Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento lavoro
Titolo: Interventi in tema di IMU, CIG, precari PA e riduzione degli stipendi dei membri del Governo D.L. 21 maggio 2013, n. 54 / A.C. 1012 -Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 1012/XVII   DL N. 54 DEL 21-MAG-13
Serie: Progetti di legge    Numero: 12
Data: 27/05/2013
Descrittori:
DECRETO LEGGE 2013 0054   IMPOSTA MUNICIPALE UNICA (IMU)
MINISTRI   PERSONALE NON DI RUOLO, PRECARIO E AVVENTIZIO
RETRIBUZIONE     
Organi della Camera: VI-Finanze
XI-Lavoro pubblico e privato


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Interventi in tema di IMU, CIG, precari PA e riduzione degli stipendi dei membri del Governo

27 maggio 2013
Elementi per l'istruttoria legislativa



Indice

Contenuto|Relazioni allegate o richieste|Precedenti decreti-legge sulla stessa materia|Motivazioni della necessità ed urgenza|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Specificità ed omogeneità delle disposizioni|Documenti dell'Unione europea|Formulazione del testo|



Il decreto-legge n. 54 del 2013 contiene misure dirette a sospendere il versamento della prima rata dell'imposta municipale propria (IMU), a tutelare il reddito dei lavoratori attraverso il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga, che si aggiunge alle risorse stanziate dalla cosiddetta legge Fornero, nonché ad assicurare la continuità nell'erogazione di servizi pubblici essenziali consentendo, a talune condizioni, alle amministrazioni pubbliche di prorogare i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato che superano il limite temporale prescritto dalla normativa vigente.

 

E' introdotto il divieto per i membri del governo, che sono anche parlamentari, di cumulare il trattamento stipendiale spettante in quanto componenti l'esecutivo con l'indennità parlamentare (o con il trattamento economico in godimento se dipendenti pubblici). Tale risparmio, insieme con l'utilizzo di risorse di pertinenza del Ministero dell'economia e delle finanze, consentirà di coprire gli oneri in termini di interessi derivanti dall'incremento del ricorso alle anticipazioni di tesoreria.



Contenuto



Articolo 1, comma 1 (Sospensione pagamento IMU)

 

L'articolo 1 è volto alla  sospensione - per l'anno 2013 - del versamento della prima rata dell'imposta municipale propria (IMU), in scadenza il prossimo 16 giugno, per determinate categorie di immobili (abitazioni principali e assimilati, terreni agricoli e fabbricati rurali).

 

Si ricorda che il d.lgs. n. 23 del 2011, in materia di federalismo fiscale municipale ha istituito e disciplinato l'Imposta municipale propria - IMU, volta a sostituire la componente del reddito IRPEF (e relative addizionali) relativa agli immobili non locati e l'ICI, con un'applicazione in origine prevista per l'anno 2014.

Successivamente, in relazione ad esigenze di risanamento dei conti pubblici, l'applicazione dell'IMU, ai sensi dell'articolo 13 del D.L. 201/2011, è stata anticipata al 2012 e la sua disciplina è stata profondamente innovata.

In particolare, l'IMU si applica dal 2012 al possesso di immobili (fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli), compresa l'abitazione principale e le pertinenze della stessa; essa è dovuta nella misura dello 0,76 per cento del valore dell'immobile, determinato ai sensi della disciplina ICI (articolo 5 del D.Lgs. n. 504/1992). A tal fine, l'articolo 13 del D.L. 201/2011 ha innalzato la misura dei moltiplicatori da applicarsi alla rendita catastale delle diverse tipologie di immobili. L'imposta si applica anche all'abitazione principale del contribuente, con aliquota di base pari allo 0,4 per cento.

Per l'abitazione principale è prevista una detrazione d'imposta pari a 200 euro, incrementata di 50 euro per ciascun figlio residente e dimorante nell'abitazione medesima purché di età non superiore a 26 anni (fino al limite massimo di 400 euro per tale aumento).

Sono previste misure di aliquota ridotta per legge (oltre che per l'abitazione principale, per i fabbricati rurali ad uso strumentale, con misura di base pari a 0,2) e misure di aliquote che i comuni hanno la facoltà di ridurre: in particolare, i comuni, con deliberazione del consiglio comunale, possono

  • modificare, in aumento o in diminuzione, l'aliquota di base (0,76%) sino a 0,3 punti percentuali nonché l'aliquota per l'abitazione principale e per le relative pertinenze (0,4%), in aumento o in diminuzione, sino a 0,2 punti percentuali;

  • ridurre ulteriormente l'aliquota (già ridotta allo 0,2 per cento) per i fabbricati rurali ad uso strumentalefino allo 0,1 per cento;

  • ridurre l'aliquota di base fino allo 0,4 per cento nel caso di immobili non produttivi di reddito fondiario, ovvero nel caso di immobili posseduti dai soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società, ovvero nel caso di immobili locati;

  • ridurre l'aliquota di base fino allo 0,38 per cento per i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, e comunque per un periodo non superiore a tre anni dall'ultimazione dei lavori;

  • disporre l'elevazione dell'importo della detrazione per l'abitazione principale, fino a concorrenza dell'imposta dovuta, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio. In tal caso il comune che ha adottato detta deliberazione non può stabilire un'aliquota superiore a quella ordinaria per le unità immobiliari tenute a disposizione;

  • considerare adibita ad abitazione principale l'unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata, nonché l'unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata.

L'articolo 91-bis del D.L. 1 del 2012 ha previsto che dal 2013 l'esenzione da IMU (ex ICI) per gli immobili di enti non commerciali adibiti a specifiche attività sarà applicabile solo nel caso in cui le predette attività siano svolte con modalità non commerciali. Viceversa, Il comma 6-quinquies dell'articolo 9 del decreto-legge n. 174 del 2012 ha sottratto gli immobili delle fondazioni bancarie dall'esenzione IMU disposta, in favore degli enti non commerciali. Di conseguenza anche per gli immobili delle fondazioni bancarie su cui insistono attività non qualificabili come "commerciali" è dovuta l'imposta municipale, in deroga alle disposizioni generali.

 

Quanto alle modalità di pagamento , l'articolo 10, comma 4, del decreto-legge n. 35 del 2013 (in corso di conversione al Senato, AS 662) ha precisato che il versamento da parte dei contribuenti della prima rata dell'Imu è eseguito sulla base degli atti pubblicati alla data del 16 maggio di ciascun anno di imposta; a tal fine, il comune è tenuto ad effettuare l'invio delle deliberazioni entro il 9 maggio. In caso di mancata pubblicazione entro il predetto termine, i contribuenti effettuano il versamento della prima rata (16 giugno) pari al 50 per cento dell'imposta dovuta calcolata sulla base dell'aliquota e della detrazione dei dodici mesi dell'anno precedente. Il versamento della seconda rata è eseguito, a saldo dell'imposta dovuta per l'intero anno, con eventuale conguaglio sulla prima rata versata, in base agli atti pubblicati alla data del 16 novembre di ciascun anno di imposta; a tal fine il comune è tenuto a effettuare l'invio entro il 9 novembre. In caso di mancata pubblicazione entro il termine, si applicano gli atti pubblicati entro il 16 maggio dell'anno di riferimento oppure, in mancanza, quelli adottati per l'anno precedente.

 

Si segnala, peraltro, che nel corso dell'esame alla Camera, il predetto comma 4 è stato modificato: in particolare, semplificando la formulazione originaria, si specifica che il versamento della prima rata dell'IMU è eseguito sulla base dell'aliquota e delle detrazioni dei dodici mesi dell'anno precedente. Il versamento della seconda rata è eseguito, a saldo dell'imposta dovuta per l'intero anno, con eventuale conguaglio sulla prima rata versata, sulla base degli atti pubblicati alla data del 16 ottobre di ciascun anno di imposta; a tal fine il comune è tenuto a effettuare l'invio delle deliberazioni entro il 9 ottobre dello stesso anno. In caso di mancata pubblicazione entro il termine del 16 ottobre, si applicano gli atti adottati per l'anno precedente.

 

Per un approfondimento clicca qui:

Il comma 1 individua quindi le  categorie di immobili alle quali si applica la sospensione:
  1. abitazione principale e relative pertinenze, esclusi i fabbricati classificati nelle categorie catastali A/1, A/8 e  A/9;   

    Si tratta, in particolare, delle seguenti tipologie (definite dal D.P.R. n. 1142 del 1949):
    • A/1   Abitazioni di tipo signorile
    • A/8   Abitazioni in ville
    • A/9   Castelli e palazzi di eminenti pregi artistici o storici

    Riguardo alle pertinenze, si ricorda che la circolare n. 3 del Dipartimento delle finanze del MEF del 18 maggio 2012 chiarisce che il contribuente può considerare come pertinenza dell'abitazione principale solo un'unità immobiliare per ciascuna categoria catastale indicata dall'articolo 13, comma 2, del D.L. 201/2011(C/2: magazzini, cantine e soffitte; C/6: stalle, rimesse, autorimesse; C/7: tettoie), fino ad un massimo di tre pertinenze, ivi inclusa quella iscritta in catasto unitamente all'abitazione principale.

     

    All'interno di tale categoria dovrebbero essere comprese, qualora il comune abbia esercitato la facoltà di considerarle adibite ad abitazione principale:
    • le unità immobiliari possedute a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente;
    • le unità immobiliari possedute dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia.

  2. unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari, nonché alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (IACP) o dagli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, aventi le stesse finalità degli IACP;

     

    Si ricorda che il DPR n. 616 del 1977 (articolo 93, comma 2) ha riconosciuto alle regioni competenza propria in materia di edilizia residenziale pubblica, per cui gli IACP sono divenuti enti regionali. Ciò ha indotto alcune regioni ad adottare per gli IACP il modulo organizzativo dell'ente pubblico economico in sostanziale conformità con quello dell'azienda speciale previsto, per la gestione dei servizi pubblici locali, dalla legge n. 142 del 1990: in tali regioni gli IACP sono stati trasformati in Aziende territoriali per l'edilizia residenziale (ATER). Altre regioni hanno, invece, preferito scegliere il modulo organizzativo dell'ente pubblico non economico o quello della società di capitali. Vi sono, infine, regioni che non si sono avvalse della facoltà conferita dall'articolo 93, per cui in esse continuano ad operare gli IACP nella loro struttura originaria.

    Gli Iacp o Ater possono beneficiare della detrazione base di 200 euro (non della maggiorazione della detrazione prevista per i figli, in quanto persone giuridiche), ma non possono fruire dell'aliquota ridotta per le abitazioni principali.

     

    Le cooperative a proprietà indivisa (art. 23, del D.P.R. n. 2 del 1959) realizzano immobili di civile abitazione concessi ai soci assegnatari solo in godimento. I soci contribuiscono al finanziamento della costruzione e versano un canone di godimento, la cui determinazione viene indicata nei regolamenti della cooperativa. Poiché i soci non sono proprietari ma assegnatari nel passaggio dall'ICI all'IMU sono stati assimilati dalla legge ai possessori di seconda casa. Peraltro, anche i soci assegnatari possono beneficiare della detrazione base di 200 euro.

     

  3. terreni agricoli e fabbricati rurali di cui all'articolo 13, comma 4,5, e 8, del decreto-legge n. 201 del 2011.

     

    Terreni agricoli

    Per i terreni agricoli, a fini IMU, sono considerati non fabbricabili i terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, al verificarsi delle condizioni di legge. Dunque, ai fini delle riduzioni riservate alla ruralità, rileva l'insieme dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali individuati dall'articolo 1 del D.Lgs. 99 del 2004; tale formulazione sembra anche includere le società di capitali che operano nel settore, oltre alle persone fisiche.

