Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Altri Autori: Servizio Bilancio dello Stato
Titolo: D.L. 8 aprile 2013, n. 35 'Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali', convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64
Riferimenti:
L N. 64 DEL 06-GIU-13   AC N. 676-B/XVII
DL N. 35 DEL 08-APR-13     
Serie: Progetti di legge    Numero: 1    Progressivo: 4
Data: 23/07/2013
Descrittori:
DEBITI   DECRETO LEGGE 2013 0035
FINANZA LOCALE   L 2013 0064
PAGAMENTO   PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

Progetti di legge

 

 

 

Le leggi

D.L. 8 aprile 2013, n. 35

Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali,
nonché in materia di versamento
di tributi degli enti locali
”, convertito
in legge, con modificazioni, dalla
legge 6 giugno 2013, n. 64

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 1/4

 

 

 

15 luglio 2013


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Bilancio

( 066760-2233 – * st_bilancio@camera.it

 

 

 

 

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File: D13035d.doc

 


INDICE

Schede di lettura

§      Articolo 1, comma 2 ddl (Rinnovo consiglio di Presidenza della giustizia tributaria) 3

§      Articolo 1, commi 1-17bis (Pagamenti dei debiti degli enti locali) 6

§      Articolo 1, comma 17-ter (Disponibilità per infrastrutture enti locali) 29

§      Articolo 1, comma 17-quater (Esclusione dalle rimodulazioni di cassa dei contributi in conto capitale agli enti locali) 30

§      Articolo 1, comma 17-quinquies (Mancato rispetto patto di stabilità 2012 per pagamento dei debiti) 32

§      Articolo 1-bis (Patto verticale incentivato) 35

§      Articolo 2 (Pagamenti dei debiti delle regioni e delle province autonome) 40

§      Articolo 3 (Pagamenti dei debiti degli enti del servizio sanitario nazionale – SSN) 48

§      Articolo 3-bis (Modifiche all’articolo 1, comma 34-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 concernente il finanziamento di progetti regionali in materia sanitaria) 62

§      Articolo 4 (Verifica equilibri strutturali delle regioni) 63

§      Articolo 5 (Pagamento dei debiti delle Amministrazioni dello Stato) 65

§      Articolo 5-bis (Cessione della garanzia dello Stato a favore di istituzioni finanziarie) 71

§      Articolo 6, comma 01 (Estensione certificazione a crediti per prestazioni professionali) 72

§      Articolo 6, commi 1-1-ter (Ordine di priorità nel pagamento dei debiti) 73

§      Articolo 6, commi 2-4 (Ordine di priorità nel pagamento dei debiti) 76

§      Articolo 6, commi 5-7 (Impignorabilità delle somme per pagamenti della P.A.) 78

§      Articolo 6, commi 8-11 (Tempi e modalità dei pagamenti) 82

§      Articolo 6, comma 11-bis (Facoltà di intervento sostitutivo dello Stato in caso di inadempienza delle regioni e degli enti locali) 87

§      Articolo 6, comma 11-ter (Accertamento della regolarità contributiva ai fini dei pagamenti) 89

§      Articolo 6, comma 11-quater (Piano finanziario pluriennale dei pagamenti) 91

§      Articolo 6-bis (Sospensione dei lavori per mancato pagamento del corrispettivo) 93

§      Articolo 7, commi 1-9 (Ricognizione dei debiti contratti dalle pubbliche amministrazioni) 94

§      Articolo 7, comma 9-bis (Relazione allegata alla Nota di aggiornamento del DEF 2013 sullo stato di attuazione del decreto legge) 104

§      Articolo 8 (Semplificazione e detassazione della cessione dei crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni) 106

§      Articolo 9 (Compensazioni tra certificazioni e crediti tributari) 109

§      Articolo 10, comma 1 (Nuova modalità di riduzione delle risorse provinciali) 115

§      Articolo 10, commi 2, 2-bis e 3 (Disposizioni in materia di Tares) 118

§      Articolo 10, comma 2-ter (Equitalia) 125

§      Articolo 10, comma 4 (Disposizioni in materia di IMU) 128

§      Articolo 10, comma 4-bis (Ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato) 132

§      Articolo 10, comma 4-ter (Proroga utilizzo dei proventi delle concessioni edilizie) 134

§      Articolo 10, comma 4-quater, lettera a) (Immobili gruppo catastale D) 136

§      Articolo 10, comma 4-quater, lettera b) (Termini deliberazione bilancio) 139

§      Articolo 10-bis (Norma di interpretazione autentica dell'articolo 12, comma 1-quater, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98) 141

§      Articolo 10-ter (Esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale) 143

§      Articolo 10-quater (Attribuzione ai comuni del corrispettivo del gettito IMU relativo agli immobili di proprietà comunale) 145

§      Articolo 10-quinquies (Criteri per la ripartizione del fondo sperimentale di riequilibrio) 148

§      Articolo 10-sexies (Semplificazione dei criteri per il riparto del fondo di solidarietà comunale nell'anno 2013) 151

§      Articolo 11, commi da 1 a 5-bis (Misure per l’equilibrio finanziario della Regione Siciliana e della Regione Sardegna) 154

§      Articolo 11, commi 6-7 (Misure per l’equilibrio finanziario del settore del trasporto pubblico locale della Regione Piemonte) 161

§      Articolo 11, comma 8  (Utilizzo delle risorse regionali del Fondo per lo sviluppo e la coesione da parte delle regioni a statuto speciale e delle province autonome) 164

§      Articolo 11, comma 8-bis (Uffici legali delle regioni) 167

§      Articolo 12 (Copertura finanziaria) 168

 


Schede di lettura


 

Articolo 1, comma 2 ddl
(Rinnovo consiglio di Presidenza della giustizia tributaria)

 

2. Ai fini delle elezioni per il rinnovo del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria sono esclusi dall'elettorato attivo e passivo i componenti delle commissioni tributarie sovrannumerari di cui all'articolo 4, comma 39, della legge 12 novembre 2011, n. 183, che entro la data delle elezioni non siano stati immessi nelle funzioni giurisdizionali, nonché i componenti della Commissione tributaria centrale.

 

 

Il nuovo comma 2, dell’articolo 1 della legge di conversione, esclude dall’elettorato attivo e passivo per il rinnovo del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria:

§      i componenti delle commissioni tributarie soprannumerari che entro la data delle elezioni non siano stati immessi nelle funzioni giurisdizionali;

§      i componenti della Commissione tributaria centrale.

 

Il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria costituisce l’organo di autogoverno della magistratura tributaria ed è competente ad adottare tutti i provvedimenti relativi ai componenti delle commissioni tributarie. È stato introdotto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 545, e in analogia al Consiglio Superiore della Magistratura, la sua composizione è stata in seguito modificata dalla legge 21 novembre 2000, n. 342. Il Consiglio di presidenza è composto da undici componenti eletti dai giudici tributari e da quattro componenti eletti dal Parlamento, due dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, tra i professori di università in materie giuridiche o i soggetti abilitati alla difesa dinanzi alle commissioni tributarie che risultino iscritti ai rispettivi albi professionali da almeno dodici anni. L’articolo 17, comma 3, del D.Lgs. 545 del 1992 in particolare stabilisce che i componenti del consiglio di presidenza sono eletti da tutti i componenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali con voto personale, diretto e segreto, e non sono rieleggibili.

In tema di ineleggibilità l’articolo 20 del D.Lgs. 545/92 stabilisce che non possono essere eletti al Consiglio di presidenza, e sono altresì esclusi dal voto, i componenti delle commissioni tributarie sottoposti, a seguito di giudizio disciplinare, ad una sanzione più grave dell'ammonimento. Il componente di commissione tributaria sottoposto alla sanzione della censura è eleggibile dopo tre anni dalla data del relativo provvedimento, se non gli è stata applicata altra sanzione disciplinare.

Le attribuzioni del Consiglio, che qui non si dettagliano, sono elencate nell'articolo 24, comma 1, del D.Lgs. n. 545 del 1992.

 

Con riferimento ai componenti soprannumerari si ricorda che i commi 39 e 40 dell’articolo 4 della legge n. 183 del 2011 hanno disposto norme di dettaglio riguardanti il concorso bandito ai sensi dell'articolo 39, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, per la copertura di 960 posti vacanti presso le commissioni tributarie, prevedendo, in primo luogo, la nomina e l’immissione in servizio dei candidati risultati idonei, anche in sovrannumero; sono inoltre prevista procedure di interpello per i trasferimenti dei componenti delle commissioni tributarie per la copertura di posti resisi vacanti a livello nazionale nelle commissioni provinciali o regionali.

 

Il comma 39-bis (introdotto dall’articolo 12, comma 4-bis, del D.L. n. 16 del 2012) ha istituito il ruolo unico nazionale dei componenti delle Commissioni tributarie presso il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, nel quale sono inseriti i componenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali, nonché i componenti della commissione tributaria centrale. Nel ruolo unico sono inseriti, anche se temporaneamente fuori ruolo, i componenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali, nonché i componenti della commissione tributaria centrale in servizio secondo la rispettiva anzianità di servizio nella qualifica. A decorrere dall'anno 2013, il ruolo unico è reso pubblico annualmente, entro il mese di gennaio, attraverso il sito istituzionale del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria.

La legge n. 228 del 2012 ha modificato le procedure di trasferimento dei componenti delle Commissioni tributarie nominati a seguito del concorso bandito il 3 agosto 2011 ed immessi in servizio, anche in sovrannumero, nella sede di commissione tributaria scelta per prima da ciascuno di essi. In particolare si prevede il loro inserimento in organico previo espletamento della procedura di interpello bandita dal Consiglio di presidenza della giustizia tributaria per la copertura di posti resisi vacanti a livello nazionale nelle commissioni provinciali o regionali. Le domande dei componenti in sovrannumero sono proponibili sia per la copertura della sede presso la quale sono soprannumerari sia per la copertura di altre sedi.

 

Con riferimento alla Commissione tributaria centrale, i cui componenti sono esclusi da parte della norma in esame dall’elettorato attivo e passivo per il rinnovo del Consiglio di Presidenza, si ricorda che tale organo, con sede in Roma, era previsto dal previgente D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, costituendo un terzo grado di giudizio. Il D.Lgs. n. 545/1992 ha soppresso detta commissione, mantenendola in funzione per i giudizi pendenti.

A seguito della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (articolo 1, comma 351) la Commissione tributaria centrale è stata suddivisa in 21 sezioni, con sede in tutti i capoluoghi di regione o provincia autonoma, alle quali sono stati riassegnati i procedimenti pendenti per accelerare lo smaltimento dell’arretrato.


 

Articolo 1, commi 1-17bis
(Pagamenti dei debiti degli enti locali)

 


1. Sono esclusi dai vincoli del patto di stabilità interno per un importo complessivo di 5.000 milioni di euro i pagamenti sostenuti nel corso del 2013 dagli enti locali:

a) dei debiti in conto capitale certi, liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2012;

b) dei debiti in conto capitale per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il 31 dicembre 2012, ivi inclusi i pagamenti delle province in favore dei comuni;

c) dei debiti in conto capitale riconosciuti alla data del 31 dicembre 2012 ovvero che presentavano i requisiti per il riconoscimento entro la medesima data, ai sensi dell'articolo 194 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

1-bis. Sono altresì esclusi dai vincoli del patto di stabilità interno i pagamenti di obbligazioni giuridiche di parte capitale verso terzi assunte alla data del 31 dicembre 2012, sostenuti nel corso del 2013 dagli enti locali e finanziati con i contributi straordinari in conto capitale di cui all'articolo 1, commi 704 e 707, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

1-ter. Alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto derivanti dal comma 1-bis, pari a 2,5 milioni di euro per l'anno 2013, si provvede mediante corrispondente utilizzo del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189, e successive modificazioni. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

2. Ai fini della distribuzione della predetta esclusione tra i singoli enti locali, i comuni e le province comunicano mediante il sistema web della Ragioneria generale dello Stato, entro il termine del 30 aprile 2013, gli spazi finanziari di cui necessitano per sostenere i pagamenti di cui al comma 1. Ai fini del riparto, si considerano solo le comunicazioni pervenute entro il predetto termine.

3. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sulla base delle comunicazioni di cui al comma 2, entro il 15 maggio 2013 sono individuati, per ciascun ente locale, sulla base delle modalità di riparto individuate dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali entro il 10 maggio 2013, ovvero, in mancanza, su base proporzionale, gli importi dei pagamenti da escludere dal patto di stabilità interno per il 90 per cento dell'importo di cui al comma 1. Con successivo decreto da emanarsi entro il 15 luglio 2013 in relazione alle richieste pervenute, sino a dieci giorni prima rispetto a tale data, secondo quanto previsto al periodo precedente, si procede al riparto della quota residua del 10 per cento unitamente alle disponibilità non assegnate con il primo decreto. Gli eventuali spazi finanziari non distribuiti per l'esclusione dei pagamenti dei debiti di cui al comma 1 dai vincoli del patto di stabilità interno sono attribuiti proporzionalmente agli enti locali per escludere dai vincoli del medesimo patto i pagamenti effettuati prima del 9 aprile 2013 in relazione alla medesima tipologia di debiti. Gli spazi finanziari che si liberano a valere sul patto di stabilità interno per effetto del periodo precedente sono utilizzati, nel corso del 2013, esclusivamente per sostenere pagamenti in conto capitale. Nella liquidazione dei pagamenti si osserva il criterio cronologico per singolo comune.

4. Su segnalazione del collegio dei revisori dei singoli enti locali, la procura regionale competente della Corte dei conti esercita l'azione nei confronti dei responsabili dei servizi interessati che, senza giustificato motivo, non hanno richiesto gli spazi finanziari nei termini e secondo le modalità di cui al comma 2, ovvero non hanno effettuato, entro l'esercizio finanziario 2013, pagamenti per almeno il 90 per cento degli spazi concessi. Nei confronti dei soggetti di cui al periodo precedente e degli eventuali corresponsabili, per i quali risulti accertata la responsabilità ai sensi delle vigenti disposizioni di legge, le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti irrogano una sanzione pecuniaria pari a due mensilità del trattamento retributivo, al netto degli oneri fiscali e previdenziali. Gli importi di cui al periodo precedente sono acquisiti al bilancio dell'ente. Sino a quando le sentenze di condanna emesse ai sensi della presente disposizione non siano state eseguite per l'intero importo, esse restano pubblicate, osservando le cautele previste dalla normativa in materia di tutela dei dati personali, sul sito istituzionale dell'ente, con l'indicazione degli estremi della decisione e della somma a credito.

5. Nelle more dell'emanazione del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze di cui al comma 3, ciascun ente locale può effettuare i pagamenti di cui al comma 1 nel limite massimo del 13 per cento delle disponibilità liquide detenute presso la tesoreria al 31 marzo 2013 e, comunque, entro il 50 per cento degli spazi finanziari che intendono comunicare entro il 30 aprile 2013 ai sensi del comma 2.

6. Per l'anno 2013 non si applicano le disposizioni di cui ai commi da 1 a 9 dell'articolo 4-ter del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, come convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44.

7. Al fine di fornire liquidità agli enti locali, per l'anno 2013, non rilevano ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno delle regioni e delle province autonome i trasferimenti effettuati in favore degli enti locali soggetti al patto di stabilità interno a valere sui residui passivi di parte corrente, purché a fronte di corrispondenti residui attivi degli enti locali.

8. I maggiori spazi finanziari nell'ambito del patto di stabilità interno delle regioni e province autonome derivanti dalla disposizione di cui al comma 7 sono utilizzati esclusivamente per il pagamento dei debiti di parte capitale certi, liquidi ed esigibili al 31 dicembre 2012, ovvero dei debiti di parte capitale per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine. Tali spazi finanziari sono destinati prioritariamente per il pagamento di residui di parte capitale in favore degli enti locali.

9. Per l'anno 2013, il limite massimo di ricorso da parte degli enti locali ad anticipazioni di tesoreria di cui all'articolo 222 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è incrementato, sino alla data del 30 settembre 2013, da tre a cinque dodicesimi.

10. È istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un fondo, denominato "Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili", con una dotazione di 9.327.993.719 euro per il 2013 e di 14.527.993.719 euro per il 2014. Il Fondo di cui al periodo precedente è distinto in tre sezioni a cui corrispondono tre articoli del relativo capitolo di bilancio, denominati rispettivamente "Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali" con una dotazione di 1.800 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014, "Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari" con una dotazione di 2.527.993.719 euro per l'anno 2013 e di 3.727.993.719 euro per l'anno 2014 e "Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio Sanitario Nazionale", con una dotazione di 5.000 milioni di euro per l'anno 2013 e di 9.000 milioni di euro per l'anno 2014. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da comunicare al Parlamento e alla Corte dei conti, possono essere disposte variazioni compensative, in termini di competenza e di cassa, tra i predetti articoli in relazione alle richieste di utilizzo delle risorse. A tal fine, le somme affluite sul conto corrente di tesoreria di cui al successivo comma 11, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per la riassegnazione ai pertinenti articoli del Fondo. È accantonata una quota, pari al 10 per cento, della dotazione complessiva della Sezione di cui all'articolo 2, comma 1, per essere destinata, entro il 31 ottobre 2013, unitamente alle disponibilità non assegnate in prima istanza e con le medesime procedure ivi previste, ad anticipazioni di liquidità per il pagamento dei debiti di cui all'articolo 2 richieste in data successiva a quella prevista dal predetto articolo 2, comma 1, e, comunque, non oltre il 30 settembre 2013.

11. Ai fini dell'immediata operatività della "Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali", di cui al comma 10, il Ministero dell'economia e delle finanze stipula con la Cassa depositi e prestiti S.p.A., entro 5 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, un apposito addendum alla Convenzione del 23 dicembre 2009 e trasferisce le disponibilità della predetta sezione su apposito conto corrente acceso presso la Tesoreria centrale dello Stato, intestato al Ministero dell'economia e delle finanze, su cui la Cassa depositi e prestiti S.p.A. è autorizzata ad effettuare operazioni di prelevamento e versamento per le finalità di cui alla predetta Sezione. Il suddetto addendum definisce, tra l'altro, criteri e modalità per l'accesso da parte degli enti locali alle risorse della Sezione, secondo un contratto tipo approvato con decreto del direttore generale del Tesoro e pubblicato sui siti internet del Ministero dell'economia e delle finanze e della Cassa depositi e prestiti S.p.A., nonché i criteri e le modalità per lo svolgimento da parte di Cassa depositi e prestiti S.p.A. della gestione della Sezione. L'addendum è pubblicato sui siti internet del Ministero dell'economia e delle finanze e della Cassa depositi e prestiti S.p.A.

12. Per le attività oggetto dell'addendum alla convenzione di cui al comma precedente è autorizzata la spesa complessiva di 500.000 euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014.

13. Gli enti locali che non possono far fronte ai pagamenti dei debiti certi liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012, ovvero dei debiti per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine a causa di carenza di liquidità, in deroga agli articoli 42, 203 e 204 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, chiedono alla Cassa depositi e prestiti S.p.A., secondo le modalità stabilite nell'addendum di cui al comma 11, entro il 30 aprile 2013 l'anticipazione di liquidità da destinare ai predetti pagamenti. L'anticipazione è concessa, entro il 15 maggio 2013 a valere sulla Sezione di cui al comma 11 proporzionalmente e nei limiti delle somme nella stessa annualmente disponibili ed è restituita, con piano di ammortamento a rate costanti, comprensive di quota capitale e quota interessi, con durata fino a un massimo di 30 anni. Le restituzioni sono versate annualmente dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. all'entrata del bilancio dello Stato ai sensi e con le modalità dell'articolo 12, comma 6. Entro il 10 maggio 2013, la Conferenza Stato-città ed autonomie locali può individuare modalità di riparto, diverse dal criterio proporzionale di cui al secondo periodo. La rata annuale sarà corrisposta a partire dalla scadenza annuale successiva alla data di erogazione dell'anticipazione e non potrà cadere oltre il 30 settembre di ciascun anno. Il tasso di interesse da applicare alle suddette anticipazioni è pari, per le erogazioni dell'anno 2013, al rendimento di mercato dei Buoni Poliennali del Tesoro a 5 anni in corso di emissione rilevato dal Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro alla data della pubblicazione del presente decreto e pubblicato sul sito internet del medesimo Ministero. Per l'erogazione dell'anno 2014, il tasso di interesse da applicare alle suddette anticipazioni sarà determinato sulla base del rendimento di mercato dei Buoni Poliennali del Tesoro a 5 anni in corso di emissione con comunicato del Direttore generale del tesoro da emanare e pubblicare sul sito internet del Ministero dell'economia e delle finanze entro il 15 gennaio 2014. In caso di mancata corresponsione della rata di ammortamento entro il 30 settembre di ciascun anno, sulla base dei dati comunicati dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A., l'Agenzia delle Entrate provvede a trattenere le relative somme, per i comuni interessati, all'atto del pagamento agli stessi dell'imposta municipale propria di cui all'articolo 13, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, riscossa tramite modello F24 o bollettino di conto corrente postale e, per le province, all'atto del riversamento alle medesime dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori di cui all'articolo 60, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, riscossa tramite modello F24.

13-bis. Gli enti locali ai quali viene concessa l'anticipazione di liquidità ai sensi del comma 13, e che ricevono risorse dalla regione o dalla provincia autonoma ai sensi dell'articolo 2, all'esito del pagamento di tutti i debiti di cui al medesimo comma 13 e di cui all'articolo 2, comma 6, devono utilizzare le somme residue per l'estinzione dell'anticipazione di liquidità concessa alla prima scadenza di pagamento della rata prevista dal relativo contratto. La mancata estinzione dell'anticipazione entro il termine di cui al precedente periodo è rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare ai sensi degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

14. All'atto di ciascuna erogazione, e in ogni caso entro i successivi trenta giorni, gli enti locali interessati provvedono all'immediata estinzione dei debiti di cui al comma 13. Il responsabile finanziario dell'ente locale, ovvero altra persona formalmente indicata dall'ente medesimo, fornisce alla Cassa depositi e prestiti S.p.A. formale certificazione dell'avvenuto pagamento e dell'effettuazione delle relative registrazioni contabili.

15. Gli enti locali che abbiano deliberato il ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale di cui all'articolo 243-bis del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che richiedono l'anticipazione di liquidità di cui al comma 13, sono tenuti alla corrispondente modifica del piano di riequilibrio, da adottarsi obbligatoriamente entro sessanta giorni dalla concessione della anticipazione da parte della Cassa depositi e prestiti S.p.A. ai sensi del comma 13.

16. Nell'ipotesi di cui al comma 15, le anticipazioni di cassa eventualmente concesse in applicazione dell'articolo 5, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, che risultassero non dovute, sono recuperate da parte del Ministero dell'interno.

17. Per gli enti locali beneficiari dell'anticipazione di cui al comma 13, il fondo di svalutazione crediti di cui al comma 17, dell'articolo 6, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, relativo ai 5 esercizi finanziari successivi a quello in cui è stata concessa l'anticipazione stessa, è pari almeno al 50 per cento dei residui attivi, di cui ai titoli primo e terzo dell'entrata, aventi anzianità superiore a 5 anni. Previo parere motivato dell'organo di revisione, possono essere esclusi dalla base di calcolo i residui attivi per i quali i responsabili dei servizi competenti abbiano analiticamente certificato la perdurante sussistenza delle ragioni del credito e l'elevato tasso di riscuotibilità.

17-bis. Nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome che esercitano le funzioni in materia di finanza locale, gli enti locali effettuano la comunicazione di cui al comma 2 alle regioni e alle province autonome, che ne curano la trasmissione alla Ragioneria generale dello Stato.


 

 

L’articolo 1 reca, ai commi da 1 a 17-bis, disposizioni volte a favorire il pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali maturati alla data del 31 dicembre 2012, ovvero di quelli per i quali alla medesima data sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento.

Le misure per l’accelerazione dei pagamenti recate dall’articolo in esame operano con modalità differenti in relazione al comparto degli enti territoriali e alla tipologia di debito.

In particolare, si dispone:

§      per gli enti locali, un allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno per l’anno 2013 al fine di consentire agli enti nel corso del 2013 l’utilizzo di risorse proprie disponibili (avanzi di amministrazione) per il pagamento dei debiti di conto capitale esigibili alla data del 31 dicembre 2012, per un importo complessivo di 5 miliardi di euro (commi 1-5);

§      per le regioni e le province autonome, un analogo allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno, attraverso l’esclusione dal computo delle spese finali dei trasferimenti in favore degli enti locali a valere sui residui passivi di parte corrente - purché corrispondenti a residui attivi di comuni e province - consentendo alle regioni di utilizzare tali maggiori spazi finanziari del patto per il pagamento dei debiti di conto capitale, con priorità per il pagamento di residui di parte capitale in favore degli enti locali, nel limite di 1,4 miliardi di euro. Ciò consente, inoltre, al tempo stesso, di garantire agli enti locali una maggiore liquidità per il pagamento dei debiti verso i propri fornitori (commi 7 e 8);

§      per favorire liquidità agli enti locali, un ampliamento del limite massimo al ricorso delle anticipazioni di tesoreria sino alla data del 30 settembre 2013 (comma 9);

§      per tutti gli enti territoriali e gli enti sanitari locali, l’istituzione nel bilancio dello Stato di un apposito Fondo con obbligo di restituzione in un arco temporale certo e sostenibile, dotato di 9,3 miliardi di euro nel 2013 e 14,5 miliardi nel 2014, finalizzato ad assicurare anticipazioni di liquidità agli enti che non possono far fronte, con disponibilità proprie, al pagamento dei debiti, sia di parte corrente che in conto capitale, maturati alla data del 31 dicembre 2012 (commi 10-17).

E’ altresì disposta la sospensione nell’anno 2013 del Patto nazionale orizzontale (comma 6).

Esclusione dai vincoli del patto di stabilità interno per l’anno 2013 dei pagamenti di debiti di parte capitale (commi 1-5)

Il comma 1 esclude dai vincoli del patto di stabilità interno le spese sostenute dagli enti locali nel corso del 2013 per il pagamento dei debiti in conto capitale:

§      che risultino certi liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2012,

§      per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il 31 dicembre 2012, ivi inclusi i pagamenti delle province in favore dei comuni,

§      riconosciuti alla data del 31 dicembre 2012, ovvero che presentavano, alla medesima data, i requisiti per il loro riconoscimento, quali debiti fuori bilancio ai sensi dell’art. 194 del TUEL, di cui al D.Lgs. n. 267/2000.

L’esclusione opera per un importo complessivo di 5.000 milioni di euro.

Ai sensi del comma 1, dunque, l’esclusione dal patto opera sia per i pagamenti di debiti in conto capitale iscritti in bilancio che per quelli fuori bilancio, precisando, che in essi rientrano anche i debiti che alla data del 31 dicembre 2012, pur non essendo ancora stati riconosciuti come tali, presentavano comunque i requisiti per il loro riconoscimento quali debiti fuori bilancio.

 

Il comma 1-bis esclude, altresì, dai vincoli del patto di stabilità interno i pagamenti di obbligazioni giuridiche di parte capitale verso terzi assunte alla data del 31 dicembre 2012, sostenuti nel corso del 2013 dagli enti locali e finanziati con alcuni specifici contributi straordinari in conto capitale, autorizzati ai sensi dell’articolo 1, commi 704 e 707, della legge n. 296/2006.

Si tratta dei trasferimenti autorizzati dalla legge finanziaria per il 2007 in favore degli enti locali commissariati per fenomeni di infiltrazione di tipo mafioso, al fine di agevolare il lavoro delle commissioni straordinarie chiamate alla gestione di tali enti.

In particolare, si tratta:

§       dei contributi concessi agli enti commissariati quale rimborso degli oneri relativi alle Commissioni straordinarie nominate a seguito dello scioglimento dei consigli comunali e provinciali che, a decorrere dal 2007, sono stati posti a carico del bilancio dello Stato. Tali importi devono essere destinati dagli enti locali a spese di investimento (ai sensi del comma 704 dell'articolo 1 della legge n. 296/2006);

§       dei contributi autorizzati in favore dei suddetti enti locali commissariati per la realizzazione o manutenzione di opere pubbliche (ai sensi del comma 707 dell'articolo 1 della legge n. 296/2006).

 

L’esclusione dal patto di tali ulteriori tipologie di pagamenti, introdotta nel corso dell’iter parlamentare, comporta oneri per la finanza pubblica, valutati in 2,5 milioni di euro, che sono posti a carico delle risorse del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione dei contributi pluriennali, di cui all’articolo 6, comma 2, del D.L. n. 154/2008 (legge n. 189/2008) (comma 1-ter).

 

Ai fini dell’attivazione della procedura, il comma 2 fissa al 30 aprile 2013 il termine entro cui i comuni e le province devono comunicare - mediante il sistema web della Ragioneria generale dello Stato - gli spazi finanziari di cui necessitano per sostenere i suddetti pagamenti di debiti, ai fini del riparto tra gli enti della quota di spese da escludere dal patto.

 

Nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome che esercitano le funzioni in materia di finanza locale, gli enti locali sono tenuti ad effettuare la comunicazione degli spazi finanziari di cui al comma 2 alle regioni e alle province autonome, le quali a loro volta ne curano la trasmissione alla Ragioneria generale dello Stato (comma 17-bis).

Il comma 3 dispone che sulla base delle comunicazioni pervenute, entro il 15 maggio 2013 siano individuati, con decreto del MEF, per ciascun ente locale, – secondo le modalità di riparto stabilite dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali entro il 10 maggio 2013, ovvero, in mancanza, su base proporzionale - gli importi dei pagamenti da escludere dal patto di stabilità interno per il 90% dell’importo complessivamente indicato al comma 1.

Il comma dispone altresì che al riparto della quota residua del 10% (500.000 euro), unitamente alle disponibilità non assegnate con il primo decreto - qualora le richieste complessive di spazi finanziari effettuate entro il 30 aprile 2013 risultino inferiori al 90 per cento dell’intero importo di cui al comma 1 – si proceda con un ulteriore decreto da emanarsi entro il 15 luglio 2013 in relazione alle richieste pervenute sino a dieci giorni prima rispetto a tale data, dunque entro il 5 luglio 2013.

