Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
| |||
---|---|---|---|
Autore: | Servizio Studi - Dipartimento bilancio | ||
Titolo: | Interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale - D.L. 243/2016 - A.C. 4200 | ||
Riferimenti: |
| ||
Serie: | Progetti di legge Numero: 520 | ||
Data: | 13/01/2017 | ||
Organi della Camera: | V-Bilancio, Tesoro e programmazione |
|
Camera dei deputati |
XVII LEGISLATURA |
|
|
|
Documentazione per l’esame di |
Interventi urgenti per la coesione sociale e
territoriale D.L. 243/2016 -
A.C. 4200 |
Parte I Schede di lettura |
|
|
|
|
n. 520 |
|
|
|
|
|
13 gennaio 2017 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi –
Dipartimento Bilancio ( 066760-2233 – * st_bilancio@camera.it @CD_bilancio |
Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi o Uffici: |
Servizio Bilancio dello Stato Verifica
delle quantificazioni n. 475 ( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it Servizio Commissioni – Segreteria V Commissione ( 066760-3545 / 066760-3685 – * com_bilancio@camera.it Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea ( 066760-2145 – * cdrue@camera.it |
Il presente dossier è articolato in due volumi: § Schede di lettura
(dossier n. 520, Parte I), redatto dal Servizio Studi § Profili finanziari
(dossier n. 520, Parte II) redatto dal Servizio Bilancio dello Stato |
|
La
documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle
esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e
dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la
loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla
legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della
legge, a condizione che sia citata la fonte. |
File:
D16243.docx |
INDICE
§ Articolo
1 (Completamento della procedura di
cessione dei complessi aziendali del gruppo Ilva)
§ Articolo 5 (Incremento
del Fondo per le non autosufficienze)
§ Articolo 6 (Scuola
europea di Brindisi)
§ Articolo 7 (Interventi
funzionali alla presidenza italiana del G7 nel 2017)
§ Articolo 8 (Entrata
in vigore)
Articolo 1
(Completamento della procedura di
cessione
dei complessi aziendali del gruppo Ilva)
L’articolo 1 modifica la tempistica di restituzione dell’importo di 300 milioni erogato nell’anno 2015 dallo Stato a favore di ILVA S.p.A., che viene fissata entro 60 giorni dalla data di efficacia della cessione a titolo definitivo dei complessi aziendali di ILVA, e non più a decorrere dal decreto di cessazione dell’esercizio di impresa nell’ambito della procedura di amministrazione straordinaria cui ILVA è assoggettata (comma 1, lettera a)).
L’articolo estende, inoltre, il termine di durata del programma di amministrazione straordinaria di ILVA - dopo il trasferimento dei complessi aziendali - sino alla scadenza del termine ultimo per l'attuazione del Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria come eventualmente modificato o prorogato (attualmente, il Piano deve essere realizzato entro il 30 giugno 2017, prorogabile per un periodo non superiore a 18 mesi). Entro tale termine, i commissari straordinari sono autorizzati ad individuare e realizzare ulteriori interventi di decontaminazione e risanamento ambientale non previsti nell’ambito del predetto Piano, ma allo stesso strettamente connessi, anche mediante formazione e impiego del personale delle società in amministrazione straordinaria non altrimenti impegnato.
L’articolo modifica, inoltre, la tempistica di adozione del decreto di cessazione dell’esercizio di impresa, che deve essere adottato, in deroga alla disciplina generale sull’amministrazione straordinaria, a seguito dell'intervenuta integrale cessazione, da parte dei commissari straordinari, di tutte le attività e funzioni, anche di vigilanza, comunque connesse all'attuazione del Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria (comma 1, lettera b) cpv. 8.4).
Si prevede, inoltre, l’integrazione del programma di amministrazione straordinaria con un piano per attività di sostegno assistenziale e sociale per le famiglie disagiate nei Comuni di Taranto, Statte, Crispiano, Massafra e Montemesola. Per consentire l’immediato avvio delle attività propedeutiche alla realizzazione dello stesso piano, si autorizza un importo di 300.000 euro, che viene posto a carico delle risorse del programma nazionale complementare "Imprese e competitività 2014- 2020", approvato dal CIPE con delibera 10 del 1° maggio 2016 comma 1, lettera b) cpv. 8.5).
L’articolo interviene poi sulla destinazione delle risorse rivenienti dalla restituzione dei finanziamenti statali (concessi fino ad 800 milioni di euro ai sensi dell’articolo 1, comma 6-bis del D.L. n. 191/2015), che vengono destinate:
a) nel limite di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2017-2019 al finanziamento delle attività relative alla predisposizione e attuazione del citato Piano per attività di sostegno assistenziale e sociale per le famiglie disagiate nei Comuni di Taranto, Statte, Crispiano, Massafra e Montemesola (comma 2, lettera a))
b) nel limite di 50 milioni di euro per il 2017 e di 20 milioni di euro per il 2018 al Ministero della Salute successivamente trasferite alla Regione Puglia per la realizzazione di un progetto volto all’acquisizione dei beni e dei servizi necessari alla realizzazione di interventi di ammodernamento tecnologico delle apparecchiature e dei dispositivi medico-diagnostici delle strutture sanitarie pubbliche ubicate nei suddetti Comuni ((comma 2, lettera b))). Il predetto progetto - inserito tra gli interventi del Contratto istituzionale di sviluppo, sottoscritto il 30 dicembre 2015 - viene trasmesso dalla Regione Puglia e deve essere approvato dal Ministero della salute, sentito l’Istituto superiore di sanità, previo parere del Tavolo istituzionale permanente, integrato con un rappresentante del Ministero della salute (comma 3).
Infine, l’articolo provvede alla compensazione degli effetti finanziari determinati dalle destinazione delle risorse oggetto di rimborso agli interventi nelle zone dei Comuni di Taranto, Statte, Crispiano, Massafra e Montemesola e autorizza il Ministro alle conseguenti variazioni di bilancio (comma 4).
Si osserva che l’articolo 1, comma 1, ricalca i contenuti dell’articolo 74, comma 6 del DDL A.C. 4127, nel testo presentato dal Governo, prima dello stralcio delle disposizioni incompatibili con il contenuto proprio del provvedimento di bilancio, disposto da parte del Presidente della Camera ai sensi dell'articolo 120, comma 2, R.C..
In particolare, il comma 1, lettera a) interviene sulla tempistica di restituzione dell’importo di 300 milioni di euro erogato nell’anno 2015 dallo Stato a favore di ILVA S.p.a. (modifica all’articolo 1, comma 3 del D.L. n. 191/2015).
Il comma 3 dell’articolo 1 del D.L. n. 191/2015, nelle more del completamento delle procedure di trasferimento dei complessi aziendali di ILVA S.p.A., ha autorizzato l'erogazione da parte dello Stato di 300 milioni di euro in favore dell'amministrazione straordinaria, qualificando il finanziamento come indispensabile per fare fronte alle indilazionabili esigenze finanziarie del Gruppo ILVA. Sulla base della modifica introdotta dal D.L. n. 98/2016 (articolo 1, comma 1, lett. a)), il comma 3 dispone che l'obbligo di restituzione della somma erogata dallo Stato è a carico dell'amministrazione straordinaria del Gruppo ILVA, cui tali somme sono state effettivamente versate (prima della novella operata dal D.L. n. 98/2016 il comma 3 disponeva invece che l’obbligo di restituzione fosse in capo al soggetto aggiudicatario della procedura di cessione).Il decreto ministeriale che dispone la concessione del prestito all’Ilva è stato adottato il 15 dicembre 2015 e l’importo è stato erogato il 23 dicembre 2015.
Quanto alla tempistica di restituzione, il comma 3 nella sua formulazione precedente all’intervento in esame, disponeva che essa dovesse avvenire entro 60 giorni dall'adozione del decreto di cessazione dell'esercizio dell'impresa ex art. 73 del D.Lgs. n. 270/1999, anteponendolo agli altri debiti della procedura.
In virtù della novella in esame, l’importo dovrà ora essere restituito da parte dell’Amministrazione straordinaria allo Stato entro 60 giorni dalla data in cui avrà efficacia la cessione a titolo definitivo dei complessi aziendali di ILVA, a differenza di quanto previsto dalla normativa previgente che disponeva la restituzione entro 60 giorni dall’adozione, nell’ambito della procedura di amministrazione straordinaria cui ILVA è sottoposta, del decreto di cessazione dell’esercizio di impresa.
Rimane ferma la previsione che la restituzione debba avere anteposizione rispetto agli altri debiti della procedura.
Quanto al decreto di cessazione dell’esercizio di impresa, l’articolo 73 del D.Lgs. n. 270/1999 dispone che, nei casi di cessione dei complessi aziendali, se nel termine di scadenza del programma è avvenuta l’integrale cessione dei complessi, il tribunale, su richiesta del commissario straordinario o d'ufficio, dichiara con decreto la cessazione dell'esercizio dell'impresa. Dunque, secondo la disciplina ordinaria, l’adozione del decreto di cessazione dell’esercizio di impresa dipende dalla cessione, nei termini di scadenza del programma, dei complessi aziendali.
A far data dal decreto l'amministrazione straordinaria è considerata, ad ogni effetto, come procedura concorsuale liquidatoria.
Il comma 1, lettera b) demanda al contratto che regola il trasferimento in capo all'aggiudicatario dei complessi aziendali del gruppo ILVA la definizione delle modalità attraverso cui, successivamente al trasferimento, i commissari straordinari svolgono o proseguono le attività, esecutive e di vigilanza[1], funzionali all'attuazione del Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria (approvato con D.P.C.M. 14 marzo 2014 e come eventualmente modificato secondo la procedura delineata dal D.L. 191/2015, articolo 1, comma 8.1).
Si ricorda a questo proposito che l’articolo 1, comma 2 del D.L. n. 191/2015 ha attribuito ai commissari del gruppo ILVA in amministrazione straordinaria il compito di espletare, entro il 30 giugno 2016, nel rispetto dei principi di parità di trattamento, trasparenza e non discriminazione, le procedure per il trasferimento dei complessi aziendali individuati dal programma commissariale, ai sensi ed in osservanza delle modalità di cessione dei complessi aziendali prevista dalla disciplina sull’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi di cui al D.L. n. 347/2003 (articolo 4-quater del D.L. n. 347/2003 e ss. mod.), assicurando la discontinuità, anche economica, della gestione da parte del o dei soggetti aggiudicatari[2].
Sui criteri di scelta del contraente aggiudicatario è pressoché contestualmente intervenuto il D.L. n. 98 del 9 giugno 2016, che ha modificato ed integrato la disciplina contenuta nell’articolo 1 del D.L. n. 191/2015 (modificando il comma 8 e inserendo i nuovi commi da 8.1 a 8.3), strettamente correlandola alla realizzazione del Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria.
Lo stesso D.L. n. 98/2016 è poi intervenuto sull’articolo 2, comma 5 del D.L. n. 1/2015, che ha fissato il termine ultimo per l'attuazione del Piano al 30 giugno 2017, disponendo che tale termine possa essere prorogabile per un periodo non superiore a 18 mesi. La proroga è su istanza dell'aggiudicatario della procedura di trasferimento dei complessi aziendali. L’istanza deve essere formulata con la domanda dell’aggiudicatario di autorizzazione a nuovi interventi e alla modifica del Piano (ai sensi di quanto previsto dal comma 8.1 dell’art.1, D.L. n. 191/2015, come inserito dallo stesso D.L. n. 98, cfr. infra). La proroga per un periodo non superiore a 18 mesi è autorizzata con il D.P.C.M. di approvazione delle modifiche del Piano[3].
La domanda di autorizzazione a nuovi interventi modificativi del Piano e di proroga del Piano stesso, deve essere formulata già in sede di presentazione delle offerte e segue una articolata procedura disciplinata nel comma 8.1 dell’articolo 1 del D.L. n. 191/2015, come inserito dal D.L. n. 98/2016.
Un comunicato del 30 giugno 2016 del gruppo ILVA ha informato che i Commissari Straordinari, hanno ricevuto, nella stessa data, le offerte dei soggetti interessati all’operazione di trasferimento dei complessi aziendali facenti capo ad Ilva S.p.A. in A.S. e ad altre società del medesimo gruppo, da perfezionarsi mediante la cessione o la concessione in affitto, con opzione d’acquisto. I soggetti che hanno presentato le offerte corredate dalla documentazione richiesta sono Am Investco Italy srl (Arcelor Mittal-Marcegaglia) e AcciaItalia (Cdp Equity-Arvedi-Delfin).
Nel corso dell’audizione informale dei Commissari del Gruppo ILVA il 21 settembre scorso presso la X Commissione attività produttive della Camera, l’organo commissariale ha affermato che il trasferimento degli asset si concluderà presumibilmente nella prima metà del 2017, a valle degli ulteriori adempimenti.
Allo
stato attuale, secondo informazioni desumibili in una nota
pubblicata sul sito del Ministero dell’ambiente il 9 gennaio, in pari data il direttore generale per le Valutazioni
Ambientali del Ministero ha consegnato
ai commissari straordinari di ILVA Spa il parere
del Ministro dell’ambiente, che recepisce le indicazioni del Comitato di
esperti[4] sulle
integrazioni al piano ambientale delle due cordate interessate prima menzionate.
Tali cordate, conformandosi al parere e alle richieste di adempimenti e
prescrizioni aggiuntivi, potranno presentare le offerte vincolanti definitive, propedeutiche
alla successiva aggiudicazione da parte del Ministro dello Sviluppo economico.
La lettera b) interviene altresì sul termine di durata del programma dell'amministrazione straordinaria disponendo che esso si intende esteso sino alla scadenza del termine
ultimo per l'attuazione del Piano, come eventualmente modificato o
prorogato ai sensi della procedura delineata nel D.L. n. 191/2015 (all’articolo
1, comma 8.1) o di altra norma di legge.
