Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento finanze , Servizio Bilancio dello Stato , Servizio Commissioni
Titolo: Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale - D.L. 66/2014 - A.C. 2433 - Schede di lettura
Riferimenti:
DL N. 66 DEL 24-APR-14   AC N. 2433/XVII
Serie: Progetti di legge    Numero: 178
Data: 09/06/2014
Descrittori:
DECRETO LEGGE 2014 0066   ENTRATE TRIBUTARIE
SICUREZZA SOCIALE     
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
VI-Finanze

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale

D.L. 66/2014 – A.C. 2433

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 178

Parte I

 

 

9 giugno 2014

 


Servizi responsabili:

Servizio Studi – Dipartimento Bilancio

( 066760-2233 – * st_bilancio@camera.it

Servizio Studi – Dipartimento Finanze

( 066760-9496 – * st_finanze@camera.it

 

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Servizio Bilancio dello Stato

Verifica delle quantificazioni n. 109

( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it

Servizio Commissioni – Segreteria V Commissione

( 066760-3545 / 066760-3685 – * com_bilancio@camera.it

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

Il presente dossier è articolato in due volumi:

§  Schede di lettura (dossier n. 178 , Parte I), redatto dal Servizio Studi

§  Profili finanziari (dossier n. 178, Parte II) curati dal Servizio Bilancio dello Stato, nonché dalla Segreteria della V Commissione per quanto concerne le coperture.

 

La documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

File: D14066.doc


INDICE

 

Schede di lettura

§  Articolo1, commi 2-10 del disegno di legge di conversione (Modifica di termini di delega previsti dalla legge n. 196/2009) 3

§  Articolo 1, comma 11 del disegno di legge di conversione (Effetti finanziari recati dalla legge delega fiscale) 8

§  Articolo 1 (Riduzione del cuneo fiscale per lavoratori dipendenti e assimilati) 10

§  Articolo 2 (Disposizioni in materia di IRAP) 17

§  Articolo 3 (Disposizioni in materia di redditi di natura finanziaria) 19

§  Articolo 4, commi 1-10 (Norme di coordinamento in tema di rendite finanziarie) 28

§  Articolo 4, comma 11 (Rivalutazione beni d’impresa) 32

§  Articolo 4, comma 12 (Rivalutazione quote Banca d’Italia) 34

§  Articolo 4, comma 12-bis (Contenimento delle spese del personale degli organismi partecipati dalle amministrazioni locali) 36

§  Articolo 4, comma 12-ter (Finanziamento ai soci cooperatori) 39

§  Articolo 4, comma 12-quater (TASI) 40

§  Articolo 5, comma 1 (Differimento aumento prelievo prodotti da fumo) 43

§  Articolo 5, comma 1-bis (Ripristino di agevolazioni fiscali per trasferimento di terre) 45

§  Articolo 5-bis (Regime delle entrate riscosse dal Ministero degli Affari esteri) 46

§  Articolo 6 (Strategie di contrasto all’evasione fiscale) 48

§  Articolo 7 (Destinazione dei proventi della lotta all'evasione fiscale) 50

§  Articolo 8, commi 1-3 (Trasparenza della spesa per beni e servizi) 52

§  Articolo 8, commi 4-10 (Razionalizzazione della spesa per beni e servizi) 55

§  Articolo 8, comma 10-bis (Cantieri comunali e cantieri verdi in Sardegna) 59

§  Articolo 8, comma 11 (Riduzione programmi di spesa della Difesa) 61

§  Articolo 9, commi 1-8 e 9-10 (Acquisizione di beni e servizi attraverso soggetti aggregatori e disposizioni in materia di contratti pubblici) 63

§  Articolo 9 comma 8-bis (Beni e servizi per i programmi cofinanziati dall’Unione europea) 73

§  Articolo 10 (Attività di vigilanza sui contratti pubblici) 74

§  Articolo 11 (Riduzione dei costi di riscossione fiscale) 77

§  Articolo 11-bis (Norme in materia di rateazione) 80

§  Articolo 12 (Remunerazione conti di tesoreria e provvigioni di collocamento dei titoli) 83

§  Articolo 12-bis (Pagamento canoni demaniali marittimi) 85

§  Articolo 13 (Tetto al trattamento economico del personale pubblico e delle società partecipate) 87

§  Articolo 14, commi 1-4 e 4-ter (Controllo della spesa per consulenze e contratti di collaborazione) 96

§  Articolo 14, comma 4-bis (Proroga dei contratti a termine negli enti di ricerca pubblici) 100

§  Articolo 15, commi 1 e 2 (Spesa per autovetture) 102

§  Articolo 15, comma 2-bis (Deroga per la Regione Lombardia per Expo 2015) 106

§  Articolo 16, commi 1-3 (Riduzione di spesa dei Ministeri) 108

§  Articolo 16, commi 4 e 6 (Riorganizzazione dei Ministeri) 110

§  Articolo 16, comma 5 (Definanziamento del Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio) 115

§  Articolo 16, comma 6-bis (Gestione servizi stipendiali NoiPA) 116

§  Articolo 16, comma 7 (Settore agricolo EXPO) 118

§  Articolo 16, comma 8 (Istituto Sviluppo Agroalimentare S.p.A.- ISA) 120

§  Articolo 16, comma 9 (Commissario agricolo ex Agensud) 121

§  Articolo 16-bis (Norme in materia di personale del MAE) 122

§  Articolo 17 (Concorso degli organi costituzionali e di rilievo costituzionale alla riduzione della spesa pubblica) 127

§  Articolo 18 (Abolizione di agevolazioni postali per le elezioni) 130

§  Articolo 19, commi 01 e 1 (Modifiche alla legge n. 56/2014 in materia di città metropolitane, province e comuni) 132

§  Articolo 19, comma 1-bis (Revisori dei conti degli enti locali) 136

§  Articolo 19-bis (Riduzione delle spese per il CGIE) 138

§  Articolo 20 (Società partecipate) 140

§  Articolo 20-bis (Aziende termali delle autonomie speciali) 144

§  Articolo 21 (Disposizioni concernenti RAI S.p.A.) 146

§  Articolo 22 (Interventi di riduzione delle agevolazioni agricole) 152

§  Articolo 22-bis (Risorse destinate alle zone franche urbane) 157

§  Articolo 23 (Riordino e riduzione della spesa di aziende, istituzioni e società controllate dalle amministrazioni locali) 160

§  Articolo 24, commi 1-2 e 3-5 (Locazioni e manutenzioni di immobili da parte delle pubbliche amministrazioni) 162

§  Articolo 24, commi 2-bis e 2-ter (Recesso dalle locazioni da parte delle P.A.) 168

§  Articolo 25 (Anticipazione obbligo fattura elettronica) 170

§  Articolo 26 (Pubblicazione telematica di avvisi e bandi) 175

§  Articolo 27 (Monitoraggio dei debiti delle pubbliche amministrazioni) 179

§  Articolo 28 (Monitoraggio delle certificazioni dei pagamenti effettuati dalle pubbliche amministrazioni) 183

§  Articolo 29 (Attribuzione di risorse per pagamenti dei debiti degli enti locali) 185

§  Articolo 30 (Debiti fuori bilancio inclusi nei piani di riequilibrio finanziario pluriennale) 188

§  Articolo 31 (Finanziamento dei debiti degli enti locali nei confronti delle società partecipate) 189

§  Articolo 32 (Incremento del Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti) 193

§  Articolo 33 (Pagamento dei debiti dei comuni in dissesto finanziario) 201

§  Articolo 34 (Pagamento dei debiti sanitari) 206

§  Articolo 35, commi 1-7 (Rispetto dei tempi di pagamento dei debiti sanitari) 207

§  Articolo 35, comma 8 (Impignorabilità delle somme destinate al Servizio sanitario nazionale) 215

§  Articolo 36 (Debiti dei Ministeri) 217

§  Articolo 37 (Strumenti per favorire la cessione dei crediti certificati) 218

§  Articolo 38 (Cessione dei crediti tramite piattaforma elettronica) 223

§  Articolo 38-bis (Semplificazione fiscale della cessione dei crediti) 224

§  Articolo 39 (Crediti compensabili) 225

§  Articolo 40 (Notifica delle cartelle esattoriali ai fini della compensabilità con i crediti certificati) 227

§  Articolo 41 (Attestazione dei tempi di pagamento) 228

§  Articolo 41-bis (Accelerazione dei pagamenti alle imprese) 231

§  Articolo 42 (Registro delle fatture presso le pubbliche amministrazioni) 234

§  Articolo 43 (Anticipo certificazione conti consuntivi enti locali) 236

§  Articolo 44 (Tempi di erogazione dei trasferimenti fra pubbliche amministrazioni) 238

§  Articolo 45 (Ristrutturazione del debito delle Regioni) 240

§  Articolo 45-bis (Anticipazioni di liquidità a favore di EUR S.p.A.) 245

§  Articolo 46 (Concorso delle regioni e delle province autonome alla riduzione della spesa pubblica) 248

§  Articolo 47 (Concorso delle province, delle città metropolitane e dei comuni alla riduzione della spesa pubblica) 254

§  Articolo 48 (Edilizia scolastica) 261

§  Articolo 49 (Riaccertamento straordinario residui) 265

§  Articolo 50, comma 1 (Riduzione della spesa per beni e servizi nel bilancio dello Stato) 270

§  Articolo 50, comma 2 (Compensazioni tra capitoli) 272

§  Articolo 50, commi 3-4 (Riduzione della spesa per beni e servizi degli enti finanziati dallo Stato) 273

§  Articolo 50, comma 5 (Aumento dal 12 al 15% della riduzione spese per consumi intermedi degli enti previdenziali) 276

§  Articolo 50, comma 6 (Fondo sgravi lavoratori dipendenti) 278

§  Articolo 50, commi 7-9 e 10-10-bis (Copertura finanziaria) 279

§  Articolo 50, commi 9-bis e 9-ter (Trasferimento di risorse per unioni e fusioni di comuni) 286

§  Articolo 50, commi 11-12 (Clausola di salvaguardia - aumento delle accise) 288

§  Articolo 50, comma 12-bis (Fondo di compensazione per gli interventi volti a favorire lo sviluppo) 289

§  Articolo 50-bis (Clausola di salvaguardia autonomie speciali) 291

 

 


Schede di lettura


 

Articolo1, commi 2-10 del disegno di legge di conversione
(Modifica di termini di delega previsti dalla legge n. 196/2009)

 

 

I commi da 2 ad 10 dell’articolo 1 del disegno di legge di conversione, introdotti nel corso dell’esame presso il Senato, intervengono su alcuni dei termini di delega recati dalla legge di contabilità e finanza pubblica n.196 del 2009, il cui termine di esercizio è scaduto al 1 gennaio 2014, disponendo per due di essi un nuovo termine al 31 dicembre 2015 e per il terzo al 31 dicembre 2016. A tale fine, peraltro, i commi in esame non si limitano a modificare il termine, ma riformulano nel suo complesso la norma di delega, rinviando poi per i principi e criteri direttivi a quelli stabiliti dei rispettivi articoli della suddetta legge di contabilità.

In particolare il nuovo termine del 31 dicembre 2015 concerne:

§  la delega disposta dall’ articolo 40, comma 1, della legge di contabilità n. 196/2009 per il completamento della riforma della struttura del bilancio dello Stato, con particolare riguardo alla riorganizzazione delle missioni e dei programmi di spesa: tale termine, attualmente fissato in quattro anni dalla data di entrata in vigore della legge di contabilità (commi da 2 a 4);

§  il termine della delega per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio dello Stato e del potenziamento della funzione del bilancio di cassa, ferma rimanendo la redazione anche in termini di competenza, stabilito dall’ articolo 42, comma 1, della legge n. 196/2009 (commi da 5 a 7);

Il nuovo termine del 31 dicembre 2016 viene invece stabilito per l’adozione di un decreto legislativo recante un testo unico delle disposizioni in materia di contabilità di Stato e di tesoreria, di cui all’ articolo 50 comma 1 della medesima legge di contabilità (commi da 8 a10).

Va segnalato –come sopra anticipato - che, a differenza di quanto viene di norma operato in caso di prolungamento dei termini di delega, le disposizioni in commento non intervengono espressamente sul testo dei predetti articoli della legge di contabilità, sostituendo con un nuovo termine quello attualmente previsto, ma recano una nuova disposizione di delega. Questa, peraltro, oltre a riproporre in termini identici la procedura di adozione dei decreti legislativi di attuazione già contenuta nella legge n. 196/2009, richiama espressamente i principi ed i criteri direttivi già previsti nei citati articolo 40, 42 e 50 della stessa legge, senza ulteriori modifiche od integrazioni dei medesimi.

Si tratta di una formulazione normativa che, pur costituendo a tutti gli effetti una proroga di termini di delega, non modifica espressamente le vigenti – ed ormai decorse – scadenze, come invece risulterebbe opportuno. Tale considerazione verrebbe meno qualora le norme in commento costituissero una nuova e diversa delega, ma, come sopra esposto, ciò non sembra trovar riscontro nel contenuto delle stesse.

 

In particolare i commi da 2 a 4 stabiliscono che entro il 31 dicembre 2015, fermo restando quanto previsto in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle amministrazioni pubbliche dall’articolo 2 della legge n.196/2009[1], il Governo adotti uno o più decreti legislativi per il completamento della riforma della struttura del bilancio dello Stato, con particolare riguardo alla riorganizzazione dei programmi spesa ed alla programmazione delle risorse, nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui all’articolo 40, comma 2, della legge di contabilità[2].

 

Per quanto concerne i principi e criteri direttivi previsti dal comma 2 dell’articolo 40, gli stessi possono sinteticamente riepilogarsi nei seguenti.

§  revisione delle missioni, in funzione di una migliore correlazione tra missioni e ministeri ed enucleazione di missioni trasversali, nonché revisione dei programmi in modo da assicurare la corrispondenza univoca fra programma, risorse e strutture ad esso assegnate, evitando, ove possibile, la definizione di programmi condivisi tra più Ministeri, assicurando altresì l’affidamento di ciascun programma di spesa ad un unico centro di responsabilità amministrativa;

§  stanziamenti di programma coerenti con gli obiettivi e fonti di gettito chiaramente e univocamente individuabile per le voci di entrata;

§  definizione delle azioni quali componenti del programma e unità elementari di bilancio, per le voci di spesa e, inoltre, definizione della formulazione delle nuove autorizzazioni legislative di spesa (la formulazione deve evidenziare l’autorizzazione legislativa espressa in termini di finanziamento di uno specifico programma di spesa) e programmazione triennale delle risorse e degli obiettivi;

§  introduzione in via sperimentale di un bilancio di genere, per la valutazione del diverso impatto della politica di bilancio sulle donne e sugli uomini, in termini di denaro, servizi, tempo e lavoro non retribuito;

§  limiti alle spese del bilancio dello Stato, con l’introduzione di criteri e modalità per la fissazione di limiti per tutte le spese del bilancio dello Stato, ivi comprese, quindi, quelle non rimodulabili, tenendo conto, per queste ultime, delle relative peculiarità;

§  adozione di accordi triennali tra il Ministro dell’economia e delle finanze e gli altri Ministri, al fine di concordare gli obiettivi da conseguire nel triennio e i relativi tempi di attuazione;

§  affiancamento al sistema di contabilità finanziaria di un sistema di contabilità economico-patrimoniale funzionale alla verifica dei risultati conseguiti dalle amministrazioni;

§  previsione del conto riassuntivo del tesoro;

§  progressiva eliminazione delle contabilità speciali, con alcune eccezioni, nonché identificazione dei contributi speciali iscritti nel bilancio dello Stato e che risultano finalizzati agli obiettivi di cui all’articolo 119, comma 5, della Costituzione e destinati a regioni e ad enti locali.

Per quanto concerne la procedura per l’adozione dei decreti, i relativi schemi sono sottoposti all’esame delle Camere, da parte delle Commissioni competenti per materia, il cui parere deve essere reso entro 60 giorni, limitatamente agli stati di previsione di rispettivo interesse e per i profili finanziari. Oltre tale termine, nulla osta all’adozione dei decreti. Nel caso in cui il Governo non intenda conformarsi ai pareri espressi, ne ritrasmette i testi con le proprie osservazioni e con eventuali modificazioni, rendendo le proprie comunicazioni davanti a ciascuna Camera. Oltre il termine di ulteriori trenta giorni dalla nuova trasmissione dei testi, i decreti possono essere comunque adottati definitivamente dal Governo. Eventuali decreti correttivi vanno adottati entro due anni dall’entrata in vigore dei decreti legislativi attuativi della delega

 

I commi da 5 a 7 dispongono il medesimo termine del 31 dicembre 2015 per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio dello Stato e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa, ferma rimanendone la redazione anche in termini di competenza, nel rispetto dei principi di delega recati dall’articolo 42, comma 1, della legge n. 196/2009, articolo che prevede il termine del 1° gennaio 2014[3] per la analoga delega.

 

I principi e criteri di delega recati da tale articolo possono riepilogarsi nei termini seguenti:

§  razionalizzazione della disciplina dell'accertamento delle entrate e dell'impegno delle spese, nonché di quella sulla formazione ed il regime contabile dei residui;

§  ai fini del potenziamento del ruolo del bilancio di cassa, previsione del raccordo, anche in appositi allegati, tra le autorizzazioni di cassa del bilancio statale e la gestione di tesoreria ed, ai fini del potenziamento del ruolo programmatorio del bilancio di cassa, previsione dell'obbligo, a carico del dirigente responsabile, di predisporre un piano finanziario (cd. crono-programma) che tenga conto della fase temporale di assunzione delle obbligazioni, sulla base del quale ordinare e pagare le spese;

§  previsione del sistema dei controlli preventivi di legittimità contabile e amministrativa dell'obbligazione assunta dal dirigente responsabile del pagamento, tenendo conto anche di quanto previsto in ordine dell’obbligo di predisposizione del crono-programma;

§  periodo transitorio per l’attuazione della nuova disciplina;

§  previsione della graduale estensione alle altre amministrazioni pubbliche delle disposizioni adottate in attuazione della delega ed in particolare di quelle adottate in attuazione dei criteri direttivi che impongono la razionalizzazione del regime contabile dei residui, l’obbligo di predisposizione da parte del dirigente responsabile del piano finanziario, la revisione del sistema dei controlli preventivi di legittimità contabile e amministrativa sull'obbligazione assunta dal dirigente responsabile.

 

Quanto alla procedura per l’esercizio della delega, pressoché identica a quella che si è esposta per i commi da 2 a 4, lo schema di decreto legislativo è trasmesso alle Camere e sottoposto all’esame da parte delle Commissioni competenti per materia, ai fini dell’espressione del parere che deve essere reso entro 60 giorni. Oltre tale termine, nulla osta all’adozione dei decreti. Qualora il termine per l'espressione del parere scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine finale per l'esercizio della delega o successivamente, quest'ultimo è prorogato di novanta giorni[4]. Nel caso in cui il Governo non intenda conformarsi ai pareri espressi dalle Camere sul decreto, ne ritrasmette il testo con le proprie osservazioni e con eventuali modificazioni, rendendo le proprie comunicazioni davanti a ciascuna Camera. Oltre il termine di ulteriori trenta giorni dalla nuova trasmissione del testo, il decreto può essere comunque adottato definitivamente dal Governo. Entro dodici mesi dall’entrata in vigore dello stesso possono essere adottati decreti legislativi correttivi.

 

Infine, i commi da 8 a 10 recano una delega legislativa al Governo per l’adozione di un testo unico in materia di contabilità di Stato e di tesoreria, da esercitarsi entro il 31 dicembre 2016, nel rispetto dei principi e criteri direttivi previsti dall’articolo 50, comma 2, della più volte citata legge di contabilità. Anche per tale articolo, il termine risulta stabilito al 1°gennaio 2014.

Tali principi e criteri sono in particolare:

§  la semplificazione e razionalizzazione dei procedimenti amministrativi contabili, coordinando le disposizioni in materia di responsabilità dei dirigenti; la riorganizzazione dei conti di tesoreria ed il loro raccordo con gli schemi di classificazione del bilancio dello Stato;

§  la razionalizzazione della disciplina della tesoreria unica; l’adeguamento della disciplina contabile e della normativa di finanza pubblica in considerazione del potenziamento della funzione del bilancio di cassa;

§  la modifica o l’abrogazione delle norme preesistenti incompatibili con la legge di contabilità.

Lo schema di decreto legislativo è inviato alla Camera e al Senato per l’espressione, entro sessanta giorni, del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari e, decorsi i sessanta giorni, il decreto può essere comunque adottato. Il Governo, nell’ipotesi in cui non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, ritrasmette il testo alle Camere e rende comunicazioni in merito; decorsi trenta giorni, il decreto può essere adottato in via definitiva, ed entro i dodici messi successivi all’ entrata in vigore possono essere adottate disposizioni integrative e correttive.

 

Va segnalato che un identico prolungamento dei termini di delega in esame – operato modificando espressamente i termini ora recati dagli articolo 40, 42 e 50 della legge n.196/2009 – è al momento contenuto nell’articolo 11 del disegno di legge recante “Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea -Legge di delegazione europea 2013 - secondo semestre” in corso d’esame presso la Camera, A.C.1836-A.


 

Articolo 1, comma 11 del disegno di legge di conversione
(Effetti finanziari recati dalla legge delega fiscale)

 

 

Il comma 11 dell’articolo 1 del disegno di legge di conversione riformula il comma 1 dell’articolo 16 della legge 11 marzo 2014, n. 23, (cd. delega fiscale) e introduce un comma 1-bis, per quanto concerne gli effetti finanziari.

 

In estrema sintesi la legge n. 23 del 2014 contiene una delega al governo per la revisione del catasto dei fabbricati, nonché in materia di evasione ed erosione fiscale; la disciplina dell'abuso del diritto e dell'elusione fiscale; il tutoraggio delle imprese, la semplificazione fiscale e la revisione del sistema sanzionatorio; la revisione del contenzioso e della riscossione degli enti locali; l'imposizione sui redditi di impresa e la previsione di regimi forfetari per i contribuenti di minori dimensioni, nonché la razionalizzazione della determinazione del reddito d'impresa e delle imposte indirette; la disciplina dei giochi pubblici; le nuove forme di fiscalità ambientale.

 

Il testo vigente dell’articolo 16, comma 1 dispone che dall'attuazione della delega non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, né un aumento della pressione fiscale complessiva a carico dei contribuenti.

In considerazione della complessità della materia trattata dai decreti legislativi attuativi e dell'impossibilità di procedere alla determinazione degli eventuali effetti finanziari, la relativa quantificazione è effettuata al momento dell'adozione dei singoli decreti legislativi.

Qualora eventuali nuovi o maggiori oneri derivanti da un decreto legislativo non trovino compensazione nell'ambito del medesimo decreto, il decreto è emanato solo successivamente alla data di entrata in vigore di un provvedimento legislativo che stanzi le occorrenti risorse finanziarie.

 

La nuova formulazione del testo, dopo aver ribadito - al primo periodo -l’invarianza per la finanza pubblica, nonché della pressione fiscale complessiva, stabilisce che, a seguito della complessità della materia trattata e dell'impossibilità di procedere alla determinazione degli eventuali effetti finanziari della legge delega, la relazione tecnica relativa a ciascuno schema di decreto legislativo dovrà evidenziare gli effetti sui saldi di finanza pubblica del medesimo.

 

Il comma 6 dell’articolo 1 della legge n. 23 del 2014 prevede che le relazioni tecniche allegate agli schemi di decreto legislativo adottati ai sensi della delega indicano, per ogni ipotesi di intervento, l'impatto sul gettito, gli effetti distributivi sui contribuenti, le implicazioni in termini di finanza locale e gli aspetti amministrativi e gestionali per il contribuente e per l'amministrazione.

 

Qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri, che non trovino compensazione nel proprio ambito si provvede ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 196 del 2009 ovvero mediante compensazione con le risorse finanziarie recate dai decreti legislativi, adottati ai sensi della legge delega, presentati prima o contestualmente a quelli che comportano i nuovi o maggiori oneri.

A tal fine le maggiori entrate confluiscono in un apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.

 

Il richiamato comma 2 dell’articolo 17 della legge di contabilità stabilisce che le leggi di delega comportanti oneri devono recare i mezzi di copertura necessari per l'adozione dei relativi decreti legislativi. Qualora, in sede di conferimento della delega, per la complessità della materia trattata, non sia possibile procedere alla determinazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, la quantificazione degli stessi è effettuata al momento dell'adozione dei singoli decreti legislativi.

I decreti legislativi dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.

A ciascuno schema di decreto legislativo è allegata una relazione tecnica, che dà conto della neutralità finanziaria del medesimo decreto ovvero dei nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura.

 

Il comma 1-bis stabilisce che i decreti legislativi attuativi che recano maggiori oneri entrano in vigore contestualmente o successivamente a quei decreti attuativi che recano la necessaria copertura finanziaria.

 

In sostanza, la nuova formulazione dell’invarianza finanziaria della legge di delega fiscale (legge n. 23 del 2014) permette che uno schema di decreto legislativo attuativo recante maggiori oneri per la finanza pubblica possa essere esaminato dalle Commissioni parlamentari per l’emanazione del parere, ma entrerà in vigore nell’ordinamento contestualmente (o successivamente) all’entrata in vigore di un altro schema di decreto attuativo che invece genererà maggiori entrate per la finanza pubblica.

Alla fine la somma degli effetti finanziari di tutti i decreti attuativi della legge delega dovrà essere pari a zero, in quanto diversamente altererebbe in negativo i saldi della finanza pubblica, o finirebbe con l’aumentare la pressione fiscale complessiva a carico del contribuente.


 

Articolo 1
(Riduzione del cuneo fiscale per lavoratori dipendenti e assimilati)

 

 

L’articolo 1, modificato al Senato dispone, limitatamente all’anno 2014, il riconoscimento di un credito fiscale ai percettori di redditi di lavoro dipendente e di taluni redditi assimilati; l’importo del credito è pari ad un importo di 640 euro se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro e decresce linearmente al superamento del predetto limite fino ad azzerarsi al raggiungimento di un livello di reddito pari a 26.000 euro. Viene altresì disciplinata - al di fuori del TUIR - l’attribuzione del credito in parola agli aventi diritto da parte dei sostituti d’imposta.

 

Con la circolare n. 8/E del 24 aprile 2014 l'Agenzia delle entrate ha fornito i primi chiarimenti sul bonus fiscale in parola, individuando i soggetti beneficiari dell'agevolazione e i sostituti d'imposta tenuti all'erogazione del beneficio, per i quali sono definiti gli adempimenti; sono chiarite inoltre le modalità di fruizione del bonus da parte dei soggetti che non hanno sostituto d'imposta.

Ulteriori precisazioni e chiarimenti sono stati forniti con la circolare n. 9/E del 14 maggio 2014. Le questioni affrontate da questa ultima circolare riguardano ulteriori soggetti beneficiari, l’applicazione del credito da parte dei sostituti d’imposta, il recupero del credito erogato e il coordinamento con altre misure agevolative.

 

Più in dettaglio, il comma 1 prevede, al fine di ridurre la pressione fiscale e contributiva sul lavoro e nella prospettiva di una complessiva revisione del prelievo finalizzata alla riduzione strutturale del cuneo fiscale da attuarsi con la legge di stabilità 2015, l'inserimento di un nuovo comma 1-bis all’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) dedicato alle altre detrazioni IRPEF.

Con l’inserimento del citato comma 1-bis si prevede pertanto il riconoscimento di un credito, che non concorre alla formazione del reddito, ai titolari di redditi di lavoro dipendente e taluni redditi assimilati, in misura pari:

§  a 640 euro, se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro;

§  a 640 euro, per i redditi superiori a 24.000 euro ma non a 26.000 euro; il credito spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 26.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 2.000 euro.

L’Amministrazione finanziaria ha chiarito che il bonus, non costituendo retribuzione per il percettore, non incide sul calcolo IRAP dei soggetti eroganti.

 

Per effetto delle modifiche apportate al Senato, è stato precisato che l’intervento strutturale - affidato alla legge di stabilità 2015 - dovrà prioritariamente prevedere interventi di natura fiscale che privilegino, con misure appropriate, il carico di famiglia e, in particolare, le famiglie monoreddito con almeno due o più figli a carico.

 

Il credito pertanto si azzera per i redditi superiori a 26.000 euro. L’Agenzia delle entrate, nella richiamata circolare n. 8/E, ha chiarito che il reddito complessivo rilevante ai fini dell’attribuzione del bonus in commento è assunto al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze.

 

Le norme attribuiscono tale credito ai titolari di redditi da lavoro dipendente (articolo 49 TUIR) escluso il reddito da pensione e gli assegni equiparati (indicati al comma 2, lettera a) dell’articolo 49).

Il credito spetta altresì ai percettori delle seguenti tipologie di somme, assimilate ai redditi da lavoro dipendente(redditi di cui all'articolo 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l) TUIR):

§  compensi percepiti dai lavoratori soci delle cooperative (lettera a));

§  indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai lavoratori dipendenti per incarichi svolti in relazione a tale qualità (lettera b));

§  somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio, premio o sussidio per fini di studio o addestramento professionale (lettera c));

§  redditi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (lettera c-bis));

§  remunerazioni dei sacerdoti (lettera d));

§  prestazioni pensionistiche complementari, di cui al d.lgs. n. 124 del 1993 comunque erogate (lettera h-bis));

§  compensi per lavori socialmente utili in conformità a specifiche disposizioni normative (lettera l));

 

La richiamata circolare n. 9/E dell’Agenzia delle entrate ha chiarito che il suddetto bonus spetta anche ai soggetti non residenti, al ricorrere dei presupposti stabiliti dall’introdotto comma 1-bis; il credito non spetta, comunque, nell’ipotesi in cui il reddito di lavoro non sia imponibile in Italia per effetto dell’applicazione di convenzioni contro le doppie imposizioni o di altri accordi internazionali. Al ricorrere dei presupposti di legge, dunque, il credito spetta anche dai lavoratori che percepiscono somme a titolo di cassa integrazione guadagni, indennità di mobilità e indennità di disoccupazione, in quanto essi costituiscono proventi conseguiti in sostituzione di redditi di lavoro dipendente e, in base al comma 2 dell’articolo 6 del TUIR, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti.

 

Il credito spetta ai soggetti percettori dei suddetti redditi la cui imposta lorda risulta maggiore della detrazione spettante per reddito di lavoro dipendente e assimilati, come modificate dalla legge di stabilità 2014 (per la determinazione di dette detrazioni, il reddito complessivo va assunto al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze).

L’Agenzia delle Entrate, nella richiamata circolare n. 8/E, ha chiarito che ai fini della percezione del bonus in esame non rileva la circostanza che l’imposta lorda del contribuente generata dai redditi di lavoro dipendente e assimilati sia ridotta o azzerata da detrazioni diverse da quelle previste dall’art. 13, comma 1, del TUIR, quali, ad esempio, le detrazioni per carichi di famiglia previste dall’articolo 12 del TUIR.

 

Si ricorda che l’importo delle detrazioni per lavoro dipendente è stato modificato dall’art. 1, comma 127, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità per il 2014). Rispetto alle norme previgenti è stato innalzato l’importo della detrazione spettante anche per i redditi non superiori a 8.000 euro e sono stati rimodulati sia gli importi delle detrazioni, sia le fasce di reddito per cui esse spettano. Più in dettaglio:

§  l’importo della detrazione spettante per redditi non superiori a 8.000 euro viene innalzato a 1.880 euro (dai previgenti 1.840 euro);

§  viene rimodulata la seconda fascia di reddito considerata ai fini della detrazione, nonché il relativo importo. L’importo della detrazione spettante infatti per redditi superiori a 8.000 euro, ma non superiori a 28.000 euro (in luogo degli originari 15.000) è rideterminato in 978 euro (anziché gli originari 1.338 euro), aumentato del prodotto tra 902 euro (prima 502 euro) e l’importo corrispondente al rapporto tra 28.000 (e non più 15.000 euro) diminuito del reddito complessivo, e 20.000 euro (in precedenza 7.000 euro);

§  viene rimodulata anche la terza fascia di reddito considerata ai fini della detrazione. Si tratta dei redditi compresi tra 28.001 e 55.000 euro (anziché 15.001 e 55.000) e la detrazione ammonta a 978 euro (anziché a 1.338 euro). La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 27.000 euro (anziché 40.000).

La legge di stabilità ha inoltre abrogato il comma 2 dell’articolo 13 del T.U.I.R., che aumentava l’entità delle detrazioni previste dalla sopra citata lettera c) dell’articolo 13 del T.U.I.R., relativamente a fasce di redditi individuati tra 23.000 euro 28.000 euro. Conseguentemente a tale modifica, vengono eliminati i fattori che rendevano le aliquote marginali effettive più elevate nello scaglione immediatamente successivo a 28.000 rispetto a quello superiore.

 

L'intervento normativo in esame, che ai sensi del comma 3 si applica per il solo periodo di imposta 2014, viene adottato - in attesa di un intervento di carattere strutturale che dovrebbe essere attuato successivamente con la legge di stabilità per l'anno 2015 - utilizzando la dotazione di un apposito fondo costituito ai sensi dell’articolo 50, comma 6 del provvedimento.

 

La richiamata norma istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un apposito Fondo destinato alla concessione di benefici economici a favore dei lavoratori dipendenti, con la seguente dotazione:

§  1.930 milioni di euro in termini di saldo netto da finanziare e di fabbisogno e 2.685 milioni di euro in termini di indebitamento netto per l’anno 2015;

§  4.680 milioni di euro per l’anno 2016;

§  4.135 milioni di euro per l’anno 2017;

§  1.990 milioni di euro a decorrere dall’anno 2018.

 

Sono dunque esclusi dal credito:

§  i contribuenti il cui reddito complessivo non è formato dai redditi da lavoro dipendente e assimilati specificati supra (introdotto articolo 13, comma 1-bis TUIR);

§  i contribuenti che non hanno un’imposta lorda (generata da redditi specificati al comma 1-bis) superiore alle detrazioni per lavoro dipendente e assimilati, spettanti in base all’articolo 13, comma 1, del TUIR;

§  i contribuenti che, pur avendo un’imposta lorda “capiente”, sono titolari di un reddito complessivo superiore a euro 26.000.

 

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 3 del TUIR, per la formazione del reddito complessivo sono esclusi dalla base imponibile:

a)  i redditi esenti dall'imposta e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva;

b)  gli assegni periodici destinati al mantenimento dei figli spettanti al coniuge in conseguenza di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria;

d)  gli assegni familiari e l'assegno per il nucleo familiare, nonché, con gli stessi limiti e alle medesime condizioni, gli emolumenti per carichi di famiglia comunque denominati, erogati nei casi consentiti dalla legge;

d-bis) la maggiorazione sociale dei trattamenti pensionistici prevista dall'articolo 1 della L. 29 dicembre 1988, n. 544;

d-ter)  le somme corrisposte a titolo di borsa di studio dal Governo italiano a cittadini stranieri in forza di accordi e intese internazionali.

 

L’Agenzia delle entrate (circolare 9/E, paragrafo 2.5) ha specificato che i redditi assoggettati a cedolare secca devono essere considerati nella determinazione del reddito complessivo rilevante ai fini della verifica della spettanza del bonus. Ciò in virtù di quanto disposto dall’articolo 3, comma 7 del D.Lgs. n. 23 del 2011, secondo cui quando le disposizioni vigenti fanno riferimento, per il riconoscimento della spettanza o per la determinazione di deduzioni, detrazioni o benefici di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria, al possesso di requisiti reddituali, si tiene comunque conto anche del reddito assoggettato alla cedolare secca.

Infine (paragrafo 3 della menzionata circolare 9/E) le Entrate hanno chiarito che il reddito percepito come contratto di produttività, nel limite massimo di 3.000 euro (assoggettato a tassazione sostitutiva) non deve invece essere computato nel reddito complessivo ai fini del calcolo della soglia dei 26.000 euro. La specifica disciplina dell’istituto (articolo 2, comma 2, del D.L. n. 93 del 2008) stabilisce infatti che i predetti redditi non concorrono ai fini fiscali alla formazione del reddito complessivo del percipiente entro il limite massimo di 3.000 euro.

 

Il comma 2 specifica che il credito in esame deve essere rapportato con riferimento al periodo di lavoro effettuato nell’anno.

Come precisa l’Agenzia delle entrate, il credito deve dunque essere rapportato in relazione alla durata, eventualmente inferiore all’anno, del rapporto di lavoro, considerando il numero di giorni lavorati nell’anno. Il calcolo del periodo di lavoro nell’anno 2014 va effettuato tenendo conto delle ordinarie regole applicabili a ciascuna tipologia di reddito beneficiaria, non prevedendo il decreto delle deroghe a tal riguardo.

 

I commi 4 e 5 disciplinano in termini operativi le modalità di riconoscimento del credito introdotto dall’articolo 13, comma 1-bis, del TUIR. Tale disciplina viene recata al di fuori del TUIR.

Più in dettaglio, il comma 4, stante l’entrata in vigore della norma in esame nel corso del periodo d’imposta, prevede per l’anno 2014 che il credito eventualmente spettante sia attribuito dai sostituti d’imposta ripartendone il relativo ammontare sulle retribuzioni erogate a partire dal primo periodo di paga utile successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto. In altre parole, il sostituto d’imposta provvede a determinare l’importo del credito in esame suddividendone l'ammontare sui restanti periodi di paga.

 

A seguito delle modifiche apportate al Senato, si stabilisce che il credito è riconosciuto in automatico dai sostituti di imposta che, pertanto, possono riconoscere il credito spettante ai lavoratori interessati sulla base dei dati reddituali a loro disposizione e senza attendere una richiesta esplicita dei beneficiari.

Il credito dunque è attribuito dalla retribuzione relativa al mese di maggio.

 

La formulazione originaria della norma in esame disponeva l’automatico riconoscimento del bonus da parte di quei sostituti d’imposta esplicitamente individuati dagli articoli 23 e 29 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Con la modifica in esame, l’automatico riconoscimento del bonus è effettuato da tutti i soggetti che operano in qualità di sostituti d’imposta, tra cui – ad esempio – le amministrazioni degli enti locali.

 

La citata circolare n. 9/E chiarisce che i contribuenti che non hanno i presupposti per il riconoscimento del beneficio, sono tenuti a darne comunicazione al sostituto d’imposta il quale potrà recuperare il credito eventualmente erogato dagli emolumenti da corrispondere nei periodi di paga successivi a quello nel quale è resa la comunicazione e, comunque, entro i termini di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno o di fine rapporto. Nei casi in cui un soggetto sia titolare di redditi di lavoro derivanti da più rapporti di lavoro, il lavoratore è tenuto a chiedere a uno dei due sostituti d’imposta di non riconoscere il credito. In tal modo, il credito sarà riconosciuto da un solo sostituto d’imposta.

 

Ai sensi del comma 5, quanto alle modalità di attribuzione del credito, il sostituto d’imposta determina in via previsionale l’ammontare del credito eventualmente spettante e riconosce tale ammontare sugli emolumenti corrisposti in ciascun periodo di paga, rapportandolo ai periodi di paga medesimi.

 

In particolare, il sostituto d’imposta utilizza, fino a capienza, l’ammontare complessivo delle ritenute disponibile in ciascun periodo di paga e, per la differenza, i contributi previdenziali dovuti per il medesimo periodo di paga, in relazione ai quali non si procede al versamento della quota determinata ai sensi delle norme in commento. Rimangono ferme le aliquote di computo delle prestazioni.

Rientrano nell’ammontare complessivo utilizzabile, a titolo di esempio, le ritenute relative all’IRPEF, alle addizionali regionale e comunale nonché le ritenute relative all’imposta sostitutiva sui premi di produttività o al contributo di solidarietà.

 

Di conseguenza, in caso di incapienza del monte ritenute tale da non consentire l’erogazione nello stesso periodo di paga a tutti i percipienti che ne hanno diritto, è previsto che il sostituto d’imposta utilizzi, per la differenza, i contributi previdenziali dovuti per il medesimo periodo di paga, i quali non devono quindi essere versati.

L’Agenzia delle entrate ha chiarito che i contributi utilizzati per l’erogazione del credito di cui all’articolo 13,comma 1-bis in esame, determinati dall’incapienza del monte ritenute e non versati dai sostituti di imposta alle gestioni previdenziali, sono scomputati dall’INPS dall’ammontare delle ritenute da versare mensilmente all’Erario nella sua qualità di sostituto d’imposta.

Per effetti delle modifiche apportate al Senato, le somme versate dal sostituto di imposta a titolo di bonus sono recuperate dallo stesso mediante compensazione, mentre gli enti pubblici e le amministrazioni statali possono recuperarle anche mediante riduzione dei versamenti delle ritenute e, per l'eventuale eccedenza, dei contributi previdenziali. In tale ipotesi si propone che l'INPS e gli altri enti gestori di forme di previdenza obbligatorie recuperino i contributi non versati rivalendosi sulle ritenute da versare mensilmente all'Erario.

Viene dunque eliminato l’obbligo, per i sostituiti d’imposta, di indicare l’importo del credito riconosciuto nella certificazione unica dei redditi di lavoro dipendente e assimilati (CUD).

 

E’ conseguentemente soppressa la disposizione di cui all’originario comma 6, ai sensi del quale l’INPS sarebbe stato tenuto a recuperare i contributi di cui al comma precedente non versati dai sostituti di imposta alle gestioni previdenziali, rivalendosi sulle ritenute da versare mensilmente all’erario nella sua qualità di sostituto d’imposta.

 

Infine il comma 7 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, in relazione alla effettiva modalità di fruizione del credito in parola, le necessarie variazioni di bilancio compensative al fine di consentirne la corretta rappresentazione contabile.

 

Si ricorda che l’Agenzia delle entrate ha precisato altresì le modalità di attribuzione del bonus ai soggetti titolari di redditi eleggibili, le cui remunerazioni sono tuttavia erogate da un soggetto che non è sostituto di imposta, tenuto al riconoscimento del credito in via automatica. Essi possono richiedere il credito nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta 2014, secondo modalità che saranno specificate nei modelli delle dichiarazioni dei redditi, e, conseguentemente, utilizzarlo in compensazione ovvero richiederlo a rimborso.

La possibilità di richiedere il credito nella dichiarazione dei redditi si applica anche ai contribuenti per i quali il credito in commento, spettante per l’anno d’imposta 2014, non sia stato riconosciuto, in tutto o in parte, dai sostituti d'imposta (ad esempio perché relativo a un rapporto di lavoro cessato prima del mese di maggio).

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Il 2 giugno 2014 la Commissione europea ha presentato, nell'ambito della procedura del semestre europeo, le raccomandazioni specifiche per ciascun Paese dell'UE sui rispettivi Piani nazionali di riforma e sui Programmi di stabilità.

Le raccomandazioni saranno discusse dal Consiglio europeo del 26-27 giugno e adottate formalmente l'8 luglio dal Consiglio ECOFIN. Spetterà poi agli Stati membri metterle in atto integrandole nell'elaborazione dei bilanci nazionali e delle politiche pubbliche correlate per il 2015.

La Commissione valuterà quindi i progressi realizzati nella prossima analisi annuale della crescita, che dovrebbe essere pubblicata entro la fine del 2014.

Con riferimento alla fiscalità, la Commissione raccomanda all’Italia di:

§  trasferire ulteriormente il carico fiscale dai fattori produttivi ai consumi, ai beni immobili e all'ambiente, nel rispetto degli obiettivi di bilancio;

§  valutare l'efficacia della recente riduzione del cuneo fiscale (oggetto del presente decreto legge) assicurandone il finanziamento per il 2015;

§  vagliare l'adeguamento delle accise sul diesel a quelle sulla benzina, eliminando le sovvenzioni dannose per l'ambiente;

§  attuare la legge delega sulla riforma fiscale entro marzo 2015, in particolare approvando i decreti che riformano il sistema catastale al fine di garantire l'efficacia della riforma sulla tassazione dei beni immobili;

§  modernizzare l’amministrazione fiscale, semplificando le procedure, e migliorando il recupero dei debiti fiscali;

§  perseverare nella lotta all'evasione fiscale e adottare misure aggiuntive per contrastare l'economia sommersa e il lavoro irregolare.


 

Articolo 2
(Disposizioni in materia di IRAP)

 

 

L’articolo 2 – non modificato - riduce, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013, le aliquote dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) applicabili ai diversi soggetti passivi del tributo. Rimangono esclusi amministrazioni ed enti pubblici.

Più in dettaglio, il comma 1 - mediante una serie di modifiche al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, istitutivo dell'IRAP - prevede una riduzione (generalizzata) della misura delle aliquote base a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013.

La lettera a) del comma 1 modifica l'articolo 16, comma 1, riducendo dal 3,9 per cento al 3,50 per cento l’aliquota applicabile, in via ordinaria, dalla generalità dei soggetti passivi IRAP.

La lettera b) reca una serie di modifiche al comma 1-bis dello stesso articolo 16, finalizzate a ridurre:

§  dal 4,20 per cento al 3,80 per cento l’aliquota applicata da parte di società di capitali ed enti commerciali titolari di concessioni per la gestione di servizi e opere pubbliche, diverse da quelle aventi ad oggetto la costruzione e la gestione di autostrade e trafori;

§  dal 4,65 per cento al 4,20 per cento l’aliquota applicata dalle banche e dagli altri soggetti finanziari che determinano il valore della produzione ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 446 del 1997;

§  dal 5,90 per cento al 5,30 per cento l'aliquota applicata dalle imprese di assicurazione che determinano il valore della produzione.

 

La lettera c), con una novella apportata all’articolo 45, comma 1, del decreto legislativo n. 446 del 1997, provvede infine a ridurre dall’1,9 per cento al 1,70 per cento l’aliquota prevista ai fini della determinazione del tributo da parte dei soggetti che operano nel settore agricolo e per le cooperative di piccola pesca e loro consorzi.

Rimane invece inalterata l'aliquota (pari all’8,5 per cento) delle Amministrazioni pubbliche individuata dall’articolo 16, comma 2, concernente i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera e-bis), del medesimo decreto, relativamente al valore prodotto nell'esercizio di attività non commerciali.

 

Si tratta in particolare delle Amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 29 del 1993, delle amministrazioni della Camera, del Senato, della Corte costituzionale, della Presidenza della Repubblica e gli organi legislativi delle regioni a statuto speciale, per i quali continua ad applicarsi l'aliquota nella misura dell’8,5 per cento.

Ai sensi del comma 2, in sede di determinazione dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013 con il metodo previsionale, in luogo delle aliquote novellate, si applicano le aliquote ridotte (intermedie) come segue:

§  l’aliquota applicabile in via ordinaria dalla generalità dei soggetti passivi è pari al 3,75 per cento;

§  l’aliquota applicabile da società di capitali ed enti commerciali titolari di concessioni per la gestione di servizi e opere pubbliche è pari al 4,00 per cento;

§  l’aliquota applicabile da banche e altri soggetti finanziari è pari al 4,50 per cento;

§  l’aliquota applicabile da imprese di assicurazione è pari al 5,70 per cento;

§  l’aliquota applicabile da soggetti che operano nel settore agricolo e cooperative di piccola pesca e loro consorzi è pari all'1,80 per cento.

Il comma 3 - novellando il comma 3 del citato articolo 16 - riduce la forbice entro la quale le regioni possono variare l'aliquota IRAP disponendo, in particolare, che tale variazione può arrivare fino ad un massimo di 0,92 punti percentuali, in luogo di un punto percentuale. Tale variazione può essere differenziata per settori di attività e per categorie di soggetti passivi.

 

La Relazione governativa chiarisce che tale disposizione conferma, per via normativa, il limite massimo entro cui le regioni possono incrementare le misure delle aliquote base a 0,92 punti percentuali, misura attualmente adottata in ragione della risoluzione ministeriale 10 dicembre 2008, n. 13/DF.

Ai sensi del comma 4 le aliquote IRAP vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, qualora variate ai sensi del citato articolo 16, comma 3, oppure per effetto dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (che consente a decorrere dall'anno 2013 alle regioni a statuto ordinario, con propria legge, di ridurre le aliquote IRAP fino ad azzerarle) sono rideterminate applicando le variazioni adottate alle aliquote previste dal comma 1 in esame.


 

Articolo 3
(Disposizioni in materia di redditi di natura finanziaria)

 

 

L’articolo 3 aumenta le ritenute e le imposte sostitutive sui redditi di natura finanziaria dal 20 al 26 per cento. Si ricorda che la misura del 20 per cento era stata fissata dal decreto-legge n. 138 del 2011, mentre l’aliquota precedente era pari al 12,50 per cento.

 

Si ricorda in estrema sintesi che i commi da 6 a 12 dell'articolo 2 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, hanno introdotto, a decorrere dal 1° gennaio 2012, una revisione del sistema impositivo dei redditi di natura finanziaria al fine di unificare le precedenti aliquote del 12,50 per cento e del 27 per cento, previste sui redditi di capitale e sui redditi diversi, ad un livello intermedio fissato al 20 per cento. Sono esclusi dall’ambito di applicazione della norma, e continuano pertanto ad essere tassati ad una aliquota del 12,50 per cento, i titoli di Stato ed equiparati (ivi inclusi i proventi dei pronti contro termine sui titoli pubblici), i titoli emessi da altri Stati (cd. white list, vale a dire i paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni), i titoli di risparmio per l’economia meridionale, i piani di risparmio a lungo termine e le forme di previdenza complementare (fondi pensione, anche esteri, cui si applica l’aliquota ridotta dell’11 per cento).

Con tre decreti del 13 dicembre 2011 (G.U. 292 del 16 dicembre 2011), il Ministero dell'economia e delle finanze ha emanato la disciplina attuativa della riforma e le modalità di esercizio della opzione per l'affrancamento delle plusvalenze latenti in modo che la nuova aliquota del 20 per cento incida solo sulle plusvalenze maturate successivamente al 31 dicembre 2011.

 

La nuova aliquota si applica quindi sui redditi da capitale (interessi, premi e ogni altro provento di natura finanziaria) di cui all'articolo 44, e sui redditi diversi (plusvalenze da cessione di azioni e ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di società, ad esclusione delle partecipazioni qualificate, ovvero da altre cessioni) di cui all'articolo 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, Tuir,

 

I commi 2 ed 3 recano una serie di fattispecie di esclusione dall'ambito di applicazione della norma in esame.

Il comma 2 reca le medesime esclusioni introdotte dalla riforma del 2011 sopra richiamata (ad eccezione dei piani di risparmio a lungo termine, mai disciplinati dal legislatore) e, in particolare:

a)  titoli del debito pubblico, buoni postali di risparmio, cartelle di credito comunale e provinciale emesse dalla Cassa depositi e prestiti e altre obbligazioni e titoli similari emessi da amministrazione statali, anche con ordinamento autonomo, da regioni, province e comuni e da enti pubblici istituiti esclusivamente per l'adempimento di funzioni statali o per l' esercizio diretto di servizi pubblici in regime di monopolio (di cui all'articolo 31 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601);

b)  obbligazioni emesse dagli Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni, inclusi nella lista di cui al D.M. 4 settembre 1996, emanato ai sensi dell'articolo 168-bis, comma 1, del Tuir (cd. Stati white list);

c)  titoli di risparmio per l'economia meridionale introdotti dall'articolo 8, comma 4, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70.

Si tratta di specifici titoli di risparmio per l’economia meridionale che possono essere emessi da parte di banche italiane, comunitarie ed extracomunitarie autorizzate ad operare in Italia, in osservanza delle previsioni del TUB. In particolare, le banche autorizzate ad operare in Italia possono emettere i titoli a condizione che: siano strumenti finanziari con scadenza non inferiore a 18 mesi; non siano subordinati; corrispondano interessi con periodicità almeno annuale; siano sottoscritti da persone fisiche non esercenti attività di impresa; non siano computabili nel patrimonio di vigilanza dell'emittente. In presenza dei requisiti di cui sopra i Titoli saranno assoggettati ad un regime fiscale agevolato (aliquota sui redditi di capitale pari al 5 per cento).

 

Anche il comma 3 riproduce le ulteriori ipotesi di esclusione introdotte dal comma 8 dell’articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011:

§  taluni interessi comunitari, cui si applica una ritenuta del 5 per cento, corrisposti a soggetti non residenti a condizione che riguardino prestiti obbligazionari negoziati in mercati regolamentati e garantiti dalle società che corrispondono gli interessi (ai sensi del comma 8-bis dell'articolo 26-quater del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600);

§  dividendi percepiti da società ed enti soggetti ad un’imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati white list, cui si applica una ritenuta dell’1,375 per cento, (di cui all'articolo 27, comma 3, secondo periodo, e comma 3-ter, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600);

§  fondi pensione, cui si applica un’aliquota dell’11 per cento, (forme di previdenza complementare di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252).

 

Ai sensi del comma 4 - con una norma di analogo tenore al comma 13, lettera c) dell’articolo 2, del decreto-legge n. 138 - viene ridotto il diritto al rimborso dell’imposta (da un quarto a undici ventiseiesimi della ritenuta) per i soggetti non residenti, diversi dagli azionisti di risparmio, dai fondi pensione e dalle società ed enti soggetti ad imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell’Unione europea, che dimostrino di aver pagato all’estero in via definitiva sugli stessi utili mediante certificazione del competente ufficio fiscale dello Stato estero. A tal fine è novellato l'articolo 27, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 concernente la ritenuta sui dividendi.

 

Il comma 5 interviene sull’applicazione delle imposte sostitutive - previste dagli articoli 5, 6 e 7 del decreto legislativo n. 461 del 1997 - nei vari regimi di tassazione del risparmio (dichiarativo, amministrato e gestito) sui redditi di natura finanziaria cui continua ad applicarsi l’aliquota del 12,50 per cento.

 

Secondo quanto evidenziato dalla Relazione, poiché l’aliquota dell’imposta sostitutiva applicata in tali regimi è quella del 26 per cento, mentre quella relativa ai redditi derivanti da obbligazioni e altri titoli di cui all’art. 31 del D.P.R. n. 601 del 1973 - e ai titoli ad essi equiparati - e da obbligazioni emesse da Stati esteri inclusi nella cosiddetta white list resta al 12,50 per cento, occorre assicurare tale minore tassazione in sede di determinazione delle basi imponibili, computando i relativi redditi, nella misura del 48,08 per cento del loro ammontare.

 

In particolare la lettera a) modifica il comma 2 dell'articolo 5, con il quale viene disciplinata l'imposta sostitutiva sulle plusvalenze e sugli altri redditi diversi (di cui alle lettere da c-bis a c-quinquies) del comma 1 dell'articolo 81, ora articolo 67) del TUIR. Si ricorda che tale imposta sostitutiva non si applica alle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni al capitale o al patrimonio, di titoli o strumenti finanziari e di contratti, non qualificati.

 

Il testo in esame modifica l’ultimo periodo del comma 2 (aggiunto dal comma 19 del più volte citato articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011) prevedendo che i redditi diversi derivanti dalle obbligazioni e dagli altri titoli di Stato ed equiparati e dalle obbligazioni emesse dagli Stati inclusi nella c.d. white list sono computati nella misura del 48,08 (anziché del 62,5) per cento dell'ammontare realizzato.

 

Di tenore del tutto analogo la modifica al comma 1 dell'articolo 6 apportata dalla lettera b) e la modifica al comma 4 dell'articolo 7 del D.Lgs. n. 461 del 1997 apportata dalla lettera c).

L'articolo 6 disciplina al comma 1 la facoltà per il contribuente di optare per l'applicazione dell'imposta sostitutiva di cui all'articolo 5 su ciascuna delle plusvalenze realizzate, con esclusione di quelle relative a depositi in valuta, a condizione che i titoli, quote o certificati siano in custodia o in amministrazione presso banche e società di intermediazione mobiliare e altri soggetti individuati.

L’articolo 7 disciplina l'imposta sostitutiva sul risultato maturato delle gestioni individuali di portafoglio.

Decorrenza

I commi da 6 a 14 disciplinano la decorrenza dell'applicazione della nuova aliquota.

 

Ai sensi del comma 6 la nuova misura dell'aliquota si applica agli interessi, ai premi e ad ogni altro provento divenuti esigibili e ai redditi diversi realizzati a decorrere dal 1° luglio 2014.

 

I successivi commi specificano i criteri di prima applicazione della nuova normativa. In particolare, il comma 7 dispone che:

§  per i dividendi e altri utili da partecipazione, la nuova aliquota opera su dividendi e utili percepiti dal 1° luglio 2014;

§  per gli interessi ed i proventi derivanti da depositi e conti correnti, bancari o postali, nonché per quelli da obbligazioni o titoli similari (di cui all’articolo 26 del D.P.R. n. 600 del 1973), l’applicabilità della nuova aliquota opera sui proventi maturati dal 1° luglio 2014.

 

Sotto il profilo coordinamento con la legislazione vigente, si segnala che occorrerebbe modificare le aliquote contenute nel predetto articolo 26 del D.P.R. n. 600 del 1973 (già modificate dal decreto-legge n. 138 del 2011).

 

Ai sensi del comma 8, con riferimento ai redditi derivanti da obbligazioni o titoli similari, soggetti all’imposta sostitutiva (di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239), la nuova aliquota del 26 per cento si applica agli interessi, premi e ogni altro provento delle obbligazioni e titoli similari, ed equiparati, emessi in Italia, percepiti da soggetti residenti nel territorio dello Stato (di cui all’articolo 44 del TUIR) maturati a partire dal 1° luglio 2014.

 

Il comma 9 reca disposizioni transitorie ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui al precedente comma 8, sostanzialmente prevedendo che gli intermediari provvedano ad effettuare addebiti e accrediti del conto unico:

§  alla data del 30 giugno 2014, per le obbligazioni e titoli similari senza cedola o con cedola avente scadenza non inferiore a un anno dalla data del 30 giugno 2014;

§  ovvero, in occasione della scadenza della cedola o della cessione o rimborso del titolo, per le obbligazioni e titoli similari diversi dai precedenti.

Per i titoli espressi in valuta estera si tiene conto del valore del cambio alla data del 30 giugno 2014.

 

Si ricorda che gli intermediari interessati dalla norma sono, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del D.Lgs. n. 239 del 1996 le banche, le società di intermediazione mobiliare, le società fiduciarie, gli agenti di cambio e altri soggetti espressamente indicati in appositi D.M., residenti in Italia, che comunque intervengono nella riscossione degli interessi, premi ed altri frutti ovvero, anche in qualità di acquirenti, nei trasferimenti dei titoli.

I suddetti intermediari istituiscono un «conto unico» destinato ad accogliere le seguenti registrazioni relative ad operazioni effettuate per conto o a favore dei soggetti sottoposti a tassazione:

a)   accredito dell'ammontare dell'imposta sostitutiva commisurata all'importo degli interessi, premi o altri frutti scaduti, nonché alla differenza tra la somma corrisposta alla scadenza ed il prezzo di emissione dei titoli;

b)   accredito dell'ammontare dell'imposta sostitutiva commisurata ai redditi di cui alla lettera a) riconosciuti al venditore nel corrispettivo, sia in modo esplicito che implicito;

c)   addebito dell'ammontare dell'imposta sostitutiva commisurata ai redditi di cui alla lettera a) riconosciuti dall'acquirente nel corrispettivo, sia in modo esplicito che implicito.

 

Il comma 10 disciplina l'applicazione della nuova normativa relativamente ai proventi di cui all’articolo 44, comma 1, lett. g-bis), del TUIR (proventi derivanti da riporti e pronti contro termine su titoli e valute). In particolare si prevede che la nuova aliquota si applichi dal giorno successivo alla data di scadenza del contratto di pronti contro termine stipulato anteriormente al 1° luglio 2014 e avente durata non superiore a 12 mesi.

 

Per quanto concerne i redditi di cui all’articolo 44, comma 1, lett. g-quater), del Tuir - riferibili ai capitali percepiti in forza di contratti di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione - e g-quinquies) - riferibili ai rendimenti delle prestazioni pensionistiche erogate in forma periodica e delle rendite vitalizie aventi funzione previdenziale - sottoscritti fino al 30 giugno 2014, il comma 11 prevede che la nuova misura dell'aliquota si applichi sulla parte dei predetti redditi maturati a decorrere dal 1 luglio 2014.

 

Il comma 12, per i proventi derivanti dalla gestione, nell'interesse collettivo di pluralità di soggetti, di masse patrimoniali costituite con somme di denaro e beni affidati da terzi o provenienti dai relativi investimenti (di cui all’articolo 44, comma 1, lettera g), del TUIR), per le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di titoli non rappresentativi di merci, di certificati di massa, di valute estere, oggetto di cessione a termine o rivenienti da depositi o conti correnti, di metalli preziosi (di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-ter), del TUIR) e per i redditi diversi derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo del risparmio, prevede che la nuova aliquota del 26 per cento si applichi sui proventi realizzati a decorrere dal 1° luglio 2014, in sede di rimborso, cessione o liquidazione delle quote o azioni. Sui proventi realizzati a decorrere dal 1° luglio 2014 e riferibili ad importi maturati al 30 giugno 2014 si applica l’aliquota del 20 per cento.

 

Il comma 13 reca disposizioni in materia di minusvalenze e plusvalenze derivanti dai redditi diversi di cui al citato articolo 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies), del TUIR (cd. compensazione verticale).

In particolare la norma consente di portare in deduzione dalle future plusvalenze e dagli altri redditi diversi le minusvalenze, le perdite e i differenziali negativi:

a)  per una quota pari al 48,08 per cento, se sono realizzati fino alla data del 31 dicembre 2011;

b)  per una quota pari al 76,92 per cento, se sono realizzati dal 1° gennaio 2012 al 30 giugno 2014.

 

La disposizione fa comunque salvi i limiti temporali di deduzione previsti dall'articolo 68, comma 5, del TUIR e dall'articolo 6, comma 5, del D.Lgs. n. 461 del 1997, i quali prevedono che se l'ammontare complessivo delle minusvalenze e delle perdite è superiore all'ammontare complessivo delle plusvalenze e degli altri redditi, l'eccedenza può essere portata in deduzione, fino a concorrenza, dalle plusvalenze e dagli altri redditi dei periodi d'imposta successivi ma non oltre il quarto, a condizione che sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel quale le minusvalenze e le perdite sono state realizzate.

 

Ai sensi del comma 14, per quanto concerne le gestioni individuali di portafoglio (di cui all’articolo 7 del D.Lgs. n. 461 del 1997 sulla disciplina tributaria dei redditi di capitale e dei redditi diversi), l'aliquota del 26 per cento si applica sui risultati maturati a partire dal 1° luglio 2014 (cd. criterio della maturazione).

La norma prevede altresì che dai risultati di gestione maturati a decorrere dal 1° luglio 2014 vanno portati in deduzione:

§  i risultati negativi di gestione rilevati alla data del 31 dicembre 2011 e non compensati alla data del 30 giugno 2014, per una quota pari al 48,08 per cento del loro ammontare;

§  i risultati negativi di gestione rilevati nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2012 e il 30 giugno 2014, non compensati alla data del 30 giugno 2014, per una quota pari al 76,92 per cento del loro ammontare.

Si stabilisce, inoltre, che, fermi restando i limiti temporali di utilizzo dei risultati negativi di gestione, l’imposta sostitutiva sul risultato maturato al 30 giugno 2014 va versata nel termine ordinario.

 

Si ricorda, in estrema sintesi, che ai sensi di quanto previsto dall’articolo 7 del D.Lgs. n. 461 del 1997 i soggetti che hanno conferito a un soggetto abilitato l'incarico di gestire masse patrimoniali costituite da somme di denaro o beni non relativi all'impresa, possono optare, con riferimento ai redditi di capitale e diversi che concorrono alla determinazione del risultato della gestione, per l'applicazione di una imposta sostitutiva.

Il contribuente può optare mediante comunicazione sottoscritta rilasciata al soggetto gestore all'atto della stipula del contratto e, nel caso dei rapporti in essere, anteriormente all'inizio del periodo d'imposta. L'opzione ha effetto per il periodo d'imposta e può essere revocata solo entro la scadenza di ciascun anno solare, con effetto per il periodo d'imposta successivo. Qualora sia stata esercitata l'opzione, i redditi che concorrono a formare il risultato della gestione non sono soggetti alle imposte sui redditi.

Il risultato della gestione si determina sottraendo dal valore del patrimonio gestito al termine di ciascun anno solare, al lordo dell'imposta sostitutiva, aumentato dei prelievi e diminuito di conferimenti effettuati nell'anno, i redditi maturati nel periodo e soggetti a ritenuta, i redditi che concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente, i redditi esenti o comunque non soggetti ad imposta maturati nel periodo, i proventi derivanti da fondi comuni di investimento immobiliare, il 60 per cento dei proventi derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo del risparmio, ed il valore del patrimonio stesso all'inizio dell'anno. Il risultato è computato al netto degli oneri e delle commissioni relative al patrimonio gestito.

L'imposta sostitutiva è prelevata dal soggetto gestore ed è versata al concessionario della riscossione ovvero alla sezione di tesoreria provinciale dello Stato entro il 16 febbraio di ciascun anno.

Affrancamento delle plusvalenze e minusvalenze

Il comma 15 prevede che, a decorrere dal 1° luglio 2014, per la determinazione delle plusvalenze e minusvalenze di cui all’articolo 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies), del TUIR, in luogo del costo o valore di acquisto, o del valore determinato ai sensi dell’articolo 14, comma 6, del D.Lgs. n. 461 del 1997 o dell'articolo 2, commi 29 e seguenti, del decreto-legge n. 138 del 2011, il contribuente può assumere il valore alla data del 30 giugno 2014.

 

Il comma 6 dell'articolo 14 citato prevede in sintesi che, agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze, per le partecipazioni possedute alla data di entrata in vigore del decreto, in luogo del costo o valore di acquisto, può essere assunto:

a)   nel caso dei titoli, quote o diritti, negoziati in mercati regolamentati italiani, indicati nella citata lettera c-bis) del comma 1 dell'articolo 67 del TUIR, nel testo vigente anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, il valore risultante dalla media aritmetica dei prezzi rilevati presso i medesimi mercati regolamentati nel mese precedente alla predetta data;

b)   nel caso dei titoli, quote o diritti, negoziati in mercati regolamentati, indicati nella stessa lettera c) del comma 1 dell'articolo 67 del TUIR, nel testo vigente anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché dei titoli, quote o diritti, negoziati esclusivamente in mercati regolamentati esteri, indicati nella lettera c-bis) del comma 1, il valore risultante dalla media aritmetica dei prezzi rilevati presso i medesimi mercati regolamentati nel mese precedente alla predetta data, a condizione che le plusvalenze comprese nel predetto valore siano assoggettate ad imposta sostitutiva;

c)   nel caso dei titoli, quote o diritti non negoziati in mercati regolamentati il valore alla predetta data della frazione del patrimonio netto della società, associazione od ente rappresentata da tali titoli, quote e diritti, determinato sulla base delle risultanze dell'ultimo bilancio approvato anteriormente alla medesima data, a condizione che le plusvalenze comprese nel predetto valore siano assoggettate ad imposta sostitutiva.

Per quanto concerne i commi da 29 a 34 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011, questi recano disposizioni in materia di minusvalenze e plusvalenze i cui contenuti sono in parte ripresi dalla norma in esame.

 

Per effettuare detto affrancamento delle plusvalenze e minusvalenze latenti al 30 giugno 2014 è necessario che il contribuente:

a)  opti per la determinazione al 30 giugno 2014 delle plusvalenze, delle minusvalenze e dei proventi in commento, escluse quelle derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo del risparmio;

b)  effettui il versamento dell’imposta sostitutiva eventualmente dovuta nella misura del 20 per cento.

 

Pertanto, ai fini dell'applicazione della predetta disposizione, il comma 16 distingue l'ipotesi di applicazione dell'imposta sostitutiva sulle plusvalenze e sugli altri redditi (di cui all’articolo 5 del D.Lgs. n. 461 del 1997) dall’applicazione dell'imposta sostitutiva su ciascuna plusvalenza o altro reddito diverso realizzato (di cui all’articolo 6 dello stesso D.Lgs.). In particolare:

§  nell'ipotesi di applicazione dell'imposta sostitutiva sulle plusvalenze e sugli altri redditi l’opzione si estende a tutti i titoli o strumenti finanziari detenuti al 30 giugno 2014. In tal caso l’imposta sostitutiva viene corrisposta entro il 16 novembre 2014;

§  nell'ipotesi di applicazione dell'imposta sostitutiva su ciascuna plusvalenza o altro reddito diverso realizzato, l'opzione è resa mediante comunicazione all'intermediario entro il 30 settembre 2014 e si estende a tutti i titoli, quote o certificati inclusi nel rapporto di custodia o amministrazione posseduti al 30 giugno 2014 nonché alla data di esercizio dell'opzione. In tal caso l’imposta sostitutiva è versata dagli intermediari entro il 16 novembre 2014, ricevendone provvista dal contribuente.

 

Ai sensi del comma 17 le minusvalenze, le perdite e i differenziali negativi derivanti dall’esercizio delle opzioni illustrate sono quindi portate in deduzione dalle plusvalenze e dagli altri redditi diversi, realizzati successivamente al 30 giugno 2014, per una quota pari al 76,92 per cento del loro ammontare, ovvero per una quota pari al 48,08 per cento qualora si tratti di minusvalenze, perdite e differenziali negativi realizzati fino alla data del 31 dicembre 2011 e non compensate in sede di applicazione dell’imposta.

 

Il comma 18 prevede infine che ai titoli pubblici (obbligazioni e altri titoli di cui all’articolo 31 del D.P.R. n. 601 del 1973 e obbligazioni emesse da altri Stati c.d. white list) indicati nel comma 2, lettere a) e b) dell’articolo in esame non si applicano le disposizioni in materia di affrancamento recate dai precedenti commi 15 e 17, non essendo essi soggetti ad incremento del livello di tassazione del prelievo a monte.


 

Articolo 4, commi 1-10
(Norme di coordinamento in tema di rendite finanziarie)

 

 

L’articolo 4 ai commi da 1 a 10 reca una serie di disposizioni di coordinamento in ordine all'applicazione di quanto previsto dal precedente articolo 3 in materia di tassazione dei rendimenti degli strumenti finanziari.

 

Più in dettaglio, il comma 1 prevede che le disposizioni recate dal precedente articolo 3 hanno effetto a decorrere dal 1° luglio 2014.

Esso specifica altresì, ai fini dell’applicazione di tali disposizioni, che rilevano, in quanto compatibili, i decreti del Ministro dell’economia e delle finanze 13 dicembre 2011, emanati ai sensi dell’articolo 2, commi 13, lettera b), 23, 26 e 34 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, nonché le eventuali integrazioni degli stessi disposte con successivi decreti.

 

Si tratta dei seguenti decreti emanati dal Ministero dell'economia e delle finanze il 13 dicembre 2011 (pubblicati nella Gazz. Uff. 16 dicembre 2011, n. 292):

§  Modalità di esercizio della opzione per l'affrancamento delle plusvalenze latenti;

§  Modalità di svolgimento delle operazioni di addebito e di accredito del conto unico;

§  Determinazione della quota dei proventi e di redditi derivanti rispettivamente dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo del risparmio e dai contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione riferibili alle obbligazioni ed altri titoli pubblici.

 

Il comma 2 elimina l’obbligo per gli intermediari residenti, previsto dal comma 2 dell’articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, in materia di monitoraggio fiscale, di assoggettare a ritenuta o imposta sostitutiva i redditi derivanti dagli investimenti esteri e dalle attività di natura finanziaria, mentre il comma 3 elimina gli obblighi di comunicazione nel caso di quote o azioni collocate all'estero previsti dagli ultimi due periodi del comma 4 dell’articolo 13 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 44, di attuazione della direttiva 2011/61/UE sui gestori di fondi di investimento alternativi.

 

Il comma 2 dell'articolo 4 del citato decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167 - introdotto dall’articolo 9 della legge europea 2013 (L. n. 97/2013) - prevede che redditi derivanti dagli investimenti esteri e dalle attività di natura finanziaria sono in ogni caso assoggettati a ritenuta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi dagli intermediari residenti, ai quali gli investimenti e le attività sono affidate in gestione, custodia o amministrazione o nei casi in cui intervengano nella riscossione dei relativi flussi finanziari e dei redditi. La ritenuta trova altresì applicazione per i redditi di capitale indicati nell'articolo 44, comma 1, lettera a), del TUIR derivanti da mutui, depositi e conti correnti, diversi da quelli bancari, nonché per i redditi di capitale indicati nel comma 1, lettere c), d) ed h), del citato articolo 44. Per i redditi diversi indicati nell'articolo 67 del medesimo testo unico, derivanti dagli investimenti esteri e dalle attività finanziarie di cui al primo periodo, che concorrono a formare il reddito complessivo del percipiente, gli intermediari residenti applicano una ritenuta sulla parte imponibile dei redditi corrisposti per il loro tramite.

 

L’eliminazione di tale adempimento implicherà la necessità che i contribuenti provvedano ad indicare nella dichiarazione annuale (quadro RW) le attività finanziarie da cui derivano detti flussi di reddito. Si rammenta in proposito che la norma era stata di fatto sospesa nella sua operatività da parte del direttore dell’Agenzia delle entrate con provvedimento del 19 febbraio 2014 e che il Ministero dell’economia e delle finanze aveva espresso, con comunicato stampa del 19 febbraio, n. 46, l’intenzione di abrogare la norma (citato articolo 9, legge europea 2013, L. n. 97/2013) in quanto considerata superata dal mutato contesto internazionale caratterizzato da un rete sempre più fitta di strumenti che provvedono allo scambio automatico di informazioni.

 

L'articolo 13 del decreto legislativo n. 44 del 2014 reca modifiche alla disciplina dei fondi immobiliari esteri. Il comma 4 in particolare prevede che nel caso di quote o azioni collocate all'estero, o quando comunque i relativi proventi siano conseguiti all'estero, si applica la ritenuta del 20 per cento dai soggetti che intervengono nella loro riscossione. Gli ultimi due periodi (di cui il comma 3 dispone la soppressione) prevedono che:

§  il contribuente debba fornire i dati utili ai fini della determinazione della base imponibile;

§  qualora tali informazioni non vengano fornite il sostituto d'imposta deve applicare la ritenuta sull'intero importo del flusso messo in pagamento.

 

Il comma 4 aggiunge un nuovo comma 5-bis all’articolo 26-quinquies del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, diretto a disciplinare l’applicazione di una ritenuta del 20 per cento sui redditi derivanti dalla partecipazione a organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) italiani e lussemburghesi storici. In particolare, con l'aggiunta apportata dalla norma in esame si prevede che detta ritenuta non si applichi sui proventi spettanti alle imprese di assicurazione e relativi a quote o azioni comprese negli attivi posti a copertura delle riserve matematiche dei rami vita.

 

La norma deriverebbe dalla necessità di evitare ulteriori anticipi di imposta sui predetti proventi rispetto a quelli che le compagnie di assicurazioni già subiscono.

L’articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 209 del 2002, prevede che le assicurazioni versino ogni anno un’imposta pari allo 0,45 per cento delle riserve matematiche dei rami vita, che è recuperata quando vengono erogate le prestazioni all’assicurato, nei limiti delle ritenute e imposte sostitutive applicate su tali prestazioni o dopo 5 anni per la compensazione di imposte e contributi ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997, entro determinate soglie. Pertanto la ritenuta di cui al citato articolo 26-quinquies, in aggiunta all’imposta sulle riserve matematiche, determinerebbe una duplicazione di anticipi e una ulteriore penalizzazione di carattere finanziario.

Il comma 5 apporta una novella di contenuto analogo all’articolo 10-ter della legge 23 marzo 1983, n. 77, recante disposizioni tributarie sui proventi delle quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio di diritto estero. In particolare, con l'inserimento di un nuovo comma 4-bis, viene esclusa l'applicazione della ritenuta in relazione ai proventi derivanti da quote o azioni di OICR esteri armonizzati e non armonizzati, qualora tali quote o azioni siano possedute da compagnie di assicurazione e le stesse siano comprese tra gli attivi posti a copertura delle riserve matematiche dei rami vita.

 

Il comma 6 assoggetta all'imposta sostitutiva gli enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c) (gli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale nonché gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato) e quelli di cui all’articolo 74 del TUIR (Stato ed enti pubblici), esclusi gli organismi di investimento collettivo del risparmio. La norma interviene all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 1 aprile 1996, n. 239, concernente l'imposta sostitutiva sugli interessi, premi ed altri frutti di talune obbligazioni e titoli similari per i soggetti residenti, sostituendone la lettera c).

 

La norma, pertanto, appare diretta a precisare che agli OICR residenti in Italia, nonostante siano indicati tra i soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c), del TUIR, non si applica l’imposta sostitutiva in parola per gli interessi, premi ed altri frutti di talune obbligazioni e titoli similari.

 

Nel corso dell’esame al Senato, sono stati inseriti i commi 6-bis e 6-ter, relativi, rispettivamente, all'introduzione, in via transitoria, di un credito di imposta in favore delle Casse di previdenza private (vale a dire gli enti previdenziali di diritto privato che gestiscono forme pensionistiche di base, di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103) - introduzione connessa all'elevamento dell’aliquota al 26 per cento - ed ad un elevamento, per l'anno 2014, dell'aliquota dell'imposta sostitutiva sul risultato dei fondi pensione (di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252), nonché ad un incremento, nella misura di 4 milioni di euro per il 2015, del Fondo per interventi strutturali di politica economica.

Riguardo al primo oggetto (comma 6-bis), si riconosce quindi alle Casse di previdenza private un credito d'imposta pari alla differenza tra l'ammontare delle ritenute ed imposte sostitutive applicate nella misura del 26 per cento sui redditi di natura finanziaria relativi al periodo 1° luglio 2014-31 dicembre 2014 e l'importo delle stesse ritenute ed imposte sostitutive computate (teoricamente) in base alla previgente aliquota del 20 per cento. A tal fine, si rinvia alle decorrenze e alle modalità applicative già previste dal precedente articolo 3, commi 6 e seguenti.

Tale credito di imposta è attribuito in attesa di armonizzare, a decorrere dal 2015, la disciplina della tassazione di natura finanziaria degli enti in oggetto con quella relativa alle forme pensionistiche complementari. Il credito di imposta in esame può essere impiegato esclusivamente in compensazione, a decorrere dal 1° gennaio 2015, secondo le modalità ed i criteri ivi indicati.

Il credito d'imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi per il 2014, non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini Irap, non rileva ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all’articolo 61 del TUIR, né rispetto ai criteri di inerenza per la deducibilità delle spese, di cui all’articolo 109, comma 5, del medesimo TUIR. Il credito d’imposta non è soggetto ai limiti di utilizzo annuale previsti dalla legge finanziaria 2008 (art. 1, co. 53, della L. 244/2007), che pongono un tetto massimo annuale di 250.000 euro (con eventuale riporto in avanti dell’ammontare eccedente; la richiamata disposizione comunque prevede l’integrale compensabilità per l’intero importo residuo a partire dal terzo anno successivo a quello in cui si genera l’eccedenza). Il credito non è nemmeno soggetto ai limiti massimi di compensazione di debiti e crediti fiscali, previsti dall’art. 34 della L. 388/2000, da ultimo elevati a 700.000 euro per ciascun anno solare (per effetto dell’art. 9, co. 2 del D.L. 35/2013 – L. 64/2013).

 

Il comma 6-ter propone l'incremento, per il solo anno 2014, dall'11 all'11,50 per cento dell'aliquota dell'imposta sostitutiva sul risultato dei fondi pensione (di cui all’articolo 17, comma 1, del citato d.lgs. n. 252 del 2005) - che, nel precedente articolo 3, è esplicitamente esclusa dall'elevamento della tassazione sui redditi di natura finanziaria al 26 per cento. L'incremento in esame appare inteso a fornire la copertura finanziaria del credito di imposta summenzionato; peraltro, una quota delle maggiori entrate, pari a 4 milioni di euro per il 2015, viene destinata all'incremento del Fondo per interventi strutturali di politica economica.

 

I commi 7, 8, 9 e 10 recano infine modifiche ad una serie di provvedimenti dirette ad esplicitare che il regime fiscale previsto per le obbligazioni emesse dagli Stati white list - si applica anche alle obbligazioni emesse da enti territoriali dei suddetti Stati.

Si tratta degli Stati, inclusi nella lista di cui al D.M. 4 settembre 1996, emanato ai sensi dell’articolo 168-bis, comma 1, del TUIR, che consentono un adeguato scambio di informazioni in materia fiscale e finanziaria).

Le norme oggetto di modifica in tal senso sono le seguenti:

§  articolo 26, comma 3-bis, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, primo periodo (comma 7);

§  articolo 26-quinquies, comma 3, dello stesso D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (comma 8);

§  articolo 10-ter, comma 2-bis, della legge 23 marzo 1983, n. 77 (comma 9).

§  articolo 2, comma 23, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (comma 10).


 

Articolo 4, comma 11
(Rivalutazione beni d’impresa)

 

 

Il comma 11 dell’articolo 4, integralmente sostituito al Senato, novella le disposizioni della legge di stabilità 2014 che consentono la rivalutazione dei beni d’impresa mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva, sostanzialmente ripristinando la possibilità di versare detta imposta in tre rate e rideterminando la scadenza di pagamento delle rate stesse.

 

Nella sua formulazione originaria, il comma 11 prevede che il versamento delle predette imposte sia effettuato in un’unica soluzione, anziché in tre rate, ed entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2013.

 

Si ricorda che l’articolo 1, commi 140-147 della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), ha concesso alle società di capitali ed agli enti residenti sottoposti a IRES la possibilità rivalutare i beni d’impresa e le partecipazioni risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2012, mediante il pagamento di un'imposta sostitutiva (delle imposte sui redditi, dell'IRAP e di eventuali addizionali) con aliquota del sedici per cento per i beni ammortizzabili e del dodici per cento per i beni non ammortizzabili.

Per l'affrancamento del saldo attivo della rivalutazione è invece prevista un'imposta sostitutiva del dieci per cento.

Il comma 145 in particolare, nella formulazione originaria della legge di stabilità individua le modalità di versamento delle imposte sostitutive, prevedendo il versamento in tre rate annuali di pari importo, senza pagamento di interessi: la prima rata va versata entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita; le successive entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi relative ai periodi d'imposta successivi. È altresì prevista la possibilità di compensare detti importi ai sensi della vigente normativa.

 

Per effetto delle modifiche apportate al Senato, la disposizione in esame:

§  ripristina il pagamento delle predette imposte sostitutive in tre rate di pari importo e senza interessi;

§  prescrive che il versamento sia effettuato nel periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013;

§  rispetto all’originaria formulazione della legge di stabilità, detta una diversa scadenza temporale per il pagamento di ciascuna rata. In dettaglio, la prima sarà versata entro il giorno 16 del sesto mese dalla fine del periodo di imposta (anziché entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita); la seconda entro il giorno 16 del nono mese dalla fine del periodo di imposta e la terza entro il giorno 16 del dodicesimo mese dalla fine del periodo di imposta (in luogo del termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi relative ai periodi d'imposta successivi).

 

Viene peraltro confermata la possibilità di compensare gli importi ai sensi della normativa vigente.


 

Articolo 4, comma 12
(Rivalutazione quote Banca d’Italia)

 

 

L’articolo 4 al comma 12 - non modificato dal Senato - novella il comma 148 dell’articolo 1 della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014) prevedendo che il versamento dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione delle quote di partecipazione al capitale di Banca d’Italia ivi previsto sia effettuato in un’unica soluzione nella misura del 26 per cento del valore nominale delle quote al netto del valore fiscalmente riconosciuto al 31 dicembre 2013.

 

Si ricorda che il Titolo II del decreto-legge n. 133 del 2013 ha recato disposizioni in materia di capitale, organi e governance della Banca d’Italia.

In estrema sintesi, con tale provvedimento l’Istituto è autorizzato ad aumentare il proprio capitale mediante utilizzo delle riserve statutarie all'importo di 7,5 miliardi di euro; a seguito dell’aumento, il capitale sarà rappresentato da quote di nuova emissione, pari a 25.000 euro ciascuna. Ai partecipanti possono essere distribuiti esclusivamente dividendi annuali, a valere sugli utili netti, per un importo non superiore al 6 per cento del capitale. Il limite di partecipazione al capitale è pari al 3 per cento. La sanzione per le quote in eccesso è la non spettanza il diritto di voto e l’imputazione dei relativi dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d'Italia. Si consente alla Banca d'Italia di acquistare temporaneamente le proprie quote di partecipazione e stipulare contratti aventi ad oggetto le medesime, al fine di favorire il rispetto dei limiti di partecipazione al proprio capitale fissati dal precedente comma. Per tali quote il diritto di voto viene sospeso e i dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d'Italia.

In particolare l'articolo 6 del decreto-legge, al comma 6 dispone che i partecipanti al capitale della Banca d'Italia, a partire dall’esercizio in corso al 30 novembre 2013 iscrivano le relative quote, ove già non incluse, nel comparto delle attività finanziarie detenute per la negoziazione (portafoglio di trading).

 

Si ricorda inoltre che il comma 148 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2014 ha disposto l’applicazione al trasferimento contabile delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia (disciplinato, come detto, dal citato articolo 6, comma 6, del decreto-legge n. 133 del 2013), del regime fiscale della riclassificazione delle attività finanziarie contenuto nell'articolo 4 del D.M. 8 giugno 2011, qualunque sia la categoria di provenienza delle stesse quote.

Ai maggior valori così iscritti in bilancio si applica la disciplina della rivalutazione, con relativa imposta sostitutiva al dodici per cento (di cui al comma 143 della stessa legge di stabilità 2014, per i beni non ammortizzabili), in luogo della sottoposizione a IRES e IRAP secondo le regole generali, da versare in tre quote annuali.

 

Il comma 12 in esame sostituisce il comma 148 citato prevedendo che il versamento dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione delle quote di partecipazione al capitale di Banca d’Italia sia effettuato in un’unica soluzione nella misura del 26 per cento del valore nominale delle quote al netto del valore fiscalmente riconosciuto al 31 dicembre 2013.

Il versamento dell’imposta sostitutiva deve essere effettuato entro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo di imposta 2013. Gli importi da versare possono essere compensati.

 

La norma prevede altresì che il valore fiscale delle quote si considera riallineato al maggior valore iscritto in bilancio, fino a concorrenza del valore nominale, a partire dal periodo d'imposta in corso all'entrata in vigore del decreto in esame; se il valore iscritto in bilancio è minore del valore nominale, tale valore rileva comunque ai fini fiscali a partire dallo stesso periodo d'imposta.

