza e della pubblica amministrazione, e che non sono stati compiuti progressi nella riforma dell'istituto della prescrizione.

 

Quanto all'avvicinamento agli obiettivi nazionali della strategia Europa 2020, nella Relazione per Paese si afferma che l’Italia ha già raggiunto i propri obiettivi in materia di energie rinnovabili, efficienza energetica e abbandono scolastico, e sembra sulla buona strada per conseguire quelli sulle emissioni di gas a effetto serra. Il paese ha compiuto anche alcuni progressi verso il conseguimento dell’obiettivo relativo all’istruzione terziaria. Viceversa, i progressi sono meno evidenti per quanto riguarda gli obiettivi in materia di tasso di occupazione, investimenti in R&S, povertà ed esclusione sociale.

 

Nella primavera 2016, la Commissione ha identificato squilibri macroeconomici eccessivi cui è seguito il cosiddetto esame approfondito.

La Commissione ha innanzitutto osservato che all’origine degli squilibri macroeconomici dell’Italia vi sono carenze strutturali.

L'elevato debito pubblico italiano rende il paese vulnerabile alla volatilità dei mercati finanziari e implica lo stanziamento di ingenti risorse per il servizio del debito, a danno di voci che stimolano maggiormente la crescita, quali l’istruzione, l’innovazione, le infrastrutture e la riduzione della pressione fiscale sui fattori di produzione.

Un altro squilibrio è riferito alla scarsa competitività esterna imputabile, tra le altre, a una struttura produttiva ancora sbilanciata a favore di industrie a medio e basso contenuto tecnologico. Tutto questo in un contesto di crescita debole della produttività.

La Commissione evidenzia poi squilibri relativi: ai problemi di aggiustamento connessi alla massiccia quantità di crediti deteriorati presenti nei bilanci delle banche; al livello ancora alto della disoccupazione e ad aumenti significativi dei tassi della disoccupazione di lunga durata e giovanile.

Concludendo la Commissione ha osservato che, nonostante alcuni sviluppi positivi, gli squilibri macroeconomici non sono ancora corretti. Considerate le carenze strutturali che emergono dall'esame approfondito condotto dalla Commissione, quest'ultima ha dichiarato che avrebbe provveduto ad aggiornare la propria valutazione a maggio alla luce del programma nazionale di riforma dell'Italia[68].

3. Le politiche pubbliche nel programma nazionale di riforma

3.1 Sistema fiscale

La Commissione europea nella sua Relazione per paese relativa all’Italia ha sottolineato come la crescita economica e l’efficienza siano ostacolate dal sistema fiscale. In particolare sono individuati alcuni ambiti nei quali intervenire: lo spostamento del carico fiscale dal lavoro ai consumi, con la riduzione del cuneo fiscale; la riduzione delle spese fiscali; la riforma del catasto; la lotta all’evasione fiscale.

 

Per quanto riguarda le politiche fiscali, che includono la tassazione, la lotta all’evasione e la revisione della spesa, il Governo italiano ha individuato le seguenti azioni da intraprendere nel medio termine:

§  proseguire la riduzione della pressione fiscale per sostenere la crescita (2017-2018);

§  spostare la tassazione dalle persone (lavoro) alle cose (consumi) (2017-2018);

§  procedere alla revisione delle spese fiscali (tax expenditures) (2017-2018);

§  migliorare il coordinamento dell’amministrazione fiscale per il contrasto all’evasione (entro il 2017);

§  realizzare investimenti in ICT e risorse umane a sostegno della lotta all’evasione fiscale e per favorire la tax compliance (2017-2018);

§  ridurre le controversie tributarie e aumentare l’efficacia della riscossione (2017-2018).

Riduzione della pressione fiscale

Il Governo dichiara di voler perseguire l’obiettivo di ridurre ulteriormente la pressione fiscale sui fattori produttivi.

Al riguardo si rammenta che secondo gli ultimi rilevamenti dell’ISTAT la pressione fiscale in Italia ammonta al 42,9% del PIL.

La legge di stabilità 2015 ha reso permanente il credito d’imposta di 80 euro mensili per i lavoratori dipendenti a basso/medio reddito e ha previsto un’esenzione permanente del costo del lavoro dalla base imponibile dell’IRAP. Con la legge di stabilità 2016 è stata introdotta la riduzione dell’aliquota IRES dal 27,5 al 24%, con effetti dal 2017. Con la legge di bilancio 2017 è stata introdotta l’imposta sul reddito di impresa (IRI) calcolata sugli utili trattenuti presso l'impresa mediante applicazione dell'aliquota unica IRES al 24%.

In questo contesto nel DEF è definito cruciale il taglio del cuneo fiscale per ridurre il costo del lavoro e aumentare parallelamente il reddito disponibile dei lavoratori.

Recenti dati sul cuneo fiscale in Italia, in confronto con gli altri paesi, sono stati diffusi dalla Commissione europea, dalla Corte dei conti e dall’OCSE. Nel 2015 in Italia i cunei fiscali sui singoli lavoratori che percepiscono un salario basso o medio, rispettivamente al 41% e al 48%, sono tra i più elevati dell’UE. Nel 2014 l’aliquota fiscale implicita sul lavoro è stata la più elevata dell’UE (44% rispetto a una media UE del 36%) e l’onere fiscale sul capitale ben al di sopra della media UE (10,6% del PIL rispetto all'8,2%) (Commissione Europea). La Corte dei Conti, nel Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica, sottolinea che il cuneo fiscale, riferito alla situazione media di un dipendente dell’industria, colloca al livello più alto la differenza fra il costo del lavoro a carico dell’imprenditore e il reddito netto che rimane in busta paga al lavoratore: il 49% prelevato a titolo di contributi (su entrambi) e di imposte (a carico del lavoratore) eccede di ben 10 punti l’onere che si registra mediamente nel resto d’Europa. Infine l’OCSE, nello studio annuale sul peso fiscale dei salari (Taxing wagesItaly) afferma che nel 2016 l’Italia si colloca al quinto posto tra i paesi OCSE per il più alto livello di imposte sul lavoro. La media del cuneo fiscale per lavoratore è del 47,8% , mentre la media dei paesi OCSE è del 36%.

Nel PNR il Governo dichiara di voler proseguire la riduzione della pressione fiscale per sostenere la crescita con il taglio dei contributi sociali, iniziando dalle fasce più deboli (giovani e donne).

Spostare la tassazione dalle persone alle cose

Secondo la Commissione europea uno spostamento ottimale del carico fiscale verso i consumi potrebbe ridurre ulteriormente l’onere fiscale sul lavoro e favorire la lotta contro la povertà e la disuguaglianza.

In particolare la Commissione ha effettuato una simulazione degli effetti distributivi e di bilancio derivanti dall’aumento dell’aliquota IVA ridotta dal 10% al 13% e dal pieno utilizzo di tali entrate per un credito d’imposta rimborsabile sui redditi da lavoro per i lavoratori a basso reddito: gli effetti sarebbero progressivi e consentirebbero di aumentare il reddito netto disponibile per i decili a più basso reddito e di ridurre la povertà e le disuguaglianze. Si evidenzia inoltre che tale operazione è coerente anche con l’obiettivo di riduzione delle spese fiscali, tra le quali rientrano le aliquote Iva agevolate.

 

In tale contesto, per perseguire l’obiettivo di maggiore equità nel prelievo, il Governo intende proseguire le attività volte ad aggiornare il patrimonio informativo catastale, che consistono nel miglioramento della qualità delle banche dati e nella loro correlazione con i dati di mercato. Al riguardo è in corso l’attività finalizzata ad assicurare la georeferenziazione del patrimonio immobiliare sulla cartografia catastale, l’introduzione dell’’entità fabbricato’ e la determinazione della superficie catastale per tutte la unità immobiliari delle categorie ordinarie, dotate di planimetria.

Si rammenta che in materia di riforma del catasto la delega fiscale è stata attuata solo con riferimento alla composizione, alle attribuzioni e al funzionamento delle Commissioni censuarie, mediante il Decreto Legislativo n. 198 del 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 13 gennaio 2015.

Riordino delle spese fiscali

La Commissione europea raccomanda di ridurre il numero e la portata delle agevolazioni fiscali. Nella relazione per paese constata tuttavia che la tanto attesa revisione delle spese fiscali e dei valori catastali ha subito un ulteriore rinvio.

La revisione delle spese fiscali (tax expenditures) rientra tra le azioni ritenute dal Governo necessarie per disegnare un sistema fiscale più efficace, ponendo allo stesso tempo attenzione a non aumentare la pressione fiscale e a non intaccare l’equità del sistema. Il lavoro di analisi del Governo ha portato alla pubblicazione del Rapporto annuale sulle spese fiscali (2016), allegato al disegno di legge di bilancio 2017 e redatto dalla Commissione istituita con decreto del MEF il 28 aprile 2016, che elenca tutte le misure di esenzione, esclusione, riduzione dell’imponibile o dell’imposta oppure regime di favore, con quantificazione degli effetti finanziari e del numero dei beneficiari.

Nel Rapporto sono elencate un totale di 444 spese fiscali, suddivise in 20 missioni di spesa considerate nel bilancio dello Stato. Sono riportate inoltre le spese fiscali locali (166), ovvero quelle riferite agli enti territoriali di governo distinte per i vari tipi di tributo, per un numero totale di 610. Il Rapporto non indica il valore complessivo degli effetti delle spese fiscali in termini di gettito. La missione Politiche economico-finanziarie e di bilancio è quella che presenta il numero più elevato di spese fiscali (111), seguita dalla missione Competitività e sviluppo delle imprese (59), Diritti sociali, politiche sociali e famiglia (51) e Politiche per il lavoro (49). Guardando alle 444 spese fiscali si evidenzia che poco meno della metà è riferibile a spese i cui effetti non sono quantificabili (33%) o di "di trascurabile entità" (7%) o "inferiori a 1 milione di euro" (quasi il 9%). Il 51% di esse, invece, comportano una spesa superiore a 1 milione di euro (si veda alla pagina 1117 della Tabella 1, Stato di previsione dell’entrata).

Il Governo, nel PNR 2017, dichiara che utilizzando il Rapporto annuale allegato alla legge di bilancio saranno riviste e abolite le spese fiscali obsolete o duplicate.

Contrasto all’evasione fiscale e rapporto con i contribuenti

La Commissione europea raccomanda l’attuazione di provvedimenti per migliorare il rispetto dell'obbligo tributario, anche mediante sistemi elettronici di fatturazione e pagamento. Nel citato Rapporto per paese sottolinea che, nonostante siano stati compiuti alcuni progressi in questo settore, il ricorso piuttosto limitato alla fatturazione e ai pagamenti elettronici ostacola la lotta all’evasione fiscale.

Il Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, presentato al Parlamento nell’ottobre 2016 in allegato alla Nota di aggiornamento al DEF, fornisce le stime del cosiddetto tax gap (il divario tra gettito teorico e gettito effettivo) relativo alle entrate tributarie e contributive. Tali dati si basano sulla Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione contributiva predisposta da una commissione di esperti. Secondo quanto emerge dall'aggiornamento dell'ultimo rapporto, nel biennio 2013-2014 sarebbero stati evasi 221 miliardi di euro. Per il 2014 l'evasione fiscale e contributiva è quantificata in 111.655 milioni di euro, con un aumento di 1.851 milioni di euro (+1,7% rispetto al 2013). Per le sole entrate tributarie, l’importo complessivo è pari a 100,4 miliardi di euro. Nel triennio 2012-2014, la propensione all'evasione è aumentata dal 23,6% al 24,8%. Le stime del tax gap sono state aggiornate alla luce dei nuovi dati diffusi dall'Istat il 23 settembre e il 14 ottobre 2016.

L'imposta maggiormente evasa è l'IVA: la stima è di circa 40 miliardi. Tale dato è maggiore rispetto a quello ipotizzato dalla Commissione europea nel rapporto 2016 sul tax gap dell'Iva nei Paesi dell'Unione europea nel quale è evidenziato che, con riferimento al 2014, il divario più alto in cifre assolute tra l'IVA dovuta e quella riscossa è stato registrato in Italia (36,9 miliardi di euro). Negli anni dal 2010 al 2014 si osserva una propensione media all'evasione IRPEF pari al 55,9% per i lavoratori autonomi e le imprese, in costante crescita sino al 2014, anno in cui si avvicina al 60%. In generale, con la sola eccezione dell'IVA, nel 2013 si evidenzia un aumento nella propensione all'evasione rispetto al 2012 per tutte le tipologie di imposta considerate. Tuttavia, nel 2014 si noterebbe una flessione di rilevanti dimensioni anche nel gap dell'IRES.

Per contrastare questo fenomeno nel 2015 sono state introdotte due importanti misure: l’estensione del reverse charge ai settori delle costruzioni e delle pulizie e l’adozione dello split payment per i fornitori della Pubblica amministrazione, ed entrambe le misure hanno contribuito alla riduzione del gap. In particolare, per quanto riguarda lo split payment si rileva una riduzione strutturale del gap di 2,5 miliardi nel 2015 e di un ulteriore miliardo nel 2016.

Secondo quanto riportato dal Direttore dell’Agenzia delle entrate nel corso di una audizione presso la Commissione Finanze della Camera lo scorso 5 aprile, nel 2016 l’attività di contrasto e prevenzione dei fenomeni di evasione fiscale e di promozione della compliance ha consentito un recupero di gettito di 19 miliardi, con un aumento del 28% rispetto al 2015. Le maggiori entrate derivano da attività di controllo sostanziale per 10,5 miliardi (di cui 4,1 miliardi derivano dalla voluntary disclosure) e da attività di liquidazione per 8 miliardi. Circa 500 milioni sono il risultato delle attività di promozione del dialogo preventivo con il cittadino, che l’Agenzia delle entrate ha avviato negli ultimi anni comunicando ai contribuenti elementi e informazioni in suo possesso relativi ai ricavi o ai redditi, allo scopo di stimolare l’assolvimento degli obblighi tributari e favorire l’emersione spontanea delle basi imponibili. Quanto alle modalità di incasso, 4,8 miliardi provengono dalla riscossione coattiva ed i restanti da versamenti diretti o spontanei. Infine, la riscossione del canone tv tramite addebito in bolletta ha consentito di incassare circa 2,1 miliardi, con un extra-gettito di 500 milioni, rispetto agli anni precedenti, nonostante nel 2016 la misura del canone annuo sia stata ridotta da 113,50 a 100 euro.

Al riguardo si segnala che la Corte dei Conti, nel Rapporto 2017 sul coordinamento della finanza pubblica, ha evidenziato che identificare i recuperi da lotta all’evasione con le riscossioni complessive significa sottovalutare la circostanza che esse comprendono introiti che non presuppongono un recupero strutturale di base imponibile. Non sono strutturali, infatti, le riscossioni da condono e le entrate da voluntary disclosure. Peraltro, risulta arduo imputare a recupero di evasione gli importi pretesi dall’Erario a titolo di sanzioni e interessi, un gettito accessorio che non prefigura un ampliamento di base imponibile. Nell’insieme del decennio 2007-2016, la quota di riscossione riconducibile ad una tantum e accessori si aggira intorno ai 35 miliardi. Ciò che conduce a fissare in circa 85 miliardi le riscossioni nette che riflettono un effettivo recupero di evasione: quasi il 30% in meno rispetto ai 120 iscritti in bilancio come entrate da attività di accertamento e controllo

Nell’azione di contrasto dell’evasione fiscale il Governo si impegna a rafforzare le iniziative poste in essere negli ultimi anni e a intensificarne l’attuazione promuovendo un approccio ‘cooperativo’ basato su trasparenza, semplificazione e fiducia reciproca tra Amministrazione e cittadini.

Nella citata audizione il Direttore dell’Agenzia delle entrate ha affermato che la strategia adottata dall’Agenzia si basa su due perni principali: la promozione della compliance e il contrasto all’evasione e all’elusione fiscale.

Dal primo punto di vista, l’attenzione dell’Amministrazione è rivolta a svolgere una funzione di facilitazione prima di esercitare i poteri di controllo e repressione, facendo in modo che l’attività di contrasto, pur mantenendo un ruolo importante per il recupero dell’evasione fiscale, sia preceduta dall’attività di prevenzione che induce il contribuente verso l’adempimento spontaneo dei propri obblighi, anche prevedendo la possibilità di correggere omissioni o errori nelle dichiarazioni già presentate, con effetti positivi sui livelli di compliance e sul recupero del tax gap.

Per contrastare più efficacemente l’evasione sarà rafforzato l’uso delle banche dati e delle applicazioni utili per effettuare analisi di rischio, attraverso una maggiore tempestività di acquisizione dati e della loro elaborazione e messa a disposizione degli uffici e delle Pubbliche amministrazioni con cui sono condivisi i dati acquisiti dall’Anagrafe tributaria. Nel contempo saranno potenziate le misure per il recupero del tax gap Iva, quelle di contrasto alle frodi Iva, quelle finalizzate all’indebita fruizione dei rimborsi fiscali e quelle indirizzate a contrastare efficacemente le indebite compensazioni mediante crediti inesistenti. Proseguirà l’impegno nel contrasto del fenomeno delle false compensazioni.

Per quanto riguarda le nuove misure di contrasto all’evasione fiscale e contributiva introdotte in ottobre 2016, va segnalato che, a partire dal 1° gennaio 2017, con il D.L. n. 193 del 2016 sono stati introdotti con periodicità trimestrale: i) la comunicazione analitica dei dati delle fatture emesse e ricevute; ii) la comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche IVA. Il Governo ritiene che l’introduzione di tali adempimenti comporterà un incremento di gettito dovuto sia al maggior stimolo alla compliance, tramite l’attività dissuasiva posta in essere dall’Agenzia delle entrate, sia all’accelerazione delle somme riscosse tramite i controlli automatizzati. In particolare, si stima che l’introduzione di tali misure comporterà, nel complesso, un ulteriore recupero di gettito pari a 2,1 miliardi per l’anno d’imposta 2017.

Con l’intento di assicurare il coordinamento e la supervisione delle attività svolte e il raggiungimento degli obiettivi di politica fiscale, è stata inoltre istituita la Commissione consultiva per il contrasto all’evasione, all’elusione e alle frodi fiscali. La Commissione si è riunita per la prima volta a marzo 2017 e si è concentrata sulla ricognizione delle azioni già avviate per ridurre le aree di occultamento di reddito imponibile al fisco. La discussione in seno alla Commissione si è soffermata in particolare sull’evasione dell’IVA, che prelude all’evasione di altre imposte, dall’IRES all’IRPEF.

Gli indirizzi e le linee strategiche per il contrasto all’evasione terranno, inoltre, conto delle principali raccomandazioni contenute nei recenti rapporti del FMI e dell’OCSE sullo stato dell’Amministrazione fiscale in Italia. L’attività di contrasto di fenomeni evasivi ed elusivi degli obblighi fiscali sarà potenziata anche mediante una sempre più efficace cooperazione amministrativa sul piano internazionale. Dovranno, infatti, essere ottimizzate le attività di controllo verso quei soggetti che strutturano complessi sistemi di evasione e/o elusione, rafforzando in particolare la lotta alle frodi fiscali, con particolare riguardo a quelle nel settore dell'IVA e in materia di accise. Particolare attenzione sarà dedicata, inoltre, alle sinergie operative e allo scambio di informazioni con altre Autorità competenti, europee e internazionali, anche monitorando gli obiettivi dello scambio automatico di informazioni a fini fiscali (Common Reporting Standard) e del progetto BEPS (Base Erosion Profit Shifting).

Potenziamento della riscossione e riduzione delle controversie tributarie

Con l’obiettivo di assicurare maggiore equità ed efficienza al sistema della riscossione, il decreto fiscale n. 193 del 2016 ha disposto - a decorrere dal 1° luglio 2017 - lo scioglimento di Equitalia (ad esclusione di Equitalia Giustizia) e l'istituzione dell'Agenzia delle entrate-Riscossione, ente strumentale dell'Agenzia delle entrate sottoposto all'indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell'economia e delle finanze.

Tale intervento verrà completato attraverso una riorganizzazione delle agenzie fiscali, tesa a garantire maggiore autonomia alle stesse, in linea con le indicazioni dell’OCSE e del FMI. Sempre dal 1° luglio, gli enti locali potranno affidare al soggetto preposto alla riscossione nazionale le attività di riscossione, spontanea e coattiva, le entrate tributarie o patrimoniali proprie e delle società da essi partecipate.

Inoltre, l’obiettivo di migliorare il versamento spontaneo delle entrate è stato perseguito prevedendo l’utilizzo di strumenti di pagamento elettronici per i comuni e gli altri enti locali.

L’obiettivo della riduzione delle controversie tributarie sarà perseguito nel 2017 attraverso l’estensione del processo tributario telematico su tutto il territorio nazionale. Attraverso il portale dedicato sarà possibile effettuare il deposito telematico degli atti e dei documenti processuali già notificati alla controparte e tutti i soggetti coinvolti potranno consultare on-line il fascicolo processuale. Per proseguire questa strategia di digitalizzazione dell’intero sistema giudiziario, la legge di bilancio per il 2017 ha istituito un apposito fondo.

Tra le azioni individuate dal PNR si segnalano inoltre l’operatività delle norme istitutive dell’elenco dei soggetti abilitati all’assistenza tecnica innanzi alle Commissioni tributarie e la riforma degli organi della giurisdizione tributaria.

3.2. Pubblica amministrazione e semplificazioni

La raccomandazione n. 2 indirizzata all’Italia dal Consiglio europeo il 12 luglio 2016, invitava il Governo «ad attuare la riforma della pubblica amministrazione adottando e applicando tutti i decreti legislativi necessari, in particolare in materia di riforma delle imprese di proprietà pubblica, servizi pubblici locali e gestione delle risorse umane».

In merito al seguito dato alla raccomandazione nel semestre successivo, nella Relazione relativa all'Italia del 22 febbraio 2017 (Country Report) la Commissione europea rileva che l’attuazione della riforma della pubblica amministrazione ha registrato progressi limitati. In proposito, viene richiamata la sentenza della Corte costituzionale n. 251 del 2016 che ha dichiarato incostituzionale la procedura prevista per i decreti indicati nella raccomandazione del Consiglio europeo, in particolare quelli riguardanti la gestione delle risorse umane, i servizi pubblici locali e le imprese a partecipazione pubblica.

In merito alla situazione generale della pubblica amministrazione italiana, la Commissione rileva inoltre, analogamente a quanto sottolineato nel Country Report del 2016, che le prestazioni dell'Italia risultano ancora inferiori a quelle dei paesi comparabili dell'UE secondo la maggior parte degli indicatori mondiali della governance 2016 della Banca mondiale[69].

Quanto alle riforme necessarie, la Commissione europea sottolinea in particolare come il miglioramento della performance dell’amministrazione italiana sia legato in massima parte alla gestione e alla qualità dei dipendenti pubblici.

In merito, sono individuati diversi fattori di criticità, quali: l’età media dei dipendenti pubblici (47 anni, cioè 4,4, anni in più rispetto al settore privato); il disallineamento fra impiego e titolo di studio; le procedure di selezione basate principalmente su conoscenze teoriche piuttosto che sulla capacità di risoluzione dei problemi; la mancanza di incentivi monetari legati al merito; la scarsa attrattività della PA per i lavoratori altamente qualificati.

 

In proposito, nel DEF 2017 il Governo, alla sezione del PNR 2017 (pag. 7) afferma in generale che «il completamento e l’attuazione della riforma della Pubblica Amministrazione entro l’anno è un obiettivo chiave del Governo poiché da essa dipendono un migliore ambiente imprenditoriale, maggiori investimenti e la crescita della produttività. Un’attenzione particolare sarà data alla riforma delle società a partecipazione pubblica, con la tempestiva adozione delle norme volte a razionalizzare tali società al fine di limitare il numero solo a quelle che effettivamente gestiscono servizi di pubblica utilità».

L’importanza del completamento della riforma della PA è confermato anche dall’indicatore del livello di progresso conseguito dall’azione di riforma del Governo (CRPI Competitiveness Relevance Progress Indicator), elaborato dal MEF[70].

A fronte di una percentuale di attuazione della riforma che è passata dal 20% nel 2015 all’80% nel 2016, l’indicatore di rilevanza sulla competitività per l’area pubblica amministrazione è salito dallo 0,03 allo 0,12.

Per quanto concerne l’impatto macroeconomico delle riforme in materia di pubblica amministrazione e semplificazioni, l’Esecutivo conferma (rispetto ai dati già diffusi nel 2015) di stimare un incremento del PIL, rispetto allo scenario di base, pari allo 0,5% dopo cinque anni e allo 0,8 dopo dieci anni dall’introduzione delle riforme. Nel lungo periodo l’effetto complessivo stimato sul prodotto è dell’1,2%.

 

Di seguito si sintetizzano le azioni strategiche riguardanti la pubblica amministrazione previste dal Programma nazionale di riforma 2017 (paragrafo III.4) allegato al DEF.

Completare la riforma della P.A.

Per quanto riguarda l’attuazione della legge delega di riforma della pubblica amministrazione (legge n. 124 del 2015), il Governo ricorda che sono stati approvati ed entrati in vigore sedici provvedimenti normativi. Essi riguardano:

§  l’abrogazione di disposizioni di legge che prevedono l’adozione di provvedimenti non legislativi di attuazione (D.Lgs. 22 gennaio 2016, n. 10);

§  la revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza (D.Lgs. 25 maggio 2016, n. 97);

§  le modifiche in materia di licenziamento disciplinare, intervenendo in particolare sulla disciplina prevista per la fattispecie di falsa attestazione della presenza in servizio (D.Lgs. 20 giugno 2016, n. 116);

§  il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi (D.Lgs. 30 giugno 2016, n. 127);

§  l’introduzione di disposizioni generali applicabili ai procedimenti relativi alle attività private non assoggettate ad autorizzazione espressa (cd. SCIA 1 - D.Lgs. 30 giugno 2016, n. 126). L’attuazione della delega è proseguita con il decreto legislativo 5 novembre 2016, n. 222 (cd. SCIA 2), che provvede alla mappatura e alla individuazione delle attività oggetto di procedimento di mera comunicazione o segnalazione certificata di inizio attività o di silenzio assenso, nonché quelle per le quali è necessario il titolo espresso. Inoltre il decreto alcune disposizioni volte alla semplificazione dei regimi amministrativi in materia edilizia;

§  norme per la semplificazione e l'accelerazione di procedimenti amministrativi riguardanti rilevanti insediamenti produttivi, opere di rilevante impatto sul territorio o l'avvio di attività imprenditoriali suscettibili di avere positivi effetti sull'economia o sull'occupazione (D.P.R. 12 settembre 2016, n. 194);

§  la riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le Autorità portuali (D.Lgs. 4 agosto 2016, n. 169);

§  nuove disposizioni in materia di dirigenza sanitaria (D.Lgs. 4 agosto 2016, n. 171);

§  il riordino e la ridefinizione della disciplina processuale concernente tutte le tipologie di giudizi che si svolgono innanzi la Corte dei conti (D.Lgs. 26 agosto 2016, n. 174);

§  l’adozione di un testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175);

§  un complessivo riordino delle strutture della Forze di polizia che prevedono tra l'altro: la razionalizzazione e il potenziamento dell'efficacia delle funzioni di polizia e la riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato, con eventuale assorbimento dello stesso in altre Forze di polizia (D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 177);

§  modifiche ed integrazioni al Codice dell’amministrazione digitale, tese a creare una Carta della cittadinanza digitale per garantire l’accesso in maniera    digitale di cittadini e imprese ai dati e servizi delle pubbliche amministrazioni (D.Lgs. 26 agosto 2016, n. 179);

§  la semplificazione delle attività degli enti pubblici di ricerca (D.lgs. 25 novembre 2016, n. 218);

§  la razionalizzazione, nonché il riordino delle funzioni e del finanziamento delle Camere di commercio (D.Lgs. 25 novembre 2016, n. 219);

§  la riorganizzazione del Comitato italiano paralimpico (D.Lgs. 27 febbraio 2017, n. 43).

 

La sentenza della Corte costituzionale n. 251 del 2016, che ha censurato parzialmente la legge delega di riforma (v. infra, box), non ha prodotto effetti diretti di caducazione di nessuno dei decreti attuativi già entrati in vigore al momento della pronuncia.

Tuttavia, a seguito della sentenza, per alcuni decreti, già adottati, si è posta l’esigenza di un intervento correttivo (licenziamenti disciplinari, dirigenza sanitaria e società a partecipazione pubblica), mentre per altri, non ancora adottati al momento della sentenza, la delega è scaduta (servizi pubblici locali e dirigenza pubblica) e pertanto le relative disposizioni di riforma non sono state approvate.

 

La sentenza n. 251/2016 sulla legge di riforma della P.A.

Con la sentenza n. 251 del 2016 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di alcune disposizioni di delega al Governo contenute nella L. n. 124/2015, con riguardo alla disciplina del pubblico impiego, delle società partecipate, dei servizi pubblici locali e della dirigenza, nella parte in cui, pur incidendo su materie di competenza sia statale sia regionale, prevedono che i decreti attuativi siano adottati sulla base di una forma di raccordo con le Regioni, che non è quella dell'intesa, bensì quella del semplice parere.

I settori individuati, ad avviso della Corte, incidono su una pluralità di materie e di interessi, inscindibilmente connessi, riconducibili a competenze statali (ordinamento civile, tutela della concorrenza, principi di coordinamento della finanza pubblica) e regionali (organizzazione amministrativa regionale, servizi pubblici locali e trasporto pubblico locale).

La Corte costituzionale ne ha, pertanto, dichiarato l'illegittimità costituzionale nella parte in cui, pur incidendo su materie di competenza sia statale sia regionale, prevedono che i decreti attuativi siano adottati sulla base di una forma di raccordo con le Regioni, che non è quella dell'intesa, ma quella del semplice parere, non idonea a realizzare un confronto autentico con le autonomie regionali.

La Corte ha precisato di aver circoscritto il proprio scrutinio solo alle disposizioni di delega specificamente impugnate, lasciando fuori le norme attuative.

I contenuti della sentenza della Corte sono stati richiamati nel parere reso dal Consiglio di Stato nell'adunanza del 9 gennaio 2017, che ha fornito alcuni chiarimenti sulle questioni interpretative poste dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri sull'attuazione di tre decreti legislativi, emanati sulla base della legge 124/2015 su cui è intervenuta la sentenza n. 251 del 2016, ossia: il D.Lgs. 20 giugno 2016, n. 116, in materia di licenziamento disciplinare; il D.Lgs. 4 agosto 2016, n. 171, in materia di dirigenza sanitaria; il D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175, recante Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica.

Riguardo alla necessità o meno di un intervento sulla legge delega n. 124 del 2015 a seguito della sentenza n. 251, il Consiglio di Stato ha evidenziato come tale pronuncia debba essere intesa come sentenza manipolativa del tipo sostitutivo di procedura, che fornisce già una lettura adeguatrice della legge che, dopo l'intervento della Corte, prevede l'intesa e non il parere ed è, così, riscritta in conformità al dettato costituzionale.

Il Consiglio di Stato ha quindi ritenuto che, alla luce di quanto precisato nella sentenza medesima, i tre decreti legislativi già in vigore restano validi ed efficaci fino a una eventuale pronuncia della Corte che li riguardi direttamente, e salvi i possibili interventi correttivi che nelle more dovessero essere effettuati.

Riguardo agli interventi che il Governo può porre in essere, il Consiglio di Stato ha ricordato come dalla sentenza della Corte emerge una sorta di "invito" (non al legislatore in senso generale, ma) al «Governo» ad adottare «soluzioni correttive», che non vengono specificate ma che potrebbero essere di vario tipo. Ad avviso del Consiglio di Stato il percorso più ragionevole, compatibile con l'impianto della sentenza sembra essere quello che il Governo adotti decreti correttivi che intervengano direttamente sui decreti legislativi e che si risolvano nell'applicazione della disciplina della delega – come modificata dalla Corte costituzionale – al processo di riforma in corso. In assenza di un tempestivo intervento correttivo, la Corte potrebbe dichiarare l'illegittimità del decreto legislativo, perché adottato in assenza della previa intesa e pertanto in difformità dalla legge delega così come "corretta" dalla stessa sentenza costituzionale.

Quanto agli strumenti specifici cui il Governo può ricorrere per porre in essere i suddetti interventi correttivi, viene condivisa l'ipotesi avanzata nel quesito evidenziato come tali strumenti siano due, strettamente connessi fra loro: l'intesa di cui all'art. 3 del D.Lgs. n. 281 del 1997 – così come prefigurata, alla luce dei principi generali di leale cooperazione, dalla Corte costituzionale – da raggiungere, a seconda dei casi indicati nel dispositivo della sentenza, in sede di Conferenza Stato-regioni, ovvero di Conferenza unificata ex art. 9, comma 1, del decreto medesimo; i decreti legislativi integrativi e correttivi che, per ciascuna disposizione di delega, la stessa legge n. 124 del 2015 autorizza a emanare nel termine di dodici mesi dall'adozione dei singoli decreti legislativi da essa previsti. Tale strumento può rappresentare anche una modalità attraverso la quale eliminare o modificare norme ritenute in contrasto con la Costituzione, svolgendo così una funzione di sanatoria di un asserito vizio dell'atto legislativo già adottato.

Il vizio può essere sostanziale, formale o, anche, procedimentale. Nella fattispecie in esame, la Corte costituzionale ha individuato un vizio della legge delega che ha determinato, anche se il giudizio di costituzionalità non lo ha riguardato direttamente, un vizio procedimentale del decreto autorizzato costituito dalla mancata intesa con la Conferenza. In questa prospettiva, il decreto correttivo può svolgere una funzione di sanatoria di tale vizio procedimentale, facendo confluire nel decreto originario la portata dell'intesa di cui all'art. 3 del D.Lgs. n. 281 del 1997: a tal fine, il Consiglio di Stato evidenzia come il decreto debba riportare integralmente l'intesa raggiunta. Il Consiglio di Stato definisce quindi, nel parere, alcuni profili attuativi del meccanismo correttivo con particolare riferimento all'oggetto dell'intesa, ai suoi possibili effetti temporali ed alle modalità di svolgimento della procedura di concertazione, nonché alla struttura ipotizzabile per i decreti correttivi.

Viene precisato, in particolare, che l'intesa "deve riferirsi al decreto nel suo complesso", e non solo a sue singole parti e che rientra nella disponibilità delle parti dell'intesa disciplinare anche degli effetti già dispiegati nel "periodo intercorso tra l'entrata in vigore del decreto legislativo originario e quella del decreto correttivo".

Il parere, infine, segnala l'importanza di intervenire anche per i settori per i quali la delega è scaduta (dirigenza e servizi pubblici). Un percorso possibile è quello di una nuova delega, ma non è l'unico (ad esempio, è ipotizzabile anche un disegno di legge governativo avente, almeno in parte, il contenuto del decreto delegato che andrebbe a sostituire).

 

In seguito alla pronuncia della Corte, il Governo ha scelto la strada dei decreti correttivi, che sono stati approvati in via preliminare dal Consiglio dei ministri, in materia di licenziamento disciplinare, di società a partecipazione pubblica (per entrambi, si v. CdM del 17 febbraio 2017) e di dirigenza sanitaria (si v. CdM del 24 marzo 2017).

Al momento, risulta stato presentato alle Camere per il parere di competenza lo schema di decreto correttivo relativo alle società partecipate (si v. infra).

 

Inoltre, l’Esecutivo ricorda che a febbraio 2017 sono stati approvati in via preliminare dal Consiglio dei ministri gli schemi di cinque ulteriori decreti legislativi, che prevedono:

§  la revisione della disciplina in materia di reclutamento, stato giuridico e progressione di carriera del personale delle Forze di Polizia (A.G. 395);

§  il riordino dell’ordinamento del personale, delle funzioni e dei compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (A.G. 394);

§  modifiche e integrazioni al testo unico del pubblico impiego (A.G. 393);

§  la riforma delle norme in materia di valutazione dei dipendenti pubblici (A.G. 391);

§  la razionalizzazione dei processi di gestione dei dati di circolazione e di proprietà di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi (A.G. 392).

 

Gli schemi sono attualmente all’esame delle competenti commissioni parlamentari per il parere.

L’azione a cui il Governo si impegna è il completamento dell’iter dei decreti attuativi ancora non entrati in vigore entro i mesi di maggio e giugno 2017, nonché l’implementazione della normativa secondaria prevista ed il monitoraggio dell’efficacia delle misure introdotte entro la fine del 2017.

 

Razionalizzazione delle società partecipate pubbliche

Per quanto riguarda le partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche, come accennato, la legge delega ha trovato attuazione con la emanazione decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, che reca il Testo unico delle società a partecipazione pubblica, sopprimendo contestualmente le numerose disposizioni, talvolta tra loro eterogenee, che regolamentavano la materia.

In seguito alla pronuncia della Corte costituzionale (v. supra), il Governo ha approvato in via preliminare uno schema di decreto correttivo, sottoposto anche alla Conferenza unificata, che ha sancito l’intesa nella seduta dello scorso 16 marzo. Attualmente lo schema è all’esame delle Commissioni competenti per il parere (A.G. 404).

 

Sul provvedimento è stata dunque raggiunta l'intesa in sede di Conferenza unificata e il testo apporta le modifiche a tal fine conseguenti al decreto legislativo n. 175 del 2016. Sono altresì oggetto di modifica le premesse del testo unico, con l’introduzione dell'esplicito riferimento all'intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

Il Governo ricorda nel DEF che le modifiche successive apportate dal decreto legislativo correttivo riguardano in particolare: a) l’attività di autoproduzione di beni e servizi può essere strumentale agli enti pubblici partecipanti o allo svolgimento delle loro funzioni47; b) nel caso di partecipazioni regionali, può essere disposto che singole società continuino ad operare, sempre rimanendo soggette all’applicazione dei parametri dimensionali e di efficienza imposti dalla disciplina; c) il termine per la ricognizione, in funzione della revisione straordinaria, di tutte le partecipazioni possedute e del personale in servizio, in scadenza il 23 marzo 2017, è portato al 30 giugno 2017 per dare tempo alle amministrazioni di adeguarsi al decreto; nonché viene fissato al 31 luglio 2017 il termine per l’adeguamento delle società a controllo pubblico alle disposizioni in tema di governance societaria.

Infine, viene prevista l’intesa in Conferenza unificata per: la determinazione dei requisiti di onorabilità, professionalità e autonomia dei componenti degli organi amministrativi e di controllo di società a controllo pubblico regionale; la definizione degli indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi, al fine di individuare fino a cinque fasce per la classificazione delle società a controllo pubblico, nel caso di società controllate dalla regione o da enti locali; le modalità di trasmissione dell’elenco del personale eccedente.

Per maggiori dettagli sul contenuto del Testo unico e l’esame delle principali integrazioni e modifiche previste dall’intesa, si rinvia al Dossier sull’Atto del Governo n. 404.

 

Nel PNR il Governo stima di giungere all’approvazione in via definitiva del decreto correttivo entro maggio 2017 e di completare l’anagrafe ed il censimento delle società partecipate entro la fine dell’anno.

Completare la riforma dei servizi pubblici locali

Come è noto, nell'ambito del programma di riforme della pubblica amministrazione, il Parlamento aveva delegato il Governo a riordinare anche l’intera disciplina dei servizi pubblici locali d'interesse economico generale (art. 19 della legge 124/2015).

In attuazione della delega, il Governo ha trasmesso alle Camere uno schema di decreto legislativo recante il Testo unico sui servizi pubblici di interesse economico (Atto del Governo n. 308).

A seguito della sentenza della Corte costituzionale (la n. 251 del novembre 2016), peraltro, lo schema di decreto, su cui si erano espresse le Commissioni parlamentari, non ha concluso il proprio iter e la delega è scaduta.

Nel PNR l’Esecutivo prevede di recuperare i contenuti dello schema di decreto attraverso successivi interventi da ultimare entro la fine del 2017.

Completare la riforma del pubblico impiego

Il 28 febbraio 2017 sono stati trasmessi alle Camere, per il parere di competenza, due schemi di decreto legislativo adottati in attuazione degli articoli 16 e 17 della legge n. 124 del 2015 (c.d. legge Madia) volti, rispettivamente, al riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e ai connessi profili di organizzazione amministrativa (A.G. 393) e alla modifica del sistema di valutazione dei dipendenti pubblici (A.G. 391).

 

Lo schema di decreto legislativo di riordino della disciplina del lavoro pubblico investe, con un ampio intervento normativo, l'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, incidendo, in particolare, sulla disciplina dell'organizzazione degli uffici, della pianificazione dei fabbisogni e del reclutamento del personale, sull'assunzione di personale a tempo determinato o con forme contrattuali flessibili, sull'inserimento lavorativo delle persone con disabilità, sulla regolamentazione della contrattazione collettiva e della rappresentanza sindacale, sulle forme e sui termini dei procedimenti disciplinari e sui controlli sulle assenze, con la riorganizzazione delle funzioni di accertamento medico-legale in caso di malattia.

Lo schema di decreto legislativo di modifica del sistema di valutazione dei pubblici dipendenti si inserisce nell’ambito del percorso di riordino delle funzioni in materia di misurazione e valutazione della performance delle pubbliche amministrazioni, avviato – nel corso della legislatura – con il D.L. 90/2014 (art. 19, co. 10), che ha trasferito le funzioni in materia già svolte dall’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio (DPF), e proseguito con il D.P.R. n. 105 del 2016, che ha disciplinato le funzioni trasferite al DPF, ha riordinato le funzioni svolte dagli organismi indipendenti della valutazione (OIV) e modificato le modalità di scelta dei componenti.

 

Nel DEF si evidenzia che l’obiettivo è, in particolare, quello di riorganizzare le regole del lavoro pubblico in funzione dei servizi che devono essere offerti ai cittadini.

 

Si sottolinea inoltre che i 4 pilastri su cui poggia la riforma sono così individuabili: le persone e il reclutamento; gli obiettivi dell’azione amministrativa, volti a migliorare la qualità dei servizi resi all’utenza; nuove disposizioni in materia di misurazione e valutazione della performance; la disciplina del rapporto di lavoro, attribuendo alla legge il compito di fissare regole generali e il perimetro di azione della contrattazione ed al contratto la disciplina del rapporto di lavoro all’interno del perimetro fissato dalla legge.

 

Al contempo, sempre in attuazione della legge n. 124 del 2015 (art. 17, comma 1, lett. s)) – nell’ambito delle misure per la “produttività della pubblica amministrazione” come evidenziato nel DEF - è stato adottato il decreto legislativo n. 116 del 2016, che provvede finalizzato alla revisione della disciplina dei licenziamenti disciplinari. Successivamente, il 17 febbraio 2017, il Consiglio dei ministri ha approvato, come ricordato anche nella relazione illustrativa dell’atto n. 393, uno schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del suddetto decreto n. 116 del 2016, al fine di tenere conto anche del percorso procedurale richiesto dalla Corte costituzionale con la richiamata sentenza n. 251 del 2016.