Come
già ricordato, secondo la disciplina previgente, il Piano doveva essere
realizzato entro il 30 giugno 2017, termine prorogabile per un periodo non
superiore a 18 mesi su istanza dell’aggiudicatario dei complessi aziendali. Dunque,
il termine di durata del programma di amministrazione straordinaria si intende comunque
ora esteso, dopo il trasferimento dei complessi aziendali, al termine di
attuazione del Piano.
Entro il termine
ultimo per l’attuazione del Piano, i commissari straordinari sono autorizzati
ad individuare e realizzare ulteriori
interventi di decontaminazione e risanamento ambientale non previsti nel
predetto Piano, ma ad stesso strettamente connessi, anche mediante formazione e impiego del personale
delle società in amministrazione straordinaria non altrimenti impegnato (la lettera
b) integra l’articolo 1 del D.L. n.
191/2015, di un ulteriore comma 8.4).
Il Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria, adottato con il D.P.C.M. 14 marzo 2014, prevede le azioni e i tempi necessari per garantire il rispetto delle prescrizioni di legge e dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) nonché, in attuazione dell'art. 7 del D.L. 136/2013, la conclusione dei procedimenti di riesame che discendono dall'AIA del 4 agosto 2011 e dall'AIA del 26 ottobre 2012, con esclusione di quelli che devono essere avviati a seguito dell'adempimento di prescrizioni e di quelli che comprendono impianti dello stabilimento non disciplinati dal piano.
La lettera b) del comma 1 prevede, inoltre, l’integrazione del programma di amministrazione straordinaria con un piano per attività di sostegno assistenziale e sociale per le famiglie disagiate nei Comuni di Taranto, Statte, Crispiano, Massafra e Montemesola. Per consentire l’immediato avvio delle attività propedeutiche alla realizzazione dello stesso piano, si autorizza un importo di 300.000 euro, che viene posto a carico delle risorse del programma nazionale complementare "Imprese e competitività 2014- 2020", approvato dal CIPE con delibera 10 del 1° maggio 2016.
Il
CIPE nella seduta del 1° maggio 2016, ha approvato, con delibera 10/2016 la proposta di Programma complementare di azione e coesione 2014-2020 denominato “Imprese e competitività”, presentato
dal Ministero dello Sviluppo economico, ai sensi della delibera del CIPE n. 10
del 28 gennaio 2015, per un importo di 696,25
milioni di euro a valere sulle risorse del Fondo di rotazione di cui alla
legge n. 183/1987. Il Programma interviene esclusivamente nelle cinque Regioni
meno sviluppate del Mezzogiorno (Basilicata,
Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) e si pone in funzione complementare
rispetto al Programma operativo nazionale Imprese e competitività 2014-2020,
approvato dalla Commissione europea il 23 giugno 2015. Il programma prevede il
finanziamento di due principali categorie di interventi (oltre ad uno
stanziamento di 27,85 milioni di euro per assistenza tecnica):
§ interventi di sostegno ai processi di
ricerca, sviluppo e innovazione delle imprese (cui sono destinati 165 milioni
di euro);
§ interventi per lo sviluppo produttivo e
occupazionale dei territori di destinazione (cui sono destinati 503,4 milioni
di euro).
La dotazione finanziaria del programma è da utilizzarsi per una quota
indicativamente pari al 60 per cento per la realizzazione di interventi
coerenti con il PON «Imprese e competitività» ai fini della costituzione di un
bacino di progetti overbooking.
Si precisa che il piano, a carattere sperimentale, ha la durata di tre anni, viene approvato dal Ministro dello sviluppo economico e monitorato nei relativi stati di avanzamento. Il piano deve conformarsi alle raccomandazioni adottate dagli organismi internazionali in tema di responsabilità sociale dell’impresa e alle migliori pratiche attuative ed è predisposto ed attuato a cura dei commissari straordinari, d’intesa con i Comuni di cui al primo periodo per quanto attiene la selezione dei soggetti beneficiari, con l’ausilio di organizzazioni riconosciute anche a livello internazionale, enti del terzo settore ed esperti della materia (a tal fine, la lettera b) integra l’articolo 1 del D.L. n. 191/2015, di un ulteriore comma 8.5)).
L’articolo interviene poi sulla destinazione delle risorse rivenienti dalla restituzione dei finanziamenti statali (concessi fino ad 800 milioni di euro ai sensi dell’articolo 1, comma 6-bis del D.L. n. 191/2015), che vengono destinate:
§ nel limite di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2017-2019 al finanziamento delle attività relative alla predisposizione e attuazione del citato Piano per attività di sostegno assistenziale e sociale per le famiglie disagiate nei Comuni di Taranto, Statte, Crispiano, Massafra e Montemesola. A tal fine le risorse in oggetto sono mantenute sulla contabilità speciale, aperta presso la tesoreria statale e intestata ai commissari straordinari per l'attuazione del Piano ambientale, e i commissari, anche ai fini dei trasferimenti delle risorse occorrenti per le attività di sostegno assistenziale, provvedono a rendicontare al Ministero vigilante con cadenza semestrale (comma 2, lettera a))
§ nel limite di 50 milioni di euro per il 2017 e di 20 milioni di euro per il 2018 al Ministero della Salute e successivamente trasferite alla Regione Puglia per la realizzazione di un progetto volto all’acquisizione dei beni e dei servizi necessari alla realizzazione di interventi di ammodernamento tecnologico delle apparecchiature e dei dispositivi medico-diagnostici delle strutture sanitarie pubbliche ubicate nei suddetti Comuni ((comma 2, lettera b))). Il predetto progetto - inserito tra gli interventi del Contratto istituzionale di sviluppo, sottoscritto il 30 dicembre 2015 - viene trasmesso dalla Regione Puglia e deve essere approvato dal Ministero della salute, sentito l’Istituto superiore di sanità, previo parere del Tavolo istituzionale permanente per Taranto (vedi comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 6 del 23 Dicembre 2016), integrato con un rappresentante del Ministero della salute (comma 3).
Come sottolineato dal Ministro per la Coesione territoriale e Mezzogiorno, tale intervento si aggiunge al rifinanziamento per 8 milioni di euro delle attività di screening sanitario gratuito per i residenti dei Comuni interessati disposti dal Decreto «ILVA-Terra dei Fuochi» (decreto legge 136/2013). A sua volta, la Regione Puglia dovrà rielaborare il proprio Piano sanitario - che non ha superato la verifica di efficacia e di efficienza dei Ministeri vigilanti, Salute/Economia - in modo da garantire il potenziamento dei servizi nell’area di Taranto” (da LaGazzettadelMezzogiorno.it del 24 dicembre 2016).
Si ricorda che il decreto legge 10 dicembre 2013, n.136[5] ha affrontato l'emergenza della Terra dei fuochi nelle aree di Caserta e dintorni, ma anche di Taranto e Statte, in relazione all'Ilva. L’articolo 2, commi da 4-quinquies a 4-octies, del decreto legge 136/2013, modificando il decreto legge 4 giugno 2013, n. 61[6], ha infatti previsto l’offerta di esami per la prevenzione e per il controllo dello stato di salute della popolazione residente nei comuni di Taranto e di Statte. Per gli screenig sanitari gratuiti sono stati destinati complessivamente 50 milioni di euro per il biennio 2014-2015.
Quanto alle risorse rivenienti dalla restituzione dei finanziamenti statali di cui all’articolo 1, comma 6-bis del D.L. n. 191/2015, citato nel testo del provvedimento in esame, si ricorda che tale comma 6-bis ha autorizzato l’organo commissariale di ILVA S.p.A. a contrarre un finanziamento statale per un ammontare fino a 800 milioni di euro, di cui fino a 600 milioni di euro nel 2016 e fino a 200 milioni di euro nel 2017 al fine esclusivo dell'attuazione e della realizzazione del Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria dell'impresa.
Sugli importi erogati maturano interessi (da ultimo rideterminati dall’articolo 1, comma 609 della legge di bilancio 2017). Quanto al rimborso allo Stato delle predette risorse, il comma 6-bis, come novellato dall'articolo 2, comma 1, del D.L. n. 98/2016, lo prevede al 2018, ovvero successivamente[7], secondo la procedura di ripartizione dell'attivo della società nel medesimo comma prevista, in prededuzione, ma subordinatamente al pagamento, nell'ordine, dei crediti prededucibili di tutti gli altri creditori della procedura di amministrazione straordinaria, nonché dei creditori privilegiati.
Quanto all’importo ad oggi effettivamente erogato ad ILVA, rispetto ai 600 milioni autorizzati per il 2016, sebbene non si disponga di informazioni ufficiali, appare opportuno evidenziare che a legge di bilancio per il 2017-2019, il capitolo 7400/MISE (su cui sono iscritte le somme in questione) riporta, dell’importo di 600 milioni per il 2016, a residui presunti, la cifra di 315 milioni di euro.
A garanzia del rimborso, la disciplina
vigente, contenuta nell’articolo 1, comma 6-undecies
del D.L. n. 191/2015, pure citato nel testo del provvedimento in esame, dispone
inoltre, a seguito del trasferimento dei complessi aziendali del Gruppo ILVA,
le somme eventualmente confiscate o
comunque pervenute allo Stato in via
definitiva all'esito di procedimenti penali pendenti, sono versate fino
alla concorrenza dell'importo di 800 milioni di euro, all'entrata del bilancio dello Stato, a titolo di restituzione del
prestito statale di 800 milioni e, per la parte eccedente, sulla contabilità
speciale dell'amministrazione straordinaria per essere destinate al
finanziamento di interventi per il risanamento e la bonifica ambientale e, in
via subordinata, alla riqualificazione e riconversione produttiva dei siti
contaminati, nei comuni di Taranto e di Statte.
Sulla questione è comunque intervenuta anche la legge di bilancio 2017, che al citato comma 609 ha previsto che i finanziamenti statali sopra indicati concessi e non erogati nei confronti di ILVA cessano di avere efficacia a decorrere dalla data di sottoscrizione delle obbligazioni che - ai sensi dell’articolo 3, comma 1 del D.L. n. 1/2015 - l’organo commissariale di ILVA è autorizzato ad emettere a valere sulle somme attualmente sottoposte a sequestro (nell’ambito dei procedimenti penali a carico dei principali azionisti ed ex dirigenti dell’ILVA) all’atto del trasferimento delle medesime somme in Italia.
Il comma 610 della medesima legge di bilancio è poi intervenuto sulla destinazione delle somme rivenienti dalla sottoscrizione delle citate obbligazioni specificando - con una novella all’articolo 3, comma 1 del D.L. n. 1/2015 - che queste saranno versate in un patrimonio dell'emittente destinato in via esclusiva all'attuazione e alla realizzazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria dell'impresa in amministrazione straordinaria previa però restituzione dei finanziamenti statali per la parte eventualmente erogata.
Allo stato, il trasferimento delle somme sottoposte a sequestro non si è ancora verificato, Purtuttavia, con un comunicato del 2 dicembre 2016 i Commissari Straordinari di ILVA in Amministrazione Straordinaria, Piero Gnudi, Enrico Laghi e Corrado Carrubba, comunicano che sono stati individuati i termini e le condizioni di un accordo tra il Gruppo ILVA, gli esponenti della famiglia Riva e le società ad essi riconducibili.
L’accordo potrà essere stipulato entro il prossimo mese di febbraio, previo ottenimento di tutte le prescritte autorizzazioni da parte degli organi competenti, che verranno richieste nei tempi tecnici necessari.
Contestualmente alla stipulazione dell’accordo, saranno tra l’altro rese disponibili ad ILVA, con il consenso degli esponenti della famiglia Riva, e nelle forme e modalità stabilite dalla legislazione speciale in vigore, somme e titoli, per un controvalore di circa Euro 1,1 miliardi, attualmente oggetto di sequestro penale, affinché gli stessi siano destinati all’attuazione del Piano Ambientale, alla realizzazione di interventi di bonifica e alle altre finalità previste dalla legge. Si prevede, altresì, che gli esponenti della famiglia Riva mettano a disposizione un ulteriore importo, per l’ammontare complessivo di Euro 230 milioni, prevalentemente destinato a supportare la gestione corrente di ILVA e le iniziative assunte ai fini della prosecuzione dell’attività d’impresa.
L’esecuzione dell’accordo, si legge nel comunicato, consentirà di completare il processo di ambientalizzazione dell’ILVA.
Infine, l’articolo provvede alla compensazione degli effetti sui saldi di finanza pubblica determinati dalle destinazione delle risorse oggetto di rimborso agli interventi nelle zone dei Comuni di Taranto, Statte, Crispiano, Massafra e Montemesola, disponendo che ad essi si provveda mediante utilizzo del Fondo – operante in termini di sola cassa - per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali (di cui all’articolo 6, comma 2, del D.L. n. 154/2008), nel limite massimo di 60 milioni di euro per l’anno 2017, 30 milioni di euro per l’anno 2018 e 10 milioni di euro per l’anno 2019 (comma 4).
Il comma 5 autorizza il Ministro dell’economia e finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio connesse all’attuazione del provvedimento in esame.
Procedure di
contenzioso
(a cura dell’Ufficio Rapporti con
l’Unione europea)
La Commissione europea ha emesso il 16 ottobre 2014 un parere motivato nei confronti dell’Italia nell’ambito della procedura di infrazione n. 2177/2013, avviata il 26 settembre 2013, contestando, in relazione allo stabilimento ILVA di Taranto, la violazione della direttiva 2008/1/CE (cd. Direttiva IPPC) sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento fino al 7 gennaio 2014, e della direttiva 2010/75/UE, relativa alle emissioni industriali, a decorrere da tale data. Nel parere motivato, la Commissione, pur riconoscendo i progressi conseguiti dalla data di costituzione in mora, contesta la violazione delle direttive sopra richiamate con riferimento ai seguenti ambiti:
§ la mancata copertura dei siti di stoccaggio dei minerali e dei materiali polverulenti;
§ la mancata adozione di provvedimenti volti alla minimizzazione delle emissioni gassose dagli impianti di trattamento dei gas;
§ la mancata adozione di misure per il controllo dell’emissione di particolato con il flusso di vapore acqueo in uscita dalle torri di spegnimento e per la riduzione delle emissioni di polveri dalle acciaierie.