 

La norma, in sostanza, modifica retroattivamente l’aliquota dell’imposta dovuta e le relative modalità di pagamento. Si segnala al riguardo che la Corte Costituzionale ha ricordato come il principio di irretroattività della legge - pur riconosciuto come principio generale dall'art. 11, primo comma, delle disposizioni preliminari del codice civile - non ha ottenuto in sede costituzionale (salvo quanto espresso nell'art. 25 della Costituzione con riferimento alla materia penale) una garanzia specifica e, pertanto, non è interdetto al legislatore di emanare disposizioni che vengano a modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se l’oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti. Unica condizione essenziale è che “tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l’affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto” (sentenza n. 302/2010 e n. 264 del 2005; in senso conforme, ex plurimis, sentenze n. 236 e n. 206 del 2009).

Con riferimento, dunque, al rispetto del principio dell’affidamento - quale limite alla possibilità per il legislatore di incidere, con norme dotate di efficacia retroattiva, su situazioni sostanziali poste in essere in vigenza di leggi precedenti - la Corte ha affermato che il criterio in base al quale deve svolgersi il giudizio di costituzionalità è dettato dalla rispondenza o meno a criteri di ragionevolezza del regolamento di interessi, innovativo rispetto a quello preesistente, che scaturisce dalla norma sopravvenuta (in questi termini, fra le altre, le sentenze n. 446 del 2002, n. 419 del 2000, n. 416 del 1999 e n. 822 del 1988). Nello specifico, la Corte ha affermato ripetutamente che una legge tributaria retroattiva non comporta di per sé violazione del principio della capacità contributiva, occorrendo, invece, verificare, di volta in volta, se la legge stessa, nell'assumere a presupposto della prestazione un fatto o una situazione passati, abbia spezzato il rapporto che deve sussistere tra imposizione e capacità stessa, violando così il precetto costituzionale sancito dall’art. 53 (sent. n. 315 del 1994, nello stesso senso v. sent. n.385 del 1994, recentemente v. anche sentt. nn.16 del 2002 e 291 del 2003).


 

Articolo 4, comma 12-bis
(Contenimento delle spese del personale degli organismi partecipati dalle amministrazioni locali)

 

 

Il comma 12-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, interviene sulla disciplina concernente i vincoli alle assunzioni e alle spese di personale delle aziende speciali, delle istituzioni e delle società partecipate dalle amministrazioni locali.

In particolare, il comma in esame sostituisce interamente l’articolo 18, comma 2-bis, del D.L. 112/2008 (così come modificato dall’articolo 1, comma 557, della L. 147/2013), con il quale sono state estese le disposizioni in materia di divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, già a carico delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, in relazione al regime previsto per l'amministrazione controllante, alle:

§  aziende speciali, istituzioni e società a partecipazione pubblica locale (totale o di controllo) che siano titolari di affidamenti diretti di servizi senza gara,

§  società che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale né commerciale;

§  società che svolgano attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica.

 

Il comma 2-bis vigente stabilisce l’applicazione, a carico delle amministrazioni ex articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, e successive modificazioni, di divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, in relazione al regime previsto per l'amministrazione controllante, anche alle aziende speciali, alle istituzioni e alle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi senza gara, ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale né commerciale, ovvero che svolgano attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'I.S.T.A.T.. Allo stesso tempo, è disposta l’applicazione delle disposizioni (per i medesimi soggetti) che stabiliscono, a carico delle rispettive pubbliche amministrazioni locali, obblighi di contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per consulenze, attraverso misure di estensione al personale dei richiamati soggetti i vincoli alla retribuzione individuale e alla retribuzione accessoria. Inoltre, fermo restando quanto previsto dall'articolo 76, comma 7, del D.L. 112/2008 (concernente il divieto, per gli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale è pari o superiore al 50% delle spese correnti, di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale, mentre gli enti restanti possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite del 40% della spesa corrispondente alle cessazioni dell'anno precedente) le società che gestiscono servizi pubblici locali a rilevanza economica sono escluse dall'applicazione diretta dei vincoli previsti dall’articolo 18 in oggetto. Per queste società, l'ente locale controllante, nell'esercizio delle prerogative e dei poteri di controllo, stabilisce modalità e applicazione dei citati vincoli assunzionali e di contenimento delle politiche retributive, che verranno adottate con propri provvedimenti. Infine, sempre ferme restando quanto previsto dal richiamato articolo 76, comma 7, del D.L. 112/2008, gli enti locali di riferimento possono escludere, con propria motivata deliberazione, dal regime limitativo le assunzioni di personale per le singole aziende speciali e istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali ed educativi, scolastici e per l'infanzia, culturali e alla persona (ex IPAB) e le farmacie, fermo restando l'obbligo di garantire il raggiungimento degli obiettivi di risparmio e di contenimento della spesa di personale.

 

Si fa presente che dal raffronto tra l’articolo 18, comma 2-bis, del DL 112/2008, nel testo attualmente vigente, e il nuovo testo in esame, sembrerebbe emergere una maggiore discrezionalità degli enti locali controllanti nella definizione delle misure di contenimento delle spese di personale delle aziende speciali, delle istituzioni e delle società partecipate dalle amministrazioni locali. In particolare, il nuovo testo non fa più espressamente riferimento alla estensione al personale dei suddetti organismi della vigente normativa in materia di vincoli alla retribuzione individuale e accessoria.

 

Secondo la relazione tecnica la norma è volta a superare alcune difficoltà nell’applicazione dell’impianto normativo vincolistico in materia di assunzione e spesa di personale per le aziende speciali, istituzioni e società a partecipazione pubblica locale (totale o di controllo). In particolare, la disposizione ha lo scopo di razionalizzare i costi anche del personale delle aziende speciali e delle istituzioni che gestiscono servizi socio assistenziali ed educativi, scolastici e per l’infanzia, culturali e alla persona (ex IPAB), nonché delle farmacie e delle imprese multiservizi. Per tali enti resta comunque fermo l’obbligo di un livello dei costi del personale coerente ai servizi erogati.

 

In particolare le modifiche apportate prevedono:

§  l’obbligo, per le aziende speciali, le istituzioni e le società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo, di attenersi al principio di riduzione dei costi del personale, attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale (un atto di indirizzo dell’ente contrante che definisca specifici criteri e obbligo da attuare attraverso modalità di attuazione del principio richiamato, tenendo conto delle peculiarità del settore di ciascun soggetto). Allo stesso tempo di dispone l’obbligo, per gli stessi soggetti, di adottare tali indirizzi con propri provvedimenti che vengono recepiti in sede di contrattazione di secondo livello, fermo restando il contratto nazionale;

§  l’esclusione, dai limiti in precedenza descritti, delle aziende speciali, delle istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali ed educativi, scolastici e per l'infanzia, culturali e alla persona (ex IPAB) e delle farmacie, fermo restando comunque l'obbligo di mantenere un livello dei costi del personale coerente rispetto alla quantità di servizi erogati;

§  l’applicazione delle richiamate disposizioni da parte delle aziende multiservizi qualora l'incidenza del fatturato dei servizi esclusi risulti superiore al 50% del totale del valore della produzione.


 

Articolo 4, comma 12-ter
(Finanziamento ai soci cooperatori)

 

 

Il comma 12-ter, introdotto nel corso dell’esame al Senato, intende consentire alle società cooperative la distribuzione degli utili ai soci finanziatori, anche quando le riserve sono state utilizzate a copertura delle perdite e dette riserve non siano state ricostituite. La disposizione consente alle cooperative di beneficiare anche in tali ipotesi della detassazione dell’utile destinato alle riserve.

 

Più in dettaglio, la norma in esame modifica la disciplina recata dall'articolo 3, comma 1, della legge 18 febbraio 1999, n. 28.

Si ricorda preliminarmente che, a mente dell’articolo 12 della legge n. 904 del 1977, non concorrono a formare il reddito imponibile delle società cooperative e dei loro consorzi le somme destinate alle riserve indivisibili, purché sia esclusa la possibilità di distribuirle tra i soci sotto qualsiasi forma. Ai sensi del richiamato articolo 3, comma 1 della legge n. 28 del 1999 detta esclusione dall’imponibile si intende nel senso che l'utilizzazione delle riserve a copertura di perdite è consentita e non comporta la decadenza dai predetti benefìci fiscali, purché non si dia luogo a distribuzione di utili (a tutte le tipologie di soci) fino a quando le riserve non siano state ricostituite.

Per effetto della modifica proposta, si specifica che persiste il predetto beneficio fiscale in caso di destinazione di riserve a copertura delle perdite, purché non siano distribuiti utili ai soli soci cooperatori.

Di conseguenza, ove le riserve siano utilizzate a copertura delle perdite, potranno continuare ad essere distribuiti utili ai soci finanziatori senza perdere il beneficio della detassazione; detta norma sembrerebbe dunque incentivare l’apporto di tale tipologia di soci nelle cooperative e, dunque, l’investimento in tale tipologia di impresa.

 

Si ricorda che sono “cooperatori” quelli che partecipano allo scambio mutualistico con la cooperativa. Con la riforma del diritto societario i soci sovventori ed i titolari di azioni di partecipazione cooperativa, precedentemente disciplinati dalla legge 59 del 1992, sono compresi nell'unica categoria dei soci “finanziatori” (articolo 2526 c.c.) introdotta dalla riforma del diritto societario al fine di promuovere il finanziamento delle cooperative. I soci volontari sono una categoria prevista dalla legge n. 381 del 1991 esclusivamente per le cooperative sociali.


 

Articolo 4, comma 12-quater
(TASI)

 

 

L’articolo 4, comma 12-quater interviene sulla disciplina (contenuta all’articolo 1, ultimi tre periodi del comma 688 della legge n. 147 del 2013, legge di Stabilità 2014) relativa al versamento della TASI per l’anno 2014, da ultimo novellata dall’articolo 1, comma 1, lettera b) del D.L. n. 16 del 2014, fissando diverse scadenze per il pagamento del tributo da parte dei contribuenti, a seconda della tempestività del Comune nell’adozione e comunicazione al MEF delle delibere e dei regolamenti relativi al tributo stesso.

Viene infine individuata la procedura per il recupero delle somme qualora le anticipazioni complessivamente erogate siano superiori all'importo spettante per il 2014 a titolo di Fondo di solidarietà comunale.

 

Si segnala che l’articolo unico del decreto legge 9 giugno 2014, n. 88 (A.C. 2442) reca una disposizione di contenuto sostanzialmente identico alla norma in esame.

 

In estrema sintesi si rammenta che la legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014, articolo 1, commi 639 e ss.gg.) reca il complessivo riordino della tassazione immobiliare, istituendo l'Imposta Unica Comunale (IUC), che si basa su due presupposti impositivi: uno costituito dal possesso di immobili e collegato alla loro natura e valore (IMU), che non colpisce le abitazioni principali; l'altro collegato all'erogazione e alla fruizione di servizi comunali (TASI e TARI).

Per quanto riguarda il tributo per i servizi indivisibili comunali - TASI, esso viene destinato al finanziamento dei servizi comunali rivolti all’intera collettività. Soggetto passivo è il possessore o il detentore dell’immobile (con facoltà del Comune di ripartire la quota di tributo tra detentore dell’immobile e titolare di diritto reale su di esso); la base imponibile è il valore dell’immobile rilevante a fini IMU. La TASI avrà un’aliquota base dell’1 per mille, che potrà essere azzerata o modificata dai Comuni.

 

Ai sensi del richiamato comma 688, dall’anno 2015 la TASI si paga in due rate, scadenti la prima il 16 giugno e la seconda il 16 dicembre, in analogia a quanto previsto per l’Imu dal decreto sul federalismo municipale (D.Lgs. n. 23 del 2011). È consentito il pagamento della TARI e della TASI in unica soluzione entro il 16 giugno di ciascun anno. Il versamento della prima rata TASI è eseguito sulla base dell’aliquota dei 12 mesi precedenti, mentre il saldo deve tenere conto degli atti pubblicati dal comune entro il 28 ottobre. Spetta ai comuni inserire nell'apposita sezione del Portale del federalismo fiscale gli elementi risultanti dalle delibere.

Sempre a decorrere dal 2015, i comuni assicureranno la massima semplificazione degli adempimenti dei contribuenti, rendendo disponibili i modelli di pagamento preventivamente compilati su loro richiesta, ovvero procedendo autonomamente all'invio degli stessi modelli.

 

La norma fissa invece specifiche disposizioni per il primo anno di applicazione dell’imposta, ossia il 2014.

L’attuale formulazione degli ultimi tre periodi del comma 688 dispone, per gli immobili diversi dall'abitazione principale, che per il 2014 il versamento della prima rata sia effettuato sulla base dell’aliquota base TASI (pari all'1 per mille) qualora il comune non abbia deliberato una diversa aliquota entro il 31 maggio 2014, mentre il versamento della rata a saldo è eseguito a conguaglio sulla base delle deliberazioni del consiglio comunale.

Per gli immobili adibiti ad abitazione principale, per il 2014 il versamento dell'imposta è effettuato in un'unica rata entro il termine del 16 dicembre 2014, salvo che - alla data del 31 maggio 2014 - venga pubblicata nel Portale del federalismo fiscale la deliberazione di approvazione delle aliquote e delle detrazioni. A tal fine il comune deve inviare la predetta deliberazione, esclusivamente in via telematica, nell'apposita sezione del Portale del federalismo fiscale, entro il 23 maggio 2014.

 

La nuova disciplina stabilisce quindi che i contribuenti sono tenuti al pagamento della prima rata della TASI entro il 16 giugno 2014, sulla base delle deliberazioni di approvazione delle aliquote e delle detrazioni pubblicate sul sito informatico del Ministero dell'economia e delle finanze alla data del 31 maggio 2014, con obbligo per i comuni di inviare dette deliberazioni entro il 23 maggio 2014.

In caso di mancato invio delle deliberazioni entro il predetto termine, il versamento della prima rata della TASI va effettuato entro il 16 ottobre 2014, sulla base delle deliberazioni concernenti le aliquote e le detrazioni, nonché dei regolamenti TASI pubblicati nello stesso sito, alla data del 18 settembre 2014 (con obbligo di invio delle deliberazioni per i comuni entro il 10 settembre 2014).

Se al 10 settembre 2014 non risultano inviate dette deliberazioni, i contribuenti sono tenuti al versamento dell'imposta in un'unica soluzione entro il 16 dicembre 2014, applicando l'aliquota di base pari all'1 per mille, e comunque entro il limite massimo previsto dal primo periodo del comma 677 della richiamata legge di stabilità 2014 (nel rispetto del vincolo in base al quale la somma delle aliquote della TASI e dell'IMU per ciascuna tipologia di immobile non deve essere superiore all'aliquota massima consentita dalla legge statale per l'IMU al 31 dicembre 2013, fissata al 10,6 per mille e ad altre minori aliquote, in relazione alle diverse tipologie di immobile).

Ove non sia effettuato l’invio delle delibere entro il 10 settembre 2014, ovvero nel caso di mancata determinazione della percentuale di versamento dell'imposta da parte dell'occupante l'immobile, la TASI è da questi dovuta nella misura del 10 per cento dell'ammontare complessivo.

Il comma 681 della legge di stabilità ha previsto che la TASI sia suddivisa tra il proprietari e l’occupante, che sono titolari di un'autonoma obbligazione tributaria. L'occupante versa la TASI nella misura, stabilita dal comune nel regolamento, compresa fra il 10 e il 30 per cento dell'ammontare complessivo della TASI. La restante parte è corrisposta dal titolare del diritto reale sull'unità immobiliare.

 

Ai comuni delle regioni a statuto ordinario, della Regione Siciliana e della Regione Sardegna, per i quali si applica il differimento dell’imposta, viene erogato da parte del Ministero dell'interno, entro il 20 giugno 2014, un importo a valere sul Fondo di solidarietà comunale corrispondente al 50 per cento del gettito annuo della TASI stimato ad aliquota di base ed indicato con DM di natura non regolamentare da emanarsi entro il 10 giugno.

Viene quindi individuata la procedura per il recupero delle somme qualora le anticipazioni complessivamente erogate siano superiori all'importo spettante per il 2014 a titolo di Fondo di solidarietà comunale.

In particolare, il Ministero dell'interno comunica all'Agenzia delle entrate, entro il 30 settembre 2014, gli eventuali importi da recuperare nei confronti dei singoli comuni, ove le anticipazioni complessivamente erogate siano superiori all'importo spettante per l'anno 2014 a titolo di Fondo di solidarietà comunale. L'Agenzia delle entrate procede a trattenere le relative somme, per i comuni interessati, da qualsiasi entrata loro dovuta riscossa tramite il sistema del versamento unificato. Gli importi recuperati dall'Agenzia delle entrate sono versati dalla stessa ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato entro il mese di ottobre 2014 ai fini della riassegnazione per il reintegro del Fondo di solidarietà comunale nel medesimo anno.


 

Articolo 5, comma 1
(Differimento aumento prelievo prodotti da fumo)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 5, novellando l’articolo 14, comma 3, del decreto-legge n. 91 del 2013, differisce i termini relativi all’incremento del prelievo fiscale sui prodotti da fumo ivi previsto.

In particolare:

§  si differisce dal 20 aprile 2014 al 15 luglio 2014 il termine entro il quale dovrà essere adottata la determinazione direttoriale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, che dovrà fissarne l’incremento;

§  tale incremento non avrà più decorrenza dal 1° maggio 2014, ma dal 1° agosto 2014;

§  conseguentemente le maggiori entrate determinate dall’aumento del prelievo saranno pari a 23 milioni di euro nel 2014 (in luogo dei 33 milioni precedentemente previsti).

Resta invece inalterato (50 milioni di euro) l'ammontare delle maggiori entrate assicurate a decorrere dal 2015.

 

Il testo originario dell’articolo 14, del D.L. n. 91 del 2013 aveva stabilito l’incremento, a partire dal 1° gennaio 2014, del prelievo fiscale sui “prodotti da fumo”, in misura tale da assicurare maggiori entrate pari a 50 milioni annui a partire dal medesimo anno, previa determinazione direttoriale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, da adottarsi entro il 30 novembre 2013.

Successivamente il comma 625 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2014 ha disposto il differimento al 20 aprile 2014 del termine per l'adozione della determinazione direttoriale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli ed al 1° maggio 2014 per la decorrenza dell'incremento.

 

L’Allegato 1 al testo unico delle imposte sulla produzione e sui consumi (D.Lgs. n. 504 del 1995) indica le seguenti aliquote di accisa per i prodotti da fumo:

a)   sigari 23,00%;

b)   sigaretti 23,00%;

c)   sigarette 58,50%;

d)   tabacco da fumo:

1.   tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette 56,00%;

2.   altri tabacchi da fumo 56,00%;

e)   tabacco da fiuto 24,78%;

f)    tabacco da masticare 24,78%.

 

Si ricorda, inoltre, che l'imposizione fiscale sui prodotti da fumo risulta assai complessa per il fatto che ad essa concorrono l'accisa e l'imposta sul valore aggiunto; in modo analogo si procede per i succedanei di tali prodotti, con la differenza che, in luogo dell'accisa, opera un'imposta di consumo. La complessità è arricchita dal fatto che, relativamente all’imposta sul valore aggiunto, le basi imponibili di riferimento comprendono, oltre all’accisa, anche l’aggio per i distributori e il compenso dei produttori. Il prezzo di vendita al consumatore finale è articolato pertanto in quattro componenti: IVA, accisa, aggio, compenso del produttore. La combinazione dei diversi fattori che interagiscono fra loro comporta che all’aumentare del prelievo a titolo IVA gli effetti, in termini di aumenti dei prezzi unitari finali, sono più che proporzionali; dal lato della domanda, soprattutto in periodi di congiuntura economica negativa, si verificano effetti di tipo contrattivo, con conseguente riduzione dei gettiti erariali complessivi. La forte reattività dei consumi complessivi al prezzo e il conseguente calo del gettito dipendono dal riposizionamento della domanda sui prezzi bassi, e dallo spostamento verso altri prodotti da fumo a minor prezzo (trinciati per sigarette), consumi alternativi (sigarette elettroniche) e consumi illegali (contrabbando e contraffazione).


 

Articolo 5, comma 1-bis
(Ripristino di agevolazioni fiscali per trasferimento di terre)

 

 

Il comma 1-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, attraverso una integrazione all’articolo 10, comma 4, del D.Lgs. n. 23 del 2011 (federalismo municipale), ripristina determinate agevolazioni fiscali relative ai trasferimenti riguardanti restituzione di terre a comuni, scioglimenti e liquidazioni di usi civici nonché i decreti, le sentenze e le ordinanze di divisione, legittimazione e assegnazioni di terre.

 

In sintesi, a seguito delle modifiche recentemente introdotte dall’articolo 26 del decreto-legge n. 104 del 2013, l'articolo 10 prevede che, a decorrere dal 2014, l'imposta di registro si applichi nella misura fissa del 9 per cento. Se il trasferimento ha per oggetto la prima casa di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9, l'aliquota è del 2 per cento. Il comma 2 prevede che nei casi sopra elencati l'imposta non può, comunque, essere inferiore a 1.000 euro.

Il comma 4, in particolare, prevede, in relazione agli atti di cui ai commi 1 e 2, la soppressione di tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie, anche se previste in leggi speciali.

 

Si segnala, al riguardo, che una prima deroga è stata disposta con il comma 608 della legge di stabilità 2014, che ha escluso dalla soppressione delle esenzioni e delle agevolazioni vigenti le agevolazioni per la piccola proprietà contadina (recate dall’articolo 2, comma 4-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194). Successivamente l’articolo 13 del D.L. n. 47 del 2014 ha confermato le agevolazioni fiscali previste dagli articoli 19 e 20 dell’Accordo tra la Repubblica italiana e il BIE sulle misure necessarie per facilitare la partecipazione all’Esposizione universale di Milano, Expo 2015, ratificato con legge 14 gennaio 2013, n. 3.

 

Con la disposizione in commento vengono quindi escluse dalla soppressione le esenzioni e agevolazioni tributarie riguardanti restituzione di terre a comuni, nonché scioglimenti e liquidazioni di usi civici (indicate dall’articolo 2 della legge n. 692 del 1981) e i decreti, le sentenze e le ordinanze di divisione, legittimazione e assegnazioni di terre (di cui all’articolo 40 della legge n. 1766 del 1927).


 

Articolo 5-bis
(Regime delle entrate riscosse dal Ministero degli Affari esteri)

 

 

L’articolo 5-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, concerne alcune modifiche al regime delle entrate riscosse dal Ministero degli affari esteri quale corrispettivo del riconoscimento della cittadinanza italiana a persona maggiorenne e del rilascio dei passaporti ordinari.

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Il comma 1 inserisce l’articolo 7-bis dopo l’articolo 7 della Sezione I della tabella dei diritti consolari da riscuotere presso le Ambasciate ed i Consolati all’estero a fronte dei numerosi servizi da questi prestati, allegata al decreto legislativo 3 febbraio 2011, n. 71, recante ordinamento e funzione degli uffici consolari, ai sensi dell’articolo 14, comma 18, della legge 28 novembre 2005, n. 246 (legge di semplificazione per il 2005).

L’articolo 7-bis in oggetto introduce nella tariffa consolare la fattispecie dei diritti da riscuotere per il trattamento della domanda di riconoscimento della cittadinanza italiana a persona maggiorenne, fissando l’importo nella misura di 300 euro.

La relazione tecnica governativa constata che gli atti di riconoscimento della cittadinanza italiana hanno visto negli ultimi anni una crescita esponenziale, che renderebbe irragionevole mantenere la gratuità della relativa pratica amministrativa.

 

L’importo dei diritti consolari di cui all'articolo 64 del citato Decreto legislativo n. 71 del 2011 è stato da ultimo incrementato dall’articolo 41-bis del D.L. 83/2012 (recante misure urgenti per la crescita del Paese), prevedendo l’incremento della tariffa dei diritti consolari in ragione del 10 per cento; le maggiori entrate così conseguite sono state destinate a interventi strutturali e informatici a beneficio degli uffici all’estero del Ministero degli affari esteri (MAE), e a potenziare i contingenti di impiegati temporanei degli uffici all’estero del MAE. L’incremento è disposto a scopo di adeguare il livello dei servizi offerti a cittadini e imprese dalla rete degli uffici all’estero del Ministero degli affari esteri, in particolare per favorire la crescita dei flussi imprenditoriali e turistici verso il nostro Paese, mediante un più rapido rilascio dei visti, in tal modo incentivando la promozione delle relazioni economiche in ambito internazionale.

 

Il comma 2 sostituisce integralmente l’articolo 18 della legge 21 novembre 1967, n. 1185 (recante norme sui passaporti), prevedendo per il rilascio del passaporto ordinario un contributo amministrativo di 73,50 euro, oltre al costo del libretto – la vigente formulazione prevede la tassa di 6.300 lire annue.

La novella all’art. 18 prosegue precisando che il costo del libretto e l’entità del contributo sono aggiornati con cadenza biennale, mediante Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro degli affari esteri.

La relazione tecnica rileva a tale proposito una sostanziale invarianza di gettito nel passaggio alla nuova regolamentazione, che comporta comunque l’abolizione di fatto delle concessioni governative finora dovute sia per il rilascio che per il rinnovo annuale del passaporto.

 

In relazione alla nuova disciplina introdotta dai commi 1 e 2, il comma 3 abroga la tassa sulle concessioni governative per il passaporto, di cui al comma 6 dell’art. 55 della legge 21 novembre 2000, n, 342, nonché dell’art. 1 della tariffa annessa al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641.

 

Si ricorda che l’articolo 55 della legge n. 342/2000 concerne disposizioni di razionalizzazione in materia di tasse sulle concessioni governative e di imposta di bollo, all’interno delle quali il comma 6 stabilisce che la “tassa annuale sulle concessioni governative per il passaporto, di cui all'articolo 1 della tariffa delle tasse sulle concessioni governative introdotta con decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1995 deve intendersi dovuta esclusivamente per l'espatrio verso i Paesi diversi da quelli aderenti all'Unione europea”.

Si ricorda altresì che il D.P.R. n. 641/1972 riguarda la disciplina delle tasse sulle concessioni governative, e reca in allegato la tariffa, il cui articolo 1 si riferisce proprio ai passaporti.


 

Articolo 6
(Strategie di contrasto all’evasione fiscale)

 

 

L'articolo 6 dispone che nelle more dell'attuazione degli obiettivi di stima della spesa e monitoraggio dell'evasione fiscale previsti dalla cd. delega fiscale (articoli 3 e 9 della legge n. 23 del 2014), il Governo presenti alle Camere - entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del testo in esame - un rapporto sulla realizzazione delle strategie adottate nei confronti dell'evasione fiscale, sui risultati conseguiti nel corso del 2013 - specificati per ciascuna regione, come chiarito nel corso dell’esame al Senato - e nell'anno in corso, nonché su quelli attesi.

Nel rapporto andrà specificato sia il recupero di gettito derivante da accertamento di evasione sia quello attribuibile alla maggiore propensione all’adempimento da parte dei contribuenti, come effetto delle misure e degli interventi definiti.

Il rapporto sostituisce – a seguito di un emendamento introdotto al Senato - l’analogo rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto dell'evasione fiscale che il Ministro dell'economia e delle finanze deve presentare annualmente in allegato alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, ai sensi dell’articolo 2, comma 36.1, del decreto-legge n. 138 del 2011, (comma 1).

 

Ai sensi del comma 2, anche sulla base degli indirizzi forniti dalle Camere, il Governo si impegna alla definizione di un programma con ulteriori misure ed interventi per il rafforzamento dell’azione di prevenzione e di contrasto all’evasione fiscale, allo scopo di conseguire nell’anno 2015 un incremento di almeno 2 miliardi di euro di entrate dalla lotta all’evasione fiscale rispetto a quelle ottenute nell’anno 2013.

 

Si ricorda che la legge n. 23 del 2014 (c.d. delega fiscale) prevede, tra l'altro, la prosecuzione dell'attività di contrasto all’evasione e all’elusione e il riordino dei fenomeni di erosione fiscale (cosiddette tax expeditures) – ferma restando la tutela, oltre che della famiglia e della salute, dei redditi di lavoro dipendente e autonomo, dei redditi da imprese minori e dei redditi da pensione. A questo fine, nelle procedure di bilancio sono inseriti un rapporto in materia di contrasto all’evasione fiscale (articolo 3) e un rapporto sulle spese fiscali (articolo 4).

Sono quindi precisati i contenuti del rapporto sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale, redatto da una Commissione di esperti istituita presso il MEF, che deve contenere una stima ufficiale dell'ammontare delle risorse sottratte al bilancio pubblico dall'evasione, con la massima disaggregazione possibile dei dati a livello territoriale, settoriale e dimensionale, con l’obiettivo, tra l’altro, di individuare le linee di intervento e prevenzione contro la diffusione del fenomeno dell'evasione, nonché per stimolare l'adempimento spontaneo degli obblighi fiscali.

La delega prevede quindi, per favorire l’emersione di base imponibile, l’emanazione di disposizioni per l’attuazione di misure finalizzate al contrasto d’interessi fra contribuenti. Le maggiori entrate rivenienti dal contrasto all’evasione fiscale (al netto di quelle necessarie per il mantenimento degli equilibri di bilancio) e dalla progressiva limitazione dell’erosione fiscale devono essere attribuite esclusivamente al Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale, istituito dal decreto-legge n. 138 del 2011. Al Fondo sono interamente attribuiti anche i risparmi di spesa derivanti da riduzione di contributi o incentivi alle imprese, che devono essere destinati alla riduzione dell'imposizione fiscale gravante sulle imprese.

L'articolo 7 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rinvia) prevede che la procedura citata si applica fino all’annualità 2013 con riferimento alla valutazione delle maggiori entrate dello stesso anno rispetto a quelle del 2012.

 

Al riguardo si ricorda che i commi 431-435 della legge di stabilità 2014 hanno istituito un altro Fondo per la riduzione della pressione fiscale, utilizzando le risorse derivanti dai risparmi di spesa prodotti dalla razionalizzazione della spesa pubblica, nonché dalle attività di contrasto all'evasione fiscale. Si dispone in particolare che, per il 2014, le entrate derivanti da misure straordinarie di contrasto all'evasione siano finalizzate in corso d'anno alla riduzione della pressione fiscale sul lavoro, con specifico riferimento all’incremento delle deduzioni IRAP e detrazioni IRPEF.

 

L’articolo 9 della legge n. 23 del 2014 indica i principi e i criteri da perseguire nell’introduzione di norme volte al rafforzamento dei controlli fiscali, in particolare contrastando le frodi carosello, gli abusi nelle attività di money tranfer o di trasferimento di immobili, i fenomeni di transfer pricing e di delocalizzazione fittizia di impresa, nonché la fattispecie di elusione fiscale.

Si intende dunque prevedere il rafforzamento dei controlli mirati, possibilmente in sinergia con altre autorità pubbliche. Si prevede l’obbligo di garantire la riservatezza nell’attività conoscitiva e di controllo fino alla completa definizione dell’accertamento il quale, nel corso dell’attività di controllo, deve essere ispirato al principio di riduzione al minimo degli ostacoli al normale svolgimento dell’attività economica del contribuente. Deve inoltre essere rispettato il principio di proporzionalità e rafforzato il contraddittorio. Si prevede quindi che siano esplicitati i metodi di pagamento sottoposti a tracciabilità e che sia incentivato l’utilizzo della fatturazione elettronica.


 

Articolo 7
(Destinazione dei proventi della lotta all'evasione fiscale)

 

 

L'articolo 7 prevede che la procedura di destinazione al Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale delle maggiori entrate derivanti dall’attività di contrasto all’evasione (delineata dall’articolo 2, comma 36, terzo e quarto periodo, del decreto-legge n. 138 del 2011) si applica fino all’annualità 2013, tenendo conto delle maggiori entrate dello stesso anno rispetto a quelle del 2012.

 

Si ricorda al riguardo che il citato comma 36 dell’articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011, come modificato dall’articolo 1, comma 299, della legge di stabilità 2013, prevede al terzo e quarto periodo che a partire dall'anno 2013, il Documento di economia e finanza (DEF) contiene una valutazione, relativa all'anno precedente, delle maggiori entrate strutturali ed effettivamente incassate derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale. Dette maggiori risorse, al netto di quelle necessarie al mantenimento dell'equilibrio di bilancio e alla riduzione del rapporto tra il debito e il prodotto interno lordo, nonché di quelle derivanti a legislazione vigente dall'attività di recupero fiscale svolta dalle regioni, dalle province e dai comuni, unitamente alle risorse derivanti dalla riduzione delle spese fiscali, confluiscono in un Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale e sono finalizzate al contenimento degli oneri fiscali gravanti sulle famiglie e sulle imprese, secondo le modalità di destinazione e di impiego indicate nello stesso DEF.

 

Tali disposizioni, pertanto, ai sensi dell'articolo in commento, si applicano fino all’annualità 2013 con riferimento alla valutazione delle maggiori entrate dell’anno medesimo rispetto a quelle del 2012.

 

Sotto il profilo del coordinamento con la legislazione vigente, si segnala che la norma interviene sull’articolo 2, comma 36, del decreto-legge n. 138 del 2011 con una modifica non testuale. Occorrerebbe valutare l’opportunità di modificare direttamente il predetto articolo 2.

 

Il secondo periodo del testo in esame prevede altresì che le maggiori entrate strutturali ed effettivamente incassate nell’anno 2013 derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale - valutate (ai sensi del citato articolo 2, comma 36, del decreto-legge n. 138 del 2011) in 300 milioni di euro annui dal 2014 - concorrano alla copertura degli oneri recati dal provvedimento in esame.

 

Secondo quanto evidenziato dalla Relazione tecnica, considerato che il provvedimento in esame è volto, tra l’altro, alla riduzione della pressione fiscale, attraverso il riconoscimento del credito in favore dei lavoratori dipendenti e assimilati, le predette maggiori entrate verrebbero utilizzate direttamente per lo scopo (pertanto senza farle confluire al Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale) e, quindi, in sostanza, per la stessa finalità prevista dal comma 36 dell’articolo 2 citato.

 

Il nuovo comma 1-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, modifica la norma istitutiva del “nuovo” Fondo per la riduzione della pressione fiscale, previsto dai commi 431 e 435 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014).

 

Si ricorda che il comma 431 ha istituito il Fondo per la riduzione della pressione fiscale cui sono destinate, a decorrere dal 2014, fermo restando il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, le seguenti risorse:

a)   l'ammontare dei risparmi di spesa derivanti dalla razionalizzazione della spesa pubblica, al netto della quota già considerata nei commi da 427 a 430 (vale a dire un importo non inferiore a complessivi 3.220 milioni nel periodo 2014-2017) e delle risorse da destinare a programmi finalizzati al conseguimento di esigenze prioritarie di equità sociale e ad impegni inderogabili;

b)   per il biennio 2014-2015, le maggiori entrate che, in sede di Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (DEF), si stima di incassare quali maggiori entrate rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio dell'esercizio in corso derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale, al netto di quelle derivanti dall'attività di recupero fiscale svolta dalle regioni, dalle province e dai comuni. A decorrere dall'anno 2016, le maggiori entrate incassate rispetto all'anno precedente, derivanti dalle attività di contrasto dell'evasione fiscale, sempre al netto di quelle derivanti dall'attività di recupero fiscale svolta dalle regioni, dalle province e dai comuni.

 

La modifica introdotta al Senato elimina, sostituendo la lettera b) del comma 431, la distinzione tra il biennio 2014-2015 e il 2016, definendo le maggiori entrate da destinare al Fondo non più rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio dell'esercizio in corso ma rispetto a quelle effettivamente incassate nell’anno precedente.

 

Il comma 1-bis modifica inoltre il comma 435, al fine di applicare anche al 2015 (oltre che all'anno 2014) la procedura di riassegnazione al citato Fondo di cui al comma 431 delle entrate derivanti da misure straordinarie di contrasto all'evasione fiscale.


 

Articolo 8, commi 1-3
(Trasparenza della spesa per beni e servizi)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 8, interamente riformulato nel corso dell’esame del provvedimento al Senato (che incorpora anche il comma 2 del testo originario del decreto, che viene conseguentemente soppresso), specifica alcuni obblighi di pubblicazione dei dati concernenti la spesa delle pubbliche amministrazioni.

In seguito alle modifiche introdotte in Senato, la disposizione è formulata come novella all’art. 29 del D.Lgs. 33/2013, ai sensi del quale le amministrazioni pubblicano sui propri siti istituzionali i dati relativi al bilancio di previsione e a quello consuntivo di ciascun anno in forma sintetica, aggregata e semplificata, anche con il ricorso a rappresentazioni grafiche, al fine di assicurare la piena accessibilità e comprensibilità.

 

Il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 ha riordinato in un unico corpo normativo le disposizioni riguardanti gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 1, comma 35, della legge 6 novembre 2012, n. 190 (c.d. legge anticorruzione).

In particolare, il decreto contiene alcune disposizioni di carattere generale, disciplina gli obblighi di trasparenza in capo alle p.a., distinti a seconda della tipologia di informazioni a cui si riferiscono, nonché il regime delle responsabilità e delle sanzioni per il mancato, ritardato o inesatto adempimento degli obblighi di pubblicazione.

La tipologia più ampia di obblighi, disciplinati nel decreto, riguarda la pubblicazione di informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni (articoli 13-28).

Un secondo gruppo di pubblicazioni obbligatorie riguarda l’uso delle risorse pubbliche (articoli 29-31) e comprende la pubblicità dei dati relativi al bilancio di previsione e a quello consuntivo, nonché le informazioni degli immobili posseduti e i dati relativi ai risultati del controllo amministrativo-contabile.

Per garantire il buon andamento delle amministrazioni, il decreto riordina altresì le disposizioni relative ad obblighi concernenti le prestazioni offerte e i servizi erogati (articoli 32-36).

Tali disposizioni si applicano alle pubbliche amministrazioni, qualificate mediante rinvio all’elenco di cui all’articolo 1, co. 2, D.lgs. 165/2001. L'applicabilità alle società partecipate dalle p.a. e a quelle dalle stesse controllate, nonché agli enti pubblici nazionale è limitata alle "attività di pubblico interesse" disciplinate dal diritto nazionale o dell'Unione europea. E', infine, prevista una clausola di adeguamento alle disposizioni sulla trasparenza per le autorità indipendenti nell’ambito dei rispettivi ordinamenti.

 

In particolare, la novella al comma 1 del citato articolo 29 completa tale obbligo richiedendo alle amministrazioni anche la pubblicazione dei documenti e degli allegati del bilancio preventivo e del conto consuntivo entro trenta giorni dalla loro adozione.

 

Inoltre, è introdotto un nuovo comma 1-bis, ai sensi del quale i dati relativi alle entrate e alla spesa di cui ai bilanci preventivi e consuntivi devono essere pubblicati in formato tabellare aperto, anche mediante ricorso ad un portale unico, in modo che sia possibile l’esportazione, il trattamento e il riutilizzo.

Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dovranno essere definiti lo schema-tipo e le modalità con le quali rendere accessibili tali dati. Il decreto deve essere emanato dopo aver acquisito il parere della Conferenza unificata. In virtù di quanto stabilito dal successivo comma 3-bis, in prima applicazione tale decreto deve essere emanato entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto.

 

Il nuovo comma 1-bis specifica quanto previsto in via generale dall’art. 7 del D.Lgs. 33/2013, opportunamente richiamato, che stabilisce che i documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente sono pubblicati in formato di tipo aperto ai sensi dell'articolo 68 del Codice dell'amministrazione digitale (D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82) e sono riutilizzabili ai sensi del decreto legislativo 24 gennaio 2006, n. 36 (Attuazione della direttiva 2003/98/CE relativa al riutilizzo di documenti nel settore pubblico), del Codice dell'amministrazione digitale, e del Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196), senza ulteriori restrizioni diverse dall'obbligo di citare la fonte e di rispettarne l'integrità.

 

Nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, è stata introdotta un’ulteriore modifica all’art. 33 del D.Lgs. 33/2013, che attualmente dispone l’obbligo di pubblicazione, con cadenza annuale, di un indicatore dei tempi medi di pagamento relativi agli acquisti di beni, servizi e forniture, denominato “indicatore di tempestività dei pagamenti”.

La disposizione viene arricchita dall’ulteriore previsione dell’obbligo di pubblicare anche un indicatore trimestrale di tempestività dei pagamenti, con cadenza appunto trimestrale, a decorrere dal 2015. Anche in questo caso, la norma rinvia, per l’adozione dello schema tipo e delle modalità con cui elaborare e pubblicare tali indicatori (annuali e trimestrali), ad un D.P.C.M., da emanarsi, sentita la Conferenza unificata, entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto (ai sensi del successivo comma 3-bis).

 

Si ricorda che, ai sensi dell’art. 46 del D.Lgs. 33/2013, l’inadempimento degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente costituisce elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all’immagine dell’amministrazione ed è valutato ai fini della retribuzione di risultato e del trattamento economico accessorio collegato alle performance dei dirigenti.

 

Il comma 3 novella la legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), modificandone l’articolo 14, relativo al controllo e monitoraggio dei conti pubblici. In particolare dispone che i dati SIOPE delle amministrazioni pubbliche gestiti dalla Banca d’Italia siano di “tipo aperto” (come modificato dal Senato) e liberamente accessibili, rinviando la definizione delle modalità di accesso ad un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze (nel rispetto del Codice dell'amministrazione digitale, ossia del decreto legislativo n. 82 del 2005).

 

Il SIOPE (Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici) è un sistema di rilevazione telematica degli incassi e dei pagamenti effettuati dai tesorieri di tutte le amministrazioni pubbliche (frutto della collaborazione tra la Ragioneria generale dello Stato, la Banca d'Italia e l' ISTAT). E' disciplinato dall’articolo 14, commi 6-11, della legge n. 196 del 2009.

Esso è strumento volto alla rilevazione in tempo reale del fabbisogno delle amministrazioni pubbliche (superando la tradizionale rilevazione dei flussi trimestrali di casa) e ad una più puntuale predisposizione delle statistiche trimestrali di contabilità nazionale, ai fini della verifica delle regole previste dall'ordinamento comunitario (procedura su disavanzi eccessivi e Patto di stabilità e crescita).

Dopo l'avvio nel 2006 della rilevazione per le Regioni, le Province, i Comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti e le Università, il SIOPE è stato esteso: ai Comuni con popolazione inferiore a 20.000 abitanti, alle Comunità montane, alle Unioni di Comuni, ai Consorzi di enti locali dal 1° gennaio 2007; agli Enti di ricerca dal 1° luglio 2007; agli enti di previdenza pubblici dal 1° luglio 2008 (attraverso una modalità di rilevazione differenziata); alle strutture sanitarie (aziende sanitarie, aziende ospedaliere, Policlinici universitari, Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e gli Istituti zooprofilattici sperimentali) dal 1° gennaio 2008; alle agenzie sanitarie regionali dal 1° gennaio 2011; agli enti gestori di parchi e aree marine protette dal 1° gennaio 2012; alle Camere di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura dal 1° gennaio 2012.

 

Il Senato ha introdotto il comma 3-bis, disponendo che in sede di prima applicazione, i decreti previsti dal comma 1, capoversi b) e c), e dal comma 3, siano adottati entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame.


 

Articolo 8, commi 4-10
(Razionalizzazione della spesa per beni e servizi)

 

 

I commi da 4 a 10 dispongono una riduzione della spesa per acquisto di beni e servizi delle pubbliche amministrazioni a decorrere dal 2014.

La riduzione è quantificata in complessivi 2,1 miliardi per l’anno 2014 ed è rideterminata, a partire dal 2015, in ragione d’anno, per le amministrazioni locali e ai sensi dell’articolo 50 per le amministrazioni centrali.

Per le modalità per il conseguimento delle suddette economie, l’articolo rinvia, per le diverse tipologie di amministrazione, all’articolo 46, per le regioni e province autonome, all’articolo 47 per gli enti locali e all’articolo 50 per le amministrazioni centrali.

 

Le amministrazioni interessate sono quelle individuate dall’articolo 11 del D.Lgs. n. 33 del 2013.

Ai sensi del comma 1 dell'articolo 11 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 ("Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni"), per amministrazioni pubbliche si intendono:

§  tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni[5];

§  le società da esse partecipate ovvero controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile;

§  le autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione.

Il rinvio all'articolo 11 del decreto legislativo n. 33 del 2013 individua un aggregato di enti interessati dall’applicazione della disposizione più ampio di quello usualmente indicato nelle norme che intervengono in materia, tra cui quelle del presente decreto-legge agli articoli 14, 15, e 27, che fanno riferimento "alle Amministrazioni pubbliche individuate nell'elenco annualmente pubblicato dall'ISTAT in applicazione di quanto stabilito dall'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196". L’ampliamento è riferibile prevalentemente alle società partecipate e/o controllate.

 

Il comma 4 stabilisce che la riduzione complessiva per l’anno 2014 (2,1 miliardi) sia così ripartita tra i diversi livelli di governo:

a)  700 milioni da regioni e province autonome;

b)  700 milioni dalle autonomie locali, di cui 340 milioni dalle province e dalle città metropolitane e 360 milioni dai comuni;

c)  700 milioni dalle amministrazioni dello Stato (amministrazioni centrali e altri enti ed organismi, anche costituiti in forma societaria).

 

La medesima riduzione è disposta, in ragione d'anno, a decorrere dal 2015 per le amministrazioni locali.

In sostanza, poiché le riduzioni di spesa per il 2014 sono riferite a 8 mesi (a decorrere dal 24 aprile 2014, data di entrata in vigore del decreto-legge) per il 2015 e le annualità successive la riduzione va conteggiata sull’intero anno. Pertanto gli importi indicati per il 2014 (riferiti al secondo e terzo quadrimestre dell’anno) vanno incrementati del 50 per cento. Come desumibile dalla tabella allegata alla relazione tecnica (A.S. 1465), a decorrere dal 2015 la riduzione di spesa sarà così determinata:

a)  1.050 milioni da regioni e province autonome;

b)  1.050 milioni dalle autonomie locali, di cui 510 milioni dalle province e dalle città metropolitane e 540 milioni dai comuni.

 

Per le amministrazioni dello Stato (lettera c), l’ultimo periodo del comma 4 specifica che dal 2015 si provvede secondo i criteri e nelle misure indicate all’articolo 50. In sostanza, la riduzione a decorrere dal 2015 è pari a 300 milioni, quali riduzioni di acquisti di beni e servizi delle amministrazioni centrali dello Stato (indicati dall’Allegato C del decreto-legge), a cui si aggiungono 105 milioni quali minori trasferimenti a enti e organismi anche costituiti in forma societaria per la riduzione della spesa per acquisti di beni e servizi.

 

Relativamente alla riduzione di spesa da parte delle amministrazioni dello Stato il comma 5 demanda la determinazione degli obiettivi di riduzione di spesa ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanarsi entro il 24 maggio 2014 (30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge); per tale lasso di tempo, i 700 milioni sono resi indisponibili e non spendibili.

I 700 milioni di riduzioni di spesa delle amministrazioni dello Stato, sono così effettuati:

§  400 milioni nel 2014 a carico del Ministero della Difesa, da recuperarsi con la rideterminazione dei programmi di spesa relativi agli investimenti pluriennali per la difesa nazionale, ai sensi del successivo comma 11 dell’articolo in esame (cfr. scheda di lettura);

§  200 milioni per il 2014 derivano dalla riduzione degli acquisti dei beni e servizi delle amministrazioni centrali dello Stato come definiti nell’allegato C al decreto-legge ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell’articolo 50 (cfr. scheda di lettura);

§  100 milioni derivano dalla riduzione dei trasferimenti dal bilancio dello Stato ad enti ed organismi dotati di autonomia finanziaria, ai sensi dell’articolo 50, commi 3-5 (cfr. scheda di lettura). In particolare, 70 milioni derivano da minori trasferimenti a enti e organismi anche costituiti in forma societaria e 30 milioni da riversamenti all’entrata del bilancio di economie di spese per consumi intermedi che verranno effettuate dagli enti che non ricevono trasferimenti dallo Stato.

 

Il D.P.C.M. applicativo, pur entro la riduzione di spesa complessiva comunque da realizzare, dovrà recare meccanismi “premiali” (ossia riduzioni meno consistenti) per gli enti che:

§  acquistano a prezzi i più prossimi a quelli di riferimento (ove esistenti);

§  registrano minori tempi di pagamento dei fornitori;

§  fanno più ampio ricorso agli strumenti di acquisto messi a disposizione da centrali di committenza.

 

Tuttavia il comma 5 prevede che in caso di mancata adozione o "inefficacia" del D.P.C.M., si applicano le misure di 'sterilizzazione' recate dall'articolo 50 del decreto-legge cfr. scheda) circa la disponibilità delle risorse e, per gli enti pubblici, la riduzione di spesa.

 

Per quanto riguarda le modalità di riduzione di spesa per acquisti di beni e servizi delle amministrazioni locali, il comma 6 rinvia, per quanto concerne le regioni e le province autonome a quanto disposto dal successivo articolo 46 (cfr. scheda), e il comma 7 rinvia, per quanto riguarda le province, i comuni e le città metropolitane, all’articolo 47 (cfr. scheda).

 

Il comma 8 - ferme restando le modalità di flessibilità previste dal successivo comma 10 per le regioni e dall’articolo 47, comma 2 per le province e città metropolitane, e comma 7 per i comuni, come specificato dal Senato - autorizza le amministrazioni pubbliche indicate dall’articolo 11 del D.Lgs. n. 33 del 2013 alla riduzione del 5 cento degli importi dei contratti in essere, nonché – come disposto dal Senato – dei contratti relativi a procedure di affidamento per cui sia già intervenuta l'aggiudicazione, anche provvisoria, aventi ad oggetto acquisto o fornitura di beni e servizi, per tutta la durata dei contratti, con facoltà delle parti di rinegoziare le prestazioni contrattuali (lettera a)).

Il Senato ha altresì specificato che tale riduzione deve essere effettuata salvaguardando quanto previsto dal Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163/2006), agli articoli 82, comma 3-bis e 86, comma 3-bis, relativi, rispettivamente alla determinazione del criterio del prezzo più basso e ai criteri di individuazione delle offerte anormalmente basse,.

E’ altresì fatta salva la facoltà del prestatore dei beni e dei servizi di recedere dal contratto senza alcuna penalità entro 30 giorni dalla comunicazione di volontà da parte dell’amministrazione di operare la riduzione; in tal caso le amministrazioni possono, al fine di ottenere comunque la disponibilità di beni e servizi necessari, accedere a convenzioni-quadro ovvero procedere con affidamento diretto nel rispetto della disciplina europea e nazionale sui contratti pubblici.

 

Il Senato ha soppresso la lettera b), la quale prevedeva che in ogni caso, per i contratti stipulati dopo l’entrata in vigore del decreto-legge (24 aprile 2014), le amministrazioni devono assicurare che gli importi e i prezzi contrattuali non siano superiori a quelli derivati o derivabili dalla riduzione sopra ricordata o ai prezzi di riferimento, ove esistenti (lettera b). Conseguentemente è stato soppresso il comma 9, ai sensi del quale venivano dichiarati nulli tali contratti, e venivano considerati rilevanti ai fini della performance individuale e della responsabilità dirigenziale di chi li avesse sottoscritti.

 

Da ultimo, il comma 10 prevede che le regioni e le province autonome hanno facoltà di disporre misure diverse, rispetto alla riduzione di spesa per contratti quali dettate dal comma 4, purché assicurino comunque la riduzione della spesa (secondo le modalità poste dall'articolo 46 del decreto-legge) loro assegnata.


 

Articolo 8, comma 10-bis
(Cantieri comunali e cantieri verdi in Sardegna)

 

 

L’articolo 8, comma 10-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, dispone che, per il prossimo triennio, ai cantieri comunali per l’occupazione e ai cantieri verdi, previsti dalla normativa della regione Sardegna in materia di lavoro e difesa dell’ambiente, non si applichi il limite di spesa posto dalla normativa vigente alle assunzioni di personale a tempo determinato, o con convenzioni, o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, stante il carattere temporaneo dei cantieri stessi.

Più nel dettaglio, per prevenire gli incendi, il dissesto idrogeologico e il diffondersi di discariche abusive, si dispone che, per il prossimo triennio, ai cantieri comunali per l’occupazione e ai cantieri verdi previsti dalla normativa della regione Sardegna in materia di lavoro e difesa dell’ambiente - in quanto a carattere temporaneo e da considerarsi a tutti gli effetti progetti speciali di prevenzione danni in attuazione di competenze e di politiche regionali – non si applichi il limite di spesa previsto dall’articolo 9, comma 28, del D.L. 78/2010 per le amministrazioni pubbliche che si avvalgono di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa.

 

Il citato articolo 9, comma 28, del D.L. 78/2010 ha disposto che, a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato e ulteriori enti pubblici indicati possano avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50% della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Per il 2014, per gli enti locali in sperimentazione il limite è fissato al 60 per cento della spesa sostenuta nel 2009. Sulla base di una novella introdotta dall’articolo 1, comma 1, della L. 44/2012, gli enti locali possono superare il predetto limite per le assunzioni strettamente necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale, nonché per le spese sostenute per lo svolgimento di attività sociali mediante forme di lavoro accessorio[6]. Resta fermo che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Il predetto limite non si applica al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), nei limiti di 50 unità di personale ed esclusivamente per lo svolgimento dell'attività di vigilanza sui concessionari della rete autostradale. Come precisato dallo stesso comma, la deroga si giustifica al fine di assicurare la continuità della citata attività di vigilanza, ai sensi dell'art. 11, comma 5, secondo periodo, del D.L. 216/2011, che ha trasferito al MIT tale attività in seguito alla soppressione dell'Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali.

 

All’attuazione di quanto disposto dal comma in esame si provvede nell’ambito delle risorse assegnate per la realizzazione dei citati cantieri dal bilancio regionale, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Si fa presente che analoga previsione (esclusa la parte che dispone che non vi siano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica) era contenuta nell’articolo 2 della Legge regionale della Sardegna 4/2013, così come sostituito dall’articolo 1 della Legge regionale della Sardegna 9/2013[7]. Tale norma è stata dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale, con la recente sentenza 7-10 aprile 2014, n. 87, per violazione del principio di coordinamento della finanza pubblica sancito dagli articoli 117, comma terzo, e 119 della Costituzione.

Si evidenzia, poi, l’opportunità di definire con esattezza l’ambito temporale di applicazione della norma, in quanto il riferimento al “prossimo triennio” appare generico.


 

Articolo 8, comma 11
(Riduzione programmi di spesa della Difesa)

 

 

Il comma 11 dell'articolo 8 prescrive che i programmi di investimenti pluriennali per la difesa nazionale siano rideterminati in maniera tale da conseguire riduzioni di spesa - in termini di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni- pari a 400 milioni di euro per l'anno 2014, concorrendo alla determinazione della riduzione di cui al comma 4, lettera c) del provvedimento in esame, per il medesimo anno.

Le autorizzazioni di spesa iscritte sugli stati di previsione dei Ministeri interessati sono rideterminate con D.P.C.M., adottato entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro della difesa, sentito il Ministro dello sviluppo economico, e previa verifica del Ministero dell’economia e delle finanze. Nelle more dell’adozione del menzionato D.P.C.M., vengono accantonate e rese indisponibili, per il predetto importo di 400 milioni di euro per l’anno 2014, le risorse iscritte nello stato di previsione del Ministero della difesa relative ai programmi di cui all’articolo 536 del Codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66).

 

In relazione alla disposizione in esame si osserva che, allo stato (6 giugno 2014), lo schema di D.P.C.M., risulta in corso di definizione. Si è pertanto provveduto ad accantonare e rendere indisponibili, per il predetto importo di 400 milioni di euro per il 2014, le risorse iscritte nello stato di previsione del Ministero della difesa relative ai programmi di cui all’articolo 536 del Codice dell’ordinamento militare (D.Lgs. n. 66 del 2010).

 

Si ricorda che, con riferimento alla pianificazione dei programmi di ammodernamento e rinnovamento dei sistemi d'arma, delle opere, dei mezzi e dei beni direttamente destinati alla difesa nazionale, l'articolo 536 del Codice dell'ordinamento militare che disciplina questa materia è stato profondamente modificato dalla recente legge n. 244 del 2012 (articolo 4, comma 2) al fine di prevedere la presentazione annuale, entro il 30 aprile, di un "piano di impiego pluriennale" finalizzato a riassumere:

§  il quadro generale delle esigenze operative delle Forze armate, comprensive degli indirizzi strategici e delle linee di sviluppo capacitive;

§  l'elenco dei programmi d'armamento e di ricerca in corso ed il relativo piano di programmazione finanziaria, indicante le risorse assegnate a ciascuno dei programmi per un periodo non inferiore a tre anni, compresi i programmi di ricerca o di sviluppo finanziati nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico. Nell'elenco sono altresì indicate le condizioni contrattuali, con particolare riguardo alle eventuali clausole penali;

§  le spese relative alla funzione difesa, comprensive delle risorse assegnate da altri Ministeri.

 

In ossequio a quanto disposto dall'articolo 536, comma 1, del Codice dell'ordinamento militare, in data 10 aprile 2013, il Ministro della Difesa ha trasmesso alle Camere il Documento programmatico pluriennale per la Difesa per il triennio 2013-2015 (Atto 23). Non risulta ancora presentato il Documento programmatico 2014-2016.

 

Si ricorda inoltre che, da ultimo, l'art. 1, comma 396 della legge di stabilità per il 2014 aveva già disposto la rideterminazione dei programmi di investimenti pluriennali per la difesa nazionale in maniera tale da conseguire risparmi di spesa per gli anni 2015 e 2016 -anche in termini di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni- pari a 100 milioni di euro per ciascun anno.


 

Articolo 9, commi 1-8 e 9-10
(Acquisizione di beni e servizi attraverso soggetti aggregatori
e disposizioni in materia di contratti pubblici
)

 

 

L’articolo 9 dispone l’istituzione di un “elenco dei soggetti aggregatori” nell’ambito dell’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti, di cui fanno parte Consip S.p.A. e una centrale di committenza per ciascuna regione (commi 1, 2, 5 e 6). Si prevede, altresì, l’istituzione di un “Tavolo tecnico dei soggetti aggregatori” che effettua analisi ai fini dell’individuazione delle categorie dei beni e dei servizi, nonché delle soglie, al di sopra delle quali si prevede il ricorso a Consip S.p.A. o agli altri soggetti aggregatori per lo svolgimento delle relative procedure (commi 2-3). Viene, altresì, definita una nuova disciplina per l’acquisizione di lavori, servizi e forniture per i comuni non capoluogo di provincia (comma 4). È demandata, inoltre, all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture un'elaborazione dei prezzi di riferimento alle condizioni di maggiore efficienza di beni e di servizi, tra quelli di maggiore impatto in termini di costo a carico della pubblica amministrazione, e la pubblicazione sul proprio sito web dei prezzi unitari corrisposti dalle pubbliche amministrazioni per gli acquisti di tali beni e servizi (commi 7-8). Viene, infine, previsto l’utilizzo di risorse per finanziare le attività dei soggetti aggregatori, per il potenziamento delle strutture dell’amministrazione finanziaria e per il finanziamento delle attività svolte da Consip S.p.a. nell’ambito del Programma di razionalizzazione degli acquisti delle Pubbliche amministrazioni (commi 9-10).

Un’ulteriore disposizione inserita nel corso dell’esame al Senato integra i criteri per la valutazione dell’offerta nel caso di contratti da affidare sulla base dell’offerta economicamente più vantaggiosa (comma 4-bis).

Istituzione dell’elenco dei soggetti aggregatori (comma 1)

Il comma 1 dispone l’istituzione, nell’ambito dell’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti (AUSA), operante presso l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (AVCP) - dell’elenco dei soggetti aggregatori di cui fanno parte:

§  Consip S.p.A.;

§  una centrale di committenza per ciascuna regione, qualora costituita ai sensi dell’art. 1, comma 455, della legge finanziaria 2007 (L. n. 296/2006).

Tale comma ha previsto la costituzione facoltativa, da parte delle regioni, di centrali di acquisto anche unitamente ad altre regioni, che operano quali centrali di committenza in favore delle amministrazioni ed enti regionali, degli enti locali, degli enti del Servizio sanitario nazionale e delle altre pubbliche amministrazioni aventi sede nel medesimo territorio.

L’art. 3, comma 34, del D.Lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), definisce «centrale di committenza» un'amministrazione aggiudicatrice che acquista forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori, o aggiudica appalti pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori.

 

L’art. 33-ter del D.L. n. 179/2012 ha istituito, presso l’Autorità, l’Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti (AUSA), obbligando le stazioni appaltanti:

a richiedere l’iscrizione all’AUSA presso la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP) istituita dall’art. 62-bis del Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. n. 82/2005) ed obbligatoria dal 1° luglio 2014[8];

ad aggiornare annualmente i dati identificativi.

Relativamente alla disciplina relativa alla Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici si ricorda che essa è stata introdotta dall’art. 20 del D.L. n. 5/2012 con un articolo aggiuntivo (l’art. 6-bis) al Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163/2006)[9].

 

Nel corso dell’esame al Senato è stato precisato che l’istituzione dell’elenco deve avvenire senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Soggetti aggregatori di riferimento regionale (commi 5 e 6)

Qualora la centrale di committenza regionale prevista dal comma 1 non sia stata costituita, il comma 5 ne prevede l’istituzioneo in alternativa la designazione di un soggetto aggregatore di riferimento regionale – entro il 31 dicembre 2014.

In alternativa, secondo quanto disposto dal comma 6, le regioni possono affidare alla CONSIP[10], tramite apposite convenzioni stipulate con il Ministero dell’economia e delle finanze (il testo pubblicato del decreto-legge fa erroneo riferimento alle convenzioni stipulate con la CONSIP), lo svolgimento delle funzioni di attività di centrale di committenza per gli enti del territorio regionale.

Ulteriori soggetti che possono essere iscritti nell’elenco e requisiti per l’iscrizione (commi 2 e 5)

Oltre alla CONSIP e alle centrali di committenza regionali contemplate dal comma 1, il comma 2 consente l’iscrizione - nell’elenco dei soggetti aggregatori - di altri soggetti che svolgono attività di centrale di committenza.

A tal fine è posto in capo a tali soggetti l’obbligo di inoltrare richiesta di iscrizione all’AVCP.

Il comma 5 stabilisce che, in ogni caso, il numero complessivo dei soggetti aggregatori presenti sul territorio nazionale non può essere superiore a 35.

Requisiti per l’iscrizione

Ai fini dell’individuazione dei requisiti per l’iscrizione, il comma 2 richiede che vengano considerati:

§  il carattere di stabilità dell'attività di centralizzazione;

§  i valori di spesa ritenuti significativi per le acquisizioni di beni e di servizi con riferimento ad ambiti, anche territoriali, da ritenersi ottimali ai fini dell'aggregazione e della centralizzazione della domanda.

 

L’individuazione puntuale dei requisiti è demandata ad apposito D.P.C.M., che dovrà essere emanato:

§  entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge;

§  di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;

§  previa intesa con la Conferenza Unificata. Il testo iniziale, che prevede l’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, è stato così modificato durante l’esame al Senato.

Istituzione del Tavolo tecnico dei soggetti aggregatori (comma 2)

Il comma 2 prevede altresì l’istituzione, con apposito D.P.C.M., del Tavolo tecnico dei soggetti aggregatori, coordinato dal Ministro (corretto in “Ministero” nel corso dell’esame al Senato) dell’economia e delle finanze.

Relativamente alle modalità di emanazione, il comma 2 stabilisce che il citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dovrà essere adottato:

§  entro 90 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto-legge;

·      di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;

·      previa intesa con la Conferenza Unificata. Anche in questo caso, il testo iniziale, che prevede l’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, è stato così modificato durante l’esame al Senato.

 

Lo stesso D.P.C.M. dovrà definire i compiti, le attività e le modalità operative del Tavolo tecnico.

Soggetti obbligati a ricorrere al soggetto aggregatore (comma 3)

Il comma 3 demanda ad un altro D.P.C.M. l’individuazione delle categorie di beni e di servizi nonché le soglie al superamento delle quali si prevede l’obbligo di ricorrere alla CONSIP o ad altro soggetto aggregatore per lo svolgimento delle relative procedure.

Tale parte della disposizione è stata modificata nel corso dell’esame al Senato, in quanto nel testo originario del decreto-legge si prevede, con una formulazione non chiara, che vi sia l’obbligo di ricorrere sia alla CONSIP che al soggetto aggregatore di riferimento.

 

Con il medesimo D.P.C.M. sono altresì individuate le modalità di attuazione del presente comma.

Il comma 3 individua altresì i seguenti soggetti obbligati:

§  amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie;

§  regioni ed enti regionali, nonché loro consorzi e associazioni;

§  enti del servizio sanitario nazionale.

 

Relativamente alle modalità di emanazione del citato D.P.C.M., il comma 3 dispone che esso venga adottato:

§  entro il 31 dicembre di ogni anno;

-     d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni;

-     sulla base di analisi del Tavolo dei soggetti aggregatori;

-     in ragione delle risorse disponibili ai sensi del comma 9 (tale riferimento è stato corretto nel corso dell’esame al Senato. Il testo iniziale faceva erroneamente riferimento al comma 7).

 

Nel corso dell’esame al Senato è stato precisato che l’emanazione del decreto deve avvenire:

§  di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze;

§  sentita l’AVCP.

Diverse discipline che mantengono validità

La disposizione di cui al comma 3 è introdotta fermo restando quanto previsto da una serie di disposizioni emanate in passato.

La norma fa riferimento:

§  all’articolo 1, comma 449, della legge finanziaria 2007 (L. n. 296/2006) in cui si dispone che le amministrazioni statali sono tenute ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni-quadro e che le restanti amministrazioni pubbliche possono ricorrere a tali convenzioni, nonché a quelle istituite dalle regioni ovvero ne utilizzano i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per la stipulazione dei contratti; dispone altresì che gli enti del Servizio sanitario nazionale sono in ogni caso tenuti ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di riferimento ovvero, qualora non siano operative convenzioni regionali, le convenzioni-quadro Consip;

§  all’articolo 1, comma 455 della medesima legge finanziaria, in cui si prevede che le regioni possono costituire centrali di acquisto anche unitamente ad altre regioni, che operano quali centrali di committenza in favore delle amministrazioni ed enti regionali, degli enti locali, degli enti del Servizio sanitario nazionale e delle altre pubbliche amministrazioni aventi sede nel medesimo territorio:

§  all’articolo 1, comma 450, inserito nel corso dell’esame presso il Senato della stessa legge, che prevede il ricorso al Mercato elettronico della P.A. (MePA) per gli acquisti di beni e servizi di importo inferiore alla soglia comunitaria;

§  all’articolo 2, comma 574, della legge finanziaria 2008 (L. n. 244/2007) che disciplina le tipologie dei beni e dei servizi non oggetto di convenzioni stipulate da Consip Spa per le quali con decreto del Ministero dell’economia entro il mese di marzo di ogni anno, le amministrazioni statali sono tenute a ricorrere alla Consip Spa, in qualità di stazione appaltante ai fini dell’espletamento dell’appalto e dell’accordo quadro;

§  alle seguenti disposizioni del decreto-legge n. 95/2012:

-     articolo 1, comma 7 che disciplina gli approvvigionamenti delle seguenti categorie merceologiche: energia elettrica, gas, carburanti rete e carburanti extra-rete, combustibili per riscaldamento, telefonia fissa e telefonia mobile;

-     articolo 4, comma 3-quater sull’attività di centra di committenza di Consip S.p.A. relativa alle Reti telematiche delle pubbliche amministrazioni e al Sistema pubblico di connettività;

-     articolo 15, comma 13, lettera d) che ai fini della razionalizzazione dell’uso delle risorse in ambito sanitario e di conseguire una riduzione della spesa per acquisto di beni e servizi, impone agli enti del servizio sanitario nazionale, ovvero, per essi, alle regioni ed alle province autonome di Trento e Bolzano, di utilizzare, per l'acquisto di beni e servizi relativi alle categorie merceologiche presenti nella piattaforma CONSIP, gli strumenti di acquisto e negoziazione telematici messi a disposizione dalla stessa CONSIP, ovvero, se disponibili, dalle centrali di committenza regionali di riferimento.

 

Le nuove disposizioni dettate dal comma 3, unitamente per alcuni aspetti anche a quelle dei commi 1 e 2, vengono ad aggiungersi ad un complesso quadro di norme (sopra citate) che nel tempo hanno diversamente articolato il ricorso alla Consip e ad altre categorie di centrali acquisti sia in termini di definizione dei soggetti obbligati che di tipologie di prodotti. Benché tali norme siano espressamente fatte salve dal comma 3, la coerenza del quadro ordinamentale risultante dalla giustapposizione tra la vigente e nuova disciplina, peraltro in buona parte affidata ai tre D.P.C.M. previsti dai commi 2 e 3 potrebbe risultare problematica, in assenza di un più puntuale coordinamento normativo.

Nel corso dell’esame al Senato è stato inserito un periodo, alla fine del comma 3, che fa comunque salva la possibilità di acquisire, mediante procedura di evidenza pubblica, beni e servizi, qualora i relativi prezzi siano inferiori a quelli emersi dalle gare effettuate dalla CONSIP e dai soggetti aggregatori.

Inosservanza degli obblighi

In caso di inosservanza dell’obbligo di ricorrere al soggetto aggregatore, il penultimo periodo del comma in esame (introdotto nel corso dell’esame al Senato) stabilisce che l’AVCP non rilascia alle stazioni appaltanti il codice identificativo di gara (CIG).

Ricorso ai soggetti aggregatori per i comuni non capoluogo di provincia (comma 4)

Il comma 4 riscrive la disciplina relativa all’acquisizione di lavori, servizi e forniture da parte dei piccoli comuni dettata dal comma 3-bis dell’art. 33 del Codice dei contratti pubblici.

Oltre alla sostituzione del termine “centrale di committenza” con quello di “soggetto aggregatore”, le principali novità introdotte dal comma in esame sono le seguenti:

§  il campo di applicazione della disciplina, in precedenza limitato ai comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti, viene esteso a tutti i comuni non capoluogo di provincia;

§  il ricorso a un’unica centrale di committenza (soggetto aggregatore) non è più considerato obbligatorio, ma si prevede che l’acquisizione di lavori, beni e servizi avvenga nell’ambito delle unioni di comuni ovvero tramite un accordo consortile tra i comuni medesimi, ovvero ricorrendo ad un soggetto aggregatore;

§  tra le varie opzioni percorribili dal Comune nell’acquisizione di lavori, beni e servizi, viene introdotta la possibilità di ricorrere alle province;

§  viene eliminata la deroga (recentemente introdotta dal comma 343 della legge di stabilità 2014) alla disciplina in questione, per le acquisizioni di lavori, servizi e forniture effettuate in economia mediante amministrazione diretta, nonché per lavori, servizi o forniture di importo inferiore a 40.000 euro;

§  nel corso dell’esame al Senato la parte della disposizione che consente ai comuni di avvalersi dei competenti uffici, è stata estesa al fine di includere, tra questi ultimi, anche i competenti uffici delle province;

§  viene mantenuta, nella sostanza, la parte della norma che consente di operare gli acquisti secondo il canale alternativo degli strumenti elettronici di acquisto. Nel corso dell’esame al Senato è stato tuttavia chiarito che tale canale alternativo opera limitatamente all’acquisizione di beni e servizi.

 

Alla luce delle modiche introdotte, nell’acquisizione di lavori, beni e servizi, i Comuni non capoluogo di provincia potranno optare, a decorrere dal 1° luglio prossimo[11], per una delle seguenti opzioni alternative:

§  procedere nell’ambito delle unioni dei comuni, ove esistenti;

§  costituire un apposito accordo consortile tra comuni e avvalersi dei competenti uffici;

§  ricorrere ad un soggetto aggregatore;

§  ricorrere alla province;

§  utilizzare, per l’acquisto di beni e servizi, gli strumenti elettronici di acquisto gestiti dalla CONSIP o da altro soggetto aggregatore di riferimento.

 

In caso di inosservanza delle procedure di acquisizione previste dal comma in esame, nel corso dell’esame al Senato è stato previsto che l’AVCP non rilasci ai comuni non capoluogo di provincia il Codice Identificativo di Gara (CIG).

Si tratta di una previsione identica a quella introdotta al comma 3, sempre nel corso dell’esame al Senato, per l’inosservanza degli obblighi stabiliti dal medesimo comma.

Prezzi di riferimento (commi 7 e 8)

Il comma 7, primo periodo, impone all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (AVCP), a partire dal 1° ottobre 2014, di provvedere – tramite la BDNCP (Banca dati nazionale dei contratti pubblici) – a:

§  fornire alle amministrazioni pubbliche un'elaborazione dei prezzi di riferimento alle condizioni di maggiore efficienza di beni e di servizi, tra quelli di maggiore impatto in termini di costo a carico della pubblica amministrazione. Nel corso dell’esame al Senato è stato precisato che l’AVCP, nel fornire le elaborazioni citate, deve anche tener conto della dinamica dei prezzi dei diversi beni e servizi;

§  pubblicare sul proprio sito web i prezzi unitari corrisposti dalle pubbliche amministrazioni per gli acquisti di tali beni e servizi.

 

Lo stesso periodo del comma 7 chiarisce che gli obblighi citati:

§  non incidono sulle disposizioni, che restano valide, dettate dall’art. 11 (relative all'ampliamento della quota di spesa per gli acquisti di beni e servizi attraverso strumenti di centralizzazione e apposite procedure informatiche, nonché la pubblicazione trimestrale sul sito www.acquistinretepa.it delle merceologie interessate) e dalla lettera a), comma 1, dell’art. 17 (sull'elaborazione dei prezzi di riferimento nel settore sanitario), del D.L. n. 98/2011;

§  vengono introdotti nelle more del perfezionamento delle attività concernenti la determinazione annuale dei costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura da parte dell'Osservatorio presso l'AVCP[12];

§  sono finalizzati al potenziamento delle attività delle centrali di committenza (al riguardo, andrebbe valutato se specificare il riferimento anche ai soggetti aggregatori).

 

Il secondo periodo del comma 7 dispone che i prezzi di riferimento pubblicati dall'Autorità e dalla stessa aggiornati entro il 1° ottobre di ogni anno:

§  sono utilizzati per la programmazione dell’attività contrattuale della pubblica amministrazione;

§  costituiscono prezzo massimo di aggiudicazione, anche per le procedure di gara aggiudicate all’offerta più vantaggiosa, in tutti i casi in cui non è presente, in ambito nazionale o nell’ambito territoriale di riferimento, una convenzione stipulata con CONSIP per l'acquisto di beni e servizi (ai sensi del comma 1 dell’articolo 26 della legge n. 488/1999). I contratti stipulati in violazione del predetto prezzo massimo sono nulli.

 

In fase di prima applicazione, la determinazione dei prezzi di riferimento è effettuata sulla base dei dati rilevati dalle stazioni appaltanti che hanno effettuato i maggiori volumi di acquisto, come risultanti dalla banca dati nazionale dei contratti pubblici (comma 8).

Risorse finanziarie (commi 9 e 10)

Stanziamenti per l’attuazione dell'articolo in esame (comma 9)

Per finanziare le attività svolte dai soggetti aggregatori, viene istituito - nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze - uno specifico Fondo, con una dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2015 e di 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2016.

Si fa notare che nel testo pubblicato si fa riferimento ai soli soggetti aggregatori di cui al comma 1. Nel corso dell’esame al Senato la norma in esame è stata estesa a tutti i soggetti aggregatori, vale a dire quelli di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo in esame.

Nel corso dell’esame al Senato è stato altresì specificato che il comma in esame fa riferimento alle acquisizioni di beni e servizi disciplinate dal comma 3, vale a dire i soli casi in cui si prevede l’obbligo di ricorrere ai soggetti aggregatori.

 

I criteri di riparto del fondo sono demandati ad apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze.

Stanziamenti per l’amministrazione finanziaria e la CONSIP (comma 10)

Il comma 10 dispone l’utilizzo di una quota, per l’anno 2014, nel limite di 5 milioni di euro, delle entrate derivanti dal riversamento al bilancio dello Stato degli avanzi di gestione conseguiti dalle agenzie fiscali (articolo 1, comma 358, della legge finanziaria 2008 (L. n. 244/2007) negli anni 2012 e 2013:

§  per il potenziamento delle strutture dell’amministrazione finanziaria;

§  per il finanziamento delle attività svolte da CONSIP nell’ambito del Programma di razionalizzazione degli acquisti delle Pubbliche amministrazioni (articolo 4, comma 3-ter, del D.L. n. 95/2012)[13].

 

A tal fine, le somme versate in uno specifico capitolo di entrata sono riassegnate, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, anche ad un apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento dell’Amministrazione Generale, del personale e dei servizi.

Criteri per la determinazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa (comma 4-bis)

Il comma 4-bis, inserito durante l’esame al Senato, integra le regole di valutazione delle offerte nel caso di contratti pubblici che devono essere affidati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In particolare, la disposizione modifica la lettera n) del comma 1 dell’articolo 83 del d.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), al fine di aggiungere l'origine produttiva ai criteri di valutazione dell'offerta pertinenti alla natura, all'oggetto e alle caratteristiche del contratto, che devono essere stabiliti nel bando di gara e che sono elencati a titolo esemplificativo nel comma 1 della citata disposizione.

Ai sensi dell’art. 81 del Codice, nei contratti pubblici la migliore offerta è selezionata con il criterio del prezzo più basso o con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa. In questo secondo caso la disciplina applicabile è contenuta nel successivo art. 83; in particolare, il comma 1 di tale disposizione elenca a titolo esemplificativo i criteri di valutazione dell’offerta, pertinenti alla natura, all'oggetto e alle caratteristiche del contratto, (ad. es. prezzo, qualità, ecc.) tra i quali la lettera n), che viene novellata dalla norma in commento, indica la sicurezza di approvvigionamento.


 

Articolo 9 comma 8-bis
(Beni e servizi per i programmi cofinanziati dall’Unione europea)

 

 

Il Senato ha introdotto il comma 8-bis, disponendo che, allo scopo di semplificare e rendere più efficiente l'attuazione dei programmi di sviluppo cofinanziati con fondi dell'Unione europea, il Ministero dell'economia e delle finanze si avvale di Consip S.p.A., nella sua qualità di centrale di committenza ai sensi dell'articolo 3, comma 34, del decreto legislativo n. 163 del 2006, sulla base di convenzione disciplinante i relativi rapporti per lo svolgimento di procedure di gara finalizzate all'acquisizione di beni e di servizi strumentali all'esercizio delle relative funzioni da parte delle Autorità di gestione, certificazione e di audit istituite presso le singole amministrazioni titolari dei programmi di sviluppo cofinanziati con fondi dell'Unione europea.

 

Ai sensi del comma 34 dell’articolo 3 (Definizioni) del citato D.Lgs. n. 163 del 2006[14] per «centrale di committenza» si intende un'amministrazione aggiudicatrice che:

§  acquista forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori, o

§  aggiudica appalti pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori.

 

Si ricorda che ai sensi del Regolamento UE n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sui fondi strutturali e di investimento europei (FESR, FSE, Fondo di coesione, FEASR e FEAMP) che forniscono il sostegno della politica di coesione, nella parte IV, titolo I, capo II (articoli da 123 a 127) sono contenute le disposizioni relative alle “autorità di gestione e controllo”. In particolare, l’articolo 125 definisce le funzioni dell’autorità di gestione, l’articolo 126 quelle dell’autorità di certificazione e l’articolo 127 quelle dell’autorità di audit.

 

La disposizione ha inoltre lo scopo di razionalizzare e semplificare i processi di acquisto attraverso una riduzione dei tempi e dei costi delle procedure, favorendo maggiori economie di scala e la riduzione del contenzioso, nonché di generare maggiore trasparenza e correttezza delle procedure di appalto attivate per l’attuazione dei programmi finanziati dai fondi europei.


 

Articolo 10
(Attività di vigilanza sui contratti pubblici)

 

 

L’articolo 10 disciplina i compiti di vigilanza sulle attività finalizzate all’acquisizione di beni e servizi attribuendole all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori servizi e forniture. La norma definisce, inoltre, la procedura per la pubblicazione dei prezzi delle “prestazioni principali” oggetto delle convenzioni CONSIP e le informazioni che le amministrazioni aggiudicatrici devono trasmettere all’Osservatorio dei contratti pubblici istituito presso la medesima Autorità.

Attribuzione all’AVCP della vigilanza sulle procedure di acquisizione di beni e servizi (commi 1 e 2)

Il comma 1 dell'articolo in esame affida alla Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (AVCP) i compiti di vigilanza (come dispone il testo approvato dal Senato: nel testo iniziale infatti si fa riferimento a “compiti di controllo”) sulle attività finalizzate all'acquisizione di beni e servizi, disponendo che li eserciti secondo quanto previsto dal D.Lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici).

A tal fine il comma 2 stabilisce che l’Autorità:

a)  può avvalersi del supporto della Guardia di finanza, della Ragioneria Generale dello Stato e di altri enti, organismi ed amministrazioni pubblici, sulla base di apposite convenzioni che possono prevedere meccanismi per la copertura dei costi per lo svolgimento delle attività di supporto;

b)  riceve dalle amministrazioni pubbliche i dati sui contratti in essere che, in base al comma 4, devono essere trasmessi all’Osservatorio istituito presso l’Autorità. Al riguardo, andrebbe valutata l’opportunità di chiarire, e in tal caso disciplinare, se i dati e i documenti di cui alle lettere a) e b) del comma 4 dovranno essere trasmessi dalle amministrazioni aggiudicatrici anche successivamente alla scadenza del 30 settembre 2014 fissata in tale disposizione e richiamata dalla lettera b) del comma 2;

c)  trasmette alle strutture, agli uffici e agli organi preposti alle funzioni di controllo delle amministrazioni pubbliche dati e circostanze ritenuti rilevanti ai fini dell'esercizio delle predette funzioni.

Pubblicazione dei prezzi delle “prestazioni principali” oggetto delle convenzioni CONSIP (comma 3)

Il comma 3 dispone la pubblicazione, entro il 10 luglio 2014, sul sito internet del Ministero dell’economia e delle finanze dei prezzi relativi alle prestazioni principali oggetto delle convenzioni stipulate da CONSIP S.p.A.

A tal fine viene prevista la seguente procedura:

1.   individuazione (con D.M. economia e finanze, da emanarsi entro il 30 giugno 2014) delle prestazioni principali in relazione alle caratteristiche essenziali dei beni e servizi oggetto delle convenzioni stipulate dalla CONSIP ai sensi dell’art. 26 della L. 488/1999 e a cui è stato possibile ricorrere tra il 1° gennaio 2013 e la data di entrata in vigore del presente decreto-legge;

2.   pubblicazione sul sito web del Ministero, entro i successivi 10 giorni, dei prezzi relativi alle prestazioni individuate.

L’articolo 26, comma 1, primo periodo, della citata legge 488/1999 conferisce al Ministero dell’economia la competenza a stipulare – anche avvalendosi di società di consulenza specializzate, quali CONSIP S.p.A. - convenzioni quadro, con le quali l'impresa prescelta, fornitrice di beni e servizi, si impegna ad accettare, sino a concorrenza della quantità massima complessiva stabilita dalla convenzione ed ai prezzi e condizioni ivi previsti, ordinativi di fornitura deliberati dalle amministrazioni dello Stato, anche con il ricorso alla locazione finanziaria. Il secondo periodo del comma 1 dispone che i contratti conclusi con l'accettazione di tali ordinativi non sono sottoposti al parere di congruità economica. L’ultimo periodo del comma 1 dispone che, ove previsto nel bando di gara, le convenzioni possono essere stipulate con una o più imprese alle stesse condizioni contrattuali proposte dal miglior offerente.

Il successivo comma 3 prevede che le amministrazioni pubbliche possono ricorrere alle convenzioni stipulate ai sensi del comma 1, ovvero ne utilizzano i parametri di prezzo-qualità, come limiti massimi, per l'acquisto di beni e servizi comparabili oggetto delle stesse, anche utilizzando procedure telematiche.

Informazioni che le amministrazioni aggiudicatrici devono trasmettere all’Osservatorio AVCP (commi 4 e 5)

In base al comma 4, entro il 30 settembre 2014, le amministrazioni aggiudicatrici devono trasmettere all'Osservatorio dei contratti pubblici (nel corso dell’esame al Senato è stato chiarito che l’Osservatorio a cui si fa riferimento è quello centrale, istituito presso l’AVCP, e non gli Osservatori regionali) i dati relativi ai contratti in essere alla medesima data:

a)  non conclusi attraverso centrali di committenza, di importo pari o superiore alla soglia di rilevanza comunitaria, aventi ad oggetto una o più delle “prestazioni principali” individuate dal D.M. previsto dal comma 3;

b)  aventi ad oggetto beni o servizi di importo pari o superiore alla soglia di rilevanza comunitaria, stipulati a seguito di procedura negoziata oppure di procedura aperta o ristretta in cui sia stata presentata una sola offerta valida. Per tali contratti deve essere trasmessa anche la determina a contrarre.

 

L’Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture opera presso l’AVCP e i suoi compiti sono disciplinati dall’articolo 7 del Codice dei contratti che, al comma 8, elenca i dati e le informazioni che le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori sono tenuti a comunicare all'Osservatorio, per contratti di importo superiore a 50.000 euro.

La determinazione delle modalità di attuazione del comma 4 e, in particolare, dei dati da trasmettere è demandata, dal comma 5, ad apposita delibera dell’AVCP.

 

Le amministrazioni aggiudicatrici a cui si applica la norma in esame sono quelle definite dall’art. 3, comma 25, del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 163/2006), vale a dire le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti.

Gli importi delle soglie di rilevanza comunitaria sono indicati dall’art. 28 del Codice e, nel caso di servizi e forniture, sono pari a 134.000 euro (per le amministrazioni aggiudicatrici centrali) e 207.000 euro (negli altri casi[15]).

Relativamente alle citate procedure di aggiudicazione (disciplinate dagli artt. 55, 56 e 57 del Codice), si ricorda, in estrema sintesi, che la procedura aperta è una procedura in cui ogni operatore economico interessato può presentare un'offerta, mentre nella procedura ristretta questa facoltà è limitata agli operatori economici invitati dalle stazioni appaltanti. Nella procedura negoziata, infine, le stazioni appaltanti consultano gli operatori economici da loro scelti e negoziano con uno o più di essi le condizioni dell’appalto.


