Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento cultura
Titolo: Disposizioni urgenti in materia di funzionalità del sistema scolastico e della ricerca - D.L. 42/2016 ' A.C. 3822 - Schede di lettura
Riferimenti:
DL N. 42 DEL 29-MAR-16   AC N. 3822/XVII
Serie: Progetti di legge    Numero: 446
Data: 13/05/2016
Descrittori:
DECRETO LEGGE 2016 0042   RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA
SCUOLA     
Organi della Camera: VII-Cultura, scienza e istruzione

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni urgenti in materia di funzionalità del sistema scolastico e della ricerca

D.L. 42/2016 – A.C. 3822

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 446

 

 

 

13 maggio 2016

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Cultura

( 066760-3255 – * st_cultura@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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File: D16042.docx

 


INDICE

Schede di lettura

§  Premessa  3

§  Articolo 1, comma 2, lettera a), del DDL di conversione (Sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria) 5

§  Articolo 1, comma 2, lettera b), del DDL di conversione (Sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita ai sei anni) 7

§  Articolo 1 e articolo 3, comma 1 (Disposizioni per il decoro degli edifici scolastici e per lo svolgimento dei servizi di pulizia e ausiliari negli stessi) 13

§  Articolo 1-bis (Assegnazioni provvisorie del personale docente per l'anno scolastico 2016/2017) 20

§  Articolo 1-ter (Assunzioni del personale docente per l'anno scolastico 2016/2017) 22

§  Articolo 1-quater (Assunzioni di docenti per la scuola dell’infanzia) 25

§  Articolo 1-quinquies (Scuole paritarie che accolgono alunni con disabilità) 27

§  Articolo 1-sexies (Pagamento delle somme spettanti al personale scolastico per incarichi di supplenza breve e saltuaria) 32

§  Articolo 1-septies (Ordinamento professionale dei periti industriali) 35

§  Articolo 2 e articolo 3, comma 2 (Scuola sperimentale di dottorato internazionale Gran Sasso Science Institute) 38

§  Articolo 2-bis (Scuole di specializzazione non mediche) 44

§  Articolo 2-ter (Crediti formativi universitari per studenti degli Istituti tecnici superiori) 46

§  Articolo 2-quater (Compensi per le commissioni esaminatrici dei concorsi per docenti in corso di svolgimento) 47

§  Articolo 2-quinquies (Card per acquisti culturali per i giovani) 49

§  Articolo 2-sexies  (ISEE dei nuclei familiari con componenti con disabilità) 50

§  Articolo 4 (Entrata in vigore) 55

 


SIWEB

Schede di lettura

 


Premessa

 

Il 12 maggio 2016 il Senato ha approvato il decreto-legge 29 marzo 2016, n. 42, pubblicato nella Gazzetta ufficiale 29 marzo 2016, n. 73.

A fronte degli originari quattro articoli - relativi al sistema scolastico e alla formazione superiore, nonché alla ricerca - durante l’esame al Senato ne sono stati inseriti ulteriori undici, dei quali alcuni riguardanti tematiche relative alla card cultura, all’ordinamento professionale dei periti industriali, all’ISEE.

Ulteriori modifiche - relative ad alcuni aspetti della delega recata dall’art. 1, co. 180 e 181, della L. 107/2015 - sono state inserite nel disegno di legge di conversione.

Al riguardo si ricorda che, ai sensi dell’art. 15, co. 2, lett. a), della L. 400/1988, il Governo non può, mediante decreto-legge, conferire deleghe legislative.

In base al costante orientamento del Comitato per la legislazione, il limite posto dalla disposizione richiamata si interpreta come volto ad impedire che nel testo possano confluire disposizioni che incidano, in via diretta o indiretta, sulle modalità di esercizio di deleghe legislative, anche se già esistenti.

 

 


Articolo 1, comma 2, lettera a), del DDL di conversione
(Sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria)

 

L’articolo 1, comma 2, lettera a), del disegno di legge di conversione, introdotto durante l’esame al Senato, interviene sulla delega in materia di riordino del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria, recata dall’art. 1, co. 180 e 181, lett. b), della L. 107/2015, con riferimento al criterio direttivo relativo alla determinazione degli standard nazionali per la valutazione.

In particolare, adeguando terminologicamente il criterio direttivo indicato, recato dal punto 3.2. della citata lett. b), alla terminologia indicata negli altri criteri direttivi, riferisce la determinazione degli standard nazionali per la valutazione - oltre che al conseguimento del diploma di specializzazione – al periodo di tirocinio (e non di apprendistato).

 

I principi e i criteri direttivi per l’esercizio della delega[1] riguardante il riordino, l’adeguamento e la semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria prevedono, anzitutto, l'introduzione di un sistema unitario e coordinato che comprenda sia la formazione iniziale dei docenti sia le procedure per l'accesso alla professione. Più specificamente, il percorso deve essere così declinato:

-        avvio di un sistema, a cadenza regolare, di concorsi nazionali per l’assunzione, riservato a chi possieda un diploma di laurea magistrale o, per le discipline artistiche e musicali, un diploma accademico di secondo livello, coerente con la classe disciplinare di concorso;

-        definizione di (ulteriori) requisiti per l’accesso al concorso nazionale, anche in base al numero di crediti formativi universitari acquisiti nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle discipline concernenti metodologie e tecnologie didattiche, fissando comunque il numero minimo di crediti conseguibili nelle medesime discipline in 24;

-        stipula con i vincitori di un contratto retribuito a tempo determinato di durata triennale di tirocinio;

-        assegnazione dei vincitori ad una scuola o ad una rete di scuole;

-        conseguimento, nel primo anno di contratto, di un diploma di specializzazione per l’insegnamento secondario. Il diploma si consegue al termine di un corso annuale istituito, anche in convenzione con scuole o reti di scuole, dalle università e dalle istituzioni AFAM. Il corso deve completare la preparazione nel campo della didattica delle discipline afferenti alla classe concorsuale di appartenenza, della pedagogia, della psicologia e della normativa scolastica;

-        effettuazione, nei due anni successivi al conseguimento del diploma di specializzazione, di tirocini formativi e graduale assunzione della funzione docente, anche per la sostituzione di docenti assenti (presso la scuola o la rete di scuole alla quale si è assegnati);

-        determinazione di standard nazionali per la valutazione finalizzata al conseguimento del diploma di specializzazione e del periodo di apprendistato (unico punto nel quale si fa riferimento a tale istituto);

-        definizione del trattamento economico spettante durante il periodo di tirocinio;

-        alla conclusione del periodo di tirocinio, valutato positivamente, sottoscrizione del contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Ulteriori principi e criteri direttivi sono i seguenti:

-        previsione che coloro che non hanno partecipato o non sono risultati vincitori nei concorsi nazionali possano iscriversi a proprie spese ai percorsi di specializzazione;

-        previsione che il percorso descritto nei punti precedenti divenga gradualmente l’unico per accedere all’insegnamento nella scuola secondaria statale, anche per l’effettuazione delle supplenze;

-        introduzione di una disciplina transitoria in relazione ai percorsi formativi e abilitanti e alla disciplina del reclutamento previsti attualmente, nonché con riferimento alla valutazione di coloro che hanno conseguito l’abilitazione prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo;

-        riordino delle classi di laurea magistrale e delle classi disciplinari di afferenza dei docenti, per assicurarne la coerenza con i concorsi, nonché riordino delle disposizioni relative all’attribuzione degli insegnamenti nell’ambito della classe disciplinare di afferenza, secondo principi di flessibilità, fermo l'accertamento della competenza nelle discipline insegnate;

-        previsione di percorsi di formazione in servizio che integrino le competenze disciplinari e pedagogiche dei docenti, consentendo l’attribuzione di insegnamenti anche in classi disciplinari affini.

Un ulteriore criterio direttivo attiene alla previsione che il conseguimento del diploma di specializzazione costituisce titolo necessario per l’insegnamento nelle scuole paritarie.

 

Si ricorda che, sull’argomento, sono in corso di discussione presso la VII Commissione le risoluzioni abbinate nn. 7-00933, 7-00957 e 7-00970.

 


 

Articolo 1, comma 2, lettera b), del DDL di conversione
(Sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita ai sei anni)

 

L’articolo 1, comma 2, lett. b), del disegno di legge di conversione, introdotto durante l’esame al Senato, interviene sulla delega in materia di istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni (di cui all’art. 1, co. 180 e 181, lett. e), della L. 107/2015), costituito dai servizi educativi per l’infanzia e dalle scuole dell’infanzia, e finalizzato, in particolare, a garantire ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali.

Nello specifico, novellando l’alinea del punto 1) e i punti 4) e 5) della lett. e) del citato art. 1, co. 181, dispone che l’istituzione del sistema integrato avviene, tra l’altro – fermi restando gli ulteriori principi e criteri direttivi recati dalla delega –, mediante:

Ø  la definizione dei fabbisogni standard (e non più dei livelli essenziali) delle prestazioni della scuola dell’infanzia e dei servizi educativi per l’infanzia previsti dal Nomenclatore interregionale degli interventi e dei servizi sociali.

Il Nomenclatore interregionale degli interventi e dei servizi sociali – che contiene le prestazioni socio-assistenziali e ad integrazione socio-sanitaria dei comuni singoli e associati diffuse sul territorio nazionale – è stato elaborato per la prima volta nel 2009 dal C.I.S.I.S. (Centro Interregionale per i sistemi informatici, geografici e statistici) e aggiornato nel 2014, a seguito di una convenzione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la regione Liguria (in qualità di Coordinatore Interregionale della Commissione politiche sociali della Conferenza delle regioni e delle province autonome), con il supporto del medesimo C.I.S.I.S., al fine di disporre di uno strumento utile di raccordo dei sistemi informativi regionali e nazionali per lo sviluppo del SISS (Sistema informativo socio-sanitario). In sostanza, il Nomenclatore rappresenta uno strumento condiviso di mappatura degli interventi e dei servizi sociali.

Ø  l’istituzione di una quota capitaria per il “raggiungimento dei fabbisogni standard” (e non più dei livelli essenziali), prevedendo il cofinanziamento dei costi di gestione da parte dello Stato con trasferimenti diretti o con la gestione diretta delle scuole dell’infanzia;

La restante parte è assicurata dalle regioni e dagli enti locali, al netto delle entrate da compartecipazione delle famiglie utenti del servizio.

Ø  l’approvazione e il finanziamento di un piano di azione nazionale per la promozione del sistema integrato, finalizzato, anche in questo caso, al “raggiungimento dei fabbisogni standard” (e non più dei livelli essenziali).

Con riferimento alla modifica proposta, nella seduta antimeridiana della 7^ Commissione del Senato del 27 aprile 2016, il relatore ha fatto presente che si “corregge un principio e criterio direttivo della delega sullo 0-6 anni prevista dalla legge n. 107 del 2015, sostituendo l'espressione ’livelli essenziali’ con ‘fabbisogni standard’, in quanto i livelli essenziali presupporrebbero l'universalità del diritto mentre sul segmento 0-3 anni l'obiettivo europeo è di assicurare il 33 per cento di copertura del servizio”[2].

 

Al riguardo, tuttavia, si evidenzia, sin d’ora, che occorrerebbero alcuni chiarimenti.

Innanzitutto, dal momento che la prevista (ri)definizione dei fabbisogni standard indicati – pur nell’ambito dei sottoprincipi elencati al citato punto 1) della lett. e) (v. infra) – sembrerebbe potersi comunque conseguire, almeno in parte, al di là della delega, nell’ambito della rideterminazione annuale dei fabbisogni standard già prevista ai sensi del DPCM 27 marzo 2015 (emanato in attuazione del d.lgs. 216/2010) (v. infra), occorrerebbe chiarire se con il riferimento, per i fabbisogni questione, al Nomenclatore interregionale degli interventi e dei servizi sociali si intenda stabilire una procedura di determinazione degli stessi di tipo specifico, diversa da quella generale ora vigente.

Inoltre, occorrerebbe chiarire il significato della locuzione “raggiungimento dei fabbisogni standard”, risultante dalle novelle di cui alla disposizione in commento. In proposito va, infatti, rammentato che il fabbisogno standard costituisce un indicatore del bisogno finanziario ottimale per erogare una quantità di prestazioni adeguata a garantire i livelli essenziali delle stesse. In quanto indicatore di spesa (efficiente), esso non sembra pertanto prestarsi ad un “raggiungimento”, espressione che, ad un primo esame, sembrerebbe invece da intendersi nel senso di obiettivo di “finanziamento” del fabbisogno.

 

Si ricorda che, in base all’art. 117, secondo comma, lett. m), della Costituzione, la competenza legislativa sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale spetta in via esclusiva allo Stato.

A sua volta, l’art. 13 del d.lgs. 68/2011 (di attuazione della delega contenuta nella legge 42/2009 in materia di federalismo fiscale) ha stabilito che, fino alla determinazione, con legge, dei livelli essenziali di assistenza e dei livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. m), Cost., nelle materie diverse dalla sanità[3], i servizi da erogare aventi caratteristiche di generalità e permanenza, e il relativo fabbisogno, sono stabiliti tramite intesa in sede di Conferenza unificata.

Su tali basi, l’intesa stipulata in sede di Conferenza unificata il 7 maggio 2015 sull’applicazione dell’art. 13 del d.lgs. 68/2011 (punto 15 all’o.d.g.) ha quindi fornito le prime indicazioni per un percorso finalizzato alla rilevazione della spesa sociale, dei fabbisogni e dei costi standard, dei servizi e degli interventi aventi caratteristiche di generalità e permanenza all’interno delle regioni e province autonome e delle autonomie locali, nell’ambito delle politiche sociali.

Per quanto qui maggiormente interessa, l’intesa ha chiarito che, in base ai piani e programmi regionali e locali in vigore, il Nomenclatore Interregionale degli interventi e dei servizi sociali potrà essere utilizzato come orientamento tecnico per la declinazione delle prestazioni.

 

lI concetto di fabbisogno standard è stato introdotto nell’ordinamento dalla L. 42/2009, che, conferendo una delega al Governo in materia di federalismo fiscale, ha indicato fra i criteri direttivi la determinazione del costo e del fabbisogno standard quale costo e fabbisogno che, valorizzando l’efficienza e l’efficacia, costituisce l’indicatore rispetto al quale comparare e valutare l’azione pubblica (art. 2, co. 2, lett. f))[4].

Ai sensi dell’art. 1, co. 2, del d.lgs. 216/2010 – emanato in attuazione della delega –, il fabbisogno standard costituisce il riferimento cui rapportare il finanziamento integrale della spesa relativa alle funzioni fondamentali e ai livelli essenziali delle prestazioni di comuni, città metropolitane e province, al fine di assicurare un graduale e definitivo superamento del criterio della spesa storica nei meccanismi di allocazione delle risorse.

In particolare, con riferimento ai comuni, il d.lgs. 216/2010 ha previsto il calcolo dei fabbisogni standard relativamente, fra le altre, alle funzioni fondamentali di istruzione pubblica e nel settore sociale.

E’, conseguentemente, intervenuto il DPCM 27 marzo 2015[5], recante le note metodologiche ed i fabbisogni standard per i comuni delle regioni a statuto ordinario, relativi alle funzioni di istruzione pubblica, nel campo della viabilità e dei trasporti, di gestione del territorio e dell'ambiente e nel settore sociale[6]. In particolare per i fabbisogni standard relativi alla funzione di istruzione pubblica e al servizio degli asili nido (specifica articolazione delle funzioni nel settore sociale), l’art. 2 del DPCM prevede il monitoraggio e la rideterminazione, di norma con cadenza annuale, tenendo conto delle variazioni intervenute nell’erogazione dei servizi da parte dei comuni. Dispone, inoltre, che in attesa della messa a regime dei livelli essenziali, nella rideterminazione relativa al servizio degli asili nido si dovrà tener conto, fra l’altro, degli obiettivi di servizio introdotti con il Quadro strategico nazionale 2007-2013, nonché delle collegate iniziative di rafforzamento in corso di attuazione) (specifica che sembrerebbe potersi riferire proprio a quanto previsto dalla L. 107/2015, che era in corso di discussione al momento dell’emanazione del DPCM).

In particolare, la nota metodologica relativa alle funzioni di istruzione pubblica FC03U), rilevato che le stesse si compongono di 5 differenti servizi – il primo dei quali costituito dalla scuola dell’infanzia - fa presente che le competenze comunali attengono ad una serie di attività, obbligatorie e non, prevalentemente integrative e di supporto al servizio educativo statale (ad esempio, servizio di refezione e servizio di trasporto), ma che non attengono, in genere, alla funzione educativa vera e propria, tranne nel caso di scuole comunali (principalmente dell’infanzia): solo in queste ultime, infatti, al comune spetta (oltre ad assistenza e trasporto degli alunni disabili, manutenzione, riscaldamento e custodia degli edifici, ecc.) anche il compito di garantire il servizio educativo, tramite la gestione diretta – con l’assunzione di personale educativo – o in forma non diretta – ad esempio, attraverso l’esternalizzazione[7].

Si rammenta, infine, che i fabbisogni standard rilevano ai fini della ripartizione del Fondo di solidarietà Comunale. A seguito della legge di stabilità per il 2016, il Fondo di Solidarietà Comunale (FSC) viene infatti ripartito tra i comuni delle regioni a statuto ordinario, Sardegna e Sicilia, secondo una misura percentuale crescente (20 per cento per l’anno 2015, 30 per cento per l’anno 2016, 40 per cento per l’anno 2017 e 55 per cento per l’anno 2018) sulla base della differenza tra i fabbisogni standard e le capacità fiscali.

 

Restano immutati gli altri aspetti della delega[8].

 

In base alla L. 107/2015, tra i principi e i criteri direttivi per l’istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a 6 anni, il punto 1) prevede:

1.1.       la generalizzazione della scuola dell’infanzia;

1.2.       la qualificazione universitaria e la formazione continua del personale dei servizi educativi per l’infanzia e della scuola dell’infanzia;

1.3.       gli standard strutturali, organizzativi e qualitativi dei servizi educativi per l’infanzia e della scuola dell’infanzia, diversificati in base alla tipologia, all’età dei bambini e agli orari di servizio, che prevedano tempi di compresenza del personale dei servizi educativi per l’infanzia e dei docenti della scuola dell’infanzia, nonché il coordinamento pedagogico territoriale e il riferimento alle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo (DM 254/2012).