 

Gli eventuali spazi finanziari non distribuiti sono attribuiti, proporzionalmente, agli enti locali per escludere dal patto i pagamenti effettuati prima del 9 aprile 2013, in relazione alla medesima tipologia di debiti (ossia, debiti di parte capitale maturati alla data del 31 dicembre 2012). Gli spazi finanziari che si liberano a valere sul patto per effetto di quanto sopra devono essere utilizzati, nel 2013, solo per sostenere pagamenti in conto capitale. Nella liquidazione si osserva il criterio cronologico per singolo comune.

In sostanza, il comma precisa che gli spazi finanziari complessivamente messi a disposizione per l’allentamento dei vincoli del Patto (5 miliardi di euro) sono assegnati agli enti locali prioritariamente per consentire il pagamento dei debiti maturati al 31 dicembre 2012 e non ancora estinti alla data del 9 aprile 2013 (data di entrata in vigore del decreto-legge in esame), secondo la richiesta comunicata al MEF entro il 30 aprile 2013.

 

Dalle informazioni contenute nella documentazione depositata dal Ministro dell’economia e finanze nel corso dell’audizione tenutasi presso la V Commissione Bilancio della Camera in data 3 luglio 2013, dei 6.247 enti locali aventi la possibilità di richiedere spazi finanziari nell’ambito del patto di stabilità interno, 5.327 enti locali hanno inviato la richiesta ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del decreto legge in esame (di cui, 5.265 comuni e 107 province).

Le richieste di spazi finanziari pervenute per il pagamento di debiti non estinti alla data dell'8 aprile 2013 sono state pari a 3.248 milioni di euro e quelle relative agli analoghi debiti pagati prima del 9 aprile (dunque dal 1° gennaio 2013 all'8 aprile 2013) sono state pari a 2.010 milioni di euro.

 

In attuazione del comma 3 dell’articolo 1, con il decreto del Ministero dell’economia e finanze del 14 maggio 2013, n. 41843 – predisposto in coerenza con l’Accordo sancito il 9 maggio 2013 in Conferenza Stato-città e autonomie locali – sono stati attribuiti spazi finanziari per un importo complessivo di 4.500 milioni di euro (90% dell’importo complessivo). In particolare, il decreto ha attribuito spazi per un ammontare pari a 3.248 milioni di euro per effettuare pagamenti di debiti non estinti all’8 aprile 2013 - soddisfacendo così integralmente le richieste in tal senso avanzate -, mentre ha attribuito spazi finanziari per effettuare richieste relative a debiti pagati prima del 9 aprile per un ammontare di 1.252 milioni di euro.

 

Con riferimento alle richieste di spazi finanziari da avanzare entro il 5 luglio, ai sensi del medesimo comma 3, a valere sulla quota residua del 10 per cento e da concedere con successivo decreto entro il 15 luglio, si segnala che in data 12 luglio 2013 è stato firmato il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze (D.M. n. 60196) che individua, per ciascun ente locale gli importi dei pagamenti da escludere dal patto di stabilità interno 2013 relativi alla seconda attribuzione di spazi finanziari. Rispetto alle richieste pervenute[1], il decreto ripartisce spazi finanziari per oltre 709,4 milioni di euro (di cui, 500 milioni quale somma residua ancora non assegnata del 10% dell’importo complessivo e 209,4 milioni di euro, quali ulteriori spazi per liberatisi in ragione di riduzioni e revoche di assegnazioni concesse con il precedente D.M. del 14 maggio 2013[2]).

Nelle more dell’emanazione del decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 15 maggio 2013, è stato concesso agli enti locali di effettuare i pagamenti dei debiti nel limite massimo del 13 per cento delle disponibilità liquide detenute presso la tesoreria statale al 31 marzo 2013 e, comunque, entro il 50 per cento degli spazi finanziari comunicati alla Ragioneria generale dello Stato entro il 30 aprile 2013 ai sensi del comma 2 (comma 5).

 

Il comma 4 prevede un intervento a titolo di accertamento e, ricorrendone i presupposti, di sanzione, da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.

Presupposto dell’intervento è la segnalazione del collegio dei revisori degli enti locali di inadempimenti, quali:

§      la mancata richiesta degli spazi finanziari, nei termini e secondo le modalità di cui al precedente comma 2;

§      la mancata effettuazione, entro l’esercizio finanziario 2013, di pagamenti per almeno il 90 per cento degli spazi concessi.

L’art. 234 del D.Lgs. 267/2000, c.d. TUEL, come modificato dall’art. 3 del D.L. 174/2012, prevede che i consigli comunali degli enti locali eleggano un collegio di revisori composto da tre membri. Nelle unioni di comuni che esercitano in forma associata tutte le funzioni fondamentali dei comuni che ne fanno parte, la revisione economico-finanziaria è svolta da un collegio di revisori composto da tre membri, che svolge le medesime funzioni anche per i comuni che fanno parte dell'unione. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti e nelle comunità montane la revisione economico-finanziaria è affidata ad un solo revisore eletto dal consiglio comunale o dal consiglio dell'unione di comuni o dall'assemblea della comunità montana a maggioranza assoluta dei membri.

Gli enti locali strutturalmente deficitari, dissestati o che si trovano nelle specifiche condizioni indicate dall’art. 243 TUEL sono soggetti a controlli centrali della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali. Per quelli di grandi dimensioni (province, città metropolitane, comuni con popolazione superiore ad 8.000 abitanti) e per quelli i cui rendiconti si chiudono in disavanzo, ovvero rechino la indicazione di debiti fuori bilancio, la norma prevede che il rendiconto venga presentato alla Sezione Enti locali della Corte dei conti per il referto di cui all'articolo 13 del D.L. 22 dicembre 1981, n. 786. Per tali enti sono altresì trasmesse alla Corte le relazioni dei revisori nominati dal consiglio comunale e ogni altro documento e informazione che questa richieda. Tale attività della Corte è oggetto di comunicazione e relazione alle Camere. La Sezione Enti locali può richiedere i rendiconti di tutti gli altri enti locali ai fini del referto di cui all’articolo 3 della legge n. 20/1994 e del consolidamento dei conti pubblici.

Le funzioni dei revisori sono disciplinate dall’art. 239 TUEL, anch’esso modificato dal citato dall’art. 3 del D.L. 174/2012. A seguito delle modifiche introdotte le funzioni dei revisori dei conti sono significativamente ampliate, in particolare quanto all’ambito dei pareri. Sotto tale profilo le vigenti disposizioni non distinguono, quanto all’oggetto, tra competenze del consiglio, della giunta e dei dirigenti. Tuttavia, ferma restando la competenza degli enti locali in merito alle modalità di emanazione dei pareri, gli oggetti sono quelli fissati dall’art. 239.

Tra di essi, alla lett. b), n. 4, vi sono le proposte di indebitamento. Inoltre, la lett. e) stabilisce la funzione dei revisori di vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione relativamente all'acquisizione delle entrate, all'effettuazione delle spese, all'attività contrattuale, all'amministrazione dei beni, alla completezza della documentazione, agli adempimenti fiscali ed alla tenuta della contabilità, consentendo la tecnica del campionamento.

La disposizione non prevede sanzioni per la fattispecie di mancanza di segnalazione da parte dei revisori, come stabilito invece dalla legislazione vigente per altre fattispecie, a.e. art. 248 TUEL. Va poi considerato, al riferimento al “collegio” dei revisori, che, negli enti con popolazione inferiore a 15.000 abitanti e nelle comunità montane, la revisione economico-finanziaria è affidata ad un solo revisore.

 

L’accertamento che mette capo all’attività sanzionatoria ha ad oggetto una condizione di tipo positivo e una di tipo negativo:

§      deve sussistere una delle fattispecie di inadempimento delineate dal comma in esame e sopra descritte;

§      non deve sussistere un “giustificato motivo” per l’inadempimento. La disposizione non indica una casistica cui siano riconducibili i giustificati motivi.

Quando ricorrono entrambe le condizioni le sezioni giurisdizionali regionali irrogano una sanzione pecuniaria pari a due mensilità del trattamento retributivo, al netto degli oneri fiscali e previdenziali, per i responsabili dei servizi interessati e per gli eventuali corresponsabili per i quali risulti accertata la responsabilità ai sensi delle vigenti disposizioni di legge. Le somme oggetto delle sanzioni irrogate sono acquisite al bilancio dell’ente.

 

Le sezioni giurisdizionali regionali hanno competenza in primo grado nei giudizi di responsabilità, di conto e pensionistici. Per i giudizi di responsabilità la legge individua le fattispecie oggetto di giudizio sotto il profilo della responsabilità amministrativa o erariale e stabilisce l’elemento soggettivo richiesto, in termini di dolo o colpa. Inoltre, l’art. 1 della legge 20/1994 limita la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave. Il comma in esame non qualifica gli inadempimenti indicati come fattispecie di responsabilità né contiene specificazioni in merito all’elemento soggettivo richiesto.

 

L’ultimo periodo del comma 4 prescrive la pubblicazione delle sentenze di condanna al pagamento della sanzione pecuniaria sul sito istituzionale dell'ente, con l'indicazione degli estremi della decisione e della somma a credito, sino a quando le stesse non siano state eseguite per l'intero importo.

 

La disposizione richiede il rispetto delle cautele previste dal Codice della privacy. Alle stesse rinvia, del resto, anche l'art. 56, comma 2, del d. lg. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell'amministrazione digitale) che, con riferimento alle "sentenze e alle altre decisioni del giudice amministrativo e contabile, rese pubbliche mediante deposito in segreteria", ne prevede la pubblicazione anche sul sito istituzionale della rete Internet "osservando le cautele previste dalla normativa in materia di tutela dei dati personali". Il comma 2-bis della medesima disposizione aggiunge che "i dati identificativi delle questioni pendenti, le sentenze e le altre decisioni depositate in cancelleria o segreteria dell'autorità giudiziaria di ogni ordine e grado sono, comunque, rese accessibili ai sensi dell'articolo 51 del codice in materia di protezione dei dati personali approvato con decreto legislativo n. 196 del 2003".

Sospensione nell’anno 2013 del Patto nazionale orizzontale (comma 6)

Il comma 6 dispone la sospensione per l’anno 2013 dell’applicazione del c.d. “Patto nazionale orizzontale”, disciplinato dall’articolo 4-ter, commi da 1 a 9, del D.L. 2 marzo 2012, n. 16.

Si ricorda che il c.d. "Patto orizzontale nazionale” rappresenta una misura di flessibilità nell’applicazione del patto di stabilità interno introdotta in favore dei soli comuni a partire dall’anno 2012. Esso consente la rimodulazione orizzontale degli obiettivi finanziari tra i comuni a livello nazionale – fermo restando l’obiettivo complessivamente determinato per il comparto comunale dalle regole del patto –, al fine di consentire lo smaltimento di residui passivi di parte capitale degli enti che sono sottoposti al patto di stabilità interno.

Il meccanismo si basa sulla cessione di spazi finanziari da parte dei comuni che prevedono di conseguire un differenziale positivo rispetto all'obiettivo del patto previsto dalla normativa nazionale - la cui entità va comunicata al Ministero dell’economia entro il termine del 15 luglio - a vantaggio di quelli che, invece, prevedono di conseguire, nel medesimo anno di riferimento, un differenziale negativo rispetto all'obiettivo prefissato. Lo scopo, come detto, è quello di consentire a tali ultimi enti l’utilizzo di maggiori spazi finanziari per effettuare maggiori spese esclusivamente per il pagamento di residui passivi di parte capitale.

Le amministrazioni che hanno ceduto o acquisito spazi finanziari di patto ottengono nel biennio successivo, rispettivamente, un alleggerimento o un aggravamento del proprio obiettivo, commisurato alla metà del valore dello spazio acquisito (nel caso di richiesta) o attribuito (nel caso di cessione) nel 2013. Qualora l'entità delle richieste pervenute dai comuni che necessitano di sostenere spese di conto capitale superi l'ammontare degli spazi finanziari resi disponibili dagli altri comuni, l'attribuzione è effettuata in misura proporzionale ai maggiori spazi finanziari richiesti. Il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro il 10 settembre, aggiorna il prospetto degli obiettivi dei comuni interessati dalla rimodulazione dell'obiettivo, con riferimento all'anno in corso e al biennio successivo.

Questo tipo di meccanismo di compensazione a livello nazionale tra enti dello stesso livello di governo si è venuto ad aggiungere ad analoghe forme di flessibilità già introdotte a livello regionale - la cosiddetta regionalizzazione orizzontale e verticale del patto di stabilità - che sono andate ad affiancare e ad integrare, a partire dal 2009, la disciplina nazionale del patto (i c.d. patti di solidarietà fra enti territoriali). Con tali forme di flessibilità si è cercato di definire meccanismi di compensazione regionale e nazionale in grado di rendere più sostenibili gli obiettivi finanziari individuali degli enti locali derivanti dal patto di stabilità e, al tempo stesso, di fornire risposta ad alcune criticità emerse nell’applicazione del patto medesimo, relative soprattutto alle spese di investimento degli enti locali, che, per il criterio di computo dei saldi obiettivo in termini di competenza mista, sono risultate fortemente compresse dai vincoli del patto di stabilità interno.

Secondo i dati provvisori forniti dalla Ragioneria generale dello Stato, il patto nazionale orizzontale ha trovato applicazione nel 2012, con 441 comuni che hanno richiesto di poter beneficiare di rimodulazioni orizzontali degli obiettivi finanziari, per un importo complessivo pari a 985 milioni di euro, a fronte di spazi finanziari ceduti per soli 128 milioni di euro.

Esclusione dal patto di stabilità interno delle regioni e province autonome dei trasferimenti in favore degli enti locali (commi 7-8)

Al fine di fornire liquidità agli enti locali e garantire, conseguentemente, un’accelerazione dei pagamenti ai fornitori, il comma 7 prevede che, per l’anno 2013, non rilevano ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno delle regioni e delle Province autonome i trasferimenti da esse effettuati in favore degli enti locali soggetti al patto di stabilità interno a valere sui residui passivi di parte corrente, purché a fronte di corrispondenti residui attivi degli enti locali.

I maggiori spazi finanziari, nell’ambito del patto di stabilità interno, di cui vengono così a disporre le regioni e le province autonome devono essere utilizzati da tali enti esclusivamente per il pagamento dei debiti di parte capitale (comma 8):

§      certi, liquidi ed esigibili al 31 dicembre 2012,

§      ovvero per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine.

 

L’ultimo periodo del comma 8 precisa che tali spazi finanziari sono destinati dalle regioni e province autonome prioritariamente al pagamento di residui di parte capitale in favore degli enti locali.

 

La Relazione tecnica indica i maggiori spazi finanziari del patto di cui vengono a disporre le regioni nell’importo di 1.400 milioni di euro, in termini di indebitamento netto e fabbisogno.

Aumento del limite massimo di anticipazioni di tesoreria (comma 9)

Il comma 9 introduce una norma di deroga alle disposizioni recate dall’articolo 222 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL), di cui al D.Lgs. n. 267/2000, in materia di concessione di anticipazioni di tesoreria da parte del tesoriere su richiesta dell’ente locale, disponendo un innalzamento dei limiti massimi di tali anticipazioni, sino alla data del 30 settembre 2013, da tre a cinque dodicesimi delle entrate correnti accertate nel penultimo anno precedente.

 

Si ricorda che l'articolo 222 del TUEL prevede la concessione di anticipazioni agli enti locali da parte del tesoriere entro il limite massimo dei tre dodicesimi delle entrate correnti accertate nel penultimo anno precedente, corrispondenti per i comuni, le province, le città metropolitane e le unioni di comuni ai primi tre titoli dell'entrata del bilancio e per le comunità montane ai primi due titoli.

Gli enti locali sono tenuti al pagamenti degli interessi sulle anticipazioni di tesoreria, che decorrono dall'effettivo utilizzo delle somme.

La norma è stata recentemente integrata dall’articolo 3, comma 1, lett. i-bis) del D.L. n. 174/2012[3], che ha autorizzato l'innalzamento del limite massimo di ricorso alle anticipazioni di tesoreria da tre a cinque dodicesimi delle entrate correnti per gli enti locali in stato di dissesto economico-finanziario, per i quali sia stata certificata una condizione di grave indisponibilità di cassa, per la durata di sei mesi a decorrere dalla data in cui è stata certificata tale grave indisponibilità di cassa.

L'ente dissestato, per beneficiare della maggiorazione dell'anticipazione, deve tuttavia aver provveduto a deliberare l'aumento delle aliquote e delle tariffe di base per le imposte e tasse locali nella misura massima consentita. E' fatto espresso divieto a tali enti di impegnare le maggiori risorse derivanti dalle anticipazioni per spese non obbligatorie nonché di impegnare anche risorse proprie per partecipazione ad eventi o manifestazioni culturali e sportive, sia nazionali che internazionali.

Con riferimento ai limiti massimi di anticipazioni di tesoreria, si ricorda, infine, che l’articolo 1, comma 2, del D.L. n. 54/2013 (Interventi urgenti in materia di IMU e CIG), ha disposto un temporaneo innalzamento dei limiti massimi previsti dall'articolo 222 del TUEL per i comuni sino alla data del 30 settembre 2013, al fine di garantire a tali enti la liquidità necessaria a compensare i minori introiti conseguenti alla sospensione del versamento della prima rata dell'IMU, che avrebbe dovuto essere effettuato a giugno. In dettaglio, il limite viene ampliato di un importo corrispondente, per ciascun comune, al 50 per cento del gettito complessivo dell'IMU relativo all'anno 2012, come indicato nell'apposito Allegato A al decreto-legge n. 54.

Il Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti (comma 10)

Il comma 10 prevede l’istituzione nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze di un Fondo con obbligo di restituzione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili, con una dotazione di 9,328 miliardi di euro per il 2013 e di 14,528 miliardi per il 2014.

Il Fondo è distinto in tre sezioni (a cui corrispondono tre articoli del relativo capitolo di bilancio):

§      Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali”, dotata di 1.800 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014;

§      Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari”, dotata di 2.528 milioni di euro per l’anno 2013 e di 3.728 milioni di euro per l’anno 2014;

§      Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio Sanitario Nazionale”, dotata di cui 5.000 milioni di euro per l’anno 2013 e di 9.000 milioni di euro per l’anno 2014.

(milioni di euro)

Sezioni del Fondo

2013

2014

Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali

1.800

1.800

Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari

2.528

3.728

Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio Sanitario Nazionale

5.000

9.000

Totale Fondo

9.328

14.528

 

Ai sensi dei successivi commi da 11 a 17 dell’articolo in esame, l’utilizzo delle risorse del Fondo per gli enti locali è disposto per il tramite della Cassa Depositi e prestiti, attraverso il trasferimento delle risorse della relativa Sezione ad un apposito conto corrente, acceso presso la Tesoreria centrale dello Stato, intestato al Ministero dell’economia, la cui gestione è appunto affidata a Cassa depositi e prestiti S.p.A., la quale è allo scopo autorizzata ad effettuare operazioni di prelevamento e versamento sul medesimo conto.

Le risorse del Fondo relative alle altre due Sezioni, destinate alle regioni, sono, invece, gestite direttamente dal Ministero dell’economia, ai sensi dei successivi articoli 2 e 3 del provvedimento, che vi provvede attraverso la concessione di anticipazioni di somme, su richiesta delle regioni medesime, da destinare ai pagamenti dei debiti per i quali la regione non è in grado di far fronte per carenza di liquidità.

 

La norma prevede, inoltre, la possibilità di variazioni compensative, in termini di competenza e di cassa, tra le dotazioni delle relative sezioni del Fondo, in relazione alle richieste di utilizzo delle risorse, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da comunicare al Parlamento e alla Corte dei conti. Poiché, ai sensi del successivo comma 11, le risorse della Sezione enti locali sono allocate fuori bilancio, su un apposito conto corrente di tesoreria, la norma prevede che al fine di effettuare variazioni compensative, tali risorse siano versate all’entrata del bilancio dello Stato per la riassegnazione ai pertinenti articoli del Fondo.

 

L’ultimo periodo del comma 10 dispone la costituzione di un accantonamento, pari al 10 per cento della dotazione complessiva della Sezione del Fondo relativa alle regioni per i debiti non sanitari che, unitamente alle eventuali disponibilità non assegnate in prima istanza e con le medesime procedure, è destinata ad anticipazioni di liquidità per il pagamento dei debiti non sanitari delle regioni richieste in data successiva a quella prevista dall’articolo 2, e precisamente nel periodo dal 30 aprile 2013 fino al 30 settembre 2013.

Le relative anticipazioni saranno erogate entro il 31 ottobre 2013.

Disciplina per assicurare le anticipazioni di liquidità per pagamenti dei debiti da parte degli enti locali (commi 11-17)

Il comma 11, al fine di garantire l’immediata operatività della “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali”, dispone il trasferimento delle relative disponibilità - pari, come detto, a 2 miliardi di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 - su un apposito conto corrente acceso presso la Tesoreria centrale dello Stato, intestato al Ministero dell’economia, la cui gestione viene affidata a Cassa depositi e prestiti S.p.A., la quale viene autorizzata ad effettuare, operazioni di prelevamento e versamento sul medesimo conto.

 

Per regolamentare i rapporti tra Ministero dell’economia e C.d.P. relativamente alla gestione del conto, si prevede la stipula da parte dei due soggetti – entro il 14 aprile 2013 (5 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame) - di un apposito addendum alla Convenzione del 23 dicembre 2009[4]. L’addendum definisce i criteri e le modalità per la gestione della Sezione da parte di Cassa, nonché i criteri e le modalità per l’accesso da parte degli enti locali alle risorse della Sezione, secondo un contratto-tipo di anticipazione approvato dal Direttore generale del Tesoro.

 

L’addendum è stato stipulato in data 12 aprile 2013 ed il contratto tipo di anticipazione è stato approvato con Decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze – DT del 12 aprile 2013[5].

I documenti sono pubblicati sui siti web istituzionali di MEF e Cassa depositi.

 

Per le attività espletate da Cassa depositi, oggetto dell’addendum, il comma 12 autorizza la spesa di 0,5 milioni di euro per il 2013 e il 2014.

 

Il comma 13 definisce le modalità con le quali Cassa depositi procede all’anticipazione di liquidità agli enti locali a valere sulle risorse della predetta Sezione, nonché le modalità attraverso le quali gli stessi enti provvederanno alla restituzione delle anticipazioni. Ciò avverrà attraverso la predisposizione di un piano di ammortamento a rate costanti, comprensive di quota capitale e di quota interessi, con durata fino ad un massimo trent’anni.

La norma specifica che l’anticipazione è concessa agli enti locali che non possono far fronte con disponibilità di risorse proprie al pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012, ovvero di quelli per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il medesimo termine, a causa di carenza di liquidità.

L’articolo 3, paragrafo 4, dell’Addendum siglato tra Cassa depositi e prestiti ed il MEF specifica che si tratta di debiti di parte corrente e di parte capitale.

Inoltre, il Ministero dell’economia e finanze - Dipartimento del Tesoro, con Nota inviata a Cassa Depositi e prestiti in data 7 maggio 2013 ha chiarito che hanno la possibilità di formulare istanza di anticipazione di liquidità gli enti locali:

a)    che hanno deliberato lo stato di dissesto, ai sensi dell’articolo 246 del D.Lgs. n. 267/2000 (TUEL)

b)    i cui organi sono stati sciolti ai sensi dell’articolo 141 (in ragione del compimento, da parte dei relativi organi consiliari, di atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico; ovvero per impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco o del presidente della provincia, riduzione dell'organo assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti del consiglio; ovvero in ragione della mancata approvazione nei termini del bilancio); nonché ai sensi dell’articolo 143 del TUEL (in conseguenza di fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare).

La medesima Nota ha inoltre chiarito che possono essere inclusi tra quelli oggetto dell’anticipazione di liquidità:

§       i debiti”fuori bilancio, purché siano stati riconosciuti prevedendo le relative coperture finanziarie con le procedure previste dall’articolo 194 del TUEL, entro il 31 dicembre;

§       i debiti verso il personale dipendente, in assenza di contrarie disposizioni in materia.

Non possono essere ammessi invece all’anticipazione i debiti di natura finanziaria a breve o a medio lungo termine, in quanto questi non sono debiti commerciali.

Infine, quanto all’imputazione contabile dell’anticipazione nel bilancio dell’ente locale, il Ministero ha chiarito che l’anticipazione di liquidità non comporta ampliamento di copertura in termini di competenza finanziaria, e che essa dovrà essere contabilizzata in entrata, tra le accensioni prestiti e, in spesa, tra rimborsi di prestiti.

 

La richiesta di anticipazione di liquidità, che deve essere richiesta dagli enti locali entro il 30 aprile 2013 a Cassa depositi, secondo le modalità stabilite nell’addendum, opera, specifica la norma, in deroga a quanto previsto dal Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali - TUEL (D.Lgs. n. 267/2000), con riferimento specifico alle condizioni e ai limiti per il ricorso all'indebitamento da parte degli enti locali.

In particolare, la deroga è riferita alle seguenti disposizioni del TUEL che sanciscono:

§      il controllo politico amministrativo del Consiglio sulla contrazione di mutui e aperture di credito non espressamente previste in atti fondamentali del Consiglio e sulle spese che impegnano i bilanci per gli esercizi successivi (articolo 42);

§      le condizioni e i limiti per il ricorso all'indebitamento da parte dell’ente locale (articolo 203 e 204). In particolare, l’articolo 203 del TUEL prevede che tale ricorso è possibile solo se sussistono le seguenti condizioni: avvenuta approvazione del rendiconto dell'esercizio del penultimo anno precedente quello in cui si intende deliberare il ricorso all’indebitamento; avvenuta deliberazione del bilancio annuale nel quale sono incluse le relative previsioni.

L’articolo 204 stabilisce, invece, il livello massimo di indebitamento degli enti locali, rappresentato dall’incidenza del costo degli interessi sulle entrate correnti degli enti locali. Le norme dell’articolo 204 prevedono, nello specifico, che l'ente locale può assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato solo se l'importo annuale dei correlati interessi, sommati agli oneri già in essere (mutui precedentemente contratti, prestiti obbligazionari precedentemente emessi, aperture di credito stipulate e garanzie prestate, al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi) non sia superiore al 6 per cento per l'anno 2013 e il 4 per cento a decorrere dall'anno 2014 delle entrate correnti.

 

Con riferimento alla possibilità di indebitamento degli enti locali, si ricorda che l’articolo 119 della Costituzione stabilisce che gli enti territoriali possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento. La regola, vigente anche nell’ordinamento degli enti locali, stabilisce un vincolo di destinazione alla contrazione dei debiti, che non possono finanziare spesa corrente[6].

La Ragioneria generale dello Stato, nel Documento depositato presso la V Commissione bilancio in data 15 aprile 2013 - contenente le risposte alle osservazioni del dossier dei Servizi della Camera - ha rilevato che le anticipazioni di liquidità agli enti locali non costituirebbero un vero e proprio prestito da includere nel campo di applicazione dell’articolo 119, sesto comma Cost., in quanto non comportano un ampliamento della copertura finanziaria in termini di competenza, ma si configurerebbero come una mera anticipazione di liquidità a fronte di coperture già individuate.

Ha richiamato, a tal fine, l’articolo 3, comma 17 della legge n. 350/2003, il quale dispone che per gli enti territoriali costituiscono indebitamento, agli effetti dell'articolo 119, sesto comma, della Costituzione, l'assunzione di mutui, l'emissione di prestiti obbligazionari, le cartolarizzazioni di flussi futuri di entrata e le cartolarizzazioni con corrispettivo iniziale inferiore all'85 per cento del prezzo di mercato dell'attività oggetto di cartolarizzazione. Costituiscono inoltre indebitamento le operazioni di cartolarizzazione accompagnate da garanzie fornite da amministrazioni pubbliche e le cartolarizzazioni e le cessioni di crediti vantati verso altre amministrazioni pubbliche nonché, sulla base dei criteri definiti in sede europea dall’Ufficio statistico delle Comunità europee (EUROSTAT), l’eventuale premio incassato al momento del perfezionamento delle operazioni derivate.

Il medesimo comma 17 dispone che non costituiscono indebitamento, agli effetti del citato articolo 119 Cost., le operazioni che non comportano risorse aggiuntive, ma consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidità e di effettuare spese per le quali è già prevista idonea copertura di bilancio. Il comma infine consente modifiche alle predette tipologie di indebitamento con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l'ISTAT, sulla base dei criteri definiti in sede europea.

L’anticipazione è concessa entro il 15 maggio 2013 in proporzione e nei limiti delle somme annualmente disponibili sulla predetta Sezione.

 

Si ricorda che, ai sensi del precedente comma 10, ultimo periodo, la somma disponibile per le anticipazioni è pari, in prima istanza, al 90 per cento del complesso delle risorse della Sezione, in quanto il residuo 10 per cento è accantonato per essere destinato ad anticipazioni di liquidità relative a richieste tardive, presentate non oltre il 30 settembre 2013. Le anticipazioni a valere sulla quota accantonata saranno erogate entro il 31 ottobre 2013.

 

Secondo quanto risulta dalla Relazione depositata dal Ministro dell’economia e finanze Fabrizio Saccomanni nel corso dell’Audizione tenutasi presso la Commissione bilancio della Camera in data 3 luglio 2013 e dal con comunicato stampa diffuso dallo stesso Ministero dell’economia il 16 maggio 2013, le domande presentate dagli Enti locali, positivamente verificate dalla Cassa Depositi e Prestiti, sono state 1.508, per un importo complessivo di circa 5,76 miliardi di euro.

L’importo effettivamente concesso, tenuto conto del plafond disponibile di 3,6 miliardi di euro - 1,8 miliardi per il 2013 e 1,8 miliardi per il 2014 - è stato determinato secondo il criterio proporzionale, sulla base di una percentuale pari a circa il 62% dell’importo richiesto[7].