 

Articolo 11
(Riduzione dei costi di riscossione fiscale)

 

 

L’articolo 11, modificato durante l’esame al Senato, dispone la riduzione dei compensi riconosciuti alle banche per il servizio di pagamento di imposte e contributi versati con il modello F24.

Contestualmente, per i versamenti superiori a mille euro o in presenza di compensazioni, si prevede dal 1° ottobre 2014 l’obbligo di utilizzare il modello F24 online.

Le modifiche apportate al Senato hanno eliminato la possibilità, per chi utilizza i servizi telematici per pagare tramite modello F24, di inviare la delega di versamento di un soggetto terzo, mediante addebito su propri strumenti di pagamento.

 

Il comma 1 dell'articolo 11 mira a ridurre i costi di riscossione fiscale legati ai compensi agli intermediari del servizio F24, vale a dire banche ed altri operatori. A tal fine, si prevede che l’Agenzia delle entrate provvede alla revisione delle condizioni, anche di remunerazione delle riscossioni dei versamenti unitari di cui all’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997, del servizio di accoglimento delle deleghe di pagamento, in modo da assicurare una riduzione di spesa pari, per l’anno 2014, al 30 per cento di quella sostenuta nel 2013. Per ciascuno degli anni successivi, dovrà essere assicurata una riduzione di spesa pari al 40 per cento di quella sostenuta nel 2013.

Vengono di conseguenza ridotti i trasferimenti all'Agenzia di 75 milioni di euro per l’anno 2014 e di100 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015.

 

Come evidenziato dalla Relazione tecnica, la spesa per commissioni F24 era stata di 256 milioni di euro per l'anno 2013, mentre per l'anno 2014 la nuova articolazione delle imposte locali (IMU, TARI, TASI e code TARES) comporta una tendenza all'aumento, che si intende contrastare. Ai fini del contenimento dei costi in questione, i trasferimenti all'Agenzia delle entrate vengono ridotti e l'Agenzia stessa rivedrà le condizioni, anche di remunerazione, delle riscossioni dei versamenti unitari di cui all'articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997.

 

Si ricorda che i versamenti unitari indicati dall'articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997, più volte modificato (da ultimo, con D.L. n. 16 del 2012) sono i versamenti delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate.

Il modello F24 deve essere utilizzato da tutti i contribuenti, titolari e non titolari di partita Iva, per il versamento di tributi, contributi e premi. Il modello è definito “unificato” perché permette al contribuente di effettuare con un’unica operazione il pagamento delle somme dovute, compensando il versamento con eventuali crediti. I contribuenti titolari di partita Iva hanno l’obbligo di utilizzare, anche tramite intermediari (professionisti, associazioni di categoria, Caf, ecc.), modalità telematiche di pagamento.

 

Si segnala che nel DEF 2014, nella sezione dedicata al Programma Nazionale di Riforma, il Governo aveva annunciato l’intenzione di ridurre le commissioni bancarie pagate dallo Stato per la riscossione dei tributi, nell’ambito della politica di revisione della spesa.

Nel corso dell’audizione del 14 aprile - in occasione dell’esame da parte del Parlamento del DEF - l’ABI aveva evidenziato che nel 2013 attraverso il settore bancario sono transitati oltre 477 miliardi di euro e più di 132 milioni di modelli di versamento. Il direttore generale dell’ABI ha dichiarato che i compensi relativi al servizio sono stati rideterminati dall’Associazione di recente, proprio per venire incontro alle esigenze di riduzione dei costi rappresentate dall’Agenzia delle Entrate, con una riduzione in media superiore al 20% rispetto alle condizioni applicate nel 2004. In occasione della ridefinizione di tali compensi, è stato evidenziato come i costi sostenuti dal settore per il servizio, in particolar modo quelli derivanti dall’acquisizione dei modelli F24 cartacei allo sportello, non sono coperti dai compensi ricevuti.

Il comma 2 prevede un sempre più largo uso dei servizi telematici dell'Agenzia delle entrate, i quali sono resi obbligatori in una serie di casi. Si introduce precisamente l'obbligo di effettuare i versamenti on line:

§  esclusivamente direttamente, mediante i servizi telematici messi a disposizione all'Agenzia delle entrate, nel caso in cui, per effetto delle compensazioni effettuate, il saldo finale sia di importo pari a zero;

§  esclusivamente mediante i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate e dagli intermediari della riscossione convenzionati con la stessa, nel caso in cui siano effettuate delle compensazioni e il saldo finale sia di importo positivo;

§  esclusivamente mediante i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate e dagli intermediari della riscossione convenzionati con la stessa, nel caso in cui il saldo finale sia di importo superiore a mille euro.

 

Secondo la Relazione tecnica, grazie alla diffusione dei canali telematici, meno onerosi rispetto ai mezzi cartacei, c'è da attendersi una riduzione dei compensi F24 di circa 14 milioni di euro annui rispetto al 2013 la quale però, secondo la relazione stessa, verosimilmente sarà riassorbita dai maggiori oneri connessi al passaggio all’F24 delle imposte locali cui si accennava in precedenza.

 

Durante l’esame del provvedimento al Senato è stato abrogato il comma 3, che contempla e regola i casi delle deleghe di versamento di un soggetto terzo; di conseguenza, per effetto della modifica in commento chi utilizza i servizi telematici per pagare tramite modello F24 non potrà inviare la delega di versamento di un soggetto terzo, mediante addebito su propri strumenti di pagamento. La norma abrogata condizionava tale possibilità al previo rilascio all'intermediario di apposita autorizzazione, anche cumulativa, ad operare in tal senso da parte dell'intestatario effettivo della delega, il quale restava comunque responsabile ad ogni effetto.


 

Articolo 11-bis
(Norme in materia di rateazione)

 

 

L’articolo 11-bis, introdotto durante l’esame al Senato, consente ai contribuenti che sono decaduti dal beneficio della rateizzazione dei debiti fiscali non oltre il 22 giugno 2013 di richiedere, entro e non oltre il 31 luglio 2014, la concessione di un nuovo piano di rateazione. Si abroga contestualmente la norma che ha consentito la proroga delle dilazioni concesse fino al 28 dicembre 2011, interessate dal mancato pagamento di una o due rate, contenuta nell’articolo 10, comma 13-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201.

 

Numerose disposizioni oggi incentivano il contribuente a rateizzare i debiti tributari (anche tramite l’eliminazione, per quanto possibile, dell'obbligo di prestare idonea garanzia per accedere al beneficio).

Da ultimo, l’articolo 52, comma 1, lettera a) del D.L. n. 69 del 2013 (che ha aggiunto il comma 1-quinquies all’articolo 19 del DPR n. 602 del 1973) ha consentito ai contribuenti l’estensione fino a dieci anni della possibilità di rateazione del pagamento delle imposte (120 rate mensili), nei casi di comprovata e grave situazione di difficoltà, per ragioni estranee alla propria responsabilità, eventualmente prorogabile per lo stesso periodo (la normativa previgente prevede che la dilazione possa essere concessa fino a 72 rate, prorogabili per lo stesso periodo). A tal fine, devono ricorrere congiuntamente due condizioni:

§  l’accertata impossibilità per il contribuente di assolvere il pagamento secondo un piano di rateazione ordinario;

§  la solvibilità del contribuente valutata in relazione al piano di rateazione richiesto.

La decadenza dal beneficio della rateizzazione scatta nel caso del mancato pagamento di otto rate anche non consecutive (in luogo delle previgenti due rate consecutive).

 

Tale fattispecie si aggiunge all’ipotesi di temporanea situazione di obiettiva difficoltà, prevista dal comma 1 del richiamato articolo 19 del D.P.R. n. 600 del 1973, per il quale è già ammessa una rateazione in 72 rate mensili, e all’ipotesi di comprovato peggioramento della situazione di obiettiva difficoltà, per il quale il comma 1-bis consente un ulteriore periodo di dilazione del pagamento fino a 72 mesi. Si rammenta che il comma 1-ter (inserito dal D.L. n. 16/2012) consente un piano di rateazione con rate di importo crescente (l’importo minimo della rata è di 100 euro).

La possibilità di rateizzare i debiti si applica anche nei confronti degli enti previdenziali, salvo che nei casi di ottemperanza ad obblighi derivanti da sanzioni comunitarie.

Il decreto del MEF 6 novembre 2013, in attuazione del richiamato articolo 52 del D.L. n. 69/2013, ha individuato quattro tipi di piani di rateizzazione: ordinario (fino a 72 rate), in proroga ordinario (ulteriori 72 rate), straordinario (fino a 120 rate) e in proroga straordinario (ulteriori 120 rate). Per accedervi, coloro che beneficiano di regimi semplificati devono avere un rapporto tra la rata e il reddito superiore al 20%. Le altre imprese, invece, devono avere un rapporto superiore al 10% tra rata e valore della produzione; inoltre, l'indice di liquidità dell'impresa deve essere compreso tra 0,50 e 1. Al decreto sono allegate due tabelle che specificano il numero di rate concedibili all'aumentare del rapporto tra rata e reddito. La proroga è possibile una sola volta a condizione che non sia intervenuta la decadenza. Gli interessati possono optare per la richiesta di un piano ordinario (72 rate) o straordinario (fino a 120). In questo caso, però, devono ricorrere le stesse condizioni richieste per ottenere la prima rateazione straordinaria. E' possibile chiedere rate variabili di importo crescente solo per i piani di rateazione o di proroga ordinari.

 

La disposizione in commento introduce un’ulteriore e speciale procedura di rateazione, applicabile temporaneamente e alle seguenti condizioni (comma 1):

a)  la decadenza sia intervenuta entro e non oltre il 22 giugno 2013;

b)  la richiesta sia presentata entro e non oltre il 31 luglio 2014.

 

L’ulteriore rateazione potrà arrivare fino a 72 rate mensili, non sarà prorogabile e i contribuenti cesseranno dal beneficio in caso di mancato pagamento di due rate anche non consecutive (comma 2).

 

Per quanto concerne l’ambito soggettivo di applicazione, il richiamato comma 1 fa riferimento generico ai contribuenti decaduti dal beneficio della rateazione previsto dall'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

Dal tenore letterale della norma, dunque, la possibilità di ottenere il nuovo piano di rateazione in esame sembrerebbe riguardare i contribuenti decaduti da tutte e quattro le tipologie di rateazione individuate ai sensi del combinato disposto del richiamato articolo 19 del DPR n. 602 del 1973 e del D.M. 6 novembre 2013 (rateizzazione ordinaria fino a 72 rate, in proroga ordinaria con ulteriori 72 rate, rateizzazione straordinaria fino a 120 rate e in proroga straordinaria con ulteriori 120 rate). In tal senso, appare opportuno un chiarimento.

 

Infine, il comma 3 abroga l'articolo 10, comma 13-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, norma che ha introdotto la possibilità straordinaria di prorogare le dilazioni di pagamento dei debiti tributari concesse fino al 28 dicembre 2011, che non fossero ancora prorogate a tale data, ove interessate dal mancato pagamento della prima rata o, successivamente, di due rate. La norma ha introdotto la possibilità di prorogare tali dilazioni per un ulteriore periodo e fino a settantadue mesi, a condizione che il debitore comprovi un temporaneo peggioramento della situazione di difficoltà posta a base della concessione della prima dilazione.


 

Articolo 12
(Remunerazione conti di tesoreria e provvigioni
di collocamento dei titoli
)

 

 

L'articolo 12 è finalizzato ad allineare il periodo di rilevazione dei tassi di interesse corrisposti sulle giacenze dei conti correnti fruttiferi di tesoreria a quello dell’effettiva maturazione. A tal fine si autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze di modificare l'articolo 6 del proprio decreto ministeriale del 5 dicembre 2003 riguardante il conto corrente di Cassa Depositi e Prestiti presso la Tesoreria centrale dello Stato, denominato CDP – S.p.A. – gestione separata. (comma 1).

 

Si ricorda che il citato decreto ministeriale 5 dicembre 2003 è stato adottato in attuazione del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, per la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni.

 

La disposizione in esame, peraltro, non modifica i parametri della remunerazione da corrispondere sulle relative giacenze, che sono indicativi della raccolta postale della Cassa Depositi e Prestiti e rappresentano la media aritmetica semplice tra il tasso medio lordo dei BOT e quello dell’indice Rendistato moltiplicato per il coefficiente 360/365, rilevati con riferimento al semestre precedente. La raccolta postale della Cassa Depositi e Prestiti, di fatto, è composta da depositi a breve termine su libretti e da Buoni postali fruttiferi che invece hanno un termine medio-lungo.

Per limitare gli squilibri connessi a tale diversità, la Relazione illustrativa evidenzia l'opportunità di provvedere ad un più puntuale allineamento, assimilando i relativi periodi di rilevazione a quelli di effettiva maturazione delle giacenze.

Secondo la Relazione tecnica, considerati gli andamenti del mercato dei titoli di Stato e la consistenza delle giacenze cui applicare la remunerazione, sulla base dei dati per il periodo già maturato e tenuto conto dei tassi forward per il futuro prossimo, la norma potrebbe apportare un risparmio di circa 250 milioni di euro.

 

Il comma 2 prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze rimodula le provvigioni di collocamento in asta dei titoli di Stato, in funzione dell’andamento dei tassi di interesse e a tutela del risparmio.

 

La modulazione delle provvigioni è applicata per mezzo dei rispettivi decreti di emissione dei titoli di Stato. La Relazione illustrativa evidenzia come il sistema preveda la corresponsione delle provvigioni tramite la Banca d’Italia agli intermediari che acquistano i titoli di Stato in asta. Agli intermediari è vietata l’applicazione di commissioni a carico dei risparmiatori: in tal modo gli acquirenti di titoli di Stato accedono al relativo mercato primario a parità di condizioni, senza dover corrispondere commissioni ai propri intermediari. In uno scenario di tendenziale abbassamento dei tassi di interesse sui titoli di Stato, ciò dovrebbe comportare un parallelo abbassamento delle provvigioni.

Nella Relazione tecnica si calcola che, ai volumi attuali, una riduzione di tali provvigioni dello 0,05 per cento genererebbe risparmi di spesa di circa 60 milioni di euro nel corso del 2014 e di circa 90 milioni nel corso del 2015. Tuttavia, date le incertezze sull’andamento dei tassi di interesse in un orizzonte più lungo, gli effetti finanziari della misura per gli anni successivi non sarebbero prevedibili.


 

Articolo 12-bis
(Pagamento canoni demaniali marittimi)

 

 

L’articolo 12-bis, introdotto al Senato, prevede che i canoni delle concessioni demaniali marittime dovuti a partire dall’anno 2014 siano versati entro la data del 15 settembre di ciascun anno.

Contestualmente si prevede anche che gli enti gestori intensifichino i controlli sull’adempimento del pagamento.

Infine, attraverso una modifica del comma 732 dell’articolo unico della legge di stabilità 2014 (L. n. 147/2013), il termine temporale previsto per il riordino complessivo della materia delle concessioni demaniali marittime è prorogato dal 15 maggio 2014 al 15 ottobre 2014.

 

La disposizione, riferendosi ai canoni “dovuti a partire dall’anno 2014”, potrebbe anche produrre l’effetto - ma sul punto appare opportuno acquisire l’avviso del Governo - di prorogare al 15 settembre 2014 il termine per il versamento previsto dalla procedura di pagamento agevolato dei canoni introdotta dai commi 732 e 733 dell’articolo unico della legge di stabilità 2014 (il termine per il pagamento previsto da tale procedura è scaduto, sia per il versamento in unica rata, sia per il versamento della prima rata, il 27 aprile 2014).

 

I citati commi 732 e 733 consentono la definizione dei procedimenti giudiziari pendenti, alla data del 30 settembre 2013[16], in materia di pagamento dei canoni demaniali marittimi attraverso a) il versamento in un’unica soluzione di un importo pari al 30 per cento delle somme dovute o, in alternativa: b) il versamento fino a un massimo di nove rate annuali di un importo pari al 60 per cento, oltre agli interessi legali. La domanda di definizione deve essere presentata all’Ente gestore e all’Agenzia del demanio entro il 28 febbraio 2014 e perfezionata entro i sessanta giorni successivi (e cioè entro il 27 aprile 2014) con il versamento dell’intero importo ovvero della prima rata.

 

La disposizione in commento fa riferimento ai canoni demaniali di cui all'articolo 03, comma 1, lettera b) del decreto-legge n. 400/1993. Tale disposizione, come sostituita dal comma 251 dell’articolo unico della legge finanziaria 2007 (L. n. 296/2006), ha ridefinito le modalità di determinazione dei canoni demaniali marittimi. In particolare si prevede una classificazione delle aree sottoposte, in base agli articoli 36 e 37 del codice della navigazione, al pagamento dei canoni di concessione (aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei) in due aree: A (aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazioni ad uso pubblico ad alta valenza turistica) e B (aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazione ad uso pubblico a normale valenza turistica).

Il comma 252 ha invece previsto che le misure dei canoni demaniali marittimi, come ridefinite dal comma 251, si applichino anche, a decorrere dal 1° gennaio 2007, alle concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto.

 

Per quanto concerne più in generale la materia dei canoni demaniali marittimi, si ricorda che da ultimo l’articolo 34-duodecies del D.L. n. 179/2012 ha disposto la proroga sino al 31 dicembre 2020 delle concessioni demaniali in essere alla data del 30 dicembre 2009 ed in scadenza entro il 31 dicembre 2015;

Per ulteriori elementi si rinvia all’approfondimento Le concessioni demaniali marittime all’interno della sezione temi dell’attività parlamentare sul sito internet della Camera dei deputati.


 

Articolo 13
(Tetto al trattamento economico del personale pubblico
e delle società partecipate
)

 

 

L’articolo 13 prevede che, dal 1° maggio 2014, il limite massimo retributivo, di cui agli articoli 23-bis e 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011, è pari a 240.000 euro, al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente.

Viene quindi specificato, nella formulazione approvata dal Senato, che sono fatti salvi gli eventuali limiti retributivi in vigore alla data del 30 aprile 2014 determinati per effetto di apposite disposizioni legislative, regolamentari e statutarie, qualora inferiori al suddetto limite.

 

Gli articoli 23-bis e 23-ter del D.L. n. 201/2001 (e le previsioni dell’art. 1, co. 471-474, L. n. 147/2013, che sono intervenute sulla materia) prescrivono che il trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione costituisca parametro massimo di riferimento per la definizione del trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceva, a carico delle finanze pubbliche, emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo (inclusi i componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo) con pubbliche amministrazioni statali e con società dalle stesse partecipate. La determinazione puntuale è stata rimessa ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri: il D.P.C.M. del 23 marzo 2012 ha quantificato in 293.658,95 euro tale indice.

Per il 2014, secondo la comunicazione della Funzione pubblica del 3 febbraio 2014, la retribuzione-soglia per il 2014 è pari a 311.658,53 euro (avendo con nota n. 6651 del 23 gennaio 2014 il Ministero della giustizia comunicato al Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell'economia e delle finanze che nell'anno 2013 il trattamento economico annuale del primo presidente della Corte di cassazione, comprensivo di tutti gli emolumenti spettanti in virtù della carica ricoperta, è stato di quell'importo).

 

Il precedente “tetto”, dunque, commisurato al trattamento del Primo presidente della Corte di cassazione, non era, di per sé, un indice fisso, considerato che la retribuzione del singolo magistrato che rivesta la carica è determinata da fattori individuali di anzianità di carriera, e vi è insito l'automatico adeguamento alla retribuzione percepita nel corso degli anni.

Pertanto, rispetto alle disposizioni vigenti, introdotte a partire dal 2011, il parametro muta e non è più costituito dal trattamento economico (variabile) di una figura pubblica in una posizione apicale (nella specie: il primo Presidente della Corte di Cassazione), ma da una cifra fissa (240.000 euro annui al lordo dei contributi e degli oneri fiscali a carico del dipendente), priva di meccanismi di rivalutazione.

 

Per quanto riguarda i destinatari della norma, il co. 1 dell’art. 13 fa espresso riferimento agli articoli 23-bis e 23-ter del D.L. n. 201/2001.

 

L’art. 23-ter del D.L. 201/2001 fa riferimento a chiunque riceva, a carico delle finanze pubbliche, emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali, compreso il c.d. personale non contrattualizzato[17]. Successivamente, la legge n. 147/2013 (legge di stabilità 2014) ha esteso l'applicazione dell'articolo 23-ter, specificando che il parametro ivi stabilito trovi applicazione, dal 1° gennaio 2014, nei confronti di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche retribuzioni o emolumenti in ragione di rapporti di lavoro subordinato o autonomo con le pubbliche amministrazioni “di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001”, incluso il personale in regime di diritto pubblico di cui all'articolo 3 del medesimo D.Lgs. n. 165/2001, e con le autorità amministrative indipendenti (art. 1, co. 471).

La legge n. 147/2013 ha stabilito, altresì, che tali disposizioni si applichino anche agli emolumenti dei componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo delle precitate amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001 (art. 1, co. 472).

 

L'art. 23-bis del D.L. n. 201/2011 prevede un “tetto” differenziato per fasce (sulla base di indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi) delle società non quotate[18].

 

Il decreto ministeriale 23 dicembre 2013, n. 166 ("Regolamento relativo ai compensi per gli amministratori con deleghe delle società controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze, ex articolo 23-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214") ha quindi individuato tre fasce (sulla scorta di un triplice criterio: valore della produzione; investimenti; numero dei dipendenti), modulando il “tetto” come pari al 100 per cento del trattamento economico del Primo Presidente della Corte di cassazione, per le società non quotate di prima fascia; all'80 per cento, per le società di seconda fascia; al 50 per cento, per le società di terza fascia.

 

I commi 5-bis e 5-ter dell’art. 23-bis specificano che il compenso stabilito dai consigli di amministrazione ed il trattamento economico annuo onnicomprensivo dei dipendenti delle società non quotate controllate (direttamente o indirettamente) dalle pubbliche amministrazioni non può comunque essere superiore al trattamento del primo Presidente della Corte di cassazione.

 

Il comma 2 dell’art. 13 in esame estende la platea di destinatari del “tetto” retributivo, novellando le disposizioni della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), di cui ai commi 471, 472 e 473 dell’art. 1.

La lettera a) ricomprende gli enti pubblici economici tra le amministrazioni pubbliche con cui, se intercorrono rapporti di lavoro subordinato o autonomo, si applica il 'tetto' sopra ricordato.

 

L'elenco di amministrazioni pubbliche recata dall'articolo 1, comma 2 del decreto legislativo n. 165 del 2001 (cui fa rinvio la suddetta disposizione della legge di stabilità 2014 novellata), infatti, include gli enti pubblici non economici mentre non ricomprende gli enti pubblici economici.

 

La lettera b) assoggetta al “tetto” retributivo gli emolumenti dei componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo anche delle autorità amministrative indipendenti (le quali non figurano nell'enumerazione dell'art. 1, co. 2 del decreto-legislativo n. 165 del 2001, cui fa rinvio la disposizione della legge di stabilità 2014 novellata).

La lettera c) ha un duplice contenuto normativo: non fa più salvi i compensi percepiti per prestazioni occasionali, talché deve intendersi che si debbano includere nel computo cumulativo delle somme comunque erogate all'interessato dalle amministrazioni pubbliche ed include espressamente le somme erogate dalle società da esse partecipate in via diretta o indiretta.

Di conseguenza, il nuovo “tetto” di 240.000 euro trova applicazione - in base alla suddetta formulazione – alle somme complessivamente erogate all’interessato a carico di uno o più organismi o amministrazioni, ovvero di società partecipate dalle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, co. 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001.

 

Il comma 3 dell’art. 13 in esame reca la clausola di adeguamento delle Regioni al nuovo limite retributivo, nel medesimo termine del 1° maggio 2014, ai sensi dell’art. 1, co. 475, L. n. 147/2013.

 

L’art. 1, co. 475, L. n. 147/2013, prevede che le regioni adeguino, entro il 1° luglio 2014 e nell’ambito della propria autonomia, i rispettivi ordinamenti alle disposizioni di cui ai commi 471-474 (legge di stabilità per il 2013), che – come già illustrato – hanno ulteriormente definito l’applicazione dell’art. 23-ter del D.L. 201/2012 in materia di trattamento economico annuo onnicomprensivo massimo.

Il co. 475 qualifica il suddetto adeguamento come adempimento necessario ai sensi dell’art. 2, co. 1, D.L. n. 174/2012, il quale subordina il taglio dell'80 per cento dei trasferimenti erariali (fatta eccezione per quelli destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, delle politiche sociali e per le non autosufficienze e al trasporto pubblico locale) al mancato rispetto di una serie di misure, tra cui quelle di cui all’art. 23-bis, commi 5-bis e 5-ter (‘tetto’ per le società non quotate controllate da pubbliche amministrazioni) e all’art. 23-ter (‘tetto’ nell’ambito di rapporti di lavoro ed ai fini degli emolumenti dei componenti degli organi di direzione e controllo con pubbliche amministrazioni e autorità amministrative indipendenti).

Con la sentenza n. 23 del febbraio 2014 la Corte costituzionale ha dichiarato la non fondatezza delle questioni poste da alcune regioni a Statuto speciale riguardo al suddetto art. 2, co. 1, del D.L. n. 174/2012.

In particolare, la Corte ha rilevato che tale disposizione, pur contenendo alcune previsioni puntuali, le configura non come obblighi bensì come oneri. Esso non utilizza, dunque, la tecnica tradizionale d'imposizione di vincoli alla spesa ma un meccanismo indiretto che lascia alle Regioni la scelta se adeguarsi o meno, prevedendo, in caso negativo, la conseguenza sanzionatoria del taglio i dei trasferimenti erariali. La Corte ha rilevato come possa essere considerata un principio di coordinamento della finanza pubblica, poiché, secondo la giurisprudenza di questa Corte, «la stessa nozione di principio fondamentale non può essere cristallizzata in una formula valida in ogni circostanza, ma deve tenere conto del contesto, del momento congiunturale in relazione ai quali l'accertamento va compiuto e della peculiarità della materia» (sentenza n. 16 del 2010); di guisa che «la specificità delle prescrizioni, di per se', neppure può escludere il carattere di principio di una norma, qualora essa risulti legata al principio stesso da un evidente rapporto di coessenzialità e di necessaria integrazione (sentenze n. 237 del 2009 e n. 430 del 2007)» (sentenza n. 16 del 2010); in quest'ottica, «possono essere ricondotti nell'ambito dei principi di coordinamento della finanza pubblica "norme puntuali adottate dal legislatore per realizzare in concreto la finalità del coordinamento finanziario, che per sua natura eccede le possibilità di intervento dei livelli territoriali sub-statali" (sentenza n. 237 del 2009 e già sentenza n. 417 del 2005)» (sentenza n. 52 del 2010). Pertanto, le prescrizioni dell'art. 2, comma 1, che costituiscono espressione di tale principio, nonché le conseguenze del mancato adeguamento, essendo legate al principio medesimo da un «evidente rapporto di coessenzialità e di necessaria integrazione» (sentenze n. 16 del 2010, n. 237 del 2009 e n. 430 del 2007), non possono considerarsi una irragionevole limitazione dell'autonomia finanziaria regionale.

 

Il comma 4 determina l’ambito di applicazione temporale delle riduzioni dei trattamenti retributivi ai fini dei trattamenti previdenziali, specificando che tali riduzioni operano con riferimento alle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1° maggio 2014. In breve, sancisce il principio del cosiddetto pro-rata.

Tale criterio è insito nella logica del sistema pensionistico contributivo (il quale, per le anzianità contributive in oggetto, si applica alla generalità dei lavoratori).

 

Quanto alla destinazione dei risparmi conseguiti dal presente articolo, nella relazione tecnica presentata al Senato, si precisa che: "con riferimento ai saldi di finanza pubblica, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 20 del presente provvedimento in relazione alle società partecipate, l’articolo in esame lascia immutato il quadro di riferimento a normativa vigente. Pertanto, ai sensi dell’articolo 1, commi 474 e 475 della legge di stabilità 2014, le risorse rivenienti dall’applicazione delle misure di cui al presente articolo, per le amministrazioni di cui all’articolo 23-ter della legge n. 214/2011, sono annualmente versate al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato ai sensi del comma 4, del medesimo articolo 23-ter e, per le restanti amministrazioni e organismi, restano acquisite nei rispettivi bilanci ai fini del miglioramento dei relativi saldi".

 

Il comma 5 prevede che la Banca d’Italia adegui il proprio ordinamento ai principi posti da questo articolo del decreto-legge, nell’ambito della propria autonomia organizzativa e finanziaria.

In proposito, va considerato che il principio di indipendenza delle banche centrali è sancito, tra l'altro, dall’articolo 130 del Trattato dell'U.E. e si ritrova nello Statuto della Banca d’Italia (decreto del Presidente della Repubblica del 27 dicembre 2013) il cui art. 1, comma 2, recita "Nell'esercizio delle proprie funzioni e nella gestione delle proprie finanze, la Banca d'Italia e i componenti dei suoi organi operano con autonomia e indipendenza nel rispetto del principio di trasparenza, e non possono sollecitare o accettare istruzioni da altri soggetti pubblici e privati".

 

Le disposizioni che sono intervenute, nel tempo, con misure legislative riguardanti lo status economico, relativamente ai rapporti in essere, sono state oggetto di pronunce della Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU).

In particolare, le più recenti pronunce[19] della Corte costituzionale in materia di legittimo affidamento in caso di interventi legislativi modificativi in peius di situazioni soggettive attinenti ai rapporti di durata, hanno ribadito che il legittimo affidamento nella sicurezza giuridica costituisce elemento fondamentale dello Stato di diritto (ex plurimis sentenza n. 209 del 2010) non violabile in modo irragionevole ex art. 3 Cost. (sentenza n. 271 del 2011 con cui è stata dichiarata incostituzionale la norma regionale che ridefiniva retroattivamente, riducendola, una determinata indennità).

Analogamente, la Corte costituzionale ha ritenuto l'intervento legislativo diretto a regolare situazioni pregresse legittimo a condizione che vengano rispettati i canoni costituzionali di ragionevolezza e i principi generali di tutela del legittimo affidamento e di certezza delle situazioni giuridiche (sentenze 24/2009; 74/2008 e 376/1995); la norma successiva non può tradire l'affidamento del privato sull'avvenuto consolidamento di situazioni sostanziali (sentenze 24/2009 e 156/2007).

Ancora più recentemente (sentenza 160 del 2013), la Corte ha ritenuto - cassando la norma che sanciva retroattivamente la cessazione di un incarico di esperto del SECIT con "lesione all’affidamento ingenerato dal pacifico trattamento giuridico ed economico riservato per circa trent’anni" - che l’eventuale portata retroattiva della disposizione non è di per sé contraria a Costituzione, purché non collida con l’art. 25, secondo comma, Cost. (in materia penale), non contrasti con altri valori e interessi costituzionalmente protetti e trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza (ex plurimis, sentenze n. 271 e 93 del 2011, n. 234 del 2007 e n. 374 del 2002).

Con la sentenza n. 310 del 2013 la Corte costituzionale ha richiamato il consolidato orientamento in base al quale le condizioni per escludere la irragionevolezza delle misure (nel caso di specie, quelle relative al blocco dell’adeguamento ed al blocco della progressione economica per classi e scatti) vanno ravvisate nel carattere eccezionale, transeunte, non arbitrario, consentaneo allo scopo prefissato, nonché temporalmente limitato, dei sacrifici richiesti, e nella sussistenza di esigenze di contenimento della spesa pubblica.

In relazione ai più recenti interventi legislativi di stabilizzazione della finanza pubblica attinenti ai trattamenti economici, la Corte costituzionale ha ravvisato elementi di irragionevolezza nel diverso trattamento tra dipendenti pubblici e contribuenti in generale (sentenze n. 116 del 2013 e n. 223 del 2012).

In particolare, con la sentenza n. 223 del 2012, con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 9, comma 2, del D.L. n. 78/2010, nella parte in cui disponeva che, per un triennio, i trattamenti economici complessivi dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche superiori a determinate soglie fossero ridotti di una quota percentuale, la Corte ha rilevato come l’eccezionalità della situazione economica che lo Stato deve affrontare è suscettibile senza dubbio di consentire al legislatore anche il ricorso a strumenti eccezionali, nel difficile compito di contemperare il soddisfacimento degli interessi finanziari e di garantire i servizi e la protezione di cui tutti cittadini necessitano. Tuttavia, “è compito dello Stato garantire, anche in queste condizioni, il rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale, il quale, certo, non è indifferente alla realtà economica e finanziaria, ma con altrettanta certezza non può consentire deroghe al principio di uguaglianza, sul quale è fondato l’ordinamento costituzionale”.

Nella medesima sentenza, la Corte costituzionale ha evidenziato come l’art. 53 Cost. non consente trattamenti in peius di determinate categorie di redditi da lavoro. La Corte ha, infatti, rilevato come la “temporanea decurtazione del trattamento economico integra, in realtà, un prelievo a carico del dipendente pubblico e non una modificazione (peraltro unilaterale) del contenuto del rapporto di lavoro, alla quale avrebbe dovuto necessariamente conseguire, secondo ragionevolezza, una corrispondente modificazione di tali obblighi”. Tra gli elementi presi in considerazione dalla Corte, in tale quadro, vi è stato il fatto che “è stata stabilita in via autoritativa una decurtazione patrimoniale («riduzione» del trattamento economico), senza che rilevi la volontà – in ordine all’an, al quantum, al quando ed al quomodo – di chi la subisce”.

Infine, per quanto riguarda nello specifico il personale di magistratura (ricompreso, al pari del personale statale non contrattualizzato, nell'applicazione della disposizione), la Corte costituzionale ha ricordato come, nel decidere questioni riguardanti la retribuzione e la disciplina dell’adeguamento retributivo dei magistrati, ha affermato, in generale, che l’indipendenza degli organi giurisdizionali si realizza anche mediante «l’apprestamento di garanzie circa lo status dei componenti nelle sue varie articolazioni, concernenti, fra l’altro, oltre alla progressione in carriera, anche il trattamento economico» (ex plurimis, sentenza n. 223 del 2012 e n. 1 del 1978).

 

Per quanto concerne la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU), è stato posto in evidenza (Ambruosi/Italia, 19 ottobre 2000, ricorso 31227/96; De Stefano/Italia, 3 giugno 2008, ricorso 28443/06; Beyeler/Italia, 5 gennaio 2000, ricorso 33202/96) che il diritto di credito del dipendente alla retribuzione convenuta nelle forme stabilite, ossia un reddito futuro per il quale il soggetto può vantare una aspettativa legittima di concretizzazione, costituisce un "bene" da tutelare ai sensi dell'art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, come interpretato dalla Corte di Strasburgo.

Sul rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito si è inoltre espressa la Corte europea dei diritti dell'uomo con la sentenza del 7 giugno 2011[20], pronunciandosi sulla "aspettativa legittima" di alcuni dipendenti pubblici italiani di ottenere il pagamento del trattamento economico connesso all'anzianità maturata nel comparto enti locali. Premesso che "in linea di principio, il solo interesse finanziario non consente di giustificare l‘intervento retroattivo di una legge di convalida", quel Giudice ha ricordato come l'ingerenza nel diritto al rispetto dei beni deve garantire un giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo e che deve esistere un ragionevole rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito da qualsiasi misura privativa della proprietà. Ad avviso della Corte, l‘adozione dell’articolo 1 della legge finanziaria 2006 ha gravato i ricorrenti di un “onere anomalo ed esorbitante” e l‘attacco portato ai loro beni è stato sproporzionato e tale da rompere il giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale e la salvaguardia dei diritti fondamentali.

Infine, nella sentenza del 15 ottobre 2013 (Savickas e altri/Lituania, ricorso 66365/09 e altri) la Corte europea dei diritti dell'uomo, intervenendo sulla riduzione del trattamento economico disposta per legge nei confronti dei magistrati lituani, ha richiamato il principio di indipendenza della magistratura, cui è correlato il relativo trattamento economico, ricordando come sia consentito procedere ad una riduzione dello stesso limitatamente al periodo in cui la situazione di crisi economica e finanziaria sia di particolare difficoltà e gravità.

 

Nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, è stato introdotto il comma 5-bis, che pone obblighi di pubblicità e trasparenza in capo alle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate ai sensi dell’art. 1, co. 3, L. n. 196/2009.

In particolare, tali amministrazioni devono pubblicare nel proprio sito internet i dati relativi ai compensi percepiti da ciascun componente del consiglio di amministrazione in qualità di componente di organi di società ovvero di fondi controllati o partecipati dalle amministrazioni stesse.

 

Rispetto al D.Lgs. n. 33/2013, che ha riordinato in un unico provvedimento le disposizioni intese a promuovere la trasparenza delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, co. 2, D.Lgs. n. 165/2001, la norma amplia dunque il novero dei soggetti tenuti alla pubblicazione di dati sul proprio sito internet.

Si ricorda che il D.Lgs. n. 33/2013 prevede, all’articolo 22, l’obbligo per ciascuna amministrazione di pubblicare ed aggiornare annualmente, sui propri siti istituzionali, dei dati relativi l'elenco degli enti pubblici istituiti, vigilati e finanziati dalla amministrazione medesima ovvero per i quali l'amministrazione abbia il potere di nomina degli amministratori dell'ente, nonché l'elenco delle società di cui detiene direttamente quote di partecipazione anche minoritaria e l'elenco degli enti di diritto privato, comunque denominati, in controllo dell'amministrazione. I dati da pubblicare si riferiscono alla ragione sociale, alla misura della eventuale partecipazione dell'amministrazione, alla durata dell'impegno, all'onere complessivo a qualsiasi titolo gravante per l'anno sul bilancio dell'amministrazione, al numero dei rappresentanti dell'amministrazione negli organi di governo, al trattamento economico complessivo a ciascuno di essi spettante, ai risultati di bilancio degli ultimi tre esercizi finanziari. Sono altresì pubblicati i dati relativi agli incarichi di amministratore dell'ente e il relativo trattamento economico complessivo.

Le amministrazioni titolari di partecipazioni di controllo promuovono l'applicazione di tali principi di trasparenza da parte delle società direttamente controllate nei confronti delle società indirettamente controllate dalle medesime amministrazioni.

L'applicabilità alle società partecipate dalle p.a. e a quelle dalle stesse controllate, nonché agli enti pubblici nazionali è limitata alle "attività di pubblico interesse" disciplinate dal diritto nazionale o dell'Unione europea. Chiarimenti in merito sono contenuti nella circolare del 14 febbraio 2014, n. 1/2014.

 

La disposizione sembrerebbe far riferimento alla necessità di garantire la trasparenza sui compensi percepiti da componenti di consigli di amministrazione, che siano contemporaneamente membri di organi societari o di fondi controllati o partecipati dalle amministrazioni medesime.

Tuttavia, la disposizione individua quali destinatarie dell’obbligo di pubblicità le amministrazioni inserite nel conto economico consolidato, nel cui elenco rientrano tutte le amministrazioni dello Stato centrale, gli organi costituzionali, le amministrazioni locali e regionali, varie categorie di enti pubblici nazionali e territoriali.

Pertanto, tenuto conto della formulazione della disposizione, andrebbe chiarito a quali soggetti si riferiscano i consigli di amministrazione dei cui componenti occorre pubblicare i dati relativi al compenso. Sarebbe altresì opportuno chiarire ulteriormente il riferimento a “fondi” controllati o partecipati dalle amministrazioni stesse.


 

Articolo 14, commi 1-4 e 4-ter
(Controllo della spesa per consulenze e contratti di collaborazione)

 

 

L'articolo 14 pone limiti di spesa per incarichi di consulenza, studio e ricerca (comma 1) e per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa (comma 2).

Tali disposizioni si applicano alle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'ISTAT ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009[21].

Sono espressamente escluse dall’ambito di applicazione della norma le Università, gli istituti di formazione, gli enti di ricerca e gli enti del Servizio sanitario nazionale.

 

In particolare il comma 1 pone, a decorrere dall’anno 2014, il divieto per le amministrazioni pubbliche di conferire incarichi di consulenza, studio e ricerca qualora la spesa complessiva sostenuta nell’anno per tali incarichi sia superiore ad una determinata percentuale della spesa per il personale dell’amministrazione che conferisce l’incarico come risultante dal conto annuale del 2012.

Più precisamente: si ha divieto di conferimento di incarichi di consulenza, studio e ricerca, se nell'anno la spesa complessiva per tali incarichi varchi le seguenti soglie rispetto alla spesa complessivamente sostenuta per il personale nel 2012 (riferimento fisso):

§  il 4,2 per cento per le amministrazioni con spesa di personale fino a 5 milioni;

§  l'1,4 per cento per le amministrazioni con spesa di personale superiore a 5 milioni.

Pertanto, una amministrazione che nel 2012 ha sostenuto una spesa per il personale pari a 4 milioni di euro, applicando la soglia del 4,2 per cento, potrà conferire incarichi fino a 168.000 euro (4.000.000*4,2/100).

Per una amministrazione con una spesa di personale che nel 2012 è risultata pari a 30 milioni, il limite sarà pari a 420.000 euro (30.000.000*1,4/100).

 

Di conseguenza, mentre per l’anno in corso il vincolo di spesa posto dall’articolo in esame potrebbe rendere necessario per le amministrazioni interessate intervenire sui rapporti in corso (come consentito dal comma 4) per gli anni 2015 e successivi le amministrazioni stesse, in sede di predisposizione del bilancio annuale, dovranno definire preventivamente l’ammontare complessivo delle spese per incarichi di consulenza, studio e ricerca.

 

Tali limitazioni di spesa (e conseguenti riduzioni in bilancio) sono realizzate ferme restando le vigenti disposizioni di contenimento della spesa per tali incarichi, quali dettate:

§  dall'articolo 6, comma 7, del D.L. n. 78 del 2010, il quale ha stabilito che a decorrere dal 2011 la spesa annua in questione non può essere superiore al 20 per cento di quella sostenuta nell'anno 2009;

§  dall’articolo 1, comma 5, del D.L. n. 101 del 2013 che ha ulteriormente ristretto il suddetto limite, stabilendo che la spesa in esame non può essere superiore, per l'anno 2014, all'80 per cento del limite di spesa per l'anno 2013 e, per l'anno 2015, al 75 per cento dell'anno 2014 così come determinato dall'applicazione della disposizione di cui all’articolo 6 comma 7 del D.L.78/2010 suddetto.

A seguito di tali disposizioni, pertanto, la spesa per gli incarichi di consulenza risulta già drasticamente ridotta rispetto a quella 2009, risultando pari, nell’anno in corso e poi nel 2015, a, rispettivamente, circa il 16 e poi 12 per cento di quella sostenuta nel 2009.

Rispetto a tali limiti, la norma in esame pone un diverso criterio di contenimento della spesa riferito ad un nuovo e differente parametro, costituito, come si è detto, dalla spesa per il personale.

In proposito sarebbe opportuno chiarire meglio il rapporto tra normativa vigente e nuove disposizioni, anche per prevenire possibili questioni in sede di applicazione delle stesse, atteso che i differenti parametri di riferimento daranno sicuramente luogo a due diversi limiti di spesa. Ciò vale anche per quanto disposto dal comma 2 in ordine ai limiti sui contratti di collaborazione.

Analogamente il comma 2 dispone che, a decorrere dall’anno 2014, le amministrazioni pubbliche non possono stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa (Co.co.co.)[22], qualora la spesa complessiva sostenuta nell’anno per tali contratti sia superiore ad una determinata percentuale della spesa per il personale dell’amministrazione che stipula tali contratti come risultante dal conto annuale del 2012.

Più precisamente: si ha divieto di conferimento di incarichi di consulenza, studio e ricerca, se nell'anno la spesa complessiva per tali contratti di collaborazione varchi la seguente soglia rispetto a quella sostenuta per il personale nel 2012 (riferimento fisso):

§  il 4,5 per cento, per le amministrazioni con spesa di personale fino a 5 milioni;

§  l'1,1 per cento, per le amministrazioni con spesa di personale superiore a 5 milioni.

Pertanto, una amministrazione che nel 2012 ha sostenuto una spesa per il personale pari a 4 milioni di euro, applicando la soglia del 4,5% per cento, potrà stipulare contratti Co.co.co fino a 180.000 euro (4.000.000*4,5/100).

Per una amministrazione con una spesa di personale che nel 2012 è risultata pari a 30 milioni, il limite sarà pari a 330.000 euro (30.000.000*1,1/100).

 

Anche in questo caso restano ferme le vigenti disposizioni di contenimento della spesa per i contratti Co.co.co previste, circa i requisiti dei soggetti prestatori della collaborazione, dall’articolo 7, commi da 6 a 6-quater, del D.Lgs. n. 165 del 2001 e, quanto ai limiti quantitativi, dall’articolo 9, comma 28, del D.L. n. 78 del 2010: tale ultima disposizione prevede in particolare che le pubbliche amministrazioni avvalersi di personale con contratti di collaborazione coordinata e continuativa nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell' anno 2009.

In proposito si rinvia a quanto osservato per il comma 1

Il comma 3 specifica che, per le amministrazioni che non fossero tenute alla redazione del conto annuale nel 2012, si faccia riferimento ai valori risultanti dal bilancio consuntivo 2012.

 

Si segnala che le concrete modalità di riduzione della spesa in esame sono dettate all’articolo 47, comma 2, lettera c) e comma 9, lettera c).

 

Infine, il comma 4, come modificato dal Senato, prevede che gli incarichi e i contratti Co.co.co. in corso possano essere rinegoziati entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame per assicurare l'osservanza dei limiti di spesa posti dai precedenti commi.

Il testo originario poneva l’obbligo di rinegoziare tali contratti entro il 24 maggio 2014 (30 giorni dal 24 aprile 2014, data di entrata in vigore del decreto-legge).

 

Si ricorda che i risparmi di spesa previsti dal presente articolo 14 sono già ricompresi nella riduzione complessiva della spesa per beni e servizi (200 milioni nel 2014 e 300 milioni a decorrere del 2015), quantificata dall'articolo 8 del decreto-legge in esame, come peraltro specificato dall’ultimo periodo del comma 1 dell’articolo 50.

 

Relativamente a quanto disposto dal comma 4 (rinegoziazione dei contratti in corso), appare opportuno un chiarimento in ordine all’eventualità che la disposizione possa determinare l'instaurazione di contenziosi da parte degli interessati con le amministrazioni a seguito di una revisione delle condizioni contrattuali convenute nella stipula di contratti di consulenza e di collaborazione ovvero il radicale annullamento degli stessi contratti, ove non compatibili con i limiti di spesa stabiliti per effetto della norma in esame. Ciò anche in considerazione della circostanza che non viene espressamente previsto, come invece sarebbe a tal fine risultato opportuno, la facoltà di recesso da parte del prestatore del contratto o della collaborazione. Facoltà che invece, si segnala, è ad esempio prevista all’articolo 8, comma 8, per una altra norma di riduzione di spesa (sui contratti per beni e servizi).

 

Il Senato ha introdotto il comma 4-ter che concede alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, alle province e alle città metropolitane e ai comuni, in coerenza e secondo le modalità previste al comma 10 dell'articolo 8 e ai commi 5 e 12 dell'articolo 47, la facoltà di rimodulare o adottare misure alternative di contenimento della spesa corrente, al fine di conseguire risparmi comunque non inferiori a quelli derivanti dall'applicazione dei commi 1 e 2 del presente articolo.


 

Articolo 14, comma 4-bis
(Proroga dei contratti a termine negli enti di ricerca pubblici)

 

 

Il comma 4-bis, introdotto al Senato, prevede che gli enti di ricerca pubblici possono prorogare i contratti a termine stipulati per l’esecuzione di programmi o di attività i cui oneri ricadono su fondi comunitari, anche in deroga ai limiti quantitativi previsti dalla normativa vigente.

La disposizione, in particolare, modifica l’articolo 118, comma 14, della legge n.388 del 2000, il quale prevede che nell'esecuzione di programmi o di attività, i cui oneri ricadono su fondi comunitari, gli enti pubblici di ricerca sono autorizzati a procedere ad assunzioni o ad impiegare personale a tempo determinato per tutta la durata degli stessi, specificando che a tal fine è possibile intervenire anche mediante proroghe dei relativi contratti di lavoro, anche in deroga ai limiti quantitativi previsti dall’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n.368/2001.

 

L’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n.368/2001, come modificato, da ultimo, dall’articolo 1 del decreto-legge n.34/2014 (c.d. decreto Poletti), a fronte dell’eliminazione della causale e della previsione della possibilità di prorogare il contratto a termine fino a 5 volte, ha introdotto un “tetto” all’utilizzo del contratto a tempo determinato, stabilendo che il numero complessivo di rapporti di lavoro a termine costituiti da ciascun datore di lavoro non può eccedere il limite del 20% dei lavoratori a tempo indeterminato alle sue dipendenze. Il superamento del limite comporta una sanzione amministrativa pari al 20% e al 50% della retribuzione per ciascun mese di durata del rapporto di lavoro, se il numero di lavoratori assunti in violazione del limite sia, rispettivamente, inferiore o superiore a uno. Ai sensi dell’articolo 10, comma 5, del decreto legislativo n.368/2001, tuttavia, il limite del 20% non trova applicazione nel settore della ricerca, limitatamente ai contratti a tempo determinato che abbiano ad oggetto esclusivo lo svolgimento di attività di ricerca scientifica, i quali possono avere durata pari al progetto di ricerca al quale si riferiscono. Più specificamente, l’articolo 10, comma 5, del decreto legislativo n.368/2001 dispone che “il limite percentuale di cui all'articolo 1, comma 1, non si applica ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati tra istituti pubblici di ricerca ovvero enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere in via esclusiva attività di ricerca scientifica o tecnologica, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa. I contratti di lavoro a tempo determinato che abbiano ad oggetto in via esclusiva lo svolgimento di attività di ricerca scientifica possono avere durata pari a quella del progetto di ricerca al quale si riferiscono”.

 

Si fa presente che l’articolo 118, comma 14, della legge n.388/2000, come risulterebbe dalla modifica prevista dalla disposizione in esame, non sarebbe coordinato con l’articolo 10, comma 5, del decreto legislativo n.368/2001 (introdotto dall’articolo 1 del DL n.34/2014), sia per quanto riguarda i soggetti beneficiari (tutti gli enti di ricerca, pubblici e privati, nel decreto legislativo n.368/2001; solo gli enti pubblici di ricerca nella legge n.388/2000), sia con riferimento alle tipologie di lavoratori interessati (solo soggetti chiamati a “svolgere in via esclusiva attività di ricerca scientifica o tecnologica, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa”, nel decreto legislativo n.368/2001; qualsiasi tipologia di personale, purché “in esecuzione di programmi o attività i cui oneri ricadano su fondi comunitari”, nella legge n.388/2000).


 

Articolo 15, commi 1 e 2
(Spesa per autovetture)

 

 

L'articolo 15 riduce il limite massimo di spesa effettuabile dalle pubbliche amministrazioni per le autovetture di servizio (acquisto, manutenzione, noleggio, esercizio di autovetture, nonché per acquisto di buoni taxi) dal 50 per cento della spesa sostenuta per tale finalità nel 2011 al 30 per cento.

 

In particolare, al comma 1, modifica in senso restrittivo la disposizione vigente (art. 5, co. 2, del D.L. n. 95/2012) circa il limite massimo di spesa effettuabile dalle pubbliche amministrazioni per le autovetture di servizio.

I risparmi di spesa così attesi sono già annoverati entro la riduzione complessiva della spesa per beni e servizi, quale quantificata dall'articolo 8 del decreto-legge.

In particolare, a decorrere dal 1° maggio 2014 la soglia per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi della spesa sostenuta per tale finalità nel 2011 è ridotta dal 50 per cento[23] al 30 per cento.

La deroga di tale limite (già prevista dalla normativa vigente per il solo 2013) è ammessa solo per l'anno 2014, esclusivamente per effetto di contratti pluriennali già in essere.

 

Destinatarie delle disposizioni sono le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'ISTAT (cfr. il comunicato del 30 settembre 2013) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009 - inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob)[24].

 

L’espressa inclusione della Consob, non operata nelle altre disposizioni di riduzione della spesa previste nel decreto-legge in esame (es. articoli 8 e 14) è da ricondurre alla circostanza che la norma sostituita dal comma 1 in commento fa riferimento anche a tale commissione.

 

Come già indicato nel testo previgente del D.L. n. 95 del 2012 sono espressamente escluse dall'applicazione della norma le autovetture utilizzate:

§  dall'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;

§  dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

§  per i servizi istituzionali di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica;

§  per i servizi sociali e sanitari svolti per garantire i livelli essenziali di assistenza;

§  per i servizi istituzionali delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari svolti all’estero (fattispecie introdotta dall’art. 1, co. 315, della legge di stabilità 2014).

Sono da ritenersi escluse anche le autovetture utilizzate per le attività di protezione civile (ai sensi dell'articolo 1, comma 4 del D.L. n. 101 del 2013).

 

La nuova formulazione dell’articolo 5, comma 2, del D.L. n. 95 disposta dall’articolo in esame estende l’esclusione alche alle autovetture previste per i servizi di vigilanza e intervento sulla rete stradale gestita da ANAS S.p.A. e, come modificato dal Senato, anche sulla rete delle strade provinciali e comunali.

 

Il comma 2 dell’articolo 15 in esame prevede - quale misura aggiuntiva - l’adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze), al fine di individuare il numero massimo per le auto di servizio “ad uso esclusivo” e per quelle ad “uso non esclusivo” di cui possa disporre ciascuna amministrazione centrale dello Stato.

Per le auto di “servizio ad uso esclusivo” il numero così determinato non può comunque eccedere la soglia di cinque unità.

Il Senato ha specificato che, decorsi 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, qualora il predetto D.P.C.M. non risulti adottato, opera in ogni caso il limite delle cinque unità sopraindicato.

 

Si segnala che le concrete modalità di riduzione della spesa in esame sono dettate all’articolo 47, comma 2, lettera b) e comma 9, lettera b).

 

L’esigenza di razionalizzare l’uso delle autovetture in dotazione alle amministrazioni pubbliche (le autovetture di Stato o “auto blu”) ha portato, a partire almeno dai primi anni ‘90 (L. n. 412/1991), all’adozione di diversi provvedimenti in materia, finalizzati prevalentemente al contenimento delle spese destinate al parco macchine delle pubbliche amministrazioni (D.P.C.M. 28 febbraio 1997 e D.P.C.M. 11 aprile 1997). A partire dal 2004 la materia viene disciplinata prevalentemente con provvedimenti di rango legislativo, che hanno praticamente interessato ogni manovra correttiva di finanza pubblica:

§  legge finanziaria 2005 (art. 1, co. 12-14, della L. n. 311/2004);

§  legge finanziaria 2006 (art. 1, co. 11, della L. n. 266/2005);

§  legge finanziaria 2007 (art. 1, co. 505, della L. n. 296/2006);

§  legge finanziaria 2008 (art. 2, co. 588 e da 594 a 598 della L. n. 244/2007);

§  D.L. n. 78 del 2010 e contestuale direttiva n. 6/2010 del Ministro per la Pubblica Amministrazione;

§  decreto-legge 98/2011 (art. 2 e relativo D.P.C.M. 3 agosto 2011, poi modificato dal D.P.C.M. 12 gennaio 2012);

§  decreto-legge 95/2012 (art. 5, co. 2), che viene modificato dalla presente norma.

Sulla materia è altresì intervenuta la legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) che all’art. 1, co. 143, dispone che, ferme restando le misure di contenimento della spesa già previste dalle disposizioni vigenti, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino al 31 dicembre 2015 (termine così modificato dall’art. 1, co. 1, del D.L. n. 101 del 2013), le amministrazioni pubbliche non possono acquistare autovetture né possono stipulare contratti di locazione finanziaria aventi ad oggetto autovetture.

 

Da ultimo il D.P.C.M. 3 agosto 2011 prevede che le autovetture di servizio possono essere assegnate in uso esclusivo alle seguenti Autorità:

a)   Presidente e Vice-Presidente del Consiglio dei Ministri;

b)   Ministri, Vice-Ministri e Sottosegretari di Stato;

c)   Primo Presidente, Procuratore generale della Corte di cassazione e Presidente del Tribunale Superiore delle acque pubbliche;

d)   Presidente del Consiglio di Stato;

e)   Presidente e Procuratore generale della Corte dei conti;

f)    Avvocato generale dello Stato;

g)   Presidente del Consiglio di Giustizia amministrativa della Regione siciliana;

h)   Presidenti delle Autorità amministrative indipendenti;

i)    Presidenti di INPS, INAIL e INPDAP.

Le autovetture di servizio possono essere attribuite, con provvedimento adottato da ciascuna amministrazione, in uso non esclusivo, ai seguenti soggetti:

a)   Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

b)   Capi di Gabinetto dei Ministri;

c)   Capi dei Dipartimenti e degli Uffici autonomi equiparati della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

d)   Segretari generali dei Ministeri, nonché Capi dei Dipartimenti o Uffici di pari livello;

e)   Presidenti degli enti pubblici non economici, Direttori delle Agenzie fiscali, Presidenti degli enti di ricerca e di altre pubbliche amministrazioni.

Per il personale delle magistrature, dell'Avvocatura dello Stato, dei Corpi militari, delle Forze di polizia, del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, hanno diritto all'assegnazione, in uso non esclusivo, dell'autovettura soltanto i soggetti titolari di incarichi equiparati a quelli sopraindicati.

Il decreto inoltre conferma le vigenti disposizioni concernenti l'uso delle autovetture di servizio e autovetture blindate per ragioni di sicurezza nazionale e di protezione personale.

 

In materia di 'auto blu', si ricorda che nel Documento di economia e finanza 2014 uno specifico focus della Sezione III, seconda parte (p. 61), riporta quanto segue: "Un censimento[25] ha stimato che le auto blu a disposizione delle amministrazioni centrali dello Stato al 1° dicembre 2013 fossero 1.663, il 7,6 per cento del totale di tutte le amministrazioni pubbliche. Rispetto al 31 dicembre del 2012, quando le vetture erano 1.951, si è verificato un calo del 14,8 per cento. I dati evidenziano una riduzione delle auto blu (ad uso esclusivo e non esclusivo) nei Ministeri: il numero complessivo all'inizio di dicembre 2013 è sceso da 1.491 del dicembre 2012 a 1.290 unità (­13,5 per cento), la maggior parte delle quali (1.128) concentrate nei dicasteri cui sono affidati servizi istituzionali di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica (Ministero della Difesa e Ministero della Giustizia). Il monitoraggio sulle auto di servizio di tutte le amministrazioni, centrali e locali, aggiornato al 1° novembre 2013, aveva evidenziato una diminuzione complessiva della spesa per il 2013 pari a circa 110 milioni, che si aggiunge a quella registrata nel 2012 (rispetto al 2011) di circa 130 milioni. Il risparmio complessivo rispetto al 2011 è salito quindi a 240 milioni".


 

Articolo 15, comma 2-bis
(Deroga per la Regione Lombardia per Expo 2015)

 

 

Il comma 2-bis dell’articolo 15, inserito nel corso dell'esame del provvedimento al Senato, stabilisce una deroga per la Regione Lombardia ai limiti di spesa imposti dal decreto legge 78/2010 per le spese inerenti relazioni pubbliche, convegni e mostre, per le voci connesse con l'evento EXPO 2015. La deroga opera per ciascuno degli anni 2014 e 2015.

 

I limiti di spesa stabiliti dal comma 8 dell'articolo 6 del decreto legge 78/2010 riguardano le attività di comunicazione e promozione: relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza. Per tutte le pubbliche amministrazioni questa tipologia di spesa non può superare il 20 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 per le medesime finalità.

 

La norma in esame specifica che la deroga vale solo per le voci strettamente connesse con il grande evento EXPO 2015.

La Regione Lombardia è tenuta comunque a garantire gli obiettivi complessivi di riduzione della spesa imposti alle pubbliche amministrazioni dallo stesso articolo 6 del decreto legge 78/2010 e dunque dovrà adottare misure alternative di contenimento della spesa in altre settori per compensare il maggior onere consentito per le spese di comunicazione e promozione.

 

Quanto agli obiettivi complessivi di riduzione dei costi imposti dall'articolo 6 del ai limiti di spesa, si ricorda che la norma citata contiene una serie di misure di contenimento dei costi degli apparati amministrativi, che vanno dalla riduzione dei costi degli organi collegiali alla riduzione dei costi per autovetture.

 

Sinteticamente, le altre riduzioni contenute nell'articolo 6 sono le seguenti:

§  riduzioni dei costi degli organi collegiali (commi 1-5)

§  riduzione del 10% del compenso degli organi di amministrazione e controllo di società non quotate del conto della P.A. e di società totalmente possedute dalle amministrazioni pubbliche (comma 6)

§  limiti per le amministrazioni pubbliche, incluse le autorità indipendenti, alle spese per studi e incarichi di consulenza (commi 7, 11) missioni (comma 12), formazione (comma 13) e per autovetture (comma 14)

Si ricorda infine che il comma 20 dispone sull’applicazione delle disposizioni recanti norme di risparmio degli apparati amministrativi contenute nell’articolo stesso. In primo luogo ne viene esclusa l’applicazione diretta a regioni, province autonome ed agli enti del Servizio sanitario nazionale e, contemporaneamente, vengono qualificate come disposizioni di principio. La seconda parte del comma dispone una redistribuzione, tra le regioni a statuto ordinario, del 10% dei trasferimenti per il c.d. “federalismo amministrativo”, a vantaggio delle regioni che abbiano contenuto i compensi dei consiglieri regionali e che abbiano applicato “volontariamente” le misure di contenimento della spesa recate dallo stesso articolo 6.


 

Articolo 16, commi 1-3
(Riduzione di spesa dei Ministeri)

 

 

L'articolo 16, al comma 1, dispone un obiettivo di risparmio di spesa nel 2014 per i Ministeri e per la Presidenza del Consiglio dei ministri pari a 240 milioni in termini di saldo netto da finanziare.

Poiché la disposizione in commento, ai fini della determinazione degli importi, rinvia alle modalità indicate all’articolo 1, comma 428, della legge n. 147 del 2013[26] (legge di stabilità 2014), sembrerebbero restare escluse - ma su tale questione appare necessario un chiarimento da parte del Governo - le spese iscritte negli stati di previsione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nonché le spese iscritte nell'ambito della missione «Ricerca e innovazione» e gli stanziamenti relativi al Fondo per lo sviluppo e la coesione e quelli relativi alla realizzazione delle opere e delle attività connesse allo svolgimento del grande evento Expo Milano 2015.

Pertanto tale riduzione di 240 milioni per il 2014 va a sommarsi a quella di 710 milioni disposta per il 2014 dal citato comma 428 (complessivamente 950 milioni).

 

Nelle more della definizione degli interventi per conseguire tale risparmio di spesa, il comma 3 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad accantonare e rendere indisponibili le somme corrispondenti ai 240 milioni di euro indicati dal comma 1.

Il comma 2 demanda a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, la definizione delle voci di spesa da ridurre, “sentiti i Ministri competenti” e previa verifica da parte del Ministro dell'economia e delle finanze degli effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica.


 

Articolo 16, commi 4 e 6
(Riorganizzazione dei Ministeri)

 

 

Il comma 4 autorizza, in via temporanea, i Ministeri ad adottare i rispettivi regolamenti di organizzazione nella forma di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, anziché di regolamenti di delegificazione, come previsto dal normale assetto delle fonti ministeriali.

Tale deroga è subordinata ad una condizione, che consiste nel realizzare interventi di riordino organizzativo comportanti riduzioni di spesa “ulteriori” rispetto a quelle prescritte dai commi precedenti.

 

Si ricorda che l’organizzazione interna dei ministeri è disciplinata da una pluralità di fonti normative. Le strutture di primo livello (dipartimenti o direzioni generali) sono stabilite direttamente dal D.Lgs. 300/1999, che fissa per ciascun ministero il numero massimo di dipartimenti o di direzioni generali, a seconda del modello organizzativo prescelto. Nell’ambito di tale struttura primaria, si provvede a definire il numero (nonché l’organizzazione, la dotazione organica e le funzioni) degli uffici di livello dirigenziale generale in cui sono articolati i dipartimenti o le direzioni generali, mediante regolamenti di delegificazione adottati con D.P.R. ex art. 17, co. 4-bis, L. 400/1988 (così dispone l’art. 4, co. 1, del D.Lgs. 300/1999). L’articolazione interna degli uffici di livello dirigenziale generale è demandata al ministro che provvede, con proprio decreto di natura non regolamentare, alla individuazione degli uffici di livello dirigenziale non generale e alla definizione dei relativi compiti (art. 4, co. 4, D.Lgs. 300/1999).

 

Appare opportuno ricordare che una deroga analoga è contenuta nel D.L. 95/2012, sulla c.d. spending-review (art. 2, co. 10-ter), che ha previsto un ampio processo di riorganizzazione dei ministeri, conseguente alla riduzione delle dotazioni organiche del personale dirigenziale e non, con finalità di contenimento della spesa pubblica. La preferenza in via eccezionale per il D.P.C.M. è legata alla maggiore rapidità e semplicità procedimentale.

 

Nel disegno prefigurato dall’art. 2 del D.L. 95/2012 (c.d. spending review), la riduzione degli uffici e delle dotazioni organiche[27] si accompagna a una ridefinizione degli assetti organizzativi delle amministrazioni interessate che vi provvedono con regolamenti di organizzazione adottati secondo i rispettivi ordinamenti.

Al fine di semplificare ed accelerare il riordino organizzativo, solo per i ministeri, lo stesso decreto sulla spending review, ha previsto la possibilità di adottare i regolamenti di organizzazione con D.P.C.M., su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze (art. 2, comma 10-ter, del D.L. 95/2012), in deroga al procedimento ordinario stabilito dall’art. 17, co. 4-bis, della L. 400/1988 (nonché dall’art. 4 del D.Lgs. 300/1999) che prevede regolamenti governativi di delegificazione, adottati con D.P.R., sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia.

Dopo una serie di proroghe, il termine per avvalersi di tale possibilità è definitivamente scaduto il 28 febbraio 2014[28].

Alla data odierna, sono stati adottati i regolamenti di organizzazione di cinque Ministeri su dodici: Ministero dell’economia e delle finanze (D.P.C.M. 27 febbraio 2013, n. 67), Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (D.P.C.M. 27 febbraio 2013, n. 105), Ministero dello sviluppo economico (D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 158), Ministero della salute (D.P.C.M. 11 febbraio 2014, n. 59) e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (D.P.C.M. 11 febbraio 2014, n. 72).

 

Per quanto concerne il procedimento di adozione dei D.P.C.M., la disposizione richiede sulla proposta del Ministro competente il concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e con il Ministro dell’economia e delle finanze, nonché la delibera da parte del Consiglio dei ministri.

Sui decreti è previsto il controllo preventivo di legittimità della Corte dei Conti e la possibilità che il presidente del Consiglio richieda il parere del Consiglio di Stato, che pertanto è meramente facoltativo (come previsto anche dal D.L. 95/2012).

 

A differenza dei regolamenti adottati con D.P.R., non è riconosciuta l’obbligatorietà del parere da parte del Consiglio di Stato, ma solo la facoltà al Presidente del Consiglio di richiederlo, né è previsto il parere delle commissioni parlamentari. A decorrere dalla data di efficacia di ciascuno dei predetti decreti cessa di avere vigore, per il Ministero interessato, il regolamento di organizzazione vigente.

 

L’autorizzazione a riorganizzare i Ministeri con D.P.C.M. ha carattere temporaneo. Secondo la lettera della disposizione, tale facoltà è infatti ammessa in un arco temporale che va dalla data di conversione del decreto-legge fino al 15 luglio 2014, termine che si intende ottemperato anche mediante la sola trasmissione degli schemi di regolamento al Ministro per la pubblicazione amministrazione e al Ministro dell’economia.

 

Si valuti che la disposizione introduce una deroga, seppur temporanea, all’ordinario assetto delle fonti normative in materia di organizzazione dei ministeri: infatti, l’intervento in tale materia spetta, in via ordinaria, a regolamento da adottare con D.P.R., previo esame parlamentare del relativo schema. La deroga, peraltro, segue precedenti interventi del legislatore in tale direzione.

In ordine alla fissazione del termine del 15 luglio 2014, entro il quale gli schemi di regolamento debbono essere trasmessi al Ministero della pubblica amministrazione, si osserva che l’adempimento richiesto è un atto interno al procedimento di adozione del D.P.C.M., privo di pubblicità. Pertanto il rispetto del termine non è conoscibile e controllabile.

Infine, occorre considerare che ai Ministeri viene offerta la possibilità di ricorrere ai D.P.C.M. di organizzazione per un tempo molto limitato (dall’entrata in vigore della legge di conversione fino al 15 luglio), atteso che le riduzioni di spesa da garantire con tali atti devono essere ulteriori rispetto a quelle previste ai sensi del comma 1 del medesimo articolo 16, che saranno definite solo con l’adozione di un unico D.P.C.M. da emanare entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione.

 

Il comma 6 prevede la riduzione delle indennità spettanti al personale in servizio presso gli uffici di diretta collaborazione dei Ministri con e senza portafoglio.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. 300/1999, il Ministro si avvale di uffici di diretta collaborazione, aventi esclusive competenze di supporto e di raccordo con l'amministrazione, istituiti e disciplinati con regolamento adottato ai sensi del comma 4-bis dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400.

A tali uffici sono assegnati, nei limiti stabiliti dallo stesso regolamento:

§  dipendenti pubblici anche in posizione di aspettativa, fuori ruolo o comando a cui si applica l’articolo 17, comma 14, della legge 127/1997[29];

§  collaboratori assunti con contratti a tempo determinato disciplinati dalle norme di diritto privato;

§  esperti e consulenti per particolari professionalità e specializzazioni con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa.

 

Tutte le assegnazioni di personale a tali uffici, “compresi gli incarichi anche di livello dirigenziale e le consulenze e i contratti, anche a termine”, cessano automaticamente se non confermati entro trenta giorni dal giuramento del nuovo Ministro.

Infine, con decreto adottato dall'autorità di governo competente, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, è determinato, in attuazione dell’articolo 12, comma 1, lettera n) della legge 59/1997[30], senza aggravi di spesa e, per il personale disciplinato dai contratti collettivi nazionali di lavoro, fino ad una specifica disciplina contrattuale, il trattamento economico accessorio, da corrispondere mensilmente, a fronte delle responsabilità, degli obblighi di reperibilità e di disponibilità ad orari disagevoli, ai dipendenti assegnati agli uffici dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato. Tale trattamento consiste in un unico emolumento ed è sostitutivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale.

 

A tal fine sono ridotti del 20 per cento gli stanziamenti degli stati di previsione dei Ministeri e del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri relativi alle spese per le indennità di diretta collaborazione dei Ministri. Sono esclusi dalla misura i responsabili degli uffici di diretta collaborazione, ai quali è stata applicata la riduzione del 10 per cento, calcolato sull’intero importo, delle indennità, come previsto dall'articolo 9, comma 2, del decreto-legge n. 78 del 2010[31].

 

L’articolo 9, co. 2, del D.L. 78/2010 ha previsto alcune misure di contenimento dei costi del personale impiegato nelle pubbliche amministrazioni, tra le quali una riduzione del 10 per cento, calcolato sull’intero importo, delle indennità corrisposte ai responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri.

Tale disposizione si è applica nel periodo che va dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2013 ed è stata prorogata fino al 31 dicembre 2014 dal D.P.R. 122/2013[32] (art. 1, co. 1, lett. a).

 

La citata riduzione, che, secondo la lettera della disposizione, opera in attesa di un'organica revisione della disciplina degli uffici di diretta collaborazione, si applica per l'anno 2014, con riferimento alla quota corrispondente al periodo maggio-dicembre.

Secondo la relazione tecnica, il Governo stima la riduzione pari a complessivi 4,4 milioni di euro - si legge nella relazione tecnica - a valere sulla somma assegnata ai correlativi capitoli di bilancio dei ministeri e del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio.


 

Articolo 16, comma 5
(Definanziamento del Fondo per la tutela dell’ambiente e la
promozione dello sviluppo del territorio)

 

 

L'articolo 16, al comma 5, dispone l'integrale definanziamento dell’autorizzazione di spesa per il Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio (c.d. Fondo mille-opere), istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze, a fini di contribuzione statale ad interventi realizzati dagli enti destinatari nei rispettivi territori per il risanamento e il recupero dell’ambiente e lo sviluppo economico dei territori.

 

L’articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge n. 112/2008, ha istituito, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, il Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio (cap. 7536), con una dotazione originaria di 60 milioni per il 2009 e di 30 milioni per ciascun anno del biennio 2010-2011.

Per l’anno 2013, il comma 1, terzo e quarto periodo, dell’articolo 33 della legge n. 183/2011 (legge di stabilità 2012) ha rifinanziato di 50 milioni l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 13, comma 3-quater, del D.L. n. 112/2008. Tale dotazione è stata successivamente incrementata – attraverso una apposita novella al citato articolo 33 – da 50 a 90 milioni per il 2013 dall’articolo 23, comma 12-quater del D.L. n. 95/2012, e poi ridotta di 10 milioni di euro dall’articolo 67-octies, comma 3, del D.L. n. 83/2012[33].

Successivamente l’articolo 4, comma 4-quater del D.L. n. 91/2013 ha incrementato le disponibilità del Fondo per il 2013 di 1,3 milioni da destinare specificamente alle istituzioni culturali ammesse al contributo ordinario annuale dello Stato ricomprese nella Tabella di cui all'art. 1 della legge n. 534/1996.

Da ultimo, l’articolo 15, comma 3, lettera b) e allegato 3 del D.L. n. 102 del 2013 (D.L. IMU) ha ridotto le disponibilità del Fondo per il 2013 di 50 milioni, a copertura parziale degli oneri da esso recati.

Da ultimo, la legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013), all’articolo 1, comma 379, ha autorizzato la spesa per il 2014 di 30 milioni per il rifinanziamento del Fondo da destinare prioritariamente ad interventi di messa in sicurezza del territorio.

 

Il definanziamento riguarda sia le residuali somme disponibili[34] in conto competenza per il 2014 (28,4 milioni), sia le somme iscritte in conto residui di stanziamento (29,1 milioni) nell’anno 2014 relative alle disponibilità di competenza 2013. Queste ultime vengono conseguentemente versate all’entrata del bilancio dello Stato.


 

Articolo 16, comma 6-bis
(Gestione servizi stipendiali NoiPA)

 

 

Il comma 6-bis, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato[35] ha la finalità di affidare esclusivamente al sistema di pagamenti NoiPA talune categorie di prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche.

 

Com’è noto, NoiPA è il Sistema informativo realizzato dal Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi (DAG) del Ministero dell'Economia e delle Finanze, per il trattamento economico del personale centrale e periferico della Pubblica Amministrazione.

I servizi svolti da tale Sistema[36] sono costituiti da servizi stipendiali, articolati in servizi di gestione, elaborazione, liquidazione e distribuzione del cedolino stipendiale e dagli adempimenti previsti dalla normativa in tema di adempimenti fiscali e previdenziali; i servizi medesimi possono altresì includere quelli di raccolta, gestione, elaborazione e quadratura delle presenze, in conformità agli adempimenti normativi e organizzativi delle PA aderenti

Le prestazioni oggetto del comma in esame sono quelle previste dall’articolo 43, comma 4, della legge n. 449/1997[37], vale a dire quelle, “non rientranti tra i servizi pubblici essenziali o non espletate a garanzia di diritti fondamentali, per le quali richiedere un contributo da parte dell'utente.”. Per le amministrazioni centrali dello Stato tali prestazioni sono state individuate dal D.M (Ministro dell'economia e delle finanze) 30 luglio 2013, n. 123[38] nelle seguenti:

§  ritenute periodiche sugli stipendi dei dipendenti pubblici, applicabili mediante l'istituto della delegazione, effettuate a favore di associazioni, fondi previdenziali, istituti assicurativi, bancari, previdenziali e similari;

§  copie ed estratti di documenti di archivio effettuati per ragioni non di studio ovvero per ragioni di studio finalizzato alla predisposizione di lavori destinati ad essere commercializzati;

§  accesso ad informazioni e documenti contenuti in banche dati;

§  rilascio di fotocopie richieste da utenti esterni o da personale dell'Amministrazione per ragioni non di ufficio.

 

Quanto all’ammontare del contributo il medesimo D.M. ha rinviato ad apposite convenzioni tra il MEF è l’utente/amministrazione pubblica interessato.

Il medesimo comma 4 ha altresì disposto, sempre con riferimento alle amministrazioni centrali, che per esse gli introiti da contributi sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere destinate, in misura non superiore al 30 per cento, all'incentivazione della produttività del personale e della retribuzione di risultato dei dirigenti assegnati ai centri di responsabilità che hanno effettuato la prestazione.

 

Con riferimento a tale disciplina, il comma 6-bis in esame:

§  dispone anche le prestazioni previste dal comma 4 dell’articolo 43 debbano essere erogate nei confronti del personale interessato dalle stesse attraverso i servizi stipendiali del sistema NoiPA;

§  nel confermare quanto disposto dalla vigente disciplina, come sopra riepilogata, stabilisce che i contributi derivanti dalle suddette prestazioni debbano essere destinati, “in misura pari alle maggiori entrate acquisite rispetto a quelle introitate ai sensi del citato comma 4”, e al netto della sopradetta percentuale del 30 per cento, alla gestione dei servizi stipendiali erogati dal Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Per come formulato, il comma 6-bis in esame sembra stabilire una diversa destinazione tra i contributi derivanti dalla normativa vigente, che al netto della suddetta percentuale del 30 per cento sono destinati all’entrata del bilancio dello Stato, e quelli derivanti dal comma che invece appaiono invece destinati, sempre al netto del 30 per cento, alla gestione dei servizi stipendiali. Su tale circostanza potrebbe risultare opportuno un chiarimento


 

Articolo 16, comma 7
(Settore agricolo EXPO)

 

 

Il comma 7 dispone l’incremento, per l’importo di 4,8 milioni di euro per l’anno 2014, dell’autorizzazione di spesa di cui al comma 46-bis del D.L. n. 69/2013, finalizzata al rilancio del settore agricolo e alla realizzazione delle iniziative in campo agroalimentare connesse all'evento Expo Milano 2015, nonché per la partecipazione all'evento medesimo.

Si ricorda che l'articolo 46-bis del D.L. n. 69/2013 ha autorizzato la spesa di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 a favore del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, per favorire il rilancio del settore agricolo e la partecipazione all'Expo[39], assicurando la realizzazione delle connesse iniziative in tema agroalimentare.

L’articolo 46-bis ha operato nei termini di un rifinanziamento della legge n. 499/1999, recante la razionalizzazione degli interventi nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale.

La legge n. 499/199 contiene interventi volti ad assicurare una programmazione economico-finanziaria agli interventi in ambito agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale prevedendo l’approvazione del documento programmatico agroalimentare e l’individuazione delle risorse finanziarie statali, regionali ed europee destinate agli interventi pubblici nel settore, destinati ad accrescere le capacità concorrenziali del sistema agroalimentare italiano e a promuovere politiche di sviluppo e di tutela del mondo rurale. All’articolo 4, in particolare, si definiscono le attività di competenza del Ministero delle politiche agricole e forestali, le cui risorse sono annualmente rifinanziate attraverso la tabella E della legge di stabilità.

La legge n. 147/2013 (legge di stabilità 2014), Tabella E, ha rifinanziato la legge n. 499/1999, articolo 4: attività di competenza del Mipaaf- Interventi in agricoltura, Capitolo 7810 dello stato di previsione del Mipaaf, per un importo pari a 30 milioni di euro nel 2014 (i quali quindi si sono aggiunti ai 5 già stanziati a legislazione vigente per il 2014 dall’articolo 46-bis dal D.L. n. 69/2013) e 15 milioni di euro per ciascun anno del biennio 2015-2016[40].

Il capitolo 7810/Mipaaf, a legge di bilancio 2014 (legge n. 148/2013 e relativo D.M. di ripartizione in capitoli 27 dicembre 2013), reca dunque, uno stanziamento di 35 milioni per il 2014 e di 15 milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016.

Le risorse stanziate al comma 7 – come evidenziato in relazione tecnica - integrano lo stanziamento di bilancio per il 2014 iscritto sul cap. n. 7810/Mipaaf.

Si ricorda, al riguardo, che la XIII Commissione Agricoltura ha avviato un’indagine conoscitiva in merito alla valorizzazione delle produzioni agroalimentari nazionali con riferimento all'Esposizione universale di Milano 2015.


 

Articolo 16, comma 8
(Istituto Sviluppo Agroalimentare S.p.A.- ISA)

 

 

Il comma 8 autorizza l'Istituto per lo sviluppo agroalimentare - ISA S.p.A., interamente partecipato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, a versare all'entrata del bilancio dello Stato una somma pari a 21,2 milioni di euro entro il 31 luglio 2014.

Tale ammontare è stato aumentato (era previsto originariamente un importo di 10,7 milioni di euro) durante l’esame del provvedimento al Senato al fine di fornire copertura finanziaria alla modifica introdotta all’articolo 22 che ha posticipato al 2015 la decorrenza del nuovo regime di tassazione del reddito derivante dalla produzione e cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali.

La ISA S.p.A. opera come finanziaria per il settore agricolo, agro-industriale e agroalimentare, è stata istituita nell’ottobre 2004 allo scopo di subentrare nelle attività allora svolte nel settore da Sviluppo Italia.

Interamente partecipata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ISA promuove progetti di sviluppo agroindustriale, può assumere partecipazioni in società operanti in agricoltura e nell’agro-alimentare, e può prestare assistenza e consulenza nel settore finanziario ad aziende e enti pubblici e privati.

Per effetto delle leggi di stabilità 2012 e 2013[41], la Società è stata già chiamata a riversare nel bilancio statale complessivamente 25,4 milioni nel 2013, 18,1 milioni per il 2014, e 7,8 nel 2015.

Relativamente al 2012, il D.L. n. 201/2011, ha, disposto, con i commi 8-ter e 8-quater dell’articolo 30, che, entro il 31 gennaio 2012, venissero versati 47,2 milioni, invece dei 32,4 milioni, inizialmente previsti (dalla legge di stabilità 2012).

Nella relazione tecnica si precisa che “sotto il profilo operativo, i versamenti in esame appaiono compatibili con l’assetto di bilancio di ISA e con il perseguimento, seppure in forma ridotta, degli obiettivi di sostegno al settore agroalimentare”.


 

Articolo 16, comma 9
(Commissario agricolo ex Agensud)

 

 

Il comma 9 prevede il versamento all’entrata del bilancio dello Stato, entro il 31 luglio 2014, della somma di 5,5 milioni di euro da parte del Commissario ad acta per la gestione delle attività ex Agensud trasferite al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nell’ambito delle risorse utilizzabili ai sensi dell’articolo 16-bis del D.L. n. 78/2010.

 

Nel 1995 (D.L. n. 32/1995), con la soppressione dell'Intervento straordinario nel Mezzogiorno ad opera del D.Lgs. 96/1993, sono state, infatti, trasferite al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, le competenze in materia di acque irrigue ed invasi strettamente legati all'agricoltura (si tratta di n. 1080 progetti di opere pubbliche irrigue per un valore di 510 milioni di euro[42]) nonché le ulteriori competenze in materia di incentivi per le opere private nel settore della valorizzazione dei prodotti agricoli, progetti speciali promozionali, mezzogiorno interno, forestazione produttiva, agrumicoltura, zootecnia, commercializzazione dei prodotti agricoli, ecc. (n. 3016 iniziative per un valore di 229 milioni di euro).

Tali attività sono gestite dal Commissario ad acta appositamente nominato per la gestione delle attività ex Agensud trasferite al MIPAAF e sono state altresì trasferite

La legge 341 del 1995 ha, poi, aggiunto alle precedenti competenze quella relativa ai nuovi interventi infrastrutturali irrigui nelle aree depresse del Paese, sulla base di programmi approvati dal CIPE. In ragione di tale previsione, sono stati avviati diversi programmi di opere irrigue di rilevanza nazionale per oltre 70 lavori nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna ( sempre secondo i dati riportati nel sito istituzionale si tratta di complessivi 1040 milioni di euro).

Il CIPE, con diverse delibere, ha inoltre assegnato al Commissario ad acta ulteriori risorse per complessivi 453 milioni di euro per la prosecuzione dei progetti promozionali nel settore del Mezzogiorno, nella valorizzazione dei prodotti agricoli tipici e nella forestazione delle zone a rischio idrogeologico della regione Campania.

 

La norma in esame autorizza quanto sopra detto nell’ambito delle economie relative ai fondi per le infrastrutture irrigue assegnati al Commissario ad acta, mediante l'obbligo di versare la somma in questione all'entrata del bilancio dello Stato.


 

Articolo 16-bis
(Norme in materia di personale del MAE)

 

 

I commi 1 e 2 dell’articolo 16-bis modificano il regime dell’assegno per oneri di rappresentanza corrisposto al personale del Ministero degli Affari esteri: il particolare il comma 1, alla lettera a), sopprime il terzo periodo del comma 4 dell’articolo 30-bis del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, recante ordinamento dell’Amministrazione degli affari esteri.

 

L’articolo 30-bis in questione disciplinava le sezioni distaccate delle rappresentanze diplomatiche: il periodo soppresso nel quarto comma assegnava al funzionario che dirige la sezione distaccata un assegno per oneri di rappresentanza determinato in base al comma 3 del successivo articolo 171-bis.

 

La lettera b) del medesimo comma 1 inserisce invece, dopo l’articolo 53, il nuovo articolo 53-bis, concernente le attività per la promozione all’estero dell’Italia.

Il comma 1 dell’art. 53-bis attribuisce agli uffici all’estero del Ministero degli Affari esteri il compito di promuovere il sistema Paese mediante relazioni con le autorità e gli ambienti locali, nonché quello di sviluppare iniziative di carattere politico, economico-commerciale e culturale nell’interesse dell’Italia, curando altresì la tutela delle nostre collettività all’estero.

Il comma 2 dell’art. 53-bis istituisce, per le attività di cui al comma precedente, un apposito Fondo nello stato di previsione del MAE, le cui risorse saranno ripartite tra gli uffici all’estero con uno o più decreti del Ministro degli affari esteri, decreti da trasmettere anche in via informatica, tramite l’Ufficio centrale del bilancio, al Ministero dell’economia e delle finanze ed alla Corte dei Conti.

