Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento attività produttive
Titolo: Le leggi - D.L. 23 dicembre 2013, n. 145 - Interventi urgenti di avvio del piano "Destinazine Italia", convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9 Schede di lettura
Serie: Progetti di legge    Numero: 108    Progressivo: 3
Data: 20/05/2014
Descrittori:
DECRETO LEGGE 2013 0145   L 2014 0009
PIANI DI SVILUPPO     

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

Progetti di legge

 

 

Le leggi

 

 

D.L. 23 dicembre 2013, n. 145

Interventi urgenti di avvio del piano
“Destinazione Italia”, convertito
in legge, con modificazioni, dalla
legge 21 febbraio 2014, n. 9

 

 

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 108/3

 

 

20 maggio 2014

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi

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File: D13145c.doc


INDICE

Schede di lettura

§  Articolo 1, commi 1-6 (Disposizioni per la riduzione di prezzi dell’energia elettrica) 3

§  Articolo 1, comma 6-bis (Agevolazioni sul costo del gas per le imprese energivore) 11

§  Articolo 1, commi 6-ter- 6-septies (Trasparenza nei costi e nei consumi di energia) 13

§  Articolo 1, comma 6 octies (Energia rinnovabile nelle isole minori) 16

§  Articolo 1, commi 7, 7-bis, 7-ter e 8 (Attestato di prestazione energetica) 17

§  Articolo 1, comma 9 (Disciplina del condominio) 21

§  Articolo 1, comma 10 (Energia geotermica) 25

§  Articolo 1, commi 11-14 (Centrale a carbone nel Sulcis) 27

§  Articolo 1, comma 15 (Obbligo di immissione di biocarburanti) 31

§  Articolo 1, commi 16 e 16-quater (Gare per la distribuzione del gas) 36

§  Articolo 1, commi 16-bis e ter (Stoccaggi e importazioni di gas naturale) 39

§  Articolo 2, comma 1 e 1bis (Riforma della disciplina degli incentivi all’autoimprenditorialità) 42

§  Articolo 2, comma 2 (Aree di crisi industriale complessa) 49

§  Articolo 3 (Credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo) 53

§  Articolo 4, commi 1-10 e 14 (Misure volte a favorire la realizzazione delle bonifiche dei siti di interesse nazionale e misure particolari per l'area di crisi complessa del porto di Trieste) 63

§  Articolo 4, commi 11-13 (Misure per l’area di crisi complessa del porto di Trieste) 76

§  Articolo 4 bis (Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di siti inquinati) 80

§  Articolo 4-ter (Misure urgenti per accelerare l'attuazione di interventi di bonifica in siti contaminati di interesse nazionale) 81

§  Articolo 5 (Sostegno all’internazionalizzazione delle imprese e permesso di soggiorno per lavoratori extracomunitari nelle startup innovative) 87

§  Camere di commercio italo-estere o estere in Italia. 94

§  Articolo 6, commi 1-7 (Misure per favorire la digitalizzazione e la connettività delle piccole e medie imprese) 100

§  Articolo 6, commi 8, 9 e 9bis (Servizio televisivo digitale terrestre) 106

§  Articolo 6, commi 10-14bis (Credito d’imposta per  favorire la digitalizzazione e la connettività delle piccole e medie imprese) 109

§  Articolo 7 (Razionalizzazione dell'istituto del ruling di standard internazionale) 113

§  Articolo 8 (soppresso) (Disposizioni in materia di assicurazione r.c. auto) 117

§  Articolo 9 (Misure per favorire la diffusione della lettura) 122

§  Articolo 10 (Tribunale delle società con sede all'estero) 127

§  Articolo 11 (Misure per favorire la risoluzione di crisi aziendali e per difendere l'occupazione) 131

§  Articolo 12 (Misure per favorire il credito alla piccola e media impresa) 135

§  Articolo 13, commi 1-3 e 6bis (Disposizioni concernenti la realizzazione delle opere per EXPO 2015) 159

§  Articolo 13, commi 4-6 e 7 (Finanziamento interventi infrastrutturali nei porti) 165

§  Articolo 13, comma 1bis (Ricognizione normativa di revoche di assegnazioni disposte da delibere dal Comitato interministeriale per la programmazione economica) 169

§  Articolo 13, comma 7bis (Indennizzo parziale dei danni subiti da imprese nella realizzazione dei opere comprese nel programma delle infrastrutture strategiche) 170

§  Articolo 13, comma 8 (Modifiche alla disciplina delle revoche delle risorse destinate alle infrastrutture strategiche) 172

§  Articolo 13, comma 9 (Linea 1 della metropolitana di Napoli) 174

§  Articolo 13, comma 9bis (Servizio ferroviario nella Regione Campania) 175

§  Articolo 13, commi 10-11bis (Disposizioni urgenti in materia di lavori pubblici) 177

§  Articolo 13, comma 12 (soppresso) (Esclusione dell’immatricolazione dei carrelli per brevi spostamenti) 181

§  Articolo 13, comma 13 (Modifica alla legge istitutiva delle autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità) 182

§  Articolo 13, commi 14-23 (Settore del trasporto aereo) 183

§  Articolo 13, commi 24-28 (Norme per favorire la dotazione di beni storici, culturali e ambientali e per migliorare l’attrattività turistica) 191

§  Articolo 13-bis (Disposizioni urgenti recanti modifiche al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285) 195

§  Articolo 14 (Misure per il contrasto del lavoro sommerso e irregolare (56) 197

 


Schede di lettura


 

Articolo 1, commi 1-6
(Disposizioni per la riduzione di prezzi dell’energia elettrica)

 


1. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas aggiorna entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto i criteri per la determinazione dei prezzi di riferimento per le forniture destinate ai clienti finali non riforniti sul mercato libero, tenendo conto delle mutazioni intervenute nell'effettivo andamento orario dei prezzi dell'energia elettrica sul mercato.

2. A decorrere dal 1° gennaio 2014, i prezzi minimi garantiti, definiti dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas ai fini dell'applicazione dell'articolo 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e dell'articolo 1, comma 41, della legge 23 agosto 2004, n. 239, sono pari, per ciascun impianto, al prezzo zonale orario nel caso in cui l'energia ritirata sia prodotta da impianti che accedono a incentivazioni a carico delle tariffe elettriche sull'energia prodotta, ad eccezione dell'energia elettrica immessa da impianti fotovoltaici di potenza nominale fino a 100 kW e da impianti idroelettrici di potenza elettrica fino a 500 kW.

3. Al fine di contenere l'onere annuo sui prezzi e sulle tariffe elettriche degli incentivi alle energie rinnovabili e massimizzare l'apporto produttivo nel medio-lungo termine dagli esistenti impianti, i produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili titolari di impianti che beneficiano di incentivi sotto la forma di certificati verdi, tariffe omnicomprensive ovvero tariffe premio possono, per i medesimi impianti, in misura alternativa:

a) continuare a godere del regime incentivante spettante per il periodo di diritto residuo. In tal caso, per un periodo di dieci anni decorrenti dal termine del periodo di diritto al regime incentivante, interventi di qualunque tipo realizzati sullo stesso sito non hanno diritto di accesso ad ulteriori strumenti incentivanti, incluso ritiro dedicato e scambio sul posto, a carico dei prezzi o delle tariffe dell'energia elettrica;

b) optare per una rimodulazione dell'incentivo spettante, volta a valorizzare l'intera vita utile dell'impianto. In tal caso, a decorrere dal primo giorno del mese successivo al termine di cui al comma 5, il produttore accede a un incentivo ridotto di una percentuale specifica per ciascuna tipologia di impianto, definita con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con parere dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, entro 60 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, da applicarsi per un periodo rinnovato di incentivazione pari al periodo residuo dell'incentivazione spettante alla medesima data incrementato di 7 anni. La specifica percentuale di riduzione è applicata:

1) per gli impianti a certificati verdi, al coefficiente moltiplicativo di cui alla tabella 2 allegata alla legge 24 dicembre 2007, n. 244;

2) per gli impianti a tariffa onnicomprensiva, al valore della tariffa spettante al netto del prezzo di cessione dell'energia elettrica definito dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas in attuazione dell'articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, registrato nell'anno precedente;

3) per gli impianti a tariffa premio, alla medesima tariffa premio.

4. La riduzione di cui al comma 3, lettera b), viene differenziata in ragione del residuo periodo di incentivazione, del tipo di fonte rinnovabile e dell'istituto incentivante, ed è determinata tenendo conto dei costi indotti dall'operazione di rimodulazione degli incentivi, incluso un premio adeguatamente maggiorato per gli impianti per i quali non sono previsti, per il periodo successivo a quello di diritto al regime incentivante, incentivi diversi dallo scambio sul posto e dal ritiro dedicato per interventi realizzati sullo stesso sito. Il decreto di cui al comma 3, lettera b), deve prevedere il periodo residuo di incentivazione, entro il quale non si applica la penalizzazione di cui al comma 3, lettera a). Allo scopo di salvaguardare gli investimenti in corso, tale periodo residuo non può comunque scadere prima del 31 dicembre 2014 e può essere differenziato per ciascuna fonte, per tenere conto della diversa complessità degli interventi medesimi.

5. L'opzione di cui al comma 3, lettera b), deve essere esercitata entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al medesimo comma 3, lettera b), mediante richiesta al Gestore dei servizi energetici (Gse) resa con modalità definite dallo stesso Gse entro 15 giorni dalla medesima data.

6. Le disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 non si applicano:

a) agli impianti incentivati ai sensi del provvedimento del Comitato interministeriale dei prezzi n. 6 del 29 aprile 1992;

b) ai nuovi impianti incentivati ai sensi del decreto del Ministro dello sviluppo economico 6 luglio 2012, pubblicato nel supplemento ordinario n. 143 alla Gazzetta Ufficiale n. 159 del 10 luglio 2012, fatta eccezione per gli impianti ricadenti nel regime transitorio di cui all'articolo 30 dello stesso decreto.


 

 

L’articolo 1 contiene disposizioni eterogenee riguardanti il settore energetico.

 

Il comma 1 dispone che, entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto legge in esame, siano aggiornati da parte dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG) i criteri per la determinazione dei prezzi di riferimento dell’energia elettrica per i clienti in regime di maggior tutela, tenendo conto delle mutazioni intervenute nell’effettivo andamento orario dei prezzi dell’energia elettrica sul mercato.

La norma stabilisce dunque un termine entro cui l’AEEG deve provvedere alla revisione, e fornisce un chiaro indirizzo sui criteri da seguire, in quanto occorre tenere conto delle mutazioni intervenute nella curva del prezzo giornaliero, basandosi sui costi reali registrati, in ciascuna fascia oraria, sul mercato dell’energia elettrica.

La crescita esponenziale della generazione solare fotovoltaica avvenuta negli ultimi anni ha infatti mutato il profilo della curva dei prezzi nelle 24 ore, determinando uno spostamento delle ore di maggior prezzo dalla fascia diurna a quella serale.

In particolare, secondo i dati tratti dalla Relazione annuale dell’AEEG:

·      nelle ore in cui la produzione fotovoltaica è assente o ridotta (1-10 e 17-24) i prezzi medi orari nel 2012 sono aumentati rispetto al 2011, rispettivamente del 6% per le ore 1-10 e del 12% per le ore 17-24;

·      nelle ore di maggior produzione fotovoltaica (11-16) i prezzi medi orari si sono ridotti del 7% rispetto al 2011;

·      i picchi di prezzo più elevati si concentrano nelle ore serali. Mentre nel corso del 2011, la forbice fra i prezzi medi nel picco mattutino (ora 10) e i prezzi medi nel picco serale (ora 20) era esigua (84 – 87 €/MWh), nel corso del 2012 tale forbice si è considerevolmente allargata (85 – 103 €/MWh).

 

 

Andamento medio orario del PUN, 2011 vs 2012

 

 

Pertanto, la tariffa bioraria che era stata introdotta dal luglio 2010 (Delibera ARG/elt 22/10) per i clienti non riforniti sul mercato libero non risulta attualmente conveniente.

 

Il comma 2 parifica, a decorrere dal 1° gennaio 2014, i prezzi minimi garantiti, definiti dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas per il regime di ritiro dedicato (che in pratica è il ritiro a prezzo amministrato dell’energia elettrica prodotta e immessa in rete concesso ad alcune tipologie di impianti) al prezzo zonale orario, per gli impianti che accedono a incentivazioni a carico delle tariffe elettriche sull’energia prodotta. Nel corso dell’esame parlamentare, la norma è stata integrata al fine di escludere gli impianti fotovoltaici di potenza fino a 100 kW e per quelli idroelettrici fino a 500 kW.

 

Il regime di ritiro dedicato si pone quale alternativa al normale regime di vendita dell’energia elettrica per alcune tipologie di impianti. Si tratta della cessione dell’energia elettrica immessa in rete dagli impianti che vi possono accedere, su richiesta del produttore e in alternativa al libero mercato, secondo principi di semplicità procedurale e applicando condizioni economiche di mercato. Il ritiro dedicato prevede quindi semplificazioni, non incentivi che sono invece definiti dall’ordinaria attività legislativa. Pertanto i ricavi derivanti ai produttori dalla vendita dell’energia elettrica, anche attraverso il ritiro dedicato, in generale si sommano ai ricavi derivanti dagli eventuali strumenti incentivanti, ad eccezione del caso in cui si applichino prezzi fissi onnicomprensivi, inclusivi dell’incentivo, per il ritiro dell’energia elettrica immessa in rete.

Per quanto riguarda le tipologie di impianti che hanno accesso al regime di ritiro dedicato, si ricorda che, ai sensi dell’articolo 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 387/03, e dell’articolo 1, comma 41, della legge n. 239/04, il regime di ritiro dedicato è riservato:

·     all’energia elettrica prodotta dagli impianti di potenza inferiore a 10 MVA, qualunque sia la fonte;

·     all’energia elettrica prodotta dagli impianti, di potenza qualsiasi, alimentati dalle fonti rinnovabili eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice ed idraulica, limitatamente, per quest’ultima fonte, agli impianti ad acqua fluente;

·     alle eccedenze prodotte dagli impianti alimentati da fonti rinnovabili programmabili di potenza non inferiore a 10 MVA purché nella titolarità di un autoproduttore, ad eccezione di quella ceduta al GSE nell’ambito delle convenzioni in essere stipulate ai sensi dei provvedimenti Cip n. 15/89, n. 34/90, n. 6/92, nonché della deliberazione n. 108/97, limitatamente agli impianti nuovi, potenziati o rifatti, come definiti dagli articoli 1 e 4 della medesima deliberazione n. 108/97, fino alla loro scadenza.

Il prezzo riconosciuto ai produttori nell’ambito del ritiro dedicato è il prezzo che si forma sul mercato elettrico (il cosiddetto prezzo zonale orario), corrisposto sulla base del profilo orario di immissione del singolo produttore. Peraltro l’Autorità, nella definizione delle condizioni economiche di ritiro, ha ritenuto opportuno tener conto delle peculiarità di impianti di particolari ridotte dimensioni caratterizzate da elevati costi di esercizio e manutenzione e limitata produzione annua. Si tratta di impianti di ridottissime dimensioni (con produzioni annue di pochi milioni di kWh) che tipicamente sfruttano risorse rinnovabili diffuse sul territorio non altrimenti sfruttabili con altri mezzi. A tale scopo si applicano i prezzi minimi garantiti per i primi 2 milioni di kWh immessi in rete annualmente da ciascun impianto alimentato da fonti rinnovabili di potenza fino a 1 MW, al fine di assicurare la sopravvivenza economica agli impianti di minori dimensioni anche qualora i prezzi di mercato dovessero scendere significativamente, considerati i benefici in termini ambientali, di tutela del territorio e di sviluppo delle risorse marginali o residuali che detti impianti. I prezzi minimi garantiti non sono incentivi, non sono finalizzati al recupero dei costi di investimento e, come tali, si sommano ad incentivi eventualmente riconosciuti ai singoli impianti.

L’Autorità, con la deliberazione ARG/elt 103/11, ha definito la nuova struttura e i nuovi valori dei prezzi minimi garantiti che si applicano dall’1 gennaio 2012; da tale data, i prezzi minimi garantiti sono differenziati per fonte, aggiornati annualmente secondo gli indici ISTAT e, nel caso delle fonti solare fotovoltaica e idrica, sono definiti per scaglioni progressivi di energia. Per ulteriori approfondimenti, si veda il Testo unico della produzione redatto dall’AEEG (http://www.autorita.energia.it/allegati/elettricita/TUP.pdf, pagg. 188-202). A pag. 192 è disponibile la tabella con i prezzi minimi garantiti riconosciuti per impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza fino a 1 MW.

 

Il Governo stima per tale misura una riduzione degli oneri in bolletta di circa 170 ML€/anno.

 

I commi da 3 a 6 mirano a ridurre la componente A3 cercando di agire direttamente sull’incentivazione alle fonti rinnovabili, senza effetti retroattivi su contratti già stipulati.

 

Secondo i dati AEEG[1], gli oneri di sistema rappresentano attualmente circa il 20% della bolletta elettrica di una famiglia-tipo[2] (e ammontano in media a circa 100 euro annui) e la componente A3 (incentivi alle fonti rinnovabili e assimilate) pesa per circa il 93% degli oneri di sistema, ovvero incide per oltre 90 euro annui sulla famiglia media.

 

In particolare, il comma 3 propone un’alternativa ai produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili titolari di impianti che beneficiano di incentivi sotto la forma di certificati verdi, tariffe omnicomprensive ovvero tariffe premio. Essi possono scegliere tra due opzioni:

a)  continuare a godere del regime incentivante spettante per il periodo di diritto residuo. In tal caso, per un periodo di dieci anni decorrenti dal termine del periodo di diritto al regime incentivante, interventi di qualunque tipo realizzati sullo stesso sito non hanno diritto di accesso ad ulteriori strumenti incentivanti, incluso ritiro dedicato e scambio sul posto, a carico dei prezzi o delle tariffe dell’energia elettrica;

b)  optare per una rimodulazione dell’incentivo spettante, consistente nella fruizione di un incentivo ridotto a fronte di una proroga di 7 anni del periodo di incentivazione.

La percentuale di riduzione, specifica per ciascuna tipologia di impianto, sarà definita con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con parere dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, entro 60 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto.

La specifica percentuale di riduzione è applicata:

1)   al coefficiente moltiplicativo, per gli impianti a certificati verdi (tabella 2 allegata alla legge n. 244/2007, legge finanziaria per il 2008);

2)   per gli impianti a tariffa onnicomprensiva, al valore della tariffa spettante al netto del prezzo di ritiro dedicato, registrato nell’anno precedente;

3)   per gli impianti a tariffa premio, alla medesima tariffa premio.

 

Ai sensi del comma 4, la riduzione dell’incentivo viene differenziata in ragione

·      del residuo periodo di incentivazione;

·      del tipo di fonte rinnovabile;

·      dell’istituto incentivante;

ed è determinata tenendo conto dei costi indotti dall’operazione di rimodulazione degli incentivi, incluso un premio adeguatamente maggiorato per gli impianti per i quali non sono previsti, per il periodo successivo a quello di diritto al regime incentivante, incentivi diversi dallo scambio sul posto e dal ritiro dedicato per interventi realizzati sullo stesso sito.

Nel corso dell’esame parlamentare, la norma è stata integrata per precisare che il decreto del MISE, con cui è definita la percentuale di riduzione specifica per ciascuna tipologia di impianto, deve prevedere il periodo residuo di incentivazione al di sotto del quale non si applica la penalizzazione prevista dal comma 3, lettera a). Allo scopo di salvaguardare gli investimenti in corso, tale periodo residuo non può essere inferiore al 31 dicembre 2014 e può essere differenziato per ciascuna fonte, per tenere conto della diversa complessità degli interventi medesimi.

 

In generale, l’energia elettrica prodotta e immessa in rete può essere destinata commercialmente a diversi soggetti che operano sul mercato (Borsa elettrica, cliente finale libero, cliente grossista), sulla base di valutazioni e scelte effettuate dal singolo produttore. In più, il legislatore ha previsto, per alcune tipologie di impianti, la possibilità di scegliere:

·     il ritiro dedicato (si veda sopra);

·     lo scambio sul posto.

Il servizio di scambio sul posto è una particolare forma di autoconsumo in sito che consente di compensare l’energia elettrica prodotta e immessa in rete in un certo momento con quella prelevata e consumata in un momento differente da quello in cui avviene la produzione. Nello scambio sul posto si utilizza quindi il sistema elettrico quale strumento per l’immagazzinamento virtuale dell’energia elettrica prodotta ma non contestualmente autoconsumata. Condizione necessaria per l’erogazione del servizio di scambio sul posto è la presenza di impianti per il consumo e per la produzione di energia elettrica sottesi ad un unico punto di connessione con la rete pubblica. Possono accedere allo scambio sul posto impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza fino a 20 kW e impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza superiore a 20 kW fino a 200 kW entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2007 (articolo 6 del decreto legislativo n. 387/03 e l’articolo 17 del decreto ministeriale 18 dicembre 2008).

 

Il comma 5 prevede che l’opzione debba essere esercitata entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto interministeriale che definisce la percentuale di riduzione, mediante richiesta al Gestore dei servizi energetici (Gse), resa con modalità definite dallo stesso Gse entro 15 giorni dalla medesima data. A decorrere dal primo giorno del mese successivo al termine di scadenza del periodo in cui è possibile esercitare l’opzione, i produttori accedono all’incentivo rimodulato, come disposto dal comma 3.

 

Il comma 6 esclude dall’applicazione delle norme precedenti:

a)   gli impianti incentivati CIP6;

b)   i nuovi impianti incentivati ai sensi del D.M. 6 luglio 2012 (incentivi a fonti rinnovabili non fotovoltaiche), fatta eccezione per gli impianti ricadenti nel regime transitorio di cui all’articolo 30 dello stesso decreto. La versione originaria del decreto-legge escludeva in generale gli impianti incentivati ai sensi del D.M. 6 luglio 2012, mentre nel corso dell’esame parlamentare l’esclusione è stata limitata a quelli nuovi.

Si ricorda che il D.M. 6 luglio 2012 stabilisce le nuove modalità di incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, diverse da quella solare fotovoltaica, con potenza non inferiore a 1 kW.

Gli incentivi previsti dal decreto si applicano agli impianti nuovi, integralmente ricostruiti, riattivati, oggetto di intervento di potenziamento o di rifacimento, che entrano in esercizio dal 1° gennaio 2013.

Per tutelare gli investimenti in via di completamento, l’articolo 30 del decreto prevede che gli impianti dotati di titolo autorizzativo antecedente all’11 luglio 2012 (data di entrata in vigore del dm) che entrano in esercizio entro il 30 aprile 2013 e i soli impianti alimentati da rifiuti di cui all’art. 8, comma 4, lettera c) che entrano in esercizio entro il 30 giugno 2013, possono richiedere l’accesso agli incentivi con le modalità e le condizioni stabilite dal precedente D.M. 18 dicembre 2008. A tali impianti saranno applicate decurtazioni sulla tariffa omnicomprensiva o sui coefficienti moltiplicativi per i certificati verdi.

 

Quadro normativo relativo agli incentivi previsti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili[3]

 

In Italia convivono molteplici meccanismi di incentivazione per gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili. In particolare:

- tariffe incentivanti onnicomprensive (feed in tariff) CIP 6 per l’energia elettrica immessa in rete da impianti alimentati da fonti rinnovabili o assimilate che hanno ottenuto tale diritto;

- sistema dei certificati verdi (CV) per l’energia elettrica netta prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio fino al 31 dicembre 2012 (decreto interministeriale 18 dicembre 2008);

- tariffe incentivanti onnicomprensive (feed in tariff) per l’energia elettrica immessa in rete da impianti alimentati da fonte rinnovabile, ad esclusione degli impianti alimentati da fonte solare, di potenza fino a 1 MW (200 kW per l’eolico) entrati in esercizio fino al 31 dicembre 2012 (DM 18 dicembre 2008);

- tariffe incentivanti per l’energia elettrica netta immessa in rete da impianti alimentati da fonte rinnovabile, ad esclusione degli impianti alimentati da fonte solare, entrati in esercizio dall’1 gennaio 2013: tali tariffe incentivanti trovano applicazione in modalità feed in tariff nel caso di impianti di potenza fino a 1 MW e in modalità feed in premium nel caso degli altri impianti (DM 6 luglio 2012);

- sistema di conto energia (feed in premium) per l’energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici entrati in esercizio fino al 26 agosto 2012 (DM 28 luglio 2005, 6 febbraio 2006, 19 febbraio 2007, 6 agosto 2010 e 5 maggio 2011);

- tariffe incentivanti per l’energia elettrica netta immessa in rete da impianti fotovoltaici entrati in esercizio dal 27 agosto 2012: tali tariffe incentivanti trovano applicazione in modalità feed in tariff nel caso di impianti di potenza fino a 1 MW e in modalità feed in premium nel caso degli altri impianti (DM 5 luglio 2012);

- sistema di conto energia (feed in premium) per l’energia elettrica prodotta da impianti solari termodinamici (DM 11 aprile 2008).

Il Governo stima una riduzione degli oneri per l’incentivazione di circa 700 milioni/anno (in caso di adesione al 50% di tutti gli impianti non fotovoltaici e di adesione bassa per il fotovoltaico), su una spesa che ammonta oggi a 11,2 miliardi/anno (6,7 Fotovoltaico + 4,5 altre fonti) ed arriverà nel 2015 a 12,5 miliardi/anno. Tale intervento consente inoltre di distribuire nel tempo una parte degli oneri economici per l’incentivazione delle fonti rinnovabili elettriche e valorizzare l’intera vita tecnica degli impianti, senza penalizzare gli investimenti già effettuati.

 


 

Articolo 1, comma 6-bis
(Agevolazioni sul costo del gas per le imprese energivore)

 


6-bis. Al fine di promuovere la competitività delle imprese industriali, i corrispettivi a copertura degli oneri generali di sistema applicati al consumo di gas e i criteri di ripartizione dei medesimi oneri a carico dei clienti finali sono rideterminati dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. La suddetta rideterminazione deve avvenire in modo da tenere conto della definizione di imprese a forte consumo di energia, nel rispetto dei decreti e dei vincoli di cui all'articolo 39, commi 1 e 2, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, secondo gli indirizzi emanati dal Ministro dello sviluppo economico.


 

 

Il comma 6-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, configura una rimodulazione degli oneri di sistema del gas, in modo da alleggerirne al pressione sulle imprese energivore.

 

La promozione della competitività delle imprese industriali è la finalità a cui mira il comma in esame, che in pratica ripropone, per i consumi di gas naturale, quanto previsto dal cosiddetto “decreto sviluppo” per i consumi elettrici delle imprese a forte consumo di energia.

 

La norma demanda infatti all’Autorità per l’energia di rideterminare, entro 60 giorni:

·      i corrispettivi a copertura degli oneri generali di sistema applicati al consumo di gas;

·      i criteri di ripartizione degli stessi a carico dei clienti finali.

 

L’Autorità deve tenere conto della definizione di imprese a forte consumo di energia e degli indirizzi emanati dal Ministero dello sviluppo economico. Deve inoltre rispettare i vincoli e i decreti di cui all’articolo 39, commi 1 e 2, del decreto-legge 83/12 (cosiddetto D.L. Sviluppo), che ha richiesto la definizione (effettuata poi con decreto ministeriale 5 aprile 2013) delle imprese a forte consumo di energia, in base a requisiti e parametri relativi a livelli minimi di consumo ed incidenza del costo dell'energia sul valore dell'attività d'impresa.

 

La definizione di imprese energivore e gli sgravi già previsti per il sistema elettrico

Si ricorda che l’articolo 39, comma, 1, del richiamato decreto-legge 83/12 ha previsto che con uno o più decreti del Ministro dell’Economia e delle finanze, di concerto col Ministro dello Sviluppo Economico, da emanare entro il 31 dicembre 2012, in applicazione dell’articolo 17 della Direttiva 2003/96/CE, fossero definite le imprese a forte consumo di energia. La norma recepisce dunque il principio – previsto dalla direttiva Ue 2003/96/CE sulla tassazione dei prodotti energetici - che l'imposizione di accise e oneri di sistema può essere ridotta per alcune imprese consumatrici – a scapito degli altri consumatori - purché presentino una forte incidenza dei costi energetici sul fatturato.

L’articolo 39, comma 3, del medesimo decreto legge 83/12, prevedeva inoltre la rideterminazione dei corrispettivi a copertura degli oneri generali di sistema elettrico e i criteri di ripartizione dei medesimi oneri a carico dei clienti finali da parte dell’Autorità, in modo da tener conto della definizione di imprese a forte consumo di energia e secondo indirizzi del Ministro dello Sviluppo Economico.

Il 5 aprile 2013, il Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico, ha adottato il decreto, previsto dal citato articolo 39, comma 1, del decreto legge 83/12, che definisce specifici requisiti e parametri per le imprese che registrano elevati consumi di energia elettrica.

Il decreto 5 aprile 2013 prevede, tra l’altro:

·      all’articolo 2, le condizioni che devono essere rispettate per identificare le imprese a forte consumo di energia, ossia un utilizzo annuo di energia elettrica o di altra energia, pari ad almeno 2,4 GWh e, contemporaneamente, un’incidenza del costo dell’energia complessivamente utilizzata nell’anno, rispetto al fatturato, non inferiore al 3%;

·      all’articolo 3, comma 1, ai fini della rideterminazione degli oneri generali di sistema per la fornitura elettrica, che detta rideterminazione riguardi solo le imprese con un utilizzo annuo di energia elettrica pari ad almeno 2,4 GWh e, contemporaneamente, un’incidenza del costo dell’energia elettrica utilizzata, rispetto al fatturato, non inferiore al 2%;

·      all’articolo 6, comma 1, l’istituzione presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico (di seguito: Cassa), dell’elenco annuale delle imprese a forte consumo di energia elettrica ai sensi dell’articolo 2 del decreto 5 aprile 2013 e delle imprese per le quali è prevista la rideterminazione degli oneri generali di sistema, ai sensi dell’articolo 3 del medesimo decreto.

Il Ministero dello Sviluppo Economico ha trasmesso all’Autorità due atti di indirizzo (con comunicazione 24 aprile 2013 e con comunicazione 24 luglio 2013). Il secondo atto di indirizzo limita dell’intervento agevolativo alle sole imprese energivore che hanno un codice ATECO prevalente riferito ad attività manifatturiere. In relazione a questo, si segnala che numerose imprese di telecomunicazioni hanno impugnato tale disposizione.

Secondo i dati che l’AEEG ha pubblicato nella delibera 641/2013 del 27 dicembre 2013, il maggior onere che i consumatori esclusi dall'agevolazione dovranno sopportare per finanziare lo sgravio sono stimabili in:

      400 milioni di euro per il periodo 1 luglio 2013 – 31 dicembre 2013;

      820 milioni di euro per l’anno 2014.

Si segnala infine che sul sito della Cassa conguaglio per il settore elettrico è pubblicato il 4° Elenco delle imprese a forte consumo di energia, aggiornato al 17/02/2014. In base a questo elenco sono quasi tremila le imprese manifatturiere ad alta intensità energetica che hanno diritto agli sgravi sugli oneri di sistema elettrici previsti dal D.L. 83/2012.


 

Articolo 1, commi 6-ter- 6-septies
(Trasparenza nei costi e nei consumi di energia)

 


6-ter. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, al fine di rendere più facilmente confrontabili le offerte contrattuali rivolte ai clienti finali per l'acquisto di gas o energia elettrica, identifica le componenti di base di costo da esplicitare obbligatoriamente nelle stesse offerte e determina le sanzioni a carico dei soggetti venditori in caso di inottemperanza.

6-quater. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas promuove, attraverso la regolazione, l'installazione dei contatori elettronici e provvede affinché i dati di lettura dei contatori stessi siano resi disponibili ai clienti in forma aggregata e puntuale, secondo modalità tali da consentire la facile lettura da parte del cliente dei propri dati di consumo e garantendo nel massimo grado e tempestivamente la corrispondenza tra i consumi fatturati e quelli effettivi con lettura effettiva dei valori di consumo ogni volta che siano installati sistemi di telelettura e determinando un intervallo di tempo massimo per il conguaglio nei casi di lettura stimata.

6-quinquies. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas provvede all'attuazione dei commi 6-ter e 6-quater nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

6-sexies. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministero dello sviluppo economico avvia una ricognizione dei regolamenti al fine di prevedere i requisiti di terzietà, di imparzialità, di integrità e di indipendenza rispetto al produttore, distributore, venditore e gestore di rete, per l'esecuzione dei controlli metrologici sui dispositivi di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 22.

6-septies. Con i regolamenti di cui ai decreti del Ministro dello sviluppo economico adottati ai sensi dell'articolo 19, comma 2, del decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 22, ovvero con successivi decreti adottati secondo la medesima procedura, sono disciplinati, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, anche i controlli successivi, relativamente agli strumenti di misura già messi in servizio ai sensi delle disposizioni transitorie di cui all'articolo 22 del medesimo decreto legislativo.


 

 

I commi da 6-ter a 6-septies, introdotti nel corso dell’esame parlamentare, prevedono una serie di disposizioni mirate ad introdurre trasparenza e certezza nei costi e nei consumi energetici, fra cui l’installazione dei contatori elettronici.

 

In particolare, il comma 6-ter riguarda la comparabilità delle offerte contrattuali, tutelando i clienti finali che acquistano energia. A tal fine, demanda all’Autorità per l’energia di

·      identificare (entro 6 mesi) le componenti base di costo da esplicitare obbligatoriamente nelle offerte;

·      determinare le sanzioni a carico dei venditori inottemperanti.

I commi da 6-quater a 6-septies riguardano invece i contatori elettronici.

Il comma 6-quater prevede che l’Autorità per l’energia promuova l’installazione dei contatori elettronici e provveda affinché i dati di lettura siano resi disponibili ai clienti in forma sia aggregata che puntuale, in modo da facilitarne la lettura. Occorre inoltre che sia garantita al massimo la corrispondenza tra consumi fatturati ed effettivi ogni volta che sia installata la telelettura, e determinato un intervallo di tempo massimo per il conguaglio nei casi di lettura stimata.

 

Il comma 6-quinquies contiene la clausola di salvaguardia finanziaria per quanto riguarda le norme di cui ai commi 6-ter e 6-quater.

 

I commi 6-sexies e 6-septies riguardano i controlli metrologici sugli strumenti di misura. Secondo il comma 6-sexies, il Ministero dello sviluppo economico deve avviare, entro 90 giorni, una ricognizione dei regolamenti al fine di prevedere i requisiti di terzietà, imparzialità, integrità e indipendenza rispetto al produttore, distributore, venditore e gestore di rete, per l’esecuzione dei controlli metrologici sugli strumenti di misura.

Gli strumenti di misura richiamati sono tutti quelli di cui all’articolo 1 del D.Lgs. 22/2007[4], ovvero:

·     i contatori dell'acqua;

·     i contatori del gas e i dispositivi di conversione del volume;

·     i contatori di energia elettrica attiva e trasformatori di misura;

·     i contatori di calore;

·     i sistemi di misura per la misurazione continua e dinamica di quantità di liquidi diversi dall'acqua;

·     gli strumenti per pesare a funzionamento automatico;

·     i tassametri;

·     le misure materializzate;

·     gli strumenti di misura della dimensione;

·     gli analizzatori dei gas di scarico.

 

Il comma 6-septies prevede che, con i regolamenti adottati ai sensi dell’articolo 19, comma 2, del D.Lgs. 22/2007, oppure con successivi decreti adottati secondo la medesima procedura, siano disciplinati anche i controlli successivi, relativamente agli strumenti di misura già messi in servizio ai sensi delle disposizioni transitorie dell’articolo 22 del medesimo decreto.

 

Si ricorda che, secondo il citato articolo 19, all'aggiornamento e alla modifica delle disposizioni degli allegati si provvede con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Comitato centrale metrico. Il Ministro dello sviluppo economico stabilisce, con uno o più decreti, i criteri per l'esecuzione dei controlli metrologici successivi sugli strumenti di misura disciplinati dal decreto dopo la loro immissione in servizio. In attuazione di quanto disposto dal presente comma, sono stati emanati  il D.M. 18 gennaio 2011, n. 31 (per gli strumenti per pesare a funzionamento automatico),  il D.M. 18 gennaio 2011, n. 32 (per i sistemi per la misurazione continua e dinamica di quantità di liquidi diversi dall'acqua), il D.M. 16 aprile 2012, n. 75 (per i controlli metrologici sui contatori del gas e i dispositivi di conversione del volume), il D.M. 30 ottobre 2013, n. 155 (per i controlli metrologici sui contatori dell'acqua e sui contatori di calore).

L’articolo 22, relativo alle disposizioni transitorie, prevede che la commercializzazione e la messa in servizio degli strumenti di misura sottoposti ai controlli metrologici legali che soddisfino le norme applicabili anteriormente al 30 ottobre 2006 sono consentite fino alla scadenza della validità dell'omologazione di tali strumenti. In caso di omologazione di validità indefinita, la commercializzazione e la messa in servizio degli strumenti di misura sottoposti a controlli metrologici legali che soddisfino le norme applicabili anteriormente al 30 ottobre 2006 sono consentite fino al 30 ottobre 2016. Per gli strumenti di misura per i quali sia stata presentata la domanda di ammissione alla verifica ai sensi della normativa nazionale e comunitaria in vigore prima del 30 ottobre 2006, il provvedimento di ammissione a verificazione metrica e alla legalizzazione sarà rilasciato ai sensi della stessa normativa e comunque avrà validità fino al 30 ottobre 2016. I dispositivi ed i sistemi di misura elencati, se utilizzati per le funzioni di misura giustificate da motivi di interesse pubblico, sanità pubblica, sicurezza pubblica, ordine pubblico, protezione dell'ambiente, tutela dei consumatori, imposizione di tasse e di diritti e lealtà delle transazioni commerciali, e per i quali la normativa in vigore fino al 30 ottobre 2006 non prevede i controlli metrologici legali, qualora già messi in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, potranno continuare ad essere utilizzati anche senza essere sottoposti a detti controlli, purchè non rimossi dal luogo di utilizzazione.


 

Articolo 1, comma 6 octies
(Energia rinnovabile nelle isole minori)

 


6-octies. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, sono individuate le disposizioni per un processo di progressiva copertura del fabbisogno delle isole minori non interconnesse attraverso energia da fonti rinnovabili, gli obiettivi temporali e le modalità di sostegno degli investimenti, anche attraverso la componente tariffaria UC4.


 

Il comma 6-octies, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, mira ad una progressiva copertura del fabbisogno di energia delle isole minori non interconnesse attraverso le fonti rinnovabili.

 

A tal fine, con decreto del ministro dello sviluppo economico, sentita l’Autorità per l’energia, vengono definiti gli obiettivi temporali e le modalità di sostegno degli investimenti, anche attraverso la componente tariffaria UC4.

 

Si ricorda che la componente UC4 è stata introdotta per garantire il servizio universale (pari trattamento per i consumatori) che nelle isole minori, senza collegamento con il sistema elettrico nazionale, presenta costi mediamente più alti di quelli sostenuti per lo stesso servizio nell'area continentale (centrali più piccole, a combustibile più caro, gestione più onerosa). Per questo è prevista (dall'articolo 7 della legge n. 10/91) una esplicita componente a carico di tutti i clienti finali per garantire un gettito che copra gli extracosti presenti nelle località isolate. Tale componente è utilizzata a copertura delle integrazioni tariffarie alle imprese elettriche minori (isole minori e altri) e rappresenta circa l’1% della bolletta elettrica.


 

Articolo 1, commi 7, 7-bis, 7-ter e 8
(Attestato di prestazione energetica)

 


7. All'articolo 6 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, i commi 3 e 3-bis sono sostituiti dal seguente:

“3. Nei contratti di compravendita immobiliare, negli atti di trasferimento di immobili a titolo oneroso e nei nuovi contratti di locazione di edifici o di singole unità immobiliari soggetti a registrazione è inserita apposita clausola con la quale l'acquirente o il conduttore dichiarano di aver ricevuto le informazioni e la documentazione, comprensiva dell'attestato, in ordine alla attestazione della prestazione energetica degli edifici; copia dell'attestato di prestazione energetica deve essere altresì allegata al contratto, tranne che nei casi di locazione di singole unità immobiliari. In caso di omessa dichiarazione o allegazione, se dovuta, le parti sono soggette al pagamento, in solido e in parti uguali, della sanzione amministrativa pecuniaria da euro 3.000 a euro 18.000; la sanzione è da euro 1.000 a euro 4.000 per i contratti di locazione di singole unità immobiliari e, se la durata della locazione non eccede i tre anni, essa è ridotta alla metà. Il pagamento della sanzione amministrativa non esenta comunque dall'obbligo di presentare la dichiarazione o la copia dell'attestato di prestazione energetica entro quarantacinque giorni. L'accertamento e la contestazione della violazione sono svolti dalla Guardia di Finanza o, all'atto della registrazione di uno dei contratti previsti dal presente comma, dall'Agenzia delle Entrate, ai fini dell'ulteriore corso del procedimento sanzionatorio ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689.”.

7-bis. Al numero 52 dell'allegato A del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modificazioni, le parole: “la persona giuridica” sono sostituite dalle seguenti: “l'impresa”.

7-ter. All'articolo 1, comma 139, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, la lettera a) è abrogata.

8. Su richiesta di almeno una delle parti o di un suo avente causa, la stessa sanzione amministrativa di cui al comma 3 dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 192 del 2005 si applica altresì ai richiedenti, in luogo di quella della nullità del contratto anteriormente prevista, per le violazioni del previgente comma 3-bis dello stesso articolo 6 commesse anteriormente all'entrata in vigore del presente decreto, purché la nullità del contratto non sia già stata dichiarata con sentenza passata in giudicato.

8-bis. Ai fini del rilascio dell'attestato di prestazione energetica degli edifici, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modificazioni, si tiene conto del raffrescamento derivante dalle schermature solari mobili, a condizione che la prestazione energetica delle predette schermature sia di classe 2, come definita nella norma europea EN 14501:2006, o superiore.

8-ter. Al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 75, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 2, comma 3, lettera a), le parole da: “LM-4” a: “LM-73” sono sostituite dalle seguenti: “LM-4, da LM-20 a LM-35, LM-48, LM-53, LM-69, LM-71, LM-73” e le parole da: “4/S” a: “77/S” sono sostituite dalle seguenti: “4/S, da 25/S a 38/S, 54/S, 61/S, 74/S, 77/S, 81/S”;

b) all'articolo 2, comma 3, lettera c), dopo la parola: “termotecnica,” sono inserite le seguenti: “aeronautica, energia nucleare, metallurgia, navalmeccanica, metalmeccanica,”;

c) all'articolo 2, comma 4, lettera b), le parole da: “LM-17” a: “LM-79” sono sostituite dalle seguenti: “LM-17, LM-40, LM-44, LM-54, LM-60, LM-74, LM-75, LM-79” e le parole da: “20/S” a: “86/S” sono sostituite dalle seguenti: “20/S, 45/S, 50/S, 62/S, 68/S, 82/S, 85/S, 86/S”;

d) all'articolo 3, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:

1-bis. Qualora il tecnico abilitato sia dipendente e operi per conto di enti pubblici ovvero di organismi di diritto pubblico operanti nel settore dell'energia e dell'edilizia, il requisito di indipendenza di cui al comma 1 si intende superato dalle finalità istituzionali di perseguimento di obiettivi di interesse pubblico proprie di tali enti e organismi”;

e) all'articolo 4, comma 2, dopo la lettera a) è inserita la seguente:

a-bis) riconoscere, quali soggetti certificatori, i soggetti che dimostrino di essere in possesso di un attestato di frequenza, con superamento dell'esame finale, di specifico corso di formazione per la certificazione energetica degli edifici, attivato precedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto e comunque conforme ai contenuti minimi definiti nell'allegato 1”;

f) all'articolo 6, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

2-bis. Le disposizioni del presente decreto si applicano anche ai fini della redazione dell'attestazione di prestazione energetica di cui alla direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010”;

g) all'allegato 1, le parole: “64 ore” sono sostituite dalle seguenti: “80 ore”.

8-quater. All'articolo 6, comma 8, del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modificazioni, dopo la parola: “locazione,” sono inserite le seguenti: “ad eccezione delle locazioni degli edifici residenziali utilizzati meno di quattro mesi all'anno,”.


 

 

I commi 7 (integrato nel corso dell’esame parlamentare), 7-bis, 7-ter (introdotti durante l’esame parlamentare), 8, 8-bis e 8-ter (introdotti durante l’esame parlamentare), intervengono a diverso titolo in materia di certificazione energetica degli edifici.

 

I commi 7 e 8 modificano le nuove norme introdotte con il DL 63/2013 sulla necessità di allegare l’attestato di prestazione energetica (APE) agli atti di trasferimento di immobili.

In particolare, il comma 7 sostituisce i commi 3 e 3-bis dell’articolo 6 del D.Lgs. 192/2005[5]  con le finalità principali di:

·      eliminare la necessità di valutare la prestazione energetica degli edifici per gli atti di trasferimento di immobili a titolo gratuito;

·      eliminare l’obbligo di allegare l’APE ai nuovi contratti di locazione di singole unità immobiliari;

·      sostituire, quale penalità per non aver allegato l’APE all’atto, la nullità del contratto con una sanzione amministrativa pecuniaria.

 

Si ricorda che l’articolo 6 del D.Lgs. 192/2005 prevedeva l’inserimento di una clausola nei contratti di vendita, negli atti di trasferimento di immobili a titolo gratuito e nei nuovi contratti di locazione di edifici o di singole unità immobiliari con la quale l'acquirente o il conduttore danno atto di aver ricevuto le informazioni e la documentazione, comprensiva dell'attestato, in ordine alla attestazione della prestazione energetica degli edifici (comma 3). L'APE fosse essere allegato al contratto di vendita, agli atti di trasferimento di immobili a titolo gratuito o ai nuovi contratti di locazione, pena la nullità degli stessi contratti (comma 3-bis).

 

Alla sanzione amministrativa pecuniaria introdotta (da 3 a 18 mila euro) , in caso di omessa dichiarazione o allegazione, le parti sono soggette in solido e in eguale misura.

Per i contratti di locazione di singole unità immobiliari (soggetti, in seguito alla modifica normativa intervenuta con il presente decreto, al solo obbligo di dichiarazione), la sanzione è ridotta (da mille a 4 mila euro) e, se la durata della locazione non eccede i tre anni, è ridotta alla metà.

Durante l’esame parlamentare è stato precisato che il pagamento della sanzione amministrativa non esenta comunque dall’obbligo di presentare la dichiarazione o la copia dell’APE entro 45 giorni.

L’accertamento e la contestazione della violazione sono svolti dalla Guardia di Finanza o, all’atto della registrazione di uno dei contratti, dall’Agenzia delle Entrate, che, per l’ulteriore corso del procedimento sanzionatorio, presentano rapporto al Prefetto (ai sensi dell’articolo 17 della legge n. 689/1981).

 

Il comma 7-bis, introdotto durante l’esame parlamentare, consente anche alle imprese non costituite in forma di persona giuridica di essere nominate come soggetto “terzo responsabile dell’impianto termico”, ovvero delegate dal responsabile dell’impianto ad assumere la responsabilità dell’esercizio, della conduzione, del controllo, della manutenzione e dell’adozione delle misure necessarie al contenimento dei consumi energetici. A tal fine modifica l’Allegato A del D.Lgs. 192/2005, che al comma 52 considerava esclusivamente le persone giuridiche.

 

Il comma 7-ter, introdotto durante l’esame parlamentare, abroga la norma (contenuto nell’articolo 1, comma 139 della legge di stabilità 2014) che rinviava l’obbligo di allegare l'attestato di prestazione energetica (APE) ai contratti immobiliari al momento di entrata in vigore delle Linee guida per la certificazione energetica degli edifici.

 

Il comma 8 prevede una norma di tutela per i contratti a cui sia stata applicata la normativa precedente, e dunque per i contratti di vendita, agli atti di trasferimento di immobili a titolo gratuito o ai nuovi contratti di locazione a cui non era stato allegato l'APE e soggetti pertanto a nullità.

Per tali contratti, in luogo della nullità anteriormente prevista, si applica la sanzione amministrativa, su richiesta di almeno una delle parti o di un suo avente causa, purché la nullità del contratto non sia già stata dichiarata con sentenza passata in giudicato.

 

Il comma 8-bis, introdotto durante l’esame parlamentare, dispone che, ai fini del rilascio dell’APE, si tenga conto del raffrescamento derivante dalle schermature solari mobili, a condizione che la loro prestazione energetica sia di classe 2 o superiore.

La classe delle schermature è definita dalla norma tecnica EN 14501:2006, che si applica a dispositivi di protezione solare come le chiusure oscuranti, i tendoni e le tende.

La norma citata suddivide in classi sulla base di un indicatore della misura della percentuale dell'energia solare che penetra in una stanza attraverso lo schermo e il vetro. Quanto minore è il valore dell’indicatore, tanto migliore è la prestazione termica. Se l’abbattimento del carico solare totale (che dipende sia dalle proprietà della chiusura oscurante che dalle proprietà della vetrata) è superiore al 65%, secondo la norma in esame la presenza di schermature solari mobili va valutata ai fini dell’APE.

 

Il comma 8-ter, introdotto durante l’esame parlamentare, apporta numerose modifiche e integrazioni al Regolamento recante disciplina dei criteri di accreditamento per assicurare la qualificazione e l'indipendenza degli esperti e degli organismi a cui affidare la certificazione energetica degli edifici (DPR 75/2013), intervenendo in particolare su:

·      i titoli di studio di cui devono essere in possesso i tecnici abilitati (lettere a), b) e c));

·      i requisiti di indipendenza e imparzialità dei soggetti abilitati alla certificazione energetica degli edifici (nel caso in cui il tecnico abilitato sia dipendente e operi per conto di enti pubblici od organismi di diritto pubblico, il requisito di indipendenza si intende superato dalle finalità istituzionali proprie di tali enti) (lettera d));

·      le facoltà delle regioni e province autonome nel disciplinare la materia dei soggetti certificatori (in particolare si specifica che esse possono riconoscere quali soggetti certificatori coloro che dimostrino di aver frequentato e superato un corso di formazione per la certificazione energetica attivato prima della data di entrata in vigore del DPR 75/2013 e comunque conforme ad alcuni requisiti minimi, tra cui la durata che viene portata da 64 a 80 ore) (lettere e) e g));

·      l’esplicita indicazione che le disposizioni del DPR 75/2013 si applicano anche ai fini della redazione dell’attestato di prestazione energetica (APE) di cui alla direttiva 2010/31/CE (lettera f)).

 

Il comma 8-quater, introdotto durante l’esame parlamentare, prevede che gli annunci di locazioni ad uso turistico, nel caso riguardino un periodo inferiore a 4 mesi all’anno, non debbano riportare gli indici di prestazione energetica dell'involucro e globale dell'edificio o dell'unità immobiliare e la classe energetica corrispondente.


 

Articolo 1, comma 9
(Disciplina del condominio)

 


9. La riforma della disciplina del condominio negli edifici, di cui alla legge 11 dicembre 2012, n. 220, è così integrata:

a) con Regolamento del Ministro della giustizia, emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono determinati i requisiti necessari per esercitare l'attività di formazione degli amministratori di condominio nonché i criteri, i contenuti e le modalità di svolgimento dei corsi della formazione iniziale e periodica prevista dall'articolo 71-bis, primo comma, lettera g), delle disposizioni per l'attuazione del Codice civile, per come modificato dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220;

[b) all'articolo 1120, secondo comma, n. 2, del Codice civile, per come modificato dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220, le parole: “, per il contenimento del consumo energetico degli edifici” sono soppresse;]

c) all'articolo 1130, primo comma, n. 6, del Codice civile, per come modificato dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220, dopo le parole: “nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza” sono inserite le seguenti: «delle parti comuni dell'edificio”;

d) all'articolo 1135, primo comma, n. 4, del Codice civile, per come modificato dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “; se i lavori devono essere eseguiti in base a un contratto che ne prevede il pagamento graduale in funzione del loro progressivo stato di avanzamento, il fondo può essere costituito in relazione ai singoli pagamenti dovuti”;

e) all'articolo 70 delle disposizioni per l'attuazione del Codice civile, per come modificato dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220, dopo le parole: “spese ordinarie” sono aggiunte le seguenti: “L'irrogazione della sanzione è deliberata dall'assemblea con le maggioranze di cui al secondo comma dell'articolo 1136 del Codice”.


 

 

Il comma 9 interviene sul codice civile, e sulle sue disposizioni di attuazione, per quanto concerne la disciplina del condominio degli edifici recentemente novellata dalla legge n. 220 del 2012.

 

Si ricorda che la legge 11 dicembre 2012, n. 220, novellando principalmente il capo del codice civile dedicato al condominio negli edifici (artt. 1117 e ss.), rappresenta l'approdo di un percorso di riforma che ha impegnato il Parlamento per più legislature. I principali profili di novità introdotti dalla riforma sono i seguenti:

·      un'indicazione più completa, anche se non tassativa, delle parti comuni dell'edificio; ad esempio ricomprendendo esplicitamente fra di esse il sottotetto, ove lo stesso risulti in concreto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, oggettivamente destinato (anche solo potenzialmente) all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune;

·      una più aggiornata disciplina dell’ambito di applicazione della disciplina condominiale; in particolare, la novella chiarisce che la normativa del condominio si applica anche al cd. supercondominio, finora istituto d’elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale;

·      una disciplina specifica per le modificazioni delle destinazioni d’uso delle parti comuni e per la tutela delle stesse;

·      la specifica previsione delle condizioni (da tempo individuate dalla giurisprudenza) che giustificano il distacco del singolo condomino dall'impianto centralizzato di riscaldamento;

·      la possibilità di introdurre particolari innovazioni con una maggioranza meno elevata di quella prevista per le stesse ordinariamente dal codice (in generale, sono le innovazioni destinate al miglioramento, alla salubrità o all’uso più comodo delle cose comuni, come l'eliminazione delle barriere architettoniche, l'installazione di impianti di videosorveglianza sulle parti comuni dell'edificio, di impianti per la produzione di energia eolica, solare o comunque da fonte rinnovabile);

·      la nuova ripartizione delle spese per scale ed ascensori;

·      la nuova disciplina relativa all'amministratore del condominio; in particolare, sono definiti in misura più stringente le sue attribuzioni ed i suoi doveri amministrativi e contabili in funzione di una maggior conoscibilità e trasparenza del suo operato da parte dei condomini;

·      la previsione che i regolamenti condominiali non potranno in alcun modo vietare il possesso o la detenzione di animali domestici da parte di singoli condomini;

·      le nuove regole sulla costituzione dell’assemblea e sulla validità delle deliberazioni, di cui sono abbassati i quorum.

 

Il decreto-legge, a seguito dell’approvazione della legge di conversione, integra quattro diversi aspetti della disciplina del condominio.

In particolare, la lettera a) del comma 9 demanda ad un regolamento del Ministro della giustizia l’individuazione dei requisiti necessari per esercitare l’attività di formazione degli amministratori di condominio, nonché la determinazione dei criteri, dei contenuti e delle modalità di svolgimento dei corsi di formazione iniziale e periodica.

 

Si ricorda che l'articolo 25 della legge n. 220 del 2012 ha inserito tra le disposizioni di attuazione del codice civile gli articoli da 71-bis a 71-quater. In particolare, l’articolo 71-bis enumera i requisiti per lo svolgimento dell'incarico di amministratore di condominio, richiedendo la frequenza a corsi di formazione, iniziale e periodica, in materia di amministrazione condominiale (comma 1, lett. g)); a quanti hanno svolto attività di amministrazione di condominio per almeno un anno all’entrata in vigore della riforma non è richiesta la formazione iniziale ma è ribadito l’obbligo della formazione periodica (comma 5).

 

La lettera b)soppressa dalla legge di conversione – modificava la disciplina delle maggioranze richieste per l’approvazione delle innovazioni (art. 1120 del codice civile). In particolare, il decreto-legge eliminava le opere e gli interventi per il contenimento del consumo energetico degli edifici dall’elenco delle innovazioni che possono essere decise dalla maggioranza di cui al secondo comma dell'articolo 1136 del codice civile (vale a dire un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio). Conseguentemente, anche per tali innovazioni sarebbe stata necessaria la più elevata maggioranza di cui al quinto comma dell'articolo 1136 del codice civile (ovvero, un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno i due terzi del valore dell’edificio). La soppressione della disposizione fa sì che per le innovazioni attinenti al risparmio energetico sia tuttora sufficiente la maggioranza degli intervenuti in assemblea, che rappresentino la metà del valore dell’edificio.

 

La lettera c) novella l’articolo 1130 del codice civile, relativo alle attribuzioni dell’amministratore di condominio, con particolare riferimento all’obbligo di tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente tutti i dati anagrafici e fiscali dei condomini, la sussistenza di eventuali diritti reali e di godimento nonché i dati catastali delle singole unità immobiliari. Il decreto-legge specifica che le annotazioni relative alle condizioni di sicurezza – cui fa riferimento il comma 1, n. 6), del predetto articolo 1130 - sono da intendere esclusivamente come inerenti alle parti comuni dell’immobile[6].

 

La lettera d) interviene sull’articolo 1135 del codice civile, in tema di attribuzioni dell’assemblea dei condomini, con particolare riferimento all’obbligo di costituire un fondo speciale di importo pari all’ammontare dei lavori quando l’assemblea provvede in ordine alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni. Il decreto-legge specifica che, se i lavori condominiali devono essere eseguiti in base a un contratto che ne prevede il pagamento graduale in funzione del loro stato di avanzamento, l’importo del fondo speciale può non essere pari all’ammontare complessivo dei lavori, bensì ai singoli importi dovuti per le fasi di avanzamento.

 

Infine, la lettera e) novella l’articolo 70 delle disposizioni di attuazione del codice civile, in tema di sanzioni per le infrazioni al regolamento condominiale.

La legge n. 220 del 2012 è intervenuta su questa disposizione aggiornando la sanzione prevista, portandola da 0,052 euro (pari a 100 lire) a 200 euro. La novella prevede inoltre una sanzione più elevata in caso di recidiva (fino a 800 euro). L’importo delle sanzioni è versato nel fondo relativo alle spese ordinarie del condominio. Il decreto-legge specifica che all’irrogazione delle sanzioni provvede l’assemblea condominiale con la maggioranza di cui al secondo comma dell'articolo 1136 del codice civile (vale a dire - come già visto - con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio).


 

Articolo 1, comma 10
(Energia geotermica)

 


10. All'articolo 1 del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 3-bis, dopo la parola: “emissioni” sono inserite le seguenti: “di processo”;

b) al comma 3-bis.1, dopo le parole: “immessa nel sistema elettrico” sono aggiunte le seguenti: “, che non può in nessun caso essere superiore a 40.000 MWh elettrici annui”;

c) dopo il comma 7 è inserito il seguente:

“7-bis. Lo Stato esercita le funzioni di cui all'articolo 1, comma 7, lettera i), della legge 23 agosto 2004, n. 239, e all'articolo 57, comma 1, lettera f-bis), del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, nell'ambito della determinazione degli indirizzi della politica energetica nazionale, al fine di sostenere lo sviluppo delle risorse geotermiche”.


 

Il comma 10, integrato nel corso dell’esame parlamentare, riguarda in primo luogo le competenze statali sugli impianti per l’estrazione di energia geotermica (lettera c)).

 

Le lettere a) e b), introdotte durante l’esame parlamentare, integrano le norme del decreto di riassetto delle risorse geotermiche (D.Lgs. 22/2010) relative alla ricerca e lo sviluppo di nuove centrali geotermoelettriche a ridotto impatto ambientale tramite impianti pilota con reiniezione del fluido geotermico nelle stesse formazioni di provenienza, con emissioni nulle. In particolare:

a)   si specifica che le emissioni in questione sono quelle di processo;

b)   si pone il limite massimo di 40.000 Mwh elettrici annui per l'energia immessa nel sistema elettrico per gli impianti pilota che, per il migliore sfruttamento ai fini sperimentali del fluido geotermico, necessitano di una maggiore potenza nominale installata al fine di mantenere il fluido geotermico allo stato liquido.

 

La lettera c) integra il decreto di riassetto della normativa sull’energia geotermica (decreto legislativo n. 22/2010) per specificare che nell’ambito della determinazione degli indirizzi della politica energetica nazionale, al fine di sostenere lo sviluppo delle risorse geotermiche, spetta allo Stato individuare gli impianti per l’estrazione dell’energia geotermica.

Si ricorda che l’articolo 1, comma 7, elenca una serie di compiti esercitati dallo Stato in materia di energia. La lettera i) riguarda l'individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti strategici. La Corte costituzionale, con sentenza 11-14 ottobre 2005, n. 383 (Gazz. Uff. 19 ottobre 2005, n. 42 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità della presente lettera, nella parte in cui non prevede che l'individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti strategici da parte dello Stato avvenga d'intesa con le Regioni e le Province autonome interessate.

L’articolo 57 del D.L. 5/2012, come integrato dal D.L. 83/2012, individua come infrastrutture strategiche, tra le altre, anche gli impianti per l'estrazione di energia geotermica.


 

Articolo 1, commi 11-14
(Centrale a carbone nel Sulcis)

 


11. L'articolo 11, comma 14, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, e successive modificazioni, è abrogato e cessa l'efficacia delle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 9 marzo 1994, n. 56, relativamente alla concessione integrata per la gestione della miniera di carbone del Sulcis e produzione di energia elettrica e cogenerazione di fluidi caldi mediante gassificazione e ai relativi meccanismi di incentivazione.

12. La Regione Autonoma della Sardegna, entro il 30 giugno 2016, ha la facoltà di bandire una gara per realizzare una centrale termoelettrica a carbone, dotata di apposita sezione di impianto per la cattura e lo stoccaggio dell'anidride carbonica prodotta, da realizzare sul territorio del Sulcis Iglesiente, in prossimità del giacimento carbonifero, assicurando la disponibilità delle aree e delle infrastrutture necessarie. Al vincitore della gara è assicurato l'acquisto da parte del Gestore dei servizi energetici S.p.a. dell'energia elettrica prodotta e immessa in rete dall'impianto, dal primo al ventesimo anno di esercizio, al prezzo di mercato maggiorato di un incentivo fino a 30 Euro/MWh sulla base della produzione di energia elettrica con funzionamento a piena capacità di cattura della CO2 e del funzionamento del relativo stoccaggio nonché rivalutato sulla base dell'inflazione calcolata sull'indice Istat, per un massimo di 2100 GWh/anno. Tale incentivo è concesso esclusivamente per la quantità di energia prodotta con la cattura e lo stoccaggio dell'anidride carbonica. Il rapporto tra l'ammontare complessivo di tale incentivo e il costo totale di investimento sostenuto dal vincitore della gara non deve superare le proporzioni consentite dalle norme comunitarie sugli aiuti di Stato e nessun incentivo può essere concesso prima della approvazione da parte della Commissione europea. In caso di funzionamento della centrale termoelettrica in assenza di cattura e stoccaggio della CO2, le emissioni di gas serra attribuite all'impianto sono incrementate del 30%.