    Ai fini del calcolo del valore dei terreni agricoli, si applica un moltiplicatore pari a 135, ridotto a 110 qualora il terreno sia posseduto e condotto dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola (comma 5 dell'articolo 13).

    Ai sensi del comma 8-bis all'articolo 13, i terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali sono assoggettati ad IMU solo per la parte di valore eccedente 6.000 euro, con le seguenti riduzioni, di importo decrescente all'aumentare del valore dell'immobile:

    1. del 70 per cento dell'imposta gravante sulla parte di valore eccedente i predetti 6.000 euro e fino a euro 15.500;
    2. del 50 per cento di quella gravante sulla parte di valore eccedente 15.500 euro e fino a 25.500 euro ;
    3. del 25 per cento di quella gravante sulla parte di valore eccedente 25.500 euro e fino a 32.000 euro.

     

    Fabbricati rurali

    Ai sensi della nuova disciplina dell'IMU sperimentale, i fabbricati rurali sono assoggettati ad imposta. Se si tratta di fabbricati ad uso abitativo, essi scontano l'IMU nelle modalità ordinarie (dunque anche, ove ricorrano le condizioni di legge, secondo le disposizioni previste per l'abitazione principale).

    Per i fabbricati rurali strumentali, il comma 8 dell'articolo 13 prevede un'aliquota ridotta allo 0,2 per cento, con facoltà dei comuni di diminuirla ulteriormente fino allo 0,1 per cento.

    Accanto alle suindicate misura, l'articolo 9, comma 8 del D.Lgs. n. 23 del 2011 (federalismo municipale) esenta dall'imposta i fabbricati rurali a uso strumentale ubicati nei comuni classificati montani o parzialmente montani, di cui all'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT). La circolare n. 3/DF del Dipartimento delle finanze del 18 maggio 2012 chiarisce che ai fini dell'esenzione è sufficiente che il fabbricato rurale sia ubicato nel territorio del comune ricompreso in detto elenco, indipendentemente dalla circostanza che il comune sia parzialmente montano.

    Inoltre, è prevista una riserva di disciplina a favore delle province autonome di Trento e Bolzano. Esse, conformemente ai propri statuti e in deroga alle agevolazioni ed esenzioni previste dalla legge, potranno assoggettare a IMU i fabbricati rurali strumentali con l'aliquota allo 0,2 per cento (abbassabile dai comuni allo 0,1), ferma la possibilità di introdurre esenzioni, detrazioni o deduzioni ai sensi delle norme del TU delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, ovvero in base all'articolo 80 del D.P.R. n, 670 del 1972.

     

Si segnala, al riguardo, che conla circolare n. 2/DF del 23 maggio il Dipartimento delle Finanze  ha risposto a quesiti relativi al pagamento della prima rata dell'imposta municipale propria (IMU). La circolare prospetta alcune soluzioni a casi pratici relativi a: mutamento dei requisiti soggettivi e oggettivi dell'IMU; immobili del gruppo D; immobili assimilati ad abitazioni principali; immobile assegnato all'ex coniuge.

 

Il comma 1 prevede inoltre che tale sospensione operi nelle more di una complessiva riforma della disciplina dell'imposizione fiscale sul patrimonio immobiliare, da realizzare sulla base alcuni principi esplicitati nella norma:

 

  • la riforma della disciplina del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi;

    L'
    articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011
    ha istituito, a decorrere dal 1° gennaio 2013, il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento, nonché dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni. Il tributo è dovuto da chiunque possieda, occupi o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani. Sono escluse dalla tassazione le aree scoperte pertinenziali o accessorie a civili abitazioni e le aree comuni condominiali che non siano detenute o occupate in via esclusiva. A decorrere dal 1° gennaio 2013 sono soppressi tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria, compresa l'addizionale per l'integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza.
    A seguito del rinvio del termine di versamento della prima rata del tributo al mese di luglio 2013, operato dal decreto-legge n. 1 del 2013, l'articolo 10 del decreto-legge n. 35 del 2013 ha consentito ai comuni di: stabilire con propria deliberazione la scadenza e il numero delle rate di versamento del tributo; inviare ai contribuenti, per il pagamento delle prime due rate, i modelli di pagamento precompilati già predisposti per la Tarsu, la Tia 1 o la Tia 2; continuare ad avvalersi per la riscossione del tributo dei soggetti affidatari del servizio di gestione dei rifiuti urbani. Per il solo 2013, la maggiorazione standard pari a 0,30 euro per metro quadrato – per la quale i comuni, nel 2013, non possono esercitare la facoltà di aumento fino a 0,40 euro – viene riservata allo Stato ed è versata unitamente all'ultima rata del tributo.
  • la modifica dell'articolazione della potestà impositiva a livello statale e locale;
    Al riguardo si rammenta che la legge di stabilità 2013 (articolo 1, commi 380 e da 382 a 384 della legge n. 228 del 2012) ha innovato l'attuale assetto della destinazione del gettito rinveniente dall'IMU, conseguentemente ridefinendo i rapporti finanziari tra Stato e comuni attualmente delineato dal D.Lgs. n. 23 del 2011 sul federalismo municipale. In particolare, viene attribuito ai comuni l'intero gettito IMU, ad esclusione di quello derivante dagli immobili ad uso produttivo, che rimane destinato allo Stato.
  • l'introduzione della deducibilità ai fini della determinazione del reddito di impresa dell'imposta municipale propria relativa agli immobili utilizzati per attività produttive.

 

Si ricorda che ai sensi dell'articolo 14 del D.Lgs. 23 del 2011(federalismo municipale), l'imposta municipale propria è indeducibile dalle imposte erariali sui redditi e dall'imposta regionale sulle attività produttive.

 

Per un quadro complessivo clicca qui:

- Le entrate delle regioni e degli enti locali

- La tassazione in Italia

 

La sospensione dell'IMU
L'IMU sperimentale
Il pagamento dell'IMU
L'abitazione principale
IACP e coop edilizie
Terreni agricoli e fabbricati rurali
La circolare del Dipartimento delle Finanze
La Tares
La potestà impositiva
Deducibilità dell'IMU


Articolo 1, commi 2-4 (Anticipazione di tesoreria e copertura)

 

Il comma 2 introduce una norma di deroga alle disposizioni recate dall'articolo 222del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL), di cui al D.Lgs. n. 267/2000, in materia di concessione di anticipazioni di tesoreria da parte del tesoriere su richiesta dell'ente locale, disponendo un temporaneo innalzamento dei limiti massimi di ricorso alle anticipazioni per i comuni sino alla data del 30 settembre 2013, al fine di garantire a tali enti la liquidità necessaria a compensare i minori introiti conseguenti alla sospensione del versamento della prima rata dell'IMU, che avrebbe dovuto essere effettuato a giugno.

Si ricorda, infatti, che in base alla disciplina vigente, di cui all'articolo 1, comma 380, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013), viene attribuito ai comuni l'intero gettito IMU, ad esclusione di quello derivante dagli immobili ad uso produttivo, che rimane destinato allo Stato.

 

   Al riguardo si rammenta che la legge di stabilità 2013 (articolo 1, commi 380 e da 382 a 384 della legge n. 228/2012) ha innovato l'assetto della destinazione del gettito rinveniente dall'IMU come definito dall'articolo 13 del D.L. n. 201/2011, conseguentemente ridefinendo i rapporti finanziari tra Stato e comuni attualmente delineato dal D.Lgs. n. 23/2011 sul federalismo municipale. In particolare, come detto, con la nuova disciplina viene attribuito ai comuni l'intero gettito IMU, ad esclusione di quello derivante dagli immobili ad uso produttivo, che rimane destinato allo Stato.

 

  Viene contestualmente istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, il Fondo di solidarietà comunale - del quale sono anche stabiliti la dotazione finanziaria ed i criteri di riparto - alimentato da una quota dell'imposta municipale propria (di spettanza dei comuni) da definirsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previo accordo da sancire presso la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali. Il decreto dovrà essere emanato entro il 30 aprile 2013 per l'anno 2013 ed entro il 31 dicembre 2013 per l'anno 2014. Corrispondentemente, nei predetti esercizi è versata all'entrata del bilancio statale una quota di pari importo dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni; tale importo è poi rideterminato a seguito dell'emanazione dei suddetti D.P.C.M.

 

  Ciò comporta che, in sostanza, il gettito IMU affluirà ai comuni in parte direttamente, sulla base degli esiti della riscossione, e in parte dopo essere stato versato al bilancio dello Stato, mediante trasferimento dal Fondo di solidarietà comunale iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'interno, per la quota di spettanza di ciascun ente locale. In relazione all'istituzione del nuovo Fondo di solidarietà comunale, viene soppresso il Fondo sperimentale di riequilibrio, nonché i trasferimenti erariali a favore dei comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna, limitatamente alle tipologie di trasferimenti fiscalizzati.

 

  Conseguentemente, sempre in relazione all'attribuzione ai comuni dell'intero gettito IMU, viene sospesa, per gli anni 2013 e 2014, la devoluzione di gettito di imposte erariali immobiliari in favore dei comuni stessi e della compartecipazione comunale al gettito dell'IVA disposta dal decreto legislativo n. 23 del 2011 (articolo 2, commi 1, 2, 4, 5, 8 e 9). Si tratta, per quanto concerne le imposte erariali immobiliari di cui è sospesa la devoluzione, dell'imposta di registro e di bollo sugli atti di trasferimento immobiliare, dell'imposta ipotecaria e catastale, dell'imposta di registro sulle locazioni, delle tasse ipotecarie e della cedolare secca sugli affitti.

 

Il limite massimo di ricorso all'anticipazione di tesoreria viene ampliato –rispetto al tetto definito dall'articolo 222 del TUEL - di un importo corrispondente, per ciascun comune, al 50 per cento del gettito complessivo dell'IMU relativo all'anno 2012, come indicato nell'apposito Allegato A al provvedimento.

In particolare, nell'Allegato A - recante la distribuzione comunale dell'incremento del limite massimo di ricorso all'anticipazione di tesoreria - è indicato, per ciascun comune, il 50 per cento dell'importo complessivo del gettito relativo all'anno 2012 da compensare mediante le maggiori anticipazioni di tesoreria, corrispondente:

  1. al gettito IMU ad aliquota di base o maggiorata, se deliberata dai comuni, con riferimento a tutte le abitazioni principali e relative pertinenze;

  2. al gettito IMU,comprensivo delle variazioni deliberate dai comuni, con riferimento agli immobili appartenenti alle cooperative a proprietà indivisa adibiti ad abitazione principale dei soci assegnatari e relative pertinenze, agli alloggi regolarmente assegnati dagli IACP e dai terreni agricoli e fabbricati rurali, di cui alla lettera b) e c) del comma 1.

 

Nella Relazione tecnica del provvedimento, è esposto un prospetto che riepiloga nel complesso, per ciascuna categoria di immobili, il gettito dell'IMU 2012 su base annua e la quota del 50 per cento presa a riferimento ai fini della determinazione del limite massimo di ricorso all'anticipazione di tesoreria, come analiticamente riportato nell'Allegato A.

L'importo complessivo dell'incremento dell'anticipazione risulta pari a 2.426,4 milioni di euro.