Al comma 3 dell’art. 53-bis si prevede che la determinazione della dotazione del Fondo di cui al comma precedente sia parametrata agli oneri collegati alle attività di cui al comma 1, tenendo altresì conto del trattamento economico per il personale di servizio necessario al funzionamento delle residenze ufficiali.

Per quanto concerne, infine, le spese collegate all’attuazione del complesso dell’articolo 53-bis in commento, qualora sostenute direttamente dal capo dell’ufficio all’estero o da personale da questi dipendente, il comma 4 dell’art. 53-bis ne prevede il rimborso, anche sulla base di costi medi forfettari che per ogni paese sono determinati, su proposta del capo della locale rappresentanza diplomatica, dall’Amministrazione degli affari esteri.

 

La lettera c) del comma 1 modifica invece l’art. 185 del richiamato DPR n. 18/1967, riguardante il trattamento dell’incarico di reggenza di una sede diplomatica o consolare vacante da parte di personale già impiegato nella stessa: le modifiche all’art. 185, unitamente a quella apportata dalla lettera d) del comma 1 all’articolo 204 – riguardante il trattamento dei componenti delle delegazioni diplomatiche speciali – si limitano a recepire quanto operato dalla successiva lettera e) del comma 1, ovvero l’abrogazione dell’articolo 171-bis (dedicato all’assegno di rappresentanza), del comma 1 dell’art. 185 e dell’articolo 188 (spese per particolari esigenze) del D.P.R. n. 18/1967.

Tali abrogazioni sono volte a sopprimere l’istituto dell’assegno per oneri di rappresentanza, eliminando altresì i riferimenti ad esso, nonché la possibilità di rimborso per spese elevate sostenute in particolari circostanze da un funzionario diplomatico la cui indennità sia troppo ridotta rispetto al livello di tali spese.

 

Il comma 2, in riferimento al Fondo di cui al comma 2 dell’articolo 53-bis inserito dalla lettera b) del comma 1, stabilisce che la dotazione di detto Fondo è di 15 milioni di euro per il 2015 e di 13 milioni a decorrere dal 2016. La copertura finanziaria del relativo onere è rinvenuta mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa per le indennità di cui all’articolo 171 del D.P.R. n. 18 del 1967 – si tratta dell’indennità di servizio all’estero (cosiddetta ISE).

 

Si segnala che l’art. 170 dell’ordinamento dell’Amministrazione degli Affari esteri, di cui al richiamato D.P.R. n. 18 del 1967, stabilisce che il personale dei ruoli organici di quella Amministrazione, oltre allo stipendio e agli assegni di carattere fisso e continuativo previsti per l’interno – compresa, nella misura minima, l’eventuale indennità o retribuzione di posizione - percepisce, quando è in servizio presso le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari di prima categoria, l’indennità di servizio all’estero, stabilita per il posto di organico che occupa, nonché le altre competenze eventualmente spettanti in base alle disposizioni del medesimo provvedimento. Nessun’altra indennità ordinaria e straordinaria può essere concessa al personale suddetto in relazione al servizio prestato all’estero in aggiunta al trattamento previsto da quel provvedimento.

 

L’indennità di servizio all’estero è dettagliatamente regolata dall’art. 171 del D.P.R. n. 18/1967: la novella allo stesso apportata dal Decreto legislativo 27 febbraio 1998, n. 62, ha comportato una ristrutturazione dell’istituto, ora consistente in una indennità di base (rideterminata per ciascun posto-funzione secondo una tabella allegata al provvedimento), cui si applicano i coefficienti attribuiti ad ogni sede con apposito decreto del ministro degli esteri di concerto con il ministro del tesoro. Rispetto alla normativa previgente, l’elemento del disagio della sede è stato espunto dai parametri per la formazione dei coefficienti di sede e dà luogo invece ad un’apposita maggiorazione dell’ISE; analogamente, è stata scorporata dall’ISE la componente relativa alle spese di rappresentanza, istituendo – va infatti ricordato che il decreto legislativo n. 62/1998 ha inciso su numerosi altri articoli del DPR n. 18/1967 - un apposito assegno di rappresentanza e dettando i criteri per la determinazione dello stesso. E’ stata altresì modificata la normativa sia su altri istituti direttamente incidenti sul trattamento economico (quali le indennità di prima sistemazione e per carichi di famiglia, i contributi per spese di abitazione e per trasporto mobili, le provvidenze scolastiche, i rimborsi delle spese di viaggio), sia su istituti che solo indirettamente hanno riflessi sul trattamento economico (congedi, assenze dal servizio per ragioni di salute, maternità o altre cause).

 

Si ricorda che l'articolo 1-bis del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 ha recato, in funzione di contenimento della spesa, l'interpretazione autentica della vigente disciplina in materia di trattamento economico del personale del Ministero degli Esteri in servizio all'estero, chiarendo che il trattamento economico nel periodo di servizio all'estero non include né l'indennità di amministrazione né l'indennità integrativa speciale. Inoltre ribadisce quanto peraltro già previsto all’art. 170, comma 2 del DPR n. 18/1967, ovvero che nessun’altra indennità ordinaria e straordinaria può essere concessa, a qualsiasi titolo, al personale suddetto in relazione al servizio prestato all'estero in aggiunta al trattamento previsto dal D.P.R. n. 18/1967 medesimo. D’altra parte il decreto-legge n. 35/2013[43] all'art. 12, comma 3, lettera c-quinquies ha disposto a fini di copertura la riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa alle indennità di servizio all'estero di un importo di 12 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015. Infine, il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102[44] all'art. 15, comma 3, lett. b) ha previsto, sempre a fini di copertura, la riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa alle indennità di servizio all'estero di un importo pari a 5 milioni per l'anno 2013.

Si ricorda altresì che la legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012), all’art. 1, comma 37 aveva già disposto la riduzione dell’autorizzazione di spesa per l’indennità di servizio all’estero, nella misura di 5.287.735 euro annui con decorrenza dal 2013. La legge di stabilità per il 2014 (legge 27 dicembre 2013, n. 147) al comma 479 ha disposto un’ulteriore riduzione della medesima autorizzazione di spesa nella misura di 10 milioni di euro per l'anno 2014 ed a 20 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015.

 

Il comma 3 ridetermina il contingente di cui all’articolo 152 del DPR 18 del 1967 nella misura di 2.600 unità per l’anno 2015, 2.650 unità per il 2016 e 2.700 unità a decorrere dal 2017: tali contingenti vanno intesi come comprensivi di quelli di cui all’articolo 1, comma 1317 della legge n. 296 del 2006, all’articolo 14, comma 2, della legge n. 246 del 2007 e all’articolo 41-bis, comma 4 del decreto-legge n. 83 del 2012.

Alla copertura degli oneri che l’incremento del contingente di cui all’articolo 152 comporta, e che lo stesso comma 3 in commento valuta in 2.176.000 euro per il 2015, 3.851.520 euro per il 2016 e 6.056.064 euro a decorrere dal 2017, si provvede riducendo l’autorizzazione di spesa relativa alle indennità di servizio all’estero di cui all’articolo 171 già citato del D.P.R. n. 18 del 1967, conseguentemente sopprimendo posti in organico di cui all’articolo 32 del medesimo provvedimento – articolo 32 che concerne appunto l’istituzione, la qualificazione e la ripartizione dei posti di organico degli uffici all’estero.

La relazione tecnica osserva in proposito come i posti da sopprimere siano relativi alla seconda area funzionale, che per mansioni meglio corrisponde alle attività del personale a contratto assunto all’estero: pertanto, in considerazione delle riduzioni di spesa a carico dell’indennità di servizio all’estero, i posti della seconda area funzionale da sopprimere risulterebbero pari a 25 nel 2015, 43 nel 2016 e 68 a decorrere dal 2017.

 

Si ricorda che l'articolo 152 del D.P.R. n. 18 del 1967 prevede che le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari di prima categoria e gli istituti italiani di cultura possono avvalersi di personale a contratto, previa autorizzazione dell’Amministrazione centrale degli affari esteri, nel limite di un contingente complessivo di 2.277 unità: l’assunzione è stipulata a tempo indeterminato, con un periodo di prova di nove mesi.

Si ricorda altresì che:

§  per assicurare il rispetto degli obblighi verso l’Unione europea relativi al contrasto della criminalità organizzata e dell’immigrazione illegale, nonché per esigenze della componente nazionale del Sistema di informazione visti (Schengen), il comma 1317 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007 aveva previsto un incremento non superiore a 65 unità del contingente di cui all’articolo 152 del DPR n. 18 del 1967;

§  per il supporto alla gestione in loco di programmi promossi da fondi, banche e organismi internazionali, nonché per l’erogazione di servizi e atti consolari con riduzione dei tempi procedimentali, il comma 2 dell’articolo 14 della legge n. 246 del 2007 (recante partecipazione italiana alla ricostituzione delle risorse di Fondi e banche internazionali) aveva previsto un incremento di 150 unità del contingente di cui all’articolo 152 del DPR 18 del 1967;

§  per le straordinarie esigenze di funzionamento delle ambasciate e consolati italiani nella Repubblica popolare cinese il comma 4 dell’articolo 41-bis del decreto legge n. 83 del 2012 - recante misure urgenti per la crescita del Paese - aveva previsto in via eccezionale l’incremento di 40 unità del contingente di cui all’articolo 152 del DPR n. 18 del 1967.

 

Il comma 4 stabilisce che il Ministro degli affari esteri provvede al monitoraggio degli oneri di cui al comma 3 del presente articolo, in base all’art. 17, co. 12 della L 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), riferendo al Ministro dell’economia e delle finanze. In caso di scostamenti rispetto alle previsioni, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro degli affari esteri, provvede con proprio decreto alla corrispondente riduzione delle dotazioni finanziarie di parte corrente relative all’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 171 del DPR 18 del 1967. Inoltre, il Ministro dell’economia e delle finanze riferisce senza ritardo alle Camere, con apposita relazione, sulle cause degli scostamenti e le misure adottate.

 

Il comma 12 dell’art. 17 della L. n. 196 del 2009, detta i criteri in base ai quali deve essere redatta la clausola di salvaguardia per la compensazione degli effetti che eccedano le previsioni delle spese autorizzate in ciascuna legge che comporti nuovi o maggiori oneri.

 

Il comma 5, infine, autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

Articolo 17
(Concorso degli organi costituzionali e di rilievo costituzionale
alla riduzione della spesa pubblica
)

 

 

L’articolo 17 reca disposizioni per il contenimento della spesa degli organi costituzionali (Presidenza della Repubblica, Senato, Camera, Corte costituzionale) e di rilievo costituzionale (Consiglio di Stato, TAR, CSM, Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia e CNEL).

 

In particolare, il comma 1 dispone che la Presidenza della Repubblica, il Senato, la Camera dei deputati e la Corte Costituzionale procedano a riduzioni di spesa per l'anno 2014 per un importo complessivo di 50 milioni di euro, da versare all'entrata del bilancio dello Stato.

Secondo la relazione tecnica, l’importo di 50 milioni è stato quantificato a seguito delle analisi condotte dal Commissario straordinario per la spending review, in relazione al confronto avuto con le amministrazioni degli organi costituzionali.

Si valuti l’opportunità di chiedere un chiarimento circa la metodologia utilizzata per pervenire alla predetta quantificazione.

Ciascun organo costituzionale effettua le riduzioni di spesa con misure autonomamente deliberate e secondo modalità previste dai rispettivi ordinamenti.

Nel corso dell’esame al Senato, è stato specificato che le riduzioni di spesa sono ripartite tra i diversi soggetti in misura proporzionale al rispettivo onere a carico della finanza pubblica per l’anno 2013 (comma 2-bis).

 

Considerando gli stanziamenti iscritti per gli organi costituzionali nel bilancio 2013 (stato di previsione del Ministero dell’economia – Programma 21.1) – peraltro identici a quelli del bilancio 2014 - le riduzioni risultano dei seguenti importi:

 

Capitolo Bilancio MEF

Organo

Stanziamento 2013

Riduzioni di spesa 2014

2101

Presidenza della Repubblica

228.000.000

6.592.566

2103

Senato della Repubblica

505.360.500

14.612.379

2104

Camera dei deputati

943.160.000

27.271.247

2105

Corte costituzionale

52.700.000

1.523.808

 

Totale

1.729.220.500

50.000.000

La disposizione in esame interviene sulla disciplina di organi che godono di un’autonomia normativa, organizzativa e contabile costituzionalmente garantita (cfr. sentenze della Corte costituzionale n. 129 del 1981, n. 154 del 1985, n. 379 del 1996 e n. 120 del 2014).

Per quanto riguarda l’autonomia contabile, si ricorda che il bilancio dello Stato fissa le quote del finanziamento di ciascun organo costituzionale, sulla base della richiesta di dotazione degli organi stessi.

 

Si ricorda che in materia di contenimento delle spese degli organi costituzionali sono intervenuti:

§  il decreto-legge n. 78/2010, che ha disposto il versamento al bilancio dello Stato, per gli anni 2011, 2012 e 2013, degli importi corrispondenti alle riduzioni di spesa deliberate entro il 31 dicembre 2010, con le modalità previste dai rispettivi ordinamenti, dalla Presidenza della Repubblica, dal Senato, dalla Camera dei deputati e dalla Corte Costituzionale. La determinazione degli importi di tali riduzioni è rimessa all’autonomia di ciascun organo. È infine prevista la riassegnazione al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato. (art. 5, comma 1);

§  il decreto-legge n. 78/2011, che ha previsto che, nel rispetto del principio costituzionale di autonomia, a decorrere dal 2012 gli importi corrispondenti alle riduzioni di spesa che saranno autonomamente deliberate entro il 31 dicembre 2013, con le modalità previste dai rispettivi ordinamenti, dal Senato, dalla Camera dei deputati e dalla Corte costituzionale sono versati al bilancio dello Stato e sono utilizzati dallo Stato per gli interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali previsti quale destinazione della quota di pertinenza statale del cd. 8 per mille (art. 48 L. n. 222/1985).

Secondo entrambe le disposizioni esaminate, dunque, le riduzioni di spesa sono rimesse all’autonoma determinazione di ciascun organo costituzionale e non sono utilizzate a copertura degli oneri derivanti dai provvedimenti in cui sono inserite, ma destinate ad interventi successivi al versamento dei risparmi al bilancio dello Stato (fondo ammortamento titoli di Stato o interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali).

 

Il comma 2, come modificato dal Senato, riduce per complessivi 5 milioni e 305mila euro, per l’anno 2014, gli stanziamenti iscritti in bilancio per le spese di funzionamento della Corte dei Conti, del Consiglio di Stato, dei TAR, del Consiglio superiore della magistratura e del Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia.

Anche in tal caso, nel corso dell’esame al Senato, è stato precisato che le riduzioni sono ripartite tra i diversi soggetti in misura proporzionale al rispettivo onere a carico della finanza pubblica per l’anno 2013 (comma 2-bis).

Si osserva che la relazione tecnica allegata al testo originario del decreto-legge ripartiva la riduzione tra i diversi organi utilizzando gli stanziamenti per il 2014.

 

Considerando gli stanziamenti iscritti nel bilancio 2013, come risultanti dalla legge di assestamento (stato di previsione del Ministero dell’economia – Programma 21.2), le riduzioni risultano dei seguenti importi:

 

Cap. Bilancio MEF

Organo

Testo originario DL -

Relazione tecnica

Testo Senato

Stanziamento 2014

Riduzione 2014

Stanziamento 2013

Riduzione 2014

2160

Corte dei Conti

43.994.000

3.145.000

32.204.748

2.828.931

2170

Consiglio di Stato e TAR

23.952.000

1.713.000

22.652.282

1.989.823

2195

CSM

6.000.000

428.000

5.285.698

464.306

2192

CNEL

2.724.000

195.000

Nel testo del Senato, il CNEL è disciplinato nel comma 3, che prevede, tra l’altro, un risparmio di 195.000 euro per il 2014

2182

Consiglio giustizia amm.va Sicilia

264.000

19.000

249.771

21.940

Totale

 

76.934.000

5.500.000

60.392.499

5.305.000

 

 

Il comma 3, modificato dal Senato, riguarda il contenimento delle spese del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL).

 

In particolare esso dispone che:

§  le somme relative all’avanzo di gestione dell’anno 2012, pari a 4.532.000 euro versate dal CNEL nell’anno 2014 restano acquisite all’entrata del bilancio dello Stato;

§  per il 2014, il CNEL provvede entro il 15 luglio 2014 a versare all'entrata del bilancio dello Stato ulteriori risorse finanziarie pari a 18.249.842 euro, anche al fine di conseguire risparmi sulla gestione corrente pari a 195.000 euro.


 

Articolo 18
(Abolizione di agevolazioni postali per le elezioni)

 

 

L’articolo 18 sopprime, a decorrere dal 1° giugno 2014, i regimi tariffari postali agevolati previsti per i candidati alle elezioni politiche nazionali, al Parlamento europeo, ai Consigli delle regioni a statuto ordinario (e in quanto compatibili, delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano), ai consigli comunali e provinciali, a Sindaco e Presidente della provincia, nonché per le comunicazioni da parte dei partiti politici relative alla possibilità di destinazione del due per mille dell’IRPEF ai partiti stessi.

La disposizione in particolare sopprime, al comma 1, a decorrere dal 1° giugno 2014, due regimi tariffari postali agevolati:

1)  il regime agevolato per l'invio di materiale elettorale da parte dei candidati e delle liste al Parlamento nazionale, al Parlamento europeo, ai Consigli regionali, comunali e provinciali, di Sindaco e di Presidente della provincia, previsto dagli articoli 17 e 20 della legge 515/1993, “Disciplina delle campagne elettorali per l'elezione alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica”.

L’articolo 17 richiamato dispone che ciascun candidato in un collegio uninominale e ciascuna lista di candidati in una circoscrizione per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (il riferimento è al sistema elettorale misto maggioritario uninominale e proporzionale, in vigore dal 1993 al 2005) hanno diritto ad usufruire di una tariffa postale agevolata di lire 70, per plico di peso non superiore a grammi 70, per l'invio di materiale elettorale per un numero massimo di copie pari al totale degli elettori iscritti nel collegio per i singoli candidati, e pari al totale degli elettori iscritti nella circoscrizione per le liste di candidati. La norma prevede che tale tariffa possa essere utilizzata unicamente nei trenta giorni precedenti la data di svolgimento delle elezioni, dando diritto ad ottenere dall'amministrazione postale l'inoltro dei plichi ai destinatari con procedure a tempi uguali a quelli in vigore per la distribuzione dei periodici settimanali. La disposizione era già stata oggetto di abrogazione ad opera della legge finanziaria per il 2000 (articolo 41 l. n. 488/1999) e poi di riviviscenza in base all’articolo 4 del decreto-legge 353/2003.

L’articolo 20 della legge 515/1993 estendeva l’agevolazione alle elezioni dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo, per le elezioni dei consigli delle regioni a statuto ordinario e, in quanto compatibili, delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, nonché ai candidati alle elezioni comunali e provinciali, di Sindaco e di Presidente della provincia.

2)  l’agevolazione dell’articolo 12, comma 6-bis, del decreto-legge 149/2013 (relativo all’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti) che aveva recentemente esteso, per il solo mese di aprile di ciascun anno, la tariffa postale agevolata (di cui all’art. 17 sopra citato) alle comunicazioni individuali e al pubblico dei partiti circa la possibilità di destinazione da parte dei contribuenti del due per mille della propria imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) in favore di un partito politico iscritto nel registro dei partiti politici (registro introdotto dall’art. 4 dello stesso decreto n. 149).

La possibilità di destinazione ai partiti del 2 per mille dell’IRPEF è stata introdotta dallo stesso DL n. 149/2013 (con il comma 1 dell’art. 12), subordinandola però all’iscrizione nella seconda sezione del registro dei partiti (art. 4, comma 7, in base al quale per beneficiare di tale forma di finanziamento i partiti devono essere iscritti nel registro nazionale e devono aver avuto almeno un candidato eletto sotto il proprio simbolo nell’ultima consultazione elettorale per il Senato, la Camera o il Parlamento europeo). In via transitoria, fino al termine di un anno concesso per adempiere all’iscrizione, l’agevolazione è stata considerata fruibile anche in mancanza dell’iscrizione nel registro, ma a condizione che i partiti siano in possesso dei requisiti prescritti dall'articolo 10 dello stesso decreto. La possibilità di destinazione del 2 per mille è prevista (dall’art. 12, comma 1): “a decorrere dall'anno finanziario 2014, con riferimento al precedente periodo d'imposta”; in realtà tale possibilità non è stata inserita nel modello 730 di dichiarazione IRPEF relativo ai redditi 2013.

Per quanto riguarda il periodo precedente al 1° giugno 2014, quindi il periodo intercorso tra la data di entrata in vigore del decreto (24 aprile 2014) ed il 31 maggio 2014, nel quale si sono svolte le elezioni europee ed amministrative, il comma 1 ha autorizzato inoltre il fornitore del servizio postale universale ad assumere iniziative commerciali e organizzative idonee a contenere nel limite degli stanziamenti del bilancio dello Stato, allo scopo finalizzati, l’onere relativo alla fruizione entro il 31 maggio 2014 delle predette tariffe postali agevolate.

 

La relazione governativa indica che la soppressione di queste norme consente di ottemperare alla Decisione C(2012)8230 final del 20 novembre 2012 della Commissione europea, che ha richiesto la determinazione di una durata certa dell’affidamento a Poste Italiane del servizio di interesse economico generale (SIEG) relativo agli invii elettorali. Con la predetta decisione sono stati approvati i trasferimenti statali verso Poste Italiane, a parziale copertura degli oneri connessi con lo svolgimento degli obblighi di servizio postale universale, di cui all’art. 9 del Contratto di programma, tra lo Stato e Poste italiane S.p.A. relativo al periodo 2009-2011. L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nella sua funzione di autorità di regolamentazione del settore postale, con delibera n. 385/13/CONS, ha approvato le condizioni generali di servizio per l'espletamento del servizio universale postale.


 

Articolo 19, commi 01 e 1
(Modifiche alla legge n. 56/2014 in materia di
città metropolitane, province e comuni
)

 

 

L’articolo 19, commi 01 e 1, reca modifiche in materia di città metropolitane, province e comuni (legge n. 56/2014).

 

Il comma 1 individua il contributo alla finanza pubblica a carico di province e città metropolitane conseguenti alle misure recate dalla legge n. 56/2014, pari a 100 milioni di euro per il 2014, 60 milioni di euro per il 2015 e 69 milioni a decorrere dal 2016 (nuovo comma 150-bis dell’articolo 1 L. n. 56/2014).

Secondo la relazione tecnica, i predetti importi conseguono ai soli risparmi derivanti dal venir meno dell'elettività diretta dei consigli provinciali e dalla gratuità degli organi delle città metropolitane e delle province.

Gli importi sono inoltre inclusi in quelli dell’art. 47, che disciplina il concorso delle province, delle città metropolitane e dei comuni alla riduzione della spesa pubblica (si rinvia in proposito alla relativa scheda di lettura).

 

Si ricorda che la relazione tecnica allegata di disegno di legge governativo su città metropolitane e province (A.C. 1542) - poi divenuto L. n. 56/2014 – riportava che il costo di 1.774 amministratori provinciali per il 2011 è stato di 111 milioni di euro. La spesa presunta per nuove elezioni provinciali ai sensi della normativa previgente era stimata in 318,7 milioni di euro, di cui circa 118,4 milioni a carico dello Stato.

 

La definizione delle modalità di riparto del contributo è demandata ad un decreto del Ministero (recte: Ministro) dell’interno, di concerto con il Ministero (recte: Ministro) dell’economia e delle finanze.

Le modalità di recupero delle somme sono stabilite con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, cui la legge n. 56/2014 demanda la definizione, previa intesa in sede di Conferenza unificata, dei criteri generali per l'individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse all'esercizio delle funzioni che devono essere trasferite dalle province ad altri enti (nuovo comma 150-ter, art, 1, L. 56/2014). Il DPCM deve essere emanato entro il termine – ordinatorio – dell’8 aprile 2014.

 

Nel corso dell’esame al Senato sono state introdotte, con il comma 01, ulteriori modifiche.

È in primo luogo soppressa la previsione, nell’ambito del procedimento di istituzione delle città metropolitane, di una conferenza statutaria incaricata di redigere, entro il 30 settembre 2014, una proposta di statuto della città metropolitana (comma 01, lettera a), che abroga il comma 13 dell’art. 1 L. n. 56/2014).

La conferenza avrebbe dovuto essere costituita da un numero di componenti pari a quelli previsti per il consiglio metropolitano ed eletta secondo le disposizioni previste per il consiglio metropolitano medesimo (elezioni di secondo grado, con diritto di elettorato attivo e passivo dei sindaci e consiglieri comunali).

Secondo la relazione illustrativa dell’emendamento del Governo approvato al Senato, la soppressione della conferenza statutaria è dovuta al fatto che tale conferenza era inizialmente legata all’ipotesi di consentire ai comuni di esercitare la scelta di far parte o meno della città metropolitana, ipotesi contemplata nel testo approvato dalla Camera ma poi soppressa dal Senato.

 

In secondo luogo, si interviene sulla disciplina della gratuità degli incarichi di sindaco metropolitano, di consigliere metropolitano e di componente della conferenza metropolitana, specificando che gli oneri connessi con le attività in materia di status degli amministratori, relativi ai permessi retribuiti e agli oneri previdenziali, assistenziali ed assicurativi, restano a carico della città metropolitana (comma 01, lettera c), che modifica l’ art. 24 L. 56/2014).

I permessi retribuiti e gli oneri previdenziali, assistenziali ed assicurativi sono quelli di cui agli articolo 80 e 86 del TUEL.

 

In particolare, l’art. 79 del TUEL (D.Lgs. n. 267/2000) riconosce, fra l’altro, ai lavoratori dipendenti componenti dei consigli metropolitani e provinciali il diritto a permessi retribuiti per assentarsi dal servizio ai fini della partecipazione alle sedute dei rispettivi consigli. I sindaci metropolitani e i presidenti della provincia hanno altresì diritto ad ulteriori 48 ore al mese di permessi retribuiti.

Ai sensi dell’art. 80 TUEL, le assenze dal servizio che danno luogo a permessi retribuiti sono retribuite al lavoratore dal datore di lavoro. I datori di lavoro privati hanno diritto al rimborso dei relativi oneri da parte dell'ente presso cui i lavoratori esercitano le funzioni pubbliche.

L’art. 86 TUEL dispone, fra l’altro, che l'amministrazione locale prevede a proprio carico al versamento degli oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi per i sindaci ed i presidenti di provincia che siano collocati in aspettativa non retribuita. Se i predetti soggetti non sono lavoratori dipendenti, l'amministrazione locale provvede, allo stesso titolo, al pagamento di una cifra forfettaria annuale; essa provvede, altresì, a rimborsare al datore di lavoro la quota annuale di accantonamento per l'indennità di fine rapporto, entro determinati limiti. I comuni e le province possono infine assicurare i propri amministratori contro i rischi conseguenti all'espletamento del loro mandato.

 

Risultano dunque esclusi dagli oneri a carico della città metropolitana i rimborsi per le spese di viaggio e per la partecipazione alle associazioni rappresentative degli enti locali (artt. 84 e 85 TUEL).

 

Uguale disciplina è dettata per il presidente della provincia e i componenti della giunta provinciale, che restano in carica, a titolo gratuito, nella fase transitoria di istituzione della città metropolitana. Anche in tal caso gli oneri per i permessi retribuiti e gli oneri previdenziali, assistenziali ed assicurativi restano a carico della provincia (comma 01, lettera b), che modifica l’ art. 14 L. 56/2014).

 

Si ricorda in proposito che - ai sensi dell’art. 14 della legge n. 56/2014 - nelle province non commissariate in cui sono istituite le città metropolitane, fino al 31 dicembre 2014, restano in carica, a titolo gratuito, il Presidente della provincia, che assume anche le funzioni del consiglio provinciale, e la giunta provinciale per l'ordinaria amministrazione e per gli atti urgenti e improrogabili.

 

Si ricorda che sulla materia è intervenuta la circolare del Ministero dell’interno n. 6508 del 24 aprile 2014, che, con riferimento alla gratuità degli incarichi di presidente della provincia, consigliere provinciale, componente dell’assemblea dei sindaci, sindaco metropolitano, consigliere metropolitano e componente della conferenza metropolitana precisa che restano a carico dei rispettivi enti gli oneri previdenziali, assistenziali ed assicurativi. La circolare non risulta invece chiara circa il trattamento dei permessi retribuiti.

 

Si osserva che le disposizioni in esame (commi 01, lett. b) e c)) riguardano gli oneri per i permessi retribuiti e gli oneri previdenziali, assistenziali ed assicurativi degli incarichi a titolo gratuito degli organi dalla città metropolitana. La disciplina non è invece estesa agli incarichi a titolo gratuito degli organi della provincia (artt. 82 e 84 L. n. 56/2014), come invece risultava dalla citata circolare del Ministero dell’interno, che dettava in proposito un’unica disciplina.

 

Il comma 01 interviene infine sull’obbligo di rideterminare gli oneri connessi allo status degli amministratori locali al fine di assicurare l’invarianza di spesa, obbligo che grava sui comuni per i quali la legge n. 56/2014 ha introdotto un aumento del numero dei consiglieri e degli assessori.

 

Si ricorda che, sulla base circolare del Ministero dell’interno del 24 aprile 2014, la rideterminazione degli oneri riguarda anche i comuni che non avevano ancora potuto applicare le riduzioni previste dal DL n. 138/2011 perché non ancora andati al voto.

 

Confermando quanto previsto dalla già richiamata circolare del Ministero dell’interno del 24 aprile 2014, viene precisato che, ai fini del rispetto dell’invarianza di spesa, sono esclusi dal computo degli oneri connessi con le attività in materia di status degli amministratori, gli oneri relativi ai permessi retribuiti e agli oneri previdenziali, assistenziali ed assicurativi, di cui agli artt. 80 e 86 TUEL.

Secondo la relazione illustrativa dell’emendamento del Governo approvato al Senato, detti oneri non possono essere considerati ai fini del parametro di riferimento per l’invarianza della spesa, trattandosi di oneri estremamente variabili in quanto collegati all’attività che l’amministratore è chiamato a svolgere nel corso della consiliatura o all’attività lavorativa dell’amministratore.

Restano invece incluse nel computo degli oneri da considerare ai fini dell’invarianza della spesa le indennità e i gettoni, i rimborsi per le spese di viaggio e per la partecipazione alle associazioni rappresentative degli enti locali.


 

Articolo 19, comma 1-bis
(Revisori dei conti degli enti locali)

 

 

Il comma 1-bis dell’articolo 19, introdotto nel corso dell’iter al Senato, reca alcune modifiche alle disposizioni contenute nel Testo unico degli enti locali in materia di revisori dei conti degli enti locali.

Le modifiche sono volte ad adeguare le disposizioni del TUEL alle nuove modalità di scelta dei revisori stessi, introdotte dall’articolo 16, comma 25, del D.L. n. 138/2011.

 

In base alla disciplina vigente di cui al citato D.L. n. 138/2001, per la scelta dei revisori dei conti degli enti locali è prevista l’estrazione da un elenco nel quale possono essere inseriti, a richiesta, i soggetti iscritti, a livello provinciale, nel Registro dei revisori legali di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39[45], nonché gli iscritti all'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.

La disposizione si applica a decorrere dal primo rinnovo del collegio dei revisori successivo alla data di entrata in vigore del decreto. I criteri per l'inserimento degli interessati nell'elenco sono stati individuati con decreto del Ministro dell’interno 15 febbraio 2012, n. 23.

Si ricorda che, ai sensi dell’art. 234 del TUEL, nei comuni, nelle province, nelle città metropolitane e nelle unioni di comuni che esercitano in forma associata tutte le funzioni fondamentali la revisione economico-finanziaria è affidata ad un collegio di revisori composto da tre membri. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, nelle unioni dei comuni e nelle comunità montane la revisione economico-finanziaria è affidata ad un solo revisore. L'organo di revisione contabile dura in carica tre anni (art. 235) ed è revocabile solo per inadempienza, ed in particolare per la mancata presentazione della relazione alla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto entro i termini previsti. La cessazione dall'incarico è prevista per: a) scadenza del mandato; b) dimissioni volontarie; c) impossibilità derivante da qualsivoglia causa a svolgere l'incarico per un periodo di tempo stabilito dal regolamento dell'ente.

 

Proprio in relazione alle nuove modalità di scelta dei revisori dei conti - a mezzo di estrazione a sorte da un elenco tenuto presso il Ministero dell’Interno - le modifiche introdotte dalla norma sono finalizzate:

§  a sostituire, nell’articolo 235 del TUEL che disciplina la durata dell’incarico, il riferimento alla “rieleggibilità per una sola volta” dell’organo di revisione (in quanto, come detto, si tratta di organo non più eletto dal Consiglio dell’ente) introducendo il divieto per i componenti dell’organo di svolgere l'incarico per più di due volte nello stesso ente locale;

§  ad introdurre, sempre nell’articolo 235 del TUEL, la previsione, in caso di dimissioni volontarie del revisore, di un preavviso, di almeno quarantacinque giorni. Le dimissioni, inoltre, non sono sottoposte all’accettazione da parte dell'ente;

§  a prevedere un limite massimo di rimborso annuo delle spese di viaggio e per vitto e alloggio ai componenti dell'organo di revisione – nel caso in cui i revisori dei conti siano residenti al di fuori della sede dell’ente - che non possa essere superiore al 50 per cento del compenso annuo attribuito ai componenti stessi, al netto degli oneri fiscali e contributivi. A tal fine, è introdotto il comma 6-bis all’articolo 241 del TUEL, relativo ai compensi dei revisori.


 

Articolo 19-bis
(Riduzione delle spese per il CGIE)

 

 

Con l’obiettivo del contenimento della spesa, l’articolo 19-bis dispone una serie di modifiche alla legge 6 novembre 1989, n. 368, recante istituzione del Consiglio generale degli italiani all’estero (CGIE).

In particolare:

§  la lettera a) del comma unico in commento modifica l’articolo 4 della legge n. 368 del 1989, al fine di ridurre la composizione del CGIE da 94 a 63 membri, con conseguente diminuzione anche del numero dei rappresentanti delle comunità italiane all’estero (da 65 a 43) e dei membri nominati con Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che da 29 scendono a 20;

§  la lettera b) modifica l’articolo 8 della legge n. 368 del 1989, riducendo da due a una volta all’anno le convocazioni in via ordinaria del CGIE;

§  la lettera c) modifica l’articolo 8-bis della legge 368 del 1989, cosicché non è più previsto che le Commissioni per le aree continentali si riuniscano due volte in occasione delle Assemblee plenarie ordinarie;

§  la lettera d) modifica l’articolo 9 della legge 368 del 1989, riducendo il numero, in seno al Comitato di presidenza del CGIE, dei componenti eletti tra i membri nominati dal Presidente del Consiglio dei ministri - che scendono da due a uno - e dei componenti in rappresentanza di ciascuna area continentale - che scendono da tre a uno. Le modifiche all’articolo 9 riguardano altresì la riduzione dei nominativi che ciascun membro del CGIE può indicare per l’elezione nel Comitato di presidenza dei rappresentanti di ciascuna area continentale e dei rappresentanti dei membri del CGIE nominati dal Presidente del Consiglio dei ministri. Infine, l’articolo 9 viene modificato nel senso di prevedere non più due, ma una sola riunione annuale del Comitato di presidenza in margine alle riunioni del Consiglio generale degli italiani all’estero;

§  la lettera e) modifica l’articolo 12 della richiamata legge n. 368, al fine di escludere dai rimborsi forfettari per la partecipazione alle riunioni del CGIE, oltre ai membri eventualmente appartenenti al Parlamento nazionale o al Parlamento europeo, anche i componenti del CGIE di nomina governativa;

§  la lettera f) modifica l’articolo 15 della legge n. 368/1989, sopprimendo i riferimenti alla precedente consistenza del CGIE;

§  infine, la lettera g) modifica l’articolo 17 della legge n. 368 del 1989, in particolare aggiungendo al comma 2 - che prevede in occasione del rinnovo del Consiglio generale degli italiani all’estero l’eventuale revisione della tabella di ripartizione geografica dei suoi componenti allegata alla legge n. 368 del 1989 - la previsione di una ripartizione dei membri eletti in rappresentanza delle comunità italiane all’estero tra i paesi in cui sono presenti le maggiori collettività italiane, proporzionalmente al numero di cittadini residenti al 31 dicembre dell’anno precedente, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

 

La relazione tecnica quantifica il risparmio complessivo che l’articolo 19-bis comporta a 529.389 euro: la maggior parte di tale risparmio, pari a 309.051 euro, deriverebbe dalla riduzione da due a una delle Assemblee plenarie ordinarie (lettera b), dalla diminuzione dei costi delle Commissioni continentali - con un risparmio 82.240 euro -, dalla riduzione del numero dei componenti del CGIE e del numero dei membri del Comitato di presidenza, che complessivamente comporterebbe un risparmio di oltre 122.000 euro.


 

Articolo 20
(Società partecipate)

 

 

L’articolo 20 stabilisce che le società a totale partecipazione diretta o indiretta dello Stato, nonché le società da esso direttamente o indirettamente controllate, i cui soci di minoranza siano pubbliche amministrazioni, ad esclusione di quelle emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati, debbano realizzare, nel biennio 2014-2015, una maggiore efficienza in termini di una riduzione dei costi operativi non inferiore al 2,5 per cento nel 2014 ed al 4 per cento nel 2015, con riferimento ai costi risultanti dai bilanci di esercizio approvati per l’anno 2013.

I risparmi derivanti da tali riduzioni dovranno essere distribuiti dalle società all’ azionista pubblico (che a sua volta verserà gli stessi all’entrata del bilancio dello Stato) entro il 30 settembre di ciascun esercizio, per un importo pari al 90 per cento dei risparmi stessi ovvero in sede di approvazione dei bilanci di esercizio 2014 e 2015 attraverso un dividendo almeno pari ai risparmi di spesa conseguiti, al netto dell’eventuale acconto erogato, con effetti positivi per la finanza pubblica, in termini di maggiori entrate, stimati in 70 milioni di euro per il 2014 e 100 milioni per l’anno 2015.

 

Più in dettaglio, il comma 1 prevede che - a fini di maggiore efficienza e di contenimento della spesa pubblica - le società a totale partecipazione diretta o indiretta dello Stato e le società direttamente o indirettamente controllate dallo Stato ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile[46], i cui soci di minoranza sono pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001[47], ed enti pubblici economici, devono realizzare nel biennio 2014-2015 una riduzione dei costi operativi, esclusi gli ammortamenti e le svalutazioni delle immobilizzazioni nonché gli accantonamenti per rischi.

Tale riduzione, come detto, deve risultare non inferiore al 2,5 per cento nel 2014 ed al 4 per cento nel 2015; viene specificato peraltro come nel calcolo della riduzione siano inclusi i risparmi da realizzare ai sensi del decreto in esame. Il comma precisa inoltre che la disposizione non si applica alle società emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati.

Va osservato come tale esclusione, presumibilmente riconducibile alle specifiche ragioni di bilancio e di redditività che connotano le società operanti sui mercati finanziari, sia frequentemente riscontrabile nella recente normazione sulle società pubbliche, come ad esempio nell’articolo 23-bis dal D.L. 201/2011 che, nel disciplinare[48] i compensi degli amministratori delle società controllate dalle amministrazioni pubbliche, ha anche essa escluso dalla nuova disciplina le società emittenti strumenti finanziari quotati. Va in proposito precisato che tale categoria comprende, oltre alle società che emettono azioni e che, conseguentemente, sono quotate sui mercati (Enel, Eni e Finmeccanica) anche quelle società, non quotate, che emettono strumenti finanziari diversi dalle azioni (ad esempio titoli obbligazionari) ma comunque quotati sui mercati finanziari[49], come nel caso di Poste italiane, Cassa Depositi e Prestiti e Ferrovie dello Stato.

Quanto alle società interessate dalle misure di contenimento dei costi operativi recate dal comma 1, la relazione illustrativa, come anche la relazione tecnica, non recano indicazioni ulteriori rispetto a quanto contenuto nella norma, e quindi non consentono di individuare con maggior precisione quali e quante siano le società in questione.

Può segnalarsi come indicazioni in tal senso siano in via generale rinvenibili nel “Rapporto sulle partecipazioni detenute dalle amministrazioni pubbliche[50] elaborato annualmente a decorrere dal 2010 dal Ministero dell’economia e finanze: l’ultimo Rapporto, diffuso al 31 dicembre 2013, è relativo all’anno 2011, e da esso risulta che le società partecipate dalle amministrazioni centrali sono, per quanto riguarda le amministrazioni centrali, 318, di cui 120 partecipate dai Ministeri: tale dato è tuttavia riferito a tutte le partecipazioni, e non a solo quelle partecipate totalmente ovvero controllate dallo Stato.

Una ulteriore fonte cui far riferimento concerne le società partecipate dal Ministero dell’economia e finanze,[51] l cui sito reca i dati sulle partecipazioni dirette di maggioranza/controllo del Ministero medesimo.

 

Benché entrambe le fonti sopradette facciano riferimento alle società in questione, nessuna delle due consente una pur non circostanziata individuazione dell’universo dei soggetti sui quali incide l’articolo 20 in commento, atteso che esso fa riferimento solo alle società totalmente partecipate o controllate (direttamente o indirettamente) dallo Stato e, nell’ambito di queste, solo a quelle i cui soci di minoranza siano pubbliche amministrazioni. Ed, oltre all’esclusione sopradetta delle società emittenti strumenti finanziari, sono altresì escluse ai sensi del comma 7 quelle società per le quali alla data di entrata in vigore del provvedimento risultano già avviate procedure volte ad una “apertura ai privati del capitale”.

Per quanto concerne le procedure e le modalità volte all’acquisizione all’erario delle minori risorse utilizzate dalla società interessate per i propri costi operativi, i commi da 2 a 6 dispongono che:

§  ai fini della quantificazione del risparmio previsto dal comma 1, occorre far riferimento alle voci del conto economico ed ai relativi valori risultanti dai bilanci di esercizio approvati per il 2013;

§  i risparmi dovranno essere distribuiti dalle società agli azionisti entro il 30 settembre di ciascun esercizio a valere sulle riserve disponibili, ove presenti, per un importo pari al 90 per cento dei risparmi stessi, ovvero in sede di approvazione dei bilanci di esercizio 2014 e 2015, attraverso un dividendo almeno pari ai risparmi di spesa conseguiti, al netto dell’eventuale acconto erogato;

§  limitatamente alle società a totale partecipazione pubblica diretta dello Stato, queste per ciascuno degli esercizi sopradetti effettueranno il versamento ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato degli importi percepiti dalle proprie controllate;

§  per il biennio 2014-2015 i compensi variabili degli amministratori delegati e dei dirigenti per i quali è contrattualmente prevista una componente variabile della retribuzione dovranno essere collegati in misura non inferiore al 30 per cento ad obiettivi riguardanti l’ulteriore riduzione dei costi rispetto agli obiettivi di efficientamento stabiliti dall’articolo in esame;

Viene infine demandato al Collegio sindacale la verifica il corretto adempimento delle misure in questione, prevedendo inoltre che lo stesso ne dia evidenza nella relazione al bilancio d’esercizio.

Sono escluse dall’applicazione dell’articolo in esame (comma 7, modificato preso il Senato):

§  le società – comprese le loro controllate -nonché per le quali alla data del 24 aprile 2014 risultino già avviate procedure per l’apertura del capitale ai privati[52];

§  Consip s.p.a. e gli altri soggetti aggregatori che svolgono il ruolo di centrale di committenza in materia di appalti di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 9;

§  la Rai S.p.A., la quale, precisa la norma, concorre alle finalità di risparmio perseguite dall’articolo in esame secondo le modalità stabilite dal successivo articolo 21.

Si dispone infine (comma 7-bis, introdotto dal Senato), che le società considerate nell’articolo in commento possono realizzare gli obiettivi ivi previsti anche con modalità diverse da quelle della riduzione dei costi operativi, fermo restando gli obblighi di versamento agli azionisti e quelli di versamento all’entrata del bilancio dello Stato previsti, rispettivamente, dai commi 3 e 4.


 

Articolo 20-bis
(Aziende termali delle autonomie speciali)

 

 

Oggetto della disposizione in commento, inserita nel corso dell’esame in Senato, è l’esclusione delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano, nel cui territorio sono ubicati stabilimenti termali, dall’obbligo della cessione delle aziende termali le cui partecipazioni azionarie, attività, beni, personale, patrimoni, pertinenze e marchi siano state trasferite alle stesse regioni a titolo gratuito.

Ai sensi della legge 24-10-2000 n. 323 (Riordino del settore termale) sono aziende termali le aziende, definite ai sensi dell'articolo 2555 del codice civile, o i rispettivi rami, costituiti da uno o più stabilimenti termali. Gli stabilimenti termali (i cui requisiti sono specificamente individuati ai sensi dell'articolo 3 della stessa legge), comprendono anche alberghi, istituti termali o case di cura in possesso delle autorizzazioni richieste dalla legislazione vigente per l'esercizio delle attività diverse da quelle disciplinate dalla legge in oggetto

Si ricorda che l’articolo 22 della L 59/1997 ha disposto il trasferimento alle regioni delle funzioni amministrative dello Stato in materia di ricerca e utilizzazione delle acque minerali e termali e la vigilanza sulle attività relative. Contestualmente la norma ha stabilito che le partecipazioni azionarie o le attività, i beni, il personale, i patrimoni, i marchi e le pertinenze delle aziende termali, già inquadrate nel soppresso Ente autonomo gestione aziende termali (EAGAT) e del Centro ittico tarantino-campano spa sono trasferiti a titolo gratuito alle regioni, alle province autonome e ai comuni nel cui territorio sono ubicati gli stabilimenti termali.

 

La norma incide dunque sulla disciplina generale dell’obbligo della cessione, da parte delle pubbliche amministrazioni, delle partecipazioni in società aventi per oggetto sociale attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle finalità istituzionali della P.A. partecipante.

 

Si ricorda che l’articolo 3, comma 27 della legge n. 244/2007(legge finanziaria 2008) prevede il divieto per le amministrazioni pubbliche di costituire di società aventi ad oggetto la produzione di beni e servizi non strettamente necessarie al perseguimento delle proprie finalità istituzionali, ovvero di assumere o mantenere direttamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società.

Il medesimo articolo 3, comma 29, della legge n. 244/2007 pone un termine – originariamente fissato in 36 mesi dalla data di entrata in vigore della legge n. 244/2007, e dunque scaduto il 1° gennaio 2011 – che è stato prolungato di quattro mesi oltre la data di entrata in vigore della legge di stabilità 2014 (l 147/2013), e dunque al 1° maggio 2014, decorsi i quali la partecipazione non alienata mediante procedura di evidenza pubblica cessa ad ogni effetto.

 

Le regioni destinatarie dell’esclusione dall’obbligo sono dunque solo quelle a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano alle quali, in seguito alla legge 59/1997, siano state trasferite a titolo gratuito le aziende termali già inquadrate nel soppresso Ente autonomo gestione aziende termali (EAGAT).

Le aziende termali inquadrate nell’ex-EAGAT, quindi trasferite alle regioni a titolo gratuito, sono: gli stabilimenti di Acqui terme (comune di Aqui Terme in provincia di Alessandria), di Agnano Terme (comune di Napoli in provincia di Napoli), di Casciana Terme (comune di Casciana Terme in provincia di Pisa), di Castrocaro Terme (comune di Castrocaro Terme in provincia di Forlì - Cesena), di Chianciano Terme (comune di Chianciano Terme in Provincia di Siena), di Merano (comune di Merano in provincia di Bolzano), di Montecatini Terme (comune di Montecatini Terme in provincia di Pistoia), di Recoaro Terme (comune di Recoaro Terme in provincia di Vicenza), di Salice Terme (comune di Godiasco in provincia di Pavia), di Salsomaggiore Terme (comune di Salsomaggiore Terme in provincia di Parma), di Santa Cesarea Terme (comune di Santa Cesarea Terme in provincia di Lecce), delle Terme Sibarite di Cassano allo Jonio (comune di Cassano allo Jonio in Provincia di Cosenza), delle Terme Stabiane di Castellammare di Stabia (comune di Castellammare di Stabia in provincia di Napoli).

 

In particolare tra le regioni a statuto speciale e province autonome, l’unica ad essere interessata dalla disposizione in esame sembra essere la provincia autonoma di Bolzano, in relazione alle aziende termali di Merano (ex-EAGAT).

Peraltro, nel corso dell’esame parlamentare non sono emerse le ragioni per cui l’esclusione dall’obbligo di cessione delle aziende termali è circoscritto alle regioni a statuto speciale e alle province autonome.


 

Articolo 21
(Disposizioni concernenti RAI S.p.A.)

 

 

L’articolo 21, nel testo risultante dalle modifiche apportate al Senato, reca disposizioni concernenti l’articolazione territoriale e il riassetto industriale di RAI S.p.A. - concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo -, nonché gli oneri derivanti dalle trasmissioni in lingua tedesca e ladina nella provincia autonoma di Bolzano, finalizzate a garantire maggiore efficienza e contenimento dei costi. Inoltre, prevede la riduzione di 150 milioni di euro per il 2014 delle somme, derivanti dai canoni di abbonamento alla televisione, da riversare alla medesima concessionaria.

 

Preliminarmente si evidenzia che è necessario intervenire, piuttosto che sulla L. n. 112/2004 – recante norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI S.p.a., nonché delega al Governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione – sul D.Lgs. n. 177/2005, emanato in sua attuazione, nel quale sono confluite quasi tutte le disposizioni della legge delega: in particolare, nell’art. 45, commi 2, lett. p), e 3, e nell’art. 47 del D.Lgs. n. 177/2005 sono confluite, rispettivamente, le disposizioni dell’art. 17, commi 2, lett. p), e 3, e dell’art. 18 della L. n. 112/2004, richiamate nel testo.

Articolazione territoriale della RAI (comma 1, lett. a), b), b-bis) – capoverso 3-bis –, e comma 2)

Il comma 1, lett. a), b) e b-bis), capoverso 3-bis), nel testo risultante dalle modifiche apportate al Senato, sostituisce la disposizione in base alla quale la concessionaria del servizio pubblico doveva garantire la sua articolazione in una o più sedi nazionali, nonché in sedi in ciascuna regione e nelle province autonome di Trento e Bolzano, dotate di autonomia finanziaria e contabile, con la previsione secondo cui l’informazione pubblica deve essere garantita a livello nazionale e regionale attraverso la presenza in ciascuna regione e provincia autonoma di proprie redazioni e strutture adeguate alle specifiche produzioni[53], fatto comunque salvo il rispetto della garanzia di diffusione di trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua tedesca e ladina per la provincia autonoma di Bolzano, in lingua ladina per la provincia autonoma di Trento, in lingua francese per la regione autonoma Valle d'Aosta e in lingua slovena per la regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.

Solo le sedi che garantiscono tale diffusione, inoltre, mantengono l’autonomia finanziaria e contabile – prima, come ante ricordato, attribuita a tutte le sedi regionali e delle province autonome – in relazione all’adempimento degli obblighi di pubblico servizio. Le medesime sedi, infine, fungono anche da centro di produzione decentrato per le esigenze di promozione delle culture e degli strumenti linguistici locali.

Ai fini indicati, modifica l’art. 17 della L. n. 112/2004.

 

Al riguardo, si valuti l’opportunità di intervenire anche su altre disposizioni recate dal D.Lgs. 177/2005, che fanno riferimento alla articolazione territoriale nei termini ante indicati.

 

In particolare, si ricorda che l’art. 47, co. 3, ultimo periodo, del D.Lgs. n. 177/2005 – di contenuto identico all’art. 18, co. 3, ultimo periodo, della L. n. 112/2004 – prevede che “la ripartizione del gettito del canone dovrà essere operata con riferimento anche all’articolazione territoriale delle reti nazionali per assicurarne l’autonomia economica”.

 

In via transitoria, tuttavia, ossia nelle more della definizione di un nuovo assetto territoriale da parte di RAI S.p.A., il comma 2 prevede che le sedi regionali e delle province autonome continuano ad operare in regime di autonomia finanziaria e contabile.

 

In base alla relazione della Corte dei conti sulla gestione finanziaria della RAI S.p.A. per gli esercizi 2011 e 2012, trasmessa alle Camere l’11 febbraio 2014 (Doc. XV, n. 114), la struttura territoriale di produzione televisiva della società consta della Direzione Coordinamento Sedi Regionali, operante in Roma, dei centri di produzione di Roma, Milano, Napoli e Torino, e di 17 sedi regionali.

Oneri derivanti dalla convenzione per la trasmissione di programmi in lingua tedesca e ladina nella provincia autonoma di Bolzano (comma 1, lett. b-bis), capoverso 3-ter)

Il comma 1, lett. b-bis), capoverso 3-ter, introdotto nel corso dell’esame al Senato, concerne le spese per la sede di Bolzano derivanti dalla convenzione per le trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua ladina e tedesca.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che gli artt. 19, lett. c), e 20, della L. n. 103/1975 prevedono, per quanto qui maggiormente interessa, che la società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo effettua trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua tedesca e ladina per la provincia di Bolzano mediante convenzione aggiuntiva da stipularsi con la Presidenza del Consiglio dei Ministri[54].

La convenzione stipulata tra il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, la RAI e la provincia autonoma di Bolzano per la trasmissione di programmi radiofonici e televisivi in lingua tedesca e ladina, per gli anni 2013-2015, è stata approvata con D.P.C.M. 4 ottobre 2013.

In particolare, l’art. 1 della convenzione individua la quantità oraria di trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua ladina e tedesca che la RAI si impegna a produrre e a diffondere. La concessionaria, inoltre, si impegna costituire presso la sede RAI di Bolzano un’apposita redazione in lingua ladina dedicata all’attuazione delle iniziative oggetto della convenzione.

Ai sensi dell’art. 15, tutte le spese concernenti la convenzione, comprese quelle di registrazione, sono a carico della RAI. In base agli artt. 7 e 8, peraltro, a decorrere dal 2013 la provincia autonoma di Bolzano versa alla Rai, a titolo di copertura degli oneri riferiti alla produzione e alla diffusione delle trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua tedesca e ladina, un corrispettivo annuo pari a 20 milioni di euro[55]. In caso di inadempienza della RAI nell’espletamento del servizio, sono previste detrazioni e penalità a valere su tale corrispettivo (art. 9).

Come si evince dalla delibera della Giunta provinciale di Bolzano del 16 dicembre 2013 n. 1914, i 20 milioni di euro sono parte dei 100 milioni di euro annui con i quali la Provincia di Bolzano concorre al riequilibrio della finanza pubblica, ai sensi dell’art. 79 dello statuto speciale di autonomia emanato con D.P.R. n. 670/1972, come sostituito dall’art. 2, co. 107, lett. h), della L. n. 191/2009 (legge finanziaria 2010)[56].

 

Nel quadro descritto, il comma 1, lett. b-bis), capoverso 3-ter, dispone a livello normativo primario che la convenzione stipulata tra la società concessionaria e la provincia autonoma di Bolzano individua diritti e obblighi relativi, in particolare, a tempi e orari delle trasmissioni radiofoniche e televisive.

Inoltre, attribuisce alla provincia autonoma di Bolzano – e, dunque, non più alla RAI, come previsto dalla convenzione vigente – le spese derivanti dalla convenzione per le trasmissioni in lingua ladina e tedesca, “tenendo conto dei proventi del canone”.

Sembrerebbe opportuno chiarire il significato dell’espressione “tenendo conto dei proventi del canone”.

 

In tale contesto, fissa in 10.313.000 euro annui il tetto di spesa a valere sulle risorse, sopra indicate, di cui all’art. 79, co. 1, lett. c), del D.P.R. n. 670/1972, e dispone che gli eventuali ulteriori oneri derivanti dalla predetta convenzione rimangono esclusivamente a carico del bilancio della medesima provincia.

Infine, allo scopo di garantire la trasparenza nell’utilizzo del finanziamento pubblico provinciale, dispone che in apposito centro di costo del bilancio della RAI è data rappresentazione dei costi di esercizio per il servizio in lingua tedesca e ladina.

Considerato che le spese sono poste a carico della provincia, si potrebbe valutare l’opportunità di chiarire il riferimento ad un apposito centro di costo del bilancio della RAI.

Riassetto industriale della RAI (commi 3 e 4-bis)

Il comma 3 prevede che, a fini di riassetto industriale e di efficientamento, RAI S.p.A. può procedere alla cessione di quote della società Rai Way, garantendo comunque la continuità del servizio erogato e con modalità trasparenti e non discriminatorie da individuare con D.P.C.M., adottato su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con il Ministro dello sviluppo economico.

Per l’emanazione del D.P.C.M. non è indicato un termine.

Inoltre, il comma 4-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, svincola l’obbligo di garantire la produzione, la distribuzione e la trasmissione di programmi radiotelevisivi all'estero dalla costituzione di un’apposita società. La disposizione, dunque, sembrerebbe consentire a RAI S.p.A. di dismettere la società RAI World.

A tal fine, novella l’art. 45, co. 2, lett. e), del D.Lgs. n. 177/2005.

 

In base alla citata relazione della Corte dei conti e al Bilancio consolidato 2012, alla data del 31 dicembre 2012, le imprese controllate da RAI S.p.A. al cui capitale sociale la stessa partecipa al 100% sono le seguenti:

§  Rai Way: ha per oggetto la programmazione, lo sviluppo e la manutenzione del software e delle reti di telecomunicazione; cura la trasmissione dei canali radiotelevisivi Rai, svolge i servizi di supporto alla realizzazione dei programmi e attività di ospitalità sui propri impianti per altri "broadcasters"; svolge attività di valutazioni di impatto ambientale e altri servizi tecnici;

§  RAI World (ex NewCo Rai International): ha per oggetto la produzione, l'acquisto, totale o parziale, di programmi radiofonici e televisivi e la distribuzione dei medesimi all'estero, nell'ambito della propria missione di divulgazione della lingua e della cultura italiana nel mondo;

§  Rai Cinema: cura l’acquisizione di diritti per la trasmissione di opere cinematografiche, la produzione e distribuzione di film italiani ed europei, nonché la commercializzazione dei relativi diritti;

§  Rai Net: cura la realizzazione, la distribuzione e la commercializzazione dei prodotti interattivi e multimediali;

§  SIPRA (Rai Pubblicità dal 2013): cura la gestione della raccolta pubblicitaria.

Riduzione delle somme da riversare a RAI S.p.A. derivanti dal canone di abbonamento (comma 4)

Il comma 4 riduce di 150 milioni di euro per il 2014 le somme, derivanti dal canone di abbonamento alla televisione, da attribuire alla medesima concessionaria ai sensi dell’art. 27, co. 8, primo periodo, della L. n. 488/1999.

Come evidenziato nella scheda relativa all’art. 20 (v. ante), Rai S.p.A. è invece esclusa dalla riduzione dei costi operativi da realizzare negli anni 2014 e 2015.

 

L’art. 47 del D.Lgs. n. 177/2005 – riprendendo i contenuti dell’art. 18 della L. n. 112/2004 – disciplina il finanziamento del servizio pubblico generale radiotelevisivo, disponendo, in particolare, che entro il mese di novembre di ciascun anno, il Ministro delle comunicazioni, con proprio decreto, stabilisce l'ammontare dei canoni di abbonamento[57] in vigore dal 1° gennaio dell'anno successivo, in misura tale da consentire alla società concessionaria di coprire i costi che prevedibilmente verranno sostenuti in tale anno per adempiere gli specifici obblighi di servizio pubblico generale radiotelevisivo (co. 3)[58].

È fatto divieto alla società concessionaria di utilizzare, direttamente o indirettamente, i ricavi derivanti dal canone per finanziare attività non inerenti al servizio pubblico generale radiotelevisivo (co. 4).

Ai sensi dell’art. 27, co. 8, primo periodo, della L. 488/1999, richiamato dalla disposizione in commento, il canone di abbonamento alla televisione è attribuito per intero alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, ad eccezione della quota pari all’un per cento già spettante all’Accademia di Santa Cecilia[59].

 

Sull’argomento si ricorda che la Corte costituzionale, nel ribadire la legittimità dell’imposizione del canone radiotelevisivo, ha chiarito con la sentenza n. 284 del 2002, che lo stesso “costituisce in sostanza un’imposta di scopo, destinato come esso è, quasi per intero (a parte la modesta quota ancora assegnata all’Accademia nazionale di Santa Cecilia), alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo”.

 

Per completezza, si rammenta che sull’argomento si è avviata presso la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, nella seduta del 4 giugno 2014, l’audizione del presidente e dei componenti del consiglio di amministrazione della RAI.


 

Articolo 22
(Interventi di riduzione delle agevolazioni agricole)

 

 

L’articolo 22, al comma 1, interviene in materia di determinazione del reddito imponibile derivante dalla produzione e cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche effettuate da aziende agricole, introducendo il criterio per cui il reddito imponibile viene determinato applicando il coefficiente di redditività del 25 per cento all'ammontare dei corrispettivi delle operazioni soggette a registrazione IVA, e non più il criterio di determinazione del reddito agrario definito su base catastale[60].

Con una modifica apportata al Senato l’efficacia della disposizione, originariamente applicabile già dall’anno finanziario in corso (2014), è stata posticipata a decorrere dall’anno 2015.

Limitatamente al 2014, si applica una disciplina transitoria, prevista dal comma 1-bis, che in sostanza differenzia il regime di tassazione in base a dati livelli di produzione (KWh anno); fino ad un certo limite trova applicazione il precedente regime basato sul reddito agrario legato alla base catastale; oltre tale livello trova applicazione il coefficiente di redditività del 25% sull’ammontare dei corrispettivi riconducibile alla valorizzazione dell’energia ceduta, con esclusione della quota incentivo.

Più in dettaglio, la norma in esame novella l’articolo 1, comma 423, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006).

Il comma 423 nel testo previgente stabiliva che costituiscono attività connesse all’esercizio dell’impresa agricola, ai sensi dell'articolo 2135, terzo comma, cc. e si considerano produttive di reddito agrario, fatta salva l’opzione per la determinazione del reddito nei modi ordinari[61], la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo effettuate dagli imprenditori agricoli[62].

 

Limitatamente all’anno 2014, ai sensi del comma 1-bis introdotto al Senato, viene introdotto un regime di tassazione differenziato, in base al quale vengono mantenute come attività connesse all’esercizio dell’impresa agricola e dunque produttive di reddito agrario le seguenti attività:

§  la produzione e la cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali, sino a 2.400.000 kwh anno, e fotovoltaiche, sino a 260.000 KWh anno

Si osserva che la disciplina vigente in materia utilizza una diversa unità di misura (si veda, in particolare la Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 32/E del 2009 (vedi nota 2), che, in attuazione del comma 423 della legge n. 266/2005, considera la produzione e cessione di energia fotovoltaica da parte di imprenditori agricoli come produttiva di reddito agrario per la parte generata dai primi 200KW di potenza nominale installata. L’importo di 260.000 kwh diviso per le ore medie anno di attività degli impianti pari a circa 1.300, dà appunto 200 KW).

§  la produzione e la cessione di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo effettuate da imprenditori agricoli;

Mentre, per la produzione di energia oltre i limiti sopra indicati, il reddito delle persone fisiche, delle società semplici e degli altri soggetti che rivestono la qualifica di società agricola[63] è determinato – ai fini IRPEF e IRES - applicando il coefficiente di redditività del 25 percento limitatamente all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni soggette a registrazione agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto relativi alla componente riconducibile alla valorizzazione dell’energia ceduta, con esclusione della quota incentivo.

Il comma fa salva l’opzione per la determinazione del reddito nei modi ordinari, previa comunicazione all’ufficio – recte: all’amministrazione finanziaria.

Vengono mantenute ferme le disposizioni tributarie in materia di accisa.

 

Infine, all’ultimo periodo, si prevede che il comma in esame si applichi a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013 e di esso si tenga conto ai fini della determinazione dell'acconto delle imposte sui redditi e sull’imposta regionale sulle attività produttive dovute per il predetto periodo d'imposta.

Si osserva che sarebbe opportuno riformulare l’ultimo periodo del comma qui in esame, meglio coordinandolo con la previsione della sua efficacia limitata al solo anno 2014, disposta dal primo periodo.

 

L’articolo 22 al comma 2, modificato nel corso dell’esame al Senato, interviene in materia di IMU sui terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina prevedendo che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze siano individuati i comuni nei quali, a decorrere dall’anno di imposta 2014, si applica l’esenzione concernente i predetti terreni. Nel corso dell’esame al Senato è stata introdotta la previsione dell’esenzione dall'IMU per i terreni a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile che, in base al predetto decreto, non ricadono in zone montane o di collina. Dalle disposizioni in esame deve derivare un maggior gettito complessivo annuo non inferiore a 350 milioni di euro a decorrere dal 2014. Un decreto del Ministero dell'interno stabilirà le modalità per la compensazione del minor gettito in favore dei Comuni nei quali ricadono i terreni a proprietà collettiva (non situati nelle zone montane e di collina) esentati.

Per proprietà collettiva s'intende il diritto di proprietà pieno ed esclusivo, in capo ad una determinata comunità di persone, su beni specificamente individuati. Si tratta di forme di godimento in comune di terreni agricoli, pascoli, o boschi, di proprietà esclusiva, inalienabile, intrasmissibile della collettività, considerata quale entità separata e diversa rispetto al complesso degli aventi diritto a godere le utilità della cosa. I beni in proprietà collettiva sono caratterizzati dalla natura del soggetto al quale appartengono, che è un soggetto collettivo, senza rilevanza per l'eventuale destinazione ad uso pubblico dei beni stessi. Secondo il 6° Censimento dell’agricoltura diffuso dall’ISTAT, risultano, a luglio 2011, censite circa 2.000 proprietà collettive, attive, con superfici ad uso agricolo indivise – la SAU relativa è di circa 600.000 ettari, dei quali circa 502.000 ettari in territori di montagna. Nel complesso i soggetti interessati rappresentano lo 0,5% delle unità agricole nazionali ma gestiscono il 5% della SAU complessiva italiana [64].

 

Più in dettaglio, il comma 2 in esame novella il comma 5-bis dell’articolo 4 del D.L. n. 16/2012, prevedendo che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze adottato di concerto con i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, e dell'Interno siano individuati i comuni nei quali, a decorrere dall’anno di imposta 2014, si applica l’esenzione dall’IMU di cui alla citata lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del D.Lgs. n. 504/1992, sulla base dell’altitudine riportata nell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'ISTAT, diversificando (al Senato è stato eliminato il carattere di eventualità di tale diversificazione) tra terreni posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, iscritti nella previdenza agricola, e gli altri.

Il comma 5-bis prevedeva - nel testo previgente - che con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, possono essere individuati i comuni nei quali si applica l'esenzione di cui alla lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del D.Lgs. n. 504/1992, sulla base della altitudine riportata nell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'ISTAT, nonché, eventualmente, anche sulla base della redditività dei terreni. Si ricorda altresì che l’articolo 7, comma 1, lett. h) del citato D.Lgs. n. 504/1992 ha previsto l’esenzione per i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina delimitate ai sensi dell’articolo 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 984.

Il decreto, di natura non regolamentare, deve essere adottato entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge (comma 2-bis).

 

Si provvede altresì ad individuare le procedure per il recupero del maggior gettito, come risultante per ciascun comune a seguito dell’adozione del suddetto decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, per i comuni delle Regioni a statuto ordinario e delle Regioni Sicilia e Sardegna (secondo quanto previsto dai commi 128 e 129 dell’articolo 1 della legge n. 228/2012[65]), nonché per i comuni delle Regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano (secondo le procedura di cui al comma 17 dell'articolo 13 del D.L. n. 201/2011[66]).

 

Infine, il già citato decreto del Ministero dell'interno al quale è demandato di stabilire le modalità per la compensazione del minor gettito in favore dei Comuni nei quali ricadono terreni a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile non situati in zone montane o di collina, ai quali è riconosciuta l'esenzione IMU deve essere adottato di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge (comma 2-bis).


 

Articolo 22-bis
(Risorse destinate alle zone franche urbane)

 

 

L’articolo 22-bis, introdotto dal Senato, autorizza la spesa di 75 milioni per il 2015 e di 100 milioni per il 2016 per gli interventi in favore delle zone franche urbane di Campania, Calabria, Puglia e Sicilia, (articolo 37, comma 1, del D.L. n. 179 del 2012) delle ulteriori zone franche individuate dalla delibera CIPE n. 14 del 2009 ricadenti nelle regioni non comprese nell'obiettivo Convergenza (nell’ambito dei comuni di Cagliari, Iglesias, Quartu Sant'Elena, Campobasso, Velletri, Sora, Pescara, Ventimiglia, Massa-Carrara, Matera), nonché della zona franca del Comune di Lampedusa istituita dall'articolo 23, comma 45, del D.L. n. 98 del 2011.

 

L’articolo 37 reca disposizioni per il finanziamento di talune agevolazioni in favore delle piccole e medie imprese localizzate nelle zone franche urbane ricadenti nelle regioni dell’Obiettivo Convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia). Si trattava delle ZFU ricadenti in tali regioni già individuate dal CIPE con la delibera n. 14 del 2009 (Catania, Torre Annunziata, Napoli, Taranto, Gela, Mondragone, Andria, Crotone, Erice, Rossano, Lecce, Lamezia Terme), nonché quelle valutate ammissibili nella relazione istruttoria allegata alla stessa delibera e quelle ulteriori rivenienti da altra procedura di cui all’articolo 1, comma 342, della legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007) da definire entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione dello stesso D.L. n. 179/2012, ricadenti in tali regioni. L’articolo 1, comma 340, della legge finanziaria 2007 ha previsto l’istituzione di zone franche urbane (ZFU) e ha costituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico un apposito Fondo per il finanziamento di programmi di intervento da realizzarsi nelle ZFU. I successivi commi 341, 341-bis, 341-ter e 341-quater, definiscono le agevolazioni di cui possono beneficiare le ZFU (esenzioni IRES, IRAP, IMU, previdenziali).

Si segnala che tale regime agevolativo è stato esteso (articolo 37, comma 1-bis) anche alle aree industriali delle medesime regioni per le quali è stata già avviata una procedura di riconversione industriale, purché siano state precedentemente utilizzate per la produzione di autovetture, nonché ai comuni della provincia di Carbonia – Iglesias nell'ambito dei programmi di sviluppo e degli interventi compresi nell'Accordo di Programma ''Piano Sulcis'' (comma 4-bis).

Con decreto MISE del 10 aprile 2013 sono state definite condizioni, limiti, modalità e termini di decorrenza delle agevolazioni fiscali e contributive in favore di micro e piccole imprese localizzate nelle zone franche urbane delle regioni dell'Obiettivo «Convergenza», e con successivi decreti direttoriali sono stati emanati i relativi bandi di partecipazione alle agevolazioni.

 

Conseguentemente, le ZFU delle 4 regioni dell’Obiettivo Convergenza interessano determinate sezioni censuarie dei seguenti comuni:

§  Campania: Aversa, Benevento, Casoria, Mondragone, Napoli, Portici (centro storico), Portici (zona costiera), San Giuseppe Vesuviano e Torre Annunziata;

§  Calabria: Corigliano Calabro, Cosenza, Crotone, Lamezia Terme, Reggio Calabria, Rossano e Vibo Valentia;

§  Puglia: Andria, Barletta, Foggia, Lecce, Lucera, Manduria, Manfredonia, Molfetta, San Severo, Santeramo in Colle e Taranto

§  Sicilia: Aci Catena, Acireale, Bagheria, Barcellona Pozzo di Gotto, Castelvetrano, Catania, Enna, Erice, Gela, Giarre, Lampedusa e Linosa (inclusa ai sensi dell’art. 23, co. 45 del D.L. n. 98/2011 richiamato dalla norma in commento), Messina, Palermo (Brancaccio), Palermo (porto), Sciacca, Termini Imerese (inclusa area industriale), Trapani e Vittoria.

 

Le ulteriori zone franche individuate dalla delibera CIPE n. 14 dell'8 maggio 2009 ricadenti nelle regioni non ricomprese nell'obiettivo Convergenza destinatarie dei finanziamenti di cui al presente articolo riguardano alcune zone censuarie dei comuni di Cagliari, Iglesias, Quartu Sant'Elena, Campobasso, Velletri, Sora, Pescara, Ventimiglia, Massa-Carrara, Matera.

 

Le risorse (75 milioni per il 2015 e di 100 milioni per il 2016) saranno ripartite tra le zone franche urbane, al netto degli eventuali costi necessari per l'attuazione degli interventi, sulla base dei medesimi criteri di riparto utilizzati nell'ambito della delibera CIPE n. 14 dell'8 maggio 2009.

Tali autorizzazioni di spesa costituiscono il limite annuale per la fruizione delle agevolazioni da parte delle imprese beneficiarie.

Le regioni interessate possono destinare, a integrazione di tali risorse, proprie risorse per il finanziamento delle agevolazioni, anche rivenienti, per le zone franche dell'obiettivo Convergenza da eventuali riprogrammazioni degli interventi nell’ambito del Piano di azione coesione (comma 2).

 

Per l'attuazione degli interventi il comma 3 rinvia a quanto già disposto dal decreto del Ministro dello sviluppo economico del 10 aprile 2013, recante le condizioni, i limiti, le modalità e i termini di decorrenza e durata delle agevolazioni concesse ai sensi dell'articolo 37 del D.L. 179 del 2012.

 

Infine il comma 4 pone il finanziamento di tali interventi nelle zone franche urbane a carico della quota nazionale (e quindi non di quella destinata alle regioni) delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, relative al ciclo di programmazione 2014-2020, come individuate dall'articolo 1, comma 6, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013).

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 6, della legge di stabilità 2014 determina la dotazione aggiuntiva delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) relativamente al ciclo di programmazione 2014-2020 nella misura di 54.810 milioni.

Tuttavia la norma ne dispone l’iscrizione in bilancio nella misura dell’80 per cento (43.848 milioni), subordinando la restante quota di 10.962 milioni ad una verifica di metà periodo (da effettuare precedentemente alla predisposizione della legge di stabilità per il 2019, quindi nella primavera-estate 2018) sull’effettivo impiego delle prime risorse assegnate.

Di tali risorse, peraltro, l’articolo 1, comma 6, ne dispone l’iscrizione in bilancio nella misura di 50 milioni nel 2014, di 500 milioni nel 2015 e di 1 miliardo nel 2016. Per gli anni successivi la quota annuale sarà determinata della tabella E delle singole leggi di stabilità a valere sulla restante quota di 42.298 milioni.


 

Articolo 23
(Riordino e riduzione della spesa di aziende, istituzioni e società controllate dalle amministrazioni locali)

 

 

L'articolo conferisce al Commissario per la razionalizzazione della spesa (istituito con l'articolo 49-bis del decreto-legge n. 69 del 2013) la predisposizione entro il 31 luglio 2014 di un programma di razionalizzazione, anche ai fini di una loro valorizzazione industriale, delle aziende speciali, delle istituzioni e delle società direttamente o indirettamente controllate dalle amministrazioni locali incluse nell’elenco di cui all’articolo 1, comma 3, della legge di contabilità n. 196/2009 predisposto annualmente dall’ISTAT.

Si tratta di un elenco predisposto annualmente dall’ISTAT[67] e pubblicato in Gazzetta Ufficiale, da ultimo sulla G.U. n. 229 del 30 settembre 2013.

 

Il programma del Commissario straordinario dovrà individuare:

§  misure di riduzione e aggregazione delle municipalizzate (mediante liquidazione, fusione o incorporazione);

§  misure di incremento dell'efficienza della gestione, anche attraverso la comparazione con altri operatori che operano nello stesso ambito;

§  cessione di rami d’azienda, o anche solo di personale ad altre società, anche a capitale privato, con contestuale trasferimento di attività e servizi.

 

Vengono comunque fatte salve le disposizioni in materia di alienazione di partecipazioni previste dall’articolo 3, comma 29, della legge n. 244 del 2007 per la cessione delle partecipazioni vietate (ossia quelle in società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, come prevede il comma 27 del medesimo articolo 3)

Tale disposizione aveva previsto il termine di trentasei mesi per la cessione delle suddette partecipazioni, termine decorso il 1° gennaio 2011. Tale termine è stato poi prorogato di ulteriori dodici mesi dall’articolo 1, comma 569, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014) a decorrere dall’entrata in vigore di tale legge, venendo pertanto a scadere il 1°maggio 2014. Il medesimo comma, si rammenta, nel disporre tale proroga, ha altresì disposto che decorso il termine la partecipazione non alienata mediante procedura di evidenza pubblica cessa ad ogni effetto. Inoltre, entro i dodici mesi successivi alla cessazione, la società è tenuta a liquidare in denaro il valore della quota del socio cessato, sulla base dei criteri stabiliti dalla disciplina civilistica sui criteri di determinazione del valore delle azioni per le quali il socio esercita il diritto di recesso (art. 2437-ter, secondo comma cc.).

 

Il comma 1-bis, introdotto nel corso dell’iter al Senato, prevede che il programma di razionalizzazione approntato dal Commissario per la razionalizzazione della spesa sia reso operativo e vincolante per gli enti locali, anche ai fini di un suo inserimento nell’ambito del patto di stabilità e crescita interno, con il disegno di legge di stabilità per il 2015.

 

Nel corso dell’esame svolto al Senato in sede di conversione del decreto si è ritenuto opportuno anticipare la predisposizione del programma di razionalizzazione, inizialmente prevista per il 31 ottobre, al 31 luglio 2014 proprio per permettere l’inserimento del programma nel disegno di legge di stabilità, in quanto quest’ultimo deve essere presentato al Parlamento entro la metà di ottobre.

 

Si rammenta che nel Documento di programmazione economica e finanziaria 2014 - a p. 91 – all’interno del focus dedicato al tema della partecipazioni societarie, si legge:

"Le partecipazioni dichiarate dalle Amministrazioni Locali sono complessivamente pari a 29.583, riconducibili a 7.065 società": (….) Le 24.182 partecipazioni dirette comunicate dalle Amministrazioni Locali risultano così suddivise: 961 sono partecipazioni totalitarie (quota di possesso pari al 100 per cento); 1.032 sono partecipazioni di maggioranza (quota compresa tra il 50 per cento e il 99 per cento); 22.189 sono partecipazioni di minoranza (quota di possesso inferiore 49 per cento). Di queste, in particolare, 16.206 sono relative a una quota inferiore al 4 per cento".

 


 

Articolo 24, commi 1-2 e 3-5
(Locazioni e manutenzioni di immobili da parte
delle pubbliche amministrazioni
)

 

 

L’articolo 24 reca disposizioni in materia di contenimento della spesa per le locazioni passive e per la manutenzione degli immobili, nonché in tema di razionalizzazione degli spazi in uso alle amministrazioni pubbliche. Figurano altresì previsioni relative al deposito legale di documenti.

Le amministrazioni pubbliche alla ricerca di nuovi spazi per le loro esigenze funzionali devono considerare prioritariamente gli immobili pubblici disponibili nella banca dati dell’Agenzia del demanio.

Le amministrazioni centrali, inoltre, devono predisporre entro il 30 giugno 2015 un nuovo piano di razionalizzazione nazionale per assicurare, oltre al rispetto del parametro metri quadrati per addetto, un complessivo efficientamento della presenza territoriale in modo da garantire una riduzione, dal 2016 rispetto al 2014, di almeno il 50 per cento della spesa per locazioni e di almeno il 30 per cento degli spazi utilizzati (sono esclusi i presidi di pubblica sicurezza, di soccorso pubblico e le carceri).

La decorrenza della norma che prescrive la riduzione del 15 per cento dei canoni di locazioni delle P.A. è anticipata dal 1° gennaio 2015 al 1° luglio 2014 ed estesa alle locazioni passive delle regioni e degli enti locali.

È potenziato il ruolo di “manutentore unico” dell’Agenzia del demanio che può stipulare accordi quadro, non solo per l'individuazione degli operatori che realizzeranno gli interventi, ma anche per l'individuazione dei professionisti a cui eventualmente affidarne la progettazione.

 

In particolare, il comma 1 introduce la previsione che le indagini di mercato obbligatorie per le amministrazioni ai fini della individuazione della locazione passiva più vantaggiosa, debbano essere effettuate prioritariamente consultando il sistema applicativo informatico (“P@loma”) messo a disposizione dall’Agenzia del demanio, che riporta gli immobili pubblici e privati disponibili sul mercato offerti in locazione. Le PA devono effettuare le loro ricerche prioritariamente fra quelli di proprietà pubblica e, successivamente, tra quelli offerti in locazione o in vendita da soggetti privati.

 

Dal sito dell’Agenzia del demanio si apprende che ad oggi sono 130 gli immobili caricati su P@loma selezionabili dalle PA, che saranno agevolate da questo sistema informativo traendone benefici in termini di efficienza ed economicità, nel rispetto della massima trasparenza.

Dunque tali amministrazioni hanno ora l'obbligo, qualora richiedano immobili per i loro fabbisogni allocativi, di svolgere le proprie indagini di mercato prioritariamente all'interno del novero di immobili in proprietà pubblica presenti sull’apposito applicativo informatico messo a disposizione dall’Agenzia del demanio.

La consultazione di tale sistema informatico, in caso di esito positivo, assolve i prescritti obblighi di legge in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni.

 

La disposizione in esame, che ha per destinatarie le amministrazioni statali incluse la Presidenza del Consiglio dei ministri e le agenzie fiscali (articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001), interviene sulla procedura da seguire in caso di ricerca di immobili da locare.

Il comma 222 della legge n. 191 del 2009 prevede che l’Agenzia del demanio, dopo aver verificato la corrispondenza dei fabbisogni comunicati con gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica:

a)  accerta l'esistenza di immobili da assegnare in uso fra quelli di proprietà dello Stato ovvero trasferiti ai fondi immobiliari pubblici;

b)  verifica la congruità del canone degli immobili di proprietà di terzi, individuati dalle predette amministrazioni tramite indagini di mercato, che devono essere effettuate prioritariamente tra gli immobili in proprietà pubblica presenti sull’apposito applicativo informatico messo a disposizione dall’Agenzia del demanio (come prescritto dalla norma in esame);

c)  rilascia il nulla osta alla stipula dei contratti di locazione, ovvero al rinnovo di quelli in scadenza.

È nullo ogni contratto di locazione stipulato dalle predette amministrazioni senza il preventivo nulla osta alla stipula dell'Agenzia del demanio, fatta eccezione per quelli stipulati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dichiarati indispensabili per la protezione degli interessi della sicurezza dello Stato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Le amministrazioni adempiono i contratti sottoscritti, effettuano il pagamento dei canoni di locazione ed assumono ogni responsabilità e onere per l'uso e la custodia degli immobili in locazione.

Con la legge di stabilità 2014 è stato specificato che le predette amministrazioni dello Stato, nell'espletamento delle indagini di mercato finalizzate all'individuazione degli immobili da assumere in locazione passiva, hanno l'obbligo di scegliere soluzioni allocative economicamente più vantaggiose per l'Erario sulla base del parametro di riferimento compreso tra 20 e 25 metri quadrati per addetto, valutando anche la possibilità di decentrare gli uffici.

Inoltre i contratti di locazione passiva delle pubbliche amministrazioni non possono essere rinnovati qualora l'Agenzia del demanio non abbia espresso il nulla osta prima di sessanta giorni dalla data entro la quale l’amministrazione interessata può esercitare la facoltà di recedere dal contratto. L'Agenzia del demanio autorizza il rinnovo di contratti di locazione, nel rispetto dell’applicazione dei prezzi medi di mercato, a condizione che non sussistano immobili demaniali disponibili. Sono nulli i contratti stipulati in violazione delle suddette norme (legge n. 147 del 2013, articolo 1, commi 387 e 388).

Per quanto riguarda le amministrazioni centrali al 1° marzo 2013 risultano 11.175 locazioni passive (il 46% degli utilizzi) che determinano una spesa complessiva pari a circa 1,4 miliardi di euro (fonte Agenzia del demanio). Il direttore dell’Agenzia del demanio, il 12 giugno 2013 in Commissione Finanze, ha affermato che l’attività svolta per il contenimento delle locazioni passive ha permesso di conseguire risparmi di 10 milioni nel 2010, 12,6 milioni nel 2011 e 15 milioni nel 2012.

 

Il comma 2, lettera a) prevede la segnalazione alla Corte dei conti da parte dell’Agenzia del demanio nel caso in cui le amministrazioni statali non si adeguino, nei tempi previsti, agli indicatori di performance individuati dall’Agenzia in termini di costo d’uso/addetto.

Si ricorda che la legge di stabilità 2014 ha previsto che, al fine di pervenire ad ulteriori risparmi di spesa, le amministrazioni centrali devono comunicare all'Agenzia del demanio i dati e le informazioni relativi ai costi per l'uso degli edifici di proprietà dello Stato e di terzi dalle stesse utilizzati. Con provvedimenti del direttore dell'Agenzia del demanio sono comunicati gli indicatori di performance elaborati dalla medesima Agenzia in termini di costo d'uso/addetto, sulla base dei dati e delle informazioni fornite dalle predette Amministrazioni dello Stato. Queste ultime, entro due anni dalla pubblicazione del relativo provvedimento nel sito internet dell'Agenzia del demanio, sono tenute ad adeguarsi ai migliori indicatori di performance ivi riportati.

La norma in esame introduce una “sanzione” (la segnalazione alla Corte dei conti) in caso di inosservanza da parte delle amministrazioni della suddetta disciplina.

 

Il comma 2, lettera b) prevede un nuovo piano di razionalizzazione nazionale per assicurare, oltre al rispetto del parametro metri quadrati per addetto, un complessivo efficientamento della presenza territoriale, attraverso:

§  l'utilizzo degli immobili pubblici disponibili o di parte di essi, anche in condivisione con altre amministrazioni pubbliche, compresi quelli di proprietà degli enti pubblici;

§  la riduzione delle locazioni passive.

I nuovi piani di razionalizzazione devono garantire per ciascuna amministrazione dal 2016 una riduzione di almeno il 50 per cento della spesa per locazioni e di almeno il 30 per cento degli spazi utilizzati. Termine di riferimento sono i valori registrati nel 2014.