13. Gli oneri derivanti dall'attuazione del comma 12 sono a carico del sistema elettrico italiano e ad essi si provvede mediante corrispondente prelievo sulle tariffe elettriche, con modalità di esazione della relativa componente tariffaria basate su parametri tecnici rappresentanti i punti di connessione alle reti di distribuzione, definite dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas con provvedimento da adottare entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge.

14. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabiliti gli elementi e i criteri per la valutazione delle offerte della gara di cui al comma 12 nonché le modalità dell'audit esterno cui il vincitore della gara è tenuto sottoporsi per evitare sovra compensazioni. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas stabilisce le modalità con cui le risorse di cui al comma 13 sono erogate dalla Cassa conguaglio per il settore elettrico a copertura del fabbisogno derivante dal pagamento dell'incentivo sull'energia acquistata dal Gestore dei servizi energetici S.p.a.


 

 

I commi da 11 a 14 riformulano le norme relative al progetto di realizzazione di una centrale termoelettrica a carbone, dotata di apposita sezione di impianto per la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica prodotta (CCS), da realizzare sul territorio del Sulcis Iglesiente. La Regione Sardegna, entro il 30 giugno 2016, potrà bandire una gara per realizzare tale centrale. Al vincitore sarà assicurato il prelievo dell’energia a prezzi incentivati, con copertura degli oneri mediante prelievo sulle tariffe elettriche.

 

In particolare, il comma 11 abroga l’articolo 11, comma 14, del decreto-legge n. 35/2005[7], che prevedeva l’assegnazione tramite gara da parte della Regione Sardegna di una concessione integrata per la gestione della miniera di carbone del Sulcis e la produzione di energia elettrica con la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica prodotta, assicurando al concessionario l'acquisto da parte del Gestore della rete di trasmissione nazionale S.p.a. dell'energia elettrica prodotta ai prezzi e secondo le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1994.

Le norme del citato decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1994 (Attuazione del piano di disinquinamento del territorio del Sulcis-Iglesiente)  cessano di efficacia relativamente alla concessione integrata per la gestione della miniera di carbone del Sulcis e produzione di energia elettrica e cogenerazione di fluidi caldi mediante gassificazione e ai relativi meccanismi di incentivazione.

 

Si ricorda che l’articolo 1 del DPR 28 gennaio 1994 prevede l’affidamento di una concessione integrata per la gestione della miniera di carbone del Sulcis e produzione di energia elettrica e cogenerazione di fluidi caldi mediante gassificazione, assicurando al concessionario l'acquisto dell'energia elettrica prodotta ai prezzi indicati in allegato B, nonché le agevolazioni finanziarie di cui commi 2 e 3 dell'art. 8. L’articolo 8, tra l’altro, dispone che il prezzo di cessione dell'energia elettrica prodotta dal concessionario con carbone Sulcis mediante gassificazione, riportato nel citato allegato B, sia regolato dalle disposizioni del provvedimento CIP n. 6 del 29 aprile 1992.

 

Si segnala anche che il 2 agosto 2013 è stato firmato un Protocollo d’Intesa per lo sviluppo di un Polo Tecnologico per il Carbone Pulito nell’area del Sulcis Iglesiente, tra il Ministero dello sviluppo economico e la Regione Sardegna. Il Protocollo prevede  due fasi. La prima riguarda lo sviluppo  di un centro di ricerca con un impianto a tecnologia evoluta di ossicombustione di potenza di circa 50 MWt, da realizzarsi  entro 2/3 anni, e di altre tecniche di cattura e confinamento  dell’anidride carbonica. La  seconda fase  prevede la realizzazione di una centrale elettrica con tecnologia CCS (Carbon Capture and Storage).

 

Il comma 12, integrato durante l’esame parlamentare, attribuisce alla Regione Autonoma della Sardegna, entro il 30 giugno 2016, la facoltà di bandire una gara per realizzare una centrale termoelettrica a carbone, dotata di apposita sezione di impianto per la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica prodotta, da realizzare sul territorio del Sulcis Iglesiente, in prossimità del giacimento carbonifero, assicurando la disponibilità delle aree e delle infrastrutture necessarie.

Al vincitore della gara è assicurato l’acquisto da parte del Gestore dei servizi energetici S.p.a. dell’energia elettrica prodotta e immessa in rete dall’impianto, fino al ventesimo anno di esercizio, al prezzo di mercato maggiorato di un incentivo fino a 30 Euro/MWh sulla base della produzione di energia elettrica con funzionamento a piena capacità di cattura della CO2 e del funzionamento del relativo stoccaggio, rivalutato sulla base dell’inflazione calcolata sull’indice Istat, per un massimo di 2100 GWh/anno. Nel corso dell’esame parlamentare la norma è stata integrata al fine di precisare che l’incentivo è concesso esclusivamente per la quantità di energia prodotta con la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica.

 

La relazione tecnica segnala che l’onere a carico delle tariffe (30€/MWh fino ad un massimo di 2100 GWh/anno) risulta inferiore a quello previsto in precedenza, che era pari a circa 150€/MWh senza limiti di produzione incentivabile.

 

Per assicurare la compatibilità comunitaria dell’intervento, si dispone che:

·      il rapporto tra l’ammontare complessivo di tale incentivo e il costo totale di investimento sostenuto dal vincitore della gara non deve superare le proporzioni consentite dalle norme comunitarie sugli aiuti di Stato[8];

·      nessun incentivo può essere concesso prima dell’approvazione da parte della Commissione europea.

 

Viene poi penalizzata l’eventuale situazione di funzionamento della centrale termoelettrica in assenza di cattura e stoccaggio della CO2 incrementando in tal caso le emissioni di gas serra attribuite all’impianto del 30%.

 

Il comma 13 pone a carico del sistema elettrico italiano gli oneri derivanti dall’attuazione del comma 12, con corrispondente prelievo sulle tariffe elettriche.

Le modalità di esazione della relativa componente tariffaria saranno definite dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas entro novanta giorni e basate su parametri tecnici rappresentanti i punti di connessione alle reti di distribuzione.

 

Il comma 14 rinvia ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, la determinazione:

·      degli elementi e dei criteri per la valutazione delle offerte della gara;

·      le modalità dell’audit esterno cui il vincitore della gara è tenuto sottoporsi per evitare sovra compensazioni rispetto ai costi effettivamente sostenuti.

L’Autorità per l’energia elettrica e il gas stabilisce le modalità con cui le risorse prelevate dalle tariffe elettriche sono erogate dalla Cassa conguaglio per il settore elettrico a copertura del fabbisogno derivante dal pagamento dell’incentivo sull’energia acquistata dal Gestore dei servizi energetici S.p.a.


 

Articolo 1, comma 15
(Obbligo di immissione di biocarburanti)

 


15. Al secondo periodo del comma 2 dell'articolo 33 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, la parola: “2014” è sostituita dalla seguente: “2015”. Al terzo periodo del comma 2 dell'articolo 33 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, la parola: “2014” è sostituita dalla seguente: “2020” e le parole: “e può essere rideterminato l'obiettivo di cui al periodo precedente” sono soppresse. A decorrere dal 1° gennaio 2015 la quota minima di cui all'articolo 2-quater, comma 1, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, e successive modificazioni, è determinata in una quota percentuale di tutto il carburante, benzina e gasolio, immesso in consumo nello stesso anno solare, calcolata sulla base del tenore energetico. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Comitato tecnico consultivo biocarburanti di cui all'articolo 33, comma 5-sexies, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, si provvede ad aggiornare le condizioni, i criteri e le modalità di attuazione dell'obbligo, ai sensi del comma 3 dell'articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, e successive modificazioni. All'articolo 33, comma 4, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, e successive modificazioni, le parole: “fino al 31 dicembre 2014” sono sostituite dalle seguenti: “fino al 31 marzo 2014”. Al comma 5-ter dell'articolo 33 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sono apportate le seguenti modificazioni: al secondo punto dell'elenco, le parole: ”, condotta all'interno degli stabilimenti di produzione del biodiesel (nella misura massima del 5% in peso della relativa produzione di biodiesel)” sono soppresse; al terzo punto dell'elenco, le parole: “durante il processo di produzione del biodiesel (nella misura massima del 5% in peso della relativa produzione di biodiesel)” sono soppresse; al quarto punto dell'elenco, le parole: “(nella misura massima del 5% in peso della relativa produzione di acidi grassi distillati)” e le parole: “(nella misura massima del 5% in peso della relativa produzione di Glicerina distillata) condotta nelle aziende oleochimiche” sono soppresse; al settimo punto dell'elenco, dopo le parole: “grassi animali di categoria 1” sono inserite le seguenti: “e di categoria 2”. Al comma 5-quater dell'articolo 33 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, e successive modificazioni, le parole: “e stabilite variazioni della misura massima percentuale prevista dal comma 5-quinquies” sono soppresse. Il comma 5-quinquies dell'articolo 33 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, è abrogato. All'articolo 33, comma 5, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, e successive modificazioni, le parole: “entrambi prodotti e trasformati in biocarburanti nel territorio Comunitario, che non presentino altra utilità produttiva o commerciale al di fuori del loro impiego per la produzione di carburanti o a fini energetici,” sono soppresse. I commi 4, 5 e 6 dell'articolo 34 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, sono abrogati.


 

 

Con il comma 15, modificato durante l’esame parlamentare, sposta al 2015 (posticipandolo di un anno) il termine entro il quale conseguire la quota minima del 5% di miscelazione dei biocarburanti nella benzina e nel gasolio del settore dei trasporti[9]. Con modalità successive verranno stabiliti gli incrementi annui per il raggiungimento della quota minima al 2020. A decorrere dall'anno 2014, poi, si potranno utilizzare più biocarburanti prodotti da rifiuti e sottoprodotti.

 

Al fine di sviluppare la filiera e aumentare l’uso dei biocarburanti, in Italia è stato introdotto l’obbligo, per i fornitori di benzina e gasolio (soggetti obbligati), di immettere nel territorio nazionale (“immissione in consumo”) una quota minima di biocarburanti ogni anno. La quota di biocarburanti da immettere in consumo è calcolata sulla base del potere calorifico totale di benzina e gasolio forniti nell’anno precedente. L’attuale quota di immissione in consumo è pari al 4,5%[10]: ciò significa che nel 2013 i fornitori di benzina e gasolio devono immettere in consumo una quantità di biocarburanti avente un potere calorifico pari al 4,5% dell’energia contenuta nella benzina e nel gasolio venduti nel 2012. Ai sensi del D.Lgs. 28/2011, nella versione previgente al DL 145/2013, tale quota deve aumentare fino a raggiungere il 5 % entro il 2014. La norma in esame, come si è detto, proroga di un anno il periodo entro il quale occorre raggiungere la quota del 5%.  Inoltre, anziché prendere come parametro di riferimento il potere calorifico totale di benzina e gasolio forniti nell’anno precedente, la norma in esame sposta il calcolo sullo stesso anno solare, a decorrere dal 2015.

 

In particolare, la norma interviene sul D.Lgs. 28/2011[11] per

·      spostare dal 2014 al 2015 il termine entro il quale conseguire la quota minima del 5% di carburanti liquidi o gassosi per i trasporti ricavati dalla biomassa che i soggetti che immettono in consumo benzina e gasolio, prodotti a partire da fonti primarie non rinnovabili e destinati ad essere impiegati per autotrazione, hanno l'obbligo di immettere in consumo nel territorio nazionale, calcolata sulla base del tenore energetico;

·      prevedere che, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, siano stabiliti gli incrementi annui per il raggiungimento della quota minima al 2020.

 

Si dispone inoltre che, a decorrere dal 1° gennaio 2015, la predetta quota minima sia determinata in una quota percentuale di tutto il carburante, benzina e gasolio, immesso in consumo nello stesso anno solare, calcolata sulla base del tenore energetico.

La normativa attuale (articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2) la quota minima è determinata sulla base di tutto il carburante, benzina e gasolio, immesso in consumo nell'anno solare precedente, calcolata sulla base del tenore energetico. Dal momento che questo sistema determina grandi difficoltà per gli operatori, soprattutto di dimensioni minori, poiché i volumi esitati variano sensibilmente di anno in anno, il Governo ha ritenuto di utilizzare come anno di riferimento per il calcolo dell’obbligo quello in cui l’obbligo sorge.

 

Entro tre mesi, con decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Comitato tecnico consultivo biocarburanti[12], verranno aggiornate le condizioni, i criteri e le modalità di attuazione dell’obbligo.

 

Durante l’esame parlamentare, al fine di eliminare il vantaggio dato ai biocarburanti prodotti in UE da materia prima UE, si è anticipato al 31 marzo 2014 il termine attualmente fissato al 31 dicembre 2014, entro il quale il contributo energetico dei biocarburanti diversi da quelli prodotti a partire da rifiuti e sottoprodotti, è maggiorato rispetto al contenuto energetico effettivo qualora siano prodotti in stabilimenti ubicati in Stati dell'Unione europea e utilizzino materia prima proveniente da coltivazioni effettuate nel territorio dei medesimi Stati.

 

Inoltre, viene ampliata la gamma dei residui, qualificati come sottoprodotti, ai fini della possibilità di adempiere all’obbligo di immissione in consumo della predetta quota minima.

Si interviene a tal fine sul comma 5-ter dell’articolo 33 del D.Lgs. 28/2011, che elenca i residui che, limitatamente alla categoria dei sottoprodotti, hanno accesso alla maggiorazione secondo la quale i biocarburanti prodotti a partire da essi contribuiscono, al fine dell’assolvimento dell’obbligo, per una quantità pari a due volte l'immissione in consumo di altri biocarburanti. Tale elenco viene modificato per eliminare alcune limitazioni sull’uso di materie prime da utilizzare nella produzione dei biocarburanti che attenevano soprattutto alla provenienza di alcune tipologie di residui dagli stabilimenti di produzione del biodisel, e per prevedere anche l’estensione dell’utilizzo dei grassi animali di categoria 2.

 

I materiali di categoria 2 comprendono i seguenti sottoprodotti di origine animale:

·     lo stallatico e il contenuto del tubo digerente;

·     tutti i materiali di origine animale diversi da quelli appartenenti alla categoria 1 e raccolti nell'ambito del trattamento delle acque reflue dei macelli;

·     i prodotti di origine animale contenenti residui di farmaci veterinari e di agenti contaminanti se in concentrazione eccedente i limiti comunitari;

·     i prodotti di origine animale diversi dai materiali di categoria 1 che sono importati da paesi terzi e non risultano conformi ai requisiti veterinari comunitari;

·     gli animali che non rientrano nella categoria 1 e che non siano stati macellati per il consumo umano;

·     le miscele di materiali di categoria 2 e 3.

 

Infine, viene elevata al 40%, a decorrere dal 2014, la soglia massima di utilizzo di materia prima rifiuti e sottoprodotti. In questo modo si intende incentivare l’impiego di tale materia prima, che non è in concorrenza con le materie prime utilizzate per la produzione di prodotti alimentari per l’uomo e per gli animali.

Si ricorda che il 5-quinquies dell’articolo 33 del D.Lgs. 28/2011 prevedeva che, a decorrere dal 2013, i soggetti obbligati possono adempiere al proprio obbligo annuale complessivo di immissione in consumo di biocarburanti nella misura massima del 20% con certificati di immissione in consumo di biocarburanti che sono stati prodotti a partire da rifiuti e sottoprodotti.

Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Comitato tecnico consultivo biocarburanti, si provvede ad aggiornare il valore di tale soglia massima.

 

Durante l’esame parlamentare:

·      al fine di eliminare il limite di utilizzo di assolvimento dell’obbligo di miscelazione con biocarburanti a valore doppio, è stato abrogato il comma 5-quinquies dell’articolo 33 del D.Lgs. 28/2011[13] che prevede che, a decorrere dal 2014, i soggetti obbligati possono adempiere al proprio obbligo annuale complessivo di immissione in consumo di biocarburanti nella misura massima del 40% con certificati di immissione in consumo di biocarburanti che sono stati prodotti a partire da rifiuti e sottoprodotti. Conseguentemente, sono stati eliminati i riferimenti al comma 5-quinquies contenuti nel comma precedente;

·      al fine di eliminare la discriminazione tra rifiuti e sottoprodotti UE e non UE e la limitazione del doppio conteggio a quei sottoprodotti e rifiuti che non abbiano altra utilità commerciale, sono stati soppressi i requisiti in base al quali, ai fini del contributo dei biocarburanti, rifiuti e sottoprodotti devono essere entrambi prodotti e trasformati in biocarburanti nel territorio Comunitario, e non devono presentare altra utilità produttiva o commerciale al di fuori del loro impiego per la produzione di carburanti o a fini energetici (articolo 33, comma 5, D.Lgs. 28/2011);

·      al fine di eliminare l’autorizzazione all’import di biocarburanti, sono stati abrogati i commi 4, 5 e 6 del D.L. 83/2012 che hanno introdotto tale obbligo per i biocarburanti prodotti in Paesi non appartenenti all'Unione Europea.


 

Articolo 1, commi 16 e 16-quater
(Gare per la distribuzione del gas)

 


16. All'articolo 15, comma 5, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, le parole: “, con i criteri di cui alle lettere a) e b) dell'articolo 24 del Regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578” sono sostituite dalle seguenti: “nonché per gli aspetti non disciplinati dalle medesime convenzioni o contratti, in base alle linee guida su criteri e modalità operative per la valutazione del valore di rimborso di cui all'articolo 4, comma 6, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98. In ogni caso, dal rimborso di cui al presente comma sono detratti i contributi privati relativi ai cespiti di località, valutati secondo la metodologia della regolazione tariffaria vigente. Qualora il valore di rimborso risulti maggiore del 10 per cento del valore delle immobilizzazioni nette di località calcolate nella regolazione tariffaria, al netto dei contributi pubblici in conto capitale e dei contributi privati relativi ai cespiti di località, l'ente locale concedente trasmette le relative valutazioni di dettaglio del valore di rimborso all'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico per la verifica prima della pubblicazione del bando di gara. La stazione appaltante tiene conto delle eventuali osservazioni dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico ai fini della determinazione del valore di rimborso da inserire nel bando di gara. I termini di scadenza previsti dal comma 3 dell'articolo 4 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, sono prorogati di ulteriori quattro mesi. Le date limite di cui all'allegato 1 al regolamento di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 12 novembre 2011, n. 226, relative agli ambiti ricadenti nel terzo raggruppamento dello stesso allegato 1, nonché i rispettivi termini di cui all'articolo 3 del medesimo regolamento, sono prorogati di quattro mesi”.

16-quater. Al fine di dare impulso all'indizione delle gare d'ambito per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale previste dal regolamento di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 12 novembre 2011, n. 226, i gestori uscenti anticipano alla stazione appaltante l'importo equivalente al corrispettivo una tantum per la copertura degli oneri di gara, come riconosciuto dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas con le delibere n. 407/2012/R/gas dell'11 ottobre 2012 e 230/2013/R/gas del 30 maggio 2013. Nel caso di due o più gestori, l'anticipazione è proporzionale ai punti di riconsegna serviti nei comuni dell'ambito territoriale di riferimento, come risultanti dai dati di riferimento per la formazione degli ambiti, pubblicati nel sito internet del Ministero dello sviluppo economico. La corresponsione dell'importo è effettuata a titolo di anticipo alla stazione appaltante di cui all'articolo 2 del citato regolamento di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico n. 226 del 2011 ed è rimborsata, comprensiva di interessi, dal concessionario subentrante all'atto dell'avvenuta aggiudicazione del servizio, con modalità definite dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas.


 

 

Il comma 16, modificato nel corso dell’esame parlamentare, interviene sulle norme che regolano le gare di ambito per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas, e in particolare sul calcolo del valore di riscatto che il distributore subentrante deve versare al gestore uscente.

 

Il testo originario del DL 145/2013, per il calcolo del valore di rimborso rinviava all’articolo 14, comma 8, del D.Lgs. 164/2000, e dunque al valore delle immobilizzazioni nette (ossia il RAB, acronimo di Regulatory Asset Base), al netto dei contributi pubblici in conto capitale e dei contributi privati relativi ai cespiti di località.

 

Il comma 16, come modificato durante l’esame parlamentare, per il calcolo del valore di rimborso rinvia (per gli aspetti non disciplinati dalle convenzioni o dai contratti rinvia) alle linee guida che il MiSE può predisporre, ai sensi dell’articolo 4, comma 6, del D.L. 69/2013. In ogni caso, dal rimborso sono detratti i contributi privati relativi ai cespiti di località (quali i contributi pagati dai privati per i loro allacciamenti alla rete di distribuzione).

 

A tal fine, viene modificato l’articolo 15, comma 5, del D.Lgs. 164/2000[14], che rinviava, per il calcolo del rimborso dovuto dal nuovo gestore ai titolari degli affidamenti e delle concessioni in essere, al regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578[15].

L’articolo 24 del citato R.D. prevede, alle lettere a) e b), che per determinare il valore di riscatto si tenga conto dei seguenti termini[16]:

a) valore industriale dell'impianto e del relativo materiale mobile ed immobile, tenuto conto del tempo trascorso dall'effettivo cominciamento dell'esercizio e dagli eventuali ripristini avvenuti nell'impianto o nel materiale ed inoltre considerate le clausole che nel contratto di concessione siano contenute circa la proprietà di detto materiale, allo spirare della concessione medesima. Tale valore, ai sensi dell’articolo 13 del D.P.R. 902/1986, è determinato sulla base dello stato di consistenza e del costo che dovrebbe essere sostenuto per la ricostituzione dell'impianto stesso, deducendo dall'importo risultante il valore del degrado fisico degli impianti e il valore degli impianti divenuti obsoleti, al netto dell'eventuale valore di recupero, nonché i costi per la trasformazione degli impianti onde adeguarli alle esigenze del processo produttivo.

b) anticipazioni o sussidi dati dai comuni, nonché importo delle tasse proporzionali di registro anticipate dai concessionari e premi eventualmente pagati ai comuni concedenti.

 

 

Inoltre, si prevede che, qualora il valore di rimborso risulti maggiore del 10% del valore delle immobilizzazioni nette di località calcolate nella regolazione tariffaria, al netto dei contributi pubblici in conto capitale e dei contributi privati relativi ai cespiti di località, l’ente locale concedente trasmetta le relative valutazioni di dettaglio del valore di rimborso all’AEEG per la verifica prima della pubblicazione del bando di gara. La stazione appaltante deve tenere conto delle eventuali osservazioni dell’AEEG ai fini della determinazione del valore di rimborso da inserire nel bando di gara.

Vengono infine prorogate le date limite entro cui la Provincia, in assenza del Comune capoluogo di provincia, convoca i Comuni dell’ambito per la scelta della stazione appaltante e da cui decorre il tempo per un eventuale intervento della Regione (allegato 1 del DM 226/2011, cd. regolamento “criteri”) per alcuni ambiti territoriali:

·      per quelli ricadenti nel primo e secondo raggruppamento, le date limite che sono scadute o che verrebbero a scadere entro il mese di ottobre 2013, già prorogate di 4 mesi dal comma 3 dell’articolo 4 del decreto-legge n. 69/2013, sono prorogate di ulteriori quattro mesi.

·      per quelli ricadenti nel terzo raggruppamento, la proroga è di 4 mesi.

 

Il comma 16-quater, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, al fine di dare impulso all’indizione delle gare d’ambito per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale, dispone che i gestori uscenti anticipino alla Stazione appaltante l’importo equivalente al corrispettivo una tantum per la copertura degli oneri di gara. Nel caso di due o più gestori, tale anticipazione è proporzionale ai punti di riconsegna serviti nei comuni nell’ambito territoriale di riferimento. Tale anticipazione verrà rimborsata, comprensiva di interessi, dal concessionario subentrante all’atto dell’avvenuta aggiudicazione del servizio, con modalità definite dall’Autorità di settore.


 

Articolo 1, commi 16-bis e ter
(Stoccaggi e importazioni di gas naturale)

 


16-bis. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, i soggetti investitori indicati all'articolo 5, comma 1, lettera b), numeri 1) e 3), del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 130, confermano al Ministero dello sviluppo economico la loro volontà di mantenere la partecipazione nello sviluppo delle nuove capacità di stoccaggio, ancora da realizzare da parte dei soggetti di cui all'articolo 5 dello stesso decreto. La procedura di cui al medesimo articolo 5, comma 1, lettera b), numero 2), è indetta entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e il prezzo a base d'asta è determinato dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas in misura pari al costo medio di realizzazione e gestione delle infrastrutture di stoccaggio. Il soggetto di cui allo stesso articolo 5, comma 1, è tenuto a realizzare unicamente la capacità di stoccaggio derivante dai quantitativi confermati o richiesti ai sensi del presente comma, fermo restando che da tale obbligo non devono derivare oneri per il sistema del gas naturale. L'attestazione della quota di mercato all'ingrosso di cui all'articolo 3, comma 1, del citato decreto legislativo n. 130 del 2010 è effettuata qualora il suo valore superi il 10 per cento. Con i decreti del Ministero dello sviluppo economico di cui all'articolo 14 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e successive modificazioni, può essere indicata la parte di spazio di stoccaggio di gas naturale da allocare per periodi superiori a un anno. All'articolo 34, comma 19, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, dopo le parole: “dalla legge 29 novembre 2007, n. 222,” sono inserite le seguenti: “di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164,”.

16-ter. Il comma 2 dell'articolo 11 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, è sostituito dal seguente:

“2. Ciascun soggetto che immette gas naturale nella rete nazionale di gasdotti e la cui quota di mercato all'ingrosso, calcolata ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 130, supera il valore del 10 per cento, è soggetto, a decorrere dal 1° gennaio 2014 e per un periodo di tre anni, all'obbligo di offerta di vendita, nel mercato a termine del gas naturale gestito dal Gestore dei mercati energetici, di un volume di gas naturale corrispondente al 5 per cento del totale annuo immesso dal medesimo soggetto nei punti di entrata della rete nazionale di trasporto connessi con gasdotti provenienti da altri Stati o da terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto (GNL), con contestuale offerta di acquisto sul medesimo mercato per un pari quantitativo, con una differenza tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto offerti non superiore a un valore definito con decreto del Ministro dello sviluppo economico, su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, la quale definisce altresì le modalità per l'adempimento del suddetto obbligo. Il Gestore dei mercati energetici trasmette i relativi dati all'Autorità garante della concorrenza e del mercato”.


 

 

I commi 16-bis e ter, introdotti nel corso dell’esame parlamentare, contengono disposizioni in merito agli stoccaggi di gas e alle importazioni.

 

 

Il comma 16-bis riguarda lo stoccaggio del gas naturale:

·      viene richiesta ai soggetti investitori di cui al D.Lgs. 130/2010, articolo 5, comma 1, lettera b), punti 1 e 3 (aggregazioni di clienti finali corrispondenti a PMI e alcuni clienti finali industriali) la conferma della loro volontà di mantenere la partecipazione nello sviluppo delle nuove capacità di stoccaggio, ancora da realizzare da parte del soggetto che se ne è assunto l’impegno. La conferma deve essere data entro 60 giorni al MiSE;

·      la procedura di asta competitiva con cui è offerto ai soggetti produttori di energia elettrica limitatamente ai loro impianti alimentati unicamente a gas naturale lo spazio di stoccaggio di 1 miliardo di metri cubi (ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera b), punto 2) del D.Lgs. 130/2010) è indetta entro 60 giorni, con prezzo a base d’asta determinato dall’AEEG in misura pari al costo medio di realizzazione e gestione delle infrastrutture di stoccaggio;

·      il soggetto che (ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del D.Lgs. 130/2010) ha assunto l’impegno vincolante a sviluppare nuove infrastrutture di stoccaggio di gas naturale o a potenziare quelle esistenti, è peraltro tenuto a realizzare unicamente la capacità di stoccaggio derivante dai quantitativi confermati o richiesti, fermo restando che da tale obbligo non devono derivare oneri per il sistema del gas naturale;

·      viene limitata la necessità dell’attestazione della quota di mercato all'ingrosso relativa ad attività ed operazioni aventi ad oggetto gas naturale richiesta a ciascun soggetto che immette gas naturale nella rete nazionale di gasdotti dall'articolo 3, comma 1, del D.Lgs. 130/2010 ai soli casi in cui il valore superi il 10%;

·      con i decreti di assegnazione delle capacità di stoccaggio (di cui all’articolo 14 del D.L. 1/2012) il Ministero dello sviluppo economico può indicare la parte di spazio di stoccaggio di gas naturale da allocare per periodi superiori ad un anno;

·      vengono inserite le concessioni di stoccaggio di gas naturale (articolo 11 del D.Lgs. 164/2000) tra le infrastrutture che continuano ad essere esercite fino al completamento delle procedure autorizzative in corso previste sulla base dell'originario titolo abilitativo, la cui scadenza deve intendersi a tal fine automaticamente prorogata fino all'anzidetto completamento (articolo 34, comma 19, del D.L. 179/2012).

 

Si segnala che con il comunicato del 24 marzo 2014, il Ministero dello sviluppo economico ha fornito chiarimenti sulla dichiarazione dei soggetti investitori. La Direzione generale per la sicurezza dell’approvvigionamento e le infrastrutture energetiche del Ministero ha precisato che la dichiarazione in oggetto deve essere effettuata dai soli soggetti investitori di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b), punti 1 e 3, del decreto legislativo 13 agosto 2010, n.130, già assegnatari di capacità di stoccaggio di gas naturale ai sensi dell’articolo 5 della medesima norma, che intendono mantenere la loro partecipazione nello sviluppo delle ulteriori capacità fisiche di stoccaggio ancora da realizzare (complessivamente 362 milioni di Smc), entro e non oltre il 22 aprile 2014.

Conseguentemente, i soggetti investitori che invece non intendono più mantenere la loro partecipazione nello sviluppo delle nuove capacità di stoccaggio ancora da realizzare non dovranno fare alcuna comunicazione. Questi ultimi soggetti continueranno a disporre unicamente della capacità di stoccaggio già sviluppata sino al giorno precedente all’entrata in vigore della legge di conversione del decreto, ovvero al 21 febbraio 2014, per un totale di 2.638 milioni di Smc. Detto valore sarà fisicamente disponibile a partire dal 1° aprile 2014.

 

Il comma 16-ter sostituisce l'obbligo di offerta presso il mercato regolamentato delle capacità di una quota del gas importato (previsto dall’articolo 11, comma 2, del D.L. 7/2007) con un differente obbligo posto in capo a ciascun soggetto che immette gas naturale nella rete nazionale dei gasdotti con una quota di mercato all’ingrosso superiore al 10%, a decorrere dal 1° gennaio 2014 per un periodo di tre anni. L’obbligo introdotto dalla proposta emendativa in esame impone di effettuare contestualmente nel Mercato a termine del gas naturale un’offerta di vendita e un’offerta di acquisto di un volume di gas naturale pari al 5% del totale annuo immesso dal soggetto nei punti di entrata della rete nazionale di trasporto connessi con gasdotti provenienti da altri Stati o da terminali di rigassificazione di GNL. La differenza tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto offerti non deve essere superiore ad un valore definito con decreto del Ministro dello sviluppo economico, su proposta dell’AEEG, che definisce anche le modalità per l’adempimento dell’obbligo. Il GME trasmette i relativi dati all’Antitrust.

 


 

Articolo 2, comma 1 e 1bis
(Riforma della disciplina degli incentivi all’autoimprenditorialità)

 


1. Al decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) prima dell'articolo 1, sono inserite le seguenti parole: «Capo 0I, Misure in favore della nuova imprenditorialità nei settori della produzione dei beni e dell'erogazione dei servizi»;

b) gli articoli da 1 a 4 sono sostituiti dai seguenti:

«Art. 1.

Principi generali

1. Le disposizioni del presente Capo sono dirette a sostenere in tutto il territorio nazionale la creazione di micro e piccole imprese a prevalente o totale partecipazione giovanile o femminile e a sostenerne lo sviluppo attraverso migliori condizioni per l'accesso al credito.

Art. 2.

Benefici

1. Ai soggetti ammessi alle agevolazioni di cui al presente Capo sono concedibili mutui agevolati per gli investimenti, a un tasso pari a zero, della durata massima di 8 anni e di importo non superiore al 75 per cento della spesa ammissibile, ai sensi e nei limiti del regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione del 15 dicembre 2006 relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti d'importanza minore ("de minimis") e delle eventuali successive disposizioni comunitarie applicabili modificative del predetto regolamento.

2. I mutui di cui al comma 1 possono essere assistiti dalle garanzie previste dal codice civile e da privilegio speciale, acquisibili nell'ambito degli investimenti da realizzare.

Art. 3.

Soggetti beneficiari

1. Possono beneficiare delle agevolazioni di cui al presente Capo le imprese:

a) costituite da non più di dodici mesi alla data di presentazione della domanda di agevolazione;

b) di micro e piccola dimensione, secondo la classificazione contenuta nell'Allegato I al regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione del 6 agosto 2008;

c) costituite in forma societaria;

d) in cui la compagine societaria sia composta, per oltre la metà numerica dei soci e di quote partecipazione, da soggetti di età compresa tra i 18 ed i 35 anni ovvero da donne.

Art. 4.

Progetti finanziabili

1. Possono essere finanziate, secondo i criteri e le modalità stabiliti con il decreto di cui all'articolo 24 e fatti salvi le esclusioni e i limiti previsti dal regolamento e dalle relative disposizioni modificative di cui all'articolo 2, comma 1, le iniziative che prevedano investimenti non superiori a 1.500.000 euro, relative alla produzione di beni nei settori dell'industria, dell'artigianato, della trasformazione dei prodotti agricoli ovvero all'erogazione di servizi in qualsiasi settore, incluse le iniziative nel commercio e nel turismo, nonché le iniziative relative agli ulteriori settori di particolare rilevanza per lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile individuati con il predetto decreto.

Art. 4-bis.

Risorse finanziarie disponibili

1. La concessione delle agevolazioni di cui al presente Capo è disposta a valere sulle disponibilità del Fondo rotativo previsto dall'articolo 4 del decreto 30 novembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 14 del 19 gennaio 2005, del Ministro dell'economia e delle finanze, derivanti dai rientri dei mutui concessi ai sensi del presente decreto. Le predette disponibilità possono essere incrementate da eventuali ulteriori risorse derivanti dalla programmazione nazionale e comunitaria.»;

c) sono abrogati i Capi I, II e IV del Titolo I;

d) all'articolo 9, sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al comma 1, le parole: «di cui all'articolo 3» sono sostituite dalle seguenti: «di cui al presente Capo»;

2) al comma 2 e al comma 3, le parole: «di cui all'articolo 2», sono sostituite, ovunque ricorrano, dalle seguenti: «di cui al comma 01»;

3) dopo il comma 3, è aggiunto il seguente:

«3-bis. Le agevolazioni concedibili ai sensi del presente Capo possono assumere la forma di contributi a fondo perduto e di mutui a tasso agevolato.»;

e) all'articolo 23, comma 1, prima delle parole: «Alla società Sviluppo Italia S.p.a.», sono inserite le seguenti: «Fatto salvo quanto previsto dal comma 4-ter del presente articolo»;

f) al comma 2 dell'articolo 23 dopo le parole: «della programmazione economica» sono inserite le seguenti: «relativamente al Titolo II del presente decreto e con il Ministero dello sviluppo economico, sentito il Ministro della coesione territoriale e il Ministro dell'economia e delle finanze, relativamente al Titolo I del presente decreto»;

g) all'articolo 23, dopo il comma 4-bis, è aggiunto il seguente:

«4-ter. Per l'attuazione degli interventi di cui al Titolo I, Capo III si applica il decreto 28 dicembre 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 5 dell'8 gennaio 2007, del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, e successive modificazioni.»;

h) all'articolo 24, il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, relativamente alle disposizioni di cui al Capo 0I del Titolo I, nonché il Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, relativamente alle disposizioni di cui al titolo II, fissano con uno o più regolamenti, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, criteri e modalità di concessione delle agevolazioni previste nel presente decreto. Per gli interventi di cui al Capo III del Titolo I, il predetto regolamento è emanato, entro i medesimi termini, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.».

1-bis. Per gli interventi in favore delle imprese femminili, una quota pari a 20 milioni di euro a valere sul Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, è destinata alla Sezione speciale “Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le pari opportunità” istituita presso il medesimo Fondo.


 

 

L’articolo 2, comma 1, riforma la disciplina degli incentivi all’autoimprenditorialità (di cui al Titolo I del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185) con misure volte prevalentemente a sostenere la creazione e lo sviluppo, attraverso migliori condizioni di accesso al credito, di piccole imprese possedute in prevalenza da giovani e da donne. Le disposizioni introdotte vanno a modificare significativamente la disciplina vigente. All’interno del Titolo I del D.Lgs. 185/2000 (interamente dedicato all’autoimprenditorialità) è infatti inserito un nuovo Capo, intitolato alle misure in favore della nuova imprenditorialità nei settori della produzione e dei servizi (una modifica introdotta nel corso dell’esame parlamentare vi ha aggiunto anche la specificazione per cui quella dei servizi è un'erogazione). Sono conseguentemente abrogati i Capi I, II e IV del suddetto Titolo I recanti misure in favore della nuova imprenditorialità nei settori della produzione dei beni e dei servizi alle imprese; misure in favore della nuova imprenditorialità nel settore dei servizi; misure in favore delle cooperative sociali.

Gli incentivi sono ora applicabili in tutto il territorio nazionale: viene infatti soppressa la disposizione che ne limitava l’applicazione alle aree svantaggiate del Paese (nuovo articolo 1 inserito nel D.Lgs. 185/2000)[17]. Per quanto riguarda i benefici[18], essi consistono nella concessione di mutui agevolati per gli investimenti, a tasso zero, per una durata massima di otto anni e per un importo non superiore al 75 per cento della spesa ammissibile ai sensi della normativa comunitaria (nuovo articolo 2 inserito nel D.Lgs. 185/2000). Rispetto alla disciplina previgente, la principale novità consiste nella soppressione dei contributi a fondo perduto. Scompare inoltre dalla tipologia di benefici concedibili il riferimento all’assistenza tecnica in fase di realizzazione degli investimenti e all’attività di formazione funzionale alla realizzazione del progetto. È invece esplicitato - nella disposizione introdotta dall’articolo in esame - che l’ammissibilità degli incentivi deve essere valutata nei sensi e nei limiti del Regolamento CE 1998/2006, in materia di aiuti di stato di importanza minore (c.d."de minimis") nonché di eventuali modifiche successive al regolamento stesso. Tali modifiche sono peraltro intervenute con l’approvazione del nuovo Regolamento n. 1407/2013/UE del 18 dicembre 2013, con effetto dal 1° gennaio 2014[19].

I soggetti che possono accedere ai benefici (ai sensi del nuovo articolo 3 inserito nel D.Lgs. 185 del 2000) devono possedere una serie di requisiti. Il primo è quello della novità dell’impresa: deve trattarsi di imprese costituite da non più di dodici mesi alla data di presentazione della domanda di agevolazione (una modifica inserita nel corso dell’esame parlamentare ha elevato questo requisito, rispetto ai sei mesi previsti dal testo originario del decreto-legge). Il secondo requisito attiene alla dimensione dell’impresa: deve trattarsi di imprese di micro e piccola dimensione secondo la classificazione comunitaria, ossia un'impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo e/o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro (piccola impresa) oppure un'impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo e/o un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro (microimpresa)[20]. Restano fermi i requisiti della costituzione in forma societaria e quello per cui la compagine societaria sia costituita, per oltre la metà numerica di soci e quote, da soggetti in età compresa tra 18 e 35 anni. Tra gli elementi di novità rispetto alla disciplina previgente vi è l’estensione dei benefici all’imprenditoria femminile. Scompare inoltre il riferimento alle cooperative di produzione e lavoro; tra i beneficiari delle agevolazioni non sono più comprese le cooperative sociali[21].

Sono finanziabili (ai sensi del nuovo articolo 4 del D.Lgs. 185/2000) le iniziative che prevedono investimenti non superiori a 1.500.000 euro, relativi alla produzione di beni nei settori dell’industria, dell’artigianato, della trasformazione dei prodotti agricoli ovvero alla fornitura di servizi alle imprese, nonché iniziative relative ad ulteriori settori individuati dal decreto di attuazione[22]. Nel corso dell’esame parlamentare è stato ampliato l’ambito di applicazione degli incentivi all’autoimprenditorialità (introducendo tra i progetti finanziabili le iniziative nel commercio e nel turismo) e, dall'altro lato, ha soppresso la clausola di invarianza finanziaria, che era nel testo novellato dal decreto-legge nella versione originaria.

Per adeguare la disciplina attuativa delle misure alle nuove previsioni introdotte, sono infine apportate modifiche al titolo III del decreto legislativo n. 185 del 2000, recante «Disposizioni comuni transitorie e finali». In particolare sono oggetto di coordinamento le disposizioni relative alle agevolazioni per le imprese agricole, che non sono coinvolte nella riforma introdotta dal decreto legge in esame. Le disposizioni attuative delle nuove norme sull’autoimprenditorialità sono rimesse ad uno o più regolamenti adottati con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. L’articolo 24 del D.Lgs. 185/2000 già prevedeva che il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale - e, relativamente alle disposizioni di cui al titolo I, capo III, anche con il Ministro delle politiche agricole e forestali - fissasse, con uno o più regolamenti, criteri e modalità di concessione delle agevolazioni previste dal decreto medesimo. Il regolamento era stato emanato con D.M. 16 luglio 2004, n. 250 e, nell'ambito della possibilità conferita dalla novella, una modifica introdotta nel corso dell’esame parlamentare ha ridotto da 90 a 60 giorni il termine per la sua nuova emanazione.

Nel corso dell’esame parlamentare è stato inoltre introdotto un comma 1-bis per destinare agli interventi a favore delle imprese femminili una quota pari a 20 milioni di euro a valere sul Fondo di garanzia PMI alla Sezione speciale “Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le pari opportunità” istituita presso il medesimo Fondo.

Si rammenta che, per quanto riguarda la copertura finanziaria, l'autoimprenditorialità grava sulle disponibilità del Fondo rotativo previsto dall'articolo 4 del decreto 30 novembre 2004 che definiva i criteri e le modalità di concessione da parte di Sviluppo Italia S.p.a. degli incentivi a favore dell'autoimprenditorialità e dell'autoimpiego. Si tratta di un fondo rotativo depositato su un apposito conto corrente infruttifero intestato a Sviluppo Italia presso la Tesoreria centrale dello Stato. Le predette disponibilità possono essere incrementate da eventuali ulteriori risorse derivanti dalla programmazione nazionale e comunitaria.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE

(estratto dal Dossier del Servizio studi della Camera - parte a cura dell'Ufficio rapporti con l’Unione Europea della Camera)

 

Si segnala che dal 1° gennaio 2014 è in vigore il nuovo regolamento relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis» (regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione del 18dicembre 2013), che sostituisce il precedente regolamento 1998/2006.

La riforma, che semplifica e chiarisce le regole, è parte dell’iniziativa della Commissione sulla modernizzazione degli aiuti di Stato, volta a ridurre gli oneri amministrativi per le imprese e gli Stati membri.

Con il nuovo regolamento, viene mantenuto il massimale di 200.000 euro per gli aiuti «de minimis» - non soggetti a notifica - che un’impresa unica può ricevere nell’arco di tre anni da uno Stato membro (tale massimale è di 100.000 euro per le imprese che effettuano trasporto di merci su strada per conto terzi).

Tra le modifiche introdotte: le imprese che si trovano in difficoltà finanziarie non sono più escluse dallo scopo del regolamento e di conseguenza possono accedere agli aiuti de minimis; è stata semplificata e chiarita la definizione giuridica di impresa; a determinate condizione, è possibile beneficiare - ai sensi del regolamento de minimis - di prestiti assistiti fino ad un milione di euro.

Sempre nel quadro della modernizzazione degli aiuti di Stato, il 18 dicembre 2013 la Commissione ha avviato una consultazione sulla revisione del regolamento generale di esenzione per categoria (regolamento CE n. 800/2008), che dichiara compatibili con il mercato comune gli aiuti agli investimenti e all'occupazione in favore delle PMI e altre forme di aiuto quali gli aiuti alle piccole imprese di nuova costituzione e gli aiuti a piccole imprese di recente costituzione a partecipazione femminile. L’adozione del nuovo regolamento è prevista per luglio 2014.

Il nuovo periodo di programmazione finanziaria dell’UE (2014-2020) prevede per la prima volta un programma (COSME) esclusivamente dedicato al sostegno alle PMI. Tra gli obiettivi il programma inserisce la promozione della cultura imprenditoriale, con particolare riferimento ai giovani imprenditori, ai nuovi e potenziali imprenditori e all'imprenditoria femminile, nonché il miglioramento dell’accesso ai finanziamenti e il sostegno all'internazionalizzazione. Tra gli obiettivi a lungo termine per il 2020 il programma individua l’aumento del 4% all'anno del valore aggiunto lordo delle PMI e la crescita annuale dell'1% del numero di dipendenti delle PMI.

Il 60% del bilancio stimato di COSME, pari a 2,5 miliardi di euro, sarà concentrato su strumenti finanziari per la messa a disposizione di garanzie e di venture capital al fine di incoraggiare i flussi creditizi e gli investimenti nel settore delle PMI. COSME costituirà inoltre un meccanismo di garanzia per i prestiti alle PMI fino a un importo di 150 000 euro, con un'attenzione particolare per le PMI che altrimenti avrebbero difficoltà a ottenere finanziamenti.

 


 

Articolo 2, comma 2
(Aree di crisi industriale complessa)

 


2. All'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «che, a seguito di istanza di riconoscimento della regione interessata» sono sostituite dalle seguenti: «riconosciute dal Ministero dello sviluppo economico anche a seguito di istanza della regione interessata, che», e le parole da: «Non sono oggetto» a: «competenza regionale» sono soppresse;

b) al comma 2, ultimo periodo, la parola: «esclusivamente» è sostituita dalla seguente: «anche»;

c) al comma 5, le parole da: «La concessione di finanziamenti agevolati» fino a: «nell'ambito dei progetti di cui al comma 1» sono sostituite dalle seguenti: «La concessione di agevolazioni per l'incentivazione degli investimenti di cui al decreto-legge 1° aprile 1989, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1989, n. 181, ivi incluse quelle concesse sotto forma di finanziamento agevolato, è applicabile, prioritariamente nell'ambito dei progetti di cui al comma 1, nonché per gli interventi di cui al comma 8-bis,»;

d) dopo il comma 8 è inserito il seguente:

«8-bis. Il Ministro dello sviluppo economico, con decreto di natura non regolamentare, da adottare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente disposizione, disciplina le condizioni e le modalità per l'attuazione degli interventi da effettuare, ai sensi degli articoli 5, 6, e 8 del decreto-legge 1° aprile 1989, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1989, n. 181, come successivamente estesi, nei casi di situazioni di crisi industriali diverse da quelle complesse individuate ai sensi del decreto di cui al comma 8 che presentano, comunque, impatto significativo sullo sviluppo dei territori interessati e sull'occupazione.».


 

 

Il comma 2 introduce una serie di modifiche alla disciplina sulla riconversione e riqualificazione produttiva di aree di crisi industriale complessa (di cui all’art. 27 del D.L. 83/2012). Una prima modifica riguarda l’individuazione delle situazioni di crisi industriale complessa. Ai fini del riconoscimento da parte del Ministro dello sviluppo economico di tali situazioni di crisi, l’istanza della regione interessata è possibile, ma non è più indispensabile.

Ai sensi dell’articolo 27 del D.L. 83/2012, le situazioni di crisi industriali complesse si hanno quando specifici territori siano soggetti a recessione economica e perdita occupazionale e riscontrino:

·      la crisi di una o più imprese di media o grande dimensione con effetti sull’indotto;

·      la crisi di uno specifico settore industriale con elevata specializzazione nel territorio.

Il procedimento ai fini del riconoscimento di tale crisi è caratterizzato da un elemento formale: l'istanza di riconoscimento della regione interessata.

I Progetti debbono promuovere:

·      investimenti produttivi, anche di carattere innovativo;

·      la riqualificazione delle aree interessate;

·      la formazione del capitale umano;

·      la riconversione delle aree industriali dismesse;

·      il recupero ambientale;

·      l’efficientamento energetico;

·      la realizzazione di infrastrutture funzionali agli interventi.

Sotto il profilo del finanziamento sono previsti:

·      il cofinanziamento regionale;

·      l’utilizzo di tutti i regimi d’aiuto per cui ricorrano i presupposti;

·      il contributo in conto interessi di cui all’articolo 7 del decreto-legge 120/1989, che viene reso applicabile a tutto il territorio nazionale;

·      il Fondo per la crescita sostenibile.

È inoltre soppressa la disposizione che escludeva dall’ambito di intervento della disciplina sulla riqualificazione produttiva di aree di crisi industriale complessa, le situazioni di crisi che risultano risolvibili con risorse e strumenti di competenza regionale. Pertanto, in conseguenza di tale modifica, anche in relazione a tali situazioni potrà intervenire il riconoscimento ministeriale.

Un’ulteriore modifica estende il regime di finanziamenti agevolati, collegato al Piano di promozione industriale (di cui agli articoli 5, 6, e 8 del D.L. n. 120/1989), alle aree o distretti del Paese interessati da fenomeni di crisi industriale, diverse da quelle complesse, ma con impatto significativo sullo sviluppo dei territori e sull'occupazione. La concessione delle agevolazioni, pur restando destinata in via prioritaria ai progetti di riconversione e riqualificazione nei casi di situazioni di crisi industriali complesse, può dunque estendersi ad altre situazioni, la cui individuazione è rimessa ad un decreto, di natura non regolamentare, del Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto legge, sentita la conferenza Stato-regioni. Il medesimo decreto dovrà stabilire altresì le condizioni e le modalità per l’attuazione degli interventi da effettuare.

Si ricorda che l’articolo 27 prevede inoltre che il Piano di promozione industriale di cui agli articoli 5, 6, e 8 del citato decreto-legge 120/1989, venga applicato esclusivamente per i progetti di riconversione e riqualificazione industriale. Il citato decreto legge n. 120 ha disposto misure di sostegno e di reindustrializzazione per le aree di crisi siderurgica, in attuazione del piano di risanamento della siderurgia e, in particolare, con gli articoli 5 e 8, ha affidato alla SPI (Società per la promozione e lo sviluppo industriale, confluita nel 2000 in Sviluppo Italia e quindi nell'Agenzia succedutale) la realizzazione di un Piano di promozione industriale. Tale Piano fu successivamente dichiarato compatibile con il mercato comune dalle competenti sedi comunitarie e con la nota di autorizzazione del 18 settembre 2003 C(2003) 3365 la Commissione europea comunicò altresì di considerare compatibile con il mercato comune l'estensione del sistema agevolativo previsto dalla normativa del 1989 a nuove aree di crisi industriale diverse da quella siderurgica, come previsto dall'art. 73 della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003) e quindi potenzialmente a tutto il territorio nazionale, laddove si verificassero crisi settoriali localizzate. Ulteriori estensioni degli incentivi previsti dal decreto legge n. 120 del 1989, riconducibili all'autorizzazione comunitaria predetta, sono state poi approvate dalle successive leggi finanziarie.

L’articolo 27 prevede inoltre che possano essere attivati accordi di programma al fine dell’adozione dei Progetti in esame, al fine di disciplinare:

·      gli interventi agevolativi;

·      l’attività integrata e coordinata di amministrazioni centrali, regioni, enti locali e dei soggetti pubblici e privati;

·      le modalità di esecuzione degli interventi e la verifica dello stato di attuazione e del rispetto delle condizioni fissate.

Tutte le opere e gli impianti richiamati all’interno dei Progetti sono dichiarati di pubblica utilità, urgenti e indifferibili.

A supporto all’attuazione del progetto, è prevista la costituzione di apposite conferenze di servizi. Il MISE si avvale dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A., quale soggetto responsabile della definizione ed attuazione dei progetti.

Per quanto riguarda le modalità di individuazione delle situazioni di crisi industriale complessa, i criteri per la definizione e l'attuazione dei Progetti di riconversione e riqualificazione industriale, nonché le direttive all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa, in attuazione di quanto previsto dal comma 8 dell'art. 27, il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ha emanato il D.M. 31 gennaio 2013.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE

(estratto dal Dossier del Servizio studi della Camera - parte a cura dell'Ufficio rapporti con l’Unione Europea della Camera)

 

Nel quadro della strategia per la "Modernizzazione degli aiuti di Stato dell'UE", prospettata in una comunicazione (COM(2012)209) dell'8 maggio 2012, la Commissione ha preannunciato la revisione degli orientamenti comunitari sugli aiuti per il salvataggio e la ristrutturazione per le imprese in difficoltà, approvati nel 2004.

Nell’ambito della suddetta revisione, si è appena conclusa una consultazione pubblica per acquisire l’opinione dei soggetti interessati su un progetto di modifica degli orientamenti. Gli elementi principali del progetto sono:

·      introduzione di un nuovo concetto di "sostegno temporaneo per la ristrutturazione" per semplificare la concessione di aiuti per la ristrutturazione e, al contempo, ridurre le distorsioni della concorrenza;

·      definizione di nuovi criteri per verificare che l'aiuto sia effettivamente concesso nell'interesse pubblico in ogni singolo caso;

·      introduzione della nozione di "condivisione degli oneri", in base alla quale gli azionisti dell’impresa partecipano in maniera equa ai costi della ristrutturazione;

·      nuova e più precisa definizione di impresa in crisi;

·      Il tema della ristrutturazione e della riconversione delle imprese è stato affrontato dalla Commissione in un apposito Libro verde (COM(2012)7) oggetto di una consultazione svolta ad inizio 2012. Su tali basi il 13 dicembre 2013 la Commissione ha presentato un quadro di riferimento con le migliori pratiche da seguire per favorire questo processo e ridurre l’impatto sociale.

In tale contesto, la Commissione sottolinea il ruolo delle autorità pubbliche nell’incoraggiare una ristrutturazione proattiva e dinamica che, da un lato agevoli il coordinamento tra le imprese e i loro interlocutori esterni, e dall’altro agevoli la riconversione economica e la transizione professionale, evitando disagi sociali e promuovendo nuove competenze e la creazione di nuovi posti di lavoro.


 

Articolo 3
(Credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo)

 


1. A valere sulla proposta nazionale relativa alla prossima programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari, previa verifica della coerenza con le linee di intervento in essa previste ed a seguito dell'approvazione della Commissione europea, ovvero a valere sulla collegata pianificazione degli interventi nazionali finanziati dal Fondo per lo sviluppo e la coesione e dal Fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, è disposta l'istituzione di un credito di imposta a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo, nel limite massimo complessivo di euro 600 milioni per il triennio 2014-2016, le cui modalità operative e la cui decorrenza sono definite, nell'ambito del programma operativo di riferimento o della predetta pianificazione degli interventi a finanziamento nazionale, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ai sensi del comma 12.

2. Il credito d'imposta di cui al comma 1 è riconosciuto, fino ad un importo massimo annuale di euro 2.500.000 per ciascun beneficiario e nel limite complessivo di spesa delle risorse individuate per ciascun anno ai sensi del comma 1, a tutte le imprese aventi un fatturato annuo inferiore a 500 milioni di euro, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano, nonché dal regime contabile adottato, nella misura del 50 per cento degli incrementi annuali di spesa nelle attività di ricerca e sviluppo, registrati in ciascuno dei periodi d'imposta con decorrenza dal periodo di imposta determinato con il decreto di cui al comma 12 e fino alla chiusura del periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2016, a condizione che siano sostenute spese per attività di ricerca e sviluppo almeno pari a euro 50.000 in ciascuno dei suddetti periodi di imposta. Sono destinatari del credito d'imposta di cui al presente articolo anche i consorzi e le reti di impresa che effettuano le attività di ricerca, sviluppo e innovazione. In questi casi, l'agevolazione è ripartita secondo criteri proporzionali, che tengono conto della partecipazione di ciascuna impresa alle spese stesse.

3. Sono ammissibili al credito d'imposta le seguenti attività di ricerca e sviluppo, inclusa la creazione di nuovi brevetti:

a) lavori sperimentali o teorici svolti aventi quale principale finalità l'acquisizione di nuove conoscenze sui fondamenti di fenomeni e di fatti osservabili, senza che siano previste applicazioni o utilizzazioni pratiche dirette;

b) ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti ovvero la creazione di componenti di sistemi complessi, necessaria per la ricerca industriale, ad esclusione dei prototipi di cui alla lettera c);

c) acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati. Può trattarsi anche di altre attività destinate alla definizione concettuale, alla pianificazione e alla documentazione concernenti nuovi prodotti, processi e servizi; tali attività possono comprendere l'elaborazione di progetti, disegni, piani e altra documentazione, purché non siano destinati a uso commerciale; realizzazione di prototipi utilizzabili per scopi commerciali e di progetti pilota destinati a esperimenti tecnologici o commerciali, quando il prototipo è necessariamente il prodotto commerciale finale e il suo costo di fabbricazione è troppo elevato per poterlo usare soltanto a fini di dimostrazione e di convalida. L'eventuale, ulteriore sfruttamento di progetti di dimostrazione o di progetti pilota a scopo commerciale comporta la deduzione dei redditi così generati dai costi ammissibili;

d) produzione e collaudo di prodotti, processi e servizi, a condizione che non siano impiegati o trasformati in vista di applicazioni industriali o per finalità commerciali.

4. Non si considerano attività di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti, ad esclusione delle attività che si concretizzino nella creazione di nuovi brevetti.

5. Ai fini della determinazione del credito d'imposta sono ammissibili le spese relative a:

a) personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo;

b) quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio, nei limiti dell'importo risultante dall'applicazione dei coefficienti stabiliti con decreto del Ministro delle finanze del 31 dicembre 1988, recante coefficienti di ammortamento del costo dei beni materiali strumentali impiegati nell'esercizio di attività commerciali, arti e professioni, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 27 del 2 febbraio 1989, in relazione alla misura e al periodo di utilizzo per l'attività di ricerca e sviluppo e comunque con un costo unitario non inferiore a 2.000 euro al netto di iva;

c) costi della ricerca svolta in collaborazione con le università e gli organismi di ricerca o presso gli stessi, quella contrattuale, le competenze tecniche e i brevetti, acquisiti o ottenuti in licenza da fonti esterne.

6. Il credito d'imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel corso del quale il beneficio è maturato. Esso non concorre alla formazione del reddito, nè della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni.

7. Per fruire del contributo le imprese presentano un'istanza telematica mediante le modalità tecniche predisposte dal Ministero dello sviluppo economico secondo quanto previsto al successivo comma 12.

8. Per la gestione della misura di agevolazione fiscale di cui al presente articolo, il Ministero dello sviluppo economico, potrà avvalersi sulla base di apposita convenzione, di società in house ovvero di società o enti in possesso dei necessari requisiti tecnici, organizzativi e di terzietà scelti, sulla base di un'apposita gara, secondo le modalità e le procedure di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Agli oneri della convenzione si provvede nel limite massimo dell'uno per cento delle risorse di cui al successivo comma 13.

9. Per la verifica della corretta fruizione del credito d'imposta di cui al presente articolo, il Ministero dello sviluppo economico e l'Agenzia delle entrate effettuano controlli nei rispettivi ambiti di competenza secondo le modalità individuate dal decreto di cui al comma 12 del presente articolo.

10. I controlli sono svolti sulla base di apposita documentazione contabile certificata dal soggetto incaricato della revisione legale o dal collegio sindacale o da un professionista iscritto nel registro della revisione legale di cui al decreto legislativo n. 39 del 2010. Tale certificazione va allegata al bilancio. Le imprese non soggette a revisione legale dei conti e prive di un collegio sindacale devono comunque avvalersi della certificazione di un revisore legale dei conti o di una società di revisione legale dei conti iscritti quali attivi nel registro di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39. Il revisore o professionista responsabile della revisione, nell'assunzione dell'incarico, osserva i principi di indipendenza elaborati ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39 e, in attesa della loro emanazione, dal codice etico dell'IFAC. Le spese sostenute per l'attività di certificazione contabile da parte delle imprese di cui al precedente periodo sono ammissibili entro il limite massimo di euro 5.000.

11. Nei confronti del revisore legale dei conti che incorre in colpa grave nell'esecuzione degli atti che gli sono richiesti per il rilascio della certificazione di cui ai commi 8 e 9 si applicano le disposizioni dell'articolo 64 del codice di procedura civile.

12. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la coesione territoriale, sono adottate le disposizioni applicative necessarie, ivi comprese le modalità di iscrizione delle spese in bilancio, le modalità di verifica e controllo dell'effettività delle spese sostenute e della coerenza delle stesse con le previsioni di cui ai precedenti commi 3, 4 e 5, nonché le cause di decadenza e revoca del beneficio, le modalità di restituzione dell'importo di cui l'impresa ha fruito indebitamente e le eventuali relative maggiorazioni. La procedura telematica per usufruire del credito d'imposta prevede una verifica ex ante sulla conformità delle spese di ricerca e sviluppo che le imprese sostengono ed una ex post sull'effettiva entità delle spese sostenute. Qualora le spese effettivamente sostenute risultino inferiori di oltre il 20 per cento rispetto a quelle dichiarate, la misura dell'agevolazione sarà ridotta dal 50 per cento al 40 per cento sempre che permanga la spesa incrementale.

13. Le risorse individuate nell'ambito del Programma Operativo Nazionale di riferimento o della pianificazione nazionale definita per l'attuazione degli interventi di cui al comma 1 per il finanziamento del credito di imposta del presente articolo sono versate all'entrata del bilancio dello Stato e successivamente riassegnate, per le suddette finalità di spesa, ad apposito programma dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. A tal fine, il Ministero dello sviluppo economico comunica al Fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, e al Fondo per lo sviluppo e la coesione, in relazione alle previste necessità per fronteggiare le correlate compensazioni, gli importi comunitari e nazionali riconosciuti a titolo di credito di imposta da versare all'entrata del bilancio dello Stato.


 

 

L’articolo 3 del provvedimento istituisce un credito di imposta a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo, nel limite complessivo di 600 milioni di euro per il triennio 2014-2016, a valere sulla proposta nazionale relativa alla prossima programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari, ovvero a valere sulla collegata pianificazione degli interventi nazionali finanziati dal Fondo per lo sviluppo e la coesione e dal Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie.

In sintesi, la misura prevede un credito d’imposta pari al 50% delle spese incrementali, sostenute dalle imprese con fatturato annuo inferiore a 500 milioni di euro, in ricerca e sviluppo, con un’agevolazione massima di 2,5 milioni di euro per impresa ed una spesa minima di 50.000 euro in ricerca e sviluppo per poter accedere all’agevolazione. Inoltre, la norma definisce le attività di ricerca e sviluppo soggette all’agevolazione e le spese ammissibili.

La fruizione dell’agevolazione avviene tramite piattaforma informatica per consentire la messa in opera di una procedura priva di graduatorie e di eventuali code da parte dei soggetti beneficiari, rendendo disponibile l’ammontare esatto di risorse ancora utilizzabili.

Al fine di evitare dichiarazioni non veritiere in merito all’ammontare effettivo delle spese sostenute è prevista una riduzione della misura di agevolazione concessa in caso di scostamento superiore al 20% tra spese dichiarate e spese sostenute. Qualora il plafond annuale non dovesse essere utilizzato, le relative risorse inutilizzate saranno rese disponibili per l’anno successivo.

 

 

I più recenti interventi fiscali in materia di ricerca e sviluppo

Nel corso delle precedenti legislature alcuni interventi di carattere fiscale hanno incentivato gli investimenti delle imprese in ricerca e sviluppo.