 

Gettito dell'IMU per gli immobili considerati ai fini dell'anticipazione di tesoreria

 

(milioni di euro)

Introiti IMU
su base annua
Gettito 50%
IMU abitazione principale e relative pertinenze con aliquota maggiorata, se deliberata dai comuni, o ad aliquota base (inclusi i fabbricati delle categorie A/1, A/8 e A/9)
4.082,1
2.041,1
IMU terreni (con manovrabilità dei comuni)
 630,2
  315,1
IMU fabbricati rurali strumentali (con manovrabilità dei comuni)
   64,2
   32,1
IMU unità immobiliari appartenenti alle cooperative a proprietà indivisa, adibite ad abitazioni principali, IACP e edilizia residenziale pubblica (con manovrabilità dei comuni)
   76,2
   38,1
TOTALE
4.852,7
2.426,4

 

   Con riferimento ai limiti massimi di anticipazioni di tesoreria, si ricorda che l'articolo 222 del TUEL prevede la concessione di anticipazioni agli enti locali da parte del tesoriere entro il limite massimo dei tre dodicesimi delle entrate correnti accertate nel penultimo anno precedente, corrispondenti per i comuni, le province, le città metropolitane e le unioni di comuni ai primi tre titoli dell'entrata del bilancio e per le comunità montane ai primi due titoli.

   Gli enti locali sono tenuti al pagamenti degli interessi sulle anticipazioni di tesoreria richieste, che decorrono dall'effettivo utilizzo delle somme.

   La norma citata è stata recentemente integrata dall'articolo 1, comma 9, del D.L. 8 aprile 2013, n. 35, recante misure urgenti per il pagamento dei debiti scaduti delle pubbliche amministrazioni, il quale ha disposto l'ampliamento del limite massimo di ricorso alle anticipazioni di tesoreria da parte degli enti locali da tre a cinque dodicesimi delle entrate correnti accertate nel penultimo anno precedente, sino alla data del 30 settembre 2013, al fine di consentire maggiore liquidità agli enti locali per il pagamento dei debiti scaduti alla data del 31 dicembre 2012.

   Si ricorda, infine, che l'innalzamento del limite massimo di ricorso alle anticipazioni di tesoreria da tre a cinque dodicesimi delle entrate correnti è stato già autorizzato, dall'articolo 3, comma 1, lett. i-bis) del D.L. n. 174/2012, per gli enti locali in stato di dissesto economico-finanziario, per i quali sia stata certificata una condizione di grave indisponibilità di cassa, per la durata di sei mesi a decorrere dalla data in cui è stata certificata tale grave indisponibilità di cassa.

   L'ente dissestato, per beneficiare della maggiorazione dell'anticipazione, deve tuttavia aver provveduto a deliberare l'aumento delle aliquote e delle tariffe di base per le imposte e tasse locali nella misura massima consentita. E' fatto espresso divieto a tali enti di impegnare le maggiori risorse derivanti dalle anticipazioni per spese non obbligatorie nonché di impegnare anche risorse proprie per partecipazione ad eventi o manifestazioni culturali e sportive, sia nazionali che internazionali.

 

Il comma 3 dispone che gli  oneri per interessi conseguenti all'utilizzo delle maggiori anticipazioni di tesoreria - che ai sensi dell'articolo 222 del TUEL sarebbero a carico dei comuni - vengano rimborsati a ciascun comune dal Ministero dell'interno.

Per le modalità ed i termini del rimborso, il comma prevede il rinvio ad apposito decreto del Ministero dell'interno, da adottare entro 20 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame.

 

Tali oneri per interessi sono quantificati dal comma 4 in 18,2 milioni di euro per l'anno 2013.

Tale ammontare è stato calcolato, secondo quanto indicato nella Relazione tecnica, applicando all'importo complessivo dell'incremento di anticipazioni (2.426,4 milioni di euro) un tasso di interesse annuale pari al 3 per cento e rideterminando su base trimestrale l'importo ottenuto.

 

Il comma 4 dispone, inoltre, in ordine alla copertura finanziaria di tali oneri complessivi, prevedendo:

 

 

Si ricorda che il Fondo per gli interventi strutturali di politica economica è stato istituito dall'articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282 del 2004 al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale. Il Fondo, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze (cap. 3075) viene utilizzato in modo flessibile ai fini del reperimento delle risorse occorrenti a copertura di interventi legislativi recanti oneri finanziari.

Per quanto concerne la sua attuale dotazione finanziaria, si ricorda che nella legge di bilancio 2013-2015 (Legge n. 229/2012 e relativo D.M. Economia 31 dicembre 2012 di riparto in capitoli dei programmi di spesa) il Fondo presentava una dotazione pari a 16,9 milioni per il 2013, 14,4 milioni per il 2014 e a 29,7 milioni per il 2015.

Tale importo è stato successivamente ridotto di 4,3 milioni di euro a copertura di una serie di disposizioni legislative intercorse successivamente all'approvazione della legge di bilancio.

Sul capitolo risultano, pertanto, attualmente disponibili sul Fondo 12,6 milioni di euro.

 

  • quanto a 600.000 euro, l'utilizzo dei risparmi derivanti dal contenimento delle spese relative all'esercizio dell'attività politica, di cui al successivo articolo 3;

 

  • quanto a 5,1 milioni di euro, la riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2013, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

 

Al riguardo si ricorda che nella Tabella A della legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228/2012), recante l'indicazione delle voci da includere nel Fondo speciale di parte corrente, l'accantonamento per nuove o maggiori spese relativo al Ministero dell'economia e finanze è pari a 15,9 milioni per il 2013, a 4,5 milioni per il 2014 e a 4,9 milioni nel 2015.

 

Anticipazione di tesoreria
Gettito IMU
Rimborso interessi
Fondo interventi strutturali


Articolo 2 (Clausola di salvaguardia)

 

L'articolo dispone che la  riforma della disciplina dell'imposizione fiscale sul patrimonio immobiliare dovrà essere attuata nel rispetto degli obiettivi programmatici primari indicati nel Documento di economia e finanze 2013, come risultante dalle relative risoluzioni parlamentari e, in ogni caso, in coerenza con gli impegni assunti in ambito europeo.

 

Si osserva che la locuzione "rispetto degli obiettivi programmatici primari" per quanto non "codificata" a livello contabile, sembrerebbe fare riferimento all'Obiettivo di bilancio di Medio Termine, rilevante ai fini della nuova disciplina del patto di stabilità e crescita, che per l'Italia è rappresentato dal pareggio di bilancio in termini strutturali nel periodo previsionale 2013-2015 considerato nel Documento di Economia e Finanza 2013.

 

Si ricorda che il 7 maggio 2013 si è concluso, con l'approvazione di una risoluzione sia da parte della Camera che del Senato, l'esame parlamentare del Documento di economia e finanza (DEF) 2013, che costituisce il principale strumento di programmazione della politica economica e di bilancio nazionale.

Le previsioni programmatiche per il quinquennio 2013-2017 sono costruite sulla base delle risultanze dell'anno 2012 e tenendo conto degli effetti finanziari del D.L. n. 35/2013 in tema di pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni e della prosecuzione anche per gli anni 2015 e seguenti dell'attuale regime sperimentale di tassazione degli immobili (IMU e aumento dei coefficienti catastali) che, secondo la disciplina vigente ai sensi dell'articolo 13 del D.L. n. 201/2011, e in assenza della riforma fiscale prevista dal provvedimento in esame, dovrebbe cessare al termine del 2014.

Si rammenta al riguardo che, nella versione iniziale del DEF, poi modificata con errata corrige del 13 aprile 2013, si prevedeva anche un ulteriore scenario previsionale, senza prosecuzione del regime sperimentale IMU.

 

Indicatori di finanza pubblica contenuti nel DEF 2013

 

(in % del PIL)

 

2011

2012

2013

2014

2015

2016

2017

TENDENZIALE A LEGISLAZIONE VIGENTE

Indebitamento netto(1)

-3,8

-3,0

-2,9

-1,8

-1,7

-1,3

-1,0

QUADRO PROGRAMMATICO AGGIORNATO

Indebitamento netto

   -3,8

   -3,0

   -2,9

-1,8

   -1,5

   -0,9

   -0,4

Saldo primario

    1,2

    2,5

    2,4

3,8

    4,3

    5,1

    5,7

Interessi

    5,0

    5,5

    5,3

5,6

    5,8

    6,0

    6,1

Indebitamento netto strutturale

   -3,5

   -1,2

    0,0

0,4

    0,0

    0,0

    0,0

Debito Pubblico (lordo sostegni)(2)

120,8

127,0

130,4

129,0

125,5

121,4

117,3

Debito Pubblico (netto sostegni)(2)

120,0

124,3

126,9

125,2

121,8

117,8

113,8

 

    1. Indebitamento netto tendenziale che include la prosecuzione del regime sperimentale IMU. Senza prosecuzione del regime sperimentale IMU, il livello dell'indebitamento netto negli anni 2015, 2016 e 2017 sarebbe pari, rispettivamente, a -2,5, -2,1 e -1,8% di PIL. 
    2. Al lordo ovvero al netto della quota di pertinenza dell'Italia dei prestiti EFSF diretti alla Grecia e del programma ESM.

    Come risulta dalla tabella sopra esposta, il quadro programmatico del DEF espone un valore del saldo di bilancio progressivamente decrescente – dal -2,9% del 2013 al -0,4% del 2017 – parametrato su un obiettivo che, in termini di indebitamento netto strutturale – vale a dire dell'indebitamento al netto delle misure una tantum e corretto per il ciclo – assicura il conseguimento del pareggio di bilancio, che per l'Italia costituisce l'Obiettivo di Medio Termine (OMT) valevole in sede europea per il periodo di previsione sopra indicato.

    Mentre per il 2013 e il 2014 l'obiettivo programmatico dell'indebitamento netto coincide con l'andamento del saldo tendenziale (-3,0 per cento nel 2013 e -2,9 per cento nel 2014), in ragione dell'operare degli effetti correttivi per tale periodo derivanti dalle misure di risanamento finanziario varate alla data di adozione del DEF stesso, per gli anni dal 2015 al 2017, gli obiettivi programmatici – fissati all'1,5% nel 2015, allo 0,9% nel 2016 e a -0,4% nel 2017 – presuppongono, invece, interventi correttivi, la cui entità - ai fini del mantenimento del pareggio del saldo strutturale - è pari, in termini cumulati, posta la conferma del vigente regime sperimentale IMU, allo 0,6% del PIL nel triennio 2015-2017.

    In assenza della prosecuzione del regime IMU, la manovra necessaria nel triennio 2015-2017 ammonterebbe – secondo quanto desumibile dal DEF - all'1,4 per cento del PIL.

    Sul DEF 2013, l'Assemblea della Camera e quella del Senato, in data 7 aprile 2013, hanno approvato due atti di indirizzo al Governo: si tratta, rispettivamente, della Risoluzione 6-00006 (Nuovo testo) Speranza e altri e della Risoluzione 6-00008, n. 3 (Testo corretto), Zanda ed altri.

    Si ricorda che tali risoluzioni, prendendo atto dell'efficacia del consolidamento fiscale svoltosi negli ultimi anni che proietta un'evoluzione dell'indebitamento netto inferiore al limite del 3 per cento ed un saldo strutturale che si avvicina al pareggio nei prossimi anni, ed evidenziandosi come vi siano le premesse per la conclusione della «procedura di disavanzo eccessivo», impegnano il Governo:

     

    • a presentare al Consiglio europeo e alla Commissione europea il Programma di stabilità ed il Programma nazionale di riforma e ad assumere tutte le iniziative per favorire una positiva conclusione della «procedura di disavanzo eccessivo»;

    • a riconsiderare in tempi brevi il quadro di finanza pubblica nel rispetto degli impegni europei per quanto riguarda i saldi di bilancio 2013-2014 e ad individuare gli interventi prioritari necessari per dare attuazione alle linee programmatiche indicate dal Presidente del Consiglio dei ministri nelle sue comunicazioni alle Camere e su cui ha ottenuto la fiducia, sottoponendo tempestivamente tali nuovi indirizzi all'approvazione parlamentare e presentando quindi al Consiglio europeo e alla Commissione europea un aggiornamento del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforma. 