Tale revisione non si applica ai presidi territoriali di pubblica sicurezza e a quelli destinati al soccorso pubblico (così integrato dal Senato), nonché agli istituti penitenziari.

La procedura prevede che i piani di razionalizzazione siano trasmessi dalle amministrazioni all’Agenzia del demanio, per la verifica della compatibilità con gli obiettivi così fissati. L'Agenzia li comunica, entro i successivi 60 giorni, al Ministero dell’economia e delle finanze. In caso di verifica positiva, l’Agenzia comunica gli stanziamenti di bilancio delle amministrazioni relativi alle locazioni passive, da ridurre per effetto dei risparmi individuati dal piano. Fino a metà dei risparmi individuati nei piano possono essere destinati (con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze) al finanziamento delle spese connesse alla realizzazione dei piani medesimi, da parte delle amministrazioni e dell'Agenzia del demanio.

In caso di verifica negativa (o di mancata presentazione del piano), il Ministero dell’economia e delle finanze, sulla base dei dati comunicati dall’Agenzia del demanio, effettua una corrispondente riduzione sui capitoli relativi alle spese correnti per l’acquisto di beni e servizi dell’amministrazione inadempiente, al fine di assicurare comunque i risparmi attesi.

Si ricorda che l’articolo 2, comma 222, della legge n. 191 del 2009 ha introdotto l’obbligo, per le amministrazioni pubbliche, di trasmettere una serie di comunicazioni all’Agenzia del demanio relativamente agli immobili da esse utilizzati, con l’obiettivo di unificare le procedure riguardanti le locazioni passive e di razionalizzare gli spazi utilizzati dalle amministrazioni. Le amministrazioni dello Stato sono quindi tenute a comunicare all’Agenzia del demanio, entro il 31 gennaio di ogni anno, la previsione triennale del loro fabbisogno di spazio e delle superfici occupate che non risultano più necessarie. Le amministrazioni comunicano annualmente all'Agenzia del demanio, a decorrere dal 1° gennaio 2013, le previsioni relative alle nuove costruzioni, la cui realizzazione sia programmata nel successivo triennio. Sulla base di tali comunicazioni, l'Agenzia elabora per ogni amministrazione un piano di razionalizzazione degli spazi, trasmettendolo alle amministrazioni interessate e al Dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze. Il piano di razionalizzazione degli spazi deve tener conto del parametro di riferimento compreso tra 20 e 25 metri quadri per addetto a cui le amministrazioni pubbliche nella gestione dei propri spazi si devono uniformare (nuovi commi 222-bis e 222-ter, articolo 2 della legge n. 191 del 2009, introdotti dal D.L. n. 95 del 2012).

 

Il comma 3 interviene sulla disciplina relativa alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili in uso alle amministrazioni statali.

La lettera a) introduce l’obbligo per le amministrazioni dello Stato di comunicare semestralmente gli interventi manutentivi effettuati direttamente (dunque non per il tramite dell’Agenzia del demanio quale 'manutentore unico'), sia sugli immobili di proprietà dello Stato in uso governativo sia su quelli di proprietà di terzi utilizzati a qualsiasi titolo.

Tale obbligo non riguarda il Ministero della difesa, il Ministero degli affari esteri, il Ministero per i beni e le attività culturali e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti relativamente a settori specifici di rispettiva competenza.

La lettera b) introduce la possibilità di revisionare in corso d’anno il piano triennale generale degli interventi manutentivi, sentiti i Provveditorati per le opere pubbliche. La revisione del piano è consentita solo in caso di sopravvenute e imprevedibili esigenze manutentive, di natura prioritaria rispetto agli interventi programmati e non ancora avviati (e non ancora affidati ad uno degli operatori con cui l'Agenzia del demanio abbia stipulato accordi quadro).

La lettera c) prevede l’ampliamento del ruolo di 'centrale di committenza' dell’Agenzia del demanio, introducendo la possibilità di stipulare accordi quadro, non solo per l’individuazione degli operatori che realizzino gli interventi, ma anche per l’individuazione dei professionisti a cui eventualmente affidarne la progettazione.

Per quanto riguarda la manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili utilizzati dalle pubbliche amministrazioni si ricorda che l'Agenzia del demanio ha il compito di gestire in maniera accentrata le relative decisioni di spesa (c.d. "manutentore unico", articolo 12, commi da 2 a 8, del D.L. n. 98 del 2011).

Dalla competenza accentrata dell'Agenzia del demanio sono esclusi gli interventi di manutenzione relativamente agli istituti penitenziari (D.L. n. 179 del 2012) e alle sedi della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Il Corpo della guardia di finanza è inoltre autorizzato, previa comunicazione all'Agenzia del demanio, all'esecuzione degli interventi specifici presso le sedi dei propri reparti. (legge di stabilità 2014, comma 390)

 

Il comma 4, lettera a) anticipa al 1° luglio 2014, il termine previsto (dall'articolo 3, comma 4 del decreto-legge n. 95 del 2012) del 1° gennaio 2015, per la riduzione del 15 per cento dei canoni di locazione passiva aventi ad oggetto immobili a uso istituzionale stipulati dalle amministrazioni.

Destinatarie della disposizione sono le "amministrazioni centrali", come individuate dall’ISTAT (ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge n. 196 del 2009), incluse le Autorità indipendenti e la Consob.

Il comma 4, lettera b) estende l’applicazione – in quanto compatibile – della disciplina volta alla riduzione del 15 per cento dei canoni per locazioni passive alle Regioni, Province, Comuni, Comunità montane e loro consorzi e associazioni e agli enti del servizio sanitario nazionale (articolo 3, commi 4, 5 e 6 del citato D.L. n. 95 del 2012).

La disciplina richiamata prevede che il rapporto di locazione può essere rinnovato solo in presenza delle seguenti condizioni:

§  disponibilità delle risorse finanziarie necessarie per il periodo di durata del contratto;

§  permanenza delle esigenze allocative, considerando a tal fine i piani di razionalizzazione di cui all’articolo 2, comma 222, della legge n. 191 del 2009.

Qualora non ricorrano le predette condizioni, i relativi contratti di locazione sono risolti alla scadenza; le amministrazioni devono individuare in tempo utile soluzioni allocative alternative economicamente più vantaggiose. Anche i nuovi contratti di locazione passiva stipulati per uso istituzionale devono avere un canone ridotto del 15 per cento rispetto a quello giudicato congruo dall’Agenzia del demanio.

Per le Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano (prima espressamente escluse, ai sensi dell'articolo 3, comma 7 del medesimo decreto-legge) è prevista la facoltà di adottare misure alternative di contenimento della spesa per locazioni, tali però da garantire lo stesso livello di risparmi determinato con riguardo agli altri soggetti sopra richiamati.

La riduzione del canone di locazione si inserisce automaticamente nei contratti in corso ai sensi dell’articolo 1339 del codice civile, il quale prevede che le clausole, i prezzi di beni o di servizi, imposti dalla legge sono di diritto inseriti nel contratto, anche in sostituzione delle clausole difformi apposte dalle parti. Viene fatto salvo il diritto di recesso del locatore.

Si ricorda che per il triennio 2012-2014 è disposto, inoltre, il blocco degli adeguamenti Istat relativamente ai canoni dovuti da tutte le amministrazioni pubbliche, incluse autorità indipendenti e Consob (articolo 3, comma 1, del D.L. n. 95 del 2012).

 

Il comma 5 contiene previsioni volte al contenimento della spesa per il deposito legale di stampati e documenti di interesse culturale destinati all’uso pubblico.

La lettera a) prevede la consegna agli istituti depositari di una sola copia di tali atti.

L'articolo 5, comma 1 della legge n. 106 del 2004, relativa al deposito legale dei documenti di interesse culturale, demanda ad un regolamento di individuare il numero di copie e i soggetti depositari. Il Regolamento recante norme in materia di deposito legale dei documenti di interesse culturale destinati all'uso pubblico è il D.P.R. n. 252 del 2006.

La lettera b) prevede che non sono soggette al deposito legale le ristampe dei documenti stampati in Italia, per l’archivio nazionale della produzione editoriale.


 

Articolo 24, commi 2-bis e 2-ter
(Recesso dalle locazioni da parte delle P.A.)

 

 

I commi 2-bis e 2-ter dell’articolo 24, introdotti nel corso dell’esame al Senato, recano norme in materia di recesso dalle locazioni da parte delle pubbliche amministrazioni.

 

Attualmente, la norma che consente alle pubbliche amministrazioni (le amministrazioni dello Stato, le regioni e gli enti locali, nonché gli organi costituzionali nell'ambito della propria autonomia) di recedere dai contratti di locazioni di immobili è l’articolo 2-bis del decreto-legge n. 120 del 2013. Il termine entro il quale è possibile recedere è fissato al 31 dicembre 2014. Il termine di preavviso è stabilito in 30 giorni.

 

Successivamente, vi sono stati numerosi tentativi di modificare la norma, in considerazione del breve periodo di preavviso ivi contenuto. Nel corso della conversione del primo decreto “Salva Roma” (D.L. n. 126 del 2013) era stato approvato in Senato un emendamento che prevedeva l’abrogazione dell’articolo 2-bis, eliminando per le P.A. la possibilità di recedere anticipatamente dai contratti di affitto. Il decreto non è stato convertito e tale abrogazione non è mai entrata in vigore.

La legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013, articolo 1, comma 389) prevede che la facoltà di recesso di cui all’articolo 2-bis non può essere esercitata nel caso di contratti locazione di immobili affittati a P.A. da parte di fondi comuni di investimento immobiliare o da parte di chi li ha acquistati dai suddetti fondi.

Il D.L. n. 151 del 2013 (c.d. “salva Roma 2”) prevedeva originariamente una modifica dell’articolo 2-bis con cui si anticipava il termine per esercitare la facoltà di recesso al 30 giugno 2014 (in luogo del 31 dicembre 2014); il termine di preavviso era portato a 180 giorni. Inoltre si eliminava la previsione contenuta nel comma 389 della legge di stabilità 2014, consentendo il recesso anticipato anche nel caso di immobili appartenuti ai fondi immobiliari. Nel corso della conversione al Senato era stato approvato un emendamento con il quale si prevedeva che le P.A. avrebbero potuto comunicare entro il 30 giugno 2014 il preavviso di recesso, che si sarebbe perfezionato decorsi 180 giorni. Anche il D.L. n. 151 del 2013 non è stato convertito.

Allo stato – come già detto - le norme vigenti sono l’articolo 2-bis del D.L. n. 120 del 2013 e il comma 389 della legge di stabilità 2014. Pertanto, le P.A. possono recedere dalle locazioni entro il 31 dicembre 2014, con un preavviso di 30 giorni. Non possono esercitare questa facoltà in caso di immobili appartenuti ai fondi di investimento immobiliare.

 

In particolare comma 2-bis, modificando il citato articolo 2-bis del D.L. n. 120 del 2013, interviene in tema di recesso dai contratti di locazione di immobili in corso.

La nuova formulazione del testo prevede per le amministrazioni pubbliche inserite annualmente dall’ISTAT nel conto economico consolidato (e quindi non più solo le amministrazioni dello Stato, le regioni e gli enti locali) e gli organi costituzionali, la facoltà di comunicare entro il 31 luglio 2014 il preavviso (ai fini del recesso) dai contratti di locazione in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.

Il recesso si perfeziona allo spirare dei sei mesi (180 giorni) successivi al preavviso, anche in deroga ad eventuali clausole contrattuali che lo limitino o lo escludano.

 

Conseguentemente, il comma 2-ter modifica il citato comma 389 della legge di stabilità 2014 sopprimendo il riferimento – ai fini dell’applicazione della norma – al comma 1 dell'articolo 2-bis del D.L. n. 120 del 2013.


 

Articolo 25
(Anticipazione obbligo fattura elettronica)

 

 

L’articolo 25, modificato al Senato, anticipa al 31 marzo 2015 l’obbligo di fatturazione elettronica per i pagamenti dovuti da tutte le pubbliche amministrazioni, inclusi gli enti locali. Nei confronti dei Ministeri, delle Agenzie fiscali e degli enti nazionali di previdenza rimane fermo il termine del 6 giugno 2014 (già scaduto) a partire dal quale non possono più essere accettate fatture emesse o trasmesse in forma cartacea. Per le restanti amministrazioni pubbliche il precedente termine del 6 giugno 2015 è anticipato al 31 marzo 2015.

La norma prevede, inoltre, che per assicurare la tracciabilità dei pagamenti non potranno essere pagate le fatture elettroniche che non riportano il Codice identificativo di gara (CIG) e il Codice unico di Progetto (CUP).

Le modifiche apportate al Senato hanno ampliato le ipotesi nelle quali è esclusa l’indicazione del CIG ed hanno introdotto il comma 2-bis, che dispone l’inserimento nei contratti di appalto, a cura della stazione appaltante, dei codici CIG e CUP, unitamente alla clausola di nullità assoluta dei medesimi contratti, qualora non sia previsto l’obbligo di tracciabilità dei flussi finanziari, integrato dal riferimento esplicito agli obblighi delle parti derivanti dall’applicazione della norma in esame.

 

Si segnala che l’articolo 42 del decreto in esame istituisce, presso ciascuna pubblica amministrazione, il registro unico delle fatture.

 

La legge finanziaria 2008 ha introdotto l’obbligo della fatturazione elettronica nei rapporti economici tra pubblica amministrazione e fornitori, in un’ottica di trasparenza, monitoraggio e rendicontazione della spesa pubblica (legge n. 244 del 2007, articolo 1, commi 209-214, come modificati dal D.L. n. 201 del 2011). La scansione temporale dell’entrata in vigore degli obblighi nei confronti delle singole amministrazioni è stata stabilita con il D.M. 3 aprile 2013, n. 55. Per i Ministeri, le Agenzie fiscali e gli enti nazionali di previdenza il divieto di accettare fatture emesse o trasmesse in forma cartacea decorre dal 6 giugno 2014. Per i restanti enti nazionali il D.M. n. 55 del 2013 indicava il termine del 6 giugno 2015 (ventiquattro mesi dall’entrata in vigore dello stesso decreto, pubblicato nella G.U. del 22 maggio 2013). Tale termine è stato anticipato al 31 marzo 2015 con la norme in esame (comma 1).

Il termine del 31 marzo 2015 è fissato anche per le amministrazioni locali. Al riguardo la norma prevede la consultazione della Conferenza unificata. Si ricorda che per le amministrazioni locali la legge 244 del 2007 (comma 214) e il D.M. n. 55 del 2013 (articolo 6, comma 3) rimandavano ad un successivo decreto il compito di definire il termine a decorrere dal quale sarebbe scattato l’obbligo di fatturazione elettronica.

 

La trasmissione delle fatture elettroniche destinate alle Amministrazioni dello Stato deve essere effettuata attraverso il Sistema di Interscambio (SdI), sistema informatico di supporto al processo di “ricezione e successivo inoltro delle fatture elettroniche alle amministrazioni destinatarie” nonché alla “gestione dei dati in forma aggregata e dei flussi informativi anche ai fini della loro integrazione nei sistemi di monitoraggio della finanza pubblica”. Le modalità di funzionamento dello SdI sono state definite con il citato D.M. 3 aprile 2013, n. 55, il quale nei suoi allegati ha definito il contenuto della fattura elettronica.

Il Sistema d’Interscambio è gestito dall’Agenzia delle Entrate. La documentazione tecnica sulla fattura elettronica, le modalità di trasmissione e i servizi di supporto e assistenza, sono disponibili su www.fatturapa.gov.it, un sito dedicato esclusivamente alla fatturazione elettronica verso le Pubbliche Amministrazioni.

Si segnala che il MEF ha reso disponibile un servizio di supporto alla fatturazione elettronica per tutte le piccole e medie imprese (PMI) abilitate al Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione (MEPA). Il servizio, accessibile dal sito http://www.acquistinretepa.it, consente di generare, trasmettere e conservare, nel formato previsto dal Sistema di interscambio gestito dall’Agenzia delle Entrate, le fatture elettroniche relative alle transazioni concluse sul MEPA, ma anche riguardanti altre operazioni.

Il Dipartimento delle finanze e il Dipartimento della funzione pubblica hanno diffuso il 31 marzo 2014 la circolare 1/DF al fine di fornire chiarimenti in tema di fatturazione elettronica.

Si segnala inoltre la circolare n. 37 del 4 novembre del 2013 della Ragioneria generale dello Stato. La circolare è diretta ai ministeri e detta disposizioni al fine di preparare tempestivamente una corretta gestione delle fatture elettroniche. Tuttavia, la circolare è di interesse generale nella misura in cui indica un percorso operativo sulla cui falsariga dovranno muoversi tutte le Amministrazioni pubbliche ricomprese nell'elenco Istat, in attuazione delle linee guida definite con il decreto ministeriale 55/13. In particolare, vengono individuati alcuni passaggi operativi indispensabili: 1) censimento degli uffici destinatari delle fatture elettroniche ed inserimento nell'Indice delle pubbliche amministrazioni (IPA) in tempo utile per garantirne l'utilizzo in sede di trasmissione delle fatture elettroniche da parte del fornitore; 2) individuazione di un referente in materia di fatturazione elettronica con il compito di coordinare i tempi e le modalità di avvio della gestione elettronica delle fatture per gli uffici amministrativo-contabili delle varie strutture centrali e periferiche; 3) raccordo con il sistema gestionale e contabile. È fondamentale che le amministrazioni garantiscano l'identificazione univoca del destinatario delle fatture secondo le regole dell'allegato D del D.M. n. 55/13. Tali codici sono, infatti, dati obbligatori della fattura elettronica e pertanto sono presupposti indispensabili per consentire al Sistema di Interscambio di recapitare correttamente la fattura agli uffici di pertinenza. Altrettanto importanti, ai fini della dematerializzazione del ciclo passivo, saranno i campi della fattura relativi al contratto dal quale scaturisce la cessione/prestazione oggetto del documento fattura nonché l'identificativo del riferimento amministrativo-contabile utile all'amministrazione destinataria (per esempio, il capitolo di spesa o il conto economico).

Le pubbliche amministrazioni destinatarie di fatture elettroniche sono tenute ad inserire l'anagrafica dei propri Uffici competenti a riceverle nell'IPA (Indice delle Pubbliche Amministrazioni): il termine ultimo entro il quale ciascuna pubblica amministrazione deve completare il caricamento in IPA è fissato in 3 mesi prima della decorrenza dell'obbligo di fatturazione elettronica. Pertanto, per quanto riguarda le amministrazioni con decorrenza dal 6 giugno 2014, tale scadenza era collocata al 6 marzo 2014. Nel sito www.indicepa.gov.it sono pubblicati i codici univoci assegnati a ciascuno degli Uffici. Ciascuna pubblica amministrazione, una volta ottenuti dall'IPA i codici ufficio, è tenuta a darne comunicazione ai fornitori, unitamente alla relativa associazione con i contratti vigenti, che hanno obbligo di utilizzarli in sede di emissione delle fatture da inviare al Sistema di Interscambio.

 

Il comma 2, modificato al Senato, introduce obblighi di contenuto delle fatture elettroniche emesse verso le pubbliche amministrazioni, al fine di assicurare l'effettiva tracciabilità dei loro pagamenti.

 

In particolare, le fatture devono contenere anzitutto il Codice identificativo di gara (CIG). Il CIG non è riportato:

1)  per effetto delle modifiche apportate al Senato, nei casi di esclusione dello stesso indicati dalle linee guida sulla tracciabilità dei flussi finanziari ai sensi dell'articolo 3 della legge 136/2010 (Piano straordinario contro le mafie) approvate dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture con la Determinazione n. 4 del 7 luglio 2011. Ai medesimi fini dell’individuazione dei casi di esclusione dal predetto obbligo, è inserita una tabella 1 al provvedimento in esame, che elenca le singole tipologie di appalto per i quali opera l’esclusione e che è soggetta a periodico aggiornamento da parte del Ministero dell’economia e delle finanze. Tra gli appalti soggetti a esclusione dell’obbligo di riportare il CIG contemplati nella Tabella si ricordano: la fornitura di servizi di arbitrato e conciliazione, la fornitura di servizi finanziari da parte della Banca d’Italia, gli appalti relativi a sponsorizzazioni, a servizi socio-sanitari e di ricovero;

Si rileva che l’introdotta tabella 1, approvata mediante una fonte normativa primaria, risulterebbe modificabile da un atto secondario (il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze); le relative disposizioni interverrebbero, inoltre, sulla medesima materia già oggetto delle predette linee guida approvate dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture; la presenza di una pluralità di fonti, con diverso grado di forza normativa, che intervengono sulla medesima materia (individuazione dei casi esclusi dall’obbligo di indicazione del codice CIG) potrebbe ritenersi tale da generare difficoltà interpretative.

Si rileva, inoltre, che l’elenco di appalti di cui alla Tabella 1 in parte deriva dall’articolo 19 del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (decreto legislativo 163/2006) che indica i contratti di servizi esclusi dall’ambito di applicazione del medesimo codice; tuttavia, potrebbe osservarsi che la finalità di contrasto alla mafia e il connesso obbligo di tracciabilità finanziaria delle transazioni derivanti dall’esecuzione dei contratti (perseguita dalla legge 136/2010) operano con ragioni proprie e non necessariamente coincidenti rispetto alla finalità di garantire la concorrenza nel mercato degli appalti pubblici (perseguita dal codice).

2)  nei casi di esclusione dall’obbligo di tracciabilità stabiliti dalla richiamata legge n. 136/2010. In particolare, sono esclusi dalle disposizioni di tracciabilità dei flussi finanziari i pagamenti in favore di enti previdenziali, assicurativi e istituzionali, nonché quelli in favore di gestori e fornitori di pubblici servizi, ovvero quelli riguardanti tributi; si ricorda che ai fini della tracciabilità dei flussi finanziari, gli strumenti di pagamento devono riportare, in relazione a ciascuna transazione posta in essere dalla stazione appaltante e dagli altri soggetti (gli appaltatori, i subappaltatori e i subcontraenti della filiera delle imprese nonché i concessionari di finanziamenti pubblici anche europei a qualsiasi titolo interessati ai lavori, ai servizi e alle forniture pubblici), il codice identificativo di gara (CIG), attribuito dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture su richiesta della stazione appaltante.

 

Dette fatture riportano inoltre il Codice unico di Progetto (CUP), in caso siano relative a:

a.   opere pubbliche;

b.   interventi di manutenzione straordinaria;

c.   interventi finanziati da contributi comunitari;

d.   ove previsto ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 3 del 2003 in base al quale a decorrere dal 1° gennaio 2003, per la funzionalità della rete di monitoraggio degli investimenti pubblici, ogni nuovo progetto di investimento pubblico, nonché ogni progetto in corso di attuazione alla predetta data, è dotato di CUP.

 

Il comma 2-bis, introdotto al Senato, dispone l’inserimento nei contratti di appalto, a cura della stazione appaltante, dei codici CIG e CUP, unitamente alla clausola di nullità assoluta dei medesimi contratti, qualora non sia previsto l’obbligo di tracciabilità dei flussi finanziari, integrato dal riferimento esplicito agli obblighi delle parti derivanti dall’applicazione della norma in esame.

 

Il comma 3 vieta alle pubbliche amministrazioni di procedere al pagamento delle fatture elettroniche che non riportano i codici CIG e CUP ai sensi del comma 2.

 

Si rileva che non appare prevista una specifica sanzione per la violazione del divieto predetto.

 

Si ricorda che la delega fiscale (legge n. 23 del 2014) prevede che, nella riforma dell’attività dei controlli, siano espressamente previsti i metodi di pagamento sottoposti a tracciabilità e che sia potenziato l’utilizzo della fatturazione elettronica.

 

Si segnala che il 6 maggio 2014 è stata pubblicata la Direttiva 2014/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014 relativa alla fatturazione elettronica negli appalti pubblici. La direttiva prevede che la Commissione chieda al competente organismo europeo di normazione di elaborare una norma europea per il modello semantico dei dati degli elementi essenziali di una fattura elettronica («norma europea sulla fatturazione elettronica»). Il termine per il recepimento a livello nazionale è stato fissato per il 27 novembre 2018.


 

Articolo 26
(Pubblicazione telematica di avvisi e bandi)

 

 

L’articolo 26 interviene in tema di obblighi di pubblicità, relativi agli avvisi e ai bandi previsti nel Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (Decreto Legislativo 163/2006, di seguito Codice), con la soppressione dell’obbligo di pubblicazione sui quotidiani per estratto del bando o dell’avviso per l’affidamento dei contratti pubblici nei settori ordinari, sopra e sotto soglia comunitaria, nonché con la previsione dell’obbligo di pubblicazione, esclusivamente, in via telematica, di informazioni ulteriori, complementari o aggiuntive rispetto a quelle previste dal Codice, e del rimborso delle spese di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, entro il termine di sessanta giorni dall'aggiudicazione del contratto.

 

Le nuove disposizioni recate dal comma 1, lettere a) e b), dell’articolo in esame modificano la disciplina sugli obblighi di pubblicità per gli avvisi e i bandi per l’affidamento dei contratti pubblici prevista nel Codice.

 

In particolare, le due lettere modificano rispettivamente, con novelle di analogo tenore, l'articolo 66, in cui si disciplinano le modalità di pubblicazione dei bandi e degli avvisi relativi a tutti i contratti nei settori ordinari di importo superiore alla soglia di rilevanza comunitaria (cd. appalti sopra soglia), e all'articolo 122, che disciplina la stessa materia relativamente ai contratti di lavori pubblici di importo inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria (cd. appalti sotto soglia).

Nel corso dell’esame al Senato è stato aggiunto il comma 1-bis, che stabilisce l’applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo a partire dal 1° gennaio 2016.

In conseguenza di tale disposizione, a decorrere dalla legge di conversione del decreto legge e fino al 31 dicembre 2015, deve ritenersi applicabile la disciplina antecedente all’entrata in vigore del decreto legge in commento di cui al comma 7 dell’articolo 66 e al comma 5 dell’articolo 122 del Codice, che però vengono novellati dal comma 1 dell’articolo in commento come si vedrà di seguito.

 

Nel corso dell’esame al Senato è stato, altresì, inserito il comma 1-ter, che fa salvi gli effetti derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, prodottisi fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

 

Entrando nell’esame specifico delle modifiche introdotte, si evidenziano le seguenti novità con l’avvertenza che, in conseguenza delle disposizioni inserite al Senato che fanno decorrere l’applicazione della nuova disciplina dal 2016, laddove si fa riferimento al testo previgente in realtà si tratta di una disciplina che risulta applicabile fino al 31 dicembre 2015.

Il comma 1, lettera a), dell’articolo in esame, che sostituisce il comma 7 dell’articolo 66 del Codice, conferma l’obbligo già previsto, per le stazioni appaltanti, di dare pubblicità a tutti gli avvisi e i bandi dei contratti nei settori ordinari di importo superiore alla soglia comunitaria:

1)  nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, entro il sesto giorno feriale successivo a quello del ricevimento della documentazione da parte dell'Ufficio inserzioni dell'Istituto poligrafico e zecca dello Stato;

2)  sul “profilo di committente” della stazione appaltante;

3)  entro i successivi due giorni lavorativi, sul sito informatico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nonché sul sito dell'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, operante nell’ambito dell'Autorità per la vigilanza dei contratti pubblici (Avcp), con l'indicazione degli estremi di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 

Come sopra anticipato, inoltre, il comma 1, lettera a) sopprime nel nuovo comma 7 dell’articolo 66, quanto invece indicava il secondo periodo del previgente comma 7, che prescriveva l’obbligo di pubblicità per gli avvisi e i bandi di gara nei settori ordinari sopra soglia comunitaria, dopo dodici giorni dalla trasmissione alla Commissione europea, ovvero dopo cinque giorni da tale trasmissione in caso di procedure d'urgenza ai sensi dell’articolo 70, comma 11, anche per estratto, su almeno due dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due a maggiore diffusione locale nel luogo di esecuzione del contratto.

In modo analogo, il comma 1, lettera b), che sostituisce il comma 5 dell’articolo 122 del Codice, non prevede più l’obbligo di pubblicità sui quotidiani, per gli avvisi e i bandi dei contratti di lavori pubblici, sotto soglia comunitaria.

 

In particolare, nel nuovo comma 5 dell’articolo 122 viene soppresso il secondo periodo del previgente comma 5, che, analogamente alla disposizione sui contratti sopra soglia, dispone la pubblicazione degli avvisi e dei bandi relativi a contratti di importo pari o superiore a cinquecentomila euro, non oltre cinque giorni lavorativi dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, per estratto, a scelta della stazione appaltante, su almeno uno dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno uno dei quotidiani a maggiore diffusione locale nel luogo di esecuzione del contratto.

 

Pertanto, nel nuovo comma 5 dell’articolo 122 sono confermati i seguenti obblighi sulla pubblicità degli avvisi e dei bandi relativi ai contratti di lavori pubblici sotto soglia:

1)  i bandi di importo pari o superiore a cinquecentomila euro devono essere pubblicati nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, entro sei giorni feriali dal ricevimento della documentazione da parte dell'Ufficio inserzioni dell'Istituto poligrafico e zecca dello Stato, sul “profilo di committente” della stazione appaltante, e, entro i successivi due giorni lavorativi, sul sito informatico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dell'Osservatorio dei contratti pubblici, con l'indicazione degli estremi di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana;

2)  i bandi di importo inferiore a cinquecentomila euro devono essere pubblicati nell'albo pretorio del Comune in cui si eseguono i lavori e sul “profilo di committente” della stazione appaltante, anziché nell'albo della stazione appaltante come previsto nel testo previgente. Si prevede, inoltre, che gli effetti giuridici connessi alla pubblicazione decorrono dalla pubblicazione nell’albo pretorio del Comune;

3)  l’applicazione, comunque, di quanto previsto dall’articolo 66, comma 15, del Codice, che consente alle stazioni appaltanti di prevedere forme aggiuntive di pubblicità diverse da quelle obbligatorie e di pubblicare avvisi o bandi concernenti appalti pubblici non soggetti agli obblighi di pubblicazione.

 

Si precisa che l’articolo 122 non interviene riguardo agli obblighi di pubblicità degli appalti di servizi e forniture sotto soglia, disciplinati dall'articolo 124, comma 5, del Codice dei contratti, in quanto non è prevista l’obbligatorietà della pubblicità dei bandi sui quotidiani nazionali e locali.

 

Il comma 1, lettere a) e b), dell’articolo in esame introduce, inoltre, nell’ultimo periodo, rispettivamente, del nuovo comma 7 dell'articolo 66 e del nuovo comma 5 dell'articolo 122, l’obbligo di pubblicazione, esclusivamente, per via telematica, delle informazioni ulteriori, complementari o aggiuntive rispetto a quelle indicate nel Codice dei contratti e nell’Allegato IX A, che riporta nel dettaglio le informazioni che devono figurare nei bandi e negli avvisi di appalti pubblici. Si prevede espressamente che tale procedura non può comportare oneri finanziari a carico delle stazioni appaltanti.

 

Da ultimo, il comma 1, lettere a) e b), dell’articolo in esame, con l’aggiunta dei commi 7-bis e 5-bis, rispettivamente, agli articoli 66 e 122 del Codice, introduce l'obbligo a carico dell'aggiudicatario del rimborso alla stazione appaltante, entro sessanta giorni dall’aggiudicazione del contratto, delle spese per la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, degli avvisi, dei bandi di gara e delle informazioni di cui all'Allegato IX A.

 

Con riferimento al rimborso dei costi per gli obblighi di pubblicità sui quotidiani merita ricordare che l’articolo 34, comma 35, del decreto-legge 179/2012, non abrogato dalle norme in commento e pienamente applicabile in considerazione del differimento al 1° gennaio 2016 del termine a decorrere dal quale la nuova disciplina si applicherà, prevede che, a partire dai bandi e dagli avvisi pubblicati successivamente al 1° gennaio 2013, le spese di pubblicazione, per estratto, su almeno due (o uno) dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due (o uno) a maggiore diffusione locale nel luogo ove si eseguono i contratti (articolo 66, comma 7, secondo periodo, ed articolo 122, comma 5, secondo periodo, del Codice soppressi dalle novelle del comma 1) sono rimborsate alla stazione appaltante dall'aggiudicatario, entro il termine di sessanta giorni dall'aggiudicazione.


 

Articolo 27
(Monitoraggio dei debiti delle pubbliche amministrazioni)

 

 

L'articolo 27 introduce nuove modalità di monitoraggio dei debiti delle pubbliche amministrazioni, dei relativi pagamenti e dell’eventuale verificarsi di ritardi rispetto ai termini fissati dalla direttiva europea, attraverso un adeguamento delle funzionalità della Piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni (comma 1); esso inoltre amplia (comma 2) il perimetro delle amministrazioni pubbliche tenute alla certificazione dei debiti non estinti, ridefinendo, di conseguenza, i soggetti cui compete la nomina degli eventuali commissari ad acta ed introducendo sanzioni a carico sia delle amministrazioni medesime che dei dirigenti responsabili nei casi di inadempimento dell’obbligo di certificazione nei tempi previsti.

 

Più in dettaglio, le misure introdotte dal comma 1 dell'articolo prevedono nuove modalità di monitoraggio dei debiti delle pubbliche amministrazioni, dei relativi pagamenti e dell’eventuale verificarsi di ritardi rispetto ai termini fissati dalla direttiva 2011/7/UE. Le novità passano attraverso la Piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni predisposta dal Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, le cui funzionalità vengono aggiornate di conseguenza.

In particolare il comma aggiunge al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35[68] un nuovo articolo 7-bis, che introduce, in attesa dell’avvio della fatturazione elettronica, la possibilità per i titolari di crediti verso le amministrazioni pubbliche[69] di comunicare i dati relativi alle fatture o richieste equivalenti di pagamento emesse a partire dal 1° luglio 2014, mediante la piattaforma elettronica (comma 1). Allo stesso modo le amministrazioni pubbliche devono comunicare le informazioni inerenti la ricezione e la rilevazione sui propri sistemi contabili delle fatture emesse a partire dal 1° luglio 2014 (comma 2). Nel corso dell’iter al Senato è stata modificata la tempistica prevista per le comunicazioni da parte delle amministrazioni pubbliche relative alle fatture inserite nella piattaforma elettronica, specificando che queste si avvieranno dal 1° luglio 2014 e che per le fatture e le richieste di pagamento equivalenti relative al primo semestre 2014 è prevista una modalità di comunicazione in forma aggregata.

È poi prevista l’acquisizione automatica delle stesse informazioni attraverso le funzionalità rese possibili dalla fatturazione elettronica (comma 3)[70]. Il comma 4 prevede per le amministrazioni pubbliche l’obbligo di comunicare entro il 15 di ogni mese le informazioni riguardanti i debiti non estinti per i quali al mese precedente sia stato superato il termine di decorrenza degli interessi moratori. Le amministrazioni pubbliche, contestualmente all’ordinazione di pagamento devono immettere sulla piattaforma elettronica i dati riferiti ad essa (comma 5). I commi 6 e 7 individuano le specifiche informazioni (natura dei debiti e codice identificativo di gara) da comunicare in funzione delle esigenze di monitoraggio e l’accessibilità o utilizzabilità delle stesse da parte delle pubbliche amministrazioni e dei creditori.

Il mancato rispetto degli obblighi previsti ai commi 4 e 5 è rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale del dirigente responsabile e, in caso di inadempienza, comportano responsabilità dirigenziali e disciplinari con le relative sanzioni previste (comma 8).

Per l’intervento informatico necessario ad attivare le funzionalità della piattaforma elettronica sopra richiamata è autorizzata la spesa di un milione di euro per l'anno 2014 (comma 9).

 

Il comma 2 interviene, modificando l'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185[71],sulla disciplina della certificazione dei crediti certi, liquidi ed esigibili relativi a somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti, nonché per prestazioni professionali, richiesta su istanza del creditore anche ai fini della cessione del credito medesimo pro soluto o pro solvendo a favore di banche o intermediari finanziari.

 

La disciplina richiamata, di cui all’articolo 9, comma 3-bis, del D.L. n. 185/2008, prevede che, su istanza del creditore di somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti, nonché per prestazioni professionali, le regioni e gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale[72] certificano, entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione dell'istanza, se il relativo credito sia certo, liquido ed esigibile, anche al fine di consentire al creditore la cessione pro soluto o pro solvendo a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente. Scaduto il termine, su nuova istanza del creditore, è nominato un Commissario ad acta[73].

L’articolo 12, comma 11-quinquies, D.L. n. 16/2012 ha esteso l’applicazione della procedura di certificazione del credito di cui al comma 3-bis anche allo Stato ed agli enti pubblici nazionali.

 

Le modifiche apportate al comma 3-bis dell'articolo 9 del D.L. n. 185 del 2008 sono volte:

a)  ad ampliare il novero delle amministrazioni tenute alla certificazione dei debiti non estinti, estendendo la disciplina a tutte le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

Ai sensi del citato decreto legislativo, per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al D.Lgs. n. 300/1999.

b)  a ridefinire, a seguito dell’estensione della disciplina della certificazione ad ulteriori amministrazioni, i soggetti cui compete la nomina dei commissari ad acta, in caso di mancata certificazione da parte dell’amministrazione debitrice nei tempi previsti (30 giorni).

In particolare, la nuova formulazione del comma 3-bis prevede che la nomina sia effettuata dall'Ufficio centrale del bilancio competente per le certificazioni di pertinenza delle amministrazioni statali centrali, degli enti pubblici nazionali nonché delle Agenzie di cui al D.Lgs. n. 300/1999; dalla Ragioneria territoriale dello Stato competente per territorio per le certificazioni di pertinenza delle altre amministrazioni;

c)  a introdurre sanzioni in caso di mancato rispetto dell’obbligo di certificazione nei tempi previsti, o di diniego non motivato di certificazione, da parte dell’amministrazione.

In particolare, per l’amministrazione inadempiente agli obblighi suddetti è previsto il divieto di procedere ad assunzioni di personale o di ricorrere all’indebitamento fino al permanere dell’inadempimento; per il dirigente è prevista l’applicazione delle medesime misure già introdotte dal D.L. n. 35/2013 (art. 7, comma 2) per i casi di mancata registrazione dell’amministrazione sulla piattaforma elettronica, vale a dire, responsabilità dirigenziale e disciplinare, ai sensi del decreto legislativo sul pubblico impiego (D.Lgs. n. 165/2001)[74], nonché l’applicazione della sanzione pecuniaria pari a 100 euro per ogni giorno di ritardo nell’adempimento;

d)  a rendere obbligatoria nella certificazione l’indicazione della data prevista di pagamento. Le certificazioni già rilasciate senza data devono pertanto essere integrate in tal senso a cura dell'amministrazione, utilizzando – come in tal senso precisato nel corso dell’ter al Senato – la piattaforma elettronica. Tale ultima disposizione è sostanzialmente rivolta agli enti territoriali soggetti al patto di stabilità interno, ai quali soltanto era finora consentita la possibilità di emissione di certificazione senza apposizione di una data prevista di pagamento.

Al riguardo, si ricorda che, ai sensi dell’articolo 7 del D.L. n. 35/2013, le amministrazioni pubbliche sono tenute a comunicare, utilizzando la piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni, l’elenco completo dei debiti certi liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012, che non risultano estinti alla data della comunicazione. Tale comunicazione, ai sensi del successivo comma 6, primo periodo, è equivalente a certificazione del credito, naturalmente per quei crediti che non siano stati già oggetto di cessione o certificazione. Il comma 6, secondo periodo, dispone che la suddetta comunicazione/certificazione dei crediti si intende rilasciata, per gli enti territoriali, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del D.M. 25 giugno 2012[75], il quale prevede che, ai fini del rispetto del patto di stabilità interno, il certificato può essere emesso senza data. Per tali certificazioni non si applica peraltro la compensazione.


 

Articolo 28
(Monitoraggio delle certificazioni dei pagamenti effettuati
dalle pubbliche amministrazioni
)

 

 

L'articolo 28 riguarda le certificazioni dei pagamenti effettuati dalle pubbliche amministrazioni (in massima parte enti locali) con le risorse trasferite dalla regione a titolo di estinzione dei debiti delle regione medesima. Il monitoraggio delle certificazioni dovrà essere effettuato dalla regione che ha estinto il debito, secondo modalità e procedure definite con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata.

 

A tal fine la norma in esame apporta modifiche all'articolo 2 del decreto legge 35/2013, che ha disciplinato il pagamento dei debiti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

Si ricorda che l'art. 2 del decreto legge 35/2013 definisce quali sono i debiti per il pagamento dei quali le regioni possono chiedere l'anticipazione di somme (commi 1 e 6), le modalità di ripartizione tra le regioni della disponibilità complessiva (comma 2), gli adempimenti cui è tenuta ciascuna regione al fine dell'attribuzione della anticipazione (comma 3), nonché gli adempimenti successivi all'erogazione della stessa (comma 5). Per la verifica degli adempimenti, è istituito un tavolo a composizione mista Stato-Regioni (comma 4).

Il comma 6 inoltre specifica che due terzi dei debiti inseriti nel piano di pagamento della regione deve avere ad oggetto residui passivi in via prioritaria di parte capitale, anche perenti, nei confronti degli enti locali. Gli enti locali, a loro volta, dovranno utilizzare le risorse ricevute in tal modo dalla regione, prioritariamente per il pagamento di debiti certi, liquidi ed esigibili maturati al 31 dicembre 2012. Il D.L. 120/2013 ha aggiunto alla norma la previsione secondo la quale, all'atto dell'estinzione da parte della Regione dei debiti elencati nel piano di pagamento nei confronti degli enti locali o di altre pubbliche amministrazioni, ciascun ente locale o amministrazione pubblica interessata provvede all'immediata estinzione dei propri debiti. Il D.L. 120/2013 aggiunge inoltre disposizioni concernenti il monitoraggio degli adempimenti degli enti locali e delle altre pubbliche amministrazione ai fini della certificazione dell'estinzione dei debiti.

In particolare la norma (comma 1, lettera b)) aggiunge un nuovo comma 6-bis che stabilisce che la certificazione e la raccolta dei dati relativi ai pagamenti effettuati dalle pubbliche amministrazioni con le risorse trasferite dalle Regioni a seguito dell’estinzione dei debiti elencati nel piano di pagamento è effettuata dalle stesse regioni.

Le modalità e la tempistica del predetto monitoraggio dovranno essere stabilite con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, da emanarsi (ai sensi del comma 2 dell'articolo in esame), sentita la Conferenza Unificata, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame.

 

A decorrere dall'entrata in vigore del suddetto decreto, la lettera a) del comma 1 dispone la soppressione del quarto e quinto periodo del comma 6 del citato art. 2 del decreto legge 35/2013, concernenti il monitoraggio degli adempimenti degli enti locali e delle altre pubbliche amministrazione ai fini della certificazione dell'estinzione dei debiti.

Il quarto e quinto periodo del comma 6 - introdotti dal comma 7, lettera c), dell'art. 2 del decreto legge 120/2013 – stabiliscono che il responsabile finanziario dell'ente locale o della pubblica amministrazione interessata è tenuto a fornire formale certificazione dell'avvenuto pagamento alla Ragioneria generale dello Stato entro 30 giorni dall'estinzione dei debiti da parte della Regione. La Ragioneria Generale dello Stato è tenuta, a sua volta, a comunicare tempestivamente le informazioni ricevute sia a ciascuna regione, sia al Tavolo istituito presso il MEF e preposto alla verifica degli adempimenti relativi alle concessioni delle anticipazioni alle regioni, ai sensi del comma 4 dell’articolo 2 del D.L. n. 35 del 2013.


 

Articolo 29
(Attribuzione di risorse per pagamenti dei debiti degli enti locali)

 

 

L'articolo 29 prevede l'attribuzione agli enti locali delle disponibilità della "Sezione enti locali" del "Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili" non erogate nelle istanze precedenti.

L'attribuzione agli enti locali delle disponibilità ancora non erogate della relativa Sezione del Fondo viene effettuata utilizzando le procedure individuate con il decreto 10 febbraio 2014 con il quale sono state ripartite le risorse aggiuntive del fondo medesimo per l’anno 2014, come previsto dal comma 9 dell'articolo 13 del D.L. n. 102/2013[76] che viene a tal fine novellato.

 

Si segnala, al riguardo, che l’articolo 33, comma 6, del decreto-legge in esame prevede una riduzione di 100 milioni di euro delle somme disponibili presso la "Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti di debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali", relative ad anticipazioni di liquidità non erogate dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. nell’anno 2013, a copertura parziale degli oneri recati dall’attribuzione di 300 milioni di euro ai comuni dissestati, disposta dal comma 1 del medesimo articolo 33 per il pagamento dei loro debiti ammessi nell’ambito della procedura di dissesto (cfr. la relativa scheda di lettura).

 

In particolare, il comma 9 dell'articolo 13 del D.L. n. 102/2013, che viene modificato dalla norma in esame, prevede l’adozione di apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze (emanato, appunto, in data 10 febbraio 2014[77]) finalizzato alla ripartizione tra le tre Sezioni del “Fondo liquidità” delle risorse aggiuntive stanziate per l’anno 2014 dal comma 8 del medesimo articolo 13 (7,2 miliardi di euro) e alla definizione dei criteri di concessione alle regioni e agli enti locali - ivi inclusi le regioni e gli enti locali che non hanno avanzato richiesta di anticipazione di liquidità a valere sul predetto Fondo per l'anno 201 - delle risorse stesse del Fondo, come rideterminate negli importi per gli anni 2013 e 2014 dal comma 1 del citato articolo 13.

 

Si ricorda che il “Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili” è stato istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, dall’articolo 1, comma 10, del D.L. 8 aprile 2013, n. 35[78] (legge n. 64/2013), al fine di assicurare alle regioni e agli enti locali la liquidità necessaria ai suddetti pagamenti di debiti maturati alla data del 31 dicembre 2012, con obbligo di restituzione. Il Fondo è distinto in tre sezioni: “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali”, gestita da Cassa depositi e prestiti[79], “Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari”, “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio Sanitario Nazionale”. Tali ultime due sezioni sono gestite direttamente dal MEF.

 

Quanto alle risorse specifiche della “Sezione enti locali del Fondo liquidità, la sua dotazione finanziaria (inizialmente stabilità dall’articolo 1, comma 10, del D.L. n. 35/2013 in 1,8 miliardi di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014) è stata rideterminata ai sensi del D.L. n. 102/2013 e del citato D.M. Economia 10 febbraio 2014[80] in 3,4 miliardi per l'anno 2013[81] e in 2,2 miliardi per l'anno 2014[82].

Per quanto concerne lo stato di attuazione delle anticipazioni concesse agli enti locali, alla data del 26 febbraio 2014[83], le anticipazioni finora erogate dalla Cassa depositi e prestiti sono state pari a 2.984 milioni di euro sui 3.411 milioni stanziati nell’apposita Sezione per il 2013 dai decreti-legge n. 35 e 102 del 2013 (di cui 2.924,8 milioni di euro per i comuni[84] e 69,6 milioni per le province[85]).

 

Per quanto concerne le procedure indicate dal decreto 10 febbraio 2014 per l'accesso da parte degli enti locali interessati alle anticipazioni a valere sulle risorse della «Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali», l’articolo 3 del citato decreto rinvia alle disposizioni recate dall'Addendum stipulato tra MEF e CDP del 12 aprile 2013[86], come appositamente integrato mediante un atto aggiuntivo da stipularsi tra il Ministero dell'economia e delle finanze e la CDP e da uno schema di contratto tipo approvati con decreto del direttore generale del Tesoro, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, e pubblicati sui siti internet del Ministero dell'economia e delle finanze e della CDP.

Si è reso pertanto necessario sottoscrivere un nuovo Atto Aggiuntivo all’Addendum già stipulato tra la CDP e il MEF a aprile 2013, per definire i criteri e le modalità di accesso ai nuovi fondi e per approvare un nuovo schema di Contratto di Anticipazione di Liquidità. Il suddetto Atto Aggiuntivo all’Addendum[87] è stato stipulato in data 30 aprile 2014, ed approvato con decreto del Direttore Generale del Tesoro.

La domanda di anticipazione da parte degli enti locali deve essere presentata, a pena di nullità, entro la data prevista dal predetto atto aggiuntivo (3 giugno 2014).

Le anticipazioni saranno concesse entro il 18 giugno 2014 e saranno restituite in rate annuali costanti con scadenza della prima rata il 31 maggio 2015 e con durata fino a un massimo di 30 anni[88]. Il tasso di interesse da applicare alle suddette anticipazioni è pari al rendimento di mercato dei buoni poliennali del tesoro a 5 anni in corso di emissione rilevato dal Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro alla data della pubblicazione del decreto del 10 febbraio 2014.


 

Articolo 30
(Debiti fuori bilancio inclusi nei piani di
riequilibrio finanziario pluriennale
)

 

 

L'articolo in esame novella il comma 10-bis dell'articolo 1 del D.L. n. 35 del 2013[89], al fine di specificare che fra i debiti fuori bilancio finanziabili mediante anticipazioni di liquidità rientrano anche quelli contenuti nel piano di riequilibrio finanziario pluriennale approvato con delibera della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti.

 

Si ricorda che il comma 10-bis dell'articolo 1 citato, inserito dall'articolo 2, comma 7, lett. b), del D.L. 15 ottobre 2013, n. 120, dispone che sono considerati anche i pagamenti dei debiti fuori bilancio - che presentavano i requisiti per il riconoscimento alla data del 31 dicembre 2012, anche se riconosciuti in bilancio in data successiva - ai fini dell'assegnazione delle anticipazioni di liquidità a valere:

§  sulle risorse finanziarie aggiuntive, pari a 7,2 miliardi di euro per il 2014, stanziate dall’articolo 13, comma 8 e 9 del D.L. n. 102 del 2013 sul Fondo anticipazioni liquidità degli enti territoriali. Successivamente, il D.M. 10 febbraio 2014 (pubblicato in G.U. del 22 febbraio 2014) - conformemente a quanto convenuto in sede di Conferenza Unificata il 6 febbraio 2014 - ha disposto il riparto del predetto importo tra le tre sezioni del Fondo nella seguente misura: 2.000 milioni di euro alla Sezione anticipazioni liquidità enti locali; 3.600 milioni di euro alla Sezione debiti non sanitari di Regioni e province autonome;1.618,6 milioni di euro alla Sezione debiti sanitari di Regioni e province autonome;

§  sulla dotazione per il 2014 della Sezione debiti non sanitari di regioni e province autonome, nonché ai fini dell'erogazione delle risorse già ripartite per il 2013 e il 2014 tra le Regioni con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 14 maggio 2013, ma non ancora erogate.

Sono inoltre considerati, ai fini dell’assegnazione delle anticipazioni di liquidità, anche i debiti fuori bilancio relativi al trasposto pubblico regionale locale, inseriti nel piano di ristrutturazione del debito di cui all'articolo 25, comma 11-quinquies del D.L. n. 69 del 2013, a condizione che i debiti siano stati riconosciuti in bilancio alla data di entrata in vigore della disposizione.

 

Si rammenta, inoltre, che la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale è disciplinata all’articolo 243-bis del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.


 

Articolo 31
(Finanziamento dei debiti degli enti locali nei confronti
delle società partecipate
)

 

 

L’articolo 31 dispone per il 2014 un incremento della dotazione della “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali enti locali" del "Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili", istituito dal comma 10 dell'articolo 1 del D.L. n. 35 del 2013, di 2.000 milioni di euro, al fine di favorire il pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2013 da parte delle società ed enti partecipati dagli enti locali.

In particolare, le norme introdotte dall’articolo in esame prevedono che tale incremento di risorse possa essere concesso agli enti locali per il pagamento dei propri debiti nei confronti delle società partecipate; tali società sono a loro volta tenute a destinare prioritariamente le risorse così ottenute all’estinzione dei loro debiti maturati alla data del 31 dicembre 2013.

 

Nel dettaglio, il comma 1 autorizza per l'anno 2014 un incremento di 2.000 milioni di euro della dotazione della "Sezione enti locali" facente parte del Fondo liquidità previsto dall'articolo 1, comma 10, del D.L. n. 35/2013, al fine di favorire il pagamento dei debiti delle società partecipate dagli enti locali. Nel corso dell’iter al Senato è stato precisato che la norma si riferisce anche ai debiti degli enti partecipati dagli enti locali.

Tale incremento, ai sensi del comma 2, può essere concesso agli enti locali per il pagamento dei propri debiti nei confronti delle società da essi stessi partecipati, ed in particolare:

a)  dei debiti certi, liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2013;

b)  i debiti per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine;

c)  dei debiti fuori bilancio che presentavano i requisiti per il riconoscimento alla data del 31 dicembre 2013, anche se riconosciuti in bilancio in data successiva, ivi inclusi quelli contenuti nel piano di riequilibrio finanziario pluriennale attivato dagli enti locali che si trovano in condizioni difficoltà finanziarie suscettibili di provocarne il dissesto, purché approvato con delibera della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti[90].

Con la norma in esame si integrano, pertanto, le risorse finora messe a disposizione degli enti locali nell’apposita Sezione del Fondo - prima con il D.L. n. 35/2013 e poi con il successivo D.L. n. 102/2013, per il pagamento dei debiti esigibili alla data del 31 dicembre 2012 – finalizzandole specificamente al pagamento dei debiti che gli enti locali medesimi hanno maturato nei confronti delle proprie società fino alla data del 31 dicembre 2013.

 

Come già ricordato (cfr. articolo 29), il Fondo istituito dall’articolo 1, comma 10, del D.L. 8 aprile 2013, n. 35 - destinato ad assicurare alle regioni e agli enti locali la liquidità necessaria per i pagamenti di debiti maturati alla data del 31 dicembre 2012, con obbligo di restituzione - è distinto in tre sezioni: “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali”, gestita da Cassa depositi e prestiti, “Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari”, “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio Sanitario Nazionale”. Tali ultime due sezioni sono gestite dal MEF.

La dotazione complessiva del Fondo - inizialmente pari a 9,3 miliardi per il 2013 e a 14,5 miliardi per il 2014 (D.L. n. 35/2013) - è stata successivamente rideterminata in 16,5 miliardi per il 2013 e in 14,5 miliardi per il 2014 dal D.L. n. 102/2013 (articolo 13).

 

Alla “Sezione enti locali sono state assegnate, complessivamente 3,4 miliardi per l'anno 2013 e 2,2 miliardi per l'anno 2014[91].

 

Quanto all’utilizzo delle suindicate risorse della “Sezione enti locali del Fondo liquidità stanziate per il 2013 dai decreti-legge n. 35 e 102 del 2013, secondo il monitoraggio effettuato dal Ministero dell’economia e delle finanze, alla data del 26 febbraio 2014[92] risultano erogate da Cassa depositi e prestiti anticipazioni per 2.984 milioni di euro, di cui 2.924,8 milioni di euro in favore dei comuni e 69,6 milioni in favore delle province. A valere su tali anticipazioni di cassa, i comuni hanno effettuato pagamenti per 2.694,8 milioni (92%) e le province per 44,3 milioni (64%).

 

Rispetto alla dotazione suindicata, si segnala che il D.L. in esame (articolo 33, comma 6) dispone una riduzione di 200 milioni di euro delle risorse della Sezione enti locali, a valere sulle risorse aggiuntive relative all’anno 2014 stanziate dall’articolo 13, comma 8, del D.L. n. 102/2013, a copertura parziale degli oneri recati dall’attribuzione di 300 milioni di euro ai comuni dissestati (articolo 33, comma 1), per il pagamento dei loro debiti ammessi nell’ambito della procedura di dissesto.

 

Si ricorda, peraltro, che per il pagamento dei debiti in conto capitale maturati al 31 dicembre 2012, gli enti locali hanno altresì potuto beneficiare di un allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno, per un importo pari a 5.000 milioni nel 2013. In particolare, i comuni hanno potuto beneficiarie di spazi finanziari per 3.831,7 milioni di euro e le province per 1.168,3 milioni.

 

I criteri, i tempi e le modalità per la concessione agli enti locali di tali risorse sono definiti con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato–città ed autonomie locali, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

La concessione dell’anticipazione è subordinata alla presentazione da parte degli enti locali di una dichiarazione attestante la verifica dei crediti e debiti reciproci nei confronti delle società partecipate, certificata dagli organi di revisione dello stesso ente locale e delle società partecipate interessate, per la parte di loro competenza (comma 3).

 

Il comma 4 dispone che le società partecipate dagli enti locali, beneficiarie dei pagamenti effettuati dagli enti locali a valere sia sulle anticipazioni di cui al presente articolo sia sulle anticipazioni autorizzate dal successivo articolo 32 – che, si ricorda, prevede un incremento della dotazione complessiva del Fondo liquidità per l’anno 2014 di 6 miliardi di euro per il pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2013, da ripartirsi tra le tre Sezioni con specifico decreto del Ministero dell’economia - sono tenute a destinare prioritariamente le risorse ottenute all'estinzione dei debiti certi, liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2013, ovvero dei debiti per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine.

Le stesse società sono altresì tenute a comunicare agli enti locali interessati gli avvenuti pagamenti, unitamente alle informazioni relative ai debiti ancora in essere, ai fini della successiva trasmissione alla Cassa depositi e prestiti S.p.A. della formale certificazione dell'avvenuto pagamento e dell'effettuazione delle relative registrazioni contabili, ai sensi dell’articolo 1, comma 14, del D.L. n. 35 del 2013.

 

I collegi sindacali delle società partecipate dagli enti locali verificano, a loro volta, le comunicazioni di cui al comma precedente, dandone atto nei propri verbali e nella relazione al bilancio di esercizio (comma 5).

 

Il comma 14 dell'articolo1 citato stabilisce che all'atto di ciascuna erogazione di risorse da parte di Cassa depositi e prestiti a valere sull’apposita “Sezione enti locali” del Fondo liquidita, gestita da CDP, gli enti locali interessati sono tenuti all'immediata estinzione dei debiti per i quali hanno richiesto l’anticipo di liquidità.

L’ente interessato è altresì tenuto a fornire a Cassa depositi formale certificazione, rilasciata dal responsabile finanziario dell’ente, ovvero da altra persona formalmente indicata dall'Ente, dell’avvenuto pagamento e dell’effettuazione delle relative registrazioni contabili.

Nell’articolo 4, comma 6, dell’Addendum stipulato dal Ministero dell’economia e da Cassa si prevede che la certificazione dell'avvenuto pagamento e dell'effettuazione delle relative registrazioni contabili deve essere fornita a Cassa entro 45 giorni dalla data di erogazione delle anticipazioni.

 

Con riferimento alla formulazione dell’articolo in esame, si segnala che mentre il comma 1, come modificato dal Senato, considera oltre ai debiti delle società partecipate anche quelli degli enti partecipati dagli stessi, i commi 2 e 3, che recano le norme procedurali per la concessione di anticipazioni agli enti locali, fanno riferimento al pagamento dei debiti che tali enti hanno soltanto nei confronti delle proprie “società partecipate” e non anche degli enti partecipati, cui pure si riferisce il comma 1. Analogamente, le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 si riferiscono soltanto alle “società partecipate” beneficiarie dei pagamenti effettuati dagli enti locali.

Al fine di prevenire possibili difficoltà nell’applicazione delle disposizioni recate dall’articolo in esame, sarebbe pertanto opportuno aggiungere anche in tali commi il riferimento agli “enti partecipati” dagli enti locali, come già operato per il comma 1 al Senato.


 

Articolo 32
(Incremento del Fondo per assicurare la liquidità
per pagamenti dei debiti
)

 

 

L’articolo 32 dispone per il 2014 un incremento della dotazione del "Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili", istituito dal comma 10 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 35 del 2013, di 6.000 milioni di euro, al fine di far fronte ai pagamenti da parte delle regioni e degli enti locali dei debiti maturati alla data del 31 dicembre 2013.

 

Più precisamente, il comma 1 destina le suddette risorse aggiuntive del Fondo al pagamento da parte delle regioni e degli enti locali:

§  dei debiti certi, liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2013, ovvero dei debiti per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine;

§  dei debiti fuori bilancio che presentavano i requisiti per il riconoscimento alla data del 31 dicembre 2013, anche se riconosciuti in bilancio in data successiva, ivi inclusi quelli contenuti nel piano di riequilibrio finanziario pluriennale attivato dagli enti locali che si trovano in condizioni difficoltà finanziarie suscettibili di provocarne il dissesto, purché approvato con delibera della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti[93].

 

Con la norma in esame si stanziano, dunque, ulteriori risorse - rispetto a quelle finora messe a disposizione delle regioni e degli enti locali, prima con il D.L. n. 35/2013 e poi con il successivo D.L. n. 102/2013, per il pagamento dei debiti certi liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2012 – per il pagamento di debiti anche più recenti, maturati dagli enti medesimi fino alla data del 31 dicembre 2013.

 

Si ricorda che il “Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili” è stato istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, dall’articolo 1, comma 10, del D.L. 8 aprile 2013, n. 35[94] (legge n. 64/2013), al fine di assicurare alle regioni e agli enti locali la liquidità necessaria ai suddetti pagamenti di debiti maturati alla data del 31 dicembre 2012, con obbligo di restituzione.

Il Fondo è distinto in tre sezioni (a cui corrispondono tre articoli del relativo capitolo di bilancio), “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali”, gestita da Cassa depositi e prestiti, “Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari”, “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio Sanitario Nazionale”. Tali ultime due sezioni sono gestite direttamente dal MEF.

La dotazione del Fondo - inizialmente pari a 9,3 miliardi per il 2013 e a 14,5 miliardi per il 2014 (D.L. n. 35/2013) - è stata successivamente rideterminata in 16,5 miliardi per il 2013 e in 7,3 miliardi per il 2014 ad opera del D.L. n. 102/2013 (articolo 13, comma 1). Il medesimo D.L. n. 102 ha altresì disposto un incremento delle risorse per il 2014, di ulteriori 7,2 miliardi di euro, finalizzati a far fronte ad ulteriori pagamenti da parte delle regioni e degli enti locali di debiti maturati alla data del 31 dicembre 2012 rispetto a quelli soddisfatti con il D.L. n. 35/2013. Il riparto di tali ulteriori risorse tra le tre Sezioni del Fondo è avvenuto con D.M. Economia 10 febbraio 2014, nei seguenti importi: 2 miliardi alla Sezione enti locali, 3,6 miliardi alla Sezione destinata ai debiti non sanitari di Regioni e province autonome e 1,6 miliardi alla Sezione debiti sanitari di Regioni e province autonome.

Le risorse complessive del Fondo – rideterminate, dunque, in 16,5 miliardi per il 2013 e in 14,5 miliardi per il 2014 dall’articolo 13 del D.L. n. 102/2013 - sono così ripartite tra le tre Sezioni del Fondo:

(milioni di euro)               

 

2013

2014

Sezione debiti enti locali

3.411,0

2.189,0

Sezione debiti regioni e province autonome diversi da quelli finanziari e sanitari

5.630,4

4.225,6

Sezione debiti Servizio Sanitario Nazionale

7.505,2

8.113,4

TOTALE

16.546,6

14.527,9

 

Si segnala, peraltro, con riferimento specifico alla “Sezione enti locali”, che il D.L. in esame ne prevede un ulteriore incremento della dotazione per l’anno 2014, di 2 miliardi di euro, specificamente destinati al pagamento dei debiti nei confronti delle società partecipate dagli enti locali medesimi (cfr. articolo 31), ed una riduzione di 200 milioni, a valere sulle risorse aggiuntive relative all’anno 2014 stanziate dall’articolo 13, comma 8, del D.L. n. 102/2013, a copertura parziale degli oneri recati dall’attribuzione di 300 milioni di euro ai comuni dissestati, per il pagamento dei loro debiti ammessi nell’ambito della procedura di dissesto (cfr. articolo 33, comma 6).

Per quanto concerne lo stato di attuazione del pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione ai soggetti creditori si rinvia al focus riportato alla fine della scheda.

La norma finalizza espressamente l’incremento di risorse a garantire il rispetto dei tempi di pagamento previsti dall'articolo 4 del decreto legislativo n. 231 del 2002, come sostituito dalla lett. d) del comma 1 dell’art. 1, D.Lgs. 9 novembre 2012, n. 192, che ha recepito nel nostro ordinamento la Direttiva 2011/7/UE (sostitutiva della precedente direttiva 2000/35/CE) relativa ai ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali concernenti contratti di fornitura di beni e servizi sia tra privati che tra privati e pubbliche amministrazioni.

Tale direttiva fissa in 30 giorni i termini ordinari per il pagamento per le transazioni commerciali in cui la parte debitrice è una pubblica amministrazione, termine prorogabile fino a 60 giorni solo in presenza di determinate condizioni.

Si segnala che talune norme attuative contenute nel D.Lgs. n. 192/2012, in particolare quelle relative alla definizione dei casi in cui è possibile saldare le fatture in 60 giorni anziché in 30, sono state oggetto di censure da parte della Commissione europea, la quale ha chiesto chiarimenti in merito ad esse, preannunciando l’eventuale avvio di una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, nell’ipotesi di insoddisfacenza dei chiarimenti forniti.

Le ragioni delle censure mosse dalla Commissione europea risiederebbero nel fatto che le norme di recepimento italiane andrebbero oltre il disposto della direttiva UE, facendo intendere che i termini di pagamento possano essere in via generale pattuiti fra le parti ed introducendo un ulteriore caso, oltre a quelli previsti dalla direttiva per un’eventuale deroga, - vale a dire “le circostanze esistenti al momento della conclusione del contratto” peraltro in una formulazione ritenuta troppo ampia. A tali censure ha cercato di ovviare l’articolo 25 del disegno di legge europea 2013-bis (A.C. 1864-A), attualmente in corso di esame presso l’Assemblea della Camera, il quale reca norme di interpretazione e modifiche alla predetta disciplina di recepimento.

 

Il comma 2 rinvia ad un apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze da adottarsi, sentita con la Conferenza Unificata, entro il 31 luglio 2014, la distribuzione dell'incremento tra le tre Sezioni del Fondo e la definizione dei criteri, dei tempi e delle modalità per la concessione alle regioni e agli enti locali delle relative risorse, ivi incluse le regioni e gli enti locali che non hanno avanzato richiesta di anticipazione di liquidità a valere sul predetto Fondo per l'anno 2013, che dovrà avvenire conformemente alle procedure di cui agli articoli 1, 2 e 3 del D.L. n. 35/2013.

 

Tale decreto, ai sensi del comma 3, determina anche l'eventuale dotazione aggiuntiva per il 2014 della “Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari”, derivante da eventuali disponibilità relative ad anticipazioni di liquidità attribuite precedentemente e non ancora erogate alla data di emanazione del decreto ministeriale medesimo, anche per eventuali verifiche negative in merito al rispetto degli adempimenti richiesti alle Regioni e Province autonome dall’articolo 2 del D.L. n. 35/2013 (lettere a), b) e c) del comma 3).

 

In base alla normativa citata, per l'erogazione delle somme del Fondo liquidità sono necessari i seguenti tre adempimenti:

a)   ciascuna regione è tenuta a predisporre misure idonee e congrue di copertura annuale del rimborso dell’anticipazione di liquidità richiesta, comprensiva degli interessi;

b)   ciascuna regione è tenuta a presentare un piano di pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili (ovvero per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento) nonché dei pagamenti in favore degli enti locali, alla data del 31 dicembre 2012; che deve comprendere gli interessi nella misura prevista dai contratti o dagli accordi tra le parti o, in mancanza dei predetti accordi, dalla legislazione vigente;

c)   deve essere sottoscritto apposito contratto tra il Ministero dell’economia e finanze - Dipartimento del Tesoro e la regione interessata, nel quale sono definite: le modalità di erogazione e di restituzione delle somme, comprensive di interessi e in un periodo non superiore a 30 anni; le modalità di recupero delle rate di ammortamento qualora la regione non vi provveda; l’applicazione di interessi moratori. Il tasso di interesse a carico della Regione è fissato il giorno della sottoscrizione prendendo come riferimento il rendimento di mercato del Buoni Poliennali del Tesoro a 5 anni in corso di emissione.

Ai fini della verifica degli adempimenti è stato istituito un tavolo a composizione mista Stato Regioni, presso il Ministero dell'economia e delle finanze coordinato dal Ragioniere generale dello Stato (art. 2, comma 4, D.L. n. 35/2013).

 

L’erogazione delle anticipazioni di liquidità a valere su questa eventuale dotazione aggiuntiva per il 2014 della “Sezione regioni” da parte del Ministero dell'economia e delle finanze è tuttavia subordinata, oltre che alla suddetta verifica positiva degli adempimenti, anche alla formale certificazione dell'avvenuto pagamento di almeno il 95 per cento dei debiti e dell'effettuazione delle relative registrazioni contabili da parte delle Regioni con riferimento alle anticipazioni di liquidità ricevute precedentemente.

 

Il comma 4, allo scopo di garantire il completo riequilibrio di cassa per il settore sanitario, consente anche alle regioni sottoposte ai piani di rientro[95] (ai sensi dell’art. 1, comma 180, della legge 311/2004), ovvero a programmi operativi di prosecuzione degli stessi (ai sensi dell’articolo 2, comma 88, della legge n. 191/2009) di poter accedere alle anticipazioni di liquidità.

L’importo massimo dell’anticipazione è quello corrispondente al valore dei gettiti derivanti dalle manovre fiscali regionali destinate nel 2013 al finanziamento del servizio sanitario regionale per il medesimo anno. Per tale finalità specifica, sono destinati 600 milioni di euro, a valere sull’incremento complessivo della dotazione del Fondo (6.000 milioni) previsto al comma 1 dell’articolo in esame.

 

I piani di rientro sono finalizzati a verificare la qualità delle prestazioni ed a raggiungere il riequilibrio dei conti dei servizi sanitari regionali. La Corte Costituzionale con la sentenza 11 aprile 2011, n. 123 ha sottolineato che “le disposizioni che prevedono accordi fra Stato e regioni per il ripiano dei disavanzi sono finalizzate al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, sono espressive di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica”.

Per le regioni con elevati disavanzi sanitari, la legge 191/2009 (legge finanziaria per il 2010), come previsto dal Patto per la salute 2010-2012 , ha stabilito nuove regole per i Piani di rientro e per il commissariamento delle regioni. Oltre a ridurre al 5% il livello di squilibrio economico (in precedenza fissato al 7%), per la presentazione del Piano di rientro regionale, viene modificata la procedura per la predisposizione e l’approvazione del Piano, nonché il procedimento di diffida della regione e della nomina di commissari ad acta. . Accertato il deficit, la regione presenta entro il 30 giugno, il Piano, di durata non superiore al triennio, elaborato con AIFA e AGENAS. Dopo l'approvazione regionale, la valutazione è compiuta dal Tavolo tecnico di monitoraggio, a cui partecipano rappresentanti dei ministeri competenti e delle regioni, e della Conferenza Stato-Regioni. Decorsi i termini previsti, il Governo valuta il Piano e lo approva. In caso di valutazione negativa lo stesso Governo nomina il Presidente della regione, commissario ad acta per gli adempimenti necessari. Ciò comporta, oltre all’applicazione delle disposizioni già vigenti, l’automatica adozione di misure restrittive e sanzionatorie verso la regione (sospensione dei trasferimenti erariali a carattere non obbligatorio, decadenza dei direttori generali, amministrativi e sanitari, incremento delle aliquote). Le regioni, già sottoposte ai Piani di rientro e già commissariate (Abruzzo, Campania, Lazio, Molise e Calabria), possono, in alternativa alla prosecuzione del piano di rientro secondo programmi operativi coerenti con gli obiettivi della gestione commissariale, presentare un nuovo Piano di rientro, che determina, con la sua approvazione, la cessazione del commissariamento (articolo 2, comma 88).

 

Il comma 5, infine, autorizza, per l’anno 2014, una spesa complessiva di 0,5 milioni di euro per il finanziamento delle attività di Cassa depositi e prestiti S.p.A., relativamente alla gestione della Sezione del Fondo liquidità destinata ad assicurare la liquidità per i pagamenti di debiti degli enti locali.

Si ricorda, infatti, che l’articolo 1, comma 11, del D.L. n. 35/2013, al fine di garantire l’immediata operatività della “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali”, dispone il trasferimento delle relative disponibilità su un apposito conto corrente acceso presso la Tesoreria centrale dello Stato, intestato al Ministero dell’economia, la cui gestione viene affidata a Cassa depositi e prestiti S.p.A., la quale viene autorizzata ad effettuare operazioni di prelevamento e versamento sul medesimo conto.


 


Lo stato di attuazione dei pagamenti dei debiti della P.A.

Il D.L. n. 35/2013 ha inteso affrontare il problema dei pagamenti dei debiti delle amministrazioni pubbliche (sia centrali che locali) maturati alla data del 31 dicembre 2012, nei confronti di imprese, cooperative e professionisti, mettendo a disposizione risorse finanziarie per un importo complessivo di circa 40 miliardi di euro (poi aumentato di ulteriori 7,2 miliardi dal D.L. n. 102/2013), da erogare negli anni 2013-2014, accordando priorità ai crediti che le imprese non hanno ceduto pro-soluto al sistema creditizio.

Per quanto concerne le amministrazioni centrali, gli interventi si sono concretizzati nella concessione per il 2013 di risorse per il pagamento dei debiti commerciali “fuori bilancio” delle amministrazioni statali, con il rifinanziamento di 500 milioni di euro per il 2013 dell’apposito fondo per il pagamento dei debiti pregressi delle amministrazioni centrali, e nell’incremento dei rimborsi fiscali nell’anno 2013.

Per quanto riguarda le amministrazioni territoriali, le misure si sono concretizzate:

§  nella concessione, per l’anno 2013, di spazi di disponibilità finanziaria nell’ambito del Patto di stabilità interno a regioni ed enti locali che disponevano di liquidità non utilizzabile a causa delle regole del Patto stesso.

In particolare, per gli enti locali, si è disposto un allentamento dei vincoli del patto per un importo complessivo di 5 miliardi di euro, finalizzato a consentire agli enti l’utilizzo di risorse proprie disponibili (avanzi di amministrazione) per il pagamento dei debiti di conto capitale esigibili alla data del 31 dicembre 2012; per le regioni e le province autonome, si è prevista l’esclusione dal computo delle spese finali rilevanti per il patto dei trasferimenti in favore degli enti locali nel limite di 1,4 miliardi di euro - a valere sui residui passivi di parte corrente purché corrispondenti a residui attivi di comuni e province – da destinare al pagamento dei debiti di conto capitale, con priorità per il pagamento di residui di parte capitale in favore degli enti locali. Per le regioni è stata, altresì disposta l’esclusione dalle spese finali rilevanti per il patto degli investimenti cofinanziati dei Fondi strutturali europei, per ulteriori 800 milioni.

§  nella concessione, per l’anno 2013 e 2014, di risorse a titolo di anticipazioni di liquidità alle regioni e agli enti locale impossibilitati a saldare i propri debiti a causa di indisponibilità di risorse.

In particolare, per gli enti locali e le regioni e per gli enti sanitari locali, è stata prevista l’istituzione nel bilancio dello Stato di un apposito Fondo con obbligo di restituzione, in un arco temporale certo e sostenibile, finalizzato ad assicurare anticipazioni di liquidità agli enti che non possono far fronte, con disponibilità proprie, al pagamento dei debiti, sia di parte corrente che in conto capitale, maturati alla data del 31 dicembre 2012. Il Fondo - inizialmente dotato di 9,3 miliardi di euro nel 2013 e 14,5 miliardi nel 2014 - è stato poi rideterminato, dall’articolo 13 del D.L. n. 102/2013, in complessivi 16,5 miliardi per il 2013 e in 14,5 miliardi per il 2014.

 

Si ricorda che il Fondo è stato distinto in tre sezioni: “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali”, gestita da Cassa depositi e prestiti, “Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari”, “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio Sanitario Nazionale”. Tali ultime due sezioni sono gestite direttamente dal MEF.

Inoltre, sono stati previsti ulteriori interventi anch’essi finalizzati ad aumentare la liquidità delle pubbliche amministrazioni, quali l’incremento delle erogazioni per i rimborsi di imposta per 2,5 miliardi nel 2013 e 4 miliardi nel 2014, l'ampliamento del limite massimo al ricorso delle anticipazioni di tesoreria da parte degli enti locali da tre a cinque dodicesimi (rispetto alle entrate correnti accertate nel penultimo anno precedente), per l’anno 2013[96], e il rifinanziamento per il 2014 dell'incentivazione statale al patto di stabilità regionalizzato verticale incentivato, per un importo di 1.272 milioni di euro.

 

Nel complesso, dunque, le risorse stanziate per il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni maturati alla data del 31 dicembre 2012 per il biennio 2013-2014 ammontano a circa 47 miliardi[97].

 

Lo stato di attuazione delle misure finanziarie previste dal D.L. n. 35/20123 – per l’accesso alle quali il D.L. 35/2013 e il D.L. n. 102/2013 hanno stabilito specifici criteri, procedure nonché una specifica tempistica - è oggetto di periodico monitoraggio da parte del Ministero dell’economia e finanze.

Sulla base dell’ultimo aggiornamento[98], alla data del 28 marzo le risorse complessivamente erogate agli enti debitori risultano pari complessivamente a 25 miliardi di euro (il 92% delle risorse stanziate).

Le stime dei pagamenti effettuati dagli enti debitori ai soggetti creditori su queste risorse sono pari a 23,5 miliardi (l'86% del totale, il 94% delle risorse erogate).

 

Con riferimento ai singoli comparti, si evidenzia:

§  per i Ministeri, rispetto allo stanziamento di 500 milioni di euro autorizzato dal D.L. n. 35/2013 sull’apposito Fondo per i debiti pregressi, l’ammontare complessivo delle somme dichiarate per debiti commerciali “fuori bilancio” è stato di circa 1.290 milioni di euro[99].

Alla data del 20 febbraio 2014 (ultimo monitoraggio pubblicato sul sito del MEF) i Ministeri risultano aver utilizzato l’intero ammontare messo a loro disposizione per il pagamento dei debiti pregressi ed aver effettuato pagamenti per circa 508 milioni di euro. Nel prospetto allegato al citato Aggiornamento del MEF, risulta, peraltro, che i Ministeri hanno provveduto ad utilizzare anche risorse interne reperite con una revisione dei loro stanziamenti di bilancio, per complessivi 180,7 milioni di euro, che si sono pertanto aggiunti al plafond di 500 milioni messo a disposizione del D.L. n. 35/2013;

§  per gli enti locali, relativamente alle anticipazioni di liquidità, si ricorda che l’importo stanziato dal D.L. n. 35/2013 per il 2013 e 2014 è stato pari a 1,8 miliardi di euro. Successivamente, come già detto, il D.L. n. 102/2013 ha rimodulato le risorse del Fondo anticipazioni liquidità, al fine di rendere disponibili subito più risorse nell’anno 2013 (rispetto al 2014), rideterminando la Sezione enti locali in 3,4 miliardi per l'anno 2013 e in 2,2 miliardi per l'anno 2014.

Per quanto concerne lo stato di attuazione delle anticipazioni concesse agli enti locali per l’anno 2013, alla data del 26 febbraio 2014[100], le anticipazioni finora erogate dalla Cassa depositi e prestiti sono state pari a 2.984 milioni di euro sui 3.411 milioni stanziati nell’apposita Sezione per il 2013 dai decreti-legge n. 35 e 102 del 2013.

In particolare, la gran parte delle anticipazioni sono state erogate ai comuni per 2.924,8 milioni di euro, a valere sulle quali i medesimi enti hanno effettuato pagamenti ai creditori per 2.694,8 milioni.

Le province, hanno ottenuto erogazioni di anticipazioni per 69,6 milioni a fronte delle quali hanno effettuato pagamenti ai creditori per 44,3 milioni.

Relativamente agli spazi finanziari concessi a valere sul patto di stabilità interno, secondo l’ultimo monitoraggio effettuato dal Ministero dell’economia e delle finanze in data 26 febbraio 2014, a valere sui 5.000 milioni di spazi finanziari concessi agli enti locali in deroga al patto di stabilità interno (di sui 1.168 milioni concessi alle province e 3.832 milioni ai comuni), risultano effettuati pagamenti complessivi di debiti in favore dei creditori per complessivi 4.234 milioni di euro.

§  per le regioni e le province autonome, relativamente alle anticipazioni di liquidità, si ricorda che sono state stanziate risorse sul Fondo anticipazioni liquidità su due Sezioni specifiche, una relativa al pagamento di debiti sanitari e l’altra al pagamento di debiti di natura diversa da quella sanitaria.

Nel complesso, per il pagamento di debiti non sanitari, sono state stanziate sulla relativa Sezione dai decreti-legge n. 35 e 102 del 2013 risorse per complessivi 5.630,4 milioni per l’anno 2013 e 4.225,6 milioni per il 2014. Per quanto concerne lo stato di attuazione delle anticipazioni concesse a valere sulle risorse del 2013, alla data del 28 marzo 2014[101], risultano erogate anticipazioni per complessivi 4.411,2 milioni di euro sui 5.630,4 milioni stanziati, a fronte dei quali risultano effettuati pagamenti per complessivi 4.084,7 milioni di euro.

Per il pagamento dei debiti sanitari, le risorse stanziate sulla relativa Sezione dal D.L. n. 35 e dal D.L. n. 102 sono pari a 7.505,2 milioni per il 2013 e a 8.113,4 milioni per il 2014. Sulla base dei dati diffusi nell’ultimo Aggiornamento diffuso dal MEF, a fronte dei complessivi 7.505,2 milioni di euro stanziati per l’anno 2013, risulta effettivamente erogato alle regioni l’importo complessivo di 6.708,2 milioni di euro, a fronte dei quali risultano effettuati pagamenti per complessivi 6.701,5 milioni.

 


 

Articolo 33
(Pagamento dei debiti dei comuni in dissesto finanziario)

 

 

L’articolo 33 consente ai comuni dissestati, che abbiano dichiarato il dissesto a far data dal 1° ottobre 2009 e sino alla data di entrata in vigore della legge n. 64 del 2013 (8 giugno 2013), di conversione del decreto-legge n. 35 del 2013, di accedere nell’anno 2014 ad una anticipazione, a valere sul Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali, da destinare all’incremento della massa attiva della gestione liquidatoria per il pagamento dei debiti ammessi nell’ambito della procedura di dissesto. L’anticipazione erogata all’ente locale viene messa a disposizione dell’organo di liquidazione entro 30 giorni; l’organo di liquidazione, a sua volta, provvederà al pagamento dei debiti ammessi entro i successivi 90 giorni. L’anticipazione è concessa nell’ambito di un tetto massimo di risorse pari a 300 milioni di euro.

 

La norma è finalizzata a sostenere la grave situazione delle imprese e degli altri soggetti creditori dei comuni dissestati.

In particolare, il comma 1 stabilisce che per il 2014 ai comuni che hanno deliberato il dissesto finanziario nel periodo che va dal 1° ottobre 2009 all’8 giugno 2013, data di entrata in vigore della legge n. 64 del 2013 di conversione del decreto-legge 35 del 2013, e che hanno aderito alla procedura semplificata di accertamento e liquidazione dei debiti, prevista dall'articolo 258 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è attribuita, previa apposita istanza dell'ente interessato, un'anticipazione fino all'importo massimo di 300 milioni di euro.

In base all’articolo 258 del TUEL, l'organo straordinario di liquidazione, valutato l'importo complessivo di tutti i debiti censiti in base alle richieste pervenute, il numero delle pratiche relative, la consistenza della documentazione allegata ed il tempo necessario per il loro definitivo esame, può proporre all'ente locale dissestato l'adozione della modalità semplificata di liquidazione. Attraverso tale procedura semplificata, l'organo straordinario di liquidazione, effettuata una sommaria delibazione sulla fondatezza del credito, può definire in via transattiva le pretese dei relativi creditori, anche periodicamente, offrendo il pagamento di una somma variabile tra il 40 ed il 60 per cento del debito, in relazione all'anzianità dello stesso, con rinuncia ad ogni altra pretesa, e con la liquidazione obbligatoria entro 30 giorni dalla conoscenza dell'accettazione della transazione. L'organo straordinario di liquidazione accantona l'importo del 50 per cento dei debiti per i quali non è stata accettata la transazione. L'accantonamento è elevato al 100 per cento per i debiti privilegiati.

Effettuati gli accantonamenti, l'organo straordinario di liquidazione provvede alla redazione del piano di estinzione. Qualora tutti i debiti siano liquidati nell'ambito della procedura semplificata e non sussistono debiti esclusi in tutto o in parte dalla massa passiva, l'organo straordinario provvede ad approvare direttamente il rendiconto della gestione della liquidazione.

 

L’anticipazione così ricevuta deve essere destinata all'incremento della massa attiva della gestione liquidatoria per il pagamento dei debiti ammessi con le modalità di cui all'anzidetto articolo 258, nei limiti dell'anticipazione erogata, entro centoventi giorni dalla disponibilità delle risorse (comma 1).

Essa viene ripartita tra gli enti richiedenti in base ad una quota pro capite determinata tenendo conto della popolazione residente, calcolata alla fine del penultimo anno precedente alla dichiarazione di dissesto secondo i dati forniti dall'Istat (comma 2), ed è concessa, nel limite di 300 milioni per l’anno 2014, con decreto non regolamentare del Ministero dell'interno, da emanarsi entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, a valere sulla dotazione del fondo di rotazione di cui all'articolo 243-ter del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico enti locali, TUEL), appositamente integrato (comma 3).

Si tratta del Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali, istituito dall’articolo 3 del decreto-legge n. 174/2012[102] per il risanamento finanziario degli enti locali che hanno deliberato la procedura di riequilibrio finanziario di cui all'articolo 243-bis del TUEL. Il Fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno (cap. 7030), presenta, ai sensi dell’articolo 4 del D.L. n. 174/2012, una dotazione di 120 milioni di euro per l'anno 2014 e di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2020. Il predetto Fondo è, altresì, alimentato dalle somme dello stesso rimborsate dagli enti locali beneficiari.

 

L'importo attribuito è erogato all'ente locale il quale è tenuto a metterlo a disposizione dell'organo straordinario di liquidazione entro 30 giorni. L'organo straordinario di liquidazione provvede al pagamento dei debiti ammessi, nei limiti dell'anticipazione erogata, entro 90 giorni dalla disponibilità delle risorse (comma 4).