Si ricorda in primo luogo il credito d’imposta in favore delle imprese che hanno sostenuto, nel periodo 2007-2009, costi per l’attività di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo, istituito dalla legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006, articolo 1, commi da 280 a 283). Per ovviare ai problemi di copertura finanziaria sorti in applicazione del beneficio in argomento, l’articolo 29 del D.L. n. 185 del 2008 ha introdotto l’obbligo per i contribuenti di presentare una comunicazione relativa agli investimenti agevolabili per consentire il monitoraggio del credito d’imposta in esame.

Il rifinanziamento della misura per gli anni successivi è avvenuto ad opera dell’articolo 2, comma 236, della legge finanziaria per il 2010 (legge n. 191 del 2009), con 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011 (poi ridotto di 50 milioni per l’anno 2010). Il beneficio era pari al 10% della spesa sostenuta ovvero al 40% della stessa qualora fosse stata riferita a contratti stipulati con università ed enti pubblici di ricerca, non potendo, in ogni caso, superare 50 milioni annui.

Inoltre, l’articolo 1, comma 25 della legge di stabilità 2011 (legge 13 dicembre 2010, n. 220) ha attribuito un credito d’imposta, nel limite di spesa di 100 milioni di euro per l'anno 2011, in favore delle imprese che abbiano affidato attività di ricerca e sviluppo a università o enti pubblici di ricerca.

Tale norma è stata soppressa dall’articolo 1 del D.L. 70/2011, che ha assorbito il predetto credito d’imposta per la ricerca e lo sviluppo, istituendo in sua vece un credito d’imposta, per gli anni 2011 e 2012, in favore delle imprese che finanziano progetti di ricerca in Università o enti pubblici di ricerca, che possono sviluppare i progetti così finanziati anche in associazione, in consorzio, in joint venture ecc. con altre qualificate strutture di ricerca, anche private, di equivalente livello scientifico. L’articolo 2 dello stesso D.L. n. 70 del 2011 ha istituito, inoltre, un credito d’imposta per ogni lavoratore assunto a tempo indeterminato nelle regioni del Mezzogiorno, prorogato dal decreto-legge n. 76 del 2013 al 15 maggio 2015. Si tratta di uno sgravio fiscale del 50% sui costi salariali dei contratti stipulati con personale “svantaggiato” o “molto svantaggiato” nel periodo compreso tra il 14 maggio 2011 e il 13 maggio 2013.

Con il decreto 24 maggio 2012 del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e il Ministro per la coesione territoriale (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 127 del 1° giugno 2012) è stata attuata tale normativa. Le otto regioni interessate dallo stanziamento dei fondi, che ammontano a 142 milioni di euro, sono Abruzzo (4 milioni di euro), Molise (1 milione di euro), Basilicata (2 milioni di euro), Campania (20 milioni di euro), Calabria (20 milioni di euro), Puglia (10 milioni di euro), Sicilia (65 milioni di euro) e Sardegna (20 milioni di euro).

Successivamente l’articolo 24 del D.L. 83 del 2012 ha istituito un contributo, in forma di credito d'imposta, in favore di tutte le imprese che effettuino nuove assunzioni a tempo indeterminato di soggetti con profili "altamente qualificati". Il credito d'imposta è pari al 35% del costo aziendale sostenuto per l'assunzione; l'importo del credito non può superare i 200.000 euro annui (per impresa). In particolare, il credito d’imposta è riservato alle assunzioni relative a dottori di ricerca con titolo conseguito presso una università italiana o estera se riconosciuta equipollente in base alla legislazione vigente in materia o personale in possesso di una laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico, impiegato in attività di ricerca e sviluppo specificatamente descritte dalle norme stesse. E’ prevista una quota di riserva in favore delle assunzioni in oggetto da parte di imprese che abbiano la sede o unità locali nei territori dei comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, interessati dagli eventi sismici dei giorni 20 e 29 maggio 2012.

Da ultimo l’articolo 1, commi da 95 a 97 della legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012) ha istituito un fondo per la concessione di un credito d’imposta per la ricerca e lo sviluppo con particolare riferimento alle piccole e medie imprese, nonché per ridurre il cuneo fiscale. Detto fondo è istituito presso la Presidenza del Consiglio ed è finanziato dalla progressiva riduzione degli stanziamenti di bilancio destinati ai trasferimenti e ai contributi alle imprese. Il credito d’imposta è riservato alle imprese e alle reti d’impresa che affidano progetti di ricerca e sviluppo a università ed enti/organismi di ricerca o che realizzano investimenti nel settore.

 

 

Il comma 1 dell’articolo in esame istituisce credito di imposta a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo, nel limite complessivo di 600 milioni di euro per il triennio 2014-2016.

Le risorse per finanziare il credito d’imposta sono reperite a valere sulla proposta nazionale relativa alla prossima programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari, previa verifica della coerenza con le linee di intervento in essa previste ed a seguito dell’approvazione della Commissione europea, ovvero a valere sulla collegata pianificazione degli interventi nazionali finanziati dal Fondo per lo sviluppo e la coesione e dal Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie (di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183).

Le modalità operative e la decorrenza sono definite, nell'ambito del programma operativo di riferimento o della predetta pianificazione degli interventi a finanziamento nazionale, mediante norme di rango secondario.

 

La disposizione fa riferimento alla “proposta nazionale” in quanto l’Accordo di partenariato, cioè lo strumento previsto dalla proposta di Regolamento della Commissione Europea COM (2011) 615/2, del 14 marzo 2012, per stabilire la strategia - risultati attesi, priorità e metodi di intervento - di impiego dei fondi comunitari per il ciclo di programmazione 2014-2020 e che ciascuno Stato membro dovrà predisporre ed essere approvato dalla Commissione europea, dopo esser stato presentato in forma provvisoria alle autorità comunitarie all’inizio del mese di dicembre 2013 ed esser stato oggetto di osservazioni da parte della Commissione, è stato trasmesso formalmente il 22 aprile 2014. La Commissione ha tempo quattro mesi (cioè fino al 22 agosto) per approvare definitivamente l’Accordo, attraverso l’adozione di una decisione.

Per quanto riguarda la dotazione finanziaria l’Accordo considera oltre 32 miliardi di euro per il periodo 2014-2020 relativamente alla quota comunitaria dei fondi strutturali FSE e FESR, a cui vanno aggiunte altrettante risorse di cofinanziamento nazionale.

Più in dettaglio l’Obiettivo tematico 1 “Rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione” (si ricorda che per il ciclo 2014-2020 i fondi strutturali sono articolati in 11 Obiettivi tematici) reca una destinazione di risorse pari a circa 3,2 miliardi di euro.

Per quanto riguarda il cofinanziamento nazionale di cui alla legge n. 183 del 1987, il Fondo rotativo per l’attuazione delle politiche comunitarie ha una dotazione aggiuntiva per il periodo 2014-2020 fissata dalla legge di stabilità per il 2014 nella misura di 24,5 miliardi di euro; ad essa si aggiunge una quota di cofinanziamento di fonte regionale pa4ri a circa 7,5 miliardi.

Infine la legge di stabilità per il 2014 ha disposto  il rifinanziamento per il periodo 2014-2020 del Fondo Sviluppo e Coesione per un importo complessivo di circa 54 miliardi di euro. Di tali risorse, se ne dispone l’iscrizione in bilancio solo limitatamente alla misura dell’80 per cento (43,8 miliardi); la restante quota del 20 per cento verrà iscritta in bilancio soltanto all’esito di una apposita verifica di metà periodo (da effettuare precedentemente alla predisposizione della legge di stabilità per il 2019, quindi nella primavera-estate 2018) sull’effettivo impiego delle prime risorse assegnate. Il Fondo destinerà l’80% delle risorse per investimenti nelle regioni del Centro-Sud e il 20% nel Centro-Nord. Di tali risorse, tuttavia, la legge di stabilità 2014 ne ha iscritto immediatamente in bilancio 50 milioni per il 2014, 500 milioni per il 2015 e 1 miliardo per il 2016. La restante quota sarà definita dalle singole leggi di stabilità dei prossimi anni.

La assegnazione delle risorse del FSC viene effettuata tramite deliberazione del CIPE.

 

I commi da 2 a 13 ne disciplinano le modalità di attuazione e fruizione.

 

Anzitutto (comma 2) il credito d’imposta è riconosciuto fino ad un importo massimo annuale di euro 2,5 milioni per ciascun beneficiario e già menzionato limite di spesa.

Il credito d’imposta coinvolge tutte le imprese aventi un fatturato annuo inferiore a 500 milioni di euro, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano, nonché dal regime contabile adottato.

Esso spetta nella misura del 50 per cento degli incrementi annuali di spesa nelle attività di ricerca e sviluppo, registrati in ciascuno dei periodi d’imposta, a decorrere dal periodo d’imposta individuato dalle norme secondarie di attuazione (decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la coesione territoriale, ai sensi del successivo comma 12) e fino alla chiusura del periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2016.

Condizione per la fruizione è che nei periodi di imposta di riferimento siano sostenute spese per attività di ricerca e sviluppo almeno pari a 50.000 euro in ciascuno dei periodi di imposta di riferimento.

Le disposizioni specificano che sono destinatari del credito d'imposta anche i consorzi e le reti di impresa che effettuano le attività di ricerca, sviluppo e innovazione. In questi casi, l'agevolazione è ripartita secondo criteri proporzionali, che tengono conto della partecipazione di ciascuna impresa alle spese stesse.

 

Il comma 3 disciplina le attività di ricerca e sviluppo ammissibili all’agevolazione, tra cui viene esplicitamente inclusa la creazione di nuovi brevetti. Esse sono le seguenti quattro tipologie:

a)   lavori sperimentali o teorici svolti aventi quale principale finalità l’acquisizione di nuove conoscenze sui fondamenti di fenomeni e di fatti osservabili, senza che siano previste applicazioni o utilizzazioni pratiche dirette;

b)   ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti ovvero la creazione di componenti di sistemi complessi, necessaria per la ricerca industriale, ad esclusione dei prototipi;

c)   acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati. Può trattarsi anche di altre attività destinate alla definizione concettuale, alla pianificazione e alla documentazione concernenti nuovi prodotti, processi e servizi; tali attività possono comprendere l’elaborazione di progetti, disegni, piani e altra documentazione, purché non siano destinati a uso commerciale; realizzazione di prototipi utilizzabili per scopi commerciali e di progetti pilota destinati a esperimenti tecnologici o commerciali, quando il prototipo è necessariamente il prodotto commerciale finale e il suo costo di fabbricazione è troppo elevato per poterlo usare soltanto a fini di dimostrazione e di convalida. Lo sfruttamento di progetti di dimostrazione o di progetti pilota a scopo commerciale comporta la deduzione dei redditi così generati dai costi ammissibili;

d)   produzione e collaudo di prodotti, processi e servizi, a condizione che non siano impiegati o trasformati in vista di applicazioni industriali o per finalità commerciali.

 

Il disposto del comma 3 sostanzialmente riproduce le attività di cui all’articolo 24, comma 3 del citato D.L. n. 83 del 2012, lettere da a) a c); tuttavia il precedente provvedimento non considerava “attività di ricerca e sviluppo” ammissibile al credito d’imposta quella invece recata alla lettera d) del comma 3 in esame, ovvero la produzione e il collaudo di prodotti, processi e servizi, a condizione che non siano impiegati o trasformati in vista di applicazioni industriali o per finalità commerciali.

 

Il comma 4 reca l’indicazione delle attività non qualificabili come attività di ricerca e sviluppo: si tratta in particolare delle modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti, fatte salve le attività che si concretizzino nella creazione di nuovi brevetti.

 

Il comma 5 reca l’indicazione delle spese ammissibili ai fini della determinazione del credito d’imposta. Si tratta delle spese relative a:

·      personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo;

·      quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio, nei limiti dell’importo risultante dall’applicazione dei coefficienti stabiliti con decreto del Ministro delle finanze del 31 dicembre 1988, che reca i coefficienti di ammortamento del costo dei beni materiali strumentali impiegati nell’esercizio di attività commerciali, arti e professioni in relazione alla misura e al periodo di utilizzo per l’attività di ricerca e sviluppo e comunque con un costo unitario non inferiore a 2.000 euro al netto di IVA;

·      costi della ricerca svolta in collaborazione con le università e gli organismi di ricerca, quella contrattuale, le competenze tecniche e i brevetti, acquisiti o ottenuti in licenza da fonti esterne.

 

Il credito di imposta (comma 6) deve essere indicato nella relativa dichiarazione dei redditi e non concorre alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte sul reddito e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). Il credito d’imposta non rileva, inoltre, ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all’articolo 61 del TUIR, né rispetto ai criteri di inerenza per la deducibilità delle spese, di cui all’articolo 109, comma 5, del medesimo TUIR.

L’articolo 61 del TUIR disciplina la percentuale di deducibilità degli interessi passivi dal reddito d’impresa. Tale quota è pari al rapporto tra i ricavi e gli altri proventi che concorrono a formare il reddito e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. L’articolo 109, comma 5, del TUIR prevede che le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, siano deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito, sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto di cui ai commi 1, 2, e 3 dell'articolo 96.

Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, secondo le norme generali in materia di compensazione dei crediti tributari dettate dall'articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997.

Ai sensi del comma 1 del citato articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997, i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche dei redditi. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.

 

Il comma 7 impone che, per fruire del contributo, le imprese presentino un’istanza telematica mediante le modalità tecniche predisposte dal Ministero dello sviluppo economico (secondo quanto previsto al successivo comma 12).

Si affida la gestione della misura di agevolazione fiscale in esame (comma 8) ad una convenzione stipulata tra il Ministero dello sviluppo economico e società in house ovvero società o enti in possesso dei necessari requisiti tecnici, organizzativi e di terzietà scelti sulla base di un’apposita gara, secondo le modalità e le procedure di cui al Codice appalti (D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163). Agli oneri della convenzione si provvede nel limite massimo dell’uno per cento delle risorse stanziate a copertura.

 

La verifica della corretta fruizione del credito d’imposta (comma 9) è affidata al Ministero dello sviluppo economico e all’Agenzia delle entrate, che effettuano controlli nei rispettivi ambiti di competenza secondo le modalità individuate dalle norme attuative (emanate ai sensi del comma 12).

 

Ai sensi del comma 10, i controlli sono svolti sulla base di apposita documentazione contabile certificata dal soggetto incaricato della revisione legale o dal collegio sindacale o da un professionista iscritto nel registro della revisione legale (di cui al decreto legislativo n. 39 del 2010). Tale certificazione va allegata al bilancio. Per le imprese non soggette a revisione legale dei conti e prive di un collegio sindacale, è fatto obbligo di avvalersi comunque della certificazione di un revisore legale dei conti o di una società di revisione legale dei conti iscritti quali attivi nell’apposito registro (di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39).

Il revisore o professionista responsabile della revisione, nell’assunzione dell’incarico, osservano i principi di indipendenza e di obiettività elaborati ai sensi dell’articolo 10 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39; si tratta dei principi di indipendenza e obiettività elaborati da associazioni e ordini professionali e approvati dal Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Consob, ovvero emanati dal Ministro dell’economia e delle finanze sentita la Consob. In attesa della loro emanazione, la norma in commento fa riferimento al codice etico dell’IFAC – ovvero della federazione internazionale dei revisori.

Le spese sostenute per l’attività di certificazione contabile da parte delle imprese di cui al precedente periodo sono ammissibili entro il limite massimo di 5.000 euro.

Si specifica (comma 11) che, nel caso di colpa grave nell'esecuzione degli atti di certificazione al revisore si applicano le sanzioni previste dall'articolo 64 del codice di procedura civile: il consulente tecnico che incorre in colpa grave nell'esecuzione degli atti che gli sono richiesti, è punito con l'arresto fino a un anno o con la ammenda fino a euro 10.329. Si applica inoltre la sospensione dall’esercizio della professione (ai sensi dell'articolo 35 del codice penale). In ogni caso è dovuto il risarcimento dei danni causati alle parti.

 

Ai sensi del comma 12 si affida a un successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze ad esclusione delle attività che si concretizzino nella creazione di nuovi brevetti,  l’adozione delle disposizioni applicative necessarie, ivi comprese:

§  le modalità di iscrizione delle spese in bilancio;

§  le modalità di verifica e controllo dell’effettività delle spese sostenute e della coerenza delle stesse con i requisiti sopra descritti;

§  le cause di decadenza e revoca del beneficio;

§  le modalità di restituzione dell’importo di cui l’impresa ha fruito indebitamente e le eventuali relative maggiorazioni.

Per quanto concerne la procedura telematica per usufruire del credito d’imposta, si prevede che vi sia una verifica ex ante sulla conformità delle spese di ricerca e sviluppo che le imprese sostengono ed una ex post sull’effettiva entità delle spese sostenute.

Qualora le spese effettivamente sostenute risultino inferiori di oltre il 20 per cento rispetto a quelle dichiarate, la misura dell’agevolazione sarà ridotta dal 50 per cento al 40 per cento sempre che permanga la spesa incrementale.

 

Il comma 13 reca le modalità di assegnazione delle risorse, disponendo che queste ultime – individuate, ai sensi del comma 1, nell'ambito del Programma Operativo Nazionale di riferimento o della pianificazione nazionale definita per l'attuazione degli interventi - sono versate all’entrata del bilancio dello Stato e successivamente riassegnate, per le suddette finalità di spesa, ad apposito programma dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze. A tal fine, il Ministero dello sviluppo economico comunica all’apposito Fondo di rotazione (di cui all’articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183) e al Fondo per lo sviluppo e la coesione, in relazione alle previste necessità per fronteggiare le correlate compensazioni, gli importi comunitari e nazionali riconosciuti a titolo di credito di imposta da versare all’entrata del bilancio dello Stato.

 


 

Articolo 4, commi 1-10 e 14
(Misure volte a favorire la realizzazione delle bonifiche dei siti di interesse nazionale e misure particolari per l'area di crisi complessa del porto di Trieste)

 


1. L'articolo 252-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è sostituito dal seguente:

«Art. 252-bis. Siti inquinati nazionali di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale

1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con la regione territorialmente interessata e, per le materie di competenza, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nonché con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo per gli aspetti di competenza in relazione agli eventuali specifici vincoli di tutela insistenti sulle aree e sugli immobili, possono stipulare accordi di programma con uno o più proprietari di aree contaminate o altri soggetti interessati ad attuare progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica, e di riconversione industriale e sviluppo economico in siti di interesse nazionale individuati entro il 30 aprile 2007 ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 426, al fine di promuovere il riutilizzo di tali siti in condizioni di sicurezza sanitaria e ambientale, e di preservare le matrici ambientali non contaminate. Sono escluse le aree interessate dalle misure di cui al decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 89, e successive modificazioni.

2. Gli accordi di programma di cui al comma 1 assicurano il coordinamento delle azioni per determinare i tempi, le modalità, il finanziamento e ogni altro connesso e funzionale adempimento per l'attuazione dei progetti e disciplinano in particolare:

a) l'individuazione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica da attuare, sulla base dei risultati della caratterizzazione validati dalle agenzie regionali per la protezione dell'ambiente;

b) l'individuazione degli interventi di riconversione industriale e di sviluppo economico anche attraverso studi e ricerche appositamente condotti da università ed enti di ricerca specializzati;

c) il piano economico finanziario dell'investimento e la durata del relativo programma;

d) i tempi di attuazione degli interventi e le relative garanzie;

e) i contributi pubblici e le altre misure di sostegno economico finanziario disponibili e attribuiti;

f) la causa di revoca dei contributi e delle altre misure di sostegno, e di risoluzione dell'accordo;

g) l'individuazione del soggetto attuatore degli interventi di messa in sicurezza e di bonifica, e delle attività di monitoraggio, controllo e gestione degli interventi di messa in sicurezza che restano a carico del soggetto interessato;

h) i tempi di presentazione e approvazione degli interventi di messa in sicurezza e di bonifica;

i) la previsione di interventi di formazione, riqualificazione e aggiornamento delle competenze dei lavoratori degli impianti dismessi da reimpiegare nei lavori di bonifica previsti dai medesimi accordi di programma, mediante il ricorso a fondi preliminarmente individuati a livello nazionale e regionale;

i-bis) le modalità di monitoraggio per il controllo dell'adempimento degli impegni assunti e della realizzazione dei progetti.

3. La stipula dell'accordo di programma costituisce riconoscimento dell'interesse pubblico generale alla realizzazione degli impianti, delle opere e di ogni altro intervento connesso e funzionale agli obiettivi di risanamento e di sviluppo economico e dichiarazione di pubblica utilità.

4. Ad eccezione di quanto previsto al comma 5, i soggetti interessati di cui al comma 1 non devono essere responsabili della contaminazione del sito oggetto degli interventi di messa in sicurezza e bonifica, riconversione industriale e di sviluppo economico, tenuto conto anche dei collegamenti societari e di cariche direttive ricoperte nelle società interessate o ad esse collegate. A tal fine sono soggetti interessati non responsabili i proprietari e i gestori di siti inquinati che non hanno cagionato la contaminazione del sito e hanno assolto gli obblighi imposti dall'articolo 245, comma 2.

5. Gli Accordi di Programma di cui al comma 1 possono essere stipulati anche con soggetti che non soddisfano i requisiti di cui al comma 4 alle seguenti ulteriori condizioni:

a) i fatti che hanno causato l'inquinamento devono essere antecedenti al 30 aprile 2007;

b) oltre alle misure di messa in sicurezza e bonifica, devono essere individuati gli interventi di riparazione del danno ambientale disciplinati dall'allegato 3 alla Parte VI del presente;

c) termine finale per il completamento degli interventi di riparazione del danno ambientale è determinato in base ad uno specifico piano finanziario presentato dal soggetto interessato tenendo conto dell'esigenza di non pregiudicare l'avvio e lo sviluppo dell'iniziativa economica e di garantire la sostenibilità economica di detti interventi, comunque in misura non inferiore a dieci anni.

6. L'attuazione da parte dei soggetti interessati degli impegni di messa in sicurezza, bonifica, monitoraggio, controllo e relativa gestione, e di riparazione, individuati dall'accordo di programma esclude per tali soggetti ogni altro obbligo di bonifica e riparazione ambientale e fa venir meno l'onere reale per tutti i fatti antecedenti all'accordo medesimo. La revoca dell'onere reale per tutti i fatti antecedenti all'accordo di programma previsto dalle misure volte a favorire la realizzazione delle bonifiche dei siti di interesse nazionale è subordinata, nel caso di soggetto interessato responsabile della contaminazione, al rilascio della certificazione dell'avvenuta bonifica e messa in sicurezza dei siti inquinati ai sensi dell'articolo 248. Nel caso di soggetto interessato responsabile della contaminazione, i contributi e le misure di cui alla lettera e) del comma 2 non potranno riguardare le attività di messa in sicurezza, di bonifica e di riparazione del danno ambientale di competenza dello stesso soggetto, ma esclusivamente l'acquisto di beni strumentali alla riconversione industriale e allo sviluppo economico dell'area.

7. Al di fuori dei casi che rientrano nel campo di applicazione del comma 5, la pubblica amministrazione può agire autonomamente nei confronti del responsabile della contaminazione per la ripetizione delle spese sostenute per gli interventi di messa in sicurezza e di bonifica individuati dall'accordo nonché per gli ulteriori interventi di bonifica e riparazione del danno ambientale nelle forme e nei modi previsti dalla legge.

8. Gli interventi per l'attuazione del progetto integrato sono autorizzati e approvati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dello sviluppo economico sulla base delle determinazioni assunte in Conferenza di Servizi indetta dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ai sensi dell'articolo 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. Alla Conferenza di Servizi partecipano tutti i soggetti pubblici firmatari dell'accordo di programma o titolari dei procedimenti di approvazione e autorizzazione, comunque denominati, aventi ad oggetto gli interventi, le opere e le attività previste dall'accordo medesimo, nonché i soggetti interessati proponenti. L'assenso espresso dai rappresentanti degli enti locali sulla base delle determinazioni a provvedere degli organi competenti, sostituisce ogni atto di competenza di detti enti.

9. Fatta salva l'applicazione delle norme in materia di valutazione di impatto ambientale e di autorizzazione ambientale integrata, i decreti di cui al comma 8 autorizzano gli interventi di messa in sicurezza e di bonifica nonché la costruzione e l'esercizio degli impianti e delle opere connesse.

10. Alla progettazione, al coordinamento e al monitoraggio dei progetti integrati di bonifica, riconversione industriale e sviluppo economico in siti inquinati di interesse nazionale di cui al comma 1 sono preposte, con oneri posti a carico delle risorse stanziate a legislazione vigente, una o più società "in house" individuate nell'accordo di programma, di intesa tra il Ministero dello sviluppo economico ed il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che vi provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Sulle aree di proprietà pubblica ovvero nel caso di attivazione degli interventi a iniziativa pubblica, i predetti soggetti sono tenuti ad attivare procedure a evidenza pubblica per l'attuazione degli interventi, salvo quanto previsto dalle disposizioni vigenti per la gestione in house in conformità ai requisiti prescritti dalla normativa e dalla giurisprudenza europea.

11. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, e le Regioni e Province Autonome, adotta misure volte a favorire la formazione di nuove competenze professionali, anche in ambito degli Istituti tecnici superiori, in materia di bonifica ambientale, finanziate, nell'ambito delle risorse stanziate a legislazione vigente nonché a valere sulle risorse della programmazione 2014-2020, previamente incluse negli Accordi di programma di cui al comma 1 del presente articolo.».

2. Alle imprese, sottoscrittrici degli accordi di programma di cui all'articolo 252-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, che acquisiscono beni strumentali nuovi a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla chiusura del periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2015, è attribuito un credito d'imposta secondo le modalità di cui al presente articolo, e nei limiti delle risorse stanziate al comma 14, a condizione che:

[a) siano costituite a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto;]

b) abbiano ad oggetto l'esercizio esclusivo delle attività risultanti dall'accordo di programma sottoscritto;

c) i nuovi beni strumentali siano acquisiti dai soggetti che hanno sottoscritto l'accordo;

d) i nuovi beni strumentali siano acquisiti nell'ambito di unità produttive comprese in siti inquinati di interesse nazionale localizzati nelle aree ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 107, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), ovvero nelle restanti aree qualora riferibili a piccole e medie imprese.

3. Il credito d'imposta è riconosciuto nella misura massima consentita in applicazione delle intensità di aiuto agli investimenti previste dalla normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato e, per le aree ammissibili agli aiuti a finalità regionale, di quelle previste dalla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2007-2013, fino alla data di vigenza della stessa e, successivamente, nella misura massima consentita in applicazione delle intensità di aiuto previste dalla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2014-2020, subordinatamente all'approvazione della stessa da parte della Commissione europea. Il credito d'imposta non è cumulabile con altri aiuti di Stato che abbiano ad oggetto i medesimi costi ammissibili anche a titolo di «de minimis» ai sensi del regolamento (CE) n. 1998/06.

4. Ai fini del comma 2, si considerano agevolabili l'acquisto, anche mediante contratti di locazione finanziaria, e, limitatamente ai beni di cui alla lettera a) del presente comma, la realizzazione di:

a) fabbricati classificabili nell'attivo dello stato patrimoniale di cui al primo comma, voce B.II.1 dell'articolo 2424 del codice civile, nell'ambito di strutture produttive localizzate nelle aree territoriali di cui al comma 2;

b) macchinari, veicoli industriali di vario genere, impianti ed attrezzature varie, classificabili nell'attivo dello stato patrimoniale di cui al primo comma, voci B.II.2 e B.II.3, dell'articolo 2424 del codice civile, destinati a strutture produttive localizzate nelle aree territoriali di cui al comma 2;

c) programmi informatici commisurati alle esigenze produttive e gestionali dell'impresa, utilizzati per l'attività svolta nell'unità produttiva e brevetti concernenti nuove tecnologie di prodotti e processi produttivi, per la parte in cui sono utilizzati per l'attività svolta nell'unità produttiva; per le grandi imprese, come definite ai sensi della normativa comunitaria, gli investimenti in tali beni sono agevolabili nel limite del 50 per cento del complesso degli investimenti agevolati per il medesimo periodo d'imposta.

5. Il credito d'imposta è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni indicati nel comma 4 eccedente gli ammortamenti dedotti nel periodo d'imposta, relativi alle medesime categorie dei beni d'investimento della stessa struttura produttiva, ad esclusione degli ammortamenti dei beni che formano oggetto dell'investimento agevolato effettuati nel periodo d'imposta della loro entrata in funzione. Per gli investimenti effettuati mediante contratti di locazione finanziaria, si assume il costo sostenuto dal locatore per l'acquisto dei beni.

6. Il credito d'imposta è determinato con riferimento ai nuovi investimenti eseguiti in ciascun periodo d'imposta e deve essere indicato nella relativa dichiarazione dei redditi. Esso non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, con il modello di pagamento F24 da presentare unicamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dell'Agenzia delle Entrate, pena lo scarto della operazione di versamento, secondo modalità e termini definiti con provvedimento della medesima Agenzia.

7. Con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono adottate le disposizioni per l'attuazione dei commi da 2 a 6 al fine di individuare tra l'altro modalità e termini per la concessione del credito d'imposta a seguito di istanza delle imprese da presentare al Ministero dello sviluppo economico. Il Ministero dello sviluppo economico determina, nel rispetto del limite di spesa rappresentato dalle risorse annue stanziate, l'ammontare dell'agevolazione spettante a ciascun beneficiario e trasmette all'Agenzia delle Entrate, in via telematica, l'elenco dei soggetti beneficiari e l'importo del credito spettante a ciascuno di essi, nonché le eventuali revoche, anche parziali.

8. Per la verifica della corretta fruizione del credito d'imposta di cui al presente articolo, il Ministero dello sviluppo economico e l'Agenzia delle Entrate effettuano controlli nei rispettivi ambiti di competenza secondo le modalità individuate dal decreto di cui al comma 7 del presente articolo.

9. L'agevolazione di cui al comma 2 non si applica ai soggetti che operano nei settori della produzione di prodotti di cui all'allegato I del TFUE, dell'industria siderurgica e delle fibre sintetiche, come definiti negli Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale 2007-2013 e negli Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale 2014-2020 della Commissione europea, nonché ai settori della pesca, dell'industria carbonifera, creditizio, finanziario e assicurativo. Il credito d'imposta a favore di imprese o attività che riguardano prodotti o appartengono ai settori soggetti a discipline comunitarie specifiche, ivi inclusa la disciplina dei grandi progetti di investimento, è riconosciuto nel rispetto delle condizioni sostanziali e procedurali definite dalle predette discipline dell'Unione europea e previa autorizzazione, ove prescritta, della Commissione europea.

10. L'efficacia delle agevolazioni di cui al presente articolo è subordinata al rispetto delle disposizioni della Commissione europea per l'attuazione di aiuti di stato ad investimenti produttivi.

(…)

14. Agli oneri derivanti dall'attuazione del comma 2, pari complessivamente a 20 milioni di euro per l'anno 2014 ed a 50 milioni di euro per l'anno 2015, si provvede, quanto a 20 milioni di euro annui per l'anno 2014 e a 10 milioni di euro per l'anno 2015 mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2014-2016, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2014, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali per 20 milioni di euro per l'anno 2014 e l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per 10 milioni di euro per l'anno 2015 e quanto a 40 milioni di euro per l'anno 2015 mediante riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282 (15), convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n 307. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

I commi da 1 a 10 e 14 dell’articolo 4 contengono disposizioni relative alla realizzazione delle bonifiche dei siti inquinati di interesse nazionale.

In particolare, il comma 1 riscrive la disciplina per la riconversione industriale dei siti inquinati nazionali di preminente interesse pubblico dettata dall’art. 252-bis del D.Lgs. 152/2006 (recante in un testo unificato norme in materia ambientale, cd. Codice dell’ambiente), al fine di consentire la stipula di accordi di programma per l’attuazione di progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica, e di riconversione industriale e sviluppo economico nei siti di interesse nazionale (SIN). Il comma 2 prevede la concessione di un credito d’imposta alle imprese sottoscrittrici degli accordi di programma in questione, a fronte dell’acquisizione di nuovi beni strumentali a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla chiusura del periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2015, alle condizioni definite nella norma. I commi da 3 a 10 dell'articolo 4 disciplinano, nel dettaglio, le modalità di attribuzione del citato credito d’imposta.

Il comma 14 disciplina la copertura degli oneri derivanti dalla concessione dei crediti di imposta, quantificati complessivamente in 20 milioni di euro per l’anno 2014 e 50 milioni per il 2015.

 

Di seguito, si passa all’analisi dettagliata delle singole disposizioni.

La nuova disciplina degli accordi di programma per l’attuazione di progetti di bonifica e riconversione industriale dei SIN (comma 1)

Il comma 1 dell'articolo 4 riscrive la disciplina per la riconversione industriale dei siti inquinati nazionali di preminente interesse pubblico dettata dall’art. 252-bis del citato D.Lgs. 152/2006.

La finalità della norma è quella di consentire la stipula, da parte dei Ministri dell’ambiente e dello sviluppo economico, d’intesa con la regione interessata, di accordi di programma con uno o più proprietari di aree contaminate o altri soggetti interessati ad attuare progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica, e di riconversione industriale e sviluppo economico in siti di interesse nazionale (SIN) individuati entro il 30 aprile 2007 ai sensi della L. 426/1998 (comma 1 del nuovo testo dell’art. 252-bis). La disposizione prevede anche l’intesa, per le materie di competenza, con i Ministri del lavoro e dei beni culturali; più specificamente si richiede l’intesa del Ministro dei beni e delle attività culturali in relazione agli eventuali specifici vincoli di tutela insistenti sulle aree e sugli immobili.

Nel corso dell'esame parlamentare il comma 1 dell’art. 252-bis è stato modificato al fine di estendere l’applicazione della norma a tutti i progetti di sviluppo economico. A tal fine la locuzione “sviluppo economico produttivo” è stata sostituita con “sviluppo economico”.

La mancata attuazione della disciplina previgente

Nella relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame (A.C. 1920) il Governo ha sottolineato che l’individuazione risalente dei siti testimonia la necessità dell’intervento, posto che finora nessuno dei predetti interventi di bonifica ha avuto avvio e tantomeno attuazione.

In proposito, si ricorda che nella Relazione sulle bonifiche (Doc. XXIII, n. 14, della XVI legislatura, pag. 11) approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti – si legge che “un dato emerso in maniera evidente e che sin d’ora può essere sottolineato è quello concernente l’estrema lentezza, se non la stasi, delle procedure attinenti alla bonifica dei siti di interesse nazionale”.

Si ricorda altresì quanto ricordato dalla medesima relazione (a pag. 41) in merito all’attuazione delle disposizioni recate dall’art. 252-bis, cui non è stato dato seguito poiché “le risorse stanziate per gli interventi previsti furono poi destinate alla copertura delle spese per il terremoto dell’Aquila”. Nella medesima relazione viene ricordato che le citate risorse, previste dalla delibera CIPE 61/2008, ammontavano a circa 3 miliardi di euro e che nel mese di novembre 2008 era stato sottoscritto un documento tecnico che individuava 26 siti (indicati nella relazione) in cui applicare le procedure dell’art. 252-bis.

I siti inquinati di interesse nazionale (SIN) a cui si applica la nuova disciplina

Il comma 1 del nuovo testo dell’art. 252-bis del Codice restringe l’ambito di applicazione della nuova disciplina ai siti di interesse nazionale (SIN) individuati entro il 30 aprile 2007 ai sensi della L. 426/1998.

La legge n. 426 del 1998 ha previsto, tra l’altro, l’adozione di un programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati volto ad individuare gli interventi di interesse nazionale e le relative risorse. Nelle more dell’emanazione di tale programma l’art. 1, comma 4, della medesima legge ha provveduto ad individuare 15 siti di interesse nazionale (SIN). Con successivi interventi normativi (L. 388/2000, L. 179/2002, D.L. 203/2005 e L. 266/2005) tale elenco è stato integrato fino ad includere 30 siti. A tali SIN si sono aggiunti i 23 siti individuati dal D.M. 468/2001 con cui, in attuazione della L. 426/1998, è stato adottato il “Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale” che ha altresì provveduto a ripartire le risorse stanziate dalla L. 426/1998.

Ulteriori 4 SIN sono stati individuati dal D.Lgs. 152/2006 (Strillaie, in provincia di Grosseto), da decreti del Ministero dell’ambiente (Pianura, in Campania, e Bussi sul Tirino, in Abruzzo) e da un’ordinanza di protezione civile (La Maddalena, in Sardegna).

In attuazione dell'art. 36-bis del D.L. 83/2012, il D.M. 11 gennaio 2013 ha indicato 18 SIN (dei 57 esistenti in precedenza) che, non soddisfacendo i requisiti previsti dal citato decreto-legge, sono stati trasferiti alla competenza regionale.

Dei residui 39 SIN, il sito di Bussi sul Tirino, poiché individuato dopo il 30 aprile 2007 (con D.M. Ambiente 28 maggio 2008), dovrebbe essere escluso dall’ambito di applicazione del nuovo art. 252-bis.

Aree escluse dall’applicazione della nuova disciplina

Restano escluse dal campo di applicazione della nuova disciplina (ai sensi dell’ultimo periodo del comma 1 del nuovo testo dell’art. 252-bis), le aree interessate dalle misure di cui al D.L. 61/2013, vale a dire, ad oggi, le aree dello stabilimento ILVA di Taranto.

Si ricorda che l’art. 1, comma 1, del D.L. 4 giugno 2013, n. 61 consente al Consiglio dei Ministri di deliberare il commissariamento straordinario dell'impresa che impieghi un numero di lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione guadagni, non inferiore a mille e che gestisca almeno uno “stabilimento industriale di interesse strategico nazionale”, la cui attività produttiva abbia comportato e comporti oggettivamente pericoli gravi e rilevanti per l'integrità dell'ambiente e della salute a causa della inosservanza reiterata dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA).

Sono stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale quelli individuati, ai sensi dell’art. 1 del D.L. 207/2012, con apposito D.P.C.M., a tutt’oggi non emanato.

L’art. 3 del decreto legge n. 207/2012, come modificato dall’articolo 2, comma 2, del medesimo decreto-legge n. 61 del 2013, ha disposto che gli impianti siderurgici della società ILVA s.p.a. costituiscono stabilimenti di interesse strategico nazionale a norma dell'articolo 1.

I principali contenuti dei commi da 2 a 11 del nuovo art. 252-bis

I commi da 2 a 11 del nuovo art. 252-bis del Codice dell’ambiente individuano:

·      le modalità, i criteri ed i contenuti obbligatori degli accordi di programma (commi 2 e 3). Nel corso dell’esame parlamentare è stato specificato che gli accordi di programma disciplinano anche le modalità di monitoraggio per il controllo dell'adempimento degli impegni assunti e della realizzazione dei progetti (nuova lettera i-bis) del comma 2);

·      i requisiti dei soggetti interessati e gli impegni da essi assunti, con l’individuazione delle rispettive responsabilità (commi da 4 a 7). In particolare, ai sensi del comma 6, l’attuazione da parte dei soggetti interessati degli impegni relativi alla bonifica, individuati dall’accordo di programma, esclude per tali soggetti ogni altro obbligo di bonifica e riparazione ambientale e fa venir meno l’onere reale per tutti i fatti antecedenti all’accordo medesimo.
Nel corso dell’esame parlamentare tale disposizione è stata integrata al fine di chiarire l’applicabilità della disciplina ai soggetti interessati responsabili della contaminazione. Per tali soggetti la revoca dell'onere reale (per i fatti antecedenti all'accordo di programma) è subordinata al rilascio della certificazione dell'avvenuta bonifica;

·      per i medesimi soggetti viene stabilito che i contributi pubblici e le altre misure di sostegno economico-finanziario non potranno riguardare le attività di messa in sicurezza, di bonifica e di riparazione del danno ambientale di competenza dello stesso soggetto responsabile, ma esclusivamente l'acquisto di beni strumentali allo sviluppo economico dell'area.

La certificazione cui fa riferimento la norma è quella prevista dall’art. 248 del D.Lgs. 152/2006. Ai sensi di tale articolo, la documentazione relativa al piano della caratterizzazione del sito e al progetto operativo di bonifica deve essere trasmessa alla Provincia e all'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA) competenti per i controlli sulla conformità degli interventi ai progetti approvati. Successivamente, il completamento degli interventi di bonifica e messa in sicurezza, nonché la conformità degli stessi al progetto approvato, sono accertati dalla Provincia mediante apposita certificazione sulla base di una relazione dell'ARPA territorialmente competente. Tale certificazione costituisce titolo per lo svincolo delle garanzie finanziarie che l’art. 242, comma 7, del D.Lgs. 152/2006, prescrive debbano essere versate dal soggetto responsabile della contaminazione.

·      le modalità di approvazione degli interventi per l’attuazione dei progetti integrati (decreto ministeriale adottato sulla base delle determinazioni assunte in apposita conferenza di servizi) e gli effetti prodotti dai decreti di approvazione, che consentono la costruzione e l’esercizio degli impianti e delle opere connesse (commi 8 e 9);

·      la costituzione di società in house (con oneri posti a carico delle risorse stanziate a legislazione vigente) per l’attuazione dei citati progetti integrati di bonifica, riconversione industriale e sviluppo economico (comma 10).
Nel corso dell’esame parlamentare è stato precisato che l'attività delle società in house riguarda, più dettagliatamente, la progettazione, il coordinamento e il monitoraggio dei progetti integrati. Inoltre, sempre in virtù di una modifica operata nel corso dell'esame parlamentare, è stato previsto che sulle aree di proprietà pubblica, o nel caso di interventi ad iniziativa pubblica, le società in house debbano attivare procedure ad evidenza pubblica, ferma restando la possibilità di gestione in house prevista dalla normativa europea;

·      l’adozione di misure volte a favorire la formazione di nuove competenze professionali, anche nell’ambito degli istituti tecnici superiori, in materia di bonifica ambientale, finanziate, nell’ambito delle risorse stanziate a legislazione vigente nonché a valere sulle risorse della programmazione 2014-2020 previamente incluse negli accordi di programma (comma 11).

 

La riscrittura dell’art. 252-bis operata dal comma in esame non appare circoscritta ad apportare puntuali ed isolate modifiche, ma pare configurarsi come un ridisegno complessivo delle procedure vigenti (che non hanno avuto attuazione), a partire dal campo di applicazione, fino ai contenuti degli accordi di programma e agli strumenti di attuazione (società in house e crediti di imposta).

Crediti di imposta in favore delle imprese sottoscrittrici degli accordi di programma (commi 2-10 e 14)

Il comma 2 concede un credito d’imposta (nei limiti delle risorse stanziate al comma 14) alle imprese sottoscrittrici degli accordi di programma per l’attuazione di progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica, di riconversione industriale e sviluppo economico in siti di interesse nazionale (di cui all’articolo 252-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, modificati dalle norme in commento), a fronte dell’acquisizione di nuovi beni strumentali, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 24 dicembre 2013 e fino alla chiusura del periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2015.

Lo stesso comma vincola l’attribuzione del credito d’imposta al rispetto delle seguenti condizioni:

a.   le imprese abbiano ad oggetto l’esercizio esclusivo delle attività risultanti dall’accordo di programma sottoscritto;

b.   i nuovi beni strumentali siano acquisiti dai soggetti che hanno sottoscritto l’accordo;

c.    i nuovi beni strumentali siano acquisiti nell’ambito di unità produttive comprese in SIN localizzati nelle aree svantaggiate (art. 107, paragrafo 3, lettere a) e c), del TFUE), o nelle restanti aree qualora riferibili a piccole e medie imprese.

Rispetto al testo originario del decreto-legge, durante l’esame parlamentare è stato espunto il requisito secondo il quale le imprese dovevano essere di nuova costituzione, ovvero costituite a decorrere dal 24 dicembre 2013. Il credito di imposta quindi opera nei confronti di tutte le imprese, a prescindere dalla data di costituzione, purché rispettino le altre condizioni di legge.

 

In relazione alla lettera d), la relazione illustrativa che accompagna il DDL di conversione del decreto sottolinea che viene prevista l’ammissibilità alle agevolazioni anche per le imprese localizzate al di fuori delle aree svantaggiate in quanto “non tutti i SIN insistono in tali aree. Nei SIN esterni alle aree comprese nella Carta italiana degli aiuti a finalità regionale, per la gran parte riferite alle zone del Centro-Nord, che in base alla prima formulazione della norma sarebbero stati esclusi dalle agevolazioni, sono comunque applicabili le discipline comunitarie in materia di aiuti di Stato alle piccole e medie imprese e per la tutela dell’ambiente. L’individuazione della potenziale platea dei beneficiari del credito d’imposta trova in ogni caso il suo limite nella dotazione finanziaria prevista in bilancio, essendo l’intervento ad essa parametrato. Pertanto non sussiste l’eventualità che si determini una spesa superiore a quella preventivata”.

Si ricorda, infine, che le lettere a) e c) dell’articolo 107 del TFUE fanno rispettivamente riferimento alla compatibilità con il mercato interno degli:

·      aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché quello delle regioni di cui all'articolo 349, tenuto conto della loro situazione strutturale, economica e sociale;

·      aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse.

 

I commi da 3 a 10 dell'articolo in esame disciplinano, nel dettaglio, le modalità di attribuzione del citato credito d’imposta.

Ai sensi del comma 3, il credito d’imposta è riconosciuto nella misura massima consentita dalla normativa europea in materia di aiuti di Stato e, per le aree ammissibili agli aiuti a finalità regionale, di quelle previste dalla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale, subordinatamente all’approvazione della stessa da parte della Commissione europea. Il credito d’imposta non è cumulabile con altri aiuti di Stato che abbiano ad oggetto i medesimi costi ammissibili anche a titolo di “de minimis”.

Si segnala che la norma rinvia al Regolamento CE n. 1998/2006 - cd. disciplina de minimis - che aveva effetti fino al 31 dicembre 2013 ed è stato sostituito dal nuovo Regolamento n. 1407/2013.

Si ricorda che la normativa europea vieta gli aiuti di Stato alle imprese, in quanto distorsivi del principio della libera concorrenza, tranne i casi esplicitamente indicati. Le disposizioni che istituiscono regimi di aiuto devono essere comunicate alla Commissione, che ne valuta la compatibilità. A tale proposito l'articolo 108, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) (ex articolo 88, paragrafo 3, del trattato che istituisce la Comunità europea, TCE) contempla l'obbligo di notificare gli aiuti di Stato alla Commissione europea al fine di stabilirne la compatibilità con il mercato comune sulla base dei criteri dell'articolo 107, par. 1 TFUE (ex articolo 87, paragrafo 1, TCE).

Alcune categorie di aiuti possono tuttavia essere dispensate dall'obbligo di notifica: si tratta degli aiuti concessi su un periodo di tre anni (tre esercizi finanziari) e che non superano la soglia dei 200.000 euro; questi aiuti non vengono considerati aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, del TFUE (c.d. aiuti de minimis).

Ai sensi del comma 4, si considerano agevolabili l’acquisto, anche mediante contratti di locazione finanziaria, e, limitatamente alla prima categoria di beni, la realizzazione di:

a.   fabbricati classificabili nell’attivo dello stato patrimoniale, nell’ambito di strutture produttive;

b.   macchinari, veicoli industriali di vario genere, impianti ed attrezzature varie destinati a strutture produttive;

c.    programmi informatici commisurati alle esigenze produttive e gestionali dell’impresa e brevetti concernenti nuove tecnologie di prodotti e processi produttivi; per le grandi imprese, come definite ai sensi della normativa comunitaria, gli investimenti in tali beni sono agevolabili nel limite del 50 per cento del complesso degli investimenti agevolati per il medesimo periodo d’imposta.

Il credito d’imposta è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni eccedente gli ammortamenti dedotti nel periodo d’imposta, relativi alle medesime categorie dei beni d’investimento della stessa struttura produttiva, ad esclusione degli ammortamenti dei beni che formano oggetto dell’investimento agevolato effettuati nel periodo d’imposta della loro entrata in funzione. Per gli investimenti effettuati mediante contratti di locazione finanziaria, si assume il costo sostenuto dal locatore per l’acquisto dei beni (comma 5).

Il credito d’imposta è determinato con riferimento ai nuovi investimenti eseguiti in ciascun periodo d’imposta e non concorre alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte sul reddito e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). Il credito d’imposta non rileva, inoltre, ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all’articolo 61 del TUIR, né rispetto ai criteri di inerenza per la deducibilità delle spese, di cui all’articolo 109, comma 5, del medesimo TUIR.

L’articolo 61 del TUIR disciplina la percentuale di deducibilità degli interessi passivi dal reddito d’impresa. Tale quota è pari al rapporto tra i ricavi e gli altri proventi che concorrono a formare il reddito e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. L’articolo 109, comma 5, del TUIR prevede che le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, siano deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito, sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto di cui ai commi 1, 2, e 3 dell'articolo 96.

Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, secondo le norme generali in materia di compensazione dei crediti tributari dettate dall'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, con il modello di pagamento F24 da presentare unicamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dell’Agenzia delle Entrate, pena lo scarto della operazione di versamento, secondo modalità e termini definiti con provvedimento della medesima Agenzia.

Ai sensi del comma 1 del citato articolo 17, i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche dei redditi. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.

Il comma 7 demanda ad uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, l’individuazione di modalità e termini per la concessione del credito d’imposta a seguito di istanza delle imprese da presentare al Ministero dello sviluppo economico. Il Ministero dello sviluppo economico determina, nel rispetto del limite di spesa rappresentato dalle risorse annue stanziate, l’ammontare dell’agevolazione spettante a ciascun beneficiario e trasmette all’Agenzia delle Entrate, in via telematica, l’elenco dei soggetti beneficiari e l’importo del credito spettante a ciascuno di essi, nonché le eventuali revoche, anche parziali.

Ai sensi del comma 8, il Ministero dello sviluppo economico e l’Agenzia delle Entrate effettuano controlli nei rispettivi ambiti di competenza.

Il comma 9 reca alcune esclusioni, mentre il comma 10 subordina l’efficacia delle agevolazioni al rispetto delle disposizioni della Commissione europea per l’attuazione di aiuti di stato ad investimenti produttivi.

In particolare, il credito d’imposta non si applica ai soggetti che operano nei seguenti settori:

·      produzione di prodotti di cui all'allegato I del TFUE(si tratta di alcuni prodotti agricoli e di origine animale);

·      industria siderurgica e delle fibre sintetiche, come definiti negli Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale 2007-2013 e negli Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale 2014-2020 della Commissione europea;

·      pesca, industria carbonifera, credito, finanza e assicurazioni.

Il credito d'imposta a favore di imprese o attività che riguardano prodotti o appartengono ai settori soggetti a discipline comunitarie specifiche, ivi inclusa la disciplina dei grandi progetti di investimento, è riconosciuto nel rispetto delle condizioni sostanziali e procedurali definite dalle predette discipline dell'Unione europea e previa autorizzazione, ove prescritta, della Commissione europea.

Copertura degli oneri derivanti dalla concessione dei crediti d’imposta

Il comma 14 prevede le seguenti modalità di copertura degli oneri derivanti dalla concessione dei crediti di imposta di cui trattasi, quantificati complessivamente in 20 milioni di euro per l’anno 2014 e 50 milioni per il 2015:

·      20 milioni di euro per l’anno 2014 e 10 milioni di euro per l'anno 2015 mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2014-2016, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2014, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali per 20 milioni di euro per l'anno 2014 e l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente per 10 milioni di euro per l'anno 2015;

·      40 milioni di euro per l'anno 2015 mediante riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'art. 10, comma 5, del D.L. 282/2004.

 

Il comma 14 è stato modificato nel corso dell’esame parlamentare al fine di imputare i relativi oneri al bilancio triennale 2014-2016.


 

Articolo 4, commi 11-13
(Misure per l’area di crisi complessa del porto di Trieste)

 


11. Al fine di assicurare l'attuazione dell'accordo di programma quadro nonché la realizzazione degli interventi di cui al comma 7-ter dell'articolo 1 del decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2013, n. 71, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, il Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia è nominato, senza diritto ad alcun compenso, indennità, rimborso spese ed emolumento comunque denominato e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, Commissario straordinario, autorizzato ad esercitare i poteri di cui all'articolo 13 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, e successive modificazioni. Il Commissario resta in carica per la durata di un anno, prorogabile con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo per gli aspetti di competenza in relazione agli eventuali specifici vincoli di tutela insistenti sulle aree e sugli immobili.

12. Il Commissario, a decorrere dalla data di sottoscrizione dell'accordo di programma quadro di cui al comma 11, assicura la realizzazione degli interventi urgenti di cui al comma 11 e, per ogni adempimento propedeutico o comunque connesso, può avvalersi degli uffici e delle strutture di amministrazioni pubbliche, centrali, regionali e locali, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Sulle aree demaniali marittime, non ricomprese nell'accordo di programma quadro di cui al comma 11, nella circoscrizione dell'Autorità portuale restano impregiudicate le attribuzioni e le competenze della stessa Autorità, come individuate dalla legge 28 gennaio 1994, n. 84, e successive modificazioni.

13. Ai fini dell'attuazione dei commi 11 e 12 si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2, commi 2-septies e 2-octies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, e successive modificazioni.


 

 

I commi da 11 a 13 dell’articolo 4 contengono disposizioni volte, attraverso la nomina di un commissario straordinario, alla realizzazione degli interventi nell’area di crisi industriale complessa di Trieste.

Gli obiettivi che deve perseguire il Commissario

Il comma 11 prevede la nomina, con D.P.C.M., di un commissario straordinario, individuato nel Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia, al fine di assicurare:

·      l'attuazione dell'accordo di programma quadro;

·      Il documento cui fa riferimento la norma sembrerebbe essere l’accordo di programma sottoscritto in data 25 maggio 2012 e relativo agli interventi di riqualificazione ambientale funzionali alla reindustrializzazione e infrastrutturazione delle aree comprese nel SIN di Trieste;

·      la realizzazione degli interventi urgenti nell’area di crisi industriale complessa di Trieste;

·      In relazione all’area di Trieste, si ricorda che essa è stata riconosciuta come area di crisi industriale complessa ai sensi dell'art. 27 del D.L. 83/2012, dal comma 7-bis dell’articolo 1 del D.L. 43/2013, quindi direttamente con norma primaria, in deroga alla procedura generale di individuazione di tali aree contenuta nel D.M. sviluppo economico 31 gennaio 2013, attuativo delle previsioni dello stesso articolo 27[23];

·      Lo stesso comma 7-bis specifica che la qualificazione come area industriale complessa è da considerarsi “in relazione alle tematiche della produzione siderurgica, alla riqualificazione delle attività industriali e portuali e al recupero ambientale”.

 

La disposizione fa riferimento al comma 7-ter dell’articolo 1 del D.L. 43/2013, il quale si limita a prevedere che, al fine di predisporre gli interventi necessari alla gestione dell'area di crisi industriale complessa Trieste, si applichino le disposizioni di cui al citato comma 7-bis, che ha riconosciuto l’area di Trieste quale area di crisi industriale complessa .

I poteri e le prerogative del Commissario

Il Commissario (in base ai commi 11 e 12):

·      non ha diritto ad alcun compenso, rimborso o altro emolumento, in modo da non determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;

·      è autorizzato ad esercitare i poteri previsti dall’art. 13 del D.L. 67/1997 per i c.d. commissari sbloccacantieri;

In estrema sintesi, l’art. 13, per l'attuazione degli interventi affidati a tali commissari, dispone che gli stessi provvedono in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto comunque della normativa comunitaria sull'affidamento di appalti di lavori, servizi e forniture, della normativa in materia di tutela ambientale e paesaggistica, di tutela del patrimonio storico, artistico e monumentale, nonché dei principi generali dell'ordinamento (comma 4-bis). I medesimi commissari, al fine di consentire il pronto avvio o la pronta ripresa dell'esecuzione dell'opera commissariata, possono altresì essere abilitati ad assumere direttamente determinate funzioni di stazione appaltante, laddove ravvisino specifici impedimenti all'avvio o alla ripresa dei lavori (comma 4-quater).

§  resta in carica per la durata di un anno, prorogabile con apposito D.P.C.M.; Al riguardo, si segnala che la norma non specifica la durata della proroga, né se la carica possa essere prorogata una o più volte.

§  può avvalersi degli uffici e delle strutture di amministrazioni pubbliche, centrali, regionali e locali, nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

L’ultimo periodo del comma 12 fa salve, nelle aree demaniali marittime, non ricomprese nell'accordo di programma quadro di cui al comma 11, ma rientranti nella circoscrizione dell'Autorità portuale, le attribuzioni e le competenze dell’Autorità portuale medesima, individuate dalla legge 84/1994.

Obbligo di rendicontazione contabile degli atti commissariali

In virtù del comma 13, che prevede l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 2, commi 2-septies e 2-octies, del D.L. 225/2010, gli atti del commissario sono sottoposti all’obbligo di rendicontazione contabile.

 

Il comma 2-octies prevede che i funzionari e i commissari delegati, commissari di Governo o in qualunque modo denominati, nominati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, autorizzati alla gestione di fondi statali, titolari di contabilità speciali per la realizzazione di interventi, programmi e progetti o per lo svolgimento di particolari attività, rendicontano nei termini e secondo le modalità di cui all’articolo 5, comma 5-bis, della legge 24 febbraio 1992, n. 225. La disposizione prevede, inoltre, che i rendiconti siano trasmessi all’Ufficio centrale del bilancio presso il Ministero dell’economia e delle finanze per il controllo e per il successivo inoltro alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, all’ISTAT e alla competente sezione regionale della Corte dei conti.

Relativamente alle modalità previste dal citato comma 5-bis, si ricorda che esso impone, ai Commissari delegati titolari di contabilità speciali, l’obbligo di rendicontare, entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o del loro incarico, tutte le entrate e tutte le spese riguardanti l'intervento delegato, indicando la provenienza dei fondi, i soggetti beneficiari e la tipologia di spesa. Il rendiconto contiene anche una sezione dimostrativa della situazione analitica dei crediti e dei debiti. Nei rendiconti devono essere consolidati, con le stesse modalità, anche i dati relativi agli interventi delegati dal commissario ad uno o più soggetti attuatori. I rendiconti corredati della documentazione giustificativa, nonché degli eventuali rilievi sollevati dalla Corte dei conti, sono trasmessi al Ministero dell'economia e delle finanze-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato-Ragionerie territoriali competenti, all'Ufficio del bilancio per il riscontro di regolarità amministrativa e contabile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché, per conoscenza, al Dipartimento della protezione civile, alle competenti Commissioni parlamentari e al Ministero dell'interno. I rendiconti sono altresì pubblicati nel sito internet del Dipartimento della protezione civile. Le ragionerie territoriali inoltrano i rendiconti, anche con modalità telematiche e senza la documentazione a corredo, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, all'ISTAT e alla competente sezione regionale della Corte dei conti.

 

Con riferimento all’articolo 2, comma 2-septies, del decreto-legge n. 225 del 2010, riguardante il procedimento di controllo preventivo di legittimità da parte della Corte di conti sui provvedimenti commissariali attuativi delle ordinanze conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza, si segnala che tale controllo è stato soppresso dall’art. 10, comma 4-ter del decreto-legge n. 93 del 2013.


 

Articolo 4 bis
(Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di siti inquinati)

 


1. Nell'allegato II alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, al punto n. 13) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, con esclusione delle opere di confinamento fisico finalizzate alla messa in sicurezza dei siti inquinati».

2. Nell'allegato III alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, alla lettera t) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, con esclusione delle opere di confinamento fisico finalizzate alla messa in sicurezza dei siti inquinati».


 

 

L’articolo 4-bis, introdotto nel corso dell'esame parlamentare, esclude, dal novero degli interventi sottoposti a valutazione ambientale di competenza dello Stato e delle Regioni, le opere destinate a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole, se rappresentate da interventi di confinamento fisico finalizzati alla messa in sicurezza dei siti inquinati.

A tal fine l’articolo in esame modifica gli allegati II e III alla parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006 (recante in un testo unificato norme in materia ambientale, cd. Codice ambientale).

Nell'Allegato II alla Parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006 sono inseriti i progetti sottoposti a valutazione ambientale di competenza statale. In particolare alla voce n. 13 sono contemplati gli impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole, di altezza superiore a 15 m o che determinano un volume d'invaso superiore ad 1.000.000 m3, nonché impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque a fini energetici in modo durevole, di altezza superiore a 10 m o che determinano un volume d'invaso superiore a 100.000 m3.

Analogamente nell'Allegato III alla Parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006 sono inseriti i progetti di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano sottoposti a valutazione ambientale; in particolare alla lettera t) sono elencati dighe ed altri impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole, ai fini non energetici, di altezza superiore a 10 m e/o di capacità superiore a 100.000 m3.

La disposizione in esame opera pertanto l'esclusione degli interventi di confinamento fisico finalizzati alla messa in sicurezza dei siti inquinati dal novero delle opere sopra elencate.

 


 

Articolo 4-ter
(Misure urgenti per accelerare l'attuazione di interventi di bonifica in siti contaminati di interesse nazionale)

 


1. Al fine di accelerare la progettazione e l'attuazione degli interventi di bonifica e riparazione del danno ambientale nel sito contaminato di interesse nazionale di Crotone, le somme liquidate per il risarcimento del danno ambientale a favore dell'amministrazione dello Stato con sentenza del tribunale di Milano n. 2536 del 28 febbraio 2012, passata in giudicato, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate al pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e destinate alle finalità di cui al presente comma. Con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è nominato un commissario straordinario delegato ai sensi dell'articolo 20 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive modificazioni, e sono individuati le attività del commissario, nel limite delle risorse acquisite, le relative modalità di utilizzo nonché il compenso del commissario stesso, determinato ai sensi dell'articolo 15, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

2. Al fine di coordinare, accelerare e promuovere la progettazione degli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica nel sito contaminato di interesse nazionale Brescia Caffaro, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa individuazione delle risorse finanziarie disponibili, può nominare un commissario straordinario delegato ai sensi dell'articolo 20 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2. Il compenso del commissario di cui al presente comma è determinato ai sensi dell'articolo 15, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Per lo svolgimento delle attività di cui al presente comma è istituita una contabilità speciale nella quale confluiscono le risorse pubbliche stanziate per la caratterizzazione, la messa in sicurezza e la bonifica del predetto sito contaminato.

3. I commissari di cui ai commi 1 e 2 curano le fasi progettuali, la predisposizione dei bandi di gara, l'aggiudicazione dei servizi e dei lavori, le procedure per la realizzazione degli interventi, la direzione dei lavori, la relativa contabilità e il collaudo, promuovendo anche le opportune intese tra i soggetti pubblici e privati interessati. Per le attività connesse alla realizzazione degli interventi, i commissari sono autorizzati ad avvalersi degli enti vigilati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di società specializzate a totale capitale pubblico e degli uffici delle amministrazioni regionali, provinciali e comunali.


 

 

L’articolo 4-ter, introdotto nel corso dell'esame parlamentare, dispone la nomina di commissari straordinari per accelerare l'attuazione di interventi di bonifica nei siti contaminati di interesse nazionale (SIN) di Crotone e Brescia-Caffaro.