Alla data del 3 luglio 2013 risultano effettuate 1.369 erogazioni, per un ammontare di 1.562 milioni di euro. Ulteriori 60 erogazioni, pari a 40 milioni di euro, sono già state disposte ma non ancora materialmente effettuate.

Il Ministro ha affermato che la restante parte dell’importo richiesto verrà, verosimilmente, adeguatamente soddisfatta dalle erogazioni che verranno effettuate dalle regioni in favore degli enti locali.

 

Sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze e di Cassa Depositi e Prestiti è pubblicato l’elenco delle domande di anticipazione accolte[8]. Tale elenco reca al suo interno l’indicazione dell’ente richiedente (si tratta per circa il 99 per cento dei casi di amministrazioni comunali e del restante 1 per cento prevalentemente di amministrazioni provinciali), l’importo richiesto e l’importo concesso, il numero di posizione dell’ente e la data di scadenza (del rimborso) dell’anticipazione. Le erogazioni avverranno sui conti correnti di Tesoreria Unica intestati agli Enti, che gli stessi hanno indicato a CDP S.p.A. già nella domanda.

 

La restituzione delle somme così anticipate avviene sulla base di un piano di ammortamento a rate costanti, comprensive di quota capitale e quota interessi, con durata fino a un massimo di 30 anni.

Le restituzioni avvengono con rate annuali. La rata deve essere corrisposta a partire dalla scadenza annuale successiva alla data di erogazione dell’anticipazione e non potrà cadere oltre il 30 settembre di ciascun anno.

Si ricorda al riguardo che l’articolo 6, comma 2 del provvedimento in esame dispone che – ai fini dell’ammortamento delle anticipazioni di liquidità – la prima rata decorre dall’anno successivo a quello di sottoscrizione del contratto.

L’articolo 3, commi 8 e 9 dell’Addendum [9] dispone che la scadenza prima rata è il 31 maggio 2014 per l’erogazione effettuata nel 2013 e il 31 maggio 2015 per quella effettuata nel 2014.

 

Le restituzioni sono versate annualmente da Cassa depositi e prestiti all’entrata del bilancio statale, ai sensi e con le modalità definite dal successivo articolo 12, comma 6 del provvedimento, il quale prevede che gli importi delle restituzioni siano versati ad appositi capitoli dell’entrata, distinti per la quota capitale e per quota interessi. Gli importi dei versamenti relativi alla quota capitale sono destinati al Fondo ammortamento titoli di Stato.

 

Per le erogazioni relative all’anno 2013, il tasso di interesse da applicare alle suddette anticipazioni è pari al rendimento di mercato dei Buoni Poliennali del Tesoro (BTP) a 5 anni in corso di emissione, rilevato dal MEF - Dipartimento del Tesoro all’8 aprile 2013 (data di pubblicazione del provvedimento in G.U.) e pubblicato sul sito internet istituzionale del Ministero.

L’articolo 3, paragrafo 9 dell’Addendum, relativo alle le condizioni economiche del contratto di Anticipazione, dispone che il tasso di interesse, indipendente dalla durata dell'anticipazione, per l'erogazione 2013 è pari al 3,302.

 

Per le erogazioni relative all’anno 2014, il tasso di interesse da applicare alle anticipazioni sarà determinato sulla base del rendimento di mercato dei BTP a 5 anni in corso di emissione con comunicato del Direttore generale del tesoro da emanare e pubblicare sul sito internet del MEF entro il 15 gennaio 2014.

 

In caso di mancata corresponsione della rata di ammortamento entro il 30 settembre di ciascun anno, sulla base dei dati comunicati dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A., l'Agenzia delle Entrate provvede a trattenere le somme non corrisposte:

§      per i comuni, all'atto del pagamento agli stessi dell'imposta municipale propria, riscossa tramite modello F24 o bollettino di conto corrente postale;

§      per le province, all'atto del riversamento alle medesime dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, riscossa tramite modello F24.

L’articolo 4 dell’Addendum dispone che il recupero delle somme avrà inizio decorsi cinque giorni lavorativi dalla ricezione da parte dell’Agenzia delle entrate dei dati da parte di Cassa depositi e prestiti.

 

Per gli enti locali che beneficiano dell’anticipazione, sono previste alcuni obblighi dai successivi commi 14 -17.

 

In particolare, il comma 14, modificato nel corso dell’esame parlamentare, dispone che l’ente locale provveda all’estinzione dei debiti indicati dal comma 13, immediatamente all’atto di ciascuna erogazione dell’anticipazione ed in ogni caso entro i successivi trenta giorni.

L’ente interessato è altresì tenuto a fornire a Cassa depositi formale certificazione, rilasciata dal responsabile finanziario dell’ente, ovvero da altra persona formalmente indicata dall'Ente, dell’avvenuto pagamento e dell’effettuazione delle relative registrazioni contabili.

Nell’articolo 4, comma 6, dell’Addendum si prevede che la certificazione dell'avvenuto pagamento e dell'effettuazione delle relative registrazioni contabili deve essere fornita a Cassa entro 45 giorni dalla data di erogazione delle anticipazioni.

 

I commi 15 e 16 riguardano gli enti locali che abbiano deliberato il ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, nel caso in cui richiedano l’anticipazione di liquidità.

In particolare, ai sensi del comma 15, gli enti locali che hanno deliberato il ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, sono tenuti alla modifica del piano di riequilibrio, la quale deve essere adottata obbligatoriamente entro 60 giorni dalla concessione della anticipazione da parte di Cassa depositi e prestiti.

 

Dunque, in virtù del comma 15 in esame, il piano di riequilibrio finanziario – che l’ente locale, ai sensi dell’articolo 243-bis, comma 5 del TUEL - è tenuto ad adottare entro il termine perentorio di 60 giorni dalla data di esecutività della delibera consiliare di ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario - dovrà essere obbligatoriamente modificato in modo tale da includervi, al suo interno, anche il piano di ammortamento a rate costanti per la restituzione delle somme anticipate a valere sul Fondo anticipazioni liquidità.

 

Al riguardo, si ricorda che gli articoli 243-bis e ss. del TUEL, come introdotti dal D.L. n. 174/2012, prevedono una nuova procedura per il riequilibrio finanziario pluriennale degli enti per i quali sussistano squilibri strutturali di bilancio in grado di provocarne il dissesto, istituendo, al contempo, un apposito Fondo di rotazione diretto ad assicurare la stabilità finanziaria dei comuni e delle province attraverso la concessione di anticipazioni agli enti locali che hanno deliberato la procedura di riequilibrio.

In particolare, l’articolo 243-bis, comma 1, stabilisce che i comuni e le province per i quali, anche in considerazione delle pronunce delle competenti sezioni regionali della Corte dei conti sui bilanci degli enti, sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario, nel caso in cui le misure di cui agli articoli 193 e 194 del TUEL[10] non siano sufficienti a superare le condizioni di squilibrio rilevate.

Il ricorso alla procedura avviene con deliberazione consiliare.

Il comma 1 specifica che la procedura non può essere iniziata qualora la sezione regionale della Corte dei Conti abbia già provveduto, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del D.Lgs. n. 149/2011[11],ad assegnare un termine per l'adozione di misure correttive.

In particolare, la procedura non può essere iniziata qualora la sezione regionale della Corte dei Conti provvede, a decorrere dall’8 dicembre 2012 (data di entrata in vigore della norma), ad assegnare un termine per l'adozione delle predette misure correttive.

Il comma 2 dispone che la deliberazione di ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale è trasmessa, entro 5 giorni dalla data di esecutività, alla competente sezione regionale della Corte dei conti e al Ministero dell'interno.

Il comma 3 stabilisce che il ricorso alla procedura di riequilibrio sospende temporaneamente la possibilità per la Corte dei conti di assegnare, ai sensi del già citato articolo 6, comma 2, del D.Lgs. n. 149/2011, il termine per l'adozione delle misure correttive.

Il comma 4 dispone che le procedure esecutive intraprese nei confronti dell'ente sono sospese dalla data di deliberazione di ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale fino alla data di approvazione o di diniego di approvazione del piano di riequilibrio stesso ai sensi dell'articolo 243-quater, commi 1 e 3.

Il comma 5 dispone che il consiglio dell'ente locale, entro il termine perentorio di 60 giorni dalla data di esecutività della delibera di cui al comma 1, delibera il piano di riequilibrio finanziario , che può avere durata massima di dieci anni, compreso quello in corso, corredato del parere dell'organo di revisione economico-finanziario.

Ai sensi dei commi 6 e 7, il piano deve indicare tutte le misure necessarie per ripristinare l'equilibrio strutturale del bilancio e per assicurare l'integrale ripiano del disavanzo di amministrazione e il finanziamento dei debiti fuori bilancio.

Ai sensi dell’articolo 243-quater, modificato dall’articolo 10-ter del D.L. in esame, il piano è sottoposto a preliminare verifica da parte del Ministero dell’interno e successiva approvazione (o diniego) da parte della competente sezione regionale della Corte dei conti, nonché a un monitoraggio del suo stato di attuazione.

A supporto della procedura si prevede, per tutto il periodo di durata del piano di riequilibrio, la facoltà, per l’ente, di deliberare le aliquote o tariffe dei tributi locali nella misura massima consentita, anche in deroga ad eventuali limitazioni disposte dalla legislazione vigente, nonché quella di procedere all'assunzione di mutui per la copertura di debiti fuori bilancio riferiti a spese di investimento, anche in tal caso in deroga ai limiti massimi della capacità di indebitamento previsti dalla legislazione vigente.

Andrebbe chiarito se anche la modifica del piano di riequilibrio debba essere sottoposta al controllo della Corte dei Conti.

 

Inoltre, il comma 16 prevede il recupero - da parte del Ministero dell’interno - delle anticipazioni di cassa eventualmente concesse all’ente locale in via di urgenza per sanare il dissesto a valere sul “Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali” - istituito ai sensi dell’articolo 5, del D.L. n. 174/2012 - che risultassero non dovute.

Si ricorda che l’articolo 5 del D.L. n. 174/2012 prevede che, in sede di prima applicazione della nuova procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, qualora ricorrano eccezionali motivi di urgenza, agli enti che chiedono di accedere alla procedura di riequilibrio, possa essere concessa un'anticipazione, a valere sul “Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali”, istituito dall’articolo 4 del medesimo D.L., da riassorbire in sede di predisposizione e attuazione del piano di riequilibrio.

Non risultano chiari i presupposti in base ai quali il Ministero dell’interno è tenuto a recuperare le anticipazioni di cassa che risultassero non dovute.

 

Il comma 17 dispone per gli enti locali che beneficiano dell’anticipazione un aumento dell’entità del Fondo di svalutazione crediti[12], di cui al comma 17, dell’articolo 6, del D.L. n. 95/2012, per i 5 esercizi finanziari successivi a quello in cui è stata concessa l’anticipazione, il quale deve essere pari almeno al 50 per cento (e non già al 25 per cento) dei residui attivi (Titoli primo e terzo dell'entrata), aventi anzianità superiore a 5 anni. Previo parere motivato dell'organo di revisione, possono essere esclusi dalla base di calcolo i residui attivi per i quali i responsabili dei servizi abbiano certificato la perdurante sussistenza delle ragioni del credito e l'elevata riscuotibilità.

La Ragioneria generale dello Stato, nel Documento depositato presso la V Commissione bilancio in data 15 aprile 2013 ha osservato che la norma è volta ad evitare che – negli esercizi finanziari successivi a quello in cui si è ottenuta l’anticipazione di liquidità – la sussistenza in bilancio di residui attivi per i quali i responsabili dei servizi competenti non hanno certificato analiticamente la perdurante sussistenza del titolo giuridico di credito e l’elevato tasso di riscuotibilità, determini nuovi impegni coperti fittiziamente e dunque, future sofferenze di liquidità che potrebbero compromettere nuovamente la capacità di pagamento dell’ente.

Utilizzo di somme residue ricevute a titolo di anticipazioni di liquidità e ricevute dalle regioni e province autonome (comma 13-bis)

Il comma 13-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, stabilisce che gli enti locali che ricevono anticipazioni di liquidità ai sensi del comma 13 e che ricevono dalla regione o dalla provincia autonoma somme ad essi dovute ai sensi dell’articolo 2 – sono tenuti – una volta estinti tutti i debiti per i quali è stata chiesta l’anticipazione di liquidità o per i quali sono state utilizzate le somme di provenienza regionale di cui all’articolo 2, comma 6 – ad utilizzare le somme residue per l’estinzione dell’anticipazione di liquidità alla prima scadenza di pagamento della rata contrattualmente prevista.

La mancata estinzione dell’anticipazione entro il termine di cui sopra è rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare ai sensi del Decreto legislativo sul pubblico impiego, D.Lgs. n. 165/2001 e successive modificazioni.

 

Si ricorda che l’articolo 2, comma 6 del provvedimento in esame stabilisce che il pagamento dei debiti delle regioni e delle province autonome deve riguardare, per almeno due terzi, residui passivi, anche perenti, nei confronti degli enti locali, purché nel limite di corrispondenti residui attivi degli enti locali stessi ovvero, ove inferiori, nella loro totalità.

Queste risorse, ove nulla osti, essere utilizzate dagli enti locali prioritariamente per il pagamento di debiti certi, liquidi ed esigibili maturati al 31 dicembre 2012 ovvero dei debiti per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine[13].

Infine, si ricorda che valutazione della performance dei dirigenti è stata introdotta dall’articolo 9 del D.Lgs. n. 150/2009, che prevede che “la prestazione individuale dei dirigenti è valutata annualmente in base «a) agli indicatori di performance relativi all’ambito organizzativo di diretta responsabilità; b) al raggiungimento di specifici obiettivi individuali; c) alla qualità del contributo assicurato alla performance generale della struttura, alle competenze professionali e manageriali dimostrate; d) alla capacità di valutazione dei propri collaboratori, dimostrata tramite una significativa differenziazione dei giudizi”. Ai sensi del successivo articolo 10, gli indicatori, sulla base dei quali parametrare o meno il raggiungimento degli obiettivi prefissati sono individuati, per ciascuna amministrazione dal Piano della performance triennale.


 

Articolo 1, comma 17-ter
(Disponibilità per infrastrutture enti locali)

 

7-ter. All'articolo 5, comma 1-ter, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, le parole: «sono versate» sono sostituite dalle seguenti: «sono comunque ed inderogabilmente versate».

 

 

Il comma 17-ter dell’articolo 1 reca una modifica all'articolo 5, comma 1-ter, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (legge n. 148/2011), che prevede il versamento in Tesoreria delle disponibilità derivanti da specifiche autorizzazioni legislative di spesa iscritte nello stato di previsione del Ministero dell'interno, relative al potenziamento di infrastrutture.

Nello specifico, la norma citata prevede il versamento in Tesoreria su richiesta dell'ente interessato, entro 30 giorni dalla richiesta.

L’ente destinatario del finanziamento è tenuto a rendicontare le modalità di utilizzo delle risorse.

In merito a tale comma, si ricorda che la relazione tecnica all’emendamento che lo ha introdotto nel D.L. n. 138/2011, precisava che tale disposizione è finalizzata a disciplinare le modalità di erogazione delle risorse derivanti dalle autorizzazioni legislative di spesa relative al potenziamento delle infrastrutture da parte del Ministero dell’Interno a favore dei comuni.

 

La modifica introdotta dal comma in esame è volta ad introdurre un obbligo inderogabile di versamento in Tesoreria delle suddette disponibilità, entro trenta giorni dalla richiesta dell'ente interessato.


 

Articolo 1, comma 17-quater
(Esclusione dalle rimodulazioni di cassa dei contributi
in conto capitale agli enti locali)

 

17-quater. All'articolo 6, comma 15-bis, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, è aggiunto il seguente periodo: «I contributi di cui al presente comma sono altresì esclusi dalle riduzioni a compensazione disposte in applicazione del comma 14 del presente articolo».

 

 

Il comma 17-quater – introdotto nel corso dell’esame parlamentare - reca una modifica all'articolo 6, comma 15-bis, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (legge n. n. 135/2012), volta ad escludere i contributi in conto capitale assegnati dalla legge direttamente ad un comune beneficiario dalle riduzioni a compensazione che possono interessare i capitoli del bilancio dello Stato, in applicazione delle misure di flessibilità disposte dell'articolo 6, comma 14, del decreto-legge medesimo.

 

Si ricorda che il citato comma 14 dell’articolo 6 del D.L. n. 95/2012 ha introdotto, quale ulteriore forma di flessibilità del bilancio statale, la possibilità che in ciascun stato di previsione della spesa possano essere disposte, tra capitoli, variazioni compensative di sola cassa, al fine di preordinare nei tempi stabiliti le disponibilità di cassa dei capitoli medesimi, occorrenti per disporre i pagamenti previsti nell’esercizio finanziario in corso (alla data di adozione del D.L. n. 95) e in quello successivo.

Tale norma è da mettere in relazione con quanto disposto dal comma 10 del medesimo articolo 6 del medesimo D.L. n. 95 – come modificato dall’articolo 6, comma 11-quater del decreto legge in esame - il quale prevede l'obbligo per il dirigente responsabile della gestione, in relazione a ciascun impegno assunto sui capitoli di bilancio di propria pertinenza, di predisporre, in via sperimentale a partire dall’esercizio finanziario 2013, un apposito piano finanziario pluriennale che consenta di programmare i flussi di cassa connessi agli impegni di spesa derivanti dalla gestione.

L'introduzione del piano finanziario è finalizzata a consentire - posta l'invarianza dei saldi di cassa di ciascuno stato di previsione - una più agevole programmazione dei pagamenti, avendo lo scopo di contemperare l'accelerazione dei medesimi. In relazione a ciò, si prevede l’aumento della flessibilità nella gestione di bilancio sia all’interno di un esercizio, mediante variazioni di cassa compensative tra capitoli - con la sola eccezione per i pagamenti effettuati mediante l’emissione di ruoli di spesa fissa -, sia tra esercizi successivi, mediante la reiscrivibilità in bilancio di stanziamenti annuali non totalmente impegnati alla scadenza dell’esercizio e di rimodulare le autorizzazioni di spesa pluriennale.

 

Il comma 17-quater in esame è volto pertanto ad evitare che variazioni compensative di cassa - specificamente, riduzioni - possano essere effettuate sui capitoli recanti stanziamenti relativi a contributi in conto capitale, quali indicati dall’articolo 6, comma 15-bis, del D.L. n. 95/2012, vale a dire quelli assegnati direttamente da disposizioni legislative a specifici comuni beneficiari.

 

Si ricorda, infine, che la norma novellata dal comma in esame dispone, altresì, l’esclusione dei contributi in conto capitale assegnati dalla legge direttamente al comune beneficiario dal calcolo per la riduzione delle spettanze dei comuni, effettuate, a decorrere dal 2011, in applicazione dell'articolo 14, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, 78[14]. A tal fine, il Ministero dell'interno è stato autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni ai decreti ministeriali di attuazione già adottati, al fine di escludere dal calcolo, per la determinazione delle suddette riduzioni, i contributi in conto capitale assegnati direttamente al comune beneficiario.


 

Articolo 1, comma 17-quinquies
(Mancato rispetto patto di stabilità 2012 per pagamento dei debiti)

 

17-quinquies. Agli enti locali che non hanno rispettato nell'anno 2012 i vincoli del patto di stabilità in conseguenza del pagamento dei debiti di cui al comma 1, la sanzione prevista dall'articolo 31, comma 26, lettera a), della legge 12 novembre 2011, n. 183, ferme restando le rimanenti sanzioni, si applica limitatamente all'importo non imputabile ai predetti pagamenti.

 

 

Il comma 17-quinquies dell’articolo 1 dispone in merito all’applicazione delle sanzioni nel caso di mancato adempimento del patto di stabilità interno nell’anno 2012 da parte degli enti locali.

La norma dispone che, laddove il mancato raggiungimento degli obiettivi previsti dal patto per l’anno 2012, sia dovuto al pagamento dei debiti di cui al comma 1, vale a dire dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali maturati alla data del 31 dicembre 2012, la sanzione consistente nella riduzione dei trasferimenti provenienti dai Fondi sperimentali di riequilibrio o perequativi in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo predeterminato - prevista dall'articolo 31, comma 26, lettera a), della legge 12 novembre 2011, n. 183 - si applica limitatamente all'importo non imputabile ai predetti pagamenti.

Resta ferma l’applicazione delle altre sanzioni previste dalla normativa vigente.

 

L’articolo 31, comma 26, della legge n. 183/2011, come modificato, da ultimo dalla legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012, articolo 1, comma 439), reca le misure di carattere sanzionatorio applicabili, a regime, agli enti locali che non rispettano gli obiettivi del patto di stabilità. Tali misure, che si applicano agli enti nell'anno successivo a quello dell'inadempienza, sono costituite dalle seguenti:

a)   l’assoggettamento ad una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo perequativo[15] in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato. Tale sanzione si applica anche agli enti locali della Regione siciliana e della regione Sardegna, quale riduzione dei trasferimenti erariali nella misura indicata. In caso di incapienza dei predetti fondi, gli enti interessati dovranno versare le somme residue all’entrata del bilancio dello Stato. La sanzione in questione non si applica nel caso in cui il superamento degli obiettivi del patto di stabilità interno sia determinato dalla maggiore spesa per interventi realizzati con la quota di finanziamento nazionale e correlati ai finanziamenti dell'Unione Europea rispetto alla media della corrispondente spesa del triennio precedente.

Si segnala che per i comuni, a seguito della soppressione del Fondo sperimentale di riequilibrio comunale - nonché dei trasferimenti erariali a favore dei comuni delle regioni Sicilia e Sardegna, limitatamente alle tipologie di trasferimenti fiscalizzati – disposta, in ragione della complessiva ridefinizione della destinazione del gettito rinveniente dall’IMU, dall’articolo 1, comma 380, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013), le disposizioni in materia di sanzioni che richiamano il fondo sperimentale di riequilibrio o i trasferimenti erariali in favore dei comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna devono intendersi riferite al Fondo di solidarietà comunale[16].

b)   il divieto di impegnare spese di parte corrente in misura superiore all’importo annuale medio dei corrispondenti impegni effettuati nell’ultimo triennio[17];

c)   il divieto di ricorrere all’indebitamento per finanziare gli investimenti.

Per quanto concerne la contrazione di mutui e di prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie o finanziarie per il finanziamento degli investimenti, si precisa, in linea con la normativa vigente, che essi devono essere corredati da apposita attestazione, da cui risulti il conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l’anno precedente. In assenza della predetta attestazione, l’istituto finanziatore o l’intermediario finanziario non può procedere al finanziamento o al collocamento del prestito[18].

d)   il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento a processi di stabilizzazione in atto. E’ fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della sanzione[19];

e)   l’obbligo di procedere ad una rideterminazione delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza, apportando una riduzione del 30% rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2010[20].


 

Articolo 1-bis
(Patto verticale incentivato)

 


1. Alla legge 24 dicembre 2012, n. 228, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 1:

1) al comma 122, primo periodo, le parole da: "Nell'anno 2013" fino a: "800 milioni di euro" sono sostituite dalle seguenti: "Alle regioni a statuto ordinario, alla Regione siciliana e alla regione Sardegna è attribuito un contributo, nei limiti di un importo complessivo di 1.272.006.281 euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014,";

2) il comma 123 è sostituito dal seguente:

"123. Gli importi indicati per ciascuna regione nella tabella di cui al comma 122 possono essere modificati, a invarianza di contributo complessivo, di 318.001.570 euro con riferimento agli spazi finanziari ceduti alle province e di 954.004.710 euro con riferimento agli spazi finanziari ceduti ai comuni, di cui almeno il 50 per cento in favore dei piccoli comuni con popolazione fra 1.000 e 5.000 abitanti, mediante accordo da sancire, entro il 30 giugno 2013, nella Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano";

3) al comma 124, l'ultimo periodo è sostituito dal seguente:

"Gli spazi finanziari ceduti da ciascuna regione sono ripartiti tra i comuni e le province al fine di favorire il pagamento di obbligazioni di parte capitale assunte";

4) il comma 125 è sostituito dal seguente:

"125. Entro il termine perentorio del 30 giugno, con riferimento all'anno 2013, e del 31 maggio, con riferimento all'anno 2014, le regioni comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze, con riferimento a ciascun ente beneficiario, gli elementi informativi occorrenti per la verifica del mantenimento dell'equilibrio dei saldi di finanza pubblica";

b) la tabella 1 di cui all'articolo 1, comma 122, è sostituita dalla seguente:

 

«Tabella 1 (articolo 1, comma 122)


 

Regione

Ripartizione dell'incentivo per spazi ceduti a province

Ripartizione dell'incentivo per spazi ceduti a comuni

ABRUZZO

7.289.390

21.868.169

BASILICATA

4.897.789

14.693.366

CALABRIA

12.125.555

36.376.664

CAMPANIA

28.041.606

84.124.817

EMILIA-ROMAGNA

20.758.984

62.276.952

LAZIO

31.905.284

95.715.851

LIGURIA

7.758.771

23.276.313

LOMBARDIA

44.297.820

132.893.461

MARCHE

7.812.199

23.436.598

MOLISE

2.561.057

7.683.171

PIEMONTE

21.819.041

65.457.123

PUGLIA

20.152.051

60.456.152

SARDEGNA

19.867.953

59.603.858

SICILIA

48.133.617

144.400.852

TOSCANA

18.667.569

56.002.706

UMBRIA

5.387.532

16.162.597

VENETO

16.525.353

49.576.059

Totale

318.001.570

954.004.710

 

 

L'articolo 1-bis, aggiunto nel corso dell'esame parlamentare, modifica la disciplina del patto di stabilità regionalizzato verticale incentivato recata dai commi 122-126, art. 1, della legge di stabilità per il 2013, al fine di estendere al 2014 ed aumentare l'incentivazione statale a questa forma di flessibilità delle regole del patto.

 

Il patto regionalizzato verticale (disciplinato dall’articolo 1, commi 138-140, della legge n. 220/2010) è uno dei cosiddetti patti di solidarietà tra enti territoriali (regione – enti locali) definiti con lo scopo di favorire il pagamento delle spese di investimento degli enti locali, risultate fortemente compresse dai vincoli del patto di stabilità interno. Ciascuna regione, infatti, può autorizzare gli enti locali compresi nel proprio territorio a peggiorare il saldo programmatico, consentendo un aumento dei pagamenti in conto capitale e procedere, contestualmente, alla rideterminazione del proprio obiettivo di risparmio per un ammontare pari all'entità complessiva dei pagamenti in conto capitale autorizzati, al fine di garantire – considerando insieme regione ed enti locali - il rispetto degli obiettivi finanziari.

Per favorire questa forma di flessibilità è stata prevista l’attribuzione alle regioni a statuto ordinario, alla Regione siciliana ed alla Regione Sardegna di un contributo finanziario per gli esercizi2012, 2013 e 2014.

 

Oltre alle regioni a statuto ordinario, il contributo è attribuito anche alla Regione siciliana ed alla Sardegna, vale a dire a tutte le regioni in cui i comuni ricevono risorse erariali. In queste due regioni, infatti - pur essendo queste titolari, al pari delle altre regioni a statuto speciale, della competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali - la finanza degli enti locali è ancora a carico dello Stato, non essendo intervenute le norme di attuazione che ne hanno disciplinato la materia e posto a carico del bilancio della regione l'intero finanziamento[21].

Per il 2012 il contributo di 800 milioni di euro è stato attribuito alle regioni dall'articolo 16, commi 12-bis-12-sexies, del decreto legge n. 95/2012. Queste risorse, tuttavia, sono state messe a disposizione – per la maggior parte - per effettuare il taglio di 700 milioni di euro previsto dal comma 2 dell'articolo 16 del medesimo D.L. n. 95 del 2012, quale ulteriore contributo delle regioni alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per l‘anno 2012.

Per gli anni 2013 e 2014 ha disposto la legge di stabilità per il 2013 (L. 228/2012, art. 1 commi 122-126, ora modificati dalle norme in esame) che ha attribuito alle medesime regioni analogo contributo di 800 milioni di euro con le stesse finalità.

Il contributo è ripartito in due quote: una da destinare alla rimodulazione degli obiettivi del patto dei comuni pari complessivamente a 600 milioni di euro; l'altra, destinata alla rimodulazione degli obiettivi del patto delle province, pari a complessivi 200 milioni di euro. Le due quote sono state ripartite tra le regioni beneficiarie come stabilito nella Tabella 1 allegata alla legge di stabilità.

 

La norma in esame modifica la disciplina del patto regionalizzato incentivato, come illustrato di seguito.

Il contributo di 800 milioni di euro per il 2013 alle regioni a statuto ordinario, alla Regione siciliana ed alla Sardegna, previsto dal comma 122, viene portato a 1.272.006.281 euro complessivi per ciascuno degli anni 2013 e 2014 (lett. a), punto 1).

La copertura finanziaria della maggiore incentivazione è operata sulla sezione regionale del Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti, di cui all'articolo 1, comma 10, del decreto legge in esame. La dotazione della sezione regionale (e di conseguenza la dotazione dell'intero fondo) – rispetto alla dotazione iniziale - viene diminuita di 472.006.281 euro per il 2013 e di 1.272.006.281 euro per il 2014.

La diminuzione operata per il 2013, nella sezione del fondo destinata alle regioni di 472 milioni di euro, costituisce la differenza tra 1.272 milioni di euro e gli 800 milioni già stanziati nella legge di stabilità 2013.

 

La ripartizione tra le regioni in riferimento all'anno 2013 è riportata nella Tabella allegata al testo che sostituisce la Tabella 1 allegata alla legge di stabilità 2013 (lett. b).

 

Di conseguenza sono modificati gli importi delle due quote previste dal comma 123: una, pari al 75% dell'importo complessivo, da destinare alla rimodulazione degli obiettivi del patto dei comuni (che passa da 600 milioni di euro a 954.004.710 euro); l'altra, destinata alla rimodulazione degli obiettivi del patto delle province, pari al 25% dell'importo complessivo (che passa da 200 milioni di euro a318.001.570 euro).

A differenza della precedente disciplina, inoltre, la norma in esame dispone che almeno il 50% della quota riservata alla rimodulazione del patto dei comuni deve essere riservata ai piccoli comuni con popolazione da 1.000 a 5.000 abitanti, soggetti al patto di stabilità dal 2013.