 

Nel DEF il Governo ricorda che le principali novità del decreto integrativo sono le seguenti: sono coordinati alcuni termini e, quindi, è stato previsto un termine più lungo per esercitare l’azione di risarcimento per i danni di immagine alla PA provocati dalle condotte fraudolente punite dal licenziamento; è previsto l’obbligo di comunicazione dei provvedimenti disciplinari all’Ispettorato per la funzione pubblica entro 20 giorni dall’adozione degli stessi, al fine di consentire il monitoraggio sull’attuazione della riforma, anche per adottare ogni possibile strumento che ne garantisca la piena efficacia.

Sempre per quanto riguarda il pubblico impiego, nella Sezione II del Documento (cap. II.2 e III.1), si segnala l’incremento della spesa per redditi da lavoro dipendente atteso nel 2017 (da 164,1 del 2016 a 166,7 miliardi di euro del 2017), dovuto principalmente agli effetti di spesa derivanti dalle misure contenute nella legge di bilancio per il 2017. In particolare, il Documento segnala “lo stanziamento di ulteriori risorse per il rinnovo contrattuale del personale del pubblico impiego per il triennio 2016-2018”, la proroga al personale del comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico (Corpo nazionale dei vigili del fuoco) del contributo straordinario previsto dall’ultima legge di bilancio e l’incremento delle risorse previste a legislazione vigente per il riordino delle carriere del personale appartenente ai predetti comparti.

 

Al riguardo si ricorda che l’articolo 1, comma 365, della L. 232/2016 (Legge di bilancio per il 2017) ha disposto l'istituzione di un Fondo per finanziare rinnovi contrattuali e nuove assunzioni presso le amministrazioni pubbliche.

La dotazione del Fondo è pari a 1,48 miliardi per il 2017 e 1,93 miliardi a decorrere dal 2018.

Il Fondo è istituito con le seguenti finalità, tra le quali (come previsto dal richiamato comma 365) il DPCM 27 febbraio 2017 ha provveduto a ripartire le risorse:

a)    la determinazione, pari a 600 milioni di euro per il 2017 e 900 milioni di euro a decorrere dal 2018, degli "oneri aggiuntivi" (rispetto ai 300 milioni di euro già stanziati dalla legge di stabilità per il 2016[71]) per la contrattazione collettiva relativa al triennio 2016-2018 nonché per "i miglioramenti economici" del personale dipendente dalle amministrazioni statali in regime di diritto pubblico[72];

b)   il finanziamento, pari a 119,12 milioni di euro per il 2017 e 153,24 milioni di euro a decorrere dal 2018, da destinare ad assunzioni di personale a tempo indeterminato (autorizzate con apposito decreto ministeriale e in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente), nell'ambito delle amministrazioni dello Stato (compresi i Corpi di polizia ed il Corpo nazionale dei vigili del fuoco), le agenzie (incluse le agenzie fiscali e l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo), gli enti pubblici non economici e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001, tenuto conto delle specifiche richieste volte a fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza e urgenza in relazione agli effettivi fabbisogni, nei limiti delle vacanze di organico nonché nel rispetto di quanto previsto in materia di passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse (art. 30 del D.Lgs. 165/2001) e in tema di immissione in servizio di idonei e vincitori di concorsi (art. 4 del D.L. 101/2013);

c)    incremento del finanziamento, pari a 760 milioni di euro per il 2017 e 875 milioni di euro a decorrere dal 2018, per le seguenti finalità:

-  proroga, dal 1° gennaio 2017 e fino all'attuazione della delega sulla revisione dei ruoli delle Forze di polizia, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e delle Forze armate, del contributo straordinario riconosciuto (per il 2016) al personale appartenente ai suddetti Corpi (non destinatario di un trattamento retributivo dirigenziale) dall’art. 1, c. 972, della L. 208/2015 e pari a 960 euro su base annua;

-  copertura degli oneri connessi alla piena attuazione dei predetti provvedimenti di delega sulla revisione dei ruoli, in aggiunta alle risorse già previste a tal fine a legislazione vigente;

-  copertura degli oneri indiretti derivanti dai decreti legislativi attuativi della richiamata delega sulla revisione dei ruoli.

Le risorse non utilizzate per le suddette finalità sono destinate alla contrattazione collettiva del pubblico impiego relativa al triennio 2016-2018.[73]

Il richiamato DPCM provvede, inoltre, all’aggiornamento dei criteri di determinazione degli oneri per i rinnovi contrattuali[74], disponendo che gli oneri posti a carico del bilancio dello Stato per la contrattazione collettiva relativa al triennio 2016-2018 e per i miglioramenti economici del personale dipendente dalle amministrazioni statali in regime di diritto pubblico ammontano, complessivamente, a 300 milioni di euro per il 2016, a 900 milioni di euro per il 2017 ed a 1.200 milioni di euro a decorrere dal 2018, comprensivi degli oneri contributivi ai fini previdenziali e dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

Merita ricordare, infine, che il 30 novembre 2016 il Governo e le parti sindacali hanno siglato un Accordo per il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici, con cui il Governo si è impegnato a stanziare risorse finanziarie aggiuntive per il triennio 2016-2018 tali da consentire “incrementi contrattuali in linea con quelli riconosciuti mediamente ai lavoratori privati e comunque non inferiori a 85 euro mensili medi”.

Completare l’attuazione dell’Agenda per la semplificazione, avviare il piano triennale per l’ICT nella PA e garantire una maggior cyber security

Per quanto riguarda le politiche di semplificazione, oltre alle misure già approvate nell’ambito della riforma della PA, il Governo richiama l’importanza dell’attuazione dell’Agenda per la semplificazione 2015-2017, al fine di snellire gli oneri amministrativi e normativi.

 

Si ricorda in proposito che con l’Agenda per la semplificazione per il 2015-2017, il Governo, le Regioni, i Comuni, le Province e le Città Metropolitane si sono assunti un comune impegno ad assicurare l'effettiva realizzazione degli obiettivi individuati, nonché alla definizione di alcuni interventi di settore. L’Agenda individua cinque settori strategici di intervento: cittadinanza digitale; welfare e salute; fisco; edilizia e impresa.

La Conferenza unificata del 21 luglio 2016 ha preso atto degli aggiornamenti all’Agenda, approvati dal Comitato interistituzionale per la semplificazione, al fine di assicurare l'allineamento delle attività e delle tempistiche dell’Agenda a quelle dei decreti attuativi della legge n. 124 del 2015. In particolare sono stati introdotti alcuni aggiornamenti alle azioni del settore Impresa collegate all'attuazione del nuovo decreto legislativo n.126 del 2016 in materia di SCIA, modulistica, ricognizione dei procedimenti, ecc., nonché all’attuazione del decreto legislativo n.127 del 2016 che introduce la nuova disciplina in materia di conferenza di servizi.

 

L’azione prioritaria nel 2017 è proseguire nella attuazione e nel monitoraggio dell’efficacia delle misure introdotte.

Il Governo riferisce, sul complesso delle attività previste dall’Agenda, che al 30 novembre 2016 risultano raggiunte circa il 95% delle scadenze previste dall’Agenda e dalla pianificazione di dettaglio delle attività.

Tra gli obiettivi dell’Agenda il Governo ricorda quello della piena operatività del sistema pubblico di identità digitale (SPID), previsto dall’articolo 17-ter del D.L. 21 giugno 2013, n.69, che consente l’accesso in sicurezza a tutti i siti web – pubblica amministrazione e privati – che erogano servizi online, che da luglio 2016 ad oggi è stata ulteriormente potenziata.

All’indirizzo http://www.agid.gov.it/monitoraggio sono disponibili le informazioni sullo stato di avanzamento di SPID aggiornate in tempo reale.

Lo stato di avanzamento delle altre azioni in materia di digitalizzazione della pubblica amministrazione è riportato nel paragrafo dedicato all’Agenda digitale (infra, par. 3.9).

 

Sul fronte della sicurezza cibernetica, il Governo prevede una serie di misure di carattere organizzativo e finanziario, volte a garantire maggiore affidabilità al sistema nazionale di sicurezza cibernetica nella convinzione che il rafforzamento del dominio digitale rappresenti un importante volano di crescita del sistema economico del Paese, incidendo, positivamente sulla propensione ad investire degli operatori economici, con particolare riferimento al commercio internazionale.

Tra le misure di prossima attuazione si prevede, in particolare, la revisione sostanziale e complessiva del ‘piano nazionale per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica’, documento adottato dal Governo nel dicembre del 2013 unitamente al “Piano nazionale per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica”. In linea con quanto previsto dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 24 gennaio 2013, recante gli “Indirizzi per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica nazionale”, il Piano nazionale per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica rappresenta il documento operativo di breve periodo (2014-2015) nel quale vengono individuate le priorità, gli obiettivi specifici e le linee d’azione per dare concreta attuazione a quanto descritto nel Quadro Strategico. A tal fine il Piano individua attualmente i seguenti undici indirizzi operativi:

§  potenziamento delle capacità di intelligence, di polizia e di difesa civile e militare;

§  potenziamento dell’organizzazione e delle modalità di coordinamento e di interazione a livello nazionale tra soggetti pubblici e privati;

§  promozione e diffusione della cultura della sicurezza informatica. Formazione e addestramento;

§  cooperazione internazionale ed esercitazioni;

§  operatività del CERT nazionale, del CERT-PA e dei CERT dicasteriali;

§  interventi legislativi e compliance con obblighi internazionali;

§  compliance a standard e protocolli di sicurezza;

§  supporto allo sviluppo industriale e tecnologico;

§  comunicazione strategica;

§  risorse;

§  implementazione di un sistema di Information Risk Management nazionale.

 

Il CERT nazionale è una struttura individuata dall’articolo 16 - bis del D.Lgs. n. 259 del 2003, recante il Codice delle Comunicazioni elettroniche. Si tratta di una struttura destinata a potenziare i meccanismi di risposta agli incidenti informatici e gli strumenti di rilevazione e contrasto alle minacce. Il CERT nazionale ha avviato le sue attività a partire dal 5 giugno 2014. Il CERT nazionale opera a supporto di Cittadini ed Imprese con l’obiettivo di incrementare la consapevolezza e la cultura della sicurezza nell’utilizzo di servizi on line, fornendo informazioni tempestive su potenziali minacce informatiche, raccomandazioni e consigli utili per la prevenzione, contromisure per la risoluzione di incidenti informatici con impatto significativo (www.certnazionale.it). Per assicurare un’azione efficace, il CERT opera sulla base di un modello cooperativo pubblico-privato. Il CERT nazionale ha avviato, infatti, la collaborazione con importanti imprese che gestiscono infrastrutture informatizzate. Sulla base di tale collaborazione è stato istituito un Tavolo tecnico permanente per garantire un confronto costante tra i principali attori coinvolti e quindi migliorare e velocizzare le azioni di risposta ad eventuali incidenti informatici. il CERT nazionale ha avviato una stretta collaborazione con il CERT-PA (CERT delle Pubbliche Amministrazioni che opera all’interno dell’Agenzia per l’Italia Digitale), CERT Difesa e CNAIPIC (Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche che opera nell’ambito del Servizio di polizia postale e delle comunicazioni). In ambito internazionale, il CERT nazionale ha già avviato forme di dialogo con CERT europei, extra-europei e con il CERT EU (CERT dell’Unione Europea sostenuto dall’Agenzia europea per la sicurezza ENISA).

In relazione al tema della sicurezza e difesa nello spazio cibernetico è in corso di svolgimento un’indagine conoscitiva da parte della Commissione difesa della Camera.

 

Il termine previsto nel cronoprogramma delle riforme per la revisione del Piano nazionale è dicembre 2017.

3.3. Revisione della spesa

Come già previsto nei precedenti documenti programmatici di finanza pubblica, la revisione della spesa continua anche nel nuovo quadro programmatico a costituire uno strumento importante per il risanamento dei conti pubblici, anche con funzione di ottimizzazione dell’uso delle risorse pubbliche, cui è affidata anche al funzione di ridurre la spesa improduttiva, superando progressivamente la logica della allocazione incrementale delle risorse di bilancio.

Nel DEF viene rilevato[75] come, complessivamente, finora i risparmi associati a interventi di razionalizzazione della spesa, ammontano (in termini di indebitamento netto) a circa 3,6 miliardi di euro nel 2014, 18 miliardi nel 2015, 25 miliardi nel 2016, 29,9 miliardi nel 2017, circa 31,5 miliardi nel 2018 e 26,8 miliardi nel 2019 e riguardano tutti i livelli di governo, come espone la tabella che segue.

Tabella 40 - Misure di razionalizzazione della spesa

(milioni di euro)

 

 

In particolare, la legge di bilancio per il 2017 ha previsto misure di razionalizzazione della spesa per un ammontare pari a circa 2,3 miliardi nel 2017, 2,8 miliardi nel 2018 e 4,7 miliardi nel 2019. Di tali importi una quota pari ad oltre di 700 milioni annui risulterebbe far carico alle Amministrazioni centrali dello Stato, dai dati della Ragioneria Generale dello Stato in “La legge di bilancio 2017-2019 in breve”. Quota che è peraltro cifrata ad un importo di circa un miliardo di euro annui nella parte introduttiva del Programma di stabilità, presumibilmente in relazione al più incisivo ruolo che dovrà ora assumere tale strumento.

Il DEF osserva infatti come un ulteriore contributo al processo di efficientamento della spesa potrà derivare dall’integrazione, introdotta con la riforma della legge contabile, della spending review all’interno del ciclo di programmazione economico finanziaria, con cui si sistematizza la natura permanente dell’attività di revisione nell’ambito del processo di bilancio.

In tal modo, precisa il Documento, si rafforza l’approccio di tipo top down della decisione di bilancio, ancorando le proposte allocative dei Ministeri a specifici obiettivi assegnati preventivamente a ciascuna Amministrazione. Ciò incentiva la effettuazione di una valutazione in termini alternativi tra il finanziamento delle attività “storiche” e le nuove esigenze di spesa.

Il nuovo quadro contabile cui fa riferimento il DEF deriva dalle modifiche apportate alla legge di contabilità n. 196 del 2009 con la legge 4 agosto 2016, n. 163, che ha unificato la ex legge di stabilità e la ex legge di bilancio in un unico provvedimento, costituito ora esclusivamente dalla (nuova) legge di bilancio.

 

La revisione della spesa nel nuovo processo di bilancio

L’elemento che viene rilievo in questa sede è che la nuova strutturazione del sistema di bilancio comporta che il processo di revisione della spesa sia incorporato nel ciclo di programmazione finanziaria così articolato nella nuova legge di bilancio: entro il 31 maggio, con D.P.C.M. su proposta del Ministro dell'economia (previa deliberazione del CdM), sono definiti obiettivi di spesa per ciascun Ministero, riferiti al successivo triennio; ai fini del conseguimento dei suddetti obiettivi i Ministri propongono gli interventi da adottare con il disegno di legge di bilancio; dopo l'approvazione della legge di bilancio, il Ministro dell'economia e ciascun Ministro di spesa stabiliscono entro il 1°marzo di ciascun anno in appositi accordi le modalità per il monitoraggio del conseguimento degli obiettivi di spesa, ed il relativo cronoprogramma degli interventi; sulla base di apposite schede trasmesse da ciascun Ministro al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia entro il 15 luglio, quest’ultimo informa il Consiglio dei ministri sullo stato di attuazione degli accordi; entro il 1° marzo ciascun Ministro invia al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia e delle finanze, una relazione – che verrà allegata al DEF - sul grado di raggiungimento dei risultati in riferimento agli accordi in essere nell'esercizio precedente. Tale nuova disciplina, affiancata da numerose altre modifiche che qui non si dettagliano permetterà, come ribadisce il DEF in esame, una revisione sistematica e strutturale della spesa.

 

Concorre al contenimento ed all’efficientamento della spesa anche il processo in corso di centralizzazione degli acquisti nella pubblica amministrazione, incentrata principalmente ( ma non solo), sulla previsione di un ridotto numero di soggetti aggregatori, non superiore a trentacinque (articolo 9 del decreto-legge n. 90 del 2014) nonché sulla progressiva individuazione della categorie di prodotti per i quali le amministrazioni dovrebbero optare per le procedure d’appalto centralizzate. In proposito il DEF segnala come la legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017) ha anche integrato la disciplina in tema di soggetti aggregatori In particolare prevedendo che nell’ambito del Tavolo tecnico dei soggetti aggregatori operi un Comitato che dovrà emanare linee guida volte a favorire lo sviluppo delle migliori pratiche con riferimento alle procedure per le quali le amministrazioni sono obbligate a ricorrere ai soggetti aggregatori.

Segnala altresì che e attuali misure di efficientamento della spesa per acquisti saranno accompagnate da:

§  l’individuazione di nuovi strumenti di acquisto centralizzato, anche mediante modelli organizzativi che prevedano l’acquisizione di beni durevoli e la concessione dell’utilizzo degli stessi da parte delle amministrazioni interessate;

§  la sperimentazione su due ministeri (Economia ed Interno) e su due categorie merceologiche (energia elettrica e buoni pasto) del modello in cui il MEF agisce da acquirente e da pagatore unico;

§  l’estensione del programma di razionalizzazione degli acquisti per i beni e servizi di particolare rilevanza strategica in ambito ICT, individuati nell’ambito del Piano Strategico Triennale da parte di AGID (Agenzia Italia Digitale).

 

Quanto infine ai risultati economici[76], viene rilevato come la spesa presidiata da CONSIP è passata nel 2016, rispetto all’anno precedente, da 40,1 a 48,3 miliardi (+20%), il risparmio da 3,3 a 3,5 miliardi (+4%) evidenziando altresì come il suddetto importo di 48 miliardi rappresenti oltre la metà dell’intera spesa pubblica per beni e servizi: di tale spesa il 16% viene acquistato direttamente tramite CONSIP (8,1 miliardi, con un aumento dell’11% rispetto al 2015).

Infine, l’indicatore risparmio sui prezzi d’acquisto ha registrato per il 2016 un valore di circa 3,5 miliardi (in aumento del 4% rispetto al 2015). Nell’ultimo triennio i risparmi cumulati ammontano a circa 10 miliardi, cui possono aggiungersi altre voci di risparmio legate all’utilizzo degli strumenti d’acquisto/negoziazione di CONSIP, quali dematerializzazione, tempi delle procedure ed altri.

Per alcune specifiche indicazioni sui fabbisogni annuali di beni e servizi delle amministrazioni statali (ad esclusione di scuole ed istituzioni universitarie) i rinvia all’apposito Allegato al Documento di economia e finanza in esame (Doc. LVII, n. 5 - Allegato VII).

Va da ultimo rammentato come una specifica attenzione al processo di revisione della spesa incorso sia rinvenibile nella Relazione per paese 2017 relativa all’ Italia , prodotta dai Servizi della Commissione Europea, nella quale si evidenzia che per quanto concerne le riforme relative alle finanze pubbliche, il Governo ha adottato una riforma globale del processo di bilancio in cui le revisioni di spesa diventano un elemento permanente, anche se l'attuazione di tale riforma risulta di fatto operativa in sede di formazione delle previsioni di bilancio 2018.

La revisione in atto prevede infatti anche una revisione del processo di bilancio. Benché gli obiettivi di risparmio, osserva la Relazione, siano stati gradualmente ridotti, - in parte perché si sono rivelati troppo ambiziosi in assenza di interventi sulle grandi voci di spesa, quali le pensioni o il trasporto pubblico, e a causa della limitata influenza dello Stato sulla spesa regionale e locale - . nel 2016 sono però state adottate ulteriori misure volte a razionalizzare la spesa pubblica e si è conclusa la riforma del processo di bilancio, nel cui ambito:

§  vengono chiariti il contenuto e la funzione dei programmi all'interno del bilancio evidenziando gli obiettivi da raggiungere;

§  il rafforzamento del principio di cassa dovrebbe migliorare la gestione e il controllo;

§  le entrate programmate e gli stanziamenti di spesa sono integrati in un unico atto, insieme agli atti legislativi necessari per raggiungere l’obiettivo.

In futuro queste misure, se attuate in maniera coerente, potrebbero rendere la revisione della spesa un elemento ancor più strutturale del processo di bilancio, allineandolo maggiormente con una programmazione di bilancio basata sui risultati.

Viene altresì sottolineata positivamente l’importanza che i ministri siano stati direttamente coinvolti nella scelta delle aree dei rispettivi bilanci in cui realizzare risparmi mirati; Ai fini del perseguimento degli obiettivi di minor spesa dovrebbe concorrere anche la centralizzazione degli appalti pubblici, che viene gradualmente estesa anche a livello regionale e dovrebbe comportare il passaggio a un circoscritto numero di soggetti aggregatori. Di recente, nota la relazione in questione, il Governo ha individuato soglie di spesa e 34 categorie di prodotti per i quali le amministrazioni dovrebbero optare per le procedure d’appalto centralizzate, e un gruppo di lavoro tecnico sta proponendo ulteriori categorie.

 

3.4. Privatizzazioni

Come già previsto nei precedenti documenti programmatici, anche nel DEF 2017 il programma di privatizzazioni continua a costituire uno degli strumenti che contribuiscono all’azione di consolidamento dei conti pubblici, operando in particolare ai fini della riduzione del debito pubblico. Il processo di privatizzazione in corso - e, congiuntamente, anche quello delle dismissioni immobiliari - è pertanto previsto proseguire per tutti gli anni del periodo di previsione, ai fini di concorrere alla progressiva stabilizzazione del rapporto debito/PIL.

Ciò in linea con le Raccomandazioni del Consiglio europeo del luglio 2016, laddove nella prima delle stesse – relativa agli aggiustamenti di bilancio e la fiscalità – si chiede di “assicurare l’attuazione puntuale del programma di privatizzazioni e usare le conseguenti entrate straordinarie per accelerare la riduzione del debito pubblico”. In tal senso nel quadro programmatico di finanza pubblica riportato nel DEF si prevedono proventi da privatizzazioni (ed ulteriori risparmi) pari allo 0,3% annuo (circa 5 miliardi) nel periodo 2017-2020. Da segnalare come tale obiettivo segni un ridimensionamento dei target previsti dalla Nota di aggiornamento del DEF 2016 dello scorso settembre, quando risultavano considerati nel quadro di finanza pubblica proventi da privatizzazioni per 0,5 punti di PIL per il biennio 2017-2018, e di 0,3 punti nel 2019.

Tale ridimensionamento sembrerebbe in parte da ricondurre ai limitati risultati conseguiti nel 2016, anno in cui sono stati registrati introiti pari allo 0,1% del PIL (0,4 nel 2015). Come rilevato nella Relazione della Commissione dello scorso 22 febbraio sulla conformità dell’Italia al criterio del debito, tale situazione si è determinata principalmente per i ritardi di alcuni importanti progetti di privatizzazione, come quello di Ferrovie dello Stato, inizialmente previsto per il 2016.

Nel 2016, infatti, considerando le attuali previsioni di crescita del PIL, i proventi realizzati dalle privatizzazioni di partecipazioni dirette e indirette sono stati pari a circa 0,1% del PIL. In tale anno, nel mese di luglio, è stata completata l’operazione riguardante l’ENAV: l’apertura del capitale della società ai privati ha complessivamente riguardato il 46,6% circa delle azioni, per un introito lordo pari a circa 834 milioni, affluiti al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. Nel 2015 era stata venduta una parte del capitale azionario di Poste Italiane: attualmente il MEF detiene una partecipazione residua nel capitale pari al 29% circa. In tale ambito il Governo intende continuare il processo di privatizzazioni attraverso la realizzazione di un piano triennale di valorizzazione degli asset strategici in relazione agli obiettivi di bilancio assegnati al processo di privatizzazione

Per quanto riguarda la dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, il Governo dichiara che nel periodo 2011-2015 le vendite di immobili di proprietà pubblica sono ammontate a circa 6,2 miliardi, di cui 625 milioni per immobili delle amministrazioni centrali e 5,6 miliardi per le vendite effettuate dagli enti territoriali e previdenziali. Nel corso del 2016 i proventi derivanti dalle dismissioni di immobili pubblici ammontano a 783 milioni, (29 milioni derivanti dalle vendite di immobili delle amministrazioni centrali e 754 milioni derivanti da dismissioni immobiliari di enti territoriali e previdenziali).

Le iniziative di valorizzazione e razionalizzazione degli immobili dello Stato in gestione all’Agenzia del Demanio hanno portato a un aumento, in termini di valore, del patrimonio dello Stato del 2,3% nell’ultimo biennio, a fronte di una diminuzione del numero di beni gestiti del 5,1%, in un’ottica di progressiva ottimizzazione del portafoglio. Al 31 dicembre 2016, 44.623 beni dello Stato erano in gestione all’Agenzia del Demanio, per un valore di circa 60 miliardi.

Per quanto concerne i beni in uso governativo, nel 2016 sono stati avviati progetti di razionalizzazione degli spazi pubblici - per interventi stimati in circa 1,4 miliardi - con l’attuazione di oltre 130 piani su tutto il territorio nazionale. Tra tali piani, 34 prevedono la creazione di Federal Building che consentiranno di concentrare nello stesso edificio gli uffici della PA centrali e territoriali, per offrire ai cittadini servizi più integrati e fruibili, generando risparmi per la finanza pubblica. Al 31 dicembre 2016, 9 progetti di Federal Building erano in corso o in fase di avvio e 25 in progettazione (di cui 14 per la realizzazione di Cittadelle della Giustizia).

I piani per la razionalizzazione degli spazi e la riduzione delle locazioni passive hanno portato risparmi per circa 11,8 milioni nel 2016. Ulteriori economie sono previste per il prossimo quinquennio (2017-2021), con una riduzione della spesa per locazioni passive dello Stato che passerebbe da 879,2 milioni nel 2016 a 709 milioni nel 2021.

Per quanto riguarda il federalismo demaniale, che comprende la procedura ordinaria e il federalismo demaniale culturale - dedicato ai beni di interesse storico-artistico - al 31 dicembre 2016 sono stati trasferiti agli enti territoriali, sulla base di specifiche finalità di utilizzo, ovvero per l’attuazione di programmi di rifunzionalizzazione e valorizzazione, 4.139 immobili per un valore di 1,5 miliardi. Il D.L. n. 210 del 2015 (milleproroghe) aveva riaperto i termini della procedura di trasferimento di beni immobili dallo Stato agli enti territoriali, prevedendo che gli enti territoriali possano fare richiesta entro il termine del 31 dicembre 2016: si sono registrate ulteriori 2.390 richieste di attribuzione di beni da parte di oltre 571 enti territoriali.

Il complesso degli asset gestiti da INVIMIT Sgr ha raggiunto, a marzo 2017, circa 670 milioni, a fronte dei quali sono state emesse quote che verranno successivamente collocate sul mercato. I proventi generati dal collocamento sul mercato potranno essere contabilizzati a riduzione dell’indebitamento netto negli anni in cui tali vendite saranno realizzate.

Concessioni demaniali

Il Governo dichiara di voler effettuare una revisione sistematica delle concessioni di beni rilasciate dalle amministrazioni pubbliche al fine di valorizzare la redditività degli asset pubblici e individuare possibili strategie di recupero di efficienza, eventualmente intervenendo sulla normativa vigente.

In relazione alle concessioni demaniali marittime, in Italia vi è una larga diffusione, sul demanio marittimo, lacuale e fluviale, di impianti turistico-ricreativi, stimati a metà 2016 in 21.390. Dal loro utilizzo, nel 2016 il vigente sistema di determinazione dei canoni ha consentito un introito di circa 103 milioni. Al fine di recuperare gettito tributario, sono state adottate iniziative dirette a favorire l’adempimento spontaneo e a contrastare l’evasione.

Al riguardo è attualmente all’esame del Parlamento un disegno di legge-delega per la revisione e il riordino della normativa relativa alle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico-ricreativo (A.C. 4302). Tra i principi e i criteri direttivi cui improntare la riforma si segnalano: il rispetto della concorrenza, della qualità paesaggistica e sostenibilità ambientale, della libertà di stabilimento, della garanzia dell'esercizio e sviluppo delle attività imprenditoriali nonché del riconoscimento e tutela degli investimenti, dei beni aziendali e del valore commerciale; la rideterminazione della misura dei canoni concessori, con l'applicazione di valori tabellari, tenendo conto della tipologia dei beni oggetto di concessione; il coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni legislative vigenti in materia. La rideterminazione delle tariffe e dei meccanismi riferiti ai canoni demaniali attualmente in vigore, secondo i principi e criteri direttivi fissati con la delega, consentirà un maggior introito per le finanze pubbliche. Secondo il Governo qualora si procedesse, come unica misura di revisione, al rialzo dei parametri per il calcolo dei canoni (importi al metro quadrato), si potrebbe avere un raddoppio del gettito rispetto a quanto incassato negli ultimi anni, da attribuire in quota parte alle Regioni e ai Comuni interessati per iniziative di efficientamento della gestione dei beni pubblici e di conservazione, tutela e miglioramento dell’ambiente.

 

3.5. Sanità e politiche sociali

Sanità

In tema di sanità la terza sezione del DEF (Programma nazionale di riforma) espone, in primo luogo, le principali misure adottate.

 

In attuazione del Patto per la Salute per il 2014-2016, è stato approvato e pubblicato, sulla G.U. n. 65 del 18 marzo 2017, il D.P.C.M. 12 gennaio 2017 Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502..

Il provvedimento interviene su quattro fronti:

§  definisce attività, servizi e prestazioni garantite ai cittadini dal Ssn;

§  descrive con maggiore dettaglio e precisione prestazioni e attività incluse nei Lea;

§  ridefinisce e aggiorna gli elenchi delle malattie rare e delle malattie croniche e invalidanti che danno diritto all’esenzione;

§  innova i nomenclatori della specialistica ambulatoriale e dell’assistenza protesica.

 

Con il provvedimento vengono introdotte una serie di procedure diagnostiche e terapeutiche che in precedenza avevano natura sperimentale o che erano eseguibili in sicurezza solo in regime di ricovero, allargando e in gran parte migliorando l'offerta di servizi pubblici gratuiti o soggetti a pagamento di un ticket.

Inoltre sono state individuate tutte le prestazioni di procreazione medicalmente assistita (PMA) e gli screening erogati a carico del SSN. Vengono inserite 110 nuove malattie rare con esenzione dai ticket e viene rivisto l'elenco delle patologie croniche con l'ingresso di sei nuove patologie esenti. Vengono inoltre tutelate malattie come l'autismo, la celiachia, la sindrome di Down. Per quanto riguarda le protesi vengono stabilite disposizioni che permettono di erogare ausili altamente innovativi e con elevati criteri di qualità costruttiva, sono inclusi tra i destinatari anche persone affette da malattie rare e persone con assistenza domiciliare integrata e infine l’individuazione degli ausili avviene con un linguaggio semplice e immediato e le procedure di fornitura vengono semplificate e snellite.

Per l’aggiornamento annuale dei LEA è stata costituita la Commissione Nazionale per l’aggiornamento dei LEA, con il compito di monitorarne costantemente il contenuto, escludendo le prestazioni o i servizi che diventano obsoleti e valutando di erogare a carico del SSN i trattamenti che nel tempo si dimostrano innovativi o efficaci per la cura del paziente.

Quanto all’aspetto delle risorse va ricordato che la legge di stabilità per il 2016 legge n. 280/2015) ha stanziato 800 milioni annui per l’aggiornamento dei LEA. Questi vengono allocati nei 3 livelli assistenziali, destinando:

§  600 milioni per l’assistenza distrettuale (così suddivisi: specialistica 380 milioni, protesi 153 milioni);

§  220 milioni di euro per la prevenzione sanitaria (vaccini);

§  i 20 milioni di euro aggiuntivi derivano da un risparmio dovuto al trasferimento di prestazioni dall’assistenza ospedaliera ad altri ambiti assistenziali.

 

A gennaio 2017 è stato approvato in Conferenza Stato-Regioni il Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2017-2019 (PNPV), con l’obiettivo di ridurre o eliminare le conseguenze delle malattie infettive prevenibili da vaccino, attraverso l’individuazione di strategie efficaci e omogenee sull’intero territorio nazionale. Esso, tra l’altro, si propone di garantire l'offerta attiva e gratuita delle vaccinazioni, l'accesso ai servizi e la disponibilità dei vaccini.

 

Sempre da gennaio 2017 - in attuazione di quanto stabilito nel Patto per la Salute- è diventato operativo il Piano nazionale della Cronicità (PNC) per armonizzare a livello nazionale le attività di assistenza sanitaria e sociale di lunga durata con i servizi residenziali e territoriali. Con il Piano si individuano le patologie croniche, con le relative linee di intervento ed i risultati attesi.

 

A luglio 2016 è stata sancita l’intesa tra Governo e Regioni sul ‘Patto per la Sanità Digitale’, che prevede l’impiego sistematico dell’innovazione digitale in sanità, al fine di migliorare l’efficienza, la trasparenza e la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale.

Per quanto riguarda le attività per la realizzazione del fascicolo sanitario elettronico (FSE) è stato istituito, presso il Ministero della Salute, il Tavolo tecnico di monitoraggio e indirizzo del FSE cui sono affidati i compiti di elaborazione e proposta alla Cabina di regia del Nuovo Sistema Informativo sanitario, di monitoraggio costante dello stato di attuazione e utilizzo del FSE presso le regioni, nonché di definizione degli obiettivi annuali di avanzamento e dei contenuti del FSE. E’ stato poi emanato un Decreto del Ministro della salute (D.M. 7 dicembre 2016, n. 262), che costituisce il presupposto per la realizzazione dell’infrastruttura tecnologica per l’assegnazione del ‘Codice Unico Nazionale dell’Assistito (CUNA)’, grazie al quale sarà possibile ricostruire il percorso sanitario del cittadino nei diversi setting assistenziali del SSN.

 

La Legge di Bilancio per il 2017 (legge n. 232/2016) ha previsto che la realizzazione dell’infrastruttura nazionale necessaria a garantire l’interoperabilità dei FSE sia curata dal Ministero dell’economia e delle finanze attraverso l’utilizzo dell’infrastruttura del Sistema tessera sanitaria (la progettazione dell’infrastruttura nazionale è curata dall’Agenzia per l’Italia digitale - AgID). Nel caso in cui una Regione non rispetti i termini per la realizzazione del FSE è previsto l’istituto del commissariamento.

Per la progettazione e la realizzazione dell’infrastruttura nazionale per interoperabilità dei FSE la Legge di Bilancio predispone un’autorizzazione di spesa di 2,5 milioni, a decorrere dal 2017.

 

Sul tema della responsabilità professionale del personale sanitario è stata pubblicata a marzo, in Gazzetta ufficiale, la legge n. 24/2017. Il provvedimento affronta e disciplina i temi della sicurezza delle cure e del rischio sanitario, della responsabilità dell'esercente della professione sanitaria e della struttura sanitaria pubblica o privata, le modalità e caratteristiche dei procedimenti giudiziari aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, l'obbligo di assicurazione e l'istituzione del Fondo di garanzia per i soggetti danneggiati da responsabilità sanitaria.

 

Tutte le strutture ospedaliere e sociosanitarie, pubbliche e private avranno l’obbligo di stipulare delle polizze assicurative. Tale obbligo sussiste anche per ogni professionista che entri in rapporto, anche via telemedicina o in intramoenia, con il paziente il quale, in determinate circostanze, potrà avvalersi dell’azione diretta nei confronti dell’impresa assicurativa o, in ultima istanza nei casi di insolvenza, potrà ricorrere ad un Fondo di garanzia. Infine è prevista la prescrizione dimezzata nel caso in cui il paziente decida di intentare causa direttamente nei confronti di un medico. Viene inoltre, prevista l’istituzione dell’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità con il compito di raccogliere i dati dai centri regionali (che saranno obbligatori) e di definire i programmi per la sicurezza del paziente nonché quelli per la formazione e l’aggiornamento del personale sanitario. Con la legge sulla responsabilità professionale, il principale soggetto cui inoltrare una eventuale richiesta di risarcimento sarà la struttura sanitaria, sia pubblica che privata, la quale risponderà sempre per le azioni dei propri collaboratori ed al paziente che inoltra la richiesta spetterà l’onere della prova. Rimane per il paziente la possibilità di chiedere i danni direttamente al professionista.

La legge è intervenuta anche sul Codice Penale limitando la responsabilità penale dei professionisti sanitari ai soli casi di negligenza ed imprudenza. Inoltre, a tutela dei diritti dei pazienti si prevedono disposizioni in merito all’aumento delle coperture assicurative e agli obblighi di trasparenza delle strutture sanitarie, che prevedono la pubblicazione sui loro siti internet delle attività svolte per ridurre i rischi sanitari e dei riferimenti della copertura assicurativa, nonché una definizione dei tempi di acquisizione della documentazione clinica, che dovrà essere fornita dagli ospedali entro sette giorni dalla richiesta. L’applicazione di molte delle previsioni normative previste nella legge, soprattutto quelle assicurative, dipenderà però, dalla emanazione dei decreti attuativi.

 

Nell’Appendice A alla Sezione III del DEF (Cronoprogramma del Governo) in tema di sanità, sul tema dell’attuazione del Patto per la salute 2014-2016, vengono considerati già attuati l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (a gennaio 2017) e l’adozione del Piano nazionale della cronicità (a settembre 2016), già citati, mentre viene considerato come da attuare entro il 2017 il nuovo sistema di garanzia per il monitoraggio dell’assistenza sanitaria. Come sopra già ricordato viene poi considerata attuata la riforma della responsabilità sanitaria, con la legge n. 24/2017.

 

Il Patto per la Salute prevede per le regioni una programmazione triennale dei costi che consente di diminuire le inefficienze e creare dei risparmi. Inoltre, il Patto si prefigge di garantire a tutti i cittadini l’accesso alle cure, ai farmaci e uno standard qualitativo di assistenza e prevede l’aggiornamento dei LEA per assicurare cure più adeguate e presidi ospedalieri più moderni. Infine, il Patto intende riorganizzare gli ospedali, potenziare la medicina dei territorio e creare una rete d’assistenza più efficiente e capillare. Il Patto per la sanità digitale, previsto nell’ambito del Patto per la salute 2014-2016, ha natura quinquennale e prevede una riorganizzazione della rete assistenziale, per favorire la deospedalizzazione e potenziare i servizi sul territorio. Implementazione del Fascicolo sanitario elettronico.

Con il Patto per la Salute si intende rendere il sistema sanitario sostenibile di fronte alle nuove sfide: l'invecchiamento della popolazione, l'arrivo dei nuovi farmaci sempre più efficaci ma costosi, la medicina personalizzata. Il Patto per la Sanità digitale dovrà dare attuazione all’e-health attraverso una serie di priorità che vanno dai servizi per la continuità assistenziale alle nuove piattaforme ‘information intensive’ su misura per gli utenti. L’obiettivo è migliorare i servizi sanitari, adattandoli alle nuove esigenze e ridurre i costi, sfruttando le nuove tecnologie.

 

Alcuni dati sulle previsioni di spesa sono esposti nella Sezione II (Analisi e tendenze della finanza pubblica) del Documento di economia e finanza 2017. Viene chiarito che le previsioni, effettuate sulla base della legislazione vigente e del quadro macroeconomico elaborato per il periodo di riferimento, scontano la manovra prevista dalla legge di bilancio 2017, pari a 63 milioni nel 2017, 998 milioni nel 2018 e a 2.998 milioni a decorrere dal 2019.

Per il 2017 è prevista una spesa sanitaria per un importo pari a 114.138 milioni, con un tasso di crescita dello 1,4%. Nel dettaglio si prevede per i redditi da lavoro dipendente, un livello di spesa pari a 35.439 milioni, per i consumi intermedi un livello di spesa pari a 32.543 milioni, per le prestazioni sociali in natura corrispondenti a beni e servizi prodotti da produttori market, un livello di spesa pari a 39.722 milioni.[77].

Per quanto attiene alle singole componenti costituenti l’aggregato, per l’assistenza farmaceutica convenzionata è prevista una spesa di 8.044 milioni[78], per l’assistenza medico-generica una spesa di 6.798 milioni per le altre prestazioni (ospedaliere, specialistiche, riabilitative, integrative ed altra assistenza) è prevista una spesa di 24.930 milioni. Infine, per le altre componenti di spesa è previsto un livello di spesa pari a 6.473 milioni.

Nel triennio 2018-2020 è previsto che la spesa sanitaria cresca ad un tasso medio annuo dell’1,3%, mentre nello stesso arco temporale il PIL nominale cresce in media del 2,9%. Il rapporto spesa sanitaria e PIL decresce e si attesta, alla fine dell’arco temporale considerato, ad un livello pari al 6,4%.

I dati sopra illustrati scontano una serie di fattori e di stime specificamente enunciati.

 

Come evidenziato dalla Commissione europea nella "Relazione per paese relativa all'Italia 2017", i risultati nell'ambito della sanità e della qualità dei servizi di assistenza sono generalmente buoni. Gli indicatori nell'ambito della sanità come la speranza di vita e gli anni di vita in buona salute sono stati costantemente al di sopra della media UE negli ultimi anni. Nel complesso, la spesa sanitaria, sebbene in aumento, si situa al di sotto della media UE, un indice del fatto che il sistema sanitario italiano presenta un buon rapporto costi/efficacia. La spesa per prodotti farmaceutici è recentemente aumentata in linea con il costo delle innovazioni in campo medico, anche se può essere ridimensionata dai regimi di ammortamento posti in essere. Sono in via di sviluppo i sistemi sanitari online (E-health), così come i sistemi di informazione e monitoraggio a sostegno della valutazione delle prestazioni. Tuttavia, le disuguaglianze interregionali permangono e le disparità correlate al reddito nell’accesso ai servizi sanitari risultano in aumento. La percentuale di persone che riferisce di non potersi permettere una visita medica è aumentata, passando dal 5,1% nel 2011 al 6,2% nel 2014, e la quota di persone che riferisce di non essersi sottoposta a una visita medica necessaria per via dei tempi di attesa eccessivi è superiore alla media dell’UE. Inoltre, sono in aumento le disparità correlate al reddito in termini di stato di salute dichiarato. Si registra un leggero aumento delle prestazioni sanitarie non rimborsabili in rapporto alla spesa sanitaria totale. Il numero di posti letto per 100.000 abitanti è al di sotto della media dell’UE. Il numero di medici per 100.000 abitanti è superiore alla media dell’UE, mentre il rapporto infermieri-medici è tra i più bassi dell’UE. Permangono disparità nella portata e nella qualità dell’assistenza sanitaria tra le regioni.

