Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili - D.L. 193/2016 - A.C. 4110
Riferimenti:
AC N. 4110/XVII   DL N. 193 DEL 22-OTT-16
Serie: Progetti di legge    Numero: 508
Data: 26/10/2016
Descrittori:
DECRETO LEGGE 2016 0193   ENTRATE TRIBUTARIE
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
VI-Finanze

DISPIOSIZIONI N MATERIA FISCALE E PER IL

FINANZIAMENTO DI ESIGENTE INDIFFERIBILI

 

 

 


Parte I – Schede di lettura

 

D.L. 193/2016 – A.C. 4110

 

 

Servizio Studi - Dossier n. 394

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Servizio del Bilancio - Elementi di documentazione n. 62

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Servizio Studi - Progetti di legge n. 508

Dipartimento Bilancio

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Dipartimento Finanze

Tel. 06 6760-9496 - * st_finanze@camera.it - Twitter_logo_blue.png @CD_finanze

 

 

Parte II – Profili di carattere finanziario

 

 

Servizio Bilancio dello Stato - Verifica delle quantificazioni n. 450

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Servizio Commissioni – Segreteria V Commissione

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I N D I C E

Articolo 1 (Equitalia). 3

Articolo 2 (Disposizioni in materia di riscossione locale). 9

Articolo 3 (Potenziamento della riscossione). 15

Articolo 4 (Disposizioni recanti misure per il recupero dell’evasione). 16

Articolo 5 (Dichiarazione integrativa a favore). 27

Articolo 6 (Definizione agevolata). 30

Articolo 7 (Riapertura dei termini della procedura di collaborazione volontaria e norme collegate). 39

Articolo 8 (Finanziamento Fondo occupazione). 56

Articolo 9 (Partecipazione di personale militare alla missione di supporto sanitario in Libia e alla missione delle Nazioni Unite UNSMIL). 58

Articolo 10 (Finanziamento Investimenti FS). 60

Articolo 11 (Misure urgenti per il trasporto regionale). 63

Articolo 12 (Misure urgenti a favore dei Comuni in materia di accoglienza)  66

Articolo 13,comma 1 (Rifinanziamento Fondo PMI). 68

Articolo 13, commi 2-4 (Misure per la Promozione e lo sviluppo dell’agroalimentare)  72

Articolo 14 (Potenziamento di tax credit per il cinema e l’audiovisivo). 77

Articolo 15 (Disposizioni finanziarie). 78

Articolo 16 (Entrata in vigore). 81

 

 


Articolo 1
(Equitalia)

 

 

L’articolo 1 dispone - a decorrere dal 1° luglio 2017 - lo scioglimento di Equitalia e l’istituzione dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, ente pubblico economico sottoposto all’indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell’economia e delle finanze. Il personale è trasferito al nuovo ente - previo superamento di una procedura di selezione -senza soluzione di continuità e con la garanzia della posizione giuridica ed economica. Entro il 30 aprile 2017, l’Amministratore delegato di Equitalia è nominato commissario straordinario per l’adozione dello statuto e la gestione della fase transitoria.

 

Si ricorda che fino al 2006 la riscossione era affidata in concessione a società private, in prevalenza banche, che operavano in diversi ambiti territoriali. Con il decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, la riscossione è stata ricondotta in mano pubblica. A tal fine è stata costituita Riscossione S.P.A., ora Equitalia S.p.A., alla quale – in data 1° ottobre 2006 – è stato affidato il servizio pubblico della riscossione in tutto il territorio nazionale, a eccezione della Sicilia.

Il gruppo Equitalia è organizzata in Holding Equitalia S.p.A., Equitalia Servizi di riscossione S.p.A., Equitalia Giustizia S.p.A..

Equitalia S.p.A., istituita nel 2005, è una società a totale capitale pubblico (51% Agenzia delle entrate e 49% Inps) e svolge il suo ruolo istituzionale tramite Equitalia Servizi di riscossione S.p.A. che dal primo luglio 2016 è Agente unico della riscossione e assorbe tutte le attività dei precedenti agenti della riscossione, attraverso la fusione per incorporazione di Equitalia Nord S.p.A., Equitalia Centro S.p.A. e Equitalia Sud S.p.A..

Equitalia Giustizia S.p.A., istituita nel 2008, è il gestore del FUG (Fondo Unico di Giustizia), dove confluiscono le somme sequestrate nell'ambito di procedimenti penali e in applicazione delle misure di prevenzione antimafia, nonché i proventi derivanti dai beni confiscati alla criminalità organizzata. Effettua le attività esecutive funzionali alla riscossione delle spese di giustizia e delle pene pecuniarie conseguenti a provvedimenti giudiziari passati in giudicato o diventati definitivi, gestisce provvisoriamente i libretti di risparmio e i titoli di credito sequestrati. Le somme sono destinate al ministero dell'Interno per la tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico, al ministero della Giustizia per il funzionamento ed il potenziamento degli uffici giudiziari e degli altri servizi istituzionali ed al bilancio dello Stato.

Dal 1° ottobre 2006 ad oggi le riscossioni sono sensibilmente aumentate: nel periodo 2000- 2005 le società concessionarie private avevano incassato in media ogni anno circa 2,9 miliardi di euro. Nel 2015 sono stati riscossi 8,2 miliardi, in aumento dell’11 per cento rispetto ai 7,4 miliardi del 2014 (media degli anni precedenti: 7,7 miliardi).

La soppressione di Equitalia a decorrere dal 1° gennaio 2015 era già prevista dalla proposta di legge A.C. 2299, presentata dal Movimento 5 Stelle. Il 10 luglio 2014 l'Assemblea della Camera ha approvato un emendamento soppressivo di tutti gli articoli del testo, il quale pertanto è stato respinto nel suo complesso.

La proposte intendeva trasferire le funzioni di Equitalia all'Agenzia delle entrate, che a tal fine avrebbe dovuto istituire una Direzione centrale per la riscossione. Gli interessi, le more, gli aggi e le sanzioni per il ritardato o mancato pagamento delle cartelle esattoriali maturati si sarebbero estinti e sarebbero stati sostituiti dal pagamento di un interesse pari alla misura del tasso Euribor. Si prevedeva una riserva pari al 50 per cento delle assunzioni presso l'Agenzia delle entrate – Direzione centrale per la riscossione per il personale impiegato presso Equitalia e le società ad essa collegate.

Successivamente, nel giugno 2016, il Governo, rispondendo alla interrogazione n. 5/09023 presso la Commissione Finanze della Camera, ha annunciato il riordino delle Agenzie fiscali e la riforma del sistema di riscossione anche attraverso la soppressione di Equitalia S.p.A..

In particolare il rappresentante del Governo ha affermato che era allo studio l'esigenza di riformare la gestione della riscossione coattiva delle entrate pubbliche, con l’obiettivo – in coerenza con la linea intrapresa con il decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 157 e con le rinnovate convenzioni con le agenzie fiscali – di reindirizzare l'attività dell'amministrazione finanziaria complessivamente intesa in direzione di un sistema più equo, trasparente e orientato alla crescita, affermando la necessità di un approccio collaborativo tra amministrazione fiscale e imprese e cittadini.

Il Decreto Legislativo n. 159 del 2015 (semplificazione e razionalizzazione della riscossione) ha semplificato gli adempimenti del contribuente: si prevede che ritardi di breve durata ovvero errori di limitata entità nel versamento delle rate non comportino l'automatica decadenza dal beneficio della rateizzazione; si introduce l'ipotesi di lieve inadempimento in cui non si ha la decadenza dal beneficio della dilazione; viene esplicitata la possibilità del contribuente di avvalersi del ravvedimento operoso evitando l'iscrizione a ruolo degli importi residui dovuti; in caso di accertamento esecutivo, si consente al contribuente di attivare meccanismi per la concessione della dilazione del pagamento prima dell'affidamento in carico all'agente della riscossione, al ricorrere di evidenze specifiche che dimostrino una temporanea situazione di obiettiva difficoltà; si riducono gli oneri del servizio nazionale della riscossione (cd. aggio), riconoscendo il solo costo di funzionamento del servizio; si riduce la misura dei tassi degli interessi per il versamento, la riscossione e i rimborsi di ogni tributo.

 

Ai sensi del comma 1, a decorrere dal 1° luglio 2017 le società del Gruppo Equitalia sono sciolte, cancellate d’ufficio dal registro delle imprese ed estinte, senza che sia esperita alcuna procedura di liquidazione.

Contestualmente, è introdotto il divieto di effettuare assunzioni a qualsiasi titolo.

 

L’esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale è riattribuito all’Agenzia delle entrate (comma 2) e viene svolto dall’Agenzia delle entrate-Riscossione, ente pubblico economico sottoposto all’indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell’economia e delle finanze e al monitoraggio dell’Agenzia delle entrate (comma 3).

Il nuovo ente subentra, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia e assume la qualifica di agente della riscossione, abilitato ad operare attraverso le procedure della riscossione tramite ruolo (ovvero l'elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall'ufficio ai fini della riscossione a mezzo del concessionario, ai sensi del DPR n. 602 del 1973 sulla riscossione). L’ente ha autonomia organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione. Ne costituiscono organi il presidente, il comitato di gestione e il collegio dei revisori dei conti.

Il comitato di gestione è composto dal direttore dell’agenzia delle entrate in qualità di Presidente dell’ente e da due componenti nominati dall’agenzia medesima tra i propri dirigenti, ai quali non spettano compensi aggiuntivi (comma 4).

Il comma 5 reca i contenuti dello statuto (approvato con DPCM, su proposta del MEF), prevedendo, tra l’altro, procedure, anche telematiche, di consultazione pubblica sugli atti di rilevanza generale e la partecipazione dei soggetti interessati. Al comitato di gestione sono affidate le modifiche allo statuto e agli atti di carattere generale che disciplinano l’organizzazione e il funzionamento dell’ente, inclusi i bilanci preventivi e consuntivi, nonché il piano triennale per la razionalizzazione delle attività di riscossione. Si prevede che gli atti a carattere generale indicati nell’atto aggiuntivo (di cui al comma 13) e il piano triennale per la razionalizzazione delle attività di riscossione siano trasmessi, per l'approvazione, al Ministro dell'economia e delle finanze (ai sensi dell’articolo 60 del decreto legislativo n. 300 del 1999, in materia di controllo sulle agenzie fiscali).

Il comma 6 sottopone l’Agenzia delle entrate-Riscossione alle disposizioni del codice civile e delle altre leggi relative alle persone giuridiche private.

In relazione agli oneri di funzionamento del servizio nazionale di riscossione, il comma 7 rinvia al meccanismo di remunerazione degli agenti della riscossione introdotto dall’articolo 9 del citato decreto legislativo n. 159 del 2015.

Tale norma ha previsto che agli agenti sia riconosciuto il ristoro degli oneri di riscossione e di esecuzione commisurati al costo di funzionamento del servizio, riducendo l'onere di riscossione dall'8 per cento sulle somme iscritte a ruolo riscosse e sui relativi interessi di mora al 6 per cento (misura abbattuta del 50 per cento, in caso di pagamento effettuato entro il sessantesimo giorno dalla notifica della cartella). I debitori iscritti a ruolo sopportano, altresì, gli oneri legati all'effettuazione delle procedure esecutive e quelli necessari per la notifica della cartella di pagamento o degli altri atti di riscossione. Si prevede che anche gli enti creditori contribuiscano alla remunerazione del sistema.

In particolare la nuova disciplina (con la quale è stato riscritto l'articolo 17 del D.Lgs. n. 112 del 1999) prevede che entro il 31 gennaio di ciascun anno Equitalia, previa verifica da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, deve individuare e rendere pubblici, sul proprio sito web, i costi da sostenere per il servizio nazionale di riscossione, cui devono essere commisurati gli oneri. Il primo decreto ministeriale di fissazione degli oneri afferenti alle spese di procedura, notifica e lavorazione degli sgravi per indebito, nonché la tipizzazione delle suddette spese avrebbe dovuto essere emanato entro il 30 ottobre 2015 (il decreto non è stato emanato). In via transitoria è stato mantenuto fermo il precedente regime per i carichi affidati sino al 31 dicembre 2015.

 

Con una nuova disposizione transitoria, per l’anno 2017, si prevede che siano validi i costi determinati, approvati e pubblicati da Equitalia secondo la procedura sopra illustrata.

Si segnala che sul sito di Equitalia, è pubblicato il predetto elenco dei costi per il servizio di riscossione per l’anno 2016, per un totale pari a 883.127.726 euro. http://www.gruppoequitalia.it/equitalia/opencms/it/il-gruppo/amministrazione
trasparente/bilanci/

 

Ai sensi del comma 8 l’ente è autorizzato ad avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato competente per territorio, mentre può stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti davanti al tribunale e al giudice di pace. Per il patrocinio nei giudizi davanti alle commissioni tributarie l'ufficio dell'Agenzia delle entrate e dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli nonché dell'agente della riscossione nei cui confronti è proposto il ricorso, sta in giudizio direttamente o mediante la struttura territoriale sovraordinata (ai sensi dell’articolo 11 comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992).

Per quanto riguarda il personale (comma 9), tenuto conto della specificità delle funzioni e delle competenze tecniche necessarie al loro svolgimento, il personale di Equitalia con contratto di lavoro a tempo indeterminato in servizio è trasferito al nuovo ente - previo superamento di una procedura di selezione -senza soluzione di continuità e con la garanzia della posizione giuridica ed economica.

Si ricorda che gli articoli 23-bis e 23-ter del decreto-legge 201/2011 hanno stabilito che il trattamento economico del Primo presidente della Corte di cassazione costituisce parametro massimo di riferimento per la definizione del trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceva, a carico delle finanze pubbliche, emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo (inclusi i componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo) con pubbliche amministrazioni statali e con società dalle stesse partecipate, ad esclusione delle società emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati e loro controllate.

A sua volta, l’art. 13 del DL 66/2014 (conv. L. 89/2014) ha previsto che, a decorrere dal 1° maggio 2014, il limite massimo retributivo riferito al Primo presidente della Corte di cassazione è fissato in 240.000 euro annui al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente. Sono inclusi nel computo cumulativo le somme comunque erogate all'interessato dalle amministrazioni pubbliche e le somme erogate dalle società da esse partecipate in via diretta o indiretta. Il comma 2 del medesimo art. 13 ha esteso la platea di destinatari del “tetto” retributivo, ricomprendendo espressamente, tra gli altri, gli enti pubblici economici tra le amministrazioni pubbliche con cui, se intercorrono rapporti di lavoro subordinato o autonomo, si applica il 'tetto' sopra ricordato.

 

Al personale trasferito si applicano le norme sul mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda previste dall’articolo 2112, primo e terzo comma, del codice civile.

I richiamati commi 1 e 3 dell’articolo 2112 del codice civile prevedono che in caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano. Inoltre, il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa del cessionario. L'effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello.

 

Si segnala che la disposizione non disciplina in alcun modo i lavoratori con contratto a tempo determinato dipendenti di Equitalia.

 

Il personale proveniente da altre amministrazioni pubbliche viene invece ricollocato nella posizione economica e giuridica posseduta nell’amministrazione pubblica di provenienza, che provvede al riassorbimento nei limiti dei posti vacanti e nell'ambito delle facoltà assunzionali disponibili ovvero, in difetto, destinato a amministrazioni con carenza di organico (comma 10).

 

Il comma 11 autorizza l’Agenzia delle entrate ad acquistare, al valore nominale, le azioni di Equitalia detenute dall’Inps(lettera a)), mentre le azioni di Equitalia Giustizia sono cedute a titolo gratuito al Ministero dell’economia e delle finanze (lettera b)).

I bilanci finali di chiusura del gruppo sono trasmessi per l’approvazione al Ministero dell’economia e delle finanze. Ai componenti degli organi delle società soppresse sono corrisposti compensi, indennità ed altri emolumenti solo fino alla data di soppressione. Per gli adempimenti successivi si prevede il rimborso delle spese sostenute nella misura prevista dal rispettivo ordinamento.

 

Ai sensi del comma 12 le operazioni inerenti al trasferimento di azioni sono esenti da imposizione fiscale.

 

Il comma 13 demanda ad un atto aggiuntivo alla convenzione triennale tra il Ministro dell’economia e delle finanze e il direttore dell’agenzia delle entrate, da stipulare annualmente, la definizione dei servizi dovuti, delle risorse disponibili, nonché delle strategie per la riscossione, che devono privilegiare il risultato piuttosto che il processo.

L’atto definisce inoltre gli obiettivi quantitativi da raggiungere, gli indicatori e le modalità di verifica del conseguimento degli obiettivi, le modalità di vigilanza sull’operato dell’ente, la gestione della riscossione con modalità organizzative flessibili, le comunicazioni e informazioni preventive volte ad evitare aggravi moratori per i contribuenti ed a migliorarne il rapporto con l’amministrazione fiscale.

 

Il comma 14 definisce risultato particolarmente negativo della gestione -  e quindi motivo per la  nomina di un commissario straordinario (ai sensi dell’articolo 69, comma 1, del decreto legislativo n. 300 del 1999) il mancato raggiungimento degli obiettivi stabiliti nell’atto aggiuntivo non attribuibile a fattori eccezionali o comunque non tempestivamente segnalato al Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Fino al 1° luglio 2017 l’attività di riscossione prosegue nel regime giuridico vigente, mentre entro il 30 aprile 2017, con DPCM, l’Amministratore delegato di Equitalia è nominato commissario straordinario per l’adozione dello statuto e per la vigilanza e la gestione della fase transitoria (comma 15).

 

Il comma 16, infine, riferisce al nuovo ente tutti i riferimenti contenuti in norme vigenti agli ex concessionari del servizio nazionale della riscossione e agli agenti della riscossione.


 

Articolo 2
(Disposizioni in materia di riscossione locale)

 

 

L’articolo 2 proroga dal 31 dicembre 2016 al 1° giugno 2017 il termine di operatività delle vigenti disposizioni in materia di riscossione delle entrate locali, superando la precedente scadenza a decorrere dalla quale la società Equitalia e le società per azioni dalla stessa partecipata avrebbero dovuto cessare di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate dei comuni e delle società da questi ultimi partecipate. Si consente agli enti locali di continuare ad avvalersi del soggetto preposto alla riscossione nazionale. In ogni caso, entro il 30 settembre di ogni anno, gli enti locali possono deliberare l'affidamento della riscossione al soggetto preposto alla riscossione nazionale.

 

A tal fine il comma 1 modifica l’articolo 10, comma 2-ter del decreto-legge n. 35 del 2013, così posticipando al 1° giugno 2017:

§  il termine entro cui le società agenti della riscossione cessano di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate, tributarie o patrimoniali, dei comuni e delle società da essi partecipate;

§  il termine a decorrere dal quale le suddette società possono svolgere l’attività di riscossione, spontanea o coattiva, delle entrate degli enti pubblici territoriali, nonché le altre attività strumentali, soltanto a seguito di affidamento mediante procedure ad evidenza pubblica.

 

Si evidenzia che il termine originario era stato fissato dalla legge di conversione del decreto-legge n. 70 del 2011 nel 1° gennaio 2012. L’articolo 7, lettera gg-ter), del citato decreto-legge, con riferimento all’attività di riscossione dei tributi (e non anche per le entrate di natura diversa), consentiva fino a tale termine ad Equitalia e alle società per azioni dalla stessa partecipata di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate dei comuni e delle società da questi ultimi partecipate. Tale termine è stato prorogato al 31 dicembre 2012 dall’articolo 10, comma 13-octies, del decreto-legge n. 201 del 2011 e al 30 giugno 2013 dall'articolo 9, comma 4, del decreto-legge n. 174 del 2012.

Successivamente il comma 2-ter dell’articolo 10 del decreto-legge n. 35 del 2013 (nella sua formulazione originaria) consentiva ai comuni di continuare ad avvalersi di Equitalia per la riscossione dei tributi fino al 31 dicembre 2013. Sul comma 2-ter dell’articolo 10 del decreto-legge n. 35 del 2013 è intervenuto l’articolo 53 del decreto-legge n. 69 del 2013, per effetto del quale è stata prorogata al 31 dicembre 2013 l’operatività delle vigenti disposizioni in materia di gestione delle entrate locali anche per le entrate di natura diversa dai tributi di tutti gli enti territoriali, non solo dunque dei comuni. Tale diverso termine, inizialmente fissato al 1° gennaio 2012, era stato successivamente prorogato al 31 dicembre 2012 dal decreto-legge n. 201 del 2011 e, quindi, al 30 giugno 2013 dall’articolo 9, comma 4, del decreto-legge n. 174 del 2012, in attesa del riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate degli enti territoriali. Il decreto-legge n. 69 dunque ha riallineato tutte le scadenze al 31 dicembre 2013 al fine di favorire il riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate dei comuni, anche mediante istituzione di un consorzio, che si avvale delle società del Gruppo Equitalia per le attività di supporto all’esercizio dell’attività di riscossione.

Il nuovo termine è stato rinviato dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 610 della legge n. 147 del 2013) al 31 dicembre 2014, dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, comma 642 della legge n. 190 del 2014) al 30 giugno 2015 e dal decreto-legge n. 78 del 2015 (articolo 7, comma 7) al 31 dicembre 2015. Da ultimo, il decreto-legge n. 210 del 2015 (articolo 10, comma 1) ha differito il termine al 30 giugno 2016.

 

Si ricorda che la delega fiscale (legge n. 23 del 2014) dedicava specifica attenzione al riordino della riscossione delle entrate locali, disponendo (articolo 10, comma 1, lettera c)) la revisione della procedura dell’ingiunzione fiscale e delle ordinarie procedure di riscossione coattiva dei tributi, per adattarle alla riscossione locale. Si intendeva procedere inoltre alla revisione dei requisiti per l’iscrizione all’albo dei concessionari, all’emanazione di linee guida per la redazione di capitolati, nonché a introdurre strumenti di controllo e a garantire la pubblicità. Tuttavia, il 27 giugno 2015 è scaduto il termine per l'attuazione della delega, senza che tale norma sia stata attuata.

 

Il comma 2 prevede che gli enti locali, con deliberazione da adottare entro il 1° giugno 2017, possono continuare ad avvalersi del soggetto preposto alla riscossione nazionale, per sé e per le società da essi partecipate, per l'esercizio dell’attività di riscossione.

Il comma 3 consente in ogni caso a tutti gli enti locali, e non solo a quelli che già se ne avvalgono, entro il 30 settembre di ogni anno, di deliberare l'affidamento della riscossione al soggetto preposto alla riscossione nazionale.

 

La norma sembra pertanto escludere a regime, per tale affidamento, la procedura ad evidenza pubblica.

 

Ricordato che, in base alla legislazione vigente (art. 13, comma 25-bis, DL n. 145 del 2013), ora confluita nello schema di decreto legislativo, adottato in attuazione della delega di cui alla legge n. 124 del 2015, recante Testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale, su cui hanno espresso il prescritto parere le competenti Commissioni parlamentari (A.G. 308), è stabilito, in via generale, che l'assunzione della titolarità di servizi pubblici locali di interesse economico generale costituisce funzione fondamentale degli enti locali, i quali, nel procedimento di individuazione di detti servizi, sono tenuti a verificare preliminarmente l'inidoneità del mercato a fornirli a condizioni compatibili con l'interesse pubblico. Le attività individuate come servizio pubblico possono essere gestite dall'ente locale competente all'organizzazione del servizio in una delle seguenti modalità: affidamento mediante procedura ad evidenza pubblica, anche a società a capitale misto pubblico-privato, ovvero gestione diretta mediante affidamento in house, o - limitatamente ai servizi diversi da quelli di rete - mediante azienda speciale o gestione in economia.