La Commissione contesta altresì il mancato aggiornamento dell’Autorizzazione integrata ambientale (AIA) nel 2013 e la mancanza di misure relative all’arresto definitivo dell’impianto nonché di disposizioni per la protezione del suolo e delle acque sotterranee.
Il
20 gennaio 2016 la Commissione europea ha deciso di avviare, ai sensi
dell’articolo 108, paragrafo 2 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea
(TFUE), un’investigazione formale per
accertare l’esistenza di possibili misure a favore dell’acciaieria Ilva spa in
amministrazione straordinaria. Con una successiva comunicazione, il 13
maggio 2016 è stato esteso il procedimento anche al prestito di 300 milioni di euro, concesso ai sensi del decreto-legge n. 191 del 2015 (convertito in
legge 1 febbraio 2016, n. 13).
Si ricorda che, ai sensi
dell’articolo 107, paragrafo 1, del TFUE, una misura di sostegno costituisce
aiuto se risultano cumulativamente soddisfatte le seguenti condizioni:
§ è concessa dallo Stato o per mezzo di risorse statali;
§ conferisce un vantaggio selettivo a talune imprese o a
determinate attività economiche;
§ falsa o minaccia di falsare la concorrenza e incide
sugli scambi tra Stati membri.
In
particolare, per quanto concerne il prestito statale di 300 milioni di euro la Commissione europea sottolinea che esso
comporta l’utilizzo di risorse statali, essendo il prestito proveniente dal
Ministero dell’economia e delle finanze, e, essendo rivolto esplicitamente
all’Ilva, conferisce all’azienda un vantaggio indebito, dato che l’Ilva non
avrebbe potuto ottenerlo alle normali condizioni di mercato. Infatti, la
Commissione europea dubita che un operatore privato di mercato avrebbe
accettato di prestare all’Ilva 300 milioni di euro, anche a condizioni diverse
da quelle previste dal decreto-legge, alla luce delle difficoltà finanziarie in
cui versa l’impresa, dimostrate dal protrarsi della situazione di
amministrazione straordinaria oltre un anno dopo la dichiarazione di insolvenza
del 30 gennaio 2015.
Sulla base degli elementi sopra riportati, la
Commissione europea ritiene che non vi sia alcuna base per ritenere gli
eventuali aiuti di Stato all’Ilva compatibili con il mercato interno, dal
momento che non sono ammessi – ai sensi degli orientamenti in materia di aiuti
di Stato - aiuti a finalità regionale né aiuti al salvataggio o alla
ristrutturazione a favore del settore siderurgico[8].
Inoltre, l’Ilva non risulta ammissibile agli aiuti ambientali a norma degli
orientamenti applicabili poiché si configura come impresa in difficoltà ai
sensi del punto 20, lettera c), degli orientamenti sugli aiuti di Stato per il
salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà del
2014.
La Commissione europea ha dunque avviato una interlocuzione
con le autorità italiane per accertare che le risorse stanziate siano
esclusivamente utilizzate per interventi di risanamento dell'area
inquinata dall'Ilva e per consentire un adeguamento degli impianti al fine
di renderli compatibili con la normativa in materia di emissioni inquinanti, e
non già per interventi volti a garantire la prosecuzione dell'ordinaria
attività degli stabilimenti. In tali casi, infatti, i finanziamenti
determinerebbero una distorsione della concorrenza in quanto si
tradurrebbero nel sostegno ad una impresa a scapito delle altre.
In conclusione, l'utilizzo, anche parziale,
delle risorse stanziate per l'esercizio dell'attività di impresa e non
per gli interventi di risanamento non sarebbe compatibile con la normativa
europea e giustificherebbe una sanzione a carico dello Stato italiano.
Articolo
2
(Procedure di infrazione europee n.
2004/2034 e n. 2009/2034 per la realizzazione e l'adeguamento dei sistemi di
collettamento,
fognatura e depurazione)
L’articolo 2 detta disposizioni finalizzate a garantire un rapido adeguamento alle sentenze di condanna della Corte di Giustizia dell'UE pronunciate il 19 luglio 2012 (causa C-565/10, relativa alla procedura di infrazione 2004/2034) e il 10 aprile 2014 (causa C-85/13, relativa alla procedura di infrazione 2009/2034) evitando l'aggravamento delle procedure di infrazione in essere, mediante gli interventi sui sistemi di collettamento, fognatura e depurazione delle acque reflue necessari. Tale fine viene perseguito affidando i compiti di coordinamento e realizzazione dei citati interventi ad un unico Commissario straordinario del Governo, in sostituzione dei precedenti Commissari nominati con l’art. 7 del D.L. n. 133/2014 (c.d. decreto sblocca Italia). L’articolo in esame provvede quindi a disciplinare le funzioni e le prerogative del nuovo Commissario unico (a cui viene affiancata una segreteria tecnica composta da non più di 6 membri), nonché il trasferimento delle funzioni dai Commissari in carica al nuovo Commissario unico.
Al fine di accelerare la progettazione e la
realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento dei sistemi di
collettamento, fognatura e depurazione, oggetto di procedura di infrazione o di
provvedimento di condanna della Corte di Giustizia dell'UE in ordine
all'applicazione della direttiva 91/271/CEE (si rinvia in proposito alla scheda
sulle procedure di contenzioso a livello europeo), il comma 7 dell'art. 7 del
D.L. 133/2014 (c.d. decreto-legge sblocca Italia) ha consentito la possibilità
di attivare la procedura di esercizio del potere sostitutivo del Governo, anche
con la nomina di appositi commissari straordinari, disciplinando i poteri dei
commissari medesimi (tale possibilità di attivazione del potere sostitutivo,
prevista inizialmente fino al 31 dicembre 2014, è stata successivamente
prorogata dal comma 4 dell'art. 9 del D.L. 192/2014, fino al 30 settembre
2015).
In merito all'attuazione delle disposizioni del citato
comma 7, il Ministero dell'ambiente ha trasmesso alla Camera una nota che dà
conto dell'attuazione dell'ordine del giorno n. 9/2629-AR/221, accolto dal
Governo nella seduta dell'Assemblea del 29 ottobre 2014, con cui la Camera ha
impegnato l'esecutivo ad attuare le citate disposizioni. In tale nota si legge
che "nel mese di novembre il Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare ha incontrato i rappresentanti delle regioni Sicilia,
Sardegna, Puglia, Calabria, Basilicata e Campania" e vengono indicati,
quali impianti per i quali si sono riscontrate le maggiori criticità, quelli
nei comuni di Acireale, Misterbianco, Augusta, Monte Tauro e Agnone, nonché
dell'isola di Ischia. Per tali interventi la nota sottolinea che "il
Ministero dell'ambiente ha avviato le procedure previste dall'articolo 7, comma
7, del decreto-legge n. 133/2014, convertito in legge 11 novembre 2014, n. 164,
valutando anche la nomina di appositi commissari straordinari". Nella seduta
dell'11 giugno 2015, in risposta all'interrogazione
5/05774, il rappresentante del Governo ha fornito l'elenco
delle procedure di cui al citato comma 7 (potere sostitutivo) attivate dal
Ministero dell'ambiente.
Nel documento
consegnato dal Ministro dell’ambiente nel corso della sua audizione del 1°
marzo 2016 presso l’VIII Commissione della Camera dei deputati,
si legge che la procedura prevista dal comma 7 dell’art. del D.L. 133/2014 ha
portato, tra l’altro, “alla nomina di appositi commissari straordinari per
interventi finanziati con la delibera CIPE n. 60/2012, che interessano le
Regioni: Basilicata (6 agglomerati – 8 interventi – importo € 23,7 mln),
Campania (4 agglomerati – 4 interventi – importo € 180,332 mln), Calabria (11
agglomerati – 5 interventi – importo € 27,3 mln) e Sicilia ( 36 agglomerati –
64 interventi € 772,08 mln )”.
Con riferimento alle risorse stanziate nella delibera CIPE
60/2012, nella relazione del Ministro dell’ambiente relativa
alla procedura d'infrazione n. 2004/2034 (trasmessa al Parlamento nel gennaio
2016), viene ricordato che con tale delibera sono stati destinati oltre un
miliardo e 643 milioni di euro al finanziamento di 183 interventi individuati
dalle Regioni (tramite specifici accordi di programma quadro sottoscritti nel
2013 tra i Ministeri dell'ambiente e dello sviluppo economico e le Regioni
meridionali) e ritenuti dalle stesse prioritari nel settore idrico ed a
risolvere le situazioni di maggiore criticità nel Sud del Paese (Basilicata -
Calabria - Campania - Puglia - Sardegna - Sicilia). Dei 183 interventi in
argomento 121 interessano agglomerati che sono stati interessati o attualmente
ancora coinvolti nella procedura d'infrazione 2004/2034”.
Sullo stato degli investimenti per la chiusura del
contenzioso europeo in atto si rinvia alla sezione “infrazioni” del “Portale dell’acqua” realizzato
dalla Struttura di missione “Italiasicura”.
Al fine di accelerare le procedure per l’impegno e
l’utilizzo delle risorse destinate dalla legislazione vigente all’attuazione
degli interventi di depurazione delle acque necessari per conformarsi alle
norme della direttiva 91/271/CEE, il comma
8 dell’art. 22 del D.L. n. 113/2016 ha introdotto due nuovi commi (7-bis e 7-ter) dopo il comma 7 dell’art. 7 del D.L. n. 133/2014.
Il nuovo comma 7-bis
detta una disposizione che si applica ai commissari straordinari (di cui al
comma 7, ovviamente) che assicurano la realizzazione degli interventi con le
risorse della delibera CIPE n. 60/2012.
Si fa notare che
tali risorse non sono le uniche risorse destinate dallo Stato alla finalità in
questione. Si ricorda infatti che il comma 112 dell'art. 1 della L. 147/2013
(legge di stabilità 2014) ha istituito nello stato di previsione del Ministero
dell'ambiente un fondo per il finanziamento di un piano straordinario di tutela
e gestione della risorsa idrica, finalizzato prioritariamente a potenziare la
capacità di depurazione dei reflui urbani, con una dotazione complessiva di 90
milioni di euro per il triennio 2014-2016 (10 milioni per il 2014; 30 milioni
per il 2015 e 50 milioni per l'esercizio 2016). Tale piano è stato approvato
con D.M. Ambiente n. 271 del 13 novembre 2014, non pubblicato in G.U.
In proposito, in
risposta all’interrogazione
3-02479, il Ministro dell’ambiente ha ricordato (nella seduta
del 14 settembre 2016) che “la ripartizione del fondo, che ha ricevuto parere
favorevole dalla Conferenza unificata, non tiene conto delle regioni del
Mezzogiorno, beneficiarie dei fondi della delibera CIPE n. 60 del 2012,
che destina oltre un miliardo e sei a valere proprio sul Fondo per lo sviluppo
di coesione. Ad oggi, risultano trasferiti 28 milioni e mezzo alle regioni
Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Molise, Piemonte, Val d'Aosta e
Veneto. Per Lombardia, Friuli-Venezia Giulia e Liguria il trasferimento ha
riguardato anche la quota relativa all'annualità 2016; la Toscana ha in corso
di perfezionamento la richiesta di trasferimento. Ad oggi, non hanno presentato
domanda a causa della mancata aggiudicazione dei lavori le regioni Abruzzo,
Emilia Romagna, Lazio, Marche, provincia autonoma di Trento e Umbria”.
Con riferimento
alle risorse della delibera CIPE n. 60/2012, si ricorda che il comma 6
dell'art. 7 del D.L. 133/2014 (c.d. sblocca Italia) reca disposizioni
finalizzate alla realizzazione di interventi relativi alle risorse idriche, nonché
per la bonifica di discariche. Per tali finalità viene prevista l'istituzione
di un fondo, presso il Ministero dell'ambiente, finanziato mediante le revoche
delle risorse stanziate, per le medesime finalità, dalle delibere CIPE n. 60 e
n. 87 del 2012 e per le quali alla data del 30 giugno 2016 non risultino essere
stati ancora assunti atti giuridicamente vincolanti. I criteri, le modalità e
l'entità delle risorse destinate al finanziamento degli interventi in materia
di adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione sono
demandati ad un apposito D.P.C.M.
Finalità
analoghe, a quelle previste dalle norme succitate, sono perseguite dall'art. 58
della legge n. 221/2015, recante disposizioni in materia ambientale per
promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di
risorse naturali, c.d. collegato ambientale) che istituisce un Fondo di
garanzia per gli interventi finalizzati al potenziamento delle infrastrutture
idriche, ivi comprese le reti di fognatura e depurazione.
Si ricorda
inoltre che il comma 140 dell’art. 1 della legge di bilancio 2017 (L. 232/2016)
ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle
finanze, un fondo da ripartire, con una dotazione di 1.900 milioni di euro per
l'anno 2017, di 3.150 milioni di euro per l'anno 2018, di 3.500 milioni di euro
per l'anno 2019 e di 3.000 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al
2032, per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo
infrastrutturale del Paese, anche al fine di pervenire alla soluzione delle
questioni oggetto di procedure di infrazione da parte dell'Unione europea, in
una serie di settori, tra cui quello delle “infrastrutture, anche relative alla
rete idrica e alle opere di collettamento, fognatura e depurazione”.
Rispetto alle succitate risorse, rivenienti dalla
delibera CIPE n. 60/2012, il nuovo comma 7-bis
dispone che i commissari devono:
§ procedere senza indugio al loro impegno con le
procedure ad evidenza pubblica previste dal nuovo Codice dei contratti pubblici
(D.Lgs. n. 50/2016), prescindendo comunque dall'effettiva disponibilità di
cassa;
§ informare, in merito all'esito di tali procedure di
evidenza pubblica, il competente Dipartimento della Presidenza del Consiglio
dei ministri, il Ministero dell'ambiente e l'Agenzia per la coesione
territoriale.
