Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Disposizioni in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili D.L. 193/2016 - A.S. 2595
Riferimenti:
AC N. 4110-A-R/XVII   AC N. 4110-A/XVII
AC N. 4110/XVII   DL N. 193 DEL 22-OTT-16
Serie: Progetti di legge    Numero: 508    Progressivo: 5
Data: 22/11/2016
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
VI-Finanze
Altri riferimenti:
AS N. 2595/XVII     

DISPOSIZIONI IN MATERIA FISCALE E PER IL FINANZIAMENTO DI ESIGENZE INDIFFERIBILI

 

A.S. 2595 – D.L. 193/2016

 

 

Novembre 2016

 

 

 

 

 

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Dossier n. 394/5

 

 

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Progetti di legge n. 508/5

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I N D I C E

 

Schede di lettura

Schede di lettura. 3

Articolo 1 (Equitalia). 5

Articolo 1-bis (Proroga di termine in materia di delega di funzioni dirigenziali nelle Agenzie fiscali). 13

Articolo 2 (Disposizioni in materia di riscossione locale). 15

Articolo 2-bis (Interventi a tutela del pubblico denaro e generalizzazione dell'ingiunzione di pagamento ai fini dell'avvio della riscossione coattiva). 21

Articolo 3 (Potenziamento della riscossione). 25

Articolo 4 (Disposizioni recanti misure per il recupero dell’evasione). 27

Articolo 4-bis (Emissione elettronica delle fatture per il tax free shopping). 41

Articolo 4-ter (Modifiche al Testo Unico Accise). 45

Articolo 5 (Dichiarazione integrativa a favore e ravvedimento). 53

Articolo 5-bis (Definizione delle controversie in materia di accise e di IVA afferente)  59

Articolo 6  (Definizione agevolata). 61

Articolo 6-bis (Rappresentanza e assistenza dei contribuenti). 71

Articolo 6-ter (Definizione agevolata delle entrate regionali e degli enti locali). 73

Articolo 7  (Riapertura dei termini della procedura di collaborazione volontaria e norme collegate)  77

Articolo 7-bis  (Introduzione di indici sintetici di affidabilità per la promozione dell'osservanza degli obblighi fiscali, per la semplificazione degli adempimenti e per la contestuale soppressione della disciplina degli studi di settore). 95

Articolo 7-ter  (Autorità nazionale anticorruzione). 99

Articolo 7-quater (Disposizioni in materia di semplificazione fiscale). 101

Articolo 7-quinquies  (Interpretazione autentica in materia di determinazione del reddito di lavoratori in trasferta e trasfertisti). 111

Articolo 7-sexies (Semplificazioni per i contribuenti che adottano il regime cosiddetto dei “minimi”). 113

Articolo 7-septies (Accesso al fondo di garanzia per le imprese operanti nel settore della geotermia). 115

Articolo 8 (Finanziamento Fondo occupazione). 117

Articolo 9 (Partecipazione di personale militare alla missione di supporto sanitario in Libia e alla missione delle Nazioni Unite UNSMIL). 121

Articolo 10 (Finanziamento di investimenti per la rete ferroviaria). 123

Articolo 10-bis  (Finanziamento dell’attraversamento ferroviario della linea Milano-Saronno)  125

Articolo 11 (Misure urgenti per il trasporto regionale). 127

Articolo 12 (Misure urgenti a favore dei comuni in materia di accoglienza). 131

Articolo 12-bis  (Interventi a favore delle popolazioni rom e sinti). 137

Articolo 13, comma 1 (Rifinanziamento Fondo PMI). 141

Articolo 13, comma 1-bis e 1-ter (Elenco degli operatori di assistenza e monitoraggio per il microcredito). 145

Articolo 13, commi 2-4-sexies (Misure per la promozione e lo sviluppo dell’agroalimentare nonché in materia di contratti dell’ISMEA). 151

Articolo 14, commi 1, 1-bis e 1-ter (Potenziamento del tax credit per il cinema e l’audiovisivo e disposizioni sui diritti audiovisivi sportivi e sui proventi dei biglietti di ingresso ai luoghi della cultura). 157

Articolo 15 (Disposizioni finanziarie). 161

 

 


Schede di lettura


Articolo 1
(
Equitalia)

 

 

L’articolo 1 dispone - a decorrere dal 1° luglio 2017 - lo scioglimento di Equitalia (ad eccezione di Equitalia Giustizia) e l’istituzione dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, ente pubblico economico sottoposto all’indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell’economia e delle finanze. Il personale è trasferito al nuovo ente senza soluzione di continuità e con la garanzia della posizione giuridica ed economica. Entro il 30 aprile 2017, l’Amministratore delegato di Equitalia è nominato commissario straordinario per l’adozione dello statuto e la gestione della fase transitoria.

 

Si ricorda che fino al 2006 la riscossione era affidata in concessione a società private, in prevalenza banche, che operavano in diversi ambiti territoriali. Con il decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, la riscossione è stata ricondotta in mano pubblica. A tal fine è stata costituita Riscossione S.P.A., ora Equitalia S.p.A., alla quale – in data 1° ottobre 2006 – è stato affidato il servizio pubblico della riscossione in tutto il territorio nazionale, a eccezione della Sicilia.

Il gruppo Equitalia è organizzata in Holding Equitalia S.p.A., Equitalia Servizi di riscossione S.p.A., Equitalia Giustizia S.p.A..

Equitalia S.p.A., istituita nel 2005, è una società a totale capitale pubblico (51% Agenzia delle entrate e 49% Inps) e svolge il suo ruolo istituzionale tramite Equitalia Servizi di riscossione S.p.A. che dal primo luglio 2016 è Agente unico della riscossione e assorbe tutte le attività dei precedenti agenti della riscossione, attraverso la fusione per incorporazione di Equitalia Nord S.p.A., Equitalia Centro S.p.A. e Equitalia Sud S.p.A..

Equitalia Giustizia S.p.A., istituita nel 2008, è il gestore del FUG (Fondo Unico di Giustizia), dove confluiscono le somme sequestrate nell'ambito di procedimenti penali e in applicazione delle misure di prevenzione antimafia, nonché i proventi derivanti dai beni confiscati alla criminalità organizzata. Effettua le attività esecutive funzionali alla riscossione delle spese di giustizia e delle pene pecuniarie conseguenti a provvedimenti giudiziari passati in giudicato o diventati definitivi, gestisce provvisoriamente i libretti di risparmio e i titoli di credito sequestrati. Le somme sono destinate al ministero dell'Interno per la tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico, nonché al ministero della Giustizia per il funzionamento ed il potenziamento degli uffici giudiziari e degli altri servizi istituzionali ed al bilancio dello Stato.

Dal 1° ottobre 2006 ad oggi le riscossioni sono sensibilmente aumentate: nel periodo 2000- 2005 le società concessionarie private avevano incassato in media ogni anno circa 2,9 miliardi di euro. Nel 2015 sono stati riscossi 8,2 miliardi, in aumento dell’11 per cento rispetto ai 7,4 miliardi del 2014 (media degli anni precedenti: 7,7 miliardi).

La soppressione di Equitalia a decorrere dal 1° gennaio 2015 era già prevista dalla proposta di legge A.C. 2299, presentata dal Movimento 5 Stelle. Il 10 luglio 2014 l'Assemblea della Camera ha approvato un emendamento soppressivo di tutti gli articoli del testo, il quale pertanto è stato respinto nel suo complesso.

La proposte intendeva trasferire le funzioni di Equitalia all'Agenzia delle entrate, che a tal fine avrebbe dovuto istituire una Direzione centrale per la riscossione. Gli interessi, le more, gli aggi e le sanzioni per il ritardato o mancato pagamento delle cartelle esattoriali maturati si sarebbero estinti e sarebbero stati sostituiti dal pagamento di un interesse pari alla misura del tasso Euribor. Si prevedeva una riserva pari al 50 per cento delle assunzioni presso l'Agenzia delle entrate – Direzione centrale per la riscossione per il personale impiegato presso Equitalia e le società ad essa collegate.

Successivamente, nel giugno 2016, il Governo, rispondendo alla interrogazione n. 5/09023 presso la Commissione Finanze della Camera, ha annunciato il riordino delle Agenzie fiscali e la riforma del sistema di riscossione anche attraverso la soppressione di Equitalia S.p.A..

In particolare il rappresentante del Governo ha affermato che era allo studio l'esigenza di riformare la gestione della riscossione coattiva delle entrate pubbliche, con l’obiettivo – in coerenza con la linea intrapresa con il decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 157 e con le rinnovate convenzioni con le agenzie fiscali – di reindirizzare l'attività dell'amministrazione finanziaria complessivamente intesa in direzione di un sistema più equo, trasparente e orientato alla crescita, affermando la necessità di un approccio collaborativo tra amministrazione fiscale e imprese e cittadini.

Il Decreto Legislativo n. 159 del 2015 (semplificazione e razionalizzazione della riscossione) ha semplificato gli adempimenti del contribuente: si prevede che ritardi di breve durata ovvero errori di limitata entità nel versamento delle rate non comportino l'automatica decadenza dal beneficio della rateizzazione; si introduce l'ipotesi di lieve inadempimento in cui non si ha la decadenza dal beneficio della dilazione; viene esplicitata la possibilità del contribuente di avvalersi del ravvedimento operoso evitando l'iscrizione a ruolo degli importi residui dovuti; in caso di accertamento esecutivo, si consente al contribuente di attivare meccanismi per la concessione della dilazione del pagamento prima dell'affidamento in carico all'agente della riscossione, al ricorrere di evidenze specifiche che dimostrino una temporanea situazione di obiettiva difficoltà; si riducono gli oneri del servizio nazionale della riscossione (cd. aggio), riconoscendo il solo costo di funzionamento del servizio; si riduce la misura dei tassi degli interessi per il versamento, la riscossione e i rimborsi di ogni tributo.

 

Ai sensi del comma 1, a decorrere dal 1° luglio 2017 le società del Gruppo Equitalia sono sciolte, cancellate d’ufficio dal registro delle imprese ed estinte, senza che sia esperita alcuna procedura di liquidazione.

Per effetto delle modifiche apportate nel corso dell'esame parlamentare, Equitalia Giustizia è esclusa dallo scioglimento delle società del gruppo Equitalia. Essa continua a occuparsi della gestione del Fondo unico giustizia (comma 1 e comma 11, lettera b).

Contestualmente, è introdotto il divieto di effettuare assunzioni con contratti di lavoro subordinato (comma 1).

 

L’esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale è attribuito all’Agenzia delle entrate (comma 2) e viene svolto dall’Agenzia delle entrate-Riscossione, ente pubblico economico strumentale dell’Agenzia delle entrate - istituito a far data dal 1° luglio 2017 - sottoposto all’indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell’economia e delle finanze e al monitoraggio dell’Agenzia stessa (comma 3).

Il nuovo ente subentra, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia e assume la qualifica di agente della riscossione, abilitato ad operare attraverso le procedure della riscossione tramite ruolo (ovvero l'elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall'ufficio ai fini della riscossione a mezzo del concessionario, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973 sulla riscossione). Si consente al nuovo ente di svolgere le attività di riscossione delle entrate tributarie e patrimoniali di comuni, province e relative società partecipate (comma 3).

 

L’ente ha autonomia organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione. Ne costituiscono organi il presidente il comitato di gestione e il collegio dei revisori dei conti, il cui presidente è scelto tra i magistrati della Corte dei conti.

Il comitato di gestione è composto dal direttore dell’agenzia delle entrate, che è il presidente dell’ente e da due componenti nominati dall’agenzia medesima tra i propri dirigenti, ai quali non spettano compensi aggiuntivi (comma 4).

Il comma 5 reca i contenuti dello statuto (approvato con D.P.C.M., su proposta del MEF), che dovrà essere elaborato anche nell'ottica di un nuovo modello di remunerazione dell'agente della riscossione. Sono previste, tra l’altro, procedure, anche telematiche, di consultazione pubblica sugli atti di rilevanza generale e la partecipazione dei soggetti interessati.

Al comitato di gestione sono affidate le modifiche allo statuto e agli atti di carattere generale che disciplinano l’organizzazione e il funzionamento dell’ente, inclusi i bilanci preventivi e consuntivi, nonché il piano triennale per la razionalizzazione delle attività di riscossione. Viene precisato che nel rapporto coi contribuenti il nuovo ente deve conformarsi ai principi dello Statuto del contribuente, tra cui quelli della trasparenza, della leale collaborazione e della tutela di affidamento e buona fede, nonché agli obiettivi di cooperazione rafforzata tra fisco e contribuente individuati dalla legge di delega fiscale (legge n. 23 del 2014).

Si prevede che gli atti a carattere generale indicati nell’atto aggiuntivo (di cui al comma 13) e il piano triennale per la razionalizzazione delle attività di riscossione siano trasmessi, per l'approvazione, al Ministro dell'economia e delle finanze (ai sensi dell’articolo 60 del decreto legislativo n. 300 del 1999, in materia di controllo sulle agenzie fiscali).

I bilanci dell'ente sono sottoposti alla disciplina UE in tema di bilanci societari (D.Lgs. n. 139 del 2015, che ha recepito la Direttiva 2013/34/UE). Essi sono trasmessi al MEF per l'approvazione (comma 5-bis).

Il nuovo ente è inoltre sottoposto alle disposizioni del codice civile e delle altre leggi relative alle persone giuridiche private (comma 6).

L’ente concorre alle norme in materia di riduzioni di spesa per le amministrazioni inserite nel conto economico della P.A. nei limiti del risultato d'esercizio (comma 6-bis).

In relazione agli oneri di funzionamento del servizio nazionale di riscossione, il comma 7 rinvia al meccanismo di remunerazione degli agenti della riscossione introdotto dall’articolo 9 del citato decreto legislativo n. 159 del 2015.

Tale norma ha previsto che agli agenti sia riconosciuto il ristoro degli oneri di riscossione e di esecuzione commisurati al costo di funzionamento del servizio, riducendo l'onere di riscossione dall'8 per cento sulle somme iscritte a ruolo riscosse e sui relativi interessi di mora al 6 per cento (misura abbattuta del 50 per cento, in caso di pagamento effettuato entro il sessantesimo giorno dalla notifica della cartella). I debitori iscritti a ruolo sopportano, altresì, gli oneri legati all'effettuazione delle procedure esecutive e quelli necessari per la notifica della cartella di pagamento o degli altri atti di riscossione. Si prevede che anche gli enti creditori contribuiscano alla remunerazione del sistema.

In particolare la nuova disciplina (con la quale è stato riscritto l'articolo 17 del D.Lgs. n. 112 del 1999) prevede che entro il 31 gennaio di ciascun anno Equitalia, previa verifica da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, deve individuare e rendere pubblici, sul proprio sito web, i costi da sostenere per il servizio nazionale di riscossione, cui devono essere commisurati gli oneri. Il primo decreto ministeriale di fissazione degli oneri afferenti alle spese di procedura, notifica e lavorazione degli sgravi per indebito, nonché la tipizzazione delle suddette spese avrebbe dovuto essere emanato entro il 30 ottobre 2015 (il decreto non è stato emanato). In via transitoria è stato mantenuto fermo il precedente regime per i carichi affidati sino al 31 dicembre 2015.

 

Con una nuova disposizione transitoria, per l’anno 2017, si prevede che siano validi i costi determinati, approvati e pubblicati da Equitalia secondo la procedura sopra illustrata.

Si segnala che sul sito di Equitalia, è pubblicato il predetto elenco dei costi per il servizio di riscossione per l’anno 2016, per un totale pari a 883.127.726 euro. http://www.gruppoequitalia.it/equitalia/opencms/it/il-gruppo/amministrazione
trasparente/bilanci/

 

Ai sensi del comma 8 l’ente è autorizzato ad avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, nonché – a specifiche condizioni – degli avvocati del libero foro, mentre può stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti davanti al tribunale e al giudice di pace.

In ogni caso, ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, l'Avvocatura dello Stato, sentito l'ente, può assumere direttamente la trattazione della causa. Per il patrocinio nei giudizi davanti alle commissioni tributarie l'ufficio  o agente della riscossione nei cui confronti è proposto il ricorso sta in giudizio direttamente o mediante la struttura territoriale sovraordinata (ai sensi dell’articolo 11 comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992).

Nel corso dell’esame parlamentare, il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato è stato esteso agli enti vigilati dal Ministero della salute (comma 8-bis).

 

Per il personale trasferito al nuovo ente - incluso quello a tempo determinato fino a scadenza - e tenuto conto della specificità delle funzioni e delle competenze tecniche necessarie al loro svolgimento, si prevede la ricognizione delle competenze possedute, ai fini di una collocazione organizzativa coerente e funzionale alle esigenze dell'ente stesso (comma 9).

Si ricorda che gli articoli 23-bis e 23-ter del decreto-legge 201/2011 hanno stabilito che il trattamento economico del Primo presidente della Corte di cassazione costituisce parametro massimo di riferimento per la definizione del trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceva, a carico delle finanze pubbliche, emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo (inclusi i componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo) con pubbliche amministrazioni statali e con società dalle stesse partecipate, ad esclusione delle società emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati e loro controllate.

A sua volta, l’art. 13 del D.L. n. 66/2014 (conv. L. n. 89/2014) ha previsto che, a decorrere dal 1° maggio 2014, il limite massimo retributivo riferito al Primo presidente della Corte di cassazione è fissato in 240.000 euro annui al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente. Sono inclusi nel computo cumulativo le somme comunque erogate all'interessato dalle amministrazioni pubbliche e le somme erogate dalle società da esse partecipate in via diretta o indiretta. Il comma 2 del medesimo art. 13 ha esteso la platea di destinatari del “tetto” retributivo, ricomprendendo espressamente, tra gli altri, gli enti pubblici economici tra le amministrazioni pubbliche con cui, se intercorrono rapporti di lavoro subordinato o autonomo, si applica il 'tetto' sopra ricordato.

 

Al personale trasferito si applicano le norme sul mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda previste dall’articolo 2112, primo e terzo comma, del codice civile.

I richiamati commi 1 e 3 dell’articolo 2112 del codice civile prevedono che in caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano. Inoltre, il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa del cessionario. L'effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello.

 

Per tale personale si garantisce la continuità dell'accesso al Fondo di previdenza dei lavoratori esattoriali (di cui alla legge 2 aprile 1958, n. 377) (comma 9-bis).

Nel corso dell’esame parlamentare, è stata soppressa la norma (comma 10) che prevedeva la ricollocazione del personale proveniente da altre amministrazioni pubbliche nell'amministrazione di provenienza.

 

Il comma 11 autorizza l’Agenzia delle entrate ad acquistare, al valore nominale, le azioni di Equitalia detenute dall’Inps (lettera a)), mentre le azioni di Equitalia Giustizia sono cedute a titolo gratuito al Ministero dell’economia e delle finanze. Essa continua a occuparsi della gestione del Fondo unico giustizia (lettera b)).

I bilanci finali di chiusura del gruppo sono trasmessi per l’approvazione al Ministero dell’economia e delle finanze. Ai componenti degli organi delle società soppresse sono corrisposti compensi, indennità ed altri emolumenti solo fino alla data di soppressione. Per gli adempimenti successivi si prevede il rimborso delle spese sostenute nella misura prevista dal rispettivo ordinamento (lettera c)).

Sono chiarite le procedure che seguono allo scioglimento di Equitalia e delle società partecipate; viene tra l'altro prevista la trasmissione al MEF dei bilanci finali delle società in scioglimento, da redigersi anch'essi secondo le norme sui bilanci societari (D.Lgs. n. 139 del 2015) (commi 11-bis e 11-ter).

 

Ai sensi del comma 12 le operazioni inerenti al trasferimento di azioni sono esenti da imposizione fiscale.

 

Il comma 13 demanda ad un atto aggiuntivo alla convenzione triennale tra il Ministro dell’economia e delle finanze e il direttore dell’agenzia delle entrate, da stipulare annualmente, la definizione dei servizi dovuti, delle risorse disponibili, nonché delle strategie per la riscossione, che devono privilegiare il risultato piuttosto che il processo.

L’atto definisce inoltre gli obiettivi quantitativi da raggiungere, gli indicatori e le modalità di verifica del conseguimento degli obiettivi, le modalità di vigilanza sull’operato dell’ente, la gestione della riscossione con modalità organizzative flessibili, le comunicazioni e informazioni preventive volte ad evitare aggravi moratori per i contribuenti ed a migliorarne il rapporto con l’amministrazione fiscale.

Si chiarisce che l'atto aggiuntivo nell'individuare le modalità di miglioramento del rapporto tra fisco e contribuente, deve altresì seguire criteri di trasparenza, che consentano di risalire con certezza al debito originario. A tal fine è possibile istituire uno sportello unico telematico per l'assistenza e l'erogazione di servizi ai contribuenti (comma 13, lettera h)).

Sull’atto aggiuntivo è previsto il parere parlamentare (comma 13-bis).

 

Il comma 14 definisce risultato particolarmente negativo della gestione -  e quindi motivo per la  nomina di un commissario straordinario (ai sensi dell’articolo 69, comma 1, del decreto legislativo n. 300 del 1999) il mancato raggiungimento degli obiettivi stabiliti nell’atto aggiuntivo non attribuibile a fattori eccezionali o comunque non tempestivamente segnalato al Ministero dell’economia e delle finanze.

Il nuovo ente è tenuto a redigere una relazione annuale sui risultati conseguiti in materia di riscossione da trasmettere all'Agenzia e al MEF al fine di migliorare le procedure di riscossione (comma 14-bis).

 

Fino al 1° luglio 2017 l’attività di riscossione prosegue nel regime giuridico vigente, mentre entro il 30 aprile 2017, con D.P.C.M., l’Amministratore delegato di Equitalia è nominato commissario straordinario per gli adempimenti propedeutici all'istituzione del nuovo ente, per l’elaborazione dello statuto e per la vigilanza e la gestione della fase transitoria (comma 15).

 

Tutti i riferimenti contenuti in norme vigenti agli ex concessionari del servizio nazionale della riscossione e agli agenti della riscossione sono riferiti al nuovo ente (comma 16).

 

Si precisa che l'idoneità professionale per gestire alcuni servizi della P.A. (vale a dire, i magazzini di vendita di generi di monopolio, attualmente in capo alla Agenzia delle dogane e dei monopoli) può essere conseguita – oltre che dopo la prima assegnazione – anche entro sei mesi dal rinnovo dell'assegnazione. Viene chiarito che i corsi di formazione che permettono di conseguire tale idoneità professionale possono essere svolti anche a distanza (comma 16-bis).

 


Articolo 1-bis
(Proroga di termine in materia di delega di funzioni dirigenziali nelle Agenzie fiscali)

 

L'articolo proroga al 30 settembre 2017 (superando la precedente data del 31 dicembre 2016) il termine di scadenza delle deleghe di funzioni dirigenziali attribuibili ai funzionari delle Agenzie fiscali con specifiche qualifiche ed anni di esperienza, per garantire la continuità operativa degli uffici nelle more dell'espletamento delle relative procedure concorsuali.

 

La norma prorogata prevede la possibilità per i dirigenti delle Agenzie fiscali, in relazione all'esigenza di garantire il buon andamento e la continuità dell'azione amministrativa e per esigenze di funzionalità operativa, di delegare a funzionari della terza area con un'esperienza professionale di almeno cinque anni nell'area stessa, in numero non superiore a quello dei posti oggetto delle procedure concorsuali indette ai sensi della medesima norma e di quelle già bandite e non annullate alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, previa procedura selettiva con criteri oggettivi e trasparenti, le funzioni relative agli uffici di cui hanno assunto la direzione interinale e i connessi poteri di adozione di atti.

Sono escluse dalla delega le attribuzioni riservate ai dirigenti per legge, tenendo conto della specificità della preparazione, dell'esperienza professionale e delle capacità richieste a seconda delle diverse tipologie di compiti, nonché della complessità gestionale e della rilevanza funzionale e organizzativa degli uffici interessati, per una durata non eccedente l'espletamento dei concorsi di cui al comma 1 e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2016.

A fronte delle responsabilità gestionali connesse all'esercizio delle deleghe affidate ai sensi della norma prorogata, ai funzionari delegati sono state attribuite, temporaneamente e al solo scopo di fronteggiare l'eccezionalità della situazione in essere, nuove posizioni organizzative ai sensi dell'articolo 23-quinquies, comma 1, lettera a), numero 2), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

 


Articolo 2
(Disposizioni in materia di riscossione locale)

 

 

L’articolo 2 proroga al 30 giugno 2017 la possibilità per gli enti locali di avvalersi di Equitalia per la riscossione delle proprie entrate. Gli enti locali possono deliberare, dal 1° luglio 2017 l'affidamento al nuovo ente delle attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle proprie entrate tributarie o patrimoniali; si precisa che detta attività è riferita anche alle entrate delle società partecipate dagli enti locali.

 

A tal fine il comma 1 modifica l’articolo 10, comma 2-ter del decreto-legge n. 35 del 2013, così posticipando al 1° luglio 2017:

§  il termine entro cui le società agenti della riscossione cessano di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate, tributarie o patrimoniali, dei comuni e delle società da essi partecipate;

§  il termine a decorrere dal quale le suddette società possono svolgere l’attività di riscossione, spontanea o coattiva, delle entrate degli enti pubblici territoriali, nonché le altre attività strumentali, soltanto a seguito di affidamento mediante procedure ad evidenza pubblica.

 

Si evidenzia che il termine originario era stato fissato dalla legge di conversione del decreto-legge n. 70 del 2011 nel 1° gennaio 2012. L’articolo 7, lettera gg-ter), del citato decreto-legge, con riferimento all’attività di riscossione dei tributi (e non anche per le entrate di natura diversa), consentiva fino a tale termine ad Equitalia e alle società per azioni dalla stessa partecipata di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate dei comuni e delle società da questi ultimi partecipate. Tale termine è stato prorogato al 31 dicembre 2012 dall’articolo 10, comma 13-octies, del decreto-legge n. 201 del 2011 e al 30 giugno 2013 dall'articolo 9, comma 4, del decreto-legge n. 174 del 2012.

Successivamente il comma 2-ter dell’articolo 10 del decreto-legge n. 35 del 2013 (nella sua formulazione originaria) consentiva ai comuni di continuare ad avvalersi di Equitalia per la riscossione dei tributi fino al 31 dicembre 2013. Sul comma 2-ter dell’articolo 10 del decreto-legge n. 35 del 2013 è intervenuto l’articolo 53 del decreto-legge n. 69 del 2013, per effetto del quale è stata prorogata al 31 dicembre 2013 l’operatività delle vigenti disposizioni in materia di gestione delle entrate locali anche per le entrate di natura diversa dai tributi di tutti gli enti territoriali, non solo dunque dei comuni. Tale diverso termine, inizialmente fissato al 1° gennaio 2012, era stato successivamente prorogato al 31 dicembre 2012 dal decreto-legge n. 201 del 2011 e, quindi, al 30 giugno 2013 dall’articolo 9, comma 4, del decreto-legge n. 174 del 2012, in attesa del riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate degli enti territoriali. Il decreto-legge n. 69 dunque ha riallineato tutte le scadenze al 31 dicembre 2013 al fine di favorire il riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate dei comuni, anche mediante istituzione di un consorzio, che si avvale delle società del Gruppo Equitalia per le attività di supporto all’esercizio dell’attività di riscossione.

Il nuovo termine è stato rinviato dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 610 della legge n. 147 del 2013) al 31 dicembre 2014, dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, comma 642 della legge n. 190 del 2014) al 30 giugno 2015 e dal decreto-legge n. 78 del 2015 (articolo 7, comma 7) al 31 dicembre 2015. Da ultimo, il decreto-legge n. 210 del 2015 (articolo 10, comma 1) ha differito il termine al 30 giugno 2016.