La scelta delle modalità di gestione è effettuata con provvedimento motivato dell’ente competente, che dà conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento dal diritto europeo per la forma di gestione prescelta. Il provvedimento definisce, in relazione alle caratteristiche del mercato, i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e la loro durata, la natura dei diritti speciali o esclusivi eventualmente conferiti e descrive il sistema di compensazione, se previsto, indicando i parametri per il calcolo, il controllo e l’eventuale revisione della compensazione, nonché le modalità per evitare ed eventualmente recuperare le sovracompensazioni. Il provvedimento deve, altresì, dare specificamente conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato (per i servizi a rete è richiesto anche un piano economico-finanziario). Inoltre, laddove non sussistano i presupposti della concorrenza nel mercato, il provvedimento deve motivare anche in ordine all’eventuale impossibilità di procedere mediante suddivisione in lotti del servizio da affidare, al fine di consentire, ove possibile, l’attività di più imprese nella prestazione del servizio e favorire forme di concorrenza comparativa.

Appare dunque opportuno valutare l’esigenza di prevedere un richiamo alla normativa vigente in materia di affidamento dei servizi, che richiede, in particolare, un provvedimento motivato dell’ente sulla forma di gestione prescelta, tenuto conto degli orientamenti dell’Unione europea sul punto.

 

Si ricorda inoltre che il nuovo Codice degli appalti e delle concessioni (D.Lgs. n. 50 del 2016) detta, all’art. 5, i principi comuni in materia di esclusione per concessioni, appalti pubblici e accordi tra enti e amministrazioni aggiudicatrici nell'ambito del settore pubblico.

In particolare, si prevede che la concessione o un appalto pubblico aggiudicati da un'amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore a una persona giuridica di diritto pubblico o privato, non rientra nell'ambito di applicazione del codice quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore esercita sulla persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; b) oltre l'80 per cento delle attività della persona giuridica controllata è effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall'amministrazione aggiudicatrice controllante; c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati.

Ai sensi del comma 2, un'amministrazione esercita su una persona giuridica il controllo analogo qualora essa eserciti un'influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore.

La disciplina del Codice si applica agli appalti pubblici di servizi definiti come i contratti tra una o più stazioni appaltanti e uno o più soggetti economici, aventi per oggetto la prestazione di servizi diversi dagli appalti di lavori (art. 3, comma 1, lettera ss). Alle concessioni di servizi si applicano le norme della parte III del Codice, considerato che, a differenza della previgente disciplina, in recepimento della direttiva 2014/23/UE, sono dettate regole generali unitarie per le concessioni di lavori e di servizi; l’articolo 166, nello specifico, prevede che le amministrazioni aggiudicatrici sono libere di decidere il modo migliore per gestire la prestazione dei servizi per garantire un elevato livello di qualità, sicurezza ed accessibilità, la parità di trattamento e la promozione dell'accesso universale e dei diritti dell'utenza nei servizi pubblici. Si applicava, invece, alle concessioni di servizi l’articolo 30 dell’abrogato decreto legislativo n. 163 del 2006 il quale prevedeva, tra l’altro, che la scelta del concessionario dovesse avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, previa gara informale a cui invitare almeno cinque concorrenti, se sussistevano in tale numero soggetti qualificati in relazione all'oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi.

Si ricorda che la natura giuridica dell’attività di riscossione è stata oggetto di diverse pronunce giurisprudenziali, anche al fine della sua configurazione alla stregua di una concessione di servizi (Consiglio di Stato sent. n. 5566 e 4510 del 2010), a cui applicare il citato articolo 30 del decreto legislativo n. 163 del 2006, o di un appalto pubblico di servizi (Cons. Stato n. 1878 del 2006, nel caso ad esempio di attività strumentali). E’ stato, altresì, precisato che la riscossione dei tributi locali costituisce svolgimento di un'attività di servizio pubblico (Cons. Stato n. 3672 del 2005 e n. 5284 del 2014).

 

Conclusivamente, appare utile un chiarimento in merito alla coerenza dell’esclusione introdotta dalla norma in commento con la normativa in materia- anche europea - di affidamento dei contratti pubblici illustrata.

 

La riscossione delle entrate dei comuni nel quadro del D.L. n. 70/2011

Il richiamato articolo 7, comma 2, lettere da gg-ter) a gg-septies), del decreto-legge n. 70/2011 stabilisce che a partire da una specifica data – come si è visto, da ultimo il 30 giugno 2016 - Equitalia Spa e le società da essa partecipate cessino di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione - spontanea e coattiva – delle entrate, tributarie o patrimoniali, dei comuni e delle società da essi partecipate.

Dal momento di tale cessazione spetterà dunque ai comuni effettuare la riscossione spontanea e coattiva delle entrate tributarie e patrimoniali e, ove optino per l’affidamento del servizio a soggetti esterni (con modalità diverse dunque dall’esercizio diretto o dall’affidamento in house), essi dovranno procedere nel rispetto delle norme in materia di evidenza pubblica secondo:

§  la procedura d'ingiunzione fiscale prevista dal regio decreto n. 639 del 1910, che costituisce titolo esecutivo;

§  le disposizioni del titolo II (Riscossione coattiva) del D.P.R. n. 602 del 1973 per quanto compatibili e, comunque, nel rispetto dei limiti di importo e delle condizioni stabilite per gli agenti della riscossione in caso di iscrizione ipotecaria e di espropriazione forzata immobiliare.

Il sindaco o il legale rappresentante della società incaricata della riscossione dovranno nominare uno o più funzionari responsabili della riscossione che esercitino: le funzioni demandate agli ufficiali della riscossione, ovvero quelle attribuite al segretario comunale dall'articolo 11 del R.D. n. 639/1910 (assistenza all'incanto, stesura del relativo), in ottemperanza ai requisiti di legge (abilitazione e autorizzazione) richiesti per ricoprire il ruolo di degli ufficiali della riscossione.

Ove la gestione della riscossione delle entrate comunali sia affidata a soggetti privati questi ultimi debbano aprire uno o più conti correnti dedicati a tale attività. Essi avranno inoltre l’obbligo di riversamento alla tesoreria delle somme riscosse - al netto dell’aggio e delle spese anticipate dall’agente della riscossione - entro la prima decade del mese.

 

Il vigente sistema di riscossione delle entrate locali

A seguito della riforma della riscossione operata dal decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 – con passaggio da un sistema di affidamento in concessione all’attribuzione delle competenze all’Agenzia delle entrate, operante attraverso l’agente unico Equitalia S.p.A. – la legge ha recato una dettagliata disciplina transitoria, volta a favorire il transito di funzioni e di carichi dagli ex concessionari ad Equitalia e alle relative società partecipate.

In particolare, ai sensi del comma 24 dell'articolo 3 del D.L. n. 203 del 2005, alle ex società concessionarie della riscossione è stata data la possibilità di trasferire, in via totale o parziale, il proprio capitale sociale ad Equitalia S.p.A. (continuando dunque, anche con assetti proprietari diversi, a svolgere l'attività di riscossione erariale e locale).

In alternativa, ai concessionari è stato consentito di scorporare il ramo d'azienda concernente le attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali, cedendolo a soggetti terzi, nonché alle società iscritte nell'apposito albo dei soggetti abilitati ad effettuare le attività di accertamento e riscossione dei tributi per gli enti locali (ai sensi dell'articolo 53, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446).

Nel caso di scorporo e di cessione del ramo di azienda, le norme hanno consentito ai cessionari di proseguire le attività di accertamento e riscossione di entrate locali, in mancanza di diversa determinazione degli enti medesimi (che avrebbero potuto optare per l’affidamento in house o per la gestione diretta, ovvero associata, etc.), purché le società avessero i requisiti per l'iscrizione al citato albo dei soggetti abilitati ad accertare e riscuotere le entrate locali. Ai sensi del successivo comma 25, nel caso di mancato trasferimento del ramo d’azienda e ove non vi sia diversa determinazione dell'ente creditore, le attività di accertamento e riscossione sono affidate a Equitalia S.p.A. o alle società partecipate, fermo il rispetto di procedure di gara ad evidenza pubblica. Infine, il comma 25-bis sancisce che l'attività di riscossione spontanea e coattiva degli enti pubblici territoriali può essere svolta dalle società cessionarie del ramo d'azienda, da Equitalia S.p.A. e dalle partecipate soltanto a seguito di affidamento mediante procedure ad evidenza pubblica.

 


 

Articolo 3
(Potenziamento della riscossione)

 

 

L’articolo 3 consente all’Agenzia delle entrate di utilizzare le banche dati e le informazioni alle quali è autorizzata ad accedere anche ai fini dell'esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale. Si consente inoltre all’Agenzia di acquisire le informazioni relative ai rapporti di lavoro o di impiego presenti nelle banche dati dell'Inps, per l’attivazione mirata delle norme relative al pignoramento di stipendi, salari o altre indennità. Si consente al nuovo ente Agenzia delle entrate-Riscossione di accedere alle medesime informazioni per le attività di riscossione.

 

Più in dettaglio, il comma 1 stabilisce che a decorrere dal 1° gennaio 2017, l'Agenzia delle entrate può utilizzare le banche dati e le informazioni alle quali è autorizzata ad accedere sulla base di specifiche disposizioni di legge, anche ai fini dell'esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale.

 

Il comma 2 interviene sull’articolo 72-ter del DPR n. 602 del 1973, inserendo il nuovo comma 2-ter, al fine di consentire all'Agenzia delle entrate di acquisire le informazioni relative ai rapporti di lavoro o di impiego, accedendo direttamente, in via telematica, alle specifiche banche dati dell'Istituto nazionale della previdenza sociale. Tale accesso è autorizzato allo scopo di attivare puntualmente le norme relative al pignoramento di stipendi, salari o altre indennità.

 

Si ricorda al riguardo che l'art. 3, comma 5, lett. b), del decreto-legge n. 16 del 2012 ha introdotto l’articolo 72-ter al D.P.R. n. 602 del 1973 in materia di riscossione al fine di stabilire la pignorabilità, da parte dell’agente della riscossione, delle somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, in misura pari ad un decimo per importi fino a 2.500 euro; in misura pari ad un settimo per importi da 2.501 a 5.000 euro. Per effetto delle norme in esame, dunque, viene ridotta la quota pignorabile degli emolumenti di importo inferiore ai 5.000 euro. Ove le suddette somme superino tale soglia, esse rimangono pignorabili secondo le norme generali, ovvero nella misura di un quinto. Non si procede al pignoramento dell’ultimo stipendio.

 

Il comma 3, infine, consente al nuovo ente Agenzia delle entrate-Riscossione di accedere alle medesime informazioni per le attività di riscossione.

Articolo 4
(Disposizioni recanti misure per il recupero dell’evasione)

 

 

L’articolo 4 stabilisce, a decorrere dal 1° gennaio 2017, per i soggetti passivi IVA l’abrogazione della comunicazione dell’elenco clienti e fornitori (spesometro) e l’introduzione di due nuovi adempimenti da effettuare telematicamente ogni tre mesi:

§  la comunicazione analitica dei dati delle fatture emesse e ricevute;

§  la comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche IVA.

L’Agenzia delle entrate successivamente elabora e incrocia i dati e, dopo un mese, mette a disposizione dei contribuenti le informazioni relative ai dati comunicati, segnalando eventuali incoerenze anche con riferimento ai versamenti effettuati. In tal caso il contribuente può fornire chiarimenti, segnalare eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente, ovvero potrà versare quanto dovuto avvalendosi del ravvedimento operoso. La tempistica del recupero di tale somme è velocizzata in quanto l’Agenzia effettua tali controlli anche prima della presentazione della dichiarazione annuale.

A favore dei soggetti in attività nel 2017 con un volume d’affari non superiore a euro 50.000 è riconosciuto un credito d’imposta di 100 euro per l’adeguamento tecnologico finalizzato all’effettuazione delle comunicazioni dei dati delle fatture e delle comunicazioni IVA periodiche. A favore dei soggetti che hanno esercitato l’opzione per la trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri il credito è incrementato di 50 euro (commi 1 e 2).

Sono previste specifiche sanzioni non penali in caso di omessa, incompleta o infedele comunicazione delle fatture e dei dati delle liquidazioni (comma 3).

Dal 1° gennaio 2017 sono eliminati alcuni adempimenti: lo spesometro, la comunicazione all’Anagrafe tributaria dei dati relativi ai contratti stipulati dalle società di leasing, la comunicazione delle operazioni intercorse con operatori economici situati in Paesi c.d. black list. Sono poi  semplificati gli adempimenti connessi alla presentazione all’Agenzia delle dogane degli elenchi riepilogativi relativi alle operazioni intracomunitarie. La dichiarazione annuale IVA, a decorrere dal 2017, deve essere presentata nel periodo tra il 1° febbraio e il 30 aprile (commi 4 e 5).

La memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi sono obbligatorie, a decorrere dal 1° gennaio 2017, per i soggetti passivi che effettuano cessioni di beni tramite distributori automatici sono estese anche ai soggetti passivi che effettuano prestazioni di servizi tramite distributori automatici. Inoltre è prorogata di un anno, fino al 31 dicembre 2017, la disciplina relativa alla trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri per le imprese che operano nel settore della grande distribuzione, a favore delle imprese che abbiano esercitato l’opzione entro il 31 dicembre 2016 (comma 6).

Infine sono ampliate le fattispecie di introduzione nel deposito IVA che possono essere effettuate senza il pagamento dell’imposta; si interviene inoltre sulle modalità di assolvimento dell’IVA all’atto dell’estrazione dei beni diversi da quelli introdotti in forza di un acquisto intracomunitario, compresi quelli di provenienza extracomunitaria. Tali modifiche decorrono a partire dal 1° aprile 2017 (commi 7 e 8).

 

Più in dettaglio, l’articolo 4, ai commi 1 e 2, stabilisce per i soggetti passivi IVA l’abrogazione della comunicazione dell’elenco clienti e fornitori (c.d. “spesometro”) e l’introduzione di due nuovi adempimenti da effettuare telematicamente ogni tre mesi:

§  la comunicazione analitica dei dati delle fatture emesse e ricevute;

§  la comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche IVA.

L’Agenzia delle entrate successivamente elabora e incrocia i dati e, dopo un mese, mette a disposizione dei contribuenti le informazioni relative ai dati comunicati, segnalando eventuali incoerenze anche con riferimento ai versamenti effettuati.

Tale nuova procedura consente di anticipare le tempistiche relative ai controlli automatizzati e l’incasso dei versamenti dovuti. Infatti, qualora dai i controlli eseguiti dovesse emergere un risultato diverso rispetto a quello indicato nella comunicazione del contribuente, quest’ultimo è informato dall'Agenzia delle entrate (c.d. alert): in tal caso il contribuente potrà fornire chiarimenti, segnalare eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente, ovvero potrà versare quanto dovuto avvalendosi del ravvedimento operoso. La tempistica del recupero di tale somme è velocizzata in quanto l’Agenzia effettua tali controlli anche prima della presentazione della dichiarazione annuale.

 

Tale nuova disciplina sostituisce l’adempimento previsto dal previgente articolo 21 del decreto-legge n. 78 del 2010, il cd. “spesometro, inizialmente strutturato come obbligo di comunicare per via telematica all'Agenzia delle entrate tutte le operazioni rilevanti ai fini IVA svolte dagli operatori, purché aventi importo pari o superiore a 3.000 euro. L'eccessiva onerosità di tale adempimento ha poi indotto il legislatore a limitarne la portata (articolo 2 del decreto-legge n. 16 del 2012): dal 1° gennaio 2012, con riguardo alle sole operazioni rilevanti a fini IVA soggette all'obbligo di fatturazione, è prevista la comunicazione telematica dell'importo complessivo delle operazioni attive e passive effettuate nei confronti di ciascun cliente o fornitore. Per le operazioni per cui non è previsto l'obbligo di emissione della fattura, la comunicazione deve essere effettuata solo per le operazioni di importo non inferiore a 3.600 euro, IVA inclusa.

Sono esentati dalle norme sullo spesometro i soggetti che optano per la trasmissione telematica delle fatture e dei corrispettivi (articolo 3 del D.Lgs. n. 127 del 2015).

 

Il nuovo articolo 21 del decreto-legge n. 78 del 2010 prevede che i soggetti passivi IVA trasmettono telematicamente all’Agenzia delle entrate, ogni tre mesi (scadenze: 31 maggio, 31 agosto, 30 novembre e 28 febbraio), i dati di tutte le fatture emesse e ricevute nel trimestre di riferimento, incluse le bollette doganali, nonché i dati delle relative variazioni. La comunicazione, che deve essere effettuata in forma analitica secondo modalità stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, deve comprendere almeno i seguenti dati:

a)   i dati identificativi dei soggetti coinvolti nelle operazioni;

b)  la data ed il numero della fattura;

c)   la base imponibile;

d)  l’aliquota applicata (4, 5, 10, 22);

e)   l’imposta;

f)    la tipologia dell’operazione.

Per tali operazioni gli obblighi di conservazione (previsti dall’articolo 3 del D.M. del 17 giugno 2014) si intendono soddisfatti per tutte le fatture elettroniche nonché per tutti i documenti informatici trasmessi attraverso il sistema di interscambio.

Si ricorda che la legge finanziaria 2008 ha introdotto l'obbligo di fatturazione elettronica verso la Pubblica Amministrazione con l'invio online delle fatture destinate alla PA mediante il cd. Sistema di interscambio (SdI): una piattaforma informatica che serve a trasmettere e a ricevere la fattura elettronica, gestendo i dati di fatturazione. Il Sistema di interscambio è gestito direttamente dall'Agenzia delle entrate che ha il compito di vigilare sul trattamento dei dati e delle informazioni e di gestire flussi informativi, monitorando così anche i conti della Pubblica Amministrazione. Il D.Lgs. n. 127 del 2015 ha previsto la possibilità di utilizzare il Sistema di interscambio anche per la trasmissione all’Agenzia delle entrate delle fatture emesse e ricevute nei confronti di privati (si veda il box più avanti).

 

Il nuovo articolo 21-bis del decreto-legge n. 78 del 2010 stabilisce che, con gli stessi termini e le stesse modalità previste dall’articolo 21, devono essere comunicati i dati delle liquidazioni periodiche IVA. Sono inoltre richiamate le norme che disciplinano le modalità per il calcolo e il versamento dell’imposta. Rimangono fermi i termini ordinari di versamento dell’IVA dovuta in base alle liquidazioni periodiche effettuate.

In particolare sono richiamate le norme che disciplinano le dichiarazioni IVA e i versamenti periodici, compresi quelli dei contribuenti minori (art. 1, commi 1 e 1-bis, del D.P.R. n. 100 del 1998), quelli relativi alle somministrazioni di acqua, gas, energia elettrica e simili e all'esercizio di impianti di lampade votive (art. 73, comma 1, lett. e), del D.P.R. n. 633 del 1972) e quelli eseguiti dagli enti e dalle imprese che prestano servizi al pubblico con caratteri di uniformità, frequenza e diffusione tali da comportare l'addebito dei corrispettivi per periodi superiori al mese, nonché dagli esercenti impianti di distribuzione di carburante per uso di autotrazione e dagli autotrasportatori di cose per conto terzi (art. 74, comma 4, del D.P.R. n. 633 del 1972).

Le modalità e le informazioni da trasmettere con la comunicazione in esame saranno definite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

Tale comunicazione dovrà essere presentata anche nell’ipotesi di liquidazione con eccedenza a credito. Sono invece esonerati dall’adempimento i soggetti passivi non obbligati alla presentazione della dichiarazione annuale IVA o all’effettuazione delle liquidazioni periodiche, a meno che nel corso dell’anno le condizioni di esonero vengano meno.

Ciascun soggetto passivo presenta un’unica comunicazione per periodo, anche in caso di determinazione separata dell’imposta in presenza di più attività.

L’Agenzia delle entrate deve mettere a disposizione del contribuente, ovvero del suo intermediario:

§  gli esiti derivanti dall’esame dei dati trasmessi relativi alle fatture (controllo incrociato con le corrispondenti fatture registrate dai rispettivi clienti e fornitori);

§  la coerenza tra i dati delle fatture e le corrispettive liquidazioni calcolate e comunicate;

§  la coerenza dei versamenti dell’imposta rispetto a quanto indicato nella comunicazione.

Le modalità con cui l’Agenzia mette a disposizione tali dati sono quelle disciplinate dai commi 634 e 635 della legge di stabilità 2015 i quali prevedono che l’Agenzia delle entrate mette a disposizione del contribuente gli elementi e le informazioni in suo possesso, con possibilità del contribuente di segnalare all’Agenzia delle entrate eventuali elementi, fatti e circostanze dalla stessa non conosciuti. Sono messi a disposizione anche gli elementi e le informazioni utili per una valutazione in ordine ai ricavi, compensi, redditi, volume d’affari, valore della produzione e stima dei medesimi. Le modalità di attuazione di tali norme sono state disciplinate da diversi provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate.

Quando dai controlli eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella comunicazione, il contribuente è informato dell’esito con modalità previste con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate. A questo punto il contribuente può:

§  fornire i chiarimenti necessari;

§  segnalare eventuali dati ed elementi non considerati o valutati erroneamente;

§  versare quanto dovuto avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso, il quale consente la riduzione delle sanzioni.

Si prevede infine l’applicazione della norma che consente all’Agenzia delle entrate di verificare l’effettivo versamento dell’imposta anche prima della presentazione della dichiarazione annuale (articolo 54-bis, comma 2-bis, del D.P.R. n. 633 del 1972), indipendentemente dalla condizione ivi prevista (pericolo per la riscossione).

 

Al riguardo la relazione tecnica afferma che l’introduzione della comunicazione trimestrale dei dati delle liquidazioni periodiche IVA (art. 21-bis) comporterà, nel breve periodo, un incremento di gettito ascrivibile all’incremento delle somme riscosse tramite i controlli automatizzati, grazie all’anticipazione delle procedure.

Il Governo ritiene, inoltre, che l’introduzione della comunicazione dei dati e delle fatture (art. 21) indurrà i contribuenti ad una maggiore fedeltà fiscale, riducendo, anche grazie alla strategia consistente in una più efficiente e tempestiva trasmissione ai contribuenti delle informazioni relative alle operazioni effettuate, il fenomeno degli omessi versamenti, l’evasione senza consenso e le frodi. Complessivamente la RT stima che dalle norme sopra illustrate dovrebbe derivare un aumento del gettito di 2,1 miliardi nel 2017, 4,2 miliardi nel 2018 e 2,77 miliardi nel 2019.

Si ricorda che il Rapporto sui risultati della lotta all’evasione fiscale stima un tax gap dell'IVA di circa 40 miliardi con riferimento al 2014. Tale dato è maggiore rispetto a quello ipotizzato dalla Commissione europea nel rapporto 2016 sul tax gap dell'Iva nei Paesi dell'Unione europea nel quale è evidenziato che, con riferimento al 2014, il divario più alto in cifre assolute tra l'IVA dovuta e quella riscossa è stato registrato in Italia (36,9 miliardi di euro).

 

Fatturazione elettronica e trasmissione telematica delle fatture o dei relativi dati

Si ricorda che in attuazione della delega fiscale che ha previsto di incentivare l'utilizzo della fatturazione elettronica (legge n. 23 del 2014, articolo 9), è stato emanato il Decreto Legislativo n. 127 del 2015, in materia di fatturazione elettronica, trasmissione telematica delle operazioni IVA e di controllo delle cessioni di beni effettuate attraverso distributori automatici, il quale ha previsto disposizioni premiali a favore dell'uso della fattura elettronica.