 

Il punto 2 della lett. a) modifica il termine entro cui sancire l'accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni con il quale possono essere modificati gli importi di ciascuna regione (riportati nella tabella di cui sopra), ovviamente ad invarianza degli importi complessivi, portandolo dal 30 aprile 2013[22] al 30 giugno 2013 (lett. a), punto 2).

Tale accordo è stato sancito in sede di Conferenza Stato-Regioni dell'11 luglio 2013[23]; con esso, è stata definita la ripartizione degli spazi finanziari ceduti dalle regioni agli enti locali del proprio territorio per complessivi 1.272.006.281 euro, per ciascuno degli anni 2013 e 2014. Con il medesimo accordo le regioni a statuto ordinario hanno inoltre definito la ripartizione tra le stesse del taglio di risorse disposto dall'art. 16 del D.L. 95/2012 per complessivi 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014. In sostanza, come già avvenuto per il 2012, le risorse attribuite alle regioni a statuto ordinario per l'incentivazione del patto regionalizzato verticale sono state messe a disposizione – dalle regioni stesse – per il taglio di risorse disposto dal decreto legge 95 del 2012.

 

Si ricorda che l'articolo 16, comma 2, del D.L. 95/2012, dispone quale ulteriore contributo delle regioni a statuto ordinario alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica il taglio di risorse per complessivi 1.000 milioni per ciascuno degli anni 2013 e 2014, l'anno. Quella norma prevede, inoltre, che con decreto del Ministero dell'Economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni, vengano individuate la quota di riduzione da imputare a ciascuna regione; la suddetta norma dispone inoltre che, ancora con decreto ministeriale, vengano individuate "le risorse a qualunque titolo dovute dallo Stato alle regioni a statuto ordinario" sulle quali effettuare i tagli.

Per il 2012, è intervenuto il decreto 21 dicembre 2012 - su cui è stato raggiunto l'accordo in Conferenza Stato-Regioni il 22 novembre 2012 e che recepisce la ripartizione dei 700 milioni di euro per l’anno 2012 concordata dalle regioni in sede di Conferenza delle Regioni il 3 agosto 2012 - con il quale le risorse da tagliare sono state individuate in quelle autorizzate ai sensi dei commi 12-bis e 12-ter dell'articolo 16 del D.L. 95/2012, vale a dire a valere sul contributo complessivo di 800 milioni di euro per l'anno 2012.

 

Una ulteriore modifica recata dalle norme in esame, in particolare dal punto 3) lett. a), concerne le modalità di utilizzo degli spazi ceduti agli enti locali, disciplinate dal comma 124, art. 1, della legge di stabilità per il 2013.

In particolare, viene ristretto e specificato, l'utilizzo da parte di province e comuni degli spazi finanziari ceduti dalle regioni; questi devono infatti favorire il pagamento di obbligazioni di parte capitale alla data del 31 dicembre 2012; a fronte della più generale disposizione che prima consentiva pagamenti dei residui passivi in conto capitale in favore dei creditori.

 

Si ricorda a tale proposito che ai sensi del comma 124, a fronte dell’attribuzione alle regioni del contributo, queste si impegnano a cedere, ai comuni e alle province ricadenti nel proprio territorio, spazi finanziari da attribuire mediante le procedure che disciplinano il patto regionale verticale.

Per ciascuna regione, la cifra indicata è destinata a coprire l'83,33% della quota che la regione cede agli enti locali al fine della rimodulazione degli obiettivi del patto di stabilità. Poiché l'obiettivo complessivo del comparto regione-enti locali deve comunque rimanere invariato, il contributo è destinato dalle regioni alla riduzione del debito.

 

Viene infine modificato il termine disposto dal comma 125 per la comunicazione al Ministero dell'economia e delle finanze, da parte delle regioni, di tutti gli elementi informativi occorrenti per la verifica del mantenimento dell'equilibrio dei saldi di finanza pubblica. In riferimento al 2013, il termine è spostato dal 31 maggio al 30 giugno ed è aggiunto il termine del 31 maggio per il 2014 (lett. a), punto 4).


 

Articolo 2
(Pagamenti dei debiti delle regioni e delle province autonome)

 


1. Le regioni e le province autonome che non possono far fronte ai pagamenti dei debiti certi liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2012, ovvero dei debiti per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine, diversi da quelli finanziari e sanitari di cui all'articolo 3, ivi inclusi i pagamenti in favore degli enti locali, maturati alla data del 31 dicembre 2012, a causa di carenza di liquidità, in deroga all'articolo 10, secondo comma, della legge 16 maggio 1970, n. 281, e all'articolo 32, comma 24, lettera b), della legge 12 novembre 2011, n. 183, con certificazione congiunta del Presidente e del responsabile finanziario, chiedono al Ministero dell'economia e delle finanze, entro il 30 aprile 2013 l'anticipazione di somme da destinare ai predetti pagamenti, a valere sulle risorse della "Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari" di cui all'articolo 1, comma 10.

2. Le somme di cui al comma 1 da concedere, proporzionalmente, a ciascuna regione sono stabilite con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da emanare entro il 15 maggio 2013. Entro il 10 maggio 2013, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano può individuare modalità di riparto, diverse dal criterio proporzionale di cui al periodo precedente.

3. All'erogazione delle somme, nei limiti delle assegnazioni di cui al presente articolo, si provvede, a seguito:

a) della predisposizione, da parte regionale, di misure, anche legislative, idonee e congrue di copertura annuale del rimborso dell'anticipazione di liquidità, maggiorata degli interessi;

b) della presentazione di un piano di pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili, alla data del 31 dicembre 2012, ovvero dei debiti per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine, ivi inclusi i pagamenti in favore degli enti locali, comprensivi di interessi nella misura prevista dai contratti, dagli accordi di fornitura, ovvero dagli accordi transattivi, intervenuti fra le parti, ovvero, in mancanza dei predetti accordi, dalla legislazione vigente;

c) della sottoscrizione di apposito contratto tra il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del Tesoro e la regione interessata, nel quale sono definite le modalità di erogazione e di restituzione delle somme, comprensive di interessi e in un periodo non superiore a 30 anni, prevedendo altresì, qualora la regione non adempia nei termini ivi stabiliti al versamento delle rate di ammortamento dovute, sia le modalità di recupero delle medesime somme da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, sia l'applicazione di interessi moratori. Il tasso di interesse a carico della Regione è pari al rendimento di mercato del Buoni Poliennali del Tesoro a 5 anni in corso di emissione.

4. Alla verifica degli adempimenti di cui alle lettere a), b) e c) del comma 3, provvede un apposito tavolo istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, coordinato dal Ragioniere generale dello Stato o da un suo delegato, e composto:

a) dal Capo Dipartimento degli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri o suo delegato;

b) dal Direttore generale del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze o suo delegato;

c) dal Segretario della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano o suo delegato;

d) dal Segretario della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome o suo delegato.

5. All'atto dell'erogazione, le regioni interessate provvedono all'immediata estinzione dei debiti elencati nel piano di pagamento; dell'avvenuto pagamento e dell'effettuazione delle relative registrazioni contabili la regione fornisce formale certificazione al Tavolo di cui al comma precedente, rilasciata dal responsabile finanziario della Regione ovvero da altra persona formalmente indicata dalla Regione ai sensi dell'articolo 3, comma 6.

6. Il pagamento dei debiti oggetto del presente articolo deve riguardare, per almeno due terzi, residui passivi in via prioritaria di parte capitale, anche perenti, nei confronti degli enti locali, purché nel limite di corrispondenti residui attivi degli enti locali stessi ovvero, ove inferiori, nella loro totalità. Tali risorse devono, ove nulla osti, essere utilizzate dagli enti locali prioritariamente per il pagamento di debiti certi, liquidi ed esigibili maturati al 31 dicembre 2012 ovvero dei debiti per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine. Ogni Regione provvede a concertare con le ANCI e le UPI regionali il riparto di tali pagamenti. Limitatamente alla Regione siciliana, il principio di cui al presente comma si estende anche alle somme assegnate agli enti locali dalla regione e accreditate sui conti correnti di tesoreria regionale.

7. L'ultimo periodo della lettera n-bis), del comma 4, dell'articolo 32, della legge 12 novembre 2011, n. 183 è sostituito dal seguente: "L'esclusione opera nei limiti complessivi di 1.000 milioni di euro per l'anno 2012, di 1.800 milioni di euro per l'anno 2013 e di 1.000 milioni di euro per l'anno 2014.".

8. Al riparto delle risorse di cui al comma precedente si provvede con gli stessi criteri e modalità dettati dall'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

9. Per gli anni 2013 e 2014 il Ministero dello sviluppo economico - Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica - sulla base dei dati acquisiti dal Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato - ai sensi del comma 460, dell'articolo 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, effettua entro il 15 settembre il monitoraggio sull'utilizzo, alla data del 31 luglio, del plafond di spesa assegnato a ciascuna regione e provincia autonoma, rispettivamente, in base al decreto ministeriale 15 marzo 2012 ed in base alle disposizioni di cui al comma 8 del presente articolo. All'esito del predetto monitoraggio, il Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, qualora sulla base delle effettive esigenze di cassa delle regioni e province autonome riferite al primo semestre, riscontri per alcune di esse un'insufficienza e per altre un'eccedenza del plafond di spesa assegnato, dispone con decreto direttoriale, per l'anno di riferimento, la rimodulazione del quadro di riparto del limite complessivo al fine di assegnare un maggiore o minore spazio finanziario alle regioni e province autonome commisurato alla effettiva capacità di spesa registrata nel semestre di riferimento. Il decreto direttoriale di cui al periodo precedente è tempestivamente comunicato al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.


 

 

L'articolo 2 dispone in merito al pagamento dei debiti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e reca un aumento della deroga al patto di stabilità interno concernente le spese per cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali comunitari.

La norma definisce quali sono i debiti per il pagamento dei quali le regioni possono chiedere l'anticipazione di somme (comma 1 e comma 6), le modalità di ripartizione tra le regioni della disponibilità complessiva (comma 2), gli adempimenti cui è tenuta ciascuna regione al fine dell'attribuzione della anticipazione (comma 3), nonché gli adempimenti successivi all'erogazione della stessa (comma 5). Per la verifica degli adempimenti, è istituito un tavolo a composizione mista Stato-Regioni (comma 4).

La norma dispone, infine, per il 2013, un incremento di 800 milioni di euro del limite entro cui è consentito alle regioni escludere dal patto di stabilità le spese per cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali comunitari (commi 7 e 8) e detta disposizioni sulla eventuale successiva correzione della distribuzione delle risorse tra le regioni, in conseguenza degli esiti del monitoraggio sulla capacità di utilizzo delle risorse stesse da parte di ciascuna regione (comma 9).

Pagamento dei debiti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano (commi 1-6)

Il comma 1 dispone che le regioni e le province autonome chiedono - con certificazione congiunta del Presidente e del responsabile finanziario - al Ministero dell’economia e delle finanze, entro il 30 aprile 2013, l’anticipazione di somme da destinare ai pagamenti dei debiti per i quali la regione non è in grado di far fronte per carenza di liquidità. I debiti debbono essere certi liquidi ed esigibili - ovvero quelli per i quali sia stata emessa fattura o analoga certificazione di pagamento - alla data del 31 dicembre 2012; sono compresi i pagamenti nei confronti degli enti locali, mentre sono esclusi i debiti finanziari e sanitari di cui tratta l'articolo 3 del testo in esame.

L'anticipazione è chiesta, specifica la norma, in deroga ai limiti posti dalla normativa vigente alla possibilità di indebitamento da parte regionale. La richiesta di accesso alle anticipazioni, costituisce infatti una forma di indebitamento che, senza la deroga recata dalla norma, violerebbe la disciplina dei limiti all'indebitamento regionale, posti anche dalla disciplina del patto di stabilità interno. In particolare la deroga opera nei confronti dei seguenti limiti:

§      il limite ordinario per le annualità di ammortamento per mutui e altre forme di indebitamento stabilito dalla legge 281/1970 e fissato al 20% delle entrate tributarie non vincolate della regione[24] e comunque gli oneri futuri di ammortamento debbono trovare copertura nell'ambito del bilancio pluriennale della regione;

§      il divieto di ricorrere all'indebitamento per investimenti – questa deroga è stata inserita nel corso dell'esame parlamentare - previsto nell'ambito della disciplina sanzionatoria del patto di stabilità interno recata dall’articolo 32, comma 24, lettera b), della legge di stabilità 2012 (legge n. 183/2011), nel caso in cui il mancato raggiungimento degli obiettivi del patto sia determinato dalla maggiore spesa per interventi correlati ai finanziamenti dell'Unione europea e realizzati con la quota di finanziamento nazionale. In questo caso, infatti, la regione è considerata ugualmente adempiente a condizione - tra l'altro - che nell'anno successivo a quello del mancato obiettivo, non ricorra all'indebitamento per investimenti.

La disponibilità complessiva per le anticipazioni di somme per il pagamento dei debiti per il comparto regioni è definita dal comma 10 dell'articolo 1 del decreto legge in esame[25], come modificato nel corso dell'esame parlamentare, e consiste in 2.528 milioni di euro per l’anno 2013 e di 3.728 milioni di euro per l’anno 2014.

Il comma 2, come modificato nel corso dell'esame parlamentare, dispone che la somma di cui potrà disporre ciascuna regione deve essere definita, in misura proporzionale, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 15 maggio 2013, sia per l'anno 2013 che per l'anno 2014, a seguito di accordo in sede di Conferenza Stato Regioni da concludere entro il 10 maggio 2013, nel quale è anche possibile – precisa il comma - individuare un altro criterio di riparto della disponibilità complessiva tra le regioni e le province autonome.

Nel testo originario del decreto legge era invece prevista l'adozione entro il 15 febbraio 2014 di un secondo decreto del Ministero dell’economia e delle finanze con cui stabilire le somme da concedere proporzionalmente a ciascuna regione quale anticipazione per l’anno 2014.

Il Decreto 14 maggio 2013, a seguito dell'accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni del 9 maggio 2013, reca la ripartizione, per ciascuno degli anni 2013 e 2014 delle somme disponibili alle regioni che ne hanno fatto richiesta (Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Piemonte, Toscana, e Sicilia).

Il comma 3 elenca gli adempimenti necessari al fine dell'erogazione delle somme:

a)   ciascuna regione è tenuta a predisporre misure idonee e congrue di copertura annuale del rimborso dell’anticipazione di liquidità richiesta, comprensiva degli interessi;

b)   ciascuna regione è tenuta a presentare un piano di pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili; dei debiti per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento, nonché dei pagamenti in favore degli enti locali, alla data del 31 dicembre 2012; il piano di pagamento deve comprendere gli interessi nella misura prevista dai contratti o dagli accordi tra le parti o, in mancanza dei predetti accordi, dalla legislazione vigente;

c)   deve essere sottoscritto apposito contratto tra il Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento del Tesoro e la regione interessata, nel quale sono definite: le modalità di erogazione e di restituzione delle somme, comprensive di interessi e in un periodo non superiore a 30 anni; le modalità di recupero delle rate di ammortamento qualora la regione non vi provveda; l’applicazione di interessi moratori. Il tasso di interesse a carico della Regione è fissato il giorno della sottoscrizione prendendo come riferimento il rendimento di mercato del Buoni Poliennali del Tesoro a 5 anni in corso di emissione.

Ai fini della verifica degli adempimenti il comma 4 istituisce un tavolo a composizione mista Stato Regioni, presso il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, coordinato dal Ragioniere generale dello Stato (o da un suo delegato).

Il tavolo è composto da:

a)    dal Capo Dipartimento degli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri o suo delegato;

b)    dal Direttore generale del Tesoro del Ministero dell’economia e delle finanze o suo delegato;

c)    dal Segretario della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano[26] o suo delegato;

d)    dal Segretario della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome[27] o suo delegato.

Una volta erogata l'anticipazione, la regione dovrà immediatamente provvedere al pagamento del debiti inseriti nel "piano di pagamento" e ne dovrà dare formale certificazione al tavolo di verifica degli adempimenti (comma 5).

La certificazione formale è fornita dal responsabile finanziario della Regione ovvero, come modificato nel corso dell'esame parlamentare, da altra persona formalmente indicata dalla Regione di cui al all'articolo 3, comma 6, vale a dire all'atto della richiesta di anticipazione.

La modifica recata in sede parlamentare, che aggiunge un'altro soggetto abilitato a rilasciare la certificazione, è stata introdotta al fine di rendere la disciplina omogenea con quella dettata dall'articolo 3 del decreto legge in esame recante le disposizioni concernenti il pagamento dei debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale. Quella norma infatti (articolo 3, comma 6) prevede la possibilità che la certificazione degli avvenuti pagamenti sia rilasciata – in quel caso - dal responsabile della gestione sanitaria accentrata, ovvero da altra persona formalmente indicata dalla Regione all'atto dell'istanza di anticipazione (disciplinata al comma 4 dell'articolo 3).

Il riferimento all'articolo 3, comma 6 – sopra illustrato - sembrerebbe far intendere che il soggetto debba essere formalmente indicato dalla regione all'atto della richiesta di anticipazione che, nel caso delle Regioni, è disciplina dal comma 1 dell'articolo 2.

 

Con riguardo ai debiti nei confronti degli enti locali, il comma 6 specifica che due terzi dei debiti inseriti nel piano di pagamento della regione deve avere ad oggetto residui passivi, anche perenti, nei confronti degli enti locali, nel limite dei corrispondenti residui attivi degli enti locali stessi, ovvero, ove inferiori, nella loro totalità[28]. In relazione ai residui passivi, una modifica introdotta in sede parlamentare, ha aggiunto la specificazione che questi debbono essere in via prioritaria di parte capitale.

Gli enti locali, a loro volta, dovranno utilizzare le risorse ricevute in tal modo dalla regione, prioritariamente per il pagamento di debiti certi, liquidi ed esigibili maturati al 31 dicembre 2012. Un'altra modifica apportata nel corso dell'esame parlamentare inserisce una forma di concertazione con gli organismi rappresentativi degli enti locali, ANCI per i comuni e UPI per le province, nel senso che ciascuna regione è tenuta a concordare con le associazioni regionali Anci e UPI la ripartizione dei pagamenti tra i comuni e le province.

Una ulteriore disposizione – anch'essa aggiunta nel corso dell'esame parlamentare – riguarda unicamente la Regione siciliana, in relazione ai principi recati dal comma 6 in esame, vale a dire che i 2/3 dei debiti inseriti nel piano di pagamento della regione deve avere ad oggetto residui passivi nei confronti degli enti locali, che a loro volta dovranno utilizzare le risorse ricevute prioritariamente per il pagamento di debiti, nonché le norme sulla concertazione regione-enti locali. Per la Regione siciliana questi principi si applicano anche per le somme assegnate agli enti locali e accreditate sui conti correnti di tesoreria della regione.

La specificazione si rende necessaria in ragione della particolare disciplina - dettata dallo statuto speciale e dalle relative norme di attuazione - che regola la finanza della Regione siciliana e degli enti locali del proprio territorio. Nonostante la regione abbia competenza primaria in materia di enti locali, infatti, essa non provvede con proprie risorse al finanziamento degli enti locali, che continuano quindi a ricevere i finanziamenti da parte dello Stato.

Deroga al patto di stabilità interno (commi 7 -9)

I commi 7 e 8 prevedono una deroga al patto di stabilità interno per le spese per cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali comunitari.

In particolare il comma 7 incrementa la deroga già presente nella disciplina del patto di stabilità. Le spese escluse dal patto di stabilità interno sono elencate al comma 4 dell'articolo 32 della legge di stabilità 2012 (legge n. 183/2011); la lettera n-bis) – introdotta dall’articolo 3, comma 1, del D.L. n. 201 del 2011 - esclude le spese effettuate a valere sulle risorse dei cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali comunitari, nel limite di 1.000 milioni di euro per gli anni 2012, 2013 e 2014.

 

In sostanza la norma richiamata, al fine di agevolare il raggiungimento degli obiettivi di spesa previsti dai programmi regionali cofinanziati dall’Unione europea per il periodo 2007-2013, ha permesso di “non computare” nei saldi del patto di stabilità le spese sostenute dalle regioni a valere sulle proprie risorse, nonché su quelle statali loro trasferite dal Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie. La disposizione ha consentito una accelerazione della capacità di spesa ed evitato il disimpegno automatico delle risorse comunitarie. Al fine di compensare lo “sforamento” del patto, con il comma 2, è stato istituito un fondo, dotato di sola cassa, che compensa gli effetti in termini di fabbisogno e indebitamento.

 

La norma in esame, modifica la disposizione, incrementando il limite per il solo 2013, da 1.000 a 1.800 milioni di euro.

 

La Relazione tecnica al disegno di legge di conversione (A.C. 676) sottolinea come l'integrazione di 800 milioni per il 2013 sia necessaria per consentire alle amministrazioni titolari dei programmi comunitari 2007/2013 di conseguire gli obiettivi posti dai target di spesa al 31 dicembre 2013 al fine di evitare la perdita delle risorse non utilizzate, secondo la regola del disimpegno automatico delle risorse.

La relazione sottolinea, peraltro, che l’ammontare complessivo considerato pari a 1.800 milioni risulta inferiore alla cifra di 2 miliardi necessari per evitare la perdita di risorse comunitarie al 31 dicembre 2013.

L’utilizzo dei fondi strutturali comunitari è stato condizionato dalla difficoltà delle amministrazioni centrali e regionali di utilizzare le risorse comunitarie secondo la tempistica definita dalle norme comunitarie, con il rischio costante di disimpegno delle stesse. Infatti, la c.d. "regola dell'n+2" prevede - per ciascun fondo (Fondo Sociale Europeo - FSE, Fondo Europeo di Sviluppo Regionale - FESR) e per ogni Programma Operativo (PO) - il definanziamento delle risorse non spese entro il biennio successivo all'annualità di riferimento.

Il definanziamento delle risorse comunitarie comporta, inoltre, la parallela riduzione della quota di cofinanziamento nazionale.

Il comma 8 dispone che al riparto delle predette risorse si provvede con gli stessi criteri e modalità dettati dall’articolo 3, comma 2, del D.L. n. 201 del 2011, vale a dire sulla base della chiave di riparto dei fondi strutturali 2007-2013, come già avvenuto per il 2012 con il decreto ministeriale 15 marzo 2012.

Come già illustrato, la deroga al patto di stabilità interno per le spese per cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali comunitari è stata introdotta dall'articolo 3, commi 1 e 1-bis, del D.L. n. 201/2011. Il citato articolo 3 ha inoltre posto la compensazione degli effetti, in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, a valere sulle risorse di un apposito “Fondo di compensazione per gli interventi volti a favorire lo sviluppo”, istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia, con una dotazione in termini di sola cassa di 1 miliardo di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014 (commi 2 e 3).

Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 15 marzo 2012[29], su proposta del Ministro per la coesione territoriale, è stata definita la ripartizione del Fondo di compensazione, sulla base della chiave di riparto dei fondi strutturali 2007-2013, costituita da una percentuale del valore Italia posto come 100.

Per ciascuna regione e provincia autonoma è indicato il limite di spesa entro cui può operare la deroga, a patto che le spese siano effettivamente sostenute a valere sulle risorse dei cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali comunitari.

 

Il comma 9 dispone, infine, che il Ministero dello sviluppo economico - Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, per ciascuno degli anni 2013 e 2014, effettua – entro il 15 settembre - il monitoraggio sull’utilizzo, alla data del 31 luglio, del plafond di spesa assegnato a ciascuna regione e provincia autonoma ai sensi del decreto ministeriale 15 marzo 2012. Il monitoraggio, effettuato sulla base dei dati acquisiti dalla Ragioneria generale dello Stato nell'ambito del monitoraggio del patto di stabilità[30], ha lo scopo di verificare l'utilizzo delle risorse al fine di una eventuale rimodulazione del quadro di riparto del limite complessivo.

Sulla base delle effettive esigenze di cassa di ciascuna regione e qualora venga riscontrato per alcune di esse un’insufficienza e per altre un’eccedenza del plafond di spesa assegnato, con decreto direttoriale si provvede alla rimodulazione del riparto al fine di assegnare un maggiore o minore spazio finanziario alle regioni commisurato alla effettiva capacità di spesa registrata nel semestre di riferimento.

Il riferimento temporale a cui far riferimento per il monitoraggio è stato spostato alla data del 31 luglio (in luogo del 30 giugno), con una modifica in sede parlamentare.


 

Articolo 3
(Pagamenti dei debiti degli enti del
servizio sanitario nazionale – SSN)

 


1. Lo Stato è autorizzato ad effettuare anticipazioni di liquidità alle Regioni ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano a valere sulle risorse della "Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio Sanitario Nazionale" di cui all'articolo 1, comma 10, al fine di favorire l'accelerazione dei pagamenti dei debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale ed in relazione:

a) agli ammortamenti non sterilizzati antecedenti all'applicazione del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118;

b) alle mancate erogazioni per competenza e/o per cassa delle somme dovute dalle regioni ai rispettivi servizi sanitari regionali a titolo di finanziamento del Servizio sanitario nazionale, ivi compresi i trasferimenti di somme dai conti di tesoreria e dal bilancio statale e le coperture regionali dei disavanzi sanitari, come risultanti nelle voci "crediti verso regione per spesa corrente" e "crediti verso regione per ripiano perdite" nelle voci di credito degli enti del SSN verso le rispettive regioni dei modelli SP.

2. In via d'urgenza, per l'anno 2013, il Ministero dell'economia e delle finanze provvede con decreto direttoriale, entro il 15 maggio 2013, al riparto fra le regioni dell'anticipazione di liquidità fino a concorrenza massima dell'importo di 5.000 milioni di euro, in proporzione ai valori di cui al comma 1, lettera a), come risultanti dai modelli CE per il periodo dal 2001 al 2011, ponderati al 50%, e ai valori di cui al comma 1, lettera b) iscritti nei modelli SP del 2011, ponderati al 50%, come presenti nell'NSIS alla data di entrata in vigore del presente decreto. Ai fini dell'erogazione delle risorse di cui al presente comma si applicano le disposizioni di cui al comma 5. Il decreto di cui al presente comma è trasmesso alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano per il tramite della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome ed è pubblicato sul sito del Ministero dell'economia e delle finanze.

3. Con decreto direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze da emanarsi entro il 30 novembre 2013, è stabilito il riparto definitivo, comprensivo anche degli importi previsti per l'anno 2014, fra le regioni dell'anticipazione di liquidità fino a concorrenza massima dell'importo di 14.000 milioni di euro, in proporzione ai valori derivanti dalle ricognizioni delle somme di cui al comma 1, lettere a) e b). Il riparto di cui al presente comma è effettuato sulla base della verifica compiuta dal Tavolo di verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 dell'Intesa fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano del 23 marzo 2005 con riferimento alle ricognizioni delle somme di cui al comma 1, lettera a), per il periodo 2001-2011 e con riferimento alle ricognizioni delle somme di cui al comma 1, lettera b), come risultanti nei modelli SP relativi al consuntivo 2011. Ai fini dell'erogazione per l'anno 2014 delle risorse di cui al presente comma, al netto di quelle già erogate per l'anno 2013 ai sensi del comma 2, si applicano le disposizioni di cui al comma 5. Il decreto di cui al presente comma è trasmesso alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano per il tramite della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome ed è pubblicato sul sito del Ministero dell'economia e delle finanze.

4. Le regioni e le province autonome che, a causa di carenza di liquidità, non possono far fronte ai pagamenti di cui al comma 1 del presente articolo, in deroga all'articolo 10, secondo comma, della legge 16 maggio 1970, n. 281, e all'articolo 32, comma 24, lettera b), della legge 12 novembre 2011, n. 183, trasmettono, con certificazione congiunta del Presidente e del responsabile finanziario, al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimenti del Tesoro e della Ragioneria Generale dello Stato, entro il 31 maggio 2013 l'istanza di accesso all'anticipazione di liquidità di cui al comma 2, ed entro il 15 dicembre 2013 l'istanza di accesso all'anticipazione di liquidità di cui al comma 3, per l'avvio delle necessarie procedure amministrative ai fini di cui al comma 5. Il Ministero dell'economia e delle finanze, con decreto direttoriale, può attribuire alle regioni che ne abbiano fatto richiesta, con l'istanza di cui al primo periodo, entro il 15 dicembre 2013, importi superiori a quelli di cui al comma 3, nei limiti delle somme già attribuite ad altre regioni ai sensi del medesimo comma 3, ma non richieste.

5. All'erogazione delle somme, nei limiti delle assegnazioni di cui al presente articolo, da accreditare sui conti intestati alla sanità di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, si provvede, anche in tranche successive, a seguito:

a) della predisposizione, da parte regionale, di misure, anche legislative, idonee e congrue di copertura annuale del rimborso dell'anticipazione di liquidità, prioritariamente volte alla riduzione della spesa corrente, verificate dal Tavolo di verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 della citata Intesa;

b) della presentazione di un piano di pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili, cumulati alla data del 31 dicembre 2012 e comprensivi di interessi nella misura prevista dai contratti, dagli accordi di fornitura, ovvero dagli accordi transattivi, intervenuti fra le parti, ovvero, in mancanza dei predetti accordi, dalla legislazione vigente, e dettagliatamente elencati, rispetto ai quali il Tavolo di verifica degli adempimenti regionali di cui all'articolo 12 della citata Intesa verifica la coerenza con le somme assegnate alla singola regione in sede di riparto delle risorse di cui rispettivamente ai commi 2 e 3. Nei limiti delle risorse assegnate ai sensi dei commi 2 e 3 e in via residuale rispetto ai debiti di cui al primo periodo della presente lettera, il piano dei pagamenti può comprendere debiti certi, sorti entro il 31 dicembre 2012, intendendosi sorti i debiti per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine;

c) della sottoscrizione di apposito contratto tra il Ministero dell'economia e delle finanze-Dipartimento del Tesoro e la regione interessata, nel quale sono definite le modalità di erogazione e di restituzione delle somme, comprensive di interessi e in un periodo non superiore a 30 anni, prevedendo altresì, qualora la regione non adempia nei termini ivi stabiliti al versamento delle rate di ammortamento dovute, sia le modalità di recupero delle medesime somme da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, sia l'applicazione di interessi moratori. Il tasso di interesse a carico della Regione è pari al rendimento di mercato del Buoni Poliennali del Tesoro a 5 anni in corso di emissione.