     

    In caso di mancata adozione della riforma entro il 31 agosto 2013, continuerà ad applicarsi la disciplina vigente in materia di imposizione fiscale del patrimonio immobiliare e, a tal fine, il termine di versamento della prima rata dell'IMU viene fissato al 16 settembre 2013.

     

    DEF 2013
    Risoluzioni DEF


    Articolo 3 (Contenimento delle spese relative all'esercizio dell'attività politica)

     

    L'articolo 3 stabilisce il  divieto di cumulo per i membri del Governo che sono anche parlamentari del trattamento stipendiale spettante in quanto componenti l'esecutivo con l'indennità parlamentare (o con il trattamento economico in godimento se dipendenti pubblici).

     

    Come si legge nella relazione illustrativa del disegno di legge, i risparmi risultanti dal divieto concorrono per quota parte alla copertura degli oneri, in termini di interessi, derivanti dall'incremento del ricorso alle anticipazioni di tesoreria consentito ai comuni (ai sensi dell'articolo 1 del presente decreto) per compensare il mancato gettito dovuto alla sospensione della prima rata dell'IMU 2013 (disposta sempre dall'articolo 1).

     

    La relazione tecnica evidenzia che l'intervento riguarda, con riferimento al Governo attualmente in carica, il Presidente del Consiglio, 13 ministri e 20 sottosegretari, per complessive 34 unità.

    Conseguentemente, il risparmio di spesa , previsto per il 2013 dalla medesima relazione tecnica, ipotizzando la decorrenza della misura a partire dal mese di giugno, è pari a €1.209.375, al lordo degli oneri riflessi, con effetti in termini di indebitamento netto pari a €604.687. Per il 2014 e il 2015 il risparmio è quantificato in €2.073.214 per ciascun anno, con effetti in termini di indebitamento netto pari a €1.562.331, ferma restando l'attuale numero di membri del Governo parlamentari.

     

    Trattamento economico annuo lordo dei membri del Governo dal 1° gennaio 2012


    2012

    Stipendio

    I.I.S.*

    Totale

    Presidente del Consiglio parlamentare

    62.111,57

    13.194,22

    75.305,80

    Ministro parlamentare

    41.407,72

    8.796,15

    50.203,87

    Sottosegretario parlamentare

    33.910,97

    7.807,78

    41.718,75

    Presidente del Consiglio non parlamentare

    79.857,71

    16.963,87

    96.821,58

    Ministro non parlamentare

    53.238,47

    11.309,24

    64.547,72

    Sottosegretario non parlamentare

    43.599,86

    10.038,53

    53.638,39

     

    * I.I.S.: indennità integrativa speciale

    Fonte: Ragioneria generale dello Stato, maggio 2013. Gli importi sono in euro e sono comprensivi della 13ª mensilità.

     

    Alle somme suindicate vanno applicate la ritenuta per gli oneri previdenziali e la ritenuta erariale (che è in funzione dell'aliquota contributiva di ciascun soggetto).

     

    Si osserva che la disposizione si applica esclusivamente ai membri del governo che sono anche parlamentari e non anche ai non parlamentari, i c.d. "tecnici", non interessati dalla disposizione in esame. Tuttavia, questi ultimi percepiscono dal 1999 (vedi oltre) un trattamento economico sostanzialmente analogo a quello dei parlamentari, in quanto, oltre allo stipendio da ministro o sottosegretario, hanno diritto ad una speciale indennità, pari a quella dei parlamentari.

     

    Occorre rilevare che l'articolo in commento non fa riferimento ai viceministri, categoria che dovrebbe rientrare nell'ambito di applicazione del divieto, in quanto completamente equiparata a quella dei sottosegretari (vedi oltre).

     

    Ai sensi dell'art. 2 della legge 212/1952, ai ministri ed ai sottosegretari di Stato è attribuito uno stipendio pari al trattamento economico complessivo stabilito, rispettivamente, per il personale dei gradi I e II dell'ordinamento gerarchico, previsto dal regio decreto 2395/1923 (R.D. 11 novembre 1923, n. 2395, Ordinamento gerarchico delle Amministrazioni dello Stato, successivamente abrogato dall'art. 385 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato. I gradi I e II dell'ordinamento gerarchico erano corrispondenti al Primo Presidente della Corte di cassazione e all'ambasciatore.

    Al Presidente del Consiglio dei ministri spetta lo stipendio fissato per i ministri, maggiorato del 50%.

    Ai vice ministri, la cui figura non era prevista all'epoca, spetta comunque il trattamento economico dei sottosegretari (si ricorda che il titolo di vice ministro può essere attribuito a non più di dieci sottosegretari, se ad essi sono conferite deleghe relative ad aree o progetti di competenza di una o più strutture dipartimentali ovvero di più direzioni generali, ai sensi della legge 400/1988, art. 10, co. 3, come modificato dalla L. 81/2001).

    Il trattamento economico ora illustrato si cumulava, fino ad oggi, con l'indennità parlamentare.

    Nel caso di dipendenti delle pubbliche amministrazioni, che se eletti sono collocati in aspettativa senza assegni per la durata del mandato, questi possono optare per la conservazione, in luogo dell'indennità parlamentare, del trattamento economico in godimento presso l'amministrazione di appartenenza, che resta a carico della medesima (D.Lgs. 165/2001, art. 68). Qualora tale trattamento sia superiore ai quattro decimi dell'ammontare dell'indennità parlamentare, detratta di alcune voci, la parte eccedente è corrisposta dall'amministrazione di provenienza (DPR 361/1957, art. 88).

     

    Per i ministri e sottosegretari non parlamentari , la legge 418/1999 (art. 1) ha stabilito che sia corrisposta, in aggiunta allo stipendio di cui sopra, anche una indennità pari a quella spettante ai membri del Parlamento, al netto degli oneri previdenziali e assistenziali.

    Anche i membri del Governo non parlamentari che siano dipendenti pubblici possono optare, in alternativa all'indennità ex L. 418/1999, per il trattamento di cui all'art. 47 della L. 146/1980 (legge finanziaria per il 1980), che ne prevede il collocamento in aspettativa – per il periodo durante il quale esercitano le loro funzioni – con la conservazione del trattamento economico spettante (in misura comunque non superiore all'indennità parlamentare).

    Su questa disposizione è intervenuto l'art. 23, comma 6, del D.L. 201/2011, che reca una disposizione di interpretazione autentica volta a chiarire che, fermi restando i divieti e le incompatibilità previsti dalla legge, nel calcolo del trattamento economico dei dipendenti pubblici, non parlamentari, nominati ministri o sottosegretari, devono essere comprese anche le componenti accessorie e variabili della retribuzione, ai fini del calcolo del limite (pari all'indennità parlamentare) oltre al quale detto trattamento economico non spetta.

    La disposizione, inoltre, stabilisce che per il calcolo, ai fini dell'anzianità di servizio e del trattamento di quiescenza e di previdenza, del periodo di aspettativa deve farsi riferimento all'ultimo trattamento economico in godimento, inclusa, per i dirigenti, la parte fissa e variabile della retribuzione di posizione ed esclusa la retribuzione di risultato.

     

    Negli ultimi anni si sono susseguiti diversi interventi volti alla riduzione degli emolumenti dei membri del governo.

    L'importo degli stipendi spettanti ai soli ministri è stato ridotto del 10 per cento dalla legge finanziaria per il 2002 (art. 23, co. 1, L. 448/2001). Successivamente, anche lo stipendio dei sottosegretari è stato ridotto del 10 per cento dalla legge finanziaria per 2006 (art. 1, co. 53, L. 266/2005; il comma 55 del medesimo articolo, impedisce l'incremento di tali emolumenti per un periodo di tre anni). Entrambe le disposizioni non hanno però direttamente novellato la disposizione di riferimento.

    L'art. 1, co. 575, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006) ha ulteriormente ridotto del 30 per cento il trattamento economico complessivo dei ministri e dei sottosegretari di Stato, a decorrere dal 1° gennaio 2007, limitatamente ai ministri e sottosegretari di Stato che siano anche membri del Parlamento.

    Successivamente, è intervenuto il decreto-legge 78/2010 (art. 5, comma 2), che ha ridotto del 10 per cento, a decorrere dal 1° gennaio 2011, il trattamento economico complessivo dei ministri e dei sottosegretari di Stato che non siano membri del Parlamento. La norma, come si è detto, ha attenuato la differenza di trattamento venutasi a creare con la decurtazione del 30 per cento dello stipendio di ministri e sottosegretari che siano anche parlamentari disposta dalla citata legge 269/2006.

     

    Anche l'indennità ex legge 418 (quella spettante ai ministri non parlamentari) è stata ridotta nel tempo a seguito delle riduzioni operate sull'indennità parlamentare..

    Tra i principali interventi, si ricorda la riduzione del 10 per cento dell'indennità dei parlamentari, e di conseguenza anche di quella ex legge 418, è; stata operata dall'art. 1, co. 52, della citata legge 266/2005.

    Inoltre, la legge finanziaria 2008 (art. 1, co. 375) ha stabilito che, per 5 anni, a partire dal 2008, nella determinazione delle quote mensili dell'indennità parlamentare non vengano applicati gli adeguamenti retributivi annuali pari a quelli previsti per i magistrati dall'art. 24, co. 1 e 2, della L. 448/1998.

    Infine, anche all'indennità spettante ai ministri non parlamentari si applica il taglio degli emolumenti dei membri degli organi costituzionali introdotta dal decreto-legge 138/2011 (la cosiddetta manovra -bis).Tale provvedimento ha disposto la riduzione delle retribuzioni o indennità di carica dei membri degli organi costituzionali per gli anni 2011, 2012 e 2013, ad eccezione della Presidenza della Repubblica e della Corte costituzionale. In particolare, la norma dispone la riduzione del 10% per la parte eccedente i 90.000 euro e fino a 150.000 euro, nonché del 20% per la parte eccedente 150.000 euro. A seguito della predetta riduzione, il trattamento economico complessivo non può comunque essere inferiore a 90.000 euro lordi annui (art. 13, comma 1).

    La riduzione operata dal D.L. 138 si applica, oltre che all'indennità dei parlamentari, anche all'indennità spettante ai ministri non parlamentari ex legge 418 del 1999 di cui sopra (Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi, Direzione centrale dei sistemi informativi e dell'innovazione, Messaggio 2 novembre 2011, n. 169, Applicazione articolo 13, comma 1, D.L. 138/2011).

     

    Divieto di cumulo
    Risparmi di spesa
    Lo stipendio dei ministri
    L'indennità integrativa dei ministri non parlamentari


    Articolo 4, commi 1 e 2 (Ammortizzatori sociali in deroga)

     

    L'articolo 4 detta norme per il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga e per la ridefinizione, con decreto interministeriale da adottare entro 30 giorni, dei criteri per la loro concessione (commi 1-2); detta, altresì, norme per il rifinanziamento dei contratti di solidarietà (comma 3) e disposizioni per la proroga dei contratti a termine nella P.A. (comma 4) e del personale degli sportelli unici per l'immigrazione (comma 5).

     

    Il comma 1, in considerazione del perdurare della crisi occupazionale e della prioritaria esigenza di assicurare adeguate tutela del reddito dei lavoratori, dispone il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga, di cui all'articolo 2, commi 64, 65 e 66 della legge 92/2012 (legge di riforma del mercato del lavoro – c.d. Legge Fornero).