Politiche sociali

In tema di politiche sociali la Sezione III (PNR) enumera tra le azioni strategiche del PNR 2017 il Piano per il contrasto alla povertà e le Misure di sostegno alla famiglia.

 

Piano di contrasto alla povertà

 

Il Piano di contrasto alla povertà risponde all’attuazione dell’obiettivo n. 8 Contrasto alla povertà della strategia Europa 2020 (che richiede, entro il 2020, di sottrarre a livello nazionale 2.200.000 persone a condizioni di povertà o deprivazione) e alla Raccomandazione 4 relativa all’adozione e attuazione di una strategia nazionale di lotta contro la povertà e alla razionalizzazione della spesa sociale. A tale proposito, la Relazione per paese relativa all'Italia 2017[79] della Commissione rileva che, dal 2008, nel nostro paese, il tasso di rischio di povertà o di esclusione sociale è aumentato e riguarda in maniera particolare i bambini e le persone provenienti da un contesto migratorio Inoltre, l’aumento delle diseguaglianze di reddito, anch’esso in crescita dal 2008, si è stabilizzato leggermente al di sopra della media dell’UE. I progressi compiuti nella lotta alla povertà con il Piano di contrasto, vengono conseguentemente apprezzati, ma la Relazione evidenzia che la razionalizzazione della spesa sociale non progredisce al ritmo inizialmente previsto e le risorse stanziate potrebbero essere insufficienti.

 

La Sezione III (PNR) sottolinea che l’azione di contrasto alla povertà è stata delineata dalla legge 15 marzo 2017, n. 33 Delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali che autorizza il Governo a:

§  definire nel dettaglio l’accesso e le modalità di erogazione del Reddito di Inclusione (REI), la misura nazionale di contrasto alla povertà basata su un sostegno economico condizionato all’attivazione di percorsi verso l’autonomia lavorativa, con un progressivo ampliamento della platea di beneficiari (stimata dal PNR in oltre 400 mila nuclei familiari, per un totale di 1 milione e 770 mila persone nel 2017);

§  riordinare le prestazioni assistenziali finalizzate al contrasto della povertà (Carta acquisti ordinaria per minori e l’assegno di disoccupazione ASDI);

§  rafforzare e coordinare gli interventi in materia di servizi sociali, a valere sulle risorse del Fondo Sociale Europeo, finalizzato a garantire maggiore omogeneità territoriale nell’erogazione delle prestazioni.

Le risorse stanziate ammontano complessivamente a circa 1,18 miliardi per il 2017 e 1,704 per il 2018. Il PNR (e il correlato Cronoprogramma) fissa a maggio 2017 il termine per l’attuazione delle deleghe.

 

Il REI sostituirà il SIA (Sostegno per l’inclusione attiva, già Carta acquisti sperimentale), esteso a tutto il territorio nazionale da settembre 2016, secondo le modalità attuative indicate dal decreto del 26 maggio 2016. Nelle previsioni del PNR il passaggio da SIA al REI permetterà di ampliare la platea di beneficiari, raggiungendo oltre 400 mila nuclei familiari, per un totale di 1 milione e 770 mila persone (rispetto alle circa 65 mila famiglie, per un totale di 250 mila persone, beneficiarie del SIA). La misura nazionale, intesa appunto come rafforzamento, estensione e consolidamento della Carta acquisti sperimentale – SIA, è condizionata alla prova dei mezzi, sulla base dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), tenendo conto dell'effettivo reddito disponibile e di indicatori della capacità di spesa. I beneficiari della misura sono individuati, prevedendo un requisito di durata minima della residenza sul territorio nazionale nel rispetto dell'ordinamento dell'UE, prioritariamente, tra i nuclei familiari con figli minori o con disabilità grave o con donne in stato di gravidanza accertata o con persone con più di 55 anni di età in stato di disoccupazione. L'estensione della misura nazionale di contrasto alla povertà avverrà, sulla base delle risorse che affluiscono al Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale (come detto circa 1,18 miliardi per il 2017 e 1,704 per il 2018). Per quanto riguarda i progetti personalizzati, l'Accordo "Linee guida per la predisposizione e attuazione dei progetti di presa in carico del Sostegno per l'inclusione attiva" (c.d. Linee Inclusione attiva), ha regolamentato un nuovo schema di intervento sociale che prevede il rafforzamento del sistema dei servizi sociali sul territorio nell'ottica della rete integrata dei servizi e della cura di tutto il nucleo familiare beneficiario, secondo il cosiddetto "approccio ecologico", basato sulla considerazione delle interazioni tra le persone e il loro ambiente. Le Linee guida costituiscono il principale riferimento anche per il finanziamento, negli ambiti territoriali, degli interventi di supporto previsti negli assi 1 e 2 del PON "Inclusione" a valere sulle risorse del Fondo Sociale Europeo. Il Decreto del Direttore Generale della Direzione Generale per l'inclusione e le politiche sociali del 3 agosto 2016 e l'allegato Avviso pubblico non competitivo n. 3/2016, rivolti agli ambiti territoriali, hanno inteso assegnare le risorse del PON "Inclusione" dedicate al supporto del SIA (pari a circa 487 milioni di euro, di cui circa 350 milioni a favore delle regioni meno sviluppate) per il triennio 2016-2019.

 

Misure di sostegno alla famiglia

 

Per quanto riguarda le misure di sostegno alla famiglia, l’azione prevista intende proseguire la politica di sostegno inaugurata con l’assegno di natalità (cosiddetto bonus bebè) e proseguita con il premio alla nascita e il buono nido, introducendo una premialità progressiva rispetto al numero dei figli. Finalità dell’azione è di sostenere, entro il 2017, il potere d’acquisto delle famiglie e, al contempo, concorrere a contrastare la prolungata tendenza al calo demografico. Inoltre, il cronoprogramma prevede, entro il 2017, l’approvazione di una delega al Governo per la riunificazione e il coordinamento delle disposizioni in materia di sostegno alla famiglia - Testo unico per la famiglia (si ricorda che la stessa previsione era contenuta nel Cronoprogramma del PNR 2016 con un termine fissato entro dicembre 2016).

 

Il bonus bebè è stato introdotto dalla legge di stabilità 2015 (legge 190/2014), che, ai commi da 125 a 129, ha previsto, per ogni figlio nato o adottato dal 1° gennaio 2015 fino al 31 dicembre 2017, un assegno di importo annuo di 960 euro erogato con cadenza mensile a decorrere dal mese di nascita o adozione[80]. Per poter accedere al beneficio economico, il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente deve trovarsi in condizione economica corrispondente a un valore dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 25.000 euro annui. L'importo dell'assegno di 960 euro annui è raddoppiato quando il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente è in una condizione economica corrispondente a un valore dell'indicatore ISEE non superiore ai 7.000 euro annui. L'onere della misura è valutato in 1.012 milioni di euro per l'anno 2017, in 1.012 milioni di euro per l'anno 2018, in 607 milioni di euro per l'anno 2019 e in 202 milioni di euro per l'anno 2020

La legge di bilancio 2017 (legge 232/2016) ha poi previsto ulteriori misure a sostegno della genitorialità. Più in particolare, l’art. 1, comma 353, ha istituito, a decorrere dal 1° gennaio 2017, un premio alla nascita o all'adozione di minore, pari ad 800 euro. Il beneficio è corrisposto in unica soluzione dall'INPS a domanda della futura madre al compimento del settimo mese di gravidanza o all'atto dell'adozione.

È stato poi introdotta, con riferimento ai nati a decorrere dal 1º gennaio 2016, (art. 1, comma 355, della legge 232/2017), l'erogazione di un buono per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido pubblici o privati. Il beneficio è anche utilizzabile per il sostegno, presso la propria abitazione, dei bambini al di sotto dei tre anni affetti da gravi patologie croniche. Il buono è pari a 1.000 euro su base annua, corrisposti in 11 mensilità dall'INPS al genitore che ne faccia richiesta presentando documentazione idonea. Le modalità attuative che renderanno possibile l’accesso al beneficio non sono state ancora adottate (non è ancora stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri previsto entro trenta giorni dal 1° gennaio 2017). La norma si configura come tetto massimo di spesa per lo Stato, pari a 144 milioni di euro per il 2017, 250 milioni per il 2018 e 300 milioni per il 2019, per poi proseguire a regime con l'autorizzazione di complessivi 330 milioni di euro annui a decorrere dal 2020.

La legge di Bilancio per il 2017 contiene anche disposizioni dirette a facilitare la conciliazione tra vita e lavoro, tra queste, l'articolo 1, commi 356 e 357, ha prorogato per il biennio 2017-2018 la possibilità per la madre lavoratrice di richiedere, al termine del congedo di maternità ed entro gli 11 mesi successivi, in alternativa al congedo parentale, voucher per l'acquisto di servizi di baby sitting oppure un contributo per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati, per un massimo di sei mesi. Il beneficio può essere utilizzato sia dalle lavoratrici dipendenti e iscritte alla Gestione separata (nel limite di spesa di 40 milioni di euro per ciascuno dei due anni) sia dalle lavoratrici autonome e imprenditrici (nel limite di spesa di 10 milioni di euro per ciascuno dei due anni).

Infine, l'articolo 1, comma 354, della legge di bilancio 2017 ha prorogato (con uno stanziamento di 20 milioni per il 2017 e 41,2 milioni per il 2018) il congedo obbligatorio per i padri lavoratori dipendenti (istituito dall'articolo 4, comma 24, lettera a), della legge 92/2012) anche per le nascite e le adozioni/affidamenti avvenute nell'anno solare 2017.

 

Inoltre, per il sostegno delle fasce più deboli, la Sezione III (PNR) ricorda che con la Legge di Bilancio per il 2017 sono stati stanziati 50 milioni per il Fondo dedicato alla non autosufficienza, che dal 2016 era stato dotato strutturalmente di 400 milioni, e 600 milioni per le politiche per la famiglia[81].

 

La legge di bilancio 2017 (legge 232/2016) ha rifinanziato il Fondo nazionale politiche sociali (FNPS) con circa 311 milioni per il 2017, 308 milioni per il 2018 e 313 milioni per il 2019. Per quanto riguarda il Fondo per le non autosufficienze, il comma 405 della legge di stabilità 2016 (legge 208/2015) ne ha incrementato lo stanziamento di 150 milioni di euro annui a decorrere dal 2016, portando così la dotazione del Fondo a 400 milioni. In seguito, la Sezione II della legge di bilancio 2017 (legge 232/2016) ha, per il triennio 2017-2019, incrementato di 50 milioni la dotazione del Fondo, ulteriormente incrementata di 50 milioni, per il solo 2017, dall'articolo 5 del decreto legge interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale (decreto legge 243/2016). Pertanto, lo stanziamento del Fondo per le non autosufficienze, nel 2017, è pari a 500 milioni.

Successivamente, con l'Intesa Stato-Regioni del 23 febbraio scorso, finalizzata al conseguimento del concorso regionale per la finanza pubblica per l'anno 2017, pari a 2.691,80 milioni di euro, da definire ai sensi dei commi 680 e 682, art. 1, della legge di stabilità 2016 (legge 208/2015) è stato raggiunto un accordo per la riduzione, tra le altre voci di spesa, dei due Fondi citati. Le riduzioni sono le seguenti:

a)    circa 211 milioni di euro per il Fondo per le politiche sociali, per un valore residuo di circa 100 milioni di euro (di cui al cap. 3671, originariamente iscritto nello stato previsionale del Ministero del Lavoro per 311 milioni di euro);

b)   50 milioni di euro per il Fondo per le non autosufficienze, per un valore residuo di 450 milioni (di cui al cap. 3538 iscritto nello stato previsionale del Ministero del Lavoro).

Successivamente, dopo un incontro tra i rappresentanti delle Regioni e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, si è aperto un confronto fra il Governo e le Regioni sulle ipotesi percorribili per ripristinare e rendere più strutturali i fondi da destinare alle politiche sociali e alla non-autosufficienza; l’obiettivo appare la sottoscrizione di una intesa che da un lato ripristini il Fondo per le politiche sociali con l’intervento del Ministero e dall’altro rispristini il Fondo per la non autosufficienza attraverso l’impegno delle Regioni.

 

Terzo settore

 

Il Cronoprogramma per le riforme ricorda l’approvazione della Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale (legge 6 giugno 2016, n. 106) e l’attuazione della prima delega relativa all’Istituzione e disciplina del servizio civile universale (D.Lgs. 6 marzo 2017, n. 40). Il documento sottolinea inoltre che i 900 milioni stanziati[82] finanzieranno: gli interventi di semplificazione e riordino della normativa; la revisione delle disposizioni in materia di volontariato e promozione sociale; le facilitazioni normative e fiscali per favorire l’impresa; il servizio civile universale; la fiscalità e il sostegno economico. Il Cronoprogramma 2017 pone al giugno 2017 il termine per l’attuazione delle restanti deleghe previste dalla legge 106/2016: revisione del titolo II. Libro I, del Codice civile in materia di associazioni e fondazioni; revisione della disciplina in materia di impresa sociale; riordino e revisione della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti, relative agli enti del Terzo settore (Codice Terzo settore).

Si ricorda che è ora all’esame delle Camere lo Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante approvazione dello statuto della Fondazione Italia sociale (Atto del Governo 403).

 

Ulteriori disposizioni

 

A completamento di quanto sopra esposto nella Sezione III del DEF (Cronoprogramma del Governo), tra i provvedimenti approvati si ricorda la legge 19 agosto 2016, n. 166, Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi.

Infine, nell’Allegato 2 al DEF Relazione sugli interventi nelle aree sottoutilizzate viene ricordata l’iniziativa Obiettivi di servizio (ODS)[83], da cui, nel 2012, è originato il Programma Nazionale dei Servizi di Cura per l’Infanzia e gli Anziani (PNSCIA), che ha destinato 627,6 milioni di euro per il sostegno a questi servizi in Campania, Calabria, Sicilia e Puglia. Nell’ambito dei servizi di cura, sia le risorse della delibera CIPE 79/2012 sia le risorse del PNSCIA hanno consentito non solo investimenti in strutture e attrezzature, ma anche interventi per il sostegno alla gestione.

3.6. Scuola, università, ricerca

Preliminarmente, si ricorda che la Nota di aggiornamento del DEF 2016[84], nel far presente che “sono state ridimensionate (…) le raccomandazioni su cui hanno agito in modo efficace le riforme del mercato del lavoro e della scuola”, evidenziava, conseguentemente che, nell’ambito delle Raccomandazioni 2016, nessuna era riferibile all’area di policy Scuola[85].

 

Nell’Analisi annuale della crescita 2017 (COM(2016) 725 final), del 16 novembre 2016, la Commissione europea – ricordato il proprio impegno a dare priorità agli investimenti in capitale umano varando una nuova agenda per le competenze, promuovendo l'attuazione della Garanzia per i giovani ed effettuando analisi comparative dei risultati in materia di istruzione e formazione – sottolinea, anzitutto, che gli Stati membri devono rivolgere particolare attenzione alla pertinenza delle competenze per il mercato del lavoro, modernizzando l'istruzione e la formazione professionale, anche attraverso la promozione di percorsi di apprendimento flessibili e sviluppando l'apprendistato in nuovi settori.

Più in generale, evidenzia che l'istruzione e la formazione devono essere modernizzate per dotare le persone di competenze migliori, da quelle alfabetiche e matematiche a quelle imprenditoriali e digitali.

Infatti, sebbene nel 2015 gli indicatori del livello d'istruzione sono ulteriormente migliorati, il tasso di abbandono scolastico è diminuito nella maggior parte degli Stati membri - attestandosi all'11% - e il tasso di istruzione terziaria ha registrato una crescita costante e significativa - attestandosi al 38,7% nel 2015 e superando, in 17 Stati membri, l'obiettivo del 40% stabilito dalla strategia Europa 2020 -, rispetto agli standard internazionali troppi europei acquisiscono soltanto competenze di base e digitali limitate, il che pone l'Europa in una posizione di svantaggio competitivo a fronte dei rapidi cambiamenti dell'economia mondiale.

È dunque di fondamentale importanza sviluppare le competenze per favorire una convergenza verso l'alto e, in tale quadro, un obiettivo centrale della nuova agenda per le competenze per l'Europa è consentire agli adulti che non hanno conseguito un titolo di istruzione secondaria superiore di valutare il proprio livello di competenze, offrire loro nuove possibilità di formazione e convalidare le competenze acquisite.

Infine, migliorare l'interazione tra ricerca universitaria e sviluppo commerciale di prodotti e servizi è fondamentale per stimolare la competitività e la crescita.

 

Anche nelle Raccomandazioni del Consiglio sulla politica economica della zona euro per il 2017 (COM (2016) 726), approvate anche esse il 16 novembre 2016, il Consiglio europeo sottolinea la necessità che le riforme prevedano, fra l’altro, sistemi di istruzione e formazione efficienti e di qualità, nonché strategie globali di apprendimento permanente calibrate sulle necessità del mercato del lavoro.

Scuola

Nel documento di lavoro dei servizi della Commissione “Relazione per paese relativa all’Italia 2017, del 22 febbraio 2017, che dà conto, tra l’altro, dei progressi conseguiti nel raggiungimento degli obiettivi nazionali nel quadro della strategia Europa 2020, si evidenzia che l’Italia ha già raggiunto i propri obiettivi in materia di abbandono scolastico, poiché lo stesso, con riferimento al totale dei 18-24enni, è calato dal 16,8% nel 2013, al 15% nel 2014 e al 14,7% nel 2015.

 

Rispetto all’Obiettivo europeo n. 6 – che prevede la riduzione del tasso di abbandono scolastico, entro il 2020, a un valore inferiore al 10% - gli obiettivi italiani indicati dal PNR 2017 (sostanzialmente uguali agli obiettivi nazionali fissati dai PNR 2015 e 2016) confermano il raggiungimento, nel 2020, di un livello di abbandoni scolastici inferiore al 16% del totale dei 18-24enni.

 

Più nello specifico, il documento sottolinea positivamente il rafforzamento dell’apprendistato e dell’apprendimento basato sul lavoro, finalizzato ad aumentare l'adeguatezza dell’istruzione rispetto al mercato del lavoro, ma al tempo stesso evidenzia che l'istruzione scolastica produce risultati eterogenei in termini di conseguimento delle competenze di base, in particolare tra nord e sud, ma anche per quanto riguarda il tasso di abbandono scolastico precoce tra i nati al di fuori dell’UE, di molto superiore a quello delle persone nate in Italia, e che registra un divario che è tra i più elevati dell’UE.

In particolare, il tasso di abbandono scolastico precoce per i nati al di fuori dell’UE è stato del 33% nel 2015, mentre quello delle persone nate in Italia è stato del 12,7%.

In tale quadro, sottolinea che la riforma della scuola avviata nel 2015 dovrebbe migliorare i risultati scolastici.

 

Il PNR 2017 stima anzitutto un impatto sul PIL conseguente alla riforma dell’istruzione e alle misure di rafforzamento delle competenze[86] pari complessivamente allo 0,3% dopo 5 anni, allo 0,6% dopo 10 anni e al 2,4% nel lungo periodo[87].

In particolare, nei sei ambiti di azione che costituiscono gli assi portanti sui quali è basata la strategia da attuare nell’intervallo annuale che ci separa dal prossimo PNR, evidenzia che, insieme alle politiche attive per il lavoro, vanno stimolate le competenze, per ridurre il mismatch con il mercato del lavoro.

Inoltre, sottolinea che, nell’ambito dell'indicatore del livello di progresso conseguito dall’azione di riforma del Governo definito dal MEF – che esprime il progresso nell’attuazione delle riforme previste nel PNR, ponderato per l’importanza delle stesse ai fini della competitività del Paese, e che varia da 0 (assenza di riforme pro-competitive) a 1 (piena implementazione di tutte le riforme previste), la quota attribuita all’istruzione è passata dallo 0,06 del 2015 (su un valore complessivo dell'indicatore di 0,44) allo 0,09 del 2016 (su un valore complessivo dell'indicatore di 0,76)[88].

 

Ricorda, dunque, una serie di recenti interventi, delineando, per qualche ambito, novità di cui si prevede l’intervento nei prossimi mesi.

In particolare, evidenzia che:

 

§  Sono stati definitivamente approvati 8 (dei 9) decreti legislativi previsti dalla L. 107/2015.

§  Il 7 aprile 2017 il Consiglio dei Ministri ha approvato definitivamente i decreti legislativi relativi a: sistema di formazione iniziale e di accesso all’insegnamento nella scuola secondaria di I e II grado; promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità; revisione dei percorsi dell’istruzione professionale; istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni; diritto allo studio; promozione e diffusione della cultura umanistica; scuole italiane all’estero; valutazione e certificazione delle competenze degli studenti nel primo ciclo e degli esami di Stato.

Alla data del 12 aprile 2017, i decreti legislativi non sono ancora stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale.

Qui il comunicato stampa presente nel sito del MIUR, nel quale si evidenzia anche che per l’oggetto della nona delega prevista dalla L. 107/2015, riguardante la revisione del Testo unico sulla scuola (D.Lgs. 297/1994), per l’esercizio della quale i termini sono scaduti, sarà previsto un disegno di legge delega specifico e successivo.

 

§  La legge di bilancio 2017 ha stanziato risorse finalizzate ad incrementare l’organico dell’autonomia a decorrere dal 2017 (€ 140 milioni per il 2017 e € 400 milioni dal 2018: art. 1, co. 366 e 373-374, della L. 232/2016[89]).

 

§  Ad ottobre 2016 è stato adottato il Piano nazionale di formazione dei docenti per il triennio 2016-2019[90].

Attualmente, sono in fase di avvio tre gruppi di lavoro che lavoreranno per l’introduzione degli standard professionali dei docenti, per la costruzione di un portfolio professionale digitale per ogni docente - che sarà disponibile a partire dall’a.s. 2017/2018 e raccoglierà esperienze professionali, qualifiche, certificazioni, attività di ricerca, pubblicazioni - e per rafforzare la qualità di progettazione della formazione. Inoltre, sempre a partire dall’a.s. 2017/2018, sarà avviata, in collaborazione con l’INDIRE, una Biblioteca digitale, scientificamente documentata, delle migliori attività didattiche e formative.

 

§  Con riferimento al Piano nazionale scuola digitale, adottato nel 2015[91], sono state avviate più del 65% delle azioni previste (complessivamente, 35 nel triennio 2015-2018) e sono stati investiti € 500 milioni (su 1,1 miliardi stanziati)[92]. In particolare, attraverso tale Piano sono state promosse varie attività nell’ambito del Piano Industria 4.0, allo scopo di promuovere la cultura 4.0 fra gli studenti, creare competenze e stimolare la ricerca.

§  Ulteriori attività per migliorare le competenze digitali degli studenti sono state avviate attraverso un piano di investimenti basato su fondi strutturali.

§  Con riguardo all’inclusione scolastica, il Governo intende incentivare, anche con l’ausilio delle nuove tecnologie, culture e prassi finalizzate al successo formativo di tutti gli studenti, con particolare riguardo a quelli con disabilità, disturbi specifici dell’apprendimento, e in situazioni di svantaggio socio-economico, linguistico e culturale. Altre misure saranno rivolte a ridurre la dispersione scolastica e ad attivare azioni rivolte al benessere, ai corretti stili di vita, alla prevenzione del disagio giovanile, in particolare con riferimento alla parità di genere, ai fenomeni di bullismo e cyberbullismo e alla lotta alle dipendenze da droga e alcol.

§  In argomento, il 31 gennaio 2017 è stato presentato un Piano per una scuola più aperta, inclusiva, innovativa, declinato in 10 azioni, nel quadro degli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall’Agenda 2030 dell’ONU.
Il Piano, finanziato con 830 milioni del PON Scuola 2014-2020 (e non con 840, come indicato, per mero errore materiale, a pag. 89 del PNR), articola le azioni con riferimento a: competenze di base, competenze di cittadinanza globale, cittadinanza europea, patrimonio culturale artistico e paesaggistico, cittadinanza e creatività digitali, integrazione e accoglienza, educazione all’imprenditorialità, orientamento, alternanza scuola-lavoro, formazione degli adulti[93].

 

§  La piena operatività dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL), attiva da novembre 2016, consentirà di prevedere tutor per la transizione scuola-lavoro, che aiuteranno scuole ed università nella costruzione di rapporti stabili con le imprese e faciliteranno la progettazione e la realizzazione di percorsi di alternanza scuola lavoro, tirocini, nonché di apprendistato di primo livello e di alta formazione e ricerca.

L’intervento intende coinvolgere gradualmente, da giugno 2017 ad aprile 2019, 5.000 istituti di scuola secondaria superiore di secondo grado, statali e paritari, e 60 università e Istituti tecnici superiori[94].
Al riguardo, il PNR sottolinea che, nell’a.s. 2015/2016, la percentuale di scuole con progetti di alternanza scuola-lavoro è stata pari al 96%. Vi hanno partecipato 652.641 studenti, con un incremento del 139% rispetto all’a.s. precedente. I percorsi sono aumentati del 154%, passando da 11.585 a 29.437, mentre le strutture ospitanti sono state 149.795 (+ 41%)[95].
Fondamentale sarà, anche, la piena operatività del modello duale, che costituisce il prerequisito per la formazione delle competenze necessarie per intercettare il cambiamento tecnologico e produttivo.

 

§  In materia di edilizia scolastica, entro la prima metà del 2017 sarà disponibile un fascicolo elettronico di ogni edificio scolastico. Inoltre, si proseguirà nell’opera di riqualificazione, portando avanti la programmazione triennale[96], e il sistema informativo di monitoraggio, già realizzato, verrà collegato all’Anagrafe dell’edilizia scolastica.
Al fascicolo elettronico si perverrà a seguito dell’Accordo del 10 novembre 2016 in Conferenza unificata, relativo alle modifiche del tracciato record dei dati dell’Anagrafe nazionale dell’edilizia scolastica e dell’architettura di sistema per lo scambio dei flussi informativi.

Con riferimento agli interventi effettuati, il PNR evidenzia che dal 2014 sono stati finanziati 13.304 interventi, di cui 10.485 sono conclusi. La spesa sostenuta è di circa € 1,8 miliardi, mentre lo stanziamento complessivo di risorse di competenza del MIUR è di circa € 5,8 miliardi.

 

Infine, in base al cronoprogramma, entro aprile 2017 sarà adottata la Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola-lavoro[97].

Università

La “Relazione per paese relativa all’Italia 2017”, del 22 febbraio 2017, evidenzia che, nonostante l’Italia sia prossima al conseguimento dell’obiettivo nazionale sul tasso di istruzione terziario per la fascia di età 30-34 anni, lo stesso è tuttora il più basso dell’UE (25,3% nel 2015, rispetto al 38,7% nell’UE).

 

Rispetto all’Obiettivo europeo n. 8 – che prevede di aumentare al 40%, entro il 2020, la popolazione tra i 30 e i 34 anni in possesso di un titolo di studio universitario, gli obiettivi italiani indicati dal PNR 2017 (sostanzialmente uguali agli obiettivi nazionali fissati dai PNR 2015 e 2016) confermano il raggiungimento, nel 2020, di un livello di istruzione terziaria pari al 26-27%.

 

Evidenzia, inoltre, che l’istruzione terziaria rimane ampiamente sottofinanziata – anche con riferimento al sostegno degli studenti - e che si è registrato un aumento dell’età media dei professori universitari: a fronte di ciò, le misure intraprese a livello nazionale – in particolare con la legge di stabilità 2016 e la legge di bilancio 2017 - costituiscono graduali passi avanti, ma non sono tuttavia sufficienti.

Anche l’apprendimento degli adulti non è sufficientemente sviluppato; inoltre, la frammentazione del sistema rende difficile individuare una strategia globale di apprendimento continuo.

 

Per l’università, il PNR non indica nuove misure da adottare, ma, da un lato, ricorda che, come evidenziano i risultati della Valutazione della qualità della ricerca 2011-2014 realizzata dall’ANVUR, le università italiane stanno velocemente convergendo verso uno standard comune e più elevato di qualità della ricerca, dall’altro ricapitola gli interventi previsti dalla legge di bilancio 2017 in materia di esoneri e limitazioni della contribuzione studentesca (anche con riferimento agli studenti delle Istituzioni dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica), incremento delle risorse per il diritto allo studio, istituzione di borse di studio annue per il merito finalizzate a favorire le iscrizioni universitarie, destinazione di risorse all’orientamento e al tutorato, finanziamento delle attività di ricerca di base e dei dipartimenti universitari di eccellenza.

Ricerca

La “Relazione per paese relativa all’Italia 2017”, del 22 febbraio 2017, evidenzia che gli investimenti in R&S, in particolare da parte del settore privato, continuano ad essere notevolmente inferiori alla media UE. Un ritardo dell’Italia si registra anche in termini di innovazione.

In particolare, nel 2015 la spesa totale destinata a ricerca e sviluppo in percentuale del PIL è stata pari all'1,33%, un livello lievemente inferiore a quello del 2014 e ancora nettamente al di sotto della media UE (2,03%). Ciò è attribuibile, in particolare, alla mancanza di persone altamente qualificate, soprattutto nei settori della scienza, dell’ingegneria e dell'informatica, e alla scarsa collaborazione tra il mondo accademico e quello imprenditoriale. Il paese ha quindi compiuto solo progressi limitati verso il conseguimento dell'obiettivo nazionale.

Tuttavia, la Relazione riconosce che, per migliorare le prestazioni in termini di innovazione, nel 2016 sono stati adottati il nuovo Piano nazionale della ricerca e il Piano industria 4.0.

 

Rispetto all’Obiettivo europeo n. 2 – che prevede di aumentare gli investimenti pubblici e privati in ricerca e sviluppo al 3% del PIL entro il 2020, gli obiettivi italiani indicati dal PNR 2017 (sostanzialmente uguali agli obiettivi nazionali fissati dai PNR 2015 e 2016) confermano il raggiungimento, nel 2020, dell’1,53%.

 

Anche per tale ambito il PNR non indica nuove misure da adottare.

Ricorda, però - oltre all’approvazione del D.Lgs. 218/2016, volto alla semplificazione delle attività degli enti pubblici di ricerca - l’adozione del Piano nazionale della ricerca 2015-2020, varato dal CIPE il 1° maggio 2016[98], finalizzato a incentivare la competitività industriale e a promuovere lo sviluppo del Paese in settori strategici[99], e le misure conseguentemente adottate già nel 2016, tra le quali quelle relative a borse di dottorato innovativo nelle università delle otto regioni in ritardo di sviluppo e in transizione[100], all’attrazione di ricercatori di eccellenza e al supporto agli studiosi italiani che vogliono partecipare ai bandi europei[101], alla costituzione di 4 nuovi cluster tecnologici nazionali[102].

Ricorda, altresì, che a gennaio 2017 è stato firmato un accordo fra l’Autorità di gestione del PON Ricerca e Innovazione e la Banca europea per gli investimenti per la costituzione di un fondo di fondi, con dotazione iniziale di € 200 milioni, che opererà con prestiti e venture capital per investire in progetti di ricerca ad alto contenuto tecnologico, localizzati nelle regioni del sud[103].

Infine, ricorda le misure previste dalla legge di bilancio 2017, relative, fra l’altro, al credito di imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo, al rientro di ricercatori, agli stranieri che vogliono effettuare donazioni filantropiche in Italia nel settore della ricerca.

Ulteriori disposizioni per università e ricerca sono state incluse, come già detto, nel Piano Industria 4.0, con l’obiettivo di formare 200.000 studenti universitari.

3.7. Sistema giudiziario

Come si ricorderà, tra le raccomandazioni del Consiglio europeo del 12 luglio 2016, sul programma nazionale di riforma 2016 dell'Italia, risaltava la n. 2, che invitava tra l’altro l’Italia a «potenziare la lotta contro la corruzione, anche riformando l'istituto della prescrizione entro fine 2016; ridurre la durata dei procedimenti civili dando attuazione alle riforme e assicurando una gestione efficiente delle cause».

 

Nella Relazione relativa all'Italia, del 22 febbraio 2017, la Commissione analizza l’attuazione data alla raccomandazione dello scorso anno e afferma che «L'Italia ha compiuto progressi limitati». In particolare, sul fronte del sistema giudiziario, «sebbene si osservi qualche miglioramento per quanto riguarda l'efficacia del sistema giudiziario, la durata dei procedimenti costituisce tuttora un serio problema» mentre sul fronte della lotta alla corruzione «L'istituto della prescrizione ostacola la lotta alla corruzione».

 

In merito, in generale, il DEF 2017 afferma [pag. VI] che è intenzione del Governo proseguire l’attuazione delle misure di riforma della giustizia già avviate, con particolare riguardo al processo penale, all’efficienza del processo civile e alla prescrizione.

L’azione del Governo tenderà ad armonizzare l’esigenza di assicurare tempi congrui per l’accertamento dei fatti di reato con quella volta a garantire la ragionevole durata del processo.

Verranno incrementate le risorse a disposizione dell’amministrazione giudiziaria. Si promuoverà ulteriormente l’adozione di best practices che consentano di armonizzare le performance dei tribunali in termini qualitativi e quantitativi.

Il perfezionamento del quadro legislativo in materia di insolvenza renderà più efficace la gestione delle procedure concorsuali, anche al fine di stabilire una regolazione organica della materia e dare maggiore certezza alle imprese in crisi.

 

Di seguito si sintetizzano, anche alla luce delle recenti considerazioni della Commissione europea, le azioni strategiche previste dal Programma nazionale di riforma (di seguito: PNR) allegato al DEF per il settore della Giustizia. Si tratta di azioni prevalentemente finalizzate al recupero di competitività, ma inserite anche nell’ambito del credito e della lotta all’evasione.

 

Ambito

Area di policy

Azioni

Tempi

Competitività

Giustizia

Riforma del processo penale e disciplina della prescrizione

Giugno 2017

Contrasto alla criminalità organizzata e ai patrimoni illeciti

Entro il 2017

Disciplina della magistratura onoraria

Maggio 2017

Estradizione per l’estero

Entro il 2017

Efficienza del processo civile

Entro il 2017

Tassazione, revisione della spesa e lotta alla evasione

Politiche fiscali

Ridurre le controversie tributarie e migliorare l’efficacia della riscossione

2017-2018

Credito

Banche e credito

Riforma della disciplina delle crisi di impresa e dell’insolvenza (Legge Delega)

Entro il 2017

Lotta alla corruzione e riforma dei tempi di prescrizione

Sul fronte della lotta alla corruzione, il PNR si limita a ricordare le cose già fatte nel corso della legislatura, per poi concentrare l’attenzione sulla prossima approvazione della riforma dell’istituto della prescrizione.

 

La Commissione europea afferma che «Nessun progresso è stato registrato nella revisione dell'istituto della prescrizione» ed aggiunge che diversi indicatori confermano la persistenza dei problemi dell'Italia in termini di corruzione ad alto livello, conflitti d'interessi, legami con la criminalità organizzata e corruzione nel settore privato. La Commissione evidenzia che il sistema attuale ostacola considerevolmente la repressione della corruzione, non da ultimo perché incentiva tattiche dilatorie da parte degli avvocati e rileva che «un disegno di legge che introduce una sospensione dei termini di prescrizione per tutti i procedimenti penali e una proroga speciale per i reati di corruzione è all'esame del Parlamento da due anni. Anche se la proposta non mette fine ai termini di prescrizione dopo una condanna di primo grado (come suggerito dal Gruppo di Stati del Consiglio d'Europa contro la corruzione), si ritiene che questo sia un passo nella giusta direzione».

 

Il PNR prevede l’approvazione, entro il prossimo mese di giugno, del disegno di legge di riforma del processo penale, nel quale è confluito anche in disegno di legge di riforma dell’istituto della prescrizione.

 

 

È dunque prevista l’approvazione entro giugno del progetto di legge C. 4368, che apporta rilevanti modifiche all’ordinamento penale, sia sostanziale sia processuale, nonché all’ordinamento penitenziario.

 

Il provvedimento è stato approvato dal Senato il 15 marzo 2017 ed è il frutto della unificazione in un unico testo, oltre che di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, di tre progetti di legge già approvati dalla Camera[104].

Sul piano del diritto sostanziale, oltre all'introduzione di una nuova causa di estinzione dei reati perseguibili a querela, a seguito di condotte riparatorie, il disegno di legge interviene sulla disciplina di alcuni reati, in particolare contro il patrimonio, inasprendone il quadro sanzionatorio.

Particolarmente significativa è poi la modifica alla disciplina della prescrizione, originariamente contenuta nel disegno di legge A.S. 1844 (già approvato dalla Camera dei deputati) e oggetto di modifiche nel corso dell’esame al Senato. In particolare, il provvedimento introduce due nuove ipotesi di sospensione del termine di prescrizione, che decorrono rispettivamente dal deposito della sentenza di condanna in primo grado e dal deposito della sentenza di condanna in appello e che si protraggono fino alla sentenza che definisce il grado successivo, e comunque per un tempo non superiore in ciascuna interruzione a un anno e sei mesi.

Ulteriori modifiche, attraverso un’ampia e dettagliata delega al Governo, sono proposte con riguardo al regime di procedibilità di alcuni reati, alla disciplina delle misure di sicurezza, anche attraverso la rivisitazione del regime del cosiddetto doppio binario, e del casellario giudiziario.

Il testo contiene poi modifiche di natura processuale. Si segnalano, in particolare, gli interventi concernenti: l’incapacità irreversibile dell'imputato di partecipare al processo; la disciplina delle indagini preliminari e del procedimento di archiviazione; la disciplina dei riti speciali, dell'udienza preliminare, dell'istruzione dibattimentale e della struttura della sentenza di merito; la semplificazione delle impugnazioni e la revisione della disciplina dei procedimenti a distanza. Da ultimo il disegno di legge conferisce al Governo deleghe per la riforma del processo penale, in materia di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – individuando, fra gli altri, anche puntuali criteri direttivi con riguardo alle operazioni effettuate mediante immissione di captatori informatici (c.d. Trojan), e per la riforma dell'ordinamento penitenziario attraverso, fra le altre, la revisione dei presupposti di accesso alle misure alternative e ai benefici penitenziari, l’incremento del lavoro carcerario, la previsione di specifici interventi in favore dei detenuti stranieri, delle donne recluse e delle detenute madri.

Il provvedimento è attualmente all’esame della Commissione Giustizia in sede referente ed è inserito nel programma dei lavori dell’Assemblea della Camera per il mese di maggio.

 

Si evidenzia che sul fronte della lotta alla corruzione il DEF non prevede specifiche misure di rafforzamento dei compiti e degli strumenti a disposizione dell’Autorità nazionale anticorruzione.

 

Sul punto, peraltro, la Commissione europea ha evidenziato che l'Autorità nazionale anticorruzione dispone di mezzi limitati per esercitare i suoi poteri e il quadro sulla prevenzione rimane frammentario. I poteri di monitoraggio dell'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) sono stati estesi, in particolare per coprire i grandi contratti d'appalto per i quali fanno parte delle commissioni di appalto controllori scelti in maniera casuale nel pool delle autorità. Tuttavia, questo non si applica né ai contratti al di sotto delle soglie UE né a quelli definiti (in modo ambiguo) "non particolarmente complessi". Agendo tramite i prefetti, inoltre, l'ANAC può anche revocare i contraenti coinvolti in casi di corruzione o di mafia, mentre gli altri possono continuare a lavorare in modo da ridurre il più possibile i ritardi nella procedura di gara. Le autorità hanno il compito, fra l'altro, di analizzare i piani di prevenzione della corruzione di tutti gli organi amministrativi e di tutte le imprese statali e di impartire una formazione alle amministrazioni che non hanno la capacità di elaborare questi piani. A questi poteri, tuttavia, non corrisponde un rafforzamento sufficiente delle risorse umane e finanziarie. Questa carenza si aggiunge all'assenza di una verifica uniforme e sistematica della situazione patrimoniale e dei conflitti d'interessi dei dipendenti pubblici e alla natura ancora frammentaria del quadro sulla protezione dei dipendenti pubblici che segnalano illeciti (c.d. whistleblower).

 

Per quanto riguarda i tempi della giustizia penale, il PNR evidenzia l’esigenza di sfruttare i benefici della digitalizzazione dando avvio al progetto del Processo Penale Telematico (PPT), attraverso la creazione del fascicolo penale digitale e la digitalizzazione di tutti gli atti del processo. Sono, infine, programmati o in corso di realizzazione altri interventi, tra i quali rientrano un maggior uso degli strumenti di videoconferenza, la realizzazione del dataware house penale e l’estensione del processo telematico ai procedimenti per il riconoscimento dello status di rifugiato e per quelli di convalida del trattenimento.

Contrasto alla criminalità organizzata e ai patrimoni illeciti

Sul punto della gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata - dopo l’approvazione della legge di bilancio per il 2017 che ha previsto l'adozione di una ‘Strategia nazionale per la valorizzazione dei beni e delle aziende confiscati alla criminalità organizzata’ stanziando 5 milioni per il 2017 e il 2018 - il PNR prevede nel cronoprogramma l’approvazione, entro il 2017, del disegno di legge A.S. 1687, di iniziativa governativa, che introduce rilevanti modifiche ai codici penale e di procedura penale, al codice civile e ad altri testi normativi per rafforzare l'azione di contrasto al fenomeno della illecita accumulazione di ricchezza e di capitali ad opera della criminalità organizzata, anche e soprattutto di natura mafiosa.

Il provvedimento è tuttora in corso d’esame in sede referente presso la Commissione giustizia del Senato.

 

Il PNR prevede inoltre, sempre entro l’anno, l’approvazione dell’A.S. 2134, già approvato dalla Camera, il quale reca ampie modifiche al cd. Codice antimafia, intervenendo, fra le altre, anche sulla disciplina della gestione dei beni sequestrati e confiscati e inserendo gli indiziati dei reati contro la pubblica amministrazione (dal peculato alla concussione, alle varie forme di corruzione) tra i soggetti destinatari delle misure di prevenzione. Anche questo provvedimento è tuttora all’esame della Commissione giustizia del Senato.

 

Riforma dell’estradizione

Il PNR prevede l’attuazione, entro il 2017, della delega introdotta dalla legge n. 149 del 2016 per la riforma del Libro XI del Codice di procedura penale, relativo alle disposizioni in materia di estradizione per l’estero.

 

 

Si ricorda che nella legge n. 149 del 2016 è confluito il contenuto del disegno di legge governativo A.C. 2813, recante delega al Governo per la riforma del Libro XI del codice di procedura penale. In particolare, il provvedimento individua i principi e criteri direttivi per la riforma del libro XI del codice di rito, in materia di rapporti giurisdizionali con autorità straniere, precisando che nella riforma il Governo dovrà tenere distinti i rapporti con le autorità di Stati membri dell'Unione europea da quelli con le autorità di Stati diversi. In relazione ai primi, infatti, la cooperazione giudiziaria in materia penale dovrà essere realizzata nel rispetto dei Trattati e degli atti normativi UE; solo in assenza di disposizioni specifiche, si potranno applicare le convenzioni internazionali e le norme di diritto internazionale generale e, in via residuale, le disposizioni del codice di procedura.