6. All'atto dell'erogazione le regioni interessate provvedono all'immediata estinzione dei debiti elencati nel piano di pagamento: dell'avvenuto pagamento e dell'effettuazione delle relative registrazioni contabili la regione fornisce formale certificazione al Tavolo di verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 della citata Intesa, rilasciata dal responsabile della gestione sanitaria accentrata, ovvero da altra persona formalmente indicata dalla Regione all'atto della presentazione dell'istanza di cui al comma 4. Quanto previsto dal presente comma costituisce adempimento regionale ai fini e per gli effetti dell'articolo 2, comma 68, lettera c), della legge 23 dicembre 2009, n. 191, prorogato a decorrere dal 2013 dall'articolo 15, comma 24, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

7. A decorrere dall'anno 2013 costituisce adempimento regionale - ai fini e per gli effetti dell'articolo 2, comma 68, lettera c), della legge 23 dicembre 2009, n. 191, prorogato a decorrere dal 2013 dall'articolo 15, comma 24, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135- verificato dal Tavolo di verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 dell'Intesa fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano del 23 marzo 2005, l'erogazione, da parte della regione al proprio Servizio sanitario regionale, entro la fine dell'anno, di almeno il 90% delle somme che la regione incassa nel medesimo anno dallo Stato a titolo di finanziamento del Servizio sanitario nazionale, e delle somme che la stessa regione, a valere su risorse proprie dell'anno, destina al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale.

8. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano che non partecipano al finanziamento del Servizio sanitario nazionale con oneri a carico del bilancio statale. Dette regioni e province autonome, per le finalità di cui al comma 3, e comunque in caso di avvenuto accesso alle anticipazioni di cui al comma 2, trasmettono al Tavolo di verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 dell'Intesa fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano del 23 marzo 2005, entro il termine del 30 giugno 2013, la documentazione necessaria per la verifica dei dati contenuti nei conti economici e negli stati patrimoniali. Qualora dette regioni e province autonome non provvedano alla trasmissione della certificazione di cui al comma 6, o vi provvedano in modo incompleto, il Ministero dell'economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, è autorizzato a recuperare le somme erogate a titolo di anticipazione di liquidità ai sensi del presente articolo, fino a concorrenza degli importi non certificati, a valere sulle somme alle medesime spettanti a qualsiasi titolo.

9. Nell'ambito del procedimento di cui all'articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, le regioni possono far valere le somme attinte sull'anticipazione di liquidità di cui al presente articolo, con riferimento alle risorse in termini di competenza di cui al comma 1, lettera b), come valutate dal citato Tavolo di verifica degli adempimenti. A tal fine, per l'anno 2013, il termine del 31 maggio di cui al citato articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 è differito al 30 giugno e conseguentemente il termine del 30 aprile è differito al 15 maggio.


 

 

L’articolo 3 concede anticipazioni di liquidità in favore delle regioni e delle province autonome, per il pagamento dei debiti sanitari cumulati al 31 dicembre 2012. Le anticipazioni sono ammesse per un importo massimo di 14 miliardi di euro, di cui 5 miliardi per il 2013 e 9 miliardi per il 201410. I criteri per il riparto delle risorse tra le regioni e le province autonome sono costituiti dall'ammontare degli ammortamenti non sterilizzati e dall'importo delle mancate erogazioni - per competenza e/o per cassa - delle somme dovute dalle regioni ai rispettivi Servizi sanitari.

Le anticipazioni in oggetto sono restituite, insieme con gli interessi, in un periodo non superiore a 30 anni (ai sensi del comma 5, lettera c)).

Si ricorda che la quota di anticipazioni relativa al 2013 è stata già ripartita tra le regioni e le province autonome (nella misura massima prevista di 5 miliardi) con il decreto direttoriale del 16 aprile 2013. La Tabella 1 allegata al decreto reca il riparto fra le regioni. Come stabilito, entro il 31 maggio, le regioni dovevano inoltrare l’istanza di accesso per accedere all’erogazione delle risorse. Non hanno presentato istanza di accesso le regioni a statuto speciale, fatta eccezione per la Sicilia e la Sardegna, le due Province autonome di Trento e Bolzano e le regioni Lombardia, Marche e Basilicata. Sul riparto recato dal decreto direttoriale del 16 aprile 2013 sono pertanto residuate risorse pari a 278.828.000 euro, che lo stesso articolo 3, al comma 4, dà la possibilità di riassegnare, in occasione del secondo riparto definitivo di 9 miliardi, alle regioni che ne facciano richiesta.

Il decreto legge 72/2013, nel testo originario, novellando il contenuto del decreto legge 35/2013, ha anticipato la riassegnazione, disponendo al riguardo che le quote residuate dal riparto effettuato con il decreto direttoriale 16 aprile 2013 possano essere riassegnate alle regioni che ne facciano richiesta, attraverso un aggiornamento del decreto direttoriale di riparto del 16 aprile 2013. Il decreto legge 72/2013 concede priorità, per l’accesso alle anticipazioni, alle regioni in disavanzo e commissariate sottoposte alla procedura di cui all’articolo 1, comma 174, della legge 311/2004. A tal fine, con una novella al comma 9 del presente articolo, il decreto legge 72/2013 differisce dal 30 giugno al 15 luglio 2013, i termini per gli adempimenti previsti dallo stesso articolo 1, comma 174 della legge 311/2004. Si segnala che le regioni concretamente sottoposte alla procedura di cui al sopra citato comma 174 sono Puglia e Piemonte. Il decreto direttoriale 2 luglio 2013 ha pertanto ripartito le risorse pari a 278.828.000 euro, per il 75% per cento alle Regioni Piemonte e Puglia, e per il restante 25% alle Regioni Emilia Romagna e Lazio

 

Come rilevato dalla Corte dei Conti, “la gestione degli enti sanitari si basa essenzialmente sui trasferimenti, per cui il ritardo con cui le Regioni trasferiscono le risorse produce penuria di liquidità, con situazioni di grave deficit finanziario in molte realtà aziendali. La carenza di liquidità alimenta il ricorso alle anticipazioni di tesoreria e la crescita dell’esposizione debitoria nei riguardi dei fornitori. L’indebitamento verso i fornitori costituisce una parte considerevole del debito esposto nei bilanci aziendali, e i forti ritardi nei pagamenti finiscono per snaturare l’essenza del debito, che, contratto per far fronte alle normali esigenze di gestione, dovrebbe afferire al breve periodo. Il mancato pagamento nei termini del debito a scadenza, produce interessi moratori che penalizzano, oltremodo, i già pesanti risultati d’esercizio”[31]. Uno sguardo agli esiti delle analisi finanziarie e contabili della gestione per gli esercizi 2007-2008-2009, effettuata dalle Sezioni regionali di controllo della Corte, conferma, con andamenti diversificati sul territorio nazionale, tale criticità. In questo triennio, nonostante un miglioramento su base annua, si registrano ritardi considerevoli nei pagamenti per molti enti sanitari. In alcuni casi il ritardo arriva a 450 giorni o a 22 mesi.

Come evidenziato nella tabella a seguire, nella composizione del debito, le passività verso i fornitori costituiscono la voce di maggior peso per il quadriennio 2007-2010, toccando nel 2010 i 35,6 miliardi di euro, pari al 67,2% del debito totale.

Come illustrato dalla Relazione Tecnica (RT) al provvedimento, l’articolo in esame prosegue i numerosi interventi in materia di razionalizzazione e controllo della spesa sanitaria, fra cui rientrano gli interventi di razionalizzazione ed armonizzazione dei sistemi contabili e dei bilanci delle regioni, di cui al D.Lgs. 118/2011[32]. In particolare, la disposizione in esame intende rendere stringente l’utilizzo delle quote regionali di finanziamento del SSN, ricevute dalle regioni, per il pagamento dei fornitori di beni e servizi in ambito sanitario. Infatti, le quote del finanziamento statale del SSN, ripartite fra le regioni, e regolarmente incassate dallo Stato o stanziate nel bilancio regionale, frequentemente non vengono erogate dalle regioni agli enti del proprio servizio sanitario regionale, finendo per essere utilizzate per finalità extrasanitarie. Conseguentemente, gli enti dei servizi sanitari regionali, pur autorizzati in termini di competenza ad effettuare acquisti di beni e/o servizi dalla regione di riferimento, si sono trovati nell’impossibilità di assolvere al pagamento dei debiti contratti, a causa della mancata erogazione di cassa.

 

La seconda parte del D.Lgs. 118/2011 reca una disciplina finalizzata ad assicurare l’uniformità dei conti sanitari delle regioni - che, com’è noto, assorbono la quasi totalità delle risorse regionali – nonché degli enti sanitari (aziende sanitarie locali, aziende ospedaliere, policlinici universitari ed altri). L’armonizzazione è diretta a garantire la trasparenza dei dati di bilancio e dei conti, mediante l’individuazione di un modello contenente l’elenco dettagliato delle voci di bilancio utilizzabili, nonché attraverso l’applicazione di criteri omogenei, espressamente precisati nel testo, per procedere alla valutazione delle voci di bilancio.

Di rilievo appare nella nuova disciplina l’esatta perimetrazione, nel bilancio, delle entrate e delle uscite relative al finanziamento del servizio sanitario, per consentire la confrontabilità tra le entrate e le spese iscritte nel bilancio regionale e le risorse indicate negli atti che determinano il fabbisogno sanitario della regione e che, correlativamente, ne individuano le fonti di finanziamento. Per le entrate si dispone la distinzione tra finanziamento ordinario corrente, finanziamento aggiuntivo corrente (derivante dagli automatismi per la copertura dei disavanzi, dagli aumenti delle aliquote fiscali ed altro), finanziamento regionale del disavanzo pregresso e finanziamento per investimenti. Per la spesa si dispone, specularmente, la distinzione tra spesa sanitaria corrente per il finanziamento dei LEA (livelli essenziali di assistenza), spesa per livelli di assistenza superiori ai LEA, spesa per il ripiano del disavanzo pregresso e spesa per investimenti. Anche i flussi di cassa vengono contabilizzati in maniera differenziata.

I modelli gestionali sono differenziati in base alla sussistenza o meno della gestione sanitaria accentrata. Le Regioni che scelgono di gestire direttamente una quota di finanziamento del proprio servizio sanitario in regime di contabilità economico-patrimoniale devono a tal fine individuare nella propria struttura organizzativa uno specifico centro di responsabilità, denominato appunto “gestione sanitaria accentrata presso la regione” con il compito di implementare e tenere una contabilità di tipo economico-patrimoniale in grado di rilevare i rapporti economici, patrimoniali e finanziari intercorrenti fra la singola regione e lo Stato, le altre regioni, le aziende sanitarie e gli altri enti pubblici. Le regioni che non operano tale scelta possono effettuare, a valere sui capitoli di spesa dedicati alla sanità, solo operazioni di trasferimento verso enti del servizio sanitario regionale, ai quali destinano, in ciascun esercizio, l’intero importo del finanziamento previsto nell’esercizio di riferimento; conseguentemente, presso la regione sono trattate le sole operazioni di consolidamento degli enti medesimi.

 

A seguire viene illustrato l’articolo 3 nel dettaglio.

Il comma 1 autorizza l’anticipazione di liquidità a valere sulle risorse della “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del SSN" di cui all'articolo 1, comma 10, del decreto in esame, al fine di favorire l'accelerazione dei pagamenti dei debiti degli enti del SSN. Il riparto fra le regioni e le province autonome dei 14 miliardi è effettuato prendendo come riferimento due grandezze finanziarie all’origine dei ritardi dei pagamenti del SSN:

a)  ammortamenti non sterilizzati antecedenti all'applicazione del D.Lgs. 118/2011;

Dopo diversi anni di richieste statali, è stato convenuto a livello tecnico tra Stato e Regioni un percorso relativo alle scritture contabili degli ammortamenti e delle sterilizzazioni date dai costi capitalizzati. Tale voce, riporta il costo pro quota sostenuto per l’acquisto di beni ad utilità ripetuta (immobili, macchinari, apparecchiature, altri beni di d’investimento) la cui caratteristica è quella di avere un utilizzo che si manifesta in una pluralità di esercizi. L’inclusione degli ammortamenti nel livello della spesa dell’anno 2011 è legata al processo volto al superamento di alcuni criticità rilevate nella registrazione di tale componente di costo e della corrispondente componente di ricavo (c.d. costi capitalizzati) che consente la sterilizzazione degli ammortamenti in termini di risultato di esercizio. La relativa valorizzazione, che si accompagna sul lato delle entrate, alla valorizzazione della eventuale quota di entrate preordinate per la relativa copertura (costi capitalizzati), è stata effettuata sui conti 2011 dalle singole Regioni in sede di avvio del processo di armonizzazione dei procedimenti contabili previsto dall’Intesa Stato-Regioni del 3 dicembre 2009. Tale percorso è stato poi completato dall’entrata in vigore della specifica trattazione contabile prevista nell’ambito del D.Lgs. 118/2011. In particolare è stato previsto di includere nella valutazione del risultato d’esercizio 2011 la quota degli ammortamenti non sterilizzati di competenza 2011 dei beni ad utilità ripetuta entrati in produzione negli anni 2010 e 2011 e, su richiesta regionale, anche degli altri ammortamenti non sterilizzati relativi a beni entrati in produzione prima del 2010. A partire dal 2012 le Regioni dovranno provvedere alla copertura finanziaria degli ammortamenti non sterilizzati di competenza dell’anno. A partire dal 2013 provvederanno, altresì, alla copertura finanziaria degli ammortamenti non sterilizzati pregressi 2001-2010 e delle quote non ancora finanziate nell’arco temporale di 25 anni. Il D.Lgs. 118/2011 ha poi definito le modalità di rappresentazione contabile degli ammortamenti a partire dal 1° gennaio 2012, prevedendo (articolo 29, lettera b)) che l'ammortamento delle immobilizzazioni materiali e immateriali si effettui per quote costanti secondo aliquote individuate nell’allegato al decreto medesimo[33]. Inoltre, i cespiti acquistati utilizzando contributi in conto esercizio, indipendentemente dal loro valore, devono essere interamente ammortizzati nell'esercizio di acquisizione[34].

b) le mancate erogazioni per competenza e/o per cassa delle somme dovute dalle regioni ai rispettivi servizi sanitari regionali a titolo di finanziamento del SSN, compresi i trasferimenti di somme dai conti di tesoreria e dal bilancio statale e le coperture regionali dei disavanzi sanitari, come risultanti nelle voci "crediti verso regione per spesa corrente" e "crediti verso regione per ripiano perdite" nelle voci di credito degli enti del SSN verso le rispettive regioni dei modelli SP (Stato Patrimoniale).

La RT al provvedimento sottolinea che la massa debitoria individuata dalla lettera b) si riferisce alla non avvenuta erogazione, da parte delle regioni, delle risorse regolarmente affluite alle regioni con il riparto del finanziamento statale del SSN. Tale massa debitoria comprende anche la mancata erogazione delle risorse regionali proprie derivanti dal finanziamento sanitario aggiuntivo corrente, regolarmente presenti in termini di competenza di bilancio, e derivanti da:

§       atti regionali di incremento di aliquote fiscali per il finanziamento della sanità regionale;

§       automatismi fiscali intervenuti ai sensi della vigente legislazione in materia di copertura dei disavanzi sanitari;

§       altri atti di finanziamento regionale aggiuntivo, ivi compresi quelli di copertura dei maggiori costi per l’erogazione dei LEA o di erogazione dei livelli di assistenza superiori rispetto ai LEA o da pay back o da iscrizione volontaria al SSN.

Il decreto 15 giugno 2012[35] del Ministro della salute, di concerto con il MEF, ha disciplinato in maniera puntuale l’adozione uniforme di nuovi modelli di rilevazione economica Conto economico (CE) e Stato patrimoniale (SP) delle aziende del SSN, vincolanti a partire dall'anno 2012 per la trasmissione all'NSIS dei dati economici della gestione del SSN e quindi per l'assolvimento del debito informativo ministeriale

Il decreto 17 settembre 2012 del Ministero della Salute, di concerto con il MEF, reca invece norme in materia di certificabilità dei bilanci sanitari volte a regolamentare gli aspetti più prettamente contabili nonché le connesse procedure amministrativo contabili con l'obiettivo di porre le basi per garantire la certificabilità dei bilanci degli enti del SSN. Al fine di garantire uniformità di trattamento contabile dei fatti aziendali in funzione dell'applicazione dei principi di armonizzazione dei sistemi contabili e dei bilanci, con il decreto è stata altresì emanata la casistica applicativa relativa all'implementazione e alla tenuta della contabilità di tipo economico-patrimoniale della gestione sanitaria accentrata (GSA) di cui al D.Lgs. 118/2011 (vedi supra).

Nello specifico la casistica applicativa adottata con il decreto risulta essere la seguente:

§       Gestione sanitaria accentrata - La contabilità economico patrimoniale nella GSA;

§       Gestione sanitaria accentrata - Il finanziamento sanitario ordinario corrente;

§       Gestione sanitaria accentrata - Il finanziamento sanitario aggiuntivo corrente;

§       Gestione sanitaria accentrata - Il finanziamento regionale del disavanzo pregresso;

§       Bilanci delle aziende - La sterilizzazione degli ammortamenti.

L'individuazione dei principi di consolidamento dei bilanci e di redazione del bilancio consolidato, dell'ulteriore casistica per gli enti del SSN, dell'ulteriore casistica per la gestione accentrata regionale e del bilancio consolidato del SSN viene rinviata ad ulteriori decreti da emanarsi a cura del Ministero della Salute di concerto con il MEF (articolo 6, comma 2, decreto 17 settembre 2012).

 

I commi a seguire recano le procedure attuative.

Il comma 2 dispone che, in via d'urgenza, per l'anno 2013, il MEF provveda, entro il 15 maggio 2013[36], con decreto direttoriale, al riparto fra le regioni dell'anticipazione di liquidità fino a una concorrenza massima dell'importo di 5 miliardi di euro.

Come già detto, tale decreto direttoriale è stato già emanato in data 16 aprile 2013.

 

Il riparto delle anticipazioni in esame è operato in proporzione agli ammortamenti non sterilizzati di cui al comma 1, lettera a), come risultanti dai modelli CE per il periodo dal 2001 al 2011, ponderati al 50%, e in proporzione alle somme dovute dalle regioni ai rispettivi servizi sanitari regionali a titolo di finanziamento del SSN di cui al comma 1, lettera b) iscritti nei modelli SP del 2011, anch’essi ponderati al 50%. I valori presi in considerazione sono quelli presenti nel Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) alla data di entrata in vigore del decreto in esame. Ai fini dell'erogazione delle risorse si applicano le disposizioni previste dal successivo comma 5. Il decreto è trasmesso alle Regioni e alle Province autonome per il tramite della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome ed è pubblicato sul sito del MEF.

 

La RT al provvedimento sottolinea che i valori sono ponderati al 50% per correggere i possibili errori derivanti dal recente utilizzo delle procedure contabili introdotte dal D.Lgs. 118/2011.

 

Il comma 3 prevede l’emanazione di un analogo decreto direttoriale del MEF, da emanarsi entro il 30 novembre 2013, di riparto definitivo, fra le regioni, dell'anticipazione di liquidità fino a una concorrenza massima dell'importo di 14 miliardi di euro, comprensivo anche degli importi previsti per l'anno 2014. Le somme sono erogate al netto di quanto già corrisposto a valere sui 5 miliardi di euro per il 2013. Il riparto è effettuato sulla base della verifica compiuta dal Tavolo di verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 dell'Intesa fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome del 23 marzo 2005. Anche in tal caso, ai fini dell’erogazione delle risorse , si applicano le disposizioni previste dal successivo comma 5. La comunicazione alle Regioni e alle Province autonome degli importi assegnati avviene con le stesse modalità precedentemente illustrate.

 

L’intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005 affida la verifica degli adempimenti, cui sono tenute le Regioni, al Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza in condizioni di appropriatezza ed efficacia nell’utilizzo delle risorse (Comitato LEA) che, congiuntamente al Tavolo di verifica degli adempimenti, consente alle Regioni coinvolte di accedere alla quota premiale del 3% (2% per le regioni virtuose che hanno avuto accesso al livello di anticipazione delle risorse sanitarie superiore al 98%) delle somme dovute a titolo di finanziamento della quota indistinta del fabbisogno sanitario al netto delle entrate proprie.

 

Il comma 4 dispone che le regioni trasmettano al MEF, con certificazione congiunta del Presidente e del responsabile finanziario, entro il 31 maggio 2013 ed entro il 15 dicembre 2013 (rispettivamente con riferimento al primo e al secondo riparto di risorse), una richiesta di accesso alle somme assegnate, che avvia il procedimento per l’erogazione delle somme. Per garantire l’intero utilizzo dei 14 miliardi, il MEF, con decreto direttoriale, può attribuire alle regioni che ne facciano richiesta entro il 15 dicembre 2013, importi superiori di quelli stabiliti nel riparto definitivo di cui al comma 3, nei limiti delle somme già attribuite ad altre regioni, ma non richieste.

Nel corso dell’esame parlamentare la disposizione è stata modificata al fine di specificare che la richiesta di accesso alle anticipazioni - da parte delle regioni e province autonome che non possono far fronte ai pagamenti dei debiti degli enti del Servizio Sanitario Nazionale per carenza di liquidità – è effettuata in deroga ai limiti posti dalla normativa vigente alla possibilità di indebitamento da parte regionale. La richiesta di accesso alle anticipazioni, costituisce infatti una forma di indebitamento regionale che, senza la deroga recata dalla norma, violerebbe la disciplina dei limiti all'indebitamento regionale, posti anche dalla disciplina del patto di stabilità interno. In particolare la deroga opera nei confronti dei seguenti limiti:

§      il limite ordinario per le annualità di ammortamento per mutui e altre forme di indebitamento stabilito dalla legge 281/1970 e fissato al 20% delle entrate tributarie non vincolate della regione;

§      il divieto di ricorrere all'indebitamento per investimenti, previsto nell'ambito della disciplina sanzionatoria del patto di stabilità interno recata dall’articolo 32, comma 24, lettera b), della legge di stabilità 2012 (legge n. 183/2011), nel caso in cui il mancato raggiungimento degli obiettivi del patto sia determinato dalla maggiore spesa per interventi correlati ai finanziamenti dell'Unione europea e realizzati con la quota di finanziamento nazionale. In questo caso, infatti, la regione è considerata ugualmente adempiente a condizione - tra l'altro - che nell'anno successivo a quello del mancato obiettivo, non ricorra all'indebitamento per investimenti.

 

Il comma 5 prevede e disciplina le condizioni per l’erogazione alle regioni dell’anticipazione di liquidità, vale a dire:

§      la predisposizione da parte della regioni di misure, anche legislative, verificate dal Tavolo di verifica degli adempimenti (cfr. supra), per assicurare una idonea e congrua copertura annuale del rimborso dell’anticipazione di liquidità. Nel corso dell’esame parlamentare è stato specificato che tali misure devono essere volte prioritariamente alla riduzione della spesa corrente;

§      la presentazione da parte delle regioni di un piano relativo al pagamento dei debiti – comprensivi di interessi - certi, liquidi ed esigibili, cumulati alla data del 31 dicembre 2012 , elencati in modo dettagliato, dei quali il Tavolo di verifica degli adempimenti verifica la coerenza con le somme assegnate in sede di riparto delle risorse. In via residuale e nei limiti delle risorse assegnate il piano può comprendere anche debiti certi sorti entro il 31 dicembre 2012: per debiti sorti si intendono quelli per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il 31 dicembre 2012.

§      la sottoscrizione di un contratto tra il Ministero dell’economia e la regione che definisca le modalità di erogazione e di restituzione delle somme comprensive di interessi e in un periodo non superiore a 30 anni, con un tasso di interesse pari al tasso di rendimento di mercato dei Buoni Poliennali del tesoro a cinque anni in corso di emissione. Nel medesimo contratto devono altresì essere previste le modalità di eventuale recupero delle somme da parte del Ministero qualora la regione non adempia nei termini stabiliti e l’applicazione di interessi moratori.

 

Il comma 6 prevede che all’atto dell’erogazione le regioni interessate provvedono all’immediata estinzione dei debiti elencati nei piani di pagamento e alle conseguenti scritture contabili, dandone certificazione al Tavolo di verifica degli adempimenti, rilasciata dal responsabile della gestione sanitaria accentrata o da altra persona formalmente indicata dalla Regione.

Come evidenziato dalla RT tale certificazione non potrà essere elusa, in quanto la norma stabilisce che essa costituisce un adempimento ai fini dell’ordinario accesso delle regioni alle quote premiali del finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale , ai sensi dell’articolo 2, comma 68, lettera c) della legge n. 191 del 2009[37], prorogato, a decorrere dal 2013, dal comma 24 dell’articolo 15 del D.L. n. 95/2012[38].

Come ricordato in precedenza, l’articolo 22 del D.Lgs. 118/2011 stabilisce che le Regioni che scelgono di gestire direttamente una quota di finanziamento del proprio servizio sanitario in regime di contabilità economico-patrimoniale, individuano nella propria struttura organizzativa uno specifico centro di responsabilità: la gestione sanitaria accentrata presso la regione. Il centro di responsabilità ha l’obbligo di implementare e tenere una contabilità di tipo economico patrimoniale in grado di rilevare i rapporti economici, patrimoniali e finanziari, relativi alle operazioni finanziate con risorse destinate al servizio sanitario regionale di riferimento, fra la singola regione e lo Stato, le altre regioni, le aziende sanitarie, gli enti pubblici nonché ulteriori enti terzi.

Le regioni individuano un responsabile della gestione accentrata che è tenuto all’elaborazione e all’adozione del bilancio di esercizio della gestione accentrata e alla coerente compilazione dei modelli del conto economico (CE) e stato patrimoniale (SP)[39] nonché alla redazione del bilancio sanitario consolidato mediante il consolidamento dei conti della gestione accentrata e dei conti degli enti del servizio sanitario regionale (aziende sanitarie locali, aziende ospedaliere, IRCCS anche se trasformati in fondazioni e aziende ospedaliere universitarie integrate). In sede di consolidamento il responsabile della gestione sanitaria accentrata e il responsabile della predisposizione del bilancio regionale assicurano l’integrale raccordo e riconciliazione tra le poste iscritte e contabilizzate secondo il principio della competenza economica e quelle iscritte in contabilità finanziaria. Successivamente, il responsabile della gestione accentrata sottopone all’approvazione della Giunta regionale sia il bilancio preventivo economico annuale consolidato sia il bilancio d’esercizio consolidato.

Ai sensi del successivo articolo 23 del citato decreto legislativo le regioni che non istituiscono un centro di responsabilità per la gestione accentrata, devono darne comunicazione al MEF e al Ministero della salute. Le regioni che operano tale scelta possono effettuare, a valere sui capitoli di spesa dedicati alla sanità, solo operazioni di trasferimento verso enti del servizio sanitario regionale, ai quali destinano, in ciascun esercizio, l’intero importo del finanziamento previsto nell’esercizio di riferimento. Conseguentemente, presso la regione sono trattate le sole operazioni di consolidamento degli enti del servizio sanitario regionale e, a tal fine, è individuato formalmente un responsabile.

 

Il comma 7 introduce un nuovo adempimento regionale, ai fini dell’ordinario accesso delle regioni alle quote premiali del finanziamento del Servizio sanitario Nazionale, verificato dal Tavolo di verifica degli adempimenti. Esso è costituito dall’erogazione da parte della regione al proprio Servizio sanitario regionale entro la fine dell’anno di almeno il 90% delle somme che la regione incassa dallo Stato a titolo di finanziamento del Servizio sanitario Nazionale stesso, nonché delle somme che le stesse, a valere su risorse proprie, destinano al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale.

 

La legge statale determina annualmente il fabbisogno sanitario, cioè il livello complessivo delle risorse del Servizio sanitario nazionale (SSN) al cui finanziamento concorre lo Stato. Tale fabbisogno nella sua componente cosiddetta indistinta (una quota del finanziamento è vincolata al perseguimento di determinati obiettivi sanitari), è finanziato dalle seguenti fonti:

§       entrate proprie degli enti del SSN (ticket) in un importo definito e cristallizzato in seguito ad un'intesa fra lo Stato e le Regioni;

§       imposta regionale sulle attività produttive - IRAP (nella componente di gettito destinata al finanziamento della sanità), nonché addizionale regionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche - IRPEF, entrambe le imposte quantificate nella misura dei gettiti determinati dall'applicazione delle rispettive aliquote base nazionali, vale a dire non tenendo conto dei maggiori gettiti derivanti dalle manovre fiscali regionali eventualmente attivati dalle singole Regioni;

§       compartecipazione delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano: tali enti compartecipano al finanziamento sanitario fino a concorrenza del fabbisogno non soddisfatto dalle fonti di cui ai precedenti punti a) e b), tranne la Regione siciliana, per la quale l'aliquota di compartecipazione e' fissata dal 2009 nella misura del 49,11 per cento del suo fabbisogno sanitario (legge 296/2006 art. 1, comma 830);

§       bilancio dello Stato: esso finanzia il fabbisogno sanitario non coperto dalle precedenti fonti di finanziamento attraverso la compartecipazione all'imposta sul valore aggiunto - IVA (destinata alle Regioni a statuto ordinario) ed attraverso il Fondo sanitario nazionale (cap. 2700, tab. 2 del bilancio dello stato, Ministero economia e finanze, di cui una quota è destinata alla Regione siciliana, mentre il resto complessivamente finanzia anche altre spese sanitarie vincolate a determinati obiettivi).