     

    Secondo quanto riportato nella relazione tecnica, per effetto del provvedimento lo stanziamento complessivo per il 2013 è di 2 miliardi di euro.

     

     

    Gli ammortizzatori sociali in deroga

     

    1. Premessa

    Nelle ultime legislature l'attività legislativa in materia di politiche del lavoro è stata caratterizzata dal progressivo ampliamento delle misure di sostegno al reddito già previste per le situazioni di crisi aziendale e da un'estensione del campo di applicazione degli ammortizzatori sociali, per affrontare le crisi produttive e i problemi occupazionali che hanno investito alcuni settori produttivi. Questo processo non ha però assunto una natura organica, dal momento che i numerosi interventi legislativi succedutisi nel tempo si sono posti per lo più in rapporto di deroga rispetto alla disciplina generale dettata dalla legge 223/1991, con la quale si era tentato di ricondurre ad un quadro organico la normativa sugli interventi nelle situazioni di crisi aziendale (cassa integrazione guadagni straordinaria, mobilità). Il legislatore si è quindi sostanzialmente orientato a prorogare la durata dei trattamenti oltre i limiti temporali ordinariamente previsti oppure ad estenderne il campo di applicazione, ricomprendendovi ambiti e situazioni lavorativi che altrimenti sarebbero rimasti esclusi, fino alla riforma del mercato del lavoro con la legge 92/2012, che ha complessivamente ridefinito la materia (v. oltre).

    Per quanto concerne, specificamente, la scorsa (XVI) legislatura, al reperimento delle ingenti risorse necessarie a dare copertura finanziaria agli interventi si è provveduto attraverso un'attività di intensa collaborazione tra livelli istituzionali, che ha consentito di convogliare sull' "emergenza" degli ammortizzatori sociali in deroga risorse di competenza comunitaria, statale e regionale. Un primo fondamentale passaggio è stato rappresentato dall'Accordo Stato-regioni del 12 febbraio 2009,  con cui sono stati destinati 8 miliardi di euro, nel biennio 2009-2010, per azioni di sostegno al reddito e di politica attiva del lavoro. L'intervento, rivolto ai lavoratori destinatari degli ammortizzatori sociali "in deroga", era connotato da un contributo nazionale, impiegato per il pagamento dei contributi figurativi e per la parte maggioritaria del sostegno al reddito, e da un contributo regionale, a valere sui programmi regionali del Fondo Sociale Europeo (FSE), impiegato per azioni formative o di politica attiva governata dalla Regione. In particolare, gli stanziamenti sono stati ripartiti tra un intervento statale, per una somma di 5.350 milioni di euro, e contributi regionali, pari a 2.650 milioni di euro, a valere sui programmi regionali del Fondo Sociale Europeo (FSE). L'intesa sullo schema di accordo per l'utilizzo del FSE è stata raggiunta l'8 aprile 2009.

    Successivamente, con l'accordo Stato-Regioni del 20 aprile 2011 è stata disposta la proroga, per il biennio 2011-2012, del precedente Accordo del 12 febbraio 2009 (in vigore per il biennio 2009-2010). L'accordo si arricchisce anche di una sezione specifica dedicata alle misure di politica attiva per un più rapido e mirato ricollocamento dei lavoratori e per evitare il formarsi di bacini di disoccupazione di lunga durata. L'Accordo conferma lo stanziamento previsto dalla legge di stabilità di 1 miliardo di euro per gli interventi a sostegno del reddito, a cui si aggiungono 600 milioni di residui del biennio 2009-2010. Le Regioni concorrono con la parte non utilizzata dello stanziamento di 2,2 miliardi di euro, fino al suo esaurimento. La proporzione di utilizzo delle risorse tra politiche passive e attive viene modificata da 70-30 a 60-40.

    Sul piano legislativo sono stati adottati, in successione, numerosi provvedimenti (in particolare, il D.L. 185/2008, il D.L. 5/2009, che ha tradotto normativamente l'Accordo Stato-regioni del 12 febbraio 2009, il D.L. 78/2009 la legge 220/2010 e la legge 183/2011) con i quali sono stati realizzati una serie di interventi "in deroga" alla disciplina generale, attraverso specifici stanziamenti finalizzati alla proroga  della durata dei trattamenti oltre i limiti temporali previsti e/o all'estensione del loro campo di applicazione (ammortizzatori "in deroga"); specifiche misure hanno riguardato i collaboratori in regime di monocommittenza e i contratti di solidarietà. 

     

     

    2. Gli ammortizzatori sociali nella legge 92/2012 (Riforma del mercato del lavoro)

    L'articolo 2, commi 64-66, della legge 92/2012 ha operato un'ampia revisione degli strumenti di tutela del reddito, in primo luogo attraverso la creazione di un unico ammortizzatore sociale (Aspi – Assicurazione sociale per l'impiego) in cui confluiscono l'indennità di mobilità e l'indennità di disoccupazione (ad eccezione di quella relativa agli operai agricoli). Il nuovo ammortizzatore amplia sia il campo soggettivo dei beneficiari, sia i trattamenti: in particolare, oltre all'estensione a categorie prima escluse (principalmente apprendisti), fornisce una copertura assicurativa per i soggetti che entrano nella prima volta nel mercato del lavoro (principalmente giovani) e per i soggetti che registrano brevi esperienze di lavoro. Si prevede, quindi, l'introduzione di una cornice giuridica per l'istituzione di fondi di solidarietà settoriali. Inoltre, viene confermata l'attuale disciplina per la Cassa integrazione ordinaria, mentre vengono apportate modifiche alla disciplina della Cassa integrazione straordinaria. Infine, si prevede la creazione di un nuovo strumento di sostegno del reddito per i lavoratori ultracinquantenni.

    Al fine di garantire la transizione verso il nuovo sistema di ammortizzatori sociali (che entrerà a regime nel 2017), l'articolo 2, commi 64-66, della legge 92/2012 consente, per il periodo transitorio 2013-2016, la concessione di ammortizzatori sociali in deroga.

    In particolare, si prevede che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, possa disporre, sulla base di specifici accordi governativi e per periodi non superiori a dodici mesi, in deroga alla normativa vigente, la concessione, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di integrazione salariale e di mobilità.

    Tali trattamenti sono concessi, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree regionali, nei limiti delle risorse finanziarie a tal fine destinate nell'ambito del Fondo sociale per l'occupazione e formazione (di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del D.L. 185/2008) incrementato di 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014, 700 milioni di euro per il 2015 e 400 milioni di euro per il 2016 (comma 65).

    L'articolo 18, comma 1, del D.L. 185/2008 ha previsto che il CIPE, presieduto dal Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze (e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per quanto attiene le risorse destinate alle infrastrutture) provveda ad assegnare, in coerenza con gli indirizzi assunti in sede europea, una quota delle risorse nazionali disponibili del Fondo aree sottoutilizzate, ad una serie di fondi, tra cui il Fondo sociale per occupazione e formazione (gli altri fondi sono il Fondo infrastrutture e il Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri). Nel Fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali affluiscono anche le risorse del Fondo per l'occupazione, nonché ogni altra risorsa comunque destinata al finanziamento degli ammortizzatori sociali, concessi in deroga alla normativa vigente, e quelle destinate in via ordinaria dal CIPE alla formazione. Si ricorda, che con l'articolo 18 del D.L. 185/2008 si è inteso, più in generale, perseguire l'obiettivo di concentrare le risorse che risultino disponibili sul Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) su obiettivi che, in considerazione della eccezionale crisi economica internazionale attuale, siano da considerarsi prioritari per il rilancio dell'economia italiana, quali le opere pubbliche e l'emergenza occupazionale.

     

    3. La legge di stabilità 2013 (legge 228/2012)

    L'articolo 1, commi 253-255, della legge 228/2012 prevedono il finanziamento di ammortizzatori sociali in deroga nelle Regioni, in relazione a misure di politica attiva e ad azioni innovative e sperimentali di tutela dell'occupazione, attraverso specifici incrementi del Fondo sociale per l'occupazione e formazione.

    Più specificamente, il comma 253 prevede la possibilità di finanziare gli ammortizzatori sociali in deroga nelle Regioni, attraverso la riprogrammazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2007/2013 oggetto del Piano di Azione e Coesione. A tal fine il Fondo sociale per occupazione e formazione (di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del D.L. 185/2008), viene incrementato, per il 2013, della parte di risorse relative al finanziamento, nelle medesime Regioni da cui i fondi provengono, degli ammortizzatori sociali in deroga. La parte di risorse relative alle misure di politica attiva è gestita dalle Regioni interessate.

    Il comma 254 incrementa  il Fondo sociale per l'occupazione e formazione di 200 milioni di euro per il 2013 (in aggiunta a quanto previsto dall'articolo 2, comma 65, della L. 92/2012: v. sopra), provvedendo alla copertura degli oneri mediante la riduzione del Fondo per lo sgravio contributivo dei contratti di produttività (di cui all'ultimo periodo dell'articolo 1, comma 68, della L. 24 dicembre 2007 n. 247: v.oltre) per un importo di 118 milioni di euro per il 2013.

    Il comma 255 prevede l'obbligo, per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di convocare le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nel caso in cui entro il 30 aprile 2013 dal monitoraggio dell'andamento degli ammortizzatori sociali in deroga e delle relative esigenze di intervento emerga l'insufficienza degli interventi finanziari richiamati in precedenza, al fine di individuare ulteriori interventi. Sentite le parti sociali, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con specifico decreto interministeriale, può disporre, in via eccezionale, che le risorse derivanti dal 50% dell'aumento contributivo dovuto per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria dello 0,30%, di cui all'articolo 25, quarto comma, della L. 845/1978, siano versate dall'INPS al bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione al Fondo sociale per l'occupazione e la formazione, ai fini del finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga di cui all'articolo 2, commi 64, 65 e 66 della L. 92/2012.

     

    La disposizione, in primo luogo, mantiene ferme le risorse già destinate al finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga dall'articolo 2, comma 65, della legge 92/2012 e dall'articolo 1, comma 253, della legge 228/2012.

     

    Come in precedenza ricordato, l'articolo 2, comma 65, della legge 92/2012 ha disposto uno stanziamento volto a incrementare il Fondo sociale per l'occupazione e formazione di 1 miliardo di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014, 700 milioni di euro per il 2015 e 400 milioni di euro per il 2016, mentre l'articolo 1, comma 253, della legge 228/201, nel prevedere la possibilità di finanziare gli ammortizzatori sociali in deroga nelle Regioni, attraverso la riprogrammazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2007/2013 oggetto del Piano di Azione e Coesione, ha incrementato il Fondo sociale per l'occupazione e formazione, per il 2013, della parte di risorse relative al finanziamento, nelle medesime Regioni da cui i fondi provengono, degli ammortizzatori sociali in deroga

     

    Inoltre, rilevata l'eccezionalità della situazione di emergenza occupazionale, che richiede il reperimento di risorse al fine di consentire un primo immediato rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga, la disposizione prevede lo stanziamento di nuove risorse.

     

    A tal fine:
    • la lettera a), incrementa di 250 milioni il Fondo sociale per l'occupazione e formazione, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'ultimo periodo dell'articolo 1, comma 68, della L. 24 dicembre 2007 n. 247, relativa al Fondo per lo sgravio contributivo dei contratti di produttività.

       

      Si fa presente che nella relazione illustrativa il Governo assume "l'impegno di un tempestivo reintegro di pari misura in modo da assicurare le previste finalità".