 

Si ricorda che la delega fiscale (legge n. 23 del 2014) dedicava specifica attenzione al riordino della riscossione delle entrate locali, disponendo (articolo 10, comma 1, lettera c)) la revisione della procedura dell’ingiunzione fiscale e delle ordinarie procedure di riscossione coattiva dei tributi, per adattarle alla riscossione locale. Si intendeva procedere inoltre alla revisione dei requisiti per l’iscrizione all’albo dei concessionari, all’emanazione di linee guida per la redazione di capitolati, nonché a introdurre strumenti di controllo e a garantire la pubblicità. Tuttavia, il 27 giugno 2015 è scaduto il termine per l'attuazione della delega, senza che tale norma sia stata attuata.

 

Il comma 2 prevede che gli enti locali possono deliberare, dal 1° luglio 2017 l'affidamento al nuovo ente delle attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle proprie entrate tributarie o patrimoniali; si precisa che detta attività è riferita anche alle entrate delle società partecipate dagli enti locali.

 

Viene quindi abrogato il comma 3 del testo originario del decreto-legge che consentiva in ogni caso, entro il 30 settembre di ogni anno, agli enti locali di deliberare l'affidamento della riscossione al soggetto preposto alla riscossione nazionale.

 

La norma sembra pertanto escludere a regime, per tale affidamento, la procedura ad evidenza pubblica.

 

Ricordato che, in base alla legislazione vigente (art. 13, comma 25-bis, DL n. 145 del 2013), ora confluita nello schema di decreto legislativo, adottato in attuazione della delega di cui alla legge n. 124 del 2015, recante Testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale, su cui hanno espresso il prescritto parere le competenti Commissioni parlamentari (A.G. 308), è stabilito, in via generale, che l'assunzione della titolarità di servizi pubblici locali di interesse economico generale costituisce funzione fondamentale degli enti locali, i quali, nel procedimento di individuazione di detti servizi, sono tenuti a verificare preliminarmente l'inidoneità del mercato a fornirli a condizioni compatibili con l'interesse pubblico. Le attività individuate come servizio pubblico possono essere gestite dall'ente locale competente all'organizzazione del servizio in una delle seguenti modalità: affidamento mediante procedura ad evidenza pubblica, anche a società a capitale misto pubblico-privato, ovvero gestione diretta mediante affidamento in house, o - limitatamente ai servizi diversi da quelli di rete - mediante azienda speciale o gestione in economia.

La scelta delle modalità di gestione è effettuata con provvedimento motivato dell’ente competente, che dà conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento dal diritto europeo per la forma di gestione prescelta. Il provvedimento definisce, in relazione alle caratteristiche del mercato, i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e la loro durata, la natura dei diritti speciali o esclusivi eventualmente conferiti e descrive il sistema di compensazione, se previsto, indicando i parametri per il calcolo, il controllo e l’eventuale revisione della compensazione, nonché le modalità per evitare ed eventualmente recuperare le sovracompensazioni. Il provvedimento deve, altresì, dare specificamente conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato (per i servizi a rete è richiesto anche un piano economico-finanziario). Inoltre, laddove non sussistano i presupposti della concorrenza nel mercato, il provvedimento deve motivare anche in ordine all’eventuale impossibilità di procedere mediante suddivisione in lotti del servizio da affidare, al fine di consentire, ove possibile, l’attività di più imprese nella prestazione del servizio e favorire forme di concorrenza comparativa.

Appare dunque opportuno valutare l’esigenza di prevedere un richiamo alla normativa vigente in materia di affidamento dei servizi, che richiede, in particolare, un provvedimento motivato dell’ente sulla forma di gestione prescelta, tenuto conto degli orientamenti dell’Unione europea sul punto.

 

Si ricorda inoltre che il nuovo Codice degli appalti e delle concessioni (D.Lgs. n. 50 del 2016) detta, all’art. 5, i principi comuni in materia di esclusione per concessioni, appalti pubblici e accordi tra enti e amministrazioni aggiudicatrici nell'ambito del settore pubblico.

In particolare, si prevede che la concessione o un appalto pubblico aggiudicati da un'amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore a una persona giuridica di diritto pubblico o privato, non rientra nell'ambito di applicazione del codice quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore esercita sulla persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; b) oltre l'80 per cento delle attività della persona giuridica controllata è effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall'amministrazione aggiudicatrice controllante; c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati.

Ai sensi del comma 2, un'amministrazione esercita su una persona giuridica il controllo analogo qualora essa eserciti un'influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore.

La disciplina del Codice si applica agli appalti pubblici di servizi definiti come i contratti tra una o più stazioni appaltanti e uno o più soggetti economici, aventi per oggetto la prestazione di servizi diversi dagli appalti di lavori (art. 3, comma 1, lettera ss). Alle concessioni di servizi si applicano le norme della parte III del Codice, considerato che, a differenza della previgente disciplina, in recepimento della direttiva 2014/23/UE, sono dettate regole generali unitarie per le concessioni di lavori e di servizi; l’articolo 166, nello specifico, prevede che le amministrazioni aggiudicatrici sono libere di decidere il modo migliore per gestire la prestazione dei servizi per garantire un elevato livello di qualità, sicurezza ed accessibilità, la parità di trattamento e la promozione dell'accesso universale e dei diritti dell'utenza nei servizi pubblici. Si applicava, invece, alle concessioni di servizi l’articolo 30 dell’abrogato decreto legislativo n. 163 del 2006 il quale prevedeva, tra l’altro, che la scelta del concessionario dovesse avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, previa gara informale a cui invitare almeno cinque concorrenti, se sussistevano in tale numero soggetti qualificati in relazione all'oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi.

Si ricorda che la natura giuridica dell’attività di riscossione è stata oggetto di diverse pronunce giurisprudenziali, anche al fine della sua configurazione alla stregua di una concessione di servizi (Consiglio di Stato sent. n. 5566 e 4510 del 2010), a cui applicare il citato articolo 30 del decreto legislativo n. 163 del 2006, o di un appalto pubblico di servizi (Cons. Stato n. 1878 del 2006, nel caso ad esempio di attività strumentali). È stato, altresì, precisato che la riscossione dei tributi locali costituisce svolgimento di un'attività di servizio pubblico (Cons. Stato n. 3672 del 2005 e n. 5284 del 2014).

 

Conclusivamente, appare utile un chiarimento in merito alla coerenza dell’esclusione introdotta dalla norma in commento con la normativa in materia- anche europea - di affidamento dei contratti pubblici illustrata.

 

La riscossione delle entrate dei comuni nel quadro del D.L. n. 70/2011

Il richiamato articolo 7, comma 2, lettere da gg-ter) a gg-septies), del decreto-legge n. 70/2011 stabilisce che a partire da una specifica data – come si è visto, da ultimo il 30 giugno 2016 - Equitalia S.p.A. e le società da essa partecipate cessino di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione - spontanea e coattiva – delle entrate, tributarie o patrimoniali, dei comuni e delle società da essi partecipate.

Dal momento di tale cessazione spetterà dunque ai comuni effettuare la riscossione spontanea e coattiva delle entrate tributarie e patrimoniali e, ove optino per l’affidamento del servizio a soggetti esterni (con modalità diverse dunque dall’esercizio diretto o dall’affidamento in house), essi dovranno procedere nel rispetto delle norme in materia di evidenza pubblica secondo:

§  la procedura d'ingiunzione fiscale prevista dal regio decreto n. 639 del 1910, che costituisce titolo esecutivo;

§  le disposizioni del titolo II (Riscossione coattiva) del D.P.R. n. 602 del 1973 per quanto compatibili e, comunque, nel rispetto dei limiti di importo e delle condizioni stabilite per gli agenti della riscossione in caso di iscrizione ipotecaria e di espropriazione forzata immobiliare.

Il sindaco o il legale rappresentante della società incaricata della riscossione dovranno nominare uno o più funzionari responsabili della riscossione che esercitino: le funzioni demandate agli ufficiali della riscossione, ovvero quelle attribuite al segretario comunale dall'articolo 11 del R.D. n. 639/1910 (assistenza all'incanto, stesura del relativo), in ottemperanza ai requisiti di legge (abilitazione e autorizzazione) richiesti per ricoprire il ruolo di degli ufficiali della riscossione.

Ove la gestione della riscossione delle entrate comunali sia affidata a soggetti privati questi ultimi debbano aprire uno o più conti correnti dedicati a tale attività. Essi avranno inoltre l’obbligo di riversamento alla tesoreria delle somme riscosse - al netto dell’aggio e delle spese anticipate dall’agente della riscossione - entro la prima decade del mese.

 

Il vigente sistema di riscossione delle entrate locali

A seguito della riforma della riscossione operata dal decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 – con passaggio da un sistema di affidamento in concessione all’attribuzione delle competenze all’Agenzia delle entrate, operante attraverso l’agente unico Equitalia S.p.A. – la legge ha recato una dettagliata disciplina transitoria, volta a favorire il transito di funzioni e di carichi dagli ex concessionari ad Equitalia e alle relative società partecipate.

In particolare, ai sensi del comma 24 dell'articolo 3 del D.L. n. 203 del 2005, alle ex società concessionarie della riscossione è stata data la possibilità di trasferire, in via totale o parziale, il proprio capitale sociale ad Equitalia S.p.A. (continuando dunque, anche con assetti proprietari diversi, a svolgere l'attività di riscossione erariale e locale).

In alternativa, ai concessionari è stato consentito di scorporare il ramo d'azienda concernente le attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali, cedendolo a soggetti terzi, nonché alle società iscritte nell'apposito albo dei soggetti abilitati ad effettuare le attività di accertamento e riscossione dei tributi per gli enti locali (ai sensi dell'articolo 53, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446).

Nel caso di scorporo e di cessione del ramo di azienda, le norme hanno consentito ai cessionari di proseguire le attività di accertamento e riscossione di entrate locali, in mancanza di diversa determinazione degli enti medesimi (che avrebbero potuto optare per l’affidamento in house o per la gestione diretta, ovvero associata, etc.), purché le società avessero i requisiti per l'iscrizione al citato albo dei soggetti abilitati ad accertare e riscuotere le entrate locali. Ai sensi del successivo comma 25, nel caso di mancato trasferimento del ramo d’azienda e ove non vi sia diversa determinazione dell'ente creditore, le attività di accertamento e riscossione sono affidate a Equitalia S.p.A. o alle società partecipate, fermo il rispetto di procedure di gara ad evidenza pubblica. Infine, il comma 25-bis sancisce che l'attività di riscossione spontanea e coattiva degli enti pubblici territoriali può essere svolta dalle società cessionarie del ramo d'azienda, da Equitalia S.p.A. e dalle partecipate soltanto a seguito di affidamento mediante procedure ad evidenza pubblica.

 


Articolo 2-bis
(
Interventi a tutela del pubblico denaro e generalizzazione dell'ingiunzione di pagamento ai fini dell'avvio della riscossione coattiva)

 

L’articolo 2-bis, aggiunto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, dispone che il pagamento spontaneo delle entrate degli enti locali sia effettuato sul conto corrente di tesoreria dei medesimi enti locali ovvero mediante F24, o attraverso strumenti di pagamento elettronici che gli enti impositori rendano disponibili. Restano ferme le modalità di versamento previste per l'IMU e la TASI. Per le entrate diverse da quelle tributarie il versamento è effettuato esclusivamente sul conto corrente di tesoreria o tramite strumenti di pagamento elettronici (mentre non è possibile l’utilizzo dell’F24).

 

Il comma 1, primo periodo, dell’articolo aggiuntivo impone l’obbligo di versamento diretto sul conto corrente della tesoreria comunale degli importi riscossi, a qualsiasi titolo, dall’ente locale tramite i concessionari privati, in deroga alle disposizioni vigenti in materia di potestà regolamentare degli enti locali.

 

La disposizione in esame risulta in linea con una specifica richiesta avanzata dalla rappresentanza dell’Anci intervenuta in audizione presso le Commissioni bilancio e finanze della Camera dei deputati, nel corso dell’esame del decreto-legge in prima lettura. L’Anci, nello specifico, ritiene che siffatto intervento normativo si renda necessario al fine di superare “definitivamente una delle principali cause degli episodi di cattiva gestione – e in diversi casi di malversazione – che hanno caratterizzato il regime degli affidamenti”, rendendo indisponibile ai soggetti affidatari il flusso delle somme riscosse.

 

Il versamento spontaneo delle entrate tributarie dei comuni e degli altri enti locali, ai sensi del comma 1, primo periodo, è effettuato direttamente sul conto corrente di tesoreria dell'ente impositore in deroga all’articolo 52 del decreto legislativo n. 446/1997.

 

L’articolo 52 del D.Lgs. n. 446/1997 disciplina la potestà regolamentare generale delle province e dei comuni, con esclusione della individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi. Oltre alla previsione di procedure e termini per l’adozione dei regolamenti stessi, della facoltà del Ministro dell’economia di impugnativa, il comma 5 contempla forme di autonomia degli enti locali in materia di gestione dell'accertamento e della riscossione dei tributi e delle altre entrate, stabilendo che: a) l'accertamento dei tributi può essere effettuato dall'ente locale anche in forma associata; b) qualora sia deliberato di non gestire in via diretta le attività di accertamento e riscossione, queste ultime possono essere affidate, anche disgiuntamente, a: 1) soggetti iscritti nell'albo tenuto dal Ministero dell’economia (ai sensi dell’articolo 53, comma 1, del medesimo decreto legislativo); 2) operatori degli Stati membri stabiliti in un Paese dell'Unione europea che esercitano le menzionate attività (in presenza di certificazioni che attestino la sussistenza di requisiti equivalenti a quelli previsti dalla normativa italiana di settore); 3) società inhouse a capitale interamente pubblico, mediante convenzione, a condizione che la medesima società realizzi la parte più rilevante della propria attività con l'ente che la controlla, svolga la propria attività solo nell'ambito territoriale di pertinenza dell'ente impositore e che quest’ultimo eserciti sulla stessa controllo analogo; 4) le società miste, comunque iscritte nell'albo presso il Ministero dell’economia, a condizione che l'affidamento dei servizi di accertamento e di riscossione dei tributi e delle entrate avvenga sulla base di procedure ad evidenza pubblica; c) l’affidamento a terzi non deve comportare oneri aggiuntivi per il contribuente; d) il visto di esecutività sui ruoli per la riscossione dei tributi e delle altre entrate è apposto dal funzionario designato quale responsabile della relativa gestione.

 

Sebbene la disposizione in commento disponga una deroga al citato articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, quest’ultimo pare tuttavia non disporre in materia di modalità di versamento spontaneo[1]. Sarebbe pertanto opportuno valutare l’opportunità di mantenere il richiamo al citato articolo 52.

 

La disposizione in esame pare piuttosto incidere sull’articolo 7, comma 2, lettera gg-septies, del decreto-legge n. 70 del 2011.

 

Quest’ultimo stabilisce che nel caso di affidamento ai soggetti terzi (ai sensi dell'articolo 52, comma 5, lettera b), del decreto legislativo n. 446/1997), la riscossione delle entrate viene effettuata mediante l'apertura di uno o più conti correnti dedicati, intestati al soggetto affidatario, sui quali devono affluire tutte le somme riscosse. Il riversamento di tali importi, al netto dell'aggio e delle spese anticipate, sul conto corrente di tesoreria dell'ente impositore deve avvenire entro la prima decade di ogni mese con riferimento alle somme accreditate sui conti correnti nel mese precedente.

 

Il comma 1, primo periodo, dell’articolo aggiuntivo, impone che il versamento spontaneo delle entrate tributarie degli enti locali – in alternativa al versamento diretto sul conto corrente di tesoreria – debba essere effettuato mediante il sistema dei versamenti unitari di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 o attraverso gli strumenti di pagamento elettronici resi disponibili dagli enti impositori.

 

Ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo n. 241/1997, i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto. I versamenti unitari (o le compensazioni), mediante il modello F24, riguardano i debiti (o i crediti) relativi: a) alle imposte sui redditi, alle relative addizionali e ad alcune tipologie di ritenute alla fonte; b) all'imposta sul valore aggiunto; c) alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto; d) all'imposta regionale sulle attività produttive; e) a (talune tipologie di) contributi previdenziali; g) ai premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali; h) agli interessi previsti per le somme dovute a titolo di saldo e di acconto delle imposte e dei contributi dovuti dai soggetti titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate dall'INPS; i) alle altre entrate individuate con decreto del Ministro dell’economia, di concerto con i Ministri competenti per settore; l) al credito d'imposta spettante agli esercenti sale cinematografiche.

 

Il comma 1, secondo periodo, dell’articolo aggiuntivo fa salve le disposizioni di cui al comma 12 dell'articolo 13 del decreto-legge n.201/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge 214/2011,  relative al versamento dell'imposta municipale propria (IMU), e al comma 688 dell'articolo 1 della legge n.147/2013, relative al tributo per i servizi indivisibili (TASI). In entrambi i casi si prevede che il versamento debba essere effettuato mediante il modello F24 ovvero tramite apposito bollettino di conto corrente postale.

 

L’articolo 13, comma 12, del decreto-legge n. 201/2011 stabilisce che il versamento dell’IMU è effettuato: i) secondo le disposizioni di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 (riguardante il principio di versamenti unitari e la disciplina delle compensazioni), con le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate. Detto provvedimento (adottato in data 12 aprile 2012) stabilisce che i versamenti dell’IMU - inclusivi dei relativi interessi e sanzioni - sono eseguiti esclusivamente utilizzando il modello F24, con le modalità di cui al capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 e che i soggetti titolari di partita IVA sono tenuti ad effettuare i versamenti esclusivamente con modalità telematiche (ai sensi dell'articolo 37, comma 49, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248); ii) a decorrere dal 1° dicembre 2012, tramite apposito bollettino postale al quale si applicano le disposizioni di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, in quanto compatibili.

Quanto al versamento della TASI, il comma 688 della legge n.147/2013 dispone che il versamento della TASI sia effettuato: i) secondo le disposizioni di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241(pertanto secondo il modello F24); ii) ovvero tramite apposito bollettino di conto corrente postale (al quale si applicano le disposizioni del citato articolo 17, in quanto compatibili).

 

Il comma 1, terzo periodo, dispone che per le entrate non tributarie, il versamento spontaneo debba essere effettuato esclusivamente sul conto corrente di tesoreria dell'ente impositore o attraverso gli strumenti di pagamento elettronici resi disponibili dagli enti impositori. Per tali tipologie di entrate non è dunque richiamata la possibilità di ricorrere al modello F24.

 


Articolo 3
(Potenziamento della riscossione)

 

 

L’articolo 3 consente all’Agenzia delle entrate di utilizzare le banche dati e le informazioni alle quali è autorizzata ad accedere anche ai fini dell'esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale. Si consente inoltre all’Agenzia di acquisire le informazioni relative ai rapporti di lavoro o di impiego presenti nelle banche dati dell'Inps, per l’attivazione mirata delle norme relative al pignoramento di stipendi, salari o altre indennità. Si consente poi al nuovo ente Agenzia delle entrate-Riscossione di accedere alle medesime informazioni per le attività di riscossione.

 

Più in dettaglio, il comma 1 stabilisce che a decorrere dal 1° gennaio 2017, l'Agenzia delle entrate può utilizzare le banche dati e le informazioni alle quali è autorizzata ad accedere sulla base di specifiche disposizioni di legge, anche ai fini dell'esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale.

 

Il comma 2 interviene sull’articolo 72-ter del D.P.R. n. 602 del 1973, inserendo il nuovo comma 2-ter, al fine di consentire all'Agenzia delle entrate di acquisire le informazioni relative ai rapporti di lavoro o di impiego, accedendo direttamente, in via telematica, alle specifiche banche dati dell'Istituto nazionale della previdenza sociale. Tale accesso è autorizzato allo scopo di attivare puntualmente le norme relative al pignoramento di stipendi, salari o altre indennità.

 

Si ricorda al riguardo che l'art. 3, comma 5, lett. b), del decreto-legge n. 16 del 2012 ha introdotto l’articolo 72-ter al D.P.R. n. 602 del 1973 in materia di riscossione al fine di stabilire la pignorabilità, da parte dell’agente della riscossione, delle somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, in misura pari ad un decimo per importi fino a 2.500 euro; in misura pari ad un settimo per importi da 2.501 a 5.000 euro. Ove le suddette somme superino tale soglia, esse rimangono pignorabili secondo le norme generali, ovvero nella misura di un quinto. Non si procede al pignoramento dell’ultimo stipendio.

 

Il comma 3, infine, consente al nuovo ente Agenzia delle entrate-Riscossione di accedere alle medesime informazioni per le attività di riscossione.


Articolo 4
(Disposizioni recanti misure per il recupero dell’evasione)

 

 

L’articolo 4 stabilisce, a decorrere dal 1° gennaio 2017, per i soggetti passivi IVA l’abrogazione della comunicazione dell’elenco clienti e fornitori (spesometro) e l’introduzione di due nuovi adempimenti da effettuare telematicamente ogni tre mesi:

§  la comunicazione analitica dei dati delle fatture emesse e ricevute;

§  la comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche IVA.

Il mese successivo l’Agenzia delle entrate, mette a disposizione dei contribuenti le informazioni relative ai dati comunicati, segnalando eventuali incoerenze anche con riferimento ai versamenti effettuati. In tal caso il contribuente può fornire chiarimenti, segnalare eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente, ovvero versare quanto dovuto avvalendosi del ravvedimento operoso.

A favore dei soggetti in attività nel 2017 con un volume d’affari non superiore a euro 50.000 è riconosciuto un credito d’imposta di 100 euro per l’adeguamento tecnologico finalizzato all’effettuazione delle comunicazioni dei dati delle fatture e delle comunicazioni IVA periodiche. Nel corso dell’esame parlamentare la possibilità di usufruire tale credito d'imposta è stata estesa anche a coloro che esercitano l'opzione per la fatturazione elettronica tra privati. A favore dei soggetti che esercitano l’attività di commercio al minuto (o attività simili) che optano entro il 2017 per la memorizzazione elettronica e per la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri il credito è incrementato di 50 euro per un solo anno (commi 1 e 2).

Sono previste specifiche sanzioni amministrative (ridotte nel corso dell’esame parlamentare) in caso di omessa, incompleta o infedele comunicazione delle fatture e dei dati delle liquidazioni (comma 3).

Dal 1° gennaio 2017 sono eliminati alcuni adempimenti:

§  lo spesometro;

§  la comunicazione all’Anagrafe tributaria dei dati relativi ai contratti stipulati dalle società di leasing;

§  la comunicazione delle operazioni intercorse con operatori economici situati in Paesi c.d. black list.

 

Sono poi semplificati gli adempimenti connessi alla presentazione all’Agenzia delle dogane degli elenchi riepilogativi degli acquisti e delle prestazioni di servizi intracomunitari. La dichiarazione annuale IVA, a decorrere dall’anno d’imposta in corso al 31 dicembre 2016, deve essere presentata nel periodo tra il 1° febbraio e il 30 aprile (commi 4 e 5).

La memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi, obbligatorie dal 1° gennaio 2017 per i soggetti passivi che effettuano cessioni di beni tramite distributori automatici, sono rese obbligatorie anche per i soggetti passivi che effettuano prestazioni di servizi tramite distributori automatici. Inoltre è prorogata di un anno, fino al 31 dicembre 2017, la disciplina relativa alla trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri per le imprese che operano nel settore della grande distribuzione, a favore delle imprese che abbiano esercitato l’opzione entro il 31 dicembre 2016 (comma 6).

Nel corso dell’esame parlamentare è stata modificata la modalità di calcolo dell'aggio a favore dei rivenditori di valori bollati, includendo nel calcolo, dal 1° gennaio 2017, anche i valori bollati riscossi con modalità telematiche (comma 6, lettera a-bis).

Inoltre i termini di decadenza per gli accertamenti in tema di imposta sui redditi e di IVA sono ridotti di due anni, in luogo di un anno, in caso di trasmissione telematica delle fatture o dei relativi dati e dei corrispettivi. (comma 6, lettera a-ter).

Sono state ampliate le fattispecie di introduzione nel deposito IVA che possono essere effettuate senza il pagamento dell’imposta; sono state modificate inoltre le modalità di assolvimento dell’IVA all’atto dell’estrazione dei beni diversi da quelli introdotti in forza di un acquisto intracomunitario, compresi quelli di provenienza extracomunitaria. Tali modifiche decorrono a partire dal 1° aprile 2017.

Nel corso dell’esame parlamentare è stato differenziato il regime dell'IVA dovuta nel caso di estrazione di beni da un deposito fiscale: ove il bene sia stato introdotto in deposito previa prestazione di garanzia, l'imposta è dovuta dal soggetto che procede all'estrazione, sempre dietro prestazione di garanzia. Sono state apportate le conseguenti modifiche alla disciplina delle comunicazioni al gestore del deposito IVA.

La violazione degli obblighi di legge sull'estrazione dei beni dal deposito è valutata ai fini della revoca dell'autorizzazione all'esercizio del deposito fiscale ovvero dell'abilitazione del gestore del deposito IVA (commi 7 e 8).

Infine è stato esteso agli anni 2018 e 2019 l'incentivo previsto per la partecipazione dei comuni all'attività di accertamento tributario pari al 100 per cento del riscosso (comma 8-bis).

 

Più in dettaglio, l’articolo 4, ai commi 1 e 2, stabilisce per i soggetti passivi IVA l’abrogazione della comunicazione dell’elenco clienti e fornitori (c.d. “spesometro”) e l’introduzione di due nuovi adempimenti da effettuare telematicamente ogni tre mesi:

§  la comunicazione analitica dei dati delle fatture emesse e ricevute (articolo 21 del decreto-legge n. 78 del 2010);

§  la comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche IVA (nuovo articolo 21-bis del decreto-legge n. 78 del 2010).

L’Agenzia delle entrate, dopo un mese, mette a disposizione dei contribuenti le informazioni relative ai dati comunicati, segnalando eventuali incoerenze anche con riferimento ai versamenti effettuati.

Tale nuova procedura consente di anticipare le tempistiche relative ai controlli automatizzati e l’incasso dei versamenti dovuti. Infatti, qualora dai controlli eseguiti dovesse emergere un risultato diverso rispetto a quello indicato nella comunicazione del contribuente, quest’ultimo è informato dall'Agenzia delle entrate (c.d. alert): in tal caso il contribuente può fornire chiarimenti, segnalare eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente, ovvero versare quanto dovuto avvalendosi del ravvedimento operoso. La tempistica del recupero di tale somme è velocizzata in quanto l’Agenzia effettua tali controlli anche prima della presentazione della dichiarazione annuale.

 

Tale nuova disciplina sostituisce l’adempimento previsto dal previgente articolo 21 del decreto-legge n. 78 del 2010, il cd. “spesometro, inizialmente strutturato come obbligo di comunicare per via telematica all'Agenzia delle entrate tutte le operazioni rilevanti ai fini IVA svolte dagli operatori, purché aventi importo pari o superiore a 3.000 euro. L'eccessiva onerosità di tale adempimento ha poi indotto il legislatore a limitarne la portata (articolo 2 del decreto-legge n. 16 del 2012): dal 1° gennaio 2012, con riguardo alle sole operazioni rilevanti a fini IVA soggette all'obbligo di fatturazione, è prevista la comunicazione telematica dell'importo complessivo delle operazioni attive e passive effettuate nei confronti di ciascun cliente o fornitore. Per le operazioni per cui non è previsto l'obbligo di emissione della fattura, la comunicazione deve essere effettuata solo per le operazioni di importo non inferiore a 3.600 euro, IVA inclusa.

Si evidenzia che sono esentati dalle norme sullo spesometro (art. 21 del D.L. n. 78 del 2010) i soggetti che optano per la trasmissione telematica delle fatture e dei corrispettivi (articolo 3 del D.Lgs. n. 127 del 2015). Con le modifiche in commento tale esenzione si tradurrà nell’esonero dal nuovo adempimento trimestrale.

 

Il nuovo articolo 21 del decreto-legge n. 78 del 2010 prevede che i soggetti passivi IVA trasmettono telematicamente all’Agenzia delle entrate, ogni tre mesi (scadenze: 31 maggio, 16 settembre, 30 novembre e ultimo giorno di febbraio), i dati di tutte le fatture emesse e ricevute nel trimestre di riferimento, incluse le bollette doganali, nonché i dati delle relative variazioni.