Il successivo comma 7-ter disciplina invece il funzionamento delle contabilità speciali
detenute dai commissari (stabilendo che queste siano direttamente alimentate,
per la quota coperta con le risorse della delibera CIPE n. 60/2012, con un
anticipo fino al 20% del quadro economico di ciascun intervento su richiesta
dei medesimi commissari e poi con successivi trasferimenti per gli stati
avanzamento lavori, fino al saldo conclusivo, verificati dal commissario) e
detta disposizioni in materia di monitoraggio.
Nella relazione illustrativa al disegno di legge di
conversione in esame si constata che le disposizioni introdotte dal comma 7
dell’art. 7 del D.L. 133/2014 non hanno finora prodotto i risultati sperati. I
motivi sono individuati nel fatto che “le procedure nazionali di concreta messa
a disposizione delle risorse sono risultate troppo laboriose (solo recentemente
è stato introdotto nell'articolo 7 del decreto-legge n. 133 del 2014 il comma
7-bis, che consente di procedere ad
impegni con la sola competenza a prescindere della cassa)” e nella circostanza
che ai commissari nominati in base alle norme del citato comma 7 “non sono
corrisposti compensi e l'incarico commissariale è quindi aggiuntivo rispetto a
quello ordinariamente svolto” e che “la vicinanza con i territori spesso ha
irretito il loro operato in sterili contrapposizioni localistiche”.
Il comma 1 prevede la nomina di un unico Commissario straordinario del Governo, con apposito D.P.C.M. che dovrà essere emanato entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge (quindi entro il 30 gennaio 2017) e dopo aver sentito i Presidenti delle regioni interessate.
La stessa disposizione stabilisce che il Commissario dovrà essere scelto tra persone, anche estranee alla P.A., di comprovata esperienza gestionale e amministrativa.
In base al secondo e al terzo periodo del comma 1, il Commissario:
§ resta in carica per un triennio;
§ se dipendente pubblico, è collocato in posizione di comando, aspettativa o fuori ruolo secondo l'ordinamento applicabile. All'atto del collocamento fuori ruolo è reso indisponibile, per tutta la relativa durata, un numero di posti nella dotazione organica dell'amministrazione di provenienza equivalente dal punto di vista finanziario.
In base al successivo comma 3, al Commissario è corrisposto esclusivamente un compenso determinato nella misura e con le modalità di cui al comma 3 dell'art. 15 del D.L. n. 98/2011, a valere sulle risorse assegnate per la realizzazione degli interventi.
Il richiamato comma 3 dell’art. 15 del D.L. 98/2011
prevede che il compenso dei commissari o sub commissari è composto da una parte
fissa e da una parte variabile e che la parte fissa non può superare 50 mila
euro, annui; la parte variabile, strettamente correlata al raggiungimento degli
obiettivi ed al rispetto dei tempi di realizzazione degli interventi ricadenti
nell'oggetto dell'incarico commissariale, non può superare 50 mila euro annui.
Il comma 3 in esame stabilisce, inoltre, che il compenso è composto da una parte fissa e da una parte variabile in ragione dei risultati conseguiti, riproducendo quanto stabilito dal richiamato comma 3 dell’art. 15 del D.L. 98/2011.
Il comma 11 dispone l’applicazione, al Commissario unico, delle seguenti disposizioni:
§ commi 2-ter, 4, 5 e 6 dell'art. 10 del D.L. 91/2014, e comma 5 dell’art. 7 del D.L. 133/2014, che attribuiscono una serie di poteri ai Presidenti delle regioni in qualità di Commissari straordinari per gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico;
Il comma 2-ter dell’art. 10 del D.L. 91/2014 prevede
la possibilità di delegare apposito soggetto attuatore, purché senza oneri
aggiuntivi per la finanza pubblica. Il successivo comma 4 dispone che, per le
attività di progettazione degli interventi, per le procedure di affidamento dei
lavori, per le attività di direzione dei lavori e di collaudo, nonché per ogni
altra attività di carattere tecnico-amministrativo connessa alla progettazione,
all'affidamento e all'esecuzione dei lavori, ivi inclusi servizi e forniture, sia
possibile avvalersi “oltre che delle strutture e degli uffici regionali, degli
uffici tecnici e amministrativi dei comuni, dei provveditorati interregionali
alle opere pubbliche, nonché della società ANAS S.p.A., dei consorzi di
bonifica e delle autorità di distretto, nonché delle strutture commissariali
già esistenti, non oltre il 30 giugno 2015, e delle società a totale capitale
pubblico o delle società dalle stesse controllate”. Il comma 5 del medesimo
articolo conferisce invece la titolarità dei procedimenti di approvazione e
autorizzazione dei progetti e la possibilità di avvalersi di poteri di
sostituzione e di deroga. Il successivo comma 6 stabilisce che l’autorizzazione
rilasciata ai sensi del comma precedente sostituisce tutti i pareri, le
autorizzazioni e ogni altro provvedimento abilitativo necessario per
l'esecuzione dell'intervento, comporta dichiarazione di pubblica utilità e
costituisce, ove occorra, variante agli strumenti di pianificazione urbanistica
e territoriale, fatti salvi i pareri e gli atti di assenso comunque denominati,
di competenza del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
Lo stesso comma detta altresì disposizioni acceleratorie, prevedendo che tali
pareri o atti di assenso devono essere comunque rilasciati entro 30 giorni
dalla richiesta, decorsi i quali, in mancanza del parere, si provvede alla
conclusione del procedimento, e dimezzando i termini previsti dal T.U. espropri
(D.P.R. 327/2001) in caso di occupazioni di urgenza e di eventuali
espropriazioni delle aree occorrenti per l’esecuzione delle opere e degli
interventi.
Il comma 5
dell’art. 7 del D.L. 133/2014 dispone che, per le occupazioni di urgenza e per
le espropriazioni delle aree occorrenti per l'esecuzione degli interventi,
emanato il relativo decreto, il Presidente della Regione (e quindi anche il
Commissario unico in questione) provveda alla redazione dello stato di
consistenza e del verbale di immissione in possesso dei suoli anche con la sola
presenza di due rappresentanti delle Regioni o degli enti territoriali
interessati, prescindendo da ogni altro adempimento.
§ commi 7-bis e 7-ter dell'art. 7 del D.L. 133/2014, che hanno dettato disposizioni finalizzate ad accelerare l’operato degli attuali Commissari per l’adeguamento alle norme della direttiva sulle acque reflue.
Il comma 7-bis dispone che i commissari devono
procedere senza indugio al loro impegno con le procedure ad evidenza pubblica
previste dal Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 50/2016), prescindendo
comunque dall'effettiva disponibilità di cassa, nonché informare, in merito
all'esito di tali procedure, il competente Dipartimento della Presidenza del
Consiglio dei ministri, il Ministero dell'ambiente e l'Agenzia per la coesione
territoriale. Il successivo comma 7-ter
disciplina invece il funzionamento delle contabilità speciali detenute dai
commissari e detta disposizioni in materia di monitoraggio.
Il comma 2 attribuisce al Commissario unico compiti di coordinamento e realizzazione degli interventi funzionali a garantire l'adeguamento nel minor tempo possibile alle citate sentenze di condanna emesse dalla Corte di Giustizia dell'UE (causa C-565/10 e causa C-85/13) evitando l'aggravamento delle procedure di infrazione in essere (v. infra scheda sulle procedure di contenzioso), mediante gli interventi sui sistemi di collettamento, fognatura e depurazione delle acque reflue necessari in relazione agli agglomerati oggetto delle predette condanne non ancora dichiarati conformi alla data di entrata in vigore del decreto in esame (cioè al 31 dicembre 2016).
In tali compiti è fatta rientrare anche la gestione degli impianti per un periodo non inferiore a due anni dal collaudo definitivo delle opere, nonché il trasferimento degli stessi agli enti di governo dell'ambito
La norma richiama l’art. 143 del D.Lgs. 152/2006 (c.d.
Codice dell’ambiente), in base al quale gli acquedotti, le fognature, gli
impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprietà
pubblica, fino al punto di consegna e/o misurazione, fanno parte del demanio e
sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge. Lo stesso
art. 143 dispone altresì che la tutela di tali beni spetta anche all'ente di
governo dell'ambito.
Si ricorda che l'articolo 74, comma 1, lettera q), del
medesimo decreto legislativo, definisce l'ente di governo dell'ambito come la
forma di cooperazione tra comuni e province per l'organizzazione del servizio
idrico integrato.
Trasferimento delle risorse (commi 4, 6 e 7)
Il comma 4 prevede la cessazione dell’incarico degli attuali Commissari straordinari (nominati in attuazione dell’art. 7, comma 7, del D.L. 133/2014) a far data dal D.P.C.M. di nomina del nuovo Commissario unico che li sostituisce.
Viene altresì disposto il contestuale trasferimento all’apposita contabilità speciale intestata al Commissario unico (aperta presso la Sezione di Tesoreria Provinciale dello Stato di Roma[9]) delle seguenti risorse:
§ risorse presenti nelle contabilità speciali intestate agli attuali commissari;
§ risorse della delibera CIPE n. 60/2012 destinate agli interventi di cui al comma 1 con le modalità di cui ai commi 7-bis e 7-ter dell'art. 7 del D.L. 133/2014 (v. supra).
Andrebbe valutata l’opportunità di
modificare il riferimento agli “interventi di cui al comma 1”, considerato che
gli interventi affidati alla competenza del Commissario unico non sono
disciplinati da tale disposizione, ma dal successivo comma 2.
§ tutte le risorse finanziarie pubbliche, nazionali e regionali, nonché quelle da destinare agli interventi di cui al comma 2 per effetto di quanto deliberato dal CIPE nella seduta del 10 agosto 2016.
Il riferimento
sembra essere alla delibera CIPE n.
26 del 10 agosto 2016, pubblicata nella G.U. n. 267 del 15 novembre scorso
e intitolata “Fondo sviluppo e coesione 2014-2020: Piano per il mezzogiorno. Assegnazione
risorse”, che disciplina l’assegnazione di 13,4 miliardi di euro alle Regioni e
alle Città metropolitane del Mezzogiorno (o Comuni capoluogo dell’Area
metropolitana) per l’attuazione di interventi da realizzarsi nelle Regioni e
nelle Città metropolitane del Mezzogiorno mediante appositi Accordi
interistituzionali denominati “Patti per il Sud”. Il totale delle risorse FSC
assegnate ai Patti per il Sud con la delibera n. 26 del 10 agosto 2016
costituisce un sottoinsieme delle risorse FSC 2014-2020 ripartite per area
tematica: 1. Infrastrutture; 2. Ambiente; 3. Sviluppo economico e produttivo; 4.
Turismo, cultura e valorizzazione delle risorse naturali; 5. Occupazione,
inclusione sociale e lotta alla povertà, istruzione e formazione; 6.
Rafforzamento della PA.[10].
I commi 6 e 7 prevedono il trasferimento alla contabilità speciale intestata al Commissario unico anche delle seguenti risorse:
§ risorse della delibera CIPE n. 60/2012 già trasferite ai bilanci regionali ma per le quali non risulti intervenuta l'aggiudicazione provvisoria dei lavori. Per tali risorse, il comma 6 prevede che le regioni provvedano al trasferimento entro 30 giorni dalla nomina del nuovo Commissario unico e che, decorso inutilmente tale termine (fermo restando l'accertamento dell'eventuale responsabilità derivante dall'inadempimento), il medesimo Commissario unico, in qualità di Commissario ad acta, adotti i relativi necessari provvedimenti;
§ risorse derivanti dagli interventi di cui al comma 2 (cioè quelli di competenza del nuovo Commissario unico) per la cui realizzazione sia prevista la concorrenza della tariffa o di risorse regionali. In tal caso il comma 7 prevede, infatti, che i gestori del servizio idrico integrato, sentita la competente Autorità, ovvero la Regione, trasferiscano gli importi dovuti alla contabilità speciale del Commissario, assumendo i conseguenti provvedimenti necessari.
Trasferimento dei documenti e del rendiconto
della gestione svolta (comma 5)
Il comma 5 prevede che gli attuali commissari debbano rendicontare il loro operato con una relazione sullo stato di attuazione degli interventi di competenza e sugli impegni finanziari assunti nell'espletamento dell'incarico, a valere sulle contabilità speciali loro intestate.
Tale relazione deve essere trasmessa, entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge in esame (quindi entro il 30 gennaio 2017) e comunque entro la data di cessazione dall'incarico:
§ alla Presidenza del Consiglio dei ministri;
§ al Ministero dell'ambiente
§ al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato;
§ al nuovo Commissario unico, a cui i commissari attuali devono anche trasferire tutta la documentazione progettuale e tecnica in loro possesso.
Il comma 8 affida al Commissario unico il compito di provvedere, entro 30 giorni dalla sua nomina, alla definizione (mediante l'utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste dall’articolo in esame) di un sistema di qualificazione dei prestatori di servizi di ingegneria, finalizzato alla successiva predisposizione di un albo di soggetti ai quali affidare incarichi di progettazione, di importo inferiore a un milione di euro, degli interventi di adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione degli agglomerati urbani oggetto delle procedure di infrazione n. 2004/2034 e n. 2009/2034.
La stessa norma stabilisce che tale albo è sottoposto all'ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) per la verifica della correttezza e trasparenza delle procedure di gara.
Nel prevedere il succitato sistema di qualificazione,
la norma in esame prevede che esso sia predisposto ai sensi dell'art. 134 del
Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50).
L’art. 134 del D.Lgs. 50/2016 consente agli enti
aggiudicatori nei settori speciali, tra i quali rientra il settore dell’acqua,
di istituire e gestire un sistema di qualificazione degli operatori economici.