 

Il Commissario straordinario per la bonifica del SIN di Crotone e le risorse finanziarie

Il comma 1, al fine di accelerare la progettazione e l'attuazione degli interventi di bonifica e riparazione del danno ambientale nel SIN di Crotone, prevede:

·      il versamento all'entrata del bilancio dello Stato e successiva riassegnazione al pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente (per essere poi destinate agli interventi di bonifica in questione), delle somme liquidate per il risarcimento del danno ambientale a favore dell'amministrazione dello Stato nel giudizio civile instaurato davanti al tribunale di Milano contro la società SYNDIAL (sentenza n. 2536 del 28 febbraio 2013);

·      l’emanazione di un D.P.C.M., su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per la nomina di un commissario straordinario delegato per la velocizzazione delle procedure progettuali, e per l’individuazione delle attività del commissario, nel limite delle risorse acquisite, delle relative modalità di utilizzo delle risorse e del compenso del commissario straordinario.

 

Una disposizione analoga a quella prevista nel comma 1 in esame, finalizzata alla bonifica del SIN di Crotone, con priorità nell'area archeologica Kroton, era contenuta nel decreto legge n. 126 del 2013, che non è stato convertito in legge.

Il SIN di Crotone

Il sito contaminato di interesse nazionale di Crotone-Cassano-Cerchiara è stato incluso nell’elenco dei siti di bonifica d’interesse nazionale con decreto ministeriale n. 468 del 2001. Con decreto ministeriale del 26 novembre 2002, ai sensi dell’articolo 1, comma 4, della legge. n. 426 del 1998, è stato definito il perimetro del sito che si estende sulla terraferma per circa 530 ettari e a mare per 1.452 ettari (comprensivi di 132 ettari di area portuale). In esso rientrano aree pubbliche e private, nonché porzioni di territorio appartenenti alla provincia di Cosenza.

Nell'ambito della ridefinizione dell’elenco dei SIN operata dal D.M. 11 gennaio 2013[24], le aree da risanare di Crotone-Cassano-Cerchiara sono rimaste in tale elenco.

Per quanto attiene ai progetti di bonifica delle aree ricomprese nella perimetrazione del SIN, rispondendo all’interrogazione n. 3-00688, in data 12 marzo 2014 il Ministro dell’ambiente ha ricordato i provvedimenti adottati: “con decreto del 15 febbraio 2010 è stato approvato il progetto definitivo della bonifica delle acque di falda ubicata nel SIN di Crotone; con decreto del 25 gennaio 2011 è stato approvato quello di bonifica dei suoli delle aree ex Pertusola, ex Agricoltura ed ex Fosfotec. Il modulo, che prevede la bonifica nei siti del suolo dell'area Pertusola, è finalizzato alla messa a punto di una serie di tecnologie sperimentali. Per quanto attiene al progetto di bonifica dei suoli area ex agricoltura, è in corso di stesura il decreto di approvazione del progetto a seguito della Conferenza dei servizi decisoria tenutasi proprio il 26 settembre 2013, che prevede interventi di rimozione dello strato superficiale del terreno contaminato e altri interventi. Quindi, per il SIN di Crotone e Cassano sono stati stanziati successivamente nel tempo 19 milioni 916 mila euro, che sono stati ripartiti in questa maniera: 10 milioni a valere su risorse ordinarie del Dicastero dell'ambiente e disciplinate da apposito accordo di programma; le altre, 9 milioni 916 mila, a valere sui fondi della legge n. 426. Infine, in data 6 agosto 2013, tra il Ministro dell'ambiente, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e la regione Calabria, è stato sottoscritto l'accordo di programma quadro concernente il recupero e la valorizzazione dell'area archeologica antica Crotone. Il valore complessivo dell'accordo è pari a 65 milioni di euro, la cui copertura finanziaria è assicurata dalle risorse stanziate dalla delibera CIPE a valere sul Fondo di sviluppo e di coesione. Tra gli interventi disciplinati nel predetto accordo uno riguarda proprio la bonifica di una porzione dell'area archeologica, pari a 15 ettari, ricompresa all'interno del sito di interesse nazionale di Crotone-Cassano-Cerchiara, il cui costo ammonta a 4 milioni 700 mila euro, da aggiungere quindi ai 19 milioni. Giova sottolineare che il tribunale civile di Milano, a seguito di azione risarcitoria promossa dal Ministero unitamente alla Presidenza del Consiglio dei ministri e dal commissario delegato per l'emergenza ambientale nei confronti di Syndial, per i danni provocati nel comune di Crotone e in quelli limitrofi, ha condannato la società predetta al pagamento della somma di 56 milioni, oltre interessi, a titolo di risarcimento del danno ambientale nonché all'obbligo di adempiere al piano di risanamento previsto dal piano operativo di bonifica”.

Il Commissario straordinario per la bonifica del SIN di Brescia-Caffaro e le risorse finanziarie

Il comma 2 prevede, per la progettazione degli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica del SIN di Brescia-Caffaro:

·      la nomina, previa individuazione delle risorse disponibili, da parte del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di un commissario straordinario delegato per la velocizzazione delle procedure progettuali. Il compenso del commissario straordinario è determinato ai sensi dell'articolo 15, comma 3, del citato decreto-legge n. 98 del 2011 ;

·      l’istituzione di una contabilità speciale nella quale confluiscono le risorse pubbliche stanziate per la caratterizzazione, la messa in sicurezza e la bonifica del sito contaminato.

Il SIN di Brescia-Caffaro

Si ricorda che il sito di interesse nazionale "Brescia-Caffaro" è stato previsto dall'articolo 14 delle Legge n. 179 del 2002 che, aggiungendo, tra l'altro, la lettera p-quinquies) all'articolo 1, comma 4, della legge n. 426 del 1998, ha inserito il sito Brescia-Caffaro (aree industriali e relative discariche da bonificare) fra gli interventi di bonifica di interesse nazionale, i cui ambiti sono perimetrati, sentiti i comuni interessati, dal Ministro dell'ambiente.

Nell'ambito della ridefinizione dell’elenco dei SIN operata dal citato D.M. 11 gennaio 2013 il sito di Brescia-Caffaro è rimasto in tale elenco.

Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio del 24 febbraio 2003 è stata definita una triplice perimetrazione del SIN di Brescia-Caffaro, comprendente:

·     per la matrice suolo una superficie pari a circa 270 ettari, che include, oltre allo stabilimento Caffaro S.p.A., aree produttive, agricole, residenziali, pubbliche e tre aree di discarica;

·     per il comparto acque sotterranee, un’area più vasta pari a circa 2.100 ettari, delimitata sulla base delle evidenze analitiche già disponibili di contaminazione della falda;

·     per il sistema delle rogge, un reticolo pari a circa 45 km di tracciato lineare complessivo, ubicato a Sud dell’area Caffaro S.p.A..

 

Il Comune di Brescia ha emesso, a partire dal 2002, una serie di ordinanze sindacali, riferite alle aree agricole, pubbliche e residenziali, che impongono una serie di limitazioni d’uso.

Secondo quanto riportato nella scheda tecnica presente sul sito della Regione Lombardia, con riferimento alle principali criticità ambientali, nel sito si riscontra una contaminazione elevata e diffusa da PCB (policlorobifenili), diossine e furani (PCDD/PCDF) e mercurio, che interessa principalmente i terreni superficiali, ma anche i sedimenti delle rogge e dei corsi idrici superficiali. La matrice suolo risulta interessata anche da contaminazione da metalli, da idrocarburi policiclici aromatici (IPA), alifatici clorurati cancerogeni, clorobenzeni e fitofarmaci. Nelle acque di falda la contaminazione principale è dovuta a tetracloruro di carbonio e altri solventi clorurati e cromo esavalente.

Sempre secondo quanto riportato sul sito della regione Lombardia, il SIN include le aree del Comune di Brescia che sono state interessate da contaminazione diffusa da PCB (policlorobifenili), diossine e furani, arsenico e mercurio, derivanti, principalmente, dalle attività pregresse dello stabilimento chimico Caffaro S.p.a., ubicato nel Comune di Brescia, attivo dall’inizio del 1900 nella produzione di vari composti derivati dal cloro, fra cui i PCB dal 1930 al 1984.

Il 29 settembre 2009 è stato sottoscritto l’accordo di programma per la definizione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica per il SIN tra Ministero, Regione, Provincia e Comuni. Secondo quanto risulta dalla citata scheda tecnica, l’accordo di programma riguarda l’assegnazione delle risorse ministeriali stanziate, a valere sul decreto ministeriale n. 308 del 2006, pari a 6,75 milioni di euro. E' previsto l'utilizzo delle risorse per la bonifica, in sostituzione e in danno al soggetto responsabile inadempiente, delle aree private, delle acque sotterranee, del sistema delle rogge, delle aree pubbliche, residenziali e agricole e delle discariche incluse nel SIN. E' prevista, inoltre, la prosecuzione delle attività di monitoraggio ambientale ed epidemiologico.

Lo stato attuale di avanzamento dell’iter di bonifica (secondo quanto riportato in un recente rapporto di Legambiente[25], che cita i dati forniti dal Ministero dell’ambiente aggiornati a marzo 2013), mostra una situazione riferita alle aree della superficie del sito come riportato di seguito:

·     il 5,6% sono state messe in sicurezza di emergenza;

·     il 68% sono state interessate da piani di caratterizzazione;

·     nel 29% sono stati presentati i risultati di tale caratterizzazione;

·     il 18% sono stati presentati i progetti di bonifica;

·     il 13% sono stati approvati i progetti di bonifica.

Riguardo alle risorse disponibili, nel citato Rapporto di Legambiente viene segnalato che ai 6,7 milioni iniziali di copertura finanziaria per l’Accordo di Programma del 2009 “si stanno aggiungendo risorse nuove stanziate da Comune, Regione e Ministero (2 milioni di euro)”.

Compiti, poteri e prerogative dei Commissari per Crotone e Brescia-Caffaro

I commi 1 e 2 dell'articolo in esame:

·      attribuiscono ai commissari delegati i poteri derogatori previsti dall’art. 20 del decreto-legge n. 185 del 2008.

Si ricorda che l'art. 20 del D.L. 185/2008 ha previsto l’individuazione, con D.P.C.M., di investimenti pubblici, ivi inclusi quelli di pubblica utilità, con particolare riferimento agli interventi programmati nell'ambito del Quadro Strategico Nazionale, da assoggettare a procedure derogatorie. Pertanto, ha introdotto disposizioni volte a velocizzare le procedure per la realizzazione dell’investimento ricorrendo, da un lato, all’individuazione delle risorse finanziarie e alla fissazione di termini da rispettare per la realizzazione dell’investimento stesso e, dall’altro, istituendo un commissario straordinario con il compito di vigilare su tutte le fasi dei procedimenti, con poteri di impulso e anche sostitutivi. Nel caso in cui non sia rispettato o non sia possibile rispettare i tempi stabiliti dal cronoprogramma, il commissario straordinario delegato ha l’obbligo di comunicare, senza indugio, le circostanze del ritardo al Ministro competente, ovvero al Presidente della regione o delle province autonome. Qualora sopravvengano circostanze che impediscano, invece, la realizzazione totale o parziale dell'investimento, il commissario straordinario delegato propone la revoca dell'assegnazione delle risorse al Ministro competente ovvero al Presidente della regione o delle province autonome. Si attribuiscono, inoltre, al commissario, per l’espletamento dei predetti compiti, i poteri – anche sostitutivi – degli organi ordinari e straordinari. A tal fine egli può derogare ad ogni disposizione vigente nel rispetto della normativa comunitaria sull’affidamento dei contratti pubblici nonché dei principi generali dell’ordinamento giuridico. I singoli decreti contengono l’indicazione delle principali norme cui si intende derogare.

·      stabiliscono, relativamente al compenso dei commissari, che esso deve essere determinato nel limite di 50.000 euro sia per la parte fissa che per quella variabile del compenso stesso (art. 15, comma 3, del D.L. 98/2011).

 

Il comma 3 riguarda i compiti dei commissari delegati.

Tale comma prevede infatti che i commissari curano, promuovendo anche le opportune intese tra i soggetti pubblici e privati interessati:

·      le fasi progettuali;

·      la predisposizione dei bandi di gara;

·      l'aggiudicazione dei servizi e dei lavori;

·      le procedure per la realizzazione degli interventi;

·      la direzione dei lavori;

·      la relativa contabilità e il collaudo.

 

Per le attività connesse alla realizzazione degli interventi, i commissari sono autorizzati ad avvalersi:

·      degli enti vigilati dal Ministero dell'ambiente;

·      di società specializzate a totale capitale pubblico;

·      degli uffici delle amministrazioni regionali, provinciali e comunali.


 

Articolo 5
(Sostegno all’internazionalizzazione delle imprese e permesso di soggiorno per lavoratori extracomunitari nelle startup innovative)

 


1. Al fine di potenziare l'azione in favore dell'internazionalizzazione delle imprese italiane e la promozione dell'immagine del prodotto italiano nel mondo, le risorse del «Fondo per la promozione degli scambi e l'internazionalizzazione delle imprese» sono incrementate di 22.594.000 euro per l'anno 2014 tramite utilizzo di pari importo delle risorse giacenti presso la Banca del Mezzogiorno-Mediocredito Centrale rivenienti dalla chiusura del Programma Operativo Multiregionale «Industria e Servizi» 1989/93-Misura 2.2, che vengono a tal fine versate all'entrata dello Stato per essere riassegnate all'apposito capitolo dello stato di previsione della spesa per il medesimo anno del Ministero dello sviluppo economico.

1-bis. La dotazione aggiuntiva del Fondo per la promozione degli scambi e l'internazionalizzazione delle imprese di cui al comma 1 deve essere destinata con particolare attenzione alle piccole e medie imprese.

1-ter. Il Ministero dello sviluppo economico rende pubblico presso uno spazio web dedicato, a partire dal 30 giugno 2014, il bilancio annuale del Fondo per la promozione degli scambi e l'internazionalizzazione delle imprese di cui al comma 1.

2. All'articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374, dopo le parole: «di transito.» è aggiunto il seguente periodo: «Con determinazione del Direttore dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli sono individuati gli uffici doganali in cui l'operatività di cui al precedente periodo è assicurata anche per l'espletamento dei controlli e delle formalità inerenti le merci che circolano in regimi diversi dal transito, a condizione che nell'ufficio doganale la consistenza del personale in servizio sia superiore a quella dell'anno precedente in misura tale da garantire la copertura dell'orario prolungato.».

2-bis. I procedimenti amministrativi facenti capo all'Agenzia delle dogane, agli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera, ai posti di ispezione frontaliera, alle aziende sanitarie locali, al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, al Corpo forestale dello Stato, all'Agecontrol Spa, ai servizi fitosanitari regionali, all'ICE -- Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane e alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, che si svolgono contestualmente alla presentazione della merce ai fini dell'espletamento delle formalità doganali, sono conclusi dalle amministrazioni competenti nel termine massimo di un'ora per il controllo documentale e di cinque ore per la visita delle merci. Nel caso di controllo che richieda accertamenti di natura tecnica, anche ove occorra il prelevamento di campioni, i tempi tecnici per conoscere i relativi esiti non possono superare i tre giorni. Del mancato rispetto delle disposizioni di cui al presente comma risponde il responsabile del procedimento amministrativo ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241.

3. All'articolo 42 del decreto-legge 22 giugno 2012 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, concernente misure urgenti per la crescita del Paese sono apportate le seguenti modifiche:

a) al comma 5, le parole: «e agroalimentari» sono sostituite dalle seguenti: «, agroalimentari, agricole e ittiche»;

b) al comma 6 dopo le parole: «del 15 dicembre 2006» sono inserite le seguenti: «e successive modificazioni»;

c) al comma 6, dopo le parole: «più favorevoli.» è inserito il seguente periodo: «Nel caso in cui al progetto partecipino imprese agricole o ittiche, ai fini del contributo si applicano rispettivamente, nell'ambito del plafond nazionale, il regolamento (CE) n. 1535/2007 della Commissione, del 20 dicembre 2007, e il regolamento (CE) n. 875/2007 della Commissione, del 24 luglio 2007, che disciplinano le sovvenzioni pubbliche che rientrano nella regola de minimis in favore delle imprese attive nella produzione primaria dei prodotti di cui all'allegato I annesso al Trattato sul funzionamento dell'Unione europea».

4. Le Camere di commercio competenti rilasciano su richiesta delle imprese i certificati camerali anche in lingua inglese che, esclusivamente ai fini dell'utilizzo in uno Stato estero, sono esenti dall'imposta di bollo.

5. All'articolo 2, comma 2, lettera l), della legge 29 dicembre 1993, n. 580, come modificata dal decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 23, dopo le parole: «di origine delle merci» sono aggiunte le seguenti: «e, nel rispetto delle competenze attribuite dalla legge ad altre pubbliche amministrazioni, il rilascio di attestazioni di libera vendita e commercializzazione dei prodotti sul territorio italiano o comunitario e di certificazioni dei poteri di firma, su atti e dichiarazioni, a valere all'estero, in conformità alle informazioni contenute nel registro delle imprese». Con decreto del Ministero dello sviluppo economico sono approvati i modelli dei certificati rilasciati dalle camere di commercio. All'attuazione delle disposizioni di cui al presente comma si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

6. L'articolo 6-decies del decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2013, n. 71, è abrogato. Gli effetti prodotti dal medesimo articolo vengono meno, a far data dall'entrata in vigore del presente decreto, con salvezza degli effetti giuridici degli atti eventualmente adottati dai soggetti titolari di incarichi negli organi statutari dichiarati decaduti ai sensi della predetta disposizione.

7. Nel rispetto della normativa vigente nazionale ed europea, il Ministero degli affari esteri, il Ministero dell'interno e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali individuano forme di agevolazione nella trattazione delle domande di visto di ingresso e di permesso di soggiorno connesse con start-up innovative, con iniziative d'investimento, di formazione avanzata, di ricerca o di mecenatismo, da realizzare anche in partenariato con imprese, università, enti di ricerca ed altri soggetti pubblici o privati italiani.

7-bis. Nei progetti e nelle attività di sostegno all'internazionalizzazione delle imprese italiane e di promozione dell'immagine del prodotto italiano nel mondo, adottati dai Ministeri competenti e attuati dalle strutture decentrate dello Stato nonché dagli enti pubblici operanti nel campo della commercializzazione e del turismo, ai fini di una più ampia promozione delle iniziative, si prevede, ove possibile, il coinvolgimento delle comunità di origine italiana presenti all'estero e, in particolare, degli organismi di rappresentanza previsti dalla legge 6 novembre 1989, n. 368, e dalla legge 23 ottobre 2003, n. 286.

8. Al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono apportate le seguenti modificazioni:

0a) all'articolo 9, comma 2-bis, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nel caso di permesso di soggiorno CE rilasciato per lo svolgimento di attività di ricerca presso le università e gli enti vigilati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di cui al decreto legislativo 31 dicembre 2009, n. 213, non è richiesto il superamento del test di cui al primo periodo»; (23)

a) all'articolo 22, comma 11-bis, le parole: «di secondo livello» sono soppresse;

b) all'articolo 27-ter, dopo il comma 3, è aggiunto il seguente:

«3-bis. La sussistenza delle risorse mensili di cui al comma 3 è accertata e dichiarata da parte dell'istituto di ricerca nella convenzione di accoglienza, anche nel caso in cui la partecipazione del ricercatore al progetto di ricerca benefici del sostegno finanziario dell'Unione Europea, di un'organizzazione internazionale, di altro istituto di ricerca o di un soggetto estero ad esso assimilabile.»;

c) all'articolo 27-ter, al comma 8, al primo periodo, dopo le parole: «previste dall'articolo 29» sono aggiunte, in fine, le seguenti: «, ad eccezione del requisito di cui alla lettera a) del comma 3 del medesimo articolo»;

d) all'articolo 27-quater comma 1, lettera a), le parole: «della relativa» sono sostituite dalle seguenti: «di una»;

e) all'articolo 27-quater, comma 5, lettera b), la parola: «relativa» è soppressa;

f) il comma 4 dell'articolo 39 è abrogato.

9. Dall'attuazione dei commi 7, 7-bis e 8 non devono derivare oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica. All'attuazione del presente articolo le amministrazioni provvedono nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente. (24)

9-bis. All'articolo 2 della legge 9 gennaio 1991, n. 19, dopo il comma 9 è inserito il seguente:

«9-bis. La società Finest è autorizzata a operare nei Paesi del Mediterraneo».


Contributi all’ICE per la promozione degli scambi e l’internazionalizzazione delle imprese

Il comma 1 incrementa di circa 22.594.000 euro per il 2014 le risorse del Fondo per la promozione degli scambi e l’internazionalizzazione delle imprese. A tal fine vengono utilizzate le risorse giacenti presso la Banca del Mezzogiorno-Mediocredito Centrale rivenienti dalla chiusura, disposta dalla Commissione europea, del Programma Operativo Multiregionale “Industria e Servizi” 1989/93-Misura 2.2.

Alla copertura dell’onere si provvede tramite utilizzo, previo versamento all’entrata dello Stato e conseguente riassegnazione all’apposito capitolo di spesa, delle risorse giacenti presso la Banca del Mezzogiorno-Mediocredito centrale, originate dal Programma operativo Multiregionale “Industria e servizi” 1989-93 Misura 2.2. A seguito della chiusura amministrativa del predetto Programma, disposta dalla Commissione europea nel novembre 2000, e del rendiconto finale della misura 2.2, approvato dal Mediocredito Centrale nell’aprile 2003, risultano infatti libere da vincoli di destinazione, in quanto non più soggette a obblighi comunitari di impiego, risorse per oltre 22,594 milioni di euro.

Le risorse sono destinate allo stanziamento annuale del bilancio del Ministero dello Sviluppo Economico per la realizzazione del piano di attività dell’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane – ICE.  Si ricorda che il comma 19, articolo 14, del D.L. 98/2011 e successive modifiche, ha previsto che le risorse già destinate all'ICE per il finanziamento dell'attività di promozione e di sviluppo degli scambi commerciali con l'estero, come determinate nella Tabella C della legge 13 dicembre 2010, n. 220, sono trasferite in un apposito Fondo per la promozione degli scambi e l'internazionalizzazione delle imprese, da istituire nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico. Nel 2013 tali risorse, sia per la competenza che la cassa, ammontano a  circa 37,5 mln di euro.[(art. 8, comma 1, lettera b) della L. 549/95: Attività promozionale delle esportazioni italiane (4.2 - cap. 2531)]

 

Il comma 1-bis, aggiunto durante l’esame parlamentare, specifica che la dotazione aggiuntiva del Fondo per la promozione degli scambi e l’internazionalizzazione delle imprese deve essere destinata con particolare riguardo alle piccole e medie imprese

Il comma 1-ter, aggiunto durante l’esame parlamentare, prevede che il MISE renda pubblico presso un apposito spazio web, a partire dal 30 giugno 2014, il bilancio annuale del Fondo per la promozione degli scambi e l’internazionalizzazione delle imprese.

Orario apertura Agenzia delle dogane e dei monopoli

Il comma 2, aggiungendo un periodo al comma 2 dell’articolo 1 del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374, consente una più ampia articolazione dell’orario di apertura degli uffici doganali frontalieri, con riferimento a tutte le merci che circolano in regimi diversi dal transito.

Si ricorda in proposito che l’articolo 1 del decreto legislativo 374/1990 disciplina l’orario di apertura degli uffici dell’Agenzia delle Dogane, ora Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

In particolare, il comma 1 prevede che l’orario ordinario di apertura degli uffici doganali sia fissato dalle 8 alle 18 nei giorni dal lunedì al venerdì e dalle 8 alle 14 nella giornata di sabato.

Ai sensi del successivo comma 2 le sedi frontaliere (ossia gli uffici doganali di confine, di mare e aeroportuali), sono aperte 24 ore su 24, quindi oltre l’orario ordinario, ma solo per i controlli e le formalità relative al traffico passeggeri o su mezzi di trasporto che circolano vuoti o che trasportano merci in regime doganale di transito.

Per effetto delle modifiche apportate dalle norme in commento, si affida a una determinazione del Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli l’individuazione degli uffici doganali in cui la predetta operatività di 24 ore su 24 è assicurata anche per l’espletamento dei controlli e delle formalità sulle merci che circolano in regimi diversi dal transito, dunque non per i soli controlli su passeggeri, mezzi di trasporto vuoti e merci in transito.

Tale più ampia operatività è assicurata a condizione che nell’ufficio doganale di riferimento la consistenza del personale in servizio sia superiore a quella dell’anno precedente in misura tale da garantire la copertura dell’orario prolungato.

 

Il comma 2-bis, aggiunto durante l’esame parlamentare, prevede che i procedimenti amministrativi che si svolgono contestualmente alla presentazione delle merci ai fini dell’espletamento delle formalità doganali sono conclusi nel termine massimo di un’ora per il controllo documentale e cinque per quello per la visita delle merci. Inoltre se il controllo è di natura tecnica i tempi degli esiti non possono durare più di cinque giorni. E’ prevista una sanzione per il responsabile amministrativo che non rispetta tali termini.

Partecipazione delle imprese agricole ai Consorzi per l’internazionalizzazione

Il comma 3, modificato durante l’esame parlamentare, attraverso modifiche all’articolo 42 del decreto-legge 22 giugno 2012 n. 83, estende alle imprese agricole e ittiche la possibilità di far parte dei Consorzi per l’internazionalizzazione e di partecipare ai relativi progetti ammessi a contributo pubblico.

La disciplina dell’attività dei consorzi per l’internazionalizzazione è stata ampiamente riformata con l’articolo 42, del D.L. 83/2012. In tale disposizione si prevede che l’attività abbia ad oggetto:

·     la diffusione internazionale dei prodotti e dei servizi alle piccole e medie imprese;

·     il supporto alla loro presenza nei mercati esteri, anche attraverso la collaborazione con imprese estere.

Devono ritenersi attività funzionali al raggiungimento degli scopi dei consorzi le attività riguardanti:

·     l’importazione di materie prime e di prodotti semilavorati;

·     formazione specialistica per l’internazionalizzazione;

·     la qualità, la tutela e l’innovazione dei prodotti, anche attraverso marchi in contitolarità.

Sono inoltre ridefinite le modalità di costituzione dei consorzi in esame. Vengono, in particolare, in rilievo gli articoli 2602 e 2612 e seguenti del codice civile.

Possono costituire consorzi o cooperative:

·     le piccole e medie imprese industriali, artigiane, turistiche, di servizi e agroalimentari, aventi sede in Italia, nonché le imprese del settore commerciale;

·     gli enti pubblici e privati, le banche e le imprese di grandi dimensioni, purché non fruiscano dei contributi di cui al comma successivo.

La nomina della maggioranza degli amministratori dei consorzi per l’internazionalizzazione spetta in ogni caso alle piccole e medie imprese consorziate, in ragione della destinazione prevalente dei servizi alle stesse.

I consorzi in esame possono ottenere, nei limiti delle risorse di bilancio disponibili a tal fine, un contributo non superiore al 50% per la copertura delle spese sostenute per l’esecuzione dei progetti. Di tali contributi possono beneficiare anche piccole e medie imprese non consorziate ma che abbiano stipulato contratti di rete tra di loro; alla generalità delle stesse imprese si applica la normativa comunitaria riguardante gli aiuti de minimis di cui al reg. (CE) n. 1998/2006, salva l’applicazione di regimi più favorevoli. Entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, un decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico stabilirà i requisiti soggettivi, i criteri e le modalità per la concessione dei contributi.

Per quanto riguarda il trattamento fiscale dei consorzi per l’internazionalizzazione si ricorda che la vigente disciplina dei consorzi per il commercio estero, contenuta nella legge n. 83 del 1989, vieta a tali soggetti (articolo 2, comma 4) di distribuire avanzi di esercizio di ogni genere e sotto qualsiasi forma alle imprese consorziate o socie; tale previsione deve essere recata dallo statuto. A fini fiscali si prevede inoltre (articolo 3, comma 1) che non concorrano a formare il reddito imponibile dei consorzi e delle società consortili - dunque siano esclusi da imposizione sui redditi - gli avanzi di esercizio destinati a fondi di riserva indivisibili, purché venga esclusa la possibilità di distribuire tali fondi sotto qualsiasi forma, sia durante la vita dell'ente che all'atto del suo scioglimento.

In sostanza, si concede a detti consorzi la possibilità di ampliare la fattispecie di accantonamento in sospensione di imposta degli avanzi di esercizio, mantenendo il regime fiscale di favore se utilizzati per scopi specifici afferenti la vita dell’ente.

A fini IVA, i servizi resi dai consorzi per l’internazionalizzazione nei confronti dei consorziati (piccole e medie imprese) non sono imponibili, in quanto vengono qualificati come costituiscono servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali, ai sensi dell'articolo 9 del decreto Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

 

Più in particolare è previsto che:

·      anche le piccole e medie imprese agricole e ittiche possano far parte dei consorzi per l'internazionalizzazione (lettera a);

·      ai contributi per i consorzi si applicano anche le modifiche al regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, in materia di aiuti de minimis (lettera b).

Tali modifiche sono peraltro intervenute con l’approvazione del nuovo Regolamento n. 1407/UE del 18 dicembre 2013, con effetto dal 1 gennaio 2014.

E' stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea del 24 dicembre 2013 il regolamento 1407/2013 del 18 dicembre sull'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Ue agli aiuti "de minimis", che contiene le regole sulle modalità di erogazione di aiuti minimi alle imprese senza notificazione in via preventiva alla Commissione Ue.

·      nel caso in cui al progetto partecipino imprese agricole e ittiche, a queste ultime ai fini del contributo si applica, nell’ambito del plafond nazionale, il regolamento (CE) n. 1535/2007 e successive modificazioni, che disciplina le sovvenzioni pubbliche che rientrano nella regola de minimis in favore delle imprese nel settore agricolo e ittico (lettera c).

Anche il regolamento 1537/2007 è stato sostituito dal nuovo Regolamento 1408/2013 del 18 dicembre 2013,con effetto dal 1 gennaio 2014.

Il REGOLAMENTO (UE) N. 1408/2013 DELLA COMMISSIONE del 18 dicembre 2013 relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis» nel settore agricolo, è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea del 24 dicembre 2013.

Certificazioni in lingua inglese da parte delle Camere di commercio-Esenzione da bollo

Il comma 4 esclude dal pagamento dell’imposta di bollo i certificati camerali anche in lingua inglese richiesti dalle imprese per esser utilizzati all’estero.

 

Certificazioni da parte delle Camere di commercio-Semplificazioni per le imprese

Il comma 5 amplia il quadro delle competenze delle camere di commercio attribuendo alle stesse, nel rispetto delle competenze attribuite dalla legge ad altre pubbliche amministrazioni, la potestà di rilasciare attestazioni di libera vendita e commercializzazione dei prodotti sul territorio italiano o comunitario e di certificazioni dei poteri di firma, su atti e dichiarazioni, a valere all’estero, in conformità alle informazioni contenute nel registro delle imprese.

 

La disposizione interviene sull’articolo 2 comma 2, lettera l) della legge 29 dicembre 1993, n. 580, come modificata dal decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 23, che contiene la disciplina dei compiti e delle funzioni delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

Non è ravvisabile nell’ordinamento un’unica norma che definisca specificamente i contenuti delle attestazioni e delle certificazioni (certificazioni di autenticità di firma di rappresentanti aziendali, procure ad agire per conto, attestazioni tecniche di produzione o qualità anche su atti privati tra partner commerciali) e che individui le Camere come istituzioni competenti al rilascio.

Nella prassi le Camere di commercio rilasciano diversi certificati o visti su richiesta dell’impresa esportatrice.

Il certificato di libera vendita è richiesto da alcuni Stati (come la Thailandia, la Corea, il Perù, ecc.), e attesta che la merce esportata dall'impresa italiana è liberamente commercializzata in Italia o in altri Paesi dichiarati dall’impresa. Tale attestazione è richiesta soprattutto quando si tratta di merci sottoposte a controlli specifici in quanto collegate al consumo o all’utilizzo sul genere umano, come ad esempio cosmetici, sanitari, alimentari, medicali. L'attestato di libera vendita non è comunque sostitutivo di certificazioni eventualmente previste da specifiche normative di settore e non assolve di per sé ai relativi obblighi di controllo previsti da legge, in quanto attesta la mera commercializzazione dei prodotti. L'impresa che richiede l'attestato deve avere sede nella provincia, essere regolarmente iscritta al Registro delle imprese ed aver dichiarato l'inizio di attività. Per ottenerlo occorre compilare una richiesta su carta intestata, corredata da un elenco completo o a campione dei propri clienti, comprensivo dei dati identificativi e da copia delle fatture di vendita in Italia dei prodotti per i quali si chiede il certificato; la richiesta va infine presentata all’Ufficio Commercio Estero della Camera competente. L’inoltro può avvenire anche via e-mail o fax, tenendo presente che gli originali di tutti i documenti devono essere consegnati all'ufficio al momento del ritiro dell'attestato.

In alcuni casi la Camera di Commercio - su richiesta dell'impresa esportatrice - appone un visto su vari documenti (ad esempio certificati sanitari, certificati di analisi ed autorizzazioni varie, ecc.) emessi da Enti e Organismi istituzionali quali ASL, Istituti di certificazione, ecc., che comunque non attesta l'esattezza o l'attendibilità del documento presentato. Copia del documento, vistato in calce con la menzione "visto per deposito", viene conservata agli atti d’ufficio.

In alternativa, può essere richiesto il “Visto poteri di firma”, su dichiarazioni rese dall’impresa esportatrice che riguardano stati o caratteristiche del prodotto esportato o dei soggetti coinvolti nell’operazione di esportazione. Tale visto  si basa sul controllo di conformità o di legittimità della firma di chi rilascia la dichiarazione, in genere il legale rappresentante dell’impresa o un suo procuratore.

Tali visti, vengono rilasciati in relazione a documenti accompagnatori della merce all’esportazione, solo quando richiesti dalle Autorità estere dei paesi di destinazione delle merci per consentirne l’ingresso.

 

Ad un decreto del Ministero dello sviluppo economico è demandata l’approvazione dei modelli dei certificati rilasciati dalle camere di commercio.

All’attuazione di tali disposizioni si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Camere di commercio italo-estere o estere in Italia

Il comma 6 abroga l’articolo 6-decies del decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43, in materia di Modifiche alla disciplina dell'albo delle camere di commercio italo-estere o estere in Italia prevedendo contestualmente che gli effetti prodotti dal medesimo articolo vengono meno, a far data dall’entrata in vigore del presente decreto, con salvezza degli effetti giuridici degli atti eventualmente adottati dai soggetti titolari di incarichi negli organi statutari dichiarati decaduti ai sensi della predetta disposizione.

 

Si ricorda che la disposizione abrogata prevedeva che i soggetti che alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto risultino iscritti all'albo delle camere di commercio italo-estere o estere in Italia, disciplinato dal regolamento di cui al decreto del Ministro del commercio con l'estero 15 febbraio 2000, n. 96, sono associazioni di diritto privato dotate di autonomia funzionale e patrimoniale. I soggetti titolari di incarichi negli organi statutari sia monocratici che collegiali delle camere di commercio italo-estere o estere in Italia non possono restare in carica per più di due mandati consecutivi, riferiti non solo alla permanenza in una specifica carica, ma alla permanenza nei suddetti organi anche in presenza di variazione di carica. I soggetti che alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto hanno superato il limite temporale di cui al primo periodo sono dichiarati decaduti con decorrenza dalla predetta data, senza necessità di alcun altro atto, e si procede alla loro sostituzione secondo le norme dei rispettivi statuti. Gli statuti delle camere di commercio italo-estere o estere in Italia e le loro eventuali variazioni entrano in vigore a seguito della loro approvazione con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro degli affari esteri. Gli statuti in vigore alla data del 31 dicembre 2012 si intendono approvati previa verifica da parte dei citati Ministeri.

Visti di ingresso e permesso di soggiorno per lavoratori extracomunitari nelle startup innovative

Il comma 7 prevede che, nel rispetto della normativa vigente nazionale ed europea, il Ministero degli affari esteri, il Ministero dell’interno e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali individuano forme di agevolazione nella trattazione delle domande di visto di ingresso e di permesso di soggiorno connesse con start-up innovative, con iniziative d’investimento, di ricerca o di mecenatismo, da realizzare anche in partenariato con imprese, enti di ricerca ed altri soggetti pubblici o privati italiani.

 

Si ricorda che per la startup innovativa viene predisposto un quadro di riferimento articolato e organico a livello nazionale che interviene su materie differenti come la semplificazione amministrativa, il mercato del lavoro, le agevolazioni fiscali, il diritto fallimentare (artt. 25-32 del D.L. 179/2012). Nella legislatura in corso, con il D.L. "Lavoro", sono state apportate alcune modifiche significative sui requisiti d'accesso, al fine di rendere la normativa più efficace nell'incoraggiare l'imprenditorialità innovativa.

 

Il comma 7-bis, aggiunto nel corso dell’esame parlamentare, prevede il coinvolgimento degli organismi di rappresentanza in materia di regolamento del funzionamento dei COMITES nei progetti e nelle attività di sostegno all’internazionalizzazione delle imprese italiane e di promozione dell’immagine del prodotto italiano nel mondo.

Modifica alla disciplina concernente i lavoratori extracomunitari

Il comma 8, reca diverse misure per agevolare l'ingresso e la permanenza di ricercatori, di lavoratori qualificati e di studenti provenienti da Paesi terzi.

Più specificamente:

·      i ricercatori non comunitari sono esentati dal test di conoscenza della lingua italiana per il rilascio del permesso di soggiorno CE di lungo periodo (lett. 0a);

·      si prevede che il cittadino straniero non comunitario che abbia conseguito in Italia un dottorato o un master universitario di primo livello, possa chiedere un permesso di soggiorno per attesa occupazione (lettera a);

·      viene agevolato l’ingresso e il soggiorno per ricerca scientifica prevedendo che la sussistenza delle risorse mensili messe a disposizione del ricercatore non comunitario e indicate nella convenzione di accoglienza tra il ricercatore medesimo e l’istituto di ricerca sia dichiarata da parte dell’istituto, anche nel caso in cui la partecipazione del ricercatore al progetto di ricerca benefici del sostegno finanziario di terzi (lettere b);

·      viene escluso per i ricercatori non comunitari l’obbligo di dimostrare la disponibilità di un alloggio idoneo ai fini del ricongiungimento familiare (lettera c);

·      viene eliminato l’obbligo di corrispondenza tra titolo di studio e qualifica professionale per l’ingresso di lavoratori altamente qualificati provenienti da Paesi terzi (lettere d) ed e);

·      viene liberalizzato l’ingresso in Italia degli studenti residenti all’estero che intendano accedere all’istruzione universitaria con la soppressione del contingentamento del numero dei visti per motivi di studio rilasciati ogni anno (lettera f).

 

La lettera 0a) modifica la disciplina relativa al rilascio del permesso di soggiorno comunitario per gli stranieri soggiornanti di lungo periodo, recata dall’articolo 9 dal testo unico sull’immigrazione (D.Lgs. 286/1998), prevedendo che i ricercatori che svolgono attività di ricerca presso le università e gli enti vigilati dal Ministero dell’istruzione università e ricerca e che chiedono il rilascio del citato permesso di soggiorno, non sono tenuti a sottoporsi al test di conoscenza della lingua italiana, il cui superamento è necessario, per le altre categorie di lavoratori, per l’ottenimento del permesso.

 

La materia del soggiorno di lungo periodo è disciplinata dalla direttiva 2003/109/CE, recepita nell'ordinamento italiano dal D.Lgs. 3/2007 che ha novellato il testo unico in materia di immigrazione (D.Lgs. 286/1998, artt. 9 e 9-bis). In sintesi, i cittadini di Paesi terzi, soggiornanti legalmente e ininterrottamente per cinque anni nel territorio di uno Stato membro, acquistano (purché dimostrino la disponibilità di stabili e regolari risorse economiche e siano coperti da adeguata assicurazione sanitaria) lo status di soggiornante di lungo periodo e hanno diritto ad un permesso di soggiorno speciale detto "permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo" (la dizione “permesso di soggiorno CE” è stata così modificata ad opera del D.Lgs. 13 febbraio 2014, n. 12), che ha sostituito la "carta di soggiorno", dal contenuto analogo, prevista in precedenza. Tale status - che è permanente, salva revoca o perdita a date condizioni - reca con sé alcuni diritti, circa la parità di trattamento nell'esercizio di un'attività lavorativa, la tutela contro l'allontanamento, il soggiorno negli altri Stati membri, il ricongiungimento con i familiari. La legge 15 luglio 2009, n. 94 in materia di sicurezza, ha integrato tale disciplina subordinando il rilascio del permesso di soggiorno al superamento, da parte del richiedente, di un test di conoscenza della lingua italiana, le cui modalità di svolgimento sono state determinate con decreto del Ministro dell’interno 4 giugno 2010.

 

La lettera a) apporta una modifica all’articolo 22, comma 11-bis, del citato testo unico sull’immigrazione, ai sensi del quale (nella formulazione previgente) il cittadino straniero non comunitario che ha conseguito in Italia un dottorato o un master universitario di secondo livello, ovvero la laurea triennale o laura specialistica, alla scadenza del permesso di soggiorno per motivi di studio, può essere iscritto nell'elenco anagrafico dei lavoratori previsto dall'articolo 4 del DPR 7 luglio 2000, n. 442, e chiedere un permesso di soggiorno per attesa occupazione. In questo caso, l’iscrizione nell’elenco avrà una durata non superiore a dodici mesi. Resta salva la possibilità per lo studente straniero, in presenza dei requisiti previsti dal testo unico, di chiedere la conversione del permesso di soggiorno per studio (prima della scadenza dello stesso) in permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Stante la formulazione previgente della disposizione, la possibilità di richiedere il permesso per attesa occupazione era riservato agli immigrati con permesso di soggiorno per studio che, alla scadenza di questo, avessero conseguito in Italia il dottorato o il master di secondo livello ovvero la laurea.

La disposizione in esame ha esteso tale possibilità anche a chi abbia conseguito il master universitario di primo livello.

Si ricorda che il comma 11-bis in oggetto è stato introdotto dalla L. 94/2009 (art. 1, comma 22, lett. q) e poi modificato dal D.L. 76/2013 (art. 9, comma 8-bis). Nella formulazione originaria, si prevedeva l’accesso al permesso di soggiorno di attesa occupazione solamente per coloro che avessero conseguito il master di secondo livello. Con la modifica apportata dal D.L. 76/2013 l’accesso è stato esteso anche ai laureati. Rimanevano esclusi solo coloro che avessero conseguito il master di primo livello, quindi ad un corso cui si accede con la laurea.

 

Si ricorda che, a seguito della previsione contenuta all'articolo 17, comma 95, della L. 127/1997, con DM 509/1999 è stato introdotto nell’ordinamento il c.d. “modello 3+2”, in base al quale le università rilasciano titoli di primo e di secondo livello, denominati, rispettivamente, laurea e laurea specialistica. In seguito, l’art. 3 del DM 270/2004 ha sostituito la denominazione di laurea specialistica con quella di laurea magistrale.

Inoltre, ai sensi del medesimo art. 3, le università possono attivare, disciplinandoli nei regolamenti didattici di ateneo, corsi di perfezionamento scientifico e di alta formazione permanente e ricorrente, successivi al conseguimento della laurea o della laurea magistrale, alla conclusione dei quali sono rilasciati, rispettivamente, i master universitari di primo e di secondo livello.

Con la circolare n. 6786 del 5 settembre 2011, il Ministero dell’interno aveva confermato, in risposta ad un quesito, che l’articolo 22-bis esclude possibilità di rilasciare un permesso di un soggiorno per attesa occupazione anche in favore di quegli studenti stranieri che abbiano proficuamente concluso gli studi universitari e non accedano a dottorati o master universitari di secondo livello e che per procedere a tale conversione fosse preliminarmente necessario uno specifico intervento di modifica legislativa.

 

Le lettere b) e c) modificano l’articolo 27-ter del testo unico sull’immigrazione (D.Lgs. 286/1998) che disciplina l’ingresso e il soggiorno per ricerca scientifica.

Con la prima modifica si specifica che la sussistenza delle risorse mensili messe a disposizione del ricercatore e indicate nella convenzione di accoglienza tra il ricercatore medesimo e l’istituto di ricerca sia dichiarata da parte dell’istituto, anche nel caso in cui la partecipazione del ricercatore al progetto di ricerca benefici del sostegno finanziario dell’Unione Europea, di un’organizzazione internazionale, di altro istituto di ricerca o di un soggetto estero ad esso assimilabile (lettera a)).

Con la seconda modifica viene escluso per i ricercatori l’obbligo di dimostrare la disponibilità di un alloggio idoneo ai fini del ricongiungimento familiare (lettera b).

 

Le lettere d) ed e) modificano l’articolo 27-quater del testo unico sull’immigrazione che disciplina l’ingresso e il soggiorno per lavoratori altamente qualificati. Si tratta dei cosiddetti lavoratori fuori quota, ossia dei lavoratori che possono fare ingresso in Italia in sovrannumero rispetto alle quote dei lavoratori ammessi ogni anno determinate con il decreto flussi e che accedono ad un permesso di soggiorno speciale denominato Carta blu UE.

Per poter rientrare in tale categoria di lavoratori, gli interessati devono avere una serie di requisiti, tra cui un titolo di istruzione superiore conseguito con un corso di almeno tre anni e la relativa qualifica professionale superiore, ossia una qualifica corrispondente al titolo di studio. La modifica in commento elimina l’obbligo di corrispondenza tra titolo di studio e qualifica, consentendo quindi l’ingresso anche a coloro che hanno una qualifica professionale diversa da quella corrispondete con il titolo di studio.

 

In Italia l’immigrazione dei cittadini stranieri non appartenenti all’Unione europea è regolata secondo il principio della programmazione dei flussi. Ogni anno il Governo, sulla base della necessità di manodopera interna, stabilisce il numero di stranieri che possono entrare nel nostro Paese per motivi di lavoro.

In particolare, con il decreto flussi il Governo stabilisce ogni anno, sulla base delle indicazioni contenute nel documento programmatico triennale e dei dati sull’effettiva richiesta di lavoro da parte delle realtà locali, elaborati da un’anagrafe informatizzata tenuta dal Ministero del lavoro, le quote massime di stranieri da ammettere in Italia per motivi di lavoro. In esso sono previste quote riservate per i cittadini provenienti da Paesi a forte pressione migratoria con i quali l’Italia ha sottoscritto accordi specifici di cooperazione in materia di immigrazione. Il decreto è adottato entro il 30 novembre di ciascun anno, previo parere delle competenti commissioni parlamentari. Una norma di salvaguardia prevede che qualora non sia possibile emanare il decreto (per esempio in assenza del documento programmatico triennale) il Presidente del Consiglio può adottare un decreto transitorio con una procedura più veloce e senza il parere delle Camere. Tale decreto, però, non può superare le quote stabilite nell’ultimo decreto (ordinario o transitorio) emanato (art. 3 del testo unico del 1998). Il decreto flussi 2013 ha autorizzato l’ingresso di una quota massima di 17.850 lavoratori (DPCM 25 novembre 2013

 

La lettera f) liberalizza l’ingresso in Italia degli studenti residenti all’estero che intendano accedere all’istruzione universitaria attraverso l’abrogazione dell’articolo 39, comma 4, del testo unico che prevede il contingentamento del numero dei visti per motivi di studio rilasciati ogni anno.

 

L’accesso degli studenti stranieri ai corsi delle università italiane sono disciplinati dall’articolo 39 del testo unico delle leggi sull’immigrazione approvato con il D.Lgs. 286/1998.

Viene sancita in via generale la parità di trattamento degli stranieri con i cittadini italiani per quanto riguarda l’accesso all’istruzione universitaria ed il diritto allo studio.

L’accesso alle università italiane degli studenti stranieri residenti all’estero viene contingentato nei limiti del numero massimo di visti d’ingresso e permessi di soggiorno determinato annualmente, sulla base delle disponibilità comunicate dalle università, con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro dell’interno; sul relativo schema le competenti Commissioni parlamentari esprimono il proprio parere. Il parere è espresso entro 30 giorni dalla trasmissione (art. 39, co. 4).

L’articolo 46 del regolamento di attuazione del testo unico delle leggi sull’immigrazione (approvato con il D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394 e modificato con il D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334) stabilisce più dettagliatamente le modalità per la determinazione annuale del numero dei posti da destinare alla immatricolazione degli studenti stranieri ai corsi di studio universitari per l’anno successivo e per l’emanazione del decreto sui relativi visti di ingresso e permessi di soggiorno:

·     i singoli atenei fissano, entro il 31 dicembre di ogni anno, il numero di posti che possono essere assegnati agli studenti stranieri nell’anno seguente;

·     sulla base dei dati forniti dalle università, il Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro dell’interno, emana il decreto con cui viene stabilito il numero massimo di visti d’ingresso e permessi di soggiorno per motivi di studio;

·     con un provvedimento successivo sono definiti gli adempimenti richiesti agli stranieri per il rilascio del visto di ingresso e del permesso di soggiorno per motivi di studio, anche con riferimento alla dimostrazione di disponibilità di mezzi sufficienti di sostentamento da parte dello studente straniero.

·     L’ultimo decreto flussi per motivi di studio è stato adottato con il decreto del Ministero degli affari esteri del 9 gennaio 2012 (48.806 ingressi autorizzati).

 

Il comma 9 dispone che dall’attuazione dei commi 7, 7-bis e 8 non devono derivare oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.

 

Il comma 9-bis - incidendo sulla norme per lo sviluppo delle attività economiche e della cooperazione internazionale della regione Friuli-Venezia Giulia, della provincia di Belluno e delle aree limitrofe - autorizza la società Finest spa ad operare nei Paesi del Mediterraneo.

 


 

Articolo 6, commi 1-7
(Misure per favorire la digitalizzazione e la connettività delle piccole e medie imprese)

 


1. Al fine di favorire la digitalizzazione dei processi aziendali e l'ammodernamento tecnologico delle micro, piccole e medie imprese, nell'ambito di apposito Programma Operativo Nazionale della prossima programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari, previa verifica della coerenza con le linee di intervento in essa previste ed a seguito dell'approvazione della Commissione europea, ovvero nell'ambito della collegata pianificazione degli interventi nazionali finanziati dal Fondo per lo sviluppo e la coesione e dal Fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, sono adottati interventi per il finanziamento a fondo perduto, tramite Voucher di importo non superiore a 10.000 euro, conformemente al regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione del 15 dicembre 2006 relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti di importanza minore («de minimis»), concessi ad imprese per l'acquisto di software, hardware o servizi che consentano il miglioramento dell'efficienza aziendale, la modernizzazione dell'organizzazione del lavoro, tale da favorire l'utilizzo di strumenti tecnologici e forme di flessibilità, tra cui il telelavoro, lo sviluppo di soluzioni di e-commerce, la connettività a banda larga e ultralarga. I suddetti voucher sono concessi anche per permettere il collegamento alla rete internet mediante la tecnologia satellitare, attraverso l'acquisto e l'attivazione di decoder e parabole, nelle aree dove le condizioni geomorfologiche non consentano l'accesso a soluzioni adeguate attraverso le reti terrestri o laddove gli interventi infrastrutturali risultino scarsamente sostenibili economicamente o non realizzabili. I voucher potranno altresì finanziare la formazione qualificata, nel campo ICT, del personale delle suddette piccole e medie imprese.

2. Previa verifica della coerenza con le linee di intervento previste nella proposta nazionale relativa alla prossima programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari, fruibili a seguito dell'approvazione da parte della Commissione europea del Programma Operativo Nazionale relativo alla Competitività di responsabilità del Ministero dello sviluppo economico, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la coesione territoriale e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie e con il Ministro dello sviluppo economico, è stabilito l'ammontare dell'intervento nella misura massima complessiva di 100 milioni di euro a valere sulla medesima proposta nazionale o sulla collegata pianificazione definita per l'attuazione degli interventi a finanziamento nazionale di cui al comma 1. La somma così individuata dal CIPE è ripartita tra le Regioni in misura proporzionale al numero delle imprese registrate presso le Camere di commercio operanti nelle singole Regioni.

3. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze sono stabiliti lo schema standard di bando e le modalità di erogazione dei contributi di cui al presente articolo.

4. All'articolo 1 dell'allegato n. 10 al codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, lettera a), numero 1), dopo le parole: «111.000,00 euro» sono aggiunte le seguenti: «ad eccezione delle imprese con un numero di utenti pari o inferiore a 50.000»;

b) al comma 1, lettera a), dopo il numero 1) è inserito il seguente: «1-bis) per le imprese con un numero di utenti pari o inferiore a 50.000, 300 euro ogni mille utenti»;

c) al comma 1, lettera b), numero 1), dopo le parole: «66.500,00 euro» sono aggiunte le seguenti: «ad eccezione delle imprese con un numero di utenti pari o inferiore a 50.000»;

d) al comma 1, lettera b), dopo il numero 1) è inserito il seguente: «1-bis) per le imprese con un numero di utenti pari o inferiore a 50.000, 100 euro ogni 1.000 utenti».

4-bis. Al fine di favorire il raggiungimento degli obiettivi dell'Agenda digitale italiana, le disposizioni di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 1° ottobre 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 244 del 17 ottobre 2013, si applicano anche allo scavo per l'installazione dei ricoveri delle infrastrutture digitali necessarie per il collegamento degli edifici alle reti di telecomunicazioni. Nel caso di installazione dei ricoveri delle infrastrutture contemporanea all'effettuazione dello scavo, l'ente operatore presenta un'istanza unica per lo scavo e per l'installazione dei ricoveri delle infrastrutture ai sensi dell'articolo 88 del codice di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni.

4-ter. Al fine di favorire la diffusione della banda larga e ultralarga nel territorio nazionale anche attraverso l'utilizzo di tecniche innovative di scavo che non richiedono il ripristino del manto stradale, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono definite ulteriori misure relative alla posa in opera delle infrastrutture a banda larga e ultralarga, anche modificative delle specifiche tecniche adottate con decreto del Ministro dello sviluppo economico 1° ottobre 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 244 del 17 ottobre 2013.

5. All'articolo 15, comma 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241, le parole: «1° gennaio 2013», sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2014».

5-bis. Al fine di elaborare soluzioni innovative volte a colmare il divario digitale in relazione alla banda larga e ultralarga e di conseguire una mappatura della rete di accesso ad internet, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, costituisce, tramite periodico aggiornamento richiesto agli operatori autorizzati, una banca di dati di tutte le reti di accesso ad internet di proprietà sia pubblica sia privata esistenti nel territorio nazionale, dettagliando le relative tecnologie nonché il grado di utilizzo delle stesse. I dati così ricavati devono essere resi disponibili in formato di dati di tipo aperto, ai sensi del comma 3 dell'articolo 68 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni. All'attuazione del presente comma si provvede nei limiti delle risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

6. All'articolo 6 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, il comma 4 è sostituito dal seguente:

«4. Le disposizioni di cui al comma 3 si applicano a fare data dal 30 giugno 2014 per i contratti stipulati in forma pubblica amministrativa e a far data dal 1° gennaio 2015 per i contratti stipulati mediante scrittura privata.».

7. Sono validi gli accordi di cui all'articolo 15, comma 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e di cui all'articolo 5-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, nonché i contratti di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, non stipulati in modalità elettronica a far data dal 1° gennaio 2013 e fino alle date in cui la stipula in modalità elettronica diventa obbligatoria ai sensi, rispettivamente, dei citati articoli 15, comma 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e 6, comma 4, del citato decreto-legge n. 179 del 2012.


 

 

I commi da 1 a 7 dell’art. 6, modificati nel corso dell’esame parlamentare, contengono norme per favorire la digitalizzazione e la connettività tramite:

·      un voucher a fondo perduto per le piccole e medie imprese per la digitalizzazione, l’e-commerce e la connettività a banda larga e ultralarga o satellitare e per la formazione ICT (commi 1-3);

·      la riduzione del contributo annuo delle imprese fornitrici di reti pubbliche di comunicazioni e di servizio telefonico con meno di 50.000 utenti (comma 4);

·      la semplificazione delle procedure per lo scavo e l’installazione delle infrastrutture digitali (commi 4-bis e 4-ter);

·      la costituzione di una banca dati di tutte le reti di accesso ad Internet di proprietà sia pubblica che privata (comma 5-bis);

·      la proroga dei termini per la firma elettronica degli accordi tra amministrazioni per l’esercizio di attività di interesse comune (comma 5) e per la stipula elettronica dei contratti e degli accordi di programma (commi 6 e 7).

 

Il comma 1 dell’articolo 6 consente in particolare l’accesso da parte delle piccole e medie imprese a finanziamenti a fondo perduto, tramite voucher di importo non superiore a 10.000 euro da destinare a:

·      acquisto di software, hardware o servizi che consentano il miglioramento dell’efficienza aziendale, anche con riferimento allo sviluppo del telelavoro e di altre forme di flessibilità;

·      sviluppo di soluzioni di e-commerce;

·      connettività a banda larga e ultralarga(62);

·      collegamenti a Internet mediante tecnologia satellitare, attraverso l’attivazione di decoder e parabole in quelle aree dove le condizioni geomorfologiche non consentano soluzioni attraverso reti terrestri ovvero gli interventi infrastrutturali necessari non risultino economicamente sostenibili o realizzabili;

·      formazione qualificata, nel campo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Information and Communication Technology: ICT) del personale delle piccole e medie imprese.

 

In base al comma 1, l’erogazione dei benefici per la digitalizzazione delle imprese deve avvenire nell'ambito di apposito Programma Operativo Nazionale della prossima programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari o anche nell’ambito della pianificazione degli interventi del Fondo di sviluppo e coesione e del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie e nel rispetto del regolamento che disciplina l’erogazione degli aiuti de minimis.

Si tratta cioè di quelle misure di sostegno al sistema produttivo che non violano il divieto di aiuti di Stato previsto dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea perché ritenuti di lieve entità. Il Regolamento (CE) n. 1998/2006 citato nella disposizione è stato però ora sostituito dal Regolamento (UE) n. 1407/2013 del 18 dicembre 2013 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 24 dicembre 2013). Il nuovo regolamento mantiene comunque invariata la definizione degli aiuti de minimis come quegli aiuti che abbiano un massimale di 200.000 euro calcolato su un periodo di tre anni (100.000 euro per il settore del trasporto di merci su strada per conto terzi).

Come evidenziato nella relazione illustrativa “durante il periodo di programmazione corrente (dei fondi comunitari, 2007-2013, ndr) l’Italia ha programmato circa 28 miliardi di euro, allocati 16 miliardi di euro e ne ha speso il 35 per cento. L’Italia ha programmato circa 1,3 miliardi di euro per l’Information and Communication Technology (ICT), dei quali 100 milioni di euro sono previsti per la banda larga. Il rapporto strategico sui fondi strutturali più recente ha rivelato che solo il 47 per cento del totale è stato destinato a progetti e che solo il 5 per cento di quanto destinato è stato effettivamente speso per la banda larga”.

 

I commi 2 e 3 dell’articolo 6 intervengono sulle modalità attuative dell’erogazione del contributo.

In particolare il comma 2 rimette a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la coesione sociale, il Ministro per gli affari regionali e il Ministro dello sviluppo economico, l’ammontare dell’intervento nella misura massima di 100 milioni di euro. La misura massima di spesa per l’erogazione dei benefici deve intendersi come complessiva e le risorse possono essere rinvenute anche dalla pianificazione nazionale per l’attuazione degli interventi a finanziamento nazionale.

Tali risorse sono recuperate dalle risorse complessive della programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari, previa verifica della coerenza con le linee di intervento previste dalla medesima. Esse saranno inoltre fruibili solo a seguito dell’approvazione da parte della Commissione europea del Programma operativo nazionale (PON) relativo alla Competitività, di competenza del Ministero dello sviluppo economico. Il CIPE provvederà quindi al riparto della somma così individuata tra le regioni in misura proporzionale al numero delle imprese registrate presso le Camere di commercio di ciascuna regione.

Il comma 3 prevede inoltre che con decreto del Ministro dello sviluppo economico siano stabiliti lo schema standard di bando e le modalità di erogazione dei contributi.

 

Il comma 4 riduce la misura del contributo annuo dovuto, ai sensi dell’articolo 34 del codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo n. 259/2003), dalle imprese titolari dell’autorizzazione generale per la fornitura di reti pubbliche di comunicazioni e di servizio telefonico accessibile al pubblico(63) , qualora abbiano un numero di utenti pari o inferiore a 50.000.

Per tali soggetti il contributo inferiore viene fissato in misura inferiore a quello generale, che viene limitato ora alle sole imprese con più di 50.000 utenti. Per le imprese più piccole il contributo è quindi così fissato:

a.   300 euro ogni mille utenti per le reti pubbliche di comunicazioni (mentre per le imprese con più di 50.000 utenti il contributo è di 111.000 euro);

b.   100 euro ogni mille utenti per i servizi telefonici accessibili al pubblico (in luogo dei 66.500 euro previsti per le imprese con più di 50.000 utenti).

 

Il comma 4-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, per favorire il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda digitale italiana, prevede l’applicazione anche allo scavo per l’installazione dei ricoveri delle infrastrutture digitali necessarie per il collegamento degli edifici alle reti di telecomunicazioni, delle disposizioni del decreto del Ministro dello sviluppo economico 1° ottobre 2013 che reca, in attuazione dell’art. 14, co. 3, del decreto-legge n. 179/2012 (cd. “decreto sviluppo 2”), le specifiche tecniche delle operazioni di scavo e ripristino per la posa di infrastrutture digitali nelle infrastrutture stradali. Si specifica infine che nel caso di installazione delle infrastrutture contemporanea all’effettuazione dello scavo, l’Ente operatore presenta un’istanza unica per lo scavo e l’installazione all’Ente locale competente o alla figura soggettiva pubblica proprietaria delle aree, ai sensi dell’art. 88 del codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo n. 259/2003).

 

Il comma 4-ter autorizza l’adozione da parte del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, di un decreto volto a prevedere misure relative alla posa in opera delle infrastrutture digitali a banda larga e ultralarga ulteriori rispetto e modificative rispetto a quelle del decreto del 1° ottobre 2013. Ciò al fine di consentire l’utilizzo di tecniche innovative di scavo che non richiedono il ripristino del manto stradale.

 

Il comma 5-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, prevede che l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, entro 12 mesi, costituisca, per il tramite del periodico aggiornamento richiesto agli operatori autorizzati, una banca dati di tutte le reti di accesso ad Internet di proprietà sia pubblica che privata esistenti sul territorio nazionale, dettagliandone le relative tecnologie nonché il grado di utilizzo delle stesse. La finalità è quella di elaborare soluzioni innovative volte a colmare il digital divide in relazione alla banda larga ed ultralarga e di conseguire una mappatura della rete di accesso ad Internet. I dati così ricavati dovranno essere resi disponibili in formato dati di tipo aperto, ai sensi del comma 3 dell'articolo 68 del CAD. All'attuazione di tale previsione si provvede nei limiti delle risorse finanziarie, umane, e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Il comma 5 proroga dal 1° gennaio 2013 al 30 giugno 2014 l’entrata in vigore della disposizione (art. 15, co. 2-bis della legge n. 241/1990, introdotto dall’articolo 6 del decreto-legge n. 179/2012) che prevede la sottoscrizione in forma elettronica degli accordi per l’esercizio di attività di interesse comune da parte di amministrazioni diverse.