       

      Lo sgravio contributivo dei contratti di produttività è attualmente disciplinato dall'articolo 1, commi 67 e 68 della L. 247/2007.

      Il comma 67 ha istituito il Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Il Fondo è volto a finanziare uno sgravio contributivo relativo alla quota di retribuzione imponibile, costituita dalle erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali e territoriali, ovvero di secondo livello, caratterizzate da incertezza della corresponsione o dell'ammontare e correlazione, stabilita dal contratto medesimo, tra la struttura della quota di retribuzione e la misurazione di incrementi di produttività, qualità, nonché altri elementi di competitività, assunti come indicatori dell'andamento economico dell'impresa e dei suoi risultati.

      Tale sgravio, fruibile su domanda delle imprese, è concesso sulla base dei seguenti criteri:

      • importo annuo complessivo delle erogazioni in oggetto ammesse allo sgravio entro il limite massimo del 5% della retribuzione contrattuale percepita (comma 67, lettera a));

      • determinazione dello sgravio, con riferimento alla quota di erogazioni di cui alla precedente lettera a), nella misura di 25 punti percentuali (comma 67, lettera b));

      • determinazione dello sgravio, sempre con riferimento alla quota di erogazioni di cui alla predente lettera a), in misura pari ai contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro sulla stessa quota di erogazioni di cui alla lettera a) (comma 67, lettera c)).

      Il comma 68 rinvia ad un decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell'economia, la disciplina delle modalità di attuazione dello sgravio sopra descritto anche con riferimento all'individuazione dei criteri di priorità sulla base dei quali debba essere concessa, nel rigoroso rispetto dei limiti finanziari previsti, l'ammissione al beneficio contributivo, e con particolare riguardo al monitoraggio dell'attuazione, al controllo del flusso di erogazioni e al rispetto dei tetti di spesa.

      Si fa presente che lo sgravio contributivo dei contratti di produttività era inizialmente previsto in via sperimentale. Successivamente, le misure sono state dapprima prorogate al 2010 dall'articolo 5, comma 1, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, quindi al 2011 dall'articolo 1, comma 47 della legge 220/2010 e, infine, al 2012 dall'articolo 33, comma 14 della legge 183/2011. Da ultimo, è intervenuto l'articolo 4, comma 28, della legge 92/2012 (di riforma del mercato del lavoro), con il quale lo sgravio contributivo è stato reso permanente.

      Si ricorda, infine, che il Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello, iscritto, come detto, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (cap. 4330), era inizialmente dotato, a legge di bilancio 2013-2015 (Legge  229/2012 e relativo D.M. Economia 31 dicembre 2012), di 500 milioni di euro per il 2013, di 607 milioni per il 2014 e di 599 milioni per il 2015.

       

    • la lettera b), è volta ad accelerare il procedimento amministrativo di rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga già previsto  dall'articolo 1, comma 255, della legge 228/2012 (v. sopra), prevedendo che le risorse derivanti dall'aumento contributivo di cui all'articolo 25 della legge 845/1978, per l'anno 2013 siano versate all'INPS per un importo di 246 milioni di euro, ai fini della successiva rassegnazione al Fondo sociale per l'occupazione e formazione (di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del D.L. 185/2008).

       

      Le risorse in questione finanziano i  Fondi Paritetici Interprofessionali nazionali per la formazione continua  , organismi di natura associativa promossi dalle Parti Sociali attraverso specifici Accordi Interconfederali stipulati con le organizzazioni sindacali.

      Istituiti dall'articolo 118 della L. 388/2000 (legge finanziaria per il 2001), con tali organismi sostanzialmente si consente alle imprese di destinare la quota dello 0,30% dei contributi versati all'INPS (cioè il contributo obbligatorio per la disoccupazione involontaria) alla formazione dei propri dipendenti.

      I datori di lavoro possono infatti chiedere all'INPS di trasferire il contributo ad uno dei Fondi, che provvede a finanziare le attività formative per i lavoratori delle imprese aderenti. Tra i Fondi fino a oggi costituiti e autorizzati si ricordano:

      • Fondo Artigianato Formazione – Fondo per la formazione continua nelle imprese artigiane;

      • Fon.Coop – Fondo per la formazione continua nelle imprese cooperative;

      • FONDIR. – Fondo per la formazione continua dei dirigenti del terziario (Confcommercio);

      • FOR.TE. – Fondo per la formazione continua del terziario (Confcommercio);

      • FON.TER. – Fondo per la formazione continua dei lavoratori dipendenti nelle imprese del settore terziario: comparti turismo e distribuzione servizi (Confesercenti).

      I Fondi finanziano piani formativi aziendali, settoriali e territoriali, che le imprese in forma singola o associata possono decidere di realizzare per i propri dipendenti. Oltre a finanziare, in tutto o in parte, i piani formativi aziendali, settoriali e territoriali, i Fondi possono finanziare anche piani formativi individuali, nonché ulteriori attività propedeutiche o comunque connesse alle iniziative formative.

     

    • la lettera c) dispone un ulteriore incremento delle risorse del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione pari a 219 milioni di euro per l'anno 2013 attraverso:

      1. l'utilizzo delle somme derivanti da sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato e destinate ad iniziative a vantaggio dei consumatori ai sensi dell'articolo 148, comma 1, della legge 388/2000 (legge finanziaria 2001) - versate all'entrata entro il 15 maggio 2013 e non ancora riassegnate alla data del 22 maggio 2013 (data di entrata in vigore del decreto legge).

        Tali somme sono pari, secondo quanto risulta dalla relazione tecnica, a circa 9,1 milioni di euro.

         

        L'articolo 148 della legge 388/2000, al comma 1, dispone che le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato sono destinate ad iniziative a vantaggio dei consumatori. Il comma 2 consente che le entrate di cui sopra possano essere riassegnate, anche nell'esercizio successivo, con decreto del Ministro dell'economia e finanze, ad un apposito Fondo iscritto nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico per essere destinate alle iniziative a vantaggio dei consumatori.

         

        Contestualmente, si prevede la riduzione di 10 milioni di euro per il 2013 dell'apposito Fondo derivante dalle sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato da destinare ad iniziative a vantaggio dei consumatori previsto dal medesimo articolo 148.

         

        La relazione tecnica afferma che il Fondo in questione (cap. 1650/Sviluppo economico) presenta disponibilità pari a 17,8 milioni di euro (derivanti dalla riassegnazione di entrate disposta con D.M. n. 14878/2013).

         

      2. il versamento all'entrata di 100 milioni di euro per il 2013 delle disponibilità di cui all'articolo 5 della legge 7/2009 di ratifica ed esecuzione del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista, fatto a Bengasi il 30 agosto 2008.

         

        Si ricorda che il citato articolo 5 della legge n. 7/2009 reca gli stanziamenti per l'attuazione delle norme del citato Trattato, disponendo in ordine alla copertura degli stessi. Nella legge di bilancio 2013-2015 (legge 229/2012 e relativo D.M. Economia 31 dicembre 2012), tali stanziamenti, iscritti sul capitolo 7800 del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, risultano pari a 180 milioni per ciascuno degli anni del triennio.

         

      3. la riduzione, per 100 milioni di euro per il 2013 delle risorse relative al Fondo per lo sviluppo e la coesione, di cui all'articolo 61 della legge 289/2002, e successive modificazioni.

       

      Si ricorda che - ai sensi del D.Lgs. 88/2011 attuativo della legge 42/2009 sul federalismo fiscale - il Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) di cui all'articolo 61 della legge 289/2002, ha assunto la denominazione di "Fondo per lo sviluppo e la coesione".

      Nel bilancio per il 2013-2015 (Legge 229/2012 e relativo D.M. Economia 31 dicembre 2012), la dotazione iniziale del Fondo (cap. 8425/MISE) risulta pari a 7.986 milioni per il 2013, 5.849 milioni per il 2014 e 8.557 milioni per il 2015.

      La relazione tecnica evidenzia con riferimento alla riduzione di 100 milioni di euro delle risorse del Fondo sviluppo e coesione operata dal decreto legge a copertura di oneri correnti, che tali modalità di copertura – i quali sembrerebbero contravvenire al principio contabile generale di divieto di dequalificazione della spesa – sono state già utilizzate in passato per fronteggiare interventi di natura corrente, nonché in particolare di oneri per ammortizzatori sociali.

      A tale riguardo si ricorda, come sopra esposto, che l'articolo 18 del D.L. 185/2008 ha previsto l'istituzione del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione con una quota delle risorse nazionali disponibili sul Fondo aree sottoutilizzate. Le risorse FAS assegnate al Fondo sociale per occupazione e formazione sono state destinate alle attività di apprendimento, nonché di sostegno al reddito.

      Nello specifico, tali risorse, pari a 4 miliardi di euro – assegnate al Fondo sociale con Deliberazione CIPE 6 marzo 2009, n. 2 - sono state interamente destinate, in base all'Accordo Governo-Regioni del 12 febbraio 2009, al finanziamento degli ammortizzatori sociali (v. supra, ricostruzione normativa).

       

    Il comma 2 demanda a un   decreto interministeriale   (del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze), previo parere della Conferenza Stato-regioni e sentite le parti sociali, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, la determinazione, nel rispetto degli equilibri di bilancio programmati, dei criteri per la concessione degli ammortizzatori sociali in deroga, con particolare riferimento ai termini di presentazione delle relative domande, a pena di decadenza, alle causali di concessione, ai limiti di durata e reiterazione delle prestazioni anche in relazione alla continuazione rispetto ad altre prestazioni di sostegno del reddito, alle tipologie di datori di lavoro e lavoratori beneficiari. Si prevede, inoltre, che l'INPS, sulla base dei decreti di concessione inviati telematicamente dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dalle regioni, effettui un monitoraggio, anche preventivo, della spesa, rendendolo disponibile al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze, al fine di verificare gli andamenti di spesa e poter conseguentemente intervenire nel settore con misure adeguate.

     

    Rifinanziamento ammortizzatori sociali in deroga
    La riforma del mercato del lavoro
    Le risorse già previste
    Le nuove risorse
    Fondo sgravi contributivi produttività
    Fondi paritetici inter-professionali
    Sanzioni amministrative AGCM
    Risorse Trattato Italia-Libia
    Fondo sviluppo e coesione
    Nuovi criteri per ammortizzatori in deroga


    Articolo 4, comma 3 (Mantenimento in conto residui somme per contratti di solidarietà)

     

    Il comma 3 interviene sull'articolo 1, comma 405, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, prevedendo che si mantengano nel conto dei residui, per l'importo di 57.635.541 euro, le somme impegnate per il finanziamento dei contratti di solidarietà e non ancora pagate, affinché nel 2013 siano versate all'entrata del bilancio dello Stato, per la riassegnazione allo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per essere destinate alle medesime finalità.

     

    L'articolo 1, comma 405, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 ha disposto, nel limite di 35 milioni di euro per il 2013, la proroga dell'articolo 19, comma 14, del D.L. 185/2008, che ha previsto, a favore delle imprese non rientranti nell'ambito ordinario di applicazione della disciplina dei contratti di solidarietà, la possibilità di stipulare tali contratti beneficiando di determinate agevolazioni (ai sensi dell'articolo 5, commi 5 e 8, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148).

    Per contratti di solidarietà difensivi si intendono i contratti collettivi aziendali, stipulati tra imprese industriali e le rappresentanze sindacali, che, a norma dell'articolo 1 del D.L. 726/1984, stabiliscano una riduzione dell'orario di lavoro, al fine di evitare, in tutto o in parte, la riduzione o la dichiarazione di esubero del personale. In relazione a tale riduzione d'orario, di cui sia stata accertata la finalizzazione da parte dell'Ufficio regionale del lavoro, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali concede il trattamento d'integrazione salariale il cui ammontare è determinato in una specifica misura percentuale del trattamento retributivo perso a seguito della riduzione d'orario.