L’anticipazione viene restituita in un periodo massimo di 20 anni con piano di ammortamento a rate costanti, comprensive degli interessi, a decorrere dall'anno successivo a quello in cui essa è erogata, con versamento ad appositi capitoli dello stato di previsione dell’entrata del bilancio dello Stato, salvo che per le anticipazioni a valere sui versamento in entrata di cui al successivo comma 6 (cfr. infra) pur erogate nel 2014, la cui restituzione dovrà avvenire a decorrere dal 2014.

Gli importi dei versamenti relativi alla quota capitale sono riassegnati al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato. Il tasso di interesse da applicare sarà determinato sulla base del rendimento di mercato dei Buoni poliennali del tesoro a 5 anni in corso di emissione. In caso di mancata restituzione delle rate entro i termini previsti, le somme sono recuperate a valere sulle risorse a qualunque titolo dovute dal Ministero dell'interno e saranno versate allo stato di previsione dell'entrata del bilancio dello Stato e riassegnate, per la parte capitale, al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato (comma 5).

Alla copertura degli oneri derivanti dalla concessione delle anticipazioni si provvede (comma 6):

§  quanto a 100 milioni di euro mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato delle somme disponibili presso la "Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti di debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali", nell’ambito del Fondo di cui all’articolo 1, comma 10, del più volte citato D.L. n. 35/2013, relative ad anticipazioni di liquidità, previste dall’articolo 1, comma 13, del decreto medesimo, non erogate dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. nell’anno 2013.

La Sezione in questione, come rideterminata ai sensi del D.L. n. 102/2013 e dal D.M. Economia 10 febbraio 2014, ha una dotazione di 3.411 milioni di euro per l'anno 2013 e di 2.189 milioni di euro per l'anno 2014;

§  quanto a 200 milioni di euro mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo di cui all'articolo 1, comma 10, del sopradetto D.L. n. 35/2013, come incrementate dall’articolo 13, comma 8, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, relativo alla medesima Sezione enti locali.

Si ricorda che l’articolo 13, comma 8, del D.L. n. 102 ha disposto un incremento delle risorse del Fondo liquidità per il 2014 di 7,2 miliardi di euro, finalizzati a far fronte ad ulteriori pagamenti da parte delle regioni e degli enti locali di debiti maturati alla data del 31 dicembre 2012 rispetto a quelli soddisfatti con il D.L. n. 35/2013. Il riparto di tali ulteriori risorse tra le tre Sezioni del Fondo è avvenuto con D.M. Economia 10 febbraio 2014, nei seguenti importi: 2 miliardi alla Sezione enti locali, 3,6 miliardi alla Sezione destinata ai debiti non sanitari di Regioni e province autonome e 1,6 miliardi alla Sezione debiti sanitari di Regioni e province autonome.

Infine, in ordine alla modalità applicative delle norme in esame, e, comunque, per quanto non previsto nell’articolo in esame, il comma 9 rinvia al decreto del Ministro dell'interno 11 gennaio 2013 emanato in attuazione dell'articolo 243-ter del TUEL sopra citato.

Tale decreto ha stabilito in particolare le modalità di accesso al Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali, sulle cui risorse vengono effettuate le anticipazioni disposte a norma dell’articolo 1-bis in commento. Secondo quanto disposto dall’articolo 2 di tale decreto, la disponibilità del fondo è determinata dalla dotazione annua stabilita dalla legge e dalle somme rimborsate dagli enti beneficiari, nonché delle risorse non attribuite negli anni precedenti.

Contestualmente alla nuova disciplina introdotta dall’articolo in esame, il comma 7 sopprime l’analoga disciplina già presente nell’articolo 1, comma 17-sexies, del decreto-legge n. 35/2013 inserita in tale provvedimento ad opera dell’articolo 12-bis del decreto-legge n. 69/2013[103].

Anche tale norma, infatti, destina risorse a favore dei comuni che hanno deliberato il dissesto finanziario nei ventiquattro mesi precedenti alla data di entrata in vigore del D.L. n. 35 e che hanno aderito alla procedura semplificata prevista dall'articolo 258 del TUEL previa apposita istanza dei comuni interessati, che a loro volta devono mettere tali somme a disposizione dell'organo straordinario di liquidazione, che provvede al pagamento dei debiti entro 120 giorni dalla disponibilità delle risorse.

La nuova disciplina in esame si differenzia però da quella che viene ora abrogata di cui al comma 17-sexies predetto sotto due differenti profili (nonché per altri aspetti procedurali, che qui non si dettagliano), in quanto:

§  l’importo messo a disposizione è di complessivi 300 milioni, invece dei 100 previsti nel comma 17-sexies, ed inoltre, mentre quest’ultimo non determina un nuovo corrispondente onere, in quanto tale somma viene destinata agli enti richiedenti nell’ambito delle risorse della “Sezione enti locali” del Fondo anticipazioni liquidità autorizzate dal comma 10 del predetto decreto-legge, non erogate dalla Cassa depositi e prestiti e, dunque, disponibili per gli anni 2013 e 2014, l’articolo in esame pone tali risorse a carico del Fondo di rotazione di cui all’articolo 243-ter del TUEL, riducendo contestualmente lo stanziamento stabilito per la Sezione medesima;

§  l’importo sopradetto viene destinato alla massa attiva della gestione liquidatoria per il pagamento dei debiti ammessi nell’ambito della gestione medesima, mentre il comma 17-sexies delimitava il pagamento ai debiti commerciali al 31 dicembre 2012, con l’esclusione debiti fuori bilancio non riconosciuti entro la medesima data, ai sensi dell’articolo 194 del TUEL[104].

L’esclusione dei debiti fuori bilancio non riconosciuti dal novero di quelli che possono essere estinti con l’anticipazione di liquidità risultava in linea con quanto chiarito in una apposita Nota inviata a Cassa Depositi e prestiti in data 7 maggio 2013 dal Ministero dell’economia e finanze, con la quale il Ministero ha precisato che possono essere inclusi tra i debiti oggetto dell’anticipazione di liquidità dell’apposita Sezione enti locali del Fondo anche i debiti ”fuori bilancio” purché riconosciuti, prevedendo le relative coperture finanziarie con le procedure previste dall’articolo 194 del TUEL entro il 31 dicembre 2012.

 

In relazione a tale articolo, si segnala che una disposizione di tenore analogo è contenuta all’articolo 4 del disegno di legge A.C. 2256, attualmente all’esame della Camera.


 

Articolo 34
(Pagamento dei debiti sanitari)

 

 

L'articolo 34 introduce una norma transitoria nella disciplina che prevede anticipazioni di liquidità - da parte dello Stato - in favore delle regioni e delle province autonome, per il pagamento dei debiti sanitari cumulati al 31 dicembre 2012.

In base alla modifica, si ammette che le risorse già stanziate e ripartite tra le regioni e le province autonome siano imputate, in via residuale, anche per i pagamenti dei debiti suddetti (cumulati al 31 dicembre 2012) che erano stati già effettuati nel periodo 1° gennaio 2013-8 aprile 2013 (si ricorda che l'8 aprile 2013 è stato emanato, in materia di anticipazioni di liquidità, il D.L. 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 giugno 2013, n. 64). In tal modo, come osservano la relazione illustrativa e quella tecnica allegate al disegno di legge di conversione del decreto, si consente alla regione (o alla provincia autonoma) di ripristinare le risorse di cassa, che erano state impiegate per il pagamento dei debiti suddetti. Resta fermo che, ai fini in oggetto, il pagamento deve aver riguardato debiti sanitari certi, liquidi ed esigibili (nonché, come detto, maturati entro il 2012).

Ai fini di tale estensione dell'anticipazione di liquidità, le regioni presentano istanza di accesso alla medesima, sottoscritta congiuntamente dal Presidente e dal Responsabile finanziario, entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

Si ricorda che le anticipazioni in oggetto devono essere restituite, insieme con gli interessi, secondo le modalità stabilite dal contratto sottoscritto tra il Ministero dell'economia e delle finanze-Dipartimento del Tesoro e la regione interessata e, in ogni caso, in un periodo non superiore a 30 anni[105].

 

Va ricordato che l’articolo 3 del D.L. 35/2013 ha disciplinato la concessione di anticipazioni di liquidità in favore delle regioni e delle province autonome, per il pagamento dei debiti sanitari cumulati al 31 dicembre 2012. Le anticipazioni sono ammesse per un importo massimo di 14 miliardi di euro, di cui 5 miliardi per il 2013 e 9 miliardi per il 2014. I criteri per il riparto delle risorse tra le regioni e le province autonome sono costituiti dall'ammontare degli ammortamenti non sterilizzati e dall'importo delle mancate erogazioni - per competenza e/o per cassa - delle somme dovute dalle regioni ai rispettivi Servizi sanitari.

Le anticipazioni in oggetto sono restituite, insieme con gli interessi, in un periodo non superiore a 30 anni (ai sensi del comma 5, lettera c)).


 

Articolo 35, commi 1-7
(Rispetto dei tempi di pagamento dei debiti sanitari)

 

 

L’articolo 35 accelera il processo di pagamento dei debiti sanitari con lo scopo di raggiungere l'integrale copertura finanziaria delle grandezze economico-finanziarie che sono state individuate, in ambito sanitario, quali fattori di squilibrio di cassa e che hanno formato oggetto di specifica verifica al Tavolo di degli adempimenti, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 35/2013[106]. Per il 2014, il comma 7 dell’articolo in esame incrementa le disponibilità del Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del SSN di 770 milioni di euro.

 

L’articolo 3 del decreto-legge n. 35/2013 ha previsto un’anticipazione di liquidità in favore delle regioni per il pagamento dei debiti sanitari cumulati al 31 dicembre 2012 per l’importo complessivo di 14 miliardi, di cui 5 miliardi per il 2013 e 9 miliardi per il 2014. Tali debiti traggono origine sia dai c.d. ammortamenti non sterilizzati 2001-2011, che dalla mancata erogazione per cassa alle aziende sanitarie delle somme stanziate per il finanziamento del SSN[107].

Ai sensi dell’articolo 13, comma 8, del decreto legge 102/2012 sono stati successivamente stanziati per tali finalità ulteriori 1.618 milioni. Ad essi si aggiungono gli ulteriori 770 milioni resi disponibili dal comma 7 dell’articolo in esame, al fine di garantire l’integrale copertura finanziaria delle grandezze economico-finanziarie che sono state individuate, in ambito sanitario, quali fattori di squilibrio di cassa e che hanno formato oggetto di specifica verifica al Tavolo di verifica degli adempimenti.

Con riferimento al settore sanitario, si ricorda inoltre che l’articolo 32, comma 4, del decreto in esame, permette alle regioni sottoposte ai piani di rientro (ovvero a programmi operativi di prosecuzione degli stessi) di accedere alle anticipazioni di liquidità, per il pagamento dei debiti maturati al 31 dicembre 2013[108]. Tale ammissione è concessa per un importo massimo pari a quello corrispondente al valore dei gettiti, derivanti dalle maggiorazioni fiscali regionali, destinati nel 2013 al finanziamento del servizio sanitario regionale per il medesimo anno. Sulla base della valutazione delle risorse finalizzate al settore sanitario, sono destinati allo scopo 600 milioni di euro, a valere sull’incremento della dotazione del Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili.

 

Conseguentemente, le regioni che non hanno richiesto l’accesso alle anticipazioni di liquidità per il pagamento dei debiti sanitari cumulati al 31 dicembre 2012, nei termini stabiliti e per gli importi accertati in sede di verifica, sono tenute a presentare istanza di accesso alle anticipazioni entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame. Se le regioni non provvedono, sono diffidate ad adottare, entro un termine definito, tutti gli atti necessari per trasferire tempestivamente agli enti del Servizio sanitario regionale gli importi dovuti, ovvero per acquisire le anticipazioni di liquidità fino a concorrenza degli importi richiamati. In caso di inadempienza, accertata dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti, il Consiglio dei ministri, su proposta del MEF, sentito il Ministro per gli affari regionali, nomina il Presidente della regione od altro soggetto, commissario ad acta. Il commissario adotta tutte le misure necessarie per acquisire le anticipazioni di liquidità disponibili (commi 1, 2 e 3).

Le regioni che presentano una valorizzazione degli ammortamenti non sterilizzati antecedenti all'applicazione del D.Lgs. n. 118/2011[109], ovvero che hanno effettuato investimenti in conto capitale a valere sul fondo sanitario corrente, e che non hanno richiesto l’accesso alle anticipazioni di liquidità secondo i termini e con le modalità previste dalla disciplina vigente, devono presentare istanza di accesso alle anticipazioni entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame. L’istanza deve essere corredata da una documentazione che dimostri, per le regioni, la sussistenza delle condizioni economiche-finanziarie in grado di garantire, a decorrere dal 2014, il rispetto dei tempi di pagamento. Se la regione non presenta la documentazione necessaria per dimostrare il rispetto dei tempi di pagamento a decorrere dal 2014, (ovvero qualora la documentazione non sia verificata positivamente dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti), la stessa regione è tenuta a presentare istanza di accesso alle anticipazioni entro 15 giorni dalla formalizzazione degli esiti del Tavolo tecnico. Nel caso in cui le regioni non provvedono, sono diffidate ad adottare, entro un termine definito, tutti gli atti necessari per acquisire le anticipazioni. In caso di inadempienza segue il commissariamento (commi 4 e 5).

Il comma 6 garantisce che anche le regioni che, con riferimento agli enti del Servizio sanitario regionale, non hanno partecipato alle verifiche presso il Tavolo tecnico, rispettino i tempi di pagamento dei debiti sanitari richiedendo l'accesso alle anticipazioni di liquidità. Si applicano le disposizioni di cui ai commi da 1 a 5 con una diversa determinazione delle scadenze temporali[110].

Per il 2014, il comma 7 incrementa le disponibilità del Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del SSN di 770 milioni di euro.

 

Pagamenti dei debiti degli enti del Servizio Sanitario Nazionale

Per una migliore comprensione delle disposizioni contenute nei commi 1-6 dell’articolo in esame, si fornisce una breve ricostruzione di quanto finora avvenuto in materia di pagamento dei debiti sanitari.

L’articolo 3 del decreto legge 35/2013 ha previsto:

§  un primo riparto fra le regioni, in via d’urgenza, di 5 miliardi sulla base della situazione debitoria risultante ad aprile 2013. Il termine per l’inoltro dell’istanza di accesso a tali risorse da parte delle regioni è fissato al 31 maggio 2013 (commi 2 e 4);

§  un decreto direttoriale del MEF da emanarsi entro il 30 novembre 2013, che stabilisce, sulla base delle ricognizioni delle somme effettuate dal Tavolo di verifica, il riparto definitivo, comprensivo degli importi previsti per il 2014, fino a concorrenza massima dell’importo di 14 miliardi. Il termine per l’inoltro dell’istanza è fissato al 15 dicembre 2013 (commi 3 e 4);

§  un iter procedurale ben definito per accedere all’anticipazione, secondo il quale le regioni sono tenute a (comma 5): disporre le necessarie coperture per garantire la restituzione allo Stato degli importi ricevuti; presentare un piano dei pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili, cumulati alla data del 31 dicembre 2012 e comprensivi degli interessi, con l’elenco dei fornitori che saranno pagati e i relativi importi. Nei limiti delle risorse assegnate ed in via residuale rispetto ai debiti esigibili alla data del 31.12.2012, possono essere inseriti nell’elenco anche i debiti comunque sorti entro il medesimo termine, intendendosi per tali debiti quelli per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro tale data; sottoscrivere un contratto con il MEF che definisca le modalità di erogazione delle somme e di relativa restituzione, ovvero di recupero. Nella restituzione, che avviene in un periodo di 30 anni, sono compresi interessi al tasso di rendimento di mercato dei BTP a cinque anni in corso di emissione;

§  una estinzione immediata dei debiti elencati nel piano di pagamento. Le regioni devono provvedere all’estinzione all’atto dell’erogazione dandone certificazione al Tavolo di verifica. Tale certificazione costituisce un adempimento ai fini dell’ordinario accesso delle regioni alle quote premiali del finanziamento del SSN, come previsto dalla legislazione vigente[111] (comma 6);

§  un nuovo adempimento regionale, ai fini dell’ordinario accesso delle regioni alle quote premiali del finanziamento del Servizio sanitario Nazionale, verificato dal Tavolo di verifica degli adempimenti. Esso è costituito dall’erogazione da parte della regione al proprio Servizio sanitario regionale entro la fine dell’anno di almeno il 90% delle somme che la regione incassa dallo Stato a titolo di finanziamento del Servizio sanitario Nazionale stesso, nonché delle somme che le stesse, a valere su risorse proprie, destinano al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale[112].

 

A fronte dell’anticipazione complessiva di 14 miliardi nel biennio 2013-2014, poi rideterminati in 13.850 milioni[113], sulla base delle risultanze dei CE 2001-2011 e degli SP al 31.12.2011, il Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) evidenziava - alla data del 9 aprile 2013 - debiti sanitari per 23,5 miliardi, di cui 7,3 miliardi relativi agli ammortamenti non sterilizzati e 16,2 miliardi alle somme dovute dalle regioni agli enti del SSN.

Con il decreto direttoriale del 16 aprile 2013 è stato effettuato, ai sensi del comma 2 dell’articolo 3, del decreto-legge n. 35/2012, un primo riparto dei 5 miliardi relativi al 2013.

Sulla base di quanto disposto dall’art. 1 del decreto-legge n. 72/2013[114], le risorse ripartite ma non richieste dalle regioni entro il 31 maggio 2013, sono state riassegnate, con decreto direttoriale del 2 luglio, alle regioni che ne hanno fatto richiesta entro il 30 giugno 2013, con accesso prioritario per le regioni sottoposte alla procedura di cui all’articolo 1, comma 174, della legge n. 311/2004 nei casi di disavanzi di gestione del servizio sanitario regionale.

Successivamente, il decreto-legge n. 102/2013[115] ha disposto un incremento delle risorse relative al 2013 pari a 2.505 milioni, riducendo di pari importo le risorse relative al 2014. La possibilità di accesso era subordinata alla presentazione di una richiesta entro il 15 settembre 2013 e alla verifica, da parte dei competenti Tavoli, della documentazione relativa alla copertura dell’anticipazione, dell’integrazione del piano dei pagamenti dei debiti, e del pagamento degli stessi entro il 31 dicembre (articolo 13, commi 1, 6 e 7). A valere su tale importo, alla data del 31 ottobre 2013 risultavano assegnate ed erogate alle regioni complessivi 2.491,4 milioni, interamente pagati ai creditori entro la fine dell’esercizio.

Il decreto-legge n. 102/2013 ha disposto inoltre (articolo 13, commi 8 e 9) un incremento per 7.218 milioni della dotazione complessiva del Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili, al fine di far fronte ad ulteriori pagamenti da parte delle Regioni e degli enti locali di debiti certi, liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012, ovvero dei debiti per i quali fosse stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine. Come previsto dal decreto-legge n. 102/2013, con decreto del Ministro dell’economia 10 febbraio 2014, è stata effettuata la ripartizione dell’importo tra le tre Sezioni del Fondo, assegnando al pagamento dei debiti del comparto sanitario l’importo di 1.618,6 milioni.

 

Sulla base delle ricognizioni dei debiti svolta dai Tavoli di verifica, è stata inoltre aggiornata la situazione debitoria delle regioni al 31 dicembre 2012. Come evidenziato dal Decreto direttoriale del 20 febbraio 2014, è risultato un fabbisogno di liquidità per 17,1 miliardi, coperto per 899,3 milioni con risorse proprie delle regioni. Del fabbisogno residuo, pari a 16,2 miliardi, 8,1 miliardi riguarda la competenza (di tale importo, circa 7 miliardi sono rappresentati dalle spese per ammortamenti non sterilizzati e circa 1,1 miliardi da somme iscritte in competenza nei bilanci regionali e poi andate in perenzione), mentre 8,1 miliardi riguarda la cassa (cioè carenza di liquidità a fronte di poste di entrata iscritte in bilancio in competenza/residui attivi).

In proporzione ai fabbisogni emersi dalle verifiche, il Decreto direttoriale del 20 febbraio ha proceduto ad una prima ripartizione delle risorse disponibili ex art. 3 del decreto-legge n. 35/2013 e art. 13, commi 6 e 7, del decreto-legge n. 102/2014, pari a 6.358,6 milioni. Successivamente con Decreto direttoriale del 14 marzo 2014, tenuto

conto delle richieste avanzate dalle regioni, tale importo è stato riassegnato per 5.573,3 milioni, residuando 785,3 milioni. Alcune regioni e province autonome, infatti, non hanno avanzato la richiesta di accedere alle anticipazioni (Valle d’Aosta, FVG, Provincia Autonoma di Trento, Molise) o hanno presentato richieste inferiori agli importi in precedenza ripartiti (Toscana).

E’ stata, infine, fatta una prima ripartizione delle risorse stanziate ai sensi del comma 8 dell’articolo 13 del D.L. 102/2013. Le regioni avevano tempo fino al 28 febbraio 2014 per richiedere l’assegnazione delle risorse, da ripartire entro il 31 marzo 2014. L’erogazione dell’anticipazione è stata subordinata alle condizioni di cui ai commi 5, 6 e 7 del decreto-legge n. 35/2013. Le risorse sono state richieste soltanto dal Lazio e dal Molise. Il Decreto 27 marzo 2014 del MEF ha infine assegnato al Molise 7 milioni. Al Lazio non è stata assegnata alcuna anticipazione poiché la richiesta ha fatto riferimento a somme ancora oggetto di contenzioso giudiziario e dunque non certe, liquide ed esigibili. Inoltre, il Lazio ha già avuto accesso ad un importo corrispondente alle ricognizioni effettuate in sede di verifiche dei Tavoli tecnici.

Riassumendo: A fronte dei 16.244,7 milioni di fabbisogno accertato e che alla data del 20 febbraio 2014 risultava non coperto con risorse proprie, sono stati assegnati alle regioni complessivi 13.072 milioni, di cui 7.491,4 milioni nel 2013 e 5.580,3 milioni nel 2014. Residuerebbe, pertanto, un fabbisogno di liquidità, pari a complessivi 3.173 milioni.

Le disponibilità per far fronte ai pagamenti di debiti al 31 dicembre 2012 sono pari complessivamente a circa 3.167 milioni: alle somme non ripartite con il DD del 14 marzo (785,3 milioni) si aggiungono le risorse di cui all’articolo 13, comma 8, del decreto legge 102/2013 (1.611,6 milioni, al netto dei 7 milioni già assegnati) e l’importo autorizzato dall’articolo in esame (770 milioni).

 


                                                                                                    Debiti sanitari al 31.12.2012                                                                             (migliaia di euro)

 Fabbisogno liquidità

Risorse assegnate

 

fabbisogno liquidità
(DM 20/2/2014)

fabbisogno coperto dalle regioni con
proprie fonti

Totale fabbisogno residuo (DM 20/2/2014)

Importi complessiv. assegnati nel 2013 ex D.L. 35 e D.L. 102, art 13, co 1

Importi 2014 rideterminati con
D.D. 14/3/2014

Importi complessiv. assegnati

 

1

2

3=1-2

4

5

6=4+5

Piemonte

2.856.357

0

2.856.357

1.446.703

1.409.654

2.856.357

Valle d'Aosta*

19.110

0

19.110

0

0

0

Lombardia

0

0

0

0

0

0

Bolzano*

0

0

0

0

0

0

Trento*

122.548

0

122.548

0

0

0

Veneto

1.587.480

0

1.587.480

777.231

810.249

1.587.480

FVG*

18.982

0

18.982

0

0

0

Liguria

187.299

0

187.299

147.299

40.000

187.299

Emilia Romagna

1.501.334

554.970

946.364

806.364

140.000

946.364

Toscana

964.116

0

964.116

415.355

150.000

565.355

Umbria

69.933

40.485

29.448

17.222

12.227

29.449

Marche

0

0

0

0

0

0

Lazio

3.197.694

0

3.197.694

1.497.694

1.700.000

3.197.694

Abruzzo

276.010

102.001

174.009

174.009

0

174.009

Molise

354.910

0

354.910

44.285

0

44.285

Campania

1.950.546

0

1.950.546

957.546

993.000

1.950.546

Puglia

652.926

0

652.926

334.755

318.171

652.926

Basilicata

73.175

73.175

0

0

0

0

Calabria

218.455

128.705

107.142

107.142

0

107.142

Sicilia

2.607.000

0

2.607.000

606.097

0

606.097

Sardegna*

468.740

0

468.740

159.728

0

159.728

TOTALE

17.126.615

899.336

16.244.671

7.491.431

5.573.300

13.064.731

 

 

 

 

 

non assegnati

785.269

 

 

 

 

 

 

13.850.000

Fonte: MEF, Aggiornamento al 28 marzo 2014 dello stato di attuazione del D.L. 35/2013 "sblocca debiti"; Decreti direttoriali 16 aprile e 2 luglio 2013; Decreti direttoriali 20 febbraio e 14 marzo 2014.

Con decreto del MEF 27 marzo 2014 sono stati assegnati ulteriori 7 milioni alla regione Molise a valere dell’importo di 1618, 6 milioni di cui al DM 10 febbraio 2014.

* Per tali RSS che non hanno avuto accesso all'anticipazione nel 2013, nel DD 20 febbraio 2014 si fa riferimento ai dati contenuti negli schemi contabili presenti nel NSIS alla data del 9 aprile 2013

Secondo quanto specificato dal MEF (v. sul sito del Ministero dell'economia l'aggiornamento al 28 marzo 2014 dello "sblocca debiti" ), il Tavola di verifica degli adempimenti ha verificato che per le regioni Basilicata, Lombardia e Marche, che non hanno richiesto l'accesso alle somme ex art 3 del D.L. 35/2013, non sussiste un fabbisogno di cassa e che esse sono idonee a garantire regolarità nella gestione dei pagamenti e tempestività ai sensi dell'ordinamento vigente.


 

Articolo 35, comma 8
(Impignorabilità delle somme destinate al Servizio sanitario nazionale)

 

 

Il comma 8 dell’articolo 35 modifica la disciplina sulle somme degli enti ed aziende sanitari che non possono essere oggetto di esecuzione forzata. Si ricorda che l’articolo 1, comma 5, del decreto-legge n. 9/1993[116] assicura l’impignorabilità dei fondi a destinazione vincolata essenziali ai fini dell'erogazione dei servizi sanitari essenziali[117] nonché degli importi corrispondenti agli stipendi e alle competenze spettanti al personale dipendente o convenzionato del SSN.

 

La sentenza n. 186 del 2013 della Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 51, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, che escludeva integralmente la possibilità di avviare o proseguire, fino al 31 dicembre 2013, procedure esecutive nei confronti delle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni commissariate e assoggettate a piani di rientro dai disavanzi sanitari, dichiarando, altresì, estinti di diritto i pignoramenti e le prenotazioni a debito effettuati sulle somme trasferite dalle regioni alle predette aziende.

Ad avviso della Corte, a presidio dell'esigenza di garantire l'erogazione delle funzioni essenziali connesse al Servizio sanitario nazionale vi sarebbero le previsioni di cui all'articolo 1, comma 5, del D.L. n. 9/1993, in base alla quale è assicurata la impignorabilità dei fondi a destinazione vincolata essenziali ai fini della erogazione dei servizi sanitari[118].

Tali disposizioni, tuttavia, erano già state ritenute parzialmente incostituzionali dalla stessa Corte con una precedente sentenza (n. 285 del 1995) nella parte in cui, per l'effetto della non sottoponibilità ad esecuzione forzata delle somme destinate ai fini ivi indicati, non prevedeva le condizioni che: a) l'organo di amministrazione dell'unità sanitaria locale, con deliberazione da adottare per ogni trimestre, quantificasse preventivamente gli importi delle somme innanzi destinate, b) dall'adozione della predetta delibera non fossero emessi mandati a titoli diversi da quelli vincolati, se non seguendo l'ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, in assenza di prescrizione della fattura, dalla data della deliberazione di impegno da parte dell'ente.

 

Le modifiche introdotte dal comma 8 specificano che la disciplina vigente si applica – oltre che alle aziende sanitarie locali ed agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico - anche alle aziende ospedaliere e chiariscono - in conformità al dispositivo della sentenza della Corte costituzionale n. 285 del 1995 - che l'organo amministrativo degli enti interessati, con deliberazione adottata per ogni trimestre, quantifica preventivamente le somme escluse da ogni procedura di esecuzione forzata. In secondo luogo, si prevede che tale deliberazione, contestualmente alla sua adozione, sia comunicata, mediante posta elettronica certificata, all'istituto gestore del servizio di tesoreria o di cassa e che, dalla data della comunicazione, il tesoriere sia obbligato a rendere immediatamente disponibili le somme di spettanza dell'ente o azienda indicate nella deliberazione, anche in caso di notifica di pignoramento o di pendenza di procedura esecutiva, senza necessità di previa pronuncia giurisdizionale. Inoltre - in conformità al dispositivo della sentenza della Corte costituzionale 285 del 1995 - dalla data di adozione della deliberazione, l'ente può emettere mandati esclusivamente in base ai titoli vincolati, seguendo l'ordine cronologico delle fatture o, se non è prescritta fattura, l'ordine cronologico delle date delle deliberazioni di impegno.

Si ricorda che le modifiche di cui al comma 8 sono sostanzialmente identiche a quelle di cui all'art. 1, comma 15, del decreto-legge n. 126/2013[119], decaduto per mancata conversione nei termini, nonché a quelle di cui all'art. 7 dell'A.C. n. 2256, disegno di legge già approvato dal Senato[120] e trasmesso alla Camera (in tale art. 7, peraltro, non v'è il riferimento suddetto alle aziende ospedaliere).


 

Articolo 36
(Debiti dei Ministeri)

 

 

L’articolo 36, al comma 1, prevede una spesa nel limite massimo di 250 milioni di euro nell’anno 2014, per il pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili del Ministero dell’Interno maturati alla data del 31 dicembre 2012 nei confronti delle Aziende Sanitarie Locali, ai sensi dell’articolo 3 del D.P.R. 15 gennaio 1972 n. 9.

 

La stessa norma prevede, inoltre, che le eventuali somme eccedenti, a valere sul suddetto importo, siano destinate al soddisfacimento dei debiti della medesima fattispecie maturati successivamente al 31 dicembre 2012, sempre che essi siano certi, liquidi ed esigibili.

 

Viene inoltre istituito (comma 2) nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, un fondo con una dotazione di 300 milioni per l’anno 2014, destinato all’estinzione dei debiti dei ministeri il cui pagamento “non ha effetti peggiorativi in termini di indebitamento netto”,. Le amministrazioni interessate sono tenute a comunicare l’elenco dei debiti in essere entro il 30 giugno 2014 alla Ragioneria generale dello Stato; entro il 31 luglio 2014, con apposito decreto del Ministro dell’economia si provvederà all’attribuzione delle risorse necessarie, che, qualora si rivelino insufficienti, verranno ripartite per ciascuna amministrazione in proporzione ai debiti riconoscibili.

 

Quanto alla previsione che i debiti oggetto della norma sono solo quelli che non hanno effetto sull’indebitamento netto - requisito che peraltro sulla base di quanto espone la relazione tecnica connota anche i debiti previsti dal comma 1 -,la stessa implica che si tratti di debiti il cui impatto su tale saldo sia già stato considerato nei valori di spesa assunti a consuntivo nell’anno di riferimento (secondo il criterio della competenza economica, che in questa sede non si dettaglia), rispetto ai quali la norma in esame provvede solo all’effettiva regolazione del debito relativo alle prestazioni o servizi a suo tempo resi.


 

Articolo 37
(Strumenti per favorire la cessione dei crediti certificati)

 

 

L’articolo 37 introduce strumenti volti a favorire la cessione dei crediti di parte corrente certificati da parte di pubbliche amministrazioni diverse dallo Stato. Tali crediti devono essere certi, liquidi ed esigibili e riguardare somministrazioni, forniture ed appalti e prestazioni professionali, maturati al 31 dicembre 2013 e certificati, alla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi delle seguenti disposizioni:

§  articolo 9, commi 3-bis e 3-ter del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185[121];

§  articolo 7, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35[122].

 

In particolare il comma 1 stabilisce che i debiti certificati ai sensi delle disposizioni sopra richiamate vengano assistite da garanzia dello Stato al momento della loro cessione o della loro ridefinizione. Al contempo la disposizione estende tali forme di garanzia, che la previgente normativa consentiva limitatamente ai debiti maturati al 31 dicembre 2012, anche ad alcune categorie di debiti di parte corrente delle pubbliche amministrazioni maturati al 31 dicembre 2013, anche se non ancora certificati.

I debiti non certificati dovranno comunque soddisfare una serie di condizioni: 1) i soggetti creditori devono presentare istanza di certificazione attraverso la piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni predisposta dal MEF, così come disciplinata all’articolo 7 del decreto–legge n.35 del 2013, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge (tale termine è frutto di una modifica introdotta dal Senato); 2) i crediti devono essere certificati dalle amministrazioni debitrici, sempre tramite la piattaforma, entro trenta giorni dal ricevimento dell’istanza.

L’eventuale diniego della certificazione da parte delle amministrazioni debitrici dovrà essere puntualmente motivato sempre entro trenta giorni, anche in caso di diniego parziale. Viene fatta salva la possibilità di nominare un Commissario ad acta in caso di reiterazione dell’istanza prevista dal comma 3-bis dell’articolo 9 del decreto-legge n. 185 del 2008.

In caso di mancata registrazione sulla piattaforma deve essere applicata la disciplina sulle sanzioni da irrogare al dirigente responsabile prevista dal comma 2 dell’articolo 7 del decreto-legge n. 35 del 2013[123].

Per le amministrazioni inadempienti viene prevista come ulteriore sanzione anche l’impossibilità di procedere ad assunzioni di personale o di ricorrere all’indebitamento sino al permanere dell’inadempimento (comma modificato al Senato).

 

In ordine alla certificazione di cui ai prima citati commi 3-bis e 3-ter del D.L. n.185/2008, questa:

§  prevede che, su istanza del creditore di somme dovute per somministrazioni, forniture, appalti e per prestazioni professionali, le regioni e gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale certificano, entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione dell'istanza, se il relativo credito sia certo, liquido ed esigibile, anche al fine di consentire al creditore la cessione pro soluto o pro solvendo a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente. Scaduto il termine, su nuova istanza del creditore, è nominato un Commissario ad acta;

§  disciplina la nullità della certificazione qualora sia rilasciata dagli enti locali commissariati e dalle regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari. La certificazione è nulla qualora sia rilasciata non dalle regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari ma dagli enti del servizio sanitario nazionale delle regioni sottoposte a piano di rientro ovvero a programmi operativi di prosecuzione degli stessi, qualora nell'ambito di detti piani o programmi siano state previste operazioni relative al debito[124].

 

I pagamenti dei debiti di parte corrente oggetto della disciplina prevista dal comma precedente non rilevano ai fini del patto di stabilità interno (comma 2).

 

Il comma 3 prevede una nuova procedura finalizzata a favorire, rispetto a quanto sinora previsto, la cessione dei crediti certificati, introducendo la possibilità di una ridefinizione dei termini di pagamento con la conferma della garanzia dello Stato e l’intervento ulteriore della Cassa Depositi e Prestiti.

In particolare si stabilisce che i soggetti creditori possono cedere pro soluto il credito certificato e assistito da garanzia dello Stato al termine delle procedure predisposte dal comma 1, ad una banca o ad un intermediario finanziario, anche sulla base di apposite convenzioni quadro. A cessione avvenuta, la pubblica amministrazione, diversa dallo Stato, qualora versi in una situazione di crisi di liquidità può chiedere una ridefinizione delle modalità e dei termini di pagamento. La ridefinizione può essere richiesta per una durata massima di cinque anni rilasciando, a garanzia dell'operazione, delegazione di pagamento o altra garanzia a valere sulle entrate dell'ente. In ogni caso l'amministrazione è tenuta al pagamento del debito qualora si verifichi il ripristino delle normali condizioni di liquidità. La ridefinizione può essere richiesta dall'ente alla banca o intermediario finanziario cessionario del debito ovvero, in caso di diniego, ad altra banca o intermediario, in tal caso il debito certificato è ceduto, previa corresponsione di quanto dovuto, alla successiva banca o intermediario. Nel corso dell’iter al Senato si è inteso chiarire che le operazioni di ridefinizione sopramenzionate non costituiscono indebitamento in quanto i debiti ceduti devono essere rimborsati anticipatamente una volta venuta meno la carenza di liquidità. Il Senato ha inoltre esteso la possibilità cedere questa tipologia di crediti anche alle società di cartolarizzazione attraverso il richiamo alle disposizioni contenute nella legge n. 130 del 1999.

La CDP ed altre istituzione finanziarie dell'UE e internazionali, possono acquisire i crediti anche al fine di procedere alla loro ridefinizione, sulla base di convenzioni quadro con l'Associazione Bancaria Italiana (ABI), per una durata massima di 15 anni. Anche in tal caso le amministrazioni debitrici devono rilasciare delegazione di pagamento o altra garanzia a valere sulle entrate di bilancio.

L'acquisizione dei crediti assistiti da garanzia da parte della CDP avviene, nei limiti di una dotazione finanziaria fissata dalla stessa CDP, ai sensi dell'articolo 5, comma 7, del decreto-legge n. 269 del 2003[125].

Nell’ambito delle operazioni di ridefinizione del debito previste dal comma in questione, in relazione alla definizione di indebitamento prevista dall’articolo 3, comma 17 della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per l’anno 2004) per le Regioni a statuto ordinario e per gli enti locali non si applicano i limiti posti rispettivamente dall’articolo 10 della legge 16 maggio 1970 n. 281[126] e dall'articolo 204 del TUEL.

Il comma 4 attribuisce 150 milioni di euro al Fondo per la copertura degli oneri determinati dal rilascio della garanzia dello Stato, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, a supporto del perseguimento delle finalità indicate al comma 1 dell’articolo in questione.

La gestione del Fondo può essere affidata a norma dell'articolo 19, comma 5, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78.

 

Tale disposizione prevede, per le amministrazioni dello Stato, la possibilità di affidare la gestione di fondi o interventi pubblici, direttamente a società a capitale interamente pubblico, su cui le predette amministrazioni esercitano un controllo analogo a quello esercitato su propri servizi, che svolgono la propria attività quasi esclusivamente nei confronti dell'amministrazione dello Stato, con gli oneri di gestione a carico dei fondi stessi.

Le modalità di attuazione dei commi 1 e 3 sono demandate, sempre ai sensi del comma 4, ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze (da adottare entro trenta giorni della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, secondo quanto previsto dopo la modifica introdotta al Senato), che dovrà, tra l'altro, fissare la misura massima dei tassi di interesse sulle operazioni di ridefinizione del debito nonché i criteri, le condizioni e le modalità di operatività ed escussione della garanzia del Fondo, nonché della garanzia dello Stato di ultima istanza.

Ai sensi del comma 5 tale decreto dovrà altresì fissare le modalità per esercitare il diritto di rivalsa sugli enti debitori da parte dello Stato in caso di escussione della garanzia. La rivalsa implica la decurtazione delle somme a valere sul bilancio dello Stato dovute a qualsiasi titolo all’ente debitore.

 

Il comma 6 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze un fondo con una dotazione di 1000 milioni di euro per l’anno 2014 finalizzato ad integrare le risorse destinate alle garanzie prestate dallo Stato.

 

In relazione alla nuova disciplina introdotta dall’articolo in esame si provvede infine (comma 7) ad abrogare la precedente normativa in materia, delineata dall’articolo 11 del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76[127] con i commi 12-ter, 12-quater, 12-quinquies, 12-sexies e 12-septies.

Nello specifico il comma 12-ter prevedeva la garanzia statale per i debiti certificati ai sensi dell’articolo 7 del decreto-legge n. 35 del 2013, mentre il comma 12-quater stabiliva l’applicabilità delle disposizioni del medesimo decreto a tali debiti.

Il comma 12-quinquies, la cui abrogazione è prevista in seguito a una modifica introdotta al Senato, prevedeva una serie di passaggi normativi riguardanti la cessione dei crediti certificati e assistiti da garanzia dello Stato che ora vengono riassorbiti in parte da disposizioni contenute nell’articolo in esame.

Il comma 12-sexies istituiva un fondo presso il Ministero dell’economia e delle finanze per la copertura degli oneri relativi alle garanzie affidando ad un decreto ministeriale, poi non intervenuto, le modalità di attuazione di tali norme. Infine, il comma 12-septies disciplinava il diritto di rivalsa dello Stato.

 

Durante l’iter al Senato sono stati introdotti tre ulteriori commi (commi 7-bis, 7-ter e 7-quater) al fine di semplificare gli adempimenti amministrativi per la cessione dei crediti tramite piattaforma elettronica, in analogia con quanto previsto dalle disposizioni contenute dall’articolo 38, che di conseguenza è stato soppresso. I commi in questione hanno la finalità di: 1) rendere più efficace il processo di smobilizzo dei crediti equiparando, la comunicazione di avvenuta cessione sulla piattaforma elettronica alla notifica che rende efficaci e opponibili alle stazioni appaltanti le cessioni di crediti da corrispettivo di appalto, concessione, concorso di progettazione; 2) escludere l’applicazione delle verifiche su eventuali inadempienze di versamento di cartelle di pagamento nei confronti del cedente mantenendole esclusivamente nei confronti del cessionario.

A tal fine il comma 7-bis prevede la mancata applicazione alle cessioni di crediti in questione delle disposizioni contenute al comma 3 dell’art. 117 del D.Lgs. N. 163 del 2006 nonché agli articoli 69 e 70 del regio decreto n. 2440 del 1923.

Il comma 7-quater provvede infine ad abrogare le disposizioni già abrogate dal testo originario dell’articolo 38 ora eliminato[128].


 

Articolo 38
(Cessione dei crediti tramite piattaforma elettronica)

 

 

L'articolo 38 è stato soppresso nel corso dell’esame del decreto legge al Senato.

Nell’articolo si stabiliva che la cessione dei crediti certificati attraverso la piattaforma elettronica poteva essere stipulata mediante scrittura privata e che le cessioni potevano essere effettuate esclusivamente a favore di banche o intermediari finanziari autorizzati, ovvero da questi ultimi alla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A.

Il secondo comma dell’articolo disponeva l'abrogazione dei commi 1 e 2 dell'articolo 8 e del comma 2-bis dell'articolo 9 del decreto-legge n. 35 del 2013, che finora hanno regolato le modalità di effettuazione delle cessioni dei crediti.

L’articolo 8 del decreto-legge richiamato ai commi 1 e 2 prevedeva che la cessione dei crediti maturati fino al 31 dicembre 2012 nei confronti delle pubbliche amministrazioni per somministrazioni, forniture ed appalti fosse esente dalle imposte di registro e di bollo. Era esclusa invece l’esenzione per l’IVA. Era contemplata inoltre la possibilità di far autenticare gli stessi atti di cessione dei crediti da parte dell’ufficiale rogante dell’amministrazione debitrice, nel caso in cui tale figura fosse presente.

Il comma 2-bis dell’articolo 9 prevedeva che i soggetti creditori nei confronti della PA in sede di dichiarazione dei redditi allegassero un elenco dei crediti certi, liquidi ed esigibili vantati, alla data di chiusura del periodo d'imposta al quale la dichiarazione si riferiva, per le cessioni di beni e la prestazione di servizi resi alle medesime pubbliche amministrazioni, distinti per ente pubblico debitore. Tale elenco, per il quale il Ministero dell’economia e delle finanze era tenuto a predisporre con decreto un modello, doveva poi essere trasmesso all’amministrazione finanziaria per via telematica.

 

L’abrogazione di tali norme è ora prevista da una disposizione inserita nell’articolo 37 così come modificato al Senato (comma 7-quater).


 

Articolo 38-bis
(Semplificazione fiscale della cessione dei crediti)

 

 

L’articolo 38-bis, introdotto nel corso dell’iter al Senato, stabilisce al comma 1 che la cessione dei crediti certi, liquidi ed esigibili maturati nei confronti delle pubbliche amministrazioni per somministrazioni, forniture ed appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali, alla data del 31 dicembre 2013, nonché le operazioni di ridefinizione dei relativi debiti richieste dalle amministrazioni pubbliche debitrici, con le garanzie connesse, sono esenti da imposte, tasse e diritti di qualsiasi tipo, fatta salva l’imposta sul valore aggiunto (IVA).

La norma propone, pertanto, di estendere l’esenzione, già prevista per le cessioni dei crediti maturati al 31 dicembre 2012 dal comma 1 dell’articolo 8 del decreto-legge n. 35 del 2013, anche per le cessioni, riguardanti l’anno 2013, dei crediti certi, liquidi ed esigibili maturati nei confronti delle pubbliche amministrazioni ricomprese nell’ambito della definizione contenuta all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001[129]

 

A copertura dell’onere derivante dalle disposizioni contenute nel primo comma si provvede mediante l’utilizzo delle somme derivanti da sanzioni amministrative irrogate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato e versate entro il 15 maggio 2014 all’entrata del bilancio dello Stato, che alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, non sono state riassegnate ai pertinenti programmi. Tali somme, nel limite di 1 milione di euro, sono acquisite in via definitiva al bilancio dello Stato (comma 2).


 

Articolo 39
(Crediti compensabili)

 

 

L'articolo 39, modificato al Senato, interviene sulla disciplina della compensazione dei crediti vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione, eliminando il limite temporale (che si riferiva ai crediti maturati al 31 dicembre 2012) per l’utilizzo delle relative procedure e, dunque, estendendo lo strumento della compensazione anche ai crediti maturati dal 1° gennaio 2013 in poi.

Il comma 1-bis, introdotto al Senato, amplia il novero delle amministrazioni nei confronti delle quali si potrà applicare la disciplina della compensazione dei crediti con le somme dovute dai contribuenti in diverse fasi del procedimento tributario, ovvero con le somme iscritte a ruolo (di cui, rispettivamente, all’articolo 28-quater, comma 1 e 28-quinquies del già richiamato D.P.R. n. 602 del 1973).

 

Più in dettaglio, le disposizioni in commento modificano l'articolo 28-quinquies del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 in materia di riscossione, introdotto dall'articolo 9, comma 1, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35.

Si rammenta che tale norma consente la compensazione tra i crediti (certificati) non prescritti, certi, liquidi ed esigibili nei confronti dello Stato, degli enti pubblici nazionali, delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale relativi a somministrazioni, forniture e appalti, con le somme dovute dai contribuenti in diverse fasi del procedimento tributario.

La disposizione si applicava ai crediti "maturati al 31 dicembre 2012"; con la novella prevista dall'unico comma 1, tale termine temporale viene soppresso e la compensabilità è estesa anche ai crediti maturati successivamente a tale data.

 

In particolare, si ricorda che le diverse fasi del procedimento tributario cui fa riferimento il novellato comma 28-quinquies sono le seguenti:

§  accertamento con adesione ai sensi dell’articolo 8, del D.Lgs. n. 218 del 1997 in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale;

§  definizione ai sensi dell’articolo 5, comma 1-bis, dell’articolo 5-bis, e dell’articolo 11, comma 1-bis, del medesimo D.Lgs. n. 218 del 1997;

§  acquiescenza ai sensi dell’articolo 15 del medesimo D.Lgs. n. 218 del 1997;

§  definizione agevolata delle sanzioni ai sensi degli articoli 16 e 17 del D.Lgs. n. 472 del 1997 in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie;

§  conciliazione giudiziale ai sensi dell’articolo 48, del D.Lgs. n. 546 del 1992 sul processo tributario;

§  mediazione ai sensi dell’articolo 17-bis del citato D.Lgs. n. 546 del 1992.

La compensazione può essere effettuata, solo su specifica richiesta del creditore, per mezzo del sistema previsto dall’articolo 17, del decreto legislativo n. 241 del 1997, ed esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate; al fine di poter effettuare la compensazione è necessario che il credito sia certificato secondo quanto previsto dall’articolo 9, comma 3-bis, del D.L. n. 185 del 2008 o dall'articolo 9, comma 3-ter, lettera b), ultimo periodo, del medesimo decreto, e che la certificazione sia corredata dall’indicazione della data prevista per il pagamento.

Il D.M. 14 gennaio 2014 del MEF ha definito i termini e le modalità di attuazione delle disposizioni precedentemente illustrate. Si segnala infine il Provvedimento dell'Agenzia delle entrate del 31 gennaio 2014 recante l’approvazione del modello di versamento “F24 Crediti PP.AA.” e delle specifiche tecniche per la trasmissione telematica dei dati e l’esecuzione dei versamenti.

Il comma 1-bis, introdotto al Senato, amplia il novero delle amministrazioni nei confronti delle quali si potrà applicare la disciplina della compensazione dei crediti con le somme dovute dai contribuenti in diverse fasi del procedimento tributario, ovvero con le somme iscritte a ruolo (di cui, rispettivamente, all’articolo 28-quater, comma 1 e 28-quinquies del già richiamato D.P.R. n. 602 del 1973).

In particolare, per effetto delle norme in esame, si potrà esperire la procedura di compensazione dei crediti (certificati) non prescritti, certi, liquidi ed esigibili vantati nei confronti di tutte le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165; in precedenza, tali procedure potevano attivarsi solo nei confronti dei crediti certificati vantati nei confronti di Stato, enti pubblici nazionali, regioni, enti locali ed enti del Servizio sanitario nazionale.

Ai sensi del citato decreto legislativo, per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al D.Lgs. n. 300/1999.


 

Articolo 40
(Notifica delle cartelle esattoriali ai fini della compensabilità
con i crediti certificati
)

 

 

L’articolo 40 del provvedimento amplia la platea dei crediti vantati nei confronti della PA compensabili con le somme iscritte a ruolo, differendo dal 31 dicembre 2012 al 30 settembre 2013 il termine entro il quale devono essere state notificate le relative cartelle di pagamento al fine di usufruire di detta compensazione.

 

In particolare, la norma in esame modifica l’articolo 9, comma 02 del D.L. n. 35 del 2013, che a sua volta aveva differito dal 30 aprile 2012 al 31 dicembre 2012 il termine entro il quale devono essere state notificate le cartelle di pagamento, per poter usufruire delle compensazioni con i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti dello Stato e degli enti pubblici nazionali per somministrazione, forniture e appalti.

Si tratta del termine previsto dall’articolo 1, comma 1, del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 19 ottobre 2012, che disciplina le modalità con le quali i crediti non prescritti certi liquidi ed esigibili maturati nei confronti dello Stato e degli enti pubblici nazionali per somministrazioni, forniture e appalti, possono essere compensati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo, ai sensi dell'articolo 28-quater del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

In estrema sintesi, si ricorda che il richiamato articolo 28-quater consente, a partire dal 1° gennaio 2011, che i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti dello Stato, degli enti pubblici nazionali, delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale per somministrazione, forniture e appalti, possano essere compensati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo, previa presentazione di apposita certificazione; l’estinzione del debito a ruolo è condizionata alla verifica dell’esistenza e validità della certificazione. Il successivo articolo 28-quinquies disciplina invece l’ipotesi di compensazione dei crediti vantati nei confronti della PA con le somme dovute nelle varie fasi del procedimento tributario. Da ultimo, si rammenta che l’articolo 12, comma 7-bis del D.L. n. 145 del 2013 ha affidato a una norma secondaria (decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico) il compito di stabilire, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, le modalità per la compensazione, nell'anno 2014, delle cartelle esattoriali in favore delle imprese titolari di crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, per somministrazione, forniture, appalti e servizi, anche professionali, maturati nei confronti della pubblica amministrazione e certificati secondo le modalità di legge, nel caso in cui la somma iscritta a ruolo sia inferiore o pari al credito vantato.


 

Articolo 41
(Attestazione dei tempi di pagamento)

 

 

L'articolo 41 introduce l'obbligo per le pubbliche amministrazioni di allegare alle relazioni ai bilanci consuntivi o di esercizio un prospetto attestante l’importo dei pagamenti relativi a transazioni commerciali effettuati dopo la scadenza dei termini previsti dal decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231[130], nonché il c.d. indicatore annuale di tempestività dei pagamenti, che indica i tempi medi di pagamento relativi agli acquisti di beni, servizi e forniture.

 

In particolare, il comma 1 prevede che tale obbligo decorra dal 2014 e riguardi le pubbliche amministrazioni individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001[131].

Ai sensi del citato decreto legislativo, per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al D.Lgs. n. 300/1999.

Il prospetto allegato alle relazioni al bilancio consuntivo o di esercizio deve attestare:

§  l’importo dei pagamenti relativi a transazioni commerciali effettuati dopo la scadenza dei termini previsti dal D.Lgs. n. 231/2002;

§  l’indicatore annuale di tempestività dei pagamenti. Nel corso dell’esame al Senato è stato inserito il riferimento specifico a tale indicatore (in luogo della generica dizione di “tempo medio dei pagamenti effettuati”), individuato dall’articolo 33 del D.Lgs. n. 33/2013, che le pubbliche amministrazioni, con cadenza annuale, sono tenute a pubblicare e che rappresenta, per ciascuna P.A., i tempi medi di pagamento relativi agli acquisti di beni, servizi e forniture.

 

Si ricorda, al riguardo, che i termini ordinari per il pagamento nelle transazioni commerciali in cui la parte debitrice è una pubblica amministrazione sono fissati dalla Direttiva 2011/7/UE in 30 giorni, termine prorogabile fino a 60 giorni solo in presenza di determinate condizioni.

A quest’ultimo termine fa riferimento l’articolo 44 del decreto-legge in esame (vedi infra, anche per una sintesi della disciplina di attuazione della Direttiva 2011/7/UE sopra richiamata), stabilendo che i pagamenti tra le amministrazioni pubbliche siano erogati: entro 60 giorni dalla definizione delle condizioni per l’erogazione, ovvero dalla comunicazione al beneficiario della spettanza dell’erogazione.

In caso di superamento dei termini, il comma 1 prevede che nelle relazioni al bilancio consuntivo o di esercizio delle pubbliche amministrazioni debbano altresì essere indicate le misure adottate o previste per consentire la tempestiva effettuazione dei pagamenti; dette attestazioni sono sottoposte a verifica contabile da parte dell'organo di controllo di regolarità amministrativa e contabile.

 

Per le amministrazioni dello stato, il prospetto viene allegato a ciascun stato di previsione della spesa.

 

In caso in cui, nelle attestazioni di cui sora, si evidenzi un ritardo nei pagamenti superiore a 90 giorni nel 2014 e a 60 giorni a decorrere dal 2015, rispetto ai termini indicati dal D.Lgs. n. 231/2002, sono previste misure sanzionatorie per le amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 – con esclusione degli enti del Servizio sanitario nazionale – consistenti nel divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo (compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione) nell'anno successivo a quello di riferimento (comma 2).

 

Il comma 3 interviene sul sistema di premialità previsto in favore degli enti locali rispettosi del patto di stabilità interno, ai sensi del comma 122 dell'articolo 1 della legge n. 220/2010[132], limitandone l’applicazione in favore dei soli enti locali che risultino essere rispettosi dei tempi di pagamento. Ad essi soltanto, dunque, si applica la riduzione degli obiettivi finanziari del patto di stabilità interno, sulla base dei criteri, individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di cui al medesimo comma 122.

Si ricorda che il meccanismo della premialità autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze, con apposito decreto, emanato di concerto con il Ministro dell'interno e di intesa con la Conferenza Stato-città, a ridurre gli obiettivi annuali degli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno. L'importo della riduzione complessiva è commisurato agli effetti finanziari determinati dall'applicazione della sanzione operata a valere sul fondo sperimentale di riequilibrio (o fondo di solidarietà comunale) e sul fondo perequativo, ovvero, sui trasferimenti erariali nel caso dei comuni della Regione Siciliana e della Sardegna[133], comminata nei confronti degli enti locali che non hanno rispettato l'obiettivo del patto di stabilità interno[134].

Il sistema di premialità è stato attuato a partire dal 2011, con il D.M. Economia 24 febbraio 2012, il quale ha determinato una riduzione degli obiettivi programmatici per l’anno 2011 dei comuni e delle province rispettosi del patto 2010, pari, rispettivamente, a circa 1,4 milioni di euro per le province e a 10 milioni per i comuni. Per l’anno 2012, la riduzione degli obiettivi annuali degli enti locali in base alla premialità è stata attuata con il D.M. economia 22 gennaio 2013, per un importo complessivo pari a 71,8 milioni per i comuni e a 1,171 milioni per le province (in particolare, per le province la riduzione degli obiettivi di saldo finanziario è stata applicata alle sole province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, le cui popolazioni sono state colpite dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012). Per l’anno 2013, si è proceduto alla riduzione degli obiettivi programmatici del patto di stabilità interno delle province e dei comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti con il decreto 30 ottobre 2013, per importi complessivi pari a 2,152 milioni per i comuni e a 8,776 milioni per le province.

Infine, il comma 4 dispone che le Regioni, con riferimento agli enti del Servizio sanitario nazionale, trasmettano al Tavolo di verifica degli adempimenti regionali una relazione contenente le informazioni sull'importo dei pagamenti relativi a transazioni commerciali effettuati dopo la scadenza dei termini: la trasmissione di tale relazione, nonché l'adozione delle misure necessarie a favorire il raggiungimento dell'obiettivo nel rispetto della sopracitata direttiva europea 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali rientrano tra gli adempimenti - da parte delle regioni - ai quali è subordinata l'attribuzione di una quota del finanziamento del Servizio sanitario nazionale.

Si ricorda che con la legge finanziaria 2005 (legge n. 311 del 2004) e con la successiva Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005, il cui articolo 12 ha istituito il Tavolo tecnico, sono stati introdotti una serie di adempimenti per le Regioni aventi un bilancio sanitario in deficit.


 

Articolo 41-bis
(Accelerazione dei pagamenti alle imprese)

 

 

L’articolo 41-bis, introdotto presso il Senato interviene sulle risorse finanziarie recate dalle leggi che istituiscono le province di Monza e della Brianza, di Fermo e di Barletta-Andria-Trani (leggi nn. 146, 147 e 148 del 2004[135]), destinate alla costituzione degli uffici periferici dell’amministrazione dello Stato ed assegnate alle contabilità speciali istituite presso il commissario di ciascuna provincia e poi trasferite ai prefetti incaricati di completare gli interventi.

In particolare l’articolo, al fine di consentire l’adempimento delle obbligazioni assunte sulle risorse stanziate dalle suddette leggi per le nuove province dalle stesse istituite, autorizza la proroga al 31 dicembre 2014 dell’utilizzo delle risorse disponibili sulle contabilità speciali di ciascuna delle tre province, come da ultimo stabilito dal D.P.C.M. del 3 dicembre 2013, che ha prorogato al 31 dicembre 2013, facendo seguito a numerosi altri interventi precedenti, il termine per il mantenimento delle predette risorse sulle rispettive contabilità speciali.

La relazione tecnica (relativa alle modifiche introdotte nel corso dell’ esame presso il Senato) non reca indicazioni circa gli importi delle somme attualmente accreditate e giacenti sulle contabilità speciali in oggetto

Ciò comporta che l’articolo in esame, pur non formulato in termini di proroga espressa, costituisca in sostanza una proroga, di un ulteriore anno, di un termine già più volte prorogato da una serie di interventi normativi che si sono susseguiti nel corso del tempo, ad iniziare dall’articolo 4-bis del decreto-legge n.97/2008 fino, da ultimo, al suddetto D.P.C.M. 3 dicembre 2013, come di seguito si illustra in dettaglio.

In relazione alla proroga in esame l’articolo in esame dispone la salvezza degli atti e dei rapporti giuridici insorti sulla base della proroga, anche essa al 31 dicembre 2014, disposta per le contabilità speciali in questione dall’articolo 3, comma 4 del decreto-legge n.150/2013[136], norma, questa, prevista nel testo iniziale del provvedimento ma poi soppressa nel corso dell’esame parlamentare del disegno di legge di conversione.

 

Si ricorda che con le già citate leggi nn. 146, 147 e 148 del 2004 sono state istituite tre nuove province: Monza e Brianza, Fermo e Barletta-Andria-Trani.

Nelle tre leggi istitutive, con formulazione identica (art. 4, commi 1 e 2, L. 146/2004; art. 5, commi 1 e 2, L. 147/2004; art. 4, commi 1 e 2, L. 148/2004), si è disposto in ordine all’adozione (con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro dell'interno) dei provvedimenti necessari per l'istituzione nelle nuove province degli uffici periferici dello Stato, fissandosi un termine minimo ed uno massimo entro i quali dovevano essere emanati i provvedimenti di costituzione degli uffici periferici dello Stato: non prima di trentaquattro mesi (30 aprile 2007[137]) e non oltre quattro anni (30 giugno 2008) dalla data di entrata in vigore delle leggi; quest’ultimo termine è stato successivamente differito al 30 giugno 2009 dall’art. 4-bis, comma 4, D.L. 97/2008[138].

In applicazione di tale disposizione di proroga, l’art. 12, comma 1, D.L. 207/2008[139] ha disposto la conservazione nel conto dei residui del bilancio 2009 delle disponibilità finanziarie recate dalle leggi istitutive delle nuove province ed esistenti alla chiusura dell’esercizio finanziario 2008.

Inoltre, per la realizzazione di tutti gli adempimenti connessi all’istituzione delle nuove province, e quindi anche a quelli relativi alla costituzione degli uffici periferici, è stato inizialmente nominato un commissario per ciascuna provincia[140]. Le leggi istitutive delle nuove province hanno previsto altresì l’emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con cui sono individuate le procedure per la gestione da parte del commissario delle risorse rese disponibili ai fini dell'istituzione degli uffici periferici delle amministrazioni statali. I richiamati DPCM sono stati emanati in data 23 gennaio 2006 e con essi sono state costituite le contabilità speciali presso le tesorerie provinciali[141].

Successivamente l’art. 6-bis, comma 4, primo periodo, del D.L. 300/2006[142] è intervenuto sulle risorse finanziarie sopra citate, assegnate alle contabilità speciali istituite presso il commissario di ciascuna provincia, provvedendo a mantenerle fino al 31 dicembre 2009 sulle contabilità medesime[143].

L’articolo 3, comma 5 del D.L. n. 194 del 30 dicembre 2009 (legge n. 25/2010) – novellato dal comma 4 qui in esame - ha dunque prorogato il predetto termine provvedendo a mantenere le predette risorse iscritte sulle contabilità speciali fino al completamento degli interventi e comunque non oltre il 31 dicembre 2011.

Successivamente, tale termine è stato ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2012, dall’articolo 15, comma 6 del D.L. n. 216/2011 (legge n. 14/2012); poi al 30 giugno 2013, dall'articolo 1, comma 388 della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013); e, infine, al 31 dicembre 2013, dall'articolo 1, comma 1, lettera c) del decreto del Presidente del Consiglio 26 giugno 2013, attuativo di quanto consentito dall’articolo 1, comma 394 della medesima legge di stabilità 2013.

Viene infine disposto che le somme che rimarranno non utilizzate allo scadere del termine costituiranno economie di spesa, con conseguente versamento delle stesse allo stato si previsione dell’entrata.

 

In relazione allo specifico contenuto della disposizione, che come esposto costituisce una norma di proroga, si segnala l’opportunità di modificare conseguentemente la rubrica, anche al fine di una migliore coerenza della stessa rispetto alla previsione normativa.


 

Articolo 42
(Registro delle fatture presso le pubbliche amministrazioni)

 

 

L’articolo 42 prevede l’obbligo per tutte le pubbliche amministrazioni di adottare a decorrere dal 1° luglio 2014 il registro unico delle fatture nel quale entro 10 giorni dal ricevimento devono essere annotate le fatture o le richieste equivalenti di pagamento per somministrazioni, forniture e appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali emesse nei loro confronti. Il registro delle fatture può essere sostituito da apposite funzionalità che saranno rese disponibili sulla piattaforma elettronica per la certificazione dei crediti.

Si ricorda che l’articolo 25 del decreto in esame anticipa l’entrata in vigore dell’obbligo di fatturazione elettronica per i pagamenti dovuti da tutte le pubbliche amministrazioni.

 

Il comma 1 dispone che, a decorrere dal 1° luglio 2014, le pubbliche amministrazioni adottano il registro unico delle fatture nel quale entro 10 giorni dal ricevimento sono annotate le fatture o le richieste equivalenti di pagamento per somministrazioni, forniture e appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali emesse nei loro confronti.

E' esclusa la possibilità di ricorrere a registri di settore o di reparto. Il registro costituisce parte integrante del sistema informativo contabile.

Al fine di ridurre gli oneri a carico delle amministrazioni, il registro delle fatture può essere sostituito dalle apposite funzionalità che saranno rese disponibili sulla piattaforma elettronica per la certificazione dei crediti nei confronti delle amministrazioni pubbliche per somministrazioni, forniture e appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali (articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 35 del 2013)

 

Le amministrazioni interessate sono quelle indicate dall’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2011, ovvero:

§  le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative;

§  le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo;

§  le Regioni;

§  le Province;

§  i Comuni;

§  le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni;

§  le istituzioni universitarie;

§  gli Istituti autonomi case popolari;

§  le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni;

§  tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali;

§  le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale;

§  l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie fiscali;

§  il CONI fino alla revisione organica della disciplina di settore.

 

La norma specifica il contenuto del registro delle fatture e degli altri documenti contabili equivalenti, ove è annotato:

a)   il codice progressivo di registrazione;

b)   il numero di protocollo di entrata;

c)   il numero della fattura o del documento contabile equivalente;

d)   la data di emissione della fattura o del documento contabile equivalente;

e)   il nome del creditore e il relativo codice fiscale;

f)    l’oggetto della fornitura;

g)   l’importo totale, al lordo di IVA e di eventuali altri oneri e spese indicati;

h)   la scadenza della fattura;

i)    nel caso di enti in contabilità finanziaria, gli estremi dell’impegno indicato nella fattura o nel documento contabile equivalente ai sensi di quanto previsto dal primo periodo del presente comma oppure il capitolo e il piano gestionale, o analoghe unità gestionali del bilancio sul quale verrà effettuato il pagamento;

l)    se la spesa è rilevante o meno ai fini IVA;

m)  il Codice identificativo di gara (CIG), tranne i casi di esclusione dall’obbligo di tracciabilità (l’articolo 3, comma 3, della legge n. 136 del 2010, in materia di normativa antimafia, esclude dalle disposizioni di tracciabilità dei flussi finanziari i pagamenti in favore di enti previdenziali, assicurativi e istituzionali, nonché quelli in favore di gestori e fornitori di pubblici servizi, ovvero quelli riguardanti tributi;

n)   il Codice unico di Progetto (CUP), in caso di fatture relative a opere pubbliche, interventi di manutenzione straordinaria, interventi finanziati da contributi comunitari e ove previsto ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 3 del 2003, in base al quale, per la funzionalità della rete di monitoraggio degli investimenti pubblici, ogni nuovo progetto di investimento pubblico, nonché ogni progetto in corso di attuazione alla predetta data, è dotato di un «Codice unico di progetto», che le competenti amministrazioni o i soggetti aggiudicatori richiedono in via telematica secondo la procedura definita dal CIPE;

o)   qualsiasi altra informazione che si ritiene necessaria.


 

Articolo 43
(Anticipo certificazione conti consuntivi enti locali)

 

 

L'articolo 43 riformula l’articolo 161 del Testo unico dell'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo n. 267 del 2000), relativo alle certificazioni di bilancio, al fine di accelerare i tempi di acquisizione delle certificazioni relative al rendiconto della gestione.

L'innovazione principale introdotta dalla norma risiede, infatti, nella previsione, a decorrere dall’esercizio finanziario 2014, di un termine specifico per la trasmissione al Ministero dell'interno delle certificazioni relative al rendiconto della gestione da parte degli enti locali, fissato al 31 maggio dell’esercizio successivo (comma 5), termine invece prima stabilito con un annuale decreto del Ministro dell’interno e generalmente fissato ad ottobre/novembre.

La data per la trasmissione dei certificati al bilancio di previsione resta invece fissata con il decreto ministeriale di cui sopra.

La nuova formulazione dell’articolo 161, rispetto alla sua versione previgente, individua nei comuni, province, unioni di comuni e comunità montane gli enti locali che sono tenuti a redigere apposite certificazioni sui principali dati del bilancio di previsione e del rendiconto.

Nel corso dell’esame al Senato sono state inserite anche le città metropolitane tra gli enti locali tenuti alle certificazioni.

 

Si ricorda che la normativa previgente rinviava ad un annuale decreto del Ministro dell’interno la definizione delle modalità per la struttura, la redazione e la presentazione sia delle certificazioni del bilancio di previsione che di quelle di rendiconto.

Per le certificazioni del bilancio di previsione, si veda, da ultimo, per l’esercizio finanziario 2013, il decreto 14 maggio 2013, che ha fissato al 19 agosto 2013 la trasmissione al Ministero dell’interno delle suddette certificazioni, in considerazione del differimento al 30 giugno 2013 del termine per la deliberazione del bilancio di previsione 2013 degli enti locali disposto dalla legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012). A seguito dell’ulteriore differimento al 30 novembre 2013 del termine per la deliberazione del bilancio di previsione, anche la trasmissione delle certificazioni del bilancio è stata poi ulteriormente differita al 20 gennaio 2014 (D.M. Interno 18 dicembre 2013).

Per le certificazione del conto del bilancio, si veda, per l’esercizio finanziario 2013, il decreto 29 luglio 2013, che ha fissato la trasmissione delle certificazioni al rendiconto di bilancio 2012 entro l'11 ottobre 2013. Tale termine è stato poi differito all'11 novembre 2013 (D.M. Interno 28 ottobre 2013).

Si ricorda, infine, che i termini per l’approvazione dei documenti contabili degli enti locali sono i seguenti:

a) il bilancio di previsione entro il 31 dicembre dell'anno precedente (art. 151, TUEL);

b) il rendiconto entro il 30 aprile dell'anno successivo (art. 227, TUEL).

 

La nuova formulazione mantiene fermo che le certificazioni sono firmate dal segretario, dal responsabile del servizio finanziario e dall’organo di revisione economico-finanziario (comma 1) e che la definizione delle modalità per la struttura, la redazione e la presentazione delle certificazioni siano stabilite con decreto del Ministro dell’interno, previo parere (anziché d’intesa, come previsto dalla normativa previgente) dell’ANCI e dell’UPI, da pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale (comma 2).

La mancata trasmissione del certificato, da parte dei comuni e delle province, comporta, come già previsto, la sospensione del pagamento delle risorse finanziarie dovute dal Ministero dell'interno, a qualsiasi titolo, ivi comprese quelle a titolo di fondo di solidarietà comunale (comma 3).

 

Per quanto concerne la pubblicità dei dati delle certificazioni, la nuova formulazione del comma 4 dell’articolo 161 del TUEL prevede che essi siano resi noti, a cura del Ministero dell'interno, sul sito internet della Direzione centrale della finanza locale, anche ai fini del loro inserimento nella banca dati unitaria delle amministrazioni pubbliche, istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze, di cui all'art. 13 della legge di contabilità nazionale.

La norma previgente impegnava il Ministero dell’interno a rendere disponibili i dati delle certificazioni soltanto alle regioni, alle associazioni rappresentative degli enti locali, alla Corte dei conti ed all'Istituto nazionale di statistica.


 

Articolo 44
(Tempi di erogazione dei trasferimenti fra pubbliche amministrazioni)

 

 

L'articolo persegue uno snellimento dei tempi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni, per i pagamenti effettuati a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale, in osservanza delle regole stabilite dalla disciplina comunitaria sul contrasto dei ritardi di pagamento in tali transazioni. Il riferimento è , da ultimo, alla Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2011/7/UE del 16 febbraio 2011, recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 9 novembre 2012, n.192, che, modificando il decreto legislativo n. 231 del 2002, recante la prima disciplina in materia, ha disposto l’applicazione delle nuove regole sui tempi di pagamento a decorrere dai contratti conclusi a partire dal 1° gennaio 2013.

A tale scopo, per agevolare il rispetto dei tempi medi di pagamenti, l'articolo prescrive che i trasferimenti tra amministrazioni pubbliche siano erogati:

§  entro 60 giorni dalla definizione delle condizioni per l’erogazione;

§  ovvero entro 60 giorni dalla comunicazione al beneficiario della spettanza dell’erogazione.

Per i trasferimenti relativamente ai quali le condizioni per la erogazione siano stabilite a regime, il termine di 60 giorni decorre dalla definizione dei provvedimenti autorizzativi necessari per lo svolgimento dell’attività necessaria all’effettuazione dell’erogazione.

Le amministrazioni destinatarie della norma sono quelle indicate dall'articolo articolo 1, comma 2 del decreto legislativo n. 165 del 2001, vale a dire, sostanzialmente, tutte le pubbliche amministrazioni, comprese dunque gli enti territoriali, le istituzioni universitarie e gli enti pubblici non economici.

Sono escluse dall'applicazione della norma le risorse destinate al finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale e quelle spettanti alle Regioni a statuto speciale e Province autonome.


 

La disciplina sui tempi di pagamento
stabilita dal D.Lgs. 9 novembre 2012, n 192

La disciplina sui tempi di pagamento prevista dal decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 131, come modificato dal decreto legislativo 9 novembre 2012, n.192, prevede che:

§  al fine di assicurare termini certi di pagamento, vige il termine ordinario di trenta giorni. La cogenza di tale termine è rafforzata dal alcune specifiche previsioni, quale quella che non hanno effetto sulla decorrenza del termine le richieste di integrazione o modifica formali della fattura;

§  nelle transazioni tra imprese possono pattuirsi termini di pagamento superiori a trenta giorni, con obbligo, in caso di superamento dei sessanta giorni, di pattuizione espressa, e fermo restando che ciò è consentito solo ove non risulti gravemente iniquo per il creditore;

§  nel caso in cui il debitore sia una pubblica amministrazione, il termine ordinario di trenta giorni può essere derogato solo espressamente, ma in ogni caso non può superare i sessanta giorni, e solo se ciò sia giustificato dalla natura o dall’oggetto del contratto o dalle circostanze esistenti alla conclusione dello stesso. Solo in casi specificatamente enunciati dalla norma (articolo 4, comma 4) tali termini possono essere raddoppiati;

§  eventuali procedure dirette ad accertare la conformità della merce o dei servizi al contratto non possono eccedere il termine di trenta giorni dalla data di consegna o della prestazione, salvo che sia diversamente pattuito;

§  gli interessi moratori sono determinati nella misura degli interessi legali di mora ferma restando tuttavia la possibilità, nelle sole transazioni commerciali tra imprese, di concordare tassi di interesse diversi, salvo che gli stessi risultino gravemente iniqui nei confronti del creditore. Sono comunque considerate gravemente inique: a) la clausola che esclude l’applicazione di interessi di mora; b) la clausola che esclude il risarcimento per i costi di recupero del credito;

§  con riguardo ai costi di recupero medesimi, viene stabilito in favore del creditore un importo forfetario di 40 euro, senza che sia necessaria la costituzione in mora, e fatta salva comunque la prova del maggior danno, che può comprendere anche i costi di assistenza per il recupero del credito;

§  la maggiorazione del tasso degli interessi legali moratori, finora pari al 7% in più rispetto al tasso fissato dalla BCE per le operazioni di rifinanziamento, aumenta all’8%.

La disciplina del decreto legislativo si applicherà ai contratti conclusi a partire dal 1° gennaio 2013.

 

Alla luce della disciplina già vigente in materia, come sopra riepilogata, l’articolo in esame appare rivestire finalità sostanzialmente integrative della stessa (pur non modificandola espressamente) in quanto interviene – come esso precisa – “al fine di agevolare il rispetto dei tempi di pagamento” recati da tale disciplina. Poiché tuttavia per alcuni aspetti esso potrebbe avere un effetto derogatorio della stessa, con riguardo in particolare all’esclusione dalla tempistica dei pagamenti delle risorse per il SSN e per le autonomie speciali, appare necessario un coordinamento delle disposizioni recate dall’articolo rispetto a quelle vigenti in materia, come risultanti dai citati decreti legislativi 131/2002 e 192/2013.


 

Articolo 45
(Ristrutturazione del debito delle Regioni)

 

 

L’articolo 45 disciplina la ristrutturazione di parte del debito delle regioni, con una conseguente riduzione dell’onere annuale destinato al pagamento dello stesso. La ristrutturazione è limitata a due tipologie di operazioni di indebitamento:

1.   mutui contratti con il Ministero dell’economia e delle finanze, direttamente o per il tramite della Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., con vita residua pari o superiore a 5 anni e importo del debito residuo da ammortizzare superiore a 20 milioni di euro; in questi casi la scadenza viene allungata fino a trent'anni da ammortizzare con rate costanti ad interessi pari a quelli dei BTP con durata finanziaria più vicina al nuovo mutuo;

2.   titoli obbligazionari regionali con vita residua pari o superiore a 5 anni e valore nominale dei titoli pari o superiore a 250 milioni di euro; in questi casi la regione finanzia il riacquisto dei titoli utilizzando il ricavato di un mutuo concesso dal MEF e con contestuale cancellazione dei derivati insistenti su di essi.

1. Mutui contratti con il Ministero dell’economia e delle finanze

Il comma 1 autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze ad effettuare la ristrutturazione dei mutui concessi alle regioni dal Ministero dell’economia e delle finanze, aventi le caratteristiche definite dal comma 5, lettera a) – vale a dire aventi vita residua pari o superiore a 5 anni e importo del debito residuo da ammortizzare superiore a 20 milioni di euro.

Secondo la Relazione governativa il debito residuo relativo ai mutui aventi queste caratteristiche ammonterebbe a circa 8,5 miliardi di euro, ripartito non uniformemente tra 8 regioni che, complessivamente, pagano una rata annua di circa 680 milioni di euro.

Si tratta in particolare dei mutui contratti dalle regioni:

§  per il risanamento dei deficit sanitari, in base all’articolo 2, commi da 46 a 48, della legge 244/2007 (finanziaria 2008);

Il comma 46 dell'articolo 2 della legge finanziaria 2008 ha previsto, in attuazione di specifici accordi sottoscritti con le Regioni Lazio, Campania, Molise e Sicilia, una anticipazione finanziaria da parte dello Stato in favore delle suddette regioni per il risanamento strutturale dei relativi servizi sanitari regionali; il comma 46-bis ha autorizzato le regioni di cui al comma 46, ove sussistano eccezionali condizioni economiche e dei mercati finanziari, a ristrutturare le operazioni derivate in essere; il comma 47 ha previsto l'obbligo per le regioni interessate di restituire, entro un periodo non superiore a trenta anni, le anticipazioni finanziarie erogate dallo Stato; il comma 48 ha infine individuato la procedura per l’erogazione delle anticipazioni finanziarie.

§  per l’estinzione dei debiti sanitari cumulativamente registrati fino al 31 dicembre 2005, all’articolo 2, comma 98, della legge 191/2009 (legge finanziaria 2010);

Con il comma 98 dell'articolo 2 della legge finanziaria 2010 si è autorizzato lo Stato ad anticipare alle regioni interessate dai piani di rientro dai disavanzi sanitari per squilibrio economico, fino a un massimo di 1.000 milioni di euro, la liquidità necessaria per l’estinzione dei debiti sanitari cumulativamente registrati fino al 31 dicembre 2005 anche a seguito di accertamenti in sede contenziosa, con contestuale estinzione entro il 31 maggio 2010 dei relativi procedimenti pendenti.

§  gestiti dalla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. per conto del Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi dell’articolo 5 del decreto-legge 269/2003, con il quale è stata definita la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni.

 

Il comma 4 della norma in esame specifica che le operazioni di ristrutturazione dei suddetti mutui non costituiscono nuovi prestiti o mutui ai sensi dell’articolo 4 del decreto legge n. 35 del 2013 contenente misure urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione.

L'articolo 4 in particolare disciplina le condizioni affinché le regioni possano sottoscrivere i contratti per ottenere anticipazioni di somme per il pagamento dei debiti oggetti del decreto 35. La norma condiziona la possibilità di sottoscrivere nuovi prestiti o mutui, oltre che all'osservanza del patto di stabilità come già previsto nella legislazione vigente, alla verifica che il bilancio regionale presenti una situazione di equilibrio strutturale. Entrambi i presupposti devono risultare da una apposita “attestazione regionale”.

Per la sottoscrizione dei contratti di ristrutturazione del debito disciplinati dal comma 1 dell'articolo in esame, non sono richieste le condizioni richieste invece per la sottoscrizione dei mutui disciplinati dal decreto 35 del 2013: osservanza del patto di stabilità e bilancio regionale in situazione di equilibrio strutturale.

 

A seguito della ristrutturazione di tali mutui, il comma 11 prevede l’allungamento della scadenza del debito residuo in trenta rate annuali, da ammortizzare a rate costanti. Il tasso di interesse applicato al nuovo mutuo è pari al rendimento di mercato dei Buoni Poliennali del Tesoro con la durata finanziaria più vicina a quella del nuovo mutuo concesso dal Ministero dell’economia e delle finanze, come rilevato sulla piattaforma di negoziazione MTS il giorno della firma del nuovo contratto di prestito.

Al riguardo, la Relazione evidenzia come l’allungamento della scadenza riduca di circa 185 milioni di euro l’anno la rata annua complessiva dei mutui oggetto della rinegoziazione.

2. Titoli obbligazionari regionali

Il comma 2 autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze ad effettuare emissioni di titoli di Stato ai fini del riacquisto da parte delle regioni dei titoli obbligazionari da esse emessi e aventi le caratteristiche di cui al comma 5, lettera b), vale a dire vita residua pari o superiore a 5 anni e valore nominale dei titoli obbligazionari regionali in circolazione pari o superiore a 250 milioni di euro. Per i titoli in valuta - viene precisato - rileva il cambio fissato negli swap di copertura insistenti sulle singole emissioni.

Nel corso dell'esame del provvedimento al Senato, è stata aggiunta, in relazione ai requisiti per i titoli obbligazionari, la previsione che il valore nominale possa essere anche pari (non solo superiore a) 250 a milioni di euro.

Secondo la Relazione il valore dei titoli aventi tali caratteristiche sarebbe pari a 8.727 milioni di euro in termini nominali, suddiviso tra 9 regioni. Questi titoli, con un profilo di rimborso c.d. bullet (ossia in un'unica soluzione a scadenza), rappresenterebbero spesso il sottostante di derivati che ne hanno trasformato sia il profilo di ammortamento, sia il tasso da fisso a variabile o viceversa, includendo anche diverse tipologie di opzioni.

Le regioni finanzierebbero il riacquisto dei predetti titoli utilizzando il ricavato di un mutuo concesso dal Ministero dell’economia e delle finanze, avente le caratteristiche di cui al comma 11, con contestuale cancellazione dei derivati su di essi insistenti. In questo modo, un debito delle regioni verso il mercato verrebbe sostituito con un debito delle stesse verso il Tesoro.

 

Il comma 12 stabilisce che il riacquisto dei titoli emessi dalle regioni e individuati come idonei è finanziato dal Ministero dell’economia e delle finanze con un mutuo avente le caratteristiche indicate nel comma 11 dell'articolo in esame.

Disposizioni comuni

Ai sensi del comma 3 i risparmi annuali di spesa derivanti alle regioni dalla ristrutturazione del debito (sia dei mutui contratti con il Ministero che dei titoli obbligazionari) vanno prioritariamente destinati al pagamento delle rate di ammortamento delle anticipazioni contratte nel corso dell’esercizio 2014.

 

Il comma 6 esclude dalle operazioni di ristrutturazione del debito le anticipazioni contratte dalle regioni ai sensi degli articoli 2 e 3 del decreto legge n. 35 del 2013, vale a dire i mutui contratti ai fini dell'estinzione dei debiti pregressi aventi determinate caratteristiche e i debiti sanitari.

Come già ricordato il decreto legge 35/2013 ha disciplinato, tra l'altro, la concessione di anticipazioni di somme alle regioni per il pagamento di debiti pregressi. In particolare l'articolo 2 dispone in merito al pagamento dei debiti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e definisce, tra l'altro, quali sono i debiti per il pagamento dei quali le regioni possono chiedere l'anticipazione di somme. L’articolo 3, invece, concede anticipazioni di liquidità sempre in favore delle regioni e delle province autonome ma dirette esclusivamente al pagamento dei debiti sanitari cumulati al 31dicembre 2012.

Le modalità di richiesta della ristrutturazione dei mutui e dei titoli, sono disciplinate al comma 7. Le regioni interessate devono trasmettere entro il 20 giugno 2014 al Ministero dell’economia e delle finanze l’indicazione delle operazioni di indebitamento che presentano i requisiti, con certificazione congiunta del presidente e del responsabile finanziario.

Nel corso dell'esame al Senato, la necessità della richiesta della ristrutturazione del debito, da parte regionale al Ministero, è stata estesa anche alle operazioni aventi ad oggetto i titoli obbligazionari. Nel testo originario essa era prevista solo per la ristrutturazione dei mutui contratti con il Ministero dell'economia e delle finanze.

 

Per quanto concerne i titoli obbligazionari, inoltre, il comma 8 stabilisce che le operazioni di riacquisto dei titoli obbligazionari regionali aventi i requisiti richiesti, sono svolte secondo la normativa vigente che regola i titoli stessi, per il tramite di uno o più intermediari individuati dal Ministero dell’economia e delle finanze tra gli specialisti in titoli di Stato, che ricevono apposito mandato delle singole regioni; tale mandato disciplina altresì le modalità del riacquisto e le commissioni per gli intermediari (comma 9).

 

Il comma 10 rimanda ad decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro il 18 luglio 2014, per l’individuazione delle operazioni di indebitamento ammesse alla ristrutturazione.

Cancellazione dei derivati

Il comma 13 disciplina l’ipotesi in cui i titoli oggetto di riacquisto o i mutui oggetto di rinegoziazione rappresentino il sottostante di operazioni in strumenti derivati. In tale ipotesi, si dispone che la regione provveda alla contestuale chiusura anticipata degli stessi; l’eventuale valore di mercato positivo incassato viene vincolato all’utilizzo da parte della regione per il riacquisto del debito sottostante il derivato stesso.

Nell'ipotesi in cui il derivato presenti un valore di mercato negativo, esso deve essere ricompreso nell’operazione di riacquisto, a condizione che la somma del valore di riacquisto dei titoli e del valore di mercato del derivato non sia superiore al valore nominale dei titoli stessi.