Per ogni esercizio finanziario, in relazione al livello del finanziamento del SSN stabilito per l'anno di riferimento, al livello delle entrate proprie, ai gettiti fiscali attesi e, per la Regione siciliana, al livello della compartecipazione regionale al finanziamento, e' determinato, a saldo, il finanziamento a carico del bilancio statale nelle due componenti della compartecipazione IVA e del Fondo sanitario nazionale.

La composizione del finanziamento del SSN nei termini suddetti e' evidenziata nei cosiddetti "riparti" (assegnazione del fabbisogno alle singole Regioni ed individuazione delle fonti di finanziamento) proposti dal Ministero della Salute su i quali si raggiunge un'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni e che sono poi recepiti con propria delibera dal Comitato interministeriale per la programmazione economica - CIPE.

Il livello del finanziamento sanitario, erogato alle Regioni in corso d'anno anche ricorrendo, ove necessario, ad anticipazioni di tesoreria, al fine di non condizionarlo all'andamento del ciclo economico e, in ultima analisi, all'andamento delle entrate fiscali, e' garantito da un meccanismo di salvaguardia (ai sensi dell'art. 39, comma. 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, dell'art. 13 del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, e dell'art. 1, comma 321, della legge 23 dicembre 2005, n. 266), grazie al quale il bilancio dello Stato, con apposito capitolo determinato annualmente nella tabella 'C' della legge di stabilità - Fondo di garanzia, (cap. 2701 tab. 2 del bilancio dello Stato, Ministero economia e finanze), provvede a compensare l'eventuale mancato gettito fiscale dell'IRAP (sanità) e dell'addizionale regionale all'IRPEF relativi agli esercizi precedenti, a seguito della loro definitiva quantificazione.

 

Il comma 8 prevede la disciplina applicabile alle Regioni a Statuto speciale e alle province autonome che non partecipano al finanziamento del Servizio sanitario nazionale con oneri a carico del bilancio statale.

 

Le Regioni a Statuto speciale, attualmente nella quasi totalità ad eccezione, in parte, della Sicilia, provvedono direttamente al finanziamento dall'assistenza sanitaria nel loro territorio senza alcun onere a carico dello Stato.

Il sistema di finanziamento di questi enti prevede che attraverso le entrate fiscali che esse ricevono sotto forma di compartecipazioni ai tributi erariali (le cui quote sono stabilite negli statuti speciali e nelle norme di attuazione) essi provvedono al finanziamento integrale dell'esercizio delle funzioni ad essi attribuite (dallo statuto speciale e dalle norme di attuazione).

In particolare la regione Valle d’Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano, ai sensi dell’articolo 34, comma 3 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, la Regione Friuli Venezia Giulia ai sensi dell’articoli 1, comma 144 della legge 662/1996, e la Regione Sardegna, ai sensi dell’articolo 1, comma 836 della legge 296/2006, provvedono al finanziamento del rispettivo fabbisogno senza alcun apporto a carico del Bilancio dello Stato.

Per la regione Sicilia, invece, ai sensi della legge 296/2006 articolo 1 comma 830, l'aliquota di partecipazione alla spesa sanitaria è fissata nella misura del 49,11 (la norma dispone l’aumento progressivo della percentuale di spesa sanitaria posta a carico del bilancio della Regione siciliana: 44,85 per cento per l’anno 2007, 47,05 per cento per l’anno 2008 e 49,11 per cento per l’anno 2009). Essa perciò, per la parte restante, rientra nella ripartizione del Fondo sanitario nazionale.

 

Tali enti sono tenuti, ai fini del riparto di cui al comma 3 dell’articolo in esame e comunque in caso di avvenuto accesso alle anticipazioni di liquidità di cui al comma 2, a trasmettere al Tavolo di verifica degli adempimenti sopracitato, entro il 30 giugno 2013, la documentazione necessaria per la verifica dei dati contenuti nei conti economici e negli stati patrimoniali. In caso di mancata o incompleta trasmissione delle certificazioni di cui al comma 6, non essendo attivabili i meccanismi previsti dal medesimo comma 6 per le regioni a statuto ordinario, viene stabilito che il Ministro dell’economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sia autorizzato a recuperare le somme erogate a titolo di anticipazione di liquidità.

 

Infine il comma 9 detta disposizioni dirette a consentire il coordinamento tra le nuove norme introdotte con l’articolo in esame e il procedimento di verifica degli adempimenti regionali di cui all’articolo 1, comma 174, della legge 311/2004, nei casi di disavanzi di gestione del servizio sanitario regionale. Nell’ambito di tale procedimento, viene disposto che le regioni possano far valere le somme attinte sull’anticipazione di liquidità, con riferimento alle risorse in termini di competenza di cui al comma 1, lettera b). A tal fine è disposto uno slittamento per l’anno 2013 dei termini di cui al citato comma 174, disponendo che il termine del 30 aprile – entro il quale le regioni devono adottare i provvedimenti per ripianare il disavanzo - sia differito al 15 maggio e quello del 31 maggio - entro il quale spetta al commissario ad acta l’adozione dei medesimi provvedimenti - sia differito al 30 giugno. Come già detto, il termine del 30 giugno è stato differito al 15 luglio 2013 dal testo originario del decreto legge 72/2013.

 

Il citato comma 174 prevede, per quelle regioni che abbiano presentato nuovi disavanzi nella spesa sanitaria, sulla base del quarto monitoraggio trimestrale, a fronte dei quali non siano stati adottati gli opportuni e necessari provvedimenti, la diffida del Presidente del Consiglio alle regioni a provvedervi entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento. In caso di persistente inadempimento della regione entro i successivi trenta giorni il presidente della regione, in qualità di commissario ad acta, approva il bilancio di esercizio consolidato del Servizio sanitario regionale al fine di determinare il disavanzo di gestione e adotta i necessari provvedimenti per il suo ripianamento, ivi inclusi gli aumenti dell'addizionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche e le maggiorazioni dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive entro le misure stabilite dalla normativa vigente. Qualora i provvedimenti necessari per il ripianamento del disavanzo di gestione non vengano adottati dal commissario ad acta entro il 31 maggio, nella regione interessata, con riferimento agli anni di imposta 2006 e successivi, si applicano comunque il blocco automatico del turn over del personale del servizio sanitario regionale fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in corso, il divieto di effettuare spese non obbligatorie per il medesimo periodo e nella misura massima prevista dalla vigente normativa l'addizionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche e le maggiorazioni dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive; scaduto il termine del 31 maggio, la regione non può assumere provvedimenti che abbiano ad oggetto l'addizionale e le maggiorazioni d'aliquota delle predette imposte ed i contribuenti liquidano e versano gli acconti d'imposta dovuti nel medesimo anno sulla base della misura massima dell'addizionale e delle maggiorazioni d'aliquota di tali imposte. Gli atti emanati e i contratti stipulati in violazione del blocco automatico del turn over e del divieto di effettuare spese non obbligatorie sono nulli. In sede di verifica annuale degli adempimenti la regione interessata è tenuta ad inviare una certificazione, sottoscritta dal rappresentante legale dell’ente e dal responsabile del servizio finanziario, attestante il rispetto dei predetti vincoli.


 

Articolo 3-bis
(Modifiche all’articolo 1, comma 34-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 concernente il finanziamento di progetti regionali
in materia sanitaria)

 

1. All'articolo 1, comma 34-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «A decorrere dall'anno 2013, il predetto acconto del 70 per cento è erogato a seguito dell'intervenuta intesa, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sulla ripartizione delle predette quote vincolate per il perseguimento degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale indicati nel Piano sanitario nazionale.».

 

 

L'articolo 3-bis, inserito nel corso dell’esame parlamentare, concerne gli acconti sulle quote vincolate per progetti relativi ad obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale indicati nel Piano sanitario nazionale.

L’articolo, aggiungendo un periodo all’articolo 1, comma 34-bis, della legge 662/1996, dispone che il Ministero dell'economia e delle finanze provveda ad erogare, a titolo di acconto, il 70 per cento dell’importo complessivo annuo (delle suddette quote) spettante a ciascuna regione. In particolare, a decorrere dal 2013, l’acconto del 70 per cento è erogato a seguito dell’intesa, in sede di Conferenza Stato-regioni, sul riparto delle stesse quote vincolate, intesa già richiesta dalla normativa vigente. La novella dispone, in sostanza, che l'acconto sia erogato a prescindere dalla delibera del CIPE relativa al riparto delle quote vincolate, delibera che è adottata, su proposta del Ministro della salute, successivamente alla summenzionata intesa.

Si ricorda che l’erogazione del restante 30 per cento è subordinata all’approvazione, da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, su proposta del Ministro della salute, dei progetti presentati dalle regioni, comprensivi di una relazione illustrativa dei risultati raggiunti nell’anno precedente[40]


 

Articolo 4
(Verifica equilibri strutturali delle regioni)

 

1. Al fine di garantire effettività al raggiungimento degli obiettivi programmati di finanza pubblica, per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano che abbiano sottoscritto i contratti di cui agli articoli 2 e 3 la possibilità di sottoscrivere nuovi prestiti o mutui a qualunque titolo e per qualsiasi finalità e di prestare garanzie per la sottoscrizione di nuovi prestiti o mutui da parte di enti e società controllati o partecipati resta subordinata all'attestazione regionale da cui risulti, oltre al conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l'anno precedente, la condizione che il bilancio regionale presenti una situazione di equilibrio strutturale. Dette condizioni sono verificate dai Tavoli di verifica di cui all'articolo 2, comma 4 e all'articolo 3, comma 3, e recepite in apposita delibera del Consiglio dei Ministri di autorizzazione all'indebitamento.

 

 

Al fine del rispetto degli equilibri di finanza pubblica, per le regioni che abbiano sottoscritto i contratti per ottenere anticipazioni di somme per il pagamento dei debiti, l'articolo 4 in esame, condiziona la possibilità di sottoscrivere nuovi prestiti o mutui, oltre che all'osservanza del patto di stabilità come già previsto nella legislazione vigente, alla verifica che il bilancio regionale presenti una situazione di equilibrio strutturale. Tali presupposti devono risultare da una apposita “attestazione regionale”.

La norma non definisce le caratteristiche che comportano l’”equilibrio strutturale” del bilancio; caratteristiche che non sono peraltro desumibili per analogia dalle normative contabili.

L’unico possibile riferimento potrebbe ritenersi rinvenibile nella definizione di indebitamento netto strutturale rilevante ai fini dei vincoli di finanza pubblica previsti in sede di Unione Europea: questo è pari al valore dell’indebitamento netto nominale corretto per gli effetti del ciclo economico sulle componenti di bilancio e per gli effetti delle misure una tantum e temporanee. Può anche citarsi la legge 24 dicembre 2012, n.243, il cui articolo 2, comma 1, lettera e) definisce come “saldo strutturale” il saldo del conto consolidato (delle amministrazioni pubbliche) corretto per gli effetti del ciclo economico al netto delle misure una tantum e temporanee. Si tratta, tuttavia, di riferimenti di carattere generale, che non appaiono agevolmente riferibili all’equilibrio strutturale del bilancio previsto dalla norma in esame.

Queste condizioni sono necessarie per la sottoscrizione di mutui o prestiti a qualsiasi titolo e per qualsiasi finalità, come pure per prestare garanzie per la sottoscrizione di nuovi prestiti o mutui da parte di enti e società controllati o partecipati. La verifica delle condizioni è affidata ai due Tavoli di verifica previsti dal decreto-legge in esame: il Tavolo di verifica degli adempimenti relativi all'erogazione delle anticipazione per il pagamento dei debiti delle regioni, istituito dall'articolo 2 comma 4, e il Tavolo di verifica degli adempimenti regionali in materia sanitaria richiamato dall'articolo 3, comma 3, in relazione alle anticipazioni per il pagamento dei debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale.

Si ricorda che la disciplina del sistema sanzionatorio in caso di non raggiungimento degli obiettivi del patto stabilità, prevede comunque la necessità che mutui e prestiti obbligazionari sottoscritti dalla regione, siano corredati da una certificazione di attestazione dell’osservanza del patto di stabilità per l’anno precedente; così dispone, da ultimo il comma 462 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2013 (L. 228/2012) norma che ripete – con minime modiche - le sanzioni già previste dall'articolo 7, comma 1, del D.Lgs. 149/2011, recante meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni in attuazione della delega per l'attuazione del federalismo fiscale.


 

Articolo 5
(Pagamento dei debiti delle Amministrazioni dello Stato)
)

 


1. Ai fini dell'estinzione dei debiti dei Ministeri per obbligazioni giuridicamente perfezionate relative a somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali, maturati alla data del 31 dicembre 2012, a fronte dei quali non sussistono residui passivi anche perenti, ciascun Ministero predispone un apposito elenco dei debiti scaduti in ordine cronologico con l'indicazione dei relativi importi. Gli elenchi sono trasmessi entro il 30 aprile 2013 al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento Ragioneria generale dello Stato per il tramite del competente Ufficio Centrale di Bilancio. In apposito allegato, anche da pubblicare sul sito internet istituzionale di ciascun Ministero, i predetti debiti sono aggregati per il pertinente capitolo/articolo di spesa con separata evidenza di quelli relativi a fitti passivi.

2. Per garantire il concorso al pagamento dei debiti di cui al comma 1, con priorità per il pagamento delle spese diverse dai fitti passivi, il fondo di cui all'articolo 1, comma 50, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è incrementato di 500 milioni di euro per l'anno 2013. In caso di insufficienza delle risorse stanziate rispetto ai debiti accertati dai Ministeri interessati, il predetto fondo è ripartito entro il 15 maggio 2013 con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze proporzionalmente sulla base delle richieste pervenute entro il termine perentorio previsto al comma 1, complete degli elenchi di cui al medesimo comma. Le predette somme sono destinate esclusivamente al pagamento dei debiti inclusi nei suddetti elenchi.

3. Ai fini del monitoraggio, le Amministrazioni trasmettono ai rispettivi Uffici Centrali di Bilancio, con cadenza trimestrale, un prospetto dei pagamenti dei debiti di cui al comma 1, evidenziando altresì quelli che non hanno potuto essere estinti. L'Ufficio centrale di bilancio trasmette alla Corte dei conti, per gli effetti di cui all'articolo 23, comma 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, una relazione finale relativamente alle somme effettivamente impegnate e pagate con riferimento agli importi indicati negli elenchi di cui al comma 1.

4. Per la eventuale quota dei debiti non soddisfatta con il Fondo di cui al comma 2 e al fine di prevenire il formarsi di nuove situazioni debitorie, i Ministeri interessati, entro il 15 giugno 2013, definiscono con apposito decreto del Ministro competente di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da comunicare alle competenti Commissioni Parlamentari e alla Corte dei conti, un piano di rientro volto al conseguimento di risparmi attraverso misure di razionalizzazione e riorganizzazione della spesa. Ai fini del suddetto piano di rientro possono essere utilizzate le dotazioni finanziarie delle spese rimodulabili di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

5. I Nuclei di analisi e valutazione della spesa di cui all'articolo 39 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e successive modificazioni, monitorano l'attuazione dei piani di rientro di cui al comma 4.

6. In caso di mancata adozione del piano di rientro entro i termini previsti, il Ministro competente entro il 15 luglio 2013 invia apposita relazione sulle cause dell'inadempienza alle competenti Commissioni Parlamentari e alla Corte dei conti.

7. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate e del territorio sono stabiliti i termini e le modalità attuative per la riprogrammazione delle restituzioni e dei rimborsi delle imposte al fine di determinare un incremento delle corrispondenti erogazioni per un importo complessivo non superiore a 2.500 milioni di euro per l'anno 2013 e 4.000 milioni per l'anno 2014.


L’articolo 5 reca norme finalizzate all’estinzione dei debiti dei Ministeri per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali, maturati alla data del 31 dicembre 2012, entro l’importo di 500 milioni di euro nel 2013.

Esso dispone inoltre, al comma 7, la riprogrammazione delle restituzioni e dei rimborsi delle imposte, al fine di determinare un incremento delle corrispondenti erogazioni per un importo complessivo non superiore a 2.500 milioni per il 2013 e a 4.000 milioni per il 2014.

Estinzione dei debiti pregressi dei Ministeri (commi 1-6)

In particolare, il comma 1 prevede che ciascun Ministero provveda a predisporre un apposito elenco dei debiti per obbligazioni giuridicamente perfezionate relative a somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali, maturati alla data del 31 dicembre 2012, a fronte dei quali non sussistono residui passivi anche perenti.

 

In base alla normativa contabile vigente, di definiscono residui passivi propri del bilancio dello Stato le spese impegnate, ma rimaste da pagare. Ai sensi dell’articolo 36 del regio decreto n. 2440 del 1923, i residui passivi delle spese correnti e delle spese in conto capitale impegnate ma non ancora pagate sono mantenuti in bilancio per i due esercizi successivi a quello nel quale le somme corrispondenti sono state inizialmente stanziate. Decorsi i termini per il loro mantenimento in bilancio, tali residui sono eliminati dal conto del bilancio, in quanto perenti in via amministrativa. Poiché a tali residui continuano a sottostare i relativi impegni giuridici di spesa, il relativo importo viene riscritto come debito nel conto del patrimonio[41].

 

La locuzione obbligazioni giuridicamente perfezionate “a fronte dei quali non sussistono residui passivi anche perenti” fa riferimento ai debiti collocatifuori bilancio”, vale a dire – secondo la definizione contenuta nella Circolare della Ragioneria Generale dello Stato n. 38/2010 - ai debiti delle Amministrazioni statali conseguenti ad obbligazioni per le quali non si sono concluse le procedure contabili previste dall'ordinamento e che quindi non hanno trovato corrispondente evidenziazione in bilancio.

Con riferimento ai debiti fuori bilancio, si sottolinea che si tratta di debiti di cui, al momento della loro formazione, non vi è alcuna evidenza nel bilancio dello Stato, per il fatto che l’Amministrazione ha assunto obblighi per una somma superiore alle effettive risorse finanziare a disposizione. Tali obblighi sono generalmente legati ad oneri di natura corrente, destinati al funzionamento delle Amministrazione e spesso a contratti con effetti pluriennali per i quali l’impegno annuo è stato assunto in anni precedenti.

Come per i residui passivi perenti, anche i debiti fuori bilancio contribuiscono a spostare ad esercizi futuri il pagamento di oneri dovuti a terzi per obbligazioni giuridicamente perfezionate. Nel Rapporto sulla spesa delle Amministrazioni centrali dello Stato (DOC. CCXLVIII, n. 1), i debiti pregressi relativi alle spese di funzionamento delle Amministrazioni centrali dello Stato, accertati al 31 dicembre 2011, erano pari 997,5 milioni di euro.

Al riguardo, si ricorda che, a decorrere dal 2006, con specifiche norme, sono state stanziate, su un apposito fondo: Fondo da ripartire per l'estinzione dei debiti pregressi contratti dalle Amministrazioni centrali dello Stato nei confronti di enti, società, persone fisiche, istituzioni ed organismi vari, istituito dall’articolo 1, comma 50, della legge n. 266/2005, le risorse finanziarie necessarie per lo smaltimento progressivo del fenomeno.

Il Fondo, iscritto sul capitolo 3084/Economia, aveva una dotazione iniziale di 70 milioni di euro per l'anno 2006 e di 200 milioni per ciascuno degli anni 2007 e 2008 ed è stato successivamente rifinanziato, dapprima con D.L. n. 185/2008, al fine di assicurare l’estinzione dei crediti dei Ministeri fino a tutto il 2007, poi con il D.L. n. 5/2009, che ha esteso l'applicazione della norma anche ai crediti maturati verso i Ministeri nel corso dell’anno 2008, infine, con l’articolo 10, comma 17, del D.L. n. 98/2011, per provvedere all'estinzione dei crediti maturati nei confronti dei Ministeri fino alla data del 31 dicembre 2010.

Da ultimo, per provvedere all’estinzione dei debiti maturati nei confronti dei Ministeri alla data del 31 dicembre 2011, per spese relative a consumi intermedi, è intervenuto l’articolo 35, comma 2, del D.L. n. 1/2012, che ha rifinanziato il Fondo di 1 miliardo di euro per il 2012.

Nel citato Rapporto sulla spesa delle Amministrazioni centrali dello Stato, il Ministero del’economia ha rilevato che sebbene il fenomeno dei debiti pregressi (anche fuori bilancio) delle Amministrazioni centrali dello Stato appaia in diminuzione (i debiti accertati al 31 dicembre 2011 erano pari 997,5 milioni di euro, a fronte di 1.1548 milioni del 2010), le disponibilità del Fondo per il ripiano dei debiti e l’attività di accertamento annuale non sembrano aver inciso strutturalmente sulla portata del fenomeno non conducendo ad una estinzione dei debiti pregressi nelle varie annualità.

 

Il comma 1 dispone che gli elenchi dei debiti scaduti, redatti in ordine cronologico con l’indicazione dei relativi importi, sono trasmessi, per il tramite del coesistente Ufficio Centrale di Bilancio, entro il 30 aprile 2013 al Ministero dell’economia e delle finanze. In apposito allegato, i predetti debiti sono aggregati per il pertinente capitolo/articolo di spesa, con separata evidenza di quelli relativi a fitti passivi.

 

Per garantire il concorso al pagamento dei suddetti debiti, il comma 2 rifinanzia di 500 milioni di euro per il 2013 il Fondo per l’estinzione dei debiti pregressi delle amministrazioni centrali, istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 50, della legge n. 266/2005 (capitolo 3084/Economia).

 

La norma precisa che nel pagamento dei debiti pregressi va data priorità al pagamento delle spese diverse dai fitti passivi.

 

In caso di insufficienza delle risorse stanziate rispetto ai debiti accertati dai Ministeri interessati, il Fondo medesimo viene ripartito proporzionalmente, con decreto del Ministero dell’economia e finanze entro il 15 maggio 2013, sulla base delle richieste pervenute entro il termine perentorio del 30 aprile previsto al comma 1.

Le somme ripartite sono destinate esclusivamente al pagamento dei debiti inclusi negli elenchi.

 

Nella Circolare della Ragioneria generale dello Stato n. 18 del 12 aprile 2013, applicativa delle norma in commento, si specifica che - a differenza degli anni precedenti - le risorse finanziarie assegnate ai Ministeri interessati potranno essere utilizzate per il pagamento di somme dovute relative a spese sia correnti che in conto capitale riferibili alle tipologie di contratti indicati all’art. 5, comma 1 (somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali).

 

Le risorse autorizzate dal comma 2 sono state trasferite sul capitolo 3084/Economia relativo al Fondo estinzione debiti pregressi con il DMT n. 30281 del 10 aprile 2013 e successivamente ripartite tra i Ministeri interessati con DMT 40124 del 15 maggio 2013.

Secondo quanto riportato nel documento depositato dal Ministro dell’economia e finanze nel corso dell’Audizione tenutasi presso la Commissione Bilancio della Camera in data 3 luglio 2013, tutti i Ministeri hanno trasmesso gli elenchi previsti dal comma 1 e l’ammontare complessivo delle richieste avanzate dalle amministrazioni è stato di circa 1.290 milioni di euro.

Le somme assegnate ai Ministeri sono in corso di pagamento (eccettuati 65 milioni destinati a spese per fitto locali).

 

Il comma 3 prevede il monitoraggio dei relativi pagamenti da parte degli Uffici Centrali di bilancio, ai quali le amministrazioni trasmettono, con cadenza trimestrale, i prospetti dei pagamenti dei debiti, nonché l’indicazione di quelli che non è stato possibile estinguere.

A loro volta, gli Uffici Centrali di bilancio trasmettono una relazione finale alla Corte dei Conti sulle somme effettivamente impegnate e pagate.

 

Qualora l’ammontare dei debiti dovesse risultare superiore all’importo di 500 milioni di euro, il comma 4 dispone che i Ministeri interessati definiscano, entro il 15 giugno 2013, per la quota di debiti non soddisfatta con il Fondo, un piano di rientro volto al conseguimento dei necessari risparmi attraverso misure di razionalizzazione e riorganizzazione della spesa, anche al fine di prevenire il formarsi di nuove situazioni debitorie.

Il piano di rientro, definito con apposito decreto del Ministro competente di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, deve essere comunicato alle competenti Commissioni Parlamentari e alla Corte dei conti.

La norma precisa che ai fini del suddetto piano di rientro possono essere utilizzate le dotazioni finanziarie delle spese rimodulabili del bilancio dello Stato, come definite ai sensi dell’articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196[42].

 

Provvedono al monitoraggio dell’attuazione dei suddetti piani di rientro i Nuclei di analisi e valutazione della spesa[43] (comma 5).

 

Nella Circolare della Ragioneria generale dello Stato n. 27 del 6 giugno 2013 sono state fornite ulteriori indicazioni circa le modalità applicative dei commi 3-5 dell’articolo 5 relativi ai piani di rientro. La circolare ha specificato che devono essere inclusi nel piano di rientro i fitti passivi e le posizioni debitorie già considerate negli elenchi trasmessi dalle Amministrazioni, che non sono state oggetto di riparto del Fondo per l’estinzione dei debiti pregressi. Inoltre, potranno essere altresì inclusi nei piani di rientro eventuali ulteriori debiti non considerati negli elenchi trasmessi dalle amministrazioni, che riguardino obbligazioni giuridicamente perfezionate, maturate alla data del 31 dicembre 2012, a fronte delle quali non sussistono residui passivi anche perenti e non ancora estinte.

Inoltre, ai fini dell’attuazione del piano, nelle more della definizione del complesso delle citate misure di razionalizzazione e riorganizzazione della spesa, alle amministrazioni è stato concesso (cfr. Circolare RGS n. 24 del 13 maggio 2013) di effettuare le rimodulazioni tra le spese di cui all’art. 21, comma 5, lett. b) della legge n. 196/2009, anche attraverso apposite variazioni compensative da proporre in fase di predisposizione del disegno di legge di assestamento per l’anno 2013.

Inoltre, la Circolare prevede che nel piano devono essere indicate le modalità con cui procedere alla ridotazione, a carattere pluriennale, di quei capitoli di spesa che hanno ripetutamente presentato nel corso degli ultimi anni l’insorgenza di debiti cd. “fuori bilancio”, con indicazione - per singoli capitoli oppure per voci tematiche rilevanti che raggruppano più capitoli di spesa, le cause di formazione dei debiti, il fabbisogno effettivo e il relativo metodo di calcolo, nonché le misure correttive di risparmio, per le quali si renderà eventualmente necessario adottare, anche in sede di disegno di legge di stabilità per l’anno 2014, apposite iniziative legislative volte al risparmio necessario per compensare i fabbisogni indicati.

 

In caso di mancata adozione del piano di rientro entro i termini previsti del 15 giugno 2013, il Ministro competente entro il 15 luglio 2013 invia apposita relazione sulle cause dell’inadempienza alle competenti Commissioni Parlamentari e alla Corte dei conti (comma 6).

Riprogrammazione delle restituzioni e dei rimborsi delle imposte (comma 7)

Il comma 7 stabilisce che con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate e del territorio sono stabiliti i termini e le modalità attuative per la riprogrammazione delle restituzioni e dei rimborsi delle imposte al fine di determinare un incremento delle corrispondenti erogazioni per un importo complessivo non superiore a 2.500 milioni per il 2013 e a 4.000 milioni per il 2014.

Si tratta di ulteriori risorse che vanno a sommarsi a quanto già autorizzato in termini di cassa per i rimborsi IVA (8,5 miliardi per il 2013).

Infatti tali importi sono evidenziati nella tabella riepilogativa degli effetti del decreto-legge allegata alla relazione tecnica (A.C. 676) soltanto in termini di fabbisogno (cassa) e non anche di saldo netto da finanziare e indebitamento.

 

Tali maggiori risorse sono peraltro già considerate in termini di competenza nel bilancio dello Stato (cap. 3814/Economia) con uno stanziamento pari a 23,5 miliardi per il 2013, a 25,2 miliardi per il 2014 e a 25,5 miliardi per il 2015.

 

Si segnala che l’ultimo periodo dell’articolo 9, comma 2, del presente decreto-legge, nel porre la copertura finanziaria dell’onere determinato dall’aumento del limite dei crediti di imposta e dei contributi compensabili da ciascun contribuente (onere quantificato in 1.250 milioni per il 2014, 380 milioni per il 2015 e 250 milioni per il 2016) si provvede per il 2014 a valere sui maggiori rimborsi programmati di cui al precedente articolo 5, comma 7, mentre per il 2015 e il 2016 a valere sulle risorse esistenti nella contabilità speciale di tesoreria 1778 – fondi di bilancio dell’Agenzia delle entrate.

 

In sostanza la dotazione effettiva delle autorizzazioni di cassa destinate ai rimborsi fiscali prevista dal decreto-legge in esame per il 2013 ammonta a 11 miliardi.

Per il 2014 l’ammontare delle autorizzazioni ai rimborsi sarà definita all’inizio dell’esercizio finanziario (tendenzialmente intorno agli 8 miliardi). A tale importo-base andranno aggiunti 2.750 milioni, in quanto rispetto ai 4 miliardi di risorse aggiuntive considerate nel presente comma, 1.250 milioni sono destinati dall’articolo 9, comma 3, ultimo periodo, del decreto-legge alla compensazione crediti/debiti.


 

Articolo 5-bis
(Cessione della garanzia dello Stato a favore di istituzioni finanziarie)

 

1. Senza aggravio dei potenziali oneri per l'erario, per consentire l'integrale pagamento dei debiti della pubblica amministrazione maturati alla data del 31 dicembre 2012, nonché per motivate esigenze economico-finanziarie, il Ministero dell'economia e delle finanze può autorizzare la cessione di garanzia dello Stato a favore di istituzioni finanziarie nazionali, dell'Unione europea e internazionali.

 

 

La norma dispone che, per consentire l'integrale pagamento dei debiti della pubblica amministrazione maturati alla data del 31 dicembre 2012, nonché per motivate esigenze economico-finanziarie, il Ministero dell'economia possa autorizzare la cessione di garanzia dello Stato a favore di istituzioni finanziarie nazionali, comunitarie e internazionali. Viene inoltre espressamente disposto che la norma debba operare senza aggravio dei potenziali oneri per l’erario.