La delega per la riforma dell'assistenza giudiziaria prevede inoltre principi e criteri direttivi in tema di: acquisizioni probatorie; risoluzione dei conflitti quando gli atti da compiere investano le competenze di distretti giudiziari diversi; presupposti per poter dar corso a richieste di assistenza giudiziaria; impiego della videoconferenza; squadre investigative comuni; trasferimento temporaneo di persone detenute a fini investigativi; estradizione; riconoscimento di sentenze penali straniere e mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie nei rapporti con Stati membri UE.

 

La delega al Governo per la riforma del libro XI del codice di procedura penale scade il 5 agosto 2017.

 

Sui temi della cooperazione giudiziaria penale si ricorda inoltre che è stato presentato al Parlamento lo schema di decreto legislativo A.G. n. 405, di recepimento della direttiva 2014/41/UE relativa all'ordine europeo di indagine penale. Tale disciplina è volta a regolamentare un unico strumento denominato "ordine europeo d'indagine" (OEI) che garantisca l'acquisizione delle prove da uno Stato all'altro nell'ambito dei procedimenti penali transfrontalieri, attraverso un rapporto diretto tra le diverse autorità giudiziarie, al fine di superare la frammentarietà e la complessità dell'attuale quadro giuridico, prevalentemente basato su rogatorie internazionali.

Efficienza della giustizia civile e riduzione dei tempi dei processi

La Relazione della Commissione europea afferma che «Sebbene si osservi qualche miglioramento per quanto riguarda l'efficacia del sistema giudiziario, la durata dei procedimenti costituisce tuttora un serio problema. […] Negli ultimi cinque anni, sono state attuate alcune riforme che hanno contribuito a ridurre il numero delle cause pendenti in primo e secondo grado, ma l'arretrato si è ulteriormente accresciuto presso la Corte di Cassazione (del 4% dal 2014). […] la tendenza discendente osservata per quanto riguarda le cause pendenti si traduce solo lentamente in una diminuzione dei tempi di esaurimento anche in primo grado. […] La durata media dei processi civili e commerciali nei tribunali di grado più elevato desta ancora preoccupazione ed è addirittura in aumento. […] Il fatto che manchino attualmente 1.439 giudici su 9.921 e che vi sia una carenza di personale amministrativo (fino al 30% in alcuni tribunali) incide sulla capacità del sistema giudiziario di risolvere nei tempi un gran numero di cause in entrata. Se si ovviasse a tale carenza, migliorando al tempo stesso la formazione e le strutture ed estendendo ulteriormente l'informatizzazione dei procedimenti, si potrebbe contribuire a rafforzare l'efficienza.».

 

In merito, il DEF sottolinea i risultati positivi conseguiti dal Governo in termini di riduzione delle iscrizioni a ruolo e delle pendenze.

«Nel 2016, le cause civili pendenti sono diminuite del 3,8% rispetto al 2015. Fatta eccezione per la Cassazione, si è registrata anche una significativa riduzione dei procedimenti civili a rischio ‘Legge Pinto’ […] cioè quelle pendenze civili non risolte entro i termini previsti dalla legge e per le quali i soggetti interessati potrebbero richiedere allo Stato un risarcimento per irragionevole durata. […] La riduzione generalizzata delle iscrizioni e delle pendenze ha determinato anche una contrazione dei tempi medi di definizione dei contenziosi di primo grado, scesi a 981 giorni, mentre per i procedimenti di tutto il settore civile del Tribunale la durata media è stata, nel 2016, pari a 375 giorni».

 

In base al PNR risultati positivi in termini di efficienza della giustizia civile sono attesi dall’approvazione del disegno di legge di riforma del processo civile, già approvato dalla Camera e in corso di esame al Senato (S. 2284). In base al cronoprogramma, la riforma dovrebbe essere approvata entro il 2017.

 

 

Il disegno di legge, approvato dalla Camera nel marzo 2016 e tuttora all’esame in sede referente della Commissione giustizia del Senato, si caratterizza per:

§  la specializzazione dell'offerta di giustizia. E’ previsto l'ampliamento delle competenze del tribunale delle imprese e, conseguentemente, una rideterminazione delle dotazioni organiche, nonché la soppressione del tribunale per i minorenni con la contestuale delega al Governo per l’istituzione delle sezioni specializzate presso i tribunali e le corti d'appello, cui devolvere le controversie relative alla persona, alla famiglia e ai minori;

§  l'accelerazione dei tempi del processo civile. Il disegno di legge delega prevede l'estensione del rito sommario di cognizione in primo grado, la riforma del procedimento per dichiarare l'inammissibilità dell'appello, l'affermazione in ogni fase del principio di sinteticità degli atti. In sintesi, il Governo dovrà riformare il processo civile di primo grado valorizzando l'istituto della proposta di conciliazione del giudice; ridurre il numero di controversie per le quali il tribunale giudica in composizione collegiale; riformare il giudizio di appello consentendo, tra l'altro, che a decidere dell'appello ossa essere un giudice monocratico, a fronte di materie dalla ridotta complessità giuridica o contenuta rilevanza economica; riformare il giudizio di cassazione, eliminando il c.d. filtro in Cassazione, per sostituirlo con un'udienza in camera di consiglio; riformare le procedure di esecuzione forzata, in particolare ridefinendo il ruolo dell'ufficiale giudiziario; ridurre e semplificare i procedimenti speciali, in particolare potenziando l'istituto dell'arbitrato; modificare la disciplina sulla condanna alle spese per lite temeraria;

§  l'adeguamento della procedura civile al processo telematico.

 

Nella direzione di una specializzazione del giudice civile e di una accelerazione delle decisioni vanno anche le misure introdotte dal recente decreto-legge n. 13 del 2017 (già convertito in legge dal Parlamento), volte a definire sempre più celermente i ricorsi giurisdizionali per il riconoscimento della protezione internazionale, attraverso l’istituzione di apposite sezioni specializzate presso i tribunali distrettuali. Il giudizio è deciso con rito camerale in primo grado e non è ammesso appello né altra forma di reclamo, ma esclusivamente ricorso per Cassazione.

 

Per quanto riguarda il personale, tanto di magistratura quanto amministrativo, la cui carenza, come evidenziato dalla Commissione europea, incide sulla capacità del sistema giudiziario di risolvere nei tempi un gran numero di cause in entrata, il Governo ricorda nel PNR le misure già approvate e volte a favorire l’assunzione di nuovi magistrati e al rafforzamento dei tirocini formativi, ma anche al reclutamento di personale amministrativo, mediante l’assunzione di 1000 unità di personale non dirigenziale. E’ stato, inoltre, previsto che il Ministero della Giustizia, nel triennio 2016-2018, sia altresì autorizzato a procedere alle assunzioni del personale non dirigenziale dell’amministrazione giudiziaria non reclutato con le procedure di mobilità già previste dai precedenti procedimenti legislativi.

Il Governo evidenzia che l’adozione di misure efficaci di reclutamento ha consentito «nel triennio 2014-2017 di arrivare all’assunzione di 1.729 unità, mentre dallo svolgimento delle procedure concorsuali già avviate per l’accesso di nuove professionalità dall’esterno, si arriverà a ridurre la carenza di copertura degli organici del personale amministrativo dal 21,44% attuale al 19,23%».

Disciplina della magistratura onoraria

Ulteriori misure di razionalizzazione delle risorse sono previste dal Governo con l’attuazione della legge delega n. 57 del 2016 per la riforma della magistratura onoraria, prevista entro il prossimo mese di maggio 2017.

 

Entro il 14 maggio 2017 il Governo è delegato a disciplinare un'unica figura di giudice onorario, inserito in un solo ufficio giudiziario, nonché la figura del magistrato requirente onorario, inserito nell'ufficio della procura della Repubblica. Sostanzialmente, per favorire la creazione di uno statuto unico dei magistrati onorari si prevede che i giudici onorari di tribunale (GOT) confluiscano nell'ufficio del giudice di pace; viene così superata la distinzione tra i due magistrati onorari giudicanti, che assumeranno la denominazione "giudici onorari di pace" (GOP). E' fatta salva la possibilità di un loro diverso impiego all'interno del tribunale. In relazione ai Vice Procuratori Onorari (VPO), si prevede il loro inserimento in una specifica articolazione presso le Procure della Repubblica ("ufficio dei vice procuratori onorari") presso i tribunali ordinari.

 

Alla data del 13 aprile 2017 non sono stati trasmessi al Parlamento gli schemi di decreto legislativo.

Il PNR afferma che «È in attesa di esame da parte del Consiglio dei Ministri lo schema del secondo decreto legislativo contenente la disciplina a regime della magistratura onoraria. In esso vengono delineate le categorie dei magistrati onorari, distinte tra i ‘giudici onorari di pace’, addetti all’ufficio onorario del giudice di pace e i ‘vice procuratori onorari’, addetti all’ufficio dei vice procuratori onorari, in corso di istituzione. È previsto che l’incarico di magistrato onorario abbia natura esclusivamente funzionale ed inderogabilmente temporanea e debba svolgersi in modo da assicurare la piena compatibilità con lo svolgimento di altre attività remunerative».

Ridurre le controversie tributarie e migliorare l’efficacia della riscossione

Nell’ambito della tassazione, della revisione della spesa e della lotta alla evasione, il PNR inserisce come azione strategica la riduzione delle controversie tributarie.

 

Come evidenziato anche dal Presidente della Corte di cassazione, nella relazione di inaugurazione dell’anno giudiziario 2017, il recupero di efficienza della Sezione Tributaria e ogni iniziativa di rilancio della Corte di Cassazione, al pari di ogni politica di abbattimento dell’arretrato, non potrà prescindere dall’adozione di provvedimenti che affrontino alla radice il problema della lievitazione del contenzioso tributario di legittimità. Occorre che il legislatore appresti un piano straordinario di abbattimento dell’arretrato, imperniato sulla costituzione di una sezione Tributaria-bis, col simmetrico aumento di organico dei magistrati e del personale.

 

Nel PNR il Governo afferma che nel 2016 le controversie tributarie pendenti si sono ridotte di circa il 12% rispetto al 2015, attestandosi per la prima volta sotto la soglia delle 500 mila unità. Il trend positivo, iniziato già dal 2012, ha consentito nel quadriennio 2013-2016 di ridurre le pendenze di circa il 26%.

Per ottenere ulteriori progressi il Governo intende, nel 2017, procedere all’estensione del processo tributario telematico su tutto il territorio nazionale. Attraverso il portale dedicato dovrà essere possibile effettuare il deposito telematico degli atti e dei documenti processuali già notificati alla controparte e tutti i soggetti coinvolti dovranno poter consultare on-line il fascicolo processuale.

L’obiettivo di riduzione delle controversie tributarie pendenti dovrà essere raggiunto tra il 2017 e il 2018.

 

 

Si sottolinea che il Governo non esplicita nel PNR come intenda realizzare la riforma degli organi della giurisdizione tributaria e si ricorda che, a differenza di quanto previsto per il processo civile, il legislatore non ha stabilito l’obbligatorietà del processo tributario telematico.

Riforma della disciplina delle crisi di impresa e dell’insolvenza

Nell’ambito delle politiche relative a banche e credito, il Governo inserisce l’azione strategica volta alla riforma delle procedure d’insolvenza.

 

 

Come è noto, infatti, la crisi economica degli ultimi anni ha determinato numerosi interventi del legislatore sulle procedure concorsuali, con la finalità di sostenere i tentativi delle aziende in difficoltà di rimanere operative sul mercato, evitando il fallimento.

In questa ottica, la Camera ha approvato, il 1° febbraio 2017, un disegno di legge che delega il Governo a operare un'ampia riforma della disciplina delle crisi di impresa e dell'insolvenza (A.S. 2681) del quale il PNR prevede l’approvazione entro il 2017.

 

I principali profili innovativi del disegno di legge approvato dalla Camera, che delega il Governo a riformare entro 12 mesi le procedure concorsuali, sono i seguenti:

§  nel generale quadro di favore e incentivazione degli strumenti di composizione stragiudiziale della crisi, viene introdotta una fase preventiva di "allerta", finalizzata all'emersione precoce della crisi d'impresa e a una sua risoluzione assistita; lo strumento potrà essere attivato volontariamente dal debitore, allertato da creditori pubblici, e porterà - in caso di mancata collaborazione del debitore - a una dichiarazione pubblica di crisi;

§  la semplificazione delle regole processuali in caso di sbocco giudiziario della crisi. È prevista, in particolare, l'unicità della procedura destinata all'esame di tutte le situazioni di crisi e di insolvenza; dopo una prima fase comune, la procedura potrà, seconda i diversi casi, evolvere nella procedura conservativa o in quella liquidatoria;

§  la revisione della disciplina dei privilegi – ritenuta ormai obsoleta – e la previsione di un sistema di garanzie mobiliari non possessorie;

§  l'individuazione del tribunale competente in relazione alle dimensioni e tipologia delle procedure concorsuali; in particolare, le procedure di maggiori dimensioni sono assegnate al tribunale delle imprese (a livello di distretto di corte d'appello);

§  l'eliminazione della procedura fallimentare e la sua sostituzione con quella di liquidazione giudiziale; tale strumento vede, in particolare, il curatore come dominus della procedura e, come possibile sbocco (in caso di afflusso di nuove risorse), anche un concordato di natura liquidatoria; dovrà essere data priorità alla trattazione delle proposte che assicurino la continuità aziendale, considerando la liquidazione giudiziale come extrema ratio;

§  una rivisitazione, sulla base delle prassi verificate e delle criticità emerse, della normativa sul concordato preventivo (concordato in continuità di impresa e concordato di natura liquidatoria);

§  la previsione di una esdebitazione di diritto (non dichiarata, quindi, dal giudice) per le insolvenze di minori dimensioni;

§  le modifiche alla normativa sulle crisi da sovraindebitamento, sia per coordinarla con la riforma in essere che per tenere conto dell'esperienza successiva alla introduzione dell'istituto, previsto dalla legge n. 3 del 2012;

§  la specifica disciplina di crisi e insolvenza dei gruppi di imprese.

 

Si ricorda che è tuttora in corso di esame alla Camera il disegno di legge A.C. 3671-ter, che delega il Governo a riformare la disciplina in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza. Il disegno di legge è frutto dello stralcio del complessivo disegno di legge del Governo (A.C. 3671), di riforma delle procedure di insolvenza, ed è in corso d’esame in Commissione Attività produttive.

3.8. Comparto difesa e sicurezza

Nella sezione I del Documento di economia e finanze, programma di stabilità, il Governo dà conto di una serie di iniziative intraprese nel corso del 2016 nel settore della difesa e della sicurezza con specifico riferimento alle misure volte a rafforzare la sicurezza nazionale in considerazione degli avvenimenti internazionali relativi ai gravi fatti di terrorismo. In particolare, si è provveduto all’ammodernamento delle dotazioni strumentali in uso alle forze del comparto sicurezza e del comparto difesa; al potenziamento della capacità di sorveglianza, anche nelle sedi estere; allo sviluppo della cyber security, e all’incremento del trattamento economico del personale appartenente ai comparti delle forze dell’ordine e della difesa.[105]

Sempre con riferimento alle iniziative intraprese nel corso del 2016 in questa parte del documento si ricorda la proroga, nel corso del 2016, della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace (D.L. n. 112 del 2016).

 

Sulla scia delle iniziative assunte nel 2016 per rafforzare la sicurezza nazionale, la legge di bilancio per il 2017 ha disposto fino al 31 dicembre 2017 e limitatamente a 7.050 unità l'operatività del piano di impiego, concernente l’utilizzo di un contingente di personale militare appartenente alle Forze armate per il controllo del territorio in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia. Ha, inoltre, previsto uno stanziamento di 70 milioni di euro per il 2017 e di 180 milioni per il periodo 2018-2030 per l’acquisto e l’ammodernamento dei mezzi strumentali in uso alle Forze di polizia e al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco. Specifiche risorse sono destinate - nell’ambito di quelle stanziate per il Fondo del pubblico impiego dall’articolo 52 - per assunzioni a tempo indeterminato (per il 2017 e dal 2018, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente) presso le amministrazioni dello Stato, inclusi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Tabella 41. Misure per la sicurezza (Difesa).

Inoltre, specifiche risorse sono state stanziate per l’adozione dei provvedimenti concernenti il riordino dei ruoli delle forze armate e di polizia (cfr.infra).

Tabella 42. Misure per la sicurezza

 (importi in milioni di euro)

Misure per la sicurezza

2016

2016

Pre-consuntivo

Fondo per il potenziamento degli interventi e delle dotazioni strumentali in materia di cyber security

(art.1, comma 965, LS 2016)

150,0

145,0

Fondo per ammodernamento dotazioni strumentali e attrezzature comparti sicurezza e difesa

(art.1, comma 967, LS 2016

50,0

68,7

Rinnovo e adeguamento della dotazione dei giubbotti antiproiettile della Polizia di Stato

(art.1, comma 968, LS 2016)

10,0

10,0

Fondo per interventi straordinari per la difesa e la sicurezza pubblica[106]

245,0

182,0

112,0

Investimenti volti ad accrescere il livello di sicurezza delle sedi istituzionali

(art.1, comma 971, LS 2016)

15,0

25,1

Misure degli 80 euro forze dell’ordine

510,5

471,5[107]

23,9[108]

TOTALE

IN % del PIL

980,5

0,059

1.038,3

0,062

Fonte: DEF 2017.

 

Per quanto concerne, invece, le misure di finanza pubblica relative al 2017-2019, nella sezione III del Documento di economia e finanze, Programma nazionale di riforma, il Governo indica le nuove risorse destinate al rifinanziamento delle missioni internazionali.

 

Si ricorda che lo scorso 16 gennaio il Governo ha trasmesso alle Camere la deliberazione del Consiglio dei ministri del 14 gennaio 2017, concernente la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali ed alle iniziative di cooperazione allo sviluppo per il sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, relativamente all’anno 2017.

Si tratta della prima deliberazione in materia di autorizzazione e proroga delle missioni internazionali assunta dal Governo ai sensi della recente legge n. 145 del 2016 sulle missioni internazionali.

Alla delibera sono allegate 49 schede tecniche che costituiscono parte integrante del provvedimento trasmesso alle Camere.

Con le risoluzioni 6/00290 e 6/00292 di identico contenuto dell'8 marzo 2017 la Camera ha approvato le autorizzazioni e le proroghe delle missioni internazionali deliberate dal Consiglio dei ministri il 14 gennaio 2017, confermando sia gli importi che il numero di personale impegnato.

Per quanto concerne, poi, il profilo finanziario connesso alla partecipazione del personale civile e militare alle missioni internazionali, l’articolo 4 della legge n. 145 del 2016 ha previsto l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di un apposito Fondo, destinato al finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali , la cui dotazione è stabilita annualmente dalla legge di bilancio, ovvero da appostiti provvedimenti legislativi (comma 1). Attualmente nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, programma 5.8, cap. 3006/1 - Fondo per le missioni internazionali, ex articolo 4, comma 1 della legge n. 145 del 2016 -, sono appostati per il 2017 fondi pari a 997 milioni di euro". Le risorse del Fondo sono ripartite tra le missioni in corso con uno o più D.P.C.M., adottati su proposta dei Ministri degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, della Difesa, dell'Interno e dell'Economia e delle finanze. Gli schemi di tali atti corredati di relazione tecnica esplicativa, sono trasmessi alle Commissioni competenti per materia che devono rendere il parere entro 20 giorni dalla relativa assegnazione.

il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione. I pareri definitivi delle Commissioni competenti per materia e per i profili finanziari sono espressi entro il termine di dieci giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine, i decreti possono essere comunque adottati.

 

Il Programma nazionale di riforma (Sez. III del DEF) fa, altresì, riferimento sia all’attuazione, entro l’anno 2017, delle iniziative previste dal Libro bianco per la sicurezza internazionale e la difesa 2015, sia all’approvazione delle misure di riordino delle forze armate e delle forze di polizia, sia, da ultimo, alla necessità di un potenziamento delle misure di sicurezza cibernetica da parte delle pubbliche amministrazioni.

 

Il "Libro bianco per la sicurezza internazionale e la difesa" presentato dalla Ministra della Difesa Pinotti alle Commissioni riunite III e IV della Camera e del Senato nel corso della seduta del 14 maggio 2015 e previamente illustrato al Consiglio supremo di difesa, delinea gli obiettivi per la sicurezza internazionale e la difesa volti a orientare l'azione del Dicastero nel prossimo futuro e favorire l'integrazione delle risorse potenzialmente esprimibili da tutti gli attori istituzionali. Tali obiettivi vengono sintetizzati nel fine ultimo volto ad assicurare una Nazione più sicura, una regione euro-atlantica più sicura; una regione euro-mediterranea più sicura; un sistema globale più stabile e più sicuro.

In relazione al Documento in esame si ricorda che è attualmente all’esame della Commissione difesa del Senato il disegno di legge n. 2728, di iniziativa governativa, recante la “riorganizzazione dei vertici del Ministero della difesa e delle relative strutture. Deleghe al Governo per la revisione del modello operativo delle Forze armate, per la rimodulazione del modello professionale e in materia di personale delle Forze armate, nonché per la riorganizzazione del sistema della formazione”.

 

Per quanto concerne il riordino delle forze armate e forze di polizia si ricorda che sono all’esame del Parlamento due schemi di decreto legislativo vertenti su tale materia.

In particolare, lo schema di decreto n. 395, adottato in attuazione dell’articolo 8, comma 1, lettera a), della legge n. 124 del 2015, di riorganizzazione della pubblica amministrazione, è volto alla razionalizzazione e il potenziamento dell'efficacia delle funzioni di polizia, anche in funzione di una migliore cooperazione sul territorio, al fine di evitare sovrapposizioni di competenze e di favorire la gestione associata dei servizi strumentali.

A sua volta lo schema di decreto legislativo n. 396, adottato dal Governo in attuazione della delega legislativa conferitagli dal decreto-legge n. 185 del 2015, è volto a realizzare l'equiordinazione tra Forze armate e Forze di polizia.

 

La legge di bilancio per il 2017 (art. 1, comma 365 della legge 11 dicembre 2016, n. 232.) ha previsto la destinazione di parte delle risorse del Fondo del pubblico impiego all'incremento - dal 2017 - del finanziamento previsto a legislazione vigente per dare attuazione alle previsioni (della legge delega n. 124 del 2015) sulla revisione della disciplina in materia di reclutamento, stato giuridico e progressione in carriera del personale delle forze di polizia e di ottimizzazione dell'efficacia delle funzioni del Corpo nazionale dei vigili del fuoco nonché (ai sensi della legge n. 244 del 2012) per il riordino dei ruoli del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate.

La dotazione complessiva del Fondo del pubblico impiego – destinata altresì alla copertura degli oneri aggiuntivi per la contrattazione collettiva 2016-2018 ed a "miglioramenti economici" del personale dipendente dalle amministrazioni statali in regime di diritto pubblico - è pari a 1,48 miliardi per il 2017 e a 1,93 miliardi a decorrere dal 2018 (in base a quanto previsto dall'articolo 52, comma 2).

Con D.P.C.M. 27/02/2017, si è provveduto alla ripartizione delle risorse del Fondo di cui all'articolo 1, comma 365, della legge 11 dicembre 2016, n. 232.

 

Sul fronte della sicurezza cibernetica, il Governo prevede una serie di misure di carattere organizzativo e finanziario, volte a garantire maggiore affidabilità al sistema nazionale di sicurezza cibernetica nella convinzione che il rafforzamento del dominio digitale rappresenti un importante volano di crescita del sistema economico del Paese, incidendo, positivamente sulla propensione ad investire degli operatori economici, con particolare riferimento al commercio internazionale.

Tra le misure di prossima attuazione si prevede, in particolare, la revisione sostanziale e complessiva del ‘piano nazionale per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica’, documento adottato dal Governo nel dicembre del 2013 unitamente al “Piano nazionale per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica”. In linea con quanto previsto dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 24 gennaio 2013, recante gli “Indirizzi per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica nazionale”, il Piano nazionale per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica rappresenta il documento operativo di breve periodo (2014-2015) nel quale vengono individuate le priorità, gli obiettivi specifici e le linee d’azione per dare concreta attuazione a quanto descritto nel Quadro Strategico

A tal fine il Piano individua i seguenti undici indirizzi operativi:

§  Potenziamento delle capacità di intelligence, di polizia e di difesa civile e militare;

§  potenziamento dell’organizzazione e delle modalità di coordinamento e di interazione a livello nazionale tra soggetti pubblici e privati;

§  promozione e diffusione della cultura della sicurezza informatica. Formazione e addestramento;

§  cooperazione internazionale ed esercitazioni;

§  operatività del CERT nazionale, del CERT-PA e dei CERT dicasteriali;

§  interventi legislativi e compliance con obblighi internazionali;

§  compliance a standard e protocolli di sicurezza;

§  supporto allo sviluppo industriale e tecnologico;

§  comunicazione strategica;

§  risorse;

§  implementazione di un sistema di Information Risk Management nazionale.

Il CERT nazionale è una struttura individuata dall’articolo 16 - bis del D.Lgs. n. 259 del 2003, recante il Codice delle Comunicazioni elettroniche. Si tratta di una struttura destinata a potenziare i meccanismi di risposta agli incidenti informatici e gli strumenti di rilevazione e contrasto alle minacce. Il CERT nazionale ha avviato le sue attività a partire dal 5 giugno 2014. Il CERT nazionale opera a supporto di Cittadini ed Imprese con l’obiettivo di incrementare la consapevolezza e la cultura della sicurezza nell’utilizzo di servizi on line, fornendo informazioni tempestive su potenziali minacce informatiche, raccomandazioni e consigli utili per la prevenzione, contromisure per la risoluzione di incidenti informatici con impatto significativo (www.certnazionale.it). Per assicurare un’azione efficace, il CERT opera sulla base di un modello cooperativo pubblico-privato. Il CERT nazionale ha avviato, infatti, la collaborazione con importanti imprese che gestiscono infrastrutture informatizzate. Sulla base di tale collaborazione è stato istituito un Tavolo tecnico permanente per garantire un confronto costante tra i principali attori coinvolti e quindi migliorare e velocizzare le azioni di risposta ad eventuali incidenti informatici. il CERT nazionale ha avviato una stretta collaborazione con il CERT-PA (CERT delle Pubbliche Amministrazioni che opera all’interno dell’Agenzia per l’Italia Digitale), CERT Difesa e CNAIPIC (Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche che opera nell’ambito del Servizio di polizia postale e delle comunicazioni). In ambito internazionale, il CERT nazionale ha già avviato forme di dialogo con CERT europei, extra-europei e con il CERT EU (CERT dell’Unione Europea sostenuto dall’Agenzia europea per la sicurezza ENISA).

In relazione al tema della sicurezza e difesa nello spazio cibernetico è in corso di svolgimento un’indagine conoscitiva da parte della Commissione difesa della Camera.

3.9. Infrastrutture e trasporti

Gli obiettivi programmatici e le misure adottate o in corso in materia di infrastrutture e trasporti sono riportati in una specifica sezione del PNR e nell’allegato al DEF recante gli obiettivi e le strategie della politica infrastrutturale, che verranno trattati congiuntamente di seguito.

Infrastrutture

Le strategie infrastrutturali sono delineate nell’allegato al Documento di economia e finanza denominato “Connettere l’Italia: fabbisogni e progetti di infrastrutture” (d’ora in avanti allegato).

Il “superamento” della cd. “legge obiettivo” (legge n. 443 del 2001), previsto nella lettera sss) della legge delega n. 11 del 2016 e successivamente nel Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, si è tradotto, da un lato, nell’abrogazione della citata legge del 2001 e della normativa speciale con cui sono state programmate, progettate e realizzate le infrastrutture strategiche nel corso degli anni e, dall’altro, nell’introduzione della disciplina riguardante le infrastrutture prioritarie per lo sviluppo del Paese (parte V del D.Lgs. 50/2016, che comprende gli articoli 200-203).

Si tratta di un allegato differente da quello presentato nell’ambito della programmazione della “legge obiettivo”: l’articolo 10, comma 8, della legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità e finanza pubblica), tuttora vigente e non modificato, prevede, infatti, la presentazione – in allegato al DEF - dell’aggiornamento del Programma delle infrastrutture strategiche (PIS) di cui alla legge n. 443/2001 (cd. “legge obiettivo”) e dello stato di avanzamento relativo all'anno precedente (cd. Allegato infrastrutture). Considerato che la norma fa riferimento a una legge abrogata, potrebbe essere opportuno un intervento normativo volto a sopprimere la predetta disposizione ovvero a coordinarla con la nuova disciplina prevista dal decreto legislativo n. 50 del 2016, tenuto conto peraltro che l’articolo 201, comma 4, di tale decreto prevede che il Documento pluriennale di pianificazione (DPP) è “redatto ai sensi dell’articolo 10, comma 8, della legge 31 dicembre 2009, n. 196”.

È lo stesso allegato a precisare che il Ministero delle infrastrutture (MIT) ha inteso, a partire dal 2016, il proprio allegato al DEF come il momento di sintesi annuale, consuntivo e programmatorio del processo di riforma in atto e che, pertanto, in continuità con il documento dell’anno scorso, anticipa le linee di indirizzo strategico per l’individuazione dei fabbisogni infrastrutturali al 2030, che costituiranno parte integrante del primo DPP (che è uno degli strumenti sui quali si baserà la nuova programmazione) e sulla base delle quali saranno individuate le priorità, coerentemente con il quadro strategico delineato in Connettere l’Italia. In tale documento sono confluite le strategie per le infrastrutture di trasporto e logistica enucleate nell’allegato al DEF 2016.

Le linee strategiche, sulla scorta di quanto indicato nell’allegato al DEF 2016, si prefiggono quattro obiettivi, di seguito citati testualmente :

1)  la realizzazione di infrastrutture utili, snelle e condivise, attraverso una pianificazione nazionale unitaria, la programmazione e il monitoraggio degli interventi, nonché il miglioramento della qualità della progettazione;

2)  lo sviluppo urbano sostenibile, attraverso la cd. “cura del ferro”, l’accessibilità alle aree urbane e metropolitane, la qualità e l’efficienza del trasporto pubblico locale, la sostenibilità del trasporto urbano, le tecnologie per città intelligenti e le politiche abitative nazionali;

3)  la valorizzazione del patrimonio esistente, attraverso la programmazione degli interventi di manutenzione, il miglioramento dei livelli di servizio e della sicurezza delle infrastrutture, l’efficientamento e il potenziamento tecnologico, l’incentivo allo sviluppo di sistemi intelligenti di trasporto (ITS) e l’efficienza del trasporto aereo;

4)  l’integrazione modale e l’intermodalità, attraverso l’accessibilità ai nodi e l’interconnessione alle reti, il riequilibrio della domanda verso mobilità sostenibili, la promozione dell’intermodalità.

Dei citati obiettivi e dei relativi interventi adottati e in corso si parlerà nel prosieguo.

Al fine di perseguire gli obiettivi di maggiore efficienza degli investimenti pubblici e attenzione alla fattibilità economico-finanziaria delle opere, il PNR enuclea, inoltre, le azioni da attivare nel periodo 2017-2020 finalizzate a:

§  definire un percorso di accompagnamento degli enti locali, per assicurare la piena e tempestiva applicabilità delle nuove regole del Codice dei contratti pubblici (ad. es. predisposizione di una modulistica standard);

§  risolvere alcune criticità legate alle centrali uniche di committenza, attraverso il coinvolgimento del MIT e dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC);

§  definire una struttura chiara di PPP-partenariato pubblico privato e rafforzare tale strumento;

§  investire risorse aggiuntive da destinare alla progettazione definitiva ed esecutiva delle opere.

La necessità di talune azioni precedentemente indicate è stata segnalata nei pareri delle competenti Commissioni parlamentari sullo schema di decreto legislativo correttivo del Codice dei contratti pubblici (v. infra).

Le riforma degli appalti pubblici e delle concessioni

La riforma della disciplina degli appalti pubblici e delle concessioni, contenuta nel D.Lgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici, d’ora in avanti “Codice”), ha rappresentato l’intervento più rilevante nell’ambito delle politiche infrastrutturali in quanto volta a modificare in modo sostanziale e complessivo la normativa sui contratti pubblici. Specifiche disposizioni riguardano, inoltre, il partenariato pubblico-privato (PPP) e l’introduzione di procedure di dibattito pubblico (articolo 22 del D.Lgs. 50/2016) per le grandi opere infrastrutturali aventi impatto rilevante sull’ambiente, sulle città e sull’assetto del territorio.

L’adozione della predetta disciplina rientra tra le misure in risposta alla raccomandazione n. 5 del 2016, laddove richiede di intervenire ulteriormente per aumentare la concorrenza nell’aggiudicazione delle concessioni.

L’allegato, oltre a dare conto dei provvedimenti attuativi adottati dopo l’entrata in vigore del Codice, fa presente che sono in corso le procedure di elaborazione ed approvazione di altri decreti attuativi, in particolare quello sulla riforma dei livelli di progettazione (art. 23) e sulla trasparenza nella partecipazione di portatori di interessi e sul dibattito pubblico (art. 22).

È, inoltre, in corso di approvazione definitiva lo schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Atto del Governo n. 397) sul quale si sono espressi, come prescritto dalla legge delega, il Consiglio di Stato, la Conferenza unificata e le competenti Commissioni parlamentari della Camera e del Senato. L’VIII Commissione (ambiente) della Camera e l’8a Commissione (lavori pubblici) del Senato hanno espresso un articolato parere di identico contenuto.

Il PNR prevede che, entro il 2017, sia perfezionato l’impianto normativo relativo agli appalti, attraverso l’operatività del predetto decreto legislativo correttivo e l’approvazione delle linee guida e dei provvedimenti predisposti dall’ANAC.

Verso una nuova pianificazione infrastrutturale

La disciplina delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari, introdotta dalla nuova normativa sui contratti pubblici, si basa sull’adozione di due strumenti di pianificazione e programmazione:

§  il piano generale dei trasporti e della logistica (PGTL), che contiene le linee strategiche delle politiche della mobilità delle persone e delle merci nonché dello sviluppo infrastrutturale del Paese;

§  il documento pluriennale di pianificazione (DPP), che contiene l'elenco degli interventi relativi al settore dei trasporti e della logistica la cui progettazione di fattibilità è valutata meritevole di finanziamento, da realizzarsi in coerenza con il piano generale dei trasporti e della logistica.

La nuova programmazione è volta a ricondurre in una logica unitaria i piani e i programmi di competenza del Ministero delle infrastrutture e trasporti e a ricondurre alla disciplina ordinaria la pianificazione e la realizzazione degli insediamenti e delle infrastrutture prioritari, ai fini dell’espresso superamento della cd. “legge obiettivo”.

L’allegato precisa che, nelle more dell’adozione del PGTL, il primo DPP conterrà anche le linee strategiche e di indirizzo del settore dei trasporti e delle infrastrutture, rappresentando al contempo, da una parte, il momento in cui le strategie si tradurranno nella visione di un sistema integrato di infrastrutture dei trasporti (SNIT) verso cui tendere nell’orizzonte temporale del 2030, e, dall’altra, il primo momento di sintesi e rivisitazione della lunga lista di progetti infrastrutturali, tra cui anche quelli rientranti nel PIS.

Si ricorda, in proposito, che lo schema di decreto legislativo correttivo trasmesso al Parlamento interviene, tra l’altro, sui contenuti del primo DPP allo scopo di prevedere che, nelle more dell’approvazione del PGTL, il primo DPP contiene le linee strategiche e gli indirizzi per il settore dei trasporti e delle infrastrutture, nonché un elenco degli interventi del primo DPP ad essi coerente (articolo 201, comma 7, del D.Lgs. 50/2016). Lo stesso correttivo interviene, inoltre, sulla disciplina concernente l’approvazione del primo DPP, al fine di prevedere che l’elenco delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari venga elaborato in deroga alle modalità di cui al comma 5 del citato articolo 201, concernente la trasmissione delle proposte di interventi da parte degli enti territoriali e degli altri enti competenti al Ministero.

L’articolo 201, comma 9, del Codice, inoltre, non modificato dal correttivo, precisa che, fino all’approvazione del primo DPP, valgono come programmazione degli investimenti in materia di trasporti i piani, comunque denominati, già approvati secondo le procedure vigenti alla data di entrata in vigore del Codice o in relazione ai quali sussiste un impegno assunto con i competenti organi dell’Unione europea. Merita, altresì ricordare che, in sede di prima individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti effettua una ricognizione di tutti gli interventi già compresi negli strumenti di pianificazione e programmazione, comunque denominati, vigenti alla data di entrata in vigore del codice. La ricognizione deve, in ogni caso, comprendere gli interventi per i quali vi sono obbligazioni giuridiche vincolanti (OGV), ossia gli interventi in relazione ai quali sia già intervenuta l’approvazione del contratto all'esito della procedura di affidamento della realizzazione dell'opera, nonché quelli che costituiscono oggetto di accordi internazionali sottoscritti dall'Italia.

 

L’allegato indica i criteri per l’individuazione del nuovo sistema nazionale integrato dei trasporti (SNIT) che, alla luce della pianificazione infrastrutturale nell’ambito delle reti europee TEN-T e delle nuove infrastrutture realizzate dal 2001, è stato sottoposto ad aggiornamento al 2017. Il sistema si articola su due livelli basati rispettivamente sulla rete del 2001 integrata dalle reti TEN (1° livello) e dalle restanti infrastrutture (2° livello).

Ai fini della prima individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari, l’allegato fornisce alcune linee di indirizzo strategico e un’analisi dei fabbisogni infrastrutturali al 2030, che saranno contenuti nell’ambito del primo DPP di cui si prevede l’adozione entro un anno dalla data di entrata in vigore del nuovo Codice.

L’allegato precisa che le metodologie per la definizione dei fabbisogni sono coerenti con quanto stabilito nelle Linee guida per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche del MIT, di cui il CIPE ha preso atto nella seduta del 1° dicembre 2016.

L’esito dell’analisi dei fabbisogni, che si basa su un sistema di infrastrutture lineari e puntuali definite di 1° livello, è rappresentato dall’individuazione di programmi di interventi, che contribuiscono al perseguimento degli obiettivi strategici, ed interventi, ossia singole opere classificabili come interventi di nuova realizzazione, interventi di completamento, nuova realizzazione, ampliamento e potenziamento di infrastrutture esistenti.

Nelle appendici 1 e 2 dell’allegato sono elencati i programmi di interventi e gli interventi prioritari suddivisi per le varie tipologie (ferrovie, strade e autostrade, città metropolitane, porti e interporti, aeroporti, ciclovie) con l’indicazione dei relativi strumenti di programmazione (concessioni, contratti di programma ANAS e RFI, programma operativo del MIT), della necessità del progetto di fattibilità ovvero della sottoposizione del progetto alla sua revisione (project review).

Si segnala che, nell’ambito dei predetti interventi e programmi prioritari, sono incluse:

§  le opere prioritarie elencate nell’Allegato al DEF 2015;

§  talune opere presenti nell’11° Allegato del Programma delle infrastrutture strategiche, approvato con delibera del CIPE 26/2014. In tale gruppo di opere, sono incluse, tra l’altro, l’autostrada A31 Val d'Astico, l’autostrada A33 Asti Cuneo, l’autostrada regionale Cispadana, il collegamento Civitavecchia-Orte-Ravenna, l’itinerario Civitavecchia –Livorno, il Corridoio Tirrenico Meridionale Autostrada Regionale Tor de Cenci – Latina, nonché – per quanto riguarda le ferrovie – il potenziamento delle linee di accesso al Brennero (lotto 1), la tratta Andora-Finale Ligure e la Gronda merci di Torino;

Per una analisi dei costi delle opere incluse nel Programma delle infrastrutture strategiche richiamati nell’allegato, si rinvia al report del Servizio Studi della Camera “Le infrastrutture strategiche – Lo stato di attuazione del Programma al 31 dicembre 2016”, pubblicato nel mese di marzo 2017, in cui sono contenuti i dati delle venticinque opere prioritarie dell’Allegato al DEF 2015 e delle opere non prioritarie inserite nel citato 11° Allegato infrastrutture, in quanto rappresenta l’ultimo documento sul quale si è perfezionato l’iter di approvazione in conformità di quanto previsto dall’abrogata disciplina sulla programmazione delle infrastrutture strategiche I dati relativi alle singole opere sono consultabili attraverso il sistema SILOS (Sistema informativo legge opere strategiche);

§  ulteriori programmi e interventi (ad. es. ciclovie).

 

a project review o di cui deve essere sviluppato il progetto di fattibilità al fine di verificare varie opzioni.

 

Nell’allegato si segnala che il completamento degli interventi indicati richiede un fabbisogno di risorse economiche aggiuntive, che potrà essere assicurato da diverse fonti di finanziamento, tra le quali il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), il Fondo da ripartire per la realizzazione delle infrastrutture prioritarie (previsto dall’articolo 202, comma 3, del Codice), il Fondo da ripartire per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese (istituito dall’articolo 1, comma 140, della legge di bilancio 2017), nonché le risorse regionali e private. Per quanto riguarda, invece, la progettazione di fattibilità delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese, nonché la project review di alcune infrastrutture solo parzialmente finanziate, l’allegato precisa che, per il Fondo per la progettazione, istituito dall’art. 202, comma 1, lettera a) del Codice, sono richiesti 860 milioni € per il periodo 2017-2032, al fine di migliorare la capacità di programmazione e riprogrammazione della spesa anche per la progettazione delle infrastrutture di preminente interesse nazionale.

L'allegato precisa che il completamento degli interventi invarianti richiede un fabbisogno di risorse economiche aggiuntive rispetto alla quota parte già finanziata pari a circa 35 miliardi di euro.

Le politiche abitative

Il PNR prevede che, nel periodo 2017-2020, siano attivate misure di prevenzione sismica del patrimonio edilizio abitativo e produttivo. In tale ambito, rilevano il progetto Casa Italia e l’applicazione delle detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione ai fini del miglioramento o dell’adeguamento antisismico (cd. sisma bonus), che è stato disciplinato nei commi 2 e 3 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017. Al fine di rendere pienamente operativo tale strumento, è stato pubblicato nel sito internet del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il decreto ministeriale del 28 febbraio 2017, recante le linee guida per la classificazione del rischio sismico delle costruzioni

 

Nell’ambito degli interventi destinati alle aree urbane, il PNR include, tra le misure adottate nel 2016, quelle riguardanti il Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, (istituito dai commi 974-978 della legge di stabilità 2016) e, tra quelle in avanzamento da adottare entro il mese di maggio 2017, l’adozione dei D.P.C.M. di ripartizione del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese (istituito dal comma 140 della legge di bilancio per il 2017). Il cronoprogramma allegato al PNR precisa che con tale decreto si prevede l’assegnazione di 800 milioni di euro per il completamento del Programma straordinario.