    La richiamata percentuale, stabilita originariamente al 60% dall'articolo 6, comma 3, del D.L. 510/1996, è stata successivamente elevata all'80% del trattamento perso a seguito della riduzione dell'orario, in via sperimentale per il biennio 2009-2010, dall'articolo 1, comma 6, del D.L. 78/2009, e prorogata da diversi provvedimenti, fino ad essere, da ultimo, protratta per tutto il 2013, dall'articolo 1, comma 256, della legge di stabilità per il 2013 (L. 228/2012).

    Sempre in materia di contratti solidarietà si rammenta l'articolo 19, comma 14, del D.L. 185/2008, con il quale è stato prorogato al 31 dicembre 2009 il termine entro il quale le imprese non rientranti nell'ambito ordinario di applicazione della disciplina della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria potevano stipulare tali contratti, beneficiando di determinate agevolazioni, ai sensi dell'articolo 5, commi 5 e 8, del D.L. 148/1993, al fine di evitare o ridurre le eccedenze di personale nel corso di licenziamenti collettivi o per evitare licenziamenti plurimi individuali per giustificato motivo oggettivo (articolo 7-ter, comma 9, del D.L., 5/2009, con il quale è stato stabilito che le imprese stipulanti contratti di solidarietà non possano concludere tale operazione solamente al fine di evitare o ridurre le eccedenze di personale derivanti da licenziamenti collettivi ai sensi dell'articolo 24 della L. 223/1991, bensì anche al fine di evitare licenziamenti plurimi individuali per giustificato motivo oggettivo).  Successivamente posticipato di anno in anno, ultimo tale termine è stato prorogato per il 2013 dall'articolo 1, comma 405, della L. 228/2012.

    Sono inoltre definiti contratti di solidarietà espansivi (disciplinati dall'articolo 2 del D.L. 726/1984) gli accordi collettivi che prevedono una riduzione stabile dell'orario di lavoro e della retribuzione dei dipendenti contestualmente all'effettuazione di nuove assunzioni al fine di incrementare l'organico. Le nuove assunzioni devono essere a tempo indeterminato, e non devono causare una riduzione della percentuale della manodopera femminile rispetto a quella maschile (oppure di quest'ultima qualora risulti inferiore). Il datore di lavoro che stipula tali contratti può ottenere, alternativamente, specifiche agevolazioni, consistenti nell'erogazione di in un contributo, per ogni mensilità corrisposta ai nuovi assunti, pari a determinate percentuali per determinati periodi temporali (rispettivamente 15% per i primi 12 mesi, 10% dal 13° al 24° mese e 5% dal 25° al 30° mese). Nel caso in cui i neo assunti abbiano un'età compresa tra i 15 e i 29 anni, il contributo sarà pari alla misura prevista per gli apprendisti in aziende con più di 9 dipendenti (10%).

     

     

    La norma sembrerebbe far riferimento alle somme, iscritte nell'ambito dell'apposito piano di gestione 6 del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione (cap. 2230/Lavoro), destinate al finanziamento dei contratti di solidarietà che, pur impegnate negli esercizi pregressi dal 2008 al 2012 non risultano ancora pagate, e dunque sono ancora presenti nel conto dei residui dell'esercizio 2013.

     

    Sembrerebbe, pertanto, trattarsi di residui propri che, seppure impegnati, non sottenderebbero più un idoneo titolo giuridico e, dunque, suscettibili di essere eliminati dal conto dei residui alla chiusura dell'esercizio finanziario in corso.

    Sul punto sarebbe opportuno un chiarimento da parte del Governo.

     

    Si ricorda che l'articolo 34, comma 3, della legge 196/2009 di contabilità generale dispone in via generale che formano impegni sugli stanziamenti di competenza le sole somme dovute dallo Stato a seguito di obbligazioni giuridicamente perfezionate.

    Le somme impegnate e non pagate possono essere mantenute in bilancio, nel conto dei residui, entro il secondo esercizio successivo a quello in cui è stato iscritto in bilancio il relativo stanziamento.

    Decorso tale periodo, i residui propri si intendono perenti ai fini amministrativi. La perenzione amministrativa consiste nell'eliminazione dalla contabilità finanziaria dei residui passivi, una volta decorso un determinato lasso di tempo. La perenzione, fino alla decorrenza dei termini per la prescrizione, non comporta la decadenza del diritto del creditore: nel momento in cui deve essere effettuato il relativo pagamento, le somme di volta in volta occorrenti devono essere reiscritte in bilancio per essere pagate (D.P.R. 24 aprile 2001, n. 270).

    Per quanto concerne in particolare i residui propri di conto capitale, si ricorda che l'articolo 3, comma 37-39 della legge 244/2007 ha previsto che si proceda, con cadenza triennale, all'analisi ed alla valutazione dei residui passivi propri di conto capitale, ai fini della verifica della permanenza dei presupposti indicati dall'articolo 34, comma 3, legge di contabilità.

    Per quanto concerne il mantenimento in bilancio delle somme che qui interessano, relative al finanziamento dei contratti di solidarietà autorizzate a partire dal 2008, si ricorda che esse sono tra quelle per le quali non sussiste il divieto di conservazione nel conto dei residui anche laddove non impegnate, ai sensi dell'articolo 34 della legge di contabilità, ai fini del loro utilizzo nell'esercizio successivo.

     

    Contratti di solidarietà


    Articolo 4, comma 4 (Precari PA)

     

     

    Il comma 4, modifica l'articolo 1, comma 400, della legge 228/2012, al fine di autorizzare le pubbliche amministrazioni, fermi restando i vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente e fatti salvi gli accordi decentrati eventualmente già sottoscritti, a prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato nella P.A., in essere al 30 novembre 2012, che superino il limite di 36 mesi comprensivi di proroghe e rinnovi (o il diverso termine previsto dai contratti collettivi nazionali di comparto), fino al 31 dicembre 2013 (il termine previgente era il 31 luglio 2013) previo accordo decentrato con le organizzazioni sindacali.

     

    Il contratto di lavoro a tempo determinato è disciplinato dal  D.Lgs. 368/2001  (adottato in attuazione della direttiva 1999/70/UE).

    In particolare, l'articolo 4 del D.Lgs. 368/2001 prevede che il termine del contratto a tempo determinato può essere, con il consenso del lavoratore, prorogato solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni. In questi casi la proroga è ammessa una sola volta e a condizione che sia richiesta da ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato. Con esclusivo riferimento a tale ipotesi la durata complessiva del rapporto a termine non potrà essere superiore ai tre anni.

    Il comma 4-bis dell'articolo 5, del D.Lgs. 368/2001  prevede poi che, fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l'altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato. In deroga a quanto disposto dalla sopracitata disposizione, tuttavia, un ulteriore successivo contratto a termine fra gli stessi soggetti può essere stipulato per una sola volta, a condizione che la stipula avvenga presso la direzione provinciale del lavoro competente per territorio e con l'assistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato. Le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale stabiliscono con avvisi comuni la durata del predetto ulteriore contratto. In caso di mancato rispetto della descritta procedura, nonché nel caso di superamento del termine stabilito nel medesimo contratto, il nuovo contratto si considera a tempo indeterminato.

    Il fenomeno dei lavoratori precari della pubblica amministrazione (intendendo per tali i lavoratori con contratto a tempo determinato e con altre forme contrattuali flessibili) si è accumulato nel tempo ed è in parte collegato al blocco del turnover, di cui ha spesso costituito una forma di elusione. Secondo gli ultimi dati disponibili (Conto annuale 2012 della RGS), i precari della P.A. sono poco più di 200.000 (di cui poco più di 130.000 precari della scuola).
    Le politiche sviluppate nel corso della legislatura sono state indirizzate al contenimento del fenomeno e, in prospettiva, al suo progressivo riassorbimento. In tale prospettiva, i provvedimenti più importanti sono stati, nella fase iniziale della legislatura, l'articolo 49 del D.L. 112/2008 e l'articolo 17 del D.L. 78/2009 (modificativi dell'articolo 36 del D.Lgs. 165/2001, che ha introdotto il lavoro flessibile nella P.A.). Il nuovo impianto normativo, nel ribadire il principio che le assunzioni avvengono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato (seguendo le apposite procedure di reclutamento previste dall'articolo 35 del D.Lgs. 165/2001), prevede la possibilità per le amministrazioni pubbliche di avvalersi, in caso di esigenze temporanee ed eccezionali, dei contratti flessibili previsti dal diritto civile.

    Nella fase terminale della legislatura si è posto con forza il problema dei numerosi contratti a tempo determinato prossimi alla scadenza. Un ampio ed articolato quadro del fenomeno, con l'indicazione delle possibili linee di azione (nel breve termine e a regime) è stato tracciato dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione  nell'audizione del 5 dicembre 2012 in XI Commissione (Lavoro) della Camera. Le soluzioni prospettate hanno trovato una prima traduzione normativa con articolo 1, commi 400-401, della L. 228/2012 (legge di stabilità 2013), che (in vista della stipulazione di un Accordo quadro volto a definire deroghe alla disciplina generale sui contratti a termine, di cui al D.Lgs. 368/2001) ha autorizzato le pubbliche amministrazioni, fermi restando i vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente e fatti salvi gli accordi decentrati eventualmente già sottoscritti, a prorogare i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato in essere al 30 novembre 2012, che superino il limite di 36 mesi comprensivi di proroghe e rinnovi (o il diverso termine previsto dai contratti collettivi nazionali di comparto), fino al 31 luglio 2013, previo accordo decentrato con le organizzazioni sindacali. Al fine di garantire un percorso di stabilizzazione, la norma ha altresì stabilizzato la previsione normativa (per l'innanzi limitata al biennio 2011-2012, ai sensi dell'articolo 17, commi 11-13, del D.L. 78/2009) in base alla quale le P.A. possono prevedere, nei bandi concorsuali per le assunzioni a tempo indeterminato, una riserva di posti (nel limite del 40%) a favore di titolari di rapporti di lavoro a termine con la P.A. che abbiano maturato almeno tre anni di servizio.

    Per dati sui contratti di lavoro a termine nella P.A. clicca qui:

    -I contratti a termine nella P.A.

     

    Proroga contratti a termine P.A.
    Il fenomeno del precariato nella P.A.


    Articolo 4, comma 5 (Sportelli unici per l'immigrazione)

     

    L'articolo 4, comma 5, proroga al 31 dicembre 2013 il termine dei contratti di lavoro a tempo determinato, in scadenza il 30 giugno prossimo, dei 632 lavoratori impiegati presso gli Sportelli unici per l'immigrazione delle Prefetture-Uffici territoriali del governo e presso gli Uffici immigrazione delle Questure.

    La norma è finalizzata  - come si legge nella relazione illustrativa - a garantire l'operatività sia degli Sportelli unici per l'immigrazione in relazione ai compiti di accoglienza e integrazione, sia degli Uffici immigrazione delle Questure, per le esigenze connesse al rafforzamento delle attività di contrasto all'immigrazione clandestina.


    Lo Sportello unico per l'immigrazione, presente presso ogni Prefettura–Ufficio territoriale del governo è competente per la trattazione delle pratiche relative alle procedure:

    • di prima assunzione dei lavoratori stranieri;

    • di ricongiungimento familiare;

    • del test di conoscenza della lingua italiana.