In tal caso gli enti provvedono affinché gli operatori economici possano
chiedere in qualsiasi momento di essere qualificati. Nel disciplinare tale
sistema, l’art. 134 dispone, tra l’altro, che un ente aggiudicatore può
utilizzare il sistema di qualificazione istituito da un altro ente
aggiudicatore o di altro organismo terzo, dandone idonea comunicazione agli
operatori economici interessati, e che quando viene indetta una gara con un
avviso sull'esistenza di un sistema di qualificazione, i contratti specifici
per i lavori, le forniture o i servizi contemplati dal sistema di
qualificazione sono aggiudicati con procedure ristrette o procedure negoziate,
nelle quali tutti gli offerenti ed i partecipanti sono scelti tra i candidati
già qualificati con tale sistema.
Si ricorda, in merito all’affidamento dei servizi
attinenti all'architettura e all'ingegneria, che l’ANAC, con la delibera 14 settembre
2016, n. 973 (pubblicata sulla G.U. n. 228 del 29 settembre 2016), ha emanato
apposite linee guida recanti gli indirizzi generali in materia (Delibera n. 973).
Enti o società di cui può avvalersi il
Commissario unico (comma 9)
In base al comma 9, il Commissario unico si avvale, sulla base di apposite convenzioni, di società in house delle amministrazioni centrali dello Stato, dotate di specifica competenza tecnica, i cui oneri sono posti a carico dei quadri economici degli interventi da realizzare, degli enti del sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente (istituito dalla L. 132/2016), cioè dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e delle agenzie regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano per la protezione dell'ambiente, delle Amministrazioni centrali e periferiche dello Stato e degli Enti pubblici che operano nell'ambito delle aree di intervento, utilizzando le risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Segreteria tecnica del Commissario unico
(comma 10)
Il comma 10 prevede l’istituzione di una Segreteria tecnica, di cui il Commissario unico può avvalersi per il triennio 2017-2019.
Lo stesso comma disciplina i vari aspetti organizzativi e finanziari per la costituzione ed il funzionamento della segreteria. In particolare sono disciplinati:
§ la composizione della segreteria, stabilendo che essa è formata da non più di 6 membri;
§ le modalità e i criteri di nomina dei membri della segreteria stessa, stabilendo che essi sono nominati mediante decreto del Ministro dell'ambiente e scelti tra soggetti dotati di comprovata pluriennale esperienza tecnico-scientifica nel settore dell'ingegneria idraulica e del ciclo delle acque;
§ i compensi spettanti ai componenti della segreteria, stabilendo che il citato decreto di nomina degli stessi provveda anche a determinare l'indennità onnicomprensiva spettante a ciascun componente, nei limiti di una spesa complessiva annuale non superiore a 300.000 euro.
La copertura dei relativi oneri è ottenuta mediante una corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'art. 1, comma 226, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013).
Tale comma 226, per l'attuazione di accordi
internazionali in materia di politiche per l'ambiente marino, ha autorizzato la
spesa di 5 milioni di euro per l'anno 2014 e di 10 milioni di euro a decorrere
dall'anno 2015.
Procedure di
contenzioso
(a cura dell’Ufficio Rapporti con
l’Unione europea)
Il 10 aprile 2014 la Corte di giustizia europea ha dichiarato l’inadempienza dell’Italia per il mancato rispetto della normativa comunitaria relativa al trattamento delle acque reflue urbane (direttiva 91/271/CEE), condannandola al pagamento delle spese (Causa C-85/13).
La sentenza è stata pronunciata in seguito al ricorso presentato dalla Commissione europea nell’ambito della procedura di infrazione 2009/2034.
L’articolo 3 della direttiva obbliga gli Stati membri
a provvedere affinché tutti gli agglomerati urbani siano provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane.
In particolare, per quelli con più di 10.000 abitanti e le cui acque reflue si
immettono in acque recipienti considerate, ai sensi del successivo articolo 5,
aree sensibili, il termine a provvedere è fissato al 31 dicembre 1998.
L’articolo 4 dispone l’obbligo per gli Stati membri di provvedere affinché le
acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima
dello scarico, ad un trattamento
secondario o ad un trattamento equivalente. L’articolo 5 dispone che gli
Stati membri individuano le aree
sensibili e provvedano affinché le acque reflue urbane che confluiscono in
reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico in aree sensibili, ad un
trattamento più spinto di quello secondario. L’articolo 10, infine, dispone che
gli Stati membri provvedano affinché la progettazione, la costruzione, la
gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue
urbane garantiscano prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche
locali e, nella progettazione, si tenga conto delle variazioni stagionali di
carico.
In relazione a tali disposizioni, la Corte di giustizia ha accertato l’incompletezza dei dati presentati dalle autorità italiane sul numero dei comuni i cui impianti di trattamento delle acque reflue non risultavano conformi a quanto disposto dalla normativa europea e l’esistenza di agglomerati in cui persistevano situazioni di non conformità alla direttiva.
Tale sentenza segue quella del 19 luglio 2012 (causa C-565/10) relativa alla procedura di infrazione 2004/2034, con la quale la Corte europea ha dichiarato l’inadempimento dell’Italia per non avere predisposto adeguati sistemi per il convogliamento e il trattamento delle acque reflue in numerosi centri urbani con oltre 15.000 abitanti entro il termine previsto del 31 dicembre 2010, come previsto dalla direttiva 91/271/CE.
Poiché l’Italia non ha dato esecuzione alla sentenza del 2012, l’8 dicembre 2016 la Commissione europea ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia, ex art. 260 del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE), chiedendo contestualmente che venga comminata una sanzione forfettaria di 62.699.421,40 euro, ed una sanzione giornaliera pari a 346.922,40 euro qualora la piena conformità non sia raggiunta entro la data in cui la Corte emetterà la sentenza.
A distanza di quattro anni dalla sentenza, infatti, la Commissione rileva che la questione non è ancora stata affrontata in 80 agglomerati, che contano oltre 6 milioni di abitanti e sono situati in diverse regioni italiane: Abruzzo (1 agglomerato), Calabria (13 agglomerati), Campania (7 agglomerati), Friuli Venezia Giulia (2 agglomerati), Liguria (3 agglomerati), Puglia (3 agglomerati) e Sicilia (51 agglomerati). Ad avviso della Commissione, la mancanza di adeguati sistemi di raccolta e trattamento in questi 80 agglomerati pone rischi significativi per la salute umana, le acque interne e l'ambiente marino.
Con riferimento ad ulteriori agglomerati urbani (tra cui Roma, Firenze, Napoli, Bari e Pisa) risultanti, sulla base dei dati in suo possesso, non conformi alla direttiva 91/271/CEE, è in corso un’altra procedura di infrazione (2014/2059), nell’ambito della quale la Commissione europea ha inviato il 26 marzo 2015 un parere motivato ex art. 258 TFUE.
La procedura di infrazione segue l’espletamento della
fase precontenziosa (EU-Pilot 1976/11/ENVI) in cui la Commissione ha chiesto
alle autorità italiane di fornire informazioni sulla situazione di 1.007
agglomerati urbani, nonché su tutti i comuni con più di 2.000 abitanti che
rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva e, infine, su ulteriori
107 agglomerati per i quali è stato comunicato l’impiego di sistemi individuali
o altri sistemi adeguati. Le risposte fornite, in data 16 settembre 2011, 23
gennaio 2012, 29 maggio 2012 e 11 luglio 2013, non sono state giudicate
sufficienti dalla Commissione che, pertanto, ha deciso l’apertura della
procedura di infrazione.
I rilievi della Commissione riguardano la conformità del sistema di depurazione delle acque reflue nei comuni indicati. In particolare:
§ articolo 3: la non conformità riguarda la non dimostrata esistenza di un sistema di raccolta delle acque reflue, l’inadeguatezza dei sistemi individuali o di altri sistemi adeguati (IAS), l’insufficienza delle informazioni fornite, la mancata giustificazione della riduzione dei carichi attribuiti ad alcuni agglomerati;
§ articolo 4: la mancanza o l’insufficienza delle informazioni fornite dall’Italia inducono la Commissione a concludere che gli impianti esistenti non garantiscono il trattamento adeguato delle acque reflue;
§ articolo 5: la Commissione contesta la mancanza o l’insufficienza di informazioni relative agli impianti serventi aree sensibili e bacini drenanti di aree sensibili.
La Commissione ritiene che tale situazione sia estremamente preoccupante considerando che per alcuni di tali agglomerati la violazione era già stata accertata dalle sopra citate sentenze della Corte di giustizia europea, relative alle procedure di infrazione n. 2004/2034 e 2009/2034.
Articolo
3
(Bonifica ambientale e rigenerazione
urbana delle aree di rilevante interesse nazionale – comprensorio
Bagnoli-Coroglio)
L’articolo 3 interviene sulla composizione della cabina di regia, istituita per definire gli indirizzi strategici per l'elaborazione del programma di risanamento ambientale e rigenerazione urbana del comprensorio Bagnoli-Coroglio e per assicurare il coordinamento con ulteriori iniziative di valorizzazione del predetto comprensorio (anche con riferimento alla sua dotazione infrastrutturale), al fine di prevedere che sia presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri o da un Ministro da lui designato, anziché dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri all'uopo delegato.
La norma modifica
l’articolo 33, comma 13, del decreto legge n. 133 del
2014, come sostituito dall'articolo 11, comma 16-quater, lettera c), del D.L.
19 giugno 2015, n. 78, che ha previsto l’istituzione della predetta cabina di
regia, allo scopo di adeguare la sua composizione alla nuova compagine
governativa in cui le funzioni relative alla coesione territoriale e al
Mezzogiorno sono attribuite a un Ministro.
La cabina di regia, che si è
insediata il 1° dicembre 2015, è stata finora presieduta dal Sottosegretario
alla Presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti, che è stato nominato
Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno.
La cabina di regia è composta dal Commissario
straordinario, da un rappresentante per ciascuno dei Ministeri dello sviluppo
economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle
infrastrutture e dei trasporti, nonché da un rappresentante, rispettivamente,
della regione Campania e del comune di Napoli. Alle riunioni della cabina di
regia possono essere invitati a partecipare il Soggetto Attuatore, nonché altri
organismi pubblici o privati operanti nei settori connessi al predetto
programma.
L’articolo 33 del citato decreto legge n. 133 del 2014
ha dettato una disciplina speciale (commi 1-10) per la realizzazione di
interventi di bonifica ambientale e di rigenerazione urbana in aree
territoriali di rilevante interesse nazionale, individuate sulla base di una
delibera del Consiglio dei Ministri, attraverso la predisposizione di uno
specifico programma di risanamento ambientale e di un documento di indirizzo
strategico per la rigenerazione urbana. Tale disciplina è applicata al
comprensorio Bagnoli-Coroglio, sito nel comune di Napoli, dichiarato ex lege area di rilevante interesse
nazionale, considerate le condizioni di estremo degrado ambientale in cui versano
le aree medesime (comma 11). Per una ricostruzione della disciplina recata dal
citato articolo 33, si rinvia alla relativa sezione del tema web
Bonifiche dei siti inquinati e danno ambientale.
Articolo
4
(Agenzia per la somministrazione del
lavoro in porto
e per la riqualificazione professionale)
L’articolo 4 reca disposizioni per contrastare la crisi in atto nel comparto del trasporto marittimo, in particolare nel settore della movimentazione dei container e nelle attività del trasbordo di merci (cd. transhipment).
A tal fine, a decorrere dal 1° gennaio 2017 viene istituita (comma 1), in via eccezionale e temporanea, per un periodo massimo di 36 mesi, una Agenzia per la somministrazione del lavoro in porto e per la riqualificazione professionale (di seguito Agenzia), avente lo scopo di sostenere l'occupazione, di accompagnare i processi di riconversione industriale delle infrastrutture portuali e di evitare grave pregiudizio all'operatività e all'efficienza portuale.
All'Agenzia, ad eccezione delle modalità istitutive e di finanziamento, si applica la normativa vigente relativa alle agenzie di somministrazione, di cui al D.Lgs. 276/2003 e al D.Lgs. 81/2015[11], ove compatibili (comma 6).
L’Agenzia è istituita dall’Autorità di Sistema portuale (sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con delibera del Comitato di gestione o del Comitato portuale laddove eserciti in prorogatio le sue funzioni) nei porti nei quali almeno l'80% della movimentazione di merci containerizzate avvenga o sia avvenuta negli ultimi 5 anni in modalità transhipment, e a condizione che negli stessi porti persistano da almeno 5 anni stati di crisi aziendale o cessazioni delle attività terminalistiche.
Secondo i dati
riportati nel Piano strategico della portualità e della logistica, approvato con decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri del 26 agosto 2015, i porti italiani di puro transhipment sono Gioia Tauro, Taranto e Cagliari, porti nei quali l’attività ha
registrato complessivamente un calo nell’arco temporale 2005-2013, ma
differenziato nei diversi porti. Se infatti Gioia Tauro e Taranto hanno visto
la propria quota di mercato (market share) ridursi in maniera significativa dal
2007 al 2014 (rispettivamente -13,7% e – 80,3%) il porto di Cagliari ha
registrato un aumento del traffico negli ultimi anni (+20%). Nella tabella
seguente è riassunta la movimentazione
merci di transhipment in questi tre porti:
(dati
in migliaia di TEU):
Porti di Transhipment |
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
Gioia Tauro |
3.445 |
2.468 |
2.857 |
2.852 |
2.305 |
2.721 |
3.094 |
2.970 |
Taranto |
756 |
787 |
741 |
582 |
604 |
263 |
197 |
149 |
Cagliari |
547 |
308 |
737 |
629 |
603 |
628 |
702 |
656 |
(*) dati stimati
Si ricorda che
in attuazione della legge delega n. 124 del 2015, è stato emanato il decreto legislativo n. 169/2016,
entrato il vigore il 15 settembre 2016, con il quale sono state istituite le nuove 15 Autorità di Sistema portuale (AdSP), che hanno sostituito le
precedenti 24 Autorità portuali, disciplinate dalla legge 28 gennaio 1994, n.