Nel corso dell’esame parlamentare sono stati esonerati dalla comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute i produttori agricoli esentati dal versamento dell'IVA e dagli obblighi documentali connessi situati nelle zone montane. Si fa riferimento ai produttori agricoli che nell’anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume d’affari non superiore a 7.000 euro, costituito per almeno due terzi da cessioni di prodotti agricoli e ittici soggetti ad aliquota ridotta (articolo 34, comma 6, del D.P.R. n. 633 del 1972). Per la definizione dei territori montani occorre far riferimento a quanto previsto dall’articolo 9 del D.P.R. n. 601 del 1973: terreni situati ad una altitudine non inferiore a 700 metri sul livello del mare; terreni compresi nell'elenco dei territori montani compilato dalla commissione censuaria centrale; terreni facenti parte di comprensori di bonifica montana.

Inoltre sono stati corretti i termini per la trasmissione delle comunicazioni dei dati delle fatture: quella relativa al secondo trimestre è effettuata entro il 16 settembre (in luogo del 31 agosto) e quella relativa all'ultimo trimestre entro il mese di febbraio (e non 28 febbraio). Per il primo anno di applicazione si prevede una comunicazione semestrale iniziale da effettuare entro il 25 luglio 2017 (comma 4).

La comunicazione, che deve essere effettuata in forma analitica secondo modalità stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, deve comprendere almeno i seguenti dati:

a)   i dati identificativi dei soggetti coinvolti nelle operazioni;

b)  la data ed il numero della fattura;

c)   la base imponibile;

d)  l’aliquota applicata (4, 5, 10, 22);

e)   l’imposta;

f)    la tipologia dell’operazione.

Per tali operazioni gli obblighi di conservazione (previsti dall’articolo 3 del D.M. del 17 giugno 2014) si intendono soddisfatti per tutte le fatture elettroniche nonché per tutti i documenti informatici trasmessi attraverso il sistema di interscambio e memorizzati dall'Agenzia delle entrate.

Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate dovranno essere definiti i tempi e le modalità di applicative, anche in relazione agli obblighi di comunicazione e di esibizione delle scritture e dei documenti rilevanti ai fini tributari, stabiliti dall'articolo 5 del D.M. 17 giugno 2014.

Si ricorda che la legge finanziaria 2008 ha introdotto l'obbligo di fatturazione elettronica verso la Pubblica Amministrazione con l'invio online delle fatture destinate alla PA mediante il cd. Sistema di interscambio (SdI): una piattaforma informatica che serve a trasmettere e a ricevere la fattura elettronica, gestendo i dati di fatturazione. Il Sistema di interscambio è gestito direttamente dall'Agenzia delle entrate che ha il compito di vigilare sul trattamento dei dati e delle informazioni e di gestire flussi informativi, monitorando così anche i conti della Pubblica Amministrazione. Il D.Lgs. n. 127 del 2015 ha previsto la possibilità di utilizzare il Sistema di interscambio anche per la trasmissione all’Agenzia delle entrate delle fatture emesse e ricevute nei confronti di privati (si veda il box più avanti).

Nell'ambito della nuova disciplina in tema di conservazione delle fatture, si demanda ad un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli il compito di stabilire le modalità di conservazione degli scontrini delle giocate dei giochi pubblici autorizzati, secondo criteri di semplificazione e attenuazione degli oneri di gestione, anche con ricorso ad adeguati strumenti tecnologici (articolo 21, comma 3).

 

Il nuovo articolo 21-bis del decreto-legge n. 78 del 2010 stabilisce che, con gli stessi termini e le stesse modalità previste dall’articolo 21, i soggetti passivi IVA devono comunicare i dati delle liquidazioni periodiche IVA. Sono richiamate le norme che disciplinano le modalità per il calcolo e il versamento dell’imposta. Rimangono fermi i termini ordinari di versamento dell’IVA dovuta in base alle liquidazioni periodiche effettuate.

In particolare sono richiamate le norme che disciplinano le dichiarazioni IVA e i versamenti periodici, compresi quelli dei contribuenti minori (art. 1, commi 1 e 1-bis, del D.P.R. n. 100 del 1998), quelli relativi alle somministrazioni di acqua, gas, energia elettrica e simili e all'esercizio di impianti di lampade votive (art. 73, comma 1, lett. e), del D.P.R. n. 633 del 1972) e quelli eseguiti dagli enti e dalle imprese che prestano servizi al pubblico con caratteri di uniformità, frequenza e diffusione tali da comportare l'addebito dei corrispettivi per periodi superiori al mese, nonché dagli esercenti impianti di distribuzione di carburante per uso di autotrazione e dagli autotrasportatori di cose per conto terzi (art. 74, comma 4, del D.P.R. n. 633 del 1972).

Le modalità e le informazioni da trasmettere con la comunicazione in esame saranno definite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

Tale comunicazione dovrà essere presentata anche nell’ipotesi di liquidazione con eccedenza a credito. Sono invece esonerati dall’adempimento i soggetti passivi non obbligati alla presentazione della dichiarazione annuale IVA o all’effettuazione delle liquidazioni periodiche, a meno che nel corso dell’anno le condizioni di esonero vengano meno (art. 21-bis, comma 3).

La relazione governativa afferma che, pertanto, sono esonerati dalla comunicazione dei dati delle liquidazioni, ad es., i contribuenti forfetari e i produttori agricoli esentati dal versamento dell'IVA e dagli obblighi documentali connessi; ovvero i soggetti che nel periodo di riferimento non hanno effettuato alcuna operazione, né attiva né passiva, e che non hanno crediti d’imposta da riportare e i soggetti che hanno effettuato esclusivamente operazioni esenti e hanno optato per la dispensa dagli adempimenti ai sensi dell’articolo 36-bis del D.P.R. n. 633 del 1972.

Ciascun soggetto passivo presenta un’unica comunicazione per periodo, anche in caso di determinazione separata dell’imposta in presenza di più attività.

L’Agenzia delle entrate deve mettere a disposizione del contribuente, ovvero del suo intermediario:

§  le risultanze dell’esame dei dati trasmessi relativi alle fatture (controllo incrociato con le corrispondenti fatture registrate dai rispettivi clienti e fornitori);

§  le valutazioni concernenti la coerenza tra i dati delle fatture e le corrispettive liquidazioni calcolate e comunicate;

§  la coerenza dei versamenti dell’imposta rispetto a quanto indicato nella comunicazione.

Le modalità con cui l’Agenzia mette a disposizione tali dati sono quelle disciplinate dai commi 634 e 635 della legge di stabilità 2015 i quali prevedono che l’Agenzia delle entrate mette a disposizione del contribuente gli elementi e le informazioni in suo possesso, con possibilità del contribuente di segnalare all’Agenzia delle entrate eventuali elementi, fatti e circostanze dalla stessa non conosciuti. Sono messi a disposizione anche gli elementi e le informazioni utili per una valutazione in ordine ai ricavi, compensi, redditi, volume d’affari, valore della produzione e stima dei medesimi. Le modalità di attuazione di tali norme sono state disciplinate da diversi provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate.

Quando dai controlli eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella comunicazione, il contribuente è informato dell’esito con modalità previste con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate. A questo punto il contribuente può:

§  fornire i chiarimenti necessari;

§  segnalare eventuali dati ed elementi non considerati o valutati erroneamente;

§  versare quanto dovuto avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso, il quale consente la riduzione delle sanzioni.

Si prevede infine l’applicazione della norma che consente all’Agenzia delle entrate di verificare l’effettivo versamento dell’imposta anche prima della presentazione della dichiarazione annuale (articolo 54-bis, comma 2-bis, del D.P.R. n. 633 del 1972), indipendentemente dalla condizione ivi prevista (pericolo per la riscossione).

Al riguardo la relazione tecnica afferma che l’introduzione della comunicazione trimestrale dei dati delle liquidazioni periodiche IVA (art. 21-bis) comporterà, nel breve periodo, un incremento di gettito ascrivibile all’incremento delle somme riscosse tramite i controlli automatizzati, grazie all’anticipazione delle procedure.

Il Governo ritiene, inoltre, che l’introduzione della comunicazione dei dati e delle fatture (art. 21) indurrà i contribuenti ad una maggiore fedeltà fiscale, riducendo, anche grazie alla strategia consistente in una più efficiente e tempestiva trasmissione ai contribuenti delle informazioni relative alle operazioni effettuate, il fenomeno degli omessi versamenti, l’evasione senza consenso e le frodi. Complessivamente la RT stima che dalle norme sopra illustrate dovrebbe derivare un aumento del gettito di 2,1 miliardi nel 2017, 4,2 miliardi nel 2018 e 2,77 miliardi nel 2019.

Si ricorda che il Rapporto sui risultati della lotta all’evasione fiscale stima un tax gap dell'IVA di circa 40 miliardi con riferimento al 2014. Tale dato è maggiore rispetto a quello ipotizzato dalla Commissione europea nel rapporto 2016 sul tax gap dell'Iva nei Paesi dell'Unione europea nel quale è evidenziato che, con riferimento al 2014, il divario più alto in cifre assolute tra l'IVA dovuta e quella riscossa è stato registrato in Italia (36,9 miliardi di euro).

 

 

Fatturazione elettronica e trasmissione telematica delle fatture o dei relativi dati

Si ricorda che in attuazione della delega fiscale che ha previsto di incentivare l'utilizzo della fatturazione elettronica (legge n. 23 del 2014, articolo 9), è stato emanato il Decreto Legislativo n. 127 del 2015, in materia di fatturazione elettronica, trasmissione telematica delle operazioni IVA e di controllo delle cessioni di beni effettuate attraverso distributori automatici, il quale ha previsto disposizioni premiali a favore dell'uso della fattura elettronica.

In particolare, è stata introdotta la possibilità per i contribuenti di utilizzare gratuitamente il servizio per la generazione, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche che l'Agenzia delle entrate mette a disposizione a decorrere dal 1° luglio 2016. A decorrere dal 1° gennaio 2017, i soggetti passivi dell'imposta sul valore aggiunto possono optare per la trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate dei dati di tutte le fatture, emesse e ricevute, e delle relative variazioni, effettuata anche mediante il Sistema di interscambio con regole procedurali di fatto identiche a quelle oggi attive per la veicolazione delle fatture elettroniche destinate alle Pubbliche amministrazioni; infatti il formato in uso è stato integrato per rappresentare anche le fatture destinate ai privati (articolo 1).

Dal 1° gennaio 2017 i soggetti che effettuano cessioni di beni e prestazioni di servizi (imprese, artigiani e professionisti) hanno la facoltà di trasmettere telematicamente all'Agenzia delle entrate i dati dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi, in sostituzione degli obblighi di registrazione. L'opzione ha effetto per cinque anni e si estende, ove non revocata, di quinquennio in quinquennio. In sostanza ciò consente il superamento dell’obbligo di emissione dello scontrino ai fini fiscali. Resta comunque fermo l'obbligo di emissione della fattura su richiesta del cliente, necessaria ad esempio per attivare una garanzia, o per dimostrare un avvenuto acquisto. A favore dei soggetti che effettuano l'opzione per la trasmissione telematica delle fatture e, sussistendone i presupposti, per coloro che effettuano sia la predetta opzione che quella relativa alla trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi, vengono meno determinati obblighi di comunicazione (spesometro, black list); i rimborsi IVA sono eseguiti in via prioritaria; i termini di accertamento in materia di IVA ed imposte dirette sono ridotti di un anno per quei contribuenti che garantiscano la tracciabilità dei pagamenti ricevuti ed effettuati.

In attuazione del D.Lgs. n. 127 del 2015 il D.M. 4 agosto 2016 ha introdotto dal 1° gennaio 2017 nuove modalità di controlli a distanza della trasmissione telematica delle operazioni IVA da parte dell'Agenzia delle entrate al fine di favorire l'emersione spontanea delle basi imponibili, disciplinando inoltre gli effetti premiali. L'Agenzia delle entrate, infatti, può effettuare controlli incrociati con i dati contenuti in altre banche dati conservate dalla stessa Agenzia o da altra Pa. In ogni caso tali nuovi poteri non fanno venir meno in capo agli organi dell'Amministrazione finanziaria i classici poteri di accesso, ispezione e verifica. Per usufruire delle agevolazioni concernenti la riduzione dei termini di decadenza per la notifica degli avvisi di accertamento, previste per chi trasmette telematicamente le operazioni IVA, occorre che i pagamenti siano effettuati mediante bonifico bancario o postale, carta di debito, carta di credito, o assegno bancario, circolare o postale recante la clausola di non trasferibilità. E' ammessa, tuttavia, la possibilità di effettuare e ricevere in contanti i pagamenti di ammontare non superiore a 30 euro. La riduzione dei termini di decadenza si applica soltanto in relazione ai redditi d'impresa o di lavoro autonomo dichiarati dai soggetti passivi. I contribuenti che intendono usufruire della misura premiale della riduzione dei termini di decadenza devono comunicare, con riguardo a ciascun periodo d'imposta, la sussistenza dei relativi presupposti.

 

Il nuovo articolo 21-ter del decreto-legge n. 78 del 2010 attribuisce a favore dei soggetti in attività nel 2017 un credito d’imposta per il sostenimento dei costi dovuti all’adeguamento tecnologico finalizzato all’effettuazione delle comunicazioni dei dati delle fatture e delle comunicazioni IVA periodiche, previste dagli articoli 21 e 21-bis. Il credito d’imposta, pari a 100 euro, è riconosciuto ai soggetti che nell’anno precedente a quello in cui il costo per l’adeguamento tecnologico è stato sostenuto, hanno realizzato un volume d’affari non superiore a euro 50.000.

Nel corso dell’esame parlamentare la possibilità di usufruire tale credito d'imposta è stata estesa anche a coloro che esercitano l'opzione per la fatturazione elettronica tra privati.

Ai soggetti che esercitano l’attività di commercio al minuto (o attività simili) che entro il 31 dicembre 2017 esercitano l’opzione per la memorizzazione elettronica e per la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri (articolo 2, comma 1, del D.Lgs. n. 127 del 2015), oltre al predetto credito d’imposta, è attribuito un ulteriore credito d’imposta di 50 euro per un solo anno (art. 21-ter, comma 3).

I menzionati crediti d'imposta sono concessi nei limiti stabiliti dalla disciplina degli aiuti de minimis.

Si ricorda che, ai sensi del regolamento (UE) n. 1407/2013 l'importo complessivo degli aiuti «de minimis» concessi da uno Stato membro a un'impresa unica non può superare 200.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari.

Il credito non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell’IRAP, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione a decorrere dal 1° gennaio 2018 (articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241). Il credito deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui è stato sostenuto il costo per l’adeguamento tecnologico e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d’imposta successivi fino a quello nel quale se ne conclude l’utilizzo.

 

Il comma 3 dell’articolo 4 contiene la disciplina sanzionatoria applicabile in caso di violazione di quanto stabilito nei sopra descritti articoli 21 e 21-bis del decreto-legge n. 78 del 2010. Tali sanzioni sono previste con l’aggiunta di due commi all’articolo 11 del D.Lgs. n. 471 del 1997, il quale contiene la disciplina delle sanzioni tributarie non penali.

Per l’omissione o per l’errata trasmissione dei dati delle fatture emesse e ricevute si applica la sanzione amministrativa di 2 euro, con un massimo di 1.000 euro per ciascun trimestre. Tali importi sono stati ridotti nel corso dell’esame parlamentare (gli importi originari erano di 25 euro per ogni fattura omessa o errata, con un massimo di 25.000 euro). Inoltre è stato previsto che la sanzione è ridotta alla metà, entro il limite massimo di euro 500, se la trasmissione è effettuata entro i quindici giorni successivi alla scadenza, ovvero se, nel medesimo termine, è effettuata la trasmissione corretta dei dati.

Rimane fermo che non si applica la disciplina prevista dall’articolo 12 del D.Lgs. n. 472 del 1997, n. 472 (c.d. cumulo giuridico), in caso di concorso e continuazione della violazione di norme tributarie: pertanto le sanzioni per le singole fatture omesse o errate si devono sommare singolarmente (nuovo comma 2-bis dell’articolo 11, del D.Lgs. n. 471 del 1997).

Per l’omessa, incompleta o infedele comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche, prevista dall’articolo 21-bis, si applica una sanzione amministrativa da 500 a 2.000 euro. Anche tali importi sono stati ridotti nel corso dell’esame parlamentare (la sanzione originaria era da 5.000 a 50.000 euro). Inoltre è stato previsto che la sanzione è ridotta alla metà, se la trasmissione è effettuata entro i quindici giorni successivi alla scadenza, ovvero se, nel medesimo termine, è effettuata la trasmissione corretta dei dati (nuovo comma 2-ter dell’articolo 11, del D.Lgs. n. 471 del 1997).

 

Il comma 4, oltre a prevedere, come anticipato, che per il primo anno di applicazione la comunicazione dei dati delle fatture relativa al primo semestre deve essere effettuata entro il 25 luglio 2017, stabilisce la decorrenza dal 1° gennaio 2017 della disciplina sopra descritta. Dalla medesima data sono eliminati i seguenti adempimenti:

§  comunicazione all’Anagrafe tributaria dei dati relativi ai contratti stipulati dalle società di leasing (art. 7, comma 12, del D.P.R. n. 605 del 1973);

§  presentazione all’Agenzia delle dogane e dei monopoli degli elenchi riepilogativi delle cessioni e degli acquisti intracomunitari rese nei confronti di soggetti passivi stabiliti in un altro Stato membro e quelle da questi ultimi ricevute (art. 50, comma 6, del decreto-legge n. 331 del 1993.

§  comunicazione delle operazioni intercorse con operatori economici situati in Paesi c.d. black list (art. 1, commi da 1 a 3, del decreto-legge n. 40 del 2010). Tale adempimento è soppresso a decorrere dalle comunicazioni relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016 (comma 5, termine anticipato di un anno nel corso dell’esame parlamentare).

La dichiarazione annuale IVA, a decorrere dal 2017, deve essere presentata nel periodo tra il 1° febbraio e il 30 aprile, e non più entro il mese di febbraio; tale termine continua ad applicarsi solo per l’IVA dovuta per il 2016 (modifica all’articolo 8, comma 1, del D.P.R. n. 322 del 1998).

 

Il comma 6 contiene alcune modifiche al citato D.Lgs. n. 127 del 2015.

In primo luogo (lett. a)) la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi, obbligatorie a decorrere dal 1° gennaio 2017 per i soggetti passivi che effettuano cessioni di beni tramite distributori automatici, sono rese obbligatorie anche per i soggetti passivi che effettuano prestazioni di servizi tramite distributori automatici.

Si prevede, inoltre, che con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate possono essere stabiliti termini differiti, rispetto al 1° aprile 2017, di entrata in vigore dell’obbligo di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi, in relazione alle specifiche variabili tecniche di peculiari distributori automatici (art. 2, comma 2, del D.Lgs. n. 127 del 2015).

Nel corso dell’esame in sede parlamentare è stata modificata la modalità di calcolo dell’aggio a favore dei rivenditori di valori bollati, includendo nel calcolo, dal 1° gennaio 2017, anche i valori bollati riscossi con modalità telematiche da parte degli intermediari convenzionati con l’Agenzia delle entrate (lett. a-bis).

Sempre nel corso dell’esame parlamentare i termini di decadenza per gli accertamenti in tema di imposta sui redditi e di IVA sono stati ridotti di due anni, in luogo di un anno, in caso di esercizio dell’opzione per la trasmissione telematica delle fatture o dei relativi dati e dei corrispettivi (lett. a-ter: modifica all’articolo 3, comma 1, lett. d) del D.Lgs. n. 127 del 2015). Si ricorda, al riguardo, che la norma citata stabilisce che la riduzione dei termini per gli accertamenti si applica solo per i soggetti che garantiscano la tracciabilità dei pagamenti dagli stessi ricevuti ed effettuati nei modi stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

Il D.M. 4 agosto 2016 ha stabilito che per fruire della riduzione dei termini di decadenza i soggetti passivi effettuano e ricevono tutti i loro pagamenti mediante bonifico bancario o postale, carta di debito o carta di credito, ovvero assegno bancario, circolare o postale recante la clausola di non trasferibilità. È prevista una deroga per i pagamenti in contanti di ammontare non superiore a 30 euro.

Infine (lett. b)) è prorogata di un anno, fino al 31 dicembre 2017, la disciplina relativa alla trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri per le imprese che operano nel settore della grande distribuzione, a favore delle imprese che abbiano esercitato l’opzione entro il 31 dicembre 2016.

Le disposizioni di cui all'articolo 1, commi da 429 a 432, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 regolano la possibilità, per le aziende della grande distribuzione commerciale, di trasmettere giornalmente all’Agenzia delle entrate i corrispettivi in via telematica, sostituendo in tal modo gli obblighi di certificazione fiscale dei corrispettivi stessi. In base al comma 430, si tratta sia delle imprese che operano con esercizi commerciali con superficie superiore a 150 metri quadri nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti, o superficie superiore a 250 metri quadri nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000, sia di quelle facenti parte di un gruppo che sia definibile societario ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, che operi con più punti di vendita sul territorio nazionale e che realizzi un volume d'affari annuo aggregato superiore a 10 milioni di euro.

L’articolo 7 del D.Lgs. n. 127 del 2015 aveva abrogato tale regime a decorrere dal 1° gennaio 2017.

 

Si evidenzia che la disciplina introdotta dai commi 1 a 6 in commento attua in buona parte quanto richiesto dalla Risoluzione n. 8/00205 approvata dalla Commissione Finanze della Camera il 12 ottobre 2016, in tema di introduzione dell'obbligo di trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate delle operazioni IVA.

In particolare appaiono recepiti i seguenti impegni contenuti nella risoluzione:

a) introdurre l'obbligo della trasmissione in forma telematica all'Agenzia delle entrate dei dati di fatturazione, in coincidenza con i termini della liquidazione periodica IVA, in luogo degli attuali adempimenti, in quanto tale misura potrebbe soddisfare sia l'esigenza di contrastare l'evasione di tale tributo, sia le esigenze di semplificazione contabile e di riduzione dei costi di gestione degli adempimenti IVA attraverso l'eliminazione di una serie molto ampia di adempimenti gravosi per i contribuenti;

b) prevedere nuove modalità semplificate di controlli a distanza degli elementi acquisiti dall'Agenzia delle entrate, basate sul riscontro tra i dati comunicati dai soggetti passivi dell'imposta sul valore aggiunto e le transazioni effettuate, tali da ridurre gli adempimenti di tali soggetti, non ostacolare il normale svolgimento dell'attività economica degli stessi ed escludere la duplicazione di attività conoscitiva;

c) introdurre detrazioni fiscali, anche sotto la forma di credito d'imposta, per le spese sostenute dai contribuenti in relazione alla memorizzazione e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri, al fine di incentivare maggiormente i contribuenti ad optare per tale strumento, che avrà ricadute positive sia sotto il profilo della semplificazione degli adempimenti sia sotto il profilo del rafforzamento del contrasto all'evasione, evitando il disorientamento per i contribuenti che provocherebbe un'adesione non generalizzata ai nuovi meccanismi di trasmissione;

i) stabilire l'applicabilità dell'istituto del ravvedimento operoso nei casi di omessa, tardiva o incompleta trasmissione dei dati, onde consentire al contribuente di correggere gli errori commessi in buona fede e sanare eventuali ritardi.

 

Il comma 7 amplia le fattispecie di introduzione nel deposito IVA che possono essere effettuate senza il pagamento dell’imposta; inoltre interviene sulle modalità di assolvimento dell’IVA all’atto dell’estrazione dei beni diversi da quelli introdotti in forza di un acquisto intracomunitario, compresi quelli di provenienza extracomunitaria. Tali modifiche decorrono a partire dal 1° aprile 2017.

In particolare sono eliminate (comma 7, lettera a)) le distinzioni attualmente previste in relazione alle operazioni che possono essere effettuate senza il pagamento dell’imposta e ai soggetti che possono effettuare tali operazioni. In tal modo si realizza la detassazione di tutte le operazioni di introduzione dei beni nei depositi IVA, incluse quelle realizzate da cedenti nazionali, rafforzando la finalità propria del deposito di differire il presupposto impositivo (modifiche al comma 4 dell’articolo 50-bis del decreto-legge n. 331 del 1993).

Con riferimento ai beni diversi da quelli introdotti in forza di un acquisto intracomunitario, la nuova formulazione del comma 6 dell’articolo 50-bis, che riguarda anche i beni introdotti in virtù di una cessione realizzata da cedenti nazionali, dispone che l’imposta dovuta all’atto dell’estrazione dal deposito IVA, ai fini della loro utilizzazione o in esecuzione di atti di commercializzazione nello Stato, sia assolta mediante versamento diretto, senza possibilità di compensazione.

La relazione governativa afferma che in tal modo il passaggio di un deposito IVA di beni di provenienza comunitaria non comporta più una modalità di assolvimento dell’imposta sostanzialmente differente rispetto a quella prevista per i beni oggetto di importazione senza l’introduzione di un deposito IVA, nel rispetto della reale finalità del regime sospensivo accordato a tale istituto.

Il soggetto responsabile dell’imposta dovuta all’atto dell’estrazione del deposito IVA di un bene di provenienza extracomunitaria è individuato nel gestore del deposito – un soggetto che in virtù delle procedure autorizzatorie attualmente previste presenta caratteri di affidabilità – il quale dovrà effettuare il relativo versamento in nome e per conto del soggetto estrattore. Quest’ultimo recupera l’imposta con le ordinarie modalità legate all’esercizio del diritto alla detrazione. Per effetto di tali modifiche si punta a contrastare più efficacemente i fenomeni di frode legati ad un utilizzo indebito dei depositi IVA.

Nel corso dell’esame parlamentare è stato differenziato il regime dell'IVA dovuta nel caso di estrazione di beni da un deposito fiscale: ove il bene sia stato introdotto in deposito previa prestazione di garanzia, l'imposta è dovuta dal soggetto che procede all'estrazione, sempre dietro prestazione di garanzia. Sono state apportate le conseguenti modifiche alla disciplina delle comunicazioni al gestore del deposito IVA (nuovo comma 6 dell’articolo 50-bis del decreto-legge n. 331 del 1993, modificato dal comma 7, lettera b)).

Sono previsti obblighi di comunicazione da parte del gestore del deposito al momento dell’estrazione.

Viene previsto, infine, che la violazione da parte del gestore del deposito IVA degli obblighi di versamento e comunicazione sia valutata ai fini della revoca dell’autorizzazione ovvero dell'abilitazione del gestore del deposito IVA (modifica al comma 8 dell’articolo 50-bis del decreto-legge n. 331 del 1993; comma 7, lettera c)).

 

Infine il comma 8-bis, inserito nel corso dell’esame parlamentare, estende agli anni 2018 e 2019 l'incentivo previsto per la partecipazione dei comuni all'attività di accertamento tributario pari al 100 per cento del riscosso.

Si ricorda che, in applicazione del principio di sussidiarietà e al fine di rafforzare gli strumenti della lotta all’evasione fiscale, il legislatore ha complessivamente previsto un maggior coinvolgimento degli Enti territoriali nell’attività di accertamento e riscossione.

Per quanto concerne i comuni, l’articolo 1, comma 1 del D.L. n. 203/2005 disponeva in origine l’attribuzione a tali enti di una quota pari al 30 per cento delle maggiori somme riscosse con il concorso dei medesimi.

Tale ammontare è stato poi elevato al 50 per cento dall'articolo 2, comma 10, lettera b), del D.Lgs. n. 23 del 2011 e, successivamente, dall’articolo 1, comma 12-bis, del D.L. 138 del 2011 che ha assegnato ai comuni, per gli anni 2012, 2013 e 2014, l’intero maggior gettito ottenuto a seguito dell’intervento svolto dall’ente stesso nell’attività di accertamento, anche se si tratta di somme riscosse a titolo non definitivo e fermo restando il successivo recupero delle stesse ove rimborsate ai contribuenti a qualunque titolo.