Nel cronoprogramma si fa, altresì, genericamente riferimento all’adozione di ulteriori misure per il miglioramento della qualità urbana, da adottare nel periodo 2017-2020 nell’ambito del Programma di recupero per l’edilizia residenziale pubblica.

L’Agenda digitale

Con riferimento all’attuazione dell’Agenda digitale che, come riportato nel Programma nazionale di riforma ha un orizzonte quinquennale (2015-2020) definito, nel marzo 2015, dalla Strategia italiana per la banda ultralarga e dalla Strategia italiana per la crescita digitale, il DEF 2017 dà conto dei principali interventi programmati in tale ambito.

Per quanto riguarda lo stato di attuazione della strategia, nell’appendice C al Programma nazionale di riforma, in particolare si fa riferimento alla pubblicazione dei due bandi per la realizzazione della rete nelle aree bianche, ossia a fallimento di mercato, raggruppate nei cluster C e D.

 

In particolare il 3 giugno2016 è stato pubblicato sulla G.U. 5 Serie Speciale il primo bando per la realizzazione della rete in fibra riguardante sei regioni: Abruzzo, Molise, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto, con le quali sono stati siglati specifici accordi di programma e relative convenzioni operative per l'utilizzo, insieme con il Fondo Sviluppo e Coesione nazionale, dei fondi strutturali FESR e FEASR. I fondi pubblici saranno 1,4 miliardi, suddivisi in più di un miliardo di fondi statali (FSC) e 352 milioni di fondi strutturali a livello regionale.

Il secondo bando di gara, suddiviso in sei lotti funzionali concerne le regioni Piemonte, Valle D'Aosta, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Marche, Umbria, Lazio, Campania, Basilicata, Sicilia e la provincia autonoma di Trento. L'importo complessivo messo a gara è di euro 1.254.989.312 e il termine per la presentazione delle domande è fissato al 30 settembre 2016.

 

Si ricorda che, come presupposto dei due sopra ricordati bandi, nella seduta della Conferenza Stato-regioni dell'11 febbraio 2016 è stato siglato l'Accordo quadro, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281 e della Delibera CIPE 6 agosto 2015, n.65 tra il Governo, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano per lo sviluppo della banda ultra larga sul territorio nazionale verso gli obiettivi EU 2020.

Il modello di realizzazione degli interventi scelto prevede che Infratel spa, società in house del Mise, agisca in qualità di soggetto attuatore degli interventi previsti dall'accordo attraverso un intervento diretto, cioè con la costruzione di una rete che rimarrà pubblica (Stato-Regioni) e che coprirà 7.300 comuni in tutto il territorio nazionale.

Nel documento si dà anche notizia di ulteriori attività concernenti l’attuazione dell’agenda digitale. In particolare si fa riferimento alla digitalizzazione della pubblica amministrazione che, secondo quanto indicato nel documento, ha registrato nel corso del 2016 un sostanziale avanzamento. Attraverso l’Agenzia per l’Italia Digitale, Il Governo ha portato avanti azioni di indirizzo, supporto e monitoraggio con il principale obiettivo di definire il modello di riferimento per lo sviluppo di sistemi informativi, volto a generare uniformità di comportamento delle Pubbliche Amministrazioni nell’adesione e implementazione delle nuove tecnologie.

Nel 2017 e il 2018 le azioni del Governo saranno dirette allo sviluppo dei componenti del sistema operando sull’implementazione delle direttrici di azione già elaborate negli anni precedenti (sviluppo del sistema pubblico per l’identità digitale, proseguimento della migrazione dei dati ai fini della costituzione dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente, sviluppo dell’e-procurement, semplificazione amministrativa, utilizzo di standard e software aperti, ecc.). Anche nel documento di quest’anno si fa riferimento al nuovo codice dell’amministrazione digitale più snello e flessibile, per lo scambio dei dati tra amministrazioni e procedimenti amministrativi.

Uno specifico stanziamento relativo all’attuazione dell’Agenda digitale è stato infine realizzato nell’ambito dell’attuazione del Piano nazionale di ricerca. Sono stati infatti stanziati 30 milioni di euro per il sostegno ai grandi progetti di ricerca e sviluppo nel settore ICT.

Trasporti

Alcuni degli interventi più significativi di riforma posti in essere nell’anno 2016 nel settore dei trasporti sono ricondotti dal DEF (appendice C al piano nazionale di riforma “sintesi delle misure di risposta alle CSR 2016”) alle misure dirette all’aumento della concorrenza (Raccomandazione 5).

Si tratta in particolare della riforma del sistema portuale, degli interventi di attuazione del Piano nazionale della banda ultralarga, degli interventi sul sistema ferroviario (cura del ferro) nonché delle misure adottate per favorire lo sviluppo e l’ammodernamento del trasporto pubblico locale.

Tra gli ulteriori interventi descritti nel DEF si fa riferimento allo schema di decreto legislativo che intende razionalizzare i processi di gestione dei dati di circolazione e di proprietà degli autoveicoli, mediante la previsione del rilascio di un documento unico, che sostituisce i due documenti attualmente presenti.

Tale schema è attualmente all’esame delle Commissioni parlamentari competenti, che dovranno esprimere il proprio parere entro il 29 aprile 2017.

 

Nell’apposito allegato sono invece delineate, in continuità con quanto indicato nel precedente documento allegato al Documento di economia e finanza 2016 e denominato “Strategie per le infrastrutture di trasporto e logistica”, le strategie concernenti le diverse modalità di trasporto.

Come nell’allegato al DEF 2016, anche nel documento in commento si ribadisce l’obiettivo centrale di garantire l’accessibilità ai principali nodi del sistema nazionale (con specifico riferimento alle aree urbane e metropolitane, ma anche alle aree industriali e ai centri culturali e turistici) per poi connettersi, tramite questi, ai corridoi europei, rilanciando sostanzialmente il ruolo strategico dei nodi rispetto ai quali maggiore si è dimostrato il gap rispetto alle grandi aree urbane europee. Di qui l’attenzione allo sviluppo della mobilità sostenibile, considerata in tutti i suo aspetti costitutivi (ambientale, sociale, economica), e realizzata attraverso sistemi rapidi di trasporto di massa (tram e metropolitane), mobilità ciclopedonale e mobilità condivisa (car sharing, bike sharing, ecc.).

Si conferma inoltre la nuova strategia delle politiche infrastrutturali che riconosce l’importanza della garanzia dei livelli minimi di accessibilità anche nelle aree più periferiche, obiettivo che si va ad aggiungere al collegamento con il Mediterraneo e con le reti TEN-T.

È inoltre ribadito l’obiettivo del riequilibro modale a favore di modalità di trasporto sostenibili, ferroviarie e marittime e la riduzione delle quote modali di mobilità su gomma, che verrà perseguito mediante l'incentivazione di misure ad hoc mirate all'incremento dell'offerta e della qualità dei servizi.

Trasporto pubblico locale

Nell’allegato si conferma, come già segnalato anche nell’allegato al DEF 2016, il forte ritardo accumulato dall’Italia nello sviluppo delle reti di trasporto collettivo, urbane e metropolitane. Nonostante i costi sostenuti, principalmente in attuazione della legge n. 211 del 1992, che ha assicurato, anche attraverso successivi rifinanziamenti, ingenti risorse pubbliche per la realizzazione di infrastrutture per il trasporto rapido di massa (tranvie e metropolitane innanzi tutto, ma anche ferrovie urbane) il gap con i principali centri urbani europei non si è ridotto. Il Documento segnala le criticità connesse all’attuazione della citata legge, formulando rilievi non difformi da quelli presenti nella Relazione della Corte dei conti concernente lo stato di realizzazione dei sistemi di trasporto rapido di massa a guida vincolata e di tranvie veloci nelle aree urbane (l. 26 febbraio 1992, n. 211) pervenuta al Parlamento il 5 aprile 2017.

 

I principali elementi di criticità rilevati sono i seguenti: carenza di programmazione nel settore del trasporto pubblico locale, carenza di competenze specifiche negli enti locali per la gestione di grandi infrastrutture, progettazioni non approfondite e coordinate, inattendibilità delle fonti di cofinanziamento (in molti casi la copertura finanziaria è stata oggetto di rimodulazioni il che ha portato forti criticità in fase l’affidamento dei lavori), difficoltà di reperimento risorse per l’esercizio dell’infrastruttura.

 

Anche il parco mezzi risulta più vecchio rispetto alla media dei Paesi europei (es. l'età media degli autobus italiani è di 11,4 anni contro i 8,3 in Europa) elemento che contribuisce a determinare il maggior uso dell'autovettura in Italia rispetto alle altre realtà europee (il dato è pari al 64% nelle 14 città più grandi italiane contro il 43% della media europea nelle città con oltre 250.000 abitanti).

Il documento analizza poi l’offerta di mobilità del trasporto rapido di massa per le 14 Città metropolitane, che comprende le metropolitane, le tramvie e il servizio ferroviario metropolitano: di quest’ultimo sono dotate oggi Torino, Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Catania. Il Governo considera strategici i Servizi Ferroviari Metropolitani per la generalità delle città metropolitane, anche in quanto rappresentano, insieme ai servizi regionali, il complemento necessario per aggregare livelli di domanda adeguata sui servizi AVR (alta velocità di rete) nelle diverse parti del paese.

Il Servizio Ferroviario Metropolitano (SFM) opera soprattutto nelle aree metropolitane (e non solo aree urbane come la metropolitana), condivide le infrastrutture con il Servizio Ferroviario Regionale, ma ha caratteristiche più simili al servizio metropolitano (come ad esempio la distanza tra le diverse fermate, la frequenza, l’omogeneità, ecc). Con il proseguimento della costruzione della rete AV e AVR (alta velocità di rete), anche altre città metropolitane come ad esempio Genova, Venezia e Bari dovranno potenziare ed investire sullo sviluppo dell’attuale servizio ferroviario, realizzando un SFM. Le esperienze estere (Germania, Svizzera, Austria e diverse città francofone) evidenziano che questi sistemi costituiscono spesso una risposta molto efficace alle esigenze di mobilità delle grandi aree metropolitane, con costi relativamente ridotti, in quanto sono in grado di valorizzare il patrimonio infrastrutturale esistente, con integrazioni talora impegnative (ad esempio i Passanti urbani) ma di estensione ridotta.

 

Nell’allegato sono delineate le strategie di intervento volte ad incidere fortemente sulla situazione. Si tratta in particolare del Piano Metro e della Strategia per il rinnovo dei mezzi destinati al trasporto pubblico locale.

 

Il Piano Metro per le aree metropolitane prevede gli interventi prioritari necessari al completamento di alcune infrastrutture di trasporto ferroviario urbano, sia metropolitano che tramviario: completamento di linee avviate, nuovi itinerari, miglioramento dei servizi e dei mezzi. In particolare viene citato l’avvio di un progetto per migliorare l’integrazione tra le reti esistenti su ferro e tra queste e quelle su gomma, con l’obiettivo quindi di creare un sistema di trasporto collettivo nelle città metropolitane che integri le reti ferroviarie di competenza di RFI e regionali con le metropolitane e con il trasporto su gomma interurbano.

Il Piano prevede 21 interventi, da finanziare sulla base dei criteri di priorità nell’ambito dei piani della mobilità urbana sostenibile, con una dotazione finanziaria di 1,218 miliardi di €. Esso integra gli interventi previsti da diversi strumenti di programmazione che fanno capo al MIT: i Contratti di Programma ferroviari e stradali, il PON infrastrutture e reti 2014-2020, i “Patti per il Sud” sottoscritti dal Governo con Presidenti di Regione e i Sindaci.

 

La Strategia nazionale per il rinnovo del materiale rotabile per il trasporto pubblico locale prevede il rinnovo straordinario del parco mezzi (autobus, treni, ecc.), che consenta una riduzione significativa dell’anzianità media per raggiungere la media europea. Tale intervento è ricordato tra quelli necessari al conseguimento del target di riduzione del 13% dei gas serra previsto dall’appendice 4 al Piano nazionale delle riforme.

Si prevede che complessivamente, nel quadriennio 2017-2020 entreranno in circolazione 210 nuovi treni, e circa 10.000 autobus sostituiranno il parco mezzi obsoleto. A tal fine sono previsti i seguenti finanziamenti:

§  350 milioni di euro per gli anni 2015 e 2016 ripartiti tra le regioni ed altri 150 disponibili per il triennio 2017-2019;

§  640 milioni di euro aggiuntivi stanziati dalla legge di stabilità per il 2016 che ha istituito il Fondo per l’acquisto, la riqualificazione elettrica, il noleggio dei mezzi del trasporto pubblico locale e regionale ;

§  La legge di Bilancio 2017 ha incrementato la dotazione del Fondo di 200 milioni di Euro per l’anno 2019 e di 250 milioni di euro per ciascun anno dal 2020 al 2033;

§  2 milioni di euro per l’anno 2017 e 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 per aumentare la competitività delle imprese produttrici di beni e servizi nella filiera dei mezzi di trasporto pubblico su gomma e dei sistemi intelligenti per il trasporto;

§  800 milioni di euro per il rinnovo del materiale rotabile ferroviario regionale e interregionale e 200 milioni di euro per il rinnovo del parco autobus TPL, previsti dal Piano Operativo MIT approvato dal CIPE il 1° dicembre 2016, a valere sulle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione (11,5 miliardi di euro complessivi);

§  Le risorse già definite dal PON Metro nelle città metropolitane e nelle regioni del Sud.

 

Si prevede la sperimentazione di modalità centralizzate di acquisto dei mezzi e la costituzione di una società specializzata nel settore del materiale ferroviario regionale, con il coinvolgimento di capitali privati per la realizzazione degli investimenti. Nel PNR del DEF 2017 si specifica che è in via di definizione, e riguarderà nove lotti del valore di 255 milioni di euro, la procedura Consip per l’acquisto centralizzato di 1.600 nuovi autobus a livello nazionale.

 

Sempre con riferimento alla materia del trasporto pubblico locale deve essere rilevato come il DEF e l’appendice C al piano nazionale di riforma (sintesi delle misure di risposta alle CSR 2016) diano conto del fatto che lo schema di decreto legislativo avente ad oggetto la riforma dei servizi pubblici locali, approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri a fine novembre 2016, che conteneva molteplici norme concernenti la materia del trasporto pubblico locale e che innovava profondamente, soprattutto (ma non esclusivamente) le procedure di affidamento di tale servizio pubblico, a seguito della pronuncia di illegittimità costituzionale n. 251/2016, non è stato emanato. Il Governo riferisce che le norme ivi contenute saranno recuperate “attraverso veicolo normativo apposito”.

Trasporto ferroviario

Il PNR del DEF 2017 cita “la cura del ferro” tra le attività in fase di realizzazione. Questa comprende, tra l’altro, il contratto di programma con RFI per il potenziamento e alla velocizzazione delle infrastrutture ferroviarie esistenti, la manutenzione e la messa in sicurezza della rete ANAS, lo sviluppo dei fast corridor ed il contributo Ferrobonus per il trasporto ferroviario intermodale.

 

Per quanto riguarda poi le strategie nel trasporto ferroviario l’allegato prevede le seguenti:

§  Completamento dei valichi alpini e raccordo con porti e rete AV-AVR;

§  Estensione della rete Alta Velocità di Rete (AVR);

§  Adeguamento delle maglie dei collegamenti intercittà per l’accessibilità territoriale;

§  Corridoi merci per collegamenti di distretti, porti, valichi;

§  Sviluppo sistemi regionali e metropolitani (eliminazione colli di bottiglia).

 

Nello SNIT di primo livello, che comprende le direttrici ferroviarie di interesse nazionale (48 tratte per circa 8.800 km, pari al 44% della rete ferroviaria nazionale) sono individuati tre obiettivi:

§  la diffusione a rete dei servizi ferroviari ad alta velocità, in modo da ampliarne la connettività a livello nazionale;

§  l’integrazione di questi servizi con il trasporto regionale, destinato a svolgere un ruolo primario anche a supporto della mobilità metropolitana;

§  il potenziamento delle connessioni merci con i porti e gli inland terminal, con progressiva estensione dei servizi di maggiore qualità e produttività ai principali comparti industriali dell’Italia peninsulare.

 

L’Italia può contare un elevato numero di terminali terrestri (interporti, terminali intermodali, piattaforme logistiche, raccordi industriali) che si aggiungono ai terminali ferroviari portuali. Di questi, 15 appartengono alla rete core TEN-T, classificati come RRT (Rail Road Terminal), e 13 sono interporti. il sistema interportuale italiano non è costituito da un insieme di infrastrutture omogenee per dotazione infrastrutturale e volumi di traffico serviti: accanto a numerosi nodi di dimensioni contenute e con traffici ferroviari minimi, si trovano alcune eccellenze a livello europeo come l’Interporto Quadrante Europa di Verona, che “con oltre 50 treni al giorno di media rappresenta uno dei grandi gateway intermodali collocati nel nord del paese a servizio dei traffici internazionali”.

 

Gli obiettivi prestazionali per lo SNIT di primo livello si concentrano su tre programmi di adeguamento: in primo luogo sullo sviluppo tecnologico delle reti ferroviarie per aumentarne prestazioni e capacità: realizzazione di sistemi per il controllo della marcia del treno (SCMT), di segnalamento e tecnologie rivolte all’interoperabilità delle reti (ERTMS), nonché all’aggiornamento dei sistemi di telecomunicazione e GSM-R.

Vi è poi un secondo programma di interventi in materia di sicurezza e ambiente, che mira sia a garantire la sicurezza in galleria, che a mitigare gli impatti ambientali attraverso interventi di risanamento acustico. Il programma include anche le soppressioni dei passaggi a livello e le misure di sicurezza sotto il profilo sismico ed idrogeologico.

Vi è infine la valorizzazione turistica delle ferrovie minori in funzione della fruizione paesaggistica e dell’accessibilità ai siti di maggior interesse turistico ricettivo.

Il programma strategico per lo sviluppo della rete ferroviaria include anche un insieme di interventi su singole direttrici e su reti regionali, che costituiscono lo SNIT di secondo livello.

Con riferimento alla sicurezza delle reti ferroviarie regionali, considerata una priorità assoluta, dall’allegato è previsto uno specifico Piano Nazionale, cui sono state assegnate risorse per 300 milioni di euro. Tale Piano si rende necessario a seguito del trasferimento all’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie (ANSF) del controllo della sicurezza delle reti ferroviarie regionali non isolate (o “interconnesse”), in modo da assicurare anche per tali reti criteri tecnologici di sicurezza, omogenei sull’intero territorio nazionale, ovvero in mancanza di tali dispositivi, di misure gestionali.

 

I dati del trasporto ferroviario

 

Per quanto riguarda il traffico passeggeri, l’allegato evidenzia che il sistema ferroviario nazionale ha trasportato oltre 52 miliardi di passeggeri-km nel 2015, con un incremento del 5,3% rispetto al 1990, e di +8,1% rispetto al 2000. Il traffico ferroviario di medio-lungo raggio è diminuito dal 2000 al 2010 di oltre il 20%, sia per la concorrenza dei voli lowcost che per la riduzione degli intercity, nonostante il raddoppio del traffico sull’alta velocità. Questa tendenza si è invertita per la negli ultimi 5 anni per la riduzione delle tariffe derivante dalla liberalizzazione del settore dell’Alta Velocità, il cui traffico è cresciuto del 57%, determinando un incremento del 16% sull’insieme del traffico ferroviario di lunga percorrenza. Nei principali Paesi europei peraltro, i tassi di crescita sono più rilevanti, talora superiori al 50% nel corso dell’intero periodo.

Il traffico ferroviario regionale il 2000 ed il 2010 ha registrato una crescita del 20%, seguita però negli ultimi cinque anni da un rallentamento (+6%).

 

Elementi di maggiore criticità emergono nel trasporto ferroviario delle merci che, con 20,8 miliardi di tonnellate-km trasportati nel 2015 dall’insieme delle imprese ferroviarie, vede un decremento del 2,1% rispetto al 1990, e del 17,1% rispetto al 2000, anche in relazione alla crisi economica 2008-2009.

Anche se in altri Paesi UE gli effetti sono stati riassorbiti più velocemente e la Germania registra un +40% di traffici dal 2000, a partire dal 2009 si è verificata in Italia una graduale ripresa, principalmente per la crescita delle nuove imprese ferroviarie non facenti parte del Gruppo FSI, che sono entrate nel settore e la cui quota di mercato è passata, tra il 2006 ed il 2011,dal 5% al 34%.

 

Si ricorda che il 19 dicembre 2016 la Commissione Europea ha approvato gli incentivi per il trasporto ferroviario merci, previsti dalla legge di Stabilità 2016. Il regime di sostegno del trasporto ferroviario delle merci (rif. UE: SA.45482), mira a stimolare lo spostamento del traffico merci dalla strada alla rotaia in Italia tramite la concessione di sussidi per gli operatori del trasporto ferroviario, in particolare nell'Italia meridionale; il regime è aperto a tutte le compagnie ferroviarie che operano nel mercato italiano del trasporto merci. Ha una dotazione di 255 milioni di euro (triennio 2016-2018).

Trasporto intermodale (Marebonus e Ferrobonus)

Il PNR del DEF 2017 cita “la cura del ferro e dell’acqua” tra le attività in fase di realizzazione che mirano ad incentivare modalità di trasporto sostenibili attraverso il ricorso al trasporto ferroviario e marittimo per i traffici su scala nazionale ed internazionale. Si cita sia il contributo Ferrobonus per il trasporto ferroviario intermodale che il fondo Marebonus nell’ambito del completamento in corso del Piano della Portualità e della logistica previsto entro il 2017.

 

Si ricorda che il Ferrobonus (rif. UE: SA. 44627) approvato a novembre 2016 dalla Commissione europea, è un incentivo per l'uso del trasporto intermodale e del trasporto trasbordato da e verso nodi logistici ed interporti italiani, attraverso un incentivo rivolto alle imprese committenti di servizi ferroviari ed agli operatori multimodali ferroviari. La Legge di Stabilità 2016 ha stanziato risorse pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2016-2018.

Il 19 dicembre 2016 la Commissione Europea ha poi approvato a sostegno del trasporto merci il Marebonus (rif. UE: SA. 44628) previsto dalla legge di Stabilità 2016, che prevede un incentivo ai trasportatori marittimi per l'avvio di nuovi servizi marittimi o per migliorare i collegamenti marittimi esistenti in arrivo e in partenza da porti situati in Italia, parametrato alla strada evitata in territorio nazionale relativamente a progetti per migliorare la catena intermodale e decongestionare la rete viaria. Ha una dotazione di 138,4 milioni di euro per le annualità 2016/2018: 45,4 milioni nel 2016, 44,1 milioni nel 2017 e 48,9 nel 2018.

Trasporto aereo

Anche le strategie concernenti il trasporto aereo sono descritte nell’allegato. Nell’ambito del documento si rileva da un lato il sostanziale allineamento del traffico italiano passeggeri rispetto a quello europeo, dall’altro la storica debolezza nel trasporto merci, che risulta tuttavia in crescita rispetto all’anno scorso in termini superiori alla media europea. Quanto alle criticità il documento rileva, per quanto riguarda l’air side, che le problematiche principali sono collegate alla congestione degli aeroporti principali e alla dimensione crescente degli aeromobili. Per quanto riguarda il land side la questione di maggior rilievo è relativa alla realizzazione di efficienti collegamenti ferroviari diretti con l’aeroporto.

Nel documento si provvede inoltre a riconciliare, ai fini della definizione della rete aeroportuale di primo e secondo livello dello SNIT, quanto previsto dal Piano nazionale degli aeroporti con la classificazione europea della rete core con riferimento agli aeroporti nazionali.

 

Con il piano nazionale degli aeroporti sono individuati 38 aeroporti di interesse nazionale all’interno di 10 bacini territoriali e, all’interno di questo novero, 12 aeroporti qualificati di importanza strategica che sono stati individuati per ciascun bacino territoriale, con l’eccezione del bacino Centro Nord nel quale ne sono stati individuati due: l’aeroporto di Bologna ed il sistema aeroportuale Pisa/Firenze in base alle caratteristiche morfologiche del territorio e ai dati di traffico. La qualificazione di importanza strategica è stata attribuita considerando in primo luogo l’inserimento nel core network della rete transeuropea dei trasporti TEN-T e nel caso di più aeroporti core presenti nello stesso bacino, privilegiando i gate intercontinentali (che sono nel complesso tre Milano Malpensa, Roma Fiumicino e Venezia). Nel caso di mancanza di aeroporti core nel bacino si è scelto l’aeroporto della rete comprehensive della rete transeuropea con maggiori movimenti di traffico.

 

In particolare lo SNIT ricomprende i 38 aeroporti di interesse nazionale, inserendo nel primo livello i 16 aeroporti identificati come core nella rete TEN-T (si tratta degli aeroporti di: Roma Fiumicino, Milano Malpensa, Bergamo Orio al serio, Milano Linate, Venezia, Catania, Bologna, Napoli, Palermo, Pisa, Bari, Torino, Cagliari, Lamezia Terme, Firenze e Genova).

 

Nell’ambito degli interventi delineati nello SNIT sono indicati quattro programmi fondamentali:

§  il programma cargo aereo, per sostenere il rafforzamento del trasporto aereo merci;

§  lo sviluppo dell’accessibilità su ferro per agevolare la connessione agli aeroporti di primo livello secondo lo SNIT per il tramite della rete ferroviaria;

§  interventi per ottimizzare la capacità air side volti a rafforzare, ad infrastruttura invariata, la capacità dell’aeroporto;

§  interventi per la realizzazione di nuove piste e per aumentare il livello di sicurezza e di comfort negli aeroporti.

Trasporto marittimo

Con riferimento al trasporto marittimo dopo l’approvazione del Piano nazionale della portualità e della logistica, è stato emanato il decreto legislativo n. 169 del 2016, che ha profondamente modificato la legge n. 84 del 1994 e che ha istituito, al posto delle vecchie autorità portuali, autorità portuali di sistema in numero minore (15 al posto delle attuali 24). La disposizione ha altresì previsto modifiche significative sotto il profilo della governance (istituzione del comitato di gestione portuale connotato da un minor numero di componenti rispetto al precedente comitato portuale e del tavolo di partenariato della risorsa mare con funzioni consultive e partecipative) e una semplificazione della procedure. Il Governo sta completando le procedure di nomina dei nuovi presidenti delle Autorità di sistema portuale (sono già stati individuati 12 presidenti delle nuove Autorità di sistema portuale). Nell’allegato si fa esplicito riferimento all’istituzione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del Tavolo nazionale di coordinamento delle 15 Autorità di Sistema Portuale presieduto dal Ministro delle Infrastrutture con compiti di coordinamento della politica portuale nazionale. Si precisa inoltre che le 15 Autorità di sistema portuale rappresentano i nodi di primo livello dello SNIT.

La Mobilità ciclistica

Una delle novità più rilevanti contenuta nell’allegato è rappresentata dall’inserimento dei percorsi ciclistici nell’ambito delle infrastrutture di primo livello del nuovo SNIT. Infatti lo SNIT 2001 non comprendeva le ciclovie tra le reti infrastrutturali.

A livello europeo è stata istituita una rete ciclabile TEN-T denominata Eurovelo che risulta essere composta da 15 itinerari transnazionali per un’estensione di circa 70.000 km di cui 40.000 già esistenti. L’Italia è attraversata da tre di questi itinerari.

Il finanziamento delle reti cicloviarie e delle ciclostazioni è previsto, nell’ambito della legge di bilancio 2016 e della legge di bilancio 2017. In particolare l'articolo 1, comma 640, della legge n. 208 del 2015 ha previsto un finanziamento per la progettazione e la realizzazione di un sistema nazionale di ciclovie turistiche, con priorità per i percorsi Verona-Firenze (Ciclovia del Sole), Venezia-Torino (Ciclovia VENTO), da Caposele (AV) a Santa Maria di Leuca (LE) attraverso la Campania, la Basilicata e la Puglia (Ciclovia dell'acquedotto pugliese) e Grande raccordo anulare delle biciclette (GRAB di Roma), nonché per la progettazione e la realizzazione di ciclostazioni e di interventi concernenti la sicurezza della circolazione ciclistica cittadina. La spesa autorizzata è stata pari a 17 milioni di euro per l'anno 2016 e a 37 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018. L'articolo 1, comma 144, della legge n. 232 del 2016 ha poi integrato la citata autorizzazione di spesa autorizzando l'ulteriore spesa di 13 milioni di euro per l'anno 2017, di 30 milioni di euro per l'anno 2018 e di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2024.

Nell’ottica di favorire la realizzazione di tali reti infrastrutturali, considerate come strumento per l’accessibilità dei territori nonché come volano per la diffusione della conoscenza delle bellezze del territorio italiano, nel documento si dà conto dei diversi interventi già in essere per assicurare un adeguato sviluppo delle infrastrutture. In primo luogo è ricordato il Decreto Ministeriale n. 85 del 14 marzo 2017 con cui è stato costituito presso la Direzione Generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali un gruppo di lavoro finalizzato a definire gli standard e i requisiti minimi che le ciclovie devono possedere su tutto il territorio nazionale. Si ricorda anche la firma dei protocolli d'intesa tra il MIT e gli altri livelli istituzionali coinvolti per la progettazione e la realizzazione delle prime ciclovie turistiche nazionali sopra indicate. Il 13 febbraio 2017 il Ministero, come ricorda anche il Documento, ha annunciato che anche l'anello ciclabile del Garda sarebbe entrato nel sistema nazionale delle ciclovie turistiche.

In termini di prospettiva il documento dà conto del fatto che sono in fase di progettazione ulteriori ciclovie (Ciclovia Sarda; Ciclovia Magna Grecia; Ciclovia Tirrenica; Ciclovia Adriatica e Ciclovia Trieste – Venezia).

Si segnala, in relazione a questo ambito di intervento, che è in fase di avanzata istruttoria in Commissione Trasporti la proposta di legge Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica (A.C. 2305 e abbinate) volta proprio ad istituire una rete nazionale ciclabile e ad individuare le modalità per lo sviluppo della stessa.

Trasporto stradale

L’allegato individua specifici interventi e l’attivazione di programmi organici volti a risolvere criticità diffuse, che riguardano: la conservazione, la valorizzazione, l’adeguamento agli standard funzionali e di sicurezza; il potenziamento tecnologico e la digitalizzazione (Smart Road); il ripristino e la messa in sicurezza delle infrastrutture a rischio sismico; il decongestionamento di tratte autostradali e aree metropolitane.

Agli interventi di manutenzione e adeguamento della rete stradale di 1° livello sono dedicati specifici stanziamenti nell’ambito del contratto di programma ANAS.

Per quanto riguarda il ripristino e la messa in sicurezza delle infrastrutture a rischio sismico, si prevede l’adeguamento delle autostrade A24 e A25 e la messa in sicurezza delle aree terremotate.

3.10. Competitività e concorrenza

In linea con le osservazioni formulate a febbraio 2017 dalla Commissione UE nel Country Report nell’ambito del ciclo di monitoraggio specifico degli squilibri macroeconomici del nostro Paese, il Governo dichiara come obiettivo prioritario del Governo e della politica di bilancio delineata nel DEF quello di innalzare stabilmente la crescita e l’occupazione, nel rispetto della sostenibilità delle finanze pubbliche. In tale senso, è intenzione espressa, accanto al rilancio degli investimenti pubblici, quella di proseguire nell’azione di rafforzamento della capacità competitiva delle imprese italiane, nel solco degli interventi disposti negli ultimi tre anni.

Secondo il PNR, le misure intraprese per sostenere i fattori produttivi (ivi inclusa la produttività del lavoro nell’ambito del cd. “Jobs Act”) sono state finalizzate alla crescita dimensionale e all’internazionalizzazione delle imprese, e ad aprire il Sistema Italia all’attrazione di capitali e persone dall’estero.

Inoltre, per il sostegno agli investimenti di famiglie ed imprese, il DEF dichiara di importanza cruciale il ruolo del sistema bancario, sebbene rilevi come l’introduzione e la promozione di nuovi canali e strumenti di finanziamento dovrebbe ridurre la dipendenza degli intermediari finanziari esclusivamente bancari.

Il Governo osserva in proposito come il livello degli investimenti nel nostro Paese risulti ancora troppo basso e le riforme avviate per il loro rilancio – molte delle quali sono inquadrate nel cd. “Piano Industria 4.0” – vengono indicate come la chiave del rilancio competitivo del paese nei prossimi anni.

Nel Country Report di febbraio 2017, la Commissione UE ha aggiornato l’esame approfondito condotto nell’ambito del monitoraggio degli squilibri macroeconomici nei confronti dell’Italia (l’Italia è sottoposta all’esame approfondito sulla base di quanto previsto nella Relazione 2017 sul meccanismo di allerta presentata a novembre 2016 ex artt. 3 e 4 Reg. (UE) n. 1176/2011 {SWD (2016) 354 final}).

All’origine degli squilibri macroeconomici dell’Italia e dell’andamento dell’economia italiana più negativo rispetto a quello della zona euro vi sono, secondo la Commissione, debolezze di tipo strutturale. Tra queste, la debole crescita della produttività connessa alle caratteristiche del sistema imprenditoriale nazionale. Esso è costituito da imprese di piccole e medie dimensioni, che nel contesto dell’“economia commerciale non finanziaria” generano il 79% di tutti i posti di lavoro, i cui investimenti in ricerca e sviluppo continuano ad essere notevolmente inferiori alla media UE e i cui tassi di crescita dimensionale sono più lenti di quelle dei paesi UE comparabili. Tra i fattori di debolezza vi sono poi gli oneri e gli adempimenti amministrativi a carico delle imprese, che rimangono elevati, le inefficienze del sistema giudiziario per le imprese, la forte contrazione che hanno subito i crediti delle banche alle imprese.

La Commissione richiama alcuni progressi compiuti dall’Italia, grazie anche alle riforme in corso, nel perseguimento dell’obiettivo di aumentare la produttività e la competitività di costo e non di costo del Paese, anche attraverso una riduzione del carico fiscale sui fattori produttivi (lavoro e capitale), il sostegno del credito e gli investimenti innovativi.

Purtuttavia, rileva come siano necessari ulteriori progressi per migliorare le prospettive di crescita del Paese. In questo quadro, la Commissione rileva come nessun progresso sia stato fatto per ciò che attiene all’adozione della legge annuale della concorrenza 2015 (cfr. infra).

 

Ostacoli strutturali agli investimenti, produttività e competitività dell’Italia nel Country Report 2017 della Commissione UE

Il Rapporto della Commissione rileva che il contesto italiano è più complicato per svolgere un’attività imprenditoriale rispetto ad economie ad esso comparabili. La Commissione cita inoltre l’indicatore “Fare impresa” 2016 della Banca mondiale, che colloca l’Italia al 50° posto su 190 economie e al quart’ultimo posto nelle economie dell’UE.

Figura 20 - Facilità di fare impresa nel 2017

 

In particolare, la struttura produttiva del nostro Paese, che secondo la Commissione, non si è sviluppata ed adattata in misura sufficiente alla concorrenza accresciuta a livello mondiale e all’innovazione tecnologica che hanno caratterizzato gli ultimi decenni, rimane sbilanciata a favore di industrie a medio e basso contenuto tecnologico.

Il vantaggio concorrenziale dell’Italia continua ad essere concentrato in settori tradizionali quali il tessile, le calzature, il pellame e i prodotti in metallo (per le merci) e il turismo (per i servizi).

La Commissione rileva, comunque, come alcune misure per migliorare le prestazioni del sistema produttivo in termini di innovazione siano state adottate dal nostro Paese, e cita in proposito il Piano Industria 4.0, presentato a settembre 2016 e parzialmente attuato con la Legge di bilancio 2017 (legge n. 232/2016), nell’ambito del quale rientra anche l’implementazione delle misure di sostegno alle startup innovative, la cui legislazione del 2012 ha già registrato risultati positivi. Nell’ambito del Piano rientra anche il rifinanziamento e l’estensione dell’ambito oggettivo e temporale (fino al 2018) di operatività della cd. Nuova Sabatini, misura questa che copre parte degli interessi a carico delle MPMI sui finanziamenti bancari agevolati per gli investimenti in nuovi macchinari e in nuove attrezzature.

 

La debole crescita della produttività totale dei fattori rispetto ai Paesi comparabili della zona euro è fattore che contribuisce in larga misura per l’Italia – secondo la Commissione – ai tassi di crescita del PIL più bassi rilevati rispetto al resto della zona euro.

Figura 21 - Contabilità della crescita dell'Italia per periodo

 

Con la debole crescita della produttività è più difficile colmare il divario di competitività dei prezzi e dei costi nei confronti dei partner commerciali, nonostante il mantenimento della moderazione salariale. Il deprezzamento dell’euro, comunque, rileva sempre la Commissione, ha sostenuto la stabilizzazione dell'andamento delle esportazioni in Italia negli ultimi anni, assieme ai contenuti aumenti dei prezzi alla produzione e dei costi unitari del lavoro.

Altro elemento di criticità rilevato nel Country Report è la capacità delle banche di sostenere gli investimenti e, dunque, il credito al sistema imprenditoriale.

Le banche – attualmente gravate da un consistente stock di crediti deteriorati a seguito della crisi prolungata – potrebbero non essere in grado – secondo la Commissione UE - di sostenere pienamente un’efficiente ripresa creditizia.

In proposito viene evidenziato che il settore delle imprese non finanziarie rappresenta poco più del 70% dei crediti lordi (in termini di valore).

In un contesto, come quello italiano, in cui l’accesso delle imprese ai finanziamenti dipende ancora in misura eccessiva dai prestiti alle banche ed i mercati dei capitali sono poco sviluppati, le condizioni di credito permangono rigorose, in particolare per le PMI e per il settore edile, nonostante la significativa riduzione del costo nominale dei prestiti dovuto alla politica espansiva della BCE e le misure avviate per ridurre lo stock di crediti deteriorati.

Le condizioni di finanziamento ancora rigide sono alcuni dei fattori di ostacolo alla ripresa degli investimenti, dopo il netto calo da essi registrato durante la crisi.

Il calo degli investimenti durante la crisi ha riguardato tutti i settori, ma gli investimenti produttivi sono diminuiti in misura maggiore che in tutta la zona euro. Esso inoltre è stato più rapido rispetto alla maggior parte degli Stati membri. In particolare, nel settore privato, gli investimenti di società non finanziarie sono scesi dal 10,7% del PIL nel 2007 all’8,6 % nel 2015.

La debolezza della domanda, l’incertezza, le condizioni di finanziamento ancora rigide ed i ridotti margini di utile dei fattori frenano, secondo la Commissione un’ampia ripresa degli investimenti e degli investimenti diretti esteri.

Quali misure di contrasto adottate dall’Italia avverso la riduzione del credito, la Commissione UE ricorda gli interventi, a partire dal 2012, finalizzati ad una diversificazione delle fonti finanziamento e al sostegno ai finanziamenti alle imprese, in particolare, la disciplina dell’Aiuto alla crescita economica (ACE), i cd. “mini-bond” e il Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese.

Il Fondo è stato da ultimo rifinanziato (895 milioni di euro per il 2016 + ulteriori 100 milioni derivanti dal PON “Imprese e competitività”) con il D.L. n. 193/2016.

È inoltre in corso una procedura di riforma dei meccanismi di sostegno del Fondo, che in sostanza si prefigge l’adozione di un modello di valutazione del merito creditizio delle imprese, che sostituirà l’attuale sistema di credit scoring, con un meccanismo simile ai modelli di rating utilizzati dalle banche secondo quanto già avviene dall’articolo 2, comma 6 del D.L. n. 69/2013, in materia di sostegno del Fondo di garanzia sulle operazioni agevolate a valere sulla cd. Nuova Sabatini. Inoltre, la Legge di bilancio 2017 (legge n. 232/2016) ha esteso a tutte le piccole e medie imprese l’operatività della disciplina dei portali online per la raccolta di capitali, prima riservata alle start-up innovative e alle PMI innovative.

La Commissione comunque rileva che le carenze strutturali cui si sta gradualmente ovviando, continuano tuttavia ad essere di ostacolo agli investimenti.

Per ciò che concerne la competitività del sistema imprese, il “cronoprogramma delle riforme” (contenuto nell’Appendice A) del PNR 2017 e le “azioni strategiche” del PNR 2017 non prospettano nuove iniziative riformatrici rispetto a quelle già avviate o definite e in via di attuazione e completamento, tranne che per ciò che attiene:

§  all’adozione della nuova Strategia energetica nazionale (entro il 2017) - con la presentazione di un nuovo provvedimento in materia energetica - che viene significativamente inclusa nelle riforme per accrescere la competitività del sistema;

§  all’efficienza del processo civile (entro il 2017);

§  alla approvazione (entro giugno 2017) della legge sulla concorrenza 2015 e alla presentazione di un nuovo disegno di legge sulla concorrenza 2017 (entro il 2017-2018) (cfr. infra).

 

Rispetto al cronoprogramma contenuto nel DEF 2016 e nella Nota di aggiornamento al DEF 2016, non è più prevista, nel PNR 2017, l’adozione di un Piano ad hoc per il rilancio del manifatturiero (cd. Piano manifattura Italia), sebbene, comunque, l’obiettivo di incentivare la manifattura digitale rientri tra le linee direttrici del Piano Industria 4.0 (cfr. infra).

 

Per ciò che concerne le riforme già avviate, il PNR rileva che i vari interventi sulla struttura dell’economia già deliberati dispiegheranno i loro effetti nel medio lungo periodo.

In apposita Tabella, sono fornite indicazioni circa il progresso delle riforme già adottate, suddivise per aree di policy, dando a ciascuna di essa una valutazione dell’impatto sulla competitività, sulla base di un indicatore del livello di progresso definito dal MEF (CRPI Competitiveness Relevance progress Indicator)[109].

Tabella 43 - Implementazione delle riforme suddivise per aree di policy

Fonte: PNR 2017

Tabella 44 - Indicatore di rilevanza sulla competitività per aree di policy

Fonte: PNR 2017

 

Il PNR 2017 descrive inoltre in dettaglio le azioni intraprese a sostegno della competitività e della crescita, dando indicazione dell’impatto macroeconomico delle stesse misure nel medio lungo periodo. Nella valutazione dell’impatto[110] sono incluse le riforme del Governo, varate o in corso di approvazione (come il disegno di legge annuale sulla concorrenza).