84 e che coordinano i 57 porti di rilievo nazionale del nostro Paese. L’art. 6
della legge n. 84 del 1994, novellata dal decreto legislativo n. 169/2016,
elenca le 15 Autorità di Sistema Portuale, ciascuna delle quali è guidata da un
board, il "Comitato di gestione" con il ruolo di decisore pubblico
istituzionale, guidato da un Presidente scelto dal Ministro delle
Infrastrutture e dei Trasporti d'intesa con le Regioni interessate, il cui
incarico dura quattro anni. I rappresentanti degli operatori e delle imprese
faranno parte, invece, degli "Organismi di partenariato della Risorsa
Mare" con funzioni consultive: potranno partecipare al processo decisionale,
ma non potranno votare atti amministrativi.
L’Autorità di
Sistema Portuale dei Mari Tirreno Meridionale, Jonio e dello Stretto comprende
i Porti di Gioia Tauro, Crotone (porto vecchio e nuovo); Corigliano Calabro,
Taureana di Palmi, Villa San Giovanni, Messina, Milazzo, Tremestieri, Vibo
Valentia e Reggio Calabria. L’Autorità
di Sistema Portuale del Mar Ionio comprende il solo Porto di
Taranto.
Nell’Agenzia confluiscono i lavoratori in esubero delle imprese operanti ai sensi dell'articolo 18 della L. n. 84/1994, autorizzate alla movimentazione dei container che, alla data del 27 luglio 2016, usufruivano di regimi di sostegno al reddito nelle forme degli ammortizzatori sociali.
In proposito, la relazione illustrativa allegata al
provvedimento in esame evidenzia che la data del 27 luglio 2016 è quella nella
quale sono stati sottoscritti specifici accordi di programma (ai sensi dell'articolo
15 della L. 241/1990) da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri, del
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero dello sviluppo
economico, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, delle regioni,
delle autorità portuali e dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli
investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. – INVITALIA.
L’art. 18 della legge n. 84 che viene richiamato,
disciplina la concessione le aree demaniali e delle banchine comprese
nell'ambito portuale per l'espletamento delle operazioni portuali, alle imprese
che esercitano tali attività (carico, scarico, trasbordo, deposito, movimento
in genere delle merci e di ogni altro materiale, svolti nell'ambito portuale).
L'Agenzia è promossa e partecipata, per il periodo di riferimento, dall'Autorità di Sistema portuale competente (comma 2), in deroga all'articolo 6, comma 11, della L. n. 84/1994, in quanto tale norma vieta espressamente alle AdSP di svolgere, direttamente o tramite società partecipate, operazioni portuali e attività ad esse strettamente connesse. Il comma 2 prevede comunque espressamente l’obbligo di conformarsi alle norme recate nel testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (di cui al D.Lgs. n. 175/2016).
L’art. 3 del D.Lgs. 175/2016 richiamato prevede ad
esempio che le amministrazioni pubbliche (tra cui sono ricompresi gli enti
pubblici economici e le autorità portuali in base all’art. 2, co. 1, lett. a),
possano partecipare esclusivamente a società, anche consortili, costituite in
forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata, anche in
forma cooperativa.
Si prevede che le attività delle Agenzie siano svolte avvalendosi delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente nei bilanci delle rispettive Autorità di Sistema portuale.
Al riguardo, la relazione illustrativa allegata
specifica che i costi di costituzione e funzionamento dell’Agenzia sono posti a
carico dell’Autorità di sistema nel rispetto dell'autonomia finanziaria
riconosciuta alle autorità di sistema in base al comma 5 dell'articolo 6 della
L. 84/1994. Si ricorda infatti che l'AdSP
è ente pubblico non economico di
rilevanza nazionale a ordinamento speciale ed è dotato di autonomia amministrativa, organizzativa, regolamentare, di bilancio
e finanziaria. I compiti delle AdSP sono elencati al comma 4 dell’art. 6.
L'Agenzia fornisce (comma 3) attività di supporto alla collocazione professionale dei lavoratori iscritti nei propri elenchi (anche attraverso la loro formazione professionale) in relazione alle iniziative economiche ed agli sviluppi industriali dell'area di competenza della Autorità di Sistema portuale. E’ altresì previsto che le Regioni possano cofinanziare i piani di formazione o di riqualificazione del personale che dovessero rendersi necessari, avvalendosi delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Al fine di favorire il progressivo assorbimento di tale manodopera, la somministrazione di lavoro può essere richiesta da qualsiasi impresa abilitata a svolgere attività nell'ambito portuale di competenza della Autorità di Sistema portuale, al fine di integrare il proprio organico (comma 4). Nei porti in cui sia già presente un soggetto autorizzato ai sensi dell'articolo 17 della L. 84/1994 (vedi infra), lo stesso, qualora non abbia personale sufficiente per far fronte alla fornitura di lavoro portuale temporaneo, ha l’obbligo di rivolgersi all’Agenzia.
È inoltre previsto l’obbligo, per le imprese autorizzate o concessionarie (in caso di nuove iniziative imprenditoriali e produttive che dovessero localizzarsi nel porto) di fare ricorso ai lavoratori dell'Agenzia secondo percentuali predeterminate nel relativo titolo abilitativo per le assunzioni a tempo determinato e indeterminato, laddove vi sia coerenza tra i profili professionali richiesti e offerti (comma 5). Lo stesso obbligo grava, in caso di previsione di nuove assunzioni, sulle aziende già concessionarie ai sensi dell'articolo 18 della L. 84/1994, sopra richiamato.
È altresì previsto l’obbligo, per i lavoratori individuati, di accettare l'impiego proposto, pena la cancellazione dagli elenchi tenuti dall'Agenzia.
Ai sensi del comma 7, al personale interessato, per le giornate di mancato avviamento al lavoro, si applicano le disposizioni di cui al comma 2 dell'articolo 3 della L. 92/2012 (che prevede l’erogazione a regime, dal 2013, di uno specifico strumento di sostegno al reddito introdotto, dall’articolo 19, comma 12, del D.L. 185/2008, e successivamente prorogato più volte, a favore di specifiche categorie di lavoratori del settore portuale, in termini identici a quelli stabiliti da discipline transitorie per gli anni precedenti), nel limite delle risorse aggiuntive pari a 18.144.000 euro per il 2017, 14.112.000 euro per il 2018 e 8.064.000 euro per il 2019.
L’articolo 3, comma 2, della L. 92/2012, ha disposto
l’erogazione a regime, dal 2013, di uno specifico strumento di sostegno al
reddito sia agli addetti alle
prestazioni di lavoro temporaneo occupati con contratto di lavoro a tempo
indeterminato nelle imprese e agenzie di cui all’articolo 17, commi 2 e 5,
della L. 84/1994, sia ai lavoratori delle
società derivate dalla trasformazione delle compagnie portuali, ai sensi
dell’articolo 21, comma 1, lettera b),
della medesima L. 84/1994[12]. L’indennità[13] è pari a un
ventiseiesimo del trattamento massimo mensile d’integrazione salariale
straordinaria previsto dalle vigenti disposizioni[14], nonché la
relativa contribuzione figurativa e gli assegni per il nucleo familiare: per
ogni giornata di mancato avviamento al lavoro; per
le giornate di mancato avviamento al lavoro che coincidano, in base al
programma, con le giornate definite festive, durante le quali il lavoratore sia
risultato disponibile.
Tale indennità spetta quindi per un numero di giornate
di mancato avviamento al lavoro pari alla differenza tra il numero massimo di
26 giornate mensili erogabili e il numero delle giornate effettivamente
lavorate in ogni mese, incrementato dal numero delle giornate di ferie,
malattia, infortunio, permesso e indisponibilità.
L’erogazione dei trattamenti richiamati, da parte
dell’INPS, è subordinata all’acquisizione degli elenchi recanti il numero,
distinto per ciascuna impresa o agenzia, delle giornate di mancato avviamento
al lavoro, predisposti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in
base agli accertamenti effettuati in sede locale dalle competenti autorità
portuali o, laddove non istituite, dalle autorità marittime.
Al riguardo, la relazione tecnica allegata al
provvedimento in esame afferma che l’erogazione dell’indennità di integrazione
salariale straordinaria per le giornate di mancato avviamento al lavoro è
effettuata secondo le disposizioni contenute nella circolare INPS 48/2016, con
le seguenti modalità: 80 euro (costo giornaliero per lavoratore) per 252
giornate lavorative nell’anno per una spesa massima lorda pro capite annua di
20.160 euro. In particolare, il beneficio potrà interessare, nel 2017, 900
lavoratori portuali (Gioia Tauro e Taranto). Negli anni successivi il beneficio
sarà erogato ai soli lavoratori che non avranno trovato un’adeguata
collocazione, stimabili in circa 700 nel 2018 e in circa 400 nel 2019.
Viene altresì previsto (comma 8) che, qualora alla scadenza del periodo di operatività dell’Agenzia restassero in forza alla stessa lavoratori non reimpiegati, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti può autorizzare la trasformazione di tale Agenzia, su istanza dell'Autorità di Sistema portuale competente e laddove sussistano i presupporsi, in un'Agenzia ai sensi dell'articolo 17 della L. 84/1994 che reca la disciplina della fornitura del lavoro portuale temporaneo.
L’articolo 17 della L. 84/1994 disciplina la fornitura
del lavoro portuale temporaneo. In particolare, il comma 2 stabilisce che le
autorità portuali o, laddove non istituite, le autorità marittime, debbano
autorizzare l'erogazione delle prestazioni di lavoro temporaneo da parte di una
impresa, che deve essere dotata di adeguato personale e risorse proprie con
specifica caratterizzazione di professionalità nell'esecuzione delle operazioni
portuali. L’attività della richiamata impresa deve essere esclusivamente
rivolta alla fornitura di lavoro temporaneo per l'esecuzione delle operazioni e
dei servizi portuali, da individuare secondo una procedura accessibile ad
imprese italiane e comunitarie. Il successivo comma 5 dispone che nel caso in
cui non si realizzi quanto previsto in precedenza circa l’istituzione e
l’autorizzazione all’esercizio della richiamata impresa, le prestazioni di
lavoro portuale temporaneo vengano erogate da agenzie promosse dalle autorità
portuali o, laddove non istituite, dalle autorità marittime e soggette al
controllo delle stesse e la cui gestione è affidata ad un organo direttivo
composto da rappresentanti delle imprese operanti in operazioni portuali
(carico, scarico, trasbordo, deposito, movimento in genere delle merci e di
ogni altro materiale, svolti nell'ambito portuale), in fornitura di lavoro
portuale temporaneo e nella gestione di opere attinenti alle attività marittime
e portuali.
Agli oneri derivanti dal precedente comma 7, pari a 18.144.000 euro per il 2017, 14.112.000 euro per il 2018 e 8.064.000 euro per il 2019, si provvede (comma 9):
§ quanto a 18.144.000 euro per il 2017, mediante versamento all'entrata del bilancio dello Stato da effettuare nell'anno 2017, di quota di corrispondente importo delle disponibilità in conto residui del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione, (lettera a));
§ quanto a 14.112.000 euro per l'anno 2018 e 8.064.000 euro per l'anno 2019, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al Fondo sociale per l'occupazione e la formazione (lettera b)).
Infine, ai sensi del comma 10, alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui al precedente comma 9 (pari a 18.144.000 euro per il 2017) si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali (di cui all'articolo 6, comma 2, del D.L. n. 154/2008).
Articolo
5
(Incremento del Fondo per le non
autosufficienze)
L’articolo 5 incrementa di 50 milioni, per il 2017, lo stanziamento del Fondo per le non autosufficienze. All’onere di 50 milioni si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili, istituito dalla legge di stabilità 2015 (art. 1, comma 200 della legge n. 190/2014).
L’incremento dello stanziamento del Fondo non reca alcuna specifica finalizzazione.
Il Fondo per le non autosufficienze
Il Fondo per le non autosufficienze
è stato istituito dall'art. 1, comma
1264, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (legge
finanziaria 2007) per dare copertura ai costi di rilevanza sociale dell'assistenza
socio-sanitaria integrata, con l'intento di fornire sostegno a persone con
gravissima disabilità e ad anziani non autosufficienti, e favorirne la
permanenza presso il proprio domicilio.
La legge di stabilità 2015 (comma
159 della legge 190/2014) ha disposto
per il Fondo un finanziamento di 400 milioni per il 2015 e uno stanziamento a
regime di 250 milioni a decorrere dal 2016. Lo stanziamento del Fondo è finalizzato
anche al finanziamento degli interventi a sostegno delle persone affette da
sclerosi laterale amiotrofica (SLA).
Successivamente, il comma 405 della
legge di stabilità 2016 (legge 208/2015) ha
incrementato lo stanziamento del Fondo per le non autosufficienze, anche ai
fini del finanziamento degli interventi a sostegno delle persone affette da
SLA, di 150 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016.
Pertanto, lo stanziamento a regime del Fondo, a decorrere dal 2016, risulta pari a 400 milioni.
Le risorse del Fondo (aggiuntive
rispetto a quelle destinate dalle Regioni e dalle autonomie locali alle
prestazioni e ai servizi in favore delle persone non autosufficienti) sono
ripartite annualmente con decreto.
Il decreto 26
settembre 2016, di riparto dei 400 milioni costituenti la dotazione
del Fondo, ha poi definito le prestazioni, gli interventi e i servizi
assistenziali dell'offerta integrata socio-sanitaria rivolta alle persone non
autosufficienti. Il decreto specifica che l’offerta di interventi è individuata
su aree prioritarie di intervento riconducibili ai livelli essenziali
delle prestazioni (che, si ricorda, non sono stati ancora definiti in ambito
sociale). Queste le aree prioritarie individuate:
a) incremento dell'assistenza domiciliare, anche in
termini di ore di assistenza personale e supporto familiare;
b) trasferimenti monetari nella misura in cui gli stessi
siano condizionati all'acquisto di servizi di cura ed assistenza domiciliari,
progettati sulla base di un piano personalizzato, nelle diverse forme e
modalità previste dalle regioni. I trasferimenti monetari possono essere anche
finalizzati alla fornitura diretta dei servizi di cura ed assistenza da parte
di familiari e persone del vicinato;
c)
interventi
complementari all'assistenza domiciliare, quali i ricoveri di sollievo in
strutture sociosanitarie, e di altre azioni di supporto individuate nel piano
personalizzato, ad esclusione delle prestazioni erogate in ambito residenziale
a ciclo continuativo di natura non temporanea. Di tale interventi viene assunto
l'onere della quota sociale.