In particolare, è stata introdotta la possibilità per i contribuenti di utilizzare gratuitamente il servizio per la generazione, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche che l'Agenzia delle entrate mette a disposizione a decorrere dal 1° luglio 2016. A decorrere dal 1° gennaio 2017, i soggetti passivi dell'imposta sul valore aggiunto possono optare per la trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate dei dati di tutte le fatture, emesse e ricevute, e delle relative variazioni, effettuata anche mediante il Sistema di interscambio con regole procedurali di fatto identiche a quelle oggi attive per la veicolazione delle fatture elettroniche destinate alle Pubbliche amministrazioni; infatti il formato in uso è stato integrato per rappresentare anche le fatture destinate ai privati (articolo 1).

Dal 1° gennaio 2017 i soggetti che effettuano cessioni di beni e prestazioni di servizi (imprese, artigiani e professionisti) hanno la facoltà di trasmettere telematicamente all'Agenzia delle entrate i dati dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi, in sostituzione degli obblighi di registrazione. L'opzione ha effetto per cinque anni e si estende, ove non revocata di quinquennio in quinquennio. In sostanza ciò consente il superamento dell’obbligo di emissione dello scontrino ai fini fiscali. Resta comunque fermo l'obbligo di emissione della fattura su richiesta del cliente, necessaria ad esempio per attivare una garanzia, o per dimostrare un avvenuto acquisto. A favore dei soggetti che effettuano l'opzione per la trasmissione telematica delle fatture e, sussistendone i presupposti, per coloro che effettuano sia la predetta opzione che quella relativa alla trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi, vengono meno determinati obblighi di comunicazione (spesometro, black list); i rimborsi IVA sono eseguiti in via prioritaria; i termini di accertamento in materia di IVA ed imposte dirette sono ridotti di un anno per quei contribuenti che garantiscano la tracciabilità dei pagamenti ricevuti ed effettuati.

In attuazione del D.Lgs. n. 127 del 2015 il D.M. 4 agosto 2016 ha introdotto dal 1° gennaio 2017 nuove modalità di controlli a distanza della trasmissione telematica delle operazioni IVA da parte dell'Agenzia delle entrate al fine di favorire l'emersione spontanea delle basi imponibili, disciplinando inoltre gli effetti premiali. L'Agenzia delle entrate, infatti, può effettuare controlli incrociati con i dati contenuti in altre banche dati conservate dalla stessa Agenzia o da altra Pa. In ogni caso tali nuovi poteri non fanno venir meno in capo agli organi dell'Amministrazione finanziaria i classici poteri di accesso, ispezione e verifica. Per usufruire delle agevolazioni concernenti la riduzione dei termini di decadenza per la notifica degli avvisi di accertamento, previste per chi trasmette telematicamente le operazioni IVA, occorre che i pagamenti siano effettuati mediante bonifico bancario o postale, carta di debito, carta di credito, o assegno bancario, circolare o postale recante la clausola di non trasferibilità. E' ammessa, tuttavia, la possibilità di effettuare e ricevere in contanti i pagamenti di ammontare non superiore a 30 euro. La riduzione dei termini di decadenza si applica soltanto in relazione ai redditi d'impresa o di lavoro autonomo dichiarati dai soggetti passivi. I contribuenti che intendono usufruire della misura premiale della riduzione dei termini di decadenza devono comunicare, con riguardo a ciascun periodo d'imposta, la sussistenza dei relativi presupposti.

 

Il nuovo articolo 21-ter del decreto-legge n. 78 del 2010 attribuisce a favore dei soggetti in attività nel 2017 un credito d’imposta per il sostenimento dei costi dovuti all’adeguamento tecnologico finalizzato all’effettuazione delle comunicazioni dei dati delle fatture e delle comunicazioni IVA periodiche, previste dagli articoli 21 e 21-bis. Il credito d’imposta, pari a 100 euro, è riconosciuto ai soggetti che nell’anno precedente a quello in cui il costo per l’adeguamento tecnologico è stato sostenuto, hanno realizzato un volume d’affari non superiore a euro 50.000.

Il credito non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell’IRAP, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione a decorrere dal 1° gennaio 2018 (articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241). Il credito deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui è stato sostenuto il costo per l’adeguamento tecnologico e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d’imposta successivi fino a quello nel quale se ne conclude l’utilizzo.

Per i soggetti che inviano i dati delle fatture secondo le modalità di cui all’articolo 21, nonché, sussistendone i presupposti, hanno esercitato l’opzione per la trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri (articolo 2, comma 1, del D.Lgs. n. 127 del 2015) è attribuito un ulteriore credito d’imposta di euro 50,00.

 

Il comma 3 dell’articolo 4 contiene la disciplina sanzionatoria applicabile in caso di violazione di quanto stabilito nei sopra descritti articoli 21 e 21-bis del decreto-legge n. 78 del 2010.

Per l’omessa o errata trasmissione dei dati di ogni fattura, prevista dall’articolo 21, si applica la sanzione di 25 euro, con un massimo di euro 25.000. Non si applica la disciplina prevista dall’articolo 12 del D.Lgs. n. 472 del 1997, n. 472, in caso di concorso e continuazione della violazione di norme tributarie: pertanto le sanzioni per le singole fatture omesse o errate si devono sommare singolarmente. GIUSTIZIA

Per l’omessa, incompleta o infedele comunicazione prevista dall’articolo 21-bis, si applica una sanzione da 5.000 a 50.000 euro.

Tali sanzioni sono previste con l’aggiunta di due commi all’articolo 11 del D.Lgs. n. 471 del 1997, il quale contiene la disciplina delle sanzioni tributarie non penali.

 

Il comma 4 stabilisce la decorrenza dal 1° gennaio 2017 della disciplina sopra descritta. Dalla medesima data sono eliminati i seguenti adempimenti:

§  comunicazione all’Anagrafe tributaria dei dati relativi ai contratti stipulati dalle società di leasing (art. 7, comma 12, del D.P.R. n. 605 del 1973);

§  comunicazione delle operazioni intercorse con operatori economici situati in Paesi c.d. black list (art. 1, commi da 1 a 3, del decreto-legge n. 40 del 2010). Tale adempimento è soppresso a decorrere dalle comunicazioni relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2017 (come specifica il comma 5).

Il comma 4, alla lettera b), dispone la semplificazione degli adempimenti relativi all’invio all’Amministrazione finanziaria degli elenchi riepilogativi delle operazioni intracomunitarie. Viene infatti abolito l’obbligo di comunicazione di detti elenchi all’Agenzia delle Dogane, ma limitatamente agli acquisti intracomunitari di beni e alle prestazioni di servizi ricevute da soggetti stabiliti in un altro Stato membro dell'Unione europea (di cui all’articolo 50, comma 6, del decreto-legge n. 331 del 1993).

Si ricorda in merito che il richiamato articolo 50, comma 6, pone a carico dei contribuenti individuati dalla legge l’obbligo di presentare in via telematica all'Agenzia delle dogane gli elenchi riepilogativi di cessioni e acquisti intracomunitari, nonché di prestazioni di servizi rese nei confronti di soggetti passivi stabiliti in un altro Stato membro della Comunità e da questi ultimi ricevute.

Per effetto delle modifiche operate dalla richiamata lettera b), sembrano permanere gli obblighi di comunicazione degli elenchi riepilogativi concernenti le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese nei confronti di soggetti UE.

La dichiarazione annuale IVA, a decorrere dal 2017, deve essere presentata nel periodo tra il 1° febbraio e il 30 aprile, e non più entro il mese di febbraio; tale termine continua ad applicarsi solo per l’IVA dovuta per il 2016 (modifica all’articolo 8, comma 1, del D.P.R. n. 322 del 1998).

 

Il comma 6 contiene alcune modifiche al citato D.Lgs. n. 127 del 2015.

In particolare la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi obbligatorie, a decorrere dal 1° gennaio 2017, per i soggetti passivi che effettuano cessioni di beni tramite distributori automatici sono estese anche ai soggetti passivi che effettuano prestazioni di servizi tramite distributori automatici.

Si prevede, inoltre, che con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate possono essere stabiliti termini differiti, rispetto al 1° aprile 2017, di entrata in vigore dell’obbligo di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi, in relazione alle specifiche variabili tecniche di peculiari distributori automatici (art. 2, comma 2, del D.Lgs. n. 127 del 2015).

Infine è prorogata di un anno, fino al 31 dicembre 2017, la disciplina relativa alla trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri per le imprese che operano nel settore della grande distribuzione, a favore delle imprese che abbiano esercitato l’opzione entro il 31 dicembre 2016.

Le disposizioni di cui all'articolo 1, commi da 429 a 432, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 regolano la possibilità, per le aziende della grande distribuzione commerciale, di trasmettere giornalmente all’Agenzia delle entrate i corrispettivi in via telematica, sostituendo in tal modo gli obblighi di certificazione fiscale dei corrispettivi stessi. In base al comma 430, si tratta sia delle imprese che operano con esercizi commerciali con superficie superiore a 150 metri quadri nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti, o superficie superiore a 250 metri quadri nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000, sia di quelle facenti parte di un gruppo che sia definibile societario ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, che operi con più punti di vendita sul territorio nazionale e che realizzi un volume d'affari annuo aggregato superiore a 10 milioni di euro.

L’articolo 7 del D.Lgs. n. 127 del 2015 aveva abrogato tale regime a decorrere dal 1° gennaio 2017.

 

Si evidenzia che la disciplina introdotta dai commi 1 a 6 in commento attua in buona parte quanto richiesto dalla Risoluzione n. 8/00205 approvata dalla Commissione Finanze della Camera il 12 ottobre 2016, in tema di introduzione dell'obbligo di trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate delle operazioni IVA.

In particolare appaiono recepiti i seguenti impegni contenuti nella risoluzione:

a) introdurre l'obbligo della trasmissione in forma telematica all'Agenzia delle entrate dei dati di fatturazione, in coincidenza con i termini della liquidazione periodica IVA, in luogo degli attuali adempimenti, in quanto tale misura potrebbe soddisfare sia l'esigenza di contrastare l'evasione di tale tributo, sia le esigenze di semplificazione contabile e di riduzione dei costi di gestione degli adempimenti IVA attraverso l'eliminazione di una serie molto ampia di adempimenti gravosi per i contribuenti;

b) prevedere nuove modalità semplificate di controlli a distanza degli elementi acquisiti dall'Agenzia delle entrate, basate sul riscontro tra i dati comunicati dai soggetti passivi dell'imposta sul valore aggiunto e le transazioni effettuate, tali da ridurre gli adempimenti di tali soggetti, non ostacolare il normale svolgimento dell'attività economica degli stessi ed escludere la duplicazione di attività conoscitiva;

c) introdurre detrazioni fiscali, anche sotto la forma di credito d'imposta, per le spese sostenute dai contribuenti in relazione alla memorizzazione e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri, al fine di incentivare maggiormente i contribuenti ad optare per tale strumento, che avrà ricadute positive sia sotto il profilo della semplificazione degli adempimenti sia sotto il profilo del rafforzamento del contrasto all'evasione, evitando il disorientamento per i contribuenti che provocherebbe un'adesione non generalizzata ai nuovi meccanismi di trasmissione;

i) stabilire l'applicabilità dell'istituto del ravvedimento operoso nei casi di omessa, tardiva o incompleta trasmissione dei dati, onde consentire al contribuente di correggere gli errori commessi in buona fede e sanare eventuali ritardi.

Gli altri impegni contenuti nella risoluzione non risultano nell’articolo in esame.

 

Il comma 7 amplia le fattispecie di introduzione nel deposito IVA che possono essere effettuate senza il pagamento dell’imposta; inoltre interviene sulle modalità di assolvimento dell’IVA all’atto dell’estrazione dei beni diversi da quelli introdotti in forza di un acquisto intracomunitario, compresi quelli di provenienza extracomunitaria. Tali modifiche decorrono a partire dal 1° aprile 2017.

In particolare sono eliminate (comma 7, lettera a)) le distinzioni attualmente previste in relazione alle operazioni che possono essere effettuate senza il pagamento dell’imposta e ai soggetti che possono effettuare tali operazioni. In tal modo si realizza la detassazione di tutte le operazioni di introduzione dei beni nei depositi IVA, incluse quelle realizzate da cedenti nazionali, rafforzando la finalità propria del deposito di differire il presupposto impositivo (modifiche al comma 4 dell’articolo 50-bis del decreto-legge n. 331 del 1993).

Con riferimento ai beni diversi da quelli introdotti in forza di un acquisto intracomunitario, la nuova formulazione del comma 6 dell’articolo 50-bis, che riguarda anche i beni introdotti in virtù di una cessione realizzata da cedenti nazionali, dispone che l’imposta dovuta all’atto dell’estrazione dal deposito IVA, ai fini della loro utilizzazione o in esecuzione di atti di commercializzazione nello Stato, sia assolta mediante versamento diretto, senza possibilità di compensazione.

La relazione governativa afferma che in tal modo il passaggio di un deposito IVA di beni di provenienza comunitaria non comporta più una modalità di assolvimento dell’imposta sostanzialmente differente rispetto a quella prevista per i beni oggetto di importazione senza l’introduzione di un deposito IVA, nel rispetto della reale finalità del regime sospensivo accordato a tale istituto.

Il soggetto responsabile dell’imposta dovuta all’atto dell’estrazione del deposito IVA di un bene di provenienza extracomunitaria è individuato nel gestore del deposito – un soggetto che in virtù delle procedure autorizzatorie attualmente previste presenta caratteri di affidabilità – il quale dovrà effettuare il relativo versamento in nome e per conto del soggetto estrattore. Quest’ultimo recupera l’imposta con le ordinarie modalità legate all’esercizio del diritto alla detrazione. Per effetto di tali modifiche si punta a contrastare più efficacemente i fenomeni di frode legati ad un utilizzo indebito dei depositi IVA (nuovo comma 6 dell’articolo 50-bis del decreto-legge n. 331 del 1993, modificato dal comma 7, lettera b)).

Sono previsti obblighi di comunicazione da parte del gestore del deposito al momento dell’estrazione.

Viene previsto, infine, che la violazione da parte del gestore del deposito IVA degli obblighi di versamento e comunicazione sia valutata ai fini della revoca dell’autorizzazione (modifica al comma 8 dell’articolo 50-bis del decreto-legge n. 331 del 1993; comma 7, lettera c)).

Articolo 5
(Dichiarazione integrativa a favore)

 

 

L’articolo 5 estende la possibilità per il contribuente di presentare la dichiarazione integrativa a favore (Irpef, Irap, sostituti d’imposta e IVA) anche oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo (entro l’anno). In tal caso il credito che dovesse emergere dalla dichiarazione presentata oltre detto termine potrà essere utilizzato in compensazione per eseguire il versamento di debiti maturati a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa. Resta ferma l’applicazione delle sanzioni ridotte.

Si evidenzia che la norma, nel recepire l’orientamento consolidato della giurisprudenza espresso nella sentenza n. 13378 del 2016 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, disciplina con sistematicità la possibilità per il contribuente di presentare una dichiarazione integrativa a lui favorevole anche oltre il termine di un anno.

Infatti il quadro normativo che emerge dalla sentenza della Cassazione determina uno squilibrio in favore dell’amministrazione finanziaria rispetto al contribuente, dal momento che mentre la prima ha facoltà di procedere alle rettifiche d’ufficio entro i generali termini di accertamento, a quest’ultimo è data facoltà di rettificare in proprio favore la dichiarazione, con conseguente possibilità di godere immediatamente dei benefìci della rettifica mediante compensazione, unicamente entro il ben più ristretto termine di un anno. Il contribuente potrebbe solamente presentare istanza di rimborso per le imposte versate in eccesso entro quarantotto mesi dal versamento (art. 38 del D.P.R. n. 602 del 1973), potendo però incorrere in un rifiuto da parte del fisco contro il quale rimane unicamente la strada del contenzioso giurisdizionale.

Al riguardo la relazione governativa afferma che, essendo stato riconosciuto il diritto del contribuente di far valere in ogni caso gli errori a proprio favore in sede contenziosa per opporsi alle pretese del fisco, nonché mediante presentazione di istanza di rimborso, non si vede perché non si debba riconoscere la possibilità di far valere i medesimi errori in via autonoma e senza appesantire né la macchina amministrativa né quella giudiziale con ulteriori procedimenti e giudizi volti ad accertare il diritto al rimborso; ciò tanto più in un sistema, come quello fiscale italiano, fondato sull’autoliquidazione delle imposte e che ha già conosciuto a livello sistemico l’affermazione di modalità di auto-rettifica da parte del contribuente degli errori commessi in sede dichiarativa anche oltre l’anno e con possibilità di beneficiare da subito della compensazione degli eventuali crediti 

Pertanto il comma 1 modifica il D.P.R. n. 322 del 1998 agli articoli 2 (dichiarazione Irpef e Irap) e 8 (dichiarazione IVA) estendendo la possibilità di presentare la dichiarazione integrativa a favore anche oltre l’anno.

In particolare, con riferimento all’articolo 2, la norma da un lato chiarisce che se il credito o il maggior credito emerge da una dichiarazione integrativa presentata entro il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo, lo stesso può essere utilizzato in compensazione (comma 8).

Dall’altro dispone che se il credito emerge da una dichiarazione integrativa presentata oltre detto termine può essere utilizzato in compensazione per eseguire il versamento di debiti maturati a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa. Si prevede inoltre che nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui viene presentata la dichiarazione integrativa devono essere indicati il credito derivante dal minor debito o dal maggiore credito risultante dalla dichiarazione integrativa, nonché l’ammontare eventualmente già utilizzato in compensazione, al fine di consentire il controllo dell’effettivo utilizzo (comma 8-bis).

Con riferimento alla dichiarazione annuale IVA il nuovo comma 6-bis dell’articolo 8 introduce la possibilità di integrare la dichiarazione, anche in senso favorevole al contribuente, entro i termini previsti per l’accertamento (ovvero, in caso di presentazione della dichiarazione della dichiarazione Iva, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, in caso di omessa presentazione o di nullità della dichiarazione della dichiarazione Iva, entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata – art- 57 del D.P.R. n. 633 del 1972).

L’eventuale credito derivante da un minor debito o da un maggior credito, emergente dalla dichiarazione integrativa presentata entro il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo, può essere portato in detrazione in sede di liquidazione periodica o nella dichiarazione annuale, oppure può utilizzato in compensazione o può essere chiesto a rimborso se ricorrono i presupposti di cui all’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (comma 6-ter).

 

Il comma 2 aggiorna i riferimenti normativi della disciplina del termine dell’accertamento in caso di presentazione di dichiarazione integrativa. Infatti la normativa vigente (comma 640 della legge di stabilità 2015) già prevede che ove sia presentata una dichiarazione integrativa (ai sensi dell’articolo 2, comma 8 del richiamato D.P.R. n. 322 del 1998) e in tutti i casi di regolarizzazione dell’omissione o dell’errore, i termini per l’accertamento e per la notifica delle cartelle di pagamento relativi, rispettivamente, all’attività di liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni e di controllo formale delle dichiarazioni, decorrono dalla presentazione di tali dichiarazioni. La norma in esame aggiunge il riferimento al nuovo comma 6-bis dell’art. 8 (integrazione della dichiarazione IVA).

Infine, la norma interviene al fine di meglio precisare che la riapertura dei termini di accertamento opera limitatamente ai “soli” elementi oggetto dell’integrazione, dovendosi per tali ultimi intendere unicamente gli specifici elementi non contenuti o indicati in maniera scorretta nella dichiarazione originariamente presentata dal contribuente e aggiunti o rettificati in sede di dichiarazione integrativa.


 

Articolo 6
(Definizione agevolata)

 

 

L’articolo 6 consente la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione negli anni compresi tra il 2000 e il 2015.

Aderendo alla procedura il contribuente può pagare solo le somme iscritte a ruolo a titolo di capitale, di interessi legali e di remunerazione del servizio di riscossione. Non sono dovute dunque le sanzioni, gli interessi di mora e le sanzioni e somme aggiuntive gravanti su crediti previdenziali. Il pagamento può avvenire in un’unica rata o in un massimo di quattro rate (comma 1).

A tal fine dovrà essere presentata un’apposita dichiarazione, entro il 22 gennaio 2017, con la quale si manifesta la volontà di avvalersi della definizione agevolata (comma 2). L’agente della riscossione comunica gli importi dovuti a ciascun contribuente che presenti la relativa istanza (comma 3).

La procedura - disciplinata ai commi 5-7 - si estende, a specifiche condizioni, ai debitori che abbiano già pagato parzialmente, anche a seguito di provvedimenti di dilazione emessi dall’agente della riscossione (comma 8).

Il comma 9 regola l’ipotesi in cui il pregresso pagamento parziale consente, alla luce delle nuove disposizioni, di beneficiare della definizione agevolata.

Oltre alle risorse proprie tradizionali UE, alle somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato (ai sensi dell’articolo 14 del regolamento CE n. 659/1999) ed ai crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti, sono escluse dalla definizione agevolata le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna, nonché le sanzioni amministrative per violazioni al Codice della strada (comma 10). La definizione agevolata può tuttavia riguardare (comma 11) i soli interessi sulle sanzioni amministrative per violazioni al Codice della strada.

Il comma 12 disciplina il discarico automatico dell’agente della riscossione a seguito della definizione agevolata.

Ai sensi del comma 13, per i debitori soggetti a procedure concorsuali, le somme impiegate nella definizione agevolata sono considerate crediti prededucibili.

 

In particolare, con le disposizioni in esame (comma 1) il debitore estingue tali debiti pagando solo le somme iscritte nel ruolo a titolo di capitale e gli interessi legali, nonché le somme dovute a titolo di remunerazione del servizio di riscossione.

 

Ove si aderisca a tale procedura non sono corrisposte le somme dovute a titolo di:

§  sanzioni;

§  interessi di mora (ai sensi dell’articolo 30, comma 1 del DPR n. 602 del 1973). Gli interessi di mora sono oneri aggiuntivi, previsti dalla legge, che si applicano alle somme da pagare in caso di scadenza dei termini previsti. Gli interessi di mora, decorsi inutilmente 60 giorni dalla notifica della cartella/avviso, si applicano giornalmente sulle somme richieste a partire dalla data della notifica e fino alla data del pagamento. A partire dai ruoli consegnati dal 13 luglio 2011, gli interessi di mora non sono più calcolati sulle sanzioni pecuniarie tributarie e sugli altri interessi;

§  sanzioni e somme aggiuntive dovute sui crediti previdenziali (di cui all’articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46).

 

Si ricorda brevemente che nella cartella di pagamento (e per i debiti tributari nell’accertamento esecutivo) viene indicato l’importo totale da saldare e gli enti che ne hanno fatto richiesta tramite l’agente della riscossione. Sono inoltre indicati il dettaglio dei singoli tributi / somme non pagati, gli interessi, le sanzioni, l’aggio e le altre spese.

Se il pagamento avviene oltre i termini di scadenza indicati nella cartella/avviso, all'importo si aggiungeranno:

§  ulteriori interessi di mora e sanzioni, previsti dalla legge e versati interamente agli enti creditori;

§  la remunerazione del servizio di riscossione (aggio);

§  le eventuali spese per le azioni cautelari/esecutive (ipoteche, fermi, pignoramenti).

 

La “rottamazione” delle cartelle di modesta entità

 

Si ricorda in questa sede che la legge di stabilità 2013 (articolo 1, comma 527 della legge n. 228 del 2012) aveva introdotto una sanatoria per le cartelle di importo non superiore a 2.000 euro (comprensivi di quota capitale e interessi), applicabile ai ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999. Più in dettaglio, se ne prevedeva l’annullamento automatico, decorsi 6 mesi dall’entrata in vigore della norma (1° luglio 2013). Si trattava in sostanza di una sanatoria per debiti fiscali di modesta entità.