Qualora il sottostante sia un mutuo, la somma dell’eventuale valore di mercato negativo del derivato e del capitale residuo del mutuo oggetto di rinegoziazione non deve essere superiore al capitale residuo risultante alla fine dell’anno solare precedente quello in cui avviene la rinegoziazione.

 

Ai sensi del comma 14, inoltre, non si dà luogo all’operazione di ristrutturazione qualora la somma del prezzo di riacquisto del titolo e del valore degli strumenti derivati ad esso collegati comporti un aumento del debito delle pubbliche amministrazioni, come definito dal Regolamento UE 479/2009.

 

Il comma 15 specifica che la valutazione dei derivati è di competenza delle regioni, che la effettuano sotto la supervisione del Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento del Tesoro - Direzione II.

 

Ai sensi del comma 16, le regioni assumono in autonomia le decisioni in ordine al riacquisto dei titoli e alla chiusura anticipata delle eventuali operazioni in strumenti derivati ad essi riferite, tenendo conto anche dei versamenti già avvenuti negli swap di ammortamento, nei fondi di ammortamento o, comunque, delle quote capitale già accantonate per l’ammortamento di titoli con unico rimborso a scadenza.

 

Infine, il comma 17 stabilisce che la rinegoziazione dei mutui e il riacquisto dei titoli in circolazione oggetto della norma in esame - inclusa l’attività di provvista sul mercato da parte del Ministero dell’economia e delle finanze - non deve determinare un aumento del debito pubblico delle pubbliche amministrazioni come definito dal già citato Regolamento UE 479/2009.

Si rammenta che la legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 572 della legge n. 147 del 2013) ha profondamente innovato la normativa riguardante il ricorso a strumenti finanziari derivati da parte degli enti territoriali, in particolare rendendo permanente il divieto per detti enti di ricorrere a tali strumenti, salvo le ipotesi espressamente consentite dalla legge. Si fa inoltre divieto di rinegoziare derivati in essere o stipulare contratti con componenti derivate. Viene precisato che gli enti territoriali hanno il divieto di emettere titoli obbligazionari o altre passività in valuta estera, con lo scopo di evitare rischi connessi al cambio. Permane il divieto di emettere titoli obbligazionari con rimborso del capitale in unica soluzione alla scadenza.

Sono previste tuttavia specifiche deroghe al predetto divieto. Gli enti dunque potranno:

§  estinguere totalmente, in via anticipata, i contratti relativi a strumenti finanziari derivati;

§  stipulare “novazioni soggettive”, riassegnando i medesimi contratti a controparti diverse dalle originarie, senza modifiche ai termini e alle condizioni finanziarie del contratto;

§  ristrutturare il contratto derivato, come conseguenza di modifica della passività alla quale il medesimo contratto è riferito, ma solo nella forma di operazioni prive di componenti opzionali e volte alla trasformazione da tasso fisso a variabile o viceversa, con la finalità di mantenere la corrispondenza tra la passività rinegoziata e la collegata operazione di copertura;

§  acquistare contratti di finanziamento con cd. cap (strumenti contrattuali volti a proteggere dall’eccessivo aumento dei tassi) da parte dell’ente.

Inoltre, sono esclusi dal divieto sia la cancellazione di clausole di risoluzione anticipata, sia l’eliminazione di componenti opzionali (diverse dall’opzione cap di cui gli enti siano stati acquirenti) mediante regolamento per cassa nell’esercizio di riferimento del saldo. E' mantenuta, con le opportune modifiche, la sanzione della nullità relativa dei contratti relativi a derivati, ovvero di finanziamento con cap, se sottoscritti in violazione delle norme sopra menzionate.


 

Articolo 45-bis
(Anticipazioni di liquidità a favore di EUR S.p.A.)

 

 

L’articolo 45-bis, introdotto presso il Senato, sostituisce, modificandone prevalentemente alcuni aspetti procedurali, i commi 332-333 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2014 (L. n. 147/2013), nei quali si consente alla Società EUR S.p.A. di presentare istanza al Ministero dell’economia e finanze per l’accesso ad una anticipazione di liquidità, per l'anno 2014, nel limite massimo di 100 milioni di euro, per il pagamento dei debiti dell’ente. Modifica inoltre una disposizione della legge di stabilità 2012 in ordine all’utilizzo da parte del Ministero dell’economia di eventuali maggiori entrate derivanti dalle proprie partecipate.

 

Si rammenta che i suddetti commi 332 e 333 attualmente prevede:

§  la concessione dell’anticipazione, previa presentazione di un piano di pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili della predetta Società - a valere sull’incremento, disposto dall’articolo 13, comma 8 del D.L. n. 102/2013)[144] del Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti degli enti territoriali, di cui al comma 10 dell'art. 1 del D.L. n. 35/2013. Di tale assegnazione di liquidità si tiene conto in sede di riparto del suddetto incremento tra le tre sezioni che compongono il Fondo (che più avanti si illustrano);

§  una procedura per l’erogazione dell’anticipazione che prevede la predisposizione, da parte della società, di misure idonee e congrue di copertura annuale del rimborso dell'anticipazione, maggiorata degli interessi, verificate da apposito tavolo tecnico cui partecipano la società, il Ministero dell'economia - Dipartimento del tesoro e Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, nonché il Comune di Roma Capitale. Su tale base si procede poi alla sottoscrizione di apposito contratto tra il MEF - Dipartimento del tesoro e la EUR S.p.A., nel quale sono definite le modalità di erogazione e di restituzione delle somme, comprensive di interessi, in un periodo non superiore a trenta anni, prevedendo altresì, in caso di inadempimento le necessarie modalità di recupero e l'applicazione di interessi moratori.

 

L’articolo 45-bis in esame, al comma 1 riformula tali disposizioni, stabilendo (nuovo comma 332) che Eur Spa presenti entro il 15 luglio 2014 un’istanza per anticipazione di liquidità per il 2014 di 100 milioni, finalizzata al pagamento di debiti commerciali certi, liquidi ed esigibili al 31 dicembre 2013 (termine, quest’ultimo, non previsto nel vigente comma). Tale anticipazione è concessa a valere sulla dotazione della Sezione del Fondo di cui all’articolo 1, comma 10 del D.L. n.35/2013 relativa ai pagamenti dei debiti delle regioni diversi da quelli sanitari (anziché, come previsto dal testo vigente del comma 332, a valere sul Fondo nel suo complesso)

 

Si ricorda che il “Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili” è stato istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, dall’articolo 1, comma 10, del D.L. 8 aprile 2013, n. 35 (legge n. 64/2013), al fine di assicurare alle regioni e agli enti locali la liquidità necessaria ai suddetti pagamenti di debiti maturati alla data del 31 dicembre 2012, con obbligo di restituzione.

Il Fondo è distinto in tre sezioni (a cui corrispondono tre articoli del relativo capitolo di bilancio), “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali”, gestita da Cassa depositi e prestiti, “Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari”, “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio Sanitario Nazionale”. Tali ultime due sezioni sono gestite direttamente dal MEF: Indicazioni più dettagliate sul Fondo in questione, comprensive anche delle dotazioni finanziarie, sono riportate nel commento all’articolo 32 del decreto-legge in esame, cui si rinvia.

 

Ai fini dell’erogazione dell’anticipazione, EUR Spa dovrà presentare (nuovo comma 333) un piano di rimborso della stessa, comprensivo degli interessi e corredato delle necessarie garanzie, che verrà verificato da un esperto indipendente designato dal Ministero dell’economia, (invece che dal tavolo tecnico previsto dal vigente comma 333, cui partecipano la società, il Ministero dell'economia nonché il Comune di Roma Capitale). All’esito della verifica si procederà - come ora previsto dal vigente comma 333, che per tali ulteriori profili non viene modificato nella nuova formulazione recata dall’articolo 45-bis in esame – alla sottoscrizione di apposito contratto tra il MEF - Dipartimento del tesoro e la EUR S.p.A., nel quale sono definite le modalità di erogazione e di restituzione delle somme, compresi gli interessi (ad un tasso pari al rendimento dei BTP quinquennali al momento in corso di emissione) in un periodo non superiore a trenta anni, prevedendo altresì, in caso di inadempimento le necessarie modalità di recupero e l'applicazione di interessi moratori.

 

Si ricorda che EUR S.p.A. è una società pubblica partecipata per il 90% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e per il 10% da Roma Capitale[145].

L’oggetto sociale della Società consiste nella gestione e nella valorizzazione del complesso di beni di proprietà, anche attraverso la costruzione di nuove strutture, ovvero l’alienazione di immobili e, in genere, mediante tutte le operazioni commerciali, mobiliari, immobiliari, finanziarie e promozionali ritenute utili, al fine di massimizzarne la redditività, nel rispetto, comunque, del particolare valore storico e artistico dei singoli immobili.

Le più importanti operazioni di valorizzazione e incremento del patrimonio immobiliare intraprese dalla società a partire dalla sua costituzione concernono, in particolare, l’area dell’ex Velodromo Olimpico, la ristrutturazione del Palazzo della Civiltà Italiana, il completamento e l’attuazione degli accordi di programma relativi ai progetti urbanistici “EUR Castellaccio” e “Centralità Locale della Laurentina”, la costruzione del Nuovo Centro Congressi.

Secondo quanto risulta dal Bilancio consolidato al 31 dicembre 2012 di EUR S.p.A. pubblicato sul sito della società, l’esercizio 2012 si è chiuso a livello consolidato con un utile di esercizio di 9,3 milioni di euro (rispetto ai 9,4 milioni del 2011).

Per ciò che specificamente concerne il totale dei debiti, quelli verso banche ammontano a 188,7 milioni di euro (rispetto ai 154,2 milioni del 2011); i debiti verso fornitori ammontano a 54,7 milioni di euro (rispetto ai 42,2 milioni nel 2011); mentre i debiti verso imprese collegate ammontano a 9,6 milioni di euro (rispetto ai 12,9 milioni del 2011); i debiti tributari ammontano a 3,8 milioni (rispetto ai 2,7 milioni del 2011).

 

Il comma 2 interviene in ordine all’utilizzo da parte del Ministero dell’economia di eventuali maggiori entrate derivanti dalle proprie partecipate, con riferimento in particolare a quanto dispone l’articolo 6, comma 6, della legge n.183/2011 (legge di stabilità 2012).

Quest’ultimo stabilisce che per le società partecipate dal Ministero dell'economia, le eventuali maggiori entrate, fino ad un massimo di 5 milioni annui rispetto alle previsioni, derivanti dalla distribuzione di utili d'esercizio o di riserve sotto forma di dividendi o la attribuzione di risorse per riduzioni di capitale, possono essere utilizzate, nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica e secondo criteri e limiti stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, per aumenti di capitale di società partecipate, anche indirettamente, dal medesimo Ministero, ovvero per la sottoscrizione di capitale di società di nuova costituzione.

La modifica disposta dal comma 2 consiste nella eliminazione del suddetto limite di 5 milioni per l’importo massimo di tali operazioni.


 

Articolo 46
(Concorso delle regioni e delle province autonome alla
riduzione della spesa pubblica
)

 

 

L’articolo 46 stabilisce le modalità e la misura del concorso delle regioni e delle province autonome alla riduzione della spesa pubblica, determinato per il complesso di quegli enti dall'articolo 8, comma 4, del decreto legge in esame, in 700 milioni di euro per il 2014 e in 1.050 milioni per gli anni dal 2015 al 2017.

I commi da 1 a 5 determinano un miglioramento dei saldi di finanza pubblica mediante il risparmio richiesto alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, pari a 200 milioni di euro per il 2014 e pari a 300 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017.

Il comma 6 determina il contributo alla finanza pubblica che le regioni a statuto ordinario sono tenute ad assicurare, pari complessivamente a 500 milioni di euro per l'anno 2014 e a 750 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017. Le regioni potranno decidere gli ambiti di spesa sui quali incidere per realizzare il risparmio e l'ammontare del risparmio riferito a ciascuna regione mediante intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni. Le somme così stabilite (comma 7) andranno sottratte al limite di spesa fissato per il patto di stabilità interno.

Regioni a statuto speciale e province autonome

Il commi da 1 a 5 riguardano le regioni a statuto speciale e le due province autonome di Trento e di Bolzano. Questi enti sono tenuti ad assicurare un risparmio pari complessivamente a 200 milioni di euro per il 2014 e pari a 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017. Le suddette cifre sono stabilite e ripartite tra i sei enti dalla tabella del comma 3 della norma in esame, che va a sostituire la tabella inserita nella legge di stabilità 2014 (comma 526) e che definiva l'ulteriore concorso delle autonomie speciali alla finanza pubblica per il 2014 (stabilito in 240 milioni di euro).

Le medesime cifre costituiscono una delle voci di risparmio che ciascuna autonomia speciale è tenuta a considerare al fine della definizione del proprio obiettivo del patto di stabilità; per questo motivo i 200 milioni di euro per il 2014 e i 300 milioni per gli anni 2015-2017 sono inseriti nella tabella contenuta nel comma 454, lett. d) della legge di stabilità 2013, norma in cui sono elencati i diversi contributi richiesti alle autonomie speciali (comma 2 della norma in esame).

 

Nello specifico il comma 1 dell'articolo in esame, contiene il richiamo ai principi di coordinamento della finanza pubblica contenuti nel decreto in esame, ai quali le autonomie speciali sono tenute ad adeguare i propri ordinamenti, ovvero, più precisamente, in ragione dei quali sono tenute ad assicurare il contributo ai tagli alla spesa pubblica come stabiliti nei successivi commi 2 e 3.

 

Il comma 2 sostituisce la tabella presente al comma 454, lett. d) dell'articolo 1 della legge 228/2012 (legge di stabilità 2013), inserita dalla legge di stabilità 2014 (art. 1, comma 499, lettera b).

La tabella stabilisce per ciascuna autonomia speciale il risparmio che deve assicurare pari complessivamente a 500 milioni di euro per il 2014 e 703 milioni di euro per gli anni 2015-2017.

Gli importi indicati nella tabella sono una delle voci – elencate al citato comma 454, legge di stabilità 2013 – che ciascuna regione a statuto speciale e provincia autonoma deve prendere a riferimento per il calcolo dell’obiettivo specifico del patto, al fine della sottoscrizione dell'accordo con il Ministero dell'economia e delle finanze. Per le regioni Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna l'obiettivo è calcolato sottraendo alle spese finali 2011, calcolate in termini di competenza eurocompatibile le voci espressamente elencate nella norma. Per la Regione Trentino Alto-Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano l'obiettivo è calcolato aumentando il saldo programmatico, sempre in termini di competenza eurocompatibile, delle medesime voci.

La nuova tabella indicata dalla lettera d) è la seguente:

 

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L'aumento del contributo dettato dalla norma in esame è pari, complessivamente a 200 milioni di euro per il 2014 e a 300 milioni per gli anni 2015-2017. Rispetto alla tabella inserita dalla legge di stabilità 2014, infatti, l'importo totale per il 2014 passa da 300 a 500 milioni di euro, mentre per gli anni 2015-2017 passa da 403 a 703 milioni di euro.

 

Conseguentemente all'aumento del contributo, la norma in esame sposta il termine per la presentazione della proposta di accordo al Ministro dell'economia e delle finanze entro il 30 giugno 2014 (anziché entro il 31 marzo). In sostanza la proposta deve necessariamente inglobare i nuovi risparmi stabiliti dalla norma in esame.

Si ricorda infatti per le regioni a statuto speciale e le due province autonome di Trento e di Bolzano la disciplina del patto di stabilità si discosta dalla disciplina 'ordinaria' per la necessità della definizione di una intesa tra ciascun ente e il Ministero dell'economia e delle finanze per determinare la misura e le modalità del concorso di ciascuna regione agli obiettivi del patto di stabilità. Al pari degli altri enti territoriali, infatti, esse sono assoggettate agli obiettivi di finanza pubblica stabiliti dalla legge che determina altresì, la misura complessiva del risparmio da realizzare. Tuttavia, in ragione della particolare autonomia di cui esse godono, sancita da norme di rango costituzionale, la legge prevede che l'obiettivo specifico di ciascun ente venga concordato ogni anno con il Ministero.

Il comma 3 sostituisce il comma 526 dell'articolo 1 della legge n. 147/2013 (legge di stabilità 2014).

La legge di stabilità 2014 ha stabilito l'ulteriore concorso alla finanza pubblica in complessivi 240 milioni di euro. per il solo esercizio 2014.

La nuova tabella inserita dalla norma in esame, prevede che l'ulteriore concorso alla finanza pubblica delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, ammonti complessivamente a 440 milioni di euro per l’anno 2014 e a 300 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017, incrementando l'ulteriore concorso alla finanza pubblica di 200 milioni per l'anno 2014 e di 300 milioni per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017.

Come nel previgente comma 526, inoltre, la norma stabilisce che fino all'emanazione delle norme di attuazione dell'articolo 27 della legge delega sul federalismo fiscale (norma che disciplina le procedure concordatarie per l'attuazione dei principi di perequazione e di solidarietà recati del federalismo fiscale), l'importo del concorso complessivo è accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, secondo gli importi indicati, per ciascuna regione a statuto speciale e provincia autonoma, nella tabella inserita nel testo di legge:

 

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Ai sensi del comma 4, gli importi individuati dalle tabelle di cui ai commi 2 e 3 possono essere modificati, ad invarianza dell'ammontare complessivo, mediante accordo tra le regioni e province autonome interessate da sancire entro il 30 giugno 2014, in sede di Conferenza Stato-Regioni. Tale riparto è recepito con successivo decreto del Ministero dell’economia e delle finanze.

Di conseguenza il comma 5 abroga il comma 527 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2014, che individua la procedura per modificare, a invarianza di concorso complessivo alla finanza pubblica, gli importi della tabella di cui al comma 526.

Regioni a statuto ordinario

Il comma 6 dispone che le regioni “a statuto speciale e le province autonome”, sono tenute ad assicurare un contributo alla finanza pubblica pari a 500 milioni di euro per l'anno 2014 e a 750 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017.

 

Con riguardo alla formulazione della norma, si osserva che con la dicitura “regioni a statuto speciale e province autonome”, essa sembrerebbe indirizzata a tutte le regioni; tuttavia, il contesto e quanto disposto dalla norma, sembrano piuttosto far riferimento alle sole regioni a statuto ordinario, atteso che alle autonomie speciali sono invece riferiti i commi da 1 a 5 dell’articolo in esame. Il contributo alla finanza pubblica delle regioni, del resto, è stato sempre ripartito – e quindi disciplinato in maniera diversa, così come il patto di stabilità - tra le due 'categorie': regioni a statuto speciale e regioni a statuto ordinario, in conseguenza del diverso sistema di finanziamento di quegli enti.

Letta in questo senso la norma confermerebbe quanto fatto in tutte le manovre finanziare precedenti: il contributo pari a 700 milioni di euro richiesto alle regioni è ripartito, per il 2014 ( e poi con importi differenti negli anni successivi) in 200 milioni richiesti alle regioni a statuto speciale e 500 milioni richiesti alle regioni a statuto ordinario.

 

La norma stabilisce che 'in sede di autocoordinamento' le regioni decidono gli ambiti di spesa sui quali operare le riduzioni e gli importi del contributo, tenendo anche conto del rispetto dei tempi di pagamento stabiliti dalla direttiva 2011/7/UE (recante misure contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali)[146], nonché dell’incidenza degli acquisti centralizzati.

La decisione concordata deve essere recepita con intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni:

§  entro il 31 maggio 2014, con riferimento all'anno 2014;

§  entro il 31 ottobre 2014, con riferimento agli anni 2015 e seguenti.

 

Ove non si pervenga all'intesa, la norma stabilisce che gli importi attribuiti alle singole regioni e gli ambiti di spesa dovranno essere determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi entro 20 giorni dalla scadenza dei predetti termini, tenendo anche conto del PIL e della popolazione residente. Sulla base delle determinazioni assunte con il D.P.C.M. potranno essere rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti di spesa individuati e le modalità di acquisizione delle risorse da parte dello Stato.

Non risultano ravvisabili le ragioni del diverso criterio sulla base del quale determinare gli ambiti di spesa e gli importi da ridurre nelle due ipotesi di determinazione da parte regionale, vale a dire tenendo anche conto del rispetto dei tempi di pagamento stabiliti dalla direttiva 2011/7/UE nonché dell’ incidenza degli acquisti centralizzati delle regioni, ovvero (in presenza di mancata intesa) con D.P.C.M., nel qual caso si prevede invece che si tenga conto anche del PIL e della popolazione residente.

 

Nella seduta della Conferenza Stato-Regioni del 29 maggio è stata sancita l'intesa per l'anno 2014[147]. Le regioni, confermando peraltro il riferimento alle sole regioni a statuto ordinario, hanno individuato gli ambiti e le relative risorse per il contributo al risanamento dei conti pubblici per il 2014, nonché le modalità di copertura del saldo netto da finanziare.

Il concorso alla riduzione della spesa viene realizzato attraverso la rinuncia a determinate deroghe al patto di stabilità previste dalla legislazione vigente e attraverso una razionalizzazione e contenimento della spesa per un totale di 508 milioni di euro. Le risorse stanziate dalla legge di stabilità 2014 ed attualmente escluse dal patto di stabilità saranno cioè impiegate nei limiti dell'obiettivo programmatico già fissato. In tal modo, affermano le regioni, è assolto anche l'adempimento previsto dal comma 7, che – come illustrato di seguito – richiede alle regioni che i risparmi definiti dall'intesa siano sottratti dal tetto massimo di spesa fissato per il patto di stabilità.

Le voci, e i relativi importi, elencate nella tabella allegata all'intesa sono le seguenti:

§  Scuole paritarie, per 100 mln. di euro; la deroga è stabilita dall'art. 1 comma 260 della legge 147/2013 (legge di stabilità 2014). La norma esclude le spese per il sostegno alle scuole paritarie effettuate dalle regioni con le risorse ad esse attribuite dallo Stato e pari a 220 milioni di euro, dal computo ai fini del patto di stabilità interno per il 2014, nel limite di 100 milioni di euro;

§  Borse di studio, per 150 mln. di euro; il Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio universitarie (art. 18, co. 1, lett. a), del d.lgs. 68/2012), è stato incrementato di 100 milioni di euro annui, a decorrere dal 2014, dall'art. 2, comma 1 del D.L. 104/2013 (legge 128/2013) e di 50 milioni di euro dall'articolo 1, comma 259 della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014); il citato art. 2 della del D.L. 104/2013, al comma 2 ha escluso dai limiti del patto di stabilità i pagamenti effettuati dalle regioni con le risorse statali del Fondo integrativo;

§  Libri di testo, per 103 mln. di euro; la spesa di 103 milioni di euro, a decorrere, dal 2013, è stata autorizzata dall'art. 23, comma 5, del D.L. 95/2012 per la fornitura gratuita dei libri di testo in favore degli alunni che adempiono l'obbligo scolastico, ovvero in comodato agli studenti della scuola secondaria superiore;

§  Disabili, per 20 mln. di euro[148] ;

§  Materiale rotabile, per 135 mln. di euro. Il comma 4, lett. l), della legge 183/2011 (legge di stabilità 2012) stabilisce l'esclusione dal patto di stabilità delle spese finanziate dal fondo per il trasporto pubblico locale e ferroviario, istituito dal comma 3 dell'articolo 21 del D.L. n. 98/2011, nel limite (posto dalla legge di stabilità 2013) di 1.600 milioni di euro.

Per quanto concerne il saldo netto da finanziare, pari a 500 milioni di euro, le regioni hanno concordato una riduzione del Fondo sviluppo e coesione sulla programmazione 2014-2020 per 200 milioni di euro e la riduzione delle risorse destinate al rinnovamento del materiale rotabile e degli autobus per un importo di 300 milioni di euro.

 

Il comma 7 è riferito esplicitamente alle sole regioni a statuto ordinario e stabilisce che gli importi riferiti a ciascuna regione e determinati con l'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni o con DPCM dovranno essere sottratti dal limite di spesa fissato per il patto di stabilità.

Si ricorda al riguardo che il comma 449-bis dell'articolo 1 della legge di stabilità 2013 (come modificato dal comma 497 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2014) individua, in apposita tabella, per ciascuno degli anni dal 2014 al 2017, l’obiettivo del patto di stabilità interno espresso in termini di competenza eurocompatibile di ciascuna regione a statuto ordinario.


 

Articolo 47
(Concorso delle province, delle città metropolitane e dei comuni alla riduzione della spesa pubblica)

 

 

L’articolo 47, ai commi da 1 a 7 dispone che le province e le città metropolitane assicurino un contributo alla finanza pubblica pari a 444,5 milioni per il 2014, a 576,7 milioni per il 2015 e a 585,7 milioni per ciascuno degli anni 2016 e 2017. I commi da 8 a 13 recano analoghe disposizioni relativamente ai comuni, i quali dovranno assicurare un contributo alla finanza pubblica pari a 375,6 milioni per il 2014 e a 563,4 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017.

 

In particolare, il comma 1, nel definire il contributo alla finanza pubblica da parte delle province e delle città metropolitane per gli anni 2014-2017, indica le fonti di spesa che vengono poste in riduzione, come di seguito esposto:

 

Norma

Riduzioni spesa

2014

2015

2016

2017

Art. 19

Costi province e città metropolitane

100,0

60,0

69,0

69,0

Art. 47, co. 2 a

Beni e servizi

340,0

510,0

510,0

510,0

Art. 47, co. 2 b

Autovetture

0,7

1,0

1,0

1,0

Art. 47, co. 2 c

Consulenze e studi

3,8

5,7

5,7

5,7

TOTALE

 

444,5

576,7

585,7

585,7

 

Tale contributo è disposto nelle more dell’emanazione del DPCM di cui al comma 92 dell’articolo 1 della legge 7 aprile 2014, n. 56[149].

Si ricorda che il comma 92 dell'articolo 1 citato prevede che entro il 24 luglio 2014 ( tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge) con DPCM sono stabiliti, previa intesa in sede di Conferenza unificata, i criteri generali per l'individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse all'esercizio delle funzioni che devono essere trasferite dalle province agli enti subentranti; il DPCM dispone anche direttamente in ordine alle funzioni amministrative delle province in materie di competenza statale.

 

Il comma 2 prevede che con decreto del Ministro dell'interno - da emanare entro il 30 giugno per l’anno 2014 ed entro il 28 febbraio per gli anni successivi - sono determinati i risparmi da conseguire ai sensi del precedente comma 1 da parte di ciascuna provincia e città metropolitana.

Tali risparmi, da versare ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato, sono determinati sulla base di una serie di criteri. Più in dettaglio:

§  la lettera a) del comma 2 individua i criteri relativi agli interventi di cui all'articolo 8 concernenti la riduzione della spesa per beni e servizi.

In tale ipotesi la riduzione è operata nella misura complessiva di 340 milioni per il 2014 e di 510 milioni per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017, proporzionalmente alla spesa media, sostenuta nell’ultimo triennio, relativa ai codici SIOPE individuati nella tabella A allegata al decreto-legge in esame (come modificata dal Senato)[150].

Il Senato ha soppresso la restante parte del testo della lettera a).

Si trattava di una disposizione di carattere sostanzialmente sanzionatorio per gli enti che nell’ultimo anno hanno registrato tempi medi nei pagamenti relativi a transazioni commerciali superiori a 90 giorni rispetto a quanto disposto dal decreto legislativo n. 231 del 2002, per i quali la riduzione è aumentata del 5 per cento, mentre ai restanti enti la riduzione veniva proporzionalmente ridotta in misura corrispondente a detto incremento. Analogamente per gli enti che nell’ultimo anno hanno fatto ricorso agli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip S.p.A. e alle centrali di committenza regionale di riferimento costituite ai sensi dell’articolo 1, comma 455, della legge n. 296/2006 in misura inferiore al valore mediano la riduzione era incrementata del 5 per cento, mentre ai restanti enti la riduzione veniva proporzionalmente ridotta.

Si disponeva pertanto che le province e città metropolitane trasmettano al Ministero dell’interno - entro il 31 maggio per l’anno 2014 ed entro il 28 febbraio per gli anni dal 2015 al 2017 - una certificazione sottoscritta dal rappresentante legale, dal responsabile finanziario e dall’organo di revisione economico-finanziaria, attestante:

-     il tempo medio dei pagamenti effettuati l’anno precedente;

-     il valore degli acquisti di beni e servizi - relativi ai codici SIOPE indicati nella tabella B allegata al decreto-legge - sostenuti nell’anno precedente, evidenziando gli acquisti effettuati mediante ricorso agli strumenti messi a disposizione da Consip S.p.A. e dalle centrali di committenza regionale.

In caso di mancata trasmissione della certificazione nei termini indicati si prevedeva un incremento del 10 per cento della riduzione.

§  la lettera b) del comma 2 individua i criteri relativi agli interventi previsti dall'articolo 15 concernenti la riduzione della spesa per autovetture.

In tale ipotesi la riduzione della spesa (0,7 milioni per il 2014 e 1 milione per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017) è operata in proporzione al numero di autovetture di ciascuna provincia e città metropolitana comunicato annualmente al Ministero dell’interno dal Dipartimento della funzione pubblica.

§  la lettera c) individua i criteri relativi agli interventi di cui all'articolo 14 concernenti la riduzione della spesa per incarichi di consulenza, studio e ricerca e per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa.

Anche in tale ipotesi la riduzione della spesa (3,8 milioni per il 2014 e 5,7 milioni per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017) è operata in proporzione alla spesa per consulenze comunicata al Ministero dell’interno dal Dipartimento della funzione pubblica.

 

Ai sensi del comma 3 gli importi e i criteri individuati dal precedente comma 2 possono essere modificati per ciascuna provincia e città metropolitana - entro il 30 giugno (termine così modificato dal Senato rispetto all’originario 15 giugno) per l’anno 2014 ed entro il 31 gennaio per gli anni successivi - dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali, purché a invarianza di riduzione complessiva, sulla base di un'istruttoria condotta dall’ANCI e dall'UPI e recepiti con decreto del Ministro dell'interno.

 

Il comma 4 prevede che nel caso di mancato versamento all’entrata del bilancio dello Stato, entro il mese di luglio l'Agenzia delle entrate provveda a recuperare le somme predette nei confronti delle province e delle città metropolitane interessate, a valere sui versamenti dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore (di cui all'articolo 60 del decreto legislativo n. 446 del 1997), riscossa tramite modello F24, all'atto del riversamento del relativo gettito alle stesse province.

In tale ipotesi l'Agenzia delle entrate opera attraverso la “struttura di gestione” prevista dall'articolo 22, comma 3, del decreto legislativo n. 241 del 1997.

 

Si tratta della struttura originariamente individuata - ai sensi del D.M. 22 maggio 1998, n. 183 - nel Ministero delle finanze, Dipartimento delle entrate, direzione centrale per la riscossione – le cui competenze ora sono attribuite all’apposita “Struttura di gestione” dell’Agenzia delle entrate, Direzione centrale amministrazione, pianificazione e controllo, che provvede a: acquisire i dati analitici contenuti nei modelli di versamento; verificare quotidianamente la tempestività e la correttezza dell'operato delle banche delegate e dei concessionari nell'invio dei dati nonché la tempestività e l'esattezza dei versamenti effettuati nell'apposita contabilità speciale; suddividere quotidianamente le somme accreditate dalle banche delegate e dai concessionari nell'apposita contabilità speciale e disporne il versamento ai singoli enti destinatari; comunicare quotidianamente a ciascun ente destinatario i dati analitici della sezione dei modelli di versamento di sua competenza.

 

Ai sensi del comma 5 tuttavia le province e le città metropolitane possono comunque rimodulare o adottare misure alternative di contenimento della spesa corrente, purché si conseguano risparmi comunque non inferiori a quelli derivanti dall’applicazione del comma 2.

 

Il comma 6 prevede che con il già citato DPCM previsto dal comma 92 dell’articolo 1 della legge n. 56 del 2014 - a seguito del trasferimento delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse all’esercizio delle funzioni che devono essere trasferite tra le province, le città metropolitane e gli altri enti territoriali interessati - siano altresì stabilire le modalità di recupero delle somme di cui ai commi precedenti.

 

Il comma 7 assegna all’organo di controllo di regolarità amministrativa e contabile verificare che le misure di indicate ai commi 2 e 5 siano adottate, dandone atto nella relazione sul bilancio di previsione e sul rendiconto trasmessa alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, ai sensi del comma 166 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2006 (legge n. 266/2005).

 

I commi da 8 a 13 recano disposizioni concernenti i comuni.

 

In particolare, il comma 8, nel definire il contributo alla finanza pubblica da parte dei comuni per gli anni 2014-2017 pari a 375,6 milioni per il 2014 e a 563,4 milioni per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017, indica le fonti di spesa che vengono poste in riduzione, come di seguito esposto:

 

Norma

Riduzioni spesa

2014

2015

2016

2017

Art. 47, co. 2 a

Beni e servizi

360,0

540,0

540,0

540,0

Art. 47, co. 2 b

Autovetture

1,6

2,4

2,4

2,4

Art. 47, co. 2 c

Consulenze e studi

14,0

21,0

21,0

21,0

TOTALE

 

375,6

563,4

563,4

563,4

 

Viene pertanto corrispondentemente ridotto il fondo di solidarietà comunale - come determinato ai sensi dell'articolo 1, comma 380-ter, della legge di stabilità 2013 (come rideterminato dall’articolo 1, comma 730, della legge di stabilità 2014 - di 375,6 milioni per il 2014 e di 563,4 milioni per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017.

 

L’articolo 1, comma 730, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013), nel modificare il comma 380-ter della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012), ha indicato la dotazione del Fondo di solidarietà comunale in 6.647,1 milioni per l’anno 2014[151] e in 6.547,1 milioni di euro per gli anni 2015 e successivi.

 

Ai fini dell’alimentazione del Fondo, si prevede che la suddetta dotazione sia assicurata, per ciascuno degli anni considerati, per un importo pari a 4.717,9 milioni di euro attraverso una quota dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni, ai sensi dell’articolo 13 del D.L. n. 201/2011, che viene a tal fine versata dai comuni all’entrata del bilancio dello Stato nei singoli esercizi.

Si rimanda al disegno di legge di assestamento ovvero ad appositi decreti di variazione del Ministro dell’economia e delle finanze l’adozione delle variazioni compensative, in aumento o in riduzione, della dotazione del Fondo di solidarietà comunale, al fine di tenere conto dell’effettivo gettito IMU derivante dagli immobili.

 

A seguito della riduzione disposta dal comma 8 in esame, la dotazione del Fondo di solidarietà comunale risulterebbe pertanto così definita:

 

Norma

2014

2015

2016

2017

Legge di bilancio 2014-2016

6.617,1

6.547,1

6.547,1

6.547,1

Riduzione art. 47, co. 8

375,6

563,4

563,4

563,4

DISPONIBILITA’

6.241,5

5.983,7

5.983,7

5.983,7

 

Analogamente a quanto previsto dal comma 2 per province e città metropolitane, il comma 9 prevede che con decreto del Ministro dell'interno - da emanare entro il 30 giugno per l’anno 2014 ed entro il 28 febbraio per gli anni successivi - siano determinate le riduzioni di spesa per ciascun comune da conseguire ai sensi del comma 8, sulla base di una serie di criteri:

§  la lettera a) del comma 9 individua i criteri relativi agli interventi di cui all'articolo 8 concernenti la riduzione della spesa per beni e servizi dei comuni, in modo analogo a quanto previsto dal precedente comma 2, lettera a), per province e città metropolitane.

Nel caso dei comuni la riduzione è operata nella misura complessiva di 360 milioni per il 2014 e di 540 milioni per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017, proporzionalmente alla spesa media, sostenuta nell’ultimo triennio, relativa ai codici SIOPE individuati nella tabella A allegata al decreto-legge in esame (come modificata dal Senato)[152]. Viene prevista una disposizione di carattere sostanzialmente sanzionatorio per gli enti che nell’ultimo anno hanno registrato tempi medi nei pagamenti relativi a transazioni commerciali superiori a 90 giorni rispetto a quanto disposto dal decreto legislativo n. 231 del 2002, per i quali la riduzione è aumentata del 5 per cento, mentre ai restanti enti la riduzione è proporzionalmente ridotta in misura corrispondente a detto incremento.

Analogamente per gli enti che nell’ultimo anno hanno fatto ricorso agli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip S.p.A. e dei soggetti aggregatori indicati dal precedente articolo 9, ai commi 1 e 2 (così modificato dal Senato)[153] in misura inferiore al valore mediano la riduzione è incrementata del 5 per cento, mentre ai restanti enti la riduzione viene proporzionalmente ridotta.

Si dispone pertanto che gli province e città metropolitane trasmettano al Ministero dell’interno - entro il 31 maggio per l’anno 2014 ed entro il 28 febbraio per gli anni dal 2015 al 2017 - una certificazione sottoscritta dal rappresentante legale, dal responsabile finanziario e dall’organo di revisione economico-finanziaria, attestante:

-     il tempo medio dei pagamenti effettuati l’anno precedente;

-     il valore degli acquisti di beni e servizi - relativi ai codici SIOPE indicati nella tabella B allegata al decreto-legge - sostenuti nell’anno precedente, evidenziando gli acquisti effettuati mediante ricorso agli strumenti messi a disposizione da Consip S.p.A. e dalle centrali di committenza regionale.

In caso di mancata trasmissione della certificazione nei termini indicati si prevede un incremento del 10 per cento della riduzione.

A tal fine il Ministero dell’interno, Dipartimento per gli affari interni e territoriali, Direzione centrale della finanza locale, con decreto 8 maggio 2014[154] ha approvato il modello relativo alla comunicazione da parte dei comuni del tempo medio dei pagamenti effettuati nell’anno 2013 e del valore degli acquisti di beni e servizi sostenuti nel medesimo anno relativi ai codici SIOPE indicati nella tabella B. In pari data ha altresì emanato la circolare F.L. 8/2014[155] relativamente alle modalità di certificazione di tale comunicazione. Ulteriori chiarimenti sono stati forniti con la circolare F.L. 9/2014 del 16 maggio 2014[156].

§  la lettera b) del comma 9 individua i criteri relativi agli interventi di cui all'articolo 15 concernenti la riduzione della spesa per autovetture dei comuni.

Nel caso dei comuni la riduzione (1,6 milioni per il 2014 e 2,4 milioni per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017) è operata in proporzione al numero di autovetture di ciascuna provincia e città metropolitana comunicato annualmente al Ministero dell’interno dal Dipartimento della funzione pubblica

§  la lettera c) individua i criteri relativi agli interventi di cui all'articolo 14 concernenti la riduzione della spesa per incarichi di consulenza, studio e ricerca e per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa.

Anche in tale ipotesi la riduzione della spesa (14 milioni per il 2014 e 21 milioni per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017) è operata in proporzione alla spesa per consulenze comunicata al Ministero dell’interno dal Dipartimento della funzione pubblica.

 

Il comma 10 prevede che gli importi e i criteri individuati dal comma 9 possono essere modificati per ciascun comune - entro il 30 giugno (termine così modificato dal Senato rispetto all’originario 15 giugno) per l’anno 2014 ed entro il 31 gennaio per gli anni successivi - dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali, purché a invarianza di riduzione complessiva, sulla base di un'istruttoria condotta dall’ANCI e recepiti con decreto del Ministro dell'interno.

 

Il comma 11 prevede che in caso di incapienza, in base ai dati comunicarti dal Ministero dell'interno, l'Agenzia delle entrate provveda a recuperare le somme predette nei confronti dei comuni interessati, a valere sui versamenti dell'IMU, all'atto del riversamento del relativo gettito agli stessi comuni.

 

Ai sensi del comma 12 i comuni possono comunque rimodulare o adottare misure alternative di contenimento della spesa corrente, purché si conseguano risparmi comunque non inferiori a quelli derivanti dall’applicazione del comma 9.

 

Il comma 13 attribuisce infine all’organo di controllo di regolarità amministrativa e contabile dei comuni il compito di verificare che le misure di cui ai precedenti commi siano adottate, dandone atto nella relazione sul bilancio di previsione e sul rendiconto trasmessa alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti.


 

Articolo 48
(Edilizia scolastica)

 

 

L’articolo 48 prevede, nel limite massimo di 122 milioni di euro per ciascun anno, l’esclusione per gli anni 2014 e 2015 dal patto di stabilità interno delle spese sostenute dai comuni per interventi di edilizia scolastica, e l’assegnazione da parte del CIPE di risorse fino ad un importo massimo di 300 milioni di euro per la prosecuzione del programma di interventi di riqualificazione e messa in sicurezza delle istituzioni scolastiche statali.

Le risorse per l’edilizia scolastica fuori dal patto di stabilità interno

Il comma 1 esclude dal computo del saldo finanziario rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno per gli anni 2014 e 2015, le spese sostenute dai comuni in tali anni per interventi di edilizia scolastica. L'esclusione opera nel limite massimo di 122 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015.

A tal fine, viene novellato l'articolo 31 della legge n. 183/2011 (legge di stabilità per il 2012), relativo alla disciplina del patto di stabilità interno degli enti locali, in cui viene inserito il comma 14-ter.

Si ricorda che, ai sensi del comma 3 dell’articolo 31 della legge n. 183/2011, il saldo finanziario rilevante per il patto di stabilità interno degli enti locali è calcolato quale differenza tra entrate finali e spese finali, espresso in termini di competenza mista (criterio contabile che considera le entrate e le spese in termini di competenza, per la parte corrente, e in termini di cassa per la parte degli investimenti, al fine di rendere l'obiettivo del patto di stabilità interno più coerente con quello del Patto europeo di stabilità e crescita), al netto delle entrate derivanti dalla riscossione di crediti e delle spese derivanti dalla concessione di crediti, come riportati nei certificati di conto consuntivo.

 

I comuni beneficiari dell'esclusione e l'importo dell'esclusione stessa sono individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanare entro il 15 giugno 2014.

Nel corso dell’esame al Senato, è stato precisato che per l’adozione del D.P.C.M. che individua i comuni beneficiari della deroga dal patto di stabilità sia sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

Le risorse per interventi di riqualificazione e messa in sicurezza degli edifici scolastici

Il comma 2 prevede l’assegnazione di risorse fino ad un importo massimo di 300 milioni di euro per la prosecuzione del programma di interventi di riqualificazione e messa in sicurezza delle istituzioni scolastiche statali avviato con l’art. 18, co. 8-ter e seguenti, del D.L. n. 69/2013 (L. n. 98/2013).

 

Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che l’art. 18, co. 8-ter -8-sexies, del D.L. n. 69/2013 (L. n. 98/2013) ha autorizzato, per l’anno 2014, la spesa di 150 milioni di euro per attuare misure urgenti in materia di riqualificazione e messa in sicurezza delle istituzioni scolastiche statali, con particolare riferimento a quelle in cui sia stata censita la presenza di amianto, disponendo la ripartizione delle risorse a livello regionale, da assegnare successivamente agli enti locali proprietari degli immobili ad uso scolastico, corrispondentemente al numero degli edifici scolastici e degli alunni presenti nella singola regione, oltre che alla situazione del patrimonio edilizio scolastico, sulla base delle quote indicate nella Tabella 1 allegata al decreto.

Gli enti locali dovevano presentare alle regioni, entro il 15 settembre 2013, i progetti esecutivi immediatamente cantierabili di messa in sicurezza, ristrutturazione e manutenzione straordinaria degli edifici scolastici.

Le regioni dovevano presentare al MIUR, entro il 15 ottobre 2013, le graduatorie, alle quali si faceva riferimento per l’assegnazione delle risorse, da effettuare entro il 30 ottobre 2013 con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca[157]. L’assegnazione del finanziamento autorizzava gli enti locali ad avviare le procedure di gara ovvero di affidamento dei lavori, da effettuare (originariamente) entro il termine del 28 febbraio 2014, pena la revoca del finanziamento.

L’art. 18 del D.L. n. 69/2013 ha, altresì, stabilito che le eventuali economie di spesa che dovessero rendersi disponibili alla chiusura delle procedure previste, ovvero le risorse derivanti dalle revoche, vengono riassegnate dal MIUR in base alla graduatoria delle richieste. Lo stesso Ministero provvede al trasferimento delle risorse agli enti locali per permettere i pagamenti entro il 31 dicembre 2014, secondo gli stati di avanzamento dei lavori debitamente certificati[158].

Il termine del 28 febbraio è stato poi stato prorogato al 30 giugno 2014 per le regioni in cui gli effetti della graduatoria erano stati sospesi da provvedimenti dell’autorità giudiziaria (art. 6, co. 3, del D.L. n. 150/2013 - L. n. 15/2014) e, per le restanti regioni, al 30 aprile 2014 (art. 19, co. 2, del D.L. n. 16/2014 - L. n. 68/2014).

Con riferimento a quest’ultima proroga, in particolare, la relazione illustrativa all’A.C. 1248 evidenziava che l’intervento si era reso necessario in quanto, su 692 interventi finanziabili – parte delle 2.515 richieste ammissibili al finanziamento - [159] alla data del 27 febbraio 2014 erano pervenute al MIUR solo 210 comunicazioni di avvenuto affidamento dei lavori, pari a circa 28 milioni di euro.

Un comunicato stampa del MIUR del 9 maggio 2014 ha poi evidenziato che, al 30 aprile 2014, grazie al differimento, risultava affidato il 95,7% degli interventi, ossia 603 su 630. Ha confermato, altresì, che le risorse relative ai 27 interventi non affidati saranno assegnate ad altre Amministrazioni locali che avevano fatto domanda e i cui interventi erano risultati ammissibili al finanziamento. Il comunicato stampa è corredato di una Tabella riepilogativa.

 

Il comma 2 prevede che le risorse sono assegnate dal CIPE, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), d'intesa con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR), nell’ambito della programmazione nazionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione relativa al periodo 2014-2020.

Le risorse sono assegnate dal CIPE previa verifica dell’utilizzo delle risorse assegnate nell’ambito della precedente programmazione 2007-2013 del Fondo per lo sviluppo e coesione e delle risorse assegnate a valere sugli stanziamenti relativi al programma delle infrastrutture strategiche per l'attuazione di piani stralcio del programma di messa in sicurezza degli edifici scolastici.

 

Per una disamina delle norme adottate in materia di sicurezza degli edifici scolastici nella precedente legislatura si rinvia alla relativa scheda di approfondimento in cui si dà conto, tra l’altro, delle risorse stanziate nell’ambito del programma delle infrastrutture strategiche (cd. “legge obiettivo”). Relativamente a tali stanziamenti, per un aggiornamento dei dati al 31 ottobre 2013, si rinvia all’8° rapporto sull’attuazione della legge obiettivo e alle relative schede riguardanti il piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici, (scheda 181), il Piano straordinario stralcio di interventi urgenti sul patrimonio scolastico (scheda 186), la ricostruzione e la messa in sicurezza degli edifici scolastici della Regione Abruzzo, danneggiati dagli eventi sismici del 2009 (scheda 183).

Per gli interventi adottati nella presente legislatura, si rimanda, infine, al tema web Edilizia scolastica. Si segnala, inoltre, che ulteriori dati ed elementi informativi in ordine alle risorse e allo stato di realizzazione degli interventi sono stati acquisiti nel corso dell’indagine conoscitiva della VII Commissione (Cultura).

 

Il comma 2 prevede, inoltre, che, in esito alla predetta verifica, il CIPE riprogramma le risorse non utilizzate e assegna le ulteriori risorse a valere sulla dotazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione relativa al periodo 2014-2020, in relazione ai fabbisogni effettivi e sulla base di un programma articolato per territorio regionale e per tipologia di interventi.

 

La norma prevede, inoltre, che nella delibera di assegnazione del CIPE sono individuate le modalità di utilizzo delle risorse assegnate, nonché di monitoraggio dell'avanzamento dei lavori, ai sensi del d.lgs. n. 229/2011.

 

Il D.Lgs. 229/2011 prevede che le amministrazioni pubbliche e i soggetti destinatari di finanziamenti statali per la realizzazione di opere pubbliche sono obbligati, nell'ambito della propria attività istituzionale, alla tenuta ed all’alimentazione di un sistema gestionale informatizzato contenente le informazioni anagrafiche, finanziarie, fisiche e procedurali relative alla pianificazione e programmazione delle opere e dei relativi interventi, nonché all'affidamento ed allo stato di attuazione di tali opere ed interventi, inclusi ovviamente gli stanziamenti in bilancio e i costi complessivi effettivamente sostenuti nella realizzazione.

Con il decreto 26 febbraio 2013 del Ministero dell'economia e delle finanze, modificato da un successivo decreto del 1 agosto 2013, sono stati definiti i dati riguardanti le opere pubbliche, oggetto del contenuto informativo minimo dei sistemi gestionali informatizzati che le Amministrazioni e i soggetti aggiudicatori sono tenute a detenere e a comunicare alla banca dati delle amministrazioni pubbliche.

 

Da ultimo, si prevede che la delibera del CIPE individui le modalità di applicazione delle misure di revoca allo scopo utilizzando le medesime procedure previste dall’articolo 18 del decreto legge n. 69 del 2013 (v. supra).


 

Articolo 49
(Riaccertamento straordinario residui)

 

 

L’articolo 49 prevede l'avvio di un programma straordinario di riaccertamento della consistenza dei residui passivi iscritti nel bilancio dello Stato e della sussistenza delle partite debitorie iscritte nel conto del patrimonio dello Stato in corrispondenza di residui andati in perenzione, esistenti alla data del 31 dicembre 2013, ai fini della verifica della sussistenza dei presupposti giuridici dell’obbligazione sottostante, che ne giustificano la permanenza, rispettivamente, nel conto del bilancio e nel conto del Patrimonio.

Il programma è adottato dal Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con le amministrazioni centrali interessate, entro il 31 luglio 2014.

In esito a tale rilevazione, si procederà alla eliminazione dei residui passivi di bilancio e dei residui passivi perenti corrispondenti a somme non più esigibili, essendone venuti meno i presupposti giuridici dell’obbligazione sottostante.

Le somme corrispondenti alle partite così individuate confluiranno, secondo specifiche modalità, in appositi fondi da istituire negli stati di previsione delle Amministrazioni interessate, nonché in un fondo presso il Ministero dell’economia, ai fini del loro utilizzo successivo.

Il meccanismo introdotto dall’articolo in esame è pertanto finalizzato, in sostanza, a consentire l’iscrizione di nuovi stanziamenti in bilancio a fronte di cancellazione di partite residue.

 

Più in dettaglio, il comma 1 prevede - nelle more del completamento della riforma della legge di contabilità - un programma straordinario di riaccertamento dei residui passivi e della sussistenza delle partite debitorie iscritte nel conto del patrimonio dello Stato in corrispondenza di residui andati in perenzione, consistenti in somme riferibili ad impegni registrati dalle amministrazioni in base ad atti formali, ai sensi dell’articolo 275, secondo comma, del Regio decreto n. 827/1924[160], esistenti alla data del 31 dicembre 2013.

L’obiettivo del programma di riaccertamento è quello di verificare la permanenza dei presupposti per il loro mantenimento in bilancio o nel conto del patrimonio, come indicati dalla legge di contabilità[161], cioè l’esistenza di obbligazioni giuridicamente perfezionate.

 

In base alla normativa vigente, i residui passivi “propri” relativi alle spese correnti e alle spese in conto capitale impegnate ma non ancora pagate sono mantenuti in bilancio per i due esercizi successivi a quello nel quale le somme corrispondenti sono state inizialmente stanziate[162].

Decorsi i termini previsti dalla disciplina contabile per il loro mantenimento in bilancio, tali residui sono eliminati dal conto del bilancio, in quanto perenti in via amministrativa. Poiché a tali residui continuano a sottostare i relativi impegni giuridici di spesa, il relativo importo viene riscritto come debito nel conto del patrimonio[163].

 

La previsione sembra dunque finalizzata ad operare una ricognizione puntuale della effettiva configurazione dei residui iscritti in bilancio ovvero perenti. In base alla suddetta verifica, potrà essere riscontrata l’effettiva corrispondenza tra atti di impegno adottati dall’amministrazione ai fini del mantenimento in conto residui delle suddette somme, e l’effettiva esistenza, alla base di tali atti di impegno, di obbligazioni giuridicamente perfezionate.

Il programma di riaccertamento è adottato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con le amministrazioni interessate, da emanare entro il 31 luglio 2014.

 

Il comma 2 stabilisce che, in esito a tale rilevazione, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, viene quantificato, per ciascun Ministero, l'ammontare delle somme iscritte nel conto dei residui da eliminare, in quanto non più sussistenti per essi i presupposti giuridici dell’obbligazione sottostante e, compatibilmente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica, si provvede alla loro reiscrizione in bilancio ai fini del loro utilizzo successivo per altre finalità.

In particolare, il comma disciplina tale attività articolandola con riferimento a quattro distinti ambiti di analisi:

lett. a):   per i residui passivi iscritti in bilancio, si provvede, a seguito dell’attività di ricognizione, alla eliminazione di quelli per i quali non sussistono più i presupposti (cioè l’esistenza di un’obbligazione giuridicamente perfezionata sottostante) per il loro mantenimento in bilancio, mediante il loro versamento all’entrata del bilancio dello Stato. Contestualmente, si provvede alla istituzione - separatamente per la parte corrente e per il conto capitale – di appositi fondi di bilancio, da iscrivere negli stati di previsione delle Amministrazioni che abbiano svolto tale ricognizione da ripartire con decreto del Ministro dell’economia e finanze, per il finanziamento di nuovi programmi di spesa, di quelli già esistenti e per il ripiano dei debiti fuori bilancio.

La dotazione dei singoli fondi ministeriali è fissata su base pluriennale in misura non superiore al 50 per cento dell’ammontare dei residui eliminati di rispettiva pertinenza. La restante parte va invece a finanziare un Fondo da iscrivere nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, destinato al finanziamento d’interventi che saranno individuati con apposito D.P.C.M.

Come evidenziato dalla Relazione tecnica, tale meccanismo è diretto ad incentivare le Amministrazioni a svolgere in maniera puntuale l’attività di ricognizione, dato che sulla base delle relative risultanze vengono attribuite alle stesse Amministrazioni nuove risorse di bilancio.

lett. b): per i residui passivi perenti, si dispone che siano le stesse amministrazioni interessate ad individuare e comunicare al Ministero dell’economia e delle finanze l’entità dei residui non più esigibili, entro il termine improrogabile del 10 luglio 2014. Di conseguenza, si provvede alla cancellazione delle partite non più esigibili dalle scritture contabili del conto del Patrimonio Generale dello Stato. Le somme corrispondenti alla cancellazione dei suddetti importi, con la legge di bilancio per gli anni 2015-2017 verranno iscritte su base pluriennale, nella medesima proporzione, nei fondi istituiti nell’ambito dei singoli ministeri e nel fondo iscritto nel Ministero dell’economia, di cui alla precedente lettera a);

lett. c): nell’ambito dei residui passivi perenti, per le partite contabilizzate in conto sospeso - che costituiscono dei “crediti” che la Banca d’Italia vanta quale tesoriere dello Stato - si prevede la loro regolarizzazione tramite operazioni compensative dei rapporti di debito con la Tesoreria statale.

Secondo quanto evidenziato dalla Relazione tecnica tali partite, che, come detto, costituiscono dei “crediti” che la Banca d’Italia vanta quale tesoriere dello Stato, sono già regolate nei confronti dei creditori mediante anticipazioni di tesoreria; pertanto con questa norma verrebbe ripianato il debito subentrato nei confronti della Tesoreria.

Anche per le attività di regolazione delle partite contabilizzate in conto sospeso, si richiede, come per l’individuazione dei residui passivi perenti di cui alla precedente lettera, la comunicazione da parte delle amministrazioni interessate al Ministero dell’economia entro il termine improrogabile del 10 luglio 2014 delle relative somme da regolarizzare.

lett. d):  per i residui passivi relativi a trasferimenti e/o compartecipazioni statutarie alle regioni, alle province autonome e agli altri enti territoriali, si prevede che le operazioni di riaccertamento e di eliminazione dal conto del bilancio siano operate con il concorso degli stessi enti interessati; Analogamente a quanto previsto dalla lettera b), si rimanda alla legge di bilancio per gli anni 2015-2017 per l'iscrizione delle somme corrispondenti alla cancellazione dei suddetti importi su appositi fondi da destinare ai medesimi enti.

Sul punto, la Relazione tecnica evidenzia come il concorso degli enti territoriali nell’attività di ricognizione dei residui, rendendo il processo più articolato, potrebbe non garantire il rispetto delle scadenze temporali indicate.

Va peraltro segnalato che la Relazione, in relazione a tale ultimo ambito di applicazione della norma, fa riferimento sia ai residui passivi di bilancio che a quelli perenti, sebbene sul punto la norma non reca alcuna precisazione.

 

Va, in ultima analisi evidenziato, come sopra già ricordato, che la reiscrizione in bilancio, su appositi fondi, di stanziamenti corrispondenti alle somme individuate come non più dovute che riguardino del tutto o in parte residui passivi perenti, dovrà essere effettuato compatibilmente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica.

 

Per completezza espositiva, si ricorda che una analoga riqualificazione del bilancio dello Stato, attraverso un programma di ricognizione dei residui passivi propri di conto capitale, è già operativa, sebbene con cadenza triennale, a partire dal 2008, ai sensi della legge n. 244/2007.

In particolare, i commi 37-39 dell’articolo 3 della citata legge hanno avviato, con cadenza triennale, una attività di analisi e valutazione dei residui passivi propri di conto capitale, consistenti in somme riferibili ad impegni registrati dalle amministrazioni in base ad atti formali, al fine di verificare la permanenza dei presupposti per il loro mantenimento in bilancio. Il programma di ricognizione deve concludersi entro il 30 aprile, con l'individuazione dei residui passivi per i quali non ricorrono più i presupposti (cioè l’esistenza di un’obbligazione giuridicamente perfezionata sottostante) per il loro mantenimento in bilancio. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri interessati, viene dunque quantificato l’ammontare degli stanziamenti in conto residui da eliminare dal bilancio, che devono essere conseguentemente versati dalle amministrazioni interessate all’entrata del bilancio dello Stato. La norma prevede che quota delle somme così eliminate, nel limite massimo del 50 per cento dei versamenti, venga reiscritto in un apposito fondo del Ministero dell’economia e delle finanze per il finanziamento di nuovi programmi di spesa o di quelli già esistenti


 

Articolo 50, comma 1
(Riduzione della spesa per beni e servizi nel bilancio dello Stato)

 

 

L’articolo 50, al comma 1, prevede che, in relazione a quanto disposto dal decreto-legge in esame in tema di razionalizzazione della spesa per l’acquisto di beni e servizi dei Ministeri (articoli da 8 a 10), sono ridotte di 200 milioni per il 2014 e di 300 milioni euro a decorrere dal 2015 le disponibilità di competenza e di cassa delle spese del bilancio dello Stato per beni e servizi, ad esclusione delle spese per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, come indicate nell'allegato C al decreto-legge, che si riporta di seguito (importi in milioni di euro:.

 

Amministrazione

2014

2015

2016

Ministero dell'economia e delle finanze

41,9

62,8

62,8

Ministero dello sviluppo economico

1,6

2,4

2,4

Ministero del lavoro e delle politiche sociali

0,9

1,3

1,3

Ministero della giustizia

12,0

18,0

18,0

Ministero degli affari esteri

5,1

7,6

7,6

Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca

6,3

9,4

9,4

Ministero dell'interno

35,1

52,7

52,7

Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare

1,3

1,9

1,9

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

5,6

8,4

8,4

Ministero della difesa

75,3

112,8

112,8

Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

3,4

5,1

5,1

Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo

5,9

8,9

8,9

Ministero della salute

5,8

8,7

8,7

Totale

200,0

300,0

300,0

 

Il comma 1 specifica che tali riduzioni sono disposte secondo un criterio di riparto che premia le amministrazioni che hanno fatto maggiormente ricorso agli strumenti di acquisto centralizzati messi a disposizione da Consip S.p.a. nell’ambito del programma di razionalizzazione degli acquisti.

 

La Relazione tecnica segnala come il grado di ricorso agli strumenti Consip (calcolato per singolo Ministero con riferimento all’anno 2013) sia stato ottenuto sulla base di un’analisi dei pagamenti del bilancio dello Stato articolati per codici gestionali e dell’erogato Consip, relativamente alle categorie merceologiche effettivamente trattate nell’ambito delle convenzioni-quadro e del mercato elettronico degli acquisti, opportunamente rivalutato al fine di tenere conto dell’IVA.

Ai fini delle successive riduzioni il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad accantonare e rendere indisponibili le corrispondenti risorse iscritte nel bilancio pluriennale dello Stato (c.d. taglio lineare).

Le amministrazioni possono comunque proporre variazioni compensative, anche relative a missioni diverse, nell’ambito degli stanziamenti per l’acquisto di beni e servizi, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento, nel rispetto dell’invarianza sui saldi di finanza pubblica.

 

La ultimo la norma specifica, inoltre, che tali riduzioni sono comprensive degli effetti di contenimento della spesa dei Ministeri derivanti dall’applicazione degli articoli 14 (controllo della spesa per incarichi di consulenza, studio e ricerca e per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa), 15 (riduzione della spesa per autovetture) e 26 (pubblicazione telematica di avvisi e bandi) del decreto-legge in esame.


 

Articolo 50, comma 2
(Compensazioni tra capitoli)

 

 

Al fine di consentire alle amministrazioni centrali di razionalizzare la gestione delle risorse secondo le modalità ritenute più efficaci e di prevenire la formazione di debiti fuori bilancio, il comma 2 autorizza in via sperimentale per il 2014 e per il 2015 il Ministro dell'economia e delle finanze, nel rispetto dell'invarianza dei saldi di bilancio, ad effettuare variazioni compensative, nell’ambito degli stanziamenti dei capitoli della categoria 2 (consumi intermedi) e della categoria 21 (investimenti fissi lordi), previa motivata e documentata richiesta da parte delle Amministrazioni interessate.

Le variazioni, che non possono comunque riguardare le spese predeterminate per legge, vengono effettuate tramite decreti del Ministero dell’economia e delle finanze da comunicare alle Camere.


 

Articolo 50, commi 3-4
(Riduzione della spesa per beni e servizi
degli enti finanziati dallo Stato
)

 

 

Il comma 3, al fine di assicurare la riduzione della spesa per acquisti di beni e servizi anche per gli enti pubblici indicati al comma 4, lettera c), dell’articolo 8 del decreto-legge in esame, prevede una ulteriore riduzione dei trasferimenti dal bilancio dello Stato agli enti e agli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia finanziaria, compresi fra le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità).

 

L’articolo 8, al comma 4, lettera c) dispone una riduzione di 700 milioni nel 2014 della spesa per acquisti di beni e servizi da parte della amministrazioni pubbliche indicate all’articolo 11 del D.Lgs. n. 33 del 2013. Poiché alla copertura di tale onere concorrono i programmi di spesa relativi agli investimenti pluriennali per la difesa nazionale per almeno 400 milioni (art. 8, co.11) e ulteriori 200 milioni di riduzione della spesa dei ministeri per acquisto di beni e servizi (art. 50, co. 1, e allegato C), ne consegue la necessità di una ulteriore disposizionerecata dal comma 3 in commento - che coinvolgesse in tale attività di risparmio anche le restanti amministrazioni, cioè quegli enti e organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia finanziaria, che beneficiano di contributi statali.

 

Una analoga disposizione – che viene richiamata e confermata – è individuabile nell’articolo 8, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, che, al fine di assicurare la riduzione delle spese per consumi intermedi, dispone che i trasferimenti dal bilancio dello Stato agli enti e agli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia finanziaria, inseriti nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuati dall'ISTAT, nonché alle autorità indipendenti ivi inclusa la Consob, con esclusione delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano, degli enti locali, degli enti del servizio sanitario nazionale, e delle università e degli enti di ricerca, sono ridotti in misura pari al 5 per cento nell'anno 2012 e al 10 per cento a decorrere dall'anno 2013 della spesa sostenuta per consumi intermedi nell'anno 2010.

Qualora per effetto delle operazioni di gestione la predetta riduzione non fosse possibile, per gli enti interessati adottano interventi di razionalizzazione per la riduzione della spesa per consumi intermedi in modo da assicurare risparmi corrispondenti alle misure indicate precedentemente indicate. Le somme derivanti da tale riduzione sono versate annualmente ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato entro il 30 giugno di ciascun anno. Analoga procedura viene prevista per gli enti e gli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia finanziaria, che non ricevono trasferimenti dal bilancio dello Stato.

Tali disposizioni non si applicano agli enti e organismi vigilati dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali.

 

Il comma 3 in esame stabilisce che l'ammontare dell’ulteriore riduzione da esso prevista, a decorrere dall'anno 2014 su base annua, è fissata nella misura del 5 per cento della spesa sostenuta per consumi intermedi nell'anno 2010.

Vengono ribadite le procedure già previste dal D.L. n. 95 del 2012, che si sono sopra richiamate, da parte degli enti e organismi beneficiari di trasferimenti in caso di impossibilità di determinare la riduzione o di enti, così come anche nel caso di enti e organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia finanziaria, che non ricevono trasferimenti dal bilancio dello Stato (riduzione “autonoma” delle spese e versamento dei risparmi ad un capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato entro il 30 giugno di ciascun anno).

 

Il medesimo comma 3 inoltre esclude da tale riduzione le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti locali e gli enti del servizio sanitario nazionale, in quanto già assoggettati alla riduzione di tale tipologia di spesa ai sensi dell’articolo 8, comma 4, lettere a) e b),rispettivamente, dagli articolo 46 e 47 del decreto-legge in esame.

Analogamente restano esclusi gli enti vigilati dai predetti enti territoriali.

 

La relazione tecnica indica per il 2014 minori trasferimenti dal bilancio dello Stato per 70 milioni e maggiori entrate per 30 milioni. Tali somme, aggiunte ai 200 milioni di riduzione della spesa per acquisto di beni e servizi dei ministeri e ai 400 di riduzione delle spese per la Difesa, determina la cifra di 700 milioni indicata dall’articolo 8, comma 4, lettera c).

A decorrere dal 2015 i risparmi di cui al presente comma 3 sono in minori trasferimenti per 105 milioni annui.

 

Ai sensi del comma 4, gli enti e organismi di cui al precedente comma 3 possono effettuare variazioni compensative fra le spese soggette ai limiti di cui all’articolo 6, commi 8, 12, 13, del decreto-legge n. 78 del 2010 e all’articolo 1, comma 141, della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013), assicurando il conseguimento degli obiettivi complessivi di contenimento della spesa

 

Si ricorda, in estrema sintesi, che il comma 8 dell’articolo 6 del citato decreto-legge n. 78 del 2010 ha previsto, tra l'altro, a decorrere dall'anno 2011, che le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, incluse le autorità indipendenti, non possono effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza, per un ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 per le medesime finalità.

Il successivo comma 12 ha stabilito che le stesse amministrazioni non possono, tra l'altro, effettuare spese per missioni, anche all'estero (con esclusione delle missioni internazionali di pace e delle Forze armate, delle missioni delle forze di polizia e dei vigili del fuoco, del personale di magistratura, nonché di quelle strettamente connesse ad accordi internazionali ovvero indispensabili per assicurare la partecipazione a riunioni presso enti e organismi internazionali o comunitari, nonché con investitori istituzionali necessari alla gestione del debito pubblico), per un ammontare superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009.

Il comma 13 ha previsto un limite alla spesa annua sostenuta per attività esclusivamente di formazione, che deve essere non superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009.

 

L'articolo 1, comma 141, della legge di stabilità 2013 ha previsto che negli anni 2013 e 2014 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, nonché le autorità indipendenti e la CONSOB non possono effettuare spese di ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta in media negli anni 2010 e 2011 per l'acquisto di mobili e arredi, se non destinati all'uso scolastico e dei servizi all'infanzia, salvo che l'acquisto sia funzionale alla riduzione delle spese connesse alla conduzione degli immobili.

 

Il comma 4 prevede altresì che, qualora con l'attuazione delle misure in oggetto o di ulteriori interventi individuati dagli enti non si raggiungano i risparmi, gli enti interessati possono provvedere anche attraverso la riduzione delle altre risorse destinate a interventi di natura corrente, con l’esclusione delle spese di personale.

 

Viene infine soppresso il comma 10 dell’articolo 6 del decreto-legge n. 78 del 2010, che consente di effettuare variazioni compensative tra le spese di cui ai commi 7 (spesa per studi ed incarichi di consulenza) e 8 (spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza) dello stesso decreto-legge.


 

Articolo 50, comma 5
(Aumento dal 12 al 15% della riduzione spese per
consumi intermedi degli enti previdenziali
)

 

 

L’articolo 50, comma 5, modificando l’articolo 1, comma 417, della L. 147/2013 (Stabilità 2014) incrementa dal 12% al 15% la quota della spesa sostenuta per consumi intermedi[164] nell’anno 2010 che, a decorrere dal 2014, gli enti previdenziali di diritto privato che gestiscono forme obbligatorie di previdenza possono riversare annualmente al bilancio dello Stato, in via sostitutiva degli obblighi di contenimento della spesa cui sono soggetti.

L’articolo 1, comma 417, della legge di stabilità 2014, nel testo previgente, consentiva che, a decorrere dal 2014, gli enti previdenziali adempissero gli obblighi di contenimento della spesa a cui sono soggetti sulla base della normativa vigente, effettuando, in via sostitutiva, un riversamento in favore dell’entrata del bilancio dello Stato, entro il 30 giugno di ciascun anno, pari al 12% della spesa sostenuta per i consumi intermedi nell’anno 2010, come alternativa a tutti gli obblighi discendenti dalle norme vigenti in materia di contenimento della spesa pubblica, che riguardino, in generale, le amministrazioni comprese nell'elenco redatto annualmente dall'ISTAT ai fini dell'elaborazione del conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni[165] (elenco nel quale sono inseriti gli enti previdenziali privati), con esclusione dei soli vincoli in materia di spese di personale.

Misure di contenimento delle spese degli enti previdenziali privati

Si ricorda, inoltre, che con l’inserimento nell’elenco ISTAT di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 196/2009, gli enti previdenziali privati sono stati investiti, negli ultimi anni, da numerose misure di contenimento delle spese di funzionamento. In particolare, l’articolo 8, comma 3, del D.L. 95/2012, al fine di assicurare (in analogia con quanto disposto per le Amministrazioni centrali dello Stato) il contenimento della spesa per consumi intermedi enti pubblici inseriti nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione (quale ne sia la forma giuridica), ha previsto una riduzione in misura pari al 5 per cento per il 2012 e al 10 per cento dal 2013 della spesa sostenuta per consumi intermedi nel 2010. Per quanto concerne gli enti previdenziali privati, i risparmi di spesa devono essere versati in apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato entro il 30 giugno di ciascun anno. Successivamente, l’articolo 1, commi 141 e 142, della L. 228/2012, ha previsto che gli enti inseriti nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione (quale ne sia la forma giuridica), non possono effettuare, negli anni 2013 e 2014, spese per l’acquisto di mobili e arredi in misura superiore al 20% della spesa sostenuta per gli stessi beni in media negli anni 2010 e 2011. È fatta salva l’ipotesi che l’acquisto sia funzionale alla riduzione delle spese connesse alla conduzione degli immobili: in tale caso, il collegio dei revisori dei conti o l’ufficio centrale del bilancio verifica preventivamente i risparmi realizzabili, i quali devono essere superiori alla minore spesa derivante dall’attuazione della norma in esame. Per quanto concerne gli enti previdenziali privati, i risparmi di spesa devono essere versati in apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato entro il 30 giugno di ciascun anno.

Merita ricordare, infine, che l’articolo 24, comma 24, del D.L. 201/2011 (cd. decreto “salva Italia”) aveva introdotto per gli enti previdenziali privatizzati l’obbligo di adottare, ai fini dell’equilibrio finanziario delle rispettive gestioni, nell’esercizio della loro autonomia gestionale, misure volte ad assicurare l’equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di 50 anni. Il termine per l’adozione delle misure, inizialmente fissato al 30 giugno 2012, è stato successivamente prorogato al 30 settembre 2012 (dall’articolo 29, comma 16-novies, del D.L. n. 216/2011). La norma prevedeva che le delibere degli enti fossero sottoposte all’approvazione dei Ministeri vigilanti e che, decorso il termine senza l’adozione dei previsti provvedimenti (ovvero nel caso di parere negativo dei Ministeri vigilanti) si applicasse, con decorrenza 1° gennaio 2012, il sistema contributivo pro-rata agli iscritti alle relative gestioni e un contributo di solidarietà, per gli anni 2012 e 2013, a carico dei pensionati nella misura dell’1%.


 

Articolo 50, comma 6
(Fondo sgravi lavoratori dipendenti)

 

 

Il comma 6, con lo scopo di rendere permanente il bonus fiscale previsto per i lavoratori dipendenti e assimilati dall’articolo 1 del testo in esame, istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un apposito fondo denominato “Fondo destinato alla concessione di benefici economici a favore dei lavoratori dipendenti”, con la seguente dotazione:

§  1.930 milioni di euro in termini di saldo netto da finanziare e di fabbisogno e 2.685 milioni di euro in termini di indebitamento netto per l’anno 2015;

§  4.680 milioni di euro per l’anno 2016;

§  4.135 milioni di euro per l’anno 2017;

§  1.990 milioni di euro a decorrere dall’anno 2018.

·          

Si rammenta che il richiamato articolo 1 dispone, limitatamente all’anno 2014, il riconoscimento di un credito fiscale ai percettori di redditi di lavoro dipendente e di taluni redditi assimilati; l’importo del credito è pari ad un importo di 640 euro se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro e decresce linearmente al superamento del predetto limite fino ad azzerarsi al raggiungimento di un livello di reddito pari a 26.000 euro. Viene altresì disciplinata - al di fuori del TUIR - l’attribuzione del credito in parola agli aventi diritto da parte dei sostituti d’imposta.

L’intervento di carattere strutturale che dovrebbe rendere permanente tale bonus dovrebbe essere attuato con la legge di stabilità per l'anno 2015.


 

Articolo 50, commi 7-9 e 10-10-bis
(Copertura finanziaria)

 

 

Per il reperimento delle risorse concernenti il pagamento dei debiti delle PA (di cui al titolo III del provvedimento), i commi da 7 a 9 autorizzano l'emissione di titoli di Stato per un importo fino a 40 miliardi di euro per l’anno 2014. Anche in relazione a ciò, il comma 9 sostituisce l'allegato 1 all'articolo 1, comma 1, della legge di stabilità 2013, incrementando per 20 miliardi di euro i livelli massimi del saldo netto da finanziare (da 39,1 miliardi di euro a 59,1 miliardi) e del ricorso al mercato finanziario (da 300 miliardi di euro a 320 miliardi), per l’anno 2014.

Il comma 10 reca una norma di copertura di oneri recati dal provvedimento.

 

Il comma 7 autorizza l'emissione di titoli di Stato per un importo fino a 40 miliardi di euro per l’anno 2014, allo scopo di reperire le risorse per la liquidità necessaria all'attuazione degli interventi previsti dal titolo III del provvedimento (articoli da 27 a 45) per il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni. Conseguentemente, precisa il comma medesimo, tali somme concorrono alla rideterminazione in aumento del limite massimo di emissione di titoli di Stato stabilito dalla legge di approvazione del bilancio.

La norma, benché non lo precisi espressamente, fa riferimento alla legge di approvazione del bilancio per il 2014, vale a dire alla L. n. 27 dicembre 2013, n. 148, recante il bilancio di previsione dello Stato per l’anno 2014 ed il bilancio pluriennale per il triennio 2014-2016 in cui si dispone, all’articolo 2, comma 3, che l’importo massimo di emissione dei titoli pubblici, al netto di quelli da rimborsare e di quelli per regolazioni debitorie, è stabilito per il 2014 in 59 miliardi di euro.

Viene precisato che l’aumento risulta disposto anche in considerazione del livello del fabbisogno del settore statale come definito dal DEF 2014 approvato con Risoluzione parlamentare.

Nel Documento di Economia e Finanza 2014, approvato con identiche Risoluzioni in data 17 aprile 2014 da parte sia della Camera che del Senato[166], il fabbisogno del settore stata, è stimato pari al valore (negativo, come differenziale tra pagamenti ed incassi) di circa 76,4 miliardi (4,8 del Pil), poi previsto in miglioramento negli anni successivi.

Sulla base di quanto stabilito nel comma 7, il comma 9 sostituisce l' allegato 1 all'articolo 1, comma 1, della legge di stabilità 2014 (L. n. 147/2013) – che riporta i livelli massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato, in termini di competenza, per il triennio 2014-2016, con un nuovo Allegato 1, riportato direttamente nel comma in esame.

La seguente tabella pone a raffronto i due allegati:

 

(milioni di euro)

 

2014

2014

2015

2015

2016

2016

Risultati differenziali

Legge di stabilità

D.L.66

Legge di stabilità

D.L.66

Legge di stabilità

D.L.66

Saldo netto da finanziare

-39.100

-59.100

-18.200

-18.200

-1.200

-1.200

Ricorso al mercato

300.000

320.000

285.000

285.000

250.000

250.000

 

Come espone la tabella, gli effetti sui risultati differenziali di finanza pubblica risultano circoscritti al solo 2014, per il quale entrambi i saldi registrano un incremento di 20 miliardi per il 2014.

Tali incrementi vengono effettuati per adeguare i saldi in conseguenza degli interventi per il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni, con particolare riguardo alla accelerazione dei pagamenti dei debiti medesimi (articoli da 31 a 36), di ristrutturazione del debito regionale (articolo 45) e per la costituzione di fondi a supporto delle garanzie dello Stato (articolo 37). Le variazioni in tal senso apportate all’Allegato 1 riflettono in sostanza, sia sul piano degli oneri finanziari che degli effetti di fabbisogno, come indicati nella Relazione tecnica (per i quali si rinvia alla parte del presente dossier relativa ai profili finanziari), le nuove misure apportate dal Titolo III del decreto-legge.

 

Va rammentato come in termini analoghi a quelli ora stabiliti dai commi da 7 a 9 in commento si è proceduto per i due precedenti interventi sui pagamenti dei debiti pregressi delle amministrazioni pubbliche effettuati nel 2013, con il decreto-legge 8 aprile 2012, n.35 prima e con il decreto-legge 31 agosto 2013 ,n.102 poi[167]. In particolare.

§  il D.L: 35 ha autorizzato l’emissione di titoli di Stato per un importo fino a 20.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014, operando conseguentemente una rideterminazione in aumento dei livelli massimi sia del saldo netto da finanziare che del ricorso al mercato stabiliti dalla legge di stabilità 2013 (L. n. 228/2012) per gli anni 2013 e 2014, entrambi incrementati di 25.000 milioni di euro per ciascun anno del biennio (mentre non sono state effettuate variazioni per il 2015);

§  il D.L. 102 ha autorizzato l’emissione di titoli di Stato per un importo massimo di 8.000 milioni per l’anno 2013, per provvedere al reperimento delle risorse per gli ulteriori pagamenti dei debiti di regioni ed enti locali stabiliti nel medesimo provvedimento, aumentando ulteriormente – rispetto a quanto operato dal D.L. 35/2013 - per un pari ammontare i limiti massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato per il 2013 previsti dalla legge 228/2012

 

La tabella che segue espone le modifiche ai saldi differenziali previsti dalla legge di stabilità 2013 e le successive modifiche operate sugli stessi dai due provvedimenti in questione.

 

(milioni di euro)

 

2013

2014

2015

LEGGE STABILITÀ

D.L.35

D.L. 102

LEGGE STABILITÀ

D.L.35

D.L. 102

LEGGE STABILITÀ

D.L.35

D.L. 102

Saldo netto da finanziare

-6.600

-31.600

-39.600

-4.100

-29.100

-29.100

-900

-900

-900

Ricorso al mercato

240.000

265.000

273.000

230.000

255.000

255.000

260.000

260.000

260.000

 

Può rilevarsi come l’ammontare delle nuove emissioni di titoli autorizzate dai decreti-legge n.35 e poi n.102 del 2013 abbia determinato un incremento sui risultati differenziali (saldo netto da finanziare e ricorso al mercato) riportati nella legge di stabilità 2013 per un importo nel primo caso superiore a quello delle nuove emissioni (25 miliardi invece dei 20 miliardi di nuovi titoli di Stato) e nel secondo caso pari alle emissioni medesime (8 miliardi), mentre per il provvedimento in esame l’incremento dei suddetti saldi differenziali viene cifrato per un importo pari alla metà di quello dei nuovi titoli (20 miliardi a fronte di 40 miliardi di nuove emissioni). Va ovviamente precisato come non sussista nessuna vincolante correlazione numerica tra le due grandezze, atteso che in presenza di una specifica autorizzazione all’emissione di titoli, i riflessi di questa sul saldo netto da finanziare e sul ricorso al mercato derivano dalle ipotesi e stime macroeconomiche e di finanza pubblica elaborate al momento dell’autorizzazione all’emissione: ciò con riferimento ad esempio alla coerenza delle nuove emissioni con la strategia di gestione del debito pubblico, allo scenario dei tassi di interesse nella fase di mercato di riferimento, alla conformazione degli spread al momento prevedibili, dai valori attesi degli interessi attivi (che dovranno essere corrisposti al tesoro da parte degli enti territoriali beneficiari delle agevolazioni) ed altro. Poiché inoltre di importi configurati in termini di limite massimo, che quindi, in quanto tali, possono anche risultare determinati con un margine in grado di assorbire entro un dato intervallo numerico – senza che pertanto ne siano necessarie modifiche –risultati di consuntivo meno favorevoli di quelli attesi.

Tanto precisato, tuttavia, potrebbero ritenersi utili ulteriori indicazioni sul punto, considerata la consistente diversità degli effetti sui saldi differenziali risultante tra il presente intervento e quelli effettuati nel 2013.

Da ultimo, per poter procedere all’immediata attuazione del decreto legge, nelle more dell'emissione dei previsti titoli di stato, il comma 8 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio e, ove necessario, a disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione andrà effettuata entro la conclusione dell'esercizio in cui sono erogate le anticipazioni.

 

Il comma 10 prevede che, ad esclusione degli oneri cui si provvede ai sensi del comma 9 dell’articolo 50 in commento, agli oneri derivanti dagli articoli:

1 (riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti ed assimilati);

2 (riduzione Irap);

4, comma 11 (rivalutazione dei beni d’impresa);

5 ( differimento prelievo fiscale su prodotti da fumo);

9, comma 9 (fondo per aggregazione acquisti beni e servizi);

16, comma 6 (effetti indiretti riduzione indennità)

16, comma 7 (settore agricolo per Expo 2015);

27, comma 1 (piattaforma elettronica per monitoraggio debiti PA);

31, 32, 35, 36 , 45 (pagamento debiti PA);

48, comma 1 (esclusione dal Patto di stabilità spese per edilizia scolastica);

50, comma 6 (fondo per benefici lavoratori dipendenti);

si provvede mediante utilizzo delle maggiori entrate e dalle minori spese derivanti dal provvedimento in esame.

 

Tali oneri sono così quantificati:

§  6.563,2 milioni di euro per l'anno 2014;

§  6.184,7 milioni di euro per l'anno 2015;

§  7.062,8 milioni di euro per l'anno 2016;

§  6.214 milioni di euro per l'anno 2017;

§  4.069 a decorrere dall'anno 2018.

 

Tali importi aumentano a 7.600,839 milioni di euro per l'anno 2014, a 6.229,8 milioni di euro per l’anno 2015, a 6.236 milioni di euro per l'anno 2017 e a 4.138,7 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018 ai fini della compensazione degli effetti in termini di fabbisogno ed indebitamento netto.

La Tabella che segue indica gli oneri complessivi e le risorse utilizzate a copertura per gli anni dal 2014 al 2016, a valere sul saldo netto da finanziare, come indicati nel prospetto recante gli effetti finanziari delle norme del provvedimento, ai sensi dell’articolo in esame:

(milioni di euro)

Art./co.

 

2014

2015

2016

 

ONERI

6.563,2

6.184,7

7.062,8

1

Riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti ed assimilati

5.823,4

831,9

-

2

Riduzione Irap

700,0

3.109,0

2.059,0

4, co. 11

Rivalutazione dei beni d’impresa

0

303,8

303,8

5

Differimento prelievo fiscale su prodotti da fumo

10,0

-

-

9, co. 9

Fondo per aggregazione acquisti beni e servizi

 

10,0

20,0

16, co. 6

Effetti indiretti riduzione indennità

-

-

-

16, co. 7

Settore agricolo per Expo 2015

4,8

-

-

27, co. 1

Piattaforma elettronica per monitoraggio debiti PA

1,0

-

-

31, 32, 35, 36, 45

Pagamento debiti PA (interessi)

23,5

 

 

32, co. 5

Commissione Cassa depositi e prestiti

0,5

 

 

48, co. 1

Esclusione dal Patto di stabilità spese edilizia scolastica

-

-

-

50, co. 6

Fondo per benefici lavoratori dipendenti

-

1.930,0

4.680,0

 

 

 

 

 

 

COPERTURA

7.676,7

6.268,0

7.138,5

 

di cui Maggiori entrate:

5.279,0

4.278,2

5.243,1

2

Riduzione aliquote IRAP

 

158,0

635,0

3, co. 1

Aumento tassazione rendite finanziarie

720,0

2.306,0

2.987,0

4, co. 11

Anticipo imposta sostitutiva rivalutazione beni d’impresa

607,6

 

 

4, co. 12

Imposta sostitutiva quota banca d’Italia

1.794,0

 

 

7, co. 1

Contrasto all’evasione fiscale

300,0

300,0

300,0

8 e 46,
co. 1-5

Maggiori accantonamenti FVG, TN, BZ e Sicilia

161,1

241,7

241,7

8 e 47,
co. 2, lett. a)

Riduzioni acquisto beni e servizi: province e città metrop.

340,0

510,0

510,0

8 e 50,
co. 3-7

Riduzioni acquisto beni e servizi: altre amministrazioni

30,0

 

 

14 e 47,
co. 2, lett. c

Riduzioni consulenze e co.co.co.: province

3,8

5,7

5,7

15 e 47,
co. 2, lett. b)

Riduzione spese autovetture: province

0,7

1,0

1,0

16, co. 5

Definanziamento legge piccole opere (quota residui)

29,1

 

 

16, co. 8

Istituto per lo sviluppo agroalimentare

21,2

 

 

16, co. 9

Interventi ex Agensud – Commissario agricoltura

5,5

 

 

17, co. 1

Organi costituzionali

50,0

 

 

17, co. 3

Avanzo di gestione CNEL

22,7

 

 

19 e 47, co. 1

Contributo alla finanza pubblica: province e città metrop.