Il decreto del settembre 2016 ha poi
definito in maniera puntuale, ai soli fini dell'utilizzo delle risorse del
Fondo, le persone in condizione di disabilità gravissima, riconducendole
in primo luogo ai beneficiari dell'indennità di accompagnamento e alle persone
definite non autosufficienti ai sensi dell'allegato 3 (Definizione ai fini ISEE
della condizione di disabilità media, grave e di non autosufficienza) del
Regolamento ISEE (D.P.C.M. n. 159/2013).
Per facilitare
le attività sociosanitarie assistenziali integrate, ed anche ai fini della
razionalizzazione della spesa, il decreto ha poi stabilito che le regioni si
impegnino a:
a) prevedere o rafforzare punti unici di accesso alle
prestazioni e ai servizi localizzati negli ambiti territoriali;
b) attivare o rafforzare modalità di presa in carico
della persona non autosufficiente attraverso un piano personalizzato di
assistenza;
c) implementare modalità di valutazione della non
autosufficienza attraverso unità multiprofessionali UVM, in cui siano presenti
le componenti clinica e sociale, utilizzando le scale già in essere presso le
regioni, tenendo anche conto delle condizioni di bisogno, della situazione
economica e dei supporti fornibili dalla famiglia o da chi ne fa le veci;
d) adottare ambiti territoriali di programmazione omogenei
per il comparto sanitario e sociale;
e)
formulare
indirizzi, dandone comunicazione al Ministero del lavoro e delle politiche
sociali e al Ministero della salute, per la ricomposizione delle prestazioni e
delle erogazioni (es.: budget di
cura).
Infine, il
decreto di riparto del settembre 2016 ha previsto l’approvazione di un Piano
triennale 2017-19 per la non autosufficienza. Il Piano - un decreto interministeriale, preceduto da una intesa
in sede di Conferenza unificata - dovrà definire:
a) i principi e i criteri per l'individuazione dei
beneficiari degli interventi rivolti alle persone con necessità di sostegno
intensivo. Gli interventi dovranno essere differenziati in base all'intensità
del sostegno necessario;
b)
lo sviluppo degli
interventi a valere sulle risorse del Fondo per le non autosufficienze
nell'ottica di una progressione graduale nel raggiungimento di livelli
essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio
nazionale.
Articolo
6
(Scuola europea di Brindisi)
L’articolo 6 autorizza il Ministero
dell’istruzione, dell’Università e della ricerca alla stipula e all’esecuzione
di convenzioni con il Segretariato generale delle scuole europee: tale
autorizzazione è finalizzata a consentire lo svolgimento del previsto curriculum per le scuole europee, dal
livello dell’infanzia al conseguimento del baccalaureato europeo. Tutto ciò si
pone poi come prosecuzione delle sperimentazioni già autorizzate in relazione
alla presenza della base logistica delle Nazioni Unite di Brindisi.
La spesa collegata
alla norma in commento è di 577.522,36
euro annui a decorrere dal 2017: a tali oneri si provvede con
corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte
corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle
finanze nel bilancio triennale 2017-2019, con parziale utilizzazione
dell’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della
cooperazione internazionale.
La pertinente sezione della relazione
introduttiva al disegno di legge (A.C. 4200) di conversione del decreto-legge
29 dicembre 2016, n. 243 precisa che l’articolo 6 in commento è volto ad
assicurare le risorse necessarie a garantire
un’offerta formativa plurilingue ai figli del personale espatriato in servizio
presso la base logistica delle Nazioni Unite di Brindisi - non mancando di
rilevare l’importante indotto socioeconomico sulla città di Brindisi e sul suo
retroterra dato dalla presenza della base medesima.
La sperimentazione consentita a partire dal 2012 dal Ministero
dell’istruzione, dell’Università e della ricerca nei confronti dell’Istituto
comprensivo “Centro” e del Liceo scientifico “Fermi-Monticelli” di Brindisi ha
riscontrato un giudizio positivo del Segretariato generale scuole europee: in
vista della sottoscrizione di due convenzioni di accreditamento dei due
istituti brindisini con il Segretariato, si rende necessario coprire il maggiore fabbisogno di personale di
madrelingua specificamente qualificato al fine di assicurare agli alunni
delle scuole europee un insegnamento pienamente soddisfacente nelle rispettive
lingue: ciò naturalmente va ben oltre gli organici previsti dall’ordinamento
scolastico nazionale italiano, e richiede ulteriori oneri finanziari. Peraltro,
l’eventuale mancata ottemperanza a tale maggiore fabbisogno di personale
docente sarebbe suscettibile di porre in
questione la permanenza a Brindisi della base logistica ONU per le operazioni
internazionali umanitarie e di
peacekeeping, attesa la rilevanza che le Nazioni Unite attribuiscono
alla presenza di adeguate risorse formative per i figli del personale
internazionale in servizio nella base.
Va inoltre segnalato come con decreto
n. 727 del 20 settembre 2016 il Ministro dell’istruzione, dell’Università
e della ricerca abbia proceduto a prorogare per il triennio 2016-2019 le autorizzazioni alla sperimentazione rispettivamente
concesse nei confronti dell’Istituto “Centro” di Brindisi con il D.M. 143 del 2013 e nei confronti del Liceo scientifico
“Fermi-Monticelli” con il D.M. 378 nel 2014 e si è dato avvio alla procedura di accreditamento
vera propria, il cui audit di conformità si è concluso positivamente nel mese
di giugno 2015: all’esito di ciò, nel marzo del 2016, il Segretariato delle
Scuole Europee ha inviato la convenzione da sottoscrivere per l’accreditamento
definitivo.
Il sistema delle Scuole europee è sorto nel 1953 per l’istruzione in comune dei
figli dei dipendenti delle Comunità europee.
Il 21 giugno 1994 è, quindi, intervenuta, in Lussemburgo, la Convenzione recante Statuto delle Scuole europee, poiché
occorreva, fra l’altro, consolidare lo Statuto adottato nel 1957 e tener conto
dell’esperienza acquisita nel funzionamento delle Scuole. La Convenzione è
stata ratificata dall’Italia con legge 6 marzo 1996, n. 151.
In base allo Statuto, l’insegnamento
impartito nelle Scuole comprende l’istruzione fino al termine degli studi medi
superiori e può articolarsi in un ciclo materno, in un ciclo elementare di
cinque anni e in un ciclo secondario di sette anni.
Gli studi sono compiuti nelle lingue
danese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola e
tedesca: si tratta, peraltro, di un elenco che può essere adeguato dal
Consiglio superiore (sul quale, si veda infra).
Però, allo scopo di favorire l’unità della Scuola e la reciproca intesa e
comprensione fra gli alunni appartenenti alle varie sezioni linguistiche,
alcuni corsi sono tenuti in comune per classi dello stesso livello.
Al termine degli studi secondari viene rilasciata la licenza liceale europea. I titolari
della licenza godono, nello Stato membro di cui sono cittadini, di tutte le
prerogative attribuite a coloro che sono in possesso del diploma rilasciato al
termine degli studi medi superiori e possono
iscriversi all’università.
Nelle Scuole europee l’insegnamento è impartito da insegnanti comandati o designati dagli Stati membri, conformemente
alle decisioni assunte dal Consiglio superiore. Essi conservano i diritti
all’avanzamento di carriera e alla pensione garantiti dalla normativa
nazionale.
A ciascuna Scuola europea è riconosciuta la personalità giuridica necessaria per il conseguimento dello scopo
perseguito e, in ogni Stato membro, la Scuola è trattata come istituto
scolastico di diritto pubblico.
Gli organi comuni a tutte le
Scuole europee sono il Consiglio
superiore - che stabilisce il regolamento generale delle Scuole e definisce
l’orientamento degli studi e l’organizzazione -, il Segretario generale – che risponde del proprio operato al Consiglio
superiore -, i Consigli di ispezione
– di cui uno per il ciclo materno ed elementare e uno per il ciclo secondario,
i quali vigilano sulla qualità dell’insegnamento impartito nelle Scuole – e la Camera dei ricorsi.
Ogni Scuola europea è amministrata dal Consiglio di amministrazione – competente in materia di bilancio –
ed è gestita dal Direttore che ha
autorità sul personale assegnato alla Scuola e risponde del proprio operato al
Consiglio superiore, dal quale è nominato.
Il bilancio delle Scuole è
alimentato con i contributi degli Stati
membri – ai quali spetta il mantenimento della retribuzione dei docenti –,
il contributo dell’UE – che deve
coprire la differenza fra l’importo globale delle spese delle Scuole e il
totale delle altre entrate – i contributi
degli organismi non comunitari con i quali il Consiglio superiore ha
concluso un accordo, le entrate proprie
della scuola, in particolare le tasse scolastiche, e altre entrate varie.
La creazione di una nuova Scuola
può essere decisa dal Consiglio superiore, previo accordo con lo Stato membro
ospitante in merito alla messa a disposizione, a titolo gratuito, e alla
manutenzione, di locali adeguati alle esigenze della nuova Scuola
Attualmente esistono 14
Scuole europee frequentate da circa 21.000
studenti.
Per ciò che concerne la Base
logistica delle Nazioni Unite a Brindisi, si ricorda che la legge 4 marzo 1997, n. 62 l'Italia ha ratificato
il Memorandum d'intesa fra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni
Unite relativo all'uso da parte delle Nazioni Unite di locali di istallazioni
militari in Italia per il sostegno delle operazioni di mantenimento della pace,
umanitarie e quelle ad esse relative, fatto a Roma il 23 novembre 1994.
La Base logistica dell'ONU a Brindisi ha visto progressivamente ampliare
le proprie funzioni dalla metà degli Anni Novanta, in parallelo al crescente
impegno dell'ONU nei tentativi di stabilizzazione delle aree di crisi. La nuova
strategia delle Nazioni Unite per il supporto logistico presentata nel 2010
prevede l'accentramento e la standardizzazione delle relative attività, in
funzione di una maggiore capacità di dispiegamento rapido di forze sul terreno
e di una razionalizzazione delle risorse. La Base di Brindisi ha così visto
progressivamente concentrare su di sé sempre maggiori servizi a sostegno delle
operazioni di pace e umanitarie, divenendo una sorta di centro di servizi
globale, soprattutto per le comunicazioni satellitari e il supporto tecnico ai
mezzi impegnati nei collegamenti con le missioni di pace. Da tutto ciò la ratio
della necessità di un adattamento del Memorandum
d'intesa del 1994, operata con il Protocollo di emendamento del 28 aprile 2015, autorizzato alla ratifica
con legge 4 agosto 2016, n. 157, ed entrato in vigore il 5 settembre
2016.
Articolo
7
(Interventi funzionali alla presidenza
italiana del G7 nel 2017)
L’articolo 7 prevede il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara
per l’aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi
riguardanti gli interventi funzionali
alla presidenza italiana del G7 nel 2017.
In particolare, la norma autorizza il Capo della Struttura di missione “Delegazione per la Presidenza italiana del Gruppo dei Paesi più industrializzati” e il Commissario straordinario del Governo, per la realizzazione degli interventi infrastrutturali e di sicurezza connessi alla medesima Presidenza italiana, ad avvalersi, “in caso di necessità e urgenza”, della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara prevista dall’articolo 63 del nuovo Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50/2016).
Il ricorso a tale procedura viene giustificato sulla base del fatto che “gli interventi funzionali alla presidenza italiana del G/7 del 2017, in quanto imprevedibili in relazione a consistenza e durata dei procedimenti, costituiscono presupposto per l’applicazione motivata della procedura di cui all’articolo 63, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”.
Il riferimento sembrerebbe essere alla lettera c) del comma 2 del citato articolo 63, il quale, per gli appalti di lavori, forniture e servizi, consente l’utilizzo di tale procedura:
a) qualora non sia stata presentata alcuna offerta o alcuna offerta appropriata, né alcuna domanda di partecipazione o alcuna domanda di partecipazione appropriata, in esito all'esperimento di una procedura aperta o ristretta, purché le condizioni iniziali dell'appalto non siano sostanzialmente modificate e purché sia trasmessa una relazione alla Commissione europea, su sua richiesta;
b) quando i lavori, le forniture o i servizi possono essere forniti unicamente da un determinato operatore economico per una delle seguenti ragioni: 1) lo scopo dell'appalto consiste nella creazione o nell'acquisizione di un'opera d'arte o rappresentazione artistica unica; 2) la concorrenza è assente per motivi tecnici; 3) la tutela di diritti esclusivi, inclusi i diritti di proprietà intellettuale;
c) nella misura strettamente necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili dall'amministrazione aggiudicatrice, i termini per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione non possono essere rispettati.
I tre precedenti casi riproducono le lettere a), b) e c) del paragrafo 2 dell’articolo 32 della direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, che è stata recepita dal Codice dei contratti pubblici.
Le ulteriori circostanze disciplinate nei commi da 3 a
5 dell’articolo 63 del Codice, che riprendono i corrispondenti paragrafi
dell’articolo 32 della direttiva, riguardano: gli appalti pubblici di forniture
(qualora i prodotti oggetto dell'appalto siano fabbricati esclusivamente a
scopo di ricerca, di sperimentazione, di studio o di sviluppo, nel caso di
consegne complementari effettuate dal fornitore originario e destinate al
rinnovo parziale di forniture o di impianti o all'ampliamento di forniture o
impianti esistenti, per forniture quotate e acquistate sul mercato delle
materie prime, per l'acquisto di forniture o servizi a condizioni
particolarmente vantaggiose, da un fornitore che cessa definitivamente
l'attività commerciale oppure dagli organi delle procedure concorsuali); negli
appalti pubblici relativi ai servizi qualora l'appalto faccia seguito ad un
concorso di progettazione e debba, in base alle norme applicabili, essere
aggiudicato al vincitore o ad uno dei vincitori del concorso; per nuovi lavori
o servizi consistenti nella ripetizione di lavori o servizi analoghi, già
affidati all'operatore economico aggiudicatario dell’appalto iniziale.