 

Gli ulteriori criteri direttivi attengono a:

2)       definizione delle funzioni e dei compiti delle regioni e degli enti locali al fine di potenziare la ricettività dei servizi educativi per l’infanzia e la qualificazione del sistema integrato;

3)       esclusione dei servizi educativi per l’infanzia e delle scuole dell’infanzia dai servizi a domanda individuale;

6)       copertura dei posti della scuola dell'infanzia per l'attuazione del piano di azione nazionale per la promozione del sistema integrato anche avvalendosi della graduatoria a esaurimento per il medesimo grado di istruzione come risultante alla data di entrata in vigore della legge;

7)       promozione della costituzione di Poli per l’infanzia, destinati a bambini da 0 a 6 anni, anche aggregati a scuole primarie e istituti comprensivi;

8)       istituzione di una commissione di esperti, nominati dal Ministro, dalle regioni e dagli enti locali, con compiti consultivi e propositivi.

 

 

 


Articolo 1 e articolo 3, comma 1
(Disposizioni per il decoro degli edifici scolastici e per lo svolgimento dei servizi di pulizia e ausiliari negli stessi)

 

L’articolo 1, modificato durante l’esame al Senato, stanzia ulteriori risorse per la prosecuzione del piano straordinario per il ripristino del decoro e della funzionalità degli edifici scolastici (c.d. programma #scuole belle) e reca nuove disposizioni sia per l’effettuazione dei relativi interventi che per lo svolgimento dei servizi di pulizia e ausiliari negli stessi edifici.

La copertura dell’onere è individuata dall’articolo 3, comma 1.

 

In particolare, l’articolo 1, comma 1, autorizza la spesa di € 64 mln per l’anno 2016 per assicurare la prosecuzione del c.d. programma #scuole belle dal 1° aprile 2016 al 30 novembre 2016, sia nei territori in cui è stata attivata la Convenzione- quadro CONSIP per l’affidamento dei servizi di pulizia e altri servizi ausiliari, sia in quelli in cui la stessa Convenzione non è ancora stata attivata.

 

Il programma “Scuole belle” è stato elaborato a seguito dell’accordo sottoscritto il 28 marzo 2014 presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Tale accordo prevedeva, al fine di avviare a definitiva soluzione la problematica occupazionale conseguente alle riduzioni degli affidamenti derivanti dalle espletate gare CONSIP e riguardante i lavoratori ex LSU e quelli appartenenti alle ditte dei c.d. “appalti storici”[9], che il MIUR – nell’ambito del più ampio programma per l’edilizia scolastica facente capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – avrebbe utilizzato risorse complessive pari a 450 milioni di euro, a decorrere dall’1.7.2014 e fino al 30.3.2016, da impiegare per lo svolgimento, da parte del personale adibito alla pulizia nelle scuole, di ulteriori attività consistenti in interventi di ripristino del decoro e della funzionalità degli immobili adibiti ad edifici scolastici.

L’accordo prevedeva, inoltre, che il MIUR avrebbe individuato gli istituti scolastici capofila per l’acquisto dei nuovi servizi e che l’importo complessivo degli ordini integrativi di fornitura sarebbe stato pari a 150 milioni di euro per il 2014 e a 300 milioni di euro per il 2015 e i primi 3 mesi del 2016.

Il D.L. 58/2014 (L. 87/2014) ha, poi, introdotto una disciplina normativa specifica per la realizzazione degli interventi in questione.

In particolare, l’art. 2, co. 2-bis, come modificato dall’art. 1, co. 353, lett. c), della L. 190/2014, ha disposto che, nei territori ove non è stata ancora attivata la convenzione-quadro Consip, le istituzioni scolastiche ed educative statali effettuano gli interventi di mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili scolastici acquistando il relativo servizio dai medesimi raggruppamenti e imprese che assicuravano i servizi di pulizia ed altri ausiliari alla data del 30 aprile 2014, alle condizioni tecniche previste dalla convenzione Consip ed alle condizioni economiche pari all'importo del prezzo medio di aggiudicazione per ciascuna area omogenea nelle regioni in cui era attiva la convenzione.

Il co. 2-bis.1, inserito dall’art. 1, co. 353, lett. d), della L. 190/2014 (oggetto di modifica con l’articolo in commento), ha disposto che nei territori ove è già stata attivata la convenzione-quadro Consip, le istituzioni scolastiche ed educative statali effettuano gli interventi di mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili scolastici mediante ricorso alla stessa convenzione.

 

Per quanto concerne il finanziamento del programma, si ricorda che, nel complesso, le risorse previste per coprire le esigenze del periodo dall’1.7.2014 al 31.3.2016 sono state completamente stanziate, negli importi annuali pari a € 150 mln per il 2014, € 240 mln per il 2015 ed € 60 mln per il 2016, come di seguito illustrato:

-  con la delibera CIPE 21 del 30 giugno 2014 erano stati previsti 110 mln per il 2014, a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione - programmazione 2007-2013. La delibera medesima considerava, tuttavia, che, per la citata assegnazione di € 110 mln, avrebbe potuto essere individuata, da apposita norma di legge, una copertura finanziaria alternativa.
Nella successiva seduta del 1° agosto 2014, il CIPE prendeva atto che per il finanziamento di € 110 mln era stata individuata una nuova copertura finanziaria, alternativa rispetto all’assegnazione a carico del FSC, e che pertanto, la relativa delibera non avrebbe avuto corso.
Tale copertura è stata operata dal MIUR, mediante il
DM 559 del 15 luglio 2014, che ha destinato alle finalità del piano in questione l’importo di € 110 mln a valere sul Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, dettando altresì i criteri per il riparto di tale somma a livello provinciale;

-  ulteriori 40 mln per il 2014 sono stati assegnati dal CIPE a carico del Fondo sviluppo e coesione 2007-2013, con la delibera 22 del 30 giugno 2014, punto 4, a valere sugli importi residui di una precedente assegnazione a favore del Ministero (€ 100 mln) disposta con la delibera n. 6/2012 per la costruzione di nuovi edifici scolastici[10];

-  l’art. 1, co. 353, della L. 190/2014 (legge di stabilità 2015), inserendo il co. 2-ter nell’art. 2 del D.L. 58/2014, ha poi autorizzato la spesa di ulteriori € 130 mln per il 2015[11]. Le risorse sono state ripartite con DM 117 del 20 febbraio 2015;

-  l’art. 1 del D.L. 154/2015 (L. 189/2015)dando seguito (parzialmente) all’accordo sottoscritto presso la Presidenza del Consiglio il 30 luglio 2015, che aveva confermato l’impegno del Governo a garantire le risorse finanziarie necessarie al completamento del programma “Scuole belle”, con lo stanziamento degli ulteriori 170 milioni di euro necessari alla copertura del periodo 1° luglio 2015-31 marzo 2016, prevedendo, altresì, che la Presidenza del Consiglio si impegnava a convocare entro il 2015 un tavolo di verifica per esaminare le problematiche sociali e occupazionali più generali concernenti i lavoratori ex LSU e “appalti storici [12] - ha attivato € 110 mln, di cui 100 per il 2015 e 10 per il 2016, in aggiunta a 10 mln che il MIUR aveva già reperito, nel mese di agosto, all’interno del proprio bilancio 2015[13] e ripartito con il DM 596 del 7 agosto 2015. In particolare, il D.L. 154/2015 ha disposto:

-   una nuova autorizzazione legislativa di spesa, pari a € 50 mln per il 2015, i cui oneri finanziari sono stati coperti mediante una corrispondente riduzione delle risorse del Fondo sociale per l’occupazione e la formazione. La ripartizione, effettuata con DM 937 dell’11 dicembre 2015, ha riguardato peraltro l’importo di € 40,9 mln, posto che € 9,1 mln circa sono stati utilizzati, in linea con quanto previsto nel citato Accordo governativo del 30 luglio 2015 ed illustrato nel preambolo dello stesso DM, a garantire le risorse necessarie a coprire gli oneri delle richieste di cassa integrazione guadagni in deroga presentate dalle aziende che impiegano i lavoratori adibiti ai progetti di manutenzione del decoro degli immobili adibiti ad istituzioni scolastiche;

-  l’immediato utilizzo di risorse, pari a € 50 mln per il 2015 e a € 10 mln per il 2016, “già assegnate dal CIPE nella seduta del 6 agosto 2015” a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione – programmazione 2014-2020 (FSC) per la prosecuzione degli interventi relativi al programma.
Si tratta delle risorse assegnate dal CIPE con
delibera 73/2015, registrata dalla Corte dei conti il 2 ottobre 2015, ossia il giorno successivo a quello di entrata in vigore del D.L. 154/2015, e pubblicata nella GU n. 243 del 19 ottobre 2015.

La somma di € 50 mln per il 2015 è stata ripartita con DM 803 del 7 ottobre 2015.

-   i residui 50 mln per il 2016, necessari al completamento del programma, sono stati reperiti a valere su risorse provenienti dal bilancio del MIUR ( 30 mln) e dal bilancio del MEF (€ 20 mln), come indicato nel preambolo della citata delibera CIPE 73/2015[14]. Tali risorse, unitamente ai 10 milioni di euro stanziati per il 2016 a valere sul FSC 2014-2020 dalla Delibera CIPE 73/2015, sono stati ripartiti con il DM 33 del 27 gennaio 2016.

 

 

Finanziamento Programma “Scuole Belle”

(milioni di euro)

 

Autorizzazioni legislative

MIUR

MEF

CIPE

Tot.

2014

 

 

110 mln
(a valere sul Fondo funzionamento istituzioni scolastiche)

 

40 mln
(Del. CIPE 22/2014)

150

2015

130 mln
art. 1, co. 353, L. 190/2014
(a valere sul FISPE)

50 mln
art. 1, D.L. 154/2015 (a valere su Fondo sociale occupazione)

10 mln
(econ. di bilancio)
vedi preambolo Del. CIPE 73/2015

 

50 mln
(Del. CIPE 73/2015)

240

2016

 

 

30 mln[15]
(econ. di bilancio) vedi preambolo Del. CIPE 73/2015

20 mln
(econ. di bilancio)
vedi preambolo Del. Cipe 73/2015

10 mln
(Del. CIPE 73/2015)

60

 

130

50

150

20

100

450

 

Con lo stanziamento di ulteriori € 64 mln si dà seguito al nuovo accordo sottoscritto l’8 marzo 2016 presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con il quale il Governo ha, altresì, dato la disponibilità ad accogliere richieste di cassa integrazione in deroga da parte delle aziende durante il periodo di sospensione delle attività didattiche e le aziende si sono impegnate a revocare le procedure di licenziamento collettivo avviate. Inoltre, la Presidenza del Consiglio dei Ministri si è nuovamente impegnata a convocare, entro il mese di maggio 2016, un tavolo di verifica al fine di esaminare le problematiche sociali e occupazionali, con lo scopo di individuare una possibile soluzione di prospettiva.

 

La relazione tecnica all’A.S. 2299 precisava che l’autorizzazione di spesa di € 64 mln si riferisce ai periodi dal 1° maggio al 15 giugno 2016 e dal 16 settembre al 30 novembre 2016.

Evidenziava, infatti, che:

-      sebbene l’accordo del 30 luglio 2015 prevedesse la prosecuzione del progetto fino al 31 marzo 2016, in realtà le aziende avrebbero portato a compimento nel mese di aprile 2016 gli interventi previsti (iniziati, con un mese di ritardo, ad agosto 2015) a valere sulle risorse già presenti nei pertinenti capitoli di bilancio del MIUR;

-      il periodo di sospensione dell’attività didattica, durante il quale il Governo si è impegnato ad accogliere richieste di cassa integrazione in deroga, poteva essere ipotizzato dal 16 giugno al 15 settembre 2016 ed era coperto nell’ambito delle risorse previste a legislazione vigente per il finanziamento degli ammortizzatori in deroga per il 2016.

 

Alla copertura dell’onere di € 64 mln per il 2016, l’art. 3, comma 1, prevede che si fa fronte:

-  per € 15 mln mediante parziale utilizzo delle economie di cui all’art. 58, co. 6, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013).

Quest’ultimo ha disposto che eventuali risparmi di spesa ulteriori rispetto a quelli indicati al co. 5 – che, come accennato in precedente nota, ha fissato, per le istituzioni scolastiche ed educative statali, a decorrere dall’a.s. 2013/2014, un tetto alla spesa per l’acquisto di servizi esternalizzati, che devono avvenire nel rispetto dell’obbligo di avvalersi delle convenzioni quadro CONSIP: in particolare, ha previsto che la spesa non può essere superiore a quella che si sosterrebbe per coprire i posti di collaboratore scolastico accantonati ai sensi dell’articolo 4 del DPR 119/2009[16] - rimangono a disposizione per le esigenze di funzionamento delle istituzioni scolastiche e per le supplenze brevi.

-  per € 49 mln mediante riduzione del Fondo per il funzionamento delle scuole (art. 1, co. 601, L. 296/2006).

Al riguardo, si ricorda che l’art. 1, co. 25, della L. 107/2015 ha incrementato il Fondo per il funzionamento – che è allocato su 4 differenti capitoli dello stato di previsione del MIUR[17] - di € 123,9 mln nel 2016 ed € 126 mln annui dal 2016 al 2021.

L’art. 1, co. 230, della L. 208/2015 (legge di stabilità 2016) ha poi previsto un ulteriore incremento del Fondo, per € 23,5 mln per il 2016.

Conseguentemente, nel Decreto 482300 del 28 dicembre 2015 - Ripartizione in capitoli delle Unità di voto parlamentare relative al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016 – 2018 – il Fondo per il 2016 ha uno stanziamento pari a € 886,2 mln.

 

L’articolo 1, comma 2, reca, anzitutto, disposizioni finalizzate a continuare a garantire lo svolgimento di servizi di pulizia e ausiliari delle istituzioni scolastiche ed educative nei territori nei quali non è stata ancora attivata la convenzione-quadro CONSIP, ovvero la stessa sia stata sospesa, ovvero, novità introdotta ora, sia scaduta.

A tal fine, la lett. a), ulteriormente novellando l’art. 2, co. 1, del D.L. 58/2014 (L. 87/2014) proroga (dal 31 luglio 2016) “fino a non oltre il 31 dicembre 2016”, il termine entro il quale le scuole situate nelle “regioni ove ancora non è attiva la convenzione-quadro CONSIP per l’affidamento dei servizi di pulizia e ausiliari, ovvero la stessa sia stata sospesa, o sia scaduta, acquistano i medesimi servizi dagli stessi raggruppamenti e dalle stesse imprese che li assicuravano alla data del 31 marzo 2014. La previsione è finalizzata alla regolare conclusione delle attività scolastiche nell’a.s. 2016/2017 (e non più nell’a.s. 2015/2016).

La relazione illustrativa all’A.S. 2299 evidenziava che la data del 31 dicembre 2016 si giustifica “per il fatto che il 31 dicembre 2016 scadono le proroghe delle convenzioni Consip relative alle altre regioni (ossia quelle in cui sono attive le convenzioni per l’affidamento dei servizi di pulizia e ausiliari), uniformando così la situazione dei servizi di pulizia nelle scuole sull’intero territorio nazionale”.

Attualmente, con riferimento alla convenzione-quadro CONSIP - che è stata attivata il 22 novembre 2013 e, in base alle informazioni disponibili sul sito dedicato, scadrà il 6 marzo 2017, con durata pari a 24 mesi, più 12 di eventuale proroga - continuano a risultare non affidati i lotti nn. 6 - regione Campania (Province di Napoli e Salerno), e 13 - regione Sicilia. Risulta invece sospeso, dal 1° aprile 2015, il lotto n. 7 – regione Campania (Province di Caserta, Benevento ed Avellino), attivato il 18 febbraio 2015. Non risultano lotti scaduti: il lotto in scadenza più vicina (6 giugno 2016) risulta il lotto n. 5 – regione Lazio (Province di Frosinone e Latina), attivato l’11 dicembre 2013.

Qui maggiori informazioni.

 

In considerazione dell’articolazione della convenzione CONSIP in lotti, si ribadisce l’opportunità, al co. 1 dell’art. 2 del D.L. 58/2014, di riferirsi ai “territori” (e non alle “regioni”), come, peraltro, opportunamente, indicato nel co. 2-bis e nel co. 2-bis.1 del medesimo art. 2.

 

La lett. a-bis), inserita durante l’esame al Senato, dispone che nei territori ove la convenzione CONSIP è scaduta trovano applicazione in via provvisoria le condizioni tecniche ed economiche già previste nella stessa convenzione.

A tal fine, novella il co. 2, dell’art. 2 del D.L. 58/2014, con l’inserimento della nuova previsione.

L’art. 2, co. 2, del D.L. 58/2014 prevede che gli acquisiti dei servizi di pulizia e ausiliari nei casi indicati al co. 1 avvengono nel limite di spesa di cui all’art. 58, co. 5, del D.L. 69/2013 (v. ante), alle condizioni tecniche previste dalla convenzione CONSIP e alle condizioni economiche pari all’importo del prezzo medio di aggiudicazione per ciascuna area omogenea nelle regioni in cui la convenzione è attiva.

 

Infine, la lett. b) dispone sugli interventi di mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili adibiti a sede di istituzioni scolastiche ed educative statali nei territori ove è stata attivata la convenzione-quadro CONSIP, stabilendo che si ricorre alla stessa convenzione anche nel caso in cui la stessa sia scaduta.

Al fine indicato, novella il comma 2-bis.1 dell’art. 2 del D.L. 58/2014.

 

In materia, si evidenzia che il 19 aprile 2016 è stata annunciata all’Assemblea della Camera la segnalazione adottata dall’Autorità nazionale anticorruzione il 2 marzo 2016 (delibera 376/2016), ai sensi dell'art. 6, co. 7, lett. e) ed f), del d.lgs. 163/2006, concernente le disposizioni normative che prevedono l'affidamento dei servizi di pulizia, dei servizi ausiliari e degli interventi di mantenimento del decoro e delle funzionalità degli immobili adibiti a sede delle istituzioni scolastiche e educative, mediante il ricorso all'istituto giuridico della proroga.