Si rammenta che In base all’articolo 31 della legge n. 196/2009 le garanzie (principali e sussidiarie) prestate dallo Stato a favore di enti od altri soggetti pubblici sono contenute in un elenco allegato allo stato di previsione del MEF, cap. 7407, rubricato come “Oneri derivanti dalle garanzie assunte dallo Stato in dipendenza di varie disposizioni legislative” e la cui dotazione per l’anno 2013 reca uno stanziamento di bilancio pari a circa 79 milioni di euro. Poiché tali oneri hanno natura obbligatoria, qualora se ne presenti la necessità – vale a dire in caso di ricorso alla garanzia statale – è anche consentito il prelevamento di ulteriori risorse dal Fondo di riserva per le spese obbligatorie, previsto in bilancio ai sensi dell’articolo 26 della medesima legge n.196/2009.

Premesso che, con riguardo alla formulazione del testo, sembrerebbe che la norma, come desumibile dal tenore letterale della stessa, faccia riferimento a crediti già assistiti da garanzia statale, va rilevato come la cessione di garanzia in esame, pur avendo carattere eventuale – in quanto rimessa ad una valutazione del Ministero dell’economia e delle finanze – possa incidere, qualora si debba ad essa far ricorso, nell’elenco allegato al capitolo 7407 sopracitato. In tal caso non risulta chiaro come possa operare la clausola di neutralità finanziaria recata dalla norma.

Clausola che peraltro, espressa nel testo con la inusuale dizione di “senza aggravio dei potenziali oneri per l’erario” sarebbe risultato più opportuno formulare in termini di assenza di nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


 

Articolo 6, comma 01
(Estensione certificazione a crediti per prestazioni professionali)

 

01. Al comma 3-bis dell'articolo 9 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, le parole: «forniture e appalti» sono sostituite dalle seguenti: «forniture, appalti e prestazioni professionali».

 

 

Il comma 01, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, modifica il comma 3-bis dell’articolo 9 del D.L. n. 185/2008 (legge n. 2/2009), al fine di estendere anche ai crediti per prestazioni professionali vantati verso la P.A. la disciplina della certificazione del credito, che il testo originario del comma 3-bis prevedeva per i soli crediti per somministrazioni forniture e appalti.

In particolare, l’articolo 9, comma 3-bisD.L. n. 185/2008 prevede che, su istanza del creditore di somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti – nonché in virtù della novella in esame, di somme dovute per prestazioni professionali - le regioni e gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale certificano, entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione dell'istanza, se il relativo credito sia certo, liquido ed esigibile, anche al fine di consentire al creditore la cessione pro soluto o pro solvendo a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente. Scaduto il termine, su nuova istanza del creditore, è nominato un Commissario ad acta[44].

La certificazione di cui al comma 3-bis non può essere rilasciata a pena di nullità dagli enti locali commissariati e dagli enti del Servizio sanitario nazionale delle regioni sottoposte a piano di rientro dai disavanzi sanitari ovvero a programmi operativi di prosecuzione degli stessi, i quali non possono rilasciare certificazione a pena di nullità (articolo 9, 3-ter del D.L. n. 185/2008).

Infine si ricorda che l’articolo 12, comma 11-quinquies, D.L. n. 16/2012 ha esteso l’applicazione della procedura di certificazione del credito di cui al comma 3-bis allo Stato ed agli enti pubblici nazionali.

 

Si rileva che, in virtù di quanto previsto dal comma in esame e di quanto esplicitato nell’articolo 7 del decreto legge, anche i debiti della P.A. per prestazioni professionali sono assoggettati alla procedura di ricognizione dei debiti contratti dalle pubbliche amministrazioni prevista dal provvedimento (si rinvia alla scheda di lettura relativa all’articolo 7).


 

Articolo 6, commi 1-1-ter
(Ordine di priorità nel pagamento dei debiti)

 


1. Le disposizioni di cui al presente Capo sono volte ad assicurare l'unità giuridica ed economica dell'ordinamento. I relativi pagamenti sono effettuati dando priorità, ai fini del pagamento, ai crediti non oggetto di cessione pro-soluto. Tra più crediti non oggetto di cessione pro-soluto il pagamento deve essere imputato al credito più antico, come risultante dalla fattura o dalla richiesta equivalente di pagamento ovvero da contratti o da accordi transattivi eventualmente intervenuti fra le parti.

1-bis. Il Governo promuove la stipulazione di convenzioni con le associazioni di categoria del sistema creditizio e le associazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative a livello nazionale, aventi ad oggetto la creazione di sistemi di monitoraggio volti a verificare che la liquidità derivante dal pagamento dei crediti oggetto di cessione e dal recupero di risorse finanziarie da parte delle imprese la cui posizione si era deteriorata a motivo del ritardo dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni sia impiegata a sostegno dell'economia reale e del sistema produttivo. Ogni dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Governo trasmette alle Camere una relazione concernente le convenzioni sottoscritte e i risultati dei relativi sistemi di monitoraggio.

1-ter. I pagamenti effettuati ai sensi del presente capo in favore degli enti, delle società, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, o degli organismi a totale partecipazione pubblica sono destinati prioritariamente al pagamento dei debiti di cui agli articoli 1, 2, 3 e 5 nei confronti dei rispettivi creditori.


 

 

Il comma 1, modificato nel corso dell’esame parlamentare, sancisce un criterio di priorità nei pagamenti delle pubbliche amministrazioni di cui al Capo I, qualificando le disposizioni in esso contenute come norme volte ad assicurare l'unità giuridica ed economica dell'ordinamento.

 

Essi devono essere effettuati dando la precedenza ai crediti non oggetto di cessione pro soluto, e, tra essi, al credito più antico, come risultante dalla fattura o dalla richiesta equivalente di pagamento, ovvero da contratti o da accordi transattivi eventualmente intervenuti dalle parti.

Si ricorda, al riguardo che, secondo i principi del diritto civile, la cessione pro soluto esonera il cedente dal rispondere dell'eventuale solvibilità del debitore, mentre la cessione pro solvendo, implica invece per il cedente l’obbligo di rispondere dell'eventuale inadempienza del debitore.

La disciplina sulla certificazione dei crediti consente la cessione del credito a banche o intermediari finanziari sia pro soluto, sia pro-solvendo, nonché l’anticipazione del credito, senza cessione dello stesso (cfr. supra, ricostruzione normativa).

La previsione della priorità al pagamento dei crediti non ceduti pro soluto risponde all’indirizzo fornito dalle Camere nella risoluzione approvata sulla Relazione al Parlamento 2013[45], nella quale si impegna tra l’altro il Governo “a graduare il flusso dei pagamenti, accordando priorità a quelli che le imprese non hanno ancora ceduto al sistema creditizio, e a verificare l'opportunità, fermo restando il rispetto del criterio del pagamento secondo l'ordine cronologico, di tutelare le situazioni di crisi aziendale sulla base di principi di equità e di solidarietà”.

 

Si osserva che nel codice civile il principio cronologico nell’adempimento delle obbligazioni, inteso come “credito più antico”, è contenuto l’art. 1193 del codice[46], il quale è relativo però all’imputazione del pagamento quando il debitore ha più debiti della stessa specie verso il medesimo creditore e non dichiara, in sede di pagamento, quale debito intende soddisfare.

Il codice civile afferma invero il principio di proporzionalità nella soddisfazione dei crediti ugualmente privilegiati all’art. 2782, primo comma («I crediti egualmente privilegiati concorrono tra loro in proporzione del rispettivo importo»).

 

Il comma 1-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, autorizza il Governo a promuovere la stipula di convenzioni aventi ad oggetto la creazione di sistemi di monitoraggio per verificare che la liquidità derivante dal pagamento dei crediti ceduti e dal recupero di risorse finanziarie da parte delle imprese la cui posizione si era deteriorata a causa del ritardo dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni sia impiegata a sostegno dell'economia reale e del sistema produttivo.

Tali convenzioni sono stipulate dal Governo con le associazioni di categoria del sistema creditizio e – in virtù di quanto inserito al Senato – con le associazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative a livello nazionale.

Si ricorda, infine, che il comma 1-bis prevede che ogni dodici mesi dalla data di approvazione della legge di conversione del decreto-legge, il Governo deve trasmettere alle Camere una relazione concernente le convenzioni sottoscritte e i risultati del monitoraggio.

 

Il comma 1-ter, anch’esso introdotto nel corso dell’esame parlamentare, prevede che i pagamenti effettuati dalle amministrazioni pubbliche ai sensi del Capo I in favore degli enti, delle società, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate annualmente dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) in apposito elenco[47], o degli organismi a totale partecipazione pubblica sono prioritariamente destinati (dai medesimi soggetti) al pagamento dei debiti di cui agli articoli 1, 2, 3 e 5 del provvedimento, nei confronti dei rispettivi creditori.

 

Si ricorda che l’articolo 1 è relativo ai debiti degli enti locali certi, liquidi ed esigibili maturati dagli enti locali alla data del 31 dicembre 2012, o per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il medesimo termine, mentre, l’articolo 2 concerne i debiti, della stessa tipologia, di regioni e province, diversi da quelli finanziari e sanitari. L’articolo 3 concerne il pagamento dei debiti degli enti del servizio sanitario nazionale e l’articolo 5 i debiti commerciali delle amministrazioni statali per somministrazioni, forniture, appalti, professionali e fitti, maturati alla data del 31 dicembre e non corrispondenti a residui passivi, anche perenti (cd. debiti “fuori bilancio”).


 

Articolo 6, commi 2-4
(Ordine di priorità nel pagamento dei debiti)

 


2.Ai fini dell'ammortamento delle anticipazioni di liquidità di cui al presente Capo, la prima rata decorre dall'anno successivo a quello di sottoscrizione del contratto.

3.I piani dei pagamenti di cui al presente Capo sono pubblicati dall'ente nel proprio sito internet per importi aggregati per classi di debiti, nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 18 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 174.

4.Ferma restando l'indicazione del codice unico di progetto dell'opera pubblica nei mandati informatici sul SIOPE ai sensi della legislazione vigente, in attuazione del decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229 per il necessario monitoraggio delle opere pubbliche, a decorrere dal 30 settembre 2013, i dati relativi ai pagamenti previsti dal presente Capo riguardanti le medesime opere, sono comunicati al Ministero dell'Economia e delle Finanze, secondo le modalità previste dal decreto ministeriale 26 febbraio 2013.


 

 

Il comma 2 prevede che, ai fini dell’ammortamento delle anticipazioni di liquidità, la prima rata decorre dall’anno successivo a quello di sottoscrizione del contratto.

Si ricorda che l’articolo 1, comma 13, quinto periodo, del decreto legge dispone che la rata annuale di restituzione delle anticipazioni concesse agli enti locali a valere sul Fondo istituito dal comma 10 è corrisposta a partire dalla cadenza annuale successiva alla data di erogazione dell’anticipazione e non potrà cadere oltre il 30 settembre di ogni anno.

 

Il comma 3 prevede che i Piani dei pagamenti devono essere pubblicati dall’ente interessato sui propri siti internet, per importi aggregati per classi di debiti, nel rispetto delle disposizioni in materia di pubblicità degli atti per via telematica, previste dall’articolo 18 del D.L. n. 83/2012 (legge n. 174/2012).

Si ricorda l’articolo 18 del D.L. n. 83/2012 (legge n. 134/2012) stabilisce che la concessione di vantaggi economici di qualunque genere ad enti pubblici e privati, sono soggetti alla pubblicità sulla rete internet e le relative informazioni devono essere riportate, con link ben visibile nella homepage del sito.

 

Il comma 4 reca taluni obblighi di informazione relativi ai pagamenti riguardanti opere pubbliche: ferma restando l’indicazione, ai sensi della normativa vigente[48], del codice unico di progetto (CUP) nei mandati di pagamento informatici sul Sistema informativo delle operazioni di incasso e pagamento degli enti pubblici (SIOPE), a decorrere dal 30 settembre 2012, per il monitoraggio delle opere pubbliche, i dati relativi ai pagamenti dei debiti riguardanti le medesime opere devono essere comunicati al Ministero dell’economia, ai sensi del D.Lgs. n. 229/2011 sulle procedure di monitoraggio dello stato di attuazione delle opere pubbliche e secondo le modalità previste nel D.M. del 26 febbraio 2013 attuativo del citato decreto legislativo.

Il decreto del Ministero dell’economia e finanze 26 febbraio 2013, reca “Attuazione dell'art. 5 del D.Lgs. 29 dicembre 2011, n. 229, concernente la definizione dei dati riguardanti le opere pubbliche, oggetto del contenuto informativo minimo dei sistemi gestionali informatizzati che le Amministrazioni e i soggetti aggiudicatori sono tenute a detenere e a comunicare alla banca dati delle amministrazioni pubbliche, di cui all'art. 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196”.


 

Articolo 6, commi 5-7
(Impignorabilità delle somme per pagamenti della P.A.)


5. In considerazione dell'esigenza di dare prioritario impulso all'economia in attuazione dell'articolo 41, della Costituzione, a tutela del vincolo di destinazione delle risorse, non sono ammessi atti di sequestro o di pignoramento sulle somme destinate ai pagamenti di cui al presente Capo. Qualora siano stati stipulati accordi di natura transattiva, le azioni esecutive sulle somme destinate ai pagamenti da effettuarsi in attuazione dei piani di pagamento redatti ai sensi dell'articolo 11, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e sottoscritti entro la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ancorché effettuate presso i tesorieri delle aziende del Servizio sanitario regionale e presso le centrali uniche di pagamento istituite secondo disposizioni di legge, sono sospese fino alla data del 30 giugno 2014.

6. Alla legge 24 marzo 2001, n. 89, dopo l' articolo 5-quater è inserito il seguente:

"Art. 5-quinquies - Esecuzione forzata.

1. Al fine di assicurare un'ordinata programmazione dei pagamenti dei creditori di somme liquidate a norma della presente legge, non sono ammessi, a pena di nullità rilevabile d'ufficio, atti di sequestro o di pignoramento presso la Tesoreria centrale e presso le Tesorerie provinciali dello Stato per la riscossione coattiva di somme liquidate a norma della presente legge.

2. Ferma restando l'impignorabilità prevista dall'articolo 1, commi 294-bis e 294-ter, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, anche relativamente ai fondi, alle aperture di credito e alle contabilità speciali destinati al pagamento di somme liquidate a norma della presente legge e successive modificazioni, anche relativamente ai fondi, alle aperture di credito e alle contabilità speciali destinati al pagamento di somme liquidate a norma della presente legge, i creditori di dette somme, a pena di nullità rilevabile d'ufficio, eseguono i pignoramenti e i sequestri esclusivamente secondo le disposizioni del libro III, titolo II, capo II del codice di procedura civile, con atto notificato ai Ministeri di cui all'articolo 3, comma 2, ovvero al funzionario delegato del distretto in cui è stato emesso il provvedimento giurisdizionale posto in esecuzione, con l'effetto di sospendere ogni emissione di ordinativi di pagamento relativamente alle somme pignorate. L'ufficio competente presso i Ministeri di cui all'articolo 3, comma 2, a cui sia stato notificato atto di pignoramento o di sequestro, ovvero il funzionario delegato sono tenuti a vincolare l'ammontare per cui si procede, sempreché esistano in contabilità fondi soggetti ad esecuzione forzata; la notifica rimane priva di effetti riguardo agli ordini di pagamento che risultino già emessi.

3. Gli atti di pignoramento o di sequestro devono indicare a pena di nullità rilevabile d'ufficio il provvedimento giurisdizionale posto in esecuzione.

4. Gli atti di sequestro o di pignoramento eventualmente notificati alla Tesoreria centrale e alle Tesorerie provinciali dello Stato non determinano obblighi di accantonamento da parte delle Tesorerie medesime, né sospendono l'accreditamento di somme a favore delle Amministrazioni interessate. Le Tesorerie in tali casi rendono dichiarazione negativa, richiamando gli estremi della presente disposizione di legge.

5. L'articolo 1 del decreto-legge 25 maggio 1994, n. 313, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 luglio 1994, n. 460, si applica anche ai fondi destinati al pagamento di somme liquidate a norma della presente legge, ivi compresi quelli accreditati mediante aperture di credito in favore dei funzionari delegati degli uffici centrali e periferici delle amministrazioni interessate.".

7. All'articolo 1, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, dopo il comma 294-bis, è inserito il seguente:

"294-ter. Il comma 294-bis si applica anche ai fondi e alle contabilità speciali del Ministero dell'economia e delle finanze destinati al pagamento di somme liquidate a norma della legge 24 marzo 2001, n. 89.".


 

 

Il comma 5 prevede l’impignorabilità e insequestrabilità delle somme destinate al pagamento dei debiti commerciali da parte delle pubbliche amministrazioni. La disposizione esplicita l’esigenza di dare prioritario impulso all’economia in attuazione dell’art. 41 Cost., relativo all’iniziativa economica privata.

 

L’impignorabilità di tali somme era stata indicata anche dalla risoluzione approvata dalla Camera dei deputati il 2 aprile 2013, a conclusione dell’esame della relazione al Parlamento predisposta ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

 

I commi 6 e 7 disciplinano l’impignorabilità dei fondi destinati al pagamento degli indennizzi per irragionevole durata del processo.

 

In particolare, il comma 6 interviene sulla “legge Pinto” (L. 89/2001 - Equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo) con disposizioni volte a garantire un’ordinata programmazione dei pagamenti in favore dei creditori di somme liquidate” per gli indennizzi dovuti dallo Stato.

Introducendo l’art. 5-quinquies nella legge 89/2001, il comma 6 integra la disciplina dell’impignorabilità dei fondi destinati al pagamento delle somme liquidate a norma della legge Pinto.

L’impignorabilità di tali fondi è stata prevista dall’art. 1, comma 294-bis, della legge 266/2005 - legge finanziaria 2006 (come novellato dalla legge di stabilità 2013, L. n. 228/2012).

 

Il comma 294-bis, infatti, sottrae all’esecuzione forzata i fondi destinati al pagamento di spese per servizi e forniture aventi finalità giudiziaria o penitenziaria, nonché le aperture di credito a favore dei funzionari delegati degli uffici centrali e periferici del Ministero della giustizia, degli uffici giudiziari e della Direzione nazionale antimafia e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, destinati al pagamento di somme liquidate a norma della legge n. 89/2001 ovvero di emolumenti e pensioni a qualsiasi titolo dovuti al personale.

 

Il nuovo art. 5-quinquies della legge Pinto reca la disciplina del c.d. pignoramento contabile, già prevista per altre ipotesi, impedendo il pignoramento presso terzi (le Tesorerie dello Stato) dei fondi ex legge Pinto.

 

Come si leggeva nella relazione illustrativa del D.L., con la previsione dell’impignorabilità non si “può tuttavia evitare che i predetti fondi per il pagamento degli indennizzi Pinto, attinti da pignoramento, effettuato nelle forme della espropriazione presso terzi, siano, ancorché nelle sole more della dichiarazione di impignorabilità da parte del giudice dell’esecuzione, sottoposti ad accantonamento (espressione principale del compito del custode, di cui è investito il terzo tesoriere - Banca d’Italia).

Ne deriva, sul punto, l’impossibilità per l’amministrazione di programmare adeguatamente, secondo le disponibilità esistenti, i pagamenti dei creditori muniti di titolo esecutivo anteriore (rispetto al pignorante). Analoga esigenza di protezione si pone per i fondi destinati al pagamento dei creditori Pinto di competenza di altre amministrazioni”.

 

Più in dettaglio, il comma 1 del nuovo art. 5-quinquies stabilisce che non sono ammessi, a pena di nullità rilevabile d’ufficio, atti di pignoramento o sequestro presso le Tesorerie (sia quella centrale che quelle provinciali dello Stato) per la riscossione coattiva delle somme dovute dallo Stato ai sensi della legge Pinto (ovvero gli indennizzi per violazione del termine di ragionevole durata del processo).

Gli atti eventualmente notificati alle Tesorerie non determinano obblighi di accantonamento né sospendono l’accreditamento di somme a favore delle Amministrazioni interessate. Le Tesorerie debbono rendere in tali casi dichiarazione negativa richiamando gli estremi delle disposizioni in commento (comma 4).

I creditori di dette somme, a pena di nullità rilevabile d’ufficio, potranno eseguire i pignoramenti e i sequestri secondo le disposizioni del codice di procedura civile sull’espropriazione mobiliare presso il debitore (art. 513 e ss.). Viene peraltro fatta salva la disciplina dell’impignorabilità delle risorse destinate al pagamento di somme liquidate in base alla legge Pinto, prevista dalla legge finanziaria 2006 (v. sopra), impignorabilità anche riferita ai fondi, alle aperture di credito e alle contabilità speciali. Resta quindi la possibilità per i creditori titolari di un diritto di indennizzo ai sensi della legge Pinto di pignorare in via residuale le risorse presenti nella contabilità ordinaria del Ministero debitore, diverse da quelle destinate ai “pagamenti Pinto”. L’esecuzione ha luogo con atto notificato ai Ministeri competenti (Giustizia, quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario; Difesa, quando si tratta di procedimenti del giudice militare; Economia e finanze, negli altri casi) ovvero al funzionario delegato del distretto di Corte d’appello del provvedimento giurisdizionale in esecuzione e determina la sospensione di ogni emissione di ordinativi di pagamento relativamente alle somme pignorate. L’ufficio che riceve la notifica deve vincolare l’ammontare per cui si procede, sempreché esistano in contabilità fondi pignorabili. La notifica rimane priva di effetti riguardo agli ordini di pagamento che risultino già emessi (comma 2).

Gli atti di pignoramento e sequestro debbono indicare a pena di nullità il provvedimento giurisdizionale posto in esecuzione (comma 3).

 

A ulteriore completamento dell’intervento, con il nuovo art. 5-quinquies, la disciplina dell’art. 1 del D.L. 313/1994, sui pignoramenti relativi alle contabilità speciali delle prefetture, delle direzioni di amministrazione delle Forze armate e della Guardia di finanza, è estesa ai fondi destinati al pagamento di somme liquidate ai sensi della legge Pinto, ivi compresi quelli accreditati mediante apertura di credito in favore dei funzionari delegati degli uffici centrali e periferici delle amministrazioni interessate (comma 5).

In base alla disciplina del D.L. 313/1994, i pignoramenti e i sequestri aventi per oggetto le contabilità speciali si eseguono secondo il c.p.c. con notifica al direttore di ragioneria responsabile presso gli uffici e non nei confronti delle tesorerie dello Stato.

 

In merito, la Corte costituzionale, con sentenza 350/1998, ha rilevato che la disciplina dei pignoramenti sulle contabilità speciali, dettata dall'art. 1 del decreto-legge 25 maggio 1994, n. 313, non configura una vera e propria impignorabilità dei fondi assegnati.

Secondo la Corte, tale disciplina tende invece ad adeguare la procedura di esecuzione forzata alle particolari modalità di gestione contabile dei fondi stessi ed alla impignorabilità di quella parte di essi che risulti già destinata a servizi qualificati dalla legge come essenziali.

Questa disciplina – ha rilevato la Corte - esclude il pignoramento presso il tesoriere dei fondi gestiti con questa particolare procedura e prevede, invece, il pignoramento presso il funzionario direttamente responsabile della gestione contabile dei fondi ed in grado di conoscerne l'ammontare e la disponibilità, come pure di verificare se e quali vincoli di destinazione siano imposti e per quali somme vi siano cause di impignorabilità. In questo contesto è giustificato disporre che gli atti di pignoramento delle somme affluite nelle contabilità speciali siano notificati al direttore di ragioneria responsabile, il quale, senza esercitare alcun potere discrezionale, è tenuto a vincolare l'ammontare pignorato assumendone la correlativa responsabilità, con atti non sottratti a verifica o accertamento giurisdizionale.

 

Il comma 7, mediante l’introduzione di un nuovo comma 294-ter dell’art. 1 della legge finanziaria 2006, stabilisce che la disciplina dell’impignorabilità riguarda anche i fondi e le contabilità speciali del Ministero dell’economia e delle finanze destinate ai pagamenti in base alla legge Pinto.


 

Articolo 6, commi 8-11
(Tempi e modalità dei pagamenti)

 


8. All'articolo 8, del decreto legislativo 30 giugno 2011, n. 123 sono apportate le seguenti modifiche:

a) alla fine del comma 1, è aggiunto il seguente periodo:

"Per i pagamenti derivanti dalle transazioni commerciali di cui al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, si applicano le disposizioni del comma 4-bis";

b) al comma 3, dopo le parole "richiesta di chiarimenti" sono aggiunte le seguenti parole: ", salvo quanto previsto al comma 4-bis";

c) dopo il comma 4, è aggiunto il seguente comma:

"4-bis. Gli atti di pagamento emessi a titolo di corrispettivo nelle transazioni commerciali devono pervenire all'ufficio di controllo almeno 15 giorni prima della data di scadenza del termine di pagamento. L'ufficio di controllo espleta i riscontri di competenza e dà comunque corso al pagamento entro i 15 giorni successivi al ricevimento degli atti di pagamento, sia in caso di esito positivo, sia in caso di formulazione di osservazioni o richieste di integrazioni e chiarimenti. Qualora il dirigente responsabile non risponda alle osservazioni, ovvero i chiarimenti forniti non siano idonei a superare le osservazioni mosse, l'ufficio di controllo è tenuto a segnalare alla competente Procura Regionale della Corte dei conti eventuali ipotesi di danno erariale derivanti dal pagamento cui si è dato corso. Resta fermo il divieto di dare corso agli atti di spesa nelle ipotesi di cui all'articolo 6, comma 2, con riferimento ai quali comunque sussiste la responsabilità del dirigente che ha emanato l'atto.".

9. Entro il 30 giugno 2013 le pubbliche amministrazioni di cui agli articoli 1, 2, 3 e 5, comunicano ai creditori, anche a mezzo posta elettronica certificata, inviata presso l'indirizzo di posta elettronica certificata inserito nell'Indice nazionale degli indirizzi PEC delle imprese e dei professionisti, di cui all'articolo 6-bis del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, l'importo e la data entro la quale provvederanno rispettivamente ai pagamenti dei debiti di cui agli articoli 1, 2, 3 e 5. L'omessa comunicazione rileva ai fini della responsabilità per danno erariale a carico del responsabile dell'ufficio competente. La comunicazione inviata con posta elettronica certificata è sottoscritta dal dirigente responsabile dell'ufficio competente con firma elettronica idonea a garantire l'identificabilità dell'autore, l'integrità e l'immodificabilità del documento ovvero con firma digitale, rispettivamente, ai sensi degli articoli 1, comma 1, lettera q-bis), e 24 del citato codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. Entro il 5 luglio 2013, le pubbliche amministrazioni di cui agli articoli 1, 2, 3 e 5 pubblicano nel proprio sito internet l'elenco completo, per ordine cronologico di emissione della fattura o della richiesta equivalente di pagamento, dei debiti per i quali è stata effettuata comunicazione ai sensi del primo periodo del presente comma, indicando l'importo e la data prevista di pagamento comunicata al creditore. La mancata pubblicazione è rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare ai sensi del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. I dirigenti responsabili sono assoggettati altresì ad una sanzione pecuniaria pari a 100 euro per ogni giorno di ritardo nella certificazione del credito. All'attuazione del presente comma si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste dalla legislazione vigente.

10. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 1, comma 4, e dall'articolo 7, commi 2 e 5, il mancato o tardivo adempimento da parte delle amministrazioni pubbliche debitrici alle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 2, 8 e 14, all'articolo 2, commi 3 e 5, all'articolo 3, commi 5, 6 e 7, all'articolo 5, commi 1 e 3, all'articolo 6, commi 2, 3 e 4, e all'articolo 7, comma 4, che ha causato la condanna al pagamento di somme per risarcimento danni o per interessi moratori è causa di responsabilità amministrativa a carico del soggetto responsabile del mancato o tardivo adempimento.

11. I decreti e i provvedimenti previsti dal presente capo non hanno natura regolamentare e sono pubblicati nella sezione "Amministrazione trasparente" dei siti internet delle amministrazioni competenti, secondo le modalità previste dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33. Al fine di garantire la massima tempestività nelle procedure di pagamento previste dal presente decreto, le amministrazioni competenti omettono la trasmissione alla Corte dei conti, per gli effetti di cui all'articolo 3, commi 1 e 2, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni, dei decreti di riparto delle anticipazioni di liquidità fra gli enti interessati e degli altri decreti e provvedimenti di cui al presente capo.


 

 

I commi da 8 a 11 dettagliano tempi, e scadenze per l’effettuazione dei pagamenti da parte della amministrazioni, prevedendo anche specifiche responsabilità amministrative a carico dei soggetti pubblici responsabili di ritardi nel rispetto degli adempimenti.

In particolare il comma 8 modifica la vigente disciplina dei controlli di regolarità amministrativo-contabile stabilita dall’articolo 8, commi 1 e 3, del decreto legislativo n.123/2011[49], aggiungendovi un comma 4-bis che, nell’ambito della disciplina generale dei controlli, inserisce una disciplina speciale per i pagamenti relativi alle transazioni commerciali considerati nel decreto legge in esame, vale a dire quelli per debiti scaduti delle pubbliche amministrazioni oggetto della normativa UE sui ritardi dei pagamenti.

Il comma 8 in esame specifica infatti, aggiungendo un periodo al comma 1 dell’articolo 8 del D.Lgs. n.231/2002 (come recentemente modificato dal D.Lgs. n.192/2012), attuativo della disciplina europea sulla lotta contro i ritardi nei pagamenti, che per i pagamenti derivanti dalle transazioni commerciali si applicano le disposizioni di cui al comma 4-bis in commento.

A tal fine si prevede che il controllo preventivo di regolarità contabile debba esplicarsi entro la data di scadenza del pagamento, mediante invio dell’atto di pagamento – emesso a titolo di corrispettivo nelle transazioni commerciali - all’ufficio di controllo almeno 15 giorni prima della scadenza medesima, e con l’obbligo per l’ufficio di dar corso al pagamento nei 15 giorni successivi al ricevimento dell’atto medesimo.