Talune delle riforme incluse nella valutazione di impatto risultavano già richiamate nei precedenti documenti programmatori, talaltre sono state invece adottate recentemente, con Legge di bilancio 2017, e attengono essenzialmente al pacchetto dei provvedimenti inquadrato nel Piano “Industria 4.0”.

Il DEF 2017 ascrive alle riforme strutturali complessivamente intese un incremento del PIL, rispetto allo scenario di base, pari al 2,9% dopo cinque anni e al 4,7% dopo dieci anni dall’introduzione delle riforme. Nel lungo periodo l’effetto complessivo stimato sul prodotto è di circa il 9,9%.

Le riforme alle quali sono ascritti i maggiori effetti sono le misure rientranti nel pacchetto “Industria 4.0”, cui è ascritto un effetto implementare del PIL pari al +1,2 percento dopo cinque anni, a +1,9 percento dopo 10 anni e al 4,1 percento nel lungo periodo.

Nell’ambito di tale pacchetto, sono inclusi:

§  le misure per gli investimenti innovativi (+ 0,6 percento del PIL a cinque anni e +1,1 percento a lungo termine) contenuti principalmente nella legge di bilancio 2017 e nel D.L. n. 193/2016. Tra esse, è incluso il potenziamento del credito di imposta in ricerca e sviluppo, le misure relative all’iperammortamento, la proroga per un anno del superammortamento, le misure concernenti il premio di produttività ed il welfare aziendale.

Secondo il PNR, il peso delle misure considerate è pari all’83 percento dei fondi stanziati per “Industria 4.0”.

Le misure per gli investimenti innovativi (cfr. Allegato B al PNR) racchiudono altresì il rifinanziamento del Fondo centrale di garanzia per le PMI, e il rafforzamento delle misure per le startup e PMI innovative, nonché il Piano straordinario per il made in Italy, già adottato con il D.L. n. 133/2014 e rifinanziato con la legge di stabilità 2017.

§  gli interventi cd. di “finanza per la crescita” (+ 0,5 percento del PIL a cinque anni e +1,9 percento a lungo termine), tra i quali i maggiori effetti sono ascritti alle misure di cui alla legge di bilancio 2017, concernenti l’esenzione in materia di tassazione dei redditi da capitale per gli investimenti in attività finanziarie da parte dei fondi di previdenza sociale e fondi pensione integrativi, e i Piani individuali di Risparmio (PIR), con le agevolazioni fiscali per gli investimenti nei suddetti Piani (+ 0,3 percento del PIL a cinque anni e +0,9 percento a lungo termine).

Si osservi che nell’Allegato B al PNR, nell’ambito degli interventi finanza per la crescita è indicato, anche qui, il Fondo centrale di garanzia per le PMI, nonché il rifinanziamento e l’estensione dell’ambito operativo e temporale (fino al 2018) della cd. Nuova Sabatini (cfr. Appendice B del PNR e Focus contenuto nel PNR su Industria 4.0.).

 

L’implementazione della cd. Nuova Sabatini, si affianca dunque alle misure a favore delle imprese – sempre incluse nel Piano Industria 4.0 e realizzate nella legge di bilancio 2017– per favorire l’accesso al credito delle PMI e per la costituzione di fonti di finanziamento alternative a quelle tradizionali. Tra esse, l’estensione a tutte le PMI italiane la possibilità di raccogliere capitali con campagne di Equity crowdfunding.

Il PNR evidenzia poi la riforma in corso del Fondo di garanzia (cfr. supra Box sugli ostacoli strutturali agli investimenti delineati dalla Commissione UE), osservando che l’adozione del modello di rating consentirà una stima accurata della rischiosità delle imprese, consentendo di rendere più mirati ed efficaci gli interventi del Fondo, attraverso un’articolazione delle coperture in misura crescente in base alla rischiosità dell’impresa.

Tra gli altri obiettivi della riforma vi sono il riorientamento del Fondo verso le operazioni finanziarie a medio-lungo termine e gli investimenti; nonché una maggiore omogeneizzazione dell’intervento del Fondo rispetto alla tipologia di soggetto richiedente (banca o confidi) e riequilibrando, dunque, il trattamento tra garanzia diretta e controgaranzia.

Si rinvia comunque al capitolo del presente dossier “Settore bancario”.

 

Lungo la stessa direttrice operano gli incentivi fiscali, contenuti nella legge di bilancio 2017, all’investimento nel capitale di rischio delle start-up e delle PMI innovative.

Sempre per le startup innovative vi è stata l’ulteriore semplificazione (esenzione dall’imposta di bollo) della modalità di costituzione digitale delle stesse startup e sono state poi introdotte delle agevolazioni fiscali per l’ingresso e il soggiorno in Italia di investitori stranieri che intendono effettuare un investimento di almeno 1 milione nelle quote rappresentative del capitale di società italiane (500 mila euro nel caso in cui l’impresa target sia una startup innovativa).

In linea con quanto osservato dalla Commissione europea nel Country report di febbraio 2017, il PNR evidenzia che le startup e PMI innovative sono da tempo oggetto di una serie di interventi organici cui si sommano le novità introdotte recentemente dal Piano Industria 4.0 e tradotte in norme della legge di Bilancio per il 2017.

L’efficacia delle misure già introdotte è riscontrata dal numero di startup costituite. Secondo i dati del Governo, al 31 dicembre 2016, il numero delle startup innovative in Italia era 6.745, con un incremento del 31% rispetto al 2015 e del 112% in due anni. Anche il numero delle PMI innovative è aumentato in modo considerevole, attestandosi a 434 nel mese di febbraio 2017; tra esse, 119 si sono iscritte come PMI innovativa tra dicembre 2016 e febbraio 2017.

 

Tra le misure per favorire grandi progetti di investimenti produttivi strategici ed innovativi, l’Esecutivo ricorda il recente intervento (D.M. 8 novembre 2016) in materia di contratti di sviluppo, finalizzato ad una semplificazione ed accelerazione dei relativi procedimenti di valutazione.

 

Secondo il PNR, le misure contenute nella Legge di Bilancio per il 2017, in primis quelle rientranti previste dal Piano Industria 4.0, si propongono essenzialmente di sostenere la ripresa dell’economia italiana attraverso uno shock tecnologico di produttività. Sarà pertanto essenziale, per dare efficacia a queste azioni, agire parallelamente sui freni alla concorrenza, ridurre il peso dei costi energetici sulle imprese, rafforzare la connettività del Paese e proseguire sulla strada dell’efficientamento del sistema giudiziario.

 

Per ciò che attiene ai freni alla concorrenza, già nel DEF 2016 il Governo sottolineava l’esigenza di “conseguire una maggiore competitività anche tramite una maggiore apertura dei mercati”, nonché mediante l’attuazione delle norme in materia di liberalizzazione delle attività economiche, indicando in particolare la legge annuale sulla concorrenza quale strumento di intervento regolare per migliorare il funzionamenti dei mercati.

L’Unione Europea ha evidenziato l’importanza di “adottare e attuare rapidamente la legge sulla concorrenza rimasta in sospeso; intervenire ulteriormente per aumentare la concorrenza nelle professioni regolamentate, nei trasporti, nella sanità, nel commercio al dettaglio e nell'aggiudicazione delle concessioni” (Raccomandazione n. 5).

 

Nella valutazione globale dei progressi compiuti rispetto a tale specifica Raccomandazione, la Commissione europea, nel Country Report del 22 febbraio 2017, riconosce che nel nostro Paese:

§  gli ostacoli alla concorrenza sono ancora notevoli, come confermato anche dalla Relazione sulla competitività globale 2016-2017 (FEM, 2016);

§  non sono stati compiuti progressi con riferimento alla legge annuale sulla concorrenza;

§  sono stati raggiunti progressi limitati in relazione alle altre restrizioni sulla concorrenza.

La Commissione, nel citato Documento, ricorda inoltre che sono attese da tempo riforme in altri settori importanti con un notevole potenziale economico, che rappresentano una quota considerevole del PIL, come il commercio al dettaglio, il sistema di concessioni e i settori marittimo e idroelettrico (Commissione europea, 2016b). Ad avviso della Commissione, in questi ultimi due settori, ancora soggetti a regimi di autorizzazione per un lungo periodo, non si attuano ancora politiche concorrenziali.

 

Il DEF 2017, pur sottolineando che l’Italia ha adottato nel tempo normative settoriali di grande impatto sulla concorrenza, che hanno contribuito ad aprire progressivamente numerosi mercati[111], riconosce che tra le priorità del Governo figura “l’esigenza di aprire maggiormente al mercato diversi settori” (dai servizi professionali, al commercio al dettaglio, ai servizi pubblici locali), con l’obiettivo di apportare benefici apprezzabili dai cittadini in termini di maggiore offerta, investimenti, produttività e crescita.

In tal senso, “l’approvazione della legge annuale per la concorrenza in tempi rapidi è un obiettivo imprescindibile, insieme all’immediata definizione di un appropriato strumento legislativo a cui affidare i prossimi passi in materia di liberalizzazioni”. (cfr pag. V-VI e 7 del PNR).

Come già in precedenza evidenziato, il Governo è attualmente impegnato a rilanciare il percorso di liberalizzazioni attraverso l’approvazione del disegno di legge annuale per la concorrenza 2015: tra le azioni strategiche del PNR 2017 figura, infatti, l’approvazione dell’attuale legge sulla concorrenza e la predisposizione della nuova legge annuale per la concorrenza per il 2017. Il Cronoprogramma delle riforme incluso nel PNR 2017 individua il termine giugno 2017 per l’approvazione della legge annuale sulla concorrenza 2015 e il termine 2017/2018 per l’approvazione della legge annuale sulla concorrenza 2017, la cui proposta è in corso di elaborazione e che terrà conto della segnalazione annuale dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

 

Si ricorda, a tale riguardo, che il disegno di legge annuale per la concorrenza 2015 - il cui testo è stato profondamente modificato sia nel corso dell’iter alla Camera, sia dalla Commissione Industria del Senato che ne ha concluso l’esame nell’agosto 2016 - è attualmente all’esame dell’Assemblea del Senato (AS 2085).

Il disegno di legge concerne, tra l'altro:

§  le professioni regolamentate;

§  il settore delle assicurazioni e il servizio postale;

§  l'industria delle telecomunicazioni;

§  i settori dell’energia elettrica e del gas. il settore della distribuzione farmaceutica.

Ulteriori misure sono previste per i settori delle banche e della distribuzione dei carburanti.

 

Per ciò che attiene al sistema giustizia, come sopra accennato nel delineare gli obiettivi del cronoprogramma delle riforme, l’Esecutivo intende implementare le misure di riforma già avviate, ricordando a questo proposito l’approvazione da parte della Camera dei deputati, del disegno di legge di delega per la riforma della disciplina dell’insolvenza (A.S. 2681), e come sia attualmente in corso di esame, presso la Camera dei deputati, il provvedimento di riforma della disciplina in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (A.C. 3671-ter) (si rinvia, più diffusamente sul punto al Capitolo del presente dossier Sistema Giudiziario).

 

Il PNR si prefigge inoltre di intervenire attraverso l’implementazione delle misure finalizzate a garantire un una maggiore efficienza della P.A. nei confronti delle imprese.

In tal senso, per ciò che concerne il fenomeno dei ritardi dei pagamenti della P.A. verso le imprese[112] il PNR ricorda che è in fase di realizzazione un nuovo sistema (denominato SIOPE Plus), presso il MEF, che integra le informazioni presenti sull’attuale sistema SIOPE (sistema di rilevazione telematica degli incassi e dei pagamenti effettuati dai tesorieri di tutte le amministrazioni pubbliche) con quelle delle fatture passive registrate dalla Piattaforma elettronica

La sperimentazione del sistema SIOPE Plus avverrà il primo luglio 2017 con un numero limitato di enti. Nel corso dell’anno 2018 saranno acquisite in automatico tutte le informazioni sui pagamenti degli enti territoriali, degli enti del servizio sanitario, delle Università e di gran parte delle amministrazioni statali (che già trasmettono in automatico tramite il collegamento tra il sistema di contabilità generale SICOGE e la Piattaforma) per una percentuale di copertura complessiva della quasi totalità, in termini di importo, delle amministrazioni pubbliche censite.

 

Posto poi che la competitività delle imprese italiane è oggi insidiata dalla concorrenza sleale d’imprese illegali sul piano internazionale, il Governo richiama anche nel DEF 2017 il Piano Nazionale anti contraffazione, a tutela delle imprese che proteggono con marchi, brevetti e disegni i propri asset intangibili, prevedendone una attuazione nel periodo 2016-2017 (cfr. cronoprogramma delle riforme, in Appendice A del PNR).

La legge di bilancio per il 2017 ha poi rifinanziato il Piano straordinario per la promozione del Made in Italy, ed è proseguita, la riorganizzazione degli strumenti finanziari di supporto alle strategie di internazionalizzazione con il trasferimento del 76 % delle quote di SIMEST da CDP a SACE.

 

Come già accennato nel delineare gli obiettivi del cronoprogramma delle riforme, il recupero di competitività opererà anche attraverso la riduzione del costo dell’energia per allineare il nostro paese ai Paesi UE.

Tale punto costituirà uno dei contenuti della nuova Strategia Energetica Nazionale, che sarà rivista e aggiornata rispetto al 2013, a seguito dei nuovi obiettivi europei su clima ed energia e delle profonde trasformazioni economiche (anche del mercato energetico) occorse negli ultimi quattro anni.

La SEN verrà sottoposta a consultazione pubblica e l’adozione definitiva è prevista per metà 2017.

Inoltre, il Governo annuncia che cercherà di intervenire per ridurre i costi energetici delle imprese e i divari con i competitor internazionali, attraverso un provvedimento quadro (c.d. ‘Decreto Energia’) che riguarderà alcuni interventi strategici in materia di energia tra i quali: l’attuazione della riforma degli oneri di sistema elettrico, che decorrerà dal 1° gennaio 2018, il corridoio di liquidità per il mercato gas e i nuovi criteri di sostegno alle energie rinnovabili in coerenza con le Linee Guida UE.

Per un approfondimento sulle tematiche energetiche, si rinvia al paragrafo 3.15 sull’Ambiente del presente dossier.

 

Infine, sempre nel quadro del rilancio della competitività, il PNR cita l’adozione del Piano strategico di sviluppo del turismo in Italia per il periodo 2017-2022. La finalità di tale atto programmatorio è una governance partecipata tra i diversi livelli istituzionali per il perseguimento dell’ innovazione, specializzazione e integrazione dell’offerta nazionale, attraverso una valorizzazione del patrimonio italiano culturale, ambientale, paesaggistico, delle tradizioni e delle eccellenze enogastronomiche.

3.11. Politica di coesione

Con la definizione del nuovo quadro di governance istituzionale per le politiche di coesione, delineata dall’articolo 10 del D.L. n. 101/2013, che ha affidato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri[113] e alla nuova Agenzia per la coesione territoriale, sottoposta alla vigilanza del Presidente del Consiglio, l'azione di programmazione, coordinamento, sorveglianza e sostegno della politica di coesione, a partire dal 2014 le politiche di coesione e per il Mezzogiorno hanno ricevuto un nuovo impulso, determinando una accelerazione dei programmi di spesa e un miglioramento della capacità programmatoria coordinata del sistema

 

Tale attività ha trovato riscontro nelle ultime fasi di attuazione dei programmi operativi attuativi della programmazione 2007-2013, ormai giunta a conclusione, che ha consentito la pressoché piena utilizzazione delle risorse programmate.

Secondo i dati presenti nel sistema di monitoraggio dei pagamenti gestito dalla Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale rapporti con l’Unione europea – IGRUE[114], il livello dei pagamenti complessivi, rendicontati al 31 dicembre 2016, ha raggiunto i 48,3 miliardi complessivi - rispetto alla dotazione finanziaria complessiva del settennio pari a 46,5 miliardi, dopo le ultime riprogrammazioni in favore del Piano di azione e coesione - corrispondenti a circa il 103,8% delle risorse programmate.

Tale risultato – sottolinea il DEF - evidenzia una forte accelerazione dell’attuazione, favorita dall’azione di sistema condotta in questi mesi dalle Amministrazioni centrali e regionali con il supporto dell’Agenzia per la coesione territoriale, in particolare per i Programmi che erano maggiormente in ritardo.

 

Stato di attuazione dei Fondi strutturali 2007-2013

Il ciclo di programmazione dei fondi strutturali per gli anni 2007-2013 è stato caratterizzato da significativi ritardi nell’utilizzo delle risorse, con il rischio di perderne le disponibilità per effetto del meccanismo del disimpegno automatico, qualora le risorse non fossero state spese entro la fine del 2015.

Per la realizzazione degli interventi strutturali riguardanti il periodo di programmazione 2007/2013, l’Unione europea ha complessivamente assegnato all’Italia 28,5 miliardi di euro, a valere sui Fondi strutturali europei (Fondo europeo di sviluppo regionale - FESR; Fondo sociale europeo - FSE). Tali risorse, abbinate alle quote di cofinanziamento nazionale, ammontavano a circa 60 miliardi poi ridimensionate a 47,4 miliardi di euro a seguito degli aggiornamenti del Piano di Azione Coesione[115].

Le risorse in questione sono allocate nell’ambito di specifici programmi operativi, a titolarità delle Amministrazioni centrali (PON) e regionali (POR) e concorrono a realizzare i tre obiettivi prioritari definiti dalla normativa comunitaria: Convergenza, Concorrenza e Cooperazione territoriale.

Anche i programmi dell’Obiettivo Convergenza, che erano quelli che presentavano i maggiori ritardi nell’utilizzo delle risorse, hanno raggiunto, al termine della fase attuativa, la piena utilizzazione delle risorse programmate, con una percentuale di pagamenti del 101,9%, su un totale di circa 31 miliardi di risorse programmate.

Tabella 45 - Programmazione 2007/2013 Attuazione al 31 dicembre 2016

 

Programmi

Programmato 2007/2013

Impegnato

Pagato

% imp. /
 prog.

% pag. /
 prog.

Convergenza

30.747,19

44.892,11

31.332,81

146,00%

101,90%

Competitività

15.034,12

17.506,61

16.186,94

116,45%

107,67%

Cooperazione

693,90

764,63

692,61

110,19%

99,81%

Totale obiettivi

46.475,21

63.163,35

48.212,36

135,91%

103,74%

Fonte: RGS-IGRUE, Monitoraggio interventi comunitari programmazione 2007-2013 – Attuazione finanziaria, situazione al 31 dicembre 2016 (febbraio 2017).

 

Nel complesso - come rilevato dal DEF nell’Allegato recante la “Relazione sugli interventi nelle aree sottoutilizzate” – i pagamenti ammissibili al rimborso della quota comunitaria registrati nel sistema nazionale hanno complessivamente raggiunto il 103,8%, a conferma dell’avvicinamento al traguardo del pieno assorbimento delle risorse comunitarie dei fondi strutturali programmate per il ciclo 2007-2013.

L’ultima fase del ciclo di programmazione 2007-2013, si ricorda, si è conclusa il 31 marzo 2017, termine ultimo per la definitiva certificazione delle spese, come previsto dai regolamenti comunitari[116]. Con riferimento alla spesa complessiva certificata all’Unione Europea (lievemente differente dai pagamenti per effetto delle complesse procedure di certificazione in corso[117]), al 31 marzo 2017 essa è già pari al 101,1% delle risorse programmate, confermando il pieno assorbimento delle risorse comunitarie.

Per i progetti non conclusi alla data del 31 dicembre 2015 sono state previste diverse possibilità di completamento:

1)  progetti che rispettano i requisiti regolamentari tali da poter essere portati a termine con risorse comunitarie del ciclo 2014-2020 ed inseriti nei nuovi programmi cofinanziati 2014-2020 (cd. progetti ”a cavallo” tra due cicli di programmazione);

2)  progetti che non possiedono i requisiti richiesti e devono essere completati entro marzo 2017 facendo ricorso a risorse proprie dello Stato membro (nazionali, regionali o locali) e che rimangono interamente nel perimetro della programmazione 2007-2013. In questo secondo caso le risorse nazionali sono state stanziate dalle Delibere del CIPE n. 12 e 27 del 2016, secondo le procedure previste dall’art. 1 c. 804 della legge 208/2015.

 

Si ricorda che per superare i ritardi nell'utilizzo delle risorse dei fondi strutturali europei stanziati per il periodo 2007-2013, è stato approvato il Piano di Azione Coesione, con l'obiettivo di accelerare l'attuazione dei programmi di spesa e, al contempo, di rafforzare l'efficacia degli interventi.

Il Piano, attuato attraverso la rimodulazione strategica delle risorse dei singoli programmi operativi – in particolare di quelli maggiormente in ritardo - e la riduzione della quota di cofinanziamento nazionale, ha consentito il trasferimento delle relative risorse nazionali al di fuori dei programmi operativi stessi, evitando il disimpegno delle risorse comunitarie non utilizzate nell'ambito dei Programmi Operativi attuativi dei Fondi strutturali.

 

Il Piano di Azione coesione

La riprogrammazione delle risorse dei Fondi strutturali 2007-2013 realizzata a partire dal 2011 mediante lo strumento del Piano di Azione Coesione (PAC), articolato in cinque fasi di programmazione, ha raggiunto l’ammontare complessivo di oltre 13,5 miliardi di euro, cui concorrono risorse nazionali derivanti dalla riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale dei Programmi Operativi per circa 11,6 miliardi di euro e risorse riprogrammate attraverso rimodulazione interna ai medesimi Programmi, per circa 2 miliardi di euro.

La revisione delle scelte di investimento ha riguardato una serie di ambiti ritenuti di prioritario interesse strategico nazionale, quali istruzione, infrastrutture ferroviarie, Agenda Digitale, occupazione, con particolare attenzione ai giovani, inclusione sociale e contrasto alla povertà, potenziamento dei servizi di cura ad anziani e bambini, competitività del sistema produttivo, digitalizzazione del sistema giudiziario.

Nel corso del tempo, la dotazione finanziaria del PAC e la destinazione di tali risorse hanno subito modifiche a causa sia delle riprogrammazioni interne attuate dalle Amministrazioni titolari, sia delle riprogrammazioni ope legis che ne hanno ridotto la dotazione finanziaria per circa 4,5 miliardi di euro: la prima, del valore di 995 milioni di euro, per il finanziamento delle “Misure straordinarie per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile e la coesione sociale” (D.L. n. 76 del 28 giugno 2013), la seconda, del valore di 3,5 miliardi di euro, per il finanziamento degli sgravi contributivi per assunzioni a tempo indeterminato ai sensi della legge di stabilità 2015 (art. 1, commi 118, 122 e 123, legge n. 190/2014).

Tra la fine del 2015 e gli inizi del 2016, inoltre, sono intervenute nuove adesioni al meccanismo del PAC, sia da parte di Amministrazioni che vi hanno aderito per la prima volta, sia da parte di Amministrazioni che hanno aumentato la propria partecipazione al PAC, assestandone complessivamente la dotazione finanziaria a 9,0 miliardi di euro.

Nell’ultimo anno, il processo di assunzione degli impegni giuridicamente vincolanti è proseguito regolarmente e i pagamenti registrati al 31 dicembre 2016 hanno raggiunto oltre un terzo degli impegni complessivamente assunti fino alla stessa data. L’assestamento del PAC in termini di progetti e relativa spesa sarà definibile dopo il 31 marzo 2017 previa verifica dei progetti rendicontati per la chiusura della programmazione 2007-2013, ivi inclusi gli interventi che potranno completarsi entro il31 marzo 2019.

 

In relazione alla programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali e di investimento europei (SIE), nel corso del 2016 tutti i programmi operativi cofinanziati dai fondi FESR e FSE relativi alla programmazione 2014-2020, sono entrati nella fase attuativa. Si tratta di 51 programmi, per un valore complessivo di investimenti pari a 51,8 miliardi, incluso il cofinanziamento nazionale.

Relativamente alla programmazione dei Fondi europei 20142020, il DEF evidenzia che il Governo sarà impegnato nei prossimi mesi a mettere a punto la distribuzione delle risorse addizionali assegnate all’Italia a valere sui fondi FESR e FSE, nell’ambito della procedura di ‘aggiustamento tecnico’ delle assegnazioni per la politica di coesione prevista dai regolamenti comunitari per l’anno 2017. Si tratta di circa 1,6 miliardi destinati all’Italia su 4,6 miliardi complessivi[118].

L’Italia ha condiviso le finalizzazioni proposte dalla Commissione Europea in ordine all’impiego delle risorse addizionali riguardanti, in particolare, l’Iniziativa Occupazione Giovani, la specializzazione intelligente, il sostegno all’accoglienza e          all’inserimento dei migranti, la competitività delle piccole e medie imprese. L’Italia ha, inoltre, proposto di destinare una quota di risorse al tema della ricostruzione e prevenzione dei rischi sismici, in considerazione degli eventi che hanno interessato il Paese nel 2016 e 2017.

 

La programmazione dei Fondi 2014-2020

L'Accordo di partenariato 2014-2020 (approvato con Decisione di esecuzione C(2014) 8021 final), reca l'impianto strategico e la selezione degli obiettivi tematici su cui si concentrano gli interventi finanziati dai Fondi di investimento europei (SIE), relativi sia alla politica di coesione perseguita specificamente dai fondi strutturali (FESR e FSE), sia all’agricoltura e alla pesca (FEASR e FEAMP), nell’ambito di un quadro strategico comune.

Le risorse comunitarie assegnate all’Italia a titolo dei due Fondi strutturali per la politica di coesione del FSE e del FESR ammontano a oltre 32 miliardi, cui si aggiungono le risorse del FEASR e del FEAMP, per circa 11 miliardi complessivi, quelle all’occupazione giovanile (YEI) e al Fondo indigenti (FEAD), per circa 1,2 miliardi. A tali risorse comunitarie si affiancano oltre 24 miliardi di cofinanziamento nazionale, ed ulteriori 4,3 miliardi di cofinanziamento regionale. Complessivamente – sottolinea il DEF nell’Allegato “Relazione sugli interventi nelle aree sottoutilizzate” - tra risorse finanziarie comunitarie e di cofinanziamento nazionale, la programmazione nazionale e regionale FESR e FSE – che si è concretizzato in 51 Programmi Operativi, di cui 12 Programmi operativi nazionali (PON) e 39 Programmi operativi regionali (POR) - dispone di circa 51,8 miliardi di euro, di cui circa 31,8 miliardi di risorse comunitarie.

Al 31 gennaio 2017, i dati dichiarati dalle Autorità di gestione all’interno del sistema informativo della Commissione europea mostrano che sono stati attivati progetti per un valore complessivo di 13,5 miliardi di euro, corrispondente al 26,1% della dotazione complessiva – con una composizione variabile per area (27,3% nelle regioni meno sviluppate, 24,8% nelle regioni più sviluppate e 8,2% nelle regioni in transizione) - al netto delle risorse destinate all’Iniziativa occupazione giovani (IOG). In relazione alle fonti di finanziamento, i progetti cofinanziati dal FESR presentano un livello di prima attuazione più avanzato (32,4% del totale programmato) rispetto a quelli cofinanziati dal FSE (12,5% del totale programmato).

In conseguenza delle significative innovazioni regolamentari che caratterizzano la programmazione del periodo 2014-2020, alla riserva di performance sono collegati target finanziari e di output da conseguire al 31 dicembre 2018 (tappa intermedia) e al 31 dicembre 2023. Per i Programmi italiani, il valore cumulato dei target finanziari (spese certificate) da conseguire al 31.12.2018 è pari a circa 12 miliardi. Al contempo, al conseguimento della tappa intermedia è associata l’erogazione di una riserva di premialità pari al 6% cento del valore del programma.

Si ricorda, infine, che al perseguimento delle finalità strategiche dei Fondi strutturali e di investimento europei della programmazione 2014-2020, concorrono anche gli interventi attivati tramite i Programmi complementari d’azione e coesione 2014-2020, che interessano in particolare i territori delle regioni meno sviluppate del Mezzogiorno e che, per oltre 7 miliardi di euro impegnano il Fondo di rotazione IGRUE per la parte non finalizzata al cofinanziamento dei programmi operativi comunitari.

Nel corso del 2016, sono stati approvati dal CIPE i seguenti Programmi complementari: “Cultura e sviluppo”, “Governance”, “Città metropolitane”, “Ricerca e innovazione”, “Imprese e competitività”, “Infrastrutture e reti”, nonché della “Regione Campania”. Nella seduta di marzo 2017, il CIPE ha, altresì, approvato i Programmi di azione e coesione “Legalità” e della “Regione Calabria”.

 

Nell’impostazione strategica della politica di coesione 2014-2020, il PNR sottolinea, infine, la rilevanza delle tre Strategie: la Strategia Nazionale di Specializzazione Intelligente, la Strategia per le Aree Urbane e la Strategia per le Aree Interne.

La programmazione 2014-2020 enfatizza, in misura maggiore rispetto al ciclo precedente, l’importanza di politiche urbane integrate e sostenibili. Per le Città Metropolitane, in particolare, è stato predisposto un Programma Operativo Nazionale “Città metropolitane” (PON METRO), con una dotazione di 892 milioni (588 milioni provenienti dal FESR e 304 milioni dal FSE) e destinato alle 14 città metropolitane, con una allocazione di circa 90 milioni per ciascuna città del Sud e 40 milioni per quelle del Centro Nord e Sardegna. Dal 2017 è, inoltre, operativo il Programma Azione Coesione Complementare al PON “Città Metropolitane” 2014–2020 per il completamento e rafforzamento degli interventi in esso previsti.

La Strategia nazionale per le aree interne del Paese rappresenta una azione diretta al sostegno della competitività territoriale sostenibile, al fine di contrastare, nel medio periodo, il declino demografico che caratterizza talune aree del Paese, definite come quelle aree più lontane dai servizi di base, che interessano oltre il 30% del territorio nazionale ed il 7,6% della popolazione italiana. La Strategia è sostenuta sia dai fondi europei (FESR, FSE e FEASR), per il cofinanziamento di progetti di sviluppo locale, sia da risorse nazionali (circa 280 milioni messi a disposizione dalle ultime tre leggi di stabilità per il 2104, 2015 e 2016).

Nel 2016 si è completato il processo di selezione di 68 aree pilota che comprendono 1.043 Comuni, per 2.026.299 abitanti. Le aree selezionate sono quelle in cui si è registrata una maggiore perdita di popolazione (4,6% tra il 2000 e il 2011) e che presentano più seri problemi strutturali di accessibilità, in linea con quanto previsto dall’Accordo di Partenariato.

Per approfondimenti sulla Strategia e sui fondi nazionali dedicati, si veda la Relazione annuale presentata al CIPE dal Ministro per la Coesione Territoriale e il Mezzogiorno, di dicembre 2016 (a pag. 38 una ricostruzione delle risorse nazionali).

Il Fondo Sviluppo e Coesione e il Masterplan per il Mezzogiorno

Per quanto riguarda, infine, la programmazione delle politiche di coesione nazionali, si ricorda che nel Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) sono iscritte le risorse finanziarie aggiuntive nazionali destinate a finalità di riequilibrio economico e sociale, nonché a incentivi e investimenti pubblici.

La dotazione aggiuntiva del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il ciclo di programmazione 2014-2020 è stata autorizzata dall’articolo 1, comma 6, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013), nell’importo complessivo di 54,8 miliardi di euro, da programmarsi nel rispetto della chiave di riparto che destina l'80% delle risorse nelle aree del Mezzogiorno e il restante 20% nelle aree del Centro nord.

La legge medesima ha previsto l’iscrizione in bilancio dell’80% di tale ammontare (43,8 miliardi), subordinando l’iscrizione della restante quota (10,962 miliardi di euro) ad una verifica di metà periodo sull’effettivo utile impiego delle prime risorse assegnate. Tale restante quota è stata iscritta in bilancio a partire dall’anno 2020 e successivi con la legge di bilancio per il 2017 (legge n. 232/2016).

Nel corso degli anni 2014 e del 2015 sono intervenute alcune disposizioni che hanno utilizzato le risorse del FSC 2014-2020 disponibili in bilancio (43,8 miliardi), a copertura degli oneri da esse stesse recati, per un totale di circa 5 miliardi.

I restanti 38,7 miliardi – ricorda il DEF nell’Allegato “Relazione sugli interventi per le aree sottoutilizzate” - sono stati:

§  in parte assegnati nel corso degli anni 2014-2016 mediante Piani stralcio, ai sensi della procedura prevista dalla lettera d) dell'art. 1, comma 703, della legge n. 190/2014, ovvero mediante preallocazioni disposte per legge, per circa 10 miliardi di euro (di cui 6,7 miliardi al Mezzogiorno e 3,3 miliardi imputabili al centro-nord);

§  per circa 15,2 miliardi assegnata ai singoli Piani Operativi di ciascuna area tematica, secondo la programmazione disposta dal CIPE con la delibera n. 25/2016);

§  per circa 13,4 miliardi destinati ai Patti per il Sud (CIPE n. 26/2016).

 

L’impostazione del nuovo quadro di governance istituzionale per le politiche di coesione ha determinato la ridefinizione, con la legge di stabilità 2015 (art. 1, commi 703-706, legge n. 190/2014), delle procedure di programmazione e di gestione delle risorse nazionali assegnate al Fondo per lo sviluppo e la coesione per il ciclo 2014-2020, riservando alla Presidenza del Consiglio (c.d. “Autorità politica per la coesione”) il compito di indicare le linee strategiche per l'impiego del Fondo, da realizzare in forma integrata con le risorse europee per lo sviluppo regionale. L’impiego delle risorse del FSC 2014-2020 è attuato per obiettivi strategici relativi ad aree tematiche nazionali in linea con la programmazione dei Fondi strutturali e di Investimento europei; l’incarico di definire specifici piani operativi per ciascuna area tematica nazionale è stato assegnato ad una nuova Cabina di regia, istituita con D.P.C.M. 25 febbraio 2016, composta da rappresentanti delle amministrazioni centrali e regionali.

L’individuazione delle aree tematiche nazionali e la conseguente ripartizione della dotazione finanziaria del FSC tra le aree medesime è stata effettuata con delibera CIPE 10 agosto 2016, n. 25; nelle more della delibera di ripartizione, si è proceduto all’assegnazione delle risorse del Fondo mediante l’approvazione, su proposta dall'Autorità politica per la coesione, di un Piano stralcio per la realizzazione di interventi di immediato avvio dei lavori.

In tale contesto normativo - secondo quanto illustrato nel DEF nell’Allegato “Relazione sugli interventi nelle aree sottoutilizzate” - nel corso del 2015 e del 2016 il CIPE ha approvato diverse assegnazioni riconducibili al “Piano stralcio” previsto dalla lettera d) dell'art. 1, comma 703, della legge n. 190/2014, per un importo complessivo di oltre 6,2 miliardi.

Piani operativi

Il processo d’individuazione delle aree tematiche di rilievo nazionale e quella degli obiettivi strategici da perseguire si è concretizzato con la delibera del CIPE n. 25 del 10 agosto 2016, assunta in collaborazione con le Amministrazioni interessate e sentita la Conferenza Stato-Regioni.

Le aree tematiche individuate sono le seguenti: Infrastrutture; Ambiente; Sviluppo economico e produttivo e Agricoltura; Turismo, cultura e valorizzazione risorse naturali; Occupazione, inclusione sociale e lotta alla povertà, istruzione e formazione; Rafforzamento PA.

Nel contempo, con la delibera CIPE n. 25, sono state definite le regole di funzionamento del FSC per il periodo di programmazione 2014–2020.

In particolare, sono stati disciplinati i piani operativi, le modalità di attuazione e sorveglianza, mediante la previsione dell’istituzione di Comitati con funzioni di sorveglianza, gli interventi ammissibili, il monitoraggio, la revoca delle risorse, gli obblighi di pubblicità e informazione, le riprogrammazioni, le modalità di trasferimento delle risorse da parte del Ministero dell’economia e delle finanze (Dipartimento della Ragioneria Generale dello stato- IGRUE), l’ammissibilità delle spese, le varianti in corso d’opera, i sistemi di gestione e controllo.

Al netto degli impieghi disposti per i cc.dd. Piani stralcio e per preallocazioni di legge (di cui si è detto nel precedente box), nonché per i Patti per il Sud, l’importo residuo di 15.200 milioni di euro è stato destinato con la delibera CIPE n. 25/2016, alla predisposizioni di specifici Piani operativi relativi alle aree tematiche come di seguito esposto:

 

 

Piani operativi afferenti le aree tematiche

milioni

1.

Infrastrutture

11.500,0

2.

Ambiente

1.900,0

3.a.

Sviluppo economico e produttivo

1.400,0

3.b.

Agricoltura

400,0

 

Totale

15.200,0

Patti per il Sud

Un elemento qualificante della nuova strategia per il Mezzogiorno è costituito dall’adozione del Masterplan per il Mezzogiorno e la sottoscrizione, nel 2016, dei Patti per il Sud con tutte le Regioni e con le Città metropolitane del Mezzogiorno e un Contratto istituzionale di sviluppo specifico con la Città di Taranto, patti che contengono progetti di investimento infrastrutturali, ambientali, produttivi.

Le risorse di coesione nazionale stanziate per il Mezzogiorno attraverso i Patti per il Sud ammontano a circa 13,4 miliardi, ma attivano – sottolinea il DEF - investimenti complessivi da altre fonti di bilancio, inclusi fondi regionali, per circa 39 miliardi.

Una quota pari a circa il 36% delle risorse è indirizzata ad interventi infrastrutturali, in coerenza con la vocazione del Fondo FSC, ed una percentuale pari a circa il 30% è destinata ad interventi volti ad affrontare tematiche di rilevanza ambientale.

Il c.d. Masterplan per il Mezzogiorno, adottato nel novembre 2015, il Governo ha definito gli obiettivi, le modalità e gli strumenti per una politica per il Mezzogiorno, da realizzare attraverso uno strumento di cooperazione territoriale interistituzionale: i Patti per il Sud.

Con i Patti per il Sud - firmati dal Presidente del Consiglio o dall'autorità delegata per la coesione e dal Presidente della regione o sindaco della città metropolitana - le Amministrazioni interessate hanno definito le linee strategiche per lo sviluppo del proprio territorio; effettuato una ricognizione degli strumenti e delle risorse a disposizione; individuato gli interventi prioritari da realizzare; definito il costo e le risorse ad esso destinate; indicato la governance del processo.

A tal fine, il singolo patto considera il complesso delle risorse disponibili, provenienti dai PON e POR dei Fondi strutturali (FESR e FSE) 2007-2013, dal Fondo Sviluppo e Coesione per la programmazione 2007-2013, nonché dai PON e POR dei Fondi strutturali (FESR e FSE) 2014-2020, dai fondi di cofinanziamento regionale e dal Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020, oltre a eventuali finanziamenti specifici.

I 15 Patti per il Sud - uno per ognuna delle 8 Regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna) e uno per ognuna delle 7 Città Metropolitane (Napoli, Bari, Reggio Calabria, Palermo, Catania, Cagliari e Messina) – sono stati sottoscritti nel periodo aprile-novembre 2016.

Con delibera CIPE n. 26 del 10 agosto 2016 è stato definito il piano per il Mezzogiorno, con assegnazione delle risorse alle Regioni e alle Città metropolitane del Mezzogiorno per l’attuazione di interventi mediante appositi Accordi interistituzionali denominati “Patti per il Sud”.

 

Patto

Sottoscrizione

Risorse FSC 2014-2020

Regioni

 

 

Campania

24 aprile 2016

2.780.000.000

Calabria

30 aprile 2016

1.198.700.000

Basilicata

2 maggio 2016

565.200.000

Abruzzo

17 maggio 2016

753.100.000

Molise

26 luglio 2016

378.000.000

Sardegna

29 luglio 2016

1.509.600.000

Puglia

10 settembre 2016

2.071.500.000

Sicilia

10 settembre 2016

2.320.000.000

Città metropolitane

 

 

Reggio Calabria

30 aprile 2016

133.000.000

Catania

30 aprile 2016

332.000.000

Palermo

30 aprile 2016

332.000.000

Bari

17 maggio 2016

230.000.000

Napoli

26 ottobre 2016

308.000.000

Messina

22 ottobre 2016

332.000.000

Cagliari

17 novembre 2016

168.000.000

 

Successivamente, su richiesta delle Amministrazioni, sono stati firmati anche Patti con regioni e città metropolitane del Centro-Nord, in particolare con le Regioni Lazio e Lombardia; con le Città metropolitane di Milano, Firenze, Genova e Venezia.

Con la delibera CIPE 1° dicembre 2016, n. 56 sono stati assegnati 1.882,25 milioni di euro, a carico delle risorse FSC 2014-2020, per i seguenti Patti:

   723,5 milioni alla Regione Lazio (20 maggio 2016);

      718,7 milioni alla Regione Lombardia (25 novembre 2016);

      110 milioni alla Città metropolitana di Milano (13 settembre 2016);

      110 milioni alla Città metropolitana di Firenze (5 novembre 2016);

      110 milioni alla Città metropolitana di Genova (26 novembre 2016);

      110 milioni alla Città metropolitana di Venezia (26 novembre 2016).

3.12. Lavoro e previdenza

Riguardo al mercato del lavoro, il Documento in esame osserva, in primo luogo, che il cosiddetto Jobs Act si basa su un equilibrio tra le politiche passive di sostegno al reddito e le politiche attive del lavoro e che queste ultime sono dirette all’effettiva ricollocazione lavorativa del singolo soggetto.