 

In particolare, l’Autorità ha sottolineato l’opportunità di avviare una riflessione sulla coerenza dell’assetto normativo che consegue alle varie proroghe con le regole europee e nazionali vigenti in materia di appalti, alla luce del principio della inderogabilità delle procedure ordinarie di scelta del contraente. Ciò, al fine di escludere che le scelte adottate possano avere un notevole effetto distorsivo sul mercato dei contratti pubblici. Al riguardo, l’Autorità ha evidenziato che questo rischio cresce in presenza di tre elementi: la rilevanza economica del valore contrattuale dei servizi affidati in deroga alle ordinarie procedure di scelta del contraente; il dilatarsi dell’arco temporale nel quale gli atti normativi producono effetti; l’ampia estensione territoriale del fenomeno.

Ha ricordato, altresì, che “il segnale che conferma tale anomalia è il provvedimento finale del procedimento 1787 – gare CONSIP servizi di pulizia nelle scuole pubbliche” , deliberato in data 22 dicembre 2015, n. 25802, con cui l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) ha accertato l’esistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza, che ha condizionato l’esito della gara di rilievo comunitario bandita da Consip nel 2012. Secondo l’AGCM, tramite questa intesa, le quattro imprese coinvolte – due delle quali sono i maggiori incumbent – hanno annullato, di fatto, la dinamica concorrenziale nello svolgimento della gara, per spartirsi i lotti e aggiudicarsene il massimo numero consentito”.

Inoltre, l’Autorità ha messo in evidenza i possibili effetti distorsivi delle proroghe sull’economicità delle commesse pubbliche, in quanto le proroghe vincolano le stazioni appaltanti a fruire di prestazioni contrattuali non necessariamente in linea con le migliori condizioni economiche che il mercato può offrire.

Ulteriori effetti negativi riguardano l’assenza di stimoli per le imprese aggiudicatarie ad investire in ricerca e sviluppo per rendersi competitive nel mercato e il disincentivo alla nascita di nuove iniziative imprenditoriali derivante dalla percezione di un mercato “chiuso”.

 


 

Articolo 1-bis
(
Assegnazioni provvisorie del personale docente per l'anno scolastico 2016/2017)

 

L’articolo 1-bis, introdotto durante l’esame al Senato, estende, anzitutto, all’a.s. 2016/2017 e ai docenti assunti a tempo indeterminato entro l’a.s. 2015/2016 (dunque, anche a quanti sono stati assunti in base al piano straordinario di cui all’art. 1, co. 95 e ss., della L. 107/2015) la possibilità di richiedere l’assegnazione provvisoria interprovinciale, anche in deroga al vincolo triennale di permanenza nella provincia[18].

A tal fine, novella l’art. 1, co. 108, quarto periodo, della medesima L. 107/2015 che aveva previsto tale possibilità limitatamente all’a.s. 2015/2016 con riferimento ai docenti assunti a tempo indeterminato entro l’a.s. 2014/2015.

Inoltre, aggiungendo nello stesso co. 108 il sesto periodo, dispone che per l’a.s. 2016/2017 l’assegnazione provvisoria interprovinciale può essere richiesta, oltre che sui posti dell’organico dell’autonomia[19], anche sul contingente annuale di posti non facenti parte dell’organico dell’autonomia (né disponibili), costituito, a decorrere dallo stesso a.s. 2016/2017, ai sensi dell’art. 1, co. 69, della medesima L. 107/2015, per far fronte ad esigenze di personale ulteriori rispetto a quelle soddisfatte dall'organico dell'autonomia.

In base al citato art. 1, co. 69, della L. 107/2015, alla costituzione del contingente di posti non facenti parte dell’organico dell’autonomia si provvede – nei limiti delle risorse disponibili – con decreto interministeriale MIUR-MEF. Per la copertura dei posti, si provvede a valere sulle graduatorie di personale aspirante alla stipula di contratti a tempo determinato, ovvero mediante l’impiego di personale a tempo indeterminato con provvedimenti aventi efficacia limitatamente ad un solo a.s.

Infine, aggiungendo nello stesso co. 108 il settimo periodo, dispone che, qualora la spesa (evidentemente conseguente alle nuove previsioni) dovesse superare quella complessivamente prevista dalla medesima L. 107/2015, si applicano le previsioni sulle idonee misure correttive (ai sensi dell'art. 17, co. 13, della L. 196/2009) di cui al co. 207 della stessa L. 107/2015, nell’ambito del monitoraggio che il co. 206 affida ad un comitato di verifica tecnico-finanziaria composto da rappresentanti del MIUR e del MEF.

 

 

 

 

In base all’art. 399 del d.lgs. 297/1994, i docenti destinatari di nomina a tempo indeterminato possono chiedere il trasferimento, l'assegnazione provvisoria o l'utilizzazione in altra provincia dopo tre anni di effettivo servizio nella provincia di titolarità.

In particolare, l’assegnazione provvisoria è un provvedimento di mobilità annuale.

Criteri e modalità per attuare tutte le forme di mobilità vengono definiti, ai sensi dell’art. 10 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro relativo al personale del Comparto Scuola per il quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007, in sede di contrattazione integrativa nazionale. Conseguentemente, l’art. 146 dello stesso CCNL ha previsto la disapplicazione dell’art. 568 del d.lgs. 297/1994, che disciplinava l’istituto dell’assegnazione provvisoria.

In base all’art. 7 dell’ipotesi di CCNI concernente le utilizzazioni e le assegnazioni provvisorie del personale docente, educativo e ATA per l’a.s. 2015/2016, firmato il 13 maggio 2015, l’assegnazione provvisoria può essere richiesta per una sola provincia, per il numero di sedi previsto per i trasferimenti, oltre che per il posto o classe di concorso di titolarità, anche per altre classi di concorso o posti di grado diverso di istruzione per i quali si riscontri il possesso del titolo valido per la mobilità professionale. La richiesta di assegnazione provvisoria per altre classi di concorso o posti di grado diverso di istruzione è aggiuntiva rispetto a quella relativa al proprio posto o classe di concorso di titolarità.

L’assegnazione provvisoria può essere richiesta per uno dei seguenti motivi: ricongiungimento al coniuge o al convivente, ivi compresi parenti o affini, purché la stabilità della convivenza risulti da certificazione anagrafica; ricongiungimento ai figli o agli affidati con provvedimento giudiziario; gravi esigenze di salute del richiedente comprovate da certificazione sanitaria; ricongiungimento ai genitori.

Non sono consentite assegnazioni provvisorie per grado di istruzione diverso da quello di appartenenza nei confronti del personale che non abbia superato il periodo di prova.

Le operazioni di assegnazione provvisoria possono essere effettuate solo su posti e cattedre la cui vacanza sia accertata per l’intero anno scolastico e per l’intero orario di cattedra e, a richiesta degli interessati, anche sommando spezzoni diversi compatibili. Per il personale in part time l’assegnazione provvisoria può essere effettuata su spezzoni corrispondenti al proprio orario di servizio e, a richiesta degli interessati, anche sommando spezzoni diversi compatibili.

 


Articolo 1-ter
(
Assunzioni del personale docente per l'anno scolastico 2016/2017)

 

L’articolo 1-ter, introdotto durante l’esame al Senato, prevede, anzitutto, una deroga, per l'a.s. 2016/2017, alla disciplina che stabilisce il termine per le assunzioni a tempo indeterminato del personale docente della scuola statale – a regime fissato al 31 agosto di ciascun anno – prorogandolo al 15 settembre 2016, e dispone che la decorrenza economica del contratto di lavoro consegue alla presa di servizio.

Conseguentemente, fissa alla medesima data del 15 settembre 2016 il termine per l’espletamento delle funzioni connesse all'avvio dell'anno scolastico e alla nomina del personale docente attribuite ai dirigenti territorialmente competenti del MIUR (comma 1).

 

In base alla disciplina generale, recata dall’art. 4, co. 1, del D.L. 255/2001 (L. 333/2001), – come modificato, da ultimo, dall’art. 9, co. 19, lett. a), del D.L. 70/2011 (L. 106/2011) – le assunzioni a tempo indeterminato, i provvedimenti di utilizzazione, di assegnazione provvisoria e comunque quelli di durata annuale riguardanti il personale di ruolo, devono essere completati entro il 31 agosto di ciascun anno.

Entro la medesima data i dirigenti territorialmente competenti procedono anche alle nomine dei supplenti annuali, e dei supplenti fino al termine delle attività didattiche[20].

 

La deroga appare collegata alle novità derivanti dalla L. 107/2015, con particolare riferimento - come si desume anche da quanto dispone il comma 2 - alla tempistica per lo svolgimento dei concorsi per il reclutamento di personale docente (art. 1, co. 114), ma anche per la conclusione delle procedure legate al piano straordinario di mobilità previsto per l’a.s. 2016/2017 (art. 1, co. 108), nonché, conseguentemente, alle nuove modalità di conferimento dell’incarico triennale ai docenti, affidato al dirigente scolastico e, residualmente, all’Ufficio scolastico regionale (art. 1, co. 79-82).

 

Con riferimento al concorso previsto dall’art. 1, co. 114, della L. 107/2015 per la copertura di tutti i posti vacanti e disponibili nell'organico dell'autonomia, nonché per i posti che si rendano tali nel triennio, il 26 febbraio 2016 sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale - IV serie speciale, n. 16, tre bandi di concorso per titoli ed esami (per complessivi 63.712 posti, di cui 57.611 comuni e 6.101 di sostegno) finalizzati, rispettivamente, al reclutamento di personale docente per posti comuni dell'organico dell'autonomia della scuola dell'infanzia e primaria (D.D.G. n. 105), per posti comuni dell'organico dell'autonomia della scuola secondaria di primo e secondo grado (D.D.G. n. 106), e per posti di sostegno dell'organico dell'autonomia della scuola dell'infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado (D.D.G. n. 107)[21].

Con comunicato stampa del 30 marzo 2016, il MIUR ha reso noto che sono pervenute 165.578 domande di partecipazione, di cui 97.719 per il bando relativo a scuola dell'infanzia e scuola primaria, 58.254 per il bando relativo a scuola secondaria di I e II grado, 9.605 per il bando relativo a posti di sostegno.

Le prove scritte si svolgono da giovedì 28 aprile a martedì 31 maggio 2016.

Qui la pagina dedicata alla procedura.

 

Con riferimento al piano straordinario di mobilità[22], l’8 aprile 2016 è stato sottoscritto il Contratto collettivo Nazionale Integrativo concernente la mobilità del personale docente, educativo ed A.T.A. per l’a.s. 2016/2017, che riguarda sia la mobilità professionale (tra gradi di istruzione, tipologie di posto e classi di concorso), sia la mobilità territoriale (tra scuole, ambiti territoriali, comuni, province, anche di regioni diverse, fermo restando il grado di istruzione, il tipo di posto e la classe di concorso).

Nella stessa data sono state emanate le ordinanze che fanno seguito al contratto integrativo e che hanno disciplinato le modalità applicative, con particolare riferimento ai termini per la presentazione delle domande. Si tratta dell’O.M. 241/2016 e dell’O.M. 244/2016, trasmesse, nelle more della registrazione da parte degli organi di controllo, con nota MIUR n. 9520 dell'8 aprile 2016.

In particolare, nella prima fase (punto A dell'art 6 del CCNI) si effettueranno i trasferimenti dei docenti all'interno delle singole province, con la consueta mobilità da scuola a scuola.

Nella seconda fase (punti B, C e D dell'art. 6 del CCNI) si effettueranno i movimenti dei docenti tra province, con trasferimenti tra ambiti territoriali.

Le domande per la prima fase dei trasferimenti dei docenti dovevano essere presentate dall'11 al 23 aprile. Le domande per le ulteriori fasi dei movimenti dei docenti devono essere presentate dal 9 al 30 maggio.

In particolare, nella timeline del MIUR, la pubblicazione dei movimenti nell’ambito della seconda fase (punti B, C, e D) dei docenti della scuola secondaria di II grado è prevista per agosto 2016.

Qui il sito dedicato.

 

Inoltre, dispone che il triennio di validità delle graduatorie dei concorsi banditi ai sensi dell’art. 1, co. 114, della L. 107/2015 (v. ante), se approvate entro il 15 settembre 2016, decorre dall’anno scolastico 2016/2017, in deroga alla disciplina generale (art. 400, co. 01, d.lgs. 297/1994) in base alla quale la validità decorre dall’anno scolastico successivo a quello di approvazione (comma 2).

 


 

Articolo 1-quater
(
Assunzioni di docenti per la scuola dell’infanzia)

 

L’articolo 1-quater, introdotto durante l’esame al Senato, dispone che, fino all'approvazione delle graduatorie relative alla scuola dell'infanzia del concorso bandito ai sensi dell'art. 1, co. 114, della L. 107/2015, i soggetti ancora inseriti nelle graduatorie di merito del precedente concorso (bandito con D.D. 24 settembre 2012, n. 82)[23], sempre relative alla scuola dell'infanzia, possono essere assunti in regioni diverse da quella per cui hanno concorso, e inseriti nei ruoli regionali di cui all'art. 1, co. 66, della medesima L. 107/2015.

Si tratta di coloro che non sono stati assunti, per incapienza dei posti, in base al piano straordinario di assunzioni di cui all’art. 1, co. 95 e ss., della stessa L. 107/2015.

Al riguardo, si ricorda che il piano straordinario era finalizzato all’assunzione a tempo indeterminato di personale docente, per le istituzioni scolastiche statali di ogni ordine e grado, per la copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell'organico di diritto rimasti vacanti e disponibili, nonché di ulteriori posti destinati alle finalità di potenziamento dell’offerta formativa solo nella scuola primaria e secondaria.

Nella seduta della 7^ Commissione del Senato del 10 maggio 2016, la relatrice ha fatto presente che la disposizione consente di scorrere le graduatorie di merito del concorso del 2012, atteso che gli esiti del concorso del 2016 per la scuola dell'infanzia non si avranno in tempo utile per il prossimo anno scolastico.

 

Le assunzioni così autorizzate avvengono, in base al comma 1, in deroga all’art. 399, co. 2, del d.lgs. 297/1994, ai sensi del quale, nel caso in cui la graduatoria di un concorso per titoli ed esami sia esaurita (e in svariate regioni le graduatorie relative alla scuola dell’infanzia derivanti dal concorso bandito nel 2012 sono effettivamente esaurite) e rimangano posti ad esso assegnati, questi vanno ad aggiungersi a quelli assegnati alla corrispondente graduatoria ad esaurimento[24].

 

In particolare, in base ai commi 1 e 2, è demandata a un decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, la definizione dei termini e delle modalità di attuazione della previsione, inclusa la determinazione del limite massimo delle assunzioni in regioni diverse, comunque non superiore al 15% dei posti disponibili per ciascuna regione, fermo restando il rispetto della quota massima del 50% dei posti riservata alle graduatorie dei concorsi per titoli ed esami (art. 399, co. 1, d.lgs. 297/1994)[25].

Nella medesima seduta del 10 maggio 2016, la relatrice ha chiarito che il limite del 15% è finalizzato alla realizzazione della mobilità in maniera equa tra tutte le regioni.

 

Si stabilisce, inoltre, sin da subito, che i soggetti interessati possono presentare apposita istanza al MIUR, indicando l'ordine di preferenza tra tutte le regioni, e che le assunzioni avvengono in subordine rispetto ai soggetti ancora inseriti nelle graduatorie di merito delle regioni indicate.

 

I commi 3 e 4 dispongono che i soggetti che non accettano la proposta di assunzione – avendo presentato domanda – sono definitivamente espunti dalle rispettive graduatorie di merito e ad esaurimento, e che, comunque, all'esito di tali procedure, le graduatorie di merito del concorso del 2012 sono soppresse, anche in caso di incompleto assorbimento dei soggetti ivi inseriti.

Si ricorda che l’art. 400, co. 01, del d.lgs. 297/1994 – come modificato dall’art. 1, co. 113, della L. 107/2015 e al netto della deroga prevista dall’art. 1-ter – dispone, tra l’altro, che le graduatorie dei concorsi per titoli ed esami hanno validità triennale a decorrere dall'anno scolastico successivo a quello di approvazione delle stesse e perdono efficacia con la pubblicazione delle graduatorie del concorso successivo e comunque alla scadenza del predetto triennio.

 

Relativamente al concorso bandito ai sensi dell'art. 1, co. 114, della L. 107/2015, il comma 4-bis stabilisce che le graduatorie di merito relative alla scuola dell'infanzia sono valide nell’ambito dei posti vacanti e disponibili, e che alle assunzioni dalle medesime si provvede previa procedura autorizzatoria.

Si tratta di una esplicita deroga a quanto previsto dall’art. 400, co. 19, del d.lgs. 297/1994 – come modificato dall’art. 1, co. 113, lett. i), della stessa L. 107/2015 –, che dispone che i candidati dichiarati vincitori che si collocano in una posizione utile in relazione al numero delle cattedre o posti messi a concorso conseguono la nomina.


 

Articolo 1-quinquies
(Scuole paritarie che accolgono alunni con disabilità)

 

L’articolo 1-quinquies, introdotto durante l’esame al Senato, prevede, anzitutto, a decorrere dal 2017, la corresponsione di un contributo per le scuole paritarie in proporzione agli alunni con disabilità frequentanti, nel limite di spesa di € 12,2 mln annui (comma 1).

Alla copertura del relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione del «Fondo “La Buona Scuola” per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica» (di cui all’art. 1, co. 202, della L. 107/2015) (comma 3).

 

Preliminarmente, si ricorda che la L. 62/2000 ha inteso dare attuazione all’art. 33 della Costituzione – che, al terzo comma, ha sancito il diritto dei privati di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato, e, al quarto comma, ha affidato alla legge ordinaria il compito di fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, assicurando ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni delle scuole statali –, stabilendo che il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali.

In particolare, l’art. 1, co. 3, ha disposto che le scuole paritarie, svolgendo un servizio pubblico, accolgono chiunque, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi, compresi gli alunni e gli studenti con handicap.

Il co. 4, ha, inoltre, fissato i requisiti in base ai quali le scuole non statali sono riconosciute, a domanda, scuole paritarie (e, pertanto, sono abilitate al rilascio di titoli di studio aventi valore legale). Tra questi, in particolare, per quanto qui più interessa:

·     disponibilità di locali, arredi e attrezzature didattiche conformi alle norme vigenti (lett. b));

·     iscrizione alla scuola per tutti gli studenti che ne facciano richiesta, purché in possesso di adeguato titolo di studio (lett. d));

·     applicazione delle norme vigenti in materia di inserimento di studenti con handicap o in condizioni di svantaggio (lett. e)).