 

Il comma 6 proroga dal 1° gennaio 2013 al 30 giugno 2014, per i contratti stipulati in forma pubblica amministrativa, ovvero al 1° gennaio 2015 per i contratti stipulati in forma di scrittura privata, l’entrata in vigore della disposizione (art. 11, comma 13 del codice dei contratti pubblici, come sostituito dal decreto-legge n. 179/2012) che prevede che i contratti pubblici siano sottoscritti, a pena di nullità, con atto pubblico notarile informatizzato, ovvero in modalità elettronica.

 

Conseguentemente, il comma 7 fa salvi gli accordi e i contratti stipulati in modalità non elettronica a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino alle date individuate dai commi 5 e 6. Fino ai termini indicati, sono validi anche gli accordi di programma non sottoscritti in forma elettronica per la realizzazione di interventi di qualificazione e messa a norma delle strutture sanitarie (ex art. 5-bis del decreto legislativo n. 502/1992).

In proposito, la relazione illustrativa informa che presso la Presidenza del Consiglio è stato attivato un tavolo tecnico per la risoluzione delle problematiche relative all’introduzione degli obblighi di stipula in forma elettronica sopra richiamati. Tra le problematiche più rilevanti indicate nella relazione si segnalano: 1) le caratteristiche tecniche dell’accordo o del contratto per garantirne l’immodificabilità e la leggibilità nel tempo; 2) le modalità di sottoscrizione anche in relazione agli allegati; 3) la definizione di un formato informatico per collegare in modo univoco l’accordo o il contratto con i relativi allegati; 4) le caratteristiche del sistema informatico di conservazione idonee a garantire nel tempo l’unicità, l’integrità, l’autenticità e la leggibilità dell’atto e dei relativi allegati; 4) le modalità per l’assolvimento dell’imposta di bollo.


 

Articolo 6, commi 8, 9 e 9bis
(Servizio televisivo digitale terrestre)

 


8. Entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni avvia le procedure per escludere dalla pianificazione delle frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre le frequenze riconosciute a livello internazionale e utilizzate dai Paesi confinanti, pianificate e assegnate ad operatori di rete televisivi in Italia e oggetto di accertate situazioni interferenziali alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché le frequenze oggetto di EU Pilot esistenti alla medesima data. La liberazione delle frequenze di cui al primo periodo deve avere luogo non oltre il 31 dicembre 2014. Alla scadenza del predetto termine, in caso di mancata liberazione delle suddette frequenze, l'amministrazione competente procede senza ulteriore preavviso alla disattivazione coattiva degli impianti avvalendosi degli organi della polizia postale e delle comunicazioni ai sensi dell'articolo 98 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259.

9. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definiti i criteri e le modalità per l'attribuzione, entro il 31 dicembre 2014, in favore degli operatori abilitati alla diffusione di servizi di media audiovisivi, di misure economiche di natura compensativa, a valere sulla quota non impiegata per l'erogazione dei contributi per i ricevitori per la televisione digitale nella misura massima di 20 milioni di euro, trasferiti alla società Poste Italiane Spa in via anticipata, di cui al decreto del Ministro delle comunicazioni 30 dicembre 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 18 del 23 gennaio 2004, finalizzate al volontario rilascio di porzioni di spettro funzionali alla liberazione delle frequenze di cui al comma 8. Successivamente alla data del 31 dicembre 2014, le risorse di cui al primo periodo che residuino successivamente all'erogazione delle misure economiche di natura compensativa di cui al medesimo periodo possono essere utilizzate, per le stesse finalità, per l'erogazione di indennizzi eventualmente dovuti a soggetti non più utilmente collocati nelle graduatorie di cui all'articolo 4 del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75, e successive modificazioni, a seguito della pianificazione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di cui al comma 8 del presente articolo.

9-bis. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni stabilisce le modalità e le condizioni economiche secondo cui i soggetti assegnatari dei diritti d'uso in ambito locale hanno l'obbligo di cedere una quota della capacità trasmissiva ad essi assegnata, comunque non inferiore a un programma, a favore dei soggetti legittimamente operanti in ambito locale alla data di entrata in vigore del presente decreto, che procedano al volontario rilascio delle frequenze utilizzate di cui al comma 8 o a cui, sulla base della nuova pianificazione della stessa Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e della posizione non più utile nelle graduatorie di cui all'articolo 4 del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75, e successive modificazioni, sia revocato il diritto d'uso.


 

 

I commi 8, 9 e 9-bis dell’articolo 6 prevedono l’esclusione dalla pianificazione ed il rilascio delle frequenze del servizio digitale terrestre che abbiano causato situazioni di interferenza con i Paesi confinanti (comma 8), nonché un indennizzo per gli operatori interessati (comma 9) e l’obbligo dei titolari di diritti d’uso delle frequenze radio televisive locali di cedere almeno un programma agli operatori locali che abbiano rilasciato le frequenze o a cui sia stato revocato il diritto d’uso (comma 9-bis).

Rilascio delle frequenze interferenziali (comma 8)

Il comma 8 prevede l’esclusione da parte dell’AGCOM dalla pianificazione ed il rilascio delle frequenze per il servizio digitale terrestre assegnate a operatori di rete televisivi italiani che diano luogo ad accertate situazioni interferenziali. Si tratta delle frequenze (di soggetti sostanzialmente operanti in ambito locale) interessate da situazioni interferenziali che risultino esistenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge (23/12/2013) e quelle oggetto delle procedure di precontenzioso “EU-Pilot” esistenti alla medesima data.

L’Italia ha attualmente assegnato ai propri operatori la quasi totalità delle frequenze disponibili; tale circostanza ha però determinato accertate situazioni interferenziali verso i paesi confinanti e sia l’Unione internazionale delle telecomunicazioni (ITU) sia l’Unione europea hanno invitato l’Italia ad avviare incontri bi e multilaterali per affrontare la situazione.

L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni deve avviare le relative procedure entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge e la liberazione delle frequenze deve avere luogo entro e non oltre il 31 dicembre 2014.

L’AGCOM ha avviato con Delibera 26/14/CONS del 21 gennaio 2014 le procedure per l’attuazione della disposizione in commento, per escludere quindi dalla pianificazione delle frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre, le frequenze riconosciute a livello internazionale ed utilizzate dai Paesi confinanti, pianificate ed assegnate ad operatori di rete televisivi in Italia ed oggetto di accertate situazioni interferenziali.

 

Alla scadenza del termine l’amministrazione può procedere alla disattivazione coattiva degli impianti avvalendosi della polizia postale (come previsto dall’articolo 98, comma 6, del Codice delle comunicazioni elettroniche).

Si ricorda che è entrato in vigore il 23 febbraio 2014 il decreto del Ministero dello Sviluppo economico 9 agosto 2013, n. 165 contenente le misure e le modalità d'intervento da parte degli operatori delle telecomunicazioni per minimizzare le interferenze tra servizi a banda larga mobile ed impianti per la ricezione televisiva domestica.

 

Compensazioni per gli operatori (commi 9 e 9-bis)

Il comma 9 prevede l’erogazione di misure compensative per gli operatori interessati dal rilascio volontario delle frequenze di cui al comma 8.

Ciò avverrà a valere sulla quota non impiegata per l'erogazione dei contributi per i ricevitori per la televisione digitale nella misura massima di 20 milioni di euro, trasferiti alla società Poste Italiane Spa in via anticipata come previsto dal decreto del Ministro delle comunicazioni 30 dicembre 2003 (contributo per la televisione digitale terrestre e per l’accesso a banda larga a Internet ai sensi dell’art. 4, commi 1 e 2, della legge finanziaria 2004, legge n. 350/2003).

Successivamente al 31 dicembre 2014 le somme residue potranno essere utilizzate per eventuali indennizzi per gli operatori che, a seguito della nuova pianificazione operata dall’Agcom ai sensi del comma 8 e conseguente al rilascio, non rientrano più nella graduatoria dei soggetti abilitati alla trasmissione televisiva digitale terrestre in ambito locale, compilata ai sensi dell’articolo 4 del decreto-legge 34/2011.

Il riferimento è alla norma che demanda al Ministero dello sviluppo economico, entro il 30 giugno 2012, il compito tra l’altro di:

§  assegnare i diritti di uso relativi alle frequenze radiotelevisive nel rispetto dei criteri e delle modalità disciplinati dai commi da 8 a 12 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2011 (legge n. 220/2010);

§  predisporre, per quanto concerne le frequenze radiotelevisive in ambito locale, per ciascuna area tecnica o Regione, una graduatoria dei soggetti legittimamente abilitati alla trasmissione radiotelevisiva in ambito locale che ne facciano richiesta sulla base di specifici criteri.

 

Il comma 9-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, demanda all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di stabilire le modalità e le condizioni economiche secondo i cui i titolari di diritti d’uso di frequenze televisive locali hanno l’obbligo di cedere una quota della loro capacità trasmissiva, comunque non inferiore a un programma, a favore dei soggetti legittimamente operanti in ambito locale che procedano al rilascio volontario delle frequenze oggetto di situazioni interferenziali o a cui sulla base della nuova pianificazione sia revocato il diritto d'uso.


 

Articolo 6, commi 10-14bis
(Credito d’imposta per  favorire la digitalizzazione e la connettività delle piccole e medie imprese)

 


10. Nell'ambito di apposito Programma Operativo Nazionale della prossima programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari, previa verifica della coerenza con le linee di intervento in essa previste ed a seguito dell'approvazione della Commissione europea, ovvero nell'ambito della collegata pianificazione degli interventi nazionali finanziati dal Fondo per lo sviluppo e la coesione e dal Fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, sono adottati interventi per il riconoscimento di un credito di imposta per le spese documentate e sostenute da piccole e medie imprese di cui alla Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione del 6 maggio 2003, ovvero da consorzi da reti di piccole e medie imprese, e relative ad interventi di rete fissa e mobile che consentano l'attivazione dei servizi di connettività digitale con capacità uguale o superiore a 30 Mbps. Il credito di imposta è riconosciuto a decorrere dalla data individuata con il decreto di cui al comma 11 e fino al 2016, nella percentuale del 65% degli importi rimasti a carico del contribuente, fino a un valore massimo di 20.000 euro e nella misura massima complessiva di 50 milioni di euro a valere sulla proposta nazionale relativa alla programmazione 2014-2020 o sulla predetta pianificazione degli interventi a finanziamento nazionale.

11. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro per la coesione territoriale e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, sono definite, conformemente al regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione del 15 dicembre 2006 relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti di importanza minore («de minimis»), le modalità per usufruire del credito d'imposta di cui al comma 10, inclusa la certificazione del prestatore del servizio di connessione digitale e le modalità di comunicazione delle spese effettuate, ai fini delle verifica di capienza dei fondi annualmente disponibili, il regime dei controlli sulle spese nonché ogni altra disposizione necessaria per il monitoraggio dell'agevolazione ed il rispetto del limite massimo di risorse stanziate.

12. Il credito di imposta di cui al comma 10 non è cumulabile con l'agevolazione prevista dal comma 1.

13. Il credito d'imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel corso del quale il beneficio è maturato. Esso non concorre alla formazione del reddito, né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni.

14. Le risorse individuate ai sensi del comma 11, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato e successivamente riassegnate, per le finalità di spesa di cui ai commi da 10 a 13, ad apposito programma dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. A tal fine, il Ministero dello sviluppo economico comunica al Fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, e al Fondo per lo sviluppo e la coesione, in relazione alle previste necessità per fronteggiare le correlate compensazioni, gli importi comunitari e nazionali riconosciuti a titolo di credito di imposta da versare all'entrata del bilancio dello Stato.

14-bis. All'articolo 47 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, e successive modificazioni, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Per le finalità di cui al comma 1, l'Agenzia per l'Italia digitale e le amministrazioni interessate possono stipulare, nel rispetto della legislazione vigente in materia di contratti pubblici e mediante procedure di evidenza pubblica, convenzioni con società concessionarie di servizi pubblici essenziali su tutto il territorio nazionale dotate di piattaforme tecnologiche integrate erogatrici di servizi su scala nazionale e di computer emergency response team. Le amministrazioni interessate provvedono all'adempimento di quanto previsto dal presente comma con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.».


 

 

I commi da 10 a 14 dell’art. 6, modificati nel corso dell’esame parlamentare, prevedono l’emanazione di un decreto ministeriale per il riconoscimento alle piccole e medie imprese, nei limiti previsti dalle norme comunitarie, di una detrazione dall’imposta lorda nella percentuale del 65%, fino a un valore massimo di 20.000 euro, per le spese documentate e sostenute (anche da consorzi o da reti di piccole e medie imprese), relative a interventi di rete fissa e mobile volti a garantire una velocità di connettività con capacità uguale o superiore a 30 Megabit per secondo (c.d. banda larga veloce).

Si ricorda infatti che l’Agenda digitale europea (in particolare con la comunicazione della Commissione europea COM(2010)472) ha posto l’obiettivo di raggiungere, entro il 2020 una copertura con banda larga veloce (pari o superiore a 30 Megabit per secondo) per il 100% dei cittadini UE e con banda larga ultra veloce (pari o superiore a 100 Megabit per secondo) per il 50% dei cittadini UE.

 

Il comma 10 precisa che il credito di imposta è riconosciuto alle piccole e medie imprese a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale che ne definirà le modalità di fruizione (previsto dal successivo comma 11) e fino al 2016, nella misura massima di 20.000 euro per ciascuna impresa e per un importo complessivo massimo di 50 milioni di euro a valere sulla proposta nazionale relativa alla programmazione 2014-2020.

Il credito di imposta dovrà essere previsto da un apposito programma operativo nazionale (PON) nell’ambito dell’utilizzo delle risorse della programmazione 2014-2020 e previa approvazione della Commissione europea. L’erogazione del credito di imposta potrà avvenire anche nell’ambito della pianificazione degli interventi a finanziamento nazionale del fondo per lo sviluppo e coesione e dal Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie (adeguando la previsione della quota di 50 milioni, a valere anche su di essi).

Per quanto riguarda la nozione di piccole e medie imprese la norma fa riferimento alla Raccomandazione 2003/361/CE. In base alla raccomandazione, la categoria delle microimprese delle piccole imprese e delle medie imprese (PMI) è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro.

Il comma 11 rimette, come detto, a un decreto del Ministro dello sviluppo economico - di concerto con i ministri dell’economia, della coesione territoriale, degli affari regionali - le modalità di fruizione del credito, in modo che siano rispettati i limiti, già sopra richiamati, per l’erogazione di aiuti configurabili come legittimi ai sensi della disciplina dell’Unione europea in materia di aiuti de minimis.

Si tratta di quelle misure di sostegno al sistema produttivo che non violano il divieto di aiuti di Stato previsto dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea perché ritenuti di lieve entità. Il Regolamento (CE) n. 1998/2006 citato nella disposizione è stato però ora sostituito dal Regolamento (UE) n. 1407/2013 del 18 dicembre 2013 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 24 dicembre 2013). Il nuovo regolamento mantiene comunque invariata la definizione degli aiuti de minimis come quegli aiuti che abbiano un massimale di 200.000 euro calcolato su un periodo di tre anni.

 

Il decreto dovrà anche prevedere le modalità di certificazione del prestatore del servizio di connessione digitale e le modalità di comunicazione delle spese effettuate, ai fini della verifica di capienza dei fondi annualmente disponibili, nonché il regime dei controlli delle spese.

 

Il comma 12 prevede la non cumulabilità della detrazione con l’agevolazione prevista dal comma 1, cioè il voucher a fondo perduto previsto a favore delle piccole e medie imprese per la digitalizzazione, l’e-commerce e la connettività a banda larga e ultralarga o satellitare e per la formazione ICT (cfr. la relativa scheda).

 

In base al comma 13, il credito di imposta:

·      dovrà essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel corso del quale è maturato il beneficio;

·      non concorre alla formazione del reddito;

·      non concorre alla formazione della base imponibile ai fini IRAP;

·      non rileva ai fini della determinazione del rapporto tra ricavi e proventi, da un lato, e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi dall’altro lato (rapporto rilevante per individuare la quota di interessi passivi deducibile dal reddito d’impresa ovvero la quota di spese e altri componenti negative deducibile ai sensi degli articoli 61 e 109 del Testo unico delle imposte sui redditi, D.P.R. n. 917/1986);

·      è utilizzabile esclusivamente nell’ambito della compensazione tra debiti e crediti fiscali ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241/1997.

 

Il comma 14 prevede che le risorse da utilizzare per l’erogazione del credito di imposta di cui al comma 10 siano versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate ad apposito programma di spesa del Ministero dell’economia e delle finanze. A tal fine gli importi comunitari e nazionali da versare all’entrata del bilancio dello Stato devono essere comunicati dal Ministero dello sviluppo economico ai responsabili, presso il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell’economia, della gestione del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie previsto dall’articolo 5 della legge n. 183/1987. Il Ministero dello sviluppo economico dà comunicazione anche dell’utilizzo di risorse del Fondo per lo sviluppo e coesione, in relazione alle necessità derivanti dalle correlate compensazioni; trattandosi di svincolare gli interventi di sostegno finanziario previsti dall’articolo 6 dal programma operativo nazionale competitività (che dovrebbe riguardare le sole regioni del Mezzogiorno) ne deriverebbe la possibilità che ne risultino beneficiarie anche le imprese operanti nelle regioni centro-settentrionali.

 

Il comma 14-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, prevede infine che l’Agenzia per l’Italia digitale possa stipulare, nel rispetto della legislazione in materia di contratti pubblici e mediante procedure a evidenza pubblica, convenzioni con società concessionarie di servizi pubblici essenziali su tutto il territorio nazionale dotate di piattaforme tecnologiche integrate e di computer "emergency response team" (strutture finalizzate a raccogliere segnalazioni di incidenti informatici).

La clausola di invarianza finanziaria prevede che le amministrazioni interessate provvedano con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 


 

Articolo 7
(Razionalizzazione dell'istituto del ruling di standard internazionale)

 


1. All'articolo 8 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1, è sostituito dal seguente:

«1. Le imprese con attività internazionale hanno accesso ad una procedura di ruling di standard internazionale, con principale riferimento al regime dei prezzi di trasferimento, degli interessi, dei dividendi, delle royalties e alla valutazione preventiva della sussistenza o meno dei requisiti che configurano una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato, tenuti presenti i criteri previsti dall'articolo 162 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nonché dalle vigenti Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate all'Italia.»;

b) al comma 2 le parole: «per i due periodi d'imposta successivi» sono sostituite dalle seguenti: «per i quattro periodi d'imposta successivi»;

c) al comma 5 le parole: «, di Milano o di Roma,» sono soppresse.


 

 

Le disposizioni del comma 1 intendono ampliare l’accesso agli accordi preventivi sulla tassazione tra il contribuente e l’Agenzia delle entrate (cd. Ruling di standard internazionale), consentendo al contribuente di attivare la procedura di ruling anche con riferimento alla richiesta di accertamento, in via preventiva, circa la sussistenza o meno dei requisiti che configurano una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato, tenuti presenti i criteri previsti dal TUIR e dalle vigenti Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate all’Italia. La validità giuridica dell’accordo viene inoltre estesa da 3 a 5 anni.

 

Si rammenta che l’articolo 8 del D.L. 30 settembre 2003 n. 269 ha previsto, per le imprese con attività internazionale, la possibilità di utilizzare una procedura di ruling internazionale, al fine di determinare preventivamente, tramite accordo con l’amministrazione finanziaria, alcuni elementi rilevanti per la determinazione delle imposte, in particolare con riferimento al regime dei prezzi di trasferimento, degli interessi, dei dividendi e delle royalties.

La procedura in questione si conclude con la sottoscrizione di un accordo tra l’amministrazione finanziaria e l’impresa con attività internazionale, che vincola entrambe le parti sulle questioni oggetto di accordo per il periodo d’imposta nel corso del quale l’accordo stesso è stato stipulato e per i due periodi d’imposta successivi.

Le disposizioni per consentire alle imprese con attività internazionale di accedere alla suddetta procedura sono state definite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 23 luglio 2004, che individua i requisiti soggettivi ed oggettivi per l’accesso al ruling e stabilisce le modalità operative per l’avvio della procedura da parte del contribuente.

È ammessa al ruling qualunque impresa con attività internazionale residente nel territorio dello Stato, qualificabile come tale ai sensi delle disposizioni vigenti in materia di imposte sui redditi, che, in alternativa o congiuntamente:

·      si trovi, rispetto a società non residenti, in una o più delle condizioni indicate nel comma 7 dell’articolo 110 del TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986), ovvero in rapporto di controllo diretto o indiretto;

·      il cui patrimonio, fondo o capitale sia partecipato da soggetti non residenti ovvero partecipi al patrimonio, fondo o capitale di soggetti non residenti;

·      abbia corrisposto a o percepito da soggetti non residenti, dividendi, interessi o royalties.

Sono altresì ammesse le imprese non residenti che esercitano la propria attività nel territorio dello Stato attraverso una stabile organizzazione, qualificabile come tale ai sensi delle disposizioni vigenti in materia di imposte sui redditi.

In particolare il contribuente avvia la procedura mediante la presentazione di una istanza su carta libera (in plico non imbustato e a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento) all’Ufficio Ruling Internazionale, che attualmente ha sede a Roma (per i soggetti aventi il domicilio fiscale nelle regioni Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Sardegna, Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia) e a Milano (per i soggetti aventi il domicilio fiscale nelle regioni Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia).

L’Ufficio Ruling Internazionale, valutata la sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi, entro 30 giorni dal ricevimento dell’istanza ovvero dall’ultimazione dell’ulteriore attività istruttoria necessaria a tal fine, dichiara l’ammissibilità della stessa e invita l’impresa a comparire per l’instaurazione della procedura che si svolge in contraddittorio tra le parti.

 

Per effetto delle modifiche apportate dalla lettera a), che sostituisce il comma 1 del richiamato articolo 8, la procedura di ruling viene estesa - oltre che alle ipotesi già previste dalla disposizioni vigenti - anche alla valutazione preventiva della sussistenza o meno dei requisiti che configurano una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato, tenuti presenti i criteri previsti dall’articolo 162 TUIR e dalle vigenti Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate all’Italia.

In estrema sintesi, il richiamato articolo 162 TUIR reca i principi e i criteri per l’individuazione di una “stabile organizzazione” di impresa; essa designa una sede fissa di affari per mezzo della quale l'impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello Stato. In particolare, ai sensi del comma 9 dell’articolo 162, il fatto che un'impresa non residente con o senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato controlli un'impresa residente, ne sia controllata, o che entrambe le imprese siano controllate da un terzo soggetto esercente o meno attività d'impresa non costituisce di per sé motivo sufficiente per considerare una qualsiasi di dette imprese una stabile organizzazione dell'altra.

La lettera b) estende da tre a cinque periodi d’imposta (compreso quello in cui lo stesso viene stipulato) la validità giuridica dell’accordo di ruling.

Con la lettera c) si sopprime il riferimento agli uffici di Milano o di Roma per la competenza all’inoltro delle richieste di ruling (articolo 8, comma 5 del D.L. 269 del 2003).

La relazione illustrativa spiega che tale modifica è conseguente alla modifica organizzativa interna all’Agenzia delle entrate, che ha sostituito con un unico Ufficio competente alla trattazione delle richieste di ruling, l’Ufficio Ruling Internazionale, articolato nelle due sedi di Roma e Milano, i due precedenti uffici, l’Ufficio Ruling Internazionale Centro-sud e l’Ufficio Ruling Internazionale Nord.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE

(estratto dal Dossier del Servizio studi della Camera - parte a cura dell'Ufficio Rapporti con l’Unione Europea della Camera)

Il 25 novembre la Commissione europea ha presentato una proposta di modifica della direttiva 2011/96/UE concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (COM(2013)814).

La proposta, che è parte integrante del piano d'azione contro l'evasione fiscale presentato nel dicembre 2012, mira a introdurre nella disciplina che regola la tassazione delle società con filiali all'estero una norma anti-abuso, al fine di impedire i fenomeni di elusione ed evasione fiscale.

In particolare, al fine di impedire che i gruppi transfrontalieri di società madri e figlie beneficino di vantaggi non intenzionali rispetto ai gruppi nazionali, la proposta prevede che il beneficio dell’esenzione fiscale sia negato in caso di distribuzioni di utili deducibili nello Stato membro della fonte.

L’obiettivo fondamentale è creare parità di condizioni tra i gruppi di società madri e figlie di Stati membri diversi e i gruppi di società madri e figlie di uno stesso Stato membro. L’aumento di investimenti transfrontalieri ha infatti offerto ai gruppi transfrontalieri la possibilità di avvalersi di strumenti finanziari ibridi traendo vantaggi indebiti dalle incongruenze esistenti tra i diversi trattamenti fiscali nazionali e dalle norme internazionali intese ad evitare la doppia imposizione, e ha determinato, di conseguenza, una distorsione della concorrenza tra gruppi transfrontalieri e gruppi nazionali.

La proposta segue una procedura legislativa speciale che prevede la mera consultazione del Parlamento europeo e l'unanimità in seno al Consiglio dell'UE.

L’esame del PE è atteso per la seduta del 16 aprile 2014.

È inoltre ancora all’esame del Consiglio dell’UE la proposta di direttiva concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi (COM(2011)714), presentata dalla Commissione europea l’11 novembre 2011.

La proposta mira a porre su un piano di parità i pagamenti transfrontalieri di interessi e di canoni e i corrispondenti pagamenti nazionali sopprimendo la doppia imposizione giuridica, le formalità amministrative onerose e i problemi di flussi di liquidità per le società interessate. L’obiettivo è di evitare che i pagamenti transfrontalieri di interessi e di canoni siano soggetti a un'imposizione superiore rispetto alle transazioni nazionali, al fine di assicurare l’integrità del mercato interno.

Il Parlamento europeo ha esaminato la proposta l’11 settembre 2012, approvando alcuni emendamenti: tuttavia, trattandosi di una proposta che segue una procedura legislativa speciale (con unanimità in seno al Consiglio), il parere del PE è obbligatorio ma non vincolante.

 


 

Articolo 8 (soppresso)
(Disposizioni in materia di assicurazione r.c. auto)

 


[1. Al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, e successive modificazioni, recante il Codice delle assicurazioni private, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1 dell'articolo 128, dopo la lettera b) è inserita la seguente:

«c) per i veicoli a motore adibiti al trasporto di persone classificati nelle categorie M2 e M3 ai sensi dell'articolo 47 del decreto legislativo 30 aprile 1992, recante il Nuovo codice della strada, i contratti devono essere stipulati per importi non inferiori a dieci milioni di euro per sinistro per i danni alla persona, indipendentemente dal numero delle vittime, e a un milione di euro per sinistro per i danni alle cose, indipendentemente dal numero dei danneggiati.»;

b) all'articolo 132, il comma 1 è sostituito dai seguenti:

«1. Le imprese di assicurazione sono tenute ad accettare, secondo le condizioni di polizza e le tariffe che hanno l'obbligo di stabilire preventivamente per ogni rischio derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, le proposte per l'assicurazione obbligatoria che sono loro presentate, fatta salva la necessaria verifica della correttezza dei dati risultanti dall'attestato di rischio, nonché dell'identità del contraente e dell'intestatario del veicolo, se persona diversa. Le imprese richiedono ai soggetti che presentano proposte per l'assicurazione obbligatoria di sottoporre volontariamente il veicolo ad ispezione, prima della stipula del contratto. Qualora si proceda ad ispezione ai sensi del secondo periodo, le imprese praticano una riduzione rispetto alle tariffe stabilite ai sensi del primo periodo. Le imprese di assicurazione possono proporre la stipula di contratti che prevedono l'installazione di meccanismi elettronici che registrano l'attività del veicolo, denominati scatola nera o equivalenti, o ulteriori dispositivi, individuati con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico del 25 gennaio 2013, n. 5, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 30 del 5 febbraio 2013. Se l'assicurato acconsente all'installazione dei meccanismi di cui al quarto periodo, i costi di installazione, disinstallazione, sostituzione e portabilità sono a carico dell'impresa che deve applicare, all'atto della stipulazione del contratto, una riduzione significativa del premio rispetto ai premi stabiliti ai sensi del primo periodo. Tale riduzione, in caso di contratto stipulato con un nuovo assicurato, non è inferiore al sette per cento dell'importo risultante dalla somma dei premi RCA incassati nella Regione dalla medesima compagnia nell'anno precedente divisa per il numero degli assicurati nella stessa Regione. In caso di scadenza di un contratto e di stipula di un nuovo contratto di assicurazione tra le stesse parti, l'entità della riduzione del premio come sopra determinata, per la prima volta in cui si realizzano le condizioni previste dal presente comma, non può, comunque, essere inferiore al sette per cento del premio applicato all'assicurato nell'anno precedente. Resta fermo l'obbligo di rispettare i parametri stabiliti dal contratto di assicurazione.

1-bis. Quando uno dei veicoli coinvolti in un incidente risulta dotato di un dispositivo elettronico che presenta le caratteristiche tecniche e funzionali stabilite a norma del presente articolo e dell'articolo 32, commi 1-bis e 1-ter, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, le risultanze del dispositivo formano piena prova, nei procedimenti civili, dei fatti cui esse si riferiscono, salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento del predetto dispositivo.

1-ter. L'interoperabilità dei meccanismi elettronici che registrano l'attività del veicolo di cui all'articolo 32, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, è garantita dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, attraverso un servizio unico di raccolta dei dati, anche affidato in concessione, da costituirsi presso le strutture tecniche del centro di coordinamento delle informazioni sul traffico, sulla viabilità e sulla sicurezza stradale di cui all'articolo 73 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495. A tal fine, a decorrere dal 1° ottobre 2014, i dati sull'attività del veicolo sono trasmessi direttamente dai meccanismi elettronici di bordo al suddetto centro, che ne è titolare e responsabile ai fini dell'interoperabilità. Le informazioni sono successivamente trasmesse dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti alle compagnie di assicurazioni competenti per ciascun veicolo assicurato. I dati sono trattati dalla impresa di assicurazione nel rispetto delle disposizioni del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. L'impresa di assicurazione è titolare del trattamento dei dati ai sensi dell'articolo 28 del citato decreto legislativo n. 196 del 2003. E' fatto divieto per l'assicurato di disinstallare, manomettere o comunque rendere non funzionante il dispositivo installato. In caso di violazione da parte dell'assicurato del divieto di cui al terzo periodo la riduzione del premio di cui al presente articolo non è applicata per la durata residua del contratto. Con provvedimento del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da emanarsi entro trenta giorni dalla entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente comma, sentito l'IVASS, sono disciplinate le caratteristiche tecniche, le modalità e i contenuti dei trasferimenti di informazioni disposti al presente comma.»;

c) all'articolo 135, dopo il comma 3 sono aggiunti i seguenti:

«3-bis. L'identificazione di eventuali testimoni sul luogo di accadimento dell'incidente deve risultare dalla denuncia di sinistro prevista dall'articolo 143, nonché dalla richiesta di risarcimento presentata all'impresa di assicurazione ai sensi degli articoli 148 e 149. Fatte salve le risultanze contenute in verbali delle autorità di polizia intervenute sul luogo dell'incidente, l'identificazione dei testimoni avvenuta in un momento successivo comporta l'inammissibilità della prova testimoniale addotta.

3-ter. In caso di giudizio, il giudice, sulla base della documentazione prodotta, non ammette le testimonianze che non risultino acquisite secondo le modalità previste dal comma 3-bis. Il giudice dispone l'audizione dei testimoni che non sono stati indicati nel rispetto del comma 3-bis nei soli casi in cui risulti comprovata l'oggettiva impossibilità della loro tempestiva identificazione.

3-quater. Nei processi attivati per l'accertamento della responsabilità e la quantificazione dei danni, il giudice verifica la eventuale ricorrenza dei medesimi testimoni già chiamati in altre cause nel settore dell'infortunistica stradale e, ove riscontri, anche avvalendosi dell'archivio integrato informatico di cui all'articolo 21 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, la ricorrenza dei medesimi nominativi in più di tre cause negli ultimi cinque anni, trasmette l'informativa alla Procura della Repubblica competente per gli ulteriori accertamenti. Il presente comma non si applica agli ufficiali e agli agenti delle autorità di polizia che sono chiamati a testimoniare.»;

d) dopo l'articolo 147 è inserito il seguente:

«Art. 147-bis.

Risarcimento in forma specifica

1. In alternativa al risarcimento per equivalente, è facoltà delle imprese di assicurazione, in assenza di responsabilità concorsuale, risarcire in forma specifica danni a cose, fornendo idonea garanzia sulle riparazioni effettuate, con una validità non inferiore a due anni per tutte le parti non soggette a usura ordinaria. L'impresa di assicurazione che intende avvalersi della facoltà di cui al primo periodo comunica all'IVASS entro il 20 dicembre di ogni anno e, per l'anno 2014, entro il 30 gennaio, l'entità della riduzione del premio prevista in misura non inferiore al cinque per cento dell'importo risultante dalla somma dei premi RCA incassati nella Regione dalla medesima compagnia nell'anno precedente divisa per il numero degli assicurati nella stessa Regione. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro il 20 gennaio 2014, sentito l'IVASS, sono individuate le aree territoriali nelle quali sono applicate riduzioni del premio non inferiori al dieci per cento dell'importo come calcolato nel secondo periodo. Le aree di cui al terzo periodo sono individuate sulla base dei seguenti criteri, riferiti ai dati dell'anno precedente: numero dei sinistri denunciati, entità dei rimborsi, numero dei casi fraudolenti riscontrati dall'autorità giudiziaria. I dati sono desumibili anche dall'archivio integrato informatico di cui all'articolo 21 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, gestito dall'IVASS. Nelle more dell'adozione del citato decreto del Ministro dello sviluppo economico si applicano le riduzioni del cinque per cento. Nei casi di cui al presente articolo il danneggiato, anche se diverso dall'assicurato, può comunque rifiutare il risarcimento in forma specifica da parte dell'impresa convenzionata con l'impresa di assicurazione, individuandone una diversa; la somma corrisposta a titolo di risarcimento, che non può comunque superare il costo che l'impresa di assicurazione avrebbe sostenuto provvedendo alla riparazione delle cose danneggiate mediante impresa convenzionata, è versata direttamente all'impresa che ha svolto l'attività di autoriparazione, ovvero previa presentazione di fattura. Resta comunque fermo il diritto del danneggiato al risarcimento per equivalente nell'ipotesi in cui il costo della riparazione sia pari o superiore al valore di mercato del bene e, in tali casi, la somma corrisposta a titolo di risarcimento non può comunque superare il medesimo valore di mercato.

2. L'impresa di assicurazione che non effettua entro il 20 dicembre e, per il 2014, entro il 30 gennaio, la comunicazione prevista nel comma 1 non può esercitare la facoltà nell'anno successivo.»;

e) all'articolo 148 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al comma 1, al primo periodo la parola: «cinque» è sostituita dalla seguente: «dieci» e il sesto periodo è soppresso;

2) al comma 2-bis, il quinto periodo è sostituito dai seguenti:

«La medesima procedura si applica anche in presenza di altri indicatori di frode acquisiti dall'archivio integrato informatico di cui all'articolo 21 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, definiti dall'IVASS con apposito provvedimento, dai dispositivi elettronici di cui all'articolo 132, comma 1, o emersi in sede di perizia da cui risulti documentata l'incongruenza del danno dichiarato dal richiedente. Nei predetti casi, l'azione in giudizio prevista dall'articolo 145 è proponibile solo dopo la ricezione delle determinazioni conclusive dell'impresa o, in sua mancanza, allo spirare del termine di novanta giorni di sospensione della procedura.»;

f) dopo l'articolo 150-bis è inserito il seguente:

«Art. 150-ter.

Divieto di cessione del diritto al risarcimento

1. L'impresa di assicurazione ha la facoltà di prevedere, in deroga agli articoli contenuti nel libro quarto, titolo I, capo V, del codice civile, all'atto della stipula del contratto di assicurazione e in occasione delle scadenze successive, che il diritto al risarcimento dei danni derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti non sia cedibile a terzi senza il consenso dell'assicuratore tenuto al risarcimento. Nei casi di cui al presente articolo, l'impresa di assicurazione applica una significativa riduzione del premio a beneficio dell'assicurato, in misura comunque non inferiore al quattro per cento dell'importo risultante dalla somma dei premi RCA incassati nella Regione dalla medesima compagnia nell'anno precedente divisa per il numero degli assicurati nella stessa Regione.».

2. Le imprese di assicurazione sono tenute a proporre clausole contrattuali, facoltative per l'assicurato, che prevedono prestazioni di servizi medico-sanitari resi da professionisti individuati e remunerati dalle medesime imprese, che pubblicano i nominativi sul proprio sito internet. Nel caso in cui l'assicurato acconsente all'inserimento di tali clausole, l'impresa applica una significativa riduzione del premio a beneficio dell'assicurato, in misura comunque non inferiore al sette per cento dell'importo risultante dalla somma dei premi RCA incassati nella Regione dalla medesima compagnia nell'anno precedente divisa per il numero degli assicurati nella stessa Regione.

3. All'articolo 32, comma 3-quater, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, le parole: «visivamente o» sono soppresse.

4. Il mancato rispetto da parte dell'impresa assicuratrice dell'obbligo di riduzione del premio nei casi di cui al comma 1, lettere b), d) ed f), ed al comma 2, comporta l'applicazione alla medesima impresa, da parte dell'IVASS, di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 40.000 euro e la riduzione automatica del premio di assicurazione relativo al contratto in essere.

5. Le imprese di assicurazione che non si avvalgono delle facoltà di cui al comma 1, lettere b), d) ed f), hanno obbligo di darne comunicazione all'assicurato all'atto della stipulazione del contratto con apposita dichiarazione da allegare al medesimo contratto. In caso di inadempimento, si applica da parte dell'IVASS una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 10.000 euro.

6. Il secondo comma dell'articolo 2947 del Codice civile è sostituito dal seguente: «Per il risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli di ogni specie il diritto si prescrive in due anni. In ogni caso il danneggiato decade dal diritto qualora la richiesta di risarcimento non venga presentata entro tre mesi dal fatto dannoso, salvo i casi di forza maggiore.».

7. L'IVASS esercita poteri di controllo e di monitoraggio in merito all'osservanza delle disposizioni contenute nel presente articolo, in specie quelle relative alla riduzione dei premi delle polizze assicurative e al rispetto degli obblighi di pubblicità e di comunicazione di cui ai commi 4, 5 e 8. Nella relazione al Parlamento, di cui all'articolo 13, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, viene dato specifico conto dell'esito dell'attività svolta.

8. Al fine del conseguimento della massima trasparenza, l'impresa di assicurazione pubblica sul proprio sito internet l'entità della riduzione dei premi effettuata ai sensi del comma 1, lettere b), d) ed f), ed al comma 2, secondo forme di pubblicità che ne rendano efficace e chiara l'applicazione. L'impresa comunica altresì i medesimi dati al Ministero dello sviluppo economico e all'IVASS, ai fini della loro pubblicazione sui rispettivi siti internet.

9. Il mancato rispetto di una delle disposizioni di cui al comma 8 comporta l'applicazione da parte dell'IVASS di una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 10.000 euro.

10. Gli introiti derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dai commi 4, 5 e 9 sono destinati ad incrementare il Fondo di garanzia per le vittime della strada, di cui all'articolo 285 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209.

11. L'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 2006, n. 254, è abrogato.

12. I massimali di cui al comma 1, lettera a), entrano in vigore a decorrere dal 1° gennaio 2014.

13. All'attuazione del presente articolo le amministrazioni provvedono nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente.]


 

 

La Camera dei deputati ha approvato un emendamento che sopprime l’articolo 8, il quale recava una serie di norme volte a contenere i costi dell’assicurazione RC-auto, attraverso la modifica, tra l’altro, del Codice delle assicurazioni private (CAP). Le norme, in chiave antifrode, disciplinavano in particolare le clausole contrattuali concernenti la scatola nera, il risarcimento in forma specifica presso carrozzerie convenzionate, il divieto di cessione del diritto al risarcimento, nonché le prestazioni di servizi medico-sanitari resi da professionisti convenzionati con le imprese assicurative.

Conseguentemente, la Camera ha anche approvato un emendamento soppressivo delle parole "per la riduzione dei premi RC-auto" dal titolo del decreto-legge.

 


 

Articolo 9
(Misure per favorire la diffusione della lettura)

 


1. Nell'ambito di apposito Programma Operativo Nazionale della prossima programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari, previa verifica della coerenza con le linee di intervento in essa previste ed a seguito dell'approvazione della Commissione europea, è disposta l'istituzione di un credito di imposta sui redditi degli esercizi commerciali che effettuano vendita di libri al dettaglio con decorrenza dal periodo d'imposta determinato con il decreto di cui al comma 5 e fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2016, per l'acquisto di libri, anche in formato digitale, muniti di codice ISBN. Il credito di imposta è compensabile ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni.

2. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sulla base della popolazione studentesca nell'anno scolastico 2014/2015, fissa, per ogni studente di istituto di istruzione secondaria di secondo grado pubblico o paritario avente sede nel territorio nazionale, l'importo disponibile ai sensi del comma 5 nei limiti delle risorse specificamente individuate per ciascun anno nell'ambito del programma operativo nazionale di riferimento. I dirigenti scolastici dei predetti istituti rilasciano a ciascuno studente un buono sconto di pari importo, timbrato e numerato, utilizzabile ai fini dell'ottenimento di uno sconto del 19 per cento per l'acquisto di libri di lettura presso gli esercizi commerciali che decidono di avvalersi della misura di cui al comma 1.

2-bis. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono definiti le modalità attuative delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, ivi comprese le modalità per usufruire del credito di imposta e per la comunicazione delle spese effettuate ai fini della verifica della capienza dei fondi annualmente disponibili, il regime dei controlli sulle spese nonché ogni altra disposizione necessaria per il monitoraggio dell'agevolazione di cui al presente articolo e il rispetto del limite massimo di spesa di cui al comma 5.

[3. L'acquisto deve essere documentato fiscalmente dal venditore. Sono esclusi gli acquisti di libri in formato digitale, o comunque già deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo.]

[4. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro 30 giorni dall'adozione dell'intervento all'interno del programma operativo nazionale di riferimento, sono definite, conformemente al regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione del 15 dicembre 2006 relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti di importanza minore («de minimis»), le modalità per usufruire del credito d'imposta e per la comunicazione delle spese effettuate ai fini della verifica di capienza dei fondi annualmente disponibili, la documentazione fiscale che deve essere rilasciata dal venditore, il regime dei controlli sulle spese nonché ogni altra disposizione necessaria per il monitoraggio dell'agevolazione ed il rispetto del limite massimo di risorse stanziate.]

5. Previa verifica della coerenza con le linee di intervento in essa previste, fruibili a seguito dell'approvazione da parte della Commissione europea del Programma Operativo Nazionale relativo alla Competitività di responsabilità del Ministero dello sviluppo economico, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la coesione territoriale, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, è stabilito l'ammontare dell'intervento nella misura massima di 50 milioni di euro a valere sulla proposta nazionale relativa alla prossima programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari.

6. Il credito d'imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel corso del quale il beneficio è maturato. Esso non concorre alla formazione del reddito, nè della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni.

7. Le risorse individuate ai sensi del comma 5, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato e successivamente riassegnate, per le finalità di spesa di cui al presente articolo, ad apposito programma dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. A tal fine, il Ministero dello sviluppo economico comunica al Fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, gli importi comunitari e nazionali riconosciuti a titolo di credito di imposta da versare all'entrata del bilancio dello Stato.


 

 

L’articolo 9, modificato durante l'esame parlamentare, prevede l’istituzione di un buono sconto a favore degli studenti delle scuole secondarie, pubbliche o private, utilizzabile per l'acquisto di libri, anche in formato digitale, con lo sconto del 19 per cento presso gli esercizi commerciali che effettuano vendita di libri al dettaglio. L’agevolazione, disposta fino al 31 dicembre 2016, comporta per le librerie l’attivazione di un credito di imposta utilizzabile in compensazione. Il suo finanziamento, nella misura massima di 50 milioni di euro, rientra nell’ambito di un apposito Programma operativo nazionale (PON) della programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari.

 

Con un decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sulla base della popolazione studentesca nell’anno scolastico 2014-2015, sarà fissato l’importo spettante a ogni studente di scuola secondaria di secondo grado (pubblica o legalmente parificata, avente sede nel territorio nazionale); i dirigenti scolastici rilasceranno agli studenti un buono sconto di pari importo, utilizzabile ai fini dell'ottenimento di uno sconto del 19 per cento per l'acquisto di libri di lettura, presso i succitati esercizi commerciali. Con un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze si definiranno le modalità per usufruire del credito di imposta.

 

In particolare, il comma 1, modificato nel corso dell’esame parlamentare, stabilisce che l’attivazione dell’agevolazione – la cui durata è prevista fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016 - avverrà a seguito della definizione della programmazione 2014/2020 dei fondi strutturali comunitari e previa individuazione di tale misura all’interno del pertinente programma operativo nazionale, a seguito della verifica della coerenza con le linee di intervento in essa previste e dell’approvazione della Commissione europea.

Il credito d’imposta spetta per l’acquisto di libri, anche in formato digitale, muniti di codice ISBN, ed è attribuito agli esercizi commerciali che effettuano vendita di libri al dettaglio. Il credito di imposta è compensabile ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

L'art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997 dispone che i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.

 

Il sistema ISBN (International Standard Book Number) è un sistema di codifica internazionale della produzione libraria che consente di identificare univocamente ogni singola pubblicazione. Dal 2007 esso corrisponde con il codice a barre ed è composto di 13 cifre divise in cinque gruppi: il primo (978 o 979) identifica il prodotto librario, il secondo la lingua di edizione (0 e 1 per l’inglese, 2 per il francese, 3 per il tedesco, 88 per l’italiano ecc.), il terzo la casa editrice, il quarto il prodotto; il quinto, costituito da una sola cifra, è un codice di controllo calcolato a partire dalle prime 12 cifre.

 

Il comma 2, sostituito durante l'esame parlamentare, prevede che, con un decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sulla base della popolazione studentesca nell’anno scolastico 2014-2015, sia fissato l’importo spettante a ogni studente di scuola secondaria di secondo grado (pubblica o paritaria, avente sede nel territorio nazionale), a valere sulle risorse, pari a 50 milioni di euro, stanziate dal comma 5 nei limiti delle risorse specificamente individuate per ciascun anno nell'ambito del programma operativo nazionale di riferimento. I dirigenti scolastici rilasceranno a ciascuno studente un buono sconto, di importo corrispondente alle somme così spettanti, contrassegnato e numerato, utilizzabile per ottenere uno sconto del 19 per cento sull’acquisto di libri di lettura presso gli esercizi commerciali che si avvalgono del credito d’imposta.

 

Il testo originario del decreto-legge prevedeva che il credito di imposta, pari al 19 per cento, fosse attribuito ai singoli soggetti (persone fisiche o giuridiche) per la spesa di libri effettuata nel corso dell’anno per un importo massimo, per ciascun soggetto, di 2.000 euro, così ripartiti:

·     euro per i libri di testo scolastici ed universitari;

·     euro per tutte le altre pubblicazioni.

 

Durante l'esame parlamentare è stato inserito il comma 2-bis che affida a un decreto del Ministro dell’economia, di concerto con il MISE e il MIBACT, la determinazione delle modalità attuative delle norme sul credito di imposta per l’acquisto di libri e la concessione dei buoni sconto, nonché le modalità per la comunicazione delle spese effettuate ai fini della verifica della capienza dei fondi annualmente disponibili, il regime dei controlli sulle spese e ogni altra disposizione necessaria per il monitoraggio dell'agevolazione e il rispetto del limite massimo di spesa di cui al comma 5.

 

I commi 3 e 4 sono stati soppressi durante l’esame parlamentare.

Nel testo originario del decreto-legge, il comma 3 prevede che l’acquisto sia documentato fiscalmente dal venditore. Sono esclusi gli acquisti di libri in formato digitale nonché quelli già deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo; mentre il comma 4, sulla base delle risorse effettivamente assegnate dal Programma operativo nazionale di riferimento (PON), prevede che con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dall’adozione dell’intervento all’interno del PON, siano definite le modalità per usufruire del credito d’imposta e per la comunicazione delle spese effettuate, ai fini delle verifica dei fondi annualmente disponibili, la documentazione fiscale che deve essere rilasciata dal venditore, nonché il regime dei controlli sulle spese e la decorrenza dell’agevolazione.

 

Si ricorda che la normativa europea vieta gli aiuti di Stato alle imprese, in quanto distorsivi del principio della libera concorrenza, tranne i casi esplicitamente indicati. Le disposizioni che istituiscono regimi di aiuto devono essere comunicate alla Commissione, che ne valuta la compatibilità. A tale proposito l'articolo 108, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) (ex articolo 88, paragrafo 3, del trattato che istituisce la Comunità europea, TCE) contempla l'obbligo di notificare gli aiuti di Stato alla Commissione europea al fine di stabilirne la compatibilità con il mercato comune sulla base dei criteri dell'articolo 107, par. 1 TFUE (ex articolo 87, paragrafo 1, TCE).

Alcune categorie di aiuti possono tuttavia essere dispensate dall'obbligo di notifica: si tratta degli aiuti concessi su un periodo di tre anni (tre esercizi finanziari) e che non superano la soglia dei 200.000 euro; questi aiuti non vengono considerati aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE (c.d. aiuti de minimis). Per approfondimenti si veda il Regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione del 18 dicembre 2013.

 

Ai sensi del comma 5, modificato nel corso dell’esame parlamentare, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la coesione territoriale, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, è stabilito l’ammontare dell’intervento nella misura massima di 50 milioni di euro a valere sulla proposta nazionale relativa alla prossima programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari.

 

Il successivo comma 6 definisce la procedura per usufruire dell’agevolazione:

·      il credito d’imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel corso del quale il beneficio è maturato;

·      esso non concorre alla formazione del reddito, né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive;

·      non rileva, inoltre, ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all’articolo 61 del TUIR, né rispetto ai criteri di inerenza per la deducibilità delle spese, di cui all’articolo 109, comma 5, del medesimo TUIR;

L’articolo 61 del TUIR disciplina la percentuale di deducibilità degli interessi passivi dal reddito d’impresa. Tale quota è pari al rapporto tra i ricavi e gli altri proventi che concorrono a formare il reddito e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. L’articolo 109, comma 5, del TUIR prevede che le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, siano deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito, sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto di cui ai commi 1, 2, e 3 dell'articolo 96.

·      è utilizzabile esclusivamente in compensazione, secondo le norme generali in materia di compensazione dei crediti tributari dettate dall'articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997.

 

Il comma 7, infine, prevede che le risorse individuate per il credito d’imposta siano versate all’entrata del bilancio dello Stato e successivamente riassegnate ad un apposito programma dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze. A tal fine, il Ministero dello sviluppo economico comunica al Fondo di rotazione (di cui all’articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183) gli importi comunitari e nazionali riconosciuti a titolo di credito di imposta da versare all’entrata del bilancio dello Stato.


 

Articolo 10
(Tribunale delle società con sede all'estero)

 


01. Al comma 1-bis dell'articolo 1 del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, dopo il terzo periodo è inserito il seguente: «È altresì istituita la sezione specializzata in materia di impresa del tribunale e della corte di appello (sezione distaccata) di Bolzano».

1. All'articolo 4 del decreto legislativo 27 giugno 2003 n. 168, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, prima delle parole: «Le controversie di cui all'articolo 3» sono inserite le seguenti parole: «Fermo quanto previsto dal comma 1-bis,»;

b) dopo il comma 1 è aggiunto il seguente comma:

«1-bis. Per le controversie di cui all'articolo 3 nelle quali è parte, anche nel caso di più convenuti ai sensi dell'articolo 33 del codice di procedura civile, una società, in qualunque forma costituita, con sede all'estero, anche avente sedi secondarie con rappresentanza stabile nel territorio dello Stato, e che, secondo gli ordinari criteri di competenza territoriale e nel rispetto delle disposizioni normative speciali che le disciplinano, dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari di seguito elencati, sono inderogabilmente competenti:

1) la sezione specializzata in materia di impresa di Bari per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Bari, Lecce, Taranto (sezione distaccata), Potenza;

2) la sezione specializzata in materia di impresa di Cagliari per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Cagliari e Sassari (sezione distaccata);

3) la sezione specializzata in materia di impresa di Catania per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Caltanissetta, Catania, Catanzaro, Messina, Palermo, Reggio Calabria;

4) la sezione specializzata in materia di impresa di Genova per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Bologna, Genova;

5) la sezione specializzata in materia di impresa di Milano per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Brescia, Milano;

6) la sezione specializzata in materia di impresa di Napoli per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di corte d'appello di Campobasso, Napoli, Salerno;

7) la sezione specializzata in materia di impresa di Roma per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Ancona, Firenze, L'Aquila, Perugia, Roma;

8) la sezione specializzata in materia di impresa di Torino per gli uffici giudiziari ricompresi nel distretto di Torino;

9) la sezione specializzata in materia di impresa di Venezia per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Trieste, Venezia;

9-bis) la sezione specializzata in materia di impresa di Trento per gli uffici giudiziari ricompresi nel distretto di Trento, fermo quanto previsto al numero 9-ter);

9-ter) la sezione specializzata in materia di impresa di Bolzano per gli uffici giudiziari ricompresi nel territorio di competenza di Bolzano, sezione distaccata della corte di appello di Trento.».

2. Le disposizioni del presente articolo si applicano ai giudizi instaurati a decorrere dal sessantesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto.

3. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. All'attuazione del presente articolo le amministrazioni provvedono nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente.


 

 

L’articolo 10, tra le misure finalizzate a favorire l’attrazione degli investimenti esteri e a promuovere la competitività delle imprese italiane, propone la concentrazione in capo ad alcune delle sezioni specializzate in materia di impresa di tribunali e di corti d'appello - di cui al decreto legislativo n. 168 del 2003 - di una serie di controversie civili che coinvolgono società con sede all’estero.

Il cosiddetto decreto-liberalizzazioni (DL. n. 1 del 2012) ha ampliato notevolmente l'ambito di competenza delle vecchie sezioni specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale che il decreto legislativo n. 168 del 2003 aveva istituito presso i tribunali e le corti d'appello di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia. In particolare, oltre a modificarne la denominazione in “sezioni specializzate in materia di impresa” e a prevederne la composizione con magistrati dotati di specifica competenza, l’articolo 2 del decreto legge n. 1 del 2012 ha istituito nuove sezioni specializzate in tutti i tribunali e corti d’appello con sede nei capoluoghi di regione che fino ad allora ne erano sprovvisti (si tratta delle sedi di Ancona, Cagliari, Campobasso, Catanzaro, L’Aquila, Perugia, Potenza e Trento) nonché, in quanto sede di Corte d’appello, presso il tribunale e la Corte d’appello di Brescia; la competenza per il territorio della Valle d’Aosta è stata attribuita al tribunale e alla Corte d’appello di Torino.

Quanto alle controversie attribuite alla competenza del tribunale delle imprese, la riforma ha ampliato la competenza per materia delle sezioni specializzate. Attualmente, tale competenza (art. 3) riguarda:

·     le controversie in materia di cui all’articolo 134 del decreto legislativo n. 30 del 2005 (Codice della proprietà industriale), cioè quelle riguardanti concorrenza sleale e proprietà industriale, invenzioni dei dipendenti e tutela di informazioni segrete, le controversie su indennità di espropriazione dei diritti di proprietà industriale nonché quelle aventi ad oggetto i provvedimenti del Consiglio dell’ordine dei consulenti in proprietà industriale di cui conosce il giudice ordinario;

·     le controversie in materia di diritto d’autore;

·     le controversie in materia di intese, abuso di posizione dominante ed operazioni di concentrazione;

·     le controversie in materia di violazione della normativa antitrust dell’Unione europea.

In relazione alle società, la cognizione delle sezioni specializzate in materia di impresa riguarda specifiche controversie relative a società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata; società per azioni europee (SE) di cui al Reg. (CE) n. 2157 del 2001, società cooperative europee (SCE) di cui al Reg. (CE) n.1435 del 2003, le “stabili organizzazioni nel territorio dello Stato delle società costituite all’estero”, nonché le società da queste controllate o che le controllano. Con riferimento a tali tipologie societarie, la competenza sostanziale delle sezioni specializzate in materia di impresa si estende alle cause ed ai procedimenti aventi ad oggetto: rapporti societari ivi compresi quelli concernenti l'accertamento, la costituzione, la modificazione o l'estinzione di un rapporto societario, le azioni di responsabilità da chiunque promosse contro i componenti degli organi amministrativi o di controllo, il liquidatore, il direttore generale ovvero il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché contro il soggetto incaricato della revisione contabile per i danni derivanti da propri inadempimenti o da fatti illeciti commessi nei confronti della società che ha conferito l'incarico e nei confronti dei terzi danneggiati, le opposizioni di cui agli articoli 2445, terzo comma, 2482, secondo comma, 2447-quater, secondo comma, 2487-ter, secondo comma, 2503, secondo comma, 2503-bis, primo comma, e 2506-ter del codice civile; il trasferimento delle partecipazioni sociali o ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti; i patti parasociali, anche diversi da quelli regolati dall'art. 2341 bis del codice civile; le azioni di responsabilità promosse dai creditori delle società controllate contro le società che le controllano; i rapporti riguardanti le società controllate, le società esercitanti l'attività di direzione e coordinamento in base a contratti o clausole e le società cooperative costituite in gruppo cooperativo paritetico (art. 2545-septies del codice civile).

La competenza per materia del tribunale delle imprese comprende, infine, anche rapporti aventi ad oggetto i contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o forniture di rilevanza comunitaria dei quali sia parte una delle società sopraindicate ovvero quando una di queste partecipa al consorzio o al raggruppamento temporaneo cui i contratti siano stati affidati, fatto salvo che sussista comunque la giurisdizione del giudice ordinario.

Quanto alla competenza per territorio, l'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 168 del 2003 stabilisce che le indicate controversie di cui all’articolo 3 che, secondo gli ordinari criteri di ripartizione della competenza territoriale e nel rispetto delle normative speciali che le disciplinano, dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nel territorio della regione (i tribunali circondariali) sono assegnate alla sezione specializzata avente sede nel capoluogo della regione individuato ai sensi dell’articolo 1. Alle sezioni presso tribunali e corti d’appello non capoluoghi regionali sono attribuite le controversie che dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nei rispettivi distretti di corti d’appello.

Si ricorda che già il decreto legge n. 69 del 2013 (cd. decreto del fare) aveva previsto una disposizione (art. 80) – poi espunta in sede di conversione - che concentrava in via esclusiva presso 3 sole sedi di uffici giudiziari - i Tribunali e le Corti di appello di Milano, Roma e Napoli - tutte le cause civili in cui erano parti società estere non aventi sedi stabili in Italia.

Il comma 01 dell’art. 10, aggiunto nel corso dell’esame parlamentare, modifica l’art. 1, comma 1-bis del D.Lgs 168/2003 allo scopo di istituire, senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato né incrementi di dotazioni organiche, della sezione specializzata in materia di impresa del tribunale e della Corte di appello (sezione distaccata) di Bolzano.

L’articolo 10, comma 1, della legge n. 9/2014, novellando l’articolo 4 del decreto legislativo n. 168 del 2003:

·      concentra la competenza per le cause in cui sono parti società estere presso le sezioni specializzate di 11 sedi del Tribunale delle imprese (ovvero Bari, Cagliari, Catania, Genova, Milano, Napoli, Roma, Torino, Venezia, Trento e, conseguentemente alla modifica introdotta dal Parlamento con il nuovo comma 01, Bolzano). Come precisava la relazione al disegno di legge di conversione, è parso opportuno radicare la competenza presso gli uffici giudiziari ritenuti dal Governo principali nella distribuzione geografica nazionale e quindi più agevolmente raggiungibili dall'estero;

·      assegna – sempre con riguardo alle cause in cui sono parti società estere - alle 11 sezioni specializzate le controversie già comprese, per materia, nella competenza di queste ultime (il citato art. 80 del decreto legge n. 69 del 2013 faceva, invece, riferimento a tutte le controversie civili, non solo quindi a quelle di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n. 168 del 2003);

·      estende la nuova disciplina a tutte le società con sede all’estero, anche quando aventi sede secondaria con rappresentanza stabile in Italia.

Il comma 2 dell’articolo 10 reca una disposizione transitoria secondo cui la competenza delle sezioni specializzate prevista dall’articolo 10 si radica per i giudizi civili instaurati a decorrere dal 22 febbraio 2014.

Il comma 3 prevede che dall'attuazione dell'articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che all'attuazione dello stesso le amministrazioni provvedono nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente.


 

Articolo 11
(Misure per favorire la risoluzione di crisi aziendali e per difendere l'occupazione)

 


1. All'articolo 9 della legge 27 febbraio 1985, n. 49, dopo le parole: «ai finanziamenti del Foncooper» sono inserite le seguenti: «e a quelli erogati dalle società finanziarie ai sensi dell'articolo 17, comma 5,».

2. Nel caso di affitto o di vendita di aziende, rami d'azienda o complessi di beni e contratti di imprese sottoposte a fallimento, concordato preventivo, amministrazione straordinaria o liquidazione coatta amministrativa, hanno diritto di prelazione per l'affitto o per l'acquisto le società cooperative costituite da lavoratori dipendenti dell'impresa sottoposta alla procedura.

3. L'atto di aggiudicazione dell'affitto o della vendita alle società cooperative di cui al comma 2, costituisce titolo ai fini dell'applicazione dell'articolo 7, comma 5, della legge 23 luglio 1991, n. 223, nonché dell'articolo 2, comma 19, della legge 28 giugno 2012, n. 92, ai soci lavoratori delle medesime, ferma l'applicazione delle vigenti norme in materia di integrazione del trattamento salariale in favore dei lavoratori che non passano alle dipendenze della società cooperativa.

3-bis. Il quarto comma dell'articolo 2526 del codice civile si interpreta nel senso che, nelle cooperative cui si applicano le norme sulle società a responsabilità limitata, il limite all'emissione di strumenti finanziari si riferisce esclusivamente ai titoli di debito.

3-ter. All'articolo 4, comma 4-septies, del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, dopo le parole: «per un massimo di 12 mesi» sono aggiunte le seguenti: «, o per un massimo di 24 mesi nel caso in cui, essendo stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, tale cessione non sia ancora realizzata, in tutto o in parte, e risulti, sulla base di una specifica relazione del commissario straordinario, l'utile prosecuzione dell'esercizio d'impresa».

3-quater. La disposizione di cui all'articolo 111, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che i crediti sorti in occasione o in funzione della procedura di concordato preventivo aperta ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, del medesimo regio decreto n. 267 del 1942, e successive modificazioni, sono prededucibili alla condizione che la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo del citato articolo 161 siano presentati entro il termine, eventualmente prorogato, fissato dal giudice e che la procedura sia aperta ai sensi dell'articolo 163 del medesimo regio decreto, e successive modificazioni, senza soluzione di continuità rispetto alla presentazione della domanda ai sensi del citato articolo 161, sesto comma.