     

    Lo Sportello è stato istituito in base all'art. 18 della legge 189/2002, n. 189, che ha modificato l'articolo 22 della Testo unico dell'immigrazione (D.Lgs. 286/1998).

    Gli Uffici immigrazione istituiti presso ciascuna Questura svolgono diverse funzioni in materia, tra cui il rilascio di alcune tipologie di permesso di soggiorno, quali quello per asilo politico, minore età ecc.

     

    La proroga oggetto del comma in esame riguarda i contratti stipulati dal Ministero dell'interno nel 2008, al fine di fronteggiare adeguatamente le maggiori esigenze organizzative connesse al protrarsi dello stato di emergenza sull'intero territorio nazionale, dichiarato nel 2002, a causa del massiccio afflusso di stranieri giunti irregolarmente in Italia. Lo stato di emergenza, era stato dichiarato con il D.P.C.M. 20 marzo 2002, è; poi più volte prorogato, da ultimo, fino al 31 dicembre 2012.

    In considerazione dell'emergenza immigrazione, l'art. 1, comma 1, dell'O.P.C.M. 29 marzo 2007, n. 3576 ha autorizzato il Ministro dell'interno ad espletare apposite procedure selettive di natura concorsuale per titoli ed esami per l'assunzione, con contratto di lavoro a tempo determinato, di unità di personale nel limite numerico di 650 unità, in deroga alla disciplina allora vigente in materia di impiego di personale a tempo determinato. I contratti sono stati stipulati dall'amministrazione dell'interno il 31 dicembre 2008 a seguito della procedura concorsuale indetta con decreto del Ministero dell'interno 11 settembre 2007.

    I contratti, scaduti il 31 dicembre 2010, sono stati prorogati, una prima volta, dal D.L. 225/2010 (art. 2, co. 6) e poi successivamente più volte, da ultimo dall'art. 1, comma 410, della legge di stabilità 2013 (L. 228/2012).

     

    La disposizione in esame conferma, inoltre, la deroga ad alcune norme in materia di lavoro, disposta da uno dei precedenti provvedimenti di proroga dei contratti e segnatamente dal decreto legge 225/2010 (conv. L. 10/2011), articolo 2, comma 6, che prevede che a tali contratti si applicano:

    • l'art. 5 del decreto legislativo 368/2001, che reca sanzioni per il caso in cui il rapporto di lavoro continui dopo la scadenza del termine (in un primo momento maggiorazione della retribuzione e poi trasformazione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato);

     

    Per la   copertura degli oneri derivanti dalla proroga, il comma in esame, al secondo periodo, dispone l'assegnazione di una somma pari a € 9.943.590,96 per l'anno 2013, all'apposito programma dello stato di previsione del Ministero dell'interno, utilizzando le risorse del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura secondo le procedure di cui all'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 79/2012 (conv. L. 131/2012).

    L'articolo 5, del citato decreto-legge 79/2012, costituisce uno dei provvedimenti di proroga dei contratti oggetto del comma in esame, e, per la prima volta, ha stabilito il suo finanziamento attraverso il seguente meccanismo. Si prevede, in particolare, che le risorse del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura, disponibili al termine di ogni esercizio finanziario ed accertate con decreto interministeriale, siano riassegnate al c.d. Fondo esigenze urgenti e indifferibili per essere destinate alle esigenze dei ministeri (comma 1). Si prevedeva, inoltre, che, per l'anno 2011, quota parte delle risorse che si erano rese disponibili alla fine dell'esercizio finanziario sul suddetto Fondo di rotazione fossero riassegnate, previo versamento all'entrata del bilancio dello Stato, nell'anno 2012 per un importo non superiore a e per 10,1 milioni al finanziamento della proroga, sino al 31 dicembre 2012 della durata dei contratti a tempo determinato, allora in scadenza, del personale impiegato presso gli Sportelli unici e presso gli Uffici immigrazione (comma 2).

     

    Il Fondo di rotazione in questione è stato costituito dal D.L. 225/2010 (conv. L. 10/2011), che all'art. 1, comma 6-sexies, ha unificato nel Fondo di rotazione i preesistenti Fondi antimafia, antiracket ed usura. Per quanto concerne le risorse, la citata disposizione prevede che il fondo di rotazione sia alimentato con gli stanziamenti annui di bilancio previsti dalle normative vigenti per i fondi unificati, cui si aggiunge, tra l'altro, un contributo a valere sui premi assicurativi, raccolti nel territorio dello Stato, nei rami incendio, responsabilità civile diversi, auto rischi diversi, furto ed altri.

     

    Per quanto concerne il Fondo per le esigenze urgenti e indifferibili, si ricorda che esso è stato istituito dal comma 1 dell'articolo 7-quinquies del D.L. 5/2009 nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, al fine di assicurare il finanziamento di interventi urgenti e indifferibili, con particolare riguardo ai settori dell'istruzione e agli interventi organizzativi connessi ad eventi celebrativi.

     

    Proroga dei contratti
    I contratti del 2008 del Ministero dell'interno
    Copertura degli oneri


    Articolo 5 (Entrata in vigore)

     

    L'articolo 5 reca le consuete norme sull'entrata in vigore, che decorre dal giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.

     

    Entrata in vigore


    Relazioni allegate o richieste

    Al decreto-legge sono allegate la relazione illustrativa e la relazione tecnica, nonchè il testo integrale delle norme espressamente da modificate o abrogate. II disegno di legge non  è corredato né della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN), né della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR). Peraltro, per quest'ultima è stata disposta l'esenzione ai sensi dell'articolo 9 del D.P.C.M. n.170/2008.



    Precedenti decreti-legge sulla stessa materia

    Per quanto riguarda l'imposta municipale propria (articolo 1, comma 1), l'immediato precedente, richiamato dal provvedimento in esame, è costituito dall'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, che ha anticipato, in via sperimentale, l'istituzione dell'imposta. Su tale norma sono intervenuti numerosi decreti legge: il D.L. n. 1 del 2012, il D.L. n. 16 del 2012, il D.L. n. 174 del 2012 e, dal ultimo, il D.L. n. 35 del 2013, in corso di conversione presso l'altro ramo del Parlamento.
    Con riguardo al limite massimo di ricorso all'anticipazione di tesoreria per i comuni, l'articolo 1, comma 2 integra quanto già previsto per il 2013 dal recente decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35.
    Per quanto concerne gli ammortizzatori sociali in deroga, sulla materia sono intervenuti in passato alcuni decreti legge, volti a modularne il funzionamento e a disporne i finanziamenti (D.L. n.185 del 2008; D.L. n.5 del 2009).

    In materia di contratti a termine nella P.A., l'articolo 4, comma 4, proroga un termine già prorogato (al 31 luglio 2013) dall'articolo 1, commi 400-401, della legge n.228/2012. L'articolo 4, comma 5 proroga ulteriormente un termine inizialmente stabilito dall'articolo 6, comma 2 del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 e poi prorogato, di semestre in semestre, dal decreto-legge 216/2011 e dal decreto-legge 79/2012 (l'ultima proroga è stata invece disposta dalla legge di stabilità per il 2013).



    Motivazioni della necessità ed urgenza

    L'urgenza in materia di IMU è determinata dal fatto che, senza l'intervento normativo in commento, la prima rata del versamento dell'imposta sarebbe in scadenza il prossimo 16 giugno.

    Per gli ammortizzatori sociali in deroga, l'urgenza è determinata dalla necessità di apprestare le risorse finanziarie per far fronte alla perdurante crisi economica. Per quanto concerne i contratti a termine nella P.A., l'urgenza è determinata dal fatto che in base alla legislazione vigente essi scadono il 31 luglio 2013.



    Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

    Con riferimento all'IMU, il ddl è riconducibile alla materia tributaria che, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, è assegnata alla competenza esclusiva dello Stato. Allo Stato è altresì assegnata in via esclusiva la perequazione delle risorse finanziarie.

    Le regioni – ai sensi del terzo comma dell'articolo 117 - hanno potestà legislativa concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; hanno inoltre potestà legislativa in materia di tributi regionali e locali, nell'ambito dei principi stabiliti dalla legge statale di coordinamento (articolo 119).

    Si ricorda, infine, che ai sensi dell'articolo 119, i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa e risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.

    Per quanto concerne il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga e dei contratti di solidarietà, è possibile fare riferimento alla materia di potestà esclusiva statale "previdenza sociale", di cui all'articolo 117, comma 2, lettera o), della Costituzione, nonchè alla materia di potestà concorrente Stato-regioni "tutela e sicurezza del lavoro", ai sensi dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione. Al riguardo si ricorda la Corte costituzionale (sentenze n. 50 e 219 del 2005) ha ritenuto che l'intreccio di competenze tra Stato e regioni in tale materia va letto alla luce del principio di "leale collaborazione", che impone alla legge statale l'obbligo di "predisporre adeguati strumenti di coinvolgimento delle regioni, a salvaguardia delle loro competenze.

    La norma per la proroga dei contratti di lavoro a termine nella P.A. è invece riconducibile alla materia di potestà esclusiva statale "ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali", di cui all'articolo 117, comma 2, lettera g), della Costituzione.

     

    A quest'ultima materia può essere ricondotto anche il divieto di cumulo tra stipendio dei membri di governo e indennità parlamentare di cui all'art. 3.



    Specificità ed omogeneità delle disposizioni

    Il provvedimento in titolo contiene disposizioni riconducibili a 3 distinti ambiti: tributario (articoli 1 e 2, in materia di imposta municipale propria); di contenimento delle spese relative all'esercizio dell'attività politica (articolo 3, in materia di trattamento stipendiale dei membri del Governo che siano parlamentari); lavoristico (articolo 4, che concerne tre diversi temi: ammortizzatori sociali in deroga; contratti di solidarietà; contratti di lavoro subordinato a tempo determinato).
    Il preambolo dà conto di tutti gli interventi, ad eccezione di quello disposto dall'articolo 3 in materia di trattamento economico dei membri del Governo.



    Documenti dell'Unione europea

    Nell'analisi annuale della crescita (COM(2012)750), documento con il quale, il 28 novembre 2013, la Commissione europea ha dato avvio al nuovo semestre europeo di coordinamento delle politiche economiche, tra le altre cose si raccomandava di:

    • riformare la tassazione dei beni immobili per scongiurare altri rischi finanziari nel settore, rivedendo in particolare gli aspetti dei regimi fiscali che aggravano l'indebitamento delle famiglie, di norma tramite agevolazioni fiscali per i mutui ipotecari;

    • ridurre considerevolmente l'onere fiscale sull'occupazione, aumentando, ad esempio, le imposte sul consumo, le imposte patrimoniali e le imposte ambientali:

    Un'indicazione analoga era contenuta nelle raccomandazioni in materia di politica economica per l'Italia approvate il 10 luglio 2012 dal Consiglio ECOFIN: in particolare, si raccomandava di "procedere in direzione dello spostamento del carico fiscale dal capitale e dal lavoro verso il consumo e i patrimoni, nonché promuovere una tassazione funzionale agli obiettivi ecologici".

    Tali raccomandazioni erano finalizzate ad orientare la legge di stabilità approvata a fine 2012.

    Per quanto concerne il semestre europeo in corso, la Commissione europea dovrebbe presentare il 29 maggio le nuove raccomandazioni, che saranno poi sottoposte all'avallo del Consigli europeo del 27-28 giugno e all'approvazione del Consiglio ECOFIN di metà luglio.

     

    L'analisi annuale della crescita


    Formulazione del testo

    All'articolo 4, comma 1, lettera b), la locuzione "per l'anno 2013" è erroneamente ripetuta due volte.