 

Nella normativa vigente, l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità si realizza in tutti i gradi dell’istruzione all’interno delle classi ordinarie, secondo i princìpi stabiliti dalla legge quadro 104/1992 (in particolare, artt. da 12 a 16, poi confluiti negli artt. da 312 a 325 del d.lgs. 297/1994).

In particolare, all'individuazione dell'alunno come persona disabile ed all'acquisizione della documentazione risultante dalla diagnosi funzionale, fa seguito la redazione di un profilo dinamico-funzionale ai fini della formulazione di un piano educativo individualizzato, alla cui definizione provvedono congiuntamente, con la collaborazione dei genitori, gli operatori delle aziende sanitarie e il personale insegnante specializzato della scuola (art. 314, d.lgs. 297/1994).

Ulteriori strumenti per favorire l’integrazione scolastica, oltre alla fornitura degli ausili tecnici indispensabili all’alunno ed al citato progetto educativo, sono costituiti dal supporto degli insegnanti di sostegno, che affiancano i docenti curriculari e sono forniti di titolo di specializzazione (art. 325 del d.lgs. 297/1994).

Nella seduta antimeridiana della 7^ Commissione del Senato del 3 maggio 2016, il rappresentante del Governo ha fatto presente che con tale previsione “si intende rimediare all'impedimento registratosi di fatto alla libera scelta da parte delle famiglie con figli disabili rispetto alla tipologia di istituto scolastico cui iscrivere i propri figli”[26].

Nella seduta pomeridiana dello stesso giorno ha fatto altresì presente che “il contributo di 12,2 milioni di euro (….) si somma al contributo generale” e che “attualmente non esiste un finanziamento specifico per gli alunni affetti da disabilità, benché il loro numero sia utilizzato quale parametro per la ripartizione dei fondi alle scuole paritarie[27].

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 1, co. 14, della già citata L. 62/2000 ha autorizzato uno stanziamento di £ 7 mld annui (circa € 3,6 mln) a sostegno delle scuole che accolgono alunni con handicap. In relazione a tale stanziamento, il Consiglio di Stato, Adunanza della Sezione II, 20.12.2000, n. 1178/2000, ha chiarito che la relativa autorizzazione di spesa si riferisce alle scuole statali e paritarie insieme.

Si ricorda, altresì, che per le scuole primarie paritarie convenzionate (ai sensi dell’art. 1-bis, co. 6, del D.L. 250/2005-L. 27/2006) il DPR 23/2008, dopo aver disposto che con la stipula della convenzione l'amministrazione scolastica si obbliga a corrispondere all'ente gestore della scuola paritaria convenzionata un contributo annuo, la cui misura è fissata con decreto ministeriale (art. 2, co. 3), prevede, per quanto qui più specificamente interessa, che lo stesso contributo viene assegnato avuto riguardo, oltre che al numero di classi con una composizione minima di dieci alunni ciascuna, al numero di ore di sostegno per gli alunni disabili previste dal piano educativo individualizzato e al numero di ore di insegnamento integrativo necessarie per alunni in difficoltà di apprendimento su progetto aggiuntivo (art. 4, co. 1).

 

Con riferimento ai criteri per l’assegnazione dei contributi statali alle scuole paritarie (anche convenzionate)[28], si ricorda che l’art. 1, co. 636, della L. 296/2006 ne ha demandato la definizione a un decreto annuale del Ministro della pubblica istruzione, stabilendo che gli stessi sono attribuiti, in via prioritaria, alle strutture che svolgono il servizio scolastico senza fini di lucro e che l’ordine di concessione è: scuole dell'infanzia, primarie e secondarie di primo e secondo grado.

Da ultimo, per l’a.s. 2014/2015 è intervenuto il DM 313 del 22 aprile 2015, i cui artt. 2 e 3 hanno stabilito che lo stanziamento è ripartito con D.D.G. tra gli USR (e la regione autonoma per la Valle d’Aosta) sulla base della consistenza delle scuole paritarie, delle classi o sezioni e degli alunni, e che conseguentemente i direttori generali degli USR predispongono un piano regionale di erogazione dei contributi. Inoltre, l’art. 8  ha disposto che alle scuole paritarie di ogni ordine e grado che accolgono alunni con certificazione di handicap riconosciuto ai sensi della L. 104/1992 è assegnato un contributo annuale per ciascun alunno certificato, determinato a livello regionale sulla base dei dati comunicati, previa acquisizione delle certificazioni e verifica della loro rispondenza ai parametri previsti dalla stessa L. 104/1992. L’art. 6 ha disciplinato l’assegnazione dei contributi alle scuole primarie paritarie convenzionate, in termini sostanzialmente analoghi all’art. 4, co. 1, del DPR 23/2008[29].

 

In materia sono intervenute alcune pronunce giurisprudenziali: in particolare, con ordinanza numero 21122/13 il Tribunale civile di Roma, accogliendo la richiesta di condanna per discriminazione ai sensi della L. 67/2006 di una scuola paritaria che aveva rifiutato l'iscrizione di un alunno con disabilità perché la famiglia non era disposta a pagare le spese per l'insegnante di sostegno, ha sancito che “il costo dell’insegnamento di sostegno è posto a carico dello Stato e giammai potrebbe essere posto dagli istituti scolastici paritari a carico degli alunni portatori di handicap”. Ciò, alla luce dell’art. 1, co. 14, della L. 62/2000, e, in caso di dubbi interpretativi, dell’art. 33, quarto comma, della Costituzione. In altri termini, il ragionamento del Tribunale è stato che, poiché gli alunni di scuole statali non sostengono spese per l’insegnante di sostegno, nessuna richiesta in tal senso può essere rivolta alle famiglie di studenti disabili dalle scuole paritarie.

Più recentemente, la Corte di Cassazione, con sentenza 10821 del 16 maggio 2014 ha rigettato il ricorso proposto da una scuola paritaria avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 675 del 26 gennaio 2012 - che aveva riformato la sentenza del Tribunale di Roma n. 15389 del 15 luglio 2008, con la quale il MIUR era stato condannato a risarcire un istituto scolastico paritario delle spese sostenute per un docente di sostegno – evidenziando che, “poiché la scuola paritaria al fine di ottenere la chiesta parificazione deve assumere l'obbligo di garantire la integrazione scolastica delle persone disabili, ‘senza oneri per lo Stato’[30], non può avere titolo al rimborso della spesa di che trattasi, rientrando gli interventi di sostegno dei docenti specializzati per i disabili, tra gli obblighi specificamente assunti al momento del chiesto riconoscimento della parità”.

 

Per completezza, si ricorda, altresì, che, con sentenza n. 80/2010 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del co. 413 della L. 244/2007, nella parte in cui ha fissato un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno per le scuole statali, e del co. 414 della medesima legge nella parte in cui ha escluso la possibilità di assumere insegnanti di sostegno in deroga per le scuole statali, in presenza nelle classi di studenti con disabilità grave, una volta esperiti gli strumenti di tutela previsti dalla normativa vigente.

 

Occorre valutare se la previsione normativa recata dal comma 1 possa qualificarsi come uno stanziamento statale vincolato.

 

Si ricorda, infatti, che la competenza amministrativa relativa ai contributi alle scuole non statali è stata attribuita alle regioni dall’art. 138, co. 1, lett. e), del d.lgs. 112/1998 e che, su questa base la Corte costituzionale, con sentenza 50/2008, ha dichiarato incostituzionale, per violazione dell'autonomia legislativa e finanziaria delle regioni, l’art. 1, co. 635, della L. finanziaria 2007 (L. 296/2006) che, al fine di dare il necessario sostegno alla funzione pubblica svolta dalle scuole paritarie nell'ambito del sistema nazionale di istruzione, aveva disposto che, a decorrere dal 2007, gli stanziamenti, iscritti nelle UPB «Scuole non statali», erano incrementati complessivamente di 100 milioni di euro, da destinare prioritariamente alle scuole dell'infanzia[31].

 

Il comma 2 prevede che, ai fini della verifica del mantenimento della parità, il MIUR accerta annualmente il rispetto del requisito relativo all'applicazione delle norme vigenti in materia di inserimento di studenti con handicap o in condizioni di svantaggio (art. 1, co, 4, lett. e), L. 62/2000).

 

L’accertamento dell’originario possesso e della permanenza dei requisiti per il riconoscimento della parità è stato attribuito al Ministero dall’art. 1, co. 6, della già citata L. 62/2000[32].

Successivamente, l’art. 1-bis del D.L. 250/2005 (L. 27/2006) – oltre ad adeguare la disciplina delle scuole non statali recata dal d.lgs. 297/1994 alle disposizioni sulla parità scolastica introdotte dalla L. 62/2000, riconducendo le diverse tipologie di scuole non statali previste dal d.lgs. alle categorie di scuole paritarie riconosciute e scuole non paritarie – ha previsto che la frequenza delle scuole paritarie costituisce assolvimento del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione (di cui al D.lgs. 76/2005) e che la parità è riconosciuta con provvedimento del dirigente dell’ufficio scolastico regionale. Ha, inoltre, affidato ad un regolamento (intervenuto con il DM 29 novembre 2007, n. 267) la definizione delle modalità procedimentali per il riconoscimento della parità scolastica e per il suo mantenimento.

In particolare, l’art. 3 del DM 267/2007 prevede che il gestore o il rappresentante legale, entro il 30 settembre di ogni anno scolastico, deve dichiarare al competente ufficio scolastico regionale, fra l’altro, la permanenza del possesso dei requisiti richiesti. In caso di mancata osservanza di tale previsione, ovvero di irregolarità di funzionamento – intendendosi per tali, fra le altre, tutte quelle correlate alla carente rispondenza delle situazioni di fatto ai requisiti, nonché alle disposizioni vigenti in materia di esami di Stato – l'USR invita la scuola interessata, mediante comunicazione formale, a provvedere entro 30 giorni. Scaduto tale termine senza che la scuola abbia provveduto, lo stesso USR dispone gli opportuni accertamenti, all’esito dei quali, se la scuola non ha provveduto a ripristinare il requisito, l'USR provvede alla revoca del provvedimento con cui è stata disposta la parità.

In attuazione dell’art. 5 del medesimo DM, sono state emanate, con DM 10 ottobre 2008, n. 83, le Linee guida applicative del regolamento.

Inoltre, con nota 2135 del 30 marzo 2011 il MIUR ha invitato gli USR a predisporre piani annuali di vigilanza e ha indicato la documentazione che gli ispettori devono verificare.

Da ultimo, l’art. 1, co. 152, della L. 107/2015 ha previsto l’avvio, da parte del MIUR, di un piano straordinario di verifica della permanenza dei requisiti per il riconoscimento della parità scolastica, disponendo che la verifica riguarda, in particolare, la coerenza del piano dell’offerta formativa con quanto previsto dalla legislazione vigente e il rispetto della regolarità contabile, della pubblicità dei bilanci e della legislazione in materia di contratti di lavoro. Inoltre, la verifica deve individuare prioritariamente le scuole paritarie di secondo grado in cui il numero di diplomati è significativamente diverso dal numero di alunni che frequentano le classi iniziali o intermedie.

Ha previsto, altresì, la presentazione annuale al Parlamento, da parte del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di una relazione sugli esiti delle attività di verifica.

Il 3 dicembre 2015, rispondendo all’interrogazione 5-03567, il rappresentante del Governo ha evidenziato che, in attuazione di quanto previsto dalla L. 107/2015, era stato predisposto il Piano straordinario di verifica, su tutto il territorio nazionale, elaborato secondo gli orientamenti emersi nel corso del seminario su «La Buona scuola» e alla luce delle risultanze emerse nelle successive riunioni dei dirigenti tecnici. Ha inoltre fatto presente che, a seguito di ciò, il MIUR – con il decreto n.1070 del 16 ottobre – aveva costituito un Gruppo operativo di dirigenti tecnici con il compito di assicurare il coordinamento delle attività ispettive e che gli USR avevano già inviato circa 20 report nei quali erano indicate le iniziative da intraprendere tra le quali, in particolare, circa 532 verifiche ispettive.

Qui un comunicato stampa del MIUR del 7 dicembre 2015, che indica, fra l’altro, la mappa delle ispezioni per il 2015/2016.


 

Articolo 1-sexies
(Pagamento delle somme spettanti al personale scolastico per incarichi di supplenza breve e saltuaria)

 

L’articolo 1-sexies, introdotto durante l’esame al Senato, è finalizzato a garantire il tempestivo pagamento delle somme spettanti al personale della scuola (docente e amministrativo, tecnico ed ausiliario-ATA) per incarichi di supplenza breve e saltuaria[33], ferme restando le previsioni normative in materia di limiti di spesa e quelle volte a limitare il ricorso a tali incarichi.

 

Preliminarmente, si ricorda che l’art. 4, co. 4-septies, del D.L. 78/2010 (L. 122/2010) ha modificato il sistema di pagamento delle competenze per il personale scolastico – compreso, a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 7, co. 38, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012), il personale supplente breve – stabilendo che il pagamento delle competenze accessorie è effettuato congiuntamente con quello delle competenze fisse tramite ordini collettivi di pagamento (c.d. cedolino unico).

Pertanto, a partire dal bilancio 2011, gli stanziamenti relativi alle competenze fisse e accessorie per il personale della scuola sono stati allocati in un unico capitolo di ciascuno dei programmi di spesa dei vari gradi di istruzione[34].

A partire dal bilancio 2013, sono stati allocati in un unico capitolo di ciascuno dei programmi di spesa dei vari gradi di istruzione anche gli stanziamenti relativi alle competenze fisse e accessorie per le supplenze brevi[35].

 

Ripetutamente, peraltro, atti di sindacato ispettivo hanno messo in rilievo ritardi nella liquidazione dei compensi dovuti al personale docente e al personale ATA, per supplenze brevi: al riguardo, si vedano, in particolare, la risposta del 25 giugno 2014 all’interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-00903 e la risposta del 18 febbraio 2016 alle interrogazioni a risposta in Commissione 5-07112, 5-07033 e 5-07110.

Si ricorda anche, in materia, l’autorizzazione di spesa di € 64,1 mln per il 2014, per consentire il pagamento delle supplenze brevi e saltuarie riferite a periodi pregressi[36] disposta dall’art. 1, co. 695, della L. 190/2014 (legge di stabilità 2015).

Inoltre, l’art. 1, co. 696, della stessa L. 190/2014 ha affidato al MIUR il monitoraggio trimestrale delle spese per supplenze brevi e saltuarie del personale della scuola, le cui risultanze devono essere trasmesse, entro il mese successivo alla chiusura di ciascun trimestre, al Dipartimento della Ragioneria generale. Ha introdotto, altresì, una clausola di salvaguardia secondo cui, qualora si verifichino scostamenti rispetto alle previsioni di spesa, il MEF è autorizzato ad apportare, su proposta del MIUR, le occorrenti variazioni compensative tra le risorse destinate alle spese di funzionamento delle istituzioni scolastiche e quelle relative al pagamento delle supplenze brevi e saltuarie[37].

 

In particolare, il comma 1, nel ribadire il rispetto delle disponibilità di bilancio per il pagamento delle spese, fa anzitutto esplicitamente salve le disposizioni che fissano il limite massimo di spesa per supplenze brevi del personale docente e ATA in € 565 mln annui (art. 1, co. 129, della L. 311/2004) e quelle che prevedono che il dirigente scolastico può utilizzare il personale docente dell’organico dell’autonomia per la copertura delle supplenze temporanee fino a 10 giorni (art. 1, co. 85, L. 107/2015).

Richiama, inoltre, il rispetto di quanto dispone l’art. 1, co. 79, della stessa L. 107/2015, presumibilmente riferendosi al periodo dello stesso comma nel quale si prevede la possibilità di utilizzare i docenti in classi di concorso diverse da quelle per le quali sono abilitati, purché posseggano titoli di studio validi per l'insegnamento della disciplina e percorsi formativi e competenze professionali coerenti con gli insegnamenti da impartire e purché non siano disponibili nell'ambito territoriale docenti abilitati in quelle classi di concorso.

Al riguardo si ricorda anche che l’art. 1, co. 332 e 333, della già citata L. 190/2014 ha vietato, a decorrere dal 1° settembre 2015, il conferimento di supplenze brevi per il primo giorno di assenza dei docenti e per i primi 7 giorni di assenza dei collaboratori scolastici. Ha vietato, altresì (in ogni caso) il conferimento di supplenze brevi agli assistenti tecnici e agli assistenti amministrativi, salvo, per quest’ultima fattispecie, il caso di istituzioni scolastiche il cui relativo organico di diritto abbia meno di 3 posti[38].

 

Fermo restando quanto ricordato, si dispone che le istituzioni scolastiche, nonché le competenti articolazioni del MIUR e del MEF, agiscono, ciascuna per le parti di competenza, per garantire l’assegnazione delle risorse alle scuole e la corresponsione mensile delle somme spettanti al personale scolastico a tempo determinato per le prestazioni rese, in particolare, nell’ambito di incarichi di supplenza breve e saltuaria, entro termini che saranno fissati con apposito DPCM e, comunque, entro il trentesimo giorno successivo all’ultimo giorno del mese di riferimento.

Il DPCM deve essere emanato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, con il concerto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del Ministro dell’economia e delle finanze.

Si stabilisce, inoltre, che il rispetto dei termini previsti da tale decreto concorre alla valutazione dei dirigenti scolastici e di quelli delle amministrazioni coinvolte ed è fonte di responsabilità dirigenziale, in caso di violazioni riscontrate riconducibili a cause imputabili al loro operato.

 

Il comma 2, al fine di assicurare un’efficiente e corretta gestione del personale supplente, prevede l’attribuzione di un codice identificativo univoco al personale docente e ATA destinatario di incarichi di supplenza breve e saltuaria, che rimane invariato lungo tutta la vita lavorativa, fino all’eventuale immissione in ruolo. Dispone, altresì, che è garantita la corrispondenza fra il codice e le partite stipendiali.

Al riguardo, nella seduta pomeridiana della 7^ Commissione del Senato del 3 maggio 2016, il rappresentante del Governo ha precisato che “il codice identificativo consente di velocizzare la gestione informatica dei contratti senza incidere in alcun modo sulle graduatorie. Si tratta peraltro di una misura che trova applicazione per il futuro mentre il Ministero si sta adoperando per risolvere le questioni pregresse”.