Tale ultimo termine va rispettato sia nel caso di esito positivo del controllo, “sia in caso di formulazione di osservazioni o richieste di integrazioni o chiarimenti”. In tale eventualità, tuttavia, la norma prevede che qualora il dirigente responsabile (il soggetto che ha emesso l’atto di pagamento inviato al controllo) non risponda alle richieste di chiarimenti, o le risposte non risultino idonee a superare le osservazioni formulate dall’ufficio di controllo, l’ufficio debba segnalare alla Procura regionale della Corte dei conti “eventuali ipotesi di danno erariale derivanti dal pagamento cui si è dato corso”.

Resta fermo che tale procedura speciale non si applica a quegli atti di pagamento che presentino le gravi irregolarità previste dall’articolo 6, comma 2 del decreto legislativo 123/2011, quali l’eccedenza della spesa rispetto agli stanziamenti, l’errata imputazione della spesa stessa ed altro[50].

Sia la relazione illustrativa che la relazione tecnica precisano che il rispetto del termine di pagamento cui è finalizzata la procedura speciale in questione mira ad evitare che si realizzino gli aggravi di spesa per interessi moratori: interessi che, si rammenta, ai sensi dell’articolo 4 del D.Lgs. n.231/2002 sopracitato sono dovuti dal giorno successivo alla costituzione alla scadenza del pagamento, senza necessità di costituzione in mora da parte del creditore.

Il comma 9 dispone che le amministrazioni pubbliche debitrici considerate nel decreto-legge in esame (enti locali, regioni e province autonome, enti del SSN ed amministrazioni statali) comunichino ai creditori entro il 30 giugno 2013, l’importo e la data entro la quale provvederanno ai pagamenti dei debiti previsti da precedenti articoli da 1 a 5 del provvedimento. La comunicazione può essere effettuata anche a mezzo posta elettronica certificata (PEC), inviata presso l’indirizzo inserito nell’Indice nazionale degli indirizzi PEC delle imprese e professionisti, di cui all’articolo 6-bis del Codice dell’amministrazione digitale[51] e sottoscritta dal dirigente responsabile con firma elettronica certificata, ai sensi del medesimo codice.

L’articolo 6-bis sopradetto dispone che, al fine favorire la presentazione di istanze, dichiarazioni e dati, nonché lo scambio di informazioni e documenti tra la pubblica amministrazione e le imprese e i professionisti in modalità telematica, l’istituzione[52] di un “pubblico elenco” denominato Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti, presso il Ministero per lo sviluppo economico. L'accesso all'INI-PEC è consentito alle pubbliche amministrazioni, ai professionisti, alle imprese, ai gestori o esercenti di pubblici servizi ed a tutti i cittadini tramite sito web e senza necessità di autenticazione.

Tale prescrizione viene corredata da norma sanzionatoria, prevedendosi che l’omessa comunicazione, rileva ai fini della responsabilità del dirigente competente per l’eventuale danno erariale che ne dovesse conseguire.

Inoltre il medesimo comma 9 stabilisce che entro il 5 luglio 2013, le pubbliche amministrazioni di cui sopra sono tenute a pubblicare sul proprio sito internet l'elenco completo, per ordine cronologico di emissione della fattura o della richiesta equivalente di pagamento, dei debiti per i quali è stata effettuata la sopra descritta comunicazione di pagamento ai creditori, indicando l'importo e la data prevista di pagamento comunicata al creditore.

La mancata pubblicazione è rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare ai sensi di quanto previsto dal decreto legislativo sul pubblico impiego, D.Lgs. n. 165/2001. Inoltre, i dirigenti responsabili sono assoggettati ad una sanzione pecuniaria pari a 100 euro per ogni giorno di ritardo nella certificazione del credito.

La valutazione della performance dei dirigenti è stata introdotta dall’articolo 9 del D.Lgs. n. 150/2009, che prevede che “la prestazione individuale dei dirigenti è valutata annualmente in base «a) agli indicatori di performance relativi all’ambito organizzativo di diretta responsabilità; b) al raggiungimento di specifici obiettivi individuali; c) alla qualità del contributo assicurato alla performance generale della struttura, alle competenze professionali e manageriali dimostrate; d) alla capacità di valutazione dei propri collaboratori, dimostrata tramite una significativa differenziazione dei giudizi”.

Infine si prevede che all’attuazione dell’intero disposto del comma 9 in commento si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste dalla legislazione vigente.

Una ulteriore responsabilità erariale viene tipizzata dal comma 10 a carico dei soggetti responsabili dell’omissione di specifici adempimenti procedimentali indicati negli articoli da 1 a 7, che riguardano, in linea generale, il rispetto di termini di carattere perentorio per l’invio di comunicazioni, elenchi od altri dati da parte delle amministrazioni debitrici nei confronti degli organi di controllo, ovvero che stabiliscono precisi presupposti e vincoli ai fini all’utilizzo delle risorse per i pagamenti, nonché atti da effettuare successivamente all’avvenuto pagamento.

Qualora il mancato o tardivo adempimento abbia causato la condanna dell’amministrazione al pagamento di somme per risarcimento danni o per interessi moratori, lo stesso è causa di responsabilità amministrativa a carico del soggetto responsabile.

Il comma 11, infine:

§      stabilisce che i decreti ed i provvedimenti previsti dagli articoli da 1 a 6 non hanno natura regolamentare[53]e debbono essere pubblicati nella apposita sezione “Amministrazione trasparente” dei siti internet delle amministrazioni competenti.

Tale sezione è prevista dall’articolo 9 del D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33[54], nel quale si prevede che nella home page dei siti istituzionali sia collocata un'apposita sezione denominata «Amministrazione trasparente», al cui interno sono contenuti i dati, le informazioni e i documenti pubblicati ai sensi della normativa vigente. Tali materiali rimangono pubblicati per un periodo di 5 anni, decorrenti dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello da cui decorre l'obbligo di pubblicazione, e comunque fino a che gli atti pubblicati producono i loro effetti.

§      dispone che allo scopo di assicurare la tempestività dei pagamenti le amministrazioni competenti possono omettere la trasmissione alla Corte dei conti, per il controllo preventivo[55], dei decreti di riparto tra gli enti interessati delle anticipazioni di liquidità previste dagli articoli da 1 a 3 del provvedimento in esame.


 

Articolo 6, comma 11-bis
(Facoltà di intervento sostitutivo dello Stato in caso di inadempienza delle regioni e degli enti locali)

 

11-bis. Al fine di tutelare l'unità giuridica e l'unità economica e, in particolare, i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, in caso di mancata osservanza delle disposizioni del presente capo, il Governo può sostituirsi agli organi delle regioni e degli enti locali per l'adozione dei provvedimenti e degli atti necessari, anche normativi, in attuazione dell'articolo 120 della Costituzione. In caso di mancata adozione degli atti di cui all'articolo 1, comma 2, all'articolo 2, commi 1 e 3, e all'articolo 3, commi 4 e 5, si procede alla nomina di un apposito commissario per il compimento di tali atti. Per l'esercizio dei poteri di cui al presente comma si osserva l'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.

 

 

Il comma 11-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, prevede la facoltà di intervento sostitutivo dello Stato in caso di mancata osservanza da parte delle regioni e degli enti locali delle disposizioni previste dal Capo I del decreto legge (articoli da 1 a 6-bis).

 

In particolare, il comma dispone che il Governo può sostituirsi agli organi delle regioni e degli enti locali per l’adozione dei provvedimenti e degli atti necessari, anche normativi, in attuazione dell’articolo 120, comma secondo della Costituzione.

 

La facoltà prospettata nei primi periodo del comma si traduce invece in un potere-dovere in caso di mancata adozione dei seguenti atti:

§      comunicazione, entro il 30 aprile 2013, da parte degli enti locali, degli spazi finanziari di cui essi necessitano per l’esclusione dei pagamenti dei propri debiti dai vincoli del patto di stabilità (di cui all'articolo 1, comma 2 :),

§       richiesta da parte delle regioni al Ministero dell’economia e delle finanze, entro il 30 aprile 2013, di anticipazione di somme da destinare ai pagamenti dei propri debiti commerciali (di cui all'articolo 2, comma 1)

§      adempimenti delle regioni necessari al fine dell'erogazione delle somme (di cui all’articolo 2 comma 3)

§      richiesta di accesso delle regioni alle somme assegnate per i pagamenti dei debiti sanitari (di cui all'articolo 3, comma 4)

§      predisposizione da parte delle regioni di misure, anche legislative, per assicurare copertura annuale del rimborso dell’anticipazione di liquidità e la presentazione del piano relativo al pagamento dei debiti (di cui all’articolo 3, comma 5)

 

In caso di mancata adozione degli atti sopra detti, è prescritto che si proceda alla nomina di un commissario governativo.

Infine, si dispone che per l’esercizio dei poteri sostitutivi si osservi l’articolo 8 della legge n. 131/2003, che reca la procedura attuativa dell’intervento sostitutivo consentito al Governo dall’articolo 120, secondo comma Cost.

 

L’articolo 120, secondo comma, della Costituzione, come modificato dalla riforma del Titolo V del 2001, prevede un potere sostitutivo del Governo nei confronti di Regioni ed enti locali in gravi casi di inadempienza (mancato rispetto di norme internazionali o comunitarie) oppure qualora sia in pericolo la sicurezza pubblica, od ancora quando, in generale, lo richiedano la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica del Paese.

Il dettato costituzionale è stato attuato dall’articolo 8 della legge n. 131/2003[56] il quale prevede che, nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari.

Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento. Qualora l'esercizio del potere sostitutivo si renda necessario al fine di porre rimedio alla violazione della normativa comunitaria, gli atti ed i provvedimenti di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro competente per materia. Fatte salve le competenze delle Regioni a statuto speciale, qualora l'esercizio dei poteri sostitutivi riguardi Comuni, Province o Città metropolitane, la nomina del commissario deve tenere conto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione. Il commissario provvede, sentito il Consiglio delle autonomie locali qualora tale organo sia stato istituito. Nei casi di assoluta urgenza, qualora l'intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall'articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che possono chiederne il riesame. Inoltre, i provvedimenti sostitutivi devono essere proporzionati alle finalità perseguite.


 

Articolo 6, comma 11-ter
(Accertamento della regolarità contributiva ai fini dei pagamenti)

 

11-ter. Ai fini dei pagamenti di cui al presente capo, l'accertamento della regolarità contributiva è effettuato con riferimento alla data di emissione della fattura o richiesta equivalente di pagamento. Qualora tale accertamento evidenzi un'inadempienza contributiva, si applicano le disposizioni dell'articolo 4 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207.

 

 

Il comma 11-ter, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, prevede che, ai fini dei pagamenti di cui al Capo I, l'accertamento della regolarità contributiva, da realizzarsi attraverso la trasmissione del Documento Unico di Regolarità Contributiva (D.U.R.C., cioè il documento attestante la regolarità dei versamenti dovuti agli Istituti previdenziali e, per i datori di lavoro dell'edilizia, la regolarità dei versamenti dovuti alle Casse edili) da parte degli operatori economici alle amministrazioni giudicatrici, o di acquisizione d’ufficio dello stesso da parte di queste ultime, venga effettuato con riferimento alla data di emissione della fattura o di richiesta equivalente di pagamento.

Nel caso in cui tale accertamento evidenzi un’inadempienza contributiva, trovano applicazione le disposizioni in materia di intervento sostitutivo della stazione appaltante in caso di inadempienza contributiva dell'esecutore e del subappaltatore, di cui all'articolo 4 del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (Regolamento di esecuzione del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture), che prevedono, in particolare, il trattenimento dal certificato di pagamento dell'importo corrispondente all'inadempienza, con conseguente pagamento di quanto dovuto per le inadempienze accertate mediante il D.U.R.C., da parte di specifici soggetti, direttamente agli enti previdenziali e assicurativi, compresa, nei lavori, la cassa edile.

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 13-bis, comma 5, del D.L. 52/2012, recante disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica, ha consentito il rilascio del D.U.R.C. anche in presenza di apposita certificazione, rilasciata secondo specifiche modalità, che attesti la sussistenza di crediti certi, liquidi ed esigibili, vantati nei confronti delle pubbliche amministrazioni per un importo almeno pari ai versamenti contributivi accertati e non ancora versati da parte di un medesimo soggetto. Le modalità di attuazione delle richiamate disposizioni, che devono assicurare l'assenza di riflessi negativi sui saldi di finanza pubblica, sono demandate ad un apposito decreto interministeriale, attualmente in fase di emanazione.

Si ricorda infine che l’articolo 31 del D.L. 69/2013, attualmente all’esame del Parlamento, introduce disposizioni di semplificazione in materia di DURC. In particolare:

§       estende la procedura compensativa in virtù della quale si procede al rilascio del DURC in presenza di crediti certificati nei confronti delle P.A. di importo pari ai versamenti contributivi dovuti anche alle procedure di appalto pubblico e di appalti privati in edilizia;

§       prevede che il DURC relativo all’affidatario e ai subappaltatori sia acquisito, d’ufficio, dalla stazione appaltante e che i titoli di pagamento siano corredati dal DURC, anche in formato elettronico;

§       dispone che la validità del DURC sia estesa a 180 giorni.


 

Articolo 6, comma 11-quater
(Piano finanziario pluriennale dei pagamenti)

 

11-quater. Al comma 10 dell'articolo 6 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, le parole: ", relativo a spese per somministrazioni, forniture e appalti," sono soppresse.

 

 

Il comma 11-quater – attraverso una modifica all’articolo 6, comma 10 del D.L. n. 95/2012 (legge n. 135/2012) - estende l’obbligo di predisposizione del piano finanziario dei pagamenti, da parte del dirigente responsabile della gestione di capitoli del bilancio statale, a qualsiasi tipologia di spesa, non più limitandolo alle sole spese per somministrazioni, forniture e appalti.

 

Si ricorda che il comma 10 dell’articolo 6 del D.L. n. 95/2012 (legge n. 135/2012), nella formulazione vigente prima dell’intervento qui in esame, disponeva, in via sperimentale per il triennio 2013-2015, nelle more del riordino della disciplina sulla gestione del bilancio dello Stato, l’obbligo da parte del dirigente responsabile di predisporre - in relazione a ciascun impegno assunto sui capitoli di propria pertinenza relativo a spese per somministrazioni, forniture e appalti – un piano finanziario pluriennale sulla base del quale ordinare e pagare le spese (cd. crono programma).

Il comma 11-quater, sopprimendo le parole “relativo a spese per somministrazioni, forniture e appalti”, attribuisce dunque al piano finanziario carattere generale.

Il piano dei pagamenti deve ora essere predisposto in relazione a ciascun impegno assunto e non più solo in relazione a ciascun impegno di spese per somministrazioni, forniture e appalti.

Esso mantiene comunque il suo carattere sperimentale e transitorio, dovendo essere adottato a decorrere dal 2013, in via sperimentale per il triennio 2013-2015, nelle more della riforma del bilancio statale, la quale include il potenziamento del ruolo del bilancio di cassa (cfr. articoli 40 e 42 della legge di contabilità pubblica, legge n. 196/2009).

 

In quest’ottica, il crono programma è affiancato da ulteriori norme, introdotte dal medesimo articolo 6 del D.L. n. 95/2012 ai commi 14-16, che prevedono un aumento della flessibilità gestionale del bilancio finalizzato a preordinare le disponibilità di cassa occorrenti per disporre nei tempi stabiliti i pagamenti.

In particolare, il comma 14 dell’articolo 6 consente che con decreto ministeriale, da comunicare al Parlamento ed alla Corte dei conti, possono essere effettuate in ciascun stato di previsione della spesa variazioni compensative di sola cassa tra capitoli, fatta eccezione per i pagamenti mediante l'emissione di ruoli di spesa fissa e previa verifica da parte del Ministero dell’economia della compatibilità delle variazioni con gli obiettivi programmati di finanza pubblica.

Il comma dispone quanto sopra al fine di preordinare nei tempi stabiliti le disponibilità di cassa occorrenti per disporre i pagamenti, nell’esercizio finanziario in corso (alla data di adozione del D.L. n. 95/2012) e in quello successivo, anche nelle more dell'adozione del piano finanziario dei pagamenti.

Il comma 15 permette variazioni compensative tra esercizi successivi, mediante la reiscrivibilità in bilancio di stanziamenti annuali non totalmente impegnati alla scadenza dell’esercizio. Mentre, il comma 16 consente – in via sperimentale per gli esercizi 2013, 2014 e 2015 - relativamente alle autorizzazioni di spesa pluriennale, di rimodulare, con la legge di bilancio, gli stanziamenti di competenza negli anni compresi nel bilancio pluriennale, nel rispetto del limite complessivo della spesa autorizzata, per adeguarli alle corrispondenti autorizzazioni di cassa determinate in relazione ai pagamenti programmati nel crono programma.

 

La Circolare del Ministero dell’economia e Finanze n. 28 del 17 giugno 2013, attuativa della norma qui in esame ribadisce l’obbligo di predisposizione del crono programma dei pagamenti quale condizione necessaria per l’ammissione al pagamento dei titoli di spesa, confermando il compito degli Uffici centrali del bilancio di verificare l’avvenuto aggiornamento del crono programma.

Inoltre, nella circolare, si ritiene che l’estensione dell’obbligo di predisposizione del piano finanziario dei pagamenti all’intero complesso delle tipologie di spesa non esclude neppure le spese per le quali i pagamenti stessi vengono disposti mediante l’emissione di ruoli di spesa fissa. Per esse, infatti, sembra comunque possibile effettuare, a priori, una corretta scansione temporale dei pagamenti.

Ciò dovrà consentire, in sostanza, al responsabile della spesa, atteso il limite massimo delle autorizzazioni di cassa a legislazione vigente, di graduare, entro il predetto limite, l’intero complesso dei pagamenti.


 

Articolo 6-bis
(Sospensione dei lavori per mancato pagamento del corrispettivo)

 

1. All'articolo 253 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, dopo il comma 23 è inserito il seguente:

“23-bis. In relazione all'articolo 133, comma 1, fino al 31 dicembre 2015, la facoltà dell'esecutore, ivi prevista, di agire ai sensi dell'articolo 1460 del codice civile può essere esercitata quando l'ammontare delle rate di acconto, per le quali non sia stato tempestivamente emesso il certificato o il titolo di spesa, raggiunga il 15 per cento dell'importo netto contrattuale.”

 

 

L’articolo 6-bis consente all’appaltatore - fino al 31 dicembre 2015 - la sospensione dei lavori, quando il mancato pagamento delle rate di acconto raggiunga il 15 per cento dell’importo netto contrattuale previsto.

 

La disposizione introduce una norma transitoria (comma 23-bis) all’articolo 253 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture). In particolare, fino al 31 dicembre 2015, si abbassa dal 25 per cento (previsto dall’articolo 133, comma 1) al 15 per cento la soglia dell’ammontare delle rate di acconto sul valore netto contrattuale – per le quali non sono stati tempestivamente emessi i certificati di pagamento o i titoli di spesa – che determina la possibilità per l’esecutore di sospendere i lavori, ai sensi dell’articolo 1460 del Codice civile[57].

Si rammenta che l’art. 133, comma 1, del Codice dei contratti disciplina l’ipotesi di ritardata emissione dei certificati di pagamento o dei titoli di spesa prescrivendo l’obbligo per la pubblica amministrazione di corrispondere all’appaltatore interessi legali e moratori facendo salva la facoltà dell’appaltatore medesimo – qualora l’ammontare delle rate di acconto oggetto del ritardo riguardi il 25 per cento dell’importo netto contrattuale - di agire ai sensi dell’articolo 1460 del Codice civile o di promuovere giudizio arbitrale per la dichiarazione di risoluzione del contratto.


 

Articolo 7, commi 1-9
(Ricognizione dei debiti contratti dalle pubbliche amministrazioni)

 


1. Le amministrazioni pubbliche, ai fini della certificazione delle somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali, ai sensi dell'articolo 9, commi 3-bis e 3-ter, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 e dell'articolo 12, comma 11-quinquies, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, provvedono a registrarsi sulla piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni, predisposta dal Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della ragioneria generale dello Stato ai sensi dell'articolo 4 del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 25 giugno 2012, come modificato dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 ottobre 2012 e dell'articolo 3 del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 22 maggio 2012, come modificato dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 24 settembre 2012, entro 20 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

2. La mancata registrazione sulla piattaforma elettronica entro il termine di cui al comma 1 è rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare ai sensi degli articoli 21 e 55, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. I dirigenti responsabili sono assoggettati, altresì, ad una sanzione pecuniaria pari a 100 euro per ogni giorno di ritardo nella registrazione sulla piattaforma elettronica.

3. La certificazione dei crediti di cui al comma 1 è effettuata esclusivamente mediante la piattaforma elettronica di cui al medesimo comma 1.

4. Ferma restando la possibilità di acquisire la certificazione di somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali dalle pubbliche amministrazioni secondo le procedure di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 25 giugno 2012, come modificato dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 ottobre 2012 e di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 22 maggio 2012, come modificato dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 24 settembre 2012, le pubbliche amministrazioni debitrici di cui al comma 1 comunicano a partire dal 1° giugno 2013 ed entro il termine del 15 settembre 2013, utilizzando la piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni di cui al medesimo comma 1, l'elenco completo dei debiti certi, liquidi ed esigibili, maturati alla data del 31 dicembre 2012, che non risultano estinti alla data della comunicazione stessa, con l'indicazione dei dati identificativi del creditore. La comunicazione avviene sulla base di un apposito modello scaricabile dalla piattaforma elettronica, nel quale è data separata evidenza ai crediti già oggetto di cessione o certificazione. Il creditore può segnalare all'amministrazione pubblica debitrice, in tempo utile per il rispetto del termine di cui al primo periodo, l'importo e gli estremi identificativi del credito vantato nei confronti della stessa.

4-bis. A decorrere dal 1° gennaio 2014, le comunicazioni di cui al comma 4, relative all'elenco completo dei debiti certi, liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre di ciascun anno, sono trasmesse dalle amministrazioni pubbliche per il tramite della piattaforma elettronica entro il 30 aprile dell'anno successivo. In caso di inadempienza, si applica ai dirigenti responsabili la sanzione di cui al comma 2.

5. Il mancato adempimento da parte delle pubbliche amministrazioni debitrici alle disposizioni di cui al comma 4 rileva ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare ai sensi degli articoli 21 e 55, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

6. Per i crediti diversi da quelli già oggetto di cessione o certificazione, la comunicazione di cui al comma 4 equivale a certificazione del credito ai sensi dell'articolo 9, commi 3-bis e 3-ter, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 e dell'articolo 12, comma 11-quinquies, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44. La certificazione di cui al periodo precedente si intende rilasciata, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 25 giugno 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana 2 luglio 2012, n. 152. Le amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 del presente articolo, nei limiti degli spazi finanziari derivanti dalle esclusioni dai vincoli del patto di stabilità interno previste ai commi 1 e 7 dell'articolo 1 e dalle anticipazioni concesse a valere sul Fondo di cui al comma 10 del medesimo articolo 1, devono indicare, per parte dei debiti ovvero per la totalità di essi, in sede di comunicazione, la data prevista per il pagamento. Per tali debiti la certificazione si intende rilasciata con apposizione della data di pagamento, anche ai fini della compensazione ai sensi degli articoli 28-quater e 28-quinquies del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni. In relazione alle esclusioni dai vincoli del patto di stabilità interno nonché alle anticipazioni, definite successivamente all'effettuazione della comunicazione prevista dal comma 4 del presente articolo, le pubbliche amministrazioni interessate possono aggiornare la predetta comunicazione limitatamente all'apposizione della data prevista per il pagamento dei debiti fino a quel momento comunicati senza apposizione di data. Le date di pagamento indicate nella comunicazione non sono modificabili in sede di aggiornamento.

7. In caso di omessa, incompleta o erronea comunicazione da parte dell'amministrazione pubblica di uno o più debiti, il creditore può richiedere all'amministrazione stessa di correggere o integrare la comunicazione del debito di cui al comma 4. Decorsi 15 giorni dalla data di ricevimento della richiesta senza che l'amministrazione abbia provveduto ovvero espresso un motivato diniego, il creditore può presentare istanza di nomina di un Commissario ad acta, mediante la piattaforma elettronica, secondo le modalità di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 25 giugno 2012, come modificato dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 ottobre 2012 e al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 22 maggio 2012, come modificato dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 24 settembre 2012, con oneri a carico dell'amministrazione debitrice.

7-bis. Le amministrazioni di cui al comma 1, contestualmente al pagamento dei debiti comunicati attraverso la piattaforma elettronica ai sensi del comma 4, provvedono a registrare sulla piattaforma stessa i dati del pagamento, in modo da garantire l'aggiornamento dello stato dei debiti. In caso di mancato adempimento a quanto previsto dal presente comma si applicano le disposizioni di cui al comma 5.

7-ter. Le amministrazioni pubbliche individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, diverse da quelle di cui al comma 1 del presente articolo, ai soli fini della comunicazione prevista dal comma 4, provvedono a registrarsi sulla piattaforma elettronica entro venti giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Per la mancata registrazione sulla piattaforma elettronica entro il termine indicato nel primo periodo si applicano le disposizioni di cui al comma 2. La comunicazione è effettuata entro il 15 settembre 2013 e si applicano le disposizioni di cui ai commi 5 e 7.

7-quater. A decorrere dal 30 settembre 2013, nel sito internet istituzionale del Ministero dell'economia e delle finanze, sulla base dei dati registrati nella piattaforma elettronica, sono pubblicati con cadenza mensile i dati relativi all'andamento dei pagamenti dei debiti di cui ai commi 4 e 4-bis.

8. Entro il termine di cui al comma 4, le banche e gli intermediari finanziari autorizzati, per il tramite dell'Associazione Bancaria Italiana, comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro l'elenco completo dei debiti certi, liquidi ed esigibili nei confronti di pubbliche amministrazioni maturati alla data del 31 dicembre 2012 che sono stati oggetto di cessione in favore di banche o intermediari finanziari autorizzati, con l'indicazione dei dati identificativi del cedente, del cessionario e dell'amministrazione debitrice e distinguendo tra cessioni pro-soluto e cessioni pro-solvendo.

9. Nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti con il Documento di economia e finanza ed eventualmente modificati dalla Nota di aggiornamento, previa intesa con le Autorità europee, la legge di stabilità per il 2014, può autorizzare il pagamento mediante assegnazione di titoli di Stato dei debiti delle amministrazioni pubbliche che hanno formato oggetto di cessione pro soluto perfezionata entro il 31 dicembre 2012 da parte dei creditori in favore di banche o intermediari finanziari disciplinati dalle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al comma 8 ovvero può prevedere l'effettuazione di operazioni finanziarie finalizzate all'estinzione di debiti certi, liquidi ed esigibili delle pubbliche amministrazioni.


 

 

Il comma 1 dell’articolo 7, modificato nel corso dell’esame parlamentare, prevede che le amministrazioni pubbliche - ai fini della certificazione delle somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali – provvedono, entro il 29 aprile 2013 (20 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legge), a registrarsi sulla piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni, predisposta dal Ministero dell’economia e finanze – RGS.

 

L’obbligo di registrazione sulla piattaforma elettronica dei debiti per prestazioni professionali delle pubbliche amministrazioni e l’obbligo per tali debiti, previsto dal successivo comma 4, della procedura di ricognizione, è stato introdotto nel corso dell’esame parlamentare, contestualmente alla previsione – introdotta nel comma 01 dell’articolo 6 - dell’estensione, a tali tipologie di debiti, della disciplina della certificazione.

 

Si ricorda che, la normativa in materia di certificazioni, richiamata nel comma 1 in esame (articolo 9, commi 3-bis (come modificato dal comma 01 dell’articolo 6 del decreto legge) e comma 3-ter del D.L. n. 185/2008; e articolo 12, comma 11-quinquies, D.L. n. 16/2012), stabilisce che la certificazione del credito verso la P.A. per somministrazioni, forniture e appalti e per prestazioni professionali è rilasciata anche al fine di consentirne la cessione del credito pro soluto o pro solvendo a banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente.

Le pubbliche amministrazioni che sono tenute a rilasciare certificazione sono:

§       le regioni e gli enti locali, ad eccezione degli enti locali commissariati e degli enti del servizio sanitario nazionale delle regioni sottoposte a piano di rientro ovvero a programmi operativi di prosecuzione degli stessi, i quali non possono rilasciare certificazione a pena di nullità (articolo 9, comma 3-bis e 3-ter del D.L. n. 185/2008);

§       Stato e gli enti pubblici nazionali (articolo 12, comma 11-quinquies, D.L. n. 16/2012).

Si ricorda inoltre, che ai sensi della disciplina attuativa delle citate norme (D.M. 25 giugno 2012, come modificato dal D.M. 19 ottobre 2012 e D.M. 22 maggio 2012, come modificato dal D.M. 24 settembre 2012, anch’essi richiamati nel comma 1 dell’articolo 7), la forma ordinaria/cartacea di certificazione è stata sostituita a fine ottobre 2012 dall’apposita piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni, istituita dal Ministero dell’economia e finanze – RGS avvalendosi di Consip.

 

Il comma 2 dispone che la mancata registrazione sulla piattaforma elettronica entro il termine del 29 aprile 2013 è rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare, ai sensi di quanto prevede il Decreto legislativo sul pubblico impiego (D.Lgs. n. 165/2001)[58].

I dirigenti responsabili sono inoltre assoggettati ad una sanzione pecuniaria pari a 100 euro per ogni giorno di ritardo nella registrazione sulla piattaforma.

 

Il comma 3 precisa che la certificazione dei crediti di cui al comma 1 – e dunque, dei crediti per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali - è effettuata esclusivamente mediante la piattaforma elettronica.

 

Il comma 4, modificato in sede parlamentare, prevede che le pubbliche amministrazioni debitrici di cui al comma 1 sono tenute a comunicare attraverso la piattaforma elettronica, a partire dal 1° giugno 2013 ed entro il termine del 15 settembre 2013, l’elenco completo dei debiti certi liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012, che non risultano estinti alla data della comunicazione, con l’