L’importo massimo di 2.000 euro si calcola considerando il capitale, gli interessi per ritardata iscrizione al ruolo e le sanzioni. Con il D.M. 15 giugno 2015, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, si dispone che l’elenco delle quote riferite ai suddetti crediti annullati venga trasmesso dall’agente della riscossione all’ente creditore.

I crediti arretrati non riscossi

 

Nel corso di un’audizione al Senato il 9 febbraio 2016, l'amministratore delegato di Equitalia, avv. Ruffini, ha diffuso i dati relativi al carico di crediti non riscossi affidati ad Equitalia negli ultimi 15 anni. Il carico totale lordo ammonta a circa 1.000 miliardi. Il 20 per cento di tale ammontare è stato annullato dagli stessi enti creditori, in quanto indebito. Dei restanti 841 miliardi di euro, oltre un terzo sono difficilmente recuperabili, in quanto si riferiscono a debitori falliti, deceduti o nullatenenti. Residuano 506 miliardi di euro, di cui oltre il 60% (314 miliardi) corrispondono a posizioni per cui si sono tentate invano azioni esecutive. Considerando infine le rateazioni e le citate norme a favore dei contribuenti, le posizioni effettivamente lavorabili si riducono quindi a 51 miliardi di euro, il 5 per cento del carico totale lordo iniziale.

Nell'audizione citata sono descritte le cause del fenomeno, il meccanismo dell'inesigibilità e i possibili rimedi. La normativa vigente dal 1999 prevede, in via ordinaria, che l'Agente della riscossione effettui le comunicazioni di inesigibilità entro il terzo anno successivo alla consegna del ruolo. Tuttavia, l'esistenza di una consistente mole di arretrati ha indotto a disporre, con norme emanate a più riprese, il differimento dei termini di presentazione delle comunicazioni, rimodulando, in parallelo, quelli per il controllo da parte degli enti creditori. La soluzione è stata così rinviata di anno in anno, con il risultato di aggravare il problema facendo lievitare la massa di quote inesigibili. Esse sono per circa un terzo riconducibili alle società concessionarie private che fino al 2006 hanno gestito il servizio nazionale della riscossione. Con la legge di stabilità 2015 è stato introdotto un particolare calendario per le comunicazioni di inesigibilità degli arretrati, al fine di permettere ad Equitalia di concentrarsi sulle partite più recenti.

L'a.d. Ruffini suggerisce di valutare l'opportunità di concordare almeno con i principali enti creditori (Agenzia delle entrate ed INPS) la possibilità di presentare le comunicazioni di inesigibilità delle quote di importo rilevante – per le quali l'inesigibilità sia già stata definitivamente accertata – secondo una progressione diversa da quella attualmente prevista dalla norma.

 

 

Per accedere all’agevolazione si deve provvedere al pagamento integrale, anche dilazionato, entro il limite massimo di quattro rate, sulle quali sono dovuti gli interessi nella misura di cui all’articolo 21, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, delle seguenti somme:

a)   somme affidate all’agente della riscossione a titolo di capitale e interessi legali;

b)  somme maturate a favore dell’agente della riscossione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, a titolo di aggio sulle somme di cui alla lettera a) e di rimborso delle spese per le procedure esecutive, nonché di rimborso delle spese di notifica della cartella di pagamento.

 

Con riferimento alla lettera b), si rammenta che il D.lgs. n. 159 del 2015, in attuazione della legge di delega fiscale (legge n. 23 del 2014) ha apportato numerose modifiche alla normativa della riscossione dei tributi e delle altre somme iscritte a ruolo.

In primo luogo (articolo 9 del decreto) è stata ridisciplinata la remunerazione del servizio nazionale della riscossione.

A partire dai carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2016, infatti, l’aggio è sostituito dagli “oneri di riscossione”, dovuti per il funzionamento del servizio nazionale di riscossione, con una riduzione dei costi per il cittadino. Infatti, in caso di pagamento effettuato entro 60 giorni dalla notifica della cartella, tali oneri sono pari al 3 per cento delle somme riscosse (in luogo del 4,65 per cento). In caso di pagamento effettuato dopo 60 giorni dalla data di notifica della cartella, gli oneri di riscossione, interamente a carico del debitore, sono pari al 6 per cento dell’importo dovuto (rispetto all’8 per cento del cd. aggio).

I debitori iscritti a ruolo sopportano, altresì, gli oneri legati all’effettuazione delle procedure esecutive e quelli necessari per la notifica della cartella di pagamento o degli altri atti di riscossione; la riforma prevede che anche gli enti creditori contribuiscano alla remunerazione del sistema. Gli oneri della riscossione ed esecuzione sono commisurati ai costi da sostenere per il servizio nazionale della riscossione e non più al costo di funzionamento del servizio.

Tuttavia, il richiamato D.Lgs. n. 159 del 2015 ha tenuto fermo il precedente regime per i carichi affidati sino al 31 dicembre 2015, ovvero quelli interessati dalla definizione agevolata in commento.

Di conseguenza, per detti carichi rimane vigente il precedente sistema di remunerazione mediante aggio (pari all’8 per cento dal 1° gennaio 2013, 9 per cento dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2012) ripartito tra ente creditore e debitore iscritto a ruolo.

Per quanto invece riguarda gli interessi di mora,  si ricorda che l’articolo 13 del medesimo D.Lgs. n. 159 del 2015 ha introdotto una complessiva revisione della misura dei tassi degli interessi per il versamento, la riscossione e i rimborsi di ogni tributo. Il tasso di interesse viene determinato preferibilmente in una misura unica, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, compresa nell’intervallo tra lo 0,5 per cento e il 4,5 per cento, determinata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

Fino all'emanazione del suddetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alle norme primarie e secondarie vigenti per gli interessi di mora: si applica il tasso individuato annualmente con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate. I provvedimenti attuativi dell’articolo 13 non risultano ancora emanati; di conseguenza, ai sensi dell’articolo 30 del D.P.R. n. 602 del 1973 è stato emanato il provvedimento Agenzia delle entrate  n. 60535 del 27.04.2016.

 

 

 

Di seguito l’evoluzione dei tassi di interesse nel tempo (fonte: Equitalia).

 

Tasso

Decorrenza

Fonte

8,40%

01/01/2000

Decreto Mef 28.07.2000

6,84%

01/10/2009

Provv. Agenzia entrate n. 124741 del 04.09.2009

5,76%

01/01/2010

Provv. Agenzia entrate n. 124566 del 07.09.2010

5,02%

01/10/2011

Provv. Agenzia entrate n. 95314 del 22.06.2011

4,55%

01/10/2012

Provv. Agenzia entrate n. 104609 del 17.07.2012

5,22%

01/05/2013

Provv. Agenzia entrate n. 27678 del 04.03.2013

5,14%

01/05/2014

Provv. Agenzia entrate n. 51685 del 10.04.2014

4,88%

15/05/2015

Provv. Agenzia entrate n. 59743del 30.04.2015

4,13%

15/05/2016

Provv. Agenzia entrate n. 60535 del 27.04.2016

 

 

Il comma 2 disciplina gli adempimenti a carico del debitore per accedere alla definizione agevolata: egli deve rendere un’apposita dichiarazione all’agente della riscossione entro il 22 gennaio 2017 (novantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto in esame).

La dichiarazione è redatta con le modalità e in conformità alla modulistica che lo stesso agente della riscossione pubblica sul proprio sito internet al massimo entro l’8 novembre 2016 (quindici giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto).

In tale dichiarazione il debitore deve indicare il numero di rate nel quale intende effettuare il pagamento, entro il limite massimo di quattro (come previsto dal comma 1), nonché la pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi cui si riferisce la dichiarazione. Con la dichiarazione il debitore si assume l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi.

Ai sensi del comma 3, entro il 22 aprile 2017 (centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame), l’agente della riscossione comunica ai debitori l’ammontare complessivo delle somme dovute ai fini della definizione, nonché quello delle singole rate, e il giorno e il mese di scadenza di ciascuna di esse.

In ogni caso, la prime due rate sono ciascuna pari ad un terzo, mentre la terza e la quarta ciascuna pari ad un sesto delle somme dovute.

La scadenza della terza rata non può superare il 15 dicembre 2017 e la scadenza della quarta rata non può superare il 15 marzo 2018.

 

Il comma 4 disciplina le conseguenze del mancato, insufficiente o tardivo versamento delle somme dovute (integralmente o delle singole rate) con definizione agevolata.

In tali casi la definizione non produce effetti e riprendono a decorrere gli ordinari termini di prescrizione e decadenza per il recupero dei carichi oggetto della dichiarazione.

I versamenti effettuati sono acquisiti a titolo di acconto dell’importo complessivamente dovuto a seguito dell’affidamento del carico; essi non determinano l’estinzione del debito residuo, di cui l’agente della riscossione prosegue l’attività di recupero; inoltre il cui pagamento non può essere rateizzato (ai sensi dell’articolo 19 del D.P.R. n. 602 del 1973, che reca la disciplina della rateizzazione delle somme iscritte a ruolo).

 

Il comma 5 disciplina gli effetti della presentazione della dichiarazione, che sospende i termini di prescrizione e decadenza per il recupero dei carichi oggetto della dichiarazione stessa.

L’agente della riscossione non può avviare nuove azioni esecutive ovvero iscrivere nuovi fermi amministrativi e ipoteche, fatti salvi i fermi amministrativi e le ipoteche già iscritti alla data di presentazione della dichiarazione, e non può altresì proseguire le procedure di recupero coattivo precedentemente avviate, purché non si sia ancora tenuto il primo incanto con esito positivo ovvero non sia stata presentata istanza di assegnazione ovvero non sia stato già emesso provvedimento di assegnazione dei crediti pignorati.

 

Si chiarisce che (comma 6) ai pagamenti dilazionati delle somme oggetto di definizione agevolata non si applicano le ordinarie disposizioni per la dilazione delle somme iscritte a ruolo, contenute nel citato articolo 19 del D.P.R. n. 602 del 1973.

 

In sintesi l’articolo 19, da ultimo modificato dal già richiamato D.Lgs n. 159 del 2015, consente al contribuente che dichiara di versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà di accedere alla dilazione delle somme iscritte a ruolo fino ad un massimo di settantadue rate mensili. Se le somme iscritte a ruolo sono superiori a 60.000 euro, la dilazione può essere concessa se il contribuente documenta una temporanea situazione di obiettiva difficoltà.

In caso di comprovato peggioramento della situazione di obiettiva difficoltà, la dilazione concessa può essere prorogata una sola volta, per un ulteriore periodo e fino a settantadue mesi, a condizione che non sia intervenuta decadenza.  Il piano di rateazione può prevedere, in luogo di rate costanti, rate variabili di importo crescente per ciascun anno. Sono previsti specifici limiti all’iscrizione di fermo e ipoteca nel caso di rateazione. Se il debitore si trova, per ragioni estranee alla propria responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica, può vedere aumentata la propria rateazione fino a centoventi rate mensili.

Si decade dal beneficio nel caso di mancato pagamento, nel corso del periodo di rateazione, di cinque rate, anche non consecutive; in tal caso l'intero importo iscritto a ruolo ancora dovuto è immediatamente ed automaticamente riscuotibile in unica soluzione ed il carico può essere nuovamente rateizzato se, all'atto della presentazione della richiesta, le rate scadute alla stessa data sono integralmente saldate. Il nuovo piano di dilazione può essere ripartito nel numero massimo di rate non ancora scadute alla medesima data.

 

Ai sensi del comma 7, il pagamento delle somme dovute per la definizione può essere effettuato mediante domiciliazione sul conto corrente (indicato dal debitore nella dichiarazione resa ai sensi del comma 2) ovvero con bollettini precompilati, che l’agente della riscossione è tenuto ad allegare alla comunicazione delle somme da pagare, se il debitore non ha richiesto di eseguire il versamento con domiciliazione bancaria o, in alternativa, presso gli sportelli dell’agente della riscossione.

 

Il comma 8 estende l’applicazione della definizione agevolata anche ai debitori che hanno già pagato parzialmente, anche a seguito di provvedimenti di dilazione emessi dall’agente della riscossione, a condizione che risultino adempiuti tutti i versamenti con scadenza dal 1° ottobre al 31 dicembre 2016. In tal caso, le norme pongono le seguenti condizioni:

a)   per determinare le somme oggetto di definizione agevolata, si tiene conto solo degli importi già versati a titolo di capitale e interessi inclusi nei carichi affidati, nonché di aggio e di rimborso delle spese per le procedure esecutive e delle spese di notifica della cartella di pagamento;

b)  restano definitivamente acquisite e non sono rimborsabili le somme versate, anche anteriormente alla definizione, a titolo di sanzioni incluse nei carichi affidati, di interessi di dilazione, di interessi di mora e di sanzioni e somme aggiuntive previdenziali;

c)   il pagamento della prima o unica rata delle somme dovute ai fini della definizione determina, limitatamente ai carichi definibili, la revoca automatica dell’eventuale dilazione ancora in essere precedentemente accordata dall’agente della riscossione.

Il comma 9 chiarisce gli adempimenti dovuti nel caso in cui il debitore, per effetto dei pagamenti parziali già effettuati - computati secondo le modalità già illustrate secondo il comma 8 - ha già integralmente corrisposto quanto dovuto: in tal caso non può beneficiare automaticamente degli effetti della definizione agevolata, ma deve comunque manifestare la sua volontà di aderirvi con l’apposita dichiarazione ai sensi del comma 2.

Il comma 10 reca le esclusioni dalla procedura di definizione agevolata.

In particolare, sono esclusi dalla definizione agevolata i carichi affidati agli agenti della riscossione relativi:

a)   le risorse proprie tradizionali UE: si tratta dei dazi doganali, dei contributi provenienti dall’imposizione di diritti alla produzione dello zucchero e dell’isoglucosio, nonché dell’IVA armonizzata UE. E’ esclusa anche l’IVA riscossa all'importazione (articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b), della decisione 94/728/CE, Euratom del Consiglio, del 31 ottobre 1994, come riformato dalla decisione 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007);

b)  le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato (articolo 14 del regolamento CE n. 659/1999);

c)   i crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti;

d)  le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna;

e)   le sanzioni amministrative per violazioni al Codice della strada.

 

La definizione agevolata può tuttavia (comma 11) riguardare gli interessi sulle sanzioni amministrative per violazioni al Codice della strada, ivi compresi gli interessi per ritardato pagamento delle somme dovute (ai sensi dell’articolo 27, sesto comma, delle legge 24 novembre 1981, n. 689).

L’articolo 27 sopra richiamato prevede che, in caso di ritardo nel pagamento, la somma dovuta è maggiorata di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all'esattore. La maggiorazione assorbe gli interessi eventualmente previsti dalle disposizioni vigenti.

 

Il comma 12 dispone che, in caso di definizione agevolata ai sensi delle norme in esame, l’agente della riscossione sia automaticamente discaricato dell’importo residuo.

Al fine di consentire agli enti creditori di eliminare dalle proprie scritture patrimoniali i crediti corrispondenti alle quote discaricate, lo stesso agente della riscossione trasmette, anche in via telematica, a ciascun ente interessato, entro il 31 dicembre 2018, l’elenco dei debitori che hanno esercitato la facoltà di definizione e dei codici tributo per i quali è stato effettuato il versamento.

 

Il comma 13, apparentemente riferibile ai debitori soggetti a procedure concorsuali, qualifica come crediti prededucibili le somme che saranno impiegate nella definizione agevolata.

Attraverso il richiamo degli articoli 111 e 111-bis della legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942) il decreto-legge prevede dunque che le somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo siano destinate, con priorità, alla definizione agevolata, conseguentemente modificando l’ordine di ripartizione dell’attivo.

 

In ordine alla formulazione del testo, si valuti l’opportunità di fare esplicito riferimento al debitore soggetto alla procedura concorsuale, nonché di chiarire se la richiesta di definizione agevolata spetti al curatore della procedura.


 

Articolo 7
(Riapertura dei termini della procedura di collaborazione volontaria e norme collegate)

L’articolo 7 - mediante introduzione dell’articolo 5-octies al decreto-legge n. 167 del 1990 - riapre i termini per esperire la procedura di voluntary disclosure in una finestra temporale che va dal 24 ottobre 2016 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame) al 31 luglio 2017.

Essa trova applicazione, sia per l’emersione di attività estere, sia per le violazioni dichiarative relative a imposte erariali.

Le violazioni sanabili sono quelle commesse fino al 30 settembre 2016 (comma 1, lettera a), del nuovo articolo 5-octies del decreto-legge n. 167 del 1990). Analogamente alle norme varate nel 2014, le disposizioni prevedono lo slittamento dei termini di decadenza per l’accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA, nonché di contestazione delle sanzioni (comma 1, lettera b), del nuovo articolo 5-octies).

Per le attività e gli investimenti esteri oggetto della nuova procedura è possibile usufruire di un esonero dagli obblighi dichiarativi, limitatamente al 2016 e per la frazione del periodo d’imposta antecedente la data di presentazione dell’istanza di collaborazione volontaria, purché tali informazioni siano analiticamente illustrate nella relazione di accompagnamento all’istanza di voluntary disclosure e purché si versi in unica soluzione (entro il 30 settembre 2017) quanto dovuto a titolo di imposte, interessi e sanzioni (comma 1, lettera c), del nuovo articolo 5-octies).

Si chiarisce la non punibilità delle condotte di autoriciclaggio se commesse in relazione a specifici delitti tributari fino al versamento delle somme dovute per accedere alla procedura (comma 1, lettera d), del nuovo articolo 5-octies).

Rispetto alla voluntary disclosure disciplinata nel 2014, si prevede una diversa procedura: il contribuente provvede spontaneamente a versare in unica soluzione (entro il 30 settembre 2017) o in un massimo di tre rate (di cui la prima entro il 30 settembre 2017), il quantum dovuto a titolo di imposte, ritenute, contributi, interessi e sanzioni.

La procedura antecedente contemplava, invece, la presentazione di una apposita richiesta all’Amministrazione finanziaria e la fornitura della relativa documentazione; l’Agenzia delle entrate avrebbe poi provveduto ad emettere avviso di accertamento, ovvero ad invitare il contribuente all’adesione spontanea.

Il versamento delle somme dovute comporta i medesimi effetti previsti dalla precedente voluntary disclosure, sia sotto il profilo penale, sia con riferimento al versante sanzionatorio amministrativo (non punibilità per alcuni reati e riduzione delle sanzioni).

Gli effetti favorevoli penali e sanzionatori decorrono dal versamento in unica soluzione o della terza rata. L’Agenzia delle entrate comunica l’avvenuto perfezionamento della procedura di collaborazione volontaria (comma 1, lettera e), del nuovo articolo 5-octies).

Le norme disciplinano poi le conseguenze per il mancato o insufficiente versamento delle somme dovute entro i termini di legge: in tal caso, l’Agenzia può esperire le procedure dell’adesione all’invito a comparire, secondo le norme vigenti prima del 31 dicembre 2015, poi abrogate dalla legge di stabilità 2015 nell’alveo della complessiva riforma del ravvedimento operoso (comma 1, lettera f), del nuovo articolo 5-octies).

Con riferimento alle conseguenze sanzionatorie del mancato o insufficiente versamento spontaneo, le norme differenziano il trattamento riservato al mancato versamento da quello previsto per il versamento insufficiente; inoltre, per il caso di insufficiente versamento, sono previste conseguenze diverse secondo lo scostamento dal quantum dovuto (comma 1, lettera g), del nuovo articolo 5-octies).

Sono poi previste agevolazioni sanzionatorie e procedurali (eliminazione del raddoppio dei termini di accertamento) in specifiche ipotesi di stipula o di entrata in vigore di trattati internazionali volti all’effettivo scambio di informazioni fiscali (comma 1, lettera h) e comma 2, del nuovo articolo 5-octies). 

Si disciplina una nuova ipotesi di reato, attribuendo rilevanza penale alle condotte di chiunque, fraudolentemente, si avvalga della procedura di collaborazione volontaria per far emergere attività finanziarie e patrimoniali o contanti provenienti da reati diversi da quelli per cui la voluntary preclude la punibilità (comma 1, lettera i), del nuovo articolo 5-octies).

Analogamente a quanto disposto dalla legge n. 186 del 2014, la procedura si estende ai soggetti non destinatari degli obblighi di monitoraggio fiscale autori di violazioni dichiarative per attività detenute in Italia, ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive, dell'IRAP e dell'IVA, nonché alle violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d'imposta. Disposizioni specifiche sono previste nel caso in cui la collaborazione volontaria sia esperita con riferimento a contanti o valori al portatore (comma 3 del nuovo articolo 5-octies).

 

Il comma 2 dell’articolo 7 dispone che le norme attuative siano adottate entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione.

Sono infine introdotte (comma 3 dell’articolo 7) disposizioni in tema di potenziamento dell’attività di accertamento fiscale da parte degli enti locali: in particolare si pongono a carico dei comuni specifici obblighi informativi nei confronti dell’Agenzia delle entrate, con riferimento alle richieste di iscrizione all’Anagrafe degli italiani residenti all'estero, al fine della formazione di liste selettive per i controlli relativi ad attività finanziarie e investimenti patrimoniali esteri non dichiarati.

 

La voluntary disclosure varata nel 2014

In sintesi, le norme in materia di voluntary disclosure contenute nella alla legge 15 dicembre 2014, n. 186 hanno disciplinato una procedura di collaborazione volontaria (voluntary disclosure) del contribuente con l'Amministrazione fiscale per l'emersione e il rientro in Italia di capitali detenuti all'estero. Essa ha trovato applicazione anche per le irregolarità riguardanti attività detenute in Italia.

Si tratta degli articoli da 5-quater a 5-septies del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, che si occupa di monitoraggio fiscale. Si è così consentito, ai soggetti che detenevano attività e beni all'estero e avevano omesso di dichiararli, di sanare la propria posizione nei confronti dell'erario pagando, in un'unica soluzione e senza possibilità di compensazione, l'intera misura delle imposte dovute e le sanzioni (queste ultime in misura ridotta). Per effetto della collaborazione volontaria sono stati garantiti la non punibilità per alcuni reati fiscali relativi agli obblighi dichiarativi e il pagamento in misura ridotta delle summenzionate sanzioni tributarie. La procedura non poteva essere utilizzata se la richiesta di accesso era presentata dopo che l'autore avesse avuto conoscenza dell'inizio di attività di accertamento fiscale o di procedimenti penali per violazioni tributarie. Le norme hanno introdotto anche un nuovo reato fiscale che punisce coloro i quali, nell'ambito della procedura di collaborazione volontaria, esibiscano o trasmettano documentazione e dati non rispondenti al vero.

Come anticipato, la medesima legge ha esteso (articolo 1, commi da 2 a 4) la procedura di collaborazione volontaria - con modalità analoghe - ai contribuenti autori di violazioni riguardanti obblighi di dichiarazione per attività detenute in Italia (cd. collaborazione volontaria nazionale) in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, imposte sostitutive, imposta regionale sulle attività produttive e imposta sul valore aggiunto, nonché alle violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d'imposta.

La legge (articolo 3, che ha inserito un articolo 648-ter.1 al codice penale) ha inoltre attribuito rilevanza penale alla condotta di chi, avendo commesso un delitto non colposo, sostituisca o trasferisca o comunque impieghi denaro, beni o altre utilità in attività economiche o finanziarie, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della provenienza delittuosa (cd. reato di autoriciclaggio).