 


 

Articolo 1-septies
(Ordinamento professionale dei periti industriali)

 

L’articolo 1-septies, introdotto durante l’esame al Senato, interviene sulla disciplina relativa all’ordinamento professionale dei periti industriali, in particolare innalzando il titolo di studio richiesto per l’accesso alla professione – pur con alcune previsioni transitorie di salvaguardia – e sopprimendo i requisiti previsti per la partecipazione all’esame di Stato relativi al periodo di pratica e/o formazione professionale.

A tal fine, apporta modifiche alla L. 17/1990 e introduce nuove disposizioni.

 

Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che, in base agli artt. 1 e 2 della L. 17/1990, il titolo di perito industriale spetta a coloro che abbiano conseguito lo specifico diploma negli istituti tecnici.

L’esercizio della libera professione di perito industriale è riservato a coloro che, avendo conseguito, a seguito di superamento di un apposito esame di Stato, l’abilitazione professionale, si iscrivono nell’albo professionale.

In particolare, in base all’art. 2, co. 3, possono partecipare all’esame di Stato per il conseguimento dell’abilitazione professionale coloro che abbiano almeno uno dei seguenti requisiti: a) svolgimento, per almeno 3 anni di attività tecnica subordinata, anche al di fuori di uno studio tecnico professionale, con mansioni proprie della specializzazione relativa al diploma; b) frequenza di una scuola superiore biennale diretta a fini speciali, finalizzata al settore della specializzazione relativa al diploma; c) svolgimento di un periodo biennale di formazione e lavoro con mansioni proprie della specializzazione relativa al diploma; d) svolgimento di un periodo di pratica biennale con collaborazione all’espletamento di pratiche rientranti nelle competenze professionali della specializzazione relativa al diploma. In base all’art. 2, co. 4, i periodi di formazione e lavoro e di pratica devono essere svolti presso un perito industriale, un ingegnere o un altro professionista che eserciti l’attività nel settore della specializzazione relativa al diploma del praticante, o in un settore affine, iscritti nei rispettivi albi professionali da almeno 5 anni.

In seguito, l'art. 9, co. 6, del D.L. 1/2012 (L. 27/2012), ha stabilito che la durata del tirocinio previsto per l'accesso alle professioni regolamentate non può essere superiore a 18 mesi. Nello stesso senso dispone anche l’art. 6 del DPR 137/2012. Pertanto, tutti i periodi di praticantato sopra esposti, sono ricondotti a 18 mesi.

A sua volta, l’art. 55, co. 1 e 2, del DPR 328/2001 ha disposto, per quanto qui interessa, che all’esame di Stato per la professione di perito industriale si può accedere, oltre che con i titoli e tirocini previsti dalla normativa (all’epoca) vigente (tra cui, in particolare, la L. 17/1990), anche con determinati diplomi di laurea, comprensiva di un tirocinio di sei mesi[39].

Ai sensi del co. 4, agli iscritti all’albo in possesso del diploma di laurea spetta il titolo professionale di perito industriale laureato.

In base al co. 3 – come modificato dall’art. 1, co. 52, della L. 107/2015 – possono, altresì, partecipare all’esame di Stato coloro i quali, in possesso dello specifico diploma conseguito negli istituti tecnici, abbiano frequentato con esito positivo corsi di istruzione e formazione tecnica superiore, a norma del DM 436/2000 della durata di quattro semestri[40], oppure i percorsi formativi degli Istituti tecnici superiori, comprensivi di tirocini non inferiori a sei mesi, coerenti con le attività libero professionali previste dall'albo dei periti industriali.

Infine, ai sensi dell’art. 8, co. 3, dello stesso DPR 328/2001, sono ammessi a sostenere gli esami di Stato per il profilo di perito industriale anche i soggetti in possesso di determinati diplomi universitari triennali[41].

L’Ordinanza ministeriale per l’indizione della sessione 2016 finalizzata al conseguimento dell’abilitazione all'esercizio della libera professione di perito industriale e di perito industriale laureato è stata pubblicata nella GU 4^ serie speciale n. 30 del 15 aprile 2016. In particolare, la tab. D allegata all’Ordinanza indica la corrispondenza con le classi di laurea rideterminate ai sensi del DM 16 marzo 2007.

In base all’art. 8 dell’Ordinanza, le prime due prove si svolgeranno in tutte le sedi il 27 e 28 ottobre 2016.

 

Rispetto al quadro così descritto, il comma 1, lett. a), modifica la disciplina concernente il titolo di perito industriale, stabilendo che esso spetta (non più a coloro che abbiano conseguito lo specifico diploma negli istituti tecnici), ma a coloro che siano in possesso della laurea di cui all’art. 55, co. 1, del DPR 328/2001 (che, tuttavia, non reca l’elenco delle specifiche classi di laurea, contenuto, piuttosto, al co. 2 del medesimo art. 55).

Al fine indicato, novella l’art. 1, co. 1, della L. 17/1990.

 

Conseguentemente, il comma 1, lett. b), modifica negli stessi termini il titolo di studio richiesto per l’iscrizione nell’albo, novellando l’art. 2, co. 1, lett. e), della medesima L. 17/1990.

 

Al co. 1, lett. a) e b), occorrerebbe, pertanto, richiamare anche il co. 2 dell’art. 55 del DPR 328/2001 e dopo le parole “decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001, n. 328” occorrerebbe aggiungere le parole “, comprensiva di un tirocinio di sei mesi di cui all'articolo 55, comma 1, del medesimo decreto del Presidente della Repubblica”.

 

Coerentemente, la lett. c) del comma 1 dispone l’abrogazione dei commi 3 e 4 dell’art. 2 della L. 17/1990 che, come si è visto ante, disciplinano i requisiti per la partecipazione all’esame di Stato relativi al periodo di pratica e/o formazione professionale.

 

Infine, il comma 1, lett. d), abroga l’art. 3, co. 3, della L. 17/1990, in base a cui hanno titolo all’iscrizione nell’albo professionale dei periti industriali, a semplice richiesta, i periti industriali che abbiano conseguito l’abilitazione professionale prima dell’entrata in vigore del D.L. 9/1969 (L. 119/1969), concernente il riordino degli esami di Stato di maturità, di abilitazione e di licenza della scuola media.

Il D.L. 9/1969 è stato abrogato dal combinato disposto del comma 1 dell’art. 1 e dell’allegato al d.lgs. 212/2010.

 

Il comma 2 stabilisce la disciplina transitoria, senza novellare la L. 17/1990. In particolare, confermando l’efficacia ad ogni effetto dei periodi di praticantato svolti e dei provvedimenti adottati dagli organi professionali dei periti industriali prima dell’entrata in vigore della L. 17/1990 – prevista dall’art. 3, co. 2, della stessa L. 17/1990, che viene esplicitamente richiamato – garantisce anche l’efficacia a ogni effetto di legge, per un periodo di cinque anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, dei periodi di praticantato già svolti e dei titoli di studio già conseguiti, validi ai fini dell’ammissione all’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della libera professione, nonché dei provvedimenti adottati dagli organi professionali dei periti industriali e dei periti industriali laureati, secondo le disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge. Conservano, altresì, il diritto di accedere all’esame di Stato per l’abilitazione anche i soggetti che conseguono –entro il medesimo termine di 5 anni dalla data di entrata in vigore della legge – un titolo di studio valido a tal fine, ai sensi della normativa previgente le modifiche proposte con il comma 1.

 


 

Articolo 2 e articolo 3, comma 2
(Scuola sperimentale di dottorato internazionale Gran Sasso Science Institute)

 

L’articolo 2, non modificato durante l’esame al Senato, individua le risorse finanziarie necessarie per la stabilizzazione della Scuola sperimentale di dottorato internazionale Gran Sasso Science Institute (GSSI), conseguentemente abrogando le previsioni relative alla proroga dell’operatività della medesima Scuola per il triennio accademico 2016-2018, recate dal D.L. 210/2015 (L. 21/2016). Reca, inoltre, disposizioni in materia di reclutamento della medesima Scuola.

La copertura dell’onere è individuata dall’articolo 3, comma 2.

 

Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che l’art. 31-bis del D.L. 5/2012 (L. 35/2012) ha istituito la Scuola GSSI in via sperimentale per un triennio a decorrere dall’a.a. 2013/2014.

In base alla norma istitutiva, che ha indicato come soggetto attivatore l’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN), la Scuola ha lo scopo di attrarre competenze specialistiche di alto livello nel campo delle scienze di base e dell'intermediazione tra ricerca e impresa (fisica, matematica e informatica, gestione dell'innovazione e dello sviluppo territoriale), attraverso attività didattica post-laurea, e di formare ricercatori altamente qualificati. In particolare, attiva corsi di dottorato di ricerca e attività di formazione post-dottorato.

Ai fini indicati, è stata autorizzata la spesa di € 12 mln per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015[42].

E’ stato, altresì, previsto che, allo scadere del triennio di sperimentazione, la Scuola poteva assumere carattere di stabilità, previo reperimento delle adeguate risorse finanziarie con apposito provvedimento legislativo; a tal fine, sono stati previsti come elementi necessari la valutazione dei risultati conseguiti, operata dall'ANVUR, e un decreto di riconoscimento e approvazione da parte del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

 

Successivamente, l’art. 3-bis del D.L. 210/2015 (L. 21/2016) – novellando il citato art. 31-bis – ha prorogato per un triennio (accademico) l’operatività della Scuola. A tal fine, è stata autorizzata la spesa di € 3 mln per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, ad integrazione delle risorse assegnate con delibera del CIPE n. 76 del 6 agosto 2015 (€ 18 mln per il triennio 2016-2018).

Al riguardo, si ricorda, tuttavia, che – come già evidenziato nel dossier del Servizio Studi della Camera n. 386/2 dell’8 febbraio 2016 –, la medesima delibera CIPE ha previsto che l’efficacia dell’assegnazione delle risorse era subordinata alla realizzazione delle condizioni previste per il riconoscimento alla Scuola del carattere di stabilità – ossia, il reperimento della completa copertura del fabbisogno finanziario, la valutazione dei risultati da parte dell’ANVUR, la successiva adozione del decreto di riconoscimento e approvazione del GSSI da parte del MIUR –, e che il mancato conseguimento entro il 31 marzo 2016 di tali condizioni avrebbe comportato la rimodulazione, da parte del CIPE, delle medesime risorse.

 

L’11 novembre 2015, il Consiglio direttivo dell’ANVUR ha espresso parere favorevole sull’accreditamento della Scuola GSSI come istituto universitario ad ordinamento speciale, pur formulando alcune raccomandazioni di cui si è riservata di verificare la traduzione in comportamenti e risultati nell’ambito della valutazione periodica da svolgere nel 2017. Fra le raccomandazioni vi è quella relativa all’acquisizione, nel 2017, di piena autonomia da Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (S.I.S.S.A.), Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento “S. Anna” di Pisa e Scuola IMT (Istituzioni, Mercati, Tecnologie) Alti Studi di Lucca[43], attraverso il reclutamento di docenti di alto profilo scientifico a livello internazionale. In particolare, considerato che gli studenti dei corsi di dottorato dei tre cicli iniziati ammontano a 115, e assumendo che tale numero rimanga lo stesso, a regime saranno necessari da 30 a 50 docenti strutturati. Pertanto, “è essenziale che nel 2017 siano stati reclutati, o avviate le procedure per il reclutamento di almeno cinque docenti per ogni corso di dottorato”.

Un’ulteriore raccomandazione attiene allo sviluppo, in maniera significativa e con successo, della partecipazione a bandi competitivi nazionali e internazionali.

 

In particolare, l’articolo 2, comma 1, dispone che per la stabilizzazione della Scuola GSSI è assegnato un contributo di € 3 mln annui a decorrere dal 2016, ad integrazione della già citata delibera CIPE n. 76 del 6 agosto 2015.

Per la copertura degli oneri, l’articolo 3, comma 2, dispone che si provvede, per ciascun anno, quanto a € 2 mln, mediante corrispondente riduzione delle risorse relative al Fondo di finanziamento ordinario delle università (FFO, cap. 1694 MIUR) e, quanto a € 1 mln, mediante corrispondente riduzione del Fondo per il finanziamento degli enti di ricerca finanziati dal MIUR (FOE, cap. 7236 MIUR).

Si tratta delle stesse modalità di copertura dell’onere previste (per il triennio 2016-2018) dall’art. 3-bis del D.L. 210/2015.

 

Al riguardo si ricorda che l’art. 4 del DM 10 agosto 2015, n. 599, recante il riparto del Fondo ordinario per gli enti di ricerca finanziati dal MIUR per il 2015, aveva, invece, stabilito che, nelle more dell’adozione del decreto di riconoscimento della Scuola GSSI, all’INFN sarebbe stata destinata una quota di € 2 mln per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, al fine di assicurare il finanziamento della medesima Scuola, quale quota di cofinanziamento dell’assegnazione finanziaria del CIPE[44].

Tale assegnazione era stata richiamata nella premessa della Delibera CIPE n. 76 del 6 agosto 2015, nella quale si evidenziava che l’importo complessivo stimato per il funzionamento della Scuola per il triennio 2016-2018 era di € 27 mln (€ 9 mln annui)[45]. Dalla stessa premessa risultava anche che € 1 mln per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018 sarebbe stato assicurato a valere sulle ordinarie risorse di bilancio dell’INFN.

 

La relazione tecnica all’A.S. 2299 specificava che lo stanziamento previsto di € 3 mln annui è sostanzialmente destinato ad assunzioni di personale docente, a decorrere dal 2016 (v. anche infra), mentre per le spese (stimate in € 6 mln annui) per borse di studio, attività di ricerca e ulteriori attività necessarie all’operatività del GSSI si utilizzeranno, per il triennio 2016-2018, le risorse di cui alla delibera CIPE 76/2015. Successivamente al 2018, a tali spese si farà fronte “con la capacità del GSSI di reperire fondi attraverso la partecipazione a bandi competitivi nazionali e internazionali, come raccomandato dall’ANVUR, fermo restando che la prosecuzione delle attività del GSSI oltre il 2018 è subordinata alle valutazioni periodiche dei risultati ottenuti, previste dalla relazione dell’ANVUR e dalle norme vigenti”.

Peraltro, il già citato parere dell’ANVUR, nel ricordare che il costo previsto per il triennio 2016-2018 riportato nell’analisi del fabbisogno finanziario predisposta dallo stesso GSSI ammonta a € 30 mln (€ 10 per anno), evidenzia, tra l’altro, che tali costi “non includono gli investimenti in attrezzature scientifiche specialistiche e in e-resources” e che “il numero previsto di assunzioni” (docenti e ricercatori per complessivi 20 punti organico equivalenti) “sembra insufficiente a coprire le necessità della Scuola”.

 

L’articolo 2, comma 2, dispone che il finanziamento è reso disponibile dopo l’adozione del decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca (di cui all’art. 31-bis del D.L. 5/2012) con il quale la Scuola GSSI assume carattere di stabilità. Al riguardo, specifica che la Scuola assumerà la veste giuridica di Istituto universitario ad ordinamento speciale.

 

Gli Istituti universitari statali ad ordinamento speciale, originariamente disciplinati dal Titolo II del R.D. 1592/1933, sono, attualmente, la Scuola Normale Superiore di Pisa, la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (S.I.S.S.A.) di Trieste (D.P.R. 102/1978), la Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento “S. Anna” di Pisa (L. 41/1987), l’Istituto Universitario di Studi Superiori (I.U.S.S.) di Pavia (D.M. 8 luglio 2005), la Scuola IMT (Istituzioni, Mercati, Tecnologie) Alti Studi di Lucca (D.M. 18 novembre 2005), l’Istituto Italiano di Scienze Umane di Firenze (D.M. 18 novembre 2005), l’Università per stranieri di Perugia[46], l’Università per stranieri di Siena (L. 204/1992).

Ad essi si affianca, quale istituto non statale di istruzione universitaria con ordinamento speciale, l’Università per stranieri “Dante Alighieri”, con sede a Reggio Calabria (D.M. 504/2007).

Da ultimo, l’art. 2 della L. 240/2010 – che ha fissato gli indirizzi per la revisione degli statuti delle università statali riguardo a composizione, durata e funzioni degli organi, nonché all’organizzazione interna – ha disposto, al co. 3, che gli istituti di istruzione universitaria ad ordinamento speciale adottano proprie modalità organizzative, pur nel rispetto dei principi di semplificazione, efficienza, efficacia, trasparenza dell'attività amministrativa e accessibilità delle informazioni relative all'ateneo, e fatto salvo il controllo di legittimità e di merito degli statuti e dei regolamenti di ateneo, da parte del Ministro.

 

L’articolo 2, comma 3, autorizza la Scuola GSSI, fino al 31 dicembre 2020, a reclutare personale, anche in deroga alla misura delle assunzioni per ciascun ateneo previste per il triennio 2015-2017 con il DPCM 31 dicembre 2014, purché entro il limite massimo di spesa per il personale, fissato dall’art. 5, co. 6, del d.lgs. 49/2012, e “pari all’80 per cento dei contributi ordinari statali”.

 

Con riguardo alla deroga, la relazione tecnica all’A.S. 2299 evidenziava che l’applicazione delle regole generali alla Scuola GSSI “non consentirebbe alcun tipo di reclutamento, in quanto l’organico di partenza su cui calcolare le facoltà assunzionali è pari a zero”. La stessa specificava, altresì, che la previsione del termine del 31 dicembre 2020 si rende necessaria per consentire, allo scadere dei relativi contratti triennali (non rinnovabili) che saranno avviati nel 2017, l’assunzione come professori associati dei ricercatori di “tipo b” in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale.

Evidenziava, inoltre, che, poiché, in base ai requisiti previsti per l’accreditamento iniziale degli Istituti universitari ad ordinamento speciale dal DM 439/2013, la Scuola GSSI deve possedere, a regime, un numero minimo di 100 studenti di dottorato (art. 3, co. 1, lett. b), capoverso II), un professore ogni 8 studenti (art. 3, co. 1, lett. c), capoverso I), e un numero di ricercatori e assegnisti di ricerca pari almeno al doppio dei professori (art. 3, co. 1, lett. c), capoverso II), la struttura dell’organico dovrà essere composta da almeno 13 professori e 26 fra ricercatori e assegnisti, ai quali occorre aggiungere un organico base per il funzionamento amministrativo (indicato, a titolo esemplificativo, in 10 unità di personale tecnico-amministrativo), per un costo complessivo stimato pari a € 2,4 mln, corrispondente all’80% del contributo statale.