Con la legge di stabilità 2015 (comma 702 della legge n. 190 del 2014) per il triennio 2015-2017 la predetta quota era stata fissata nella misura del 55 per cento; secondo tale assetto normativo, ai Comini sarebbe spettato un ammontare inferiore a quello temporaneamente attribuito nel triennio precedente (2012-2014), ancorché in misura più elevata (55 per cento anziché 50 per cento) di quanto stabilito, in via ordinaria, dalla legge (D.Lgs. n. 23 del 2011).

L’articolo 10, comma 12-duodecies, del decreto-legge n. 192 del 2014, modificando il D.L. n. 138 del 2011 ha disposto che fino al 2017 venga riconosciuto ai comuni il 100 per cento delle maggiori somme riscosse per effetto della partecipazione dei comuni stessi all'azione di contrasto all'evasione.

La norma in esame, intervenendo sempre sul D.L. N. 138 del 2011 (art. 1 comma 12- bis) ha esteso tale periodo agli anni 2018 e 2019.


Articolo 4-bis
(
Emissione elettronica delle fatture per il tax free shopping)

 

L'articolo 4-bis disciplina l'emissione elettronica delle fatture per il tax free shopping. A partire dal 1° gennaio 2018, per gli acquisti di beni del valore complessivo, al lordo dell'IVA, superiore a 155 euro destinati all'uso personale o familiare, da trasportarsi nei bagagli personali fuori del territorio doganale dell'Unione europea (in sgravio IVA), l'emissione delle relative fatture deve essere effettuata dal cedente in modalità elettronica.

 

Il comma 1 prevede che, a partire dal 1o gennaio 2018, con riferimento alle cessioni di beni del valore complessivo, al lordo dell'IVA, superiore a 155 euro destinati all'uso personale o familiare, da trasportarsi nei bagagli personali fuori del territorio doganale dell'Unione europea (ex art. 38-quater del dPR n. 633 del 1972[2]), l'emissione delle relative fatture deve essere effettuata dal cedente in modalità elettronica.

 

Il sistema tax free permette, agli acquirenti domiciliati e residenti fuori dall'Unione europea, di ottenere lo sgravio dell’Iva pagata sui beni acquistati dal venditore italiano o il rimborso successivo dell’Iva stessa, laddove si realizzino i presupposti previsti dal citato art. 38-quater. Il beneficio può essere riconosciuto se si tratta di prodotti ceduti da commercianti al dettaglio, acquistati per uso personale o familiare e non destinati alla successiva commercializzazione. Il valore complessivo dei beni ceduti deve essere superiore a 154,94 euro (Iva inclusa).

 

A riguardo si segnala che la soglia indicata nell'art. 38-quater è pari a 300.000 lire che, in considerazione del cambio lira-euro, corrispondono a 154,94 euro.

 

Il comma 2 stabilisce che, per assicurare l'interoperabilità tra il sistema di fatturazione elettronica e il sistema OTELLO e per permettere la piena operatività di tale sistema in tutto il territorio nazionale, le modalità e i contenuti semplificati della fatturazione di cui al comma precedente sono stabiliti con determinazione del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, di concerto con il direttore dell'Agenzia delle entrate, in deroga a quanto previsto dall'art. 21, c. 2, del dPR IVA.  Tale comma reca gli elementi essenziali che devono essere indicati in fattura (art. 21 in materia di Fatturazione delle operazioni").

 

A riguardo si osserva che tale formulazione opera una delegificazione dei contenuti essenziali da indicare in fattura.

Si suggerisce di valutare la possibilità di prevedere, anziché una deroga all'art. 21, c. 2, un richiamo esplicito agli elementi essenziali contenuti in quest'ultimo comma, prevedendo, nel caso in cui questi non siano sufficienti, l'indicazione per norma dei contenuti necessari per la definizione della fattura in formato elettronico. Alle determinazioni delle Agenzie potrebbero essere quindi lasciati le specifiche tecniche e gli aspetti amministrativi.

 

O.T.E.L.L.O., acronimo di Online Tax Refund at Exit: Light Lane Optimization, è un progetto finalizzato alla digitalizzazione del processo per ottenere il “visto doganale” da apporre sulla fattura per avere diritto allo sgravio diretto o al rimborso successivo dell’IVA gravante sui beni acquistati sul territorio nazionale da soggetti domiciliati o residenti fuori dall’UE.

O.T.E.L.L.O. colloquiando attraverso messaggi XML scambiati via Web Service in tempo reale con gli attori del processo favorisce, oltre alla riduzione delle code per ottenere il visto doganale, l’efficacia e l’efficienza dei controlli basandoli sull’analisi del rischio che tiene conto delle caratteristiche oggettive e soggettive delle richieste di rimborso/sgravio[3].

 

Il comma 3 sopprime, al comma 1 dell'articolo 38-quater sopra citato, le parole: «a norma dell'articolo 21».

Tale modifica è diretta conseguenza della deroga (art. 21, c. 2) di cui al comma precedente, in pratica la fattura elettronica potrà essere emessa, non già per legge "a norma dell'articolo 21 del dPR IVA", ma secondo le modalità e i contenuti stabiliti con determinazione del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, di concerto con il direttore dell'Agenzia delle entrate.

 

A riguardo valgono le considerazioni di cui al comma precedente.

 

Il comma 4 sopprime il secondo periodo del comma 368, articolo 1, legge 28 dicembre 2015, n. 208.

Il citato comma 368 prevede che i rimborsi Iva a cittadini extra Ue (cd. Tax free shopping) di cui all’art. 38-quater del DPR n. 633/72 possono essere effettuati dagli intermediari iscritti all’Albo degli istituti di pagamento.

 

In tal modo viene a cadere la previsione che stabilisce che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, da emanare entro 180 giorni dal 1° gennaio 2016, sono determinate in forma tabellare le percentuali minime di rimborso, suddivise per scaglioni con valori percentuali incrementali rispetto all'aumento dell'importo delle cessioni (cfr. limite di cui all'art. 38-quater, c. 1), che gli intermediari del servizio devono applicare.

 

Il comma 5 stabilisce che le maggiori risorse finanziarie derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo in esame sono destinate al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato istituito presso il MEF per la riduzione del debito pubblico.

 

In termini di drafting legislativo, si suggerisce di richiamare il Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato facendo riferimento anche all'articolo 44 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398, e successive modificazioni.

 


Articolo 4-ter
(Modifiche al Testo Unico Accise)

 

 

L'articolo 4-ter, unico comma, introduce numerose novità in tema di accise, tra le quali:

§  la possibilità di rateizzare l'accisa dovuta dal gestore del deposito fiscale, ove questi si trovi in condizioni oggettive e temporanee di difficoltà economica (modifiche all'articolo 3 TUA) (lettera a));

§  l’estensione dei rimborsi d'accisa (articolo 14 TUA) anche alle richieste concernenti le agevolazioni accordate sotto forma di restituzione di quanto versato, ovvero con altra modalità;

§   l’aumento da 10,32 a 30 euro dell'importo al di sotto del quale non si procede a rimborso (lettera b));

§  l’istituzione di forme di contraddittorio con il contribuente (lettera d));

§  l’introduzione di una specifica misura di accisa per il gasolio commerciale usato come carburante, assoggettato a imposta con aliquota paria a 403,22 euro per mille litri (lettera o));

§  la modifica al regime di deposito e sulla circolazione di prodotti energetici assoggettati ad accisa (lettera g));

§  l’esenzione dall’accisa di alcol e sostanze alcoliche utilizzati come combustibile per riscaldamento o come carburante lettera h).

Viene sostanzialmente innovato il regime di deposito fiscale di alcol e di bevande alcoliche (articolo 28 TUA), chiarendo che la produzione e la fabbricazione degli alcolici sono effettuate in regime di deposito fiscale.

Sono modificate le disposizioni in tema di accertamento dell'accisa sulla birra (articolo 35 TUA). Viene ampliato il novero dei piccoli birrifici che possono stipulare convenzioni di abbonamento con l'Amministrazione finanziaria, valevoli per un anno, con corresponsione dell'accisa convenuta in due rate semestrali anticipate (lettera l)).

Per quanto riguarda invece il vino (che, si ricorda, in Italia si produce ad accisa zero), sono chiariti gli obblighi documentali, di tracciamento e di contabilità che si applicano (articolo 37 TUA) in vigenza di aliquota zero (lettere m) e n)).

 

Più in dettaglio, il comma 1, lettera a) modifica l’articolo 3 del TUA, al fine di consentire la rateizzazione dell'accisa dovuta dal gestore del deposito fiscale, ove questi si trovi in condizioni oggettive e temporanee di difficoltà economica.

Viene inserito all’articolo 3 TUA un comma 4-bis, ai sensi del quale il titolare di deposito fiscale, se si trova in condizioni oggettive e temporanee di difficoltà economica, può presentare all'Agenzia delle dogane e dei monopoli, entro la scadenza fissata per il pagamento delle accise, una istanza di rateizzazione del debito d'imposta relativo alle immissioni in consumo effettuate nel mese precedente alla predetta scadenza.

Inoltre, alle medesime condizioni, possono essere presentate istanze di rateizzazione relative ad un massimo di altre due scadenze di pagamento successive a quella per cui si è chiesta la rateizzazione in prima istanza; tuttavia non sono ammesse ulteriori istanze prima dell'avvenuto integrale pagamento dell'importo già sottoposto a rateizzazione.

L'Agenzia adotta il provvedimento di accoglimento o di diniego entro quindici giorni dalla data di presentazione dell'istanza di rateizzazione e, in caso di accoglimento, autorizza il pagamento dell'accisa dovuta mediante versamento in un minimo di 6 e un massimo di 24 rate mensili. Sulle somme rateizzate sono dovuti gli interessi nella misura del 2,2 per cento (interessi legali ai sensi dell'articolo 1284 del codice civile e del D.M. 11 dicembre 2015, ossia 0,2 per cento; più 2 punti come prescrive l’introdotta norma).

Il mancato versamento, anche di una sola rata, entro la scadenza fissata comporta la decadenza dalla rateizzazione e il conseguente obbligo dell'integrale pagamento degli importi residui, oltre agli interessi e all'indennità di mora, nonché della sanzione prevista per il ritardato pagamento delle accise. La predetta decadenza non trova applicazione nel caso in cui si verifichino errori di limitata entità nel versamento delle rate. Si demanda a un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze l’individuazione delle condizioni e delle modalità di applicazione del comma in esame.

 

Con la lettera b) del comma 1 la disciplina dei rimborsi d'accisa (di cui all’articolo 14 TUA, che viene del tutto sostituito) è estesa anche alle richieste concernenti le agevolazioni accordate sotto forma di restituzione totale o parziale, dell'accisa versata, ovvero mediante altra modalità prevista dalla disciplina relativa alla singola agevolazione.

Con le modifiche introdotte, si chiariscono i termini di rimborso per i prodotti per cui è prevista una dichiarazione da parte del soggetto obbligato al pagamento delle accise: in tal caso il rimborso è richiesto dal predetto soggetto obbligato, a pena di decadenza, entro due anni dalla data di presentazione della dichiarazione ovvero, ove previsto dalla specifica disciplina di settore, all'atto della dichiarazione che contiene gli elementi per la determinazione del debito o del credito d'imposta.

Viene innalzato da 10,32 a 30 euro l'importo al di sotto del quale non si procede a rimborso.

 

Per quanto concerne il recupero dell'accisa e la prescrizione del diritto all'imposta (modifiche all’articolo 15 TUA; comma 1, lettera c)), si chiarisce che le somme dovute a titolo di imposta o indebitamente abbuonate o restituite si esigono con la procedura di riscossione coattiva, previa notifica di un avviso di pagamento.

Il termine per la notifica dell'avviso di pagamento è di cinque anni, aumentato a dieci nei casi di violazioni per cui vi è obbligo di denuncia all'autorità giudiziaria.

Si dispone la conservazione dei documenti prescritti dalla legge per i cinque anni successivi a quello di imposta ovvero, per i tabacchi lavorati, per dieci anni, purché non siano iniziate attività amministrative di accertamento delle quali i soggetti alle stesse sottoposti abbiano avuto formale conoscenza.

Viene chiarito che non si provvede alla riscossione di somme inferiori o pari a 30 euro.

 

Le norme in esame (comma 1, lettera d)) modificano inoltre le disposizioni sull'accertamento delle violazioni in materia di accisa (articolo 19 del TUA).

Oltre ad aggiornare i riferimenti normativi alle attuali articolazioni dell'Amministrazione finanziaria, viene maggiormente dettagliata la disciplina della constatazione di violazioni per cui sussiste obbligo di denuncia all'autorità giudiziaria, differenziandola da quella prevista per le altre violazioni.

In particolare, nella prima ipotesi i verbali di constatazione sono trasmessi sia alla competente autorità giudiziaria, sia all'ufficio dell'Agenzia competente all'accertamento dell'imposta e alla sua liquidazione. Quest'ultimo provvede alla tempestiva trasmissione degli atti emessi alla predetta autorità giudiziaria e alla comunicazione a quest'ultima, anche successivamente, di ulteriori elementi e valutazioni utili.  Per le altre violazioni, i verbali di constatazione sono trasmessi dagli agenti verbalizzanti all'ufficio dell'Agenzia competente.

Sono infine istituite forme di contraddittorio con il contribuente: nel rispetto del principio di cooperazione, anche per le ipotesi in cui sono esaminati in ufficio atti e dichiarazioni, entro sessanta giorni dalla notifica del verbale di constatazione al destinatario, questi può comunicare all'ufficio dell'Agenzia procedente osservazioni e richieste che, salvi i casi di particolare e motivata urgenza, sono valutate dallo stesso ufficio prima della notificazione dell'avviso di pagamento o dell'atto di contestazione o di irrogazione delle sanzioni.

 

Viene regolato l'uso della posta elettronica certificata per l'invio di tutti gli atti e le comunicazioni previsti dalle norme in tema di accisa (introdotto articolo 19-bis TUA: comma 1, lettera e) dell’articolo in esame).

 

Le norme in commento (comma 1, lettera f) e o)) introducono una specifica misura di accisa per il gasolio commerciale usato come carburante (mediante l’introduzione di un articolo 24-ter TUA), che viene assoggettato a imposta con aliquota pari a 403,22 euro per mille litri (introdotto numero 4-bis, tabella A allegata al Testo Unico Accise).

Si chiarisce che per "gasolio commerciale usato come carburante" si intende il gasolio impiegato da veicoli, ad eccezione di quelli di categoria euro 2 o inferiore, utilizzati dal proprietario o in virtù di altro titolo che ne garantisca l'esclusiva disponibilità, per i seguenti scopi:

§  trasporto di merci con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate, esercitato da persone fisiche o giuridiche qualificate come autotrasportatori (iscritte nell'albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi; munite della licenza di esercizio dell'autotrasporto di cose in conto proprio e iscritte nell'elenco appositamente istituito; imprese stabilite in altri Stati membri UE, in possesso dei requisiti stabiliti dalla disciplina UE per l'esercizio della professione di trasportatore di merci su strada);

§  trasporto di persone svolto da enti pubblici, imprese pubbliche locali; trasporto svolto da imprese esercenti autoservizi interregionali di competenza statale, autoservizi di competenza regionale e locale, autoservizi in ambito comunitario.

È considerato altresì gasolio commerciale il gasolio impiegato per attività di trasporto di persone svolta da enti pubblici o imprese esercenti trasporti a fune in servizio pubblico.

Viene dunque introdotta nel Testo Unico Accise la disciplina del rimborso dell'onere conseguente alla maggiore accisa applicata al gasolio commerciale, determinato in misura pari alla differenza tra l'aliquota di accisa sul gasolio usato come carburante e l'aliquota di 403, 22 euro per mille litri.

Il credito è riconosciuto mediante compensazione entro il 31 dicembre dell'anno solare successivo a quello in cui il medesimo credito è sorto. In alternativa, detto credito può essere riconosciuto in denaro.

 

 

La disciplina delle accise sul gasolio per autotrasporto

 

Nel corso del tempo numerose disposizioni di legge hanno previsto il rimborso, ai soggetti esercenti attività di autotrasporto, del maggior onere derivante da specifici incrementi di accise sul gasolio.

L’articolo 61, comma 4 del D.L. n. 1 del 2012 prevede che, in tutti i casi in cui disposizioni di legge determinano aumenti dell'aliquota di accisa sul gasolio usato come carburante, il maggior onere conseguente all'aumento dell'aliquota di accisa sul gasolio usato come carburante deve essere sempre rimborsato nei confronti di alcuni soggetti che esercitano le attività di trasporto, più precisamente quelle indicate all'articolo 5, comma 1 (limitatamente agli esercenti le attività di trasporto merci con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate), e comma 2, del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 452.

I soggetti di cui all'articolo 5, comma 1 e comma 2, del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 452 sono:

-       gli esercenti le attività di trasporto merci (l’agevolazione si applica, in tal caso, ai veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate ai sensi del combinato disposto con il richiamato articolo 61);

-       gli enti pubblici e le imprese pubbliche locali esercenti l'attività di trasporto di cui al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, le imprese esercenti autoservizi di competenza statale, regionale e locale e gli enti pubblici e le imprese esercenti trasporti a fune in servizio pubblico per trasporto di persone.

La platea dei destinatari dell’agevolazione è stata progressivamente ridotta nel corso degli anni. Fino al 31 dicembre 2014 essa è stata applicata a tutti gli esercenti le attività individuate dalle norme di legge, indipendentemente dalla categoria di emissioni prodotte dai relativi veicoli.

 La legge di stabilità 2015 (articolo 1,  comma 233 della legge n. 190 del 2014) ha disposto che dal 1° gennaio 2015 il credito di imposta relativo alle accise sul gasolio per autotrazione non si applichi ai veicoli di categoria euro 0 o inferiore. Successivamente, la legge di stabilità 2016 (articolo 1, comma 645 della legge n. 208 del 2015) ha escluso dall’agevolazione, a decorrere dal 1° gennaio 2016, i veicoli di categoria euro 2 o inferiore.

 

Si osserva che sembrerebbe opportuno, alla luce delle introdotte norme dell’articolo 24-ter TUA e delle specifiche misure di accisa per il gasolio per autotrazione a scopi commerciali, introdurre disposizioni di raccordo tra la nuova disciplina e la suesposta normativa sui rimborsi.

 

La lettera g) del comma 1 modifica le norme sul deposito e sulla circolazione di prodotti energetici assoggettati ad accisa (innovando l’articolo 25 del TUA).

Si chiarisce anzitutto che sono muniti di licenza fiscale, valida fino a revoca, e sono obbligati a contabilizzare i prodotti in apposito registro di carico e scarico, gli esercenti impianti e depositi soggetti all'obbligo della denuncia in possesso di apposita autorizzazione, rilasciata ai sensi delle disposizioni in materia di installazione ed esercizio di impianti di stoccaggio e di distribuzione di oli minerali.

Inoltre, per gli impianti di distribuzione stradale di gas naturale impiegato come carburante, non vigono gli obblighi di contabilizzazione intestati agli esercenti impianti e depositi soggetti all'obbligo della denuncia.

Salvo quanto previsto per il gas naturale, sono posti specifici obblighi di contabilizzazione, tracciamento dei prodotti e comunicazione all'Amministrazione fiscale a carico degli altri soggetti esercenti impianti di distribuzione stradale di carburanti.

Essi annotano nel registro di carico e scarico rispettivamente i quantitativi di prodotti ricevuti, distintamente per qualità, e il numero risultante dalla lettura del contatore totalizzatore delle singole colonnine di distribuzione installate, effettuata alla fine di ogni giornata, per ciascun tipo di carburante erogato. Alla chiusura annuale, entro trenta giorni dalla data dell'ultima registrazione, i medesimi esercenti trasmettono all'ufficio dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli un prospetto riepilogativo dei dati relativi alla movimentazione di ogni prodotto nell'intero anno, con evidenziazione delle rimanenze contabili ed effettive e delle loro differenze. Si affida a una determinazione del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli l’individuazione dei tempi e delle modalità per la presentazione dei predetti dati, nonché dei dati relativi ai livelli e alle temperature dei serbatoi installati, esclusivamente in forma telematica, in sostituzione del registro di carico e scarico, funzionanti in modalità di self-service.

I medesimi esercenti garantiscono, anche tramite soggetti appositamente delegati, l'accesso presso l'impianto per l'esercizio dei poteri di controllo dell’Amministrazione finanziaria, entro ventiquattro ore dalla relativa comunicazione. In fase di accesso, presso l'impianto sottoposto a verifica è resa disponibile la relativa documentazione contabile.

 

Viene chiarito poi (comma 1, lettera h)) che alcol e bevande alcoliche sono esenti dall'accisa - una volta denaturati con prodotti approvati dall'amministrazione finanziaria - non solo quando sono impiegati nella fabbricazione di prodotti non destinati al consumo umano alimentare, ma anche se sono utilizzati come combustibile per riscaldamento o come carburante (modifiche all’articolo 27 TUA).

 

Si prevedono poi (comma 1, lettera i)) sostanziali innovazioni al regime di deposito fiscale di alcol e di bevande alcoliche (articolo 28 TUA).

In primo luogo, si chiarisce che la produzione e la fabbricazione degli alcolici (alcol etilico, prodotti alcolici intermedi, vino, birra e bevande fermentate diverse dal vino e dalla birra) sono effettuate in regime di deposito fiscale.

Si chiarisce quali sono gli impianti in cui è consentita la fabbricazione di prodotti sottoposti ad accisa in regime sospensivo, subordinatamente al rilascio della licenza di esercizio.

Si tratta dei seguenti impianti:

a) nel settore dell'alcole etilico:

1) le distillerie;

2) gli opifici di rettificazione;

b) nel settore dei prodotti alcolici intermedi: gli stabilimenti di produzione;

c) nel settore della birra: le fabbriche e gli annessi opifici di condizionamento;

d) nel settore del vino e nel settore delle bevande fermentate diverse dal vino e dalla birra, salve le prescrizioni specifiche sul vino: le cantine e gli stabilimenti di produzione.

 

Sono poi indicati i casi in cui il deposito fiscale può essere autorizzato in quanto funzionale a soddisfare oggettive condizioni di operatività dell'impianto.

Si tratta delle seguenti ipotesi:

a) opifici promiscui di trasformazione e di condizionamento nel settore dell'alcole etilico;

b) impianti e opifici di solo condizionamento dei prodotti soggetti ad accisa;

c) magazzini di invecchiamento degli spiriti;

d) magazzini delle distillerie e degli opifici di rettificazione ubicati fuori dei predetti impianti;

e) magazzini delle fabbriche e degli opifici di condizionamento di birra ubicati fuori dei predetti impianti;

f) impianti di condizionamento e depositi di vino e di bevande fermentate diverse dal vino e dalla birra che effettuano movimentazioni intracomunitarie;

g) fabbriche di birra con produzione annua non superiore a 10.000 ettolitri;

h) depositi doganali autorizzati a custodire prodotti sottoposti ad accisa.

 

Inoltre, si chiarisce che il deposito fiscale può essere autorizzato anche per i magazzini di commercianti all'ingrosso di prodotti soggetti ad accisa, ove - oltre al requisito della funzionalità agli impianti - la detenzione di prodotti in regime sospensivo risponde ad adeguate esigenze economiche.

In tali ultime due ipotesi viene previsto il rilascio di apposita licenza.

 

È rimodulata la misura della cauzione dovuta in relazione alla gestione della merce in deposito fiscale.

 

Con riferimento alle accise sulla birra, sono modificate le disposizioni in tema di accertamento dell’imposta (comma 1, lettera l), che modifica l’articolo 35 TUA) al fine, tra l'altro, di affidare la determinazione dei metodi di rilevazione del grado Plato (misura cui è commisurata l'accisa) ad un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane, nonché di modificare la disciplina relativa all'installazione di misuratori fiscali negli stabilimenti di produzione.

Si precisa che il condizionamento della birra può essere effettuato anche in appositi opifici di imbottigliamento, gestiti in regime di deposito fiscale, presso cui sono installati i contatori per la determinazione del numero degli imballaggi preconfezionati e delle confezioni.

Viene ampliato il novero dei piccoli birrifici che possono stipulare convenzioni di abbonamento con l'Amministrazione finanziaria, valevoli per un anno, con corresponsione dell'accisa convenuta in due rate semestrali anticipate. Tale possibilità viene consentita alle fabbriche che hanno una potenzialità di produzione mensile non superiore a venti ettolitri (in luogo degli attuali due). Sono inoltre elevate le soglie di tolleranza per la gradazione saccarometrica media effettiva del prodotto finito).

 

La lettera m) e la lettera n) del comma 1 recano disposizioni in materia di vino (che, si ricorda, in Italia si produce ad accisa zero): in particolare sono chiariti gli obblighi documentali, di tracciamento e di contabilità che si applicano (articolo 37 TUA) in vigenza di aliquota zero (lettere m) e n)).

Con l’aggiunta del comma 1-bis al predetto articolo 37 TUA, si chiarisce che la circolazione del vino nel territorio dello Stato avviene con la scorta dei documenti di accompagnamento previsti dalle disposizioni relative al settore vitivinicolo per i trasporti che iniziano e si concludono nel territorio nazionale. Gli obblighi di contabilizzazione annuale dei dati di produzione e di redazione dell'inventario fisico delle materie prime, dei prodotti semilavorati e dei prodotti finiti sono assolti dagli esercenti i depositi fiscali di vino mediante le dichiarazioni obbligatorie e la tenuta dei registri, compresa la rilevazione delle giacenze effettive in occasione della chiusura annua dei conti, disciplinati dalle norme UE (regolamento (CE) n. 436/2009 della Commissione, del 26 maggio 2009).

 

La lettera o) del comma 1, come visto supra, modifica la Tabella A annessa al Testo Unico Accise per introdurre la nuova accisa sul gasolio commerciale usato come carburante (403,22 euro per mille litri).

Viene altresì sostituito il n. 9 della Tabella, che fissa una misura ridotta di accisa, pari al 30 per cento della normale aliquota per specifici utilizzi di prodotti energetici.

Con le modifiche in esame, la riduzione al 30 per cento opera con riferimento alla produzione di forza motrice con motori fissi, azionati con prodotti energetici diversi dal gas naturale e utilizzati all'interno di delimitati stabilimenti industriali, agricolo-industriali, laboratori, cantieri di ricerche di idrocarburi e di forze endogene e cantieri di costruzione.

Inoltre, si estende la misura agevolata anche al carburante usato per azionare macchine impiegate nei porti, non ammesse alla circolazione su strada, destinate alla movimentazione di merci per operazioni di trasbordo.


Articolo 5
(Dichiarazione integrativa a favore e ravvedimento)

 

 

L’articolo 5 estende la possibilità per il contribuente di presentare la dichiarazione integrativa a favore (Irpef, Irap, sostituti d'imposta) anche oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, entro il termine per l’accertamento fiscale. Se la dichiarazione integrativa è presentata oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, il credito d’imposta può essere utilizzato in compensazione per eseguire il versamento di debiti maturati a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa. Resta ferma l'applicazione delle sanzioni ridotte.

Una disciplina analoga è prevista per la dichiarazione integrativa riguardante l’IVA. Nel corso dell’esame parlamentare è stata estesa alla dichiarazione integrativa IVA la disciplina sopra prevista da applicare in caso di dichiarazione presentata oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successiva, ma sempre entro il termine per l’accertamento fiscale. In tal caso il credito d’imposta derivante dalla dichiarazione integrativa può essere chiesto a rimborso ove ricorrano, per l'anno per cui è presentata la dichiarazione integrativa, i requisiti di legge, ovvero può essere utilizzato in compensazione per eseguire il versamento di debiti maturati a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa.

Nel corso dell’esame parlamentare è stata soppressa la disposizione che richiedeva l'indicazione dell'eventuale utilizzo del credito già effettuato in compensazione nella dichiarazione relativa al periodo di imposta in cui è presentata la dichiarazione integrativa, salvo il diritto di far valere in sede di accertamento o di giudizio eventuali errori. Tra i soggetti ammessi all'utilizzo in compensazione, in caso di dichiarazione integrativa IVA, sono stati inclusi i produttori agricoli (comma 1).