3-quinquies. All'articolo 9 del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 2014, n. 6, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

«2-bis. L'articolo 63 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, si interpreta nel senso che, fermi restando gli obblighi di cui al comma 2 e le valutazioni discrezionali di cui al comma 3, il valore determinato ai sensi del comma 1 non costituisce un limite inderogabile ai fini della legittimità della vendita.».


 

 

 

 

Risoluzioni di crisi aziendali

Il comma 1 introduce alcune modifiche alla legge n. 49 del 1985 (cosiddetta legge Marcora), con la quale era stato disciplinato un sistema organico di agevolazioni in favore delle cooperative. In particolare, con la modifica introdotta nel corso dell’esame parlamentare l’agevolazione tributaria già prevista in favore dei finanziamenti erogati dal Foncooper è estesa anche ai finanziamenti erogati dalle società finanziarie che, pertanto, non concorrono a formare la base imponibile dell’imposta sostitutiva.

Il Foncooper, istituito dall’articolo 1 della citata legge n. 49 del 1985, è un fondo di rotazione per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, che concede finanziamenti finalizzati all'aumento della produttività e/o dell'occupazione della manodopera mediante l'incremento e/o l'ammodernamento dei mezzi di produzione nonché alla ristrutturazione e riconversione degli impianti.

Le società finanziarie disciplinate dalla legge 27 febbraio 1985, n. 49 (cd. legge Marcora) sono società cooperative il cui capitale è detenuto, in larga misura, dal Ministero dello sviluppo economico, che concedono finanziamenti alle società cooperative e svolgono una rilevante funzione di sostegno alle operazioni di workers buy out, supportando l’iniziativa di quei lavoratori che, vedendo messo in discussione il loro lavoro e la loro fonte di reddito, decidono di rilevare l’azienda. L’intervento delle società finanziarie è, inoltre, volto ad assicurare lo sviluppo economico delle società cooperative e la creazione di nuova occupazione, finanziando operazioni di start-up, sviluppo, consolidamento e riposizionamento delle imprese costituite in forma cooperativa. Al fine di rafforzare gli interventi di sostegno alla cooperazione introdotti dalla legge Marcora, l’articolo 9 della medesima legge stabilisce che i finanziamenti effettuati con fondi somministrati o conferiti dallo Stato o dalle regioni o gestiti per conto degli stessi non concorrono a formare la base imponibile dell’imposta sostitutiva.

L'ulteriore previsione originaria del decreto-legge - finalizzata a riconoscere la possibilità di intervento delle società finanziarie anche in favore delle società cooperative con meno di 9 soci - è stata invece soppressa nel corso dell’esame parlamentare.

Società cooperative cessionarie di imprese sottoposte a procedure concorsuali

Con le disposizioni di cui ai commi 2 e 3, modificati nel corso dell’esame parlamentare, si introduce il diritto di prelazione in favore delle società cooperative costituite da lavoratori dipendenti che si propongano per l’affitto o l’acquisto di aziende o rami d’aziende o complessi di beni e contratti di proprietà di imprese sottoposte a procedure concorsuali.

In particolare, il comma 2 introduce un diritto di prelazione in favore delle società cooperative costituite da lavoratori dipendenti dell'impresa sottoposta a procedura concorsuale, in caso di affitto o acquisto di aziende o rami d’aziende o complessi di beni e di contratti di imprese sottoposte a procedure concorsuali (fallimento, concordato preventivo, amministrazione straordinaria o liquidazione coatta amministrativa).

Il successivo comma 3 stabilisce che l’atto di aggiudicazione dell’affitto o della vendita alle richiamate società cooperative costituisce titolo ai fini dell’applicazione delle norme vigenti che prevedono in alcune fattispecie - tra cui l'adesione del lavoratore ad una cooperativa come socio - la corresponsione in unica soluzione dell'indennità di mobilità spettante o dell’ASpI spettante; restano ferme le norme in materia di integrazione del trattamento salariale in favore dei lavoratori che non passino alle dipendenze della società cooperativa.

 

Si ricorda, infatti, che l’articolo 7, comma 5, della L. 223/1991 ha disposto che ai lavoratori in mobilità che ne facciano richiesta per intraprendere un'attività autonoma o per associarsi in cooperativa può essere corrisposta in forma anticipata la relativa indennità. Allo stesso tempo, l’articolo 2, comma 19, della L. 92/2012 ha previsto, in via sperimentale per il triennio 2013-2015, la facoltà, per il lavoratore avente diritto alla corresponsione dell’ASpI, di richiedere la liquidazione degli importi del trattamento pari al numero di mensilità non ancora percepite, nel caso in cui lo stesso intraprenda un’attività di lavoro autonomo, ovvero per avviare un’attività in forma di auto impresa o di micro impresa, o per associarsi in cooperativa.

Risoluzioni di crisi aziendali

Nel corso dell’esame parlamentare sono stati approvati alcuni emendamenti aggiuntivi dopo il comma 3.

Il comma 3-bis fornisce un’interpretazione autentica dell’articolo 2526, comma 4, c.c., secondo il quale la cooperativa cui si applicano le norme sulla S.r.l. può offrire in sottoscrizione strumenti privi di diritti di amministrazione solo a investitori qualificati. Per quanto riguarda i diritti amministrativi, ciò deriva dal principio secondo cui il potere di governo della cooperativa spetta ai soci cooperatori, in quanto portatori dell’interesse mutualistico al cui soddisfacimento è necessariamente orientata l’attività sociale. Tale principio viene declinato sia rispetto ai limiti di voto assembleare per i soci finanziatori, sia rispetto alla loro rappresentanza negli organi amministrativo e di controllo: invece, in virtù dell'interpretazione offerta, si precisa ora che il richiamato limite all’emissione di strumenti finanziari si riferisce esclusivamente ai titoli di debito.

Il comma 3-ter integra la normativa riguardante la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza (articolo 4, comma 4-septies, del D.L. 347/2003) prevedendo che, nel caso di un programma di cessione dei complessi aziendali autorizzato ma non ancora realizzato dopo una prima proroga, il MiSE possa a determinate condizioni disporre una ulteriore proroga per un massimo di 24 mesi (in luogo dei 12 previsti dalla normativa vigente).

In base alla normativa vigente, le imprese dichiarate insolventi ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria possono presentare in alternativa un programma di cessione dei complessi aziendali di durata non superiore ad un anno o un programma di ristrutturazione di durata non superiore a due anni (articolo 27, comma 2, D.Lgs. 270/1999). Nel caso in cui al termine di scadenza il programma risulti eseguito solo in parte, in ragione della particolare complessità delle operazioni attinenti alla ristrutturazione o alla cessione a terzi dei complessi aziendali e delle difficoltà connesse alla definizione dei problemi occupazionali, il Ministro dello sviluppo economico, poteva disporre una prima proroga del termine di esecuzione del programma per un massimo di 12 mesi (articolo 4, comma 4-ter, del D.L. 347/2003), e una eventuale seconda proroga per un massimo di 12 mesi (articolo 4, comma 4-septies, del D.L. 347/2003). La modifica apportata dalla Camera allunga il periodo massimo della seconda proroga di altri 12 mesi, ma solo nel caso del programma di cessione dei complessi aziendali, qualora risulti, sulla base di una specifica relazione del commissario straordinario, l’utile prosecuzione dell’esercizio d’impresa.

Per il comma 3-quater, sono considerati prededucibili i crediti sorti in occasione o in funzione della procedura di concordato preventivo con riserva, ma solo a condizione che:

·      la proposta, il piano e la documentazione richiesta siano presentati entro il termine eventualmente prorogato dal giudice;

·      la procedura di concordato preventiva segua senza soluzione di continuità la presentazione della domanda di ammissione al concordato con riserva.

Le condizioni di appetibilità del cosiddetto concordato «in bianco» - di cui all'art. 161, comma 6, della legge fallimentare, secondo cui all'azienda in difficoltà basta la presentazione di una domanda di concordato per avere protezione immediata da tutte le pretese dei creditori, ottenendo sei mesi di tempo per depositare il piano di concordato e potendo continuare intanto la gestione ordinaria - riposavano sul fatto che chi aiuta l'azienda in crisi a garantire la sua sopravvivenza vedeva riconosciuti i propri crediti come pre-deducibili, cioè rimborsabili in toto sotto forma di un vero e proprio "privilegio" di fatto conferito ad alcuni creditori prima degli altri. È ben vero che tale strumento poteva prestarsi anche ad un utilizzo improprio («sterilizzare» le richieste dei creditori per sei mesi, creando effetti negativi a catena); ma la formula interpretativa autentica contenuta nel comma in commento (che potrebbe quindi essere applicata retroattivamente) accresce l'effetto di rimozione delle condizioni di appetibilità, che erano all'origine della previsione dell'articolo 161 citato.

 


 

Articolo 12
(Misure per favorire il credito alla piccola e media impresa)

 


1. Alla legge 30 aprile 1999, n. 130, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 1, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. La presente legge si applica altresì alle operazioni di cartolarizzazione realizzate mediante la sottoscrizione o l'acquisto di obbligazioni e titoli similari ovvero cambiali finanziarie, esclusi comunque titoli rappresentativi del capitale sociale, titoli ibridi e convertibili, da parte della società emittente i titoli. Nel caso di operazioni realizzate mediante sottoscrizione o acquisto di titoli, i richiami ai debitori ceduti si intendono riferiti alla società emittente i titoli.»;

b) all'articolo 2, dopo il comma 4 è inserito il seguente:

«4-bis. Nel caso in cui i titoli oggetto delle operazioni di cartolarizzazione siano destinati ad investitori qualificati ai sensi dell'articolo 100 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, i titoli possono essere sottoscritti anche da un unico investitore.».

c) all'articolo 3, dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:

«2-bis. Le società di cui al comma 1 possono aprire conti correnti segregati presso la banca depositaria ovvero presso i soggetti di cui i soggetti all'articolo 2, comma 3, lettera c), dove vengano accreditate le somme corrisposte dai debitori ceduti nonché ogni altra somma pagata o comunque di spettanza della società ai sensi delle operazioni accessorie condotte nell'ambito di ciascuna operazione di cartolarizzazione o comunque ai sensi dei contratti dell'operazione. Le somme accreditate su tali conti segregati costituiscono patrimonio separato a tutti gli effetti da quello del depositario e da quello degli altri depositanti. Su tali somme non sono ammesse azioni da parte di soggetti diversi da quelli di cui al comma 2 e tali somme possono essere utilizzate esclusivamente per il soddisfacimento di crediti vantati dai soggetti di cui al comma 2 e dalle controparti dei contratti derivati con finalità di copertura dei rischi insiti nei crediti e nei titoli ceduti, nonché per il pagamento degli altri costi dell'operazione. In caso di avvio nei confronti del depositario di procedimenti di cui al titolo IV del testo unico bancario, nonché di procedure concorsuali o di accordi di ristrutturazione, le somme accreditate su tali conti non sono considerate come rientranti nel patrimonio del soggetto e non sono soggette a sospensione dei pagamenti e vengono integralmente restituite alla società per conto della quale è avvenuto l'incasso, secondo i termini contrattuali e comunque senza la necessità di attendere i riparti e le altre restituzioni.

2-ter. I soggetti che svolgono, anche su delega dei soggetti di cui all'articolo 2, comma 6, i servizi indicati nell'articolo 2, comma 3, lettera c), nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione dei crediti, possono aprire presso banche conti correnti segregati dove vengano accreditate le somme incassate per conto della società cessionaria o della società emittente dai debitori ceduti. Sulle somme accreditate sui conti segregati, non sono ammesse azioni da parte dei creditori dei soggetti che svolgono i servizi indicati nell'articolo 2, comma 3, lettera c), se non per l'eccedenza delle somme incassate e dovute alla società cessionaria o emittente. In caso di avvio di procedimenti concorsuali o di accordi di ristrutturazione, le somme accreditate sui conti segregati, per un importo pari alle somme incassate e dovute alla società cessionaria o emittente, non vengono considerate come rientranti nel patrimonio del soggetto che svolge i servizi indicati nell'articolo 2, comma 3, lettera c), e vengono integralmente restituite alla società per conto della quale è avvenuto l'incasso, secondo i termini contrattuali e comunque senza la necessità di attendere i riparti e le altre restituzioni.»;

d) all'articolo 4 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) i commi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti:

«1. Alle cessioni dei crediti poste in essere ai sensi della presente legge si applicano le disposizioni contenute nell'articolo 58, commi 2, 3 e 4, del testo unico bancario. Alle cessioni, anche non in blocco, aventi ad oggetto crediti di cui all'articolo 1 della legge 21 febbraio 1991, n. 52, per gli effetti di cui al comma 2 del presente articolo, è sufficiente che la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'avvenuta cessione contenga l'indicazione del cedente, del cessionario e della data di cessione. Alle medesime cessioni può altresì applicarsi, su espressa volontà delle parti, il disposto dell'articolo 5, commi 1, 1-bis e 2, della legge 21 febbraio 1991, n. 52.

2. Dalla data della pubblicazione della notizia dell'avvenuta cessione nella Gazzetta Ufficiale o dalla data certa dell'avvenuto pagamento, anche in parte, del corrispettivo della cessione, sui crediti acquistati e sulle somme corrisposte dai debitori ceduti sono ammesse azioni soltanto a tutela dei diritti di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), e, in deroga ad ogni altra disposizione, non è esercitabile dai relativi debitori ceduti la compensazione tra i crediti acquistati dalla società di cartolarizzazione e i crediti di tali debitori nei confronti del cedente sorti posteriormente a tale data. Dalla stessa data la cessione dei crediti è opponibile:

a) agli altri aventi causa del cedente, il cui titolo di acquisto non sia stato reso efficace verso i terzi in data anteriore;

b) ai creditori del cedente che non abbiano pignorato il credito prima della pubblicazione della cessione.

2-bis. In caso di cessione di crediti derivanti da aperture di credito, anche regolate in conto corrente, l'espletamento delle formalità di opponibilità previste dal presente articolo produce gli effetti ivi indicati anche con riferimento a tutti i crediti futuri nascenti da tali contratti, a condizione che i contratti siano stipulati prima della data di espletamento di tali formalità.»;

2) al comma 3, le parole: «non si applica» sono sostituite dalle seguenti: «non si applicano l'articolo 65 e»;

3) dopo il comma 4 sono aggiunti i seguenti:

«4-bis. Alle cessioni effettuate nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione non si applicano gli articoli 69 e 70 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, nonché le altre disposizioni che richiedano formalità diverse o ulteriori rispetto a quelle di cui alla presente legge. Dell'affidamento o trasferimento delle funzioni di cui all'articolo 2, comma 3, lettera c), a soggetti diversi dal cedente è dato avviso mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale nonché comunicazione mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento alle pubbliche amministrazioni debitrici.

4-ter. In caso di cessione di crediti derivanti da aperture di credito, anche regolate in conto corrente, il diritto di rendere esigibile il credito ceduto è esercitato dalla società cessionaria in conformità alle previsioni del relativo contratto o, in mancanza, con un preavviso non inferiore a quindici giorni.»;

e) all'articolo 5, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

«2-bis. I titoli emessi nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione di cui all'articolo 1, comma 1-bis, anche non destinati ad essere negoziati in un mercato regolamentato o in sistemi multilaterali di negoziazione e anche privi di valutazione del merito di credito da parte di operatori terzi, costituiscono attivi ammessi a copertura delle riserve tecniche delle imprese di assicurazione ai sensi dell'articolo 38 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, e successive modificazioni. Entro 30 giorni dall'entrata in vigore della presente disposizione, l'IVASS adotta un regolamento che disciplini le misure di dettaglio per la copertura delle riserve tecniche tramite gli attivi sopra menzionati. L'investimento nei titoli di cui al presente comma è altresì compatibile con le vigenti disposizioni in materia di limiti di investimento di fondi pensione.»;

f) all'articolo 7, dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:

«2-bis. Nel caso di operazioni realizzate mediante cessione a un fondo comune di investimento, i servizi indicati nell'articolo 2, comma 3, lettera c), possono essere svolti, in alternativa ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 6, dalla società di gestione del risparmio che gestisce il fondo. Alle cessioni dei crediti effettuate in favore del fondo si applicano gli articoli 4 e 6, comma 2, della presente legge, nonché le restanti disposizioni della presente legge, in quanto compatibili.

2-ter. Le disposizioni di cui all'articolo 5, comma 2-bis, si applicano, in quanto compatibili, alle imprese ed ai soggetti ivi menzionati ai fini dell'investimento nelle quote dei fondi di cui all'articolo 7, comma 2-bis.»;

g) al comma 1 dell'articolo 7-bis, dopo le parole: «all'articolo 3, commi 2,» sono inserite le seguenti: «2-bis, 2-ter e»;

h) dopo l'articolo 7-ter è inserito il seguente:

«Art. 7-quater.

Cessione di ulteriori crediti e titoli

1. Gli articoli 7-bis, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 7, e 7-ter, comma 1, e le disposizioni ivi richiamate si applicano anche alle operazioni, ivi disciplinate, aventi ad oggetto obbligazioni e titoli similari ovvero cambiali finanziarie, crediti garantiti da ipoteca navale, crediti nei confronti di piccole e medie imprese, crediti derivanti da contratti di leasing o di factoring, nonché di titoli emessi nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto crediti della medesima natura. Tali crediti e titoli possono essere ceduti anche da società facenti parte di un gruppo bancario.

2. Il regolamento di cui al comma 5 dell'articolo 7-bis adotta anche disposizioni di attuazione del presente articolo con riferimento ai medesimi profili ivi menzionati. Il medesimo regolamento individua le categorie di crediti o titoli di cui al comma 1, cui si applicano le disposizioni di cui al presente articolo, e regola l'emissione di titoli di cui al presente articolo differenziandoli dai titoli emessi ai sensi dell'articolo 7-bis.».

2. All'articolo 32 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, dopo il comma 26 è aggiunto il seguente:

«26-bis. Le obbligazioni, le cambiali finanziarie e i titoli similari di cui al presente articolo, le quote di fondi di investimento che investono prevalentemente negli anzidetti strumenti finanziari, nonché i titoli rappresentativi di operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto gli anzidetti strumenti finanziari costituiscono, anche se non destinati ad essere negoziati in un mercato regolamentato o in sistemi multilaterali di negoziazione e anche se privi di valutazione del merito di credito da parte di operatori terzi, attivi ammessi a copertura delle riserve tecniche delle imprese di assicurazione di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, e successive modificazioni. Entro 30 giorni dall'entrata in vigore della presente disposizione, l'IVASS adotta un regolamento che disciplini le misure di dettaglio per la copertura delle riserve tecniche tramite gli attivi sopra menzionati. L'investimento nei titoli e nelle quote di fondi di cui al presente comma è altresì compatibile con le vigenti disposizioni in materia di limiti di investimento di fondi pensione.».

3. All'articolo 5 della legge 21 febbraio 1991, n. 52, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Ai fini dell'ottenimento della data certa del pagamento è sufficiente l'annotazione del contante sul conto di pertinenza del cedente, in conformità al disposto dell'articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 170.».

4. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 15, primo comma, dopo le parole: «dalla legge 24 novembre 2003, n. 326,» sono inserite le seguenti: «per le quali è stata esercitata l'opzione di cui all'articolo 17,»;

b) all'articolo 17, primo comma, le parole: «sono tenuti a» sono sostituite dalle seguenti: «, a seguito di specifica opzione, possono» e dopo il primo periodo è aggiunto il seguente: «L'opzione è esercitata per iscritto nell'atto di finanziamento.»;

c) dopo l'articolo 20 è inserito il seguente:

«Art. 20-bis.

Operazioni di finanziamento strutturate

1. Gli articoli da 15 a 20 si applicano anche alle garanzie di qualunque tipo, da chiunque e in qualsiasi momento prestate in relazione alle operazioni di finanziamento strutturate come emissioni di obbligazioni o titoli similari alle obbligazioni di cui all'articolo 44, comma 2, lettera c), del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, da chiunque sottoscritte, alle loro eventuali surroghe, sostituzioni, postergazioni, frazionamenti e cancellazioni anche parziali, ivi comprese le cessioni di credito stipulate in relazione alle stesse, nonché ai trasferimenti di garanzie anche conseguenti alla cessione delle predette obbligazioni, nonché alla modificazione o estinzione di tali operazioni.

2. L'opzione di cui all'articolo 17, primo comma, è esercitata nella deliberazione di emissione o in analogo provvedimento autorizzativo.

3. L'imposta sostitutiva è dovuta dagli intermediari finanziari incaricati, ai sensi del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, delle attività di promozione e collocamento delle operazioni di cui al comma 1, ovvero, nel caso in cui tali intermediari non intervengano, dalle società che emettono le obbligazioni o titoli similari con riferimento ai quali è stata esercitata l'opzione. Il soggetto finanziato risponde in solido con i predetti intermediari per il pagamento dell'imposta.

4. Gli intermediari finanziari e le società emittenti tenute al pagamento dell'imposta sostitutiva dichiarano, secondo le modalità previste dall'articolo 20 del presente decreto e dall'articolo 8, comma 4, del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 165, l'ammontare delle obbligazioni collocate.

5. Alle operazioni di cui al presente articolo non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3, commi 3 e 3-bis, del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 151, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 202.» (43).

5. Dopo l'articolo 32, comma 9 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, è inserito il seguente:

«9-bis. La ritenuta del 20 per cento di cui all'articolo 26, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, non si applica sugli interessi e gli altri proventi delle obbligazioni e titoli similari, e delle cambiali finanziarie, corrisposti a organismi di investimento collettivo in valori mobiliari le cui quote siano detenute esclusivamente da investitori qualificati ai sensi dell'articolo 100 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e il cui patrimonio sia investito prevalentemente in tali obbligazioni, titoli o cambiali finanziarie.».

6. All'articolo 46 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Il privilegio previsto dal presente articolo può essere costituito anche per garantire obbligazioni e titoli similari emessi da società ai sensi degli articoli 2410 e seguenti o 2483 del codice civile, la cui sottoscrizione e circolazione è riservata a investitori qualificati ai sensi dell'articolo 100 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.»;

b) al comma 2 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) dopo le parole: «banca creditrice» sono inserite le seguenti: «o, nel caso di obbligazioni o titoli di cui al comma 1-bis, il sottoscrittore o i sottoscrittori di tali obbligazioni o un loro rappresentante»;

2) dopo le parole: «e le condizioni del finanziamento» sono inserite le seguenti: «o, nel caso di obbligazioni o titoli di cui al comma 1-bis, gli elementi di cui ai numeri 1), 3), 4) e 6) dell'articolo 2414 del codice civile o di cui all'articolo 2483, comma 3, del codice civile».

6-bis. In aggiunta a quanto già previsto dalla legislazione vigente, la garanzia del Fondo di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, può essere concessa in favore delle società di gestione del risparmio che, in nome e per conto dei fondi comuni di investimento da esse gestiti, sottoscrivano obbligazioni o titoli similari di cui all'articolo 32 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, e successive modificazioni, emessi da piccole e medie imprese. Tale garanzia può essere concessa a fronte sia di singole operazioni di sottoscrizione di obbligazioni e titoli similari sia di portafogli di operazioni. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definiti, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, i requisiti e le caratteristiche delle operazioni ammissibili, le modalità di concessione della garanzia, i criteri di selezione nonché l'ammontare massimo delle disponibilità finanziarie del Fondo da destinare alla copertura del rischio derivante dalla concessione della garanzia di cui al presente articolo.

7. All'onere derivante dal comma 4, pari a 4 milioni di euro annui a decorrere dall'esercizio 2014, si provvede mediante corrispondente riduzione della dotazione del fondo di cui all'articolo 2, comma 616, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, relativo allo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico.

7-bis. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, le modalità per la compensazione, nell'anno 2014, delle cartelle esattoriali in favore delle imprese titolari di crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, per somministrazione, forniture, appalti e servizi, anche professionali, maturati nei confronti della pubblica amministrazione e certificati secondo le modalità previste dai decreti del Ministro dell'economia e delle finanze 22 maggio 2012 e 25 giugno 2012, pubblicati, rispettivamente, nella Gazzetta Ufficiale n. 143 del 21 giugno 2012 e nella Gazzetta Ufficiale n. 152 del 2 luglio 2012, qualora la somma iscritta a ruolo sia inferiore o pari al credito vantato. Con il decreto di cui al primo periodo sono individuati gli aventi diritto, nonché le modalità di trasmissione dei relativi elenchi all'agente della riscossione.

7-ter. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, da adottare entro il 26 febbraio 2014, è modificata la determinazione del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli n. 145744 del 23 dicembre 2013, al fine di eliminare, per l'anno 2014, l'incremento dell'accisa sulla birra, decorrente dal 1° marzo 2014. Alle minori entrate derivanti dall'attuazione del primo periodo del presente comma, pari a 15 milioni di euro per l'anno 2014, si provvede, quanto a 7,5 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, e, quanto a 7,5 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2014-2016, nell'ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2014, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

L’articolo 12 del provvedimento in esame reca un insieme di misure volte, nel loro complesso, a immettere liquidità nel sistema imprenditoriale e, in particolare, ad alimentare i canali di finanziamento delle piccole e medie imprese.

Tale finalità è anzitutto perseguita (comma 1) mediante una complessiva riforma della disciplina delle cartolarizzazioni, contenuta nella legge n. 130 del 1999. Tra le principali modifiche apportate si segnalano le disposizioni che estendono la disciplina in materia di cartolarizzazione anche alle operazioni aventi ad oggetto cambiali finanziarie, obbligazioni, e titoli similari sottoscritti dalle cosiddette “società veicolo”; quelle che applicano la regola della segregazione patrimoniale anche all’eventuale fallimento del soggetto incaricato della riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e di pagamento (cd. servicer e subservicer) e della banca sulla quale la società di cartolarizzazione mantiene i propri depositi.

Sono poi apportate semplificazioni alla disciplina della cartolarizzazione dei crediti d’impresa e della cessione di crediti verso la PA. Al fine di incentivare l’investimento di fondi pensione e compagnie assicurative in titoli obbligazionari, si consente di computare tra gli attivi ammessi a copertura delle riserve tecniche delle imprese di assicurazione i titoli emessi nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione realizzate mediante la sottoscrizione e l'acquisto di obbligazioni e titoli similari, anche se non destinati ad essere negoziati in un mercato regolamentato o in sistemi multilaterali di negoziazione e anche privi di rating. Infine, le cambiali finanziarie, le obbligazioni e i titoli similari ed altre tipologie di attivi creditizi (in particolare i crediti alle PMI) sono qualificati come idonea garanzia di obbligazioni bancarie collateralizzate.

Le disposizioni di cui al comma 2 incidono sulla disciplina degli strumenti finanziari (cd. mini-bond, cambiali finanziarie e obbligazioni) contenuta nell’articolo 32 del decreto-legge n. 83 del 2012, in particolare incentivando l’investimento nei predetti strumenti finanziari da parte delle imprese assicurative e dei fondi pensione.

Con il comma 3 si semplificano, nel caso di cessioni di crediti effettuate ai sensi della legge sul factoring, le formalità per l'ottenimento della data certa del pagamento e quindi per l'opponibilità della cessione ai soggetti terzi, rendendo meno onerosi gli adempimenti burocratici per le imprese cedenti.

Il comma 4 ed il comma 5 riformano il regime fiscale applicabile ai finanziamenti a medio e a lungo termine, attualmente sottoposti a imposta sostitutiva delle imposte indirette. In particolare, tra le innovazioni principali si segnala l’estensione dell’imposta sostitutiva anche alle operazioni di finanziamento strutturate.

Il comma 6 estende il privilegio speciale sui beni mobili destinati all'esercizio dell'impresa, previsto a garanzia dei finanziamenti delle banche alle imprese, anche a garanzia dell’emissione di obbligazioni e titoli similari.

 

Il comma 6-bis estende l’operatività del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese anche nei confronti delle società di gestione del risparmio che, in nome e per conto dei fondi comuni di investimento da esse gestiti, sottoscrivano titoli obbligazionari emessi da piccole e medie imprese

 

Il comma 7 reca la copertura finanziaria dell’articolo in esame.

 

Il comma 7-bis consente la compensazione, per il 2014, delle cartelle esattoriali in favore delle imprese titolari di crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, per somministrazione, forniture, appalti e servizi, anche professionali, maturati nei confronti della P.A., che siano stati certificati secondo le modalità di cui ai D.M. Economia 22 maggio 2012 e 25 giugno 2012, qualora la somma iscritta a ruolo sia inferiore o pari al credito vantato. La disposizione rinvia ad un decreto ministeriale da emanare entro 90 giorni i criteri e le modalità di individuazione degli aventi diritto, nonché di trasmissione dei relativi elenchi all’agente della riscossione.

 

Il comma 7-ter consente la modifica della determinazione del Direttore dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli n. 145744 del 23 dicembre 2013, recante l'aumento della misura delle aliquote dell'accisa sulla birra, sui prodotti alcolici intermedi e sull'alcool etilico, al fine di eliminare gli incrementi dell'accisa sulla birra decorrenti dal 1° marzo 2014.

Le modifiche alla disciplina delle cartolarizzazioni

Più in dettaglio (comma 1) l’articolo anzitutto apporta significative modifiche alla disciplina delle cartolarizzazioni recata dalla legge n. 130 del 1999.

 

Si rammenta che nel corso dell’indagine conoscitiva sugli strumenti fiscali e finanziari a sostegno della crescita, conclusa lo scorso dicembre presso la Commissione VI Finanze della Camera, è stata auspicata - tra gli altri interventi - anche la riapertura del mercato delle cartolarizzazioni. Detta riapertura, drasticamente ridottosi a seguito degli eccessi che sono tra le cause della crisi finanziaria attuale, costituirebbe uno strumento efficace per estendere la disponibilità di credito, soprattutto nei confronti delle PMI, senza incorrere nei vincoli patrimoniali imposti alle banche. La Commissione ha ritenuto prioritario ridurre la diffidenza che il mercato comprensibilmente nutre, sulla scorta delle negative esperienze del recente passato, rispetto a queste operazioni, le quali per tale motivo non risultano al momento convenienti per le banche. A tal fine è stato suggerito di realizzare operazioni di cartolarizzazioni standardizzate, relative a crediti erogati in particolare nei confronti di piccole e medie imprese, emettendo titoli a struttura semplice e facilmente conoscibili dagli investitori.

Si rammenta inoltre che la legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 46 della legge n. 147 del 2013) consente alla Cassa depositi e prestiti S.p.A. di acquistare titoli emessi ai sensi della normativa sulla cartolarizzazione, nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto crediti verso piccole e medie imprese al fine di accrescere il volume del credito alle piccole e medie imprese. Gli acquisti dei predetti titoli possono essere garantiti dallo Stato.

In primo luogo, con la modifica di cui al comma 1, lettera a), che introduce il comma 1-bis all’articolo 1 della citata legge n. 130/1999, si estende l’ambito operativo della intera disciplina in materia di cartolarizzazione anche alle operazioni aventi ad oggetto obbligazioni e titoli similari, nonché cambiali finanziarie, sottoscritti dalle cosiddette “società veicolo” operanti ai sensi della medesima legge, con l’eccezione dei titoli partecipativi, ibridi e convertibili. Scopo della disposizione è quello di far sorgere nuovi veicoli di investimento operanti come sottoscrittori dei suddetti strumenti finanziari.

 

La legge 30 aprile 1999 n. 130 ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico una disciplina generale e organica in materia di operazioni di cartolarizzazione di crediti, consentendone la realizzazione attraverso società di diritto italiano appositamente costituite. Le cartolarizzazioni consistono in operazioni finanziarie complesse caratterizzate dalla presenza di più negozi giuridici tra loro collegati, mediante i quali portafogli di crediti (derivanti, ad esempio, da mutui o altre forme di impiego) vengono selezionati e aggregati al fine di costituire un supporto finanziario a garanzia di titoli (asset backed securities - ABS) collocati nel mercato dei capitali.

In estrema sintesi, nel modello accolto dalla legge n. 130 del 1999 l'operazione si realizza attraverso la cessione di crediti da parte del creditore cedente ad altro soggetto, denominato società veicolo, Special purpose vehicle (S.P.V.), appositamente costituito e avente per oggetto esclusivo la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione dei crediti (cfr. art. 3, comma 1, della legge n. 130 del 1999). La società veicolo, a sua volta, provvede all'emissione dei titoli destinati alla circolazione per finanziare l'acquisto dei crediti dal cedente (c.d. originator) e, successivamente, al recupero dei crediti acquistati e al rimborso dei titoli emessi. La società veicolo diventa dunque cessionaria dei crediti ed emette, a fronte di essi, titoli negoziabili. Di conseguenza, la funzione principale dell'SPV è quella di rendere concreta la fuoriuscita di attivi patrimoniali dal bilancio dell'originator e di realizzare l'operazione attraverso la segregazione degli stessi attivi in apposito patrimonio separato. Il flusso di liquidità che l'incasso dei crediti è in grado di generare è dunque funzionale in via esclusiva - insieme alle garanzie collaterali che assistono l'operazione - al rimborso dei titoli emessi, alla corresponsione degli interessi pattuiti ed al pagamento dei costi dell'operazione.

In sostanza dunque lo scopo dell’operazione di securitization è di cedere i flussi di cassa futuri, derivanti dal portafoglio di attività di un’impresa, ad un soggetto specializzato che provvede a presentarli sul mercato: in questo modo si spostano i flussi finanziari dal mercato del credito al mercato dei capitali.

 

Si segnala che in tale ambito è recentemente intervenuto il decreto-legge n. 102 del 2013 che, all’articolo 6, al fine di sostenere l’accesso all’abitazione e il settore immobiliare ha autorizzato Cassa depositi e prestiti ad acquistare obbligazioni bancarie garantite (covered bond) a fronte di portafogli di mutui garantiti da ipoteca su immobili residenziali e/o titoli emessi nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto crediti derivanti da mutui garantiti da ipoteca su immobili residenziali, per favorire la diffusione di tali strumenti presso le banche autorizzate al fine di aumentarne le disponibilità finanziarie per l’erogazione di finanziamenti ipotecari.

 

Con la disposizione di cui alla lettera b) si specifica (introducendo un comma 4-bis all’articolo 2) che nel caso di collocamento di titoli “cartolarizzati” presso investitori qualificati (come definiti dalla Consob con regolamento in base ai criteri fissati dalle disposizioni comunitarie, ai sensi dell’articolo 100, comma 1, lettera a) del D.Lgs. n. 58 del 1998, TUF) essi possono essere sottoscritti anche da un unico investitore.

 

Con le modifiche di cui alla lettera c) si intende integrare la disciplina sulla cartolarizzazione (aggiungendo i commi 2-bis e 2-ter all’articolo 3 della legge n. 130/1999) affinché, accanto al requisito della “segregazione” degli attivi cartolarizzati rispetto al fallimento della società di cartolarizzazione, detta segregazione patrimoniale sia estesa anche all’eventuale fallimento del soggetto incaricato della riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e di pagamento (cd. servicer e subservicer) e della banca sulla quale la società di cartolarizzazione mantiene i propri depositi.

Ai sensi dell'articolo 3, comma 2 della legge n. 130 del 1999, i crediti che formano oggetto di ciascuna operazione di cartolarizzazione costituiscono patrimonio separato ad ogni effetto, rispetto a quello dello S.P.V. e rispetto a quello relativo ad altre operazioni di cartolarizzazione. Si tratta dunque di un patrimonio a destinazione vincolata, in via esclusiva, al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi per finanziare l'acquisto dei crediti e al pagamento dei costi dell’operazione.

Il flusso di liquidità che l'incasso dei crediti è in grado di generare è dunque funzionale in via esclusiva - insieme alle garanzie collaterali che assistono l'operazione - al rimborso dei titoli emessi, alla corresponsione degli interessi pattuiti ed al pagamento dei costi dell'operazione.

 

Più in dettaglio, ai sensi dell’introdotto comma 2-bis, le società veicolo possono aprire conti correnti segregati presso la banca depositaria ovvero presso i soggetti incaricati della riscossione dei crediti ceduti, nonché dei servizi di cassa e di pagamento (ad es. istituti di credito), dove sono accreditate le somme corrisposte dai debitori ceduti, nonché ogni altra somma pagata o comunque di spettanza della società ai sensi delle operazioni accessorie condotte nell'ambito di ciascuna operazione di cartolarizzazione o comunque ai sensi dei contratti dell'operazione.

Le somme accreditate su tali conti segregati costituiscono patrimonio separato a tutti gli effetti da quello del depositario e da quello degli altri depositanti. Su tali somme non sono ammesse azioni da parte di soggetti diversi dai portatori dei titoli emessi per finanziare l'acquisto dei crediti stessi; tali somme possono essere utilizzate esclusivamente per il soddisfacimento di crediti vantati dai portatori dei titoli e dalle controparti dei contratti derivati con finalità di copertura dei rischi insiti nei crediti e nei titoli ceduti, nonché per il pagamento degli altri costi dell'operazione. In caso di avvio nei confronti del depositario di procedimenti di crisi bancaria (di cui al titolo IV del testo unico bancario, D.Lgs. n. 385 del 1993) nonché di procedure concorsuali o di accordi di ristrutturazione, le somme accreditate su tali conti non sono considerate come rientranti nel patrimonio del soggetto e non sono soggette a sospensione dei pagamenti. Esse vengono integralmente restituite alla società per conto della quale è avvenuto l'incasso, secondo i termini contrattuali e comunque senza la necessità di attendere i riparti e le altre restituzioni.

 

Ai sensi del comma 2-ter, i soggetti che svolgono, anche su delega delle banche o degli intermediari finanziari, i servizi di riscossione dei crediti ceduti e di cassa e di pagamento, nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione dei crediti, possono aprire presso banche conti correnti segregati, dove vengano accreditate le somme incassate per conto della società cessionaria o della società emittente dai debitori ceduti. Sulle somme accreditate sui conti segregati  non sono ammesse azioni da parte dei creditori dei soggetti incaricati dei servizi di riscossione e di cassa / pagamento, se non per l'eccedenza delle somme incassate e dovute alla società cessionaria o emittente.

Inoltre, in caso di avvio di procedimenti concorsuali o di accordi di ristrutturazione, le somme accreditate sui conti segregati, per un importo pari alle somme incassate e dovute alla società cessionaria o emittente, non vengono considerate come rientranti nel patrimonio del soggetto che svolge i servizi di riscossione dei crediti ceduti e di cassa e di pagamento.

Tali somme devono essere integralmente restituite alla società per conto della quale è avvenuto l'incasso, secondo i termini contrattuali e comunque senza la necessità di attendere i riparti e le altre restituzioni.

I predetti interventi dovrebbero avere un impatto significativo anche dal punto di vista dell’immissione di nuova liquidità nel sistema, in quanto l’attuale limitazione sostanzialmente impedisce alle banche che operano in Italia di detenere la liquidità derivante dai crediti cartolarizzati.

 

La lettera d) apporta numerose modifiche all’articolo 4 della legge n. 130 del 1999.

Con il numero 1 della lettera d) sono sostituiti i commi 1 e 2 del citato articolo 4 e viene aggiunto il comma 2-bis.

Resta ferma l’applicazione (articolo 4, novellato comma 1) di alcune disposizioni del Testo Unico Bancario in materia di cessione dei crediti (tra cui l’obbligo di dare notizia dell'avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale; il mantenimento a favore del cessionario della validità e del grado di privilegi e garanzie esistenti a favore del cedente, nonché delle trascrizioni nei pubblici registri degli atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziaria compresi nella cessione).

Per effetto delle norme in esame, alle cessioni aventi ad oggetto crediti di impresa (disciplinate dall'articolo 1 della legge 21 febbraio 1991, n. 52) effettuate nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione, è sufficiente che la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell'avvenuta cessione contenga l'indicazione del cedente, del cessionario e della data di cessione affinché si producano gli effetti di opponibilità ai terzi, di limite alle azioni esperibili sui crediti acquistati e sulle somme corrisposte dai soggetti ceduti, nonché di limitazione alla compensabilità tra crediti.

Inoltre, è possibile applicare le formalità per rendere opponibile la cessione dei crediti ai terzi previste dalla legge sul factoring (disciplinate dall’articolo 5, commi 1, 1-bis e 2, della legge 21 febbraio 1991, n. 52) anche se la cessione non avviene in blocco, su espressa volontà delle parti.

In sintesi, ai sensi del citato articolo 5, se il cessionario ha pagato in tutto o in parte il corrispettivo della cessione ed il pagamento abbia data certa, la cessione è opponibile agli altri aventi causa del cedente, il cui titolo di acquisto non sia stato reso efficace verso i terzi anteriormente alla data del pagamento; al creditore del cedente, che abbia pignorato il credito dopo la data del pagamento; al fallimento del cedente dichiarato dopo la data del pagamento. Per ottenere la data certa del pagamento è sufficiente l'annotazione del contante sul conto di pertinenza del cedente. Viene fatta salva per il cessionario la facoltà di rendere la cessione opponibile ai terzi nei modi previsti dal codice civile.

 

Ai sensi del novellato comma 2 dell’articolo 4 della legge n. 130/1999, l’opponibilità decorre – come previsto già dalle norme previgenti - dalla data della pubblicazione della notizia dell'avvenuta cessione nella Gazzetta Ufficiale oppure dalla data certa dell'avvenuto pagamento, anche in parte, del corrispettivo della cessione.

Si precisa inoltre che, in deroga ad ogni altra disposizione, i debitori ceduti non possono esercitare il diritto a compensare i crediti acquistati dalla società di cartolarizzazione coi crediti di tali debitori nei confronti del cedente, sorti posteriormente a tale data.

Resta fermo l’ambito soggettivo di opponibilità della cessione (dalle predette date essa è opponibile agli altri aventi causa del cedente, il cui titolo di acquisto non sia stato reso efficace verso i terzi in data anteriore; ai creditori del cedente che non abbiano pignorato il credito prima della pubblicazione della cessione).

 

Il comma 2-bis, per la cessione di crediti derivanti da aperture di credito, anche regolate in conto corrente, estende gli effetti derivanti delle formalità pubblicitarie della cessione previste dalla legge (limitazione alle azioni; opponibilità a terzi; divieto di compensazione) anche a tutti i crediti futuri nascenti da tali contratti, a condizione che i contratti siano stipulati prima della data di espletamento di tali formalità.

Il comma 1, lettera d), numero 2) modifica il comma 3 dell’articolo 4 della legge n. 130/1999, al fine di disapplicare alcune disposizioni della legge fallimentare (in particolare l’articolo 65) con riferimento ai pagamenti effettuati dai debitori ceduti alla società cessionaria. In particolare, con la modifica in esame sono resi efficaci i pagamenti anticipati a estinzione dei crediti cartolarizzati, anche se effettuati da un soggetto fallito entro i due anni precedenti la dichiarazione di fallimento.

 

Il comma 1, lettera d), numero 3) introduce il comma 4-bis ed il comma 4-ter)  all’articolo 4, con lo scopo di semplificare le modalità di cessione di crediti verso la pubblica amministrazione, equiparando le stesse alle cessioni di crediti nei confronti di soggetti privati: ciò avviene anzitutto mediante la disapplicazione a tali operazioni delle formalità richieste (ai sensi degli articolo 69 e 70 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440) per la cessione di crediti verso la PA e delle norme che richiedano formalità diverse o ulteriori rispetto a quelle previste dalla disciplina delle cartolarizzazioni.

Si specifica inoltre che debba essere data adeguata pubblicità, nelle forme previste dalla legge, all’affidamento o al trasferimento delle funzioni della riscossione dei crediti ceduti, nonché dei servizi di cassa e di pagamento, a soggetti diversi dal cedente (anche ove non si tratti di una banca); tali informazioni devono essere rese pubbliche sulla Gazzetta Ufficiale e mediante comunicazione con lettera raccomandata con avviso di ricevimento alle pubbliche amministrazioni debitrici.

Il comma 4-ter  dispone che, nel caso di cessione di crediti derivanti da aperture di credito, anche regolate in conto corrente, il diritto di rendere esigibile il credito ceduto è esercitato dalla società cessionaria in conformità alle previsioni del relativo contratto o, in mancanza, con un preavviso non inferiore a quindici giorni.

 

La lettera e) del comma 1 modifica l’articolo 5 della legge n. 130/1999, introducendovi il comma 2-bis.

I titoli emessi nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione realizzate mediante la sottoscrizione e l'acquisto di obbligazioni e titoli similari (esclusi comunque titoli rappresentativi del capitale sociale, titoli ibridi e convertibili) anche se non destinati ad essere negoziati in un mercato regolamentato o in sistemi multilaterali di negoziazione e anche privi di valutazione del merito di credito da parte di operatori terzi, costituiscono attivi ammessi a copertura delle riserve tecniche delle imprese di assicurazione ai sensi dell'articolo 38 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private).

Le disposizioni in esame hanno demandato a un regolamento dell’IVASS, da emanarsi entro il 24 gennaio 2014 l’emanazione delle misure di dettaglio per la copertura delle riserve tecniche tramite gli attivi sopra menzionati. Con lettera al mercato del 23 gennaio 2014, Prot. n. 51-14-000098, l’IVASS ha anticipato le modifiche che intende apportare al proprio Regolamento 36/2011 in materia di investimenti e attivi a copertura delle riserve tecniche al fine di adempiere a quanto prescritto dalle norme in esame.

 

Si specifica inoltre che l'investimento nei titoli di cui al presente comma è altresì compatibile con le vigenti disposizioni in materia di limiti di investimento di fondi pensione.

Tale norma è volta a favorire l'investimento in titoli di cartolarizzazione con obbligazioni e titoli similari come sottostante, da parte delle imprese di assicurazione e dei fondi pensione, anche laddove questi strumenti non siano negoziati su mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione e anche se privi di rating.

Nel corso della già citata indagine conoscitiva sugli strumenti fiscali e finanziari a sostegno della crescita è emerso che le compagnie assicurative non hanno piena libertà di investimento in ordine agli strumenti non quotati, anche in ragione dei requisiti di liquidità e/o di misurabilità dei rischi dell'investimento fissati a monte dal regolatore e sono state altresì sottolineate le problematiche afferenti all'entrata in vigore, dal 2015, della nuova disciplina dei requisiti di capitale delle compagnie assicurative contenuta nel pacchetto «Solvency II», che potrebbe introdurre penalizzazioni consistenti sull'investimento in strumenti diversi dai titoli di Stato. Infatti, a fronte di un assorbimento di capitale pari allo 0 per cento per gli investimenti in titoli di Stato, le compagnie sarebbero costrette a mettere da parte una quota di capitale pari al 15 per cento dell'investimento, ove puntassero su titoli di imprese privi di rating (o su fondi di investimenti che investissero in tali titoli) con durata finanziaria di 5 anni.

 

La lettera f) del comma 1 apporta due modifiche all'articolo 7 della legge n. 130 del 1999, in particolare introducendovi i commi 2-bis e 2-ter.

 

Con il comma 2-bis si specifica che, per il caso di operazioni di cartolarizzazione realizzate mediante cessione a un fondo comune di investimento, il soggetto incaricato del cd. servicing (responsabile della riscossione e dei servizi di cassa e pagamento nonché della verifica sulla regolare gestione dell'operazione) può essere anche la società di gestione del risparmio che gestisce il fondo.

Tale disposizione intende assicurare che l'operazione resti assoggettata alla vigilanza della Banca d'Italia senza incrementare i costi dell'operazione con il coinvolgimento di un servicer terzo.

T trovano applicazione alcune agevolazioni fiscali previste nell'articolo 15 del DPR n. 601 del 1973, recante la disciplina delle agevolazioni tributarie (come nel caso di cessione dei crediti a una società di cartolarizzazione), ovvero l’esenzione dall'imposta di registro, dall'imposta di bollo, dalle imposte ipotecarie e catastali e dalle tasse sulle concessioni governative.

 

Ai sensi del comma 2-ter, sono computati negli attivi ammessi a copertura delle riserve tecniche delle imprese di assicurazione i titoli emessi nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione realizzate mediante la sottoscrizione e l'acquisto di obbligazioni e titoli similari (anche se non destinati ad essere negoziati in un mercato regolamentato o in sistemi multilaterali di negoziazione e anche privi di rating), anche ai fini dell'investimento in quote di fondi comuni.

Con tale modifica si intende favorire l'investimento da parte delle imprese di assicurazione, dei fondi pensione e degli enti pubblici previdenziali e assicurativi nelle quote dei fondi comuni di investimento che investono prevalentemente in crediti cartolarizzati.

 

Le disposizioni di cui alla lettera g) recano un coordinamento formale con le disposizioni introdotte, con lo scopo di estendere le modifiche apportate all'articolo 3 della legge sulla cartolarizzazione anche alle operazioni di emissione delle obbligazioni bancarie garantite.

 

Infine, la lettera h) del comma 1 include le obbligazioni, i titoli similari . le cambiali finanziarie  ed altre tipologie di attivi creditizi (in particolare i crediti alle PMI) tra quelli idonei a essere posti a garanzia di obbligazioni bancarie collateralizzate.

Viene a tal fine inserito nella legge n. 130/1999 un articolo 7-quater, che estende l’applicazione di alcune norme in materia di obbligazioni bancarie garantite (articoli 7-bis, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 7, e 7-ter, comma 1 e le disposizioni ivi richiamate) anche alle operazioni, ivi disciplinate, aventi ad oggetto obbligazioni e titoli similari, cambiali finanziarie, crediti garantiti da ipoteca navale, crediti nei confronti di piccole e medie imprese, crediti derivanti da contratti di leasing o di factoring, nonché di titoli emessi nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto crediti della medesima natura. Si demanda alla fonte regolamentare l’attuazione della norma primaria, nonché l’individuazione delle categorie di crediti o titoli cui si applica tale disciplina.

Si specifica inoltre che tali attivi possono essere ceduti anche da società facenti parte di un gruppo bancario.

La norma (comma 2 dell’articolo 7-quater) affida alla fonte regolamentare la disciplina dell'emissione di tali nuove categorie di attivi idonei, differenziandoli dai titoli emessi in base alla già vigente disciplina dei covered bonds.

In tal modo, potendo costituire attivi a garanzia di emissioni di raccolta diretta (diversi dai covered bond) si intende incentivare l'investimento delle banche nei suddetti strumenti.

Modifiche alla disciplina dei cd. mini-bond e delle obbligazioni

Le disposizioni di cui al comma 2 incidono sulla disciplina degli strumenti finanziari (cd. mini-bond e obbligazioni) contenuta nell’articolo 32 del decreto-legge n. 83 del 2012. Viene in particolare introdotto un comma 26-bis, le cui disposizioni intendono incentivare l’investimento nei predetti strumenti finanziari da parte delle imprese assicurative e dei fondi pensione.

 

Con l'intento di facilitare l'accesso alla raccolta del capitale di debito per le società non quotate, quale alternativa al canale di finanziamento bancario, il legislatore ha introdotto diversi strumenti volti a ridurre i vincoli normativi, civilistici e fiscali che hanno sinora limitato il ricorso al mercato dei capitali mediante l'emissione di tali strumenti. In particolare, con la riforma delle cambiali finanziarie (mini-bond) e dei titoli obbligazionari emessi dalle imprese si è inteso ridurre la disparità tra società italiane con azioni quotate e società italiane non quotate, rendendo possibile anche per queste ultime l'emissione di strumenti di debito da destinarsi ai mercati domestici ed internazionali.

L’articolo 32 del decreto-legge n. 83 del 2012 (successivamente integrato e modificato dal decreto-legge n.179 del 2012) ha in primo luogo semplificato e aggiornato la disciplina delle cosiddette cambiali finanziarie contenuta nella legge 13 gennaio 1994, n. 43. In particolare, la scadenza dei titoli non può essere inferiore ad un mese e superiore a trentasei mesi dalla data di emissione; le cambiali possono essere emesse da tutte le società di capitali, da società cooperative e mutue assicuratrici (diverse dalle banche e dalle micro-imprese). Tuttavia, le società e gli enti non aventi titoli rappresentativi del capitale negoziati in mercati (regolamentati o non regolamentati) possono emettere i mini-bond subordinatamente alla presenza di determinati requisiti, tra cui l'assistenza di uno sponsor (una banca, un'impresa di investimento, una società di gestione del risparmio, una società di gestione armonizzata, una società di investimento a capitale variabile, purché con succursale costituita nel territorio dello Stato), che assista e supporti la società nella procedura di emissione e nella fase di collocamento dei titoli e mantenga nel proprio portafoglio, sino alla naturale scadenza, una quota dei titoli variabile in funzione dell'ammontare complessivo dell’emissione. È altresì previsto che i mini-bond emessi da società non quotate debbano essere emessi e girati esclusivamente in favore di investitori professionali che non siano, direttamente o indirettamente, soci della società emittente. I mini-bond possono essere altresì emessi in forma dematerializzata. Per le emissioni dei mini-bond è stato creato l'apposito mercato ExtraMOT PRO, gestito dalla Borsa italiana; ad oggi sono classificati come mini-bond e, quindi, quotati all'ExtraMOT PRO, circa 1,5 miliardi di emissioni, concentrati soprattutto in due o tre emissioni.

Il richiamato articolo 32 ha inoltre modificato la disciplina dell'emissione, da parte di società non quotate diverse dalle banche e dalle micro-imprese, di obbligazioni e titoli similari che prevedono clausole di partecipazione agli utili d'impresa e di subordinazione. In particolare, i commi da 19 a 26 dell'articolo 32 hanno introdotto alcune disposizioni specificamente riferite alle emissioni di obbligazioni partecipative e subordinate da parte di società non emittenti strumenti finanziari rappresentativi del capitale quotati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione (diverse dalle banche e dalle micro-imprese).

Sono anzitutto disciplinate le caratteristiche civilistiche che i suddetti titoli devono possedere ai fini della loro qualificazione come vere e proprie obbligazioni (rientranti, quindi, nell'ambito dell'articolo 2411, primo e secondo comma, del codice civile). E’ prevista la possibilità per le società non quotate di emettere titoli obbligazionari che prevedano clausole di partecipazione agli utili di impresa e di subordinazione, purché presentino alcune caratteristiche relative alla durata (non inferiore a trentasei mesi), alla clausola di postergazione (si deve prevedere il diritto al rimborso subordinatamente agli altri creditori della società, mantenendo la prelazione al rimborso soltanto rispetto agli azionisti) e alla remunerazione (la remunerazione deve essere necessariamente composta da una parte fissa e da una parte variabile, il tasso di interesse riconosciuto al portatore del titolo non può essere inferiore al tasso ufficiale di riferimento pro tempore vigente, mentre la parte variabile del corrispettivo deve essere commisurata al risultato economico dell'impresa emittente).

L'articolo 32 ha poi operato una revisione delle agevolazioni fiscali, in particolare allentando i vincoli normativi in tema di deducibilità degli interessi passivi corrisposti da parte dei soggetti emittenti cambiali finanziarie, obbligazioni e titoli similari. Per quanto concerne il trattamento fiscale degli interessi percepiti dagli investitori, si applica l'imposta sostitutiva nella misura del 20 per cento a:

·     cambiali finanziarie, obbligazioni e titoli similari emessi da banche, società per azioni quotate in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione comunitari, o di Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella white list;

·     obbligazioni e titoli similari emessi da enti pubblici trasformati in S.p.a. per effetto di disposizioni di legge;

·     cambiali finanziarie, obbligazioni e titoli similari emesse da società di capitali, cooperative e mutue assicuratrici, diverse dalle banche e dalle micro-imprese, non quotate o non ex enti pubblici.

L'imposta sostitutiva si applica agli interessi derivanti da strumenti finanziari emessi a decorrere dal 26 giugno 2012 (data di entrata in vigore del decreto-legge n. 83 del 2012). Restano assoggettati alla ritenuta del 20 per cento (ai sensi dell'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica n.600 del 1973) gli interessi derivanti da obbligazioni, titoli similari e cambiali finanziarie non quotati emessi da società per azioni non negoziate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione. Tuttavia, per una revisione del regime fiscale dei predetti strumenti si veda il comma 5 dell’articolo in esame.

 

Con lo scopo di favorire l'investimento in obbligazioni e titoli similari da parte delle imprese di assicurazione e dei fondi pensione, si precisa che l'investimento in obbligazioni, cambiali finanziarie e titoli similari, in titoli finanziari rappresentativi di operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto i predetti strumenti finanziari e in quote di fondi che investono prevalentemente nei predetti strumenti finanziari sia compatibile, anche laddove questi strumenti non siano negoziati su mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione e anche se privi di rating, con le vigenti disposizioni in materia di investimento in attivi a copertura delle riserve tecniche delle imprese di assicurazione.

Si demanda alla normativa secondaria il compito di delineare la disciplina di dettaglio. Si veda supra, al commento relativo al comma 1, per l’emanazione dei regolamenti IVASS.

Si precisa infine che i suddetti investimenti sono altresì compatibili anche con le disposizioni in materia di limiti di investimento dei fondi pensione.

Modifiche alla disciplina del factoring

Con il comma 3 si semplificano, nel caso di cessioni di crediti effettuate ai sensi della legge sul factoring, le formalità per l'ottenimento della data certa del pagamento e quindi per l'opponibilità della cessione ai soggetti terzi, rendendo meno onerosi gli adempimenti burocratici per le imprese cedenti.

 

In estrema sintesi si ricorda che la legge n. 52 del 1991 reca la disciplina della cessione dei crediti di impresa; in precedenza, tale servizio era svolto con riferimento agli articoli 1260 e seguenti del codice civile, che consentono al creditore di trasferire a titolo oneroso o gratuito il credito anche senza il consenso del debitore. La richiamata legge 52/91 regola tutti i casi in cui il cedente è un imprenditore, i crediti sorgono da contratti stipulati dal cedente nell’esercizio dell’impresa, e il cessionario è una banca o un intermediario finanziario disciplinato dal TUB.

 

In particolare, l’articolo 5 della legge n. 52 del 1991 reca la disciplina dell’opponibilità ai terzi della cessione, che si verifica qualora il cessionario abbia pagato in tutto o in parte il corrispettivo della cessione ed il pagamento abbia data certa. Con la disposizione di cui al comma 3 viene inserito il comma 1-bis al richiamato articolo 5, che consente di ottenere la data certa del pagamento del corrispettivo mediante annotazione del contante sul conto di pertinenza del cedente (in conformità alle disposizioni in materia di garanzia finanziaria dall'articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 170).

Regime fiscale e finanziamenti delle imprese

Il comma 4 ed il comma 5 apportano alcune modifiche al D.P.R. n. 601 del 1973, recante la disciplina delle agevolazioni tributarie, in particolare volte a riformare il regime fiscale applicabile ai finanziamenti a medio e a lungo termine, attualmente sottoposti a imposta sostitutiva delle imposte indirette.

 

In sintesi, per effetto del combinato disposto degli articoli 15 e 17 del DPR n. 601 del 1973, si esentano dall'imposta di registro, dall'imposta di bollo, dalle imposte ipotecarie e catastali e dalle tasse sulle concessioni governative le operazioni relative ai finanziamenti e tutti i provvedimenti, atti, contratti e formalità inerenti alle operazioni medesime, nonché alle relative garanzie (ivi comprese le cessioni di credito stipulate in relazione a tali finanziamenti) purché effettuati da aziende e istituti di credito e da loro sezioni o gestioni che esercitano, il credito a medio e lungo termine, e quelle effettuate dalla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. (ai sensi dell’ articolo 5, comma 7, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269) per finanziare opere, impianti, reti e dotazioni destinati alla fornitura di servizi pubblici ed alle bonifiche, utilizzando fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, senza garanzia dello Stato e con preclusione della raccolta di fondi a vista (articolo 15); tuttavia, gli enti che effettuano le predette operazioni sono tenuti a corrispondere una imposta sostitutiva in luogo delle imposte di registro, di bollo, ipotecarie e catastali e delle tasse sulle concessioni governative (articolo 17).

L'imposta sostitutiva si applica in ragione dello 0,25 per cento dell'ammontare complessivo dei finanziamenti agevolati erogati in ciascun esercizio. Ove il finanziamento stesso non si riferisca all'acquisto della prima casa di abitazione, e delle relative pertinenze, l'aliquota si applica nella misura del 2 per cento dell'ammontare complessivo dei finanziamenti agevolati erogati in ciascun esercizio (articolo 18).

 

In particolare, con la lettera a) del comma 4 viene integrato l'articolo 15, primo comma, del richiamato D.P.R. n. 601 del 1973; la successiva lettera b) integra invece il primo comma dell’articolo 17.

Per effetto di tali modifiche, il versamento dell’imposta sostitutiva è reso opzionale, anziché obbligatorio. Viene infatti reso possibile optare per iscritto, nell’atto di finanziamento, per il pagamento della predetta imposta sostitutiva; in mancanza di indicazioni nell’atto, verranno invece versate le imposte di registro, di bollo, ipotecarie e catastali e le tasse sulle concessioni governative in relazione alle operazioni di finanziamento.

 

La modifica di cui alla lettera c) inserisce l’articolo 20-bis al citato DPR n. 601 del 1973, col quale la predetta imposta sostitutiva è estesa altresì alle operazioni di finanziamento strutturate.

Più in dettaglio, le disposizioni in materia di imposta sostitutiva si applicano anche alle garanzie di qualunque tipo, da chiunque e in qualsiasi momento prestate in relazione alle operazioni di finanziamento strutturate come emissioni di obbligazioni o titoli similari alle obbligazioni, da chiunque sottoscritte, alle loro eventuali surroghe, sostituzioni, postergazioni, frazionamenti e cancellazioni anche parziali, ivi comprese le cessioni di credito stipulate in relazione alle stesse, nonché ai trasferimenti di garanzie anche conseguenti alla cessione delle predette obbligazioni, nonché alla modificazione o estinzione di tali operazioni.

Per le operazioni di finanziamento strutturate (articolo 20-bis, comma 2) l'opzione per il pagamento di imposta sostitutiva è esercitata nella deliberazione di emissione, ovvero dopo analoghi provvedimenti autorizzativi. Essa è dovuta dagli intermediari finanziari incaricati delle attività di promozione e collocamento delle operazioni strutturate ovvero, nel caso in cui tali intermediari non intervengano, dalle società che emettono le obbligazioni o titoli similari con riferimento ai quali è stata esercitata l'opzione. Il soggetto finanziato risponde in solido con i predetti intermediari per il pagamento dell'imposta (comma 3).

Si specificano gli obblighi dichiarativi (comma 4) degli intermediari finanziari e delle società emittenti tenute al pagamento dell'imposta in relazione all'ammontare delle obbligazioni collocate; si esclude (comma 5) l’applicazione, alle operazioni sottoposte a imposta sostitutiva, dell’obbligo di versare l’acconto per il semestre successivo (ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 3, commi 3 e 3-bis, del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 151).

 

Ai sensi delle richiamate disposizioni, gli enti che effettuano le operazioni di finanziamento sottoposte ad imposta sostitutiva devono versare, contestualmente al pagamento dell'imposta sostitutiva che risulta dovuta sulle operazioni effettuate nel primo semestre di ciascun esercizio, anche una somma pari al 90 per cento dell'ammontare di tale imposta, a titolo di acconto di quella relativa alle operazioni da effettuare nel secondo semestre del medesimo esercizio. Ove l'ammontare del versamento è superiore a quello dell'imposta sostitutiva che risulta dovuta sulle operazioni effettuate nel secondo semestre, gli enti hanno diritto, a loro scelta, di computare l'eccedenza in diminuzione del versamento dell'imposta dovuta, a saldo o in acconto, per i semestri successivi ovvero di chiederne il rimborso nella dichiarazione da presentare per il semestre in relazione al quale si verifica l'eccedenza.