La disposizione in esame sembrerebbe integrare i presupposti per l’applicazione
della procedura negoziata senza bando, atteso che l’imprevedibilità è riferita
non tanto agli eventi quanto alla consistenza e alla durata dei procedimenti.
Andrebbe, pertanto, valutata alla luce di quanto prevede l’articolo 32 della direttiva
europea 2014/24/UE.
Si prevede, pertanto, che agli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, che devono essere aggiudicati da parte del Capo della Struttura di missione “Delegazione per la Presidenza italiana del Gruppo dei paesi più industrializzati” per il 2017 e del Commissario straordinario del Governo per la realizzazione degli interventi infrastrutturali e di sicurezza connessi alla medesima Presidenza italiana, si applichino, nei limiti temporali e nell’ambito degli stanziamenti assegnati, in caso di necessità ed urgenza, le norme riguardanti:
§ il ricorso alla procedura negoziata senza bando, sulla base di un’adeguata motivazione, di cui all’articolo 63, comma 1, del Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. n. 50/2016;
Il comma 1 del citato articolo 63 dispone
che, nei casi e nelle circostanze indicati nei commi da 2 a 5, le
amministrazioni aggiudicatrici possono aggiudicare appalti pubblici mediante
una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, dando
conto con adeguata motivazione, nel primo atto della procedura, della
sussistenza dei relativi presupposti.
§ l’individuazione, nell’ambito della predetta procedura, degli operatori economici da consultare e la selezione di almeno cinque operatori economici, di cui all’articolo 63, comma 6, del citato Codice.
Il comma 6 dispone che le amministrazioni
aggiudicatrici individuano gli operatori economici da consultare sulla base di
informazioni riguardanti le caratteristiche di qualificazione economica e
finanziaria e tecniche e professionali desunte dal mercato, nel rispetto dei
principi di trasparenza, concorrenza, rotazione, e selezionano almeno cinque
operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei.
L'amministrazione aggiudicatrice sceglie l'operatore economico che ha offerto
le condizioni più vantaggiose, ai sensi dell'articolo 95 (che disciplina
l’offerta economicamente più vantaggiosa), previa verifica del possesso dei
requisiti di partecipazione previsti per l'affidamento di contratti di uguale
importo mediante procedura aperta, ristretta o mediante procedura competitiva
con negoziazione
Per quanto riguarda i soggetti citati nella norma, che
dovranno aggiudicare gli appalti, si segnala che il decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri del 24 giugno 2016 ha istituito presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri, la Struttura di
missione denominata “Delegazione per
l’organizzazione della Presidenza italiana del Vertice dei Paesi più
industrializzati” che si terrà a Taormina nel 2017, confermata dal DPCM 20
dicembre 2016.
La Delegazione, diretta dal min. plen. Alessandro
Modiano, ha il compito di assicurare l’organizzazione tutti gli adempimenti di
carattere logistico e protocollare per il buon esito della Presidenza italiana
del G7.
L'evento principale della Presidenza del Gruppo dei
Paesi più industrializzati è rappresentato dal Vertice dei Capi di Stato e di
Governo. Sono inoltre previste riunioni ministeriali su temi specifici quali
affari esteri, finanze, industria, ambiente, agricoltura, parità di genere,
scienze e tecnologie oltreché numerosi incontri di livello tecnico.
La Struttura
si occuperà della gestione di tutti gli adempimenti connessi agli aspetti
amministrativi, logistici e protocollari funzionali alla piena esecuzione degli
eventi che si terranno nel corso dell'anno di Presidenza italiana. Nell'ambito
delle proprie competenze, la Struttura individua le sedi più adatte e
funzionali per lo svolgimento delle riunioni, provvede all'allestimento ed
all'accoglienza dei delegati, alla divulgazione di informazioni e
documentazioni inerenti tutti gli eventi previsti per l'anno di Presidenza
italiana.
È stato, inoltre, firmato un protocollo di
vigilanza collaborativa tra l’Autorità nazionale anticorruzione e la
Delegazione per l’organizzazione della Presidenza italiana del G7.
Nella riunione del Consiglio dei ministri del 23
dicembre 2016, il prefetto Riccardo Carpino è stato nominato Commissario
straordinario del Governo per la realizzazione degli interventi
infrastrutturali e di sicurezza connessi alla presidenza italiana del gruppo di
Paesi più industrializzati (G7), a norma dell’articolo 11 della legge 23 agosto
1988, n. 400.
Da ultimo, l’articolo 1, comma 381, della legge n. 232/2016 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019), ha autorizzato la spesa di 45 milioni per il 2017 per l’attuazione degli interventi per l’organizzazione e lo svolgimento del vertice G7 a livello di Capi di Stato e di Governo, previsto nell’ambito della Presidenza italiana del Gruppo dei sette maggiori Paesi industrializzati. Le risorse confluiscono in un fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, da trasferire alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Tra gli interventi finanziati, la norma menziona specificamente gli adeguamenti infrastrutturali e le esigenze di sicurezza.
Articolo
8
(Entrata in vigore)
L’articolo 8 dispone in ordine alla entrata in vigore del decreto-legge, a partire dal giorno successivo
della sua pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale, ossia dal 31 dicembre
2016.
[1] Le attività di vigilanza dei Commissari straordinari trovano il loro fondamento giuridico nella disciplina generale sull’amministrazione straordinaria, di cui all’articolo 63, comma 2 del D.Lgs. n. 270/1999.
[2] Il 5 gennaio 2016 l’Amministrazione
straordinaria del Gruppo ILVA in A.S. ha presentato un invito a manifestare
interesse in relazione
all’operazione di trasferimento dei complessi aziendali facenti capo ad Ilva
S.p.A. in A.S. e ad altre società del medesimo gruppo, da perfezionarsi
mediante la cessione o la concessione in affitto, con opzione d’acquisto, dei
medesimi complessi aziendali, nel rispetto di quanto previsto in particolare
dal comma 3 dell’art. 1 del D.L. 191/2015. Le manifestazioni di interesse
relative all’operazione di trasferimento dei complessi aziendali facenti capo
ad ILVA S.p.A. in A.S. e ad altre Società del Gruppo sono state 29. Dei 29
soggetti che hanno manifestato interesse per l’intero Gruppo ILVA o per singole
Società 17 sono stati italiani e 12 stranieri. Tale invito è stato integrato con
chiarimenti il 18 gennaio 2016.
[3] Questo termine si applica ad ogni altro adempimento, prescrizione, attività o intervento di gestione ambientale e di smaltimento e gestione dei rifiuti inerente ILVA S.p.A. in A.S. e alle altre società partecipate anch'esse in A.S. e sostituisce ogni altro diverso termine intermedio o finale previsto da norme di legge o da provvedimenti amministrativi comunque denominati.
È conseguentemente prorogato alla medesima data il termine per la prosecuzione dell’attività produttiva nello stabilimento ILVA e per l’immissione nel possesso dei beni dell’impresa (termine di cui all'articolo 3, comma 3, del D.L. n. 207/2012).
[4] Il comitato di esperti, istituito dal citato D.L. n. 98/2016 è composto dai professori Carlo Collivignarelli, Antonio Fardelli e Gigliola Spadoni.
[5] Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate.
[6] Nuove disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale.
[7] In base alla norma originaria, gli importi avrebbero invece dovuto essere rimborsati nel medesimo esercizio finanziario in cui gli stessi sono erogati.
[8] Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale 2014-2020 (GU C 209 del 23.7.2013); Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese non finanziarie in difficoltà (GU C 249 del 31.7.2014).
[9] La norma fa rinvio, per la disciplina di tale contabilità speciale, alle disposizioni degli articoli 8 e 10 del D.P.R. 20 aprile 1994, n. 367.
[10] Per una analisi degli interventi che qui
interessano ricompresi nell’ambito dei singoli Patti regionali, e delle
relative risorse ad essi assegnate, si rinvia al primo Rapporto presentato dal Dipartimento
per la Programmazione e il Coordinamento della Politica Economica (DIPE), aggiornato al 13 dicembre 2016, finalizzato
ad offrire una ricognizione dei Patti per il Sud stipulati dal Governo con le Regioni del Mezzogiorno e con le Città
Metropolitane (http://www.programmazioneeconomica.gov.it/2016/12/22/ricognizione-sui-patti-per-il-sud/ ).
[11] Il contratto di somministrazione di lavoro, introdotto dagli articoli 28-38 del D.Lgs. 276/2003 e attualmente regolamentato dagli articoli 30-40 del D.Lgs. 81/2015, è un particolare contratto di lavoro subordinato che coinvolge tre soggetti (somministratore, cioè un soggetto autorizzato come le agenzie di somministrazione, utilizzatore e lavoratore). Il lavoratore è assunto dal somministratore, ma viene inviato a svolgere la propria attività presso l'utilizzatore (c.d. missione). La peculiarità dell’istituto consiste, quindi, in un rapporto che prevede l’operatività di due differenti contratti, un contratto di somministrazione, di natura commerciale, tra l'utilizzatore e il somministratore, e un contratto di lavoro tra il somministratore e il lavoratore.
Il contratto di somministrazione di lavoro, che deve essere stipulato in forma scritta, può essere a tempo determinato oppure a tempo indeterminato e può essere concluso anche come rapporto a tempo parziale. Salvo diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall'utilizzatore, il numero dei lavoratori somministrati a tempo indeterminato non può eccedere il 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l'utilizzatore (limite quantitativo). La somministrazione a tempo indeterminato (la cui disciplina è soggetta alla disciplina generale sul rapporto a tempo indeterminato) concerne esclusivamente i lavoratori assunti dal somministratore a tempo indeterminato. Durante i periodi di non utilizzazione, il lavoratore rimane a disposizione del somministratore. Durante tali periodi di inattività, al lavoratore spetta un'indennità di disponibilità. La disciplina della somministrazione a tempo indeterminato non si applica alle pubbliche amministrazioni.
La somministrazione di lavoro a tempo determinato è ammessa nei limiti quantitativi individuati dai contratti collettivi applicati dall'utilizzatore (con l’eccezione della somministrazione di lavoratori che godono di ammortizzatori sociali e di lavoratori svantaggiati, esenti da tali limiti). Per tale contratto trovano applicazione le regole del contratto a termine, escluse specifiche disposizioni (quali quelle sulla durata massima, proroghe e rinnovi, limiti quantitativi, diritto di precedenza).
Il contratto di somministrazione è vietato: per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; presso unità produttive in cui si è proceduto, nei 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi riguardanti lavoratori adibiti alle stesse mansioni, salvo che il contratto sia concluso per provvedere alla sostituzione di lavoratori assenti o abbia una durata iniziale non superiore a 3 mesi; presso unità produttive in cui sono operanti sospensioni o riduzioni dell'orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle medesime mansioni; per i datori di lavoro che non siano in regola con gli obblighi previsti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro.
Per quanto attiene, infine, i diritti e doveri in capo la lavoratore somministrato, si ricorda che Il lavoratore svolge la sua attività sotto la direzione e il controllo dell'impresa utilizzatrice, come se fosse un dipendente di quest'ultima. Il lavoratore, durante la missione, ha diritto a percepire la stessa retribuzione che spetta ad un lavoratore dell'impresa utilizzatrice che svolge la stessa attività. L'impresa fornitrice deve informare i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute connessi allo svolgimento della missione, nonché formarli all'uso delle attrezzature di lavoro necessarie per lo svolgimento dell'attività prevista (tale obbligo può essere adempiuto anche dall'impresa utilizzatrice).
[12] Si tratta, nell’ambito della trasformazione in società delle compagnie e gruppi portuali, dell’obbligo di trasformazione, da parte di queste ultime, in una società o una cooperativa secondo i tipi previsti nel libro quinto, titoli V e VI, del codice civile, per la fornitura di servizi, nonché, fino al 31 dicembre 1996, di mere prestazioni di lavoro in deroga all'articolo 1 della L. 1369/1960 (quale, ad esempio, il divieto di appaltare o subappaltare le prestazioni lavorative, oppure di servirsi di lavoratori a cottimo).
[13] Introdotta in via sperimentale dall’articolo 19, comma 12, del D.L. 185/2008 e successivamente prorogata più volte (da ultimo, per il 2012, dall’articolo 33, comma 23, della L. 183/2011).
[14] Al riguardo, la circolare INPS 48/2016 riporta gli importi massimi mensili dei trattamenti di integrazione salariale di cui all’articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 148/2015, nonché la retribuzione lorda mensile, maggiorata dei ratei relativi alle mensilità aggiuntive, oltre la quale è possibile attribuire il massimale più alto. Gli importi (indicati, rispettivamente, al lordo ed al netto della riduzione prevista dall’articolo 26 della L 41/1986, che attualmente è pari al 5,84%) sono pari a: 971,71 € lordi (pari a 914,96 € netti) per una retribuzione inferiore o uguale a 2.102,24 euro; 1.167,91 € lordi (pari a 1.099,70 € netti) per una retribuzione superiore a 2.102,24 euro.
La circolare, inoltre, sottolinea che, in base al combinato disposto dell’art. 3 e del comma 1, lett. I e M, dell’articolo 46 del medesimo D.Lgs. 148/2015 (quest’ultimo recante l’abrogazione dell’articolo 1 della L. 863/84 e dell’articolo 13 della L. 223/91), per le integrazioni salariali relative a contratti di solidarietà, il trattamento ammonterà all’80% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate con il limite dei massimali che, quindi, si applicheranno anche ai trattamenti relativi ai contratti di solidarietà sottoposti alla nuova disciplina del D.Lgs. 148/2015.