La riduzione della sanzione in caso di ravvedimento e di regolarizzazione degli errori e delle omissioni, per determinate ipotesi, è stata estesa anche ai tributi doganali ed alle accise amministrati dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Per gli stessi tributi non si applica la generale preclusione al ravvedimento consistente nel fatto che la violazione sia stata già constatata e comunque sia iniziato l'accertamento, salva la notifica di avvisi di pagamento e atti di accertamento. (comma 1-bis).

Infine è stata modificata la disciplina relativa allo scomputo delle ritenute a titolo d'acconto per i lavoratori autonomi e per gli agenti e i rappresentanti di commercio. In particolare, per le ritenute operate nell'anno successivo a quello di competenza dei redditi, ma anteriormente alla presentazione della dichiarazione, i contribuenti possono scegliere di scomputarle dall'imposta relativa al periodo di competenza dei redditi ovvero dall'imposta dovuta nel periodo di imposta nel quale le ritenute sono state operate (commi 2-bis e 2-ter).

 

Il comma 1 modifica la disciplina relativa alla presentazione delle dichiarazioni integrative relative alle imposte sui redditi, dell’IRAP, dei sostituti di imposta e dell’IVA, contenuta nel D.P.R. n. 322 del 1998.

In particolare la lettera a) modifica l’articolo 2 prevedendo che  le dichiarazioni dei redditi, dell’IRAP e dei sostituti d’imposta possono essere integrate per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l’indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d’imposta ovvero di un maggiore o di un minore credito, mediante successiva dichiarazione da presentare entro i termini per l’accertamento. Resta ferma l’applicazione delle sanzioni, eventualmente in misura ridotta in caso di ravvedimento operoso (comma 8).

Si ricorda che l’articolo 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 prescrive che in caso di dichiarazione errata il termine per l’accertamento corrisponde al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. In caso di dichiarazione omessa il termine è il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.

Nel caso in cui la presentazione della dichiarazione integrativa avviene entro il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, il credito d’imposta risultante può essere utilizzato in compensazione (comma 8-bis, primo periodo).

Nel corso dell’esame parlamentare è stato previsto che anche nel caso di correzione di errori contabili di competenza si applica la disposizione del primo periodo. Pertanto, i crediti d’imposta risultanti dalle dichiarazioni integrative a favore presentate oltre il termine per la dichiarazione relativa al periodo successivo, ma entro il termine per l’accertamento, relative a correzioni di errori contabili di competenza, possono essere utilizzati in compensazione.

Si segnala che in passato un orientamento in tal senso è stato adottato dall’Agenzia delle entrate con la circolare n. 31/E del 2013 nella quale sono state illustrate le modalità in base a cui, in presenza di un errore nella contabilizzazione di un costo e/o di un ricavo nel corretto esercizio di competenza, sia possibile recuperare la mancata deduzione e/o tassazione fiscale del componente reddituale.

Nel caso in cui la dichiarazione integrativa viene presentata oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, ma entro i termini per l’accertamento, il credito d’imposta risultante può essere utilizzato in compensazione per eseguire il versamento di debiti maturati a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa. In tal caso,  nella dichiarazione relativa al periodo d'imposta in cui è presentata la dichiarazione integrativa è indicato il credito derivante dal minor debito o dal maggiore credito risultante dalla dichiarazione integrativa (in sede referente è stato soppresso l’obbligo di indicare anche l’ammontare eventualmente già utilizzato in compensazione).

Nel corso dell’esame parlamentare è stato previsto, inoltre, che resta ferma in ogni caso per il contribuente la possibilità di far valere, anche in sede di accertamento o di giudizio, eventuali errori, di fatto o di diritto, che abbiano inciso sull'obbligazione tributaria, determinando l'indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d'imposta o, comunque, di un minore credito.

La lettera b) modifica l’articolo 8 del D.P.R. n. 322 del 1998 con riferimento alla dichiarazione annuale IVA. Il nuovo comma 6-bis introduce la possibilità di integrare la dichiarazione, anche in senso favorevole al contribuente, entro i termini previsti per l’accertamento (ovvero, in caso di presentazione della dichiarazione Iva, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, in caso di omessa presentazione o di nullità della dichiarazione Iva, entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata – art. 57 del D.P.R. n. 633 del 1972). Resta ferma l’applicazione delle sanzioni, eventualmente in misura ridotta in caso di ravvedimento operoso.

L’eventuale credito derivante da un minor debito o da un maggior credito, emergente dalla dichiarazione integrativa presentata entro il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo, può essere:

§  portato in detrazione in sede di liquidazione periodica o nella dichiarazione annuale;

§  utilizzato in compensazione;

§  chiesto a rimborso se ricorrono i presupposti di cui agli articoli 30 e 34, comma 9 (aggiunto in sede referente) del D.P.R. n. 633 del 1972 (comma 6-ter).

L’articolo 30 citato disciplina i presupposti del rimborso IVA: cessazione dell’attività; oppure, se il rimborso è superiore a 2.582 euro, quando sussiste una delle seguenti ipotesi: quando si esercita esclusivamente o prevalentemente attività che comportano l'effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni; quando si effettuano operazioni non imponibili per un ammontare superiore al 25 per cento dell'ammontare complessivo di tutte le operazioni effettuate; limitatamente all’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni ammortizzabili, nonché di beni e servizi per studi e ricerche; quando si effettuano prevalentemente operazioni non soggette all’imposta; quando si tratta di soggetto non residente. Il contribuente, anche fuori dai suddetti casi, può chiedere il rimborso dell'eccedenza detraibile, risultante dalla dichiarazione annuale, se dalle dichiarazioni dei due anni precedenti risultano eccedenze detraibili.

L’articolo 34, comma 9, disciplina i casi in cui ai produttori agricoli che esportano prodotti agricoli e ittici ad aliquota ridotta compete la detrazione o il rimborso IVA.

Nel corso dell’esame parlamentare è stata estesa alla dichiarazione integrativa IVA la disciplina sopra prevista da applicare in caso di dichiarazione presentata oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, ma sempre entro il termine per l’accertamento fiscale. In tal caso il credito d’imposta derivante dalla dichiarazione integrativa può essere chiesto a rimborso ove ricorrano, per l'anno per cui è presentata la dichiarazione integrativa, i requisiti di cui agli articoli 30 e 34, comma 9, del D.P.R. n. 633 del 1972, ovvero può essere utilizzato in compensazione per eseguire il versamento di debiti maturati a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa. Nella dichiarazione relativa al periodo d'imposta in cui è presentata la dichiarazione integrativa è indicato il credito derivante dal minor debito o dal maggiore credito risultante dalla dichiarazione integrativa (comma 6-quater).

Anche in tal caso resta ferma per il contribuente la possibilità di far valere, anche in sede di accertamento o di giudizio, eventuali errori, di fatto o di diritto, che abbiano inciso sull'obbligazione tributaria, determinando l'indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d'imposta o, comunque, di una minore eccedenza detraibile (comma 6-quinquies).

 

La relazione governativa sottolinea che le norme sopra descritte, nel recepire l’orientamento consolidato della giurisprudenza espresso nella sentenza n. 13378 del 2016 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, disciplinano con sistematicità la possibilità per il contribuente di presentare una dichiarazione integrativa a lui favorevole anche oltre il termine di un anno.

Infatti il quadro normativo che emerge dalla sentenza della Cassazione determina uno squilibrio in favore dell’amministrazione finanziaria rispetto al contribuente, dal momento che mentre la prima ha facoltà di procedere alle rettifiche d’ufficio entro i generali termini di accertamento, a quest’ultimo è data facoltà di rettificare in proprio favore la dichiarazione, con conseguente possibilità di godere immediatamente dei benefìci della rettifica mediante compensazione, unicamente entro il ben più ristretto termine di un anno. Il contribuente potrebbe solamente presentare istanza di rimborso per le imposte versate in eccesso entro quarantotto mesi dal versamento (art. 38 del D.P.R. n. 602 del 1973), potendo però incorrere in un rifiuto da parte del fisco contro il quale rimane unicamente la strada del contenzioso giurisdizionale.

 

Il comma 1-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, estende anche ai tributi doganali ed alle accise amministrati dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli, per determinate ipotesi, la riduzione della sanzione prevista in caso di ravvedimento operoso e di regolarizzazione degli errori e delle omissioni. Per gli stessi tributi non si applica la generale preclusione al ravvedimento consistente nel fatto che la violazione sia stata già constatata e comunque sia iniziato l'accertamento, salva la notifica di avvisi di pagamento e atti di accertamento (articolo 13 del D.Lgs. n. 472 del 1997).

 

Il comma 2 aggiorna i riferimenti normativi della disciplina del termine dell’accertamento in caso di presentazione di dichiarazione integrativa. Infatti la normativa vigente (comma 640 della legge di stabilità 2015) già prevede che ove sia presentata una dichiarazione integrativa (ai sensi dell’articolo 2, comma 8 del richiamato D.P.R. n. 322 del 1998) e in tutti i casi di regolarizzazione dell’omissione o dell’errore, i termini per l’accertamento e per la notifica delle cartelle di pagamento relativi, rispettivamente, all’attività di liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni e di controllo formale delle dichiarazioni, decorrono dalla presentazione di tali dichiarazioni. La norma in esame aggiunge il riferimento al nuovo comma 6-bis dell’art. 8 (integrazione della dichiarazione IVA).

Infine, la norma interviene al fine di meglio precisare che la riapertura dei termini di accertamento opera limitatamente ai “soli” elementi oggetto dell’integrazione, dovendosi per tali ultimi intendere unicamente gli specifici elementi non contenuti o indicati in maniera scorretta nella dichiarazione originariamente presentata dal contribuente e aggiunti o rettificati in sede di dichiarazione integrativa.

 

Il comma 2-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, modifica la disciplina relativa allo scomputo dall'imposta delle ritenute alla fonte a titolo d'acconto e sui redditi sottoposti a tassazione separata per i lavoratori autonomi (modifica all’articolo 22, comma 1, lett. c), del TUIR). In particolare, per le ritenute operate nell'anno successivo a quello di competenza dei redditi, ma anteriormente alla presentazione della dichiarazione, si attribuisce al contribuente la facoltà di scegliere se scomputarle dall'imposta relativa al periodo di competenza dei redditi, ovvero dall'imposta dovuta nel periodo di imposta nel quale le ritenute sono state operate.

Si segnala l’opportunità di correggere il riferimento al testo della norma da sostituire: dalla lettera c) fino alla fine del comma.

Il comma 2-ter prevede una identica disposizione con riferimento gli agenti e i rappresentanti di commercio (articolo 25-bis del D.P.R. n. 600 del 1973). Anche in tale caso le ritenute alla fonte operate a titolo di acconto nell'anno successivo a quello di competenza dei redditi, ma anteriormente alla presentazione della dichiarazione dei redditi possono essere scomputate dall'imposta relativa al periodo d'imposta di competenza dei redditi o, alternativamente, dall'imposta relativa al periodo d'imposta nel quale sono state operate (ovvero con la dichiarazione successiva).

Si segnala che tale normativa riprende quanto previsto dall’articolo 1 della proposta di legge A.C. 3813, a prima firma Pisano. Nella relativa relazione si legge che lo scomputo della ritenuta operata nell'anno successivo a quello di competenza, se eseguito nella dichiarazione relativa al periodo d'imposta precedente, comporta notevoli complicazioni di carattere contabile e dichiarativo in conseguenza dello sfasamento temporale delle relative annotazioni. Inoltre il carattere precettivo della disposizione vigente, che impone al contribuente di riportare la detrazione nella prima dichiarazione utile, comporta la perdita del diritto alla detrazione in caso di omessa indicazione, salva la possibilità di effettuare una dichiarazione correttiva con conseguente aggravio di oneri.


Articolo 5-bis
(Definizione delle controversie in materia di accise e di IVA afferente)

 

L'articolo autorizza l'Agenzia delle Dogane a definire con transazioni, entro il 30 settembre 2017, le liti fiscali pendenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, aventi ad oggetto il recupero dell'accisa su prodotti energetici, alcol e bevande alcoliche riferite a fatti verificatisi anteriormente al 1° aprile 2010.

 

L'articolo è finalizzato ad agevolare la soluzione del contenzioso pendente in materia di accise e di IVA afferente.

L'Agenzia delle dogane e dei monopoli è pertanto autorizzata a definire con transazioni, entro il 30 settembre 2017, le liti fiscali pendenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, aventi ad oggetto il recupero dell'accisa su prodotti energetici, alcol e bevande alcoliche. Le imposte oggetto del contenzioso devono riferirsi a fatti verificatisi anteriormente al 1° aprile 2010.

Il soggetto passivo può estinguere la pretesa tributaria pagando, entro sessanta giorni dalla transazione, almeno il venti per cento dell'accisa e della relativa imposta sul valore aggiunto in contestazione.

Sono esclusi interessi, indennità di mora e sanzioni.

Il pagamento può essere effettuato in un massimo di sette rate annuali. In tal caso il tasso degli interessi legali è maggiorato di due punti. Resta fermo il recupero delle imposte nei confronti del responsabile del reato.

I giudizi in corso sono sospesi, a richiesta del soggetto obbligato. Il pagamento di quanto previsto determina l'estinzione delle liti fiscali pendenti a tale titolo, in ogni stato e grado di giudizio.

Tale nuova disciplina si applica solo se il procedimento penale, eventualmente instauratosi, non abbia riconosciuto il dolo o la colpa grave per gli stessi fatti. 

 


Articolo 6
(Definizione agevolata)

 

 

L’articolo 6, modificato durante l’esame parlamentare, prevede la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione negli anni compresi tra il 2000 e il 2016 (termine così fissato in sede di esame alla Camera, in luogo dell’originaria scadenza al 2015).

Aderendo alla procedura il contribuente può pagare solo le somme iscritte a ruolo a titolo di capitale, di interessi legali e di remunerazione del servizio di riscossione. Non sono dovute dunque le sanzioni, gli interessi di mora e le sanzioni e somme aggiuntive gravanti su crediti previdenziali. Il pagamento è comunque dilazionato in rate nel corso del 2017 e nel corso del 2018 (comma 1).

A tal fine dovrà essere presentata un’apposita dichiarazione, entro il 31 marzo 2017 (in luogo dell’originario termine del 22 gennaio 2017, per effetto di una modifica apportata alla Camera), con la quale si manifesta la volontà di avvalersi della definizione agevolata (comma 2). L’agente della riscossione comunica gli importi dovuti a ciascun contribuente che presenti la relativa istanza (comma 3) e fornisce ai debitori i dati necessari a individuare i carichi definibili (comma 3-bis). L’agente della riscossione inoltre avvisa il debitore dei carichi affidati nell'anno 2016 per i quali, alla data del 31 dicembre 2016, risulta non ancora notificata la cartella di pagamento ovvero l’avviso di presa in carico degli accertamenti esecutivi (comma 3-ter).

La procedura - disciplinata ai commi 4-7 - si estende, a specifiche condizioni, ai debitori che abbiano già pagato parzialmente, anche a seguito di provvedimenti di dilazione emessi dall’agente della riscossione (comma 8).

Durante l’esame parlamentare (comma 4-bis) è stato chiarito che resta comunque rateizzabile, in deroga alla disciplina generale, il carico per cui il debitore è decaduto dalla definizione agevolata nel caso di mancato inesatto pagamento: tale deroga opera se si tratta di carichi non precedentemente rateizzati, e a condizione che siano trascorsi meno di sessanta giorni tra la notifica dell’atto esecutivo e la dichiarazione di volersi avvalere della rateizzazione.

Il comma 9 regola l’ipotesi in cui il pregresso pagamento parziale consente, alla luce delle nuove disposizioni, di beneficiare della definizione agevolata.

Il comma 9-bis, inserito durante l’esame parlamentare, include nella definizione agevolata i carichi che rientrano nei procedimenti instauratisi a seguito di istanza presentata dai debitori nei procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento.

Il successivo comma 9-ter chiarisce che, nel corso di proposte di accordo o piano del consumatore, i debitori possono estinguere il debito senza corrispondere le sanzioni, gli interessi di mora e le sanzioni e le somme aggiuntive, provvedendo al pagamento del debito, anche falcidiato, nelle modalità e nei tempi eventualmente previsti nei provvedimenti giurisdizionali relativi alle suddette procedure.

Oltre alle risorse proprie tradizionali UE, alle somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ed ai crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti, sono escluse dalla definizione agevolata le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna, nonché le altre sanzioni, diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti dagli enti previdenziali (comma 10).

Con riferimento alle sanzioni amministrative per violazioni al Codice della strada, la definizione agevolata può tuttavia riguardare (comma 11) i soli interessi sulle sanzioni amministrative.

Il comma 12 disciplina il discarico automatico dell’agente della riscossione a seguito della definizione agevolata.

Il nuovo comma 12-bis modifica, coerentemente alle innovazioni della struttura ed della governance dell’agente della riscossione, nonché alle norme in esame sulla definizione agevolata, la disciplina delle comunicazioni di inesigibilità dei carichi.

Ai sensi del comma 13, per i debitori soggetti a procedure concorsuali e nel caso di composizione negoziale della crisi d'impresa, le somme impiegate nella definizione agevolata sono considerate crediti prededucibili.

Infine il comma 13-bis, chiarisce che la definizione agevolata prevista dal presente articolo può riguardare il singolo carico iscritto a ruolo o affidato.

 

Per effetto delle disposizioni in esame (comma 1) il debitore estingue il debito contenuto nei carichi affidati agli agenti della riscossione negli anni dal 2000 al 2016 pagando solo le somme iscritte nel ruolo a titolo di capitale e gli interessi legali, nonché le somme dovute a titolo di remunerazione del servizio di riscossione.

Le modifiche apportate in sede parlamentare hanno anzitutto prolungato dal 2015 al 2016 il lasso di tempo nel quale devono essere stati affidati all’agente della riscossione i crediti definibili con modalità agevolate. Espungendo il riferimento ai ruoli, dal nuovo tenore letterale della norma sembra evincersi che la definizione agevolata si applica anche ai cd. accertamenti esecutivi (di cui agli articoli 29 e 30 del decreto-legge n. 78 del 2010).

Si ricorda che il predetto decreto-legge, con l’intento di concentrare la riscossione dei crediti tributari e contributivi nella fase dell’accertamento, ha conferito efficacia di titolo esecutivo già all’atto di accertamento (articolo 29) ed all’avviso di addebito inviato dall’INPS (articolo 30).

Sempre durante l’esame parlamentare è stato chiarito che il pagamento agevolato è comunque dilazionato in rate, su cui decorrono gli interessi dal 1° agosto 2017.

E’ stato inoltre chiarito che, fermo restando che il 70 per cento delle somme complessivamente dovute deve essere versato nell'anno 2017 e il restante 30 per cento nell'anno 2018, il pagamento è effettuato, per l'importo da versare distintamente in ciascuno dei due anni, in rate di pari ammontare, nel numero massimo di tre nel 2017 e di due nel 2018.

Resta fermo che, ove si aderisca a tale procedura, non sono corrisposte le somme dovute a titolo di:

§  sanzioni;

§  interessi di mora (ai sensi dell’articolo 30, comma 1 del DPR n. 602 del 1973). Gli interessi di mora sono oneri aggiuntivi, previsti dalla legge, che si applicano alle somme da pagare in caso di scadenza dei termini previsti. Gli interessi di mora, decorsi inutilmente 60 giorni dalla notifica della cartella/avviso, si applicano giornalmente sulle somme richieste a partire dalla data della notifica e fino alla data del pagamento. A partire dai ruoli consegnati dal 13 luglio 2011, gli interessi di mora non sono più calcolati sulle sanzioni pecuniarie tributarie e sugli altri interessi;

§  sanzioni e somme aggiuntive dovute sui crediti previdenziali (di cui all’articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46).

 

Si ricorda brevemente che nella cartella di pagamento (e per i debiti tributari nell’accertamento esecutivo) viene indicato l’importo totale da saldare e gli enti che ne hanno fatto richiesta tramite l’agente della riscossione. Sono inoltre indicati il dettaglio dei singoli tributi / somme non pagati, gli interessi, le sanzioni, l’aggio e le altre spese.

Se il pagamento avviene oltre i termini di scadenza indicati nella cartella/avviso, all'importo si aggiungeranno:

§  ulteriori interessi di mora e sanzioni, previsti dalla legge e versati interamente agli enti creditori;

§  la remunerazione del servizio di riscossione (aggio);

§  le eventuali spese per le azioni cautelari/esecutive (ipoteche, fermi, pignoramenti).

 

La “rottamazione” delle cartelle di modesta entità

 

Si ricorda in questa sede che la legge di stabilità 2013 (articolo 1, comma 527 della legge n. 228 del 2012) aveva introdotto una sanatoria per le cartelle di importo non superiore a 2.000 euro (comprensivi di quota capitale e interessi), applicabile ai ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999. Più in dettaglio, se ne prevedeva l’annullamento automatico, decorsi 6 mesi dall’entrata in vigore della norma (1° luglio 2013). Si trattava in sostanza di una sanatoria per debiti fiscali di modesta entità.

L’importo massimo di 2.000 euro si calcola considerando il capitale, gli interessi per ritardata iscrizione al ruolo e le sanzioni. Con il D.M. 15 giugno 2015, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, si dispone che l’elenco delle quote riferite ai suddetti crediti annullati venga trasmesso dall’agente della riscossione all’ente creditore.

I crediti arretrati non riscossi

 

Nel corso di un’audizione al Senato il 9 febbraio 2016, l'amministratore delegato di Equitalia, avv. Ruffini, ha diffuso i dati relativi al carico di crediti non riscossi affidati ad Equitalia negli ultimi 15 anni. Il carico totale lordo ammonta a circa 1.000 miliardi. Il 20 per cento di tale ammontare è stato annullato dagli stessi enti creditori, in quanto indebito. Dei restanti 841 miliardi di euro, oltre un terzo sono difficilmente recuperabili, in quanto si riferiscono a debitori falliti, deceduti o nullatententi. Residuano 506 miliardi di euro, di cui oltre il 60% (314 miliardi) corrispondono a posizioni per cui si sono tentate invano azioni esecutive. Considerando infine le rateazioni e le citate norme a favore dei contribuenti, le posizioni effettivamente lavorabili si riducono quindi a 51 miliardi di euro, il 5 per cento del carico totale lordo iniziale.

Nell'audizione citata sono descritte le cause del fenomeno, il meccanismo dell'inesigibilità e i possibili rimedi. La normativa vigente dal 1999 prevede, in via ordinaria, che l'Agente della riscossione effettui le comunicazioni di inesigibilità entro il terzo anno successivo alla consegna del ruolo. Tuttavia, l'esistenza di una consistente mole di arretrati ha indotto a disporre, con norme emanate a più riprese, il differimento dei termini di presentazione delle comunicazioni, rimodulando, in parallelo, quelli per il controllo da parte degli enti creditori. La soluzione è stata così rinviata di anno in anno, con il risultato di aggravare il problema facendo lievitare la massa di quote inesigibili. Esse sono per circa un terzo riconducibili alle società concessionarie private che fino al 2006 hanno gestito il servizio nazionale della riscossione. Con la legge di stabilità 2015 è stato introdotto un particolare calendario per le comunicazioni di inesigibilità degli arretrati, al fine di permettere ad Equitalia di concentrarsi sulle partite più recenti.

L'a.d. Ruffini suggerisce di valutare l'opportunità di concordare almeno con i principali enti creditori (Agenzia delle entrate ed INPS) la possibilità di presentare le comunicazioni di inesigibilità delle quote di importo rilevante – per le quali l'inesigibilità sia già stata definitivamente accertata – secondo una progressione diversa da quella attualmente prevista dalla norma.

 

Per accedere all’agevolazione si deve provvedere al pagamento delle seguenti somme:

a)   somme affidate all’agente della riscossione a titolo di capitale e interessi legali;

b)  somme maturate a favore dell’agente della riscossione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, a titolo di aggio sulle somme di cui alla lettera a) e di rimborso delle spese per le procedure esecutive, nonché di rimborso delle spese di notifica della cartella di pagamento.

 

Con riferimento alla lettera b), si rammenta che il D.lgs. n. 159 del 2015, in attuazione della legge di delega fiscale (legge n. 23 del 2014) ha apportato numerose modifiche alla normativa della riscossione dei tributi e delle altre somme iscritte a ruolo.

In primo luogo (articolo 9 del decreto) è stata ridisciplinata la remunerazione del servizio nazionale della riscossione.

A partire dai carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2016, infatti, l’aggio è sostituito dagli “oneri di riscossione”, dovuti per il funzionamento del servizio nazionale di riscossione, con una riduzione dei costi per il cittadino. Infatti, in caso di pagamento effettuato entro 60 giorni dalla notifica della cartella, tali oneri sono pari al 3 per cento delle somme riscosse (in luogo del 4,65 per cento). In caso di pagamento effettuato dopo 60 giorni dalla data di notifica della cartella, gli oneri di riscossione, interamente a carico del debitore, sono pari al 6 per cento dell’importo dovuto (rispetto all’8 per cento del cd. aggio).

I debitori iscritti a ruolo sopportano, altresì, gli oneri legati all’effettuazione delle procedure esecutive e quelli necessari per la notifica della cartella di pagamento o degli altri atti di riscossione; la riforma prevede che anche gli enti creditori contribuiscano alla remunerazione del sistema. Gli oneri della riscossione ed esecuzione sono commisurati ai costi da sostenere per il servizio nazionale della riscossione e non più al costo di funzionamento del servizio.

Tuttavia, il richiamato D.lgs. n. 159 del 2015 ha tenuto fermo il precedente regime per i carichi affidati sino al 31 dicembre 2015, ovvero quelli interessati dalla definizione agevolata in commento.

Di conseguenza, per detti carichi rimane vigente il precedente sistema di remunerazione mediante aggio (pari all’8 per cento dal 1° gennaio 2013, 9 per cento dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2012) ripartito tra ente creditore e debitore iscritto a ruolo.

Per quanto invece riguarda gli interessi di mora,  si ricorda che l’articolo 13 del medesimo D.Lgs. n. 159 del 2015 ha introdotto una complessiva revisione della misura dei tassi degli interessi per il versamento, la riscossione e i rimborsi di ogni tributo. Il tasso di interesse viene determinato preferibilmente in una misura unica, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, compresa nell’intervallo tra lo 0,5 per cento e il 4,5 per cento, determinata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

Fino all'emanazione del suddetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alle norme primarie e secondarie vigenti per gli interessi di mora: si applica il tasso individuato annualmente con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate. I provvedimenti attuativi dell’articolo 13 non risultano ancora emanati; di conseguenza, ai sensi dell’articolo 30 del DPR n. 602 del 1973 è stato emanato il provvedimento Agenzia delle entrate  n. 60535 del 27.04.2016.

 

Il comma 2 disciplina gli adempimenti a carico del debitore per accedere alla definizione agevolata: egli deve rendere un’apposita dichiarazione all’agente della riscossione entro il 31 marzo 2017 (termine così prorogato durante l’esame parlamentare, dall’originario 22 gennaio 2017).

La dichiarazione è redatta con le modalità e in conformità alla modulistica che lo stesso agente della riscossione ha pubblicato sul proprio sito internet.

In tale dichiarazione il debitore deve indicare il numero di rate nel quale intende effettuare il pagamento, entro il limite massimo di quattro (come previsto dal comma 1), nonché la pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi cui si riferisce la dichiarazione. Con la dichiarazione il debitore si assume l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi.

Ai sensi del comma 3, entro il 31 maggio 2017 (termine così prorogato dal 22 aprile 2017, per effetto delle modifiche parlamentari), l’agente della riscossione comunica ai debitori l’ammontare complessivo delle somme dovute ai fini della definizione, nonché quello delle singole rate, e il giorno e il mese di scadenza di ciascuna di esse.

Nel corso dell’esame alla Camera sono stati specificati i criteri cui deve attenersi l’agente della riscossione:

a) per l'anno 2017, la scadenza delle singole rate è fissata nei mesi di luglio, settembre e novembre;

b) per l'anno 2018, la scadenza delle singole rate è fissata nei mesi di aprile e settembre.