 

Con le disposizioni di cui al comma 5 dell’articolo 12 si modifica il regime fiscale delle obbligazioni, dei titoli similari e delle cambiali finanziarie, di cui al richiamato articolo 32 del D.L. n. 83 del 2012, volta ad agevolare l’investimento dei soggetti qualificati nei predetti strumenti finanziari.

In particolare viene inserito un comma 9-bis al richiamato articolo 32, che esclude l’applicazione della ritenuta (che nel testo della norma è del 20 per cento) prevista dall’articolo 26, comma 1 del DPR n. 600 del 1973 agli interessi e ai proventi delle obbligazioni e titoli similari, e delle cambiali finanziarie, corrisposti a organismi di investimento collettivo in valori mobiliari le cui quote siano detenute esclusivamente da investitori qualificati e il cui patrimonio sia investito prevalentemente in tali obbligazioni, titoli o cambiali finanziarie.

Si rammenta che l’aliquota della predetta ritenuta è stata innalzata al 26 per cento per effetto dell’articolo 3, comma 7, lettera b) del D.L. n. 66 del 2014.

Disposizioni in materia di privilegi

Con la modifica proposta al comma 6, lettera a)che inserisce un nuovo comma 1-bis nell'articolo 46 del testo unico bancario, di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 – si intende agevolare il reperimento di risorse finanziarie da parte di società, favorendone l'accesso a forme di finanziamento alternative rispetto al canale bancario.

Per effetto della norma in esame il privilegio speciale sui beni mobili destinati all'esercizio dell'impresa, previsto dal citato articolo 46 del testo unico bancario a garanzia dei finanziamenti a medio e lungo termine concessi dalle banche alle imprese, viene esteso anche a garanzia di obbligazioni e titoli similari emessi, purché la relativa sottoscrizione e circolazione sia riservata a investitori qualificati.

Il primo comma dell’articolo 46 dispone infatti che la concessione di finanziamenti a medio e lungo termine da parte di banche alle imprese può essere garantita da privilegio speciale su beni mobili, comunque destinati all'esercizio dell'impresa, non iscritti nei pubblici registri.

La lettera b) del comma 6 modifica il comma 2 dell'articolo 46 del testo unico, al fine di apportare gli opportuni adattamenti alla disciplina ivi prevista in caso di emissione di obbligazioni o titoli similari. In particolare, si chiarisce che:

·      tali strumenti possono essere sottoscritti da un unico soggetto;

·      nell'atto con cui si costituisce il privilegio può essere indicato un rappresentante dei relativi titolari. In tal modo, si intende favorire la circolazione di tali strumenti, consentendo la nomina di un security agent (figura nota alla prassi nelle emissioni di obbligazioni assistite da garanzie reali) per evitare di modificare le informazioni contenute nell'atto trascritto ai sensi dell'articolo 1524, secondo comma, del codice civile a seguito della circolazione degli stessi.

Estensione dell’operatività del fondo di garanzia PMI

Il comma 6-bis consente al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di prestare garanzia in favore delle società di gestione del risparmio che, in nome e per conto dei fondi comuni di investimento, sottoscrivano i nuovi strumenti finanziari emessi da piccole e medie imprese.

Il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese è stato costituito con legge n. 662/96 (art.2, comma 100, lettera a) con lo scopo di: “assicurare una parziale assicurazione ai crediti concessi dagli istituti di credito a favore delle piccole e medie imprese”. L’impatto sulle imprese è quindi quello di favorire l’accesso alle fonti finanziarie delle PMI mediante la concessione di una garanzia pubblica. La citata disposizione ha previsto la possibilità per il CIPE di destinare, nell’ambito delle risorse statali attribuite per la realizzazione di investimenti pubblici e rimaste in tutto o in parte inutilizzate, una somma fino ad un massimo di 400 miliardi di lire per il finanziamento di un fondo di garanzia costituito presso il Mediocredito Centrale Spa. Il Fondo è stato più volte, nel corso degli anni oggetti di modifiche legislative volte al suo potenziamento e razionalizzazione. Da ultimo il D.L. 69/2013 (c.d. Decreto del fare) ha demandato ad un successivo decreto ministeriale (non ancora emanato alla data del 27 novembre 2013) l’adozione di specifiche disposizioni volte ad assicurare un più ampio accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese.  

Si ricorda in proposito che l’articolo 1, comma 31 della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014) ha istituito un “Sistema nazionale di garanzia”, con la finalità di facilitare l’accesso al credito delle famiglie e delle imprese. In tale sistema sono compresi: il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, in relazione al quale vengono apportate delle modifiche limitatamente all’organo di amministrazione; una sezione speciale "Progetti di Ricerca e Innovazione", istituita nell'ambito del medesimo Fondo di garanzia per le PMI; il Fondo di garanzia per la prima casa, istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze per la concessione di garanzie, a prima richiesta, su mutui ipotecari o su portafogli di mutui ipotecari.

 

La garanzia del fondo PMI può essere concessa a fronte sia di singole operazioni di sottoscrizione di obbligazioni e titoli similari, sia di portafogli di operazioni.

Si affida a un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la definizione, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, i requisiti e le caratteristiche delle operazioni ammissibili, le modalità di concessione della garanzia, i criteri di selezione nonché l'ammontare massimo delle disponibilità finanziarie del Fondo da destinare alla copertura del rischio derivante dalla concessione della garanzia.

Disposizioni di copertura finanziaria

Ai fini della copertura finanziaria delle misure recate dalle disposizioni in materia di imposta sostitutiva sui finanziamenti (disciplinata dal comma 4 dell’articolo in esame) e, in particolare, dall’estensione della medesima imposta alle operazioni di finanziamento strutturate, il cui onere è quantificato in 4 milioni di euro a decorrere dall'esercizio 2014, in esame si dispone la riduzione del fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dello Sviluppo economico di cui all’articolo 1, comma 616 della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008).

 

Si rammenta che l’articolo 1, comma 615 della predetta legge n. 244 del 2007 ha vietato, a decorrere dall’anno 2008, l’iscrizione negli stati di previsione dei Ministeri delle somme versate all’entrata del bilancio dello Stato autorizzate dai provvedimenti legislativi indicati nell’elenco 1 della legge medesima, fatta eccezione per gli stanziamenti destinati a finanziarie le spese della categoria economica 1 “redditi da lavoro dipendente”. Il comma 616, in relazione a quanto sopra previsto, dispone l’istituzione, negli stati di previsione dei Ministeri interessati al divieto di riassegnazione di cui sopra, di appositi Fondi da ripartire con decreto ministeriale.

 

Secondo la legge di bilancio 2014, Il predetto Fondo di competenza del MISE (capitolo 1749) presenta uno stanziamento de 29.420.248 milioni di euro per il 2014, 8.583.056 milioni per il 2015 e 27.248.304 per il 2016.

Compensazione di cartelle esattoriali

Il comma 7-bis integra la vigente normativa sui crediti vantati dalla imprese nei confronti della P.A., in particolare prevedendo la possibilità, secondo modalità da definire con successivo decreto, di compensare, nell’anno 2014, le cartelle esattoriali con i crediti certi liquidi ed esigibili non prescritti per somministrazioni forniture, appalti e servizi, anche professionali, vantati verso la P.A. e regolarmente certificati.

 

Si rammenta in proposito che la necessità di affrontare il deteriorarsi della congiuntura economica, affiancando a misure di consolidamento finanziario specifiche azioni di sostegno all’economia capaci di fronteggiare l'accentuata debolezza della domanda interna, ha indotto il legislatore ad affrontare lo sblocco dei pagamenti dei debiti delle amministrazioni pubbliche verso i fornitori attraverso una serie di provvedimenti, molti dei quali d'urgenza, volti ad immettere a breve termine liquidità nel sistema economico e, in tal modo, ad agevolare una ripresa della crescita. Una serie di interventi legislativi che si sono susseguiti nel corso dell’attuale legislatura – dapprima il D.L. n. 35 dell’8 aprile 2013, successivamente il D.L. n. 102 del 31 agosto 2013, e da ultimo la Legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013) - hanno inteso affrontare il problema mettendo a disposizione risorse finanziarie (reperite nella gran parte attraverso maggiori emissioni di titoli del debito pubblico) e procedure nuove per la ricognizione dell’entità dei debiti della pubblica amministrazione nel suo complesso.

Più nel dettaglio, per ciò che concerne le misure finanziarie adottate, esse sono rivolte all'accelerazione del pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili maturati dalla P.A. al 31 dicembre 2012, dunque al pagamento dei debiti pregressi della P.A.

Tali misure, per ciò che riguarda gli enti territoriali, si sono concretizzate:

·     nella concessione per l’anno 2013 e per l’anno 2014 di spazi finanziari a regioni ed enti locali che disponevano di liquidità non utilizzabile a causa del Patto di stabilità interno (D.L. n. 35/2013 e legge di stabilità 2014);

·     nella concessione, per l’anno 2013 e 2014, di risorse a titolo di anticipazioni di liquidità agli enti territoriali impossibilitati a saldare i propri debiti a causa di indisponibilità di risorse (D.L. n. 35/2013 e D.L. n. 102/2013).

Per le amministrazioni centrali, gli interventi si sono concretizzati nella concessione per il 2013 di risorse per il pagamento dei debiti commerciali “fuori bilancio” delle amministrazioni statali e nell’incremento dei rimborsi fiscali nell’anno 2013 (D.L. n. 35/2013).

 

La disposizione in esame, più in dettaglio, affida a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro il 6 giugno 2014 (novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, legge n. 9 del 2014) il compito di stabilire, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, le modalità per la compensazione, nell'anno 2014, delle cartelle esattoriali in favore delle imprese titolari di crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, per somministrazione, forniture, appalti e servizi, anche professionali, maturati nei confronti della pubblica amministrazione e certificati secondo le norme di legge.

Tali modalità di certificazione sono contenute nei decreti del Ministro dell'economia e delle finanze 22 maggio 2012 e 25 giugno 2012, pubblicati, rispettivamente, nella Gazzetta Ufficiale n. 143 del 21 giugno 2012 e nella Gazzetta Ufficiale n. 152 del 2 luglio 2012.

Condizione per usufruire della compensazione è che la somma iscritta a ruolo sia inferiore o pari al credito vantato.

Il medesimo decreto individua gli aventi diritto, nonché le modalità di trasmissione dei relativi elenchi all'agente della riscossione.

Accise sulla birra

Il comma 7-ter consente la modifica della determinazione del Direttore dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli n. 145744 del 23 dicembre 2013, recante l'aumento della misura delle aliquote dell'accisa sulla birra, sui prodotti alcolici intermedi e sull'alcool etilico, al fine di eliminare gli incrementi dell'accisa sulla birra decorrenti dal 1° marzo 2014.

 

Nel corso del 2013 (per effetto dei D.D.L.L. n. 91 del 2013 e n. 104 del 2013) sono stati disposti successivi aumenti delle aliquote di accisa relative alla birra, ai prodotti alcolici intermedi e all'alcole etilico.

 

In particolare, dal 10 ottobre 2013 si sono applicate le seguenti aliquote:

·      birra: euro 2,66 per ettolitro e per grado-Plato;

·      prodotti alcolici intermedi: euro 77,53 per ettolitro;

·      alcole etilico: euro 905,51 per ettolitro anidro.

Inoltre, a decorrere dal 1° gennaio 2014 sono scattati i seguenti aumenti:

·      birra: euro 2,70 per ettolitro e per grado-Plato;

·      prodotti alcolici intermedi: euro 78,81 per ettolitro;

·      alcole etilico: euro 920,31 per ettolitro anidro.

 

L'articolo 15, comma 1, lettere e-bis) ed e-ter) del D.L. n. 91 del 2013, con finalità di copertura di disposizioni contenute nello stesso provvedimento, hanno stabilito un ulteriore incremento delle aliquote di accisa sui prodotti alcolici, al fine di reperire ulteriori risorse finanziarie.

L'articolo 7 del D.L. n. 133 del 2013 chiarisce che questi incrementi si aggiungono alle aliquote di accisa rideterminate dal decreto-legge n. 104 del 2013.

Di conseguenza con il provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Dogane del 23 dicembre 2013 sono stati dunque disposti ulteriori aumenti.

La citata determinazione direttoriale del 23 dicembre prevedeva, in origine, che dal 1° marzo 2014 fosse aumentata anche la misura dell'accisa sulla birra (da elevare a 2,77 euro per ettolitro e per grado-Plato).

 

La norma in commento affida a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli la modifica della predetta determinazione del 23 dicembre 2013, con lo scopo di eliminare per l'anno 2014 l'incremento dell'accisa sulla birra decorrente dal 1° marzo.

Di conseguenza, il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli del 25 febbraio 2014 ha eliminato l'incremento dell'accisa sulla birra che, fino al 1° gennaio 2015, ammonterà dunque a 2,70 euro.

 

Il 1° marzo 2014 sono scattati i seguenti incrementi sui prodotti alcolici:

·      prodotti alcolici intermedi: euro 80,71 per ettolitro;

·      alcole etilico: euro 942,49 per ettolitro anidro.

 

A decorrere dal 1° gennaio 2015 gli incrementi saranno i seguenti:

·      birra: euro 3,04 per ettolitro e per grado-Plato;

·      prodotti alcolici intermedi: euro 88,67 per ettolitro;

·      alcole etilico: euro 1035,52 per ettolitro anidro.

 

La copertura finanziaria di tale misura, il cui onere è pari a 15 milioni di euro per l'anno 2014, è garantita dai seguenti interventi:

·      quanto a 7,5 milioni di euro, con riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282;

·      quanto a 7,5 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2014-2016, nell'ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2014, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

 

Si autorizza infine in Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 


 

Articolo 13, commi 1-3 e 6bis
(Disposizioni concernenti la realizzazione delle opere per EXPO 2015)

 


1. Le assegnazioni disposte dal CIPE con le delibere n. 146 del 17 novembre 2006 e le assegnazioni disposte dalla delibera CIPE n. 33 del 13 maggio 2010 sono revocate. Le quote annuali dei contributi revocati, iscritte in bilancio, affluiscono al Fondo di cui all'articolo 32, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Le somme relative ai finanziamenti revocati iscritte in conto residui, ad eccezione di quelle conservate in bilancio ai sensi dell'articolo 30 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, dovranno essere versate all'entrata del bilancio dello Stato, entro il 31 dicembre 2013, per essere successivamente riassegnate, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, sul Fondo di cui al precedente periodo. Le risorse revocate sono destinate, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, in relazione alle annualità disponibili:

a) prioritariamente, per l'importo di 53,2 milioni di euro, alla realizzazione dei progetti cantierabili relativi a opere di connessione indispensabili per lo svolgimento dell'Evento Expo 2015, già individuate dal tavolo Lombardia, riguardanti il parcheggio remoto di stazionamento di Cascina Merlata, nel limite di 31 milioni di euro, il collegamento S.S. 11 - S.S. 233, lotto 1-B, nel limite di 17,2 milioni di euro e le connesse opere di collegamento e accoglienza tra il parcheggio e il sito espositivo, nel limite di 5 milioni di euro;

b) per l'importo di 45 milioni di euro, ad opere necessarie per l'accessibilità ferroviaria Malpensa - terminal T1-T2;

c) per l'importo di 42,8 milioni di euro, alla linea M4 della metropolitana di Milano.

1-bis. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, in un'apposita sezione del proprio sito web istituzionale, il CIPE pubblica un'anagrafe dei provvedimenti aventi forza di legge con i quali, a far data dal 1° gennaio 2010, sono state revocate le assegnazioni disposte con proprie delibere. Nell'anagrafe, da aggiornare con cadenza almeno trimestrale, per ogni provvedimento devono essere indicati la consistenza delle risorse revocate, le finalità alle quali tali risorse sono state destinate con il provvedimento di revoca e con gli atti successivi previsti dallo stesso provvedimento, nonché lo stato di avanzamento procedurale, fisico e finanziario sia degli interventi a beneficio dei quali sono state riassegnate le risorse revocate, sia di quelli oggetto delle delibere di assegnazione revocate.

2. L'importo di 42,8 milioni di euro per l'anno 2013 assegnato dal CIPE nella seduta del 9 settembre 2013 a valere sulle risorse dell'articolo 18, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, a favore della linea M4 della metropolitana di Milano è assegnato al Collegamento SS 11-SS 233, lotto 1-B, di cui alla lettera a) del comma 1. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio. Il contributo dello Stato assegnato, ai sensi dell'articolo 18, comma 3, del citato decreto-legge n. 69 del 2013, alla linea M4 della metropolitana di Milano, nel complessivo importo di 172,2 milioni di euro, è revocato, in caso di mancata stipula del contratto di finanziamento entro il 31 dicembre 2014. Con provvedimento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti da trasmettere al CIPE vengono definiti il cronoprogramma dei lavori e le modalità di monitoraggio.

3. In relazione agli interventi di cui al comma 1, lettere a) e b), i soggetti attuatori sono autorizzati, alla data di entrata in vigore del presente decreto, ad avviare le procedure per l'affidamento dei lavori nel limite delle risorse autorizzate dalle lettere a) e b) del comma 1 e dal comma 2 e a condizione che le erogazioni avvengano compatibilmente con le risorse iscritte sull'apposito capitolo di bilancio. Il Commissario Unico di cui all'articolo 5 del decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2013, n. 71, e il Tavolo istituzionale per il governo complessivo degli interventi regionali e sovra regionali vigilano sullo stato di attuazione delle opere e, ove necessario, il Commissario Unico adotta le deroghe per l'immediato avvio delle opere e per la loro tempestiva realizzazione.

(…)

6-bis. Per le finalità di EXPO 2015 e in particolare per la realizzazione del modulo informatico/telematico di interconnessione del sistema di gestione della rete logistica nazionale con la piattaforma logistica nazionale digitale, con particolare riferimento al corridoio doganale virtuale, il soggetto attuatore unico di cui all'articolo 61-bis, comma 4, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, è autorizzato a stipulare apposita convenzione con le società EXPO 2015 Spa e Fiera di Milano Spa e con l'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Le relative attività sono svolte senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

 

I commi da 1 a 3, e 6-bis prevedono una serie di misure urgenti per consentire la realizzazione di opere connesse con l’EXPO 2015, provvedendo, rispettivamente, all’assegnazione di risorse da destinare a tali opere, a valere sulle risorse revocate da interventi non avviati, nonché all’esecuzione dell’interconnessione digitale tra sistema di gestione della rete logistica nazionale e piattaforma logistica nazionale digitale per la realizzazione del corridoio doganale virtuale.

La revoca dei finanziamenti

In particolare, il comma 1 prevede che le assegnazioni disposte dalla delibera CIPE n. 146 del 17 novembre 2006 per il completamento dello schema idrico Basento-Bradano e dalla delibera CIPE n. 33 del 13 maggio 2010 per il potenziamento della linea ferroviaria Rho-Arona, con riferimento alle annualità disponibili iscritte in bilancio, sono revocate e assegnate al cosiddetto Fondo revoche - istituito dall’articolo 32, comma 6, del decreto- legge 98/2011 - presso il capitolo 7685 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (comma 1).

La norma prevede che, entro il 31 dicembre 2013, le somme iscritte in conto residui dei finanziamenti revocati devono essere versate all’entrata del bilancio dello Stato e, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, ne è prevista la riassegnazione al Fondo revoche (comma 1).

 

Le risorse revocate dalle suddette assegnazioni disposte dal CIPE nell’ambito del Programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443/2001 (cd. “legge obiettivo”), non essendo stati avviati i relativi interventi, riguardano:

·     il contributo quindicennale di 6,258 milioni di euro annui per il finanziamento del progetto “Completamento schema idrico Basento-Bradano: attrezzamento settore G” (delibera n. 146/2006), di cui risultano utilizzabili, secondo quanto riportato nella relazione tecnica, dieci annualità, pari a 62,580 milioni di euro;

·     il contributo quindicennale di 8,046 milioni di euro annui per il finanziamento del progetto Potenziamento della linea ferroviaria Rho-Arona, tratta Rho-Gallarate, primo lotto funzionale Rho-Parabiago (delibera n. 33 del 2010), di cui risultano utilizzabili undici annualità, per un ammontare di 88,506 milioni di euro e il contributo quindicennale di 24,973 milioni di euro, di cui risultano utilizzabili, secondo quanto riportato nella relazione tecnica, quattordici annualità, per complessivi 349,628 milioni di euro.

Le riassegnazioni dei finanziamenti

I finanziamenti revocati devono essere riassegnati con un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per un totale di 183,8 milioni, prioritariamente, ad opere indispensabili connesse all’evento EXPO 2015, nonché ad altre opere collegate all’evento (comma 1).

Le opere da finanziare prioritariamente

Una parte dei finanziamenti revocati è prioritariamente destinata, per 96 milioni di euro, alla realizzazione delle seguenti opere, già individuate dal tavolo Lombardia (comma 1, lettera a):

1)   il parcheggio remoto di stazionamento di Cascina Merlata, nel limite di 31 milioni di euro;

2)   le opere per il collegamento e l’accoglienza tra il parcheggio e il sito espositivo, nel limite di 5 milioni di euro;

3)   Il collegamento Zara – Expo S.S. 11 – S.S. 233 (lotto 1-B), nel limite di 17,2 milioni di euro;

4)   alla realizzazione del collegamento Zara-Expo sono, inoltre, destinati ulteriori 42,8 milioni di euro derivanti dalla riduzione di quanto assegnato nel 2013 dal CIPE nella seduta del 9 settembre 2013, per la costruzione della linea M4 della metropolitana di Milano (comma 2). 

 

In particolare, il CIPE nella seduta del 9 settembre 2013 ha approvato il progetto definitivo della Linea M4 della Metropolitana di Milano - prima tratta funzionale Lorenteggio-Sforza Policlinico e le varianti al progetto definitivo della seconda tratta funzionale Sforza Policlinico-Linate della stessa linea, ed ha inoltre assegnato in via definitiva per la linea metropolitana M4 finanziamenti per 172,2 milioni di euro.

Il finanziamento delle altre opere

L’altra parte dei finanziamenti revocati viene invece destinata:

·      per 45 milioni di euro, ad opere necessarie per l’accessibilità ferroviaria dei terminal T1-T2 dell’aeroporto di Malpensa (comma 1, lettera b);

·      per 42,8 milioni di euro, alla linea M4 della metropolitana di Milano, al fine di compensare la prevista riduzione delle risorse (comma 1, lettera c).

La revoca dei finanziamenti per la linea M4 di Milano

Il contributo statale di 172,2 milioni di euro, provenienti dal cd. “Fondo sblocca cantieri”, previsto dall’articolo 18, comma 1, del decreto-legge 69/2013, per la linea M4 della metropolitana di Milano è revocato se - entro il 31 dicembre 2014 (sulla base di una modifica inserita nel corso dell’esame parlamentare) - non avviene la stipula del contratto di finanziamento.

Con provvedimento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti da trasmettersi al CIPE sono definiti il cronoprogramma dei lavori e le modalità di monitoraggio (comma 2).

Le procedure per l’affidamento dei lavori

I soggetti attuatori sono autorizzati ad avviare le procedure per l’affidamento dei lavori, per il parcheggio di Cascina Merlata, il collegamento Zara-Expo, le opere di collegamento e accoglienza tra parcheggio e sito espositivo e il terminal T1-T2 di Malpensa, nei limiti delle risorse autorizzate, e disponibili, compatibilmente, con quanto risulta iscritto sull'apposito capitolo di bilancio (7685) del Fondo revoche.

Il Commissario unico e il Tavolo istituzionale, per il governo complessivo degli interventi regionali e sovra regionali, svolgono funzioni di vigilanza sullo stato di attuazione delle opere per l’Expo 2015.

Il Commissario Unico, ove necessario, può derogare alla normativa vigente per l'immediato avvio delle opere e per la loro tempestiva realizzazione (comma 3).

 

L'articolo 5, comma 1, D.L. 43/2013 ha previsto tra l’altro l’istituzione di un Commissario unico delegato del Governo, subentrante al Commissario straordinario e al Commissario generale dell’Expo 2015, dotato di specifici poteri di governo dell’evento e nominato dal D.P.C.M. 6 maggio 2013, che ha ridefinito gli organismi per la gestione delle attività connesse allo svolgimento di EXPO Milano 2015, le relative competenze, e le previste opere essenziali e connesse già indicate nei due allegati presenti nell’abrogato D.P.C.M. 22 ottobre 2008. Tra i poteri assegnati dall’art. 5 del citato D.L., al Commissario unico, già figura la possibilità di usufruire delle specifiche deroghe previste nelle ordinanze di protezione civile richiamate nell’articolo 3, comma 1, lettera a), del D.L. 59/2012[26], l’esercizio di poteri sostitutivi per risolvere situazioni o eventi ostativi alla realizzazione delle opere essenziali e connesse, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento e della normativa europea, degli obblighi internazionali assunti dall'Italia e nei limiti delle risorse stanziate ai sensi della vigente legislazione, e la possibilità di deroga alla legislazione vigente a mezzo di ordinanza, nei limiti indicati con delibera del Consiglio dei ministri sentito il presidente della regione Lombardia.

Il Tavolo istituzionale per il governo complessivo degli interventi regionali e sovra regionali è presieduto ai sensi dell’art. 6 del citato DPCM 6 maggio 2013 dal presidente della regione Lombardia. Al Tavolo partecipano il Commissario unico delegato del Governo per Expo Milano 2015, il Commissario Generale di Sezione per il Padiglione Italia, il comune di Milano, il Ministero dell'economia e delle finanze, la provincia di Milano, i comuni di Rho e Pero, la Camera di commercio di Milano e, per rispettiva competenza, altri Ministeri, enti locali regionali, nonché, se interessate, le altre regioni, enti ed organismi sovranazionali. Il Tavolo cura la programmazione e realizzazione di attività relative all'evento EXPO Milano 2015, nonché interventi e attività relativi alle opere connesse riguardanti aree diverse da quelle concernenti il sito Expo 2015.

Realizzazione del corridoio doganale virtuale

Il soggetto attuatore unico della Piattaforma Logistica nazionale, UIRNET S.p.a (di cui all'articolo 61-bis, comma 4, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1), viene autorizzato a stipulare apposita convenzione con le società EXPO 2015 Spa e Fiera di Milano Spa e con l'Agenzia delle dogane e dei monopoli per la realizzazione del modulo informatico/telematico di interconnessione del sistema di gestione della rete logistica nazionale con la piattaforma logistica nazionale digitale, con particolare riferimento al corridoio doganale virtuale.

Le relative attività devono essere svolte senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

L'art. 61-bis, comma 4 del D.L. n. 1 del 2012 ha individuato la società UIRNet S.p.A. come soggetto attuatore unico per la realizzazione e gestione della Piattaforma logistica nazionale, così come definita nel D.M. infrastrutture 18T del 20 giugno 2005, ed esteso la Piattaforma, oltre agli interporti, anche ai centri merci, ai porti ed alle piastre logistiche. La Piattaforma Logistica Nazionale (PLN), ha l'obiettivo di mettere in rete i servizi per i settori del trasporto e della logistica, per migliorare l'efficienza dei servizi interportuali e dei nodi logistici e incrementare gli standard di sicurezza. Il 14 febbraio 2013 si è concluso l'ultimo collaudo dei sei macroservizi principali della Piattaforma, realizzata da UIRNET Spa per conto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. La società UIRNET ha poi bandito lo scorso dicembre 2013 la gara europea per l'individuazione del soggetto promotore per la creazione del nuovo sistema telematico di gestione della rete logistica nazionale, che consentirà di mettere in rete tutti i centri di interscambio modale del Paese: porti, interporti, piastre logistiche private e centri merci ferroviari. L’Agenzia delle Dogane gestisce con UIRNET i fast corridor per consentire lo sdoganamento dei container in arrivo nei porti e negli aeroporti direttamente nelle aree retrostanti.


 

Articolo 13, commi 4-6 e 7
(Finanziamento interventi infrastrutturali nei porti)

 


4. Le disponibilità derivanti dalle revoche di cui al comma 1 non utilizzate per le finalità ivi previste sono destinate alla realizzazione di interventi immediatamente cantierabili finalizzati al miglioramento della competitività dei porti italiani e a rendere più efficiente il trasferimento ferroviario e modale all'interno dei sistemi portuali, nella fase iniziale per favorire i traffici con i Paesi dell'Unione Europea, da sottoporre al CIPE entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentite le Regioni interessate. Per le medesime finalità sono revocati i fondi statali di cui all'articolo 1, comma 994, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, trasferiti o assegnati alle Autorità portuali, anche mediante operazioni finanziarie di mutuo con oneri di ammortamento a carico dello Stato, per la realizzazione di opere infrastrutturali, a fronte dei quali, essendo trascorsi almeno due anni dal trasferimento o dall'assegnazione, non sia stato pubblicato il bando di gara per l'assegnazione dei lavori, fatti salvi gli effetti dei bandi pubblicati prima della data di entrata in vigore del presente decreto. Le disponibilità derivanti dalle revoche di cui al precedente periodo sono individuate con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, e sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, nel limite di 200 milioni di euro per l'anno 2014, ad apposito Fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il CIPE assegna, a valere sulle risorse rese disponibili ai sensi del presente comma, le risorse necessarie per la realizzazione degli interventi di cui alla delibera del CIPE n. 146 del 17 novembre 2006, revocata ai sensi del comma 1 del presente articolo, subordinatamente alla trasmissione da parte dell'amministrazione aggiudicatrice al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, del progetto definitivo aggiornato ai prezzari vigenti, che viene posto a base di gara, e del relativo cronoprogramma. In sede di assegnazione del finanziamento, il CIPE prevede le modalità di revoca in caso di mancato avvio dei lavori nel rispetto del cronoprogramma. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro il 31 maggio di ogni anno, assegna al Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto le risorse di cui al secondo periodo del comma 6 del presente articolo ai fini dell'attuazione del sistema di cui all'articolo 2, comma 1, lettera t-undecies), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 196.

5. Nel caso in cui la revoca riguardi finanziamenti realizzati mediante operazioni finanziarie di mutuo con oneri di ammortamento a carico dello Stato, con il decreto di cui al comma 4 e per le medesime finalità è disposta la cessione ad altra Autorità portuale della parte di finanziamento ancora disponibile presso il soggetto finanziatore, fermo restando che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti continua a corrispondere alla banca mutuante, fino alla scadenza, la quota del contributo dovuta in relazione all'ammontare del finanziamento erogato. L'eventuale risoluzione dei contratti di mutuo non deve comportare oneri per la finanza pubblica.

6. Una quota pari a 23 milioni di euro delle risorse di cui al comma 1 dell'articolo 18-bis della legge 28 gennaio 1994, n. 84, è assegnata a decorrere dall'anno 2014 alla realizzazione degli interventi immediatamente cantierabili finalizzati al miglioramento della competitività dei porti italiani e a rendere più efficiente il trasferimento ferroviario e modale all'interno dei sistemi portuali previsti al comma 4. Nell'ambito degli interventi di cui al primo periodo destinati al miglioramento della competitività dei porti italiani e a valere sulle risorse ivi previste, una quota pari a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 nonché pari a 1 milione di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2020 è destinata, al fine di ottemperare alla previsione di cui all'articolo 8, comma 13, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, per far fronte alle spese connesse all'adeguamento e allo sviluppo del sistema di cui all'articolo 2, comma 1, lettera t-undecies), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 196, anche allo scopo di consentire che le informazioni di cui agli articoli 6-ter, comma 2, e 9-bis del citato decreto legislativo n. 196 del 2005, in possesso dell'amministrazione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera m), del medesimo decreto legislativo, limitatamente alle informazioni relative alle navi presenti nella propria circoscrizione portuale e nella rada adiacente e alle navi dirette verso le medesime aree, possano essere rese disponibili alle autorità portuali, con modalità che la citata amministrazione stabilisce attraverso le previsioni di cui all'articolo 34, comma 46, del citato decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012.

(…)

7. Il CIPE, su proposta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con le Regioni interessate, entro il 30 giugno 2014 assegna le risorse di cui ai commi 4, 5 e 6, ad esclusione di quelle di cui all'ultimo periodo del medesimo comma 6, contestualmente all'approvazione dei progetti definitivi degli interventi. In caso di mancata presentazione dei progetti entro il termine di cui al periodo precedente, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Presidente della Regione interessata, è nominato, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un Commissario delegato del Governo per l'attuazione dell'intervento.


 

 

I commi da 4 a 6 dell’art. 13, modificati nel corso dell’esame parlamentare, prevedono la destinazione al finanziamento delle infrastrutture portuali di una serie di risorse revocate per mancato utilizzo.

La procedura di riassegnazione è definita dal comma 7 dell’art. 13: le risorse individuate nei commi 4, 5 e 6 (escluse quelle di cui all’ultimo periodo del comma 6) devono essere assegnate dal CIPE entro il 30 giugno 2014 contestualmente all’approvazione dei progetti definitivi degli interventi. In caso di mancata presentazione da parte degli enti interessati dei progetti entro il termine del 30 giugno si procede alla nomina con D.P.C.M. di un Commissario delegato del governo per l’attuazione dell’intervento, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Presidente della Regione interessata.

Le risorse revocate e la loro destinazione

Il comma 4, modificato nel corso dell’esame parlamentare, prevede al primo periodo l’utilizzo delle risorse revocate ai sensi del comma 1 dell’articolo 13, cioè quelle delle delibere CIPE n. 146 del 2006 e n. 33/2010, per il completamento schema idrico Basento-Bradano e la realizzazione della nuova linea ferroviaria Passo Corese- Rieti, nell’ipotesi che non siano utilizzate per le finalità previste (destinazione al Fondo di cui all’art. 32, comma 6, del decreto-legge 98/2011: fondo per interventi infrastrutturali alimentato con “revoche” di finanziamenti per infrastrutture strategiche non avviate), destinandole:

·      al miglioramento della competitività dei porti italiani, attraverso il finanziamento di interventi immediatamente cantierabili, da sottoporre al CIPE, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e d’intesa con le Regioni interessate;

·      a rendere più efficiente il trasferimento ferroviario e modale all’interno dei sistemi portuali, nella fase iniziale per favorire i traffici con i Paesi dell’Unione europea.

 

Il secondo periodo del comma 4 prevede poi che alle medesime finalità siano anche destinate, nel limite di 200 milioni di euro per l’anno 2014 le risorse già trasferite alle autorità portuali, anche attraverso la stipula di mutui, per la realizzazione di opere infrastrutturali per le quali trascorsi due anni dal trasferimento non sia stato pubblicato il bando di gara: si tratta in particolare delle risorse dell’articolo 1, comma 994, della legge finanziaria 2007 (296/2006) che ha stanziato 15 milioni di euro annui, per quindici anni, a decorrere dal 2007, destinati alla realizzazione di grandi infrastrutture portuali immediatamente cantierabili: E’ prevista la salvaguardia degli effetti dei bandi di gara per l’assegnazione dei lavori pubblicati prima dell'entrata in vigore del presente decreto.

Le risorse saranno individuate con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge e sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, nel limite di 200 milioni di euro per l'anno 2014, ad apposito Fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

 

Il quarto periodo del comma 4 prevede l’assegnazione da parte del CIPE di risorse revocate e disponibili contenute nella delibera 146/2006: si tratta del contributo quindicennale di 6,258 milioni di euro annui per il finanziamento del progetto “Completamento schema idrico Basento-Bradano: attrezzamento settore G”, di cui risultano utilizzabili, secondo quanto riportato nella relazione tecnica, dieci annualità, pari a 62,580 milioni di euro. Le risorse vengono riassegnate al medesimo progetto “Completamento schema idrico “Basento-Bradano”, condizionando però l’assegnazione delle risorse all’invio da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, del progetto definitivo, aggiornato ai prezziari vigenti, che viene posto a base di gara e del relativo cronoprogramma. Si prevede che il CIPE revochi i finanziamenti in caso di mancato avvio dei lavori nel rispetto del cronoprogramma.

Il comma 5 prevede una procedura attraverso la quale in caso di revoca, ai sensi del comma 4, di finanziamenti realizzati attraverso mutuo, la parte residua del mutuo le cui rate continuano a essere pagate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti alla banca mutuante, possa essere ceduta ad altra Autorità portuale. L'eventuale risoluzione dei contratti di mutuo non deve comportare oneri per la finanza pubblica

 

Il quinto periodo del comma 4 prevede che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti assegni annualmente (entro il 31 maggio) al Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto, risorse per l’attuazione del PMIS - Port Management Information System, sistema informativo per la gestione portuale (art. 2, comma 1, lettera t-undecies del decreto legislativo 196/2005). L’entità delle risorse è individuata dal successivo comma 6 al secondo periodo, nell'ambito degli interventi destinati al miglioramento della competitività dei porti italiani, per una quota pari a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 nonché pari a 1 milione di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2020. Le risorse dovranno essere assegnate anche allo scopo di consentire che le informazioni relative all’identificazione e al tracciamento a grande distanza delle navi previsto dalla Convenzione di Londra per la salvaguardia della vita in mare (art. 6-ter comma 2 del decreto legislativo n. 196/2005) e alla rete del sistema di identificazione automatica AIS delle navi, previsto dalla medesima Convenzione, (art. 9-bis del medesimo decreto) in possesso del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, possano essere rese disponibili, limitatamente alle navi presenti nelle proprie circoscrizioni portuali, alle Autorità portuali con modalità stabilite attraverso convenzioni con il corpo delle Capitanerie di porto. Il comma 7, relativo alle procedure di riassegnazione, esclude esplicitamente le risorse destinate allo sviluppo del sistema informativo portuale da quelle oggetto di assegnazione da parte del CIPE.

 

Il comma 6, al primo periodo, prevede la destinazione agli interventi immediatamente cantierabili finalizzati al miglioramento della competitività dei porti italiani e a rendere più efficiente il trasferimento ferroviario e modale all'interno dei sistemi portuali(del comma 4), di una quota di 23 milioni di euro a decorrere dall’anno 2014 a valere sulle risorse di cui all’articolo 18-bis della legge n. 84/1994 (che ha previsto la destinazione al finanziamento delle autorità portuali dell’1 per cento dell’IVA riscossa nei porti nel limite di 90 milioni di euro annui).


 

Articolo 13, comma 1bis
(Ricognizione normativa di revoche di assegnazioni disposte da delibere dal Comitato interministeriale per la programmazione economica)

 


1-bis. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, in un'apposita sezione del proprio sito web istituzionale, il CIPE pubblica un'anagrafe dei provvedimenti aventi forza di legge con i quali, a far data dal 1° gennaio 2010, sono state revocate le assegnazioni disposte con proprie delibere. Nell'anagrafe, da aggiornare con cadenza almeno trimestrale, per ogni provvedimento devono essere indicati la consistenza delle risorse revocate, le finalità alle quali tali risorse sono state destinate con il provvedimento di revoca e con gli atti successivi previsti dallo stesso provvedimento, nonché lo stato di avanzamento procedurale, fisico e finanziario sia degli interventi a beneficio dei quali sono state riassegnate le risorse revocate, sia di quelli oggetto delle delibere di assegnazione revocate.


 

 

Il comma 1-bis dell’articolo 13, introdotto durante l’esame parlamentare, prevede che il CIPE pubblichi, in un'apposita sezione del proprio sito web istituzionale, un'anagrafe dei provvedimenti aventi forza di legge con i quali, a far data dal 1° gennaio 2010, sono state revocate[27] le assegnazioni disposte con proprie delibere.

La norma prevede che la pubblicazione dell’anagrafe debba avvenire entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge e debba essere aggiornata almeno ogni tre mesi.

La disposizione prevede, inoltre, che per ogni provvedimento debbano essere indicati:

·      l’ammontare delle risorse revocate;

·      la destinazione delle risorse revocate e successivamente riassegnate;

·      lo stato di avanzamento procedurale, fisico e finanziario, sia degli interventi a cui sono state riassegnate le risorse, sia di quelli per i quali è si è proceduto alla revoca delle risorse medesime.

 

L’anagrafe delle risorse revocate e riassegnate è attualmente consultabile in un’apposita sezione del sito web istituzionale del CIPE.

 

 


 

Articolo 13, comma 7bis
(Indennizzo parziale dei danni subiti da imprese nella realizzazione dei opere comprese nel programma delle infrastrutture strategiche)

 


7-bis. Nell'ambito delle infrastrutture considerate strategiche ai sensi dell'articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443, e successive modificazioni, alle imprese che subiscono danni ai materiali, alle attrezzature e ai beni strumentali come conseguenza di delitti non colposi commessi al fine di ostacolare o rallentare l'ordinaria esecuzione delle attività di cantiere, e pertanto pregiudicando il corretto adempimento delle obbligazioni assunte per la realizzazione dell'opera, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, può essere concesso un indennizzo per una quota della parte eccedente le somme liquidabili dall'assicurazione stipulata dall'impresa o, qualora non assicurata, per una quota del danno subito, comunque nei limiti complessivi dell'autorizzazione di spesa di cui al presente comma. Per tali indennizzi è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l'anno 2014 e di 5 milioni di euro per l'anno 2015. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2014-2016, nell'ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2014, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.


 

 

Il comma 7-bis autorizza spese (7 milioni di euro, 2 per l'anno 2014 e 5 per il 2015) per il parziale indennizzo dei danni subiti da imprese nella realizzazione di opere comprese nel programma delle infrastrutture strategiche (PIS), a seguito di delitti non colposi commessi per ostacolare o rallentare l’ordinaria esecuzione delle attività di cantiere.

La disposizione prevede che, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze), sia possibile l’indennizzo dei danni subiti ai materiali, attrezzature e beni strumentali delle imprese che effettuano lavori nell’ambito delle infrastrutture considerate strategiche ai sensi dell’articolo 1 della legge 443/2001[28] ;

I danni subiti devono essere:

·      conseguenza di delitti non colposi commessi al fine di ostacolare o rallentare l'ordinaria esecuzione delle attività di cantiere;

·      pregiudizievoli del corretto adempimento delle obbligazioni assunte per la realizzazione dell'opera.

L’indennizzo è disposto, comunque nei limiti complessivi dell’autorizzazione di spesa:

·      per una quota della parte eccedente le somme liquidabili dall'assicurazione stipulata dall'impresa;

·      qualora non assicurate, per una quota del danno subito;

Il contenuto del comma 7-bis è analogo a quello dell’articolo 2, commi 1 e 2, del decreto-legge 126/2013[29] , decaduto per mancata conversione.


 

Articolo 13, comma 8
(Modifiche alla disciplina delle revoche delle risorse destinate alle infrastrutture strategiche)

 


8. All'articolo 32, commi 2 e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, la parola: «2008» è sostituita dalla seguente: «2010».


 

Il comma 8 modifica la disciplina delle revoche delle risorse destinate alle infrastrutture strategiche di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 32 del D.L. n. 98/2011, al fine di ampliare la platea dei finanziamenti revocabili le cui risorse confluiscono in un apposito Fondo (c.d. Fondo revoche) previsto dal comma 6 del medesimo articolo. La modifica, infatti, consente la revoca di finanziamenti assegnati o autorizzati entro il 31 dicembre 2010, finalizzati alla realizzazione di opere previste all’interno del Programma delle infrastrutture strategiche (PIS), differendo i termini indicati nei citati commi 2 e 3, che avevano previsto la revoca dei finanziamenti assegnati o autorizzati entro il 31 dicembre 2008.

 

Si ricorda che l’art. 32, commi 2-6, del D.L. n. 98/2011 ha previsto la revoca di una serie di finanziamenti assegnati ad opere ricomprese nel Programma delle infrastrutture strategiche (PIS) di cui alla L. n. 443/2001 (c.d. “legge obiettivo”) e fatto affluire le citate risorse in un Fondo (c.d. Fondo revoche) appositamente istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT).

In conseguenza delle modifiche apportate dalla disposizione in commento, i commi 2 e 3, in particolare, prevedono la revoca dei seguenti finanziamenti:

·     quelli assegnati dal CIPE entro il 31 dicembre 2010 (nel testo previgente era il 31 dicembre 2008) per la realizzazione di opere del PIS per le quali, alla data di entrata in vigore del D.L. n. 98/2011, non sia stato emanato il decreto interministeriale per l’utilizzo dei contributi pluriennali e non sia stato pubblicato il relativo bando di gara. Restano esclusi dalla revoca i finanziamenti destinati alla tutela e agli interventi a favore dei beni e delle attività culturali approvati mediante decreto interministeriale ai sensi dell'art. 3, comma 2, del D.L. n. 72/2004 (comma 2);

·     quelli assegnati dal CIPE per la realizzazione di opere del PIS i cui soggetti beneficiari, autorizzati al 31 dicembre 2010 (nel testo previgente era il 31 dicembre 2008) all'utilizzo dei limiti di impegno e dei contributi pluriennali con il relativo decreto interministeriale, alla data di entrata in vigore del D.L. 98/2011 non abbiano assunto obbligazioni giuridicamente vincolanti, non abbiano bandito la gara per l'aggiudicazione del relativo contratto di mutuo ovvero, in caso di loro utilizzo mediante erogazione diretta, non abbiano chiesto il pagamento delle relative quote annuali al MIT e non sia stato pubblicato il relativo bando di gara (comma 3).

 

Si segnala, infine, che un’identica disposizione è contenuta nel comma 79 dell’articolo unico della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014).


 

Articolo 13, comma 9
(Linea 1 della metropolitana di Napoli)

 


9. In deroga agli articoli 243-bis, comma 8, lettera g), e comma 9, lettera d), e 243-ter del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il comune di Napoli è autorizzato a contrarre mutui necessari per il perfezionamento dei finanziamenti di propria competenza per la realizzazione della linea 1 della metropolitana di Napoli.


 

Il comma 9 dell’articolo 13 autorizza il comune di Napoli a contrarre mutui per il perfezionamento dei finanziamenti di propria competenza necessari per la realizzazione della linea 1 della metropolitana di Napoli.

L’autorizzazione disposta avviene in deroga alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale stabilita dagli articoli 243-bis e 243-ter del decreto legislativo 8 agosto 2000, n. 267 (Testo unico degli enti locali, TUEL), per i comuni e le province per i quali sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario.

In particolare, l’autorizzazione è disposta in deroga al comma 8, lettera g), dell’articolo 243-bis del TUEL in base al quale l’ente, al fine di assicurare il prefissato graduale riequilibrio finanziario, per tutto il periodo di durata del piano, può procedere all'assunzione di mutui per la copertura di debiti fuori bilancio riferiti a spese di investimento in deroga ai limiti di cui all'articolo 204, comma 1, previsti dalla legislazione vigente, nonché accedere al Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali disciplinato dall'articolo 243-ter (cui la norma deroga), a condizione che si sia avvalso della facoltà di deliberare le aliquote o tariffe nella misura massima prevista dalla lettera a), che abbia previsto l'impegno ad alienare i beni patrimoniali disponibili non indispensabili per i fini istituzionali dell'ente e che abbia provveduto alla rideterminazione della dotazione organica ai sensi dell'articolo 259, comma 6, fermo restando che la stessa non può essere variata in aumento per la durata del piano di riequilibrio.

L’autorizzazione è disposta altresì in deroga al comma 9, lettera d), dell’articolo 243-bis del TUEL in base al quale, in caso di accesso al Fondo di rotazione di cui all'articolo 243-ter, l'ente deve adottare entro il termine dell'esercizio finanziario talune misure di riequilibrio della parte corrente del bilancio tra le quali il blocco dell'indebitamento, fatto salvo quanto previsto dal primo periodo del comma 8, lettera g), per i soli mutui connessi alla copertura di debiti fuori bilancio pregressi.

La linea 1 della metropolitana di Napoli è compresa nelle opere del Programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge 443/2001 (c.d. legge obiettivo). Informazioni sullo stato di attuazione dell’opera, aggiornate al 31 ottobre 2013, sono consultabili nella relativa scheda contenuta nel sistema informativo (SILOS), a cura del Servizio Studi della Camera in collaborazione con l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici.


 

Articolo 13, comma 9bis
(Servizio ferroviario nella Regione Campania)

 


9-bis. Al fine di assicurare la continuità del servizio pubblico ferroviario sulla tratta Stazione centrale FS di Salerno - Stadio Arechi, le risorse statali impegnate per la realizzazione della tratta medesima e non utilizzate sono destinate, nel limite di 5 milioni di euro, per l'acquisto di materiale rotabile al fine di garantire la funzionalità del contratto di servizio ferroviario regionale per il biennio 2014-2015.


 

Il comma 9-bis, aggiunto nel corso dell’esame parlamentare, destina risorse per l'acquisto di materiale rotabile al fine di garantire la funzionalità del contratto di servizio ferroviario regionale nella Regione Campania, per il biennio 2014-2015.

Al fine di assicurare la continuità del servizio pubblico ferroviario sulla tratta Stazione centrale FS di Salerno – Stadio Arechi, si prevede che le risorse statali impegnate, ma non utilizzate, per la realizzazione della tratta medesima siano destinate, nel limite di 5 milioni di euro:

·      per l'acquisto di materiale rotabile;

·      al fine di garantire la funzionalità del contratto di servizio ferroviario regionale per il biennio 2014-2015.

 

Si ricorda che recentemente l’articolo 17, comma 5 del D.L. n. 16 del 2014 ha esteso fino al 30 giugno 2014 il blocco delle azioni esecutive, anche concorsuali, in relazione alla situazione del trasporto ferroviario regionale campano. Ciò per consentire l’esecuzione del piano di rientro nel settore del trasporto ferroviario regionale campano, come previsto dall’articolo 16, comma 5, del decreto-legge n. 83/2012 (il blocco inizialmente stabilito per un periodo di dodici mesi, fino al 27 giugno 2013, era stato poi prorogato per tutto il 2013 dalla legge di stabilità 2013).

In particolare il blocco riguarda:

a)   le società a partecipazione regionale esercenti il trasporto ferroviario regionale (già considerate dall’articolo 16, comma 7, del decreto-legge n. 83/2012);

b)   le somme anticipate alla regione Campania per il pagamento dei debiti dell’amministrazione regionale e destinate anche al piano di rientro nel settore del trasporto ferroviario regionale campano, ai sensi dell’articolo 11, comma 13, del decreto-legge n. 76/2013;

c)   le risorse dell’incremento dell’addizionale regionale IRPEF e IRAP che, a decorrere dal 2013, sono incrementate per finanziare il medesimo piano di rientro, ai sensi dell’articolo 16, comma 9, del decreto-legge n. 83/2012;

L’articolo 2, comma 86, della legge finanziaria 2010 (legge n. 191/2009) ha consentito alle regioni l’incremento di 0,15 punti percentuali dell’IRAP e di 0,30 punti percentuali dell’addizionale regionale IRPEF per le regioni che si trovino in situazione di disavanzo nel settore sanitario e non rispettino gli obiettivi stabiliti dal relativo piano di rientro. Il citato art. 16, co. 9, del decreto-legge n. 83/2012 ha consentito, in assenza di mancato rispetto degli obiettivi, di destinare l’incremento al piano di rientro nel settore del trasporto ferroviario regionale campano e, in presenza di scostamento dagli obiettivi in materia sanitaria, di stabilire un incremento in misura doppia (e quindi 0,30 punti percentuali di IRAP e 0,60 punti percentuali di IRPEF), in modo da destinare comunque metà dell’incremento al piano di rientro del settore del trasporto ferroviario regionale campano, ferma restando l’altra metà destinata a ripianare il disavanzo sanitario.

d)   le somme del fondo di rotazione per la concessione di anticipazioni alle regioni in situazione di squilibrio finanziario, istituito dall’art. 1, co. 9-bis del decreto-legge n. 174/2012 e destinato, ai sensi della medesima disposizione, anche al finanziamento del piano di rientro della regione Campania nel settore del trasporto regionale ferroviario.

 

I pignoramenti eventualmente eseguiti non vincolano gli enti debitori e i terzi pignorati, i quali possono disporre delle somme per le finalità istituzionali delle società a partecipazione regionale esercenti il trasporto ferroviario regionale.

 


 

Articolo 13, commi 10-11bis
(Disposizioni urgenti in materia di lavori pubblici)

 


10. «10. All'articolo 118 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 3, dopo il terzo periodo è aggiunto il seguente: «Ove ricorrano condizioni di crisi di liquidità finanziaria dell'affidatario, comprovate da reiterati ritardi nei pagamenti dei subappaltatori o dei cottimisti, o anche dei diversi soggetti che eventualmente lo compongono, accertate dalla stazione appaltante, per il contratto di appalto in corso può provvedersi, sentito l'affidatario, anche in deroga alle previsioni del bando di gara, al pagamento diretto alle mandanti, alle società, anche consortili, eventualmente costituite per l'esecuzione unitaria dei lavori a norma dell'articolo 93 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, nonché al subappaltatore o al cottimista dell'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite»;

b) dopo il comma 3 sono inseriti i seguenti:

«3-bis. È sempre consentito alla stazione appaltante, anche per i contratti di appalto in corso, nella pendenza di procedura di concordato preventivo con continuità aziendale, provvedere ai pagamenti dovuti per le prestazioni eseguite dagli eventuali diversi soggetti che costituiscano l'affidatario, quali le mandanti, e dalle società, anche consortili, eventualmente costituite per l'esecuzione unitaria dei lavori a norma dell'articolo 93 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, dai subappaltatori e dai cottimisti, secondo le determinazioni del tribunale competente per l'ammissione alla predetta procedura.

3-ter. Nelle ipotesi di cui ai commi 3, ultimo periodo, e 3-bis, la stazione appaltante, ferme restando le disposizioni previste in materia di obblighi informativi, pubblicità e trasparenza, è in ogni caso tenuta a pubblicare nel proprio sito internet istituzionale le somme liquidate con l'indicazione dei relativi beneficiari.».

11. Le disposizioni in materia di svincolo delle garanzie di buona esecuzione relative alle opere in esercizio di cui all'articolo 237-bis del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, si applicano a tutti i contratti di appalto aventi ad oggetto opere pubbliche, anche se stipulati anteriormente rispetto alla data di entrata in vigore del richiamato decreto legislativo n. 163/2006. Per le società o enti comunque denominati di proprietà del Ministero dell'economia e delle finanze e sottoposti alla vigilanza di altri Ministeri e che stipulano con lo Stato contratti di programma che abbiano per oggetto manutenzione ed investimenti, è fatto obbligo di rendicontare nei documenti di programmazione pluriannuale l'ammontare complessivo della liquidità liberata e l'oggetto di destinazione della stessa.

11-bis. All'articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dopo il terzo comma è inserito il seguente:

«Successivamente al deposito del ricorso, la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal tribunale, acquisito il parere del commissario giudiziale, se nominato; in mancanza di tale nomina, provvede il tribunale.».


 

 

I commi da 10 a 11-bis dell’articolo 13 recano disposizioni in materia di lavori pubblici, che intervengono sulle condizioni per il pagamento diretto negli appalti in corso, sullo svincolo delle garanzie di buona esecuzione, nonché sulla disciplina del concordato con continuità aziendale.

In particolare, il comma 10 reca disposizioni finalizzate a garantire, in particolari situazioni, la prosecuzione dei contratti di appalto, attraverso due novelle all’art. 118 del D.Lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture). Per la finalità indicata, è consentito alla stazione appaltante:

·      provvedere - con l’obbligo di sentire le ragioni dell'affidatario - al pagamento diretto alle mandanti, alle società, anche consortili, eventualmente costituite per l'esecuzione unitaria dei lavori, e al subappaltatore o al cottimista dell’importo dovuto per le prestazioni eseguite, anche in deroga a quanto previsto nel bando di gara. Tale facoltà viene concessa ove ricorrano condizioni di crisi di liquidità finanziaria dell'azienda affidataria dell’appalto in corso, comprovate da reiterati ritardi nei pagamenti dei subappaltatori o dei cottimisti, o anche dei diversi soggetti partecipanti, e accertate dalla stazione appaltante (lettera a);

·      provvedere, anche negli appalti in corso, nella pendenza di procedura di concordato preventivo con continuità aziendale, ai pagamenti dovuti per le prestazioni eseguite dalle società mandanti e dalle società, anche consortili, eventualmente costituite per l'esecuzione unitaria dei lavori, dai subappaltatori e dai cottimisti, secondo le decisioni del tribunale competente per l'ammissione alla predetta procedura (lettera b).

 

Per entrambe le due ipotesi (pagamento diretto per crisi di liquidità o per concordato con continuità), le stazioni appaltanti sono tenute a pubblicare nel proprio sito istituzionale le somme liquidate con l’indicazione dei relativi beneficiari, fermo restando il rispetto delle previsioni contenenti gli obblighi informativi di pubblicità e trasparenza a carico degli enti appaltanti (comma 10, lettera b).

 

Il comma 10, lettere a) e b), dell’articolo in commento introduce le eccezioni commentate attraverso una modifica del comma 3 e l’aggiunta dei commi 3-bis e 3-ter all’articolo 118 decreto legislativo 163/2006 (Codice dei Contratti pubblici). Il comma 3, primo periodo, del citato articolo 118 disciplina, in particolare, il pagamento per l’esecuzione dei lavori in subappalto, e che stabilisce due modalità di pagamento, obbligatoriamente, da indicare nel bando di gara. In un caso, la stazione appaltante provvede a corrispondere direttamente al subappaltatore o al cottimista l'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite, in alternativa, la stazione appaltante obbliga gli affidatari a trasmettere, entro 20 giorni dalla data di ciascun pagamento effettuato nei loro confronti, copia delle fatture quietanzate relative ai pagamenti da essi corrisposti al subappaltatore o cottimista. . Il secondo periodo del comma 3 dispone che, qualora gli affidatari non trasmettano le fatture quietanziate del subappaltatore o del cottimista entro il predetto termine, la stazione appaltante sospende il successivo pagamento a favore degli affidatari.

 

Il comma 11 estende l’applicazione delle norme sullo svincolo delle garanzie di buona esecuzione relative alle opere in esercizio (previste dall’art. 237-bis del D.Lgs. 163/2006), a tutti i contratti aventi ad oggetto opere pubbliche, anche se stipulati prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 163/2006.

 

L’articolo 33-quater del decreto legge n. 179/2012 ha apportato rilevanti modifiche alla disciplina riguardante le garanzie di buona esecuzione dei lavori pubblici introducendo l’articolo 237-bis nel Codice dei contratti, nel Capo IV-bis nel Titolo I della Parte III del Codice concernente i contratti pubblici nei settori speciali, il quale dispone una nuova e specifica procedura per le opere già in esercizio nei settori speciali. I settori speciali rispetto ai quali si applica l’articolo 237-bis sono: gas, energia termica ed elettrica; acqua; servizi di trasporto; servizi postali; prospezione ed estrazione di petrolio, gas, carbone e altri combustibili solidi; porti e aeroporti.

Il citato art. 237-bis consente lo svincolo automatico dell’80% delle garanzie di buona esecuzione prestate a favore dell'ente aggiudicatore, per le opere realizzate nell'ambito dell'appalto che siano, in tutto o in parte, poste in esercizio prima della relativa collaudazione tecnico-amministrativa, e per le quali l'esercizio si sia protratto per oltre un anno.

Si fa notare che le disposizioni dell’art. 237-bis sono entrate in vigore il 19 dicembre 2012, in quanto tale articolo è stato introdotto nel testo del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 163/2006) dall’art. 33-quater, comma 1, lettera b), del D.L. 179/2012, convertito dalla L. 221/2012, pubblicata nella G.U. 18 dicembre 2012.

L’articolo 33-quater, comma 2, del decreto legge n. 179/2012 ha fissato l’ambito temporale di applicazione delle modifiche introdotte con l’articolo 237-bis. La nuova disciplina si applica, oltre che ai contratti affidati successivamente all’entrata in vigore della suddetta legge di conversione, anche ai contratti già affidati a tale data (19 dicembre 2012) per i quali, alla medesima data, le opere siano già entrate in esercizio da oltre un anno (almeno dal 18 dicembre 2011). Per tali ultimi contratti, tuttavia, lo svincolo automatico della garanzia può avvenire solo decorsi centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, ossia dopo il 17 giugno 2013.

 

L’ultimo periodo del comma 11, introduce un obbligo di rendicontazione – nei documenti di programmazione pluriennale – dell’ammontare complessivo della liquidità liberata e delle destinazioni della stessa per le società o gli enti comunque denominati di proprietà del Ministero dell’economia e delle finanze e sottoposti alla vigilanza di altri Ministeri, che stipulano con lo Stato contratti di programma che abbiano per oggetto investimenti e manutenzione.

 

Il comma 11-bis interviene, infine, sulla disciplina del concordato con continuità aziendale contenuta nella legge fallimentare n. 267 del 1942.

Mentre il comma 11 prevede la non risoluzione dei contratti pubblici in corso per effetto dell’apertura della procedura di concordato, il comma 11-bis integra la disciplina del rapporto tra tale procedura e gli appalti pubblici chiarendo definitivamente la non totale interdizione alla partecipazione alle gare pubbliche da parte della società nel periodo transitorio intercorrente tra il deposito del ricorso per la sua ammissione al concordato preventivo e l’avvenuta omologazione di quest’ultimo (con decreto del giudice).

Il nuovo comma 11-bis chiarisce la controversa interpretazione dell’art. 38, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 163/2006 che era stata fornita dalla recente giurisprudenza amministrativa; tale norma esclude che imprese in stato di concordato preventivo – escluso quello con continuità aziendale di cui all’art. 186-bis L. Fall. – possano partecipare a pubblici appalti. Dopo che la V sezione del Consiglio di Stato (sentenza n. 6272 del 27 dicembre 2013) aveva fornito un’interpretazione estensiva della norma, secondo la quale la sola presentazione dell’istanza di ammissione al concordato preventivo consente di ammettere l’impresa alla gara pubblica, successivamente, la stessa V sezione del  Consiglio di Stato (sentenza n. 101 del 14 gennaio 2014) - confermando la decisione di primo grado, sent. n. 23/2013, del TAR Valle d’Aosta – ha chiarito che l’azienda in crisi, che abbia chiesto l’ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale, può concorrere alle gare ed eventualmente vincerle solo se, entro il momento dell’aggiudicazione definitiva, è in grado di fornire la documentazione prevista dall’art. 186-bis, comma 4, della legge fallimentare (piano di concordato, attestazione di conformità al piano, dichiarazione di altro operatore che fornisca i requisiti e assicuri le risorse per eseguire l’appalto). Nel caso di specie, con una decisione di segno opposto rispetto alla sentenza n. 6272/2013, il Consiglio di Stato ha ritenuto motivo ostativo all’aggiudicazione di una gara pubblica il fatto che l’impresa vincitrice non fosse stata già ammessa formalmente al concordato con continuità aziendale.

Il comma 11-bis dell’art. 186-bis del R.D. 267/1942 accede alla prima interpretazione giurisprudenziale dell’art. 38 del Codice dei contratti pubblici, subordinandola però ad una doppia condizione. La disposizione introdotta stabilisce, infatti, che la partecipazione agli appalti pubblici è ammessa ma subordinata sia all’autorizzazione del tribunale che al parere (positivo) del commissario giudiziale (se nominato); se il commissario non è nominato, provvede il solo tribunale.

Sostanzialmente si tratta della stessa disciplina che regola il compimento di atti urgenti di straordinaria amministrazione da parte del debitore dopo il deposito del ricorso e fino all’omologazione della proposta di concordato (art. 161, comma 7, L. fall.).