Si ricorda che (in virtù dell'articolo 10 del decreto-legge n. 192 del 2014 che, al comma 12-quaterdecies, ha novellato l'articolo 5-quater, comma 4, del D.L. n. 167/1990) è stato eliminato il raddoppio dei termini per l’emanazione dell’atto di contestazione delle violazioni da monitoraggio fiscale, nella procedura di voluntary disclosure prevista dalla legge n. 186/2014, con riferimento ai Paesi c.d. black list che stipulassero tempestivamente accordi con l'Italia volti a consentire un effettivo scambio di informazioni fiscali.

Con le circolari n.10/E del 13 marzo 2015 e n. 27/E del 16 luglio 2015 l'Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sulle novità introdotte dalla legge n. 186/2014. Si segnalano, inoltre, le circolari n. 30/E dell'11 agosto 2015 e n. 31/E del 28 agosto 2015 con risposte a quesiti.

Per quanto riguarda il termine finale per l'adesione alla procedura, la legge istitutiva l’aveva originariamente fissato al 30 settembre 2015. Il decreto-legge 30 settembre 2015, n. 153 ha prorogato il termine dal 30 settembre al 30 novembre 2015, fissando al 30 dicembre 2015 il termine entro il quale è stato possibile integrare l'istanza e la documentazione a corredo dell’istanza di adesione.

Con riferimento alle procedure di collaborazione volontaria, il decreto-legge n. 153 del 2015 ha apportato alcune modifiche alla disciplina della voluntary, tra cui: la citata proroga del termine per l'accesso alla procedura al 30 novembre 2015, l’attribuzione ad una specifica articolazione dell'Agenzia delle entrate della competenza a ricevere le istanze; nell’ambito delle procedure di collaborazione volontaria, l’estensione dell'esonero dagli obblighi dichiarativi, previsto in favore dei lavoratori frontalieri per il conto corrente estero su cui sono accreditati lo stipendio e gli altri emolumenti, anche agli eventuali cointestatari o beneficiari di procure e deleghe su tale conto. La legge di stabilità 2016 ha tra l’altro previsto che gli atti da porre a conoscenza del contribuente nell'ambito della procedura di collaborazione volontaria possono essere trasmessi all'indirizzo di posta elettronica certificata del professionista che assiste il contribuente nella procedura, qualora il contribuente abbia manifestato la propria volontà in tal senso. 

 

L’articolo 7 riapre i termini per aderire alla procedura di collaborazione volontaria fiscale (voluntary disclosure) in una finestra temporale che va dal 24 ottobre 2016 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame) al 31 luglio 2017.  

 

Più in dettaglio, il comma 1 dell’articolo 7 introduce l’articolo 5-octies nel citato D.L. n. 167 del 1990, che riapre i termini per esperire la procedura di voluntary disclosure in una finestra temporale che va dal 24 ottobre 2016 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame) al 31 luglio 2017.

L’applicazione della procedura è riservata solo ai soggetti che non l’abbiano già esperita in precedenza, anche per interposta persona.

Resta fermo che la voluntary non è ammessa se la richiesta è presentata dopo che l'autore della violazione degli obblighi di dichiarazione abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, per violazione di norme tributarie connesse alla procedura (cause ostative previste dall'articolo 5-quater, comma 2 del decreto-legge n. 167 del 1990).

Si chiarisce inoltre che l’integrazione dell’istanza, i documenti e le informazioni rilevanti possono essere presentati entro il 30 settembre 2017.

 

Per esplicita previsione del comma 1 del nuovo articolo 5-octies, alle istanze della nuova voluntary si applicano:

§  le norme generali sulla voluntary disclosure internazionale: si tratta degli articoli da 5-quater a 5-septies del decreto-legge n. 167 del 1990 sulla collaborazione volontaria internazionale, come introdotti dalla legge n. 186 del 2014;

§  l’articolo 1, commi 2-5 della medesima legge n. 186, così confermando la possibilità di avvalersi della riapertura della collaborazione volontaria anche per le violazioni “nazionali”, ossia le violazioni dichiarative relative alle imposte erariali (imposte sui redditi e addizionali, imposte sostitutive, IRAP, IVA) e dei sostituti d'imposta;

§  l’articolo 2, comma 2, lettere b) e b-bis) del D.L. n. 153 del 2015, dunque l’assoggettamento ad aliquota del 5 per cento per le prestazioni previdenziali provenienti dalla Svizzera e, nell’ambito delle procedure di collaborazione volontaria, l’estensione dell'esonero dagli obblighi dichiarativi - previsto in favore dei lavoratori frontalieri per il conto corrente estero su cui sono accreditati lo stipendio e gli altri emolumenti - anche agli eventuali cointestatari o beneficiari di procure e deleghe su tale conto.

 

Le richiamate disposizioni si applicano in quanto compatibili e con alcune modifiche apportate dalle norme in esame.

Si precisa che le istanze sono presentate con modalità che verranno stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate.

 

In particolare, le disposizioni in commento chiariscono (comma 1, lettera a) dell’articolo 5-octies) che le violazioni sanabili sono quelle commesse fino al 30 settembre 2016.

In deroga al principio dell’irretroattività delle norme tributarie, di cui all’articolo 3 dello Statuto del contribuente, legge n. 212 del 2000, la disposizione in esame prevede lo slittamento al 31 dicembre 2018 dei termini di decadenza per l’accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA, nonché per la contestazione delle sanzioni tributarie (rispettivamente, di cui all’articolo 43 del DPR n. 600 del 1973, all’articolo 57 del DPR n. 633 del 1972 e all’articolo 20, comma 1, del D.Lgs. n. 472 del 1997), ove essi scadano a decorrere dal 1° gennaio 2015, per le sole attività oggetto di collaborazione volontaria ai sensi delle norme in esame.

La proroga dei termini di accertamento è limitata agli imponibili, alle imposte, alle ritenute, ai contributi, alle sanzioni e agli interessi relativi alla procedura di collaborazione volontaria, per tutte le annualità e le violazioni oggetto della procedura stessa.

Le norme in esame prorogano anche i termini di decadenza per l’accertamento e di contestazione delle sanzioni con riferimento alle istanze presentate per la prima volta ai sensi della precedente disciplina della voluntary disclosure, i cui termini sono scaduti il 30 novembre 2015 (articolo 5-quater, comma 5 del D.L. n. 167 del 1990).

La relazione illustrativa chiarisce che tale slittamento si riferisce alle istanze presentate a decorrere dal 1° ottobre 2015, in relazione alla riapertura dei termini per la voluntary disclosure prevista dal decreto-legge n. 153 del 2015.

Per tali istanze i termini che scadono dal 1° gennaio 2015 sono prorogati dal 31 dicembre 2016 al 30 giugno 2017.

Già la precedente voluntary disclosure disponeva, infatti, lo slittamento dei termini di decadenza per l’accertamento delle imposte e di contestazione delle sanzioni tributarie (ultimo periodo del comma 5 dell’articolo 5-quater del D.L. n. 167 del 1990).

 

L’articolo 5-quater, comma 1, lettera c) esonera, per le sole attività oggetto della nuova apertura della collaborazione volontaria (cd. nuova voluntary) i soggetti interessati dalla presentazione delle dichiarazioni sugli investimenti all'estero e sulle attività estere di natura finanziaria, limitatamente al 2016 e per la frazione del periodo d’imposta antecedente la data di presentazione dell’istanza, a specifiche condizioni.

 

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 4 del decreto-legge n. 167 del 1990, le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate residenti in Italia che, nel periodo d'imposta, detengono investimenti all'estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi. Sono altresì tenuti agli obblighi di dichiarazione i titolari effettivi dell'investimento.

 

Analogamente, con riferimento alle attività estere suscettibili di generare redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, nonché per i redditi derivanti dall’investimento in azioni o quote di fondi comuni di investimento non conformi alla normativa UE sugli organismi di investimento collettivo (direttiva 2009/65/CE), per i quali è versata l’Irpef con l’aliquota massima oltre alla addizionale regionale e comunale, è previsto l’esonero dalla indicazione dei redditi nella relativa dichiarazione.

 

Una prima condizione per gli esoneri dichiarativi è l’indicazione analitica di tali informazioni nella relazione di accompagnamento all’istanza di voluntary disclosure.

Inoltre per essere esonerati dall’obbligo dichiarativo occorre spontaneamente versare in unica soluzione, entro il 30 settembre 2017, di quanto dovuto a titolo di imposte, interessi e, ove applicabili, sanzioni ridotte nei termini previsti dalle norme sul ravvedimento operoso (di cui all’articolo 13 del D.lgs. n. 472 del 1997), per il 2016 e per la frazione del periodo d’imposta antecedente la data di presentazione dell’istanza.

 

L’articolo 5-octies, comma 1, lettera d) esclude la punibilità per il reato di autoriciclaggio, limitatamente alle attività oggetto della riapertura della collaborazione volontaria, ove le condotte penalmente rilevanti sono commesse in relazione ad alcuni delitti (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, di dichiarazione infedele, di omessa dichiarazione, di omesso versamento di ritenute certificate e di omesso versamento IVA; sono i reati enumerati dall’articolo 5-quinquies, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 167 del 1990), fino alla data del versamento della prima o unica rata delle somme dovute per accedere alla collaborazione volontaria.

Tale disposizione ricalca parzialmente quanto già previsto dalla precedente versione della voluntary disclosure (articolo 5-quinquies, comma 3 del decreto-legge n. 167 del 1990).

Si ricorda che l'articolo 3 della legge n. 186 del 2014 ha introdotto, attraverso l'aggiunta del nuovo articolo 648-ter.1 al codice penale, il reato di autoriciclaggio, attribuendo rilevanza penale alla condotta di chi, avendo commesso un delitto non colposo, sostituisca o trasferisca o comunque impieghi denaro, beni o altre utilità in attività economiche o finanziarie, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della provenienza delittuosa.

 

L’articolo 5-octies, comma 1, lettera e) introduce sostanziali novità con riferimento alle procedure per l’adesione alla collaborazione volontaria.

In particolare, gli autori delle violazioni possono provvedere spontaneamente al versamento, in unica soluzione, di quanto dovuto a titolo di imposte, ritenute, contributi, interessi e sanzioni entro il 30 settembre 2017 senza possibilità di compensazione (ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241).

Il versamento può essere ripartito in tre rate mensili di pari importo; in tal caso il pagamento della prima rata deve essere effettuato entro il 30 settembre 2017. 

 

Per aderire alla voluntary varata nel 2014, il contribuente doveva invece indicare spontaneamente all'amministrazione finanziaria, mediante la presentazione di apposita richiesta, tutti gli investimenti e tutte le attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all'estero, anche indirettamente o per interposta persona. Doveva fornire documenti e informazioni utili alla ricostruzione dei redditi che erano serviti per costituirli, acquistarli o che derivavano dalla loro dismissione o utilizzo a qualunque titolo; il contribuente doveva produrre i documenti e le informazioni per la determinazione degli eventuali maggiori imponibili.

L’amministrazione finanziaria procedeva dunque ad accertare il quantum dovuto, emettendo un avviso di accertamento ovvero invitando il contribuente all’adesione spontanea.

 

Il versamento delle somme dovute comporta i medesimi effetti previsti dalla precedente versione della voluntary (di cui agli articoli 5-quater e 5-quinquies del decreto-legge n. 167).

 

In estrema sintesi, si ricorda che l’articolo 5-quater individua gli elementi principali e l’iter procedurale della collaborazione volontaria.

L’articolo 5-quinquies dispone che, per effetto della collaborazione volontaria, sia garantita la non punibilità per alcuni reati fiscali relativi agli obblighi dichiarativi e il pagamento in misura ridotta delle summenzionate sanzioni tributarie. Nei confronti di colui che presta la collaborazione volontaria è esclusa la punibilità per i delitti di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, di dichiarazione infedele, di omessa dichiarazione, di omesso versamento di ritenute certificate e di omesso versamento IVA (di cui, rispettivamente, agli articoli 2, 3, 4 e 5, 10-bis e 10-ter del D.Lgs. n. 74 del 2000).

Si rammenta che, ai sensi dell'articolo 1, comma 5 della legge 186/2014, l'esclusione della punibilità e la diminuzione della pena previste dall'articolo 5-quinquies, comma 1, operano nei confronti di tutti coloro che hanno commesso o concorso a commettere i delitti ivi indicati.

La lettera b) del comma 1 esclude la punibilità per il reato di riciclaggio e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, ove commesse in relazione alle summenzionate fattispecie delittuose tributarie (di cui alla già commentata lettera a).

Per quanto riguarda le conseguenze sanzionatorie amministrative derivanti dalla voluntary disclosure, in primo luogo le sanzioni per le violazioni dichiarative relative al quadro RW della dichiarazione sono determinate in misura pari alla metà del minimo edittale al ricorrere di specifiche condizioni; nei casi diversi, la sanzione è determinata nella misura del minimo edittale, ridotto di un quarto. Analogamente sono rideterminate nel minimo edittale, ridotto di un quarto, le sanzioni erogate nei confronti del contribuente che si avvale della procedura di collaborazione volontaria per le violazioni in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, di imposte sostitutive, di imposta regionale sulle attività produttive, di imposta sul valore aggiunto e di ritenute. Sono previste anche specifiche deroghe al procedimento di irrogazione delle sanzioni per la violazione degli obblighi di dichiarazione relativi al quadro RW. Specifiche agevolazioni sanzionatorie operano anche nel caso di tempestiva stipula di accordi internazionali volti a migliorare gli scambi informativi fiscali transfrontalieri.

Il versamento tempestivo del dovuto comporta che le riduzioni sanzionatorie si applicano alle violazioni degli obblighi dichiarativi relativi agli investimenti all'estero e alle attività estere di natura finanziaria, nonché per le violazioni in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, imposte sostitutive, IRAP, imposta sul valore degli immobili all’estero- IVIE, imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero – IVAFE e IVA, anche in deroga al principio di legalità in materia di sanzioni tributarie, di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.

 

Per equiparare il trattamento sanzionatorio alla procedura di voluntary disclosure avviata nel 2014, le norme in esame chiariscono che:

§   per le violazioni di obblighi dichiarativi relativi agli investimenti all'estero e alle attività estere di natura finanziaria, si applicano le disposizioni dell’articolo 12, commi 1 e 5 del D.lgs. n. 472 del 1997 (rispettivamente concernenti il concorso di violazioni e l’ipotesi di continuazione).

§  Per quanto riguarda il concorso di violazioni, è punito con la sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da un quarto al doppio, chi, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni anche relative a tributi diversi ovvero commette, anche con più azioni od omissioni, diverse violazioni formali della medesima disposizione. Quando più violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi, si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo;

§   per le violazioni in materia di imposte, operano le disposizioni dell’articolo 12, comma 8, del medesimo decreto legislativo, ai sensi del quale nei casi di accertamento con adesione, di mediazione tributaria e di conciliazione giudiziale, le disposizioni sulla determinazione di una sanzione unica in caso di progressione si applicano separatamente per ciascun tributo e per ciascun periodo d'imposta;

§   in genere, si applica la riduzione delle misure sanzionatorie prevista dall’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 (nel testo vigente alla data del 30 dicembre 2014, ossia antecedente all’abrogazione da parte della legge di stabilità 2015) per l’adesione ai contenuti dell'invito a comparire innanzi all’amministrazione finanziaria;

§  si applica la riduzione di cui all’articolo 16, comma 3, del decreto legislativo n. 472 del 1997, che consente di definire con modalità agevolate i procedimenti di irrogazione delle sanzioni tributarie col pagamento, entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, di un importo pari ad un terzo della sanzione, e comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo.

 

Si chiarisce che gli effetti favorevoli penali e sanzionatori decorrono dal versamento di quanto dovuto in unica soluzione o della terza rata; in tali casi l’Agenzia delle entrate comunica l’avvenuto perfezionamento della procedura di collaborazione volontaria mediante posta elettronica certificata.

 

Le norme in commento disciplinano poi le conseguenze per il mancato o insufficiente versamento delle somme dovute entro il 30 settembre 2017 (comma 1, lettera f) dell’articolo 5-octies).

Si rammenta che il comma 10 dell’articolo 5-quinquies reca le conseguenze del mancato versamento tempestivo delle somme dovute per effetto della collaborazione volontaria varata nel 2014: in tale ipotesi, la procedura di collaborazione volontaria non si perfeziona e non si producono gli effetti penali e tributari. In tal caso l'Agenzia delle entrate notifica, anche in deroga ai termini ordinari di decadenza dal potere di accertamento e di irrogazione della sanzione un nuovo avviso di accertamento e un nuovo atto di contestazione, con la rideterminazione della sanzione entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello di notifica dell’invito a comparire, o a quello di redazione dell'atto di adesione o di notifica dell'atto di contestazione.

 

Stante la diversità della procedura -  che, come si è visto in precedenza - per la “nuova” voluntary prevede un computo spontaneo del quantum dovuto da parte del contribuente, in linea generale si consente all’Agenzia delle entrate, ai soli fini della procedura di collaborazione volontaria e limitatamente agli imponibili, alle imposte, alle ritenute, ai contributi, alle sanzioni e agli interessi relativi alla procedura e per tutte le annualità e le violazioni oggetto della stessa di procedere -  fino al 31 dicembre 2018 – mediante le procedure previste dalle norme in tema di definizione dell’accertamento con adesione all’invito a comparire innanzi all’amministrazione finanziaria, di cui all'articolo 5, commi da 1-bis a 1-quinquies del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, nel testo vigente alla data del 30 dicembre 2014.

 

Al riguardo si rammenta che la legge di stabilità 2015 (articolo 1, commi da 637 a 640 della legge n. 190 del 2014) ha modificato sostanzialmente le modalità, i termini e le agevolazioni connesse all’istituto del ravvedimento operoso, al fine di consentirne l’accesso anche oltre i termini previsti dalle norme previgenti; si consente così usufruire senza limiti di tempo dell’istituto del ravvedimento operoso, con una riduzione automatica delle sanzioni che tanto sarà più vantaggiosa, quanto più vicino il “ravvedimento” sarà al momento in cui sorge l’adempimento tributario. Con finalità di rendere coerente il nuovo “ravvedimento” con l’attuale impianto normativo sono stati eliminati gli istituti della definizione dell’accertamento mediante adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio e dell’adesione ai processi verbali di constatazione, con efficacia differita agli atti notificati o consegnati dal 31 dicembre 2016.

In particolare la lettera c), punto 1) del comma 637 della legge di stabilità 2015 ha in particolare eliminato l’istituto che consentiva di definire l’accertamento mediante adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio, di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, ai commi da 1-bis a 1-quinquies. In estrema sintesi, il contribuente poteva definire l’accertamento anche mediante adesione a specifico invito a comparire presso l’Amministrazione finanziaria, mediante comunicazione al competente ufficio e versamento delle somme dovute entro il quindicesimo giorno antecedente la data fissata per la comparizione. Nel caso di adesione le sanzioni applicabili (un terzo del minimo edittale) erano ridotte alla metà (un sesto del minimo).

 

In tale ipotesi, l’autore della violazione può versare le somme dovute in base all’invito a comparire innanzi all’amministrazione finanziaria (di cui all'articolo 5, comma 1, del menzionato decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218) entro il quindicesimo giorno antecedente la data fissata per la comparizione, secondo le modalità indicate per l’adesione ai contenuti dell'invito, ovvero le somme dovute in base all'accertamento con adesione, entro venti giorni dalla redazione dell'atto, oltre alle somme dovute in base all'atto di contestazione o al provvedimento di irrogazione delle sanzioni per la violazione degli obblighi dichiarativi entro il termine per la proposizione del ricorso (ai sensi del già richiamato articolo 16 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472) senza avvalersi della compensazione.

Nel caso si sia scelto un pagamento rateale, il mancato pagamento anche di una delle rate comporta il venir meno degli effetti della procedura.

Inoltre, nella nuova procedura di collaborazione volontaria, per tutti gli atti che per legge devono essere notificati al contribuente si applicano, in deroga ad ogni altra disposizione di legge, le modalità di notifica tramite posta elettronica certificata; nel caso di notifica tramite posta elettronica certificata effettuata ai sensi del periodo precedente, non è possibile ripetere le spese di notifica nei confronti del destinatari.

 

L’articolo 5-octies, comma 1, lettera g) disciplina le conseguenze sanzionatorie del mancato o insufficiente versamento spontaneo delle somme dovute. In particolare, le norme in commento differenziano il trattamento riservato al mancato versamento da quello previsto per il versamento insufficiente; inoltre, per il caso di insufficiente versamento sono previste conseguenze sanzionatorie diverse secondo lo scostamento dal quantum dovuto.

In particolare, se gli autori delle violazioni non provvedono spontaneamente al versamento delle somme dovute entro il 30 settembre 2017, in deroga all’articolo 5-quinquies, comma 4, le sanzioni per la violazione degli obblighi dichiarativi (di cui all'articolo 5, comma 2 del D.L. 167 del 1990), sono determinate in misura pari al 60 per cento del minimo edittale (dunque 1,8 per cento dell’ammontare non dichiarato ovvero 3,6 per cento delle medesime somme, per le attività in Paesi black list) qualora ricorrano le seguenti ipotesi:

a) trasferimento delle attività in Italia o in Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo che consentono un effettivo scambio di informazioni con l'Italia, inclusi nella cd. white list;

b) detenzione delle attività in Italia o nei predetti Stati

c) rilascio all'intermediario finanziario estero presso cui le attività sono detenute l'autorizzazione a trasmettere alle autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti le attività oggetto di collaborazione volontaria. Negli altri casi, le sanzioni sono determinate in misura pari all’85 per cento del minimo edittale (2,55 per cento dell’ammontare non dichiarato ovvero 5,1 per cento per attività in Paesi black list).

La medesima misura dell’85 per cento del minimo edittale si applica anche alle violazioni in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, di imposte sostitutive, di imposta regionale sulle attività produttive, di imposta sul valore degli immobili all’estero, di imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero, di imposta sul valore aggiunto e di ritenute.

 

Nel caso di versamento insufficiente, fermo restando quanto versato l’Agenzia provvede a recuperare le somme ancora dovute, calcolate secondo quanto previsto per il mancato versamento, con una maggiorazione del 10 per cento:

§  se il versamento è insufficiente per una frazione superiore al 10 per cento delle somme da versare, ove le relative somme siano afferenti ai soli redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e alle sanzioni, incluse quelle sulle attività suscettibili di generare tali redditi;

§  ovvero se il versamento è insufficiente per una frazione superiore al 30 per cento delle somme da versare, negli altri casi.

 

Analoga procedura di recupero da parte dell’Agenzia delle entrate è prevista, con una maggiorazione del 3 per cento ove gli autori delle violazioni provvedano ad un versamento insufficiente:

§  per una frazione inferiore o uguale al 10 per cento delle somme da versare, se tali somme sono afferenti ai soli redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e alle sanzioni, incluse quelle sulle attività suscettibili di generare tali redditi;

§   per una frazione inferiore o uguale al 30 per cento delle somme da versare negli altri casi.

 

Si prevede infine che, se il versamento spontaneo eccede il quantum dovuto, gli autori delle violazioni possono chiedere che l’eccedenza sia versata a rimborso o richiederne la compensazione.

 

Ai sensi della lettera h), la misura agevolata delle sanzione al 3 per cento dell’ammontare non dichiarato, prevista dall'articolo 5-quinquies, comma 7 del decreto-legge n. 167 del 1990 ai soli fini della collaborazione volontaria, in relazione alle violazioni dichiarative in tema di monitoraggio fiscale, per attività e investimenti detenuti negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, trova applicazione anche:

§  nel caso di entrata in vigore, prima del 24 ottobre 2016, di un accordo che consente un effettivo scambio di informazioni fiscali, ai sensi di quanto richiesto dal modello di convenzione contro le doppie imposizioni predisposto dall’OCSE,

§  prima della medesima data, nel caso di entrata in vigore di un accordo conforme al modello di accordo per lo scambio di informazioni, elaborato nel 2002 dall'OCSE e denominato Tax Information Exchange Agreement (TIEA).