Con riferimento alla disciplina generale relativa alle assunzioni universitarie, si ricorda che l’art. 7 del d.lgs. 49/2012 ha individuato, limitatamente all’anno 2012, le combinazioni dei livelli degli indicatori di spesa per il personale e di spesa per indebitamento rilevanti, per ciascun ateneo, per la determinazione, tra l’altro, della misura delle assunzioni di personale a tempo indeterminato e del conferimento di contratti di ricerca a tempo determinato, rimettendo ad un DPCM, da emanare con cadenza triennale, entro il mese di dicembre antecedente al successivo triennio di programmazione, la definizione della disciplina applicabile agli anni successivi.

In seguito, l’art. 14, co. 3, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012), introducendo il co. 13-bis nell’art. 66 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008), ha fissato le misure percentuali di turn-over valide con riferimento “al sistema” delle università nel suo complesso[47] e ha previsto che all’attribuzione del contingente di assunzioni spettante a ciascun ateneo si provvede con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, “tenuto conto di quanto previsto dall’art. 7 del d.lgs. 49/2012”.

Il DPCM previsto dall’art. 7 del d.lgs. 49/2012 è intervenuto il 31 dicembre 2014 con riferimento al triennio 2015-2017[48].

Con questo, in particolare, è stata ritenuta “l'opportunità di assicurare ad ogni ateneo un contingente minimo assunzionale per una spesa media pari al 30 per cento di quella relativa al personale cessato dal servizio nell'anno precedente e, esclusivamente per le università con migliori indicatori di bilancio, la possibilità di disporre di maggiori margini assunzionali proporzionali alla situazione di bilancio”. Per gli istituti universitari ad ordinamento speciale, la maggiorazione è determinata fino a concorrenza dei limiti di spesa fissati per il turn-over del sistema universitario a livello nazionale e non può comunque determinare annualmente un’attribuzione di facoltà assunzionali a livello di singola istituzione superiore al 5% della spesa equivalente del personale a tempo indeterminato e dei ricercatori a tempo determinato in servizio al 31 dicembre dell'anno precedente.

Ciò è valido, come sottolineava la relazione illustrativa all’A.S. 2299, “per le istituzioni che già hanno un organico stabile”.

 

Come già accennato, il comma 3 precisa che il reclutamento è comunque soggetto al limite massimo di spesa per il personale, fissato dall’art. 5, co. 6, del d.lgs. 49/2012, e “pari all’80 per cento dei contributi ordinari statali”.

 

Al riguardo, preliminarmente si ricorda che l’art. 5, co. 1, del d.lgs. 49/2012 ha definito l’indicatore per la determinazione del limite massimo all’incidenza delle spese per il personale delle università come rapporto tra le spese di personale (sostenute dall’ateneo nell’anno di riferimento) e la “somma algebrica” dei contributi statali per il funzionamento e delle tasse, soprattasse e contributi universitari (rispettivamente, assegnati o riscossi nello stesso anno).

Il co. 6 ha fissato il limite massimo di tale indicatore nella misura dell’80 per cento.

 

Dunque, il riferimento effettuato dal testo ai soli “contributi ordinari statali” – e non anche a tasse, soprattasse e contributi universitari – sembrerebbe derivare dal fatto che, nel trascorso triennio accademico 2013-2015, la Scuola GSSI non ha avuto entrate derivanti dalle tasse di iscrizione.

Infatti, i bandi per l’accesso ai cicli XXIX, XXX, XXXI della Scuola specificavano che “tutti gli allievi sono esentati dal pagamento delle tasse di iscrizione”.

 

In ogni caso, sembrerebbe opportuno – anche perché la disposizione opera pro futuro – allineare il contenuto dell’art. 2, co. 3, alle disposizioni recate dell’art. 5, co. 6, del d.lgs. 49/2012 (norma, peraltro, cui il testo già si riferisce).

 

L’articolo 2, comma 4, abroga e sopprime le novità introdotte nell’art. 31-bis del D.L. 5/2012 con l’art. 3-bis del D.L. 210/2015.

 

Si segnala l’opportunità di abrogare anche l’art. 3-bis del D.L. 210/2015 (L. 21/2016).

 


 

Articolo 2-bis
(Scuole di specializzazione non mediche)

 

L’articolo 2-bis, introdotto durante l’esame al Senato, prevede che, nelle more di una definizione organica della materia, le scuole di specializzazione per veterinari, odontoiatri, farmacisti, biologi, chimici, fisici e psicologi sono attivate “in deroga alle disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 8 della legge 29 dicembre 2000, n. 401”. Da tale previsione non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

La previsione sembrerebbe finalizzata a superare la rilevazione annuale del fabbisogno, prevista anche ai fini della ripartizione delle borse di studio.

 

Si ricorda, infatti, che la disposizione alla quale si intende derogare riguarda non l’attivazione delle scuole di specializzazione indicate, bensì la determinazione del numero di laureati appartenenti alle categorie indicate che possono essere iscritti alle medesime scuole: in particolare, dispone che tale numero è determinato ogni tre anni secondo le medesime modalità previste per i medici dall'art. 35 del d.lgs. 368/1999, ferma restando la rilevazione annuale del fabbisogno anche ai fini della ripartizione annuale delle borse di studio.

Per i medici, l’art. 35 del d.lgs. 368/1999 - come modificato, da ultimo, dall’art. 21, co. 2-bis, lett. b), del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) - prevede la determinazione triennale sia del fabbisogno che del numero di unità da ammettere alle scuole di specializzazione: in particolare, per quanto qui più interessa, dispone che con cadenza triennale ed entro il 30 aprile del terzo anno, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, tenuto conto delle relative esigenze sanitarie e sulla base di una approfondita analisi della situazione occupazionale, individuano il fabbisogno dei medici specialisti da formare comunicandolo al Ministero della salute e al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Entro il 30 giugno del terzo anno il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell’università e della ricerca e con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-regioni, determina il numero globale degli specialisti da formare annualmente, per ciascuna tipologia di specializzazione[49]. In relazione a tale decreto, il Ministro dell'istruzione, dell’università e della ricerca, acquisito il parere del Ministro della salute, determina il numero dei posti da assegnare a ciascuna scuola di specializzazione accreditata.

 

L’attivazione di corsi di studio, inclusi i corsi di specializzazione, è, invece, disciplinata dal d.lgs. 19/2012, che ha previsto un sistema di accreditamento iniziale e periodico. In particolare, ai sensi dell’art. 5, per accreditamento iniziale si intende l'autorizzazione all'Università da parte del Ministero ad attivare sedi e corsi di studio, a seguito della verifica del possesso dei requisiti didattici, strutturali, organizzativi, di qualificazione dei docenti e della ricerca, nonché di sostenibilità economico - finanziaria.

Le modalità di accreditamento sono state definite con DM 30 gennaio 2013 n. 47.

 

Con riferimento alla deroga proposta, si ricorda che, con sentenza n. 6037 del 17 dicembre 2013 della Sezione VI, il Consiglio di Stato, evidenziata l’inerzia dell’Amministrazione nel dar seguito a quanto previsto dall’art. 8, co. 1, della L. 401/2000, aveva ordinato al Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e il Ministro dell’economia e delle finanze, nonché, per quanto di successiva competenza, al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di assumere le determinazioni di cui all’art. 8 della L. 401/2000 e all’art. 35 del d.lgs. 368/1999, entro 90 giorni dalla data di comunicazione della decisione. Inoltre, aveva nominato sin da allora, per il caso di persistente, ulteriore, inadempimento, un Commissario ad acta nella persona del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri o di un suo delegato, disponendo che lo stesso avrebbe dovuto dare effettiva esecuzione alla sentenza nel successivo termine di 90 giorni.

Il 24 febbraio 2015, la stessa Sezione aveva adottato l’ordinanza n. 012263/2015 con la quale, dato atto che il sottosegretario aveva nominato, quale delegato per l’esecuzione, il dott. Massimiliano Cosenza, Coordinatore del Servizio V dell’Ufficio di Segreteria della Conferenza permanente, ed evidenziato che la procedura non era stata definita, nonostante fosse scaduto il temine assegnato, sottolineava la necessità che il commissario ad acta ponesse in essere i propri poteri sollecitatori e sostitutivi per la conclusione del procedimento. In particolare, disponeva che, venendo in rilievo competenze di più amministrazioni, appartenenti a diversi livelli istituzionali di governo, il commissario avrebbe valutato l’opportunità di fissare, nei tempi strettamente necessari, una “conferenza di servizi” convocando i responsabili delle amministrazioni interessate affinché si adottasse l’atto finale.

Il 7 maggio 2015 nell’ambito della Conferenza Stato-regioni è stato raggiunto l’accordo per la determinazione, fra l’altro, del fabbisogno di specialisti di cui all’art. 8, co. 1, della L. 401/2000 per gli a.a. dal 2014/2015 al 2016/2017.

Il decreto interministeriale non è, però, intervenuto.

Da ultimo, il 17 marzo 2016 la CRUI ha approvato una mozione nella quale, ricordato il blocco dei bandi per le scuole di specializzazione non mediche, ed evidenziato che, per effetto dello stesso, migliaia di laureati sono stati posti nella condizione di non poter entrare nei percorsi di formazione specialistica, ha fatto presente che occorre prendere atto, nell’attuale fase economica del Paese, dell’impossibilità di procedere al riconoscimento della borsa di studio prevista per i medici anche ai biologi, chimici, fisici, farmacisti, psicologi, odontoiatri e veterinari. Conseguentemente, ha chiesto l’abrogazione dell’art. 8, co. 1, della L. 401/2000, anche superando la determinazione dei fabbisogni formativi previsti dallo stesso.

 


 

Articolo 2-ter
(Crediti formativi universitari per studenti degli Istituti tecnici superiori)

 

L’articolo 2-ter introdotto durante l’esame al Senato, diminuisce il limite minimo dei crediti formativi universitari (CFU) da riconoscere, a conclusione dei percorsi realizzati dagli Istituti tecnici superiori (ITS), agli studenti che intendono iscriversi ad un corso universitario.

 

A tal fine, novella l’art. 1, co. 51, della L. 107/2015 che, affidando ad un decreto recante regolamento (art. 17, co. 3, L. 400/1988) del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentiti i Ministri competenti, la definizione dei criteri per il riconoscimento di tali crediti, ha disposto che l’ammontare degli stessi non può essere comunque inferiore a 100 per i percorsi della durata di quattro semestri e a 150 per i percorsi della durata di sei semestri[50].

Il decreto recante i criteri per il riconoscimento dei CFU doveva essere adottato entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della L. 107/2015. La relazione illustrativa al progetto di legge (A.C. 2994) specificava che l’intervento si rendeva necessario per superare la situazione nella quale le università partecipanti alle fondazioni ITS riconoscevano i crediti, sulla base di apposite convenzioni, limitatamente ai diplomati dell’ITS di cui facevano parte.

 

Rispetto al quadro vigente, si prevede ora che l’ammontare dei crediti da riconoscere non può essere inferiore a 40 CFU per i percorsi della durata di quattro semestri e a 62 CFU per i percorsi della durata di sei semestri.

 

Nella seduta antimeridiana della 7^ Commissione del Senato del 3 maggio 2016, il rappresentante del Governo ha fatto presente che “Ciò si è reso necessario poiché l'attuale numero di crediti non consente alcuna valutazione da parte delle singole università in termini di corrispondenza tra gli studi svolti dallo studente presso l'ITS e gli esami riconosciuti ai fini dell'accesso al corso di laurea prescelto”.

 

 

Articolo 2-quater
(Compensi per le commissioni esaminatrici dei concorsi per docenti in corso di svolgimento)

 

L’articolo 2-quater, introdotto durante l’esame al Senato, prevede la (ri)definizione, rispetto a quanto previsto a legislazione vigente, dei compensi per i componenti delle commissioni esaminatrici dei concorsi banditi a seguito dell’art. 1, co. 114, della L. 107/2015[51], al fine di incrementarli.

Si è, dunque, in presenza di un intervento circoscritto alla procedura concorsuale in atto, ferme restando le previsioni generali.

Nella seduta antimeridiana della 7^ Commissione del Senato del 3 maggio 2016, il rappresentante del Governo ha fatto presente che “vengono di fatto raddoppiati i compensi per tutti i commissari”.

 

La disciplina dei compensi alle commissioni esaminatrici dei concorsi per docenti – in precedenza recata dall’art. 404, co. 15, del d.lgs. 297/1994 - è attualmente recata dall’art. 1, co. 47, della L. 228/2012 (legge di stabilità 2013)[52] che, in particolare, ha disposto che al presidente e ai componenti di tali commissioni è corrisposto il compenso previsto per le commissioni esaminatrici dei concorsi a dirigente scolastico. Ha, inoltre, disposto che i componenti delle commissioni non possono chiedere l'esonero dal servizio per il periodo di svolgimento del concorso.

Il compenso previsto per le commissioni esaminatrici dei concorsi a dirigente scolastico è stato determinato, ai sensi dell’art. 10, co. 5, del DPR 140/2008, dal D.I. 12 marzo 2012[53] che ha individuato il compenso base per il presidente in € 251 e il compenso base per ciascun componente in € 209,24, cui si aggiunge un compenso integrativo pari ad € 0,50 per ogni elaborato o candidato esaminato. I compensi non possono eccedere € 2.051,70, aumentati del 20% per il presidente. Nel caso di suddivisione delle commissioni in sottocommissioni, ai componenti di queste ultime compete il compenso base, ridotto del 50%.

Il D.l. disciplina anche i compensi da corrispondere ai componenti dei comitati di vigilanza (€ 20,92 per ogni giorno di presenza nelle aule) e ai segretari delle commissioni (per i quali si rinvia agli importi definiti con il DPCM 23 marzo 1995, come ridotti a seguito dell’art. 6, co. 3, del D.L. 78/2010 -L. 122/2010).

 

In particolare, dispone che i compensi sono ri(definiti) con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, entro il limite di spesa determinato dagli stanziamenti iscritti a tal fine nello stato di previsione del MIUR[54], incluse le risorse derivanti dal diritto di segreteria corrisposto dai candidati per la partecipazione, incrementati di 8 milioni di euro per il 2016.

 

Al riguardo si ricorda che, ai sensi dell’art. 1, co. 111 e 112, della L. 107/2015, per la partecipazione ai concorsi è dovuto un diritto di segreteria il cui ammontare è stabilito nei relativi bandi. Le somme riscosse sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate ai pertinenti capitoli di spesa della missione «Istruzione scolastica» dello stato di previsione del MIUR, per lo svolgimento della procedura concorsuale.

L’art. 4, co. 2, del D.D.G. n. 105, relativo al reclutamento di personale docente per posti comuni dell'organico dell'autonomia della scuola dell'infanzia e primaria, e l’art. 4, co. 2, del D.D.G. n. 107, relativo al reclutamento di personale docente per posti di sostegno dell'organico dell'autonomia della scuola dell'infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado, hanno disposto che il diritto di segreteria è pari ad € 10,00 per ogni procedura concorsuale per la quale si concorre. Pari importo è stato definito dall’art. 4, co. 2, del D.D.G. n. 106, relativo al reclutamento per posti comuni dell'organico dell'autonomia della scuola secondaria di primo e secondo grado, per ogni classe di concorso o ambito verticale per i quali si concorre.

 

Alla copertura dell’onere di € 8 mln per il 2016 si provvede mediante corrispondente riduzione, per lo stesso anno, del Fondo per il funzionamento delle scuole (di cui all’art. 1, co. 601, della L. 296/2006), a sua volta incrementato di pari somma, per il 2017, mediante corrispondente riduzione, per lo stesso anno, del «Fondo “La Buona Scuola” per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica» (di cui all’art. 1, co. 202, della L. 107/2015).

Con riferimento al Fondo per il funzionamento delle scuole, si tratta di una riduzione ulteriore rispetto a quella disposta dall’art. 1 del testo in esame, superandosi, così, complessivamente, l’incremento disposto per il 2016 con l’art. 1, co. 230, della L. 208/2015 (legge di stabilità 2016).

 


 

Articolo 2-quinquies
(Card per acquisti culturali per i giovani)

 

L’articolo 2-quinquies, introdotto durante l’esame al Senato, estende a tutti i residenti in Italia che compiono 18 anni nel 2016 - dunque, anche a soggetti cittadini di paesi extra UE, in possesso, ove previsto, del permesso di soggiorno in corso di validità - l’assegnazione della card per acquisti culturali istituita dalla legge di stabilità 2016.

A tal fine, novella l’art. 1, co. 979, della L. 208/2015, che destina tale previsione, oltre che ai cittadini italiani, a quelli di altri Paesi membri dell’UE che risiedono in Italia, che compiono 18 anni nel 2016.

In base alla norma istitutiva, la Carta elettronica, dell’importo massimo di 500 euro[55], può essere utilizzata per ingressi a teatro, cinema, musei, mostre e (altri) eventi culturali, spettacoli dal vivo, nonché per l’acquisto di libri e per l’accesso a monumenti, gallerie e aree archeologiche e parchi naturali.

I criteri e le modalità di attribuzione e utilizzo della Carta, nonché l’importo da assegnare, nell’ambito delle risorse disponibili, devono essere definiti con DPCM, di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e il Ministro dell’economia e delle finanze. Il DPCM doveva essere emanato entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della L. 208/2015.

Per l’assegnazione della Carta, l’art. 1, co. 980, della stessa L. 208/2015 ha autorizzato la spesa di € 290 mln per il 2016[56], che rimane invariata a seguito della proposta di modifica in esame.

 

Al riguardo, nella seduta della 5^ Commissione del Senato del 4 maggio 2016, il rappresentante del Governo ha fatto presente che “il fondo previsto dalla legge di stabilità conteneva risorse disponibili in eccesso rispetto a quelle necessarie a finanziare il bonus per i diciottenni”.

 


 

Articolo 2-sexies
(ISEE dei nuclei familiari con componenti con disabilità)

 

L'articolo 2-sexies introduce transitoriamente una nuova modalità di calcolo dell’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) relativo ai nuclei familiari con componenti con disabilità, anche ai fini del riconoscimento di prestazioni scolastiche agevolate, in attesa dell’adozione delle modifiche al regolamento vigente volte a recepire le recenti sentenze del Consiglio di Stato (v. infra). Per tali soggetti, il calcolo è effettuato escludendo dal reddito disponibile ai fini ISEE, tutti i trattamenti della pubblica amministrazione già esenti dalla tassazione ai fini IRPEF, percepiti in ragione della condizione di disabilità e prevedendo un unico parametro di maggiorazione della scala di equivalenza con riferimento alle spese e alle franchigie per i soggetti disabili o non autosufficienti, indipendentemente dalla loro età anagrafica.