 

Articolo 13, comma 12 (soppresso)
(Esclusione dell’immatricolazione dei carrelli per brevi spostamenti)

 


[12. All'articolo 114 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, dopo il comma 2 è inserito il seguente: «2-bis. Le prescrizioni di cui al comma 2 non si applicano ai carrelli di cui all'articolo 58, comma 2, lettera c), qualora circolino su strada per brevi e saltuari spostamenti a vuoto o a carico. Con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono stabilite le relative prescrizioni tecniche per l'immissione in circolazione.».]


 

 

Il comma 12 dell’articolo 13, soppresso nel corso dell’esame parlamentare e poi reinserito nel al nuovo articolo 13-bis (si veda la relativa scheda di lettura) modifica l’art. 114 del codice della strada (D.Lgs. n. 285 del 1992) per escludere dall’obbligo di immatricolazione una particolare tipologia di macchine operatrici, i carrelli, qualora circolino su strada per brevi e saltuari spostamenti a vuoto o carichi.


 

Articolo 13, comma 13
(Modifica alla legge istitutiva delle autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità)

 


13. All'articolo 2, comma 1, primo periodo, della legge 14 novembre 1995, n. 481, dopo le parole: «per l'energia elettrica» sono inserite le seguenti: «, il gas ed il sistema idrico» e le parole: «e il gas» sono soppresse.


 

 

Il comma 13 dell’articolo 13 modifica la legge istitutiva delle autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità (legge 481/1995), al fine di precisare l’ambito di competenza dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas includendovi anche le funzioni in materia di sistema idrico, funzioni già attribuite all’Autorità dalla normativa vigente e che l’Autorità sta svolgendo.

In particolare, il comma 13 modifica l'articolo 2, comma 1, primo periodo, della legge 14 novembre 1995, n. 481[30], che prevede l’istituzione delle Autorità di regolazione di servizi di pubblica utilità, competenti, rispettivamente, per l'energia elettrica, il gas e per le telecomunicazioni. Ai settori dell’energia elettrica e del gas la modifica in commento aggiunge “il sistema idrico”.

L'Autorità per l'energia elettrica e il gas è un organismo indipendente, istituito con la citata legge 14 novembre 1995, n. 481. Oltre alle funzioni di regolazione e di controllo negli ambiti di competenza. l'Autorità svolge una funzione consultiva nei confronti di Parlamento e Governo ai quali può formulare segnalazioni e proposte; presenta annualmente una Relazione Annuale sullo stato dei servizi e sull'attività svolta.

Con il decreto-legge 201/2011, all'Autorità sono state attribuite funzioni anche in materia di servizi idrici. Infatti, l'articolo 21, comma 19, prevede il trasferimento delle competenze dell'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua all'Autorità per l'energia elettrica e il gas, relativamente alle funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici, che vengono esercitate con i medesimi poteri attribuiti all'Autorità stessa dalla legge 14 novembre 1995, n. 481.

Successivamente con il D.P.C.M. 20 luglio 2012 sono state individuate le funzioni dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas attinenti alla regolazione tariffaria e al controllo dei servizi idrici.


 

Articolo 13, commi 14-23
(Settore del trasporto aereo)

 


14. I gestori di aeroporti che erogano contributi, sussidi o ogni altra forma di emolumento ai vettori aerei in funzione dell'avviamento e sviluppo di rotte destinate a soddisfare e promuovere la domanda nei rispettivi bacini di utenza, devono esperire procedure di scelta del beneficiario trasparenti e tali da garantire la più ampia partecipazione dei vettori potenzialmente interessati, secondo modalità da definirsi con apposite Linee guida adottate dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentiti l'Autorità di regolazione dei trasporti e l'Ente Nazionale per l'Aviazione Civile, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

15. I gestori aeroportuali comunicano all'Autorità di regolazione dei trasporti e all'Ente Nazionale per l'Aviazione Civile l'esito delle procedure previste dal comma 14, ai fini della verifica del rispetto delle condizioni di trasparenza e competitività.

15-bis. Al fine di evitare effetti distorsivi della concorrenza tra gli scali aeroportuali e di promuovere l'attrattività del sistema aeroportuale italiano, anche con riferimento agli eventi legati all'EXPO 2015, nella definizione della misura dell'imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili civili (IRESA), di cui agli articoli 90 e seguenti della legge 21 novembre 2000, n. 342, il valore massimo dei parametri delle misure IRESA non può essere superiore a euro 0,50. Fermo restando il valore massimo sopra indicato, la determinazione del tributo è rimodulata tenendo conto anche degli ulteriori criteri della distinzione tra voli diurni e notturni e delle peculiarità urbanistiche delle aree geografiche prospicienti i singoli aeroporti.

16. L'addizionale comunale istituita dall'articolo 2, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, ed i successivi incrementi disposti dall'articolo 2, comma 5-bis, del decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134, dall'articolo 1, comma 1328, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dall'articolo 4, comma 75, della legge 28 giugno 2012, n. 92, non è dovuta dai passeggeri in transito negli scali aeroportuali nazionali, se provenienti da scali domestici.

17. L'addizionale Commissariale per Roma Capitale di cui all'articolo 14, comma 14, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, continua ad applicarsi a tutti i passeggeri con voli originanti e in transito negli scali di Roma Fiumicino e Ciampino, ad eccezione di quelli in transito aventi origine e destinazione domestica.

18. Alle minori entrate derivanti dai commi 16 e 17, pari a 9 milioni 9 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2014, si provvede mediante corrispondente riduzione dei trasferimenti correnti da parte dello Stato all'Ente Nazionale per l'Aviazione Civile, di cui all'articolo 11-decies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248. Al ristoro delle predette minori entrate a favore dei soggetti interessati, si provvede con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell'interno, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 30 giugno di ciascun anno. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti, negli stati di previsione dei Ministeri interessati, le occorrenti variazioni di bilancio.

19. Per l'anno 2014 le indennità di volo previste dalla legge o dal contratto collettivo non concorrono alla formazione del reddito ai fini contributivi. Le medesime indennità di cui al periodo precedente concorrono alla determinazione della retribuzione pensionabile nella misura del 50 per cento del loro ammontare.

20. Alla copertura dell'onere recato dal comma 19, pari a 28 milioni di euro per l'anno 2014, si provvede a valere sulle risorse riscosse dall'ENAV per lo svolgimento dei servizi di navigazione aerea di rotta svolti a favore del traffico aereo civile, che a tal fine, per il medesimo importo sono versate dall'ENAV stesso all'entrata del bilancio dello Stato nell'anno 2014. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede, con propri decreti, alle occorrenti variazioni di bilancio.

21. All'articolo 2, della legge 28 giugno 2012, n. 92, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 47, le parole: «1° gennaio 2016» sono sostituite dalle seguenti: «1° gennaio 2019»;

b) al comma 48, le parole: «31 dicembre 2015» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2018».

22. All'articolo 3, comma 47, della legge 28 giugno 2012, n. 92, la lettera c) è abrogata.

23. All'onere derivante dall'applicazione del comma 21, pari a 184 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, si provvede mediante il corrispondente incremento dell'addizionale comunale sui diritti di imbarco di cui all'articolo 2, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni, da destinare all'INPS. La misura dell'incremento dell'addizionale comunale sui diritti d'imbarco è fissata con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro il 31 ottobre 2015, alla cui adozione è subordinata l'efficacia della disposizione di cui al comma 21.


 

 

I commi da 14 a 23 intervengono con diverse norme sul settore del trasporto aereo. Gli interventi hanno ad oggetto:

·      le procedure per la scelta da parte dei gestori aeroportuali dei vettori aerei a cui erogare contributi (commi 14 e 15);

·      l’imposta regionale sulle emissioni sonore-IRESA (comma 15-bis);

·      le addizionali comunali sui diritti aeroportuali (commi 16-18);

·      l’indennità di volo e il Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell’occupazione del settore del trasporto aereo (commi 19-23).

Le procedure concorrenziali per la scelta dei vettori aerei a cui erogare contributi (commi 14 e 15)

I commi 14 e 15, modificati nel corso dell’esame parlamentare, prevedono l'obbligo di espletamento di procedure concorrenziali per la scelta, da parte dei gestori aeroportuali, dei vettori aerei ai quali erogare contributi, sussidi o altre forme di emolumento per lo sviluppo delle rotte e la successiva verifica da parte dell'ENAC e dell’Autorità di regolazione dei trasporti, sul rispetto di tali procedure.

Le società di gestione aeroportuali sono società di capitali cui è affidata la gestione degli aeroporti nell’ambito d apposite concessioni. I rapporti con lo Stato sono affidati a Contratti di programma stipulati con l’ENAC, che si occupa dell'attività propedeutica per l'affidamento alle società di capitale delle concessioni per le gestioni totali degli aeroporti

L'Ente Nazionale per l'Aviazione Civile è un ente pubblico economico dotato di autonomia regolamentare, organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile e finanziaria, ed è posto sotto la vigilanza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

L’Autorità di regolazione dei trasporti garantisce condizioni di accesso eque e non discriminatorie alle infrastrutture ferroviarie, portuali, aeroportuali e alle reti autostradali.

 

Il comma 14 stabilisce, come criterio generale, che per l’erogazione di contributi, sussidi o qualsiasi altra forma di emolumento ai vettori aerei per lo sviluppo di rotte destinate a soddisfare e promuovere la domanda nei rispettivi bacini di utenza, le società di gestione aeroportuali, debbano esperire procedure di scelta del beneficiario trasparenti, in modo da consentire la più ampia partecipazione dei vettori potenzialmente interessati.

A tal fine la norma prevede l’emanazione di apposite Linee guida da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentiti l'Autorità di regolazione dei trasporti e l'Ente Nazionale per l'Aviazione Civile, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.

 

Lo schema di linee guida in materia di aiuti di stato agli aeroporti e alle compagnie aeree elaborato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, come previsto dal comma 14, è stato trasmesso (nota del 6 marzo 2014) all'Autorità dei Trasporti, che ha pubblicato il 18 aprile 2014 il proprio parere (Delibera del 20 marzo 2014). L’Autorità nel parere sottolinea la necessità che le linee guida tengano conto sia degli “Orientamenti” UE sugli aiuti di Stato agli aeroporti e alle compagnie aeree, sia del c.d. “Pacchetto SIEG” (servizi di interesse economico generale), che contiene disposizioni in materia di sussidi concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico. L'Autorità ha indicato in particolare le seguenti necessità:

·     che le linee guida siano sostenute da un’adeguata analisi del mercato del trasporto aereo nel cui ambito vengono erogati i sussidi;

·     che definiscano chiaramente le forme d’incentivazione ammesse, in relazione alle diverse tipologie di aeroporti e soggetti cui il decreto legge c.d. “Destinazione Italia” si rivolge;

·     che venga precisato meglio il perimetro degli incentivi;

·     che venga indicata la redditività a lungo termine dei sussidi sulla base di un piano industriale.

 

 

Il comma 15 prevede che i gestori aeroportuali comunichino all’ENAC e all’Autorità di regolazione dei trasporti l’esito di tali procedure ai fini della verifica del rispetto delle condizioni di trasparenza e competitività.

L’imposta regionale sulle emissioni sonore (comma 15-bis)

Il comma 15-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, fissa a euro 0,50 il valore massimo dei parametri per la definizione della misura dell'imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili civili (IRESA). Fermo restando tale valore massimo, la determinazione del tributo è rimodulata tenendo conto anche degli ulteriori criteri della distinzione tra voli diurni e notturni e delle peculiarità urbanistiche delle aree geografiche prospicienti i singoli aeroporti.

La finalità della disposizione è individuata nell’esigenza di evitare effetti distorsivi della concorrenza tra gli scali aeroportuali e di promuovere l'attrattività del sistema aeroportuale italiano, anche con riferimento agli eventi legati all'EXPO 2015.

 

L’'imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili (IRESA), istituita a decorrere dal 2001 dagli articoli 90 e seguenti della legge 342/2000, è ora disciplinata dall'articolo 8 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, che ha trasformato tale imposta in un tributo proprio delle Regioni, con decorrenza dall'1 gennaio 2013.

In proposito, l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha inviato il 27 agosto 2013 una segnalazione al Parlamento e al Governo in quanto la rilevante difformità riscontratasi nella applicazione da parte delle regioni ha provocato differenziazioni sul territorio nazionale in grado di alterare le corrette dinamiche competitive nel settore del trasporto aereo. L'AGCM ritiene che tale difformità non trovi giustificazione in ragioni di carattere tecnico e/o geografico e alteri le condizioni di redditività dei vettori che fanno scalo in alcuni aeroporti rispetto ad altri ed auspica che tali problematiche concorrenziali siano superate attraverso la definizione con legge dello Stato di criteri uniformi per il calcolo dell'imposta, il cui gettito dovrà essere devoluto alle regioni di pertinenza.

Esenzione dalle addizionali comunali sui diritti aeroportuali (commi 16-18)

I commi da 16 a 18 esentano dall'addizionale comunale sui diritti di imbarco di passeggeri negli scali aeroportuali, nonché dall'addizionale commissariale per Roma capitale, i passeggeri in transito negli scali aeroportuali nazionali se provenienti da scali domestici.

 

Il comma 16 dispone in particolare l’esenzione dall’addizionale comunale per i passeggeri in transito negli scali aeroportuali nazionali, se provenienti da scali domestici.

L’addizionale era infatti dovuta dai passeggeri in transito in uno scalo nazionale, soggetti anche al pagamento del diritto di imbarco e relative addizionali anche nello scalo di origine nazionale, realizzandosi così una duplice tassazione a carico dei passeggeri che non fossero in transito c.d. diretto (cioè con seconda tratta del volo in coincidenza con la prima e che erano espressamente esentati in base ad un provvedimento amministrativo del 1991).

L’addizionale comunale sui diritti d’imbarco di passeggeri sugli aeromobili, istituita originariamente nella misura di 1 euro dall’articolo 2, comma 11, della legge finanziaria 2004 (350/2003), inizialmente per il solo anno 2004 e successivamente resa permanente dall’articolo 7-quater del decreto-legge 80/2004, ammontava fino al 2012, a livello nazionale, a 4,5 euro per passeggero. Successivamente, l’art. 4, comma 75 della legge 92/2012 ha previsto, a decorrere dal 1° luglio 2013, un ulteriore incremento di 2 euro a passeggero della misura di base dell’addizionale sui diritti di imbarco, che è passata così a 6,5 euro a livello nazionale.

 

Il comma 17, dispone l’esenzione dall’addizionale commissariale per Roma Capitale (pari ad 1 €) per i passeggeri in transito negli aeroporti di Roma Fiumicino e di Roma Ciampino aventi origine e destinazione nazionale, disponendo altresì che l’addizionale continui invece ad applicarsi per tutti gli altri voli originati o in transito a Roma Fiumicino e Roma Ciampino.

Si ricorda infatti che per gli aeroporti della Capitale il decreto-legge 78/2010 ha previsto (art. 14, co. 14, lett. a) e co. 14-quater) l’istituzione di un’addizionale commissariale sui diritti di imbarco nella misura massima di 1 euro, da istituirsi previa delibera della giunta comunale di Roma. L’addizionale è stata istituita nella misura di 1 euro con delibera della Giunta comunale del 27 ottobre 2010, n. 36. Pertanto l’addizionale sui diritti di imbarco è pari attualmente a 7,5 euro per gli aeroporti di Roma Capitale.

Si ricorda anche che l’art. 12, comma 4 del decreto legislativo 61/2012 ha previsto per Roma capitale la facoltà di istituire, per l'esclusivo finanziamento degli investimenti compresi nei programmi pluriennali di sviluppo infrastrutturale e limitatamente al periodo di ammortamento delle opere, un'ulteriore addizionale comunale sui diritti di imbarco dei passeggeri sugli aeromobili in partenza dagli aeroporti della città di Roma, fino ad un massimo di 1 euro per passeggero.

 

Il comma 18 reca la copertura finanziaria dei commi 16 e 17 prevedendo che alle minori entrate stimate in 9 milioni di euro annui, a decorrere dal 2014 si provveda mediante corrispondente riduzione dei trasferimenti correnti dello Stato all’ENAC, di cui all’art. 11-decies del decreto-legge 203/2005. Il riferimento è al contributo per la compensazione delle minori entrate di cui al citato decreto-legge 203/2005, pari a circa 41 milioni di euro nel bilancio 2012 dell’ENAC, che rientra tra le entrate proprie dell’ENAC.

Le fonti di finanziamento dell’ENAC sono prevalentemente di due tipologie: finanziamenti pubblici (italiani ed europei, generalmente per la realizzazione di interventi infrastrutturali) ed entrate dell’Ente, costituite da trasferimenti statali (circa 23 milioni di Euro nel bilancio 2012) nonché da entrate proprie, pari complessivamente a circa 96,5 milioni di Euro nel bilancio 2012.

Il comma 18 prevede poi che al ristoro di tali minori entrate si provveda con decreto del Ministero delle infrastrutture e trasporti (di concerto con i ministeri dell’Interno, del Lavoro e dell’Economia e finanze) da adottare entro il 30 giugno di ogni anno. Si autorizzano infine le occorrenti variazioni di bilancio.

L’indennità di volo e il Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell’occupazione del settore del trasporto aereo (commi 19-23)

Il comma 19 dispone che per il 2014 le indennità di volo (previste dalla legge o dal contratto collettivo) non concorrono alla formazione del reddito ai fini contributivi e sono pensionabili nella misura del 50% del loro ammontare.

Alla copertura degli oneri finanziari, quantificati in 28 milioni di euro per il 2014 e derivanti dall’esclusione totale dalla base contributiva nonché dal parziale riconoscimento ai fini del calcolo del trattamento pensionistico, si provvede (comma 20) a valere sulle risorse riscosse dall’ENAV per lo svolgimento, in favore del traffico civile, dei servizi di navigazione aerea di rotta. Tale quota di risorse è versata dall’ENAV all’entrata del bilancio dello Stato nel 2014; il Ministro dell’economia e delle finanze provvede, con apposti decreti, alle occorrenti variazioni di bilancio.

Si ricorda che l’ENAV S.p.A., interamente controllata dal Ministero dell’economia e delle finanze e sottoposta alla vigilanza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è la Società a cui lo Stato demanda la gestione e il controllo del traffico aereo civile in Italia.

Con lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante determinazione dei criteri di privatizzazione e delle modalità di alienazione della partecipazione detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze nel capitale di ENAV Spa, è stata recentemente avviata dal Governo la procedura per la cessione di una quota del capitale dell’ENAV, fino ad un massimo del 49%. Sullo schema la IX Commissione della Camera ha espresso parere favorevole con rilievi l’11 marzo 2014.

Si ricorda che l’ENAV organizza, tra gli altri, i servizi di traffico aereo, consistenti nel servizio di controllo della circolazione aerea e di informazione di volo e nel servizio consultivo e di allarme. L’attività svolta è indirizzata con contratti di programma e di servizio ed è finanziata mediante le tariffe aeree di rotta e di terminale, corrisposte dai Vettori. Il bilancio dell’ENAV per l’anno 2012, approvato il 16 maggio 2013, indica ricavi di rotta pari a circa 567 milioni di euro.  Il progetto di Bilancio d'esercizio 2013 approvato il 24 aprile 2014 chiude con un utile netto di 50,5 mln di Euro (9,4%), un' EBIDTA a 245,2 mln (4,6%) e un EBIT pari a 94,7 mln ( 40%).

 

I commi da 21 a 23 sono volti a mantenere, nel suo assetto attuale, il Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell’occupazione del settore del trasporto aereo, evitando la sua trasformazione in fondo di solidarietà (altrimenti prevista dal 2014, ai sensi dell’articolo 3, commi 4-21, della L. 92/2012 di riforma del mercato del lavoro).

A tal fine (comma 21), con l’obiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio del Fondo fino al 2018, è prolungata di tre anni sia l’operatività delle norme (articolo 2, commi 47, della L. 92/2012) che hanno disposto la devoluzione al Fondo medesimo delle maggiori entrate derivanti dall’incremento dell’addizionale sui diritti di imbarco dei passeggeri sugli aeromobili (quindi fino al 1° gennaio 2019), sia l’incremento (articolo 2, comma 48, lettera a), della L. 92/2012), di 3 euro a passeggero dell'addizionale comunale sui diritti di imbarco (quindi fino al 31 dicembre 2018).

Ai fini della copertura degli oneri finanziari derivanti dal tali differimenti, pari a 184 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018 si provvede mediante il corrispondente incremento dell'addizionale comunale sui diritti di imbarco, da destinare all'I.N.P.S. (comma 23, modificato nel corso dell’esame parlamentare). Ad uno specifico decreto interministeriale (alla cui adozione è subordinata l'efficacia delle disposizioni di cui al comma 21), da emanare entro il 31 ottobre 2015, è demandata la definizione di un ulteriore incremento.

 

Viene infine soppressa (comma 22) la norma della legge di riforma del mercato del lavoro (articolo 3, comma 47, lettera c), della L. 92/2012) che prevedeva l'abrogazione del richiamato Fondo speciale, a decorrere dal 1° gennaio 2014, in vista della trasformazione del Fondo speciale in Fondo di solidarietà.

Il Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale del settore del trasporto aereo (di seguito “Fondo speciale”) è stato istituito presso l’I.N.P.S. dallarticolo 1-ter del D.L. 249/2004, con la finalità di favorire il mutamento e il rinnovamento delle professionalità, nonché di realizzare politiche attive di sostegno del reddito e dell'occupazione dei lavoratori del settore, mediante: il finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale anche in concorso con gli appositi fondi nazionali, territoriali, regionali o comunitari; l’erogazione di specifici trattamenti a favore dei lavoratori interessati da riduzioni dell'orario di lavoro (ivi compresi i contratti di solidarietà), da sospensioni temporanee dell'attività lavorativa o da processi di mobilità secondo modalità da concordare tra azienda ed organizzazioni sindacali.

Il Fondo speciale è alimentato da un contributo sulle retribuzioni a carico dei datori di lavoro di tutto il settore del trasporto aereo pari allo 0,375% e da un contributo a carico dei lavoratori pari allo 0,125%. Il fondo è inoltre alimentato da contributi del sistema aeroportuale che gli operatori stessi converranno direttamente tra di loro per garantire la piena operatività del fondo e la stabilità del sistema stesso. Per quanto concerne le risorse volte ad alimentare il Fondo speciale, si fa presente, inoltre, che l’articolo 6-quater del D.L. n. 7/2005 ha aumentato di un euro l’addizionale comunale sui diritti d’imbarco dei passeggeri, (portandola così a 2 euro), destinando le relative risorse, fino al 31 dicembre 2015, al Fondo speciale. Su tale disposizione sono successivamente intervenuti i commi 47 e 48 dell’articolo 2 della legge n.92/2012 (sui quali interviene, con una proroga di tre anni, la disposizione in esame), i quali hanno previsto (in relazione al superamento del Fondo speciale e alla sua trasformazione in Fondo di solidarietà, su cui v.oltre) che le maggiori risorse destinate al Fondo speciale ai sensi dell’articolo 6-quater del D.L. n. 7/2005 fossero riversate, a partire dal 1°gennaio 2016, all’INPS.

 

L’articolo 3, commi 4-13, della L. 92/2012 ha istituito i fondi di solidarietà bilaterali per i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale (ordinaria o straordinaria), al fine di assicurare ai lavoratori interessati una tutela nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per le cause previste dalla normativa in materia di integrazione salariale ordinaria o straordinaria. Per i settori in cui non siano stati attivati, entro il 31 ottobre 2013, i fondi di solidarietà bilaterali, i commi 19-21 hanno previsto, invece, l’istituzione di un fondo di solidarietà residuale. In particolare, si stabilisce l’obbligo, al fine di assicurare la definizione, entro l’anno 2013, di un sistema inteso ad assicurare adeguate forme di sostegno per i lavoratori dei diversi comparti, per le organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di stipulare specifici accordi collettivi e contratti collettivi, anche intersettoriali, aventi ad oggetto la costituzione di fondi di solidarietà bilaterali per i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale. Tali fondi hanno lo scopo di assicurare ai lavoratori una tutela, in costanza di rapporto di lavoro, nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per cause previste dalla normativa in materia di integrazione salariale ordinaria o straordinaria. Tali fondi devono essere costituiti presso l’INPS, con apposito decreto ministeriale.

L’articolo 3, comma 47, lettera c), della L. 92/2012 (di cui la disposizione in esame ha previsto l’abrogazione) aveva quindi previsto l’abrogazione, a decorrere dal 1° gennaio 2014, dell’articolo 1-ter del DL n.294/2004, in vista della trasformazione del Fondo speciale in Fondo di solidarietà, ai sensi dell’articolo 3, commi 4-21, della richiamata L. 92.


 

Articolo 13, commi 24-28
(Norme per favorire la dotazione di beni storici, culturali e ambientali e per migliorare l’attrattività turistica)

 


24. Anche in vista dell'EXPO 2015, al fine di promuovere il coordinamento dell'accoglienza turistica, tramite la valorizzazione di aree territoriali di tutto il territorio nazionale, di beni culturali e ambientali, nonché il miglioramento dei servizi per l'informazione e l'accoglienza dei turisti, sono finanziati progetti che individuino uno o più interventi di valorizzazione e di accoglienza tra loro coordinati. I progetti possono essere presentati da comuni, da più comuni in collaborazione tra loro o da unioni di comuni con popolazione tra 5.000 e 150.000 abitanti. Ogni comune o raggruppamento di comuni potrà presentare un solo progetto articolato in uno o più interventi fra loro coordinati, con una richiesta di finanziamento che non potrà essere inferiore a 1 milione di euro e superiore a 5 milioni di euro e purché in ordine agli interventi previsti sia assumibile l'impegno finanziario entro il 30 giugno 2014 e ne sia possibile la conclusione entro venti mesi da quest'ultima data. In via subordinata, possono essere finanziati anche interventi di manutenzione straordinaria collegati ai medesimi obiettivi di valorizzazione della dotazione di beni storici, culturali, ambientali e di attrattività turistica inseriti nei progetti di cui al presente comma, per un importo non inferiore a 100.000 euro e non superiore a 500.000 euro. Nel caso in cui il costo complessivo del progetto sia superiore ai limiti di finanziamento indicati, il soggetto o i soggetti interessati dovranno indicare la copertura economica, a proprie spese, per la parte eccedente.

25. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, sentito il Ministro per la coesione territoriale, con proprio decreto disciplina i criteri per l'utilizzo delle risorse per gli interventi di cui al comma 24 e prevede le modalità di attuazione dei relativi interventi anche attraverso apposita convenzione con l'ANCI.

25-bis. Gli enti locali sono tenuti ad inviare le relazioni di cui all'articolo 34, commi 20 e 21, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, all'Osservatorio per i servizi pubblici locali, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie già disponibili a legislazione vigente e comunque senza maggiori oneri per la finanza pubblica, che provvederà a pubblicarle nel proprio portale telematico contenente dati concernenti l'applicazione della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica sul territorio.

26. All'intervento di cui al comma 24, sono destinati finanziamenti complessivi sino a un massimo di 500 milioni di euro.

27. Alla copertura dei suddetti oneri si provvede con le risorse derivanti dalla riprogrammazione del Piano di Azione Coesione, secondo le procedure di cui all'articolo 4, comma 3, del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99, nonché con le risorse derivanti dalla eventuale riprogrammazione, in accordo con le Amministrazioni responsabili della loro attuazione, dei Programmi Operativi della programmazione 2007-2013 della politica regionale comunitaria.

28. Eventuali ulteriori risorse che si dovessero rendere disponibili in conseguenza delle riprogrammazioni di cui al comma 27, potranno essere utilizzate per elevare, fino a concorrenza dei relativi importi, il plafond di finanziamenti previsto al comma 26 destinabili all'intervento di cui al comma 24.


 

I commi da 24 a 26 tendono a conseguire il fine di migliorare la capacità di attivazione della dotazione di beni storici, culturali e ambientali, nonché dei servizi per l’attrattività turistica di specifiche aree territoriali, prevedendo un finanziamento sino ad un massimo di 500 milioni di euro per i progetti presentati da comuni con una popolazione compresa tra i 5.000 e i 150.000 abitanti.

Più in particolare, per il comma 24 come risultante da una modifica inserita nel corso dell’esame parlamentare, prevede che i progetti finanziati possono individuare uno o più interventi tra loro coordinati e ogni comune interessato potrà presentarne solo uno. La richiesta di finanziamento non potrà essere inferiore a 1 mln e superiore a 5 mln di euro. Inoltre è previsto che, in ordine agli interventi previsti nel progetto, l’impegno sia giuridicamente vincolante entro il 31 maggio 2014; il soggetto interessato dovrà indicare la copertura economica ulteriore, che sarà a proprie spese, quando il costo del progetto sia superiore a 5 mln di euro. Con una modifica approvata nel corso dell’esame parlamentare è stata prevista l’estensione anche alle Unioni di comuni della possibilità di accedere al finanziamento e l’aumento fino a 20 mesi del termine per la conclusione del progetto finanziato. Inoltre, in via subordinata, è previsto anche il finanziamento di interventi di manutenzione straordinaria collegati ai medesimi obiettivi, per un importo non inferiore ai 100.000 euro e non superiori ai 500.000 euro. Infine è previsto che le aree territoriali interessate dalla valorizzazione (che tende a promuovere il coordinamento dell'offerta turistica, l'informazione e l'accoglienza dei turisti, anche in vista dell'Expo 2015) potranno appartenere a tutto il territorio nazionale; ad essi si aggiunge anche la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali.

La relazione illustrativa, allegata al disegno di legge di conversione (A.C. n. 1920), affermava invece che le disposizioni hanno lo scopo di valorizzare comuni di medie dimensioni, in specifiche aree delle regioni dell’Obiettivo convergenza, in grado di esprimere progetti che possano convogliare su di essi anche eventuali ulteriori finanziamenti provenienti da fonti diverse.

I criteri per l’utilizzo di queste risorse saranno disciplinati, secondo il comma 25 come risultante da una modifica approvata nel corso dell’esame parlamentare, da un decreto del Ministro per gli affari regionali e le autonomie sentito il Ministro per la coesione territoriale. Successivamente una convenzione sarà stipulata tra il Ministro e l’ANCI per la relativa attuazione.

Nel corso dell’esame parlamentare è stato introdotto il comma 25-bis che obbliga gli enti locali ad inviare le relazioni per i servizi pubblici locali di rilevanza economica all’Osservatorio per i servizi pubblici locali (presso il MISE). La disposizione è corredata da clausola di invarianza finanziaria.

Il comma 27 provvede alla copertura degli oneri previsti dal comma 26 (finanziamenti per un massimo di 500 milioni), che viene posta a valere sulle risorse derivanti dalla riprogrammazione del Piano di Azione Coesione, secondo le procedure di cui all'articolo 4, comma 3, del D.L. n. 76 del 2013, nonché sulle risorse derivanti dalla eventuale riprogrammazione, in accordo con le Amministrazioni responsabili della loro attuazione, dei Programmi Operativi della programmazione 2007-2013 della politica regionale comunitaria.

Con il Piano di azione coesione (PAC) il Governo, al fine di evitare il disimpegno automatico dei fondi comunitari, ha operato secondo due direttrici:

·      riduzione della quota di cofinanziamento nazionale, che viene trasferita al di fuori dei programmi operativi stessi, a favore degli interventi considerati prioritari dal Piano di azione coesione;

·      rimodulazione strategica delle risorse dei singoli programmi operativi, con la riprogrammazione di alcuni programmi regionali maggiormente in ritardo con spostamento di risorse dei fondi strutturali verso quelli maggiormente performanti.

Il Piano di Azione Coesione – che è stato oggetto di tre aggiornamenti a febbraio 2012, a maggio 2012 e a dicembre 2012 - ha determinato una rimodulazione delle risorse comunitarie e una riduzione delle risorse di cofinanziamento nazionale, per complessivi 12,1 miliardi, di cui 9,9 miliardi dalla riduzione della quota di cofinanziamento nazionale.

Con l’articolo 4, del D.L. n. 76 del 2013, al comma 2, è stato previsto che, entro il 28 luglio 2013, il Gruppo di Azione Coesione - istituito con il decreto del Ministro per la coesione territoriale del 1° agosto 2012 - provveda a determinare le rimodulazioni delle risorse destinate alle misure del Piano di Azione Coesione, anche sulla base degli esiti del monitoraggio sull’attuazione delle misure medesime.

Il successivo comma 3 stabilisce che il Gruppo di Azione Coesione dovrà, in accordo con le Amministrazioni interessate, effettuare verifiche periodiche dello stato di avanzamento dei singoli interventi e alle conseguenti eventuali rimodulazioni del Piano che si rendessero necessarie anche a seguito dell'attività di monitoraggio medesima.

Per quanto riguarda le risorse derivanti dalla riprogrammazione dei programmi operativi regionali (POR) della programmazione 2007-2013 dei fondi strutturali, si segnala che il 4 gennaio 2014 l’Ufficio stampa del Ministro per la coesione territoriale ha comunicato che alla data del 31 dicembre 2013 tutti i 52 Programmi Operativi dei fondi strutturali europei hanno superato gli obiettivi (target) di spesa prefissati, evitando la perdita di risorse legata alla scadenza del 31 dicembre 2013. In totale la spesa certificata ha raggiunto il 52,7 per cento delle risorse programmate, a fronte di un obiettivo minimo di spesa per il 2013 pari al 48,5 per cento (alla fine del 2012 la spesa era pari al 37 per cento). In valori assoluti, su una disponibilità complessiva di 47,7 miliardi, la quota da spendere in scadenza al 31dicembre 2013 era indicata in 23,1 miliardi, mentre quella certificata è stata pari a 25,1 miliardi.

Il comma 28 prevede che eventuali ulteriori risorse che si dovessero rendere disponibili in conseguenza delle riprogrammazioni delle risorse ai sensi del precedente comma 27 (sia risorse da riprogrammazione PAC, che da riprogrammazione dei fondi comunitari), potranno essere utilizzate per elevare, fino a concorrenza dei relativi importi, il plafond di finanziamenti di 500 milioni previsto al comma 26 destinabili agli interventi indicati al comma 24.


 

Articolo 13-bis
(Disposizioni urgenti recanti modifiche al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285)

 

1. All'articolo 114 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. Le prescrizioni di cui al comma 2 non si applicano ai carrelli di cui all'articolo 58, comma 2, lettera c), qualora circolino su strada per brevi e saltuari spostamenti a vuoto o a carico. Con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabilite le relative prescrizioni tecniche per l'immissione in circolazione.».

2. All'articolo 85, comma 2, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, dopo la lettera b) è inserita la seguente:

« b-bis) i velocipedi».

 

 

L’articolo 13-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, modifica due articoli del Codice della strada:

·      il comma 1 modifica l’art. 114 eliminando l’obbligo di immatricolazione dei carrelli per brevi spostamenti (la modifica era stata inizialmente inserita al comma 12 dell’articolo 13, poi soppresso);

·      il comma 2 che modifica l’art. 85, estendendo ai velocipedi l’attività di noleggio con conducente per trasporto di persone.

 

La prima modifica (comma 1) inserisce il nuovo comma 2-bis nell’articolo 114 del Codice della strada (decreto legislativo 285/1992) per escludere dall’obbligo di immatricolazione una particolare tipologia di macchine operatrici, i carrelli, qualora circolino su strada per brevi e saltuari spostamenti a vuoto o carichi.

Il comma 2 del richiamato articolo 114 prevedeva infatti che le macchine operatrici per circolare su strada fossero soggette ad immatricolazione presso gli uffici competenti del Dipartimento per i trasporti terrestri, che rilasciano la carta di circolazione a colui che dichiari di essere il proprietario del veicolo.

 

Si rinvia ad un apposito decreto del Ministro per le infrastrutture e trasporti, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, la definizione delle prescrizioni tecniche per l’immissione in circolazione.

I carrelli oggetto della disposizione sono quelli individuati dall’art. 58. comma 2, lett. c), cioè i veicoli destinati alla movimentazione di cose.

 

Il comma 2 dell’art. 13-bis novella l’articolo 85, comma 2, del codice della Strada, che elenca i veicoli per i quali è possibile il servizio di noleggio con conducente per trasporto di persone, aggiungendovi la nuova lettera b-bis) relativa ai velocipedi

La norma prevedeva tale servizio solo per:

a.   i motocicli con o senza sidecar;

b.   i tricicli;

c.   i quadricicli;

d.   le autovetture;

e.   gli autobus;

f.     gli autoveicoli per trasporto promiscuo o per trasporti specifici di persone;

g.   i veicoli a trazione animale.

 

I velocipedi sono definiti dall’articolo 50 del Codice come:

·     veicoli con due ruote o più ruote funzionanti a propulsione esclusivamente muscolare, per mezzo di pedali o di analoghi dispositivi, azionati dalle persone che si trovano sul veicolo;

·     sono altresì considerati velocipedi le biciclette a pedalata assistita, dotate di un motore ausiliario elettrico avente potenza nominale continua massima di 0,25 KW la cui alimentazione è progressivamente ridotta ed infine interrotta quando il veicolo raggiunge i 25 km/h o prima se il ciclista smette di pedalare;

·     i velocipedi non possono superare 1,30 m di larghezza, 3 m di lunghezza e 2,20 m di altezza.


 

Articolo 14
(Misure per il contrasto del lavoro sommerso e irregolare (56)

 


1. Al fine di rafforzare l'attività di contrasto del fenomeno del lavoro sommerso e irregolare e la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro sono introdotte le seguenti disposizioni:

a) il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è autorizzato ad integrare la dotazione organica del personale ispettivo nella misura di duecentocinquanta unità, di cui duecento nel profilo di ispettore del lavoro di area III e cinquanta nel profilo di ispettore tecnico di area III, e a procedere progressivamente alle conseguenti assunzioni. Ferma restando la previsione di cui all'articolo 30, comma 2-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, la disposizione di cui all'articolo 34-bis, comma 2, del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni, trova applicazione con esclusivo riferimento al personale in possesso di specifiche professionalità compatibili con quelle di ispettore del lavoro o di ispettore tecnico. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali comunica annualmente al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri e al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze il numero delle unità assunte e la relativa spesa. Ai maggiori oneri derivanti dalla disposizione di cui alla presente lettera si provvede mediante riduzione del Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, nella misura di euro 5 milioni per l'anno 2014, 7 milioni per l'anno 2015 e 10,2 milioni annui a decorrere dall'anno 2016;

b) l'importo delle sanzioni amministrative di cui all'articolo 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, e successive modificazioni, nonché delle somme aggiuntive di cui all'articolo 14, comma 4, lettera c), e comma 5, lettera b), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, è aumentato del 30 per cento. In relazione alla violazione prevista dal citato articolo 3 del decreto-legge n. 12 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 73 del 2002, non si applica la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, e successive modificazioni. Restano soggette alla procedura di diffida le violazioni commesse prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto;

c) gli importi delle sanzioni amministrative di cui ai commi 3 e 4 dell'articolo 18-bis del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni, con esclusione delle sanzioni previste per la violazione dell'articolo 10, comma 1, del medesimo decreto legislativo, sono raddoppiati; le disposizioni di cui alla presente lettera si applicano anche alle violazioni commesse a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto;

d) i maggiori introiti derivanti dall'incremento delle sanzioni di cui alle lettere b) e c) sono versati ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati:

1) al Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2;

2) ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel limite massimo di 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2014, destinato a misure, da definire con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, finalizzate ad una più efficiente utilizzazione del personale ispettivo sull'intero territorio nazionale, ad una maggiore efficacia, anche attraverso interventi di carattere organizzativo, della vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale, nonché alla realizzazione di iniziative di contrasto del lavoro sommerso e irregolare.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

L’articolo 14, sostanzialmente modificato nel corso dell’esame parlamentare, reca una serie di misure volte, nel loro complesso, al contrasto del lavoro sommerso e irregolare, nonché alla promozione della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

La disposizione, in particolare, prevede:

·      l’autorizzazione ad un incremento nella dotazione organica del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di 250 ispettori e alla loro conseguente progressiva assunzione, per una spesa di 5 milioni nel 2014, 7 milioni nel 2015 e 10,2 milioni a decorrere dal 2016, mediante riduzione del Fondo sociale per occupazione e formazione (comma 1, lettera a));

·      l’incremento delle sanzioni previste per l’impiego di lavoratori subordinati senza la preventiva comunicazione dell’instaurazione del rapporto di lavoro e per la violazione delle norme sulla durata media dell’orario settimanale di lavoro o sui riposi settimanali o giornalieri (comma 1, lettere b) e c)), iscrivendo le relative risorse ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo sociale per occupazione e formazione e ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (comma 1, lettera d));

·      l’autorizzazione per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio (comma 2).

 

Più nel dettaglio, il comma 1, lettera a), autorizza il  Ministero del lavoro e delle politiche sociali ad un’integrazione della dotazione organica pari a 250 unità di personale ispettivo (200 nel profilo di ispettore del lavoro di area III e 50 nel profilo di ispettore tecnico di area III), e a procedere progressivamente alle conseguenti assunzioni. L’obbligo per le pubbliche amministrazioni di attuare le procedure di mobilità di ufficio prima dell’espletamento delle procedure concorsuali (come previsto dall’art. 34-bis del D.Lgs. 165/2001) viene limitato esclusivamente al personale in possesso di specifiche professionalità compatibili con quelle di ispettore del lavoro o di ispettore tecnico, ferme restando le disposizioni in materia di mobilità volontaria di cui all’articolo 30, comma 2-bis, del D.Lgs. 165/2001.

In tema di mobilità volontaria, l’articolo 30, comma 2-bis, del D.Lgs. 165/2001, prevede che le amministrazioni pubbliche, al fine di coprire le vacanze di organico e prima dell’espletamento delle procedure concorsuali, debbano attivare le procedure di mobilità mediante passaggio diretto dei dipendenti di cui al comma 1 del medesimo art. 30 (dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento, previo consenso dell'amministrazione di appartenenza). Esse devono comunque provvedere, in via prioritaria, all’immissione in ruolo dei dipendenti che, provenienti da altre amministrazioni, prestino già attività presso l’amministrazione in posizione di comando o di fuori ruolo, purché tali dipendenti appartengano alla medesima area presentino la relativa domanda di trasferimento. Entro i limiti dei posti vacanti, i dipendenti sono inquadrati nella medesima area funzionale e con la posizione economica corrispondente a quella posseduta nella amministrazione di provenienza.

In materia di mobilità di ufficio, l’articolo 34-bis del D.Lgs. 165/2001, stabilisce l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di utilizzare il personale già collocato in disponibilità o in mobilità prima di avviare le procedure per le nuove assunzioni (le assunzioni effettuate in violazione delle procedure previste sono nulle, come stabilito dal comma 5 dell’articolo in oggetto). In particolare, le amministrazioni pubbliche, prima di avviare le procedure di assunzione del personale, devono comunicare una serie di informazioni relative al personale per il quale si intende bandire il concorso (area, livello, posizione economica, sede di destinazione). I soggetti ai quali è rivolta la comunicazione sono gli stessi che, ai sensi dell’art. 34 del D.Lgs. 165/2001, formano e gestiscono gli elenchi del personale in disponibilità[31] (comma 1). Il soggetto al quale è rivolta la comunicazione provvede entro 15 giorni dalla stessa ad assegnare all’amministrazione richiedente il personale che risulta iscritto nel proprio elenco. L’assegnazione del personale deve avvenire secondo l’anzianità di iscrizione nell’elenco del personale collocato in disponibilità[32] (comma 2); le amministrazioni possono provvedere ad organizzare percorsi di qualificazione del personale così assegnato (comma 3). Le amministrazioni potranno avviare la procedura di assunzione mediante concorso per tutte le posizioni che non sono state coperte con assegnazione di personale in disponibilità, decorsi due mesi dalla ricezione della comunicazione da parte del Dipartimento della funzione pubblica (comma 4) che verifica presso le amministrazioni pubbliche l’eventuale interesse ad acquisire in mobilità i dipendenti in eccedenza di altre amministrazioni. In tal caso, saranno applicate le disposizioni dell’art. 4, comma 2, del D.L. 163/1995, che ha previsto un meccanismo di snellimento delle procedure di assegnazione dei dipendenti pubblici dichiarati “eccedenti”, disponendo che essi possano essere trasferiti con decreto del Ministro della funzione pubblica ad altra amministrazione che ne faccia richiesta, previo assenso dell'interessato (comma 5-bis).

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali comunica annualmente al Dipartimento della Funzione Pubblica ed al Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato il numero delle unità assunte e la relativa spesa. Ai maggiori oneri derivanti dall’applicazione della lettera in esame si provvede mediante riduzione del Fondo sociale per occupazione e formazione nella misura di 5 milioni di euro per il 2014, 7 milioni per il 2015 e a 10,2 milioni annui a decorrere dal 2016.

 

Fondo sociale per occupazione e formazione

L’articolo 18, comma 1, del D.L. n. 185/2008 ha disposto che il CIPE, presieduto dal Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - nonché di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per quanto attiene le risorse destinate alle infrastrutture – provveda ad assegnare, in coerenza con gli indirizzi assunti in sede europea, una quota delle risorse nazionali disponibili del Fondo aree sottoutilizzate ad una serie di fondi. Alla lettera a) del comma 1 viene indicato il Fondo sociale per occupazione e formazione, che viene appositamente istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. In tale Fondo affluiscono anche le risorse del Fondo per l'occupazione nonché ogni altra risorsa comunque destinata al finanziamento degli ammortizzatori sociali, concessi in deroga alla normativa vigente, e quelle destinate in via ordinaria dal CIPE alla formazione. Attualmente, le risorse del richiamato Fondo sono destinate a specifici interventi di polita attiva del lavoro, o (nel caso di risorse non destinate a determinati interventi previsti dalla normativa) al finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga.

 

La lettera b) del comma 1 prevede che l'importo delle sanzioni previste dall'articolo 3 del D.L. 12/2002, in caso di impiego di lavoratori subordinati senza la preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, nonché delle somme aggiuntive, previste dall’articolo 14, comma 4, lett. c) e comma 5, lett. b) del D.Lgs. 81/2008 (al cui pagamento è subordinata la revoca del provvedimento di sospensione), rispetto all'applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative, in caso di violazioni di norme poste a tutela della salute e della sicurezza sul lavoro ed in caso di riscontro dell'impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria, sia incrementato del 30 per cento.

L’articolo 3 del D.L. 12/2002, nel testo previgente, prevedeva che in caso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, si applicasse la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L’importo della sanzione amministrativa pecuniaria è da euro 1.000 a euro 8.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorato di euro 30 per ciascuna giornata di lavoro irregolare, nel caso in cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un periodo lavorativo successivo, mentre quello delle sanzioni civili connesse all’evasione dei contributi e dei premi riferiti a ciascun lavoratore irregolare è aumentato del 50 per cento.

L’articolo 14 del D.Lgs. 181/2008 dispone che gli organi di vigilanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali o delle aziende sanitarie locali (questi ultimi per i soli casi di violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro) possono adottare provvedimenti di sospensione per la parte dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni quando riscontrano l’impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, nonché in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro; nel testo previgente, l'importo della somme aggiuntive al cui pagamento è subordinata la revoca del provvedimento di sospensione era pari a 1.500 euro nel primo caso (c. 4, lett. c)) e a 2.500 euro nel secondo (c. 5, lett. b)).

 

Si prevede, inoltre, che nell'ipotesi di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, non sia applicabile la procedura di diffida, di cui all'articolo 13 del D.Lgs. 124/2004, mentre la stessa è ammessa per le violazioni commesse prima del 22 febbraio 2014 (giorno di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame).

In base all’articolo 13 del D.Lgs. 124/2004, nell'ipotesi in cui il personale ispettivo rilevi l'inosservanza delle norme di legge o del contratto collettivo in materia di lavoro e legislazione sociale o inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, provvede a diffidare il trasgressore e l'eventuale obbligato in solido, alla regolarizzazione delle inosservanze comunque materialmente sanabili, entro il termine di 30 giorni dalla data di notificazione del verbale di accertamento. In caso di ottemperanza alla diffida, il trasgressore o l’eventuale obbligato in solido sono ammessi al pagamento di una somma pari all’importo della sanzione nella misura del minimo previsto dalla legge ovvero nella misura pari ad un quarto della sanzione stabilita in misura fissa, entro 15 giorni dalla scadenza del suddetto termine.

 

La lettera c) del comma 1 prevede che vengano raddoppiate le sanzioni amministrative prescritte dall’articolo 18-bis, commi 3 e 4, del D.Lgs. 66/2003 in caso di violazione delle norme sulla durata media settimanale dell'orario di lavoro (fissata, per ogni periodo di sette giorni, in quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario), nonché in caso di violazione delle norme relative ai riposi settimanali o giornalieri. Tale incremento riguarda anche gli illeciti commessi nel periodo che intercorre tra la data di entrata in vigore del decreto-legge e quella dell'entrata in vigore della relativa legge di conversione.

L’articolo 18-bis del D.Lgs. 66/2003, nel testo previgente, disponeva che la sanzione amministrativa pecuniaria comminata in caso di violazione delle norme in materia di durata media dell'orario di lavoro settimanale potesse andare da un minimo di 100 euro ad un massimo di 750 euro[33], mentre, per le violazioni della normativa in materia di riposi giornalieri, da un minimo di 50 euro ad un massimo di 150 euro[34].

La lettera d) del comma 1 prevede che i maggiori importi derivati dall'aumento delle sanzioni di cui alle lettere b) e c) siano versati ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati:

·      al Fondo sociale per occupazione e formazione;

·      nel limite massimo di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2014, ad un apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, relativo a misure (da definire con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali) dirette ad un più efficiente impiego sull'intero territorio nazionale del personale ispettivo, ad una maggiore efficacia, anche attraverso interventi di carattere organizzativo, della vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale, nonché all’attuazione di iniziative di contrasto del lavoro sommerso ed irregolare.

 

Il comma 2 autorizza il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 



[1]     http://www.autorita.energia.it/it/consumatori/bollettatrasp_ele.htm

[2]     Famiglia residente con consumi pari a 2700 kWh/anno e potenza pari a 3 kW, servito in maggior tutela, con una bolletta annua dell’energia elettrica di 514 euro/anno.

[3]     http://www.autorita.energia.it/allegati/elettricita/TUP.pdf

[4]     Attuazione della direttiva 2004/22/CE relativa agli strumenti di misura.

[5]     Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia.

[6]     Il testo dell’art. 1130, primo comma, n. 6) del codice civile in vigore prima dell'entrata in vigore del decreto legge prevedeva che costituisse dovere dell’amministratore di condominio, tra l’altro: "6) curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza. Ogni variazione dei dati deve essere comunicata all'amministratore in forma scritta entro sessanta giorni. L'amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l'amministratore acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili".

[7]     Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di Azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, e successivamente più volte modificato.

[8]     E' stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea del 24 dicembre 2013 il regolamento 1407/2013 del 18 dicembre sull'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Ue agli aiuti "de minimis", che contiene le regole sulle modalità di erogazione di aiuti minimi alle imprese senza notificazione in via preventiva alla Commissione Ue.

[9]     Si ricorda che il testo originario del DL 145/2013, invece, congelava la quota minima di miscelazione dei biocarburanti nella benzina e nel gasolio del settore dei trasporti al 4,5% per il 2014.

[10]   Il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 25 gennaio 2010 (Modifica della quota minima di immissione in consumo di biocarburanti ed altri carburanti rinnovabili) aveva fissato tale quota minima per l'anno 2010 nella misura del 3,5 per cento; per l'anno 2011 nella misura del 4 per cento, e per l'anno 2012 nella misura del 4,5 per cento.

[11]   Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE.

[12]   Si tratta di un comitato tecnico consultivo costituito presso il Ministero dello sviluppo economico ai sensi dell’articolo 33, comma 5-sexies del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, composto da rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministero dell'economia e delle finanze, e del Gestore dei servizi energetici S.p.A..

[13]   Tale comma era stato modificato dal testo originario del DL 145/2013.

[14]   Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della L. 17 maggio 1999, n. 144.

[15]   Approvazione del testo unico della legge sull'assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni e delle province.

[16]   In estrema sintesi, secondo il R.D. 15 ottobre 1925, n. 2578, il valore di rimborso riconosciuto al gestore uscente è costituito dal VIR (valore industriale residuo), calcolato sulla base valore della rete come se fosse costruita oggi a nuovo, diminuito degli ammortamenti previsti dall’AEEG, e detratti i contributi pubblici ricevuti ma non i contributi privati (DM 226/2011[16], articolo 5, comma11). Inoltre il D.Lgs. 93/2011, di recepimento del “Terzo pacchetto energia” UE, prevede che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, limitatamente al primo periodo di esercizio delle concessioni assegnate per ambiti territoriali minimi, riconosca in tariffa al gestore entrante l'ammortamento della differenza tra il valore di rimborso (ossia il VIR) e il valore delle immobilizzazioni nette (ossia il RAB, acronimo di Regulatory  Asset Base), al netto dei contributi pubblici in conto capitale e dei contributi privati relativi ai cespiti di località. Si segnala che nell’agosto 2013 l’AEEG ha pubblicato un Documento di consultazione (DCO 359/2013/R/GAS) sulla definizione delle regole per la determinazione del costo riconosciuto e delle tariffe dei servizi di distribuzione e misura del gas nel quarto periodo di regolazione, che di recente è sfociato nella delibera 12 dicembre 2013 n. 573/2013/R/gas. L’AEEG, dunque utilizza la differenza tra VIR e RAB come base per la determinazione del valore su cui si calcoleranno le tariffe di distribuzione per i successivi dodici anni di concessione. Come si è detto, nel calcolo del VIR non vengono detratti i contributi versati dai privati per gli allacciamenti, che invece vengono decurtati nella regolazione tariffaria. Questo causerebbe un aumento in prospettiva delle tariffe di distribuzione a carico dei clienti finali.

Con l’intervento normativo in esame, dunque, si mira ad allineare il valore del VIR a quello della RAB, che è il valore che è preso a riferimento dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas per la determinazione delle tariffe di distribuzione e che rappresenta il valore effettivo dell’impresa di distribuzione del gas (il valore del capitale investito netto, determinato in base al metodo del costo storico rivalutato).

[17]   Per esso, le misure incentivanti erano applicabili nei territori di cui ai nuovi obiettivi 1 e 2 dei programmi comunitari, nelle aree ammesse alla deroga di cui alla normativa dell'Unione, nonché nelle aree svantaggiate di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 14 marzo 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 giugno 1995, n. 138, e successive modificazioni.

[18]   Ai soggetti ammessi alle agevolazioni sono concedibili i seguenti benefìci: a) contributi a fondo perduto e mutui agevolati, per gli investimenti, secondo i limiti fissati dall'Unione europea; b) contributi a fondo perduto in conto gestione, secondo i limiti fissati dall'Unione europea; c) assistenza tecnica in fase di realizzazione degli investimenti e di avvio delle iniziative; d) attività di formazione e qualificazione dei profili imprenditoriali, funzionali alla realizzazione del progetto. Per quanto riguarda le garanzie per i mutui agevolati, resta sostanzialmente inalterata la disciplina previgente (ex articolo 4 del D.Lgs.185/2000) la quale fa riferimento a quelle previste dal codice civile e da privilegio speciale.

[19]   È stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea del 24 dicembre 2013 il regolamento 1407/2013 del 18 dicembre sull'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Ue agli aiuti "de minimis", che contiene le regole sulle modalità di erogazione di aiuti minimi alle imprese senza notificazione in via preventiva alla Commissione Ue. Si ricorda che l’articolo 3 del Regolamento detta un’articolata disciplina dei limiti di ammissibilità degli aiuti c.d. “de minimis”, ossia gli aiuti che non corrispondono a tutti i criteri dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato e non sono pertanto soggetti all'obbligo di notifica di cui all'articolo 88, paragrafo 3. Il Regolamento si applica solo agli aiuti riguardo ai quali è possibile calcolare con precisione l'equivalente sovvenzione lordo ex ante senza che sia necessario effettuare un'analisi del rischio («aiuti trasparenti»).

[20]   L’articolo 2 dell’Allegato I, al Regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione del 6 agosto 2008 che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune in applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato (regolamento generale di esenzione per categoria) dispone che alla categoria delle microimprese, delle piccole imprese e delle medie imprese (PMI) appartengono le imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro e/o il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro. All'interno della categoria delle PMI, si definisce piccola impresa un'impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo e/o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro. All'interno della categoria delle PMI, si definisce microimpresa un'impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo e/o un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro.

[21]   L’articolo 5 nell’individuare i soggetti beneficiari indicava le società, ivi comprese le cooperative di produzione e lavoro iscritte nel registro prefettizio di cui all'articolo 13 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni, composte prevalentemente da soggetti di età compresa tra i 18 ed i 35 anni che abbiano la maggioranza assoluta numerica e di quote di partecipazione, che presentino progetti per l'avvio di nuove iniziative nei settori di cui all'articolo 6, comma 1. Era inoltre specificato che la disciplina sugli incentivi non si applica alle ditte individuali, alle società di fatto ed alle società aventi un unico socio.

Il Capo IV che includeva tra i beneficiari degli incentivi anche le cooperative sociali è abrogato dal decreto legge in esame.

[22]   La disciplina attuale prevede una distinzione tra i progetti finanziabili nei settori della produzione dei beni e dei servizi alle imprese, per i quali il tetto massimo agli investimenti finanziabili è di 2.500.000 euro (articolo 6 del D.Lgs. 185/2000) e i progetti per la fornitura di servizi nei settori della fruizione dei beni culturali, del turismo, della manutenzione di opere civili ed industriali, della innovazione tecnologica, della tutela ambientale, dell'agricoltura e trasformazione e commercializzazione dei prodotti agroindustriali per i quali il massimali è di 500.000 euro (articolo 8). Nel calcolo di tale massimale occorre però tenere presente i limiti previsti dalla normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato c.d. “de minimis”. Al riguardo occorre ricordare che dal 1° gennaio 2014 è in vigore la nuova disciplina comunitaria sugli aiuti di stato di importanza minore (il citato Reg.1407/2013/UE), in relazione alla quale va valutata l’ammissibilità degli incentivi.

[23]   Tale articolo 27 ha introdotto un nuovo strumento chiamato “Progetto di riconversione e riqualificazione industriale in caso di situazioni di crisi industriali complesse”, prevedendo che possano essere attivati i progetti di riconversione e riqualificazione industriale la cui finalità è quella di agevolare gli investimenti produttivi, anche di carattere innovativo, nonché la riconversione industriale e riqualificazione economico produttiva dei territori interessati. Lo stesso articolo ha demandato ad un apposito decreto del Ministro dello sviluppo economico (poi emanato in data 31 gennaio 2013) la definizione delle modalità di individuazione delle situazioni di crisi industriale complessa e la determinazione dei criteri per la definizione e l'attuazione dei Progetti di riconversione e riqualificazione industriale.

[24]   Tale decreto, in attuazione dell'art. 36-bis del D.L. 83/2012, ha indicato 18 SIN, dei 57 esistenti in precedenza, che, non soddisfacendo i requisiti previsti dal citato decreto-legge, sono stati trasferiti alla competenza regionale.

[25]   Legambiente, “Bonifiche dei siti inquinati: chimera o realtà?” (28 gennaio 2014).

[26]   Per quanto concerne le ordinanze richiamate, si segnala che con l’OPCM 18 ottobre 2007, n. 3623, si è provveduto, tra l’altro, alla nomina del sindaco del comune di Milano a Commissario delegato per la predisposizione degli interventi necessari alla migliore presentazione della candidatura della Città di Milano quale sede del grande evento «Expo 2015» e ne sono stati definiti i compiti. Con l’O.P.C.M. 19 gennaio 2010, n. 3840 il Commissario delegato è stato autorizzato ad avvalersi di ulteriori deroghe alla normativa ordinaria finalizzate, in particolare, alla realizzazione del programma delle opere pubbliche programmate dall'amministrazione comunale, nonché del Piano urbano parcheggi. Con l’O.P.C.M. n. 3900/2010 il commissario straordinario delegato è stato autorizzato ad adottare tutti i provvedimenti necessari per assicurare la disponibilità delle aree individuate nel dossier di registrazione nei tempi richiesti dal Bureau International des Expositions (BEI), anche in deroga alla disciplina ordinaria. E’ stato, inoltre, stabilito che le opere necessarie per la realizzazione dell’Expo potranno essere localizzate, approvate e dichiarate di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, anche se non incluse in atti di programmazione del comune di Milano, con facoltà di deroga alla disciplina ordinaria e, nel caso di progetti sottoposti a VIA statale o regionale, i termini vengono ridotti della metà. Con l’O.P.C.M. n. 3901/2010 è stato disposto che il commissario delegato straordinario Sindaco di Milano, per lo svolgimento delle attività per la realizzazione dell’EXPO, provveda nel rispetto della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 ottobre 2004, dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e delle procedure di aggiudicazione indicate nell’art. 2 della stessa ordinanza.

[27]   Relativamente alla tematica della selezione degli interventi prioritari e dei meccanismi di revoca delle risorse destinate alle infrastrutture strategiche, si consulti il focus contenuto nella Nota di sintesi dell’8° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo”, predisposto dal Servizio Studi della Camera in collaborazione con l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici.

[28]   Legge 21 dicembre 2001, n. 443 “Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive”.

[29] Decreto-legge 31 ottobre 2013, n. 126 “Misure finanziarie urgenti in favore di regioni ed enti locali ed interventi localizzati nel territorio”.

[30]   Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità.

[31]   Il Dipartimento per la funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri per le assunzioni da effettuare presso le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e per gli enti pubblici non economici nazionali; le strutture regionali e provinciali di cui al D.Lgs. 469/1997, per le assunzioni da effettuare presso le altre amministrazioni.

[32]   Nel caso in cui la comunicazione sia stata rivolta alle strutture regionali e provinciali e queste abbiano accertato l’assenza nei propri elenchi di personale da assegnare alle amministrazioni richiedenti le suddette strutture devono tempestivamente comunicare al Dipartimento della funzione pubblica le informazioni che gli sono state a loro volta comunicate dall’amministrazione richiedente. Il Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, provvederà, entro 15 giorni dal ricevimento della predetta comunicazione, ad assegnare all’amministrazione richiedente il personale che risulta iscritto nel proprio elenco. Avvenuta l’assegnazione, l’amministrazione provvede ad iscrivere il dipendente ad essa destinato nei propri ruoli; conseguentemente il rapporto di lavoro prosegue con l’amministrazione che ha comunicato l’intenzione di bandire il concorso.

[33]   Per le violazioni riferite a più di 5 lavoratori o verificatesi in almeno tre periodi di riferimento, la sanzione amministrativa variava da 400 a 1.500 euro; per le violazioni riferite a più di 10 lavoratori o verificatesi in almeno cinque periodi di riferimento, la sanzione amministrativa variava da 1.000 a 5.000 euro, senza possibilità di pagamento in misura ridotta.

[34]   Per le violazioni riferite a più di 5 lavoratori o verificatesi in almeno tre periodi di ventiquattro ore, la sanzione variava da 300 a 1.000 euro; per le violazioni riferite a più di 10 lavoratori o verificatesi in almeno cinque periodi di ventiquattro ore, la sanzione variava da 900 a 1.500 euro, senza possibilità di pagamento in misura ridotta.