 

La lettera i) del comma 1 introduce una nuova ipotesi di reato, attribuendo rilevanza penale alle condotte di chiunque, fraudolentemente, si avvalga della procedura di collaborazione volontaria per far emergere attività finanziarie e patrimoniali, contanti provenienti da reati diversi da quelli per cui la voluntary preclude la punibilità (ai sensi dell'articolo 5-quinquies, comma 1, lettera a) del decreto-legge n. 167 del 1990), prevedendo che a tali ipotesi si applichi la pena della reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.

Si tratta della medesima pena prevista per il delitto (articolo 5-septies del decreto-legge n. 167 del 1990) di esibizione di atti falsi e comunicazione di dati non rispondenti al vero nell'ambito della procedura di collaborazione volontaria.

 

Resta ferma l'applicabilità dei reati di riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e di autoriciclaggio ove ne ricorrano i presupposti di legge (articoli 648-bis, 648-ter, 648-ter.1 del codice penale), nonché del reato di trasferimento fraudolento di valori (articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306).

 

Con una norma analoga a quanto previsto per la voluntary varata nel 2014, il comma 2 dell’articolo 5-octies prevede che, ove sia entrato in vigore prima del 24 ottobre 2016 un accordo che consente un effettivo scambio di informazioni fiscali, ai sensi di quanto richiesto dal modello di convenzione contro le doppie imposizioni predisposto dall’OCSE, ovvero un accordo conforme al modello di accordo per lo scambio di informazioni, elaborato nel 2002 dall'OCSE e denominato Tax Information Exchange Agreement (TIEA), non si applica il raddoppio delle sanzioni previsto dall'articolo 12, comma 2, secondo periodo, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 nel caso di attività detenute all’estero.

 

L’articolo 12, comma 2 del richiamato D.L. 78/2009 ha introdotto, in deroga ad ogni vigente disposizione di legge, una presunzione legale iuris tantum, secondo cui gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati da decreti ministeriali, senza tener conto delle limitazioni ivi previste, in violazione degli obblighi di dichiarazione relativi al quadro RW, ai soli fini fiscali si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione.

In tale caso le sanzioni previste per le violazioni dichiarative dall'articolo 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 sono raddoppiate; sono raddoppiati altresì (comma 2-bis) i termini di accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA e per la contestazione delle sanzioni (comma 2-ter).

 

Il citato raddoppio dei termini di accertamento e contestazione non opera se ricorrono congiuntamente, anche le seguenti condizioni (previste dall'articolo 5-quinquies, commi 4 e 5, del decreto-legge n. 167 del 1990):

a)  le attività vengono trasferite in Italia o in Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo che consentono un effettivo scambio di informazioni con l'Italia, inclusi nella cd. white list;

b)  le attività trasferite in Italia o nei predetti Stati erano o sono ivi detenute;

c)   l'autore delle violazioni dichiarative rilascia all'intermediario finanziario estero, presso cui le attività sono detenute, l'autorizzazione a trasmettere alle autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti le attività oggetto di collaborazione volontaria;

d)  nelle predette ipotesi, l'autore della violazione trasferisce, successivamente alla presentazione della richiesta, le attività oggetto di collaborazione volontaria presso un altro intermediario localizzato fuori dell'Italia o di uno degli Stati white list rilasciando tempestivamente l’autorizzazione a trasmettere le informazioni rilevanti alle autorità finanziarie italiane.

 

Il comma 3 dell’articolo 5-octies,  analogamente a quanto disposto dalla legge n. 186 del 2014, estende la procedura di collaborazione volontaria ai soggetti non destinatari degli obblighi di monitoraggio fiscale (ad es. enti e società di capitali, soggetti a IRES ai sensi dell'articolo 73 del TUIR) autori di violazioni dichiarative per attività detenute in Italia, ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive, dell'IRAP e dell'IVA, nonché alle violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d'imposta (articolo 1, commi 2-4 della legge 186 del 2014).

 

Come chiarito dalle Entrate in occasione dei chiarimenti forniti per la voluntary disclosure varata nel 2014, con l’estensione della procedura di collaborazione volontaria viene riconosciuta la possibilità a chi ha commesso violazioni, negli ambiti impositivi indicati dalla norma, di regolarizzare la propria posizione fiscale, indipendentemente dalla circostanza che questa riguardi anche consistenze illecitamente detenute all’ estero, fermo restando il pagamento delle imposte dovute nonché delle relative sanzioni, per quanto, queste ultime, siano dovute in misura ridotta.

 

La procedura di collaborazione volontaria può essere utilizzata per sanare violazioni degli obblighi di dichiarazione relativi ad attività detenute in Italia, purché commesse fino al 30 settembre 2016. A tali violazioni si applicano - sostanzialmente - le procedure sopra descritte per la riapertura della voluntary internazionale.

Il comma 3 inoltre, in seno alle procedure di voluntary “nazionale” contiene specifiche indicazioni nel caso in cui la collaborazione volontaria abbia ad oggetto contanti o valori al portatore.

In tal caso i contribuenti:

§  rilasciano, unitamente alla presentazione dell'istanza, una dichiarazione in cui attestano che l'origine di tali valori non deriva da reati diversi da quelli previsti dall'articolo 5-quinquies, comma 1, lettere a) e b), del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, di dichiarazione infedele, di omessa dichiarazione, di omesso versamento di ritenute certificate e di omesso versamento IVA, di cui rispettivamente agli articoli 2, 3, 4 e 5, 10-bis e 10-ter del D.lgs. n. 74 del 2000; riciclaggio e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, ove commesse in relazione alle citate fattispecie delittuose tributarie);

§  provvedono, entro la data di presentazione della relazione e dei documenti allegati, all'apertura e all'inventario in presenza di un notaio, che ne accerti il contenuto all'interno di un apposito verbale, di eventuali cassette di sicurezza presso le quali i valori oggetto di collaborazione volontaria sono custoditi;

§  provvedono, entro la data di presentazione della relazione e dei documenti allegati al versamento dei contanti e al deposito valori al portatore presso intermediari finanziari, a ciò abilitati, su una relazione vincolata fino alla conclusione della procedura.

Per i professionisti e intermediari che assistono i contribuenti nell'ambito della procedura di collaborazione volontaria, restano fermi gli obblighi antiriciclaggio (di cui al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 e successive modificazioni). A tal fine, in occasione degli adempimenti previsti per l'adeguata verifica della clientela, i contribuenti dichiarano modalità e circostanze di acquisizione dei contanti e valori al portatore oggetto della procedura

 

La legge n. 186 del 2014 non recava specifiche indicazioni al riguardo, che sono state fornite tuttavia dall’Agenzia delle entrate con la Circolare n. 27/E del 16 luglio 2015, con la quale sono stati dati chiarimenti in ordine all’emersione di contante o altri valori depositati in cassette di sicurezza nell’ambito delle procedure di voluntary disclosure.

In particolare, l’Agenzia ha risposto ad un quesito avente ad oggetto la possibilità, nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria disciplinata dalla legge 186 del 2014, di far emergere valori ubicati in Italia in cassette di sicurezza o in altri luoghi (ad esempio, contante conservato nella propria abitazione).

L’Agenzia in merito rilevava che la procedura di collaborazione volontaria internazionale del 2014 consentiva ai contribuenti di far emergere le disponibilità detenute all’estero, nonché i redditi connessi a queste stesse ed i maggiori imponibili frutto di evasione nazionale non connessi con suddette attività all’estero. Nella sua accezione nazionale, invece, la procedura consentiva a tutti i contribuenti di definire le violazioni degli obblighi dichiarativi ai fini delle imposte indicate all’articolo 1, comma, 2 del decreto legge. Secondo l’Agenzia, la procedura nazionale è dunque finalizzata a denunciare in modo spontaneo e completo tutte le violazioni fiscali commesse nelle annualità d’imposta accertabili e non può in alcun modo essere utilizzata per ottenere una certificazione circa l’irrilevanza fiscale della disponibilità di valori in Italia fuori dal circuito degli intermediari finanziari (ad esempio denaro contante).

Il contribuente che intendesse avvalersi di tale procedura era dunque tenuto a far emergere esclusivamente i valori a sua disposizione in Italia frutto di evasione fiscale in periodi d’imposta ancora aperti, fornendo ogni utile informazione e documento relativo alle violazioni dichiarative commesse, indicando, altresì, la disponibilità dei valori frutto di evasione fiscale come prova della stessa. La disponibilità di valori fuori dal circuito finanziario e frutto di evasione fiscale nei periodi d’imposta per i quali non fosse decaduta la potestà di accertamento poteva, a propria volta, essere provata unicamente col versamento di tali valori presso un intermediario abilitato su un conto corrente intestato al beneficiario economico delle somme, appositamente acceso a seguito dell’attivazione della procedura. Risultava evidente come i valori detenuti in Italia, sia nel circuito degli intermediari finanziari che fuori dallo stesso, che non fossero oggetto di evasione fiscale in periodi d’imposta ancora aperti e che non fossero detenuti all’estero in violazione degli obblighi dichiarativi in materia di monitoraggio fiscale, fossero irrilevanti ai fini del perfezionamento della procedura. Si chiariva che restava salva la possibilità per l’Agenzia, nel caso tali somme dovessero emergere in un momento successivo, di effettuare le opportune valutazioni per le eventuali iniziative di competenza.

 

Il comma 2 (erroneamente numerato comma 4) dell’articolo 7 in esame dispone che le disposizioni attuative della disciplina modificativa della voluntary disclosure siano adottate entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in commento.

Il comma 3 (erroneamente numerato comma 5) introduce due commi all’articolo 83 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, in tema di potenziamento dell’attività di accertamento fiscale da parte degli enti locali.

In particolare (introdotto comma 17-bis) si richiede che i comuni debbano inviare, entro i sei mesi successivi alla richiesta di iscrizione nell'anagrafe degli italiani residenti all'estero, i dati dei richiedenti all’Agenzia delle entrate, al fine della formazione di liste selettive per i controlli relativi ad attività finanziarie e investimenti patrimoniali esteri non dichiarati. Le modalità effettive di comunicazione e i criteri per la creazione delle liste sono disciplinati con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da adottarsi entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente disposizione (24 gennaio 2017).

Restano fermi gli obblighi di comunicazione all'Agenzia delle entrate di cui al comma 16 del medesimo articolo 83, ai sensi del quale i comuni, entro i sei mesi successivi alla richiesta di iscrizione nell'anagrafe degli italiani residenti all'estero, confermano all'Ufficio dell'Agenzia delle entrate competente per l'ultimo domicilio fiscale che il richiedente ha effettivamente cessato la residenza nel territorio nazionale.

Ai sensi dell’introdotto comma 17-ter, in fase di prima attuazione delle predette disposizioni, le attività dei comuni e dell'Agenzia delle entrate vengono esercitate anche nei confronti delle persone fisiche che hanno chiesto l'iscrizione nell'anagrafe degli italiani residenti all'estero a decorrere dal 1° gennaio 2010. Ai fini della formazione delle liste selettive si tiene conto della eventuale mancata presentazione delle istanze di collaborazione volontaria.


 

Articolo 8
(Finanziamento Fondo occupazione)

 

 

L'articolo 8 dispone l'incremento, per l'anno 2016, del Fondo sociale per occupazione e formazione[1] nella misura di 592,6 milioni di euro, anche ai fini del finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga di cui all'articolo 2, commi 64, 65 e 66, della legge 28 giugno 2012, n. 92, e successive modificazioni[2].

Ai suddetti oneri, pari a 592,6 milioni di euro per l'anno 2016, si provvede mediante utilizzo delle accertate economie relative al medesimo anno 2016, a seguito dell’attività di monitoraggio e verifica concernente le complessive misure di salvaguardia dall’incremento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico stabilito dall'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 e per le quali la certificazione del diritto al beneficio è da ritenersi conclusa.

 

Le risorse a copertura individuate nel presente articolo sono rappresentate dalle risorse stanziate e non utilizzate per garantire il pensionamento con i requisiti precedenti a quelli stabiliti con l'articolo 24 (c.d. riforma pensionistica "Fornero") del decreto-legge n. 201 del 2011 a quote progressivamente crescenti (cd. "salvaguardati") dei lavoratori che, rientranti in determinate categorie puntualmente individuate, in conseguenza del posticipo de facto della loro età di pensionamento disposto dalla riforma e già inseriti in un percorso di "scivolo" verso la pensione calibrato sulla base della tempistica precedente alla citata riforma, sarebbero rimasti privi di fonti di reddito lavorativo o pensionistico (cd. esodati). Per il 2016 lo stanziamento in bilancio per tale finalità, correlato ad una serie di provvedimenti di salvaguardia intervenuti a partire dal 2011 e iscritto nello stato di previsione del ministero del lavoro al capitolo 4236, ammonta a 1,160 mld di euro (nessuna variazione è intervenuta con il ddl di assestamento del bilancio dello Stato).


 

Articolo 9
(Partecipazione di personale militare alla missione di supporto sanitario in Libia e alla missione delle Nazioni Unite UNSMIL)

 

 

L’articolo 9 autorizza fino al 31 dicembre 2016 la somma di euro 17.388.000 per la partecipazione di personale militare all’operazione di supporto sanitario in Libia – operazione “Ippocrate”-.

La richiamata autorizzazione di spesa si applica, altresì, sempre fino al 31 dicembre 2016, al personale militare impegnato nell’operazione delle Nazioni Unite United Nations Support mission in Lybia (Unsmil).

L’articolo 9 disciplina, altresì, i profili normativi connessi alle missioni e prevede per specifici aspetti (quali il trattamento giuridico, economico e previdenziale, la disciplina contabile e penale) una normativa strumentale al loro svolgimento individuata essenzialmente mediante un rinvio all'ordinamento vigente.

 

In relazione alla missione “Ippocrate” si ricorda che i Ministri della difesa e degli affari esteri hanno riferito alle Commissioni riunite III e IV della Camera e del Senato nel corso della seduta congiunta dello scorso 13 settembre 2016.

In quella sede la Ministra Pinotti ha illustrato le principali caratteristiche della missione con particolare riferimento allo “schieramento, presso l'aeroporto di Misurata, di una struttura ospedaliera da campo completa di personale medico e infermieristico, comprensiva della necessaria protezione e supporto logistico, per un totale di circa trecento unità”. Nello specifico la Ministra ha precisato che “un'aliquota per la funzione sanitaria vera e propria sarà composta da sessantacinque medici e infermieri. Una seconda aliquota sarà composta da centotrentacinque unità per la funzione di supporto logistico generale, che serve alla manutenzione dei mezzi e delle apparecchiature, alle comunicazioni, alla gestione amministrativa, all'organizzazione e direzione delle attività e a tutti quei servizi, compresi mensa e vestiario, necessari alla vita quotidiana del personale. Una terza aliquota, invece, composta da cento unità, sarà la vera e propria force protection (…). Prevediamo anche lo schieramento, nello stesso aeroporto di Misurata, di un C-27J, un velivolo con funzioni di evacuazione strategica, se ce ne fosse la necessità – speriamo di no – e lo stazionamento di una nave della missione Mare sicuro al largo delle coste libiche con compiti di supporto e di protezione aggiuntiva. Non è una nave in più, ma una di quelle già presenti in questo momento nel dispositivo Mare sicuro nel Mediterraneo”.

Al termine delle Comunicazioni, le Commissioni III e IV della Camera hanno approvato la risoluzione (8-00200) con la quale si impegna il governo a dare  piena attuazione agli indirizzi oggetto delle comunicazioni rese alle Commissioni  in relazione alla Libia; a provvedere, in particolare, alla costruzione di strutture ospedaliere campali militari, prevedendo anche l'impiego di militari in grado di garantire la sicurezza del personale sanitario operante; a tenere costantemente informato il Parlamento sugli sviluppi della situazione.

Analoga Risoluzione è stata approvata dalle Commissioni riunite III e IV del Senato.

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=17&id=988170

 

L’articolo 9, infine, secondo un procedimento consueto nei decreti-legge in materia, nell’autorizzare la spesa relativa alla partecipazione italiana alle richiamate missioni internazionali,  reca numerosi rinvii alla legislazione vigente al fine di individuare la normativa applicabile al personale impiegato nelle missioni internazionali disciplinate dal decreto in esame, con particolare riferimento alla disciplina penalistica.

Al riguardo, si ricorda che la legge n. 145 del 2016 reca una normativa di carattere generale riguardante le missioni internazionali, con particolare riferimento ai profili concernenti il trattamento economico e normativo del personale impegnato in tali missioni e i ai molteplici e peculiari profili amministrativi che caratterizzano le missioni stesse. La legge entrerà in vigore il 31 dicembre 2016.


 

Articolo 10
(Finanziamento Investimenti FS)

 

L’articolo 10 autorizza la spesa di 320 milioni per l'anno 2016 e 400 milioni per il 2018 quale contributo al Contratto di programma con la società Rete Ferroviaria Italiana (RFI S.p.A.).

 

Si ricorda preliminarmente che il Contratto di programma con RFI ha ricevuto il parere favorevole del CIPE il 10 agosto 2016, sia per l'aggiornamento 2016 della Parte investimenti, sia per la Parte servizi 2016-2021.

 

In particolare, il comma 1 dell’articolo 10 autorizza la spesa di 320 milioni per l'anno 2016 e 400 milioni per il 2018 quale contributo al Contratto di programma - Parte investimenti, aggiornamento al 2016, della società Rete Ferroviaria Italiana (RFI S.p.A.), per la Parte investimenti.

Il contratto viene quindi aggiornato con tali disponibilità ai fini della sua approvazione.

 

Il comma 2 specifica che le risorse stanziate per il contratto di servizio con RFI per l’anno 2016 sono destinate al contratto 2016-2020 in corso di perfezionamento.

 

A tale proposito si ricorda che ai sensi dell'articolo 15, comma 1, del decreto legislativo n. 112 del 2015 (recante attuazione della direttiva n. 2012/34/UE) "i rapporti tra il gestore dell'infrastruttura ferroviaria nazionale e lo Stato sono disciplinati da un atto di concessione e da uno o più contratti di programma"; il Contratto di programma è articolato in una Parte investimenti e in una Parte servizi con contenuti e scadenze autonome. Inoltre, l'articolo 7, comma 9 del D.L. n. 201 del 2015, modificando il medesimo comma 1 dell'articolo 15, ha disposto la proroga del Contratto di programma 2012-2014, Parte Servizi, nelle more della stipula dei nuovi contratti di programma per il periodo 2016-2020, per il periodo necessario alla stipula del nuovo contratto e comunque non oltre il 31 dicembre 2016, ai medesimi patti e condizioni già previsti, con l'aggiornamento delle relative Tabelle.

Sembrerebbe opportuno, quindi, riferire le disposizioni del comma 2 in esame al Contratto di programma con RFI (quindi non al "contratto di servizio"), specificando a quale Parte del Contratto di programma ci si riferisce. Secondo la relazione illustrativa la norma recata dal comma 2 in esame "è volta ad evitare che si perdano le maggiori risorse stanziate per l'anno 2016 per il contratto RFI", facendo riferimento al regime di proroga della Parte servizi disposta dal citato decreto-legge n. 201 del 2015. A tale "Parte servizi" sembrerebbe quindi doversi riferire il comma 2.

 

L'assetto del sistema ferroviario italiano è stato ridisciplinato dal decreto legislativo n. 112 del 15 luglio 2015, in attuazione della direttiva 2012/34/UE (c.d. "Recast") che ha istituito lo spazio ferroviario unico europeo, provvedendo alla rifusione delle precedenti direttive CE in materia ferroviaria. A seguito dell'emanazione di tale decreto sono state abrogate e sostituite integralmente le disposizioni contenute nel previgente decreto legislativo n. 188 del 2003, che aveva dato attuazione alle direttive del c.d. primo pacchetto ferroviario, n. 12, n. 13 e n. 14 del 2001, che aveva avviato l'apertura del mercato ferroviario alla concorrenza.

Secondo gli esiti della seduta del 10 agosto 2016, il CIPE ha espresso parere favorevole all’aggiornamento 2016 del Contratto di Programma RFI (Rete ferroviaria italiana) - Parte investimenti, il quale include rispetto al 2015, nuove risorse nette per un totale di 8.935 milioni di euro, di cui 4,25 miliardi per la rete convenzionale/alta capacità, 2,7 miliardi per i valichi e l’alta velocità e un miliardo per la sicurezza e l’efficientamento della rete ferroviaria. Ha quindi espresso parere favorevole sulla Parte servizi (relativa alla manutenzione ordinaria e straordinaria, sicurezza e collegamenti via mare) del Contratto di Programma RFI 2016-2021. Si osserva peraltro che gli esiti della riunione del CIPE richiamano testualmente il "Contratto di Programma RFI (Rete ferroviaria italiana)2016-2021, parte servizi", indicando un arco temporale (2016-2021) differente rispetto a quello indicato dal comma 2 dell'articolo 10 (e cioè 2016-2020) in riferimento al contratto RFI "in corso di perfezionamento".

Il Contratto 2012-2016 - parte Investimenti è stato siglato tra MIT e RFI in data 8 agosto 2014. L'art. 3, comma 2 del Contratto prevede che a decorrere dall'anno successivo alla sottoscrizione, su richiesta di ciascuna Parte ed a seguito di interventi legislativi che abbiano un impatto modificativo e/o integrativo sui contenuti sostanziali del Contratto, le Parti, d'intesa con il MEF, tengano conto opportunamente delle eventuali novità intervenute e provvedano alla stipula di uno specifico Atto di aggiornamento al Contratto. L'aggiornamento 2015 del Contratto di programma 2012-2016 - Parte investimenti è stato approvato con Delibera CIPE n. 112 del 23 dicembre 2015. Sullo schema di aggiornamento 2015 (A.G. n. 299) hanno espresso parere le competenti commissioni parlamentari (8ª Commissione del Senato in data 21 giugno 2016; IX Commissione della Camera in stessa data 21 giugno 2016). Sui contenuti dell'aggiornamento 2015 si veda il relativo dossier.

Si ricorda, inoltre, che con l'atto di concessione sessantennale di cui al decreto ministeriale 31 ottobre 2000 n. 138-T, la gestione dell'infrastruttura ferroviaria è stata affidata a Ferrovie dello Stato Spa, alla quale è subentrata, a decorrere dal 2001, la controllata Rete Ferroviaria Italiana Spa. La Delibera n. 96 del 13 novembre 2015, l'Autorità di Regolazione dei Trasporti ha reso operativi i principi della direttiva Recast, definendo i criteri per la determinazione, da parte del Gestore RFI, dei canoni di accesso e di utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria, per un periodo regolatorio di cinque anni. La delibera, in particolare, assicura al Gestore della rete (RFI), piena indipendenza gestionale dalle imprese ferroviarie e dallo Stato concedente, alle Imprese ferroviarie la certezza che i corrispettivi siano orientati all'efficienza, anche attraverso nuove regole sull'allocazione dei costi e la separazione contabile (vengono rafforzati gli obblighi di separazione contabile) ed al Gestore della rete (RFI) la flessibilità tariffaria, mediante strumenti di modulazione, per stimolare la crescita del traffico, specie nelle tratte meno utilizzate.

Per ulteriori approfondimenti si veda il tema "Il Trasporto ferroviario" sul sito della Camera dei deputati.