Nella formulazione originaria della norma, si disponeva che la scadenza della terza rata non potesse superare il 15 dicembre 2017 e la scadenza della quarta rata non potesse superare il 15 marzo 2018.

 

Durante l’esame alla Camera sono stati inseriti i commi 3-bis e 3-ter ai sensi dei quali, rispettivamente:

-   l'agente della riscossione fornisce ai debitori i dati necessari a individuare i carichi definibili con modalità agevolate, sia presso i propri sportelli, sia nell'area riservata del sito internet istituzionale;

-   entro il 28 febbraio 2017 l'agente della riscossione, con posta ordinaria, avvisa il debitore dei carichi affidati nell'anno 2016 per i quali, alla data del 31 dicembre 2016, gli risulta non ancora notificata la cartella di pagamento, ovvero non inviata l'informazione di presa in carico da parte dell’agente della riscossione, ovvero notificato l'avviso di addebito di crediti contributivi.

Il comma 4 disciplina le conseguenze del mancato, insufficiente o tardivo versamento delle somme dovute (integralmente o delle singole rate) con definizione agevolata.

In tali casi la definizione non produce effetti e riprendono a decorrere gli ordinari termini di prescrizione e decadenza per il recupero dei carichi oggetto della dichiarazione.

I versamenti effettuati sono acquisiti a titolo di acconto dell’importo complessivamente dovuto a seguito dell’affidamento del carico; essi non determinano l’estinzione del debito residuo, di cui l’agente della riscossione prosegue l’attività di recupero e il cui pagamento non può essere rateizzato (ai sensi dell’articolo 19 del D.P.R. n. 602 del 1973, che reca la disciplina della rateizzazione delle somme iscritte a ruolo).

 

Il comma 4-bis, introdotto alla Camera, consente – a specifiche condizioni - di rateizzare i carichi per cui vi sia stato il mancato, insufficiente o tardivo versamento delle somme dovute a titolo di definizione agevolata.

Se detti carichi non sono stati inclusi in precedenti piani di dilazione (piani in essere all’entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame), essi possono rateizzarsi anche se vi è stato un adempimento inesatto. Ciò avviene a condizione che, alla data di presentazione della richiesta per l’accesso alla definizione agevolata siano trascorsi meno di sessanta giorni dalla data di notifica della cartella di pagamento, ovvero dell'avviso di accertamento esecutivo o dell'avviso di addebito di somme dovute a titolo contributivo.

Il comma 5 disciplina gli effetti della presentazione della dichiarazione, che sospende i termini di prescrizione e decadenza per il recupero dei carichi oggetto della dichiarazione stessa.

Con una modifica approvata durante l’esame parlamentare è stato chiarito sono altresì sospesi, per i carichi oggetto della domanda di definizione agevolata, fino alla scadenza della prima o unica rata delle somme dovute, gli obblighi di pagamento derivanti da precedenti dilazioni in essere, con riferimento alle rate in scadenza dopo il 31 dicembre 2016.

L’agente della riscossione non può avviare nuove azioni esecutive o iscrivere nuovi fermi amministrativi e ipoteche, fatti salvi i fermi amministrativi e le ipoteche già iscritti alla data di presentazione della dichiarazione, e non può altresì proseguire le procedure di recupero coattivo precedentemente avviate, purché non si sia ancora tenuto il primo incanto con esito positivo ovvero non sia stata presentata istanza di assegnazione ovvero non sia stato già emesso provvedimento di assegnazione dei crediti pignorati.

Si chiarisce che (comma 6) ai pagamenti dilazionati delle somme oggetto di definizione agevolata non si applicano le ordinarie disposizioni per la dilazione delle somme iscritte a ruolo, contenute nel citato articolo 19 del D.P.R. n. 602 del 1973.

 

In sintesi l’articolo 19, da ultimo modificato dal già richiamato D.lgs n. 159 del 2015, consente al contribuente che dichiara di versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà di accedere alla dilazione delle somme iscritte a ruolo fino ad un massimo di settantadue rate mensili. Se le somme iscritte a ruolo sono superiori a 60.000 euro, la dilazione può essere concessa se il contribuente documenta una temporanea situazione di obiettiva difficoltà.

In caso di comprovato peggioramento della situazione di obiettiva difficoltà, la dilazione concessa può essere prorogata una sola volta, per un ulteriore periodo e fino a settantadue mesi, a condizione che non sia intervenuta decadenza.  Il piano di rateazione può prevedere, in luogo di rate costanti, rate variabili di importo crescente per ciascun anno. Sono previsti specifici limiti all’iscrizione di fermo e ipoteca nel caso di rateazione. Se il debitore si trova, per ragioni estranee alla propria responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica, può vedere aumentata la propria rateazione fino a centoventi rate mensili.

Si decade dal beneficio nel caso di mancato pagamento, nel corso del periodo di rateazione, di cinque rate, anche non consecutive; in tal caso l'intero importo iscritto a ruolo ancora dovuto è immediatamente ed automaticamente riscuotibile in unica soluzione ed il carico può essere nuovamente rateizzato se, all'atto della presentazione della richiesta, le rate scadute alla stessa data sono integralmente saldate. Il nuovo piano di dilazione può essere ripartito nel numero massimo di rate non ancora scadute alla medesima data.

 

Ai sensi del comma 7, il pagamento delle somme dovute per la definizione può essere effettuato mediante domiciliazione sul conto corrente (indicato dal debitore nella dichiarazione resa ai sensi del comma 2) ovvero con bollettini precompilati, che l’agente della riscossione è tenuto ad allegare alla comunicazione delle somme da pagare, se il debitore non ha richiesto di eseguire il versamento con domiciliazione bancaria o, in alternativa, presso gli sportelli dell’agente della riscossione.

 

Il comma 8 estende l’applicazione della definizione agevolata anche ai debitori che hanno già pagato parzialmente, anche a seguito di provvedimenti di dilazione emessi dall’agente della riscossione, a condizione che risultino adempiuti tutti i versamenti con scadenza dal 1° ottobre al 31 dicembre 2016. In tal caso, le norme pongono le seguenti condizioni:

a)   per determinare le somme oggetto di definizione agevolata, si tiene conto solo degli importi già versati a titolo di capitale e interessi inclusi nei carichi affidati, nonché di aggio e di rimborso delle spese per le procedure esecutive e delle spese di notifica della cartella di pagamento;

b)  restano definitivamente acquisite e non sono rimborsabili le somme versate, anche anteriormente alla definizione, a titolo di sanzioni incluse nei carichi affidati, di interessi di dilazione, di interessi di mora e di sanzioni e somme aggiuntive previdenziali;

c)   il pagamento della prima o unica rata delle somme dovute ai fini della definizione determina, limitatamente ai carichi definibili, la revoca automatica dell’eventuale dilazione ancora in essere precedentemente accordata dall’agente della riscossione.

Il comma 9 chiarisce gli adempimenti dovuti nel caso in cui il debitore, per effetto dei pagamenti parziali già effettuati - computati secondo le modalità già illustrate secondo il comma 8 - ha già integralmente corrisposto quanto dovuto: in tal caso non può beneficiare automaticamente degli effetti della definizione agevolata, ma deve comunque manifestare la sua volontà di aderirvi con l’apposita dichiarazione ai sensi del comma 2.

 

Il comma 9-bis, introdotto durante l’esame parlamentare, estende la definizione agevolata anche ai carichi affidati agli agenti della riscossione che rientrano nei procedimenti instauratisi a seguito di istanza presentata dai debitori nei procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio (capo II, sezione prima della legge n. 3 del 2012).

L’introdotto comma 9-ter dispone che, nelle proposte di accordo o del piano del consumatore presentate in seno alla disciplina del sovraindebitamento (ai sensi dell'articolo 6, comma 1, della legge 27 gennaio 2012, n. 3), i debitori possono estinguere il debito senza corrispondere le sanzioni, gli interessi di mora, ovvero le sanzioni e le somme aggiuntive per i crediti previdenziali provvedendo al pagamento del debito, anche falcidiato, nelle modalità e nei tempi eventualmente previsti nel decreto di omologazione dell'accordo o del piano del consumatore.

Il comma 10 reca le esclusioni dalla procedura di definizione agevolata.

In particolare, sono esclusi dalla definizione agevolata i carichi affidati agli agenti della riscossione relativi:

a)   le risorse proprie tradizionali UE: si tratta dei dazi doganali, dei contributi provenienti dall’imposizione di diritti alla produzione dello zucchero (articolo 2, paragrafo 1, lettera a) della decisione 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007 e 2014/335/UE/Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014) e l’IVA riscossa all'importazione;

b)  le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato (articolo 16 del regolamento UE n. 2015/1589 del Consiglio);

c)   i crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti;

d)  le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna;

 

Nel corso dell’esame alla Camera è stata espunto dalle esclusioni il riferimento alle sanzioni amministrative per violazioni al Codice della strada, disciplinate dal successivo comma 11.

E’ stato tuttavia precisato (lettera e-bis) che sono escluse dalla definizione agevolata le altre sanzioni, diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti dagli enti previdenziali.

 

La definizione agevolata può tuttavia (comma 11) riguardare gli interessi sulle sanzioni amministrative per violazioni al Codice della strada, compresi gli interessi per ritardato pagamento delle somme dovute (ai sensi dell’articolo 27, sesto comma, delle legge 24 novembre 1981, n. 689).

L’articolo 27 sopra richiamato prevede che, in caso di ritardo nel pagamento, la somma dovuta è maggiorata di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all'esattore. La maggiorazione assorbe gli interessi eventualmente previsti dalle disposizioni vigenti.

 

Il comma 12 dispone che, in caso di definizione agevolata ai sensi delle norme in esame, l’agente della riscossione sia automaticamente discaricato dell’importo residuo.

Al fine di consentire agli enti creditori di eliminare dalle proprie scritture patrimoniali i crediti corrispondenti alle quote discaricate, lo stesso agente della riscossione trasmette, anche in via telematica, a ciascun ente interessato, entro il 30 giugno 2019 (in luogo del 31 dicembre 2018, come previsto dalla formulazione originaria del decreto-legge), l’elenco dei debitori che hanno esercitato la facoltà di definizione e dei codici tributo per i quali è stato effettuato il versamento.

Il comma 12-bis conseguentemente modifica la disciplina delle comunicazioni di inesigibilità dei carichi (sostituendo il primo periodo dell’articolo 1, comma 684 della legge di stabilità 2015, legge n. 190 del 2014).

In particolare, si dispone che le comunicazioni di inesigibilità relative a quote affidate agli agenti della riscossione dal 1 gennaio 2000 al 31 dicembre 2015 - anche da soggetti creditori che hanno cessato o cessano di avvalersi delle società del Gruppo Equitalia Spa - sono presentate, per i ruoli consegnati negli anni 2014 e 2015, entro il 31 dicembre 2019 e, per quelli consegnati fino al 31 dicembre 2013, per singole annualità di consegna partendo dalla più recente, entro il 31 dicembre di ciascun anno successivo al 2019.

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Il comma 13, riferibile ai debitori soggetti a procedure concorsuali e – per effetto delle modifiche alla Camera - anche a quelli sottoposti a tutte le procedure di composizione negoziale della crisi d'impresa previste dalla legge, qualifica come crediti prededucibili le somme che saranno impiegate nella definizione agevolata.

Attraverso il richiamo degli articoli 111 e 111-bis della legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942) il decreto-legge prevede dunque che le somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo siano destinate, con priorità, alla definizione agevolata, conseguentemente modificando l’ordine di ripartizione dell’attivo.

 

Infine il comma 13-bis, introdotto durante l’esame parlamentare, chiarisce che la definizione agevolata prevista dal presente articolo può riguardare il singolo carico iscritto a ruolo o affidato.

 

 


Articolo 6-bis
(
Rappresentanza e assistenza dei contribuenti)

 

L'articolo consente anche ai tributaristi o consulenti tributari (di cui alla norma UNI 11511) certificati e qualificati ai sensi della legge sulle professioni non organizzate (legge 14 gennaio 2013, n. 4) di autenticare la sottoscrizione della procura alla rappresentanza e assistenza dei contribuenti presso gli uffici finanziari.

 

L'articolo 63 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 individua i soggetti dai quali i contribuenti può farsi rappresentare presso gli uffici finanziari a mezzo procura speciale che deve essere conferita per iscritto con firma autenticata.

Il secondo comma in cui si inserisce la novella stabilisce che la procura speciale in commento deve essere conferita per iscritto con firma autenticata. L'autenticazione non è necessaria quando la procura è conferita al coniuge o a parenti e affini entro il quarto grado o a propri dipendenti da persone giuridiche. Quando la procura è conferita a persone iscritte in albi professionali o nell'elenco previsto dal terzo comma, a soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli dei periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la subcategoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o di diploma di ragioneria ovvero ai soggetti indicati nell'articolo 4, comma 1, lettere e), f) ed i), del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545 è data facoltà agli stessi rappresentanti di autenticare la sottoscrizione.

La novella inserisce la categoria dei tributaristi o consulenti tributari (di cui alla norma UNI 11511) certificati e qualificati ai sensi della legge sulle professioni non organizzate (legge 14 gennaio 2013, n. 4) nel novero dei soggetti abilitati ad autenticare la sottoscrizione della procura alla rappresentanza e assistenza dei contribuenti presso gli uffici finanziari.

La professione del "tributarista" rientra tra le professioni non regolamentate afferenti alla citata legge 4/2013 e al D.lgs 13/2013, le quali definiscono che un professionista può certificarsi, ove presente una norma, attraverso un Ente di Certificazione accreditato ISO 17024 sulla specifica norma.

La norma UNI 11511 definisce i requisiti relativi all’attività professionale del tributarista o consulente tributario, quale prestatore d' opera.

 

Atteso che l'articolo 63 novellato non è numerato per commi potrebbe valutarsi l'opportunità di riferire la novella al "quarto periodo" del medesimo articolo 63.

 

 


Articolo 6-ter
(
Definizione agevolata delle entrate regionali e degli enti locali)

 

 

Con l'articolo 6-ter, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, si estende la possibilità di introdurre la definizione agevolata (consistente nell’esclusione delle sanzioni) delle entrate regionali e degli enti locali, demandando ai relativi enti la disciplina di attuazione. Gli enti territoriali devono darne notizia mediante pubblicazione sul proprio sito istituzionale. Anche in tale caso è ammessa la rateizzazione del pagamento, che non può superare il 30 settembre 2018.

 

L’articolo disciplina la facoltà delle regioni e degli enti locali di definizione agevolata delle proprie entrate non riscosse, che siano state oggetto di provvedimenti di ingiunzione fiscale. A tal fine, ai sensi del comma 1, occorre che i richiamati provvedimenti siano stati notificati, nel periodo compreso fra il 2000 ed il 2016, dall’ente territoriale ovvero da un concessionario incaricato della riscossione, iscritto nell’albo previsto dalla legislazione vigente (si tratta dell’articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997, rubricato: “Albo per l’accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali”).

Nello specifico, l’eventuale definizione agevolata consiste nell’esclusione delle sanzioni relative alle entrate e deve essere disposta – entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in commento –  con i medesimi atti e le procedure con cui gli enti territoriali disciplinano (per gli aspetti di propria competenza) le medesime entrate. Dell’avvenuta adozione dell’atto con cui si dispone la definizione agevolata delle entrate gli enti impositori sono tenuti a dare notizia mediante pubblicazione nei rispettivi siti internet istituzionali, entro i successivi trenta giorni.

Ai sensi del comma 2, il provvedimento con cui è disposta la definizione agevolata deve contemplare i seguenti aspetti: a) il numero di rate e la relativa scadenza, fermo restando che in ogni caso il pagamento deve essere completato entro il 30 settembre 2018; b) le modalità attraverso le quali il debitore può avanzare l’istanza di avvalersi della definizione agevolata; c) il termine entro cui l’interessato è tenuto ad avanzare detta istanza, nonché stabilire che detta istanza debba contenere: il riferimento al numero di rate con cui si intende articolare il pagamento; la sussistenza di eventuali giudizi riguardanti i debiti interessati dalla definizione agevolata; la dichiarazione con cui il debitore assume impegno di rinuncia ai giudizi in essere; d) il termine entro cui l’ente impositore o il concessionario della riscossione sono tenuti a fornire riscontro all’istanza del debitore, comunicando a quest’ultimo l’ammontare complessivo delle entrate non riscosse al netto dei benefici riconosciuti dall’articolo in esame (cioè al netto delle sanzioni precedentemente applicate), l’ammontare di ciascuna rata e la scadenza delle stesse.

Il comma 3 disciplina gli effetti della presentazione dell’istanza di attivazione della definizione agevolata delle entrate da parte dell’interessato, che consistono nell’immediata sospensione dei termini di prescrizione e decadenza per il recupero delle somme oggetto dell’istanza  stessa.

Ai sensi del comma 4, in presenza del mancato, insufficiente o tardivo versamento delle somme dovute (con riferimento sia al pagamento integrale nel caso di soluzione unica, sia al pagamento di una singola rata nel caso di ricorso alla rateizzazione), la definizione non produce effetti e riprendono a decorrere gli ordinari termini di prescrizione e decadenza per il recupero delle somme oggetto dell’istanza. I versamenti eventualmente già effettuati sono acquisiti a titolo di acconto dell’importo complessivamente dovuto.

 Il comma 5 dispone l’applicabilità dei commi 10 e 11 dell’articolo 6 del decreto-legge in esame riguardanti i casi in cui non è possibile il ricorso alla definizione agevolata (per l’illustrazione di detti commi si rinvia alla relativa scheda di lettura). 

Il comma 6 prevede espressamente l’applicazione delle disposizioni del dell’articolo in esame alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, in conformità e compatibilmente con le forme e le condizioni speciali dei rispettivi statuti.

Tale disposizione si fonda sulla circostanza che la disciplina in materia di definizione agevolata delle entrate incide sul quadro delle competenze, definite dagli statuti (e, anche se non è esplicitato, si deve intendere dalle relative norme di attuazione), in quanto gli statuti stessi sono adottati con legge costituzionale. Si tratta peraltro di una clausola di salvaguardia che è costantemente inserita in tutti i provvedimenti riguardanti discipline idonee ad incidere sulle competenze delle regioni a statuto speciale e delle Province autonome, la cui assenza potrebbe essere oggetto di censura da parte della Corte costituzionale, eventualmente adita. 

 

Si segnala che l’articolo in esame appare in linea con le richieste avanzate dall’ANCI nel corso delle audizioni sul decreto-legge in esame presso le Commissioni bilancio e finanze della Camera dei deputati dello scorso 3 novembre. In quell’occasione, i rappresentati dell’Associazione hanno proposto:

i)                    l’estensione della disciplina della definizione agevolata dei debiti derivanti dalla mancata riscossione di entrate tramite provvedimenti di ingiunzione di pagamento, al fine di non sfavorire gli enti locali che hanno fatto ricorso a tale modalità di riscossione rispetto agli enti che hanno invece fatto ricorso al servizio della riscossione  nazionale;

ii)                  di prevedere tale estensione come facoltativa per gli enti locali, al fine di garantire il rispetto della loro autonomia. In questo modo sarebbero garantiti gli enti che ritengano inopportuno il ricorso a tale istituto “considerato il grado di compliance normalmente registrato e l’efficacia delle azioni di recupero dell’evasione condotte sul territorio”.

 

Si ricorda che l’art. 13 della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) aveva già consentito alle regioni, alle province e ai comuni il ricorso a forme di definizione agevolata dei propri crediti.

 

Nello specifico, con riferimento ai tributi propri, il citato articolo disponeva la possibilità per gli enti territoriali di stabilire, “con le forme previste dalla legislazione vigente per l'adozione dei propri atti destinati a disciplinare i tributi stessi, la riduzione dell'ammontare delle imposte e tasse loro dovute, nonché l'esclusione o la riduzione dei relativi interessi e sanzioni, per le ipotesi in cui, entro un termine appositamente fissato da ciascun ente […] i contribuenti adempiano ad obblighi tributari precedentemente in tutto o in parte non adempiuti”.

Nonostante la formulazione si sia prestata ad interpretazioni non univoche, si tratta di una disposizione la cui applicabilità deve considerarsi limitata ai periodi di imposta anteriori al 2003. L’agevolazione non è pertanto applicabile ai successivi periodi di imposta come invece ritenuto da taluni enti territoriali che avevano deliberato procedure agevolate per i periodi di imposta successivi. Per questo motivo si rende necessario un intervento normativo. La Corte di Cassazione, adita per dirimere una serie di controversie riguardanti condoni fiscali disposti successivamente al 2003, ha chiarito che il riferimento recato nella norma ad obblighi tributari “precedentemente non adempiuti” deve essere inteso nel senso di obblighi non adempiuti precedentemente all’entrata in vigore della legge stessa, e quindi non della deliberazione dell’ente territoriale diretta a prevedere la definizione agevolata. Ha quindi escluso che gli enti territoriali possano disporre di un potere esercitabile sine die[4].

 

Rispetto alle disposizioni di cui all’articolo 13 della legge n. 289 del 2002, l’articolo 6-ter in esame estende la definizione agevolata anche alle entrate non tributarie, mentre circoscrive l’agevolazione all’esclusione delle sanzioni relative alle predette entrate (senza prevedere anche la riduzione dell’ammontare delle tasse e delle imposte dovute, nonché l’esclusione o la riduzione degli interessi).

 

 

 


Articolo 7
(Riapertura dei termini della procedura di collaborazione volontaria e norme collegate)

 

 

L’articolo 7, modificato durante l’esame alla Camera, riapre i termini per esperire la procedura di voluntary disclosure in una finestra temporale che va dal 24 ottobre 2016 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame) al 31 luglio 2017.

Viene a tale scopo introdotto l’articolo 5-octies al decreto-legge n. 167 del 1990.

Essa trova applicazione, sia per l’emersione di attività estere, sia per le violazioni dichiarative relative a imposte erariali.

Per effetto delle modifiche apportate durante l’esame parlamentare, è possibile presentare l’istanza, limitatamente alle violazioni dichiarative per le attività detenute all'estero, anche se in precedenza è stata presentata domanda, entro il 30 novembre 2015, per le attività detenute in Italia. Specularmente si prevede la possibilità di presentare istanza per la collaborazione volontaria nazionale, anche se in precedenza ci si è avvalsi della voluntary disclosure limitatamente ai profili internazionali.

Le violazioni sanabili sono quelle commesse fino al 30 settembre 2016 (comma 1, lettera a), del nuovo articolo 5-octies del decreto-legge n. 167 del 1990). Analogamente alle norme varate nel 2014, le disposizioni prevedono lo slittamento dei termini di decadenza per l’accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA, nonché di contestazione delle sanzioni (comma 1, lettera b), del nuovo articolo 5-octies).

Per le attività e gli investimenti esteri oggetto della nuova procedura è possibile usufruire di un esonero dagli obblighi dichiarativi, limitatamente al 2016 e per la frazione del periodo d’imposta antecedente la data di presentazione dell’istanza di collaborazione volontaria, purché tali informazioni siano analiticamente illustrate nella relazione di accompagnamento all’istanza di voluntary disclosure e purché si versi in unica soluzione (entro il 30 settembre 2017) quanto dovuto a titolo di imposte, interessi e sanzioni (comma 1, lettera c), del nuovo articolo 5-octies).

Si chiarisce la non punibilità delle condotte di autoriciclaggio se commesse in relazione a specifici delitti tributari fino al versamento delle somme dovute per accedere alla procedura (comma 1, lettera d), del nuovo articolo 5-octies).

Rispetto alla voluntary disclosure disciplinata nel 2014, si prevede una diversa procedura: il contribuente provvede spontaneamente a versare in unica soluzione (entro il 30 settembre 2017) o in un massimo di tre rate (di cui la prima entro il 30 settembre 2017), il quantum dovuto a titolo di imposte, ritenute, contributi, interessi e sanzioni.

La procedura antecedente contemplava, invece, la presentazione di una apposita richiesta all’Amministrazione finanziaria e la fornitura della relativa documentazione; l’Agenzia delle entrate avrebbe poi provveduto ad emettere avviso di accertamento, ovvero ad invitare il contribuente all’adesione spontanea.

Il versamento delle somme dovute comporta i medesimi effetti previsti dalla precedente voluntary disclosure, sia sotto il profilo penale, sia con riferimento al versante sanzionatorio amministrativo (non punibilità per alcuni reati e riduzione delle sanzioni).

Gli effetti favorevoli penali e sanzionatori decorrono dal versamento in unica soluzione o della terza rata. L’Agenzia delle entrate comunica l’avvenuto perfezionamento della procedura di collaborazione volontaria (comma 1, lettera e), del nuovo articolo 5-octies).

Le norme disciplinano poi le conseguenze per il mancato o insufficiente versamento delle somme dovute entro i termini di legge: in tal caso, l’Agenzia può esperire le procedure dell’adesione all’invito a comparire, secondo le norme vigenti prima del 31 dicembre 2015, poi abrogate dalla legge di stabilità 2015 nell’alveo della complessiva riforma del ravvedimento operoso (comma 1, lettera f), del nuovo articolo 5-octies).

Con riferimento alle conseguenze sanzionatorie del mancato o insufficiente versamento spontaneo, le norme differenziano il trattamento riservato al mancato versamento da quello previsto per il versamento insufficiente; inoltre, per il caso di insufficiente versamento, sono previste conseguenze diverse secondo lo scostamento dal quantum dovuto (comma 1, lettera g), del nuovo articolo 5-octies).

Sono poi previste agevolazioni sanzionatorie e procedurali (eliminazione del raddoppio dei termini di accertamento) in specifiche ipotesi di stipula o di entrata in vigore di trattati internazionali volti all’effettivo scambio di informazioni fiscali (comma 1, lettera h) e comma 2, del nuovo articolo 5-octies). 

Si disciplina una nuova ipotesi di reato, attribuendo rilevanza penale alle condotte di chiunque, fraudolentemente, si avvalga della procedura di collaborazione volontaria per far emergere attività finanziarie e patrimoniali o contanti provenienti da reati diversi da quelli per cui la voluntary preclude la punibilità (comma 1, lettera i), del nuovo articolo 5-octies).

Analogamente a quanto disposto dalla legge n. 186 del 2014, la procedura si estende ai soggetti non destinatari degli obblighi di monitoraggio fiscale autori di violazioni dichiarative per attività detenute in Italia, ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive, dell'IRAP e dell'IVA, nonché alle violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d'imposta. Disposizioni specifiche sono previste nel caso in cui la collaborazione volontaria sia esperita con riferimento a contanti o valori al portatore (comma 3 del nuovo articolo 5-octies).

Per effetto delle modifiche apportate alla Camera, ove la collaborazione volontaria riguardi i contanti o valori al portatore si presume, salvo prova contraria, che essi siano derivati da redditi conseguiti, in quote costanti, a seguito di violazione degli obblighi di dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive, dell'IRAP e dell'IVA, nonché di violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti di imposta, commesse nell'anno 2015 e nei quattro periodi d'imposta precedenti.

Il comma 2 dell’articolo 7 dispone che le norme attuative siano adottate entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione.

Sono infine introdotte (comma 3 dell’articolo 7) disposizioni in tema di potenziamento dell’attività di accertamento fiscale da parte degli enti locali: in particolare si pongono a carico dei comuni specifici obblighi informativi nei confronti dell’Agenzia delle entrate, con riferimento alle richieste di iscrizione all’Anagrafe degli italiani residenti all'estero, al fine della formazione di liste selettive per i controlli relativi ad attività finanziarie e investimenti patrimoniali esteri non dichiarati.

 

 

La voluntary disclosure varata nel 2014

 

In sintesi, le norme in materia di voluntary disclosure contenute nella alla legge 15 dicembre 2014, n. 186 hanno disciplinato una procedura di collaborazione volontaria (voluntary disclosure) del contribuente con l'Amministrazione fiscale per l'emersione e il rientro in Italia di capitali detenuti all'estero. Essa ha trovato applicazione anche per le irregolarità riguardanti attività detenute in Italia.