Per i soggetti che percepiscono i predetti trattamenti per ragioni diverse dalla condizione di disabilità, viene stabilita, inoltre, anche con riferimento a prestazioni per il diritto allo studio universitario, una specifica modalità di calcolo ai fini ISEE da parte degli enti erogatori, per l’accertamento dei requisiti economici soggettivi che danno diritto al mantenimento dei benefici.

Gli effetti onerosi delle misure sono stimati complessivamente per 1 milione di euro annui, a decorrere dal 2016, a valere sulle dotazioni del Fondo nazionale per le politiche sociali. 

 

L’ISEE, istituito dal D.lgs. 109/1998, è un indicatore utilizzato per confrontare, mediante apposite scale di equivalenza volte a misurare forfettariamente le differenti condizioni soggettive, la situazione economica del nucleo familiare del soggetto che richiede prestazioni sociali agevolate. E’ calcolato sulla base di una Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) e vale annualmente per tutti i membri del nucleo e per tutte le prestazioni sociali, anche se richieste ad enti erogatori diversi. Una prima revisione delle modalità di determinazione e dei campi di applicazione dell'ISEE è stata attuata con il D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159, ai sensi dall'articolo 5 del D.L. 201/2011 (c.d. Salva Italia) (L. 214/2011), prevedendo l’utilizzo dell’indicatore da parte degli enti erogatori delle prestazioni (quali Comuni, INPS, Università, ecc.), chiamati ad adeguare i loro regolamenti alle nuove soglie. In particolare, il calcolo del nuovo ISEE prevede, tra l’altro, l’inclusione dei redditi esenti da tassazione IRPEF, compresi tutti i trasferimenti monetari ottenuti dalla pubblica amministrazione, quali assegni al nucleo familiare, pensioni di invalidità, assegno sociale, indennità di accompagnamento, ecc. Inoltre, per quanto riguarda la disabilità, vengono introdotte tre distinte classi - disabilità media, grave e non autosufficienza - e franchigie che corrispondono a diversi trattamenti economici. Il Decreto 7 novembre 2014 di approvazione del modello tipo della DSU, dell'attestazione e delle relative istruzioni per la compilazione ha reso pienamente operative le nuove modalità di calcolo dell’ISEE a partire dal 1° gennaio 2015.

Con le sentenze del Consiglio di Stato, sez. IV, nn. 00841, 00842 e 00838 del 29 febbraio 2016 sono state confermate tre analoghe sentenze del TAR del Lazio dell’11 febbraio 2015 (rispettivamente sent. TAR nn. 2454, 2458 e 2459 ), che avevano parzialmente accolto altrettanti ricorsi con l’effetto, in estrema sintesi, di:

- escludere dal computo dell’Indicatore della situazione reddituale i “trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche” ai sensi dell’art. 4, comma 2 lett. f) del regolamento ISEE (DPCM 159/2013), vale a dire tutte le pensioni, assegni, indennità per minorazioni civili, assegni sociali, indennità per invalidità sul lavoro, assegni di cura, contributi vita indipendente ecc.;

- annullare il decreto nella parte in cui prevede un incremento delle franchigie per i soli minorenni (art. 4, lett. d), nn.1, 2, 3) del DPCM 159/2013), vale a dire le franchigie forfettarie differenziate nel seguente modo: 1) per ciascuna persona con disabilità media, 4.000 euro, incrementate a 5.500 se minorenne; 2) per ciascuna persona con disabilità grave, 5.500 euro, incrementate a 7.500 se minorenne; 3) per ciascuna persona non autosufficiente, 7.000 euro, incrementate a 9.500 se minorenne.

La norma pertanto sembra avere l’obiettivo (a carattere di urgenza) di porre un rimedio transitorio alla situazione di incertezza applicativa della disciplina ai fini ISEE, a seguito delle citate sentenze del Tar del Lazio, poi confermate dal Consiglio di Stato, che determinerebbe un aumento potenziale del contenzioso tra enti erogatori e utenti, nell’applicazione del regolamento, attualmente vigente, riguardante l’ISEE.

 

Più in dettaglio, il comma 1 prevede, anche ai fini del riconoscimento delle prestazioni scolastiche agevolate, due specifiche modificazioni al regime applicativo del calcolo dell’ISEE, nel caso di componenti del nucleo familiare con disabilità o non autosufficienti, come definite dall’Allegato 3 del medesimo decreto[57]; ciò nelle more dell’adozione delle modifiche al citato DPCM n.159 del 2013 per effetto delle sopra citate sentenze del Consiglio di Stato:

-        l’esclusione dal reddito disponibile, definito in base ai criteri di selezione e differenziazione disposti dall’articolo 5 del DL. 201/2011 (c.d. Salva Italia), dei trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, comprese le carte di debito, a qualunque titolo trasferiti da amministrazioni pubbliche a soggetti in condizioni di disabilità, laddove non rientranti nel reddito complessivo ai fini IRPEF, e pertanto già esenti (lett. a));

-        l’applicazione di un’unica maggiorazione dello 0,5 al parametro della scala di equivalenza[58] di cui all’allegato 1 del citato DPCM per ogni componente con disabilità media, grave o non autosufficiente, in sostituzione delle riduzioni, dalla somma dei redditi del nucleo familiare e fino a concorrenza degli importi, delle specifiche spese o franchigie individuate ai sensi dell’articolo 4, comma 4, lett. b), c) e d) del medesimo decreto (lett. b)).

Queste ultime voci fanno riferimento a spese documentate, sostenute per collaboratori domestici e addetti all'assistenza personale di persone non autosufficienti (lett. b)) o, in alternativa, spese di ricovero presso strutture residenziali nell'ambito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria (lett. c)); inoltre, dalla somma dei redditi dei componenti il nucleo, possono essere alternativamente sottratte, fino a concorrenza, le franchigie indicate alla lett. d) (v. ante).

Si sottolinea, inoltre, che il parametro della scala di equivalenza rappresenta il denominatore dell’indicatore ISEE e, pertanto, il suo incremento ha l’effetto di ridurre il valore complessivo (vale a dire la somma della situazione reddituale e di quella patrimoniale considerata al 20%) della situazione economica equivalente del soggetto che richiede la prestazione sociale[59]. I parametri della scala di equivalenza sono riportati all’Allegato 1 del DPCM 159/2013 e, partendo dal parametro pari a 1 per un unico componente del nucleo familiare, la tabella dell’allegato ne incrementa il valore al crescere del numero dei componenti (parametro di 1,57 per 2 componenti fino ad arrivare a 2,85 per 5 componenti). Sono previste inoltre delle maggiorazioni specifiche in caso di nuclei familiari di 3, 4 e di almeno 5 figli. In quest’ultimo caso la maggiorazione della scala di equivalenza è pari a 0,5. L’allegato prevede ulteriori casi specifici in caso di figli minorenni.

 

Si evidenzia, infine, che le prestazioni scolastiche agevolate sono prestazioni erogate dai comuni e riguardano, ad esempio, riduzioni delle rette per la frequenza di asilo nido e delle spese sostenute per la frequenza di scuole dell’infanzia, tra le quali le tariffe per l’accesso alle mense scolastiche.

 

Il comma 2 detta, inoltre, modalità operative di calcolo dell’ISEE per gli enti erogatori dei trattamenti di cui alla lett. a) del comma 1 (trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse le carte di debito), nel caso in cui gli stessi sono percepiti dai soggetti beneficiari per ragioni diverse dalla condizione di disabilità. In tali casi, anche con riferimento a prestazioni per il diritto allo studio universitario, i trattamenti restano inclusi nel reddito disponibile del soggetto che richiede le prestazioni agevolate, non modificando la disciplina prevista dal regolamento attualmente vigente. Tuttavia, gli enti erogatori, ai fini dell’accertamento dei requisiti economici soggettivi per il mantenimento dei benefici, sottraggono dal valore dell’ISEE l’ammontare del trattamento percepito dal beneficiario, eventualmente valorizzato nell’indicatore stesso, rapportato al corrispondente parametro della scala di equivalenza.

Questa modalità di calcolo, infatti, permette di differenziare, ancorché in misura forfettaria, le diverse situazioni soggettive dei beneficiari, chiarendo alcuni dubbi interpretativi sulla valutazione dei requisiti economici soggettivi. I trattamenti in questione sono riferibili a pensioni, indennità, assegni sociali, ecc., ovvero a borse di studio universitarie, percepiti in virtù di soglie di reddito basse e pertanto, la ratio della norma appare essere quella di differenziare adeguatamente situazioni di maggiore povertà o indigenza.

 

Con riferimento alle borse di studio universitarie, si ricorda che il 17 marzo 2016 la VII Commissione della Camera ha approvato la risoluzione 8/00175, con la quale ha impegnato il Governo, fra l’altro, nelle more dell'emanazione del decreto di cui all'art. 7, co. 7, del d.lgs. 68/2012, a:

-    valutare l'opportunità di ridurre la valutazione della situazione economica delle famiglie per l'accesso alle prestazioni di diritto allo studio universitario al solo indicatore ISEE, non utilizzando più l'ISPE (peraltro già ricompreso all'interno dell'ISEE), che era un indicatore integrativo rispetto all'ISEE sulla base del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, poi abrogato dall'articolo 1, comma 15, del decreto legislativo n. 159 del 2013;

-    ad esplicitare normativamente lo scorporo dall'ISEE dell'assegno di disabilità percepito dal nucleo familiare, nel caso di studenti disabili o appartenenti ad un nucleo familiare in cui uno o più membri percepiscano tale assegno;

-    a rivedere la normativa dell'ISEE per verificare la possibilità, esclusivamente nel caso delle prestazioni del diritto allo studio universitario, di pesare in modo differente nell'ISEE familiare i redditi dei fratelli e delle sorelle degli studenti e per riconsiderare le condizioni affinché uno studente universitario coniugato o con figli a carico possa formare ai fini ISEE un nucleo familiare autonomo senza dover invece appartenere a quello di origine.

 

Il comma 3 prevede l’emanazione, da parte degli enti che disciplinano l’erogazione delle prestazioni sociali agevolate, entro 30 giorni dalla data di conversione del presente decreto, di atti, anche normativi, necessari all’erogazione delle nuove prestazioni previste dalle norme in esame, nel rispetto degli equilibri di bilancio programmati. Vengono fatte salve, fino alla predetta data, le prestazioni sociali agevolate in corso di erogazione calcolate sulla base delle disposizioni del DPCM 159/2013.

 

Il comma 4 contiene il termine di efficacia delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, vale a dire 45 giorni dopo la pubblicazione delle disposizioni di approvazione del nuovo modello di DSU (dichiarazione sostitutiva unica) (v. ante), che riguarda le informazioni necessarie per determinare l’Indicatore, in attuazione delle nuove modifiche al DPCM previste al medesimo comma 1.

 

Dall’attuazione delle disposizioni in esame, considerando la stima degli effetti onerosi dovuti al numero dei beneficiari per i quali si produce un diritto soggettivo alle prestazioni, deriva un effetto di maggior onere per il bilancio dello Stato pari a 300 mila euro annui, a decorrere dal 2016, con riferimento all’assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori e di 700 mila euro annui con riferimento all’assegno di maternità di base. L’onere complessivo è pertanto pari a 1 milione di euro annui, a cui si provvede con corrispondente riduzione della Fondo nazionale per le politiche sociali (comma 5).

L’art. 65 della L. 448/1998 ha disciplinato l’erogazione dell’assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori, che è concesso in via esclusiva dai Comuni e pagato dall’Inps in 13 mensilità, per famiglie con i predetti requisiti e che dispongono di patrimoni e redditi limitati (per l’anno 2015 con ISEE pari a 8.555,99 euro).

L’assegno di maternità di base è disciplinato dall’art. 74 del D.Lgs. n. 151/2001 che riconosce la corresponsione di un ammontare, non cumulabile con l’indennità di maternità, per ciascun figlio nato (a partire dal primo) o per ogni minore preso in affidamento adottivo o preadottivo, al genitore donna residente, con cittadinanza italiana o comunitaria ovvero in possesso della carta di soggiorno. Il valore dell’ISEE per accedere al beneficio deve essere non superiore a 16.921,11 euro per il 2014, da rivalutarsi annualmente per gli anni successivi.

Si ricorda, infine, che nel Fondo nazionale per le politiche sociali (FNPS), istituito dalla legge 449/1997 (legge finanziaria per il 1998), sono contenute le risorse che lo Stato stanzia annualmente con la legge di stabilità per la promozione e il raggiungimento degli obiettivi di politica sociale indicati dalla legge quadro 328/2000. Le risorse del FNPS sono ripartite annualmente, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, fra le regioni, le province autonome, i comuni e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e sono assegnate con decreto interministeriale (v. qui un approfondimento).

 

Il comma 6 reca, infine, la clausola di invarianza finanziaria, stabilendo che le amministrazioni interessate devono provvedere agli adempimenti derivanti dalle disposizioni in esame con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 


 

Articolo 4
(
Entrata in vigore)

 

L’articolo 4 dispone l’immediata entrata in vigore del decreto-legge, nel giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.

 

 



[1]     La delega deve essere esercitata entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della L. 107/2015.

[2]     Si tratta dell’obiettivo di copertura territoriale fissato dal Consiglio di Barcellona di marzo 2002, a integrazione degli originari obiettivi del Consiglio europeo di Lisbona del 2000, richiamato nell’intesa in Conferenza unificata del 26 settembre 2007, che varò il Piano straordinario per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi per la prima infanzia.

[3]     In base al comma 2 del medesimo art. 13, i livelli essenziali delle prestazioni  - per una serie di materie, tra cui l’istruzione e l’assistenza sociale - sono stabiliti prendendo a riferimento macroaree di intervento, ciascuna delle quali omogenea al proprio interno per tipologia di servizi offerti, indipendentemente dal livello di governo erogatore. Per ciascuna delle macroaree sono definiti i costi e i fabbisogni standard, nonché le metodologie di monitoraggio e di valutazione dell'efficienza e dell'appropriatezza dei servizi offerti.

      Ai fini della determinazione dei livelli essenziali di assistenza e dei livelli essenziali delle prestazioni nelle materie diverse dalla sanità, il comma 6 ha anche previsto che una ricognizione dei livelli essenziali delle prestazioni che le regioni a statuto ordinario effettivamente garantiscono e dei relativi costi è effettuata dalla SOSI Spa (Società per gli studi di settore), in collaborazione con l'ISTAT e avvalendosi della Struttura tecnica di supporto alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome presso il Centro interregionale di Studi e Documentazione delle regioni (CINSEDO).

[4]     In base alla medesima lett. f), costituisce criterio direttivo anche la definizione degli obiettivi di servizio cui devono tendere le amministrazioni regionali e locali nell’esercizio delle funzioni riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni o alle funzioni fondamentali di cui all’art. 117, secondo comma, lett. m) e p), della Costituzione.

[5]     Pubblicato nella GU del 10 giugno 2015.

[6]     La materia dei fabbisogni standard è stata inoltre al centro di un consistente intervento normativo operato dalla legge di stabilità 2016, che nel modificare la procedura di approvazione degli stessi, ha contestualmente modificato il disegno organizzativo delineato dalla legge delega. In particolare, l’art. 1, co. da 29 a 34, della L. 208/2015 semplifica la procedura per l’approvazione delle note metodologiche e dei fabbisogni standard e modifica gli organi che intervengono nella procedura medesima, con la soppressione della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale (Copaff) e l’istituzione, in sua vece, della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Quest’ultima è stata istituita con DPCM 23 febbraio 2016.

[7]     L’introduzione delle Note metodologiche relative alle funzioni di istruzione pubblica e al servizio di asili nido evidenziano che il calcolo è limitato alla spesa corrente di competenza finanziaria 2010, ovvero agli impegni di spesa di quell’anno di riferimento, al netto di alcune voci (Interessi passivi e oneri finanziari diversi, Oneri straordinari della gestione corrente, Ammortamenti di esercizio). Sottolineano, dunque, che, facendo riferimento ad un periodo diverso da quello di applicazione, i fabbisogni standard stimati nelle Note non hanno diretta valenza dal punto di vista finanziario, ma sono solo di ausilio al calcolo dei coefficienti di riparto relativamente alle rispettive funzioni, che a loro volta concorrono alla determinazione di un coefficiente di riparto complessivo, che si renderà disponibile a conclusione della fase transitoria con la stima dei fabbisogni standard per tutte le sei funzioni fondamentali individuate dal d.lgs. 216/2010.

[8]     La delega deve essere esercitata entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

[9]     Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che l’art. 8 della L. 124/1999 ha disposto il trasferimento alle dipendenze dello Stato del personale ATA, già dipendente degli enti locali, in servizio nelle scuole statali. Alla disposizione è stata data attuazione con il D.I. 23 luglio 1999, in base al cui art. 9, considerato che le funzioni ausiliarie e di pulizia erano svolte, in alcuni comuni o province, a mezzo di contratti di servizio con aziende di varia natura (c.d. “appalti storici”), ovvero erano svolte da personale ex LSU (lavoratori socialmente utili), lo Stato è subentrato anche nei contratti e nelle convenzioni stipulati dagli enti locali. A seguito dell'apertura di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea nel 2002, che contestava l'affidamento dei relativi servizi senza procedure di gara, è stata poi prevista l'indizione di bandi di gara europei. In particolare, l’art. 1, co. 449, della L. 296/2006 ha disposto che tutte le amministrazioni statali centrali e periferiche, compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie, sono tenute ad approvvigionarsi di beni e servizi utilizzando le convenzioni-quadro CONSIP. L’art. 58, co. 5, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013) ha poi disposto, a decorrere dall’a.s. 2013/2014, un tetto alla spesa per l’acquisto di servizi esternalizzati (v., più ampiamente, infra): da tali previsioni sono scaturiti alcuni problemi occupazionali.

[10]   L’importo è stato trasferito dal Fondo sviluppo e coesione al MIUR (cap. 7105) con il DM. 86958 del 2014.

[11]   Al relativo onere si è provveduto, in base al comma 354, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.