 

Articolo 11
(Misure urgenti per il trasporto regionale)

 

 

L’articolo 11 attribuisce un contributo straordinario, nel limite di 600 milioni di euro per l'anno 2016, alla Regione Campania per far fronte ai propri debiti nei confronti della società di trasporto regionale ferroviario Ente Autonomo Volturno - EAV s.r.l. La società EAV è inoltre chiamata a definire un piano di accordo generale per la definizione delle partite debitorie. E’ inoltre assegnato un contributo straordinario di 90 milioni per il 2016 alla Regione Molise a copertura dei debiti del servizio di trasporto pubblico regionale nei confronti di Trenitalia S.p.A. Sono infine dettate le disposizioni per la copertura degli oneri di cui al presente articolo.

 

Più in dettaglio, il contributo di cui al comma 1 dell’articolo 11, nel limite di 600 milioni di euro per l'anno 2016, è trasferito alla Regione Campania, su sua richiesta, entro il 31 dicembre 2016, per poi essere immediatamente versato alla società di gestione Ente Autonomo Volturno - EAV s.r.l. su conto vincolato, entro lo stesso termine. Le finalità del contributo sono enunciate dal comma 2.Vi si prevede che le misure necessarie al raggiungimento dell'equilibrio economico della società EAV, già approvate dalla delibera della Giunta regionale della Campania n, 143 del 5 aprile 2016, sono svolte in regime di ordinarietà da EAV, sotto la vigilanza della stessa Regione, alla data di scadenza del Commissario ad acta di cui all'articolo 16, comma 5, del D.L. n. 83 del 2012.

 

L’art. 16, comma 5, del decreto-legge n. 83 del 2012 ha disposto che il Commissario ad acta nominato ai sensi dell'articolo 14, comma 22, del decreto-legge n. 78 del 2010 effettui una ricognizione della consistenza dei debiti e dei crediti delle società esercenti il trasporto regionale ferroviario e che, sulla base delle risultanze dello stato dei debiti e dei crediti, elabori un piano di rientro dal disavanzo accertato e un piano dei pagamenti, alimentato dalle risorse regionali disponibili in bilancio e dalle entrate conseguenti all'applicazione di ulteriori disposizioni del medesimo articolo 16, comma 9. Il piano dovrà individuare gli interventi necessari al perseguimento delle finalità sopra indicate e all'equilibrio economico delle suddette società, nonché le necessarie azioni di riorganizzazione, riqualificazione o potenziamento del sistema di mobilità regionale su ferro. Successivamente, l’Accordo tra Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Ministero dell’Economia e delle Finanze - Presidente della Regione Campania è stato siglato per l'approvazione dei piani di cui all'articolo 16, comma 5, sopra richiamato. CIon la Delibera n. 143 del 5 aprile 2016 (pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania numero 26 del 26 aprile 2016) la Giunta Regionale della Campania ha approvato lo schema di Atto aggiuntivo previsto dall'articolo 2 dell'Accordo citato e il documento "Trasporto pubblico locale su rete ferroviaria regionale"; ha preso atto, altresì, delle note del Presidente del C.A. di EAV s.r.l. sull'andamento dei servizi resi e sulle criticità finanziarie. In particolare l'Atto aggiuntivo approvato con la delibera prevede azioni di efficientamento aziendali (art. 4) e per l'incremento dei ricavi derivanti dalle tariffe applicate al servizio (art. 5). In subordine a tali azioni, la Regione si impegna ad integrare eventualmente il corrispettivo a proprio carico.

 

Si ricorda, infine, che l'articolo 14 del decreto-legge n. 78 del 2010, dispone che il Presidente della Regione Campania, nella qualità di Commissario ad acta, predispone un piano di stabilizzazione finanziaria. Il piano è sottoposto all'approvazione del Ministero dell'economia e delle finanze, che, d'intesa con la regione interessata, nomina uno o più commissari ad acta di qualificate e comprovate professionalità ed esperienza per l'adozione e l'attuazione degli atti indicati nel piano. Con decreto del 9 novembre 2012 il Ministro dell’Economia e delle Finanze ha nominato il dott. Pietro Voci Commissario ad acta con la funzione di provvedere all’attuazione delle misure relative alla razionalizzazione ed al riordino delle società partecipate regionali, misure previste dal piano di stabilizzazione finanziaria, ai sensi del già citato art. 16, comma 5, del decreto legge n. 83 del 2013.

 

Ai sensi del medesimo comma 2 in esame, la società EAV è inoltre chiamata a definire un piano di accordo generale per la definizione delle partite debitorie. La piena esecuzione del piano di accordo generale non dovrà superare il termine di tre anni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame. In particolare, il piano prevede il pagamento delle somme dovute ai creditori nonché la rinuncia, in tutto o in parte, delle spese legali, degli interessi ed altri accessori, ad una quota parte della sorte capitale. L'adesione al piano comporta la sospensione delle esecuzioni e comunque la rinuncia all'inizio o alla prosecuzione delle azioni esecutiva.

Si stabilisce, infine, che, fino alla conclusione del piano di risanamento, continua ad applicarsi quanto previsto dall'articolo 16, comma 7, del decreto-legge n. 83 del 2012.

Il comma 7 qui richiamato dispone che, per un periodo di 12 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge non possano essere intraprese o proseguite azioni esecutive, anche concorsuali, nei confronti delle società a partecipazione regionale esercenti il trasporto ferroviario regionale ed i pignoramenti eventualmente eseguiti non vincolino gli enti debitori e i terzi pignorati, i quali possono disporre delle somme per le finalità istituzionali delle stesse società. Si prevede anche che i relativi debiti insoluti producano, sempre nel periodo di dodici mesi, esclusivamente gli interessi legali di cui all'articolo 1284 del codice civile, fatti salvi gli accordi tra le parti che prevedano tassi di interesse inferiori. La finalità del comma 7 è quella di assicurare lo svolgimento delle attività di cui al comma 5 del medesimo articolo 16 (cfr. sopra) e l'efficienza e continuità del servizio di trasporto, secondo le modalità stabilite dal medesimo articolo 16, al comma 6. L'articolo 1, comma 177, della legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228 del 2012) prevede poi che al fine di consentire il regolare svolgimento delle attività di competenza del Commissario ad acta, le disposizioni di cui all'articolo 16, comma 7, del decreto-legge n. 83, si applicano fino al 31 dicembre 2013. Successivamente, l'articolo 17, comma 5, del decreto-legge n. 16 del 2014 ha previsto il blocco, fino al 30 giugno 2014, delle azioni esecutive anche concorsuali, in relazione alla situazione del trasporto ferroviario regionale campano. In particolare il blocco vale anche nei confronti delle società a partecipazione regionale esercenti il trasporto ferroviario regionale, già considerate dall’articolo 16, comma 7.

 

Il comma 3 dispone l'attribuzione al Molise di un contributo straordinario di 90 milioni per il 2016 a copertura dei debiti del servizio di trasporto pubblico regionale dovuti dalla regione a Trenitalia S.p.A.

 

Il comma 4 dispone che agli oneri derivanti dalle disposizioni di cui al presente articolo, pari a complessivi 960 milioni per il 2016, si provvede mediante corrispondente utilizzo del Fondo sviluppo e coesione - programmazione 2014-2020.

 

Il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) è stato istituito dal D.Lgs. n. 88 del 2011 che ha così ridenominato il Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS). Nel Fondo sono iscritte le risorse finanziarie aggiuntive nazionali, destinate a finalità di riequilibrio economico e sociale, nonché a incentivi e investimenti pubblici. Nel bilancio di previsione per il triennio 2016-2018 (legge n. 209/2015 e relativo D.M. Economia di ripartizione delle dotazioni dei singoli programmi di spesa in capitoli), a seguito delle disposizioni da ultimo recate dalla legge di stabilità per il 2016, il capitolo 8000 dello stato di previsione del Ministero dell'economia - su cui sono iscritte le risorse del FSC - presenta una dotazione complessiva pari a 2.833 milioni di euro per il 2016, 3.018 milioni per il 2017 e di 3.118 milioni per il 2018, di cui la gran parte destinate agli interventi rientranti nel nuovo ciclo di programmazione 2014-2020. Per ulteriori approfondimenti sul Fondo si veda il tema Le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per la programmazione 2014-2020

 


 

Articolo 12
(Misure urgenti a favore dei Comuni
in materia di accoglienza)

 

 

L'articolo 12 dispone misure finanziarie a favore dei Comuni coinvolti in materia di accoglienza di stranieri.

In particolare, il comma 1 incrementa di 600 milioni di euro per l'anno 2016 le spese inerenti l'attivazione, la locazione, la gestione dei centri di trattenimento e di accoglienza per stranieri.

Il comma 2 prevede il concorso dello Stato agli oneri che sostengono i Comuni che accolgono le persone richiedenti la protezione internazionale. A tali fine è autorizzata la spesa di 100 milioni di euro per l'anno 2016, istituendo nello stato di previsione del Ministero dell'interno un Fondo iscritto nella missione "Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti", programma "Flussi migratori, interventi per lo sviluppo della coesione sociale, garanzia dei diritti, rapporti con le confessioni religiose".

Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro 20 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definite le modalità di riparto, tra i Comuni interessati, delle risorse del citato fondo, nel limite massimo di 500 euro per richiedente protezione ospitato e comunque nei limiti della disponibilità del fondo medesimo.

 

Il decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, ha ridefinito il sistema dei centri di accoglienza in Italia. In particolare, l’articolo 8 delinea un sistema di accoglienza – basato sulla leale collaborazione tra i livelli di governo interessati – articolato in due fasi:

§  «prima accoglienza» assicurata nelle strutture di cui agli articoli 9 e 11 (strutture temporanee), nonché di quelle allestite in occasione della « emergenza Puglia » nel 1995;

§  «seconda accoglienza» disposta nelle strutture di cui all’articolo 14 (SPRAR) ovvero, in caso di insufficienza, ancora una volta ricorrendo in via residuale alle strutture temporanee.

Il modello legislativo prefigura strutture dislocate tendenzialmente a livello regionale o interregionale in modo da realizzare un sistema capillare di centri di accoglienza per richiedenti asilo. In esse dovrebbero confluire i cittadini di Paesi terzi – già registrati e sottoposti alle procedure di foto-segnalamento – per consentire loro di compilare il cd. »modello C3« (formalizzazione della domanda di protezione internazionale) e quindi passare alle strutture di seconda accoglienza.

Ai sensi dell'articolo 9  i centri possono essere gestiti da enti locali, anche associati, unioni o consorzi di comuni, enti pubblici o enti privati che operano nel settore dell’assistenza dei richiedenti asilo o agli immigrati o nel settore dell’assistenza sociale.

Il sistema di accoglienza italiano a lungo termine, vale a dire la seconda fase dell’accoglienza, è basato principalmente sul modello SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati).

Il sistema vede un ruolo centrale svolto dal Ministero dell’Interno – che dirama periodicamente il bando – ma anche un ruolo delle autorità locali, che vi partecipano presentando progetti secondo criteri stabiliti da un decreto del medesimo Ministero. In altre parole, la rete SPRAR si fonda su domande di contributo da parte degli enti locali per la realizzazione dei progetti di accoglienza.

La capacità di accoglienza SPRAR è stata progressivamente incrementata nel tempo, passando dai 3.000 posti nel 2012, ai 9.400 nel 2013, ai 19.600 nel 2014, fino ai 22.000 nel 2015. Il bando SPRAR del 7 agosto 2015, con scadenza il 14 gennaio 2015 – prorogata al 14 febbraio 2016 – dispone altresì l’ampliamento della disponibilità di ulteriori 10.000 posti[3].

I progetti SPRAR sono finanziati principalmente attraverso il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, istituito dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, che ha modificato il decreto legge n. 416 del 1989 e nel quale confluiscono sia risorse nazionali, provenienti dallo stato di previsione del Ministero dell’Interno, sia assegnazioni annuali del Fondo europeo per i rifugiati. Si prevede che i progetti di accoglienza vengano finanziati coprendo i costi complessivi dei vari servizi forniti dai territori anche in deroga al limite dell’80%. Tuttavia, per l’attuazione di ulteriori posti, tali fondi sono integrati con risorse del Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione (FAMI).

Ulteriore modalità di accoglienza è prevista nel caso di arrivi consistenti e ravvicinati di stranieri che giungono in Italia e che non possono essere assorbiti esclusivamente dal sistema di prima o seconda accoglienza. Molti richiedenti asilo sono stati quindi sistemati in appartamenti o in altre strutture disponibili (denominate Centri di Accoglienza Straordinaria – CAS). Al 31 dicembre 2015, il sistema composto dalle strutture CAS è quello che assorbe la maggior parte dei migranti (82.010 su un totale di 111.689 presenze nei centri sul suolo italiano)[4].

Oltre a queste strutture, sul territorio nazionale sono presenti diversi circuiti di «carattere misto» (centri istituiti ai sensi degli Accordi tra il Ministero dell’Interno e le aree metropolitane di Roma, Milano, Torino e Firenze,  circuiti di accoglienza istituiti dagli enti locali).

 

Articolo 13,comma 1
(Rifinanziamento Fondo PMI)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 13 dispone l’incremento della dotazione del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, nella misura di 895 milioni di euro per l’anno 2016.

Il comma prevede, inoltre, che ulteriori 100 milioni di euro potranno essere individuati a valere sugli stanziamenti del programma operativo nazionaleImprese e competitività 2014-2010”, a titolarità del Ministero dello Sviluppo economico.

 

L’art. 2, co. 100, lett. a) della legge finanziaria per il 1997 (legge n. 662 del  1996), recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica, ha istituito un fondo di garanzia costituito presso il Mediocredito Centrale Spa, allo scopo di garantire una parziale assicurazione ai crediti concessi dagli istituti di credito a favore delle piccole e medie imprese[5]. Con l’intervento del fondo, l’impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la concreta possibilità di ottenere finanziamenti senza garanzie aggiuntive (e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative) sugli importi garantiti dal Fondo stesso.

Dal punto di vista operativo, il Fondo rilascia garanzie alle banche (garanzia diretta) e a consorzi di garanzia collettiva fidi - Confidi (controgaranzia) o altro fondo di garanzia allo scopo di agevolare l’accesso al credito delle PMI.

L’articolo 15 della legge n. 266/1997 ha disciplinato - contestualmente ad una razionalizzazione dei fondi pubblici di garanzia al tempo esistenti le cui risorse sono confluite in quelle originarie del Fondo di garanzia PMI - le modalità operative di quest’ultimo Fondo, disponendo che la relativa garanzia possa essere concessa: alle banche; agli intermediari finanziari di cui all'articolo 107 del TUB; alle società finanziarie per l'innovazione e lo sviluppo iscritte all'apposito albo; a fronte di finanziamenti a PMI, compresa la locazione finanziaria, e di partecipazioni, temporanee e di minoranza, al capitale delle piccole e medie imprese. La garanzia del fondo è estesa a quella prestata dai fondi di garanzia gestiti dai consorzi di garanzia collettiva fidi (Confidi) e dagli intermediari finanziari iscritti nell'elenco generale di cui all'articolo 106 del TUB[6].

L'articolo 39[7] del D.L. n. 201/2011 ha operato una sostanziale riforma dello strumento, disponendo che con D.M. non regolamentare venisse fissata: la misura della copertura degli interventi di garanzia e controgaranzia, nonché la misura della copertura massima delle perdite in relazione alle tipologie di operazioni finanziarie, categorie di imprese beneficiarie finali, settori economici di appartenenza e aree geografiche (comma 1); per ogni operazione finanziaria ammessa all'intervento del Fondo, la misura dell'accantonamento minimo, a titolo di coefficiente di rischio (comma 2). Inoltre, è stato elevato l'importo massimo garantito per singola impresa dal Fondo a 2,5 milioni di euro per le tipologie di operazioni finanziarie, le categorie di imprese beneficiarie finali, le aree geografiche e i settori economici di appartenenza individuati con D.M. non regolamentare, disponendo che una quota non inferiore al 50 per cento delle disponibilità finanziarie del Fondo sia riservata ad interventi non superiori a cinquecentomila euro d'importo massimo garantito per singola impresa[8].

Inoltre, è stata consentita la possibilità con D.M. non regolamentare di modificare la misura delle commissioni per l'accesso alla garanzia dovute dai soggetti richiedenti, a pena di decadenza, in relazione alle diverse tipologie di intervento del Fondo (comma 5).

Il comma 7-bis dell’articolo 39 riserva una quota delle disponibilità finanziarie del Fondo di garanzia ad interventi di garanzia in favore del microcredito di cui all’articolo 111 del TUB, da destinare alla micro imprenditorialità.

Si ricorda, inoltre, che la legge di stabilità 2016 (legge n. 208/2015) ha disposto una riserva di almeno il 20 per cento delle risorse disponibili del Fondo alle imprese e agli investimenti localizzati nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna.

Nella Nota di aggiornamento al DEF 2016, il Governo informa di una complessiva riforma delle modalità operative del Fondo in questione, in base alle quali, seguendo un modello di rating, le imprese verranno divise in 5 classi di merito, graduando le coperture in funzione della probabilità di inadempimento. Inoltre, le garanzie verranno focalizzate principalmente sui finanziamenti connessi a investimenti. Verrà dunque abbandonato - come peraltro preannunciato dalla Corte dei Conti nel giudizio di parificazione sul rendiconto per il 2015[9] - il pregresso modello di credit scoring.

Le risorse del Fondo di garanzia per le PMI sono iscritte al bilancio dello Stato (capitolo 7342/pg.20/MISE) per essere successivamente riassegnate alla contabilità speciale (conto corrente di Tesoreria n. 223034) intestata al gestore del Fondo (Mediocredito Centrale Spa).

Secondo le previsioni assestate 2016, le risorse iscritte sul capitolo 7342/pg20/MISE ammontano a 718,3 milioni di euro per l'anno 2016 e 3 milioni per ciascun anno del triennio 2017 e 2018.

 

Il Programma Operativo Nazionale (PON) Imprese e Competitività 2014-2020, approvato dalla Commissione europea il 23 giugno 2015 e successivamente modificato il 24 novembre 2015, intende sostenere un processo di riposizionamento competitivo del sistema produttivo del Mezzogiorno, nell’ottica di una politica industriale sul riequilibrio territoriale e sulla convergenza Mezzogiorno-Centro-Nord[10].  Il PON Imprese e Competitività 2014-2020 intende accrescere gli investimenti nei settori chiave nelle regioni meno sviluppate (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia) e in quelle in transizione (Abruzzo, Molise, Sardegna).

Il Programma articola gli interventi su 4 obiettivi tematici, in linea con quelli indicati, ai sensi dell’articolo 9 del Regolamento UE n. 1303/2013[11], nell’Accordo di partenariato dell’Italia per il periodo 2014-2020:

§  OT 1 (rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l'innovazione);

§  OT 2 (migliorare l’accesso e l’utilizzo del ICT, nonché l'impiego e la qualità delle medesime);

§  OT 3 (promuovere la competitività delle piccole e medie imprese);

§  OT 4 (sostenere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori).

Con riferimento, più in dettaglio, alla dotazione finanziaria del PON Imprese e Competitività, si segnala che il PON, presenta un budget complessivo pari a 2.316,5 milioni di euro, di cui 1.676 milioni provenienti dal FESR e 640,5 milioni di cofinanziamento nazionale[12].

Si segnala che l’azione 3.6.1 del Programma (Potenziamento del sistema delle garanzie pubbliche per l’espansione del credito in sinergia tra sistema nazionale e sistemi regionali di garanzia, favorendo forme di razionalizzazione che valorizzino anche il ruolo dei confidi più efficienti ed efficaci), nell’ambito della relativa priorità di investimento, prevede facilitazioni nell’accesso al credito attraverso un’integrazione di risorse a favore del Fondo centrale di garanzia per le PMI, in continuità con quanto già avvenuto nell’ambito della precedente programmazione (PON Ricerca e competitività 2007-2013).

Il meccanismo di attuazione di tale intervento consiste nella costituzione - con le risorse del Programma, nell’ambito del Fondo centrale di garanzia - di una sezione speciale o riserva, destinata ad operare, in aggiunta alle risorse ordinarie, nei territori obiettivo del PON[13].

Si evidenzia, in via generale, che il Fondo di garanzia per le PMI rientra tra gli strumenti finanziari, che il citato Regolamento UE n. 1303/2013 definisce come “sempre più importanti dato il loro effetto moltiplicatore sui fondi strutturali e di investimento europei - fondi SIE”.

 


 

Articolo 13, commi 2-4
(Misure per la Promozione e lo sviluppo dell’agroalimentare)

 

 

I commi 2-4 dell’articolo 13 intervengono in materia di accesso al credito delle imprese agricole, prevedendo (comma 2) che le garanzie a prima richiesta concesse da Ismea potranno essere fornite a titolo gratuito, nel limite di ciascun intervento pari a 15.000 euro, soglia entro la quale può essere configurato un aiuto de minimis nel settore agricolo. A tal fine è autorizzata la spesa di 30 milioni per l’anno 2016. Il comma 3 prevede che Ismea possa operare finanziariamente anche a favore delle imprese di produzione dei prodotti agricoli, della pesca e dell’acquacoltura; al momento l’ambito di intervento è limitato alle sole imprese di trasformazione e commercializzazione degli stessi prodotti agricoli, della pesca e dell’acquacoltura. Il comma 4, infine, consente ad Ismea di utilizzare le risorse residue derivanti dall’attuazione del regime di aiuti per facilitare l'accesso al mercato dei capitali da parte delle imprese agricole e agroalimentari per l’attuazione degli interventi finanziari richiamati dal comma 3.

 

Più in particolare, il comma 2 autorizza la spesa di 30 milioni di euro per il 2016 a favore dell’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (ISMEA) per la concessione delle garanzie previste dall’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n.102

 

Si rileva, al riguardo, che la novità introdotta dal comma 2, seppur di portata temporale limitata, potrebbe appositamente essere formulata come novella al comma 2 dell’articolo 17 del decreto sopra richiamato.

 

 

Si ricorda in proposito che con il D.Lgs. n. 419/1999 si è provveduto all’istituzione di ISMEA - Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, ente pubblico economico creato dall'accorpamento dell'Istituto per Studi, Ricerche e Informazioni sul Mercato Agricolo (già ISMEA) e della Cassa per la Formazione della Proprietà Contadina.

ISMEA, ai sensi dell’articolo 2 del D.P.R. n. 287/2000 :

a)  svolge, sulla base degli indirizzi del MIPAAF e di specifiche convenzioni, funzioni riguardanti la rilevazione, l’elaborazione e la diffusione dei dati e delle informazioni che riguardano i mercati agricoli, forestali, ittici e alimentari, tali attività sono finalizzate al monitoraggio dei prezzi in tutta la filiera;

b) svolge i compiti di organismo fondiario, in particolare, attraverso l’acquisto di aziende e la contestuale rivendita con patto di riservato dominio l’Istituto incentiva l’insediamento di giovani nella conduzione di imprese agricole;

c) costituisce forme di garanzia creditizia e finanziaria per strumenti e/o servizi informativi, assicurativi e finanziari alle imprese agricole, volte a ridurre i rischi inerenti alle attività produttive e di mercato, a favorire il ricambio generazionale in agricoltura e a contribuire alla trasparenza e alla mobilità del mercato fondiario rurale sulla base di programmi con le regioni e ai sensi della normativa europea.