 

Cosiddetto Jobs Act ed altri interventi legislativi adottati o in itinere

 

Si ricorda che i decreti legislativi costituenti, nel loro complesso, il cosiddetto Jobs Act sono i seguenti:

§  il D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 22, concernente una revisione della disciplina generale dei trattamenti di disoccupazione;

§  il D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante la definizione di una disciplina, per i nuovi contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato, di tutele crescenti dal licenziamento in relazione all’anzianità di servizio;

§  il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 80, concernente la revisione e l’aggiornamento delle misure intese a tutelare la maternità delle lavoratrici ed a sostenere le cure parentali e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori;

§  il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, recante la revisione della disciplina delle tipologie dei contratti di lavoro e di quella in materia di attribuzione di mansioni e di variazioni delle stesse;

§  il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, recante la revisione della disciplina degli strumenti di tutela in costanza di rapporto di lavoro (cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, fondi di solidarietà bilaterali e contratti di solidarietà di tipo difensivo - la disciplina di questi ultimi è confluita, in base al medesimo decreto legislativo, nell'àmbito del trattamento straordinario di integrazione salariale e dei fondi suddetti -);

§  il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 149, recante l'istituzione di un'Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, denominata Ispettorato nazionale del lavoro, che integra i servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS e dell'INAIL, assorbendone (a regime) le relative attività;

§  il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150, recante riordino della disciplina in materia di servizi per l'impiego e di politiche attive per il lavoro. Il decreto, tra l'altro, istituisce l'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL); ad essa spettano, in via di sintesi, funzioni di coordinamento, a livello nazionale, dei servizi pubblici per l'impiego (e delle relative politiche attive per il lavoro) nonché delle politiche di attivazione dei disoccupati, di accreditamento dei servizi per l'impiego privati, di gestione diretta di alcuni programmi, di assistenza e consulenza nella gestione di alcune crisi aziendali, di determinazione delle modalità operative e dell'ammontare dell'assegno individuale di ricollocazione. Quest'ultimo istituto è introdotto dal medesimo decreto legislativo; l'assegno può essere "speso" dal soggetto (disoccupato da almeno 4 mesi e beneficiario di trattamento di disoccupazione) presso un centro per l'impiego o un soggetto accreditato, al fine di ottenere un servizio di assistenza intensiva nella ricerca di lavoro. In merito, il Documento ricorda che l'assegno non viene erogato all’utente, ma all'operatore suddetto, e a condizione che venga firmato un contratto di lavoro[119]; la misura consiste in un assegno da 1.000 a 5.000 euro in caso di contratto di lavoro a tempo indeterminato[120] (l'importo è graduato in funzione della maggiore o minore difficoltà - derivante dal profilo personale di occupabilità - del reinserimento lavorativo del disoccupato). Il Documento osserva che la fase sperimentale dell’assegno di ricollocazione è stata avviata nello scorso mese di marzo, "con il coinvolgimento di circa 30.000 destinatari", e che, al termine della sperimentazione, "lo strumento entrerà a regime e tutti i potenziali beneficiari potranno richiederlo". Il medesimo decreto n. 150 ha istituito, inoltre, il patto di servizio personalizzato tra il lavoratore disoccupato ed il centro per l'impiego, patto obbligatorio ai fini del mantenimento del trattamento di disoccupazione e che è inteso alla finalità - ricordata nel Documento - di assicurare "percorsi personalizzati e utili all’acquisizione di nuove competenze";

§  il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 151, concernente la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure e degli adempimenti (relativi al rapporto di lavoro) a carico dei cittadini e delle imprese, nonché altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità.

Il successivo D.Lgs. 24 settembre 2016, n. 185, ha recato alcune novelle integrative e correttive per alcuni dei suddetti decreti legislativi.

Sempre con riferimento agli interventi di rango legislativo, il Documento ricorda che è stato di recente emanato il D.L. 17 marzo 2017, n. 25, attualmente in fase di conversione alle Camere, il quale - oltre ad operare una revisione della disciplina sulla responsabilità solidale del committente imprenditore o datore di lavoro con l'appaltatore e con gli eventuali subappaltatori, nei confronti dei lavoratori nonché per i contributi previdenziali ed i premi assicurativi - ha abrogato l'istituto del lavoro accessorio (la cui disciplina era stata ridefinita dagli artt. da 48 a 50 del citato D.Lgs. n. 81 del 2015, e successive modificazioni). Gli interventi normativi del suddetto D.L. n. 25 corrispondono a due richieste di referendum abrogativo (referendum giudicati ammissibili dalla Corte costituzionale ed indetti con due D.P.R. del 15 marzo 2017). Il Documento osserva che l'istituto del lavoro accessorio è stato soppresso per l'esigenza di "contrastare il ricorso a pratiche elusive degli istituti contrattuali vigenti", ma che, d'altro canto, occorre definire una nuova regolazione del lavoro accessorio, anche al fine di contrastare il lavoro sommerso; il Documento prevede che la nuova disciplina venga adottata entro il prossimo mese di luglio. In merito all'abrogazione suddetta, una nota dell'INPS del 30 marzo 2017, emanata previe intese con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e con il Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha affermato che resta possibile il ricorso al lavoro accessorio ai fini esclusivi di usufruire del finanziamento statale - previsto attualmente, come ricorda anche il Documento in esame, fino al 2018[121] - per l'acquisto di servizi di baby-sitting da parte delle madri lavoratrici (ivi comprese le lavoratrici autonome e le imprenditrici).

Il Documento ricorda altresì che è attualmente all'esame delle Camere un disegno di legge articolato in due parti, intese, rispettivamente, a ridefinire i diritti e le tutele per i rapporti di lavoro autonomo (nonché a rendere permanente l'istituto, finora transitorio, dell'indennità di disoccupazione - DIS-COLL - per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa[122]) e a porre una disciplina specifica per il lavoro agile (ivi definito come una "modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato", in cui la prestazione è contraddistinta dall'esecuzione della stessa in parte all’interno di locali aziendali ed in parte all’esterno - entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro, giornaliero e settimanale, derivanti dalla disciplina legislativa e dalla contrattazione collettiva - nonché dall'assenza di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti all’esterno). Tale disegno di legge è stato approvato, in prima lettura, dal Senato e, successivamente, con modifiche, dalla Camera ed è attualmente di nuovo all'esame del Senato, dove al momento è stato approvato, senza ulteriori modifiche, in sede referente, dall'11a Commissione (A.S. n. 2233-B).

Incentivi finanziari per l'occupazione

Riguardo agli incentivi finanziari per l'occupazione, il Documento, in primo luogo, ricorda le misure di recente predisposte (e che si affiancano a quella prevista in via permanente dalla cosiddetta Legge Fornero[123] con riferimento alle assunzioni di lavoratori che abbiano almeno 50 anni di età e che si trovino in stato di disoccupazione da almeno 12 mesi nonché alle assunzioni di donne di qualsiasi età, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, residenti in determinate aree, ovvero alle assunzioni di donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi, ovunque residenti). In particolare, le suddette misure recenti sono costituite da:

§  uno sgravio contributivo - di durata pari a 12 mesi e fino ad un massimo di 8.060 euro su base annua - per ogni soggetto assunto, nell'anno 2017, con contratto a tempo indeterminato e con sede di lavoro in una regione del Sud (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia), a condizione che la persona assunta sia di età compresa tra i 16 anni e i 24 anni oppure un soggetto privo di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi. L'incentivo è stato disposto dal decreto direttoriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 367 del 16 novembre 2016 (come modificato dal decreto direttoriale n. 18719 del 15 dicembre 2016) ed è riconosciuto nei limiti delle disponibilità stanziate;

§  uno sgravio contributivo - di durata pari a 12 mesi - per ogni soggetto assunto, nell'anno 2017, con contratto a tempo indeterminato o a termine (purché di durata pari ad almeno 6 mesi), a condizione che la persona assunta sia di età compresa tra i 16 anni e i 29 anni, sia disoccupata (e non inserita in un percorso di studi o formazione) e sia registrata al “Programma Operativo Nazionale Iniziativa Occupazione Giovani” (ovvero “Programma Garanzia Giovani”). L'incentivo è stato disposto dal decreto direttoriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 394 del 2 dicembre 2016 (come modificato dal decreto direttoriale n. 454 del 19 dicembre 2016) ed è riconosciuto nei limiti delle disponibilità stanziate;

§  uno sgravio contributivo - di durata pari a 36 mesi - in favore dei datori di lavoro che, negli anni 2017 e 2018, assumano a tempo indeterminato studenti che abbiano svolto attività di alternanza scuola-lavoro o periodi di apprendistato presso il medesimo datore di lavoro. L'incentivo è stato introdotto dall'art. 1, commi da 308 a 310, della L. 11 dicembre 2016, n. 232, ed è riconosciuto nei limiti delle disponibilità stanziate.

 

In merito ai futuri interventi (da adottare entro il 2017), il Documento indica l'obiettivo del rafforzamento delle misure strutturali di decontribuzione del costo del lavoro e l'adozione di misure mirate sui redditi familiari più bassi, per rendere vantaggioso il lavoro del secondo percettore di reddito, nell'àmbito della finalità generale dell'incremento dell’occupazione "delle categorie che scontano un maggiore tasso di disoccupazione e una ridotta partecipazione al mercato del lavoro".

Retribuzioni e contrattazione

Il Documento rileva che con la legge di bilancio per il 2017 il Governo ha inteso rafforzare l’azione intesa a "favorire l’evoluzione della contrattazione collettiva in direzione di un maggiore spazio alla retribuzione collegata alla produttività o redditività aziendale". In merito, si ricorda che l'art. 1, comma 160, della legge di bilancio per il 2017 (L. n. 232 del 2016) ha posto alcune modifiche alla disciplina tributaria specifica per gli emolumenti retributivi dei lavoratori dipendenti privati di ammontare variabile e la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili, nonché per le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa - in particolare, elevando i limiti di importo dell'imponibile ed ampliando l'àmbito soggettivo dei lavoratori ammessi al regime in esame -. Lo stesso comma 160 ed i successivi commi 161 e 162 hanno modificato le norme tributarie su alcuni valori, somme o servizi, percepiti o goduti dal dipendente - cosiddetto welfare aziendale -. Si è tra l'altro chiarito, con una norma di interpretazione autentica (avente, quindi, effetto retroattivo), che l'esenzione dall'IRPEF concerne anche le opere ed i servizi[124] riconosciuti dal datore di lavoro in conformità a disposizioni di contratti di lavoro nazionali o territoriali (oltre che di contratti o regolamenti aziendali ovvero volontariamente).

In merito ai futuri interventi (da adottare entro il 2017), il Documento indica i seguenti obiettivi: "monitorare l’efficacia degli accordi di secondo livello e degli effettivi guadagni di produttività associati agli interventi di detassazione"; "incentivare la riforma della contrattazione collettiva in chiave di recupero competitivo"; "dare maggiore certezza ai contratti di secondo livello".

Attività dell'ANPAL e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali in corso di svolgimento

Il Documento rileva che la "piena operatività dell’ANPAL permetterà, nei prossimi mesi, di attuare a pieno le politiche di sostegno alla ricerca attiva di un’occupazione", in particolare con: l'istituzione di tutor "per la transizione scuola-lavoro", al fine di consentire agli studenti, a partire dal terzo anno della scuola secondaria di secondo grado, di pianificare un percorso personale di "transizione scuola-lavoro"; il Piano di rafforzamento dei servizi e delle misure di politica attiva del lavoro - predisposto congiuntamente dall’ANPAL e dalle Regioni -, il quale prevede, tra l'altro, per il periodo 2017-2020, un rafforzamento quantitativo del personale addetto ai servizi per l’impiego ed un piano straordinario di formazione del personale stesso; l'elaborazione e l'aggiornamento periodico, da parte della stessa ANPAL, di una mappa "geo referenziata" delle imprese che presentino la maggiore propensione all’assunzione di nuovo personale.

Il Documento indica inoltre che, entro il prossimo mese di giugno, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali emanerà le linee di indirizzo triennale in materia di politiche attive del lavoro.

Previdenza

Per quanto concerne il settore previdenziale, il Documento richiama gli interventi realizzati con la legge di bilancio per il 2017, volti a rendere più equo e flessibile il sistema realizzato con la riforma del 2011.

 

Si ricorda che la legge n.232/2016 (legge di bilancio per il 2017) contiene numerose misure in materia previdenziale.

In tema di trattamento pensionistico anticipato, sono state introdotti (articolo 1, commi da 166 a 178), in via sperimentale dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2018 (entro tale data il Governo verifica i risultati della sperimentazione ai fini di una sua eventuale prosecuzione), l'Anticipo finanziario a garanzia pensionistica (c.d. APE - articolo 1, commi 166-178), una indennità, a favore di determinate categorie di soggetti in condizioni di disagio sociale, spettante fino alla maturazione dei requisiti pensionistici (c.d. APE sociale - articolo 1, commi 179-186) e una rendita integrativa temporanea anticipata (c.d. RITA - articolo 1, commi 188-193).

L'APE consiste in un prestito concesso da un soggetto finanziatore e coperto da una polizza assicurativa obbligatoria per il rischio di premorienza corrisposto, a quote mensili per dodici mensilità, a un soggetto in possesso di specifici requisiti, da restituire a partire dalla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia con rate di ammortamento mensili per una durata di venti anni. Possono accedere all'APE i soggetti in possesso dei seguenti requisiti: iscrizione all'Assicurazione generale obbligatoria (AGO), alle forme sostitutive ed esclusive della medesima e alla gestione separata; età anagrafica minima di 63 anni; maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia entro 3 anni e 7 mesi; anzianità contributiva di 20 anni; pensione pari almeno a 1,4 volte il trattamento minimo (al netto della rata di ammortamento dell'APE); non essere già titolare di un trattamento pensionistico diretto.

L'APE sociale consiste in una indennità, corrisposta fino al conseguimento dei requisiti pensionistici, a favore di soggetti che si trovino in particolari condizioni. Possono accedere all'APE sociale i soggetti in possesso di un'età anagrafica minima di 63 anni e in possesso, alternativamente, di uno dei seguenti requisiti: stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale, che abbiano concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi e siano in possesso di un anzianità contributiva di almeno 30 anni; soggetti che assistono da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave e sono in possesso di un anzianità contributiva di almeno 30 anni; soggetti che hanno una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74%, e sono in possesso di un anzianità contributiva di almeno 30 anni; lavoratori dipendenti che svolgono, da almeno sei anni in via continuativa, specifiche professioni per le quali è richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento, e sono in possesso di un anzianità contributiva di almeno 36 anni.

Per quanto concerne la c.d. "quattordicesima", somma introdotta dal 2007 per incrementare i trattamenti pensionistici di importo più basso, si prevede la rideterminandone (dal 2017) dell'importo e dei requisiti reddituali dei beneficiari. In particolare, si prevede che la quattordicesima venga erogata non più solamente se il soggetto interessato possieda un reddito complessivo individuale non superiore a 1,5 volte il trattamento minimo annuo I.N.P.S. (pari, per il 2016, a 501,89 euro), ma anche, con importi diversi, nei casi in cui il soggetto possieda redditi fino al limite di 2 volte il trattamento minimo INPS (art.1, comma 187).

3.13. Settore bancario

Con riferimento al settore bancario, la Raccomandazione n. 3 invita l’Italia ad accelerare il ridimensionamento dello stock dei crediti deteriorati, anche migliorando ulteriormente la disciplina dell'insolvenza e del recupero crediti, nonché a completare rapidamente l'attuazione delle riforme in corso in materia di governo societario nel settore bancario.

La Commissione UE, nel Country Report relativo all’Italia del 2017, rileva che sono stati fatti alcuni progressi per quanto riguarda il miglioramento del governo societario e la riforma della disciplina dell'insolvenza e del recupero crediti.

Al contempo però sottolinea che si registrano progressi limitati nell'affrontare il problema dei crediti deteriorati nel settore bancario.

I crediti deteriorati

Con riferimento ai crediti deteriorati ed alle sofferenze bancarie (non performing loansNPLs) il Governo rileva la discesa, nel terzo trimestre del 2016, del flusso di nuovi prestiti deteriorati, il cui tasso si è attestato al 2,6% del totale.

Alla fine del 2013 era stato registrato un picco del 5,9% (dato riportato dalla Commissione UE nel Country Report).

Per i mesi futuri, il Governo stima un’ulteriore riduzione del tasso di ingresso in sofferenza. Più in dettaglio si prevede che, alla fine del 2017, il flusso di nuovi prestiti in sofferenza scenda dall’1,7% all’1,2% per i prestiti alle famiglie, e dal 4,1 al 3,1% per i prestiti alle imprese.

 

Con riferimento alla consistenza dei crediti deteriorati lordi, il PNR ricorda che nei primi sei mesi del 2016 l’ammontare si è attestato a 356 miliardi. Secondo i dati diffusi dalla Commissione UE nel predetto Country Report, nel terzo trimestre del 2016 lo stock lordo di crediti deteriorati ammontava a 329 miliardi di euro.

A tale proposito, la Commissione UE ha rilevato come siano stati compiuti progressi limitati nella riduzione dei prestiti deteriorati (la cui consistenza era pari a 340,9 miliardi alla fine del 2015).

 

Con riferimento al futuro, il Governo stima che la riduzione dell’elevato stock di crediti deteriorati sarà graduale. Ritiene tuttavia che vi siano margini per accelerare il processo, tra cui anche il miglioramento dell’efficacia della gestione interna delle banche.

Tra le misure adottate in tale direzione si enumerano sia le iniziative della Banca d’Italia, sia le iniziative intraprese dal Governo.

Per quanto riguarda le azioni della Banca d’Italia, si afferma che l’Autorità di vigilanza ha avviato la rilevazione statistica e dettagliata sulle caratteristiche delle sofferenze; al contempo, sono state estese al complesso delle banche le best practices per la gestione dei crediti deteriorati già definite a livello europeo per i maggiori gruppi.

Tra le misure varate dal Governo viene ricordato lo schema di garanzia pubblica sui crediti in sofferenza (GACS), varato con il decreto-legge n. 18 del 2016; la Commissione UE il 30 dicembre 2016 ha autorizzato l’Italia a prorogare di sei mesi (fino a giugno 2017) le garanzie pubbliche per aiutare gli istituti di credito a raccogliere liquidità sui mercati finanziari.

Si segnala che – secondo quanto emerge dal DEF – al 31 dicembre 2016 le garanzie concesse ad istituti di credito a seguito della crisi finanziaria sono rimaste invariate rispetto al 2015 e ammontano a circa 6,4 miliardi. Tali garanzie sono concesse dallo Stato sulle passività delle banche relativamente ai titoli obbligazionari emessi dagli istituti di credito. Nel confronto con i principali partner europei, l’Italia risulta tra i paesi che hanno fatto minor ricorso alle garanzie per gestire la crisi finanziaria e già a partire dal 2016 solo una minima quota dello stock complessivo di garanzie è rivolta al settore bancario (circa lo 0,4% del PIL a fronte del 2,2% complessivo nel 2015).

 

Sono inoltre citate le disposizioni volte a semplificare gli adempimenti e snellire le procedure per il recupero dei crediti, tra cui il pegno non possessorio (che consente all’imprenditore di costituire una garanzia reale sui beni d’impresa senza l’obbligo di consegna, con la possibilità di continuare ad utilizzare il bene e di disporne; in quest’ultimo caso, il pegno si trasferisce al prodotto risultante dalla trasformazione, al corrispettivo della cessione o del bene sostitutivo) il patto marciano (che nei contratti di credito con le imprese consente ai creditori, in caso di default del debitore, di assumere la titolarità della garanzia reale in via stragiudiziale) e l’uso delle tecnologie digitali nelle aste giudiziarie. Tali misure sono state varate con il decreto-legge n. 59 del 2016.

In tale contesto si inserisce il decreto-legge per la tutela del risparmio nel settore creditizio (decreto-legge n. 237 del 2016), che stanzia complessivamente 20 miliardi al fine, tra l’altro, di concedere la garanzia dello Stato sulle nuove emissioni degli istituti di credito.

 

Secondo quanto emerge dal Documento, con tali misure il Governo intende massimizzare l’efficacia degli strumenti messi a disposizione del sistema bancario, anche attraverso azioni di stimolo al loro utilizzo; continuare a sviluppare il mercato dei crediti deteriorati e rafforzare l’efficacia della supervisione sulla qualità degli attivi bancari, mediante l’estensione a tutte le banche delle best practices europee nella gestione dei NPLs; incoraggiare e sviluppare l’educazione finanziaria dei risparmiatori; rafforzare il sistema bancario e ridurre lo stock dei NPLs.

Il Governo stima di raggiungere gli obiettivi di rafforzamento del sistema bancario e di riduzione dello stock di NPL negli anni 2017-2018.

 

Si rammenta che, con riferimento all’educazione finanziaria, il decreto-legge n. 237 del 2016 reca misure volte a sviluppare l'educazione finanziaria, previdenziale ed assicurativa, mediante l'adozione di una Strategia nazionale per l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale e l’istituzione, allo scopo di attuare la predetta strategia, di un Comitato nazionale per la diffusione dell'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale.

 

Si rammenta in questa sede che la Commissione UE - nel citato Country Report - pur riconoscendo il valore delle predette iniziative afferma che manca una strategia globale relativa ai crediti deteriorati, in quanto l'aiuto a breve termine fornito al settore è stato finora limitato. Anche l’intervento dei capitali privati, a parere della Commissione (con riferimento alla cartolarizzazione dei crediti deteriorati e alla creazione di un loro mercato), potrebbe non avere la capacità necessaria per svolgere un ruolo sistemico nel risanamento del settore bancario italiano.

La governance del settore bancario

In relazione alla struttura ed alla governance del settore creditizio, il Governo nel PNR sottolinea l’esistenza di specifici limiti strutturali del sistema finanziario italiano, rilevati anche dalla Commissione Europea nel Country Report. Si citano, tra gli altri, l’eccessiva frammentazione dell’offerta (elevato numero di istituti bancari); la limitata disponibilità di altri tipi di finanziamento alternativi al credito bancario; i lunghi tempi di recupero per i crediti in sofferenza.

Si dà atto della progressiva attuazione della riforma della governance del sistema bancario italiano, sia con riferimento alle riforme avviate dal Governo (banche di credito cooperativo e banche popolari), sia alle iniziative di autoriforma del settore (fondazioni bancarie).

Il Governo ricorda inoltre che è all’esame del Parlamento la proposta di legge istitutiva di una Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario.

Nel dettaglio l'A.C. 4410, giù approvato dal Senato, intende istituire una Commissione bicamerale di inchiesta sul sistema bancario e finanziario, avendo particolare riguardo alla tutela dei risparmiatori. Essa è chiamata a verificare gli effetti sul sistema bancario italiano della crisi finanziaria globale e le conseguenze dell'aggravamento del debito sovrano; la gestione degli Istituti bancari coinvolti in situazioni di crisi o di dissesto, destinatari anche in forma indiretta di risorse pubbliche o posti in risoluzione; l'efficacia delle attività di vigilanza sul sistema bancario e sui mercati finanziari; l'adeguatezza della disciplina legislativa e regolamentare nazionale ed europea sul sistema bancario e finanziario, nonché sul sistema di vigilanza, anche ai fini della prevenzione e gestione delle crisi bancarie.

 

Con riferimento alle caratteristiche del sistema bancario italiano, si ricorda in questa sede che la Commissione UE nel Country Report ne ha evidenziato ulteriori limiti strutturali e, in particolare, ha rilevato la bassa redditività degli istituti italiani.

Tale caratteristica a parere della Commissione è ascrivibile a diversi fattori, tra cui: tassi d'interesse contenuti; limitata ripresa creditizia; riduzione dei proventi non da interessi, a causa dell’andamento sfavorevole del mercato; aumento delle spese non ricorrenti, ad esempio per le misure di prepensionamento e per i contributi al Fondo di risoluzione; importanti accantonamenti per le perdite su prestiti, anche se a un ritmo decrescente.

La riforma delle procedure concorsuali e la disciplina dell’insolvenza

Come anticipato, strettamente connessa alla tematica delle sofferenze bancarie è la questione relativa alla disciplina dell’insolvenza e del recupero crediti.

Il Governo in tal senso rammenta quanto introdotto dal già richiamato decreto-legge n. 59 del 2016 (patto marciano; pegno non possessorio; uso della tecnologia nelle procedure concorsuali). Tali misure si inseriscono nel solco di quanto già disposto con il decreto-legge n. 83 del 2015 che, in particolare, ha ridisciplinato il trattamento fiscale delle perdite sui crediti ed ha inteso agevolare l’accesso al credito alle imprese in difficoltà e la ristrutturazione dei debiti.

In particolare, il Governo ricorda l’istituzione del portale delle vendite pubbliche e la riforma della disciplina dell’insolvenza (A.S. 2681, già approvato dalla Camera e all’esame del Senato al momento della redazione del presente lavoro), intesa a sostituire al concetto di fallimento una procedura semplificata di liquidazione dei beni del debitore, con una possibile soluzione concordataria. Il PNR ricorda inoltre che le norme in esame alla Camera dei Deputati (A.C. 3671-ter), colmando una lacuna dell'attuale legge fallimentare, intendono prevedere una specifica disciplina di crisi e insolvenza dei gruppi di imprese.

Il Governo stima di approvare i DDL di delega per la riforma della disciplina dell’insolvenza e delle grandi imprese in crisi entro il 2017.

Per approfondimenti si rinvia al paragrafo relativo al settore giustizia.

Misure alternative al credito

Con riferimento alle iniziative avviate dal Governo per favorire le misure alternative al credito, si rinvia più diffusamente al capitolo relativo alla competitività.

Il PNR cita altresì l’insieme di misure - introdotte dalla legge di bilancio 2017 – che disciplinano i Piani Individuali di Risparmio – PIR, strumenti che godono di un trattamento fiscale di favore e vincolano parzialmente i risparmiatori ad investire nelle piccole e medie imprese italiane, nonché l’estensione – operata, parimenti, ad opera della legge di bilancio 2017 – a tutte le PMI della possibilità di raccogliere capitali mediante l’equity crowdfunding. Tale misura, al momento della redazione del presente lavoro, è in fase di attuazione.

Il Governo stima di attuare pienamente e valutare l’efficacia di tali misure entro il 2017.

3.14. Ambiente

La sostenibilità ambientale viene riconosciuta avere un ruolo centrale nel DEF 2017, nell'ambito di una politica avente come obiettivo non solo l'aumento del benessere oggi, bensì anche la garanzia della sostenibilità nel lungo termine, in modo da non compromettere le possibilità delle generazioni future.

Benessere equo e sostenibile

Uno strumento d'azione strategico è rappresentato dagli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES) che la Legge n. 163/2016 di riforma del bilancio dello Stato ha provveduto ad inserire nel ciclo di predisposizione dei documenti di programmazione economica del Governo. Per la prima volta il DEF contiene quindi un allegato tecnico contenente degli indicatori sperimentali volti a cogliere l'impatto delle misure di politica economica sulla disuguaglianza, sull'ambiente e in generale sul benessere.

In particolare, nel fare riferimento agli indicatori BES, il Documento evidenzia la scelta del Governo di anticipare in via sperimentale l’inserimento di un primo gruppo di indicatori nel processo di bilancio già dal DEF 2017. Tra i quattro indicatori selezionati, in via provvisoria, dal Comitato a tal fine creato, su sollecitazione del Ministro dell’Economia e delle Finanze, vengono indicate le emissioni di CO2 e di altri gas clima alteranti.

A tale riguardo, viene evidenziato l’andamento del triennio passato e quello prevedibile secondo uno scenario a politiche vigenti e uno scenario che include le scelte programmatiche del DEF.

La scelta dell’indicatore relativo alle emissioni di CO2 e di altri gas clima alteranti risponde in tal senso all’obiettivo di indirizzare le politiche che incidono sulla sostenibilità ambientale, considerando altresì che si tratta di una variabile inclusa nella strategia Europa 2020.

Pur in presenza di una ripresa del ciclo produttivo ed industriale, le emissioni di CO2 equivalenti rimangono sostanzialmente stabili nel periodo considerato evidenziando un progressivo processo di decarbonizzazione del sistema economico (si veda, di seguito, la Fig. I.4). Nel 2016 ogni abitante ‘ha generato’ in media 7,4 tonnellate di CO2 equivalenti: si evidenziano al riguardo gli effetti prodotti dalle misure introdotte negli ultimi anni, tra cui la rapida crescita della produzione di energia da fonti rinnovabili, le detrazioni fiscali al 65% degli interventi di riqualificazione energetica degli immobili privati (c.d. Ecobonus) e, più in generale, le numerose azioni volte a migliorare l’efficienza energetica.

 

Il Documento sottolinea che, nello scenario programmatico, in linea con gli impegni assunti a livello europeo, le emissioni si ridurranno ulteriormente grazie alle misure previste dal Governo; al riguardo, si segnalano: la proroga ed il potenziamento del c.d. Ecobonus, le norme sui requisiti minimi degli edifici nonché la realizzazione di una infrastruttura per i combustibili alternativi, rilevando che si incoraggerà così il processo di diffusione dei carburanti a più basso contenuto emissivo.

 

Per l'analisi dei BES, si rinvia alla parte generale relativa al quadro macroeconomico del presente dossier.

Prevenzione del rischio sismico, dell’instabilità idrogeologica e messa in sicurezza delle scuole

In materia di prevenzione del rischio sismico e dell’instabilità idrogeologica oltreché della messa in sicurezza delle scuole, il DEF 2017 ricorda come, a seguito della serie di terremoti che ha avuto ripetutamente luogo in Italia centrale nel 2016 e nel 2017 che ha causato numerose vittime e ingenti danni agli edifici privati e pubblici, alle strade e al patrimonio storico e artistico, nel 2017 il Paese dovrà affrontare notevoli spese per un intervento immediato e per avviare la ricostruzione nelle zone colpite.

Dopo aver richiamato le caratteristiche morfologiche dell'Italia rispetto alla esposizioni a fenomeni di catastrofi naturali, si rileva come l'impatto delle catastrofi risulta amplificato da carenze nella pianificazione territoriale, dall'abuso del suolo e dell'ambiente, dall'inadeguatezza dei lavori di manutenzione, in particolare in conseguenza delle ridotte risorse per tali interventi a seguito delle misure di contenimento della spesa pubblica. Il Documento ricorda che sono, inoltre, in corso di emanazione i decreti volti a ripartire il ‘Fondo di investimento’ pluriennale, una quota rilevante del quale sarà assegnata nel 2017 per garantire la messa in sicurezza di scuole e uffici pubblici e l’adozione di misure per prevenire il rischio sismico e il dissesto idrogeologico (per un importo stimato pari a 0,5 miliardi).

Infine, a livello locale, si ricorda l'avvio di ulteriori azioni per favorire la salvaguardia del territorio, con la concessione a regioni e comuni di margini aggiuntivi per gli investimenti.

Al riguardo, si ricorda come la Commissione europea, nelle Relazioni specifiche per paese 2017, ha evidenziato il deficit che consegue all'impatto, in Italia, dei recenti terremoti, stimato, per il 2017, dalla Commissione nello 0.18 % dello GDP.

Impatto finanziario delle misure del programma nazionale di riforma

In materia di impatto finanziario delle misure del PNR, i dati economico finanziari per il quinquennio 2016-2020, per il settore energia e ambiente, recano, nella Tavola III.9 (che di seguito si riporta) i dati in termini di maggiori spese e minori entrate quali impatto finanziario delle misure del Programma nazionale, alla cui trattazione si rinvia.

 

(in milioni di euro)

 

2016

2017

2018

2019

2020

Energia e ambiente*

 

 

 

 

 

Maggiori spese

51

358

557

592

356

Maggiori entrate

542

167

675

84

84

Minori spese

0

0

100

9

9

Minori entrate

0

138

1.513

1.603

1.624

* Al netto degli importi inseriti nella Tabella E allegata alla Legge di bilancio 2017.

 

Si fa presente, al riguardo, che nell'ambito delle maggiori spese indicate dal Documento (per un totale di circa 87,7 miliardi afferenti il quadro complessivo delle diverse politiche) vengono indicate, tra le altre, quelle relative ad Infrastrutture e sviluppo, con un valore in media di 2,9 miliardi annui dal 2017, che riguardano, oltre a infrastrutture e trasporti, anche difesa del suolo, prevenzione del rischio sismico, edilizia pubblica, riqualificazione urbana e sicurezza delle periferie.

 

 

Il PNR 2017 richiama il tema della sostenibilità, sottolineando la necessità di politiche con un approccio multidimensionale, coerente ed efficace, che vada oltre l'attenzione al solo reddito ma si estenda ad altre dimensioni chiave del benessere. In particolare, si fa al riguardo riferimento, quali strumenti di azione strategici: la definizione della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile; il monitoraggio periodico dei target attraverso indicatori di risultato quali gli indicatori di benessere sostenibile.

 Si ricorda, al riguardo, che tra i quattro indicatori inseriti dal DEF 2017 vi sono le emissioni di CO2 e di altri gas clima alteranti. Peraltro, a fronte, per il triennio 2014-2016, di un sostanziale miglioramento per gli altri tre indicatori considerati, i dati mostrano, con riguardo alle emissioni, un trend in peggioramento, dato rispetto al quale il DEF fa riferimento agli effetti della ripresa economica.

Il PNR indica poi tra le Azioni strategiche (Tavola I.1), nell'ambito della policy competitività, le misure in materia di Dissesto idrogeologico e rischio sismico, facendo riferimento anche al progetto Casa Italia (punto 32), con un arco temporale dal 2017 al 2020; nonché la Strategia Energetica Nazionale 2017 e il Decreto Energia (punto 37), da definire entro il 2017.

La Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile (2017-2030)

Tra gli strumenti d'azione strategici il DEF 2017 annovera la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile 2017-2030 (SNSvS)[125], che rappresenta lo strumento attraverso il quale si intende dare attuazione a livello nazionale all'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile adottata dalle Nazioni Unite nel settembre 2015.

L'Agenda 2030, basandosi su quattro principi guida - integrazione, universalità, inclusione e trasformazione - sancisce l’impegno a eliminare la povertà e a conseguire uno sviluppo sostenibile entro il 2030 a livello mondiale, garantendo che nessuno sia lasciato indietro. Essa fissa 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs o OSS) e 169 sotto-obiettivi (target) correlati di natura globale, universalmente applicabili e interconnessi, volti a garantire uno sviluppo che soddisfi i bisogni di oggi senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri, garantendo una vita dignitosa per tutti, nel rispetto dei limiti del pianeta, in società pacifiche caratterizzate da inclusione e giustizia sociale. Tutti i paesi, quelli sviluppati come quelli in via di sviluppo, hanno la responsabilità condivisa di conseguirli. L’Agenda 2030 integra quindi in modo equilibrato le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile (economica, sociale e ambientale) e riflette per la prima volta un consenso internazionale sul fatto che la pace, la sicurezza, la giustizia per tutti e l’inclusione sociale non sono obiettivi da perseguire soltanto singolarmente ma si rafforzano vicendevolmente.

L’Agenda 2030 si fonda su un partenariato globale che vede coinvolte tutte le parti interessate e richiede la mobilitazione di tutti i mezzi di attuazione nonché un solido meccanismo di monitoraggio e controllo per garantire i progressi e la responsabilità.

Tra i 17 OSS figurano obiettivi qualitativi e quantitativi per i prossimi 15 anni, incentrati su un futuro che garantisca la dignità umana, la stabilità, un pianeta sano, società forti e resilienti ed economie prospere.

A livello europeo, lo sviluppo sostenibile costituisce un tema centrale che trova riscontro e integrazione in progetti trasversali di importanza strategica così come in politiche e iniziative settoriali[126]. Gli OSS sono già perseguiti attraverso numerose politiche dell’UE e sono integrati in tutte le dieci priorità della Commissione Junker. Inoltre, lo sviluppo sostenibile è stato integrato nella Strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva adottata nel 2010[127]. La Strategia Europa 2020 si basa su tre priorità interconnesse che si rafforzano a vicenda: sviluppare un'economia basata sulla conoscenza e sull'innovazione (“intelligente”), promuovere un'economia efficiente sotto il profilo delle risorse, a basse emissioni di carbonio, resistente ai cambiamenti climatici e competitiva (“sostenibile”), incoraggiare un'economia con un alto tasso di occupazione che favorisca la coesione sociale e territoriale (“inclusiva”).

Il DEF 2017, sottolineando l'importanza di un'azione comune a livello europeo per dare una corretta attuazione all'Agenda 2030 e allo sviluppo sostenibile nel quadro delle politiche cofinanziate dai fondi strutturali e di investimento, sancisce l'impegno dell'Italia a farsi promotrice di questa visione di lungo periodo e a stimolare nelle sedi europee la disponibilità di strumenti operativi per il raggiungimento degli obiettivi strategici.

Facendo riferimento poi al processo volto all'elaborazione della Strategia Nazionale per lo Sviluppo sostenibile il DEF sottolinea come esso si basi sulla condivisione della sostenibilità come modello di sviluppo e sul coinvolgimento dei soggetti che sono parte attiva nello sviluppo sostenibile di una società. In particolare, in tale contesto partecipativo le consultazioni effettuate si sono focalizzate su tre contenuti principali:

§  valutazione del "posizionamento" dell'Italia rispetto ai 17 OSS e ai 169 sotto-obiettivi dell'Agenda 2030;

§  individuazione, a partire dall'analisi del posizionamento, dei punti di forza e di debolezza della situazione italiana;

§  obiettivi strategici nell'ambito delle aree strategiche dell'Agenda 2030, le "5P": "Persone, Pianeta, Prosperità, Pace e Partnership".

Il DEF richiama inoltre la possibilità di fissare obiettivi intermedi fino al 2030 al fine di rendere credibile lo sforzo politico ed economico da intraprendere. Uno di essi sarebbe, nei prossimi cinque anni, quello di riportare l'Italia al benessere socioeconomico antecedente alla crisi. Altri obiettivi perseguiti nelle misure contenute nel PNR sono: ridurre la povertà, la disuguaglianza e la disoccupazione; ripristinare la fiducia nelle istituzioni; rafforzare la crescita professionale, la formazione, la competitività delle imprese anche mediante una quarta rivoluzione industriale basata sulla tecnologia innovativa e sostenibile.

Sicurezza del territorio e riqualificazione urbana

Il progetto ‘Casa Italia’, secondo quanto riportato nel PNR (sezione III.6), lanciato all’indomani del sisma dell’agosto 2016, mira a mettere in sicurezza il territorio nazionale. Vengono indicati a quattro pilastri fondamentali: la raccolta di informazioni sul territorio e sugli immobili attraverso la mappatura del rischio; la quantificazione del finanziamento pubblico; la sperimentazione di interventi-pilota e la predisposizione di un piano formativo per la prevenzione del rischio.

Si ricorda, al riguardo, come l'articolo 18-bis, inserito in sede di conversione, del decreto-legge n. 8 del 2017, recante 'Nuovi interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016 e del 2017' ha previsto l'istituzione di un apposito dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei ministri per l'esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento dell'azione strategica del Governo connesse al progetto «Casa Italia».

Il Documento evidenzia come al piano si ricolleghino il c.d. Sisma bonus e le linee guida per la classificazione del rischio sismico delle costruzioni, approvate con decreto ministeriale e in vigore dal 1 marzo 2017, strumenti entrambi volti ad affrontare il tema del rischio sismico, promuovendo una cultura della conoscenza e della prevenzione.

Viene richiamato il Piano nazionale contro il dissesto idrogeologico varato nel 2015, in attuazione del quale a marzo 2017 sono stati stanziati due miliardi che finanzieranno cinquecento progetti di intervento. Si evidenzia la destinazione, per l’80% delle risorse, alle regioni del Sud, mentre il restante 20% al Centro-Nord. Inoltre, viene evidenziato come il 20% delle risorse di ciascuna regione sia riservato alla progettazione di interventi integrati che non solo mitighino il rischio idrogeologico ma tutelino e recuperino ecosistemi e biodiversità.

 

In materia di riqualificazione urbana, il Documento dà conto del ‘Bando Periferie’, ove si prevede uno stanziamento di 500 milioni di euro per la riqualificazione urbana oltreché per la sicurezza delle periferie, definendo modalità e procedure di presentazione dei progetti, che dovranno riguardare le aree urbane caratterizzate da situazioni di marginalità economica e sociale, degrado edilizio e carenza di servizi e non dovranno consumare altro suolo. Il PNR dà conto, inoltre, nella sezione relativa alla valorizzazione e dismissione del patrimonio immobiliare , che nel 2017 verranno avviati numerosi interventi edilizi su edifici pubblici per renderli più sicuri e aumentarne l’efficienza energetica. Inoltre, si fa riferimento al progetto ‘Valore Paese-Cammini e Percorsi’, che nel 2017 prevederà l’iniziativa, volta al recupero e riuso di beni pubblici situati lungo itinerari storico–religiosi e ciclopedonali, con l’obiettivo di potenziare l’offerta turistico-culturale e la messa in rete di siti di interesse storico e paesaggistico.

Semplificazione

In materia di semplificazione della PA (III.4), viene citata la riforma in materia di nuova VIA, che ingloberà tutte le autorizzazioni in campo ambientale, e che si inserisce nell'ambito dell'attuazione della direttiva 2014/52/UE, che modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati; si evidenzia come esso preveda il riordino delle regole e la definizione di termini perentori, con conseguente riduzione dei tempi del procedimento.

Si ricorda che lo schema di Decreto legislativo in materia di Valutazione di impatto ambientale, che novella in più parti il Codice dell'ambiente, è attualmente all'esame delle Commissioni ambiente di Camera e Senato per l'espressione del parere parlamentare (A.G. 401).

Ambiente e energia

In materia di ambiente ed energia, richiamando i targets in materia di emissioni di gas serra, fonti rinnovabili ed efficienza energetica, il PNR evidenzia la presentazione del primo Rapporto sullo stato del Capitale Naturale redatto in attuazione del c.d. Collegato Ambientale (l. 221 del 2015). Esso si presenta quale strumento di misurazione nell'ottica di avviare l’Italia ad uno sviluppo di tipo sostenibile duraturo, basato su politiche pubbliche che concilino crescita economica e buono stato di conservazione del capitale naturale e dei suoi servizi ecosistemici.

In particolare, il Rapporto raccoglie informazioni sullo stato di conservazione delle componenti del capitale naturale, quali acqua, suolo, aria, biodiversità ed ecosistemi, avviando un modello di valutazione e un’analisi degli effetti delle politiche pubbliche. Il PNR evidenzia la necessità, in raccordo con il DEF, di integrare la valutazione del Capitale Naturale nella pianificazione territoriale anche con lo strumento delle procedure di valutazione di piani, programmi e progetti, implementando le disposizioni riguardanti i criteri degli appalti di fornitura per il Green Public Procurement, e rafforzando il sistema delle aree protette a terra e mare. Viene a tal fine ricordato che è all'esame del parlamento il disegno di legge ‘Nuove norme in materia di parchi e aree protette’ (A.C. 4144, già approvato, in prima lettura, dal Senato, A.S. n. 119 nel testo unificato), di cui si ricorda in particolare la previsione della Delega al Governo ivi contenuta per l’introduzione di un sistema volontario di remunerazione dei servizi ecosistemici.

Il cronoprogramma in materia di politiche ambientali richiamato nel PNR indica, nelle griglie di dettaglio, come in fase di avanzamento la riforma della governance dei parchi, indicandone la prevista adozione entro il 2017.

 

Il PNR ricorda come il collegato ambientale abbia previsto l’aggiornamento della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, che, come detto, offre il quadro strategico di riferimento complessivo per l’attuazione dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (Agenda 2030). La proposta di Strategia nazionale, sottolinea il Documento, troverà la sua operatività nelle azioni declinate dal Programma Nazionale di Riforma.