[12]   In particolare, l’accordo prevedeva che le risorse necessarie per la copertura degli eventuali periodi di cassa integrazione guadagni in deroga sarebbero state decurtate dallo stanziamento complessivo di 170 milioni di euro, con conseguente riduzione del numero degli interventi di manutenzione previsti per il secondo semestre 2015 e per il primo trimestre 2016.

[13]   Come peraltro precisato nel preambolo della Delibera CIPE n. 73/2015.

[14]   Nel preambolo della delibera 73/2015, si illustra come dell’importo complessivo pari a 170 milioni di euro, necessario alla data del 6 agosto 2015 al completamento del Piano “Scuole belle”, è prevista una copertura finanziaria, per l'anno 2015, rispettivamente a carico del MIUR per € 10 mln e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per € 50 mln (D.L. 154/2015); e, per l'anno 2016, rispettivamente a carico del MIUR per € 30 mln e del MEF per € 20 mln. I residui € 60 mln di fabbisogno sono stati posti a carico, dal disposto della delibera 73 medesima, del FSC della programmazione 2014-2020 nella misura di € 50 mln per il 2015 e di € 10 mln per il 2016.

[15]   Secondo informazioni fornite dal MIUR, la quota MIUR è stata coperta, in sede di previsione di bilancio, mediante riduzione per € 10 mln delle economie sui servizi di pulizia di cui all’art. 58, co. 6 del DL 69/2013 e per € 20 mln mediante riduzione del fondo funzionamento scuole (in particolare, la quota ex L. 440/1997).”

[16]  In relazione all’esternalizzazione dei servizi nelle scuole, l’art. 4 del DPR 119/2009 ha disposto che nelle istituzioni scolastiche in cui i compiti del profilo di collaboratore scolastico sono assicurati, in tutto o in parte, da personale esterno all'amministrazione, è indisponibile, a qualsiasi titolo, il 25% dei posti del corrispondente profilo professionale. L’art. 58, co. 5, del D.L. 69/2013 ha poi previsto che, a decorrere dall’a.s. 2013/2014, il numero di posti di collaboratore scolastico accantonati non deve essere inferiore a quello dell’a.s. 2012/2013.

[17]   Cap. 1195 per l’istruzione prescolastica; cap. 1204 per l’istruzione primaria; cap. 1196 per l’istruzione secondaria di primo grado; cap. 1194 per l’istruzione secondaria di secondo grado

[18]   Di cui all’art. 399, co. 3, del d.lgs. 297/1994, come modificato, da ultimo, dall'art. 15, co. 10-bis, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013).

[19]   Costituito, ai sensi dell’art. 1, co. 63, della stessa L. 107/2015, dai posti comuni, posti per il sostegno e posti per il potenziamento dell'offerta formativa.

[20]   Decorsa tale data, vi provvedono i dirigenti scolastici.

[21]   In particolare, i posti sono così ripartiti per grado di istruzione: infanzia 7.237 (6.933 comuni e 304 di sostegno); primaria 21.098 (17.299 comuni e 3.799 di sostegno); secondaria di I grado 16.616 (15.641 comuni e 975 di sostegno); secondaria di II grado 18.255 (17.232 comuni e 1.023 di sostegno).

[22]   In base all’art. 1, co. 108, della L. 107/2015 il piano straordinario di mobilità territoriale e professionale previsto per l’a.s. 2016/2017 è rivolto innanzitutto ai docenti assunti a tempo indeterminato entro l’a.s. 2014/2015 che, a domanda, partecipano alla mobilità, su tutti gli ambiti territoriali a livello nazionale – anche in deroga al vincolo triennale di permanenza nella provincia di titolarità (art. 399, co. 3, d.lgs. 297/1994) –, per tutti i posti vacanti e disponibili inclusi quelli assegnati in via provvisoria nell’a.s. 2015/2016 ai soggetti provenienti dalle graduatorie ad esaurimento nelle fasi B e C del piano straordinario di assunzioni (i quali partecipano, successivamente, per il medesimo a.s. 2016/2017, alla mobilità su tutti gli ambiti territoriali a livello nazionale, ai fini dell’attribuzione dell’incarico triennale).

[23]   Pubblicato nella G.U. 4a serie speciale del 25 settembre 2012, n. 75.

[24]   L’art. 399, co. 2, del d.lgs. 297/1994 dispone, inoltre, che questi posti devono essere reintegrati in occasione della procedura concorsuale successiva.

[25]   Ai sensi dell’art. 399, co. 1, del d.lgs. 297/1994, l'accesso ai ruoli del personale docente ed educativo delle scuole di ogni ordine e grado ha luogo, per il 50% dei posti assegnabili, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50%, attingendo alle graduatorie permanenti di cui all’art. 401, trasformate poi ad esaurimento dall’art. 1, co. 605, lett. c), della L. 296/2006.

[26]   Ha altresì fatto presente che il contributo equivale a circa 1.000 euro per ciascun alunno con disabilità frequentante le scuole paritarie.

[27]   Ha altresì fatto presente che le istituzioni scolastiche paritarie, comprese le comunali, contano percentualmente la metà degli alunni affetti da disabilità delle scuole statali e che, quindi, gli attuali fondi non risultano sufficienti ad assicurare la libertà di scelta delle famiglie. Ha anche comunicato che dei circa 12.000 disabili circa 3.200 sono iscritti alle scuole paritarie pubbliche, con riferimento al settore dell'infanzia, mentre i restanti presso le paritarie private, per tutti gli altri gradi di istruzione.

[28]   Attualmente, le risorse per le scuole paritarie sono allocate sul cap. 1477 dello stato di previsione del MIUR e per il 2016 sono pari, in base al Decreto 482300 del 28 dicembre 2015 -Ripartizione in capitoli delle Unità di voto parlamentare relative al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016–2018, a € 500,5 mln.

[29]   A titolo esemplificativo, si vedano i DD.DD.GG. emanati in attuazione del DM n. 313 del 22 aprile 2015: USR Lombardia n. 1275 del 28 settembre 2015 (infanzia), n. 1276 del 28 settembre 201 (primaria convenzionata e non) e n. 1277 del 28 settembre 2015 (secondaria di I e II grado); USR Emilia Romagna; USR Sardegna.

[30]   In Assemblea costituente, gli onn. Corbino e Codignola precisarono che l’espressione “senza oneri per lo Stato” non valeva ad impedire qualsiasi aiuto dello Stato ad istituti privati, ma solo ad affermare l’inesistenza di un diritto costituzionale a chiedere tale aiuto. In dottrina, parte degli autori è dell’idea che la prescrizione costituzionale si traduce nel divieto di finanziamenti pubblici, diretti e indiretti, alla scuola non statale; altra parte è propensa ad ammettere forme di finanziamento. Sull’argomento, si veda Commentario Costituzione UTET Giuridica, art. 33, a cura di G. Fontana (http://www.leggiditaliaprofessionale.it).

[31]   In tale sentenza la Corte ha ricordato che: "Non sono (...) consentiti finanziamenti a destinazione vincolata in materie di competenza regionale residuale ovvero concorrente, in quanto ciò si risolverebbe in uno strumento indiretto, ma pervasivo, di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni delle Regioni e degli enti locali, nonché di sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle Regioni negli ambiti materiali di propria competenza (sentenza n. 423 del 2004; nello stesso senso, tra le altre, sentenze nn. 77 e 51 del 2005)." La Corte aveva già avuto modo di sottolineare che il settore dei contributi relativi alle scuole paritarie «incide sulla materia della “istruzione” attribuita alla competenza legislativa concorrente (art. 117, terzo comma, della Costituzione)» (sentenza n. 423 del 2004, punto 8.2. del Considerato in diritto). Pertanto il co. 635 dell'art. 1 della L. finanziaria 2007, "nella parte in cui prevede un finanziamento vincolato in un ambito materiale di spettanza regionale, si pone in contrasto con gli artt. 117, quarto comma, e 119 della Costituzione". La Corte ha tuttavia aggiunto che: "La natura delle prestazioni contemplate dalla norma censurata, le quali ineriscono a diritti fondamentali dei destinatari, impone, però, che si garantisca continuità nella erogazione delle risorse finanziarie. Ne consegue che devono rimanere «salvi gli eventuali procedimenti di spesa in corso, anche se non esauriti» (così anche la citata sentenza n. 423 del 2004)."

[32]   Il Ministero, con circolare n. 31 del 18 marzo 2003, ha organizzato in un testo coordinato le indicazioni fornite fino a quel momento in merito all’applicazione della L. 62/2000. La circolare, in particolare, dispone che gli Uffici scolastici regionali devono accertare la permanenza dei requisiti prescritti mediante apposite verifiche da disporre con periodicità non superiore a tre anni.

[33]   L’art. 4 della L. 124/1999 distingue tre tipologie di supplenze del personale docente, che danno luogo al conferimento di incarichi a tempo determinato:

-     supplenze annuali, per la copertura di cattedre e posti di insegnamento effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico;

-     supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche, per la copertura di cattedre e posti di insegnamento non vacanti, di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell'anno scolastico;

-     supplenze temporanee più brevi, nei casi diversi da quelli citati.

[34]   Cap. 2156 per l’istruzione prescolastica; cap. 2154 per l’istruzione primaria; cap. 2155 per l’istruzione secondaria di primo grado; cap. 2149 per l’istruzione secondaria di secondo grado.

[35]   Cap. 1227 per l’istruzione prescolastica; cap. 1228 per l’istruzione primaria; cap. 1229 per l’istruzione secondaria di primo grado; cap. 1230 per l’istruzione secondaria di secondo grado.

[36]   La relazione tecnica all’A.C. 2679-bis-B specificava che l’importo si riferiva a supplenze brevi e saltuarie già prestate nei mesi di settembre e ottobre (per 17 mln di euro) e nel periodo di metà novembre 2014 (per 47,1 mln di euro).

[37]   Prima di tale intervento, il monitoraggio, da parte del MIUR, dei contratti per le supplenze brevi stipulati dai dirigenti scolastici e il controllo nei confronti delle istituzioni che li sottoscrivono in misura anormalmente alta in relazione al proprio numero di posti di organico, era stato previsto, da ultimo, dall’art. 7, co. 38, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012).

[38]   Già in precedenza, l’art. 1, co. 78, della L. 662/1996 aveva disposto che i capi di istituto sono autorizzati a ricorrere alle supplenze brevi e saltuarie solo per i tempi strettamente necessari ad assicurare il servizio scolastico e dopo aver provveduto, eventualmente utilizzando spazi di flessibilità dell'organizzazione dell'orario didattico, alla sostituzione del personale assente con docenti già in servizio nella medesima istituzione scolastica.

[39]   Si tratta, in particolare, delle seguenti classi di laurea (di cui al DM 4 agosto 2000, di determinazione delle classi di laurea, all’epoca vigente. Tale decreto è stato poi superato dal DM 16 marzo 2007): 4, 7, 8 (sezione edilizia), 9 (sezione elettronica e telecomunicazioni), 10 (sezioni: elettronica ed automazione; costruzioni aeronautiche; cronometria; industria cartaria; industrie cerealicole; industria navalmeccanica; industria ottica; materie plastiche; meccanica; metallurgia; tessile con specializzazione produzione dei tessili; tessile con specializzazione confezione industriale; termotecnica), 16 (sezione: industrie minerarie), 20 (sezione tecnologie alimentari), 21 (sezioni: chimica conciaria; chimico; chimica nucleare; industria tintoria), 23 (sezioni: arti fotografiche; arti grafiche), 25 (sezioni: energia nucleare; fisica industriale), 26 (sezione informatica), 42 (sezione disegno di tessuti).

[40] In base all’art. 4, co. 2, del DM 436/2000, i percorsi IFTS avevano la durata minima di due semestri e massima di quattro semestri, per un totale rispettivamente di almeno 1.200 ore e non più di 2.400 ore. Attualmente, in base all’art. 9 del DPCM 25 gennaio 2008, i percorsi IFTS hanno, di regola, durata annuale, per un totale di 800/1000 ore e sono finalizzati al conseguimento di un certificato di specializzazione tecnica superiore per rispondere a fabbisogni formativi riferiti ai settori produttivi individuati, per ogni triennio, con accordo in sede di Conferenza unificata.

[41]   Si tratta, in particolare, dei seguenti diplomi universitari triennali: Edilizia, Ingegneria logistica e della produzione, Ingegneria meccanica, Ingegneria delle telecomunicazioni, Ingegneria energetica, Metodologie fisiche, Analisi chimico-biologiche, Chimica, Informatica, Ingegneria aerospaziale, Ingegneria chimica,  Ingegneria dell'automazione, Ingegneria delle materie plastiche, Ingegneria elettrica, Ingegneria elettronica, Ingegneria informatica, Scienze e tecniche cartarie, Tecnologie alimentari.

[42]   L’onere è stato coperto, quanto a € 6 mln annui, con i fondi per la ricostruzione dell’Abruzzo di cui all’art. 14, co. 1, del D.L. 39/2009 (L. 77/2009) – finalità dichiarata, infatti, era anche quella di rilanciare lo sviluppo dei territori terremotati dell'Abruzzo mediante la ricostituzione e il rafforzamento delle capacità del sistema didattico, scientifico e produttivo e di realizzare un polo di eccellenza internazionale grazie alla valorizzazione di competenze e strutture altamente specialistiche già esistenti nel territorio – e, quanto a ulteriori € 6 mln, a valere sulle risorse destinate alla regione Abruzzo nell'ambito del Fondo per lo sviluppo e la coesione.

[43]   Che, in base allo stesso parere, hanno accompagnato i tre cicli, relativi a quattro corsi di dottorato, avviati nel triennio 2013-2015.

[44]   Aveva altresì previsto che, successivamente al decreto di riconoscimento del carattere di stabilità della GSSI, tali risorse sarebbero state specificamente allocate a favore della Scuola con apposito provvedimento legislativo.

[45]   In particolare, tale importo – in base alla premessa della delibera – risultava stimato nella nota del Sottosegretario di Stato all’economia e alle finanze pervenuta al Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica in data 14 luglio 2015 (Prot. DIPE 3100-A).

[46]   Già Regia Università per stranieri di Perugia (art. 258, R.D. 1592/1933). Con riferimento alla denominazione di Istituto superiore statale ad ordinamento speciale dell’Università per stranieri di Perugia, si veda anche l’art. 1 della L. 204/1992.

[47]   A seguito delle modifiche da ultimo apportate dall’art. 1, co. 460, della L. 147/2013, si tratta del contingente corrispondente ad una spesa pari al 50% per il 2014 e il 2015, al 60% per il 2016, all’80% per il 2017 e al 100% dal 2018, di quella relativa al corrispondente personale complessivamente cessato dal servizio nell’anno precedente.

[48]   Da ultimo, è stato emanato – visto anche quanto disposto dal DPCM 31 dicembre 2014 – il D.M. 21 luglio 2015, n. 503, che ha definito criteri e contingente assunzionale delle università statali per il 2015, espresso in termini di punti organico (in tale D.M. il costo medio nazionale di un professore di prima fascia è pari a € 115.684, cui corrisponde il coefficiente stipendiale di 1 punto organico), utilizzabili per l'assunzione di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato a carico del bilancio di ogni università.

[49]   Da ultimo, con D.I. 20 maggio 2015 è stato determinato il numero globale di medici specialisti da formare per il triennio accademico 2014/2017 e sono stati assegnati i contratti di formazione specialistica dei medici per l'anno accademico 2014/2015.

[50]   In base al DPCM 25 gennaio 2008, gli ITS - che possono essere costituiti se previsti nei piani territoriali adottati ogni triennio dalle regioni nell’ambito della programmazione dell’offerta formativa di loro competenza - realizzano percorsi, di regola, di durata biennale, per un totale di 1800/2000 ore (per particolari figure, possono avere una durata superiore, nel limite massimo di sei semestri), e sono volti al conseguimento di un diploma di tecnico superiore riferito alle seguenti aree tecnologiche: efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie della vita, nuove tecnologie per il made in Italy, tecnologie innovative per i beni e le attività culturali, tecnologie della informazione e della comunicazione.

[51] Le commissioni esaminatrici dei concorsi banditi a seguito dell’art. 1, co. 114, della L. 107/2015 (vedi ante) sono formate, ai sensi dell’art. 2 del DM 96/2016, da un professore universitario, o un dirigente tecnico, o un dirigente scolastico o un direttore di una istituzione AFAM, che presiede, e da due docenti. Possono essere presenti membri aggregati per l’accertamento delle conoscenze di lingua straniera e delle competenze informatiche. Per il Presidente e ciascun componente, inclusi i membri aggregati, è prevista la nomina di un supplente. Ad ogni commissione è assegnato un segretario.

Ai sensi dell’art. 2 dell’OM 97/2016, qualora il numero dei concorrenti è superiore a 500, la commissione è integrata, per ogni gruppo di 500 o frazione di 500, con altri tre componenti, oltre ai membri aggregati e ai supplenti.

[52]   L’art. 1, co. 46, della L. 228/2012 ha abrogato il co. 15 dell’art. 404 del d.lgs. 297/1994.

[53]   Di cui è stata data comunicazione nella GU n. 105 del 7 maggio 2012.

[54]   In base al Decreto 482300 del 28 dicembre 2015 - Ripartizione in capitoli delle Unità di voto parlamentare relative al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016 – 2018 – le risorse sono iscritte sul cap. 2139/PG 6 e per il 2016 sono pari (evidentemente senza considerare il diritto di segreteria, definito successivamente) a € 497.705.

[55]   Le somme assegnate non costituiscono reddito imponibile e non rilevano ai fini del computo dell’ISEE.

[56]   In base al Decreto 482300 del 28 dicembre 2015 - Ripartizione in capitoli delle Unità di voto parlamentare relative al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016 - 2018 (Tabella n. 13), le risorse sono iscritte nel cap. 1430 dello stato di previsione del Mibact.

 

[57]   In particolare, l’Allegato 3 elenca le definizioni, ai fini ISEE, della condizione di disabilità media, grave e di non autosufficienza.

[58]   Soluzione normativa previgente alla revisione dell’ISEE operata con il DPCM 159/2013.

[59]   La formula algebrica dell’Indicatore è infatti ISEE = ISE [ISR + 20% ISP] / parametro della scala di equivalenza, dove ISE sta per situazione economica pari alla somma tra la situazione reddituale (ISR) e quella patrimoniale (ISP).