Si tratta degli articoli da 5-quater a 5-septies del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, che si occupa di monitoraggio fiscale. Si è così consentito, ai soggetti che detenevano attività e beni all'estero e avevano omesso di dichiararli, di sanare la propria posizione nei confronti dell'erario pagando, in un'unica soluzione e senza possibilità di compensazione, l'intera misura delle imposte dovute e le sanzioni (queste ultime in misura ridotta). Per effetto della collaborazione volontaria sono stati garantiti la non punibilità per alcuni reati fiscali relativi agli obblighi dichiarativi e il pagamento in misura ridotta delle summenzionate sanzioni tributarie. La procedura non poteva essere utilizzata se la richiesta di accesso era presentata dopo che l'autore avesse avuto conoscenza dell'inizio di attività di accertamento fiscale o di procedimenti penali per violazioni tributarie. Le norme hanno introdotto anche un nuovo reato fiscale che punisce coloro i quali, nell'ambito della procedura di collaborazione volontaria, esibiscano o trasmettano documentazione e dati non rispondenti al vero.

Come anticipato, la medesima legge ha esteso (articolo 1, commi da 2 a 4) la procedura di collaborazione volontaria - con modalità analoghe - ai contribuenti autori di violazioni riguardanti obblighi di dichiarazione per attività detenute in Italia (cd. collaborazione volontaria nazionale) in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, imposte sostitutive, imposta regionale sulle attività produttive e imposta sul valore aggiunto, nonché alle violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d'imposta.

La legge (articolo 3, che ha inserito un articolo 648-ter.1 al codice penale) ha inoltre attribuito rilevanza penale alla condotta di chi, avendo commesso un delitto non colposo, sostituisca o trasferisca o comunque impieghi denaro, beni o altre utilità in attività economiche o finanziarie, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della provenienza delittuosa (cd. reato di autoriciclaggio).

Si ricorda che (in virtù dell'articolo 10 del decreto-legge n. 192 del 2014 che, al comma 12-quaterdecies, ha novellato l'articolo 5-quater, comma 4, del D.L. n. 167/1990) è stato eliminato il raddoppio dei termini per l’emanazione dell’atto di contestazione delle violazioni da monitoraggio fiscale, nella procedura di voluntary disclosure prevista dalla legge n. 186/2014, con riferimento ai Paesi c.d. black list che stipulassero tempestivamente accordi con l'Italia volti a consentire un effettivo scambio di informazioni fiscali.

Con le circolari n.10/E del 13 marzo 2015 e n. 27/E del 16 luglio 2015 l'Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sulle novità introdotte dalla legge n. 186/2014. Si segnalano, inoltre, le circolari n. 30/E dell'11 agosto 2015 e n. 31/E del 28 agosto 2015 con risposte a quesiti.

Per quanto riguarda il termine finale per l'adesione alla procedura, la legge istitutiva l’aveva originariamente fissato al 30 settembre 2015. Il decreto-legge 30 settembre 2015, n. 153 ha prorogato il termine dal 30 settembre al 30 novembre 2015, fissando al 30 dicembre 2015 il termine entro il quale è stato possibile integrare l'istanza e la documentazione a corredo dell’istanza di adesione.

Con riferimento alle procedure di collaborazione volontaria, il decreto-legge n. 153 del 2015 ha apportato alcune modifiche alla disciplina della voluntary, tra cui: la citata proroga del termine per l'accesso alla procedura al 30 novembre 2015, l’attribuzione ad una specifica articolazione dell'Agenzia delle entrate della competenza a ricevere le istanze; nell’ambito delle procedure di collaborazione volontaria, l’estensione dell'esonero dagli obblighi dichiarativi, previsto in favore dei lavoratori frontalieri per il conto corrente estero su cui sono accreditati lo stipendio e gli altri emolumenti, anche agli eventuali cointestatari o beneficiari di procure e deleghe su tale conto. La legge di stabilità 2016 ha tra l’altro previsto che gli atti da porre a conoscenza del contribuente nell'ambito della procedura di collaborazione volontaria possono essere trasmessi all'indirizzo di posta elettronica certificata del professionista che assiste il contribuente nella procedura, qualora il contribuente abbia manifestato la propria volontà in tal senso. 

 

L’articolo 7 riapre i termini per aderire alla procedura di collaborazione volontaria fiscale (voluntary disclosure) in una finestra temporale che va dal 24 ottobre 2016 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame) al 31 luglio 2017.  

 

Più in dettaglio, il comma 1 dell’articolo 7 introduce l’articolo 5-octies nel citato D.L. n. 167 del 1990, che riapre i termini per esperire la procedura di voluntary disclosure

L’applicazione della procedura è riservata solo ai soggetti che non l’abbiano già esperita in precedenza, anche per interposta persona. Durante l’esame alla Camera è stato reso possibile tuttavia presentare l’istanza, limitatamente alle violazioni dichiarative per le attività detenute all'estero, anche se in precedenza è stata presentata domanda entro il 30 novembre 2015 con riferimento alle attività detenute in Italia.

Resta fermo che la voluntary non è ammessa se la richiesta è presentata dopo che l'autore della violazione degli obblighi di dichiarazione abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, per violazione di norme tributarie connesse alla procedura (cause ostative previste dall'articolo 5-quater, comma 2 del decreto-legge n. 167 del 1990).

Si chiarisce inoltre che l’integrazione dell’istanza, i documenti e le informazioni rilevanti possono essere presentati entro il 30 settembre 2017.

 

Per esplicita previsione del comma 1 del nuovo articolo 5-octies, alle istanze della nuova voluntary si applicano:

§  le norme generali sulla voluntary disclosure internazionale: si tratta degli articoli da 5-quater a 5-septies del decreto-legge n. 167 del 1990 sulla collaborazione volontaria internazionale, come introdotti dalla legge n. 186 del 2014;

§  l’articolo 1, commi 2-5 della medesima legge n. 186, così confermando la possibilità di avvalersi della riapertura della collaborazione volontaria anche per le violazioni “nazionali”, ossia le violazioni dichiarative relative alle imposte erariali (imposte sui redditi e addizionali, imposte sostitutive, IRAP, IVA) e dei sostituti d'imposta;

§  l’articolo 2, comma 2, lettere b) e b-bis) del D.L. n. 153 del 2015, dunque l’assoggettamento ad aliquota del 5 per cento per le prestazioni previdenziali provenienti dalla Svizzera e, nell’ambito delle procedure di collaborazione volontaria, l’estensione dell'esonero dagli obblighi dichiarativi - previsto in favore dei lavoratori frontalieri per il conto corrente estero su cui sono accreditati lo stipendio e gli altri emolumenti anche agli eventuali cointestatari o beneficiari di procure e deleghe su tale conto.

 

Le richiamate disposizioni si applicano in quanto compatibili e con alcune modifiche apportate dalle norme in esame.

Si precisa che le istanze sono presentate con modalità che verranno stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate.

 

In particolare, le disposizioni in commento chiariscono (comma 1, lettera a) dell’articolo 5-octies) che le violazioni sanabili sono quelle commesse fino al 30 settembre 2016.

In deroga al principio dell’irretroattività delle norme tributarie, di cui all’articolo 3 dello Statuto del contribuente, legge n. 212 del 2000, la disposizione in esame prevede lo slittamento al 31 dicembre 2018 dei termini di decadenza per l’accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA, nonché per la contestazione delle sanzioni tributarie (rispettivamente, di cui all’articolo 43 del DPR n. 600 del 1973, all’articolo 57 del DPR n. 633 del 1972 e all’articolo 20, comma 1, del D.Lgs. n. 472 del 1997), ove essi scadano a decorrere dal 1° gennaio 2015, per le sole attività oggetto di collaborazione volontaria ai sensi delle norme in esame.

La proroga dei termini di accertamento è limitata agli imponibili, alle imposte, alle ritenute, ai contributi, alle sanzioni e agli interessi relativi alla procedura di collaborazione volontaria, per tutte le annualità e le violazioni oggetto della procedura stessa.

Le norme in esame prorogano anche i termini di decadenza per l’accertamento e di contestazione delle sanzioni con riferimento alle istanze presentate per la prima volta ai sensi della precedente disciplina della voluntary disclosure, i cui termini sono scaduti il 30 novembre 2015 (articolo 5-quater, comma 5 del D.L. n. 167 del 1990).

La relazione illustrativa chiarisce che tale slittamento si riferisce alle istanze presentate a decorrere dal 1° ottobre 2015, in relazione alla riapertura dei termini per la voluntary disclosure prevista dal decreto-legge n. 153 del 2015.

Per tali istanze i termini che scadono dal 1° gennaio 2015 sono prorogati dal 31 dicembre 2016 al 30 giugno 2017.

Già la precedente voluntary disclosure disponeva, infatti, lo slittamento dei termini di decadenza per l’accertamento delle imposte e di contestazione delle sanzioni tributarie (ultimo periodo del comma 5 dell’articolo 5-quater del D.L. n. 167 del 1990).

 

L’articolo 5-quater, comma 1, lettera c) esonera, per le sole attività oggetto della nuova apertura della collaborazione volontaria (cd. nuova voluntary) i soggetti interessati dalla presentazione delle dichiarazioni sugli investimenti all'estero e sulle attività estere di natura finanziaria, limitatamente al 2016 e per la frazione del periodo d’imposta antecedente la data di presentazione dell’istanza, a specifiche condizioni.

 

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 4 del decreto-legge n. 167 del 1990, le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate residenti in Italia che, nel periodo d'imposta, detengono investimenti all'estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi. Sono altresì tenuti agli obblighi di dichiarazione i titolari effettivi dell'investimento.

 

Analogamente, con riferimento alle attività estere suscettibili di generare redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, nonché per i redditi derivanti dall’investimento in azioni o quote di fondi comuni di investimento non conformi alla normativa UE sugli organismi di investimento collettivo (direttiva 2009/65/CE), per i quali è versata l’Irpef con l’aliquota massima oltre alla addizionale regionale e comunale, è previsto l’esonero dalla indicazione dei redditi nella relativa dichiarazione.

 

Una prima condizione per gli esoneri dichiarativi è l’indicazione analitica di tali informazioni nella relazione di accompagnamento all’istanza di voluntary disclosure.

Inoltre per essere esonerati dall’obbligo dichiarativo occorre spontaneamente versare in unica soluzione, entro il 30 settembre 2017, quanto dovuto a titolo di imposte, interessi e, ove applicabili, sanzioni ridotte nei termini previsti dalle norme sul ravvedimento operoso (di cui all’articolo 13 del D.lgs. n. 472 del 1997), per il 2016 e per la frazione del periodo d’imposta antecedente la data di presentazione dell’istanza.

 

L’articolo 5-octies, comma 1, lettera d) esclude la punibilità per il reato di autoriciclaggio, limitatamente alle attività oggetto della riapertura della collaborazione volontaria, ove le condotte penalmente rilevanti sono commesse in relazione ad alcuni delitti (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, di dichiarazione infedele, di omessa dichiarazione, di omesso versamento di ritenute certificate e di omesso versamento IVA; sono i reati enumerati dall’articolo 5-quinquies, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 167 del 1990), fino alla data del versamento della prima o unica rata delle somme dovute per accedere alla collaborazione volontaria.

Tale disposizione ricalca parzialmente quanto già previsto dalla precedente versione della voluntary disclosure (articolo 5-quinquies, comma 3 del decreto-legge n. 167 del 1990).

Si ricorda che l'articolo 3 della legge n. 186 del 2014 ha introdotto, attraverso l'aggiunta del nuovo articolo 648-ter.1 al codice penale, il reato di autoriciclaggio, attribuendo rilevanza penale alla condotta di chi, avendo commesso un delitto non colposo, sostituisca o trasferisca o comunque impieghi denaro, beni o altre utilità in attività economiche o finanziarie, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della provenienza delittuosa.

 

L’articolo 5-octies, comma 1, lettera e) introduce sostanziali novità con riferimento alle procedure per l’adesione alla collaborazione volontaria.

In particolare, gli autori delle violazioni possono provvedere spontaneamente al versamento, in unica soluzione, di quanto dovuto a titolo di imposte, ritenute, contributi, interessi e sanzioni entro il 30 settembre 2017 senza possibilità di compensazione (ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241).

Il versamento può essere ripartito in tre rate mensili di pari importo; in tal caso il pagamento della prima rata deve essere effettuato entro il 30 settembre 2017. 

 

Per aderire alla voluntary varata nel 2014, il contribuente doveva invece indicare spontaneamente all'amministrazione finanziaria, mediante la presentazione di apposita richiesta, tutti gli investimenti e tutte le attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all'estero, anche indirettamente o per interposta persona. Doveva fornire documenti e informazioni utili alla ricostruzione dei redditi che erano serviti per costituirli, acquistarli o che derivavano dalla loro dismissione o utilizzo a qualunque titolo; il contribuente doveva produrre i documenti e le informazioni per la determinazione degli eventuali maggiori imponibili.

L’amministrazione finanziaria procedeva dunque ad accertare il quantum dovuto, emettendo un avviso di accertamento ovvero invitando il contribuente all’adesione spontanea.

 

Il versamento delle somme dovute comporta i medesimi effetti previsti dalla precedente versione della voluntary (di cui agli articoli 5-quater e 5-quinquies del decreto-legge n. 167).

 

In estrema sintesi, si ricorda che l’articolo 5-quater individua gli elementi principali e l’iter procedurale della collaborazione volontaria.

L’articolo 5-quinquies dispone che, per effetto della collaborazione volontaria, sia garantita la non punibilità per alcuni reati fiscali relativi agli obblighi dichiarativi e il pagamento in misura ridotta delle summenzionate sanzioni tributarie. Nei confronti di colui che presta la collaborazione volontaria è esclusa la punibilità per i delitti di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, di dichiarazione infedele, di omessa dichiarazione, di omesso versamento di ritenute certificate e di omesso versamento IVA (di cui, rispettivamente, agli articoli 2, 3, 4 e 5, 10-bis e 10-ter del D.Lgs. n. 74 del 2000).

Si rammenta che, ai sensi dell'articolo 1, comma 5 della legge 186/2014, l'esclusione della punibilità e la diminuzione della pena previste dall'articolo 5-quinquies, comma 1, operano nei confronti di tutti coloro che hanno commesso o concorso a commettere i delitti ivi indicati.

La lettera b) del comma 1 esclude la punibilità per il reato di riciclaggio e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, ove commesse in relazione alle summenzionate fattispecie delittuose tributarie (di cui alla già commentata lettera a).

Per quanto riguarda le conseguenze sanzionatorie amministrative derivanti dalla voluntary disclosure, in primo luogo le sanzioni per le violazioni dichiarative relative al quadro RW della dichiarazione sono determinate in misura pari alla metà del minimo edittale al ricorrere di specifiche condizioni; nei casi diversi, la sanzione è determinata nella misura del minimo edittale, ridotto di un quarto. Analogamente sono rideterminate nel minimo edittale, ridotto di un quarto, le sanzioni erogate nei confronti del contribuente che si avvale della procedura di collaborazione volontaria per le violazioni in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, di imposte sostitutive, di imposta regionale sulle attività produttive, di imposta sul valore aggiunto e di ritenute. Sono previste anche specifiche deroghe al procedimento di irrogazione delle sanzioni per la violazione degli obblighi di dichiarazione relativi al quadro RW. Specifiche agevolazioni sanzionatorie operano anche nel caso di tempestiva stipula di accordi internazionali volti a migliorare gli scambi informativi fiscali transfrontalieri.

 

Il versamento tempestivo del dovuto comporta che le riduzioni sanzionatorie si applicano alle violazioni degli obblighi dichiarativi relativi agli investimenti all'estero e alle attività estere di natura finanziaria, nonché per le violazioni in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, imposte sostitutive, IRAP, imposta sul valore degli immobili all’estero- IVIE, imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero – IVAFE e IVA, anche in deroga al principio di legalità in materia di sanzioni tributarie, di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.

 

Per equiparare il trattamento sanzionatorio alla procedura di voluntary disclosure avviata nel 2014, le norme in esame chiariscono che:

§   per le violazioni di obblighi dichiarativi relativi agli investimenti all'estero e alle attività estere di natura finanziaria, si applicano le disposizioni dell’articolo 12, commi 1 e 5 del D.lgs. n. 472 del 1997 (rispettivamente concernenti il concorso di violazioni e l’ipotesi di continuazione).

§  Per quanto riguarda il concorso di violazioni, è punito con la sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da un quarto al doppio, chi, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni anche relative a tributi diversi ovvero commette, anche con più azioni od omissioni, diverse violazioni formali della medesima disposizione. Quando più violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi, si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo;

§   per le violazioni in materia di imposte, operano le disposizioni dell’articolo 12, comma 8, del medesimo decreto legislativo, ai sensi del quale nei casi di accertamento con adesione, di mediazione tributaria e di conciliazione giudiziale, le disposizioni sulla determinazione di una sanzione unica in caso di progressione si applicano separatamente per ciascun tributo e per ciascun periodo d'imposta;

§   in genere, si applica la riduzione delle misure sanzionatorie prevista dall’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 (nel testo vigente alla data del 30 dicembre 2014, ossia antecedente all’abrogazione da parte della legge di stabilità 2015) per l’adesione ai contenuti dell'invito a comparire innanzi all’amministrazione finanziaria;

§  si applica la riduzione di cui all’articolo 16, comma 3, del decreto legislativo n. 472 del 1997, che consente di definire con modalità agevolate i procedimenti di irrogazione delle sanzioni tributarie col pagamento, entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, di un importo pari ad un terzo della sanzione, e comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo.

 

Si chiarisce che gli effetti favorevoli penali e sanzionatori decorrono dal versamento di quanto dovuto in unica soluzione o della terza rata; in tali casi l’Agenzia delle entrate comunica l’avvenuto perfezionamento della procedura di collaborazione volontaria mediante posta elettronica certificata.

 

Le norme in commento disciplinano poi le conseguenze per il mancato o insufficiente versamento delle somme dovute entro il 30 settembre 2017 (comma 1, lettera f) dell’articolo 5-octies).

Si rammenta che il comma 10 dell’articolo 5-quinquies reca le conseguenze del mancato versamento tempestivo delle somme dovute per effetto della collaborazione volontaria varata nel 2014: in tale ipotesi, la procedura di collaborazione volontaria non si perfeziona e non si producono gli effetti penali e tributari. In tal caso l'Agenzia delle entrate notifica, anche in deroga ai termini ordinari di decadenza dal potere di accertamento e di irrogazione della sanzione un nuovo avviso di accertamento e un nuovo atto di contestazione, con la rideterminazione della sanzione entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello di notifica dell’invito a comparire, o a quello di redazione dell'atto di adesione o di notifica dell'atto di contestazione.

 

Stante la diversità della procedura -  che, come si è visto in precedenza -  per la “nuova” voluntary prevede un computo spontaneo del quantum dovuto da parte del contribuente, in linea generale si consente all’Agenzia delle entrate, ai soli fini della procedura di collaborazione volontaria e limitatamente agli imponibili, alle imposte, alle ritenute, ai contributi, alle sanzioni e agli interessi relativi alla procedura e per tutte le annualità e le violazioni oggetto della stessa di procedere -  fino al 31 dicembre 2018 – mediante le procedure previste dalle norme in tema di definizione dell’accertamento con adesione all’invito a comparire innanzi all’amministrazione finanziaria, di cui all'articolo 5, commi da 1-bis a 1-quinquies del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, nel testo vigente alla data del 30 dicembre 2014.

 

Al riguardo si rammenta che la legge di stabilità 2015 (articolo 1, commi da 637 a 640 della legge n. 190 del 2014) ha modificato sostanzialmente le modalità, i termini e le agevolazioni connesse all’istituto del ravvedimento operoso, al fine di consentirne l’accesso anche oltre i termini previsti dalle norme previgenti; si consente così usufruire senza limiti di tempo dell’istituto del ravvedimento operoso, con una riduzione automatica delle sanzioni che tanto sarà più vantaggiosa, quanto più vicino il “ravvedimento” sarà al momento in cui sorge l’adempimento tributario. Con finalità di rendere coerente il nuovo “ravvedimento” con l’attuale impianto normativo sono stati eliminati gli istituti della definizione dell’accertamento mediante adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio e dell’adesione ai processi verbali di constatazione, con efficacia differita agli atti notificati o consegnati dal 31 dicembre 2016.

In particolare la lettera c), punto 1) del comma 637 della legge di stabilità 2015 ha in particolare eliminato l’istituto che consentiva di definire l’accertamento mediante adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio, di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, ai commi da 1-bis a 1-quinquies. In estrema sintesi, il contribuente poteva definire l’accertamento anche mediante adesione a specifico invito a comparire presso l’Amministrazione finanziaria, mediante comunicazione al competente ufficio e versamento delle somme dovute entro il quindicesimo giorno antecedente la data fissata per la comparizione. Nel caso di adesione le sanzioni applicabili (un terzo del minimo edittale) erano ridotte alla metà (un sesto del minimo).

 

In tale ipotesi, l’autore della violazione può versare le somme dovute in base all’invito a comparire innanzi all’amministrazione finanziaria (di cui all'articolo 5, comma 1, del menzionato decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218) entro il quindicesimo giorno antecedente la data fissata per la comparizione, secondo le modalità indicate per l’adesione ai contenuti dell'invito, ovvero le somme dovute in base all'accertamento con adesione, entro venti giorni dalla redazione dell'atto, oltre alle somme dovute in base all'atto di contestazione o al provvedimento di irrogazione delle sanzioni per la violazione degli obblighi dichiarativi entro il termine per la proposizione del ricorso (ai sensi del già richiamato articolo 16 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472) senza avvalersi della compensazione.

Nel caso si sia scelto un pagamento rateale, il mancato pagamento anche di una delle rate comporta il venir meno degli effetti della procedura.

Inoltre, nella nuova procedura di collaborazione volontaria, per tutti gli atti che per legge devono essere notificati al contribuente si applicano, in deroga ad ogni altra disposizione di legge, le modalità di notifica tramite posta elettronica certificata; nel caso di notifica tramite posta elettronica certificata effettuata ai sensi del periodo precedente, non è possibile ripetere le spese di notifica nei confronti del destinatari.

 

L’articolo 5-octies, comma 1, lettera g) disciplina le conseguenze sanzionatorie del mancato o insufficiente versamento spontaneo delle somme dovute. In particolare, le norme in commento differenziano il trattamento riservato al mancato versamento da quello previsto per il versamento insufficiente; inoltre, per il caso di insufficiente versamento sono previste conseguenze sanzionatorie diverse secondo lo scostamento dal quantum dovuto.

In particolare, se gli autori delle violazioni non provvedono spontaneamente al versamento delle somme dovute entro il 30 settembre 2017, in deroga all’articolo 5-quinquies, comma 4, le sanzioni per la violazione degli obblighi dichiarativi (di cui all'articolo 5, comma 2 del D.L. 167 del 1990), sono determinate in misura pari al 60 per cento del minimo edittale (dunque 1,8 per cento dell’ammontare non dichiarato ovvero 3,6 per cento delle medesime somme, per le attività in Paesi black list) qualora ricorrano le seguenti ipotesi:

a) trasferimento delle attività in Italia o in Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo che consentono un effettivo scambio di informazioni con l'Italia, inclusi nella cd. white list;

b) detenzione delle attività in Italia o nei predetti Stati

c) rilascio all'intermediario finanziario estero presso cui le attività sono detenute l'autorizzazione a trasmettere alle autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti le attività oggetto di collaborazione volontaria. Negli altri casi, le sanzioni sono determinate in misura pari all’85 per cento del minimo edittale (2,55 per cento dell’ammontare non dichiarato ovvero 5,1 per cento per attività in Paesi black list).

La medesima misura dell’85 per cento del minimo edittale si applica anche alle violazioni in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, di imposte sostitutive, di imposta regionale sulle attività produttive, di imposta sul valore degli immobili all’estero, di imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero, di imposta sul valore aggiunto e di ritenute.

 

Nel caso di versamento insufficiente, fermo restando quanto versato l’Agenzia provvede a recuperare le somme ancora dovute, calcolate secondo quanto previsto per il mancato versamento, con una maggiorazione del 10 per cento:

§  se il versamento è insufficiente per una frazione superiore al 10 per cento delle somme da versare, ove le relative somme siano afferenti ai soli redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e alle sanzioni, incluse quelle sulle attività suscettibili di generare tali redditi;

§  ovvero se il versamento è insufficiente per una frazione superiore al 30 per cento delle somme da versare, negli altri casi.

 

Analoga procedura di recupero da parte dell’Agenzia delle entrate è prevista, con una maggiorazione del 3 per cento ove gli autori delle violazioni provvedano ad un versamento insufficiente:

§  per una frazione inferiore o uguale al 10 per cento delle somme da versare, se tali somme sono afferenti ai soli redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e alle sanzioni, incluse quelle sulle attività suscettibili di generare tali redditi;

§   per una frazione inferiore o uguale al 30 per cento delle somme da versare negli altri casi.

 

Si prevede infine che, se il versamento spontaneo eccede il quantum dovuto, gli autori delle violazioni possono chiedere che l’eccedenza sia versata a rimborso o richiederne la compensazione.

 

Ai sensi della lettera h), la misura agevolata delle sanzione al 3 per cento dell’ammontare non dichiarato, prevista dall'articolo 5-quinquies, comma 7 del decreto-legge n. 167 del 1990 ai soli fini della collaborazione volontaria, in relazione alle violazioni dichiarative in tema di monitoraggio fiscale, per attività e investimenti detenuti negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, trova applicazione anche:

§  nel caso di entrata in vigore, prima del 24 ottobre 2016, di un accordo che consente un effettivo scambio di informazioni fiscali, ai sensi di quanto richiesto dal modello di convenzione contro le doppie imposizioni predisposto dall’OCSE,

§  prima della medesima data, nel caso di entrata in vigore di un accordo conforme al modello di accordo per lo scambio di informazioni, elaborato nel 2002 dall'OCSE e denominato Tax Information Exchange Agreement (TIEA).

 

La lettera i) del comma 1 introduce una nuova ipotesi di reato, attribuendo rilevanza penale alle condotte di chiunque, fraudolentemente, si avvalga della procedura di collaborazione volontaria per far emergere attività finanziarie e patrimoniali o denaro contante  provenienti da reati diversi da quelli per cui la voluntary preclude la punibilità (ai sensi dell'articolo 5-quinquies, comma 1, lettera a) del decreto-legge n. 167 del 1990), prevedendo che a tali ipotesi si applichi la pena della reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.

Si tratta della medesima pena prevista per il delitto (articolo 5-septies del decreto-legge n. 167 del 1990) di esibizione di atti falsi e comunicazione di dati non rispondenti al vero nell'ambito della procedura di collaborazione volontaria.

 

Resta ferma l'applicabilità dei reati di riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e di autoriciclaggio ove ne ricorrano i presupposti di legge (articoli 648-bis, 648-ter, 648-ter.1 del codice penale), nonché del reato di trasferimento fraudolento di valori (articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306).

 

Con una norma analoga a quanto previsto per la voluntary varata nel 2014, il comma 2 dell’articolo 5-octies prevede che, ove sia entrato in vigore prima del 24 ottobre 2016 un accordo che consente un effettivo scambio di informazioni fiscali, ai sensi di quanto richiesto dal modello di convenzione contro le doppie imposizioni predisposto dall’OCSE, ovvero un accordo conforme al modello di accordo per lo scambio di informazioni, elaborato nel 2002 dall'OCSE e denominato Tax Information Exchange Agreement (TIEA), non si applica il raddoppio delle sanzioni previsto dall'articolo 12, comma 2, secondo periodo, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 nel caso di attività detenute all’estero.

 

L’articolo 12, comma 2 del richiamato D.L. 78/2009 ha introdotto, in deroga ad ogni vigente disposizione di legge, una presunzione legale iuris tantum, secondo cui gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati da decreti ministeriali, senza tener conto delle limitazioni ivi previste, in violazione degli obblighi di dichiarazione relativi al quadro RW, ai soli fini fiscali si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione.

In tale caso le sanzioni previste per le violazioni dichiarative dall'articolo 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 sono raddoppiate; sono raddoppiati altresì (comma 2-bis) i termini di accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA e per la contestazione delle sanzioni (comma 2-ter).