 

In materia di strategia energetica nazionale (SEN), si ricorda come questa, nell’ambito del quadro di riferimento degli obblighi derivanti a livello internazionale dall’Accordo di Parigi sul clima, sia in fase di finalizzazione: rivista e aggiornata, rispetto alla Strategia del 2013, tenuto conto dei nuovi obiettivi europei su clima ed energia nonché delle trasformazioni economiche, anche del mercato energetico. Vengono quindi richiamati gli obiettivi della Strategia, quali: ridurre il gap di costo rispetto agli altri Paesi europei; individuare le principali scelte strategiche in campo energetico, anche tenendo conto dei nuovi obiettivi europei del Clean Energy Package; definire le priorità di azione ed indirizzare le scelte di allocazione delle risorse nazionali; gestire il ruolo chiave del settore energetico come fattore di crescita sostenibile del Paese; migliorare la sicurezza di approvvigionamento. La SEN del 2017 costituirà, evidenzia il Documento, anche la base per il Piano da inviare alla Commissione europea nel 2018, nel quadro della nuova Governance dell'energia[128] con riferimento agli obiettivi europei al 2030 in termini di fonti rinnovabili, efficienza energetica e riduzione CO2.

In relazione al conseguimento di tali obiettivi vengono indicate una serie di misure considerate strategiche, tra cui: l'individuazione del mix ottimale fra rinnovabili elettriche, termiche e trasporti, definendo le politiche di incentivazione; la revisione dell’evoluzione del sistema gas ai fini dello sviluppo infrastrutturale, per aumentare la liquidità del mercato e analizzare le implicazioni in termini di Security of Supply allo scadere dei contratti di lungo periodo,e del sistema elettrico, per definire gli investimenti infrastrutturali e completare l’armonizzazione delle regole di mercato a livello UE; la liberalizzazione del mercato elettrico e del gas, definendo il percorso per la piena apertura del mercato retail; l'indirizzo del settore della raffinazione e della logistica petrolifera coerentemente con gli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili nei trasporti; la promozione di tecnologie energetiche pulite; si richiama inoltre la correzione dei malfunzionamenti dei mercati energetici, per la riduzione dei costi di approvvigionamento per famiglie e imprese. Dopo aver richiamato il processo partecipativo previsto, si preannuncia l’adozione definitiva per metà 2017.

 

In materia di efficientamento energetico delle imprese, si dà conto dello stanziamento, da parte del Ministero dello Sviluppo Economico di 100 milioni a valere sul PON Imprese e competitività per le regioni Basilicata, Campania, Calabria, Puglia e Sicilia, con l'obiettivo di riduzione dei consumi energetici e delle emissioni di gas delle imprese e delle aree produttive. Viene poi richiamato un provvedimento quadro (c.d. ‘Decreto Energia’) che, nel rispetto della sostenibilità delle finanze pubbliche, perseguirà la riduzione dei costi energetici delle imprese e dei divari con i competitor internazionali, mediante interventi strategici, quali l’attuazione della riforma degli oneri di sistema elettrico, che decorrerà dal 1° gennaio 2018, il corridoio di liquidità per il mercato del gas e i nuovi criteri di sostegno alle energie rinnovabili.

 

Si ricorda che nella Appendice D al Programma nazionale di Riforma, recante la Sintesi delle misure in risposta ai Target della Strategia Europa 2020, con riferimento agli obiettivi 3, 4 e 5, viene indicata una articolata serie di azioni.

Per quanto concerne le emissioni di gas serra (Target 3), si indica una riduzione del 13%, con misure inerenti:

·      La vigilanza su sostanze inquinanti, che sarà incrementata, per assicurare il rispetto degli obblighi in materia di sostanze ozono lesive (ODS) e di gas fluorurati ad effetto serra.

·      Il sostegno alla mobilità sostenibile, con l'istituzione un Fondo presso il MIT per l’acquisto o noleggio di tutte le tipologie di mezzi adibiti al trasporto pubblico locale e regionale e destinato anche alla riqualificazione elettrica dei mezzi (già indicata nel DEF 2016). Inoltre, come nel DEF 2016, sono previste ulteriori risorse finanziarie, pari a 210 milioni per ciascuno degli anni 2019 e 2020, di 130 milioni e per il 2021 e 90 milioni per il 2022. Inoltre, sarà realizzato il programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa-scuola e casa-lavoro di cui alla legge 221/2015 (c.d. collegato ambientale) e relativo decreto attuativo di luglio 2016. Ai fini della realizzazione del suddetto programma sono stanziati 35 milioni (cifra già prevista dall'Appendice al PNR 2016). Inoltre, si incrementa il Fondo per la realizzazione di un Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile per il rinnovo del parco autobus dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale, nonché la promozione e il miglioramento della qualità dell’aria con tecnologie innovative. L'incremento è disposto dalla Legge di Bilancio 2017 ed il Piano sarà approvato entro il 30 giugno 2017. Gli stanziamenti ammontano a 2 milioni nel 2017, 50 milioni nel 2018 e 250 milioni a decorrere fino al 2033.

·      Si richiamano la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, la Strategia Energetica Nazionale nonché la Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, per quest'ultima prevedendosi un piano nazionale, i cui contenuti saranno concordati in sede di Conferenza Stato-Regioni, ai fini di considerare i diversi livelli di governo, anche con la creazione di un Osservatorio nazionale sull'adattamento.

·      Il Piano nazionale contro il dissesto idrogeologico, per il quale a marzo 2017 sono stati stanziati 2 miliardi di euro, che finanzieranno 500 progetti di intervento i quali, oltre a mitigare il rischio idrogeologico, tutelino e recuperino ecosistemi e biodiversità.

·      Si fa riferimento alla riattivazione del Fondo Rotativo di Kyoto, funzionale all'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato per la riqualificazione energetica degli edifici scolastici e delle università. A questo proposito è stato fatto un bando, che resterà aperto fino al 30 giugno 2017. Si ricordano poi gli impegni assunti con l'Accordo di Parigi, ratificato con legge del 4 novembre 2016, n. 204.

Per quanto concerne le misure finalizzate a portare al 17% la quota di produzione energetica da fonti rinnovabili (Target 4) si indicano interventi in favore dell'efficienza energetica, degli incentivi su impianti sostenibili e dell'uso efficiente dei carburanti.

In particolare, quanto all'efficienza energetica, si indicano due progetti attivati attraverso bandi pubblici: uno sull’analisi dell’impronta di carbonio nel ciclo di vita dei prodotti di largo consumo, e l'altro per il cofinanziamento di progetti realizzati da Enti pubblici per l’impiego di tecnologie per l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili. Gli incentivi su impianti sostenibili interessano sia impianti esistenti che impianti futuri. La Legge di Bilancio 2017 promuove l’accesso al Fondo di garanzia per le PMI da parte delle imprese operanti nel settore della geotermia, nonché si richiama la regolamentazione che incentiva l’uso dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico.

L'uso efficiente dei carburanti viene previsto attraverso il recepimento di Direttive europee che promuovono e disciplinano lo sviluppo dei carburanti alternativi, compresi quelli nel comparto dei trasporti. Sarà attivato un Protocollo con centri di ricerca e/o amministrazioni pubbliche per lo sviluppo della produzione e l'uso dei biocarburanti nel settore dell'aviazione.

Per quanto concerne l'efficienza energetica (Target 5), si indicano misure di aggiornamento e potenziamento del meccanismo di incentivazione e del c.d.Conto termico, nonché l'incentivazione degli interventi di riqualificazione energetica nella Pubblica Amministrazione. Per la riqualificazione energetica degli edifici della Pubblica Amministrazione centrale sono stati allocati 350 milioni nel periodo 2014-2020, di cui la prima tranche è stata attivata, con finanziamenti di circa 70 milioni. Si indica che i certificati bianchi saranno aggiornati e potenziati e saranno definiti gli obiettivi di risparmio di energia che le imprese di distribuzione di energia elettrica e gas devono perseguire nel quadriennio 2017-2020.

Per aumentare il numero degli edifici ad energia quasi zero, si fa riferimento all'approvazione di un piano di azione denominato PANZEB; saranno finanziati progetti di efficientamento energetico di edifici pubblici degli enti locali (edifici comunali, Asl, scuole). Viene indicata a tale riguardo la somma di 100 milioni di euro, a valere sui Fondi di sviluppo e coesione, nonché l’efficientamento energetico dell’illuminazione pubblica dei siti comunali interessati dai percorsi giubilari. Si ricordano infine le misure di incentivazione fiscale adottate in materia di riqualificazione energica degli edifici.

 

Si ricorda, infine, che il Cronoprogramma in materia di politiche ambientali richiamato nell'Appendice A al PNR indica, nelle griglie di dettaglio, come in fase di avanzamento la Strategia Nazionale per lo sviluppo sostenibile - da adottare a giugno 2017 -, nonché la normativa in materia di gestione dei rifiuti, con riguardo alla Autorità di regolamentazione e alle modifiche della disciplina relativa alla suddetta gestione, da adottare entro il 2017. Viene indicata l'adozione, a ottobre 2016, delle misure in materia di distretti idrografici di cui al DM n. 294 del 25 ottobre 2016 ai sensi dell'art.63, comma 3, del decreto legislativo 152/2006, c.d. Codice dell'ambiente.

 



[1]     Il presente dossier è stato aggiornato per tener conto  degli errata corrige pervenuti il 14 e il 18 aprile.

[2]     La presentazione del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforma al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea entro il 30 aprile, già prevista dall’art. 9, co. 1, della legge n. 196/2009, è regolata dal Regolamento UE n. 473/2013, recante disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro, che fissa, all’articolo 4, un calendario comune di bilancio.

[3]     Secondo quanto previsto dalla legge n.163 del 2016, che, nel quadro di un ampio intervento sulla legge di contabilità - operato sulla base dell’articolo 15 della legge di attuazione del principio del pareggio di bilancio n.243 del 2012 – ha così modificato il comma2, lettere e) ed f) dell’articolo 10.

[4]     Anche in tal caso - per tale ulteriore elemento informativo della seconda sezione del DEF – secondo quanto disposto dalla legge n.163 del 2012 sopra citata, che ha così modificato il comma 3, lettera f), dell’articolo 10.

[5]     Si ricorda che la Nota di aggiornamento del DEF 2016 aveva ridimensionato le stime della crescita del PIL reale per il 2016, dall’1,2% del DEF di aprile allo 0,8%, in relazione agli andamenti congiunturali della prima parte dell’anno, che denotavano una fase di rallentamento della ripresa economica, conseguente ad un indebolimento della domanda interna, dovuta una minore dinamica sia dei consumi che degli investimenti, nonostante il miglioramento della domanda estera netta.

[6]     Comunicato ISTAT, “Conti economici trimestrali” (3 marzo 2017).

[7]     ISTAT, “PIL e indebitamento AP – Anni 2014-2016” (1 marzo 2017).

[8]     Comunicato ISTAT “Prezzi delle abitazioni – IV Trimestre 2016”, del 4 aprile 2017.

[9]     Comunicato ISTAT, “Produzione industriale”, del 10 febbraio 2017.

[10]    Si veda, in particolare, il Reg. (EU) 473/2013, facente parte del c.d. Two-Pack.

[11]    La legge costituzionale n. 1/2012 ha previsto l'istituzione presso le Camere, nel rispetto della relativa autonomia costituzionale, di un organismo indipendente al quale attribuire compiti di analisi e verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazione dell'osservanza delle regole di bilancio. Il 15 settembre 2014 è stato siglato il Protocollo d’intesa tra il Ministero dell’economia e delle finanze e l’UPB che disciplina il processo di validazione delle previsioni macroeconomiche.

[12]    Secondo tali clausole, le aliquote IVA salirebbero di tre punti a gennaio 2018, unitamente ad un lieve aumento dell’accisa sui carburanti. L’aliquota IVA standard salirebbe quindi di ulteriori 0,9 punti a gennaio 2019.

[13]    Comunicato ISTAT del 17 marzo 2017.

[14]    Comunicato ISTAT, “Prezzi al consumo”, del 13 aprile 2017.

[15]    PNR, paragrafo II.2

[16]    DEF 2017, Sezione II, Tabella I.1-1

[17]    DEF 2017, Sezione II, Tabella I.1-2

[18]    Recante “Modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, concernenti il contenuto della legge di bilancio, in attuazione dell'articolo 15 della legge 24 dicembre 2012, n. 243”, pubblicata nella G.U.. 25 agosto 2016, n. 198.

[19]    Sul sito dell’Istat è possibile approfondire l’analisi delle 12 dimensioni del benessere e degli indicatori che le compongono: Salute, Istruzione e formazione, Lavoro e conciliazione tempi di vita, Benessere economico, Relazioni sociali, Politica e istituzioni, Sicurezza, Benessere soggettivo, Paesaggio e patrimonio culturale, Ambiente, Ricerca e innovazione, Qualità dei servizi.

[20]    Il reddito equivalente è definito rapportando il complesso dei redditi disponibili della famiglia (effettivi e figurativi) al numero “equivalente” dei familiari (mediante pesi derivati dalla scala di equivalenza utilizzata dall’Istat al fine di correggere il reddito pro-capite o per le economie di scala intra familiari).

[21]    Il documento segnala che, per questo indicatore, le stime differiscono da quelle fornite nell’allegato V al DEF (Relazione del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra. L. 39/2011, art. 2, c. 9), sia per la diversa definizione dell’aggregato di riferimento sia per la differente metodologia simulativa. I due scenari differiscono, ad esempio, per le ipotesi sui prezzi internazionali energetici e sui tassi di crescita, che nell’Allegato IV devono necessariamente essere coerenti con quelle fornite dalla Commissione europea.

[22]    Nota tecnico – illustrativa alla legge di bilancio 2017-2019, consultabile al link.

[23]    Comunicati Istat “PIL e indebitamento AP” del 1° marzo 2017 e “IV trimestre 2016 - Conto economico trimestrale delle amministrazioni pubbliche”, del 4 aprile 2017.

[24]    Comunicati Istat “PIL e indebitamento Ap” del 1° marzo 2017 e “IV trimestre 2016 - Conto economico trimestrale delle amministrazioni pubbliche”, del 4 aprile 2017.

[25]    Art. 17-ter del DPR n. 633/1972, introdotto dall’art. 1, comma 629, lett. b), della legge n. 190/2014 (legge di stabilità 2015).

[26]    Il meccanismo di scissione dei pagamenti è indicato nel libro verde sul futuro dell'IVA (documento COM(2010)695, del 1° dicembre 2010, con allegato un documento di lavoro SEC(2010)1455), tra i meccanismi che possono migliorare il sistema della riscossione dell'imposta sul valore aggiunto, evitando frodi ed evasioni dell'IVA. L'introduzione di questa misura di deroga, finalizzata dall'esigenza di contrasto ai fenomeni di frode, nell'ordinamento nazionale è stata autorizzata, ai sensi dell'articolo 395 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, con decisione del Consiglio 2015/1401/UE del 14 luglio 2015, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea serie L n. 217/7 del 18 agosto 2015.

[27]    Documento economia e finanza 2017, sezione I.

[28]    Il Bollettino delle entrate tributarie, pubblicato dall’Agenzia delle entrate, riporta le entrate tributarie erariali derivanti dagli accertamenti secondo il criterio della competenza giuridica.

[29]    Documento di economia e finanza, sezione I.

[30]    Introdotta dall’art. 1, co. 547 e 548, della legge n. 232/2016 (legge di bilancio 2017).

[31]    Tabella II.2-9 del DEF, Sezione II, Analisi e tendenze della Finanza pubblica.

[32]    DEF 2017, Sezione I.

[33]    Articolo 1, comma 398, della legge n. 232/2016 (legge di bilancio 2017)

[34]    Tra le misure in favore della famiglia si ricordano le seguenti:

·       bonus di 800 euro in un’unica soluzione per le future madri;

·       bonus di 1.000 euro annui quale contributo monetario per spese afferenti a rette di asili nido ovvero per supporto a domicilio per bambini affetti da malattie croniche;

·       per gli anni 2017 e 2018 il rifinanziamento e il potenziamento dei voucher asili nido per lavoratrici dipendenti e autonome;

·       per gli anni 2017 e 2018 la proroga e il potenziamento del congedo obbligatorio per i padri (con potenziamento per l’anno 2018).

[35]    Art. 35, comma 8 del D.L. 1/2012 e art. 1, comma 395 della L. 190/2014.

[36]    Per una illustrazione delle regole di bilancio europee cfr. Servizio del Bilancio del Senato della Repubblica, La governance economica europea, Elementi di documentazione n.3, giugno 2013.

[37]    Il prolungarsi della recessione ha contribuito a ridurre il tasso di crescita del PIL potenziale. In tale contesto un aumento sia pure contenuto del PIL effettivo consente la chiusura dell'output gap.

[38]    Cfr. par. 2.3 (relazione ex art. 6, c. 5), per l'illustrazione del nuovo percorso di avvicinamento.

[39]    L’indicatore di medio periodo, S1, individua la variazione del saldo primario strutturale in termini cumulati fino al 2020 tale da garantire, se mantenuta costante negli anni successivi, di raggiungere un livello di debito/PIL pari al 60% entro il 2030, e ripagare i costi di invecchiamento, cfr. DFP n. 12, DEF 2016 (Doc. LVII, n. 4), aprile 2016.

[40]    La comunicazione del 13 gennaio 2015 riguarda l’utilizzo di margini di flessibilità nel perseguimento dell’Obiettivo di medio termine per “tenere conto in modo ottimale di tre dimensioni politiche specifiche, concernenti rispettivamente: i) gli investimenti, in particolare riguardo all’istituzione del nuovo Fondo europeo per gli investimenti strategici nel quadro del piano di investimenti per l’Europa; ii) le riforme strutturali e iii) la situazione congiunturale”.

[41]    Cfr. Documento del Consiglio 14345/15.

[42]    L’art. 5, par. 1, del Reg. (CE) n. 1466/97 dispone che: “Qualora si produca un evento inconsueto al di fuori del controllo dello Stato membro interessato che abbia rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale di detto Stato o in caso di grave recessione economica della zona euro o dell'intera Unione, gli Stati membri possono essere autorizzati ad allontanarsi temporaneamente dal percorso di aggiustamento all'obiettivo di bilancio a medio termine […], a condizione che la sostenibilità di bilancio a medio termine non ne risulti compromessa.” Corrispondentemente, l’art. 6, par. 3, del medesimo Regolamento, nel disciplinare la valutazione delle deviazioni dall'MTO o dal relativo percorso di avvicinamento, e le circostanze in presenza delle quali tali deviazioni risultino “significative” dispone che: “… la deviazione può non essere considerata significativa qualora sia determinata da un evento inconsueto che non sia soggetto al controllo dello Stato membro interessato e che abbia rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale dello Stato membro o in caso di grave recessione economica della zona euro o dell'intera Unione, a condizione che la sostenibilità di bilancio a medio termine non ne risulti compromessa.”

[43]    Commissione europea, Vade Mecum on the Stability and Growth Pact, 2016 edition, paragrafo 1.3.2.5, http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/eeip/pdf/ip021_en.pdf

[44]    Rapporto sui fattori rilevanti ai fini del debito del febbraio 2017.

[45]    Relazione ai sensi dell'art. 6, c. 5, della L. n. 243/2012 (Doc. LVII, n. 4-bis - Annesso).

[46]    I caratteri corsivi sono stati aggiunti.

[47]    Oltre alle deviazioni temporanee già concesse, pari allo 0,07% del PIL, in relazione ai costi aggiuntivi sostenuti nel 2015 e nel 2016.

[48]    Per la modalità con cui è stata condotta la stima cfr. ultima nota del paragrafo 2.3.

[49]    Cfr. Servizio Bilancio Senato, NB18 e NB19 sulle Raccomandazioni paese 2016.

[50]    Cfr. l'approfondimento sulla regola della spesa nell'ED n. 3, La governance economica europea, giugno 2013, per i dettagli sulle voci da inserire nell'aggregato di riferimento e sulla modalità di determinazione del tasso di crescita limite (benchmark).

[51]    Cfr. il box sulla regola della spesa per i dettagli sulle voci da inserire nell'aggregato di riferimento e sulla modalità di determinazione del tasso di crescita limite (benchmark).

[52]    La terminologia impiegata è quella della citata Matrice di cui alla Comunicazione della Commissione sulla flessibilità. Cfr. Vade Mecum on the Stability and Growth Pact - 2017, pag. 184.

[53]    Articoli 5 e 6 del Regolamento (CE) 1466/1997 come modificato dal Regolamento (UE) 1175/2011. Le linee guida sono consultabili sul sito della Commissione, al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/economy_finance/economic_governance/sgp/pdf/coc/code_of_conduct_en.pdf

[54]    Il dato relativo alla spesa delle amministrazioni pubbliche, redatto ai sensi del Regolamento CE 1500/2000, differisce da quello contenuto nel Conto Economico delle Amministrazioni redatto in base alle regole di Contabilità Nazionale. Il raccordo tra le due versioni viene diffuso annualmente dall'Istat a distanza di alcuni mesi.

[55]    Secondo la metodologia contenuta in Mourre et al., The cyclically-adjusted budget balance used in the EU fiscal framework: an update, «European Economy – Economic papers», n. 478, marzo 2013, il livello di spesa per ammortizzatori sociali e sussidi di disoccupazione è moltiplicando per il prodotto tra l’output gap e la semielasticità di questa specifica spesa.

[56]    Cfr. Commissione, Documento del 27 giugno 2012, Complementary information on the functioning of the expenditure and debt benchmarks; v. anche Codice di condotta, Tavola 2c.

[57]    Il dato quindi incorpora le quote di pertinenza dell’Italia dei prestiti a Stati membri dell'UEM, bilaterali o attraverso l'EFSF, e del contributo al capitale dell'ESM. A tutto il 2016 l'ammontare di tali quote è stato pari a circa 58,2 miliardi, di cui 43,9 miliardi per prestiti bilaterali e attraverso l'EFSF e 14,3 miliardi per il programma ESM (cfr. Banca d’Italia, ‘Bollettino statistico Finanza pubblica, fabbisogno e debito’ del 15 marzo 2017).

[58]    Comunicato Istat "PIL e Indebitamento delle AP", 1° marzo 2017.

[59]    Il saldo primario, a differenza delle altre componenti, riflette le decisioni di politica economica. A parità di ogni altra condizione, la presenza di un saldo primario positivo tende a ridurre il rapporto debito/PIL o quanto meno ne evita il deterioramento. Lo snow-ball effect viene calcolato come differenza tra il tasso d’interesse sul debito pubblico e la crescita del PIL nominale, determinando, in caso di prevalenza di quest’ultimo, e a parità di altri fattori, un contributo alla riduzione del rapporto debito/PIL. Lo stock flow adjustment riflette operazioni finanziarie e da privatizzazioni, con una componente che registra altresì le poste di raccordo tra dati di cassa e di competenza economica.

[60]    Secondo le stime della Commissione pari a 0,8 p.p. del PIL nel 2017 e nullo nel 2018, nonostante una netta riduzione del PIL rispetto al 2008 e un tasso di disoccupazione all'11,6%. Secondo le stime alternative fornite dal Governo il divario rimarrà vicino al 3% nel 2017 e tenderà a chiudersi più gradualmente nel corso degli anni successivi.

[61]     Relazione elaborata a norma dell'articolo 126, paragrafo 3, del TFUE.

[62]    Relazione elaborata a norma dell'articolo 126, paragrafo 3, del TFUE, pagina 29.

[63]    Relazione elaborata a norma dell'articolo 126, paragrafo 3, del TFUE, pagina 13.

[64]    Rispettivamente COM (2016) 725 quanto all’Analisi annuale della crescita e COM (2016) 728 per la Relazione sul meccanismo di allerta

[65]    Per maggiori dettagli sulla procedura, si vedano le Note del Servizio del bilancio del Senato della Repubblica: La governance economica europea, Elementi di documentazione n. 3, giugno 2013, e L'avvio del Semestre europeo 2016, Nota breve n. 15, dicembre 2015.

[66]    Si ricorda che, in tale sede, le Istituzioni europee con riferimento alle ripercussioni sul bilancio delle spese per far fronte all'emergenza rifugiati e alle misure di sicurezza connesse con il rischio terrorismo, hanno convenuto che queste possano essere considerati eventi inconsueti fuori dal controllo del governo Italiano, con un impatto considerevole ma non tale da compromettere la sostenibilità di bilancio a medio termine così come previsto ai sensi degli artt. 5, par. 1 e 6, par. 3, del regolamento (CE) n. 1466/97. Secondo le stime della Commissione l'effetto aggiuntivo sul bilancio è quantificabile nello 0,03% del PIL nel 2015 e in 0,04% del PIL nel 2016 per la spesa connessa ai rifugiati e in 0,06% del PIL nel 2016 per le misure di sicurezza. Pertanto, il Consiglio ha ridotto l'aggiustamento verso l'OMT richiesto per il 2015 e in relazione al 2016 ha dichiarato che «la valutazione finale, anche per gli importi ammissibili, sarà effettuata nella primavera del 2017 sulla base dei rilevamenti di dati forniti dalle autorità italiane».

[67]    Nella Relazione si afferma infatti che "le raccomandazioni specifiche per paese per il 2016, nel caso dell’Italia, sono tutte connesse ai suoi squilibri macroeconomici".

[68]    Tale revisione è prevista anche per Cipro e Portogallo.

[69]    Nel caso dell'Italia, l'indicatore di efficienza della funzione pubblica, che rispecchia la percezione della qualità dei servizi pubblici e la capacità della pubblica amministrazione, è pari a 0,45, mentre è superiore a 1 per gli altri grandi paesi europei. Contrariamente alla maggior parte degli altri paesi, la tendenza delle performance dell'Italia rimane negativa. Per la Commissione, ciò è confermato anche dall'indice di qualità della regolamentazione, che riflette la percezione della capacità del governo di elaborare e attuare politiche e normative solide. Inoltre, secondo l'Eurobarometro 2016 della Commissione l'Italia è uno degli Stati membri con la proporzione più elevata di cittadini che giudicano il servizio pubblico "scadente" o "molto scadente".

[70]    Si tratta di un indicatore sintetico che esprime il progresso nell'attuazione delle riforme previste nel Programma Nazionale di Riforma ponderato per l’importanza delle stesse ai fini della competitività del Paese. L’indice varia tra 0 (assenza di riforme pro-competitive) e 1 (piena implementazione di tutte le riforme previste). L’indicatore è costruito a partire dalle percentuali di attuazione, ricavate dal monitoraggio dei provvedimenti previsti sia di normazione primaria sia secondaria, ponderate con il peso della riforma stessa sulla competitività del Paese.

[71]    Articolo 1, comma 466, legge n.208/2015.

[72]    Si ricorda che il 30 novembre 2016 il Governo e le parti sindacali hanno siglato un Accordo per il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici, con cui il Governo si è impegnato a stanziare risorse finanziarie aggiuntive per il triennio 2016-2018 tali da consentire “incrementi contrattuali in linea con quelli riconosciuti mediamente ai lavoratori privati e comunque non inferiori a 85 euro mensili medi”.

[73]    Il richiamato DPCM 27 febbraio 2017 specifica che per le finalità di cui alle lettere a) e c) le risorse ivi indicate sono trasferite al capitolo n. 3027 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e demanda a successivi decreti del Ministro dell'economia e delle finanze la ripartizione tra i bilanci delle amministrazioni interessate delle risorse di cui alle lettere b) e c) (previa richiesta delle Amministrazioni medesime per quanto concerne la lettera c) e sulla base delle autorizzazioni ad assumere a tempo indeterminato di cui alla lettera b)).

[74]    Con conseguente abrogazione del DPCM 18 aprile 2016

[75]    Cfr. DEF 2017, Sezione I, Programma di stabilità, Tav.V.14

[76]    Cfr. DEF 2017, Sezione III Programma Nazionale di Riforma,§ III.2.

[77]    La previsione di breve periodo della spesa sanitaria pubblica, inglobata nei conti delle Pubbliche Amministrazioni (PA) dei documenti di finanza pubblica, viene elaborata seguendo la stessa articolazione adottata per la spesa sanitaria pubblica di contabilità nazionale, nell’ambito del “Conto economico consolidato della sanità”. In particolare, essa prevede una prima disaggregazione in funzione del soggetto erogatore: la spesa sanitaria pubblica viene distinta nella componente erogata direttamente dalle strutture del Servizio Sanitario Nazionale (produttori non market) e quella erogata da soggetti privati convenzionati (produttori market). La prima componente è suddivisa per fattore di costo ed evidenzia distintamente la spesa per redditi da lavoro dipendente, quella per consumi intermedi e quella per una terza componente, residuale, che raccoglie le poste non classificabili in nessuna delle funzioni sopra elencate, etichettata come “altre componenti di spesa sanitaria”. La seconda componente, invece, è articolata per tipologia di prestazione.

[78]    Il livello di spesa sconta le misure di contenimento della spesa farmaceutica previsto dalla normativa vigente e risulta coerente con il nuovo tetto del 7,96% della spesa farmaceutica convenzionata.

[79]    Documento di lavoro dei servizi della Commissione, Relazione per paese relativa all'Italia 2017 comprensiva dell'esame approfondito sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici, {COM(2017) 90 final} {SWD(2017) 67 final - SWD(2017) 93 final}.

[80]    Le misure attuative sono state adottate con il DPCM 27 febbraio 2015.

[81]    DEF- Sezione III -PNR - Le principali risposte di policy alle sfide economiche più rilevanti Ministero, pag.95.

[82]    Più in particolare: stanziamenti dedicati dall’art.1, co. 187, della legge di stabilità 2015 (legge 190/2014) all'attuazione della riforma, pari a 50 milioni di euro per il 2015, 140 milioni per il 2016 e 190 milioni a decorrere dal 2017; finanziamento del fondo progetti per le associazioni di volontariato istituito all'art. 9 della legge 106/2016 pari a 17,3 milioni per il 2016 e 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2017; 200 milioni di euro del Fondo di garanzia a rotazione per le imprese sociali; stabilizzazione del 5×1000 prevista dalla stabilità 2015.

[83]    Introdotta con la delibera CIPE 82/2007 nella programmazione 2007-2013 e rilanciata con la delibera CIPE 79/2012 in prospettiva del ciclo 2014/2020.

[84]    Cfr. par. IV.1

[85]    Nell’ambito delle Raccomandazioni sul PNR 2015 dell'Italia (COM(2015) 262 final), approvate dal Consiglio dell’Unione europea il 13 maggio 2015, la Raccomandazione n. 5 faceva riferimento, tra l’altro, nell’ambito degli sforzi per ovviare alla disoccupazione giovanile, all’adozione ed attuazione della già prevista riforma della scuola e al rafforzamento dell’istruzione terziaria professionalizzante.

[86]    Con riferimento al rafforzamento delle competenze, il PNR evidenzia che si è stimato che tale area - a cui afferiscono la scuola digitale e percorsi formativi ad hoc - possa tradursi in un aumento del numero di lavoratori a produttività medio-alta pari al 2,2% della forza lavoro. Specificatamente, tale aumento deriva dall'ipotesi che gli studenti che beneficiano di queste misure diventeranno in seguito lavoratori con maggiori competenze.

[87]    V. Tavola II.2, pag. 18, nella quale, rispetto al PNR 2016, le misure di rafforzamento delle competenze sono state scorporate ed introdotte nell’area Industria 4.0, in quanto misure di supporto agli obiettivi di innovazione e di rafforzamento della strategia complessiva.

[88]    V. tav. I.3, pag. 18.

[89]    Al riparto del fondo si provvede con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, non ancora intervenuto. In ogni caso, è previsto che l'incremento della dotazione dell'organico avviene in misura corrispondente ad una quota di posti derivante dall'accorpamento degli spezzoni di orario aggregabili fino a formare una cattedra o un posto interi, anche costituiti tra più scuole. Tale quota di posti viene sottratta in misura numericamente pari dal contingente previsto in organico di fatto all'art. 1, co. 69, della L. 107/2015. Sull’argomento si veda, il 12 aprile 2017, la risposta all’interrogazione a risposta immediata in Assemblea, alla Camera, n. 3-02946.

[90]    DM 797 del 19 ottobre 2016, adottato sulla base dell’art. 1, co. 124, della L. 107/2015.

[91]    DM 27 ottobre 2015, n. 851, adottato sulla base dell’art. 1, co .56, della L. 107/2015.

[92]    Qui il comunicato stampa del MIUR del 28 ottobre 2016.

[93]    Qui la pagina con i singoli bandi.

[94]    Qui la pagina dedicata sul sito dell’ANPAL.

[95]    L’alternanza è stata svolta soprattutto nelle imprese (36,1%), a scuola, con l’impresa simulata o svolgendo attività interne, ad esempio, nelle biblioteche (12,4%), nelle pubbliche amministrazioni (8,5%), nel settore no profit (7,6%) e, per la restante parte, in studi professionali, ordini e associazioni di categoria. Qui un Focus pubblicato dal MIUR ad ottobre 2016.

[96]    L’art. 10 del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) ha previsto, al co. 1, ultimo periodo, l’adozione di un decreto interministeriale (MIUR-MEF-MIT) per definire, tra l’altro, una programmazione triennale, in conformità ai contenuti dell’intesa in Conferenza unificata del 1° agosto 2013 sull'attuazione dei piani di edilizia scolastica formulati ai sensi dell'art. 11, co. 4-bis e seguenti, del D.L. 179/2012 (L. 221/2012). E’ stato dunque, adottato il D.I. 23 gennaio 2015 che, considerata la mancata attuazione dei piani triennali regionali di edilizia scolastica di cui all’art. 6 dell’intesa del 1° agosto 2013 - relativi al triennio 2013-2015 – ha proceduto alla definizione di una nuova tempistica per la programmazione degli interventi. In particolare, per quanto qui interessa, l’art. 2 ha previsto che le regioni dovevano trasmettere al MIUR e al MIT, entro il 31 marzo 2015, i piani regionali triennali (triennio 2015-2017), soggetti a conferma circa l’attualità degli interventi inseriti per il 2016 e il 2017, rispettivamente entro il 31 marzo 2016 e il 31 marzo 2017. I piani trasmessi dovevano essere inviati dal MIUR al MIT e inseriti in un’unica programmazione nazionale, da predisporre entro il 30 aprile 2015 e che poteva trovare attuazione nei limiti delle risorse finanziarie disponibili. La programmazione nazionale 2015-2017 è stata adottata con DM 322 del 29 maggio 2015.

[97]    Art. 5, co. 4-ter, D.L. 104/2013 (L. 128/2013), come modificato dall’art. 1, co. 37, della L. 107/2015. Il PNR 2016 aveva indicato il mese di giugno 2016 quale termine per l’emanazione del regolamento.

[98]    Delibera 2/2016, pubblicata nella GU n. 183 del 6 agosto 2016.

[99]    Il Piano è organizzato intorno a 6 priorità: l’internazionalizzazione, il capitale umano, il sostegno selettivo alle infrastrutture di ricerca, le partnership pubblico-private, il Mezzogiorno, l’efficienza e qualità della spesa. Sono poi declinate 12 aree di specializzazione.

[100]  Decreto Direttoriale 29 luglio 2016 n. 1540, relativo alle regioni in ritardo di sviluppo (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) e alle regioni in transizione (Abruzzo, Molise, Sardegna)

[101]  Decreto Direttoriale 27 ottobre 2016 n. 2348, volto a creare le condizioni affinché i migliori ricercatori si cimentino nelle competizioni bandite dallo European Research Council e ad assicurare che un numero crescente di vincitori nei bandi dell'ERC svolgano la loro ricerca nelle università o negli enti pubblici di ricerca italiani.

[102]  Decreto Direttoriale 3 agosto 2016 n. 1610, relativo alle seguenti quattro aree di specializzazione: Tecnologie per il Patrimonio Culturale, Design, creatività e Made in Italy, Economia del Mare, Energia. Con D.D. 18 agosto 2016, n. 1654 è, poi, stato pubblicato un avviso di rettifica.

[103]  Qui maggiori informazioni.

[104]  Si tratta del disegno di legge di iniziativa governativa C. 2798 (Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi nonché all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena, S. 2067), la proposta di legge Ferranti ed altri C. 2150 (Modifiche al codice penale in materia di prescrizione del reato, S. 1844) e la proposta di legge Molteni C. 1129 (Modifiche all'articolo 438 del codice di procedura penale, in materia di inapplicabilità e di svolgimento del giudizio abbreviato, S. 2032).

[105]  Articolo 1, commi 965, 967-969, 971-972 della Legge di stabilità 2016-2018.

[106]  Il fondo è stato ripartito tramite due decreti del ministro dell’economia e delle finanze.

[107]  Spesa relativa al contributo straordinario per le eccezionali esigenze di sicurezza nazionale.

[108]  Quota parte utilizzata per contributi aggiuntivi nell’ambito delle c.d missioni di pace.

[109]  L’indice varia tra 0 (assenza di riforme pro-competitive) e 1 (piena implementazione di tutte le riforme previste). L’indicatore è costruito a partire dalle percentuali di attuazione, ricavate dal monitoraggio dei provvedimenti previsti sia di normazione primaria sia secondaria, ponderate con il peso della riforma stessa sulla competitività del Paese. Tale peso è misurato attraverso il potenziale della riforma in termini di crescita nel medio periodo, in base alle simulazioni dei modelli econometrici del MEF.

[110]  Le valutazioni di impatto sono state elaborate con i modelli quantitativi in uso al Ministero dell’Economia e Finanze (ITEM, QUEST III e IGEM).

[111]  Come testimoniato anche dall’andamento del Product Market Regulation Index dell’OCSE, in cui l’Italia si pone tra i Paesi con un livello di restrizioni alla concorrenza tra i più bassi

[112]  Secondo quanto espone il PNR, i dati desunti dalla Piattaforma per i crediti commerciali (PCC) mostrano che il monitoraggio dei debiti, per le fatture emesse nell’anno 2016, ha riguardato 27,3 milioni di fatture ricevute e non respinte dalle oltre 22.000 pubbliche amministrazioni registrate. L'importo complessivamente fatturato ammonta a oltre 156 miliardi. I tempi medi di pagamento occorsi per saldare, in tutto o in parte, i 15,4 milioni di fatture per le quali sono stati acquisiti i dati dei pagamenti, sono stati pari a circa 51 giorni (50 giorni se ponderati con gli importi delle fatture), con un tempo medio di ritardo di 9 giorni (5 giorni se ponderato).

[113]  Con il trasferimento delle competenze del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica (DPS) dal Ministero dello sviluppo economico alla Presidenza del Consiglio.

[114]  Cfr. Monitoraggio interventi comunitari programmazione 2007-2013 – Attuazione finanziaria, situazione al 31 dicembre 2016 (febbraio 2017).

[115]  La riprogrammazione delle risorse dei Fondi strutturali 2007-2013 realizzata mediante lo strumento del Piano di Azione Coesione, si ricorda, ha raggiunto l’ammontare complessivo di oltre 13,5 miliardi di euro.

[116]  Il 31 dicembre 2015 era il termine ultimo di ammissibilità della spesa rendicontabile alla Commissione per il ciclo 2007-2013 (con minime deroghe, ad esempio, per gli strumenti di ingegneria finanziaria), in base alle regole di esecuzione del bilancio comunitario vigenti, la cosiddetta dell’ “n+2”. Rispetto all’eventuale disimpegno delle risorse dal bilancio europeo, questo può avvenire solo dopo l'istruttoria della Commissione Europea sui documenti presentati entro il 31 marzo 2017, data entro la quale è necessario inviare domanda di pagamento alla Commissione (ossia la certificazione).

[117]  Il sistema di rendicontazione all’UE della spesa per i Programmi finanziati dai Fondi Strutturali 2007-2013 è diverso da quello di monitoraggio puntuale dei progetti. In generale, un pagamento rendicontabile viene inserito nel sistema di monitoraggio dei progetti quando è stato effettuato e può essere portato a rendicontazione anche in un secondo momento. Pertanto la somma dei pagamenti rendicontabili all’UE di ciascun Programma può non corrispondere al valore più recente di certificazione ufficiale delle spese alla Commissione Europea.

[118]  Nel contesto del riesame del funzionamento del quadro finanziario pluriennale 2014-2020, svolto dalla Commissione UE nel 2016 ai sensi della normativa vigente in materia, è stato previsto un adeguamento “tecnico” delle dotazioni a valere sulla politica di coesione per singolo Stato membro, con aggiornamento dei massimali del Quadro finanziario pluriennale. In base alla metodologia applicata dalla Commissione, l’Italia risulta essere il secondo beneficiario, ottenendo una dotazione aggiuntiva pari a circa 1.600 milioni a prezzi correnti, vale a dire circa 400 milioni su base annua dal 2017 al 2020. La Commissione Europea ha assegnato all’Italia tali risorse con Decisione (2016) 6909 del 3 novembre 2016.

[119]  In caso contrario, come ricorda il Documento, l’importo dell’assegno è limitato ad una quota fissa, riconosciuta a condizione del superamento di una "soglia minima" di successi occupazionali nei 6 mesi precedenti.

[120]  Il Documento ricorda altresì che l'importo si dimezza in caso di contratto di lavoro a termine (il quale, in ogni caso, ai fini del riconoscimento del beneficio in oggetto, deve avere una durata pari ad almeno 6 mesi).

[121]  Cfr. l'art. 1, commi 356 e 357, della L. 11 dicembre 2016, n. 232.

[122]  In merito, inoltre, il disegno di legge estende l'àmbito dell'indennità (con riferimento agli eventi di disoccupazione che si verifichino dal 1° luglio 2017) agli assegnisti e ai dottorandi di ricerca con borsa di studio.

[123]  Cfr l'art. 4, commi da 8 a 11, della L. 28 giugno 2012, n. 92.

[124]  La norma concerne le opere ed i servizi offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti ed ai familiari per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto.

[125]  In base all'art.3 della Legge n. 221/2015 il Governo, su proposta del Ministero dell'Ambiente, sentita la Conferenza Stato-Regioni e acquisito il parere delle associazioni ambientali, provvede ogni tre anni all'aggiornamento della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, con un’apposita delibera del CIPE.

[126]  In tal senso si ricordano la Strategia dell’UE per lo sviluppo sostenibile, lanciata nel 2001 (COM(2001)0264), e le revisioni nel 2006 (Documento del Consiglio 10917/06) e nel 2009 (COM(2009) 400). Si veda anche la Comunicazione della Commissione europea "Il futuro sostenibile dell'Europa: prossime tappe - L'azione europea a favore della sostenibilità" (COM(2016)739), nella quale si prospetta il quadro dell'integrazione dei diversi obiettivi dello sviluppo sostenibile nelle politiche europee - in atto e a venire - invitando, ciascuno degli Stati membri a: elaborare politiche nazionali volte a conseguire gli obiettivi dello sviluppo sostenibile; mettere tempestivamente in atto le relative politiche europee;valutare i progressi compiuti in materia.

[127]  COM(2010) 2020.

[128]  COM (2016) 759 def. (Governance dell'unione dell'energia) che fa parte del pacchetto europeo 'Energia pulita per tutti gli europei'.