In particolare, per quanto attiene all’attività creditizia e finanziaria, l’articolo 1, comma 45 della legge n. 350/2003 ha autorizzato ISMEA ad effettuare - anche attraverso la costituzione di forme associative e consortili con banche ed altri soggetti autorizzati all'esercizio del credito agrario- le seguenti operazioni:

§  prestare garanzie finanziare per l'emissione di obbligazioni da parte di PMI operanti nel settore agricolo agroalimentare. Tale attività è stata specificata nella legge di stabilità 2015, che all’articolo 1, comma 209 che consente ad ISMEA di concedere garanzie sui debiti contratti dalle imprese agricole, agroalimentari e della pesca mediante emissioni di titoli di debito (cd. mini bond);

§  acquistare crediti bancari (a breve, a medio e a lungo termine), sempre in favore di piccole e medie imprese operanti nel settore agricolo e agroalimentare e provvedere alla loro successiva cartolarizzazione;

§  anticipare crediti vantati dagli imprenditori agricoli nei confronti dell’Agea o degli altri organismi pagatori regionali, individuati in base alla disciplina europea sulla liquidazione annuale dei conti finanziari relativi alla gestione della PAC. La legge di stabilità 2015, articolo 1, comma 208 consente, in particolare, l'erogazione di anticipazioni finanziare agli agricoltori da parte di ISMEA, a fronte della cessione da parte degli agricoltori stessi al medesimo Istituto, di crediti certificati inerenti gli aiuti PAC (si tratta dei pagamenti diretti).

I servizi finanziari sono in particolare relativi alle garanzie sussidiarie e garanzie dirette. Con l’articolo 17 del D.Lgs. n. 102/2004 l’Istituto ha assunto la gestione della sezione speciale dell’ex Fondo Interbancario di garanzia, nonché l’autorizzazione a concedere:

§  la propria garanzia a fronte di finanziamenti a breve, a medio ed a lungo termine concessi da banche, intermediari finanziari, nonché dagli altri soggetti autorizzati al credito agrario e destinati alle imprese operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca. La garanzia può essere concessa anche a fronte di transazioni commerciali effettuate per le medesime destinazioni (comma 2) e a fronte di titoli di debito emessi dalle imprese operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca, acquistati da organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) le cui quote o azioni siano collocate esclusivamente presso investitori qualificati che non siano, direttamente o indirettamente, soci della società emittente (comma 2-bis).

§  la propria garanzia diretta a banche e agli intermediari finanziari, a fronte di prestiti partecipativi e partecipazioni nel capitale delle imprese, assunte da banche, da intermediari finanziari, nonché da fondi chiusi di investimento mobiliari (comma 3). ISMEA potrà intervenire anche mediante rilascio di controgaranzia e cogaranzia in collaborazione con confidi, altri fondi di garanzia pubblici e privati, anche a carattere regionale nonché mediante finanziamenti erogati, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, a valere sul Fondo credito di cui alla decisione della Commissione Europea C(2011) 2929/2011 e ss. mod. (comma 4).

 

 

L’autorizzazione di spesa è finalizzata a far sì che la concessione di tali garanzie possa avvenire a titolo gratuito, senza alcun onere a carico dell’impresa richiedente. L’importo massimo di costo non deve comunque superare 15.000 euro, limite di intervento previsto perché l’intervento possa essere configurato come aiuto de minimis in agricoltura.

 

Gli aiuti cd. de minimis nel settore agricolo sono regolati dal Reg. (UE) 18 dicembre 2013, n. 1408/2013.

Si tratta di quegli aiuti di importo complessivo non superiore a 15.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari che per la loro esiguità e nel rispetto di date condizioni soggettive ed oggettive non devono essere notificati alla Commissione, in quanto non ritenuti tali da incidere sugli scambi tra gli Stati membri e dunque non suscettibili di provocare un’alterazione dalla concorrenza tra gli operatori economici. Tale importo è di gran lunga inferiore a quello fissato (200.000 euro) nel regolamento UE n. 1407/2013, sugli aiuti de minimis (nel periodo di programmazione 2014-2020) alla generalità delle imprese esercenti attività diverse da:

a)    pesca e acquacoltura;

b)   produzione primaria dei prodotti agricoli;

c)    trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli nei casi seguenti:

i) qualora l'importo dell'aiuto sia fissato in base al prezzo o al quantitativo di tali prodotti acquistati da produttori primari o immessi sul mercato dalle imprese interessate;

ii) qualora l'aiuto sia subordinato al fatto di venire parzialmente o interamente trasferito a produttori primari;

d)   aiuti per attività connesse all'esportazione verso paesi terzi o Stati membri, ossia aiuti direttamente collegati ai quantitativi esportati, alla costituzione e gestione di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse con l'attività d'esportazione;

e)    aiuti subordinati all'impiego di prodotti nazionali rispetto a quelli d'importazione.

 

Il comma 3 modifica il comma 132 dell’articolo 2 della legge n.662/1996 (sostituito da ultimo dall’20, comma 1, L. 28 luglio 2016, n. 154, c.d. collegato agricolo) prevedendo che Ismea possa intervenire finanziariamente, sia a condizioni agevolate che a condizioni di mercato, anche in società e cooperative economicamente e finanziariamente sane che operano nel campo della produzione (attualmente l’intervento è limitato alle imprese che operano nel campo della trasformazione e commercializzazione) dei prodotti agricoli, della pesca e dell’acquacoltura nonché dei beni prodotti nell’ambito delle attività agricole individuate dall’art. 32, co.2, lett. c) del Testo unico delle imposte sui redditi (rectius: le attività di cui al terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, con riferimento ai beni individuati, ogni due anni con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali).

 

Il comma 132 prosegue stabilendo che ISMEA effettua interventi finanziari, a condizioni agevolate o a condizioni di mercato, in società il cui capitale sia posseduto almeno al 51 per cento da imprenditori agricoli, cooperative agricole a mutualità prevalente e loro consorzi o da organizzazioni di produttori riconosciute ai sensi della normativa vigente, o in cooperative i cui soci siano in maggioranza imprenditori agricoli, economicamente e finanziariamente sane, che operano nella distribuzione e nella logistica, anche su piattaforma informatica, dei prodotti agricoli, della pesca e dell'acquacoltura, compresi nell'Allegato I del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Nel caso di interventi a condizioni di mercato, l'ISMEA opera esclusivamente come socio di minoranza sottoscrivendo aumenti di capitale ovvero prestiti obbligazionari o strumenti finanziari partecipativi. Nell'ambito delle operazioni di acquisizione delle partecipazioni, l'ISMEA stipula accordi con i quali gli altri soci, o eventualmente terzi, si impegnano a riscattare al valore di mercato, nel termine stabilito dal relativo piano specifico di intervento, le partecipazioni acquisite. Nel caso di interventi a condizioni agevolate, l'ISMEA interviene tramite l'erogazione di mutui di durata massima di quindici anni. L'intervento a condizioni agevolate da parte dell'ISMEA è subordinato alla preventiva approvazione di apposito regime di aiuti da parte della Commissione europea

 

Il comma 4 aggiunge un comma 1-bis all’articolo 20 della legge n. 154/2016 (c.d. collegato agricolo) prevedendo che per gli interventi previsti dal comma 1 (trattasi degli interventi contenuti nel comma 132 dell’articolo 2 della legge n. 662/1996) ISMEA può utilizzare le risorse che residuano dal regime di aiuti previsti dall’art. 66, comma 3, della legge n. 289/2002.

 

La norma in esame ha previsto che per facilitare l'accesso al mercato dei capitali da parte delle imprese agricole e agroalimentari, con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, potesse venire istituito un regime di aiuti conformemente a quanto disposto dagli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato in agricoltura.

Il decreto ministeriale 22 giugno 2004, n. 182 ha dato attuazione al disposto normativo in esame prevedendo che ISMEA possa istituire un apposito Fondo denominato «Fondo di investimento nel capitale di rischio»; successivamente è intervenuto il decreto ministeriale 11 marzo 2011, n.206, che ha confermato l’operatività del «Fondo di investimento nel capitale di rischio», finalizzato a supportare i programmi di investimento di piccole e medie imprese operanti nei settore agricolo, agroalimentare e nel settore della pesca e dell'acquacoltura, con l'obiettivo di promuoverne la nascita e lo sviluppo di nuove imprese e di favorire la creazione di nuova occupazione, attraverso operazioni finanziarie finalizzate all'espansione dei mercati di capitale di rischio. Il Fondo effettua operazioni finanziarie in imprese che presentano un quadro finanziario sano, un business plan con potenzialità di crescita, adeguati profili di rischio/rendimento, management e personale impegnato con provata esperienza e capacità operative. Il Fondo non può effettuare operazioni finanziarie finalizzate al consolidamento di passività onerose, nonché quelle a favore di imprese in difficoltà finanziaria come definite dalla Commissione europea (Comunicazione 2004/C 244/02).

Si ricorda che, originariamente, in base al comma 3 dell’art. 66 della legge n. 289 del 2002, per le finalità ivi previste, erano stati stanziati 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005, e che l’articolo 1, comma 86 della legge n. 311 del 2004 ha incrementato la dotazione del suddetto Fondo di investimento nel capitale di rischio (che è un fondo rotativo) di 50 milioni di euro per l’anno 2005.

Successivamente, l’art. 1, comma 914 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016), ha disposto che ISMEA versasse, per l’anno 2016, all’entrata del bilancio dello Stato, 45 milioni di euro a valere sulle suddette risorse.

 

Si rileva, al riguardo, che il riferimento all’articolo 20 della legge n. 154/2016 (c.d. collegato agricolo)non appare corretto limitandosi tale disposizione a modificare il comma 132 dell’articolo 2 della legge n. 662 del 1996 al quale andrebbe correttamente rapportata la modifica introdotta.

 


 

Articolo 14
(Potenziamento di
tax credit per il cinema e l’audiovisivo)

 

 

L’articolo 14 incrementa di 30 milioni per l’anno 2016 l’importo, attualmente pari a 140 milioni di euro, stabilito come limite massimo di spesa per il credito di imposta a favore delle imprese di produzione, distribuzione ed esercizio cinematografico previsto dalla legge finanziaria per il 2008.

 

Si ricorda che i meccanismi di incentivazione fiscale a favore degli investimenti nel settore cinematografico sono stati introdotti inizialmente dalla legge finanziaria 2008 (L. 244/2007, co. 325-343) per tre anni. Tali agevolazioni (co. da 325 a 328 e da 330 a 337) sono state successivamente prorogate e rese quindi permanenti ad opera dell’art. 8 del D.L. 91/2013 (L. 112/2013), che le ha anche estese ai produttori indipendenti di opere audiovisive. La legge di stabilità 2016 (L. 208/2015, art. 1, 331-334) ha poi apportato numerose modifiche alla disciplina di tali crediti d’imposta, con particolare riferimento alla modulabilità delle relative aliquote.

Per tali interventi, l’articolo 8 del decreto-legge n. 91 del 2013 - come modificato, da ultimo, proprio dalla legge di stabilità 2016 - ha autorizzato un limite massimo di spesa di 110 milioni di euro per l'anno 2014, di 115 milioni di euro per l’anno 2015 (poi elevati a 140 milioni di euro dall'art. 16 del D.L. 185/2015 -L. 9/2016) e di 140 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2016.

 

Si segnala che il disegno di legge A.C. 4080, presentato dal Governo e collegato alla manovra di bilancio 2015-2017, già esaminato dal Senato, è ora all’esame della VII Commissione della Camera. L’intervento normativo è finalizzato, da un lato, a definire i principi fondamentali dell’intervento pubblico a sostegno del cinema e dell’audiovisivo, in quanto attività di rilevante interesse generale, dall’altro a disciplinarne le modalità. In particolare, con gli articoli da 15 a 21 si intende ridisegnare, riconducendola ad unità sistematica, la disciplina del tax credit.

In particolare, gli artt. da 13 a 19 ridisegnano la disciplina del cd. tax credit, di cui possono beneficiare le imprese di produzione, distribuzione, post-produzione, esercizio cinematografico, le industrie tecniche, le imprese italiane che lavorano per produzioni straniere, le imprese esterne al settore che investono nel cinema italiano. In linea generale, le aliquote sono rese modulabili e, in alcuni casi, ne viene elevato l'ammontare. In particolare, il tax credit aumenta fino al 40% per i produttori indipendenti che distribuiscono il film in proprio e per le imprese esterne che investono in film che accedono ai contributi selettivi. Ulteriori agevolazioni fiscali e finanziarie sono previste dall'art. 20.


 

Articolo 15
(Disposizioni finanziarie)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 15 incrementa il Fondo per interventi strutturati di politica economica (F.I.S.P.E.), di:

 

Annualità

Milioni di euro

2017

4.260,0

2018

4.185,5

2019

3.270,0   

dal 2020

2.970,0   

 

Il Fispe è stato istituito dall'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, laddove, al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale, nello stato di previsione del MEF veniva istituito un apposito «Fondo per interventi strutturali di politica economica», iscritto al capitolo n. 3075 del relativo stato di previsione, inizialmente con dotazione per il solo esercizio 2005, che è stata poi più volte rifinanziata negli anni successivi.

Da ultimo, con la legge di stabilità per il 2016 (c. 638), la dotazione del fondo in questione, rispetto a quella già prevista dalla legislazione vigente, è stata ridotta di 5.201.000 di euro per il medesimo anno 2016, ed incrementata di:

§    39.604.000 di euro per l'anno 2017,

§    90.504.000 di euro per l'anno 2018,

§  177.294.000 di euro per l'anno 2019,

§  180.494.000 di euro per l'anno 2020,

§  177.594.000 di euro per l'anno 2021,

§  186.794.000 di euro per l'anno 2022,

§  197.294.000 di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024, 2025 e 2026,

§  245.894.000 di euro per l'anno 2027 e

§  226.084.000 di euro a decorrere dall'anno 2028.

 

Il comma 2 provvede alla copertura degli oneri derivanti dal precedente comma 1 (incremento del Fispe) e a quelli derivanti dagli articoli 4, comma 2; 9; 10; 12; 13; 14, il cui ammontare complessivo è pari a:

§  1.992,39 milioni di euro per l'anno 2016 (che aumentano a 2.002,1 milioni di euro ai fini della compensazione degli effetti in termini di fabbisogno ed indebitamento netto derivante dalla lett. a) del comma in esame);

§  4.260 milioni di euro per l'anno 2017;

§  4.830 milioni di euro per l'anno 2018,

§  3.270 milioni di euro per l'anno 2019 e

§  2.970 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020.

 

Si rammenta che le predette disposizioni si riferiscono a:

§  l'introduzione di un articolo 21-bis al decreto-legge n. 78/2010, in cui si stabiliscono nuove disposizioni in materia di comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche in materia di IVA (art.  4, c. 2);

§  il comma 21 del decreto-legge n. 78/2010, come modificato dall'art. 2, c. 6, dl n. 16 del 2012, ha stabilito che con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate vengono individuate modalità e termini, tali da limitare al massimo l'aggravio per i contribuenti, per la comunicazione telematica periodica dei dati delle operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto. La norma vigente prevede che l'obbligo di comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto per le quali è previsto l'obbligo di emissione della fattura, che è assolto con la trasmissione, per ciascun cliente e fornitore, dell'importo di tutte le operazioni attive e passive effettuate. Per le sole operazioni per le quali non è previsto l'obbligo di emissione della fattura la comunicazione telematica deve essere effettuata qualora le operazioni stesse siano di importo non inferiore ad euro 3.600, comprensivo dell'imposta sul valore aggiunto.

§  il finanziamento della partecipazione di personale militare alla missione di supporto sanitario in Liba e alla missione delle Nazioni Unite UNSMIL (art. 9);

Si tratta della missione di supporto sanitario in Libia denominata "Operazione Ippocrate "e alla missione delle Nazioni Unite denominata United Nations Support Mission in Libya (UNSMIL), di cui al decreto-legge n. 67 del 2016.

§  il finanziamento degli investimenti di Rete Ferroviaria Italiana (R.F.I.) S.p.A. (art. 10).

Il 10 agosto 2016 il CIPE ha espresso parere favorevole all’aggiornamento del Contratto di Programma RFI parte investimenti, e ha stanziato, in aggiunta rispetto al 2015, nuove risorse per un totale di 8.935 milioni di euro, di cui:

-          648 milioni di euro per la sicurezza

-          343 milioni di euro per tecnologie finalizzate alla circolazione e all’efficientamento della rete ferroviaria,

-          381 milioni per upgrading e sviluppo aree metropolitane e linee regionali,

-          255 milioni per upgrading e sviluppo corridoi viaggiatori,

-          355 milioni per upgrading e sviluppo corridoi merci,

-       1.019 milioni per altri investimenti di sviluppo a carattere regionale,

-       3.231 milioni per investimenti di sviluppo dei corridoi europei,

-       2.701 milioni per lotti costruttivi.

§  misure a favore dei Comuni per l'accoglienza degli immigrati (art. 12);

§  il rifinanziamento del Fondo per le PMI e misure per la Promozione e lo sviluppo dell'Agroalimentare (art. 13);

§  il potenziamento del tax credit per il cinema e l'audiovisivo (art. 14).

 

Per quanto riguarda specificamente le coperture il comma provvede attraverso:

 

a.    una riduzione per complessivi 417,83 milioni di euro per il 2016 delle dotazioni di competenza e di cassa relative alle missioni e ai programmi dì spesa degli stati di previsione dei Ministeri come indicate nell'elenco Allegato al presente decreto legge;

 

A tale proposito occorre segnalare che l'elenco Allegato, formulato per missioni e programmi, non consente di individuare nel dettaglio i capitoli di spesa incisi e quindi le singole autorizzazioni di spesa che vengono così ridotte essendo indicata solo la quota che è riconducibile a fattori predeterminati per legge.

 

b.    una riduzione di 1,6 miliardi di euro dell'autorizzazione di spesa relativa al Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (di cui art. 1, c. 200, legge n. 190 del 2014);

Il comma 200 della legge di stabilità per il 2015 ha istituto nello stato di previsione del MEF il Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili, con la dotazione di 27 milioni di euro per l'anno 2015 e di 25 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016. Il Fondo viene ripartito annualmente con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze. Da ultimo, la legge di assestamento del bilancio dello Stato per il 2016 (approvata definitivamente nella seduta del 5 ottobre e non ancora pubblicata - A.S. 2522) ha incrementato il predetto fondo di 955.069.060 euro per l'anno 2016.

 

c.       l'utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dalle misure previste dagli articoli 3, 4, 6 e 8 e più precisamente:

-       2,3 milioni di euro per l'anno 2016,

-       4.260    milioni di euro per l'anno 2017,

-       4.830    milioni di euro per l'anno 2018 e

-       2.970    milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019.

 

Il comma 3 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio, autorizzando, ove necessario e, previa richiesta dell'amministrazione competente, il Ministero dell'economia e delle finanze a disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria.

 


 

Articolo 16
(Entrata in vigore)

 

 

L’articolo 16 dispone in ordine alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame fissandola al giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, il 24 ottobre 2016.



[1]     Il Fondo sociale per occupazione e formazione è stato previsto dall’articolo 18, comma 1, lettera a), del D.L. n. 185 del 2008, il quale ha disposto che il CIPE, presieduto dal Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - nonché di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per quanto attiene le risorse destinate alle infrastrutture – provveda ad assegnare, in coerenza con gli indirizzi assunti in sede europea, una quota delle risorse nazionali disponibili del Fondo aree sottoutilizzate ad una serie di fondi (gli altri sono il Fondo infrastrutture e il Fondo strategico per il Paese a sostegno dell’economia reale). Il Fondo sociale per occupazione e formazione è iscritto nello stato di previsione del ministero del lavoro (tabella 4) al capitolo 2230 e presenta per il presente anno uno stanziamento assestato pari a quasi 933 mln di euro e disponibilità in conto competenza, sulla base di un'interrogazione effettuata alla banca dati della RGS in data 21 ottobre 2016, pari a circa 519 mln di euro.

[2]     Si ricorda che i criteri per l'erogazione degli ammortizzatori sociali in deroga sono stati ridefiniti dal D.M. 1 agosto 2014, n. 83473.

[3]     Cfr. CAMERA DEI DEPUTATI, Commissione Parlamentare di inchiesta sul  sistema di accoglienza e di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate, Doc. XXII-bis N. 6, pag. 52.

[4]     Cfr. CAMERA DEI DEPUTATI, Commissione Parlamentare di inchiesta sul  sistema di accoglienza e di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate, Doc. XXII-bis N. 6, pag. 57.

[5]     Ai sensi della Raccomandazione della Commissione del 6 maggio 2003 si definisce piccola impresa quella con meno di 50 dipendenti e un fatturato o bilancio annuo inferiore a 10 milioni di euro e media impresa quella con meno di 250 dipendenti e un fatturato annuo inferiore a 50 milioni di euro o un bilancio inferiore a 43 milioni di euro.

[6]     Con l’introduzione della riforma dello strumento e la possibilità di intervento del Fondo anche per operazioni sul capitale di rischio, la presentazione della domanda di garanzia può essere fatta anche da una Società di Gestione del Risparmio (SGR) o da una Società di gestione Armonizzata (SGA).

[7]     L’ articolo 39, comma 4 come modificato dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, commi 7 e 8 legge n. 190/2014), ha disposto che la garanzia del Fondo può essere concessa, a titolo oneroso, su portafogli di finanziamenti erogati da banche e intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 106 del TUB alle imprese – non più solo PMI – ma anche cd. MID CAP con un numero di dipendenti non superiore a 499. L’efficacia della modifica operata dalla legge di stabilità 2015 - che consente la garanzia del Fondo non solo alle PMI ma anche ad imprese con numero di dipendenti fino a 499 era stata sospesa - fino al 31 dicembre 2015 - dal D.L. n. 192/2014 (articolo 3-bis). Una circolare del Mediocredito centrale del 23 maggio 2016 informa che la Commissione europea ha approvato il metodo di calcolo dell’aiuto a favore delle imprese MID CAP.

[8]     In attuazione delle previsioni suddette, è stato adottato il D.M. 26 giugno 2012, successivamente modificato dal D.M. 27 dicembre 2013. Il D.M. 24 aprile 2013 ha fissato le modalità di concessione della garanzia del Fondo su portafogli di finanziamenti erogati a PMI.

[9]     Relazione della Corte dei Conti sul Rendiconto generale dello Stato (per l’esercizio finanziario 2015), trasmessa alla Camera il 23 giugno 2016 (DOC XIV, n. 4).

[10]    Il Programma e i relativi allegati sono disponibili nella seguente sezione del sito del MISE: http://www.mise.gov.it/index.php/it/incentivi/impresa/pon-imprese-e-competitivita/documentazione-e-risorse. L’Autorità di gestione del Programma è il Ministero dello Sviluppo Economico - Direzione Generale per gli Incentivi alle Imprese (DGIAI) – Divisione IV.

[11]    Il regolamento contiene disposizioni comuni sui "fondi strutturali e di investimento europei - fondi SIE".

[12]    Si specifica che inizialmente il budget del PON Imprese e competitività era pari a 2.419 milioni di euro (di cui 1.700 milioni provenienti dal Fondo europeo per lo sviluppo regionale - FESR e 643 milioni di cofinanziamento nazionale). Il PON è stato successivamente riprogrammato, nel novembre 2015, a seguito dell’approvazione da parte della Commissione europea, di un nuovo Programma Operativo Nazionale  “Iniziativa PMI” 2014 – 2020” volto a migliorare l’accesso al credito delle PMI del Mezzogiorno.

[13]    Nell’ambito del Programma, si ricorda inoltre l’azione 3.3.6 (Modernizzazione del sistema della logistica merci in supporto alla competitività delle PMI, anche favorendo l’aggregazione di imprese) che prevede azioni di facilitazione all’accesso al credito in collegamento con le azioni supportate dal Fondo centrale di garanzia nell’ambito della relativa priorità di investimento.