100,0

60,0

69,0

20

Società partecipate

70,0

100,0

 

22

Riduzione agevolazioni in agricoltura e rinnovabili

373,3

391,5

395,0

31, 32, 35, 36 e 45

Pagamento debiti PA - Interessi

-

204,3

98,7

50, co. 12

Aumento IVA per pagamento debiti pregressi

650,0

 

 

 

 

 

 

 

 

di cui Minori spese:

2.397,6

1.989,8

1.895,4

8 e 46,
co. 1-5

Trasferimenti correnti a Sardegna e Valle d’Aosta

38,9

58,3

58,3

8 e 46, co. 6

Riduzioni acquisto beni e servizi: regioni e P.A.

500,0

750,0

750,0

8 e 47,
co. 9, lett. a)

Riduzioni acquisto beni e servizi: comuni

360,0

540,0

540,0

8 e 50, co. 1

Riduzioni acquisto beni e servizi: Ammin. centrali Stato

200,0

300,0

300,0

8 e 50,
co. 3-6

Riduzioni acquisto beni e servizi: altre amministrazioni

70,0

105,0

105,0

8, co. 11

Rideterminazione programmi di difesa nazionale

400,0

 

 

11, co. 1

Riduzione costi riscossione fiscale

75,0

100,0

100,0

12, co. 1 e 2

Cassa DD.PP e remunerazioni di tesoreria

310,0

90,0

-

14 e 47,
co. 9, lett. c)

Riduzioni consulenze e co.co.co.: comuni

14,0

21,0

21,0

15 e 47,
co. 9, lett. b)

Riduzione spese per autovetture: comuni

1,6

2,4

2,4

16, co. 1

Risparmi spese Ministeri

240,0

 

 

16, co. 5

Definanziamento legge piccole opere

28,4

 

 

16, co. 6

Riduzione indennità uffici di diretta collaborazione

4,4

 

 

17, co. 2

Concorso alla finanza pubblica CNEL e organi vari

5,3

 

 

18

Soppressione agevolazioni postali per invii elettorali

 

19,1

18,7

19-bis

Riduzione spese Consiglio generale degli italiani all’estero

 

0,5

 

21, co. 4

RAI

150,0

 

 

50, co. 10-bis

Fondo interventi strutturali di politica economica

 

3,5

 

 

La differenza tra le coperture e gli oneri riferiti al saldo netto da finanziare, tiene conto della necessità di garantire la neutralità finanziaria del provvedimento con riferimento anche ai saldi del fabbisogno e dell'indebitamento netto, e ammonta a 83,3 milioni di euro nel 2015 e a 75,7 milioni di euro nel 2016.

Con riferimento all'anno 2014, la differenza tra le coperture e gli oneri previsti è pari a 1.113,5 milioni di euro. Tale importo determina una riduzione dell'impatto negativo sul medesimo saldo relativo alla quota di oneri derivanti dal Titolo III, pari a 19.197,5 milioni di euro, alla cui copertura si provvede mediante l'emissione di titoli del debito pubblico.

 

Infine, il comma 10-bis, introdotto nel corso dell’iter al Senato, prevede una riduzione di 3,5 milioni per l’anno 2015 del Fondo per interventi strutturali di politica economica ai fini della copertura finanziaria di parte degli oneri recati dalle modifiche apportate dal Senato al provvedimento (in particolare, la riduzione del Fondo si è resa necessaria per la copertura degli oneri connessi alle minori entrate per l’anno 2015 recati dall’articolo 22, comma 1, come modificato dal Senato).

Il Fondo per interventi strutturali di politica economica (ISPE) è stato istituito dall'articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282/2004, al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale. Il Fondo, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze (cap. 3075) viene utilizzato in modo flessibile ai fini del reperimento delle risorse occorrenti a copertura di interventi legislativi recanti oneri finanziari.

La dotazione del Fondo ISPE risulta rideterminata nel bilancio 2014-2016 (legge n. 148/2013 e D.M. di ripartizione in capitoli del 27 dicembre 2013) in 44,3 milioni per il 2014, in 360,5 milioni nel 2015 e in 173,6 milioni nel 2016. Sugli stanziamenti indicati dalla legge di bilancio 2014-2016, hanno, peraltro, già inciso in senso riduttivo, una serie di interventi legislativi[168];


 

Articolo 50, commi 9-bis e 9-ter
(Trasferimento di risorse per unioni e fusioni di comuni)

 

 

Il commi 9-bis e 9-ter, introdotti nel corso dell’iter al Senato, autorizzano per il trasferimento di risorse tra capitoli di bilancio del Ministero dell’interno, recanti stanziamenti per gli enti locali.

 

In particolare, il comma 9-bis autorizza l’assegnazione delle risorse destinate al finanziamento delle unioni e delle fusioni di comuni per il triennio 2014-2016, autorizzate dall’articolo 1, comma 730, della legge n. 147/2013 (legge di stabilità per il 2014), ed attualmente iscritte sul Fondo di solidarietà comunale (cap. 1365/Interno), al pertinente capitolo di bilancio relativo al Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali (cap. 1316/Interno), su cui risultano già iscritti, in via ordinaria, i contributi erariali destinati a tale finalità.

 

Si ricorda che al fine di incentivare il processo di riordino e semplificazione degli enti territoriali, la lettera a) del comma 381-ter della legge n. 228/ 2012, introdotto dall’articolo 1, comma 730, della legge n. 147/2013 (legge di stabilità per il 2014), stabilisce la destinazione di quota parte delle risorse del Fondo di solidarietà, non inferiore a complessivi 60 milioni nel triennio 2014-2016, al finanziamento delle unioni e delle fusioni di comuni. In particolare, la norma assegna:

§  una quota, non inferiore, per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, a 30 milioni di euro, ad incremento del contributo spettante alle unioni di comuni, ai sensi dell'articolo 53, comma 10, della n. 388/2000 (legge finanziaria per il 2001);

§  una quota non inferiore a 30 milioni di euro ai comuni istituiti a seguito di fusione, ai sensi dell'articolo 20 del D.L. 6 luglio 2012, n. 95 (cd. decreto spending review).

Tali risorse sono autorizzate ad incremento di quelle già stanziate dall’articolo 1, comma 164, della legge n. 662/1996 (legge finanziaria per il 1997), per un importo pari a circa 1,5 milioni di euro destinato ad incentivare sia la fusione che le unioni di comuni[169], e che risultano allocate sul capitolo 1316 (Fondo ordinario) dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’interno.

Si ricorda che sul citato Fondo ordinario risultano attualmente iscritte le risorse corrispondenti ai trasferimenti erariali per gli enti locali che non sono stati oggetto di fiscalizzazione ai sensi delle norme sul federalismo fiscale.

Per quanto concerne la disciplina dei finanziamenti alle fusioni di comuni, l’articolo 15, comma 3 del D.Lgs. n. 267/2000 dispone, al fine di favorire la fusione dei comuni, che lo Stato eroghi appositi contributi straordinari decennali, commisurati ad una quota dei trasferimenti spettanti ai singoli comuni che si fondono[170]. A decorrere dal 2013, il contributo straordinario ai comuni che danno luogo alla fusione è commisurato al 20 per cento dei trasferimenti erariali attribuiti per l'anno 2010, nel limite degli stanziamenti finanziari previsti. Le modalità e i termini per il riparto dei contributi spettanti, a decorrere dall'anno 2013, ai comuni scaturenti da procedure di fusione realizzate negli anni 2012 e successivi sono disciplinate dal D.M. 10 ottobre 2012.

 

Il comma 9-ter autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare le variazioni compensative di bilancio tra il Fondo ordinario per gli enti locali (cap. 1316) e il Fondo perequativo (cap. 1317) dello stato di previsione del Ministero dell’interno.

 

Si ricorda che sul citato Fondo ordinario risultano attualmente iscritte le risorse corrispondenti ai trasferimenti erariali per gli enti locali che, a seguito dell’attuazione delle norme sul federalismo fiscale, non sono stati oggetto di fiscalizzazione ai sensi del D.Lgs. n. 23/2011, e, pertanto, ancora dovuti dal Ministero dell’interno[171].

Le variazioni compensative autorizzate dalla norma in esame risultano necessarie al fine di poter erogare agli enti locali, per l’anno in corso, i contributi non oggetto di fiscalizzazione, quelli spettanti agli enti locali appartenenti alle Regioni a statuto speciale (Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige), nonché alle province delle Regioni Sicilia e Sardegna, i cui oneri gravano sul Fondo ordinario (cap. 1316), reperendoli sul capitolo di bilancio relativo al Fondo perequativo, che ne presenta la relativa disponibilità.

Come precisato nella relazione tecnica al maxiemendamento approvato dal Senato, la disposizione di cui al comma 9-ter permetterebbe di attribuire al cap. 1316 risorse pari a circa 139 milioni reperibili sul cap. 1317, che, unitamente all’attuale disponibilità del Fondo ordinario (circa 13,6 milioni), consentirebbe la piena corresponsione dei suddetti contributi.


 

Articolo 50, commi 11-12
(Clausola di salvaguardia - aumento delle accise)

 

 

Il comma 11 prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze effettui il monitoraggio sulle maggiori entrate relative all’IVA derivanti dalle misure concernenti il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni di cui al titolo III del provvedimento.

La Relazione tecnica (A.S. 1465, pag. 84) specifica che le disposizioni concernenti il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni autorizzano la messa a disposizione delle amministrazioni interessate di ulteriori risorse sotto forma di anticipazioni di liquidità per circa 8,7 miliardi. Tuttavia si ipotizzano pagamenti di debiti per soli 5 miliardi, i quali genererebbero entrate da IVA per 650 milioni (applicando una aliquota media IVA del 15%).

 

Pertanto, il comma 11 introduce una clausola di salvaguardia, stabilendo che qualora dal monitoraggio emerga un andamento che non consenta il raggiungimento dell’obiettivo di maggior gettito IVA pari a 650 milioni per il 2014, il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, da emanare entro il 30 settembre 2014, deve stabilire l'aumento delle accise di cui alla direttiva 2008/118/CE, in misura tale da assicurare il conseguimento del predetto obiettivo.

La richiamata Direttiva 2008/118/CE del Consiglio del 16 dicembre 2008 riguarda il regime generale delle accise e abroga la direttiva 92/12/CEE.

La Direttiva, attuata in Italia con il decreto legislativo n. 48 del 2010, stabilisce il regime generale relativo alle accise gravanti sul consumo dei seguenti prodotti:

§  prodotti energetici ed elettricità di cui alla direttiva 2003/96/CE;

§  alcole e bevande alcoliche di cui alle direttive 92/83/CEE e 92/84/CEE;

§  tabacchi lavorati di cui alla direttiva 95/59/CE, direttiva 92/79/CEE e direttiva 92/80/CEE.

 

Il comma 12 autorizza infine il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio necessarie per l'attuazione del provvedimento.


 

Articolo 50, comma 12-bis
(Fondo di compensazione per gli interventi volti a favorire lo sviluppo)

 

 

Il comma 12-bis inserito nel corso dell'esame del provvedimento al Senato, riguarda le modalità di ripartizione tra le regioni del Fondo che compensa l'esclusione dal patto di stabilità delle regioni delle spese correlate ai cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali comunitari. In riferimento all'anno 2014, il D.P.C.M. di ripartizione dovrà tener conto dello stato di attuazione degli interventi, dell'utilizzo del fondo da parte regionale e delle risorse residue in riferimento alla programmazione 2007-2013.

 

Il Fondo di compensazione per gli interventi volti a favorire lo sviluppo è stato istituito dall'articolo 3, comma 2, del D.L. n. 201/2011[172], al fine di garantire la compensazione degli effetti dell'esclusione dal patto di stabilità, delle spese sostenute dalle regioni in relazione alla parte di cofinanziamento nazionale dei programmi regionali cofinanziati dai fondi strutturali comunitari.

La deroga al patto di stabilità è contenuta nello stesso articolo 3, ai commi 1 e 1-bis, nel limite - iniziale - di 1 miliardo di euro per gli anni 2012, 2013 e 2014; successivamente la deroga è stata incrementata per il solo 2013, da 1.000 a 1.800 milioni di euro dall'art. 2, comma 7 del decreto legge 35/2013.

 

In sostanza, al fine di agevolare il raggiungimento degli obiettivi di spesa previsti dai programmi regionali cofinanziati dall’Unione europea per il periodo 2007-2013, la norma ha permesso di “non computare” nel complesso delle spese rilevanti per il patto di stabilità, le spese sostenute dalle regioni a valere sulle proprie risorse, nonché su quelle statali loro trasferite dal Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie. La disposizione ha consentito una accelerazione della capacità di spesa ed evitato il disimpegno automatico delle risorse comunitarie. Al fine di compensare lo “sforamento” del patto, con il comma 2 è stato istituito un fondo, dotato di sola cassa, che compensa gli effetti in termini di fabbisogno e indebitamento.

 

La norma in esame dispone che la ripartizione di questo Fondo è effettuata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con il Ministro delle dell'economia e delle finanze. La ripartizione deve tenere conto:

§  dello stato di attuazione degli interventi regionali;

§  degli esiti del monitoraggio sull'utilizzo del fondo;

§  delle risorse residue in riferimento alla programmazione 2007-2013.

 

Si ricorda che, ai sensi di quanto stabilito dal citato art. 3, comma 2, del D.L. n. 201/2011, in riferimento al triennio 2012 – 2014, la ripartizione del Fondo è stata effettuata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 15 marzo 2012, su proposta del Ministro per la coesione territoriale. La ripartizione è stata definita sulla base della chiave di riparto dei fondi strutturali 2007-2013, costituita da una percentuale del valore Italia posto come 100. Per ciascuna regione e provincia autonoma è indicato il limite di spesa entro cui può operare la deroga, a patto che le spese siano effettivamente sostenute a valere sulle risorse dei cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali comunitari.

A seguito dell'incremento della deroga stabilita dall'art. 2, comma 7 del decreto legge 35/2013, la ripartizione delle nuove risorse è stata effettuata con l'adozione del decreto 24 aprile 2013, sulla base della chiave di riparto dei fondi strutturali con le stesse modalità illustrate sopra (così dispone il comma 8 del citato articolo 2).

 

Riguardo il monitoraggio sull'utilizzo del Fondo si ricorda che il comma 9 del citato articolo 2, decreto legge 35/2013, stabilisce che il Ministero dello sviluppo economico - Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, per ciascuno degli anni 2013 e 2014, effettua – entro il 15 settembre - il monitoraggio sull’utilizzo, alla data del 31 luglio, del plafond di spesa assegnato a ciascuna regione e provincia autonoma ai sensi del decreto ministeriale 15 marzo 2012, con lo scopo di verificare l'utilizzo delle risorse al fine di una eventuale rimodulazione del quadro di riparto del limite complessivo, per assegnare un maggiore o minore spazio finanziario alle regioni commisurato alla effettiva capacità di spesa registrata nel semestre di riferimento.


 

Articolo 50-bis
(Clausola di salvaguardia autonomie speciali)

 

 

L’articolo 50-bis, introdotto durante l’esame al Senato, inserisce la clausola di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano; la norma stabilisce infatti che le disposizioni della stessa legge si applicano secondo le procedure stabilite dagli statuti e dalle relative norme di attuazione.

 

La clausola di salvaguardia, nella sua formulazione consueta dispone che le norme di legge si applicano alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome, «compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e con le relative norme di attuazione», vale a dire che esse sono inapplicabili agli enti a statuto speciale ove siano in contrasto con gli statuti. Nonostante la diversa formulazione testuale recata dalla norma in esame, che in forma più imperativa dispone l’inapplicabilità delle disposizioni contrastanti con le fonti statutarie, anche essa pone comunque le norme statutarie come limite generale all'applicazione delle norme del decreto legge negli ordinamenti delle autonomie speciali.

Le disposizioni del decreto legge non modificano il quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale) e dalle relative norme di attuazione; esse si applicano pertanto in quegli ordinamenti solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di quegli enti. L’esplicitazione di questo principio è stata introdotta in passato principalmente nelle leggi finanziarie per evitare che regioni e province autonome, nel dubbio sull’effettiva estensione di disposizioni che incidono sulle materie di loro competenza, ritenessero necessario chiedere una pronuncia alla Corte costituzionale.

La Corte costituzionale ha più volte ribadito, in passato, in una serie di pronunce concernenti le leggi finanziarie, che «simili clausole, formulate in termini generici, non hanno l'effetto di escludere una lesione della potestà legislativa regionale»[173]. Tuttavia, in più recenti pronunce, la Corte costituzionale, in ragione della presenza della clausola di salvaguardia, ha dichiarato non fondate le questioni sollevate in merito a norme che, proprio perché in contrasto con lo statuto speciale e le norme di attuazione della regione ricorrente, non sono applicabili alla regione stessa[174].



[1]     L’articolo 2 ha delegato il Governo ad adottare, entro il 31 maggio 2011, uno o più decreti legislativi per l'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle amministrazioni pubbliche, ad esclusione delle regioni e degli enti locali, e dei relativi termini di presentazione e approvazione, in funzione delle esigenze di programmazione, gestione e rendicontazione della finanza pubblica. La delega è stata esercitata con i decreti legislativi 21 maggio 2011, n. 91, per l’armonizzazione dei sistemi contabili delle amministrazioni dello Stato, e 23 giugno 2011, n.118, per i sistemi contabili delle regioni e degli enti locali.

[2]     Va rammentato che il termine per l’attuazione di tale delega dall’articolo 40 era originariamente fissato entro i due anni dalla data di entrata in vigore della nuova legge di contabilità, vale a dire entro il 1° gennaio 2012, venendo poi prorogato fino al 1° gennaio 2014

[3]     Termine inizialmente stabilito di durata triennale dall’entrata in vigore della legge n.196/2009, con scadenza, pertanto, al 1°gennaio 2013.

[4]     Tale eventuale prolungamento del termine, non previsto nelle altre due deleghe recate dai commi in esame, ripete quello già previsto dell’articolo 42 della legge n.196/2009.

[5]     Tale decreto qualifica come amministrazioni pubbliche "tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300".

[6]     Ai sensi dell’articolo 70, comma 1, del D.Lgs. 276/2003 Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare, annualmente rivalutati sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo. Fermo restando il limite complessivo di 5.000 euro nel corso di un anno solare, nei confronti dei committenti imprenditori commerciali o professionisti, le attività lavorative possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro. Inoltre, per gli anni 2013 e 2014, possono essere rese prestazioni di lavoro accessorio da percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito, in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, fermo restando quanto previsto dal comma 3 e nel limite massimo di 3.000 euro di corrispettivo per anno solare.

[7]     Ai sensi dell’articolo 2 della L.R. Sardegna 4/2013 i cantieri comunali per l'occupazione e i cantieri verdi costituivano a tutti gli effetti progetti speciali per l'attuazione di competenze e di politiche regionali. Si prevedeva che l'onere finanziario fosse interamente a carico di risorse regionali e che le assunzioni di progetto previste rientrassero nell’ambito della deroga introdotta all’art. 9, c. 28, del D.L. 78/2010 in base alla quale gli enti locali, a decorrere dal 2013, possono assumere personale a tempo determinato o con convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa anche oltre il limite ivi previsto (50% della spesa sostenuta nell’anno 2009 per analoghe finalità) nei soli casi di assunzioni strettamente necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale.

[8]     Proroga disposta dall’articolo 9, comma 15-ter, del decreto-legge n. 150/2013.

[9]     Per un approfondimento sulla BDNCP si rinvia alla scheda intitolata “Il ruolo dell’AVCP nel contenzioso e la Banca dati dei contratti pubblici” (26 marzo 2014) al link www.camera.it/temiap/2014/04/01/OCD177-53.pdf.

[10]    La CONSIP S.p.A. (Concessionaria Servizi Informatici Pubblici) è un organismo a struttura societaria interamente posseduto dal Ministero dell’Economia, con il compito di stipulare convenzioni in base alle quali le imprese fornitrici si impegnano ad accettare ordinativi di fornitura fino alla concorrenza di un quantitativo di beni o di servizi predeterminati.

      Le attività della Consip fanno riferimento a tre aree principali: la realizzazione del Programma di razionalizzazione degli acquisti pubblici di beni e servizi, attraverso l'utilizzo di tecnologie informatiche e di strumenti innovativi per gli acquisti della PA (convenzioni, Mercato elettronico della PA, accordi quadro, Sistema dinamico d'acquisto, gare in modalità ASP) - Area Programma; il supporto a singole amministrazioni su tutti gli aspetti del processo di approvvigionamento, anche in qualità di centrale di committenza, sulla base di specifiche convenzioni - Area Procurement verticale per la PA; lo svolgimento di compiti assegnati attraverso specifici provvedimenti di legge o atti amministrativi - Area Altre iniziative su affidamenti di legge/atti amministrativi. Si tratta di aree di attività distinte, ma fortemente integrate, che fondano i propri risultati sulla ricerca dell'innovazione e sull'applicazione delle tecnologie ICT ai processi e all'organizzazione della P.A. http://www.consip.it/

[11]    Si ricorda che la decorrenza degli obblighi di centralizzazione degli acquisti previsti dal comma 3-bis dell’art. 33 del D.Lgs. n. 163/2006 decorre dal 1° luglio 2014, in virtù della proroga disposta dall’art. 3, comma 1-bis, del D.L. n. 150/2013.

[12]    Tale attività è attribuita all’Osservatorio dall’art. 7, comma 4, lettera c), del D.Lgs. n. 163/2006. Tale norma affida infatti all’Osservatorio la determinazione annuale dei costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura in relazione a specifiche aree territoriali, facendone oggetto di una specifica pubblicazione, avvalendosi dei dati forniti dall'ISTAT, e tenendo conto dei parametri qualità-prezzo di cui alle convenzioni stipulate dalla CONSIP.

[13]    Per un commento del comma 3-ter e un suo inquadramento nell’ambito della normativa emanata nella scorsa legislatura si veda la scheda “La razionalizzazione e centralizzazione degli acquisti della P.A.” tratta dal dossier di inizio legislatura e disponibile al link

www.camera.it/leg17/1050?appro=870&La++razionalizzazione+e+centralizzazione+degli+acquisti+della+P.A.

[14]    Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.

[15]    Per gli appalti pubblici di servizi indicati alla lettera b2) del comma 1 dell’art. 28 (tra cui p.es. i servizi di ricerca e sviluppo e di telecomunicazioni) la soglia è pari a 207.000 anche se l’amministrazione aggiudicatrice è un’amministrazione centrale.

[16]    La disposizione faceva seguito alla sospensione del pagamento dei canoni demaniali marittimi disposta fino al 15 settembre 2013 dal comma 5-bis dell’articolo 19 del decreto-legge n. 69/2013.

[17]    Il personale in regime di diritto pubblico, c.d. non contrattualizzato (di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001), è costituito dalle seguenti categorie: magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati e procuratori dello Stato; personale militare e Forze di polizia di Stato; personale volontario di leva; personale della carriera diplomatica; personale della carriera prefettizia; personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco; personale della carriera dirigenziale penitenziaria; professori e ricercatori universitari.

L’articolo 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001 richiama, inoltre, “i dipendenti degli enti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dall'articolo 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691, e dalle leggi 4 giugno 1985, n. 281, e successive modificazioni ed integrazioni, e 10 ottobre 1990, n. 287”. Tali materie sono, rispettivamente: l’esercizio della funzione creditizia e la materia valutaria; l'ordinamento della Commissione nazionale per le società e la borsa, l'identificazione dei soci delle società con azioni quotate in borsa e delle società per azioni esercenti il credito, l’attuazione delle direttive CEE in materia di mercato dei valori mobiliari e la tutela del risparmio; la tutela della concorrenza e del mercato.

[18]    Per le altre società, disposizioni sono state introdotte all’art. 23-bis del D.L. n. 201 del 2011 dal successivo decreto-legge n. 69 del 2013.

[19]    Quanto alla giurisprudenza costituzionale più risalente nel tempo si richiamano, in particolare, le seguenti pronunce:

§  l'irretroattività, pur fuori del campo penale, rappresenta «una regola essenziale del sistema a cui, salva un'effettiva causa giustificatrice, il legislatore deve ragionevolmente attenersi, in quanto la certezza dei rapporti preteriti costituisce un indubbio cardine della civile convivenza e della tranquillità dei cittadini» (sentenze 155/1990; 473/1990; 390/1995);

§  al di fuori della materia penale (dove il divieto di retroattività della legge è stato elevato a dignità costituzionale dall'art. 25 Cost.), l'emanazione di leggi con efficacia retroattiva da parte del legislatore incontra una serie di limiti che attengono alla salvaguardia, tra l'altro, di fondamentali valori di civiltà giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generate di ragionevolezza e di eguaglianza, la tutela dell'affidamento nelle situazioni giuridiche legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto e il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (sentenza n. 282 del 2005 e, nello stesso senso, fra le molte, le sentenze n. 525 del 2000 e n. 416 del 1999);

§  interventi legislativi modificativi in peius di situazioni soggettive attinenti a rapporti di durata non possono arbitrariamente frustrare l'affidamento dei cittadini fondato sulla situazione normativa preesistente, senza violare il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, nonché, in ragione degli interessi nella specie coinvolti, gli artt. 4, 35 e 41 della stessa Costituzione, relativi alle garanzie del lavoro e della libertà di iniziativa economica, anche sotto il profilo della concorrenza (sentenza 211/1997);

§  pur non essendo vietato al legislatore approvare norme di modifica in senso sfavorevole, le modifiche alla disciplina dei rapporti di durata non devono trasmodare, ad avviso della Corte costituzionale, in un regolamento irrazionale o incidere arbitrariamente sulle situazioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti (sentenze nn. 417 e 179 del 1996, n. 390 del 1995, n. 330 del 1999);

§  “sacrifici anche onerosi”, sono stati ritenuti dalla Corte non lesivi del principio di cui all'art. 3 della Costituzione a condizione, tuttavia, di sacrifici “eccezionali, transeunti, non arbitrari e consentanei allo scopo prefisso” (sent. n. 245/1997 e ord. n. 299/1999).

[20]    Ricorsi nn. 43 549/08, 6 107/09 e 5087/09 - Agrati ed altri c. ITALIA.

[21]    Da ultimo, comunicato dell'ISTAT del 30 settembre 2013 (G.U. n. 229 del 30 settembre 2014). Si ricorda, peraltro, che l’art. 1, co. 2, della legge n. 196 del 2009, nell’indicare le amministrazioni pubbliche interessate, oltre a far riferimento a enti e soggetti indicati in appositi elenchi ISTAT, rinvia alla definizione di amministrazioni pubbliche contenuta all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001.

[22]    L’art. 6, c. 7, del D.Lgs. 165/2001 (così come modificato dal D.L. 101/2013) dispone che le Pubbliche amministrazioni, per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, possono conferire incarichi individuali, con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti:

§ l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e alle esigenze di funzionalità dell'amministrazione conferente;

§ l'amministrazione deve avere accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse disponibili al suo interno;

§ devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.

Inoltre, la prestazione deve essere temporanea e altamente qualificata e non è ammesso il rinnovo; l'eventuale proroga dell'incarico è consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell'incarico. Il requisito della comprovata specializzazione universitaria non è richiesto in caso per attività che debbano essere svolte da professionisti iscritti in ordini o albi o con soggetti che operino nel campo dell'arte, dello spettacolo, dei mestieri artigianali o dell’attività informatica, nonché a supporto dell’attività didattica e di ricerca, per i servizi di orientamento, compreso il collocamento, e di certificazione dei contratti di lavoro di cui al D.Lgs. 276/2003, purché senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ferma restando la necessità di accertare la maturata esperienza nel settore.

[23]    Tale percentuale valeva a decorrere dall’anno 2013).

[24]    La disposizione fa riferimento alle “autorità indipendenti”, che peraltro risultano già ricomprese nel suddetto elenco ISTAT.

[25]    http://censimentoautopa.gov.it/

[26]    Il richiamato comma 428, come modificato dal D.L. n. 4/2014, in attesa del programma di spending review previsto dal comma 427, dispone l’accantonamento delle spese rimodulabili delle missioni di spesa di ciascun Ministero per un importo complessivo pari a 710 milioni per il 2014, a 1.028,8 milioni per il 2015, a 1.186,7 milioni a decorrere dal 2016, come esposto nell’Allegato 3 alla stessa legge di stabilità.

Programma di spending review – somme accantonate e rese indisponibili

 

2014

2015

2016 e seg.

Ministero dell’economia e delle finanze

355,7

418,0

463,7

Ministero dello sviluppo economico

55,6

81,0

77,3

Ministero del lavoro e delle politiche sociali

21,5

6,4

5,4

Ministero della giustizia

13,5

34,6

42,9

Ministero degli affari esteri

13,5

23,3

27,4

Ministero dell’interno

30,9

54,7

59,6

Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare

2,9

6,3

7,9

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

113,0

153,1

155,4

Ministero della difesa

89,5

239,8

334,7

Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

11,1

7,8

8,3

Ministero della salute

2,8

3,8

4,0

Totale

710,0

1.028,8

1.186,7

 

[27]    L’articolo 2, comma 1, del D.L. 95/2012 ha disposto la riduzione, con specifiche eccezioni, degli uffici e delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni dello Stato in misura non inferiore al 20% per il personale dirigenziale (di livello generale e non generale) e del 10% della spesa complessiva relativa al numero dei posti in organico, per il personale non dirigenziale.

[28]    Il termine per l’uso di tale deroga era inizialmente fissato al 31 dicembre 2012 e successivamente prorogato al 28 febbraio 2013 (ex art. 1, co. 406, L. 228/2012, legge di stabilità 2013), poi al 31 dicembre 2013 (ai sensi dell’articolo 2, comma 7, del D.L. 101/2013, conv. L. 125/2013). Da ultimo, anche questo termine è stato prorogato al 28 febbraio 2014 con l’art. 1, co. 6 del D.L. 150/2013 (decreto proroga-termini).

[29]    L. 15 maggio 1997, n. 127, “Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo”. Nella norma richiamata si prevede che nel caso in cui disposizioni di legge o regolamentari dispongano l'utilizzazione presso le amministrazioni pubbliche di un contingente di personale in posizione di fuori ruolo o di comando, le amministrazioni di appartenenza sono tenute ad adottare il provvedimento di fuori ruolo o di comando entro quindici giorni dalla richiesta.

[30]    L. 15 marzo 1997, n. 59, “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa”. Nella norma sopra richiamata – articolo 12, comma 1, lettera n) - si fa riferimento al criterio da utilizzare per l’esercizio della delega contenuta nella stessa legge consistente nel “rivedere, senza aggravi di spesa e, per il personale disciplinato dai contratti collettivi nazionali di lavoro, fino ad una specifica disciplina contrattuale, il trattamento economico accessorio degli addetti ad uffici di diretta collaborazione dei Ministri, prevedendo, a fronte delle responsabilità e degli obblighi di reperibilità e disponibilità ad orari disagevoli, un unico emolumento, sostitutivo delle ore di lavoro straordinario autorizzabili in via aggiuntiva e dei compensi di incentivazione o similari”.

[31]    D.L. 31 maggio 2010, n. 78, Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito in legge, con modificazioni.

[32]    D.P.R. 4 settembre 2013, n. 122, Regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, a norma dell'articolo 16, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

[33]    La riduzione è stata disposta a titolo di parziale copertura del credito d’imposta in favore di soggetti danneggiati dal sisma del 20 e del 29 maggio 2012, disposto dal medesimo articolo 67-octies.

[34]    La riduzione da 30 a 28,4 milioni è conseguente al taglio trasversale disposto dal D.L. n. 4 del 2014.

[35]    Emendamento 16.1000 del governo.

[36]    https://noipa.mef.gov.it/ .

[37]    Legge 27 dicembre 1997, n.449, recante “Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica”.

[38]    Recante “Regolamento recante norme di attuazione dell'articolo 43, comma 4, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, in materia di contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione, convenzioni con soggetti pubblici e privati, contributi dell'utenza per i servizi pubblici non essenziali e misure di incentivazione della produttività”.

[39]    Per l’evento Expo 2015, Milano è stata scelta come sede dell'edizione 2015 dal Bureau International des Expositions (BIE), convenuto a Parigi il 31 marzo 2008. Tema dell'Esposizione: "Nutrire il pianeta, energia per la vita". Sua prevista data di avvio è il 1° maggio 2015. Già prima della deliberazione resa da quel consesso internazionale, Expo 2015 era stata dichiarata 'grande evento' da parte italiana, con D.P.C.M. 30 agosto 2007.

[40]    Cap. 7810 “somme da ripartire per assicurare la continuità degli interventi pubblici nel settore agricolo e forestale”.

[41]    Articolo 4, comma 53, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012) e articolo 1, comma 71, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013).

[42]    Dal sito del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali dedicato alla gestione commissariale ex Agensud http://www.agensud.it/

[43]    Recante disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali, convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno 2013, n. 64.

[44]    Recante disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici, convertito con modificazioni dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124.

[45]    Il decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39 reca ‟Attuazione della direttiva 2006/43/CE, relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati, che modifica le direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE, e che abroga la direttiva 84/253/CEE." Il registro dei revisori legali è previsto nel Capo III.

[46]    Si ricorda che l'articolo 2359 del codice civile disciplina le società controllate e le società collegate. Il primo comma prevede in particolare che sono considerate società controllate:

1)   le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;

2)   le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;

3)   le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

[47]    Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie fiscali

[48]    Mediante il rinvio ad apposito regolamento, poi intervenuto con D.M. 24 dicembre 2013, n.166.

[49]    Tale inclusione deriva da quanto previsto dall’articolo 34, comma 38, del decreto-legge n.179/2012, il quale ha espressamente ricompreso questa tipologia di società tra quelle cui si applicano le disposizioni in materia di contenimento della spesa pubblica.

[50]http://www.dt.tesoro.it/export/sites/sitodt/modules/documenti_it/programmi_cartolarizzazione/patrimonio_pa/DT_Rapporto_Partecipazioni_-_Anno_2011.pdf

[51]    http://www.dt.mef.gov.it/it/finanza_privatizzazioni/partecipazioni/elenco_partecipazioni

[52]    Tra queste rientrano Poste Italiane spa ed Enav (Ente nazionale di assistenza al volo) spa, oggetto di due schemi di D.P.C.M sui quali si è conclusa la procedura per il parere parlamentare (Atti del Governo n. 77 e n.78) e che sono stati approvati definitivamente dal Consiglio dei Ministri il 16 maggio u.s. ma, al momento, non ancora pubblicati in Gazzetta Ufficiale.

[53]    Il testo del decreto recava la soppressione dell’obbligo di sedi RAI in ciascuna regione e nelle province autonome, ferma restando la garanzia della diffusione dell’informazione pubblica a livello nazionale e regionale, ma non la previsione riferita alla presenza in ogni regione e provincia autonoma di redazioni e strutture adeguate alle specifiche produzioni.

[54]    La medesima previsione è ribadita, peraltro, all’art. 17, co. 2, del Contratto nazionale di servizio pubblico relativo al triennio 2010-2012 e all’art. 2, lett. m), dello schema di contratto di servizio tra il Ministero dello Sviluppo economico e la RAI-Radiotelevisione Italiana S.p.A. per il triennio 2013-2015 (atto del Governo n. 31), su cui la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi ha espresso parere favorevole con condizioni nella seduta del 7 maggio 2014.

[55]    Una quota di tale corrispettivo, per un importo massimo di 200 mila euro è impegnato dalla RAI per la gestione delle spese di carattere ordinario della sede RAI di Bolzano, con lo scopo di aumentare il tasso di funzionalità, efficienza e rendimento delle strutture dedicate alla trasmissione dei programmi in lingua tedesca e ladina.

[56]    La novella si è resa necessaria per predisporre, ai sensi dell’art. 27 della L. n. 42/2009, il coordinamento della finanza della regione Trentino-Alto Adige ai principi del federalismo fiscale e, in particolare, per determinarne il concorso al conseguimento degli obiettivi di perequazione e solidarietà e al rispetto del patto di stabilità interno e degli obblighi derivanti dall’ordinamento comunitario. Ai sensi dell’art. 104 del DPR 670/1972, le norme del titolo VI dello statuto speciale di autonomia – nel cui ambito è inserito il citato art. 79 – possono essere modificate con legge ordinaria dello Stato su concorde richiesta del Governo e della regione e delle due province. Le disposizioni della L. 191/2009, pertanto, sono state precedute da un accordo che ha definito i contenuti delle modifiche. In particolare, il punto 5 del c.d. Accordo di Milano, sottoscritto il 30 novembre 2009, ha stabilito “l'assunzione da parte della Provincia autonoma di Bolzano, nella misura massima di cui all'articolo 79, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 670 del 1972” – pari a 100 milioni di euro annui a decorrere dal 2010 – “degli oneri riferiti alle funzioni esercitate dallo Stato in materia di Università, ivi compreso il finanziamento dell'Università di Bolzano, alle trasmissioni in lingua tedesca e ladina di competenza della sede RAI di Bolzano, ai costi di funzionamento del Conservatorio Claudio Monteverdi di Bolzano, al servizio di spedizione e recapito postale nell'ambito del territorio provinciale ed al finanziamento di infrastrutture di competenza dello Stato sul territorio provinciale”. Sull’argomento, si veda anche
http://www.cortecostituzionale.it/documenti/convegni_seminari/STU_225_Regime_Finanziario_Trentino.pdf.

[57]    La disciplina degli abbonamenti alle radioaudizioni e alla televisione è stata introdotta dal R.D.L. 246/1938 (L. 880/1938).

[58]    La misura dei canoni di abbonamento alle radiodiffusioni è stata determinata, per l'anno 2014, con D.M. 17 dicembre 2013.

[59]    Ai sensi della L. 13 giugno 1935, n. 1184, come modificato dal d.lgs.lgt. 8 febbraio 1946, n. 56.

[60]    L’articolo 32 del TUIR prevede che il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d'esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell'esercizio di attività agricole su di esso. Il reddito agrario viene determinato mediante l’applicazione delle tariffe d’estimo stabilita per ciascuna qualità e classe, secondo un criterio catastale.

Il comma 2 considera attività agricole: a) le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura; b) l'allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno e le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l'utilizzo di strutture fisse o mobili, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione insiste; c) le attività connesse all’esercizio dell’impresa agricola ex art.. 2135, terzo co. cc, indicate dallo stesso comma 2.

Da un punto di vista soggettivo, la determinazione del reddito agrario su base catastale costituiva, fino al 2006, il regime naturale esclusivo per le sole persone fisiche, società semplici ed enti commerciali esercenti l’impresa agricola. La legge finanziaria 2007 ha esteso la platea dei soggetti (vedi nota 2) che possono usufruire di tale regime. Questi, se in possesso di determinati requisiti, possono optare per l’applicazione dell’art. 32 del TUIR. Dal punto di vista oggettivo, il perimetro delle attività connesse all’esercizio dell’impresa agricola è stato ampliato dal co. 423 della legge finanziaria 2006, citato nel testo della presente scheda (vedi supra) alla produzione di energia elettrica e calorica derivante da fonti rinnovabili e agroforestali e fotovoltaiche; produzione di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo; produzione di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo.

[61]    Secondo le modalità di cui al già citato D.P.R. n. 442/1997 Regolamento di riordino della disciplina delle opzioni in materia di imposta sul valore aggiunto e di imposte dirette.

[62]    La Circolare dell’agenzia delle entrate n. 32/E del 2009 ha chiarito che la produzione e cessione di energia fotovoltaica da parte di imprenditori agricoli è sempre produttiva di reddito agrario per la parte generata dai primi 200KW di potenza nominale installata. Diversamente, se generata da impianti di potenza superiore, tale produzione può essere considerata connessa a quella agricola solo in taluni specifici casi, alternativamente indicati dalla stessa circolare. Infine, relativamente alla disciplina fiscale riferita alla tariffa incentivante per la produzione di energia da fonte fotovoltaica: per la parte di energia rientrante nella definizione di attività agricola connessa, la tariffa incentivante percepita, ai fini delle imposte dirette, è irrilevante. Al di fuori dei limiti stabiliti, la tariffa incentivante sarà rilevante come contributo in conto esercizio ai sensi dell’art.85 del TUIR. Le tariffe incentivanti sono escluse dal campo si applicazione Iva.

Per quanto poi riguarda le tariffe incentivanti, per produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici, opera il D.M. 5 luglio 2012 (cd. V° Conto energia), mentre, per la produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili diversi dai fotovoltaici, con potenza non inferiore a 1 kW, cfr. D.M. 6 luglio 2012 (articoli 7, 8 e All. 1 e 2).

Infine, si ricorda che l’articolo 1, commi 3-6, del D.L. n.145/2013 ha inciso sul regime incentivante delle fonti rinnovabili, con l’obiettivo di contenere l'onere annuo sui prezzi e sulle tariffe elettriche (componente tariffaria A3). Tali norme non si applicano comunque agli impianti incentivati CIP6; ai nuovi impianti incentivati ai sensi del D.M. 6 luglio 2012 a fonti rinnovabili non fotovoltaiche), fatta eccezione per gli impianti in regime transitorio (art. 30 del D.M.).

[63]    L’articolo 1, commi 1093 della legge n. 296/2006 – la cui riviviscenza, assieme al successivo comma 1094, è stata disposta dall’articolo 1, comma 36 della legge n. 147/2013 -, al fine di promuovere lo sviluppo della forma societaria in agricoltura, consente alle società di persone, alle società a responsabilità limitata e alle società cooperative, che rivestono la qualifica di società agricola di optare per l'applicazione di un regime fiscale più favorevole: vale a dire, l’assoggettamento a tassazione in base al reddito catastale agrario, ai sensi dell’articolo 32 del testo unico delle imposte sui redditi – TUIR.

Il successivo comma 1094 considera imprenditori agricoli le società di persone e le società a responsabilità limitata, costituite da imprenditori agricoli, che esercitano esclusivamente le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ceduti dai soci, disponendo che in tale ipotesi, le società possono optare per la determinazione del reddito applicando all’ammontare dei ricavi il coefficiente di redditività del 25 per cento.

[64]    Altri 6.500 soggetti hanno dichiarato di utilizzare proprietà collettive a loro assegnate – la SAU relativa è di circa 350.000 ettari.

Sono considerate tipiche forme di proprietà collettive le Regole come enti montani di antica origine, diffusi soprattutto nell'Alto Veneto ed in alcune zone del Trentino Alto Adige. Tra le proprietà collettive nel territorio di pianura, si ricordano le Partecipazioni Agrarie di Cento (FE) e la Comuna di Grignano ora Antichi beni originari di Grignano Polesine (RO).

[65]    L’articolo 1, comma 128 della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) dispone che dal 1° gennaio 2013 le somme a debito a qualsiasi titolo dovute dagli enti locali al Ministero dell'interno sono recuperate a valere su qualunque assegnazione finanziaria dovuta (agli enti stessi) dal Ministero.

[66]    Il comma 17 dispone che con le procedure previste dall'articolo 27 della legge 42/2009, le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonché le Province autonome di Trento e di Bolzano, assicurano il recupero al bilancio statale del predetto maggior gettito stimato dei comuni ricadenti nel proprio territorio. Fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui allo stesso articolo 27, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, è accantonato un importo pari al maggior gettito stimato di cui al precedente periodo.

[67]    Elenco redatto Sulla base del Sec95, il sistema europeo dei conti: l'ISTAT predispone l'elenco delle unità istituzionali che fanno parte del settore delle Amministrazioni Pubbliche (Settore S13), i cui conti concorrono alla costruzione del Conto economico consolidato delle Amministrazioni Pubbliche. I criteri utilizzati per la classificazione sono di natura statistico-economica.

[68]    Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali

[69]    Individuate ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e successive modificazioni.

[70]    In data 30 maggio 2014 la Ragioneria generale dello Stato ha predisposto e pubblicato le Regole tecniche per la comunicazione dei dati riferiti alle fatture da inviare alla piattaforma per la certificazione dei crediti. Il documento descrive le modalità e i formati mediante i quali gli utilizzatori della piattaforma per la certificazione dei crediti (creditori e pubbliche amministrazioni) possono comunicare i dati relativi a fatture o richieste equivalenti di pagamento riferiti a crediti per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali.

[71]    Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale

[72]    La certificazione non può essere rilasciata a pena di nullità dagli enti locali commissariati e dagli enti del Servizio sanitario nazionale delle regioni sottoposte a piano di rientro dai disavanzi sanitari ovvero a programmi operativi di prosecuzione degli stessi, i quali non possono rilasciare certificazione a pena di nullità (art. 9, comma 3-ter, del D.L. n. 185/2008).

[73]    La nomina è effettuata dall'Ufficio centrale del bilancio competente per le certificazioni di pertinenza delle amministrazioni statali centrali e degli enti pubblici nazionali, o dalla Ragioneria territoriale dello Stato competente per territorio per le certificazioni di pertinenza delle amministrazioni statali periferiche, delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale.

[74]    Si ricorda che la responsabilità dirigenziale nella pubbliche amministrazioni è disciplinata dall’articolo 21 del D.Lgs. n. 165/2001 e la responsabilità, le tipologie di infrazioni e di sanzioni e le procedure conciliative nei rapporti di lavoro dei dipendenti delle P.A. sono disciplinate dal successivo articolo 55 del medesimo decreto.

[75]    Modalità di certificazione del credito, anche in forma telematica, di somme dovute per somministrazione, forniture e appalti, da parte delle Regioni, degli Enti locali e degli Enti del Servizio Sanitario Nazionale, di cui all'articolo 9, commi 3-bis e 3-ter del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 e successive modificazioni e integrazioni.

[76]    Disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici.

[77]    Riparto dell'incremento del «Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili» di cui all'articolo 13, commi 8 e 9, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124.

[78]    Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali.

[79]    Si ricorda che l’articolo 1, comma 11, del D.L. n. 35/2013, al fine di garantire l’immediata operatività della “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali”, dispone il trasferimento delle relative disponibilità su un apposito conto corrente acceso presso la Tesoreria centrale dello Stato, intestato al Ministero dell’economia, la cui gestione viene affidata a Cassa depositi e prestiti S.p.A., la quale viene autorizzata ad effettuare operazioni di prelevamento e versamento sul medesimo conto.

[80]    In particolare, l’articolo 13, comma 1, del D.L. n. 102/2013, che ha operato una rimodulazione delle risorse complessive del Fondo per gli anni 2013 e 2014, ha ridefinito la dotazione della Sezione enti locali, incrementandola per l’anno 2013 a 3,4 miliardi, e riducendola a 189 milioni di euro per il 2014. Ai sensi del comma 8 del medesimo articolo 13, la dotazione per il 2014 della Sezione enti locali è stata poi nuovamente incrementata di 2 miliardi, a seguito del riparto effettuato dal D.M. 10 febbraio 2014.

[81]    Si ricorda che le disponibilità della Sezione enti locali per l’anno 2013 sono state ridotte di 35 milioni di euro dall’articolo 2, comma 3, del D.L. n. 120/2013 a parziale copertura dell’aumento delle disponibilità del Fondo di solidarietà comunale per il medesimo anno.

[82]    Si ricorda che le disponibilità della Sezione enti locali per l’anno 2014 sono state ridotte di 75 milioni di euro dall’articolo 11, comma 8, del D.L. n. 91/2013, a copertura degli oneri derivanti dall'istituzione del Fondo rotativo per la concessione di finanziamenti alle fondazioni lirico sinfoniche.

[83]    Dati del Ministero dell’economia e finanze contenuti nell’Aggiornamento sullo stato di attuazione dei pagamenti dei debiti della PA al 28 marzo 2014

(http://www.mef.gov.it/primo-piano/article_0118.html)

I dati relativi alle anticipazioni erogate da CDP alle province (http://www.mef.gov.it/primo-piano/debiti_PA/province.html) e ai comuni

(http://www.mef.gov.it/primo-piano/debiti_PA/comuni.html) sono però aggiornati al 26 febbraio 2014.

[84]    A valere sulle quali i medesimi enti hanno effettuato pagamenti ai creditori per 2.694,8 milioni.

[85]    A valere sulle quali i medesimi enti hanno effettuato pagamenti ai creditori per 44,3 milioni.

[86]    Per regolamentare i rapporti tra Ministero dell’economia e C.D.P. relativamente alla gestione del conto acceso presso la Tesoreria dello Stato, sul quale sono versate le disponibilità della “Sezione enti locali” del Fondo di cui all’articolo 1, comma 10, del D.L. n. 35/2013, è stata prevista la stipula di un apposito Addendum alla Convenzione già esistente tra MEF e Cassa del 23 dicembre 2009, volto anche a definire i criteri e le modalità per la gestione della Sezione enti locali da parte di Cassa. L’Addendum è stato stipulato in data 12 aprile 2013 ed il contratto tipo di anticipazione tra CDP ed ente locale è stato approvato con Decreto del Ministero dell'Economia e Finanze – DT del 12 aprile 2013. Successivamente, a seguito delle previsioni normative di cui all’articolo 13, commi 1-3, del D.L. n. 102/2013 per l’erogazione a saldo del 2013, si è proceduto alla sottoscrizione di un Atto Integrativo all’Addendum del 12 aprile 2013. per definire i criteri e le modalità di accesso all’erogazione a saldo delle anticipazioni di liquidità già concesse agli enti locali anche sulla base di uno schema di Atto modificativo del Contratto di anticipazione di liquidità originariamente stipulato. Il suddetto Atto Integrativo all’Addendum è stato stipulato tra la CDP e il MEF in data 11 settembre 2013.

[87]    Il testo dell’Addendum integrato è disponibile sul sito istituzionale di Cassa depositi al seguente indirizzo: http://portalecdp.cassaddpp.it/content/groups/public/documents/ace_documenti/012909.pdf.

[88]    Si ricorda che, ai sensi del comma 13 dell’articolo 1, del D.L. n. 35/2013, la restituzione delle anticipazioni avviene attraverso un piano di ammortamento a rate costanti, comprensive di quota capitale e di quota interessi, con durata fino ad un massimo trent’anni. Le restituzioni avvengono con rate annuali. Le restituzioni sono versate annualmente da Cassa depositi e prestiti all’entrata del bilancio statale, ai sensi e con le modalità definite dall’ articolo 12, comma 6, del D.L. n. 35/2013, il quale prevede che gli importi delle restituzioni siano versati ad appositi capitoli dell’entrata, distinti per la quota capitale e per quota interessi. Gli importi dei versamenti relativi alla quota capitale sono destinati al Fondo ammortamento titoli di Stato.

[89]    Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali.

[90]    Si ricorda che gli enti locali per i quali sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocarne il dissesto finanziario possono ricorrere, con deliberazione consiliare, alla procedura di riequilibrio finanziario disciplinata dall’articolo 243-bis e seguenti del D.Lgs. n. 267/2000 (Testo unico dell’ordinamento degli enti locali). La procedura prevede la delibera da parte del consiglio dell’ente locale di un piano di riequilibrio finanziario pluriennale della durata massima di dieci anni, che deve essere approvato dalla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti.

Si ricorda che il D.L. n. 16/2014 (legge n. 64/2014), all’articolo 3, comma 2-bis, ha integrato il comma 10-bis dell’articolo 1 del D.L. n. 35/2013 al fine di riconoscere i debiti fuori bilancio contenuti nel piano di riequilibrio finanziario pluriennale, di cui all'articolo 243-bis del D.Lgs. n. 267/2000, approvato dalla Corte dei conti, tra quelli per il pagamento dei quali è possibile richiedere anticipazioni di liquidità a valere sulle risorse dell’apposito Fondo anticipazioni liquidità finalizzato al pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni maturati al 31 dicembre 2012, di cui all’articolo 10 del D.L. n. 35/2013, stanziate per l’anno 2014 dall’articolo 13, commi 8-9 del D.L. n. 102/2013 (pari a 7,2 miliardi di euro).

[91]    Si ricorda che le disponibilità della Sezione enti locali per l’anno 2013 sono state ridotte di 35 milioni di euro dall’articolo 2, comma 3, del D.L. n. 120/2013 a parziale copertura dell’aumento delle disponibilità del Fondo di solidarietà comunale per il medesimo anno, e per l’anno 2014 sono state ridotte di 75 milioni di euro dall’articolo 11, comma 8, del D.L. n. 91/2013, a copertura degli oneri derivanti dall'istituzione del Fondo rotativo per la concessione di finanziamenti alle fondazioni lirico sinfoniche.

[92]    Dati del Ministero dell’economia e finanze contenuti nell’Aggiornamento sullo stato di attuazione dei pagamenti dei debiti della PA al 28 marzo 2014 (http://www.mef.gov.it/primo-piano/article_0118.html). I dati relativi alle anticipazioni erogate da CDP alle province (http://www.mef.gov.it/primo-piano/debiti_PA/province.html)

e ai comuni (http://www.mef.gov.it/primo-piano/debiti_PA/comuni.html) sono però aggiornati al 26 febbraio 2014.

[93]    Si ricorda che gli enti locali per i quali sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocarne il dissesto finanziario possono ricorrere, con deliberazione consiliare, alla procedura di riequilibrio finanziario disciplinata dall’articolo 243-bis e seguenti del D.Lgs. n. 267/2000 (Testo unico dell’ordinamento degli enti locali), che prevede l’adozione di un piano di riequilibrio finanziario pluriennale della durata massima di dieci anni, che deve essere approvato dalla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti.

Per l’aspetto che qui interessa, si segnala che i debiti fuori bilancio contenuti nel piano di riequilibrio finanziario pluriennale, di cui all'articolo 243-bis del D.Lgs. n. 267/2000, approvato dalla Corte dei conti, sono stati riconosciuti dall’articolo 3, comma 2-bis, del D.L. n. 16/2014 - che ha integrato il comma 10-bis dell’articolo 1, del D.L. n. 35/2013 - tra quelli per il pagamento dei quali è possibile richiedere anticipazioni di liquidità a valere sulle risorse dell’apposito Fondo di cui all’articolo 10 del D.L. n. 35/2013, stanziate per l’anno 2014 dall’articolo 13, commi 8-9 del D.L. n. 102/2013 (pari a 7,2 miliardi di euro).

[94]    Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali.

[95]    Le regioni in Piano di rientro sono Abruzzo, Calabria ,Campania, Lazio ,Molise , Piemonte, Puglia e Sicilia. Di queste sono commissariate l’Abruzzo, la Campania, il Lazio, il Molise e la Calabria.

[96]    Il termine per le maggiori anticipazioni di tesoreria, inizialmente fissato al 30 settembre 2013, è stato poi prorogato al 31 dicembre 2013 dal D.L. n. 93/2013 (art. 12-bis, co. 2).

[97]    Nello specifico, le risorse stanziate dal D.L. n. 35/2013 per il pagamento dei debiti della P.A. sono state pari a circa 40,2 miliardi di euro per il biennio 2013-2014, dei quali 20 miliardi nel 2013 e 19,8 miliardi per il 2014. Tali somme sono state poi rimodulate dal D.L. n. 102/2013 e rideterminate in 27,2 miliardi di euro per il 2013 e in 12,6 miliardi per il 2014. Il medesimo D.L. n. 102 ha inoltre incrementato le disponibilità per l’anno 2014 di ulteriori 7,2 miliardi di euro. Complessivamente, dunque, lo Stato ha messo a disposizione per il pagamento di debiti arretrati al 31 dicembre 2012 l’importo di 47 miliardi.

[98]    Cfr. http://www.mef.gov.it/primo-piano/article_0118.html.

[99]    cfr. Audizione Ministro dell’Economia e finanze Saccomanni del 3 luglio 2013 presso le Commissioni riunite di Camera e Senato.

[100]  Dati del Ministero dell’economia e finanze contenuti nell’Aggiornamento sullo stato di attuazione dei pagamenti dei debiti della PA al 28 marzo 2014

(http://www.mef.gov.it/primo-piano/article_0118.html)

I dati relativi alle anticipazioni erogate da CDP alle province (http://www.mef.gov.it/primo-piano/debiti_PA/province.html) e ai comuni

(http://www.mef.gov.it/primo-piano/debiti_PA/comuni.html) sono però aggiornati al 26 febbraio 2014.

[101]  Dati del Ministero dell’economia e finanze contenuti nell’Aggiornamento sullo stato di attuazione dei pagamenti dei debiti della PA al 28 marzo 2014: cfr. http://www.mef.gov.it/primo-piano/documenti/2014/presentazione_sintetica_28_3_2014_0_2_a.pdf

[102]  Decreto-legge 10 ottobre 2012, n.174, convertito dalla legge n. 213/2012, recante disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012.

[103]  Decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia.

[104]  L’articolo 194 del TUEL disciplina il riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio degli enti locali, che avviene con deliberazione consiliare o con diversa periodicità stabilita dai regolamenti di contabilità.

[105]  Ai sensi dell'art. 3, comma 5, lettera c), del citato D.L. n. 35 del 2013.

[106]  D.L. 8 aprile 2013, n. 35, Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 6 giugno 2013, n. 64.

[107]  Come precisato dalla relazione tecnica al decreto legge 35/2013, l’erogazione dell’anticipazione ed il conseguente pagamento dei debiti sanitari comportano un onere in termini di saldo netto da finanziare e di fabbisogno. Non si determinano, invece, effetti sull’indebitamento netto, in quanto tali pagamenti sono a fronte non di nuove spese, ma di impegni già assunti in passato dagli enti del SSN.

Anche per quanto riguarda gli ammortamenti non sterilizzati gli effetti in termini di indebitamento si sono già registrati in passato, nel momento cioè in cui gli enti del SSN hanno effettuato la spesa (di parte capitale) utilizzando per i pagamenti, a fronte di accantonamenti insufficienti, risorse di parte corrente di cui si pone ora la necessità di reintegro.

[108]  Il comma 1 dell’articolo 32 fa riferimento a debiti certi, liquidi ed esigibili maturati al 31 dicembre 2013, ovvero a debiti per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine, nonché a debiti fuori bilancio che presentavano i requisiti per il riconoscimento alla data suddetta.

[109]  Dopo diversi anni di richieste statali, è stato convenuto, a livello tecnico tra Stato e Regioni, un percorso relativo alle scritture contabili degli ammortamenti e delle sterilizzazioni date dai costi capitalizzati. Tale percorso è stato poi completato dall’entrata in vigore della specifica trattazione contabile prevista nell’ambito del D.Lgs. n. 118/2011 in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi. In particolare è stato previsto di includere nella valutazione del risultato d’esercizio 2011 la quota degli ammortamenti non sterilizzati di competenza 2011 dei beni ad utilità ripetuta entrati in produzione negli anni 2010 e 2011 e, su richiesta regionale, anche degli altri ammortamenti non sterilizzati relativi a beni entrati in produzione prima del 2010. A partire dal 2012 le Regioni dovranno provvedere alla copertura finanziaria degli ammortamenti non sterilizzati di competenza dell’anno. A partire dal 2013 provvedono, altresì, alla copertura finanziaria degli ammortamenti non sterilizzati pregressi 2001-2010 e delle quote non ancora finanziate nell’arco temporale di 25 anni.

[110]  La Relazione al provvedimento sottolinea che “il comma 6, nel presupposto di un qualificato interesse nazionale a che le amministrazioni pubbliche rispettino i tempi di pagamento stabiliti dalla normativa europea e dalla legislazione nazionale vigente, dispone che anche le autonomie speciali che non hanno fornito i dati nell'ambito della richiamata verifica vi provvedano e che, ove si manifestino criticità nella gestione di cassa, siano tenute, al pari delle altre regioni, ad accedere alle anticipazioni di liquidità, con applicazione delle disposizioni in materia di diffida e di commissariamento”. Sul punto, si ricorda che le Regioni a Statuto speciale - attualmente nella quasi totalità, ad eccezione, in parte, della Sicilia - provvedono direttamente al finanziamento dall'assistenza sanitaria nel loro territorio senza alcun onere a carico dello Stato. Il sistema di finanziamento di questi enti prevede che il finanziamento integrale dell'esercizio delle funzioni ad essi attribuite (dallo statuto speciale e dalle norme di attuazione) avvenga attraverso le entrate fiscali che ricevono sotto forma di compartecipazioni ai tributi erariali (le cui quote sono stabilite negli statuti speciali e nelle norme di attuazione).

[111]  L’articolo 2, comma 68, della legge 191/2008, come prorogato dall’articolo 15, comma 24, del decreto legge 95/2012, autorizza il MEF a concedere alle regioni a statuto ordinario e alla Sicilia anticipazioni rispetto al livello del finanziamento statale del SSN. L’erogazione è fissata al livello del 97 per cento (98 per cento per le regioni che hanno rispettato gli adempimenti previsti dalla vigente normativa nell'ultimo triennio) delle somme dovute in rapporto alla quota indistinta, al netto delle entrate proprie e, per la Sicilia, della compartecipazione regionale al finanziamento della spesa sanitaria. La restante quota del 3 per cento (2 per cento) verrà erogata a seguito dell'esito positivo della verifica degli adempimenti previsti dalla vigente normativa.

[112]  La Relazione tecnica al decreto legge 35/2013 specificava al riguardo che tale condizione era diretta ad impedire in futuro ulteriori ritardi nel sistema dei pagamenti, ponendo dei vincoli stringenti sulla gestione, da parte regionale, della liquidità destinata al finanziamento del SSN, posto che l’equilibrio economico è soggetto alle verifiche trimestrali dei Tavoli.

[113]  L’articolo 49-quater del 69/2013 ha riservato al finanziamento della Croce Rossa Italiana un importo di 150 milioni a valere sull’autorizzazione complessiva di 14 miliardi.

[114]  D.L. 24 giugno 2013, n. 72, Misure urgenti per i pagamenti dei debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale. Il D.L. non è stato convertito in legge (Comunicato 24 agosto 2013, pubblicato nella G.U. 24 agosto 2013, n. 198). L'art. 1, comma 2, L. 9 agosto 2013, n. 98 ha stabilito che restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base delle norme del presente provvedimento, non convertite in legge.

[115]  D.L. 31 agosto 2013, n. 102, Disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, L. 28 ottobre 2013, n. 124.

[116]  D.L. 18 gennaio 1993, n. 9, Disposizioni urgenti in materia sanitaria e socio-assistenziale, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 2, L. 18 marzo 1993, n. 67.

[117]  Definiti dal D.M. 15 ottobre 1993, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 20 ottobre 1993.

[118]  Tali somme sono costituite dagli importi delle risorse (dovute a qualsiasi titolo agli enti ed aziende sanitari in esame) corrispondenti agli stipendi ed alle competenze comunque spettanti al personale dipendente o convenzionato, nonché dai fondi a destinazione vincolata essenziali ai fini dell'erogazione dei servizi sanitari, definiti con decreto ministeriale.

[119]  D.L. 31 ottobre 2013, n. 126, Misure finanziarie urgenti in favore di regioni ed enti locali ed interventi localizzati nel territorio. Il D.L. non è stato convertito in legge (Comunicato 31 dicembre 2013, pubblicato nella G.U. 31 dicembre 2013, n. 305). L'art. 1, comma 2, L. 2 maggio 2014, n. 68 ha stabilito che restino validi gli atti e i provvedimenti adottati e siano fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base delle norme del presente provvedimento.

[120]  Il disegno di legge è stato approvato dalla 5a Commissione del Senato, in sede deliberante, il 27 marzo 2014.

[121]  Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale.

[122]  Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali.

[123]  La mancata registrazione sulla piattaforma elettronica entro il termine di cui al comma 1 è rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare ai sensi degli articoli 21 e 55, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. I dirigenti responsabili sono assoggettati, altresì, ad una sanzione pecuniaria pari a 100 euro per ogni giorno di ritardo nella registrazione sulla piattaforma elettronica.

[124]  Tale ultima specificazione, inserita con novella introdotta dal decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, intende superare il divieto per le regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari di beneficiare del meccanismo di certificazione dei crediti, che consente al creditore la cessione del credito a banche o intermediari finanziari

[125]  Il comma 7 dell’articolo 5 del decreto-legge n. 269 del 2003 stabilisce che la CDP finanzia, sotto qualsiasi forma, lo Stato, le regioni, gli enti locali, gli enti pubblici e gli organismi di diritto pubblico: attraverso l’utilizzo dei fondi della raccolta postale (libretti di risparmio postale e di buoni fruttiferi postali) e degli altri fondi assistiti dalla garanzia statale; ovvero attraverso fondi, la cui raccolta è diversa da quella postale e che non ricevono garanzia statale: essi sono infatti reperiti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie svolte da Cassa. Tali risorse – diversamente dalle prime che sono gestite in regime di separazione contabile – sono invece affidate al regime di gestione ordinaria. A tale proposito si segnala che, con modifica introdotta dalla legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), è stata soppressa la previsione secondo la quale la raccolta di fondi poteva essere effettuata esclusivamente presso investitori istituzionali.

[126]  Provvedimenti finanziari per l'attuazione delle Regioni a statuto ordinario

[127]  Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti.

[128]  Il secondo comma dell’articolo disponeva l'abrogazione dei commi 1 e 2 dell'articolo 8 e del comma 2-bis dell'articolo 9 del decreto-legge n. 35 del 2013, che finora hanno regolato le modalità di effettuazione delle cessioni dei crediti. L’articolo 8 del decreto-legge richiamato ai commi 1 e 2 prevedeva che la cessione dei crediti maturati fino al 31 dicembre 2012 nei confronti delle pubbliche amministrazioni per somministrazioni, forniture ed appalti fosse esente dalle imposte di registro e di bollo. Era esclusa invece l’esenzione per l’IVA. Era contemplata inoltre la possibilità di far autenticare gli stessi atti di cessione dei crediti da parte dell’ufficiale rogante dell’amministrazione debitrice, nel caso in cui tale figura fosse presente. Il comma 2-bis dell’articolo 9 prevedeva che i soggetti creditori nei confronti della PA in sede di dichiarazione dei redditi allegassero un elenco dei crediti certi, liquidi ed esigibili vantati, alla data di chiusura del periodo d'imposta al quale la dichiarazione si riferiva, per le cessioni di beni e la prestazione di servizi resi alle medesime pubbliche amministrazioni, distinti per ente pubblico debitore. Tale elenco, per il quale il Ministero dell’economia e delle finanze era tenuto a predisporre con decreto un modello, doveva poi essere trasmesso all’amministrazione finanziaria per via telematica.

[129]  Come già più volte precisato nel presente dossier, per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

[130]  Recante “Attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali”.

Si ricorda che il decreto legislativo n. 231/2002 è stato ampiamente modificato dal D.Lgs. 9 novembre 2012, n. 192, che ha recepito nel nostro ordinamento la Direttiva 2011/7/UE (sostitutiva della precedente direttiva 2000/35/CE) relativa ai ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali concernenti contratti di fornitura di beni e servizi sia tra privati che tra privati e pubbliche amministrazioni.

[131]  Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[132]  Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2011).

[133]  In quanto, si ricorda, che per tali comuni – contrariamente a quanto avviene nelle altre regioni a statuto speciale - la finanza degli enti locali è ancora a carico dello Stato.

[134]  Si ricorda che una delle misure sanzionatorie previste nelle ipotesi di mancato rispetto del patto dal comma 26 dell’articolo 31 della legge n. 183/2011, consiste proprio nella riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo perequativo in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato. Tale sanzione si applica anche nei confronti degli enti locali della Regione Siciliana e della Sardegna, che ancora beneficiano di trasferimenti erariali.

[135]  L. 11 giugno 2004, n. 146, Istituzione della provincia di Monza e della Brianza; L. 11 giugno 2004, n. 147, Istituzione della provincia di Fermo; L. 11 giugno 2004, n. 148, Istituzione della provincia di Barletta-Andria-Trani.

[136]  Recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, convertito dalla legge 7 febbraio 2014, n.15.

[137]  L’art. 6-bis del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300 (convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 2007, n. 17), Proroga di termini previsti da disposizioni legislative, ha anticipato di due mesi (al 30 aprile 2007) il termine originario di 36 mesi previsto dalle leggi istitutive delle nuove province.

[138]  D.L. 3 giugno 2008, n. 97, Disposizioni urgenti in materia di monitoraggio e trasparenza dei meccanismi di allocazione della spesa pubblica, nonché in materia fiscale e di proroga di termini, convertito con modificazione dalla L. 2 agosto 2008, n. 129.

[139]  D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14.

[140]  Si vedano i tre distinti decreti del Ministro dell’interno del 7 dicembre 2004.

[141]  Le contabilità speciali sono conti particolari accesi, a favore di Amministrazioni, enti o funzionari, presso le Sezioni di tesoreria provinciale, alimentati dalle somme versate a favore degli intestatari e da questi utilizzati per i propri pagamenti, mediante l’emissione di appositi titoli di spesa (ordini di pagamento).

La normativa di carattere generale sulle contabilità speciali è contenuta agli articoli 585-591 del R.D. 23 maggio 1924, n. 827 (Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato), con alcune deroghe in materia previste dall’articolo 10 del D.P.R. 20 aprile 1994, n. 367 (Regolamento recante semplificazione e accelerazione delle procedure di spesa e contabili).

Le contabilità speciali (come i conti correnti) costituiscono operazioni estranee al bilancio, effettuate mediante le Sezioni di tesoreria provinciale (mediante la tesoreria centrale nel caso dei conti correnti).

Si osserva che la legge di contabilità pubblica n. 196/2009 prevede – quale criterio direttivo della delega al Governo per il completamento della revisione della struttura del bilancio dello Stato, contenuta nell’articolo 40, comma 2, lettera p) - delega che avrebbe dovuto essere esercitata entro il 1 gennaio 2014- la progressiva eliminazione delle gestioni contabili operanti a valere su contabilità speciali o conti correnti di tesoreria, i cui fondi siano stati comunque costituiti mediante il versamento di somme originariamente iscritte in stanziamenti di spesa del bilancio dello Stato, ad eccezione della gestione relativa alla Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché delle gestioni fuori bilancio (istituite dalla legge n. 1041/1971), nonché delle gestioni fuori bilancio autorizzate per legge, e dei casi di urgenza e necessità.

Inoltre, l’articolo 15 della legge n. 243/2012, recante le norme attuative del principio dell’equilibrio dei bilanci pubblici (cd. pareggio di bilancio), introdotto in Costituzione dalla Legge Cost. n. 1/2012, nel disciplinare il contenuto della nuova legge di bilancio (che si applica a decorrere dal 1 gennaio 2016) dispone che con legge dello Stato dovrà essere disciplinato il progressivo superamento delle gestioni contabili operanti su contabilità speciali o conti correnti di tesoreria e la riconduzione delle relative risorse finanziarie al bilancio dello Stato.

[142]  D.L. n. 300/2006, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative (L. n. 17/2007).

[143]  Quanto disposto dal comma 4 costituisce attuazione della risoluzione n. 112 approvata dalle Commissioni I e V della Camera dei deputati il 31 gennaio 2007 - Risoluzione 7-00112 (Violante ed altri) presentata il 31/01/2007 e conclusa il 06/02/2007, che impegnava il Governo ad adottare le iniziative necessarie per consentire la conservazione a bilancio delle risorse stanziate dalle leggi istitutive delle nuove province per garantirne la costituzione.

[144]  Incremento disposto in misura pari a 7,2 miliardi di euro per il 2014.

[145]  L’ente autonomo esposizione universale Roma è stato trasformato in società per azioni, ai sensi di quanto previsto dal D.lgs. 17 agosto 1999, n. 304.

EUR S.p.A è a capo di un Gruppo di società così composto: EUR TEL S.r.l. (65,63%) costituita in data 12 gennaio 2010. La controllata opera nel campo delle telecomunicazioni e ha per oggetto principalmente la progettazione, lo sviluppo, la realizzazione, la gestione, la commercializzazione, l’installazione di attività e servizi telematici (con i relativi impianti), di software, di sistemi informatici, elettronici e di telecomunicazione, nonché di soluzioni di Information Technology (IT) e di Information Communication Technology (ICT); EUR POWER S.r.l. (51%) costituita in data 18 febbraio 2010. La controllata ha per oggetto la produzione e la fornitura di energia elettrica, termica e frigorifera ad utenze di tipo civile ed industriale; ROMA CONVENTION GROUP S.r.l. (50%) costituita in data 9 marzo 2010, svolge attività di gestione congressuale; MARCO POLO S.p.A. (33%) la collegata svolge servizi di Facility Management,; AQUADROME S.r.l. (49%) società collegata, creata per l’operazione di valorizzazione delle aree ex Velodromo Olimpico.

[146]  La Direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011, contiene misure contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. L'articolo 10, comma 1, della L. 11 novembre 2011, n. 180 (Norme per la tutela della libertà d'impresa. Statuto delle imprese), conferisce una delega al Governo, per l'integrale recepimento della direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi: a) contrasto degli effetti negativi della posizione dominante di imprese sui propri fornitori o sulle imprese subcommittenti, in particolare nel caso in cui si tratti di micro, piccole e medie imprese; b) previsione che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato possa procedere ad indagini e intervenire in prima istanza con diffide e irrogare sanzioni relativamente a comportamenti illeciti messi in atto da grandi imprese.

[147]  Il testo del documento (Punto n. 6 o.d.g. Doc. consegnato dal Cinsedo) è pubblicato nel sito della Conferenza Stato-Regioni www.statoregioni.it in corrispondenza del Verbale n. /14 del 29/05/2014 (sezione 'Verbali'),

[148]  Non è stato possibile, al momento, individuare la norma che esclude dal patto di stabilità questa voce di spesa riferita ad interventi in favore dei disabili, come pure la precedente, riferita ai libri di testo.

[149]  Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni.

[150]  Il Senato ha soppresso nella Tabella A il riferimento ai codici SIOPE S1302 Contratti di servizio per trasporti, S1303 Contratti di servizio per smaltimento rifiuti e S1310 Altri corsi di formazione.

[151]  Si segnala che la dotazione del Fondo per l’anno 2014 esposta in bilancio risulta decurtata di 30 milioni di euro rispetto a quanto sopra indicato, in quanto utilizzata a parziale copertura degli oneri derivanti dal finanziamento di 40 milioni di euro per l’anno 2014 del Fondo nazionale per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, istituito dall’art. 23, comma 11, del D.L. 95/2012. Nel bilancio per l’anno 2014, il Fondo di solidarietà comunale (cap. 1365/Interno) risulta infatti dotato di 6.617,1 milioni di euro.

[152]  Il Senato ha soppresso nella Tabella A il riferimento ai codici SIOPE S1302 Contratti di servizio per trasporti, S1303 Contratti di servizio per smaltimento rifiuti e S1310 Altri corsi di formazione.

[153]  Il testo originario faceva riferimento, oltre che alla Consip, alle centrali di committenza regionale di riferimento costituite ai sensi dell’art. 1, co. 455, della legge n. 296/2006 (peraltro richiamate al comma 1 dell’articolo 9). La nuova formulazione, facendo riferimento anche al comma 2 dell’articolo 9 ricomprende anche gli altri soggetti (diversi da quelli indicati al comma 1) che svolgono attività di centrale di committenza ai sensi dell'articolo 33 del D.Lgs. n. 163/2006).

[154]  http://finanzalocale.interno.it/circ/dec13-14.pdf

[155]  http://finanzalocale.interno.it/circ/fl8-14.html

[156]  http://finanzalocale.interno.it/circ/fl9-14.html

[157]  Le risorse sono state ripartite con D.M. 906 del 5 novembre 2013, in base alle graduatorie approvate dalle competenti regioni, entro il limite massimo di cui alla predetta Tabella 1, fatta eccezione per la Regione Puglia, per la quale le risorse sono state ripartite con D.M. 19 febbraio 2014, dopo il rigetto, da parte del TAR, delle istanze di sospensiva della graduatoria regionale (in precedenza, la sospensione della graduatoria era stata disposta con decreto monocratico del TAR di Lecce n. 505 del 18 ottobre 2013). Lo stesso D.M. 19 febbraio 2014, peraltro, ha apportato alcune rettifiche alle assegnazioni disposte con il D.M. 906/2013.

Peraltro, dopo la ripartizione delle risorse con il D.M. 906 del 5 novembre 2013, il comune di Napoli ha impugnato la graduatoria elaborata dalla regione Campania. Pertanto, come risulta dal comunicato stampa del MIUR del 9 maggio 2014, anche la Campania sta fruendo della proroga del termine per l’affidamento dei lavori al 30 giugno 2014, disposta dal D.L. 150/2013.

[158]  Infine, ha disposto che, fino al 31 dicembre 2014, i sindaci e i presidenti delle province, interessati dai piani per la riqualificazione e la messa in sicurezza delle scuole statali, operano in qualità di commissari governativi con poteri derogatori rispetto alla normativa vigente. Tali poteri sono stati individuati dal D.P.C.M. 22 gennaio 2014.

[159]  Secondo i dati dello stesso Ministero.

[160]  Il regio decreto 23 maggio 1924, n. 827, recante “Regolamento per l'amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato”, disciplina, all’articolo 275, le modalità di accertamento delle somme da iscriversi come residui nel conto consuntivo. Gli uffici centrali del bilancio provvedono ad accertare le somme da iscrivere quali residui nel conto consuntivo e a compilare apposita dimostrazione da allegare ai decreti ministeriali con i quali si autorizza, ai sensi dell’art. 53 del R.D. n. 2440/1923, la conservazione in conto residui delle somme impegnate nell’esercizio scaduto. Il secondo comma del citato articolo 275 prevede che tale dimostrazione deve indicare distintamente:

a)   le somme riferibili ad ordinativi diretti e ad ordini di accreditamento trasportati;

b)   le rate di spese fisse rimaste insolute, pari alla differenza tra i ruoli emessi ed i pagamenti eseguiti;

c)   le somme riferibili ad impegni registrati nelle scritture delle ragionerie in base ad atti formali;

d)   le somme riferibili ad ordinativi trasportati e relativi ad ordini di accreditamento per i quali non è consentito il trasporto nonché quelle riferibili ad impegni assunti dai funzionari delegati e per i quali non è stato disposto il relativo pagamento;

e)   le somme riferibili alle spese di giustizia anticipate con i fondi della riscossione, alle vincite al lotto, le spese per servizi in economia che vengano eseguite nell'anno, nonché ad ogni altra spesa rimasta da pagare, non compresa nelle lettere di cui sopra;

f)    i residui di stanziamento delle spese in conto capitale, di cui all'art. 36, secondo comma del citato R.D. n. 2440/1923, cioè quelle somme iscritte quali residui, anche se non sono state impegnate.

[161]  Legge n. 196/2009, art. 34, comma 2, secondo il quale formano impegni sugli stanziamenti di competenza le sole somme dovute dallo Stato a seguito di obbligazioni giuridicamente perfezionate.

[162]  La disciplina sui termini di perenzione dei residui passivi è contenuta nell’articolo 36 del regio decreto n. 2440 del 1923, come recentemente modificato dall’articolo 10, comma 8, del D.L. n. 98/2011 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), che ha equiparato i termini di perenzione dei residui passivi relativi alle spese in conto capitale a quelli già previsti dal regio decreto per i residui delle spese di parte corrente, riducendoli da tre a due anni.

[163]  La perenzione amministrativa è un istituto caratteristico della contabilità pubblica, secondo il quale i residui passivi che non vengono pagati entro un certo tempo a partire dall'esercizio cui si riferiscono vengono eliminati dalle scritture dello Stato. Le somme eliminate possono però riprodursi in bilancio, con riassegnazione ai pertinenti capitoli degli esercizi successivi con prelevamento dall'apposito Fondo speciale per la riassegnazione dei residui perenti delle spese, istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia, qualora il creditore ne richieda il pagamento (purché non sia trascorso il periodo di «prescrizione» giuridica del suo diritto). Quella della perenzione è, dunque, un istituto amministrativo che non arreca alcun danno al creditore in quale, anche se è avvenuta la cancellazione dell'importo dovutogli, può avanzare richiesta di pagamento provocando la reiscrizione in bilancio del suo credito.

[164]  I consumi intermedi, così come definiti nel Sistema Europeo dei conti nazionali (Sec95)1, rappresentano il valore dei beni e servizi consumati quali input nel processo produttivo, escluso il capitale fisso il cui consumo è registrato come ammortamento. I beni e servizi possono essere trasformati oppure esauriti nel processo produttivo. La categoria economica in esame include diverse tipologie di spesa tra cui, ad esempio, le spese di manutenzione ordinaria, i servizi di ricerca e sviluppo e di formazione del personale acquistati all'esterno.

[165]  L'elenco è redatto ai sensi dell'art. 1, comma 3, della L. 31 dicembre 2009, n. 196 e successive modificazioni. L'elenco più recente è quello contenuto nel comunicato ISTAT del 30 settembre 2013 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dello stesso giorno).

[166]  Risoluzioni che, si rammenta, oltre ad impegnare il Governo all’osservanza dei saldi di finanza pubblica indicati nel DEF, recano altresì l’impegno per il Governo medesimo “a procedere al pagamento dei debiti commerciali residuali della pubblica amministrazione e a definire un meccanismo permanente che consenta l’allineamento delle procedure di pagamento agli standard delle direttive europee”.

[167]  Convertiti, rispettivamente, con leggi n.64 e 124 del 2013.

[168]  In particolare:

     l’art. 2, co. 4, D.L. n. 120/2013: riduzione del Fondo di 1 milione di euro a decorrere dal 2014 a copertura degli oneri, in termini di minori interessi attivi per il bilancio dello Stato, determinati dalla norma di copertura contenuta nel comma 3 del medesimo articolo;

     l’art. 12, co. 7-ter, D.L. n. 145/2013: riduzione Fondo di 7,5 milioni nel 2014, a parziale copertura degli oneri derivanti dal mancato incremento dell'accisa sulla birra a partire dal 1° marzo 2014; inoltre, l’art. 4, co. 14 del medesimo D.L. ha ridotto il Fondo di 40 milioni per l'anno 2015 a parziale copertura dell'onere recato dagli accordi di programma per le bonifiche dei siti di interesse nazionale;

     l’art. 4, co. 8, D.L. n. 150/2013: riduzione di 3,4 milioni per l'anno 2015 a parziale copertura degli oneri derivanti dalla proroga delle misure di sospensione degli sfratti;

     l’art. 4, co. 1, lett. a), del D.L. n. 4/2014: riduzione di 8,8 milioni per l'anno 2014, di 24 milioni per l'anno 2015, di 41,5 milioni per l'anno 2016 e di 55 milioni a decorrere dal 2017.

     l’art. 1, co. 2, D.L. n. 16/2014: riduzione di 6,8 milioni nel 2014, a parziale copertura dell'aumento di 125 milioni del contributo assegnato ai comuni dal precedente comma 1, lettera d), a valere sul Fondo di solidarietà comunale (da 500 a 625 milioni); inoltre, l’art. 17, co. 3, del D.L. n. 16/2014 reca una ulteriore riduzione di 9,4 milioni per il 2014, a parziale copertura degli oneri derivanti dalle misure per il trasporto pubblico locale ferroviario tra lo Stato e la Regione Valle d'Aosta (contributo a Trenitalia per corrispettivo dei servizi resi nel periodo gennaio-luglio 2014).

[169]  I fondi di cui al comma 164 della legge finanziaria 1997 sono ripartiti tra le fusioni e le unioni sulla base dell’intesa raggiunta in sede di Conferenza Unificata il 1 marzo 2006. In particolare, le predette risorse sono assegnate in via prioritaria alle fusioni di comuni.

[170]  Agli enti locali appartenenti ai territori delle regioni autonome Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta nonché agli enti locali appartenenti alle province autonome di Trento e Bolzano, non viene attribuito il contributo in quanto trattasi di territori in cui vige una speciale disciplina per l'attribuzione dei trasferimenti agli enti locali.

[171]  Si ricorda che con il termine di trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione si intendono - per quel che concerne gli enti locali delle regioni a statuto ordinario - quei trasferimenti residuali che, in linea di massima, non presentando il carattere della generalità e della permanenza, non sono stati soppressi dai provvedimenti attuativi del federalismo fiscale, nonché i trasferimenti erariali spettanti agli enti locali delle regioni a Statuto speciale, che non rientrano ancora nel sistema del federalismo fiscale. Tali trasferimenti continuano ad essere assegnati come spettanza ed erogati alle scadenze indicate nel decreto del Ministro dell’interno del 21 febbraio 2002.

[172]  Il Fondo è stato istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia, con una dotazione in termini di sola cassa di 1 miliardo di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014 (commi 2 e 3 art. 3 D.L. ). Lo stesso articolo 3 (ai commi 1 e 1-bis) dispone che le spese effettuate a valere sulle risorse dei cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali comunitari, nel limite - iniziale - di 1 miliardo di euro per gli anni 2012, 2013 e 2014, sono escluse dal patto di stabilità. In particolare il comma 1 introduce la lettera n-bis – che dispone in tal senso - al comma 4 dell'art. 32 della legge 183/2011 (legge di stabilità 2012), norma che contiene l'elenco delle spese escluse dal patto di stabilità per le regioni.

[173]  Si vedano le numerose sentenze a riguardo come la n. 326 del 2008, le nn. 165, 162 e 105 del 2007 e nn. 234, 118 e 88 del 2006.

[174]  Tra le numerose sentenze si segnalano tre decisioni della Corte su ricorsi avverso alcune norme del D.L. 174/2012, tra cui, peraltro, l'art. 11-bis, contenente la clausola di salvaguardia (n. 39/2014), formulata in modo analogo alla norma in esame. Con la sentenza n. 23 del 13 febbraio 2014, in particolare, la Corte dichiara non fondate e inammissibili le questioni di legittimità poste dalle regioni Sardegna e Friuli Venezia Giulia avverso le disposizioni dell'art. 2, commi da 1 a 5, del D.L 174 /2012 che dispongono il taglio dell'80% dei trasferimenti erariali alle regioni che non abbiano adottato una serie di misure di risparmio elencate al comma 1. La Corte verifica preliminarmente - e positivamente - la validità della clausola di salvaguardia contenuta all'art. 2, comma 4, «per la quale le disposizioni statutarie assumono la funzione di generale limite (le norme sono applicabili solo in quanto compatibili con gli statuti)» e – in mancanza di una specificazione della natura dei trasferimenti da tagliare - ne dà una interpretazione «conforme alla Costituzione», vale a dire che i tagli ai trasferimenti non possono riguardare le spettanze delle regioni a statuto speciale, poiché esse sono definite dagli statuti e dunque neanche ledere alcun interesse specifico; per tale motivo la questione è inammissibile.