 

Il citato raddoppio dei termini di accertamento e contestazione non opera se ricorrono congiuntamente, anche le seguenti condizioni (previste dall'articolo 5-quinquies, commi 4 e 5, del decreto-legge n. 167 del 1990):

a)            le attività vengono trasferite in Italia o in Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo che consentono un effettivo scambio di informazioni con l'Italia, inclusi nella cd. white list;

b)            le attività trasferite in Italia o nei predetti Stati erano o sono ivi detenute;

c)            l'autore delle violazioni dichiarative rilascia all'intermediario finanziario estero, presso cui le attività sono detenute, l'autorizzazione a trasmettere alle autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti le attività oggetto di collaborazione volontaria;

d)            nelle predette ipotesi, l'autore della violazione trasferisce, successivamente alla presentazione della richiesta, le attività oggetto di collaborazione volontaria presso un altro intermediario localizzato fuori dell'Italia o di uno degli Stati white list rilasciando tempestivamente l’autorizzazione a trasmettere le informazioni rilevanti alle autorità finanziarie italiane.

 

Il comma 3 dell’articolo 5-octies,  analogamente a quanto disposto dalla legge n. 186 del 2014, estende la procedura di collaborazione volontaria ai soggetti non destinatari degli obblighi di monitoraggio fiscale (ad es. enti e società di capitali, soggetti a IRES ai sensi dell'articolo 73 del TUIR) autori di violazioni dichiarative per attività detenute in Italia, ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive, dell'IRAP e dell'IVA, nonché alle violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d'imposta (articolo 1, commi 2-4 della legge 186 del 2014).

Analogamente alle modifiche apportate al comma 1, durante l’esame parlamentare del decreto è stato chiarito che resta impregiudicata la facoltà di presentare l'istanza per la voluntary nazionale se, in precedenza, ci si è avvalsi - entro il 30 novembre 2015 – della collaborazione volontaria limitatamente ai profili internazionali.

Come chiarito dalle Entrate in occasione dei chiarimenti forniti per la voluntary disclosure varata nel 2014, con l’estensione della procedura di collaborazione volontaria viene riconosciuta la possibilità a chi ha commesso violazioni, negli ambiti impositivi indicati dalla norma, di regolarizzare la propria posizione fiscale, indipendentemente dalla circostanza che questa riguardi anche consistenze illecitamente detenute all’ estero, fermo restando il pagamento delle imposte dovute nonché delle relative sanzioni, per quanto, queste ultime, siano dovute in misura ridotta.

 

La procedura di collaborazione volontaria può essere utilizzata per sanare violazioni degli obblighi di dichiarazione relativi ad attività detenute in Italia, purché commesse fino al 30 settembre 2016. A tali violazioni si applicano - sostanzialmente - le procedure sopra descritte per la riapertura della voluntary internazionale.

Il comma 3 inoltre, in seno alle procedure di voluntary “nazionale” contiene specifiche indicazioni nel caso in cui la collaborazione volontaria abbia ad oggetto contanti o valori al portatore.

In tale ipotesi, come specificato durante l’esame parlamentare del provvedimento, si presume -  salva prova contraria - che essi siano derivati da redditi conseguiti, in quote costanti, a seguito di violazione degli obblighi di dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive delle imposte sui redditi, dell'imposta regionale sulle attività produttive e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti di imposta, commesse nell'anno 2015 e nei quattro periodi d'imposta precedenti.

In tal caso i contribuenti:

-       rilasciano, unitamente alla presentazione dell'istanza, una dichiarazione in cui attestano che l'origine di tali valori non deriva da reati diversi da quelli previsti dall'articolo 5-quinquies, comma 1, lettere a) e b), del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, di dichiarazione infedele, di omessa dichiarazione, di omesso versamento di ritenute certificate e di omesso versamento IVA, di cui rispettivamente agli articoli 2, 3, 4 e 5, 10-bis e 10-ter del D.lgs. n. 74 del 2000; riciclaggio e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, ove commesse in relazione alle citate fattispecie delittuose tributarie);

-       provvedono, entro la data di presentazione della relazione e dei documenti allegati, all'apertura e all'inventario in presenza di un notaio, che ne accerti il contenuto all'interno di un apposito verbale, di eventuali cassette di sicurezza presso le quali i valori oggetto di collaborazione volontaria sono custoditi;

-       provvedono, entro la data di presentazione della relazione e dei documenti allegati al versamento dei contanti e al deposito valori al portatore presso intermediari finanziari, a ciò abilitati, su un rapporto vincolato fino alla conclusione della procedura.

Per i professionisti e intermediari che assistono i contribuenti nell'ambito della procedura di collaborazione volontaria, restano fermi gli obblighi antiriciclaggio (di cui al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 e successive modificazioni). A tal fine, in occasione degli adempimenti previsti per l'adeguata verifica della clientela, i contribuenti dichiarano modalità e circostanze di acquisizione dei contanti e valori al portatore oggetto della procedura

 

La legge n. 186 del 2014 non recava specifiche indicazioni al riguardo, che sono state fornite tuttavia dall’Agenzia delle entrate con la Circolare n. 27/E del 16 luglio 2015, con la quale sono stati dati chiarimenti in ordine all’emersione di contante o altri valori depositati in cassette di sicurezza nell’ambito delle procedure di voluntary disclosure.

In particolare, l’Agenzia ha risposto ad un quesito avente ad oggetto la possibilità, nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria disciplinata dalla legge 186 del 2014, di far emergere valori ubicati in Italia in cassette di sicurezza o in altri luoghi (ad esempio, contante conservato nella propria abitazione).

L’Agenzia in merito rilevava che la procedura di collaborazione volontaria internazionale del 2014 consentiva ai contribuenti di far emergere le disponibilità detenute all’estero, nonché i redditi connessi a queste stesse ed i maggiori imponibili frutto di evasione nazionale non connessi con suddette attività all’estero. Nella sua accezione nazionale, invece, la procedura consentiva a tutti i contribuenti di definire le violazioni degli obblighi dichiarativi ai fini delle imposte indicate all’articolo 1, comma, 2 del decreto legge. Secondo l’Agenzia, la procedura nazionale è dunque finalizzata a denunciare in modo spontaneo e completo tutte le violazioni fiscali commesse nelle annualità d’imposta accertabili e non può in alcun modo essere utilizzata per ottenere una certificazione circa l’irrilevanza fiscale della disponibilità di valori in Italia fuori dal circuito degli intermediari finanziari (ad esempio denaro contante).

Il contribuente che intendesse avvalersi di tale procedura era dunque tenuto a far emergere esclusivamente i valori a sua disposizione in Italia frutto di evasione fiscale in periodi d’imposta ancora aperti, fornendo ogni utile informazione e documento relativo alle violazioni dichiarative commesse, indicando, altresì, la disponibilità dei valori frutto di evasione fiscale come prova della stessa. La disponibilità di valori fuori dal circuito finanziario e frutto di evasione fiscale nei periodi d’imposta per i quali non fosse decaduta la potestà di accertamento poteva, a propria volta, essere provata unicamente col versamento di tali valori presso un intermediario abilitato su un conto corrente intestato al beneficiario economico delle somme, appositamente acceso a seguito dell’attivazione della procedura. Risultava evidente come i valori detenuti in Italia, sia nel circuito degli intermediari finanziari che fuori dallo stesso, che non fossero oggetto di evasione fiscale in periodi d’imposta ancora aperti e che non fossero detenuti all’estero in violazione degli obblighi dichiarativi in materia di monitoraggio fiscale, fossero irrilevanti ai fini del perfezionamento della procedura. Si chiariva che restava salva la possibilità per l’Agenzia, nel caso tali somme dovessero emergere in un momento successivo, di effettuare le opportune valutazioni per le eventuali iniziative di competenza.

 

Il comma 2 dell’articolo 7 in esame dispone che le disposizioni attuative della disciplina modificativa della voluntary disclosure sono adottate entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in commento.

Nel corso dell’esame parlamentare è stata introdotta una disposizione in favore dei contribuenti che si sono avvalsi delle disposizioni sulla voluntary internazionale disciplinata dalla legge n. 186 del 2014.

Nei loro confronti non si applicano le sanzioni per l’omissione di adempimenti dichiarativi riferiti alle attività detenute all’estero, per i periodi d'imposta successivi a quelli per i quali si sono perfezionati gli adempimenti connessi alle disposizioni di cui alla legge n. 186 del 2014, a condizione che gli adempimenti dichiarativi siano eseguiti entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

In sostanza, con le disposizioni introdotte in sede parlamentare viene introdotta una forma di sanatoria per i soggetti che hanno già esperito la voluntary internazionale e, negli anni successivi, hanno omesso di dichiarare attività e investimenti esteri, purché adempiano entro sessanta giorni dall’entrata in vigore delle disposizioni in esame (legge di conversione del decreto.

 

Il comma 3 introduce due commi all’articolo 83 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, in tema di potenziamento dell’attività di accertamento fiscale da parte degli enti locali.

In particolare (introdotto comma 17-bis) si richiede che i comuni debbano inviare, entro i sei mesi successivi alla richiesta di iscrizione nell'anagrafe degli italiani residenti all'estero, i dati dei richiedenti all’Agenzia delle entrate, al fine della formazione di liste selettive per i controlli relativi ad attività finanziarie e investimenti patrimoniali esteri non dichiarati. Le modalità effettive di comunicazione e i criteri per la creazione delle liste sono disciplinati con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da adottarsi entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente disposizione (24 gennaio 2017). 

Restano fermi gli obblighi di comunicazione all'Agenzia delle entrate di cui al comma 16 del medesimo articolo 83, ai sensi del quale i comuni, entro i sei mesi successivi alla richiesta di iscrizione nell'anagrafe degli italiani residenti all'estero, confermano all'Ufficio dell'Agenzia delle entrate competente per l'ultimo domicilio fiscale che il richiedente ha effettivamente cessato la residenza nel territorio nazionale.

Ai sensi dell’introdotto comma 17-ter, in fase di prima attuazione delle predette disposizioni, le attività dei comuni e dell'Agenzia delle entrate vengono esercitate anche nei confronti delle persone fisiche che hanno chiesto l'iscrizione nell'anagrafe degli italiani residenti all'estero a decorrere dal 1° gennaio 2010. Ai fini della formazione delle liste selettive si tiene conto della eventuale mancata presentazione delle istanze di collaborazione volontaria.

 


Articolo 7-bis
(Introduzione di indici sintetici di affidabilità per la promozione dell'osservanza degli obblighi fiscali, per la semplificazione degli adempimenti e per la contestuale soppressione della disciplina degli studi di settore)

 

L'articolo 7-bis abolisce gli studi di settore, in sostituzione dei quali sono introdotti, dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2017, con D.M., indici sintetici di affidabilità fiscale, cui sono collegati livelli di premialità per i contribuenti più affidabili, anche in termini di esclusione o riduzione dei termini per gli accertamenti, al fine di stimolare l'assolvimento degli obblighi tributari e il rafforzamento della collaborazione tra l'Amministrazione finanziaria e contribuenti.

 

Il comma 1 prevede che, a partire dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2017, il Ministro dell'economia e delle finanze individua con decreto indici sintetici di affidabilità fiscale cui collegare livelli di premialità per i contribuenti più affidabili. La premialità può configurarsi "anche" nell'esclusione o nella riduzione dei termini per gli accertamenti. Tale previsione è volta a promuovere l'adempimento degli obblighi tributari e il rafforzamento della collaborazione tra l'Amministrazione finanziaria e i contribuenti.

 

A riguardo si osserva che l'utilizzo del termine "anche" connesso alle "ipotesi di premialità definibili con decreto ministeriale" potrebbe tradursi in un eccesso di discrezionalità amministrativa con riferimento a un profilo particolarmente sensibile per i suoi riflessi in termini di probabilità di assoggettare ad accertamento i contribuenti.

Da ultimo, andrebbero opportunamente valutate e motivate, in particolare in ottica di gettito fiscale, le due tendenze contrastanti tra la maggiore propensione all'adempimento riferibile alla percezione di un'amministrazione fiscale più collaborativa e la minore propensione all'adempimento riferibile alla percezione di una minore probabilità di incappare nelle maglie dell'attività accertativa.

 

 

Il comma 2 prevede che, contestualmente all'adozione degli indici di cui al comma precedente, cessano di avere effetto, al fine dell'accertamento dei tributi, le disposizioni relative agli studi di settore previsti dall'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e ai parametri previsti dall'articolo 3, commi da 181 a 189, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.

 

Il decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331 su "Armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte sugli oli minerali, sull'alcole, sulle bevande alcoliche, sui tabacchi lavorati e in materia di IVA con quelle recate da direttive CEE e modificazioni conseguenti a detta armonizzazione, nonché disposizioni concernenti la disciplina dei Centri autorizzati di assistenza fiscale, le procedure dei rimborsi di imposta, l'esclusione dall'ILOR dei redditi di impresa fino all'ammontare corrispondente al contributo diretto lavorativo, l'istituzione per il 1993 di un'imposta erariale straordinaria su taluni beni ed altre disposizioni tributarie" reca all'articolo 62-bis la disciplina degli studi di settore in base alla quale gli uffici del Dipartimento delle Finanze del MEF sentite le associazioni professionali e di categoria elaborano, in relazione ai vari settori economici, studi al fine di rendere più efficace l'azione accertatrice e di consentire una più articolata determinazione dei coefficienti presuntivi di compensi e di ricavi.

La legge 28 dicembre 1995, n. 549 recante "Misure di razionalizzazione della finanza pubblica" disciplina ai commi da 181 a 189 dell'articolo 3 in estrema sintesi le fattispecie individuate nelle more della determinazione degli studi di settore. In particolare, il comma in esame si riferisce ai parametri che l'allora Ministero delle finanze-Dipartimento delle entrate elaborava e in base ai quali poteva determinare i ricavi, i compensi ed il volume d'affari attribuibili al contribuente in base alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della attività svolta dal medesimo. Il sistema prevedeva l'identificazione, in riferimento a settori omogenei di attività, di campioni di contribuenti che avevano presentato dichiarazioni dalle quali si rilevavano coerenti indici di natura economica e contabile. Sulla base degli stessi venivano poi determinati parametri che tenessero conto delle specifiche caratteristiche della attività esercitata.

 

A riguardo valgono le osservazioni di cui al comma precedente.

 

Box - Il passaggio dal modello "Studi di Settore" a quello " indici di affidabilità/compliance"

Al fine di comprendere al meglio le novità che, potenzialmente, potrebbero essere introdotte con il nuovo approccio che vede il passaggio dal sistema degli studi di settore a quello degli indici di affidabilità/compliance, può essere utile riproporre quanto illustrato dalla Sose in una presentazione su "STUDI DI SETTORE - E(ri)voluzione dell’istituto sperimentazione di innovazioni metodologiche".

Lo scorso 7 settembre, presso la sede della SOSE, si è tenuta infatti una riunione della Commissione degli Esperti per gli studi di settore durante la quale sono state presentate ad Associazioni di Categoria ed Ordini Professionali proposte di innovazione metodologica nell'ambito del rapporto fisco-contribuente.

Nel comunicato si legge che il nuovo strumento, che consentirà il superamento degli studi di settore e l’abbandono del loro utilizzo come strumento di accertamento presuntivo, verrà messo a punto con gradualità. Intanto l’ampliamento della sperimentazione assume priorità già da oggi.

L’indicatore di compliance è un dato sintetico che fornisce, su scala da uno a dieci, il grado di affidabilità del contribuente. Se il contribuente raggiunge un grado elevato avrà accesso al sistema premiale che prevede oggi, l’esclusione da alcuni tipi di accertamento e una riduzione del periodo di accertabilità.

Il nuovo indicatore sarà articolato in base all’attività economica svolta in maniera prevalente, con la previsione di specificità per ogni attività o gruppo di attività. Verrà costruito sulla base di una metodologia statistico-economica innovativa che prende in considerazione molteplici elementi:

- gli indicatori di normalità economica (finora utilizzati per la stima dei ricavi) diventeranno indicatori per il calcolo del livello di affidabilità;

- invece dei soli ricavi saranno stimati anche il valore aggiunto e il reddito d’impresa;

- il modello di regressione sarà basato su dati panel (8 anni invece di 1) con più informazioni e stime più efficienti;

- il modello di stima coglierà l’andamento ciclico senza la necessità di predisporre ex-post specifici correttivi congiunturali (cd correttivi crisi);

- una nuova metodologia di individuazione dei modelli organizzativi consentirà la tendenziale riduzione del numero, una maggiore stabilità nel tempo e assegnazione più robusta al cluster.

Al singolo contribuente saranno comunicati, attraverso l’Agenzia delle Entrate, il risultato dell’indicatore sintetico e le sue diverse componenti, comprese quelle che appaiono incoerenti. In questo modo il contribuente sarà stimolato ad incrementare l’adempimento spontaneo e incentivato a interloquire con l’Agenzia delle Entrate per migliorare la sua posizione sul piano dell’affidabilità.

In estrema sintesi le 10 principali novità saranno:

 

 


Articolo 7-ter
(Autorità nazionale anticorruzione)

L'articolo reca una esenzione dell'Autorità nazionale anticorruzione dal vincolo di riduzione delle spese di funzionamento.

 

L'esenzione qui disposta è di: 1 milione di euro per l'anno 2016; 10 milioni annui, a decorrere dall'anno 2017.

È esenzione rispetto al vincolo di riduzione delle spese di funzionamento, prescritto dal decreto-legge n. 90 del 2014 (suo articolo 19, comma 3, lettera c)).

Quel decreto-legge infatti - nel disporre la soppressione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (AVCP) e il trasferimento dei suoi compiti e funzioni all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), nonché ridefinire le attribuzioni spettanti all’ANAC e trasferire al Dipartimento della funzione pubblica le funzioni, fino ad allora svolte dall’ANAC, in materia di misurazione e valutazione della performance - venne a prevedere che il Presidente dell'ANAC presentasse (al Presidente del Consiglio dei ministri, entro il 31 dicembre 2014) un piano per il riordino della Autorità. Tale piano doveva prevedere: il trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali, necessarie per lo svolgimento delle funzioni innanzi dell’AVCP, con confluenza del personale in servizio presso l'ANAC e presso la soppressa AVPC in un unico ruolo (articolo 19, comma 3, lettera a)); la riduzione non inferiore al venti per cento del trattamento economico accessorio del personale dipendente, inclusi i dirigenti (lettera b)); la riduzione delle spese di funzionamento in misura non inferiore al venti per cento (lettera c)).

Dunque rispetto alla riduzione delle spese di funzionamento dell'ANAC in misura non inferiore al venti per cento (disposta dal citato articolo 19, comma 3, lettera c) del decreto-legge n. 90 del 2014) si viene ora a prevedere una esenzione, nella misura di 1 milione per il 2016 e 10 milioni a decorrere dal 2017.

La compensazione degli effetti finanziari (in termini di fabbisogno e di indebitamento netto) di tale previsione è a valere sul Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali.

 

Il Fondo sopra rammentato è posto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze. Esso è finalizzato alla compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, ai sensi del comma 177-bis dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (come introdotto dal comma 512 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007), ed ha una dotazione in termini di sola cassa.

Il fondo – già istituito, limitatamente all’anno 2007, dall’articolo 1, comma 511, della legge finanziaria per il 2007 – è finalizzato a compensare gli effetti negativi scaturenti in termini di cassa da specifici contributi di importo fisso costante con onere a carico dello Stato (limiti di impegno), concessi in virtù di autorizzazioni legislative.

Per un più dettagliato excursus storico, si ricorda che i commi 511 e 512 dell'articolo 1 della citata legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006) sono intervenuti ad integrazione della disciplina dei contributi pluriennali, contenuta nella legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350 del 2003), articolo 4, comma 177, con il fine di garantire che dall'utilizzo delle risorse relative ad autorizzazioni legislative riguardanti limiti di impegno o contributi pluriennali derivino effetti sui conti pubblici compatibili con gli obiettivi programmati.

Si ricorda in proposito che la legge finanziaria per il 2004, al citato articolo 4, comma 177, ha disposto, a decorrere dal 1° gennaio 2004, la trasformazione dei limiti di impegno - cioè degli stanziamenti pluriennali di importo costante che corrispondono a contributi da erogarsi a carico del bilancio dello Stato in favore di soggetti non statali, finalizzati a permettere l’accensione di mutui per la realizzazione di investimenti – in contributi pluriennali dello Stato.

Lo scopo principale della trasformazione dei limiti di impegno in contributi pluriennali con la previsione di un concorso parziale da parte dello Stato (ai sensi del richiamato comma 177) è stato, in sostanza, di evitare che lo Stato, a seguito dell’autorizzazione di limiti di impegno, potesse di fatto configurarsi come contraente diretto di mutui, con conseguente imputazione – secondo le regole contabili europee del SEC95 - nel primo esercizio di attivazione dei relativi effetti sull’indebitamento netto del conto delle amministrazioni pubbliche e sul livello del debito. Con lo strumento del contributo pluriennale, avrebbe dovuto essere computata ai fini dell’indebitamento netto soltanto la quota iscritta in bilancio e corrispondente alla rispettiva annualità.

Si è posto tuttavia un problema in relazione agli interventi da finanziare comunque mediante l’attivazione di specifici mutui, per i quali i soggetti attuatori non possono concorrere con proprie risorse al pagamento della relativa rata di ammortamento.

In questi casi, poiché la loro attivazione sarebbe stata produttiva di impatto non previsto sui saldi di contabilità nazionale, l’articolo 1, comma 511 della legge finanziaria per il 2007 ha previsto l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di un Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, nonché l’utilizzo del predetto fondo secondo una procedura, la cui disciplina –contenuta nel successivo comma 512 – è andata ad integrare quella della dell’articolo 4, comma 177 (essa è stata infatti inserita quale comma 177-bis dell’articolo 4 della legge n. 350/2003).

La procedura prevista dal citato comma 512 ha poi disposto l’utilizzo dei contributi pluriennali subordinato ad un apposito decreto emanato dal Ministro competente, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa verifica dell'assenza di effetti peggiorativi sul fabbisogno e sull'indebitamento netto rispetto a quelli già previsti dalla legislazione vigente.


Articolo 7-quater
(
Disposizioni in materia di semplificazione fiscale)

 

 

L’articolo 7-quater reca disposizioni eterogenee di semplificazione fiscale.

 

Il comma 1 elimina la presunzione legale di evasione relativa ai compensi dei professionisti in riferimento ai rapporti bancari.

La norma in esame prevede che i dati bancari sono posti a base degli accertamenti da parte dell’amministrazione finanziaria, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine. Alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell'ambito dei predetti rapporti od operazioni (articolo 32, comma 1, n. 2, del D.P.R. n. 600 del 1973, in materia di accertamento delle imposte dirette).

La lettera a) del comma 1, espungendo le parole “o compensi”, elimina il riferimento ai soggetti titolari di redditi di lavoro autonomo. In tal modo la norma viene adeguata alla sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità della disposizione citata limitatamente alle parole “o compensi” con riferimento alla presunzione relativa ai prelievi da parte dei professionisti.

In particolare la Corte Costituzionale con la sentenza n. 228 del 2014 ha ritenuto arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell'ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito. Si ricorda che l’estensione ai “compensi” dei professionisti è stata disposta dall'articolo 1, comma 402, della legge n. 311 del 2004.

 

La lettera b), con riferimento ai titolari di reddito di impresa (i quali percepiscono “ricavi”: articoli 57 e 85 del TUIR), indica un parametro quantitativo oltre il quale scatta la presunzione di evasione per i prelievi o i versamenti di importo superiore a 1000 euro giornalieri e a 5.000 euro mensili.

 

Il comma 2 modifica la disciplina per la conversione in euro dei bilanci delle stabili organizzazioni all’estero di imprese italiane (articolo 110, comma 2, del TUIR). Si prevede che la conversione in euro si effettua secondo il cambio utilizzato in bilancio in base ai corretti principi contabili (in luogo dell’attuale cambio alla data di chiusura dell'esercizio), a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016 (comma 3).

 

Il comma 4, in tema di bilancio consolidato, prevede che l'importo della riserva di traduzione, risultante dal bilancio relativo al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2016, che abbia concorso alla formazione del reddito imponibile, è riassorbito in cinque quote costanti a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016.

 

Il comma 5 include tra le spese deducibili dal reddito di lavoro autonomo quelle relative alle prestazioni di viaggio e di trasporto, a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2017 (modifica all’art. 54, comma 5, del TUIR).

 

I commi 6, 7 e 8 disciplinano la notifica mediante posta certificata degli avvisi di accertamento e degli altri atti che devono essere notificati alle imprese individuali, alle società o ai professionisti a decorrere dal 1 luglio 2017. Per l’attuazione di tale disciplina è previsto un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate.

In particolare il comma 6, integrando l’articolo 60 del D.P.R. n. 600 del 1973 (in tema di accertamento), prevede che, in deroga alle modalità di notificazione previste dalla normativa vigente (e in particolare in deroga all’articolo 149-bis c.p.c.: notificazione a mezzo posta elettronica) la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati alle imprese individuali o costituite in forma societaria e ai professionisti iscritti in albi o elenchi può essere effettuata direttamente dal competente ufficio a mezzo di posta elettronica certificata all'indirizzo del destinatario risultante dall'indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC). È quindi disciplinato il caso della casella satura, prevedendosi un secondo invio e quindi il deposito telematico. Si definisce il momento in cui la notificazione si intende comunque perfezionata.

 

I commi 9-13 aggiornano la disciplina della notifica mediante posta certificata della cartella di pagamento, con il riferimento all’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata.

In particolare il comma 9, modificando l’articolo 26 del D.P.R. n. 602 del 1973 (in tema di riscossione), specifica che la notifica della cartella di pagamento avviene all'indirizzo del destinatario risultante dall'indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) ovvero, per i soggetti che ne fanno richiesta, diversi da quelli obbligati ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nell'INI-PEC, all'indirizzo dichiarato all'atto della richiesta. Viene quindi richiamata la normativa introdotta dal comma 6 all’articolo 60 del D.P.R. n. 600 del 1973.

Si ricorda che la notifica della cartella di pagamento tramite posta certificata è stata prevista inizialmente dall’articolo 14 del D.Lgs. n. 159 del 2015 (semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione, in attuazione della delega fiscale).

Il comma 10 dispone che per soddisfare l'esigenza di massima tutela giurisdizionale del debitore iscritto a ruolo, le notificazioni delle cartelle e degli altri atti della riscossione relative alle imprese individuali, alle società, ai professionisti iscritti in albi o elenchi e agli altri soggetti che hanno richiesto la notificazione all'indirizzo di posta elettronica certificata, eventualmente eseguite nel periodo dal 1° giugno 2016 alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto con modalità diverse dalla posta elettronica certificata, sono rinnovate mediante invio all'indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario e i termini di impugnazione degli stessi atti decorrono, in via esclusiva, dalla data di rinnovazione della notificazione.

Il comma 11 prevede che la notificazione degli atti relativi alle operazioni catastali e alle correlate sanzioni, che per legge devono essere notificate ai soggetti obbligati alle dichiarazioni di aggiornamento, può essere eseguita direttamente dal competente ufficio, oltre che con le modalità già previste dalle disposizioni vigenti, anche a mezzo di posta elettronica certificata, con le modalità previste dal D.P.R. n. 68 del 2005, all'indirizzo risultante dagli elenchi istituiti a tale fine dalla legge. Il comma 12 stabilisce che per tali notifiche si applicano le sopraddette disposizioni introdotte all’articolo 60 del D.P.R. n. 600 del 1973. Il comma 13 prevede la decorrenza dal 1° luglio 2017 delle norme previste dai commi 11 e 12.

 

Il comma 14 posticipa dal 28 febbraio al 31 marzo di ciascun anno il termine per la consegna, ai soggetti interessati, della certificazione unica dei sostituti d’imposta (articolo 4, comma 6-quater del D.P.R. n. 322 del 1998), a decorrere dal 2017 con riferimento alle certificazioni relative al 2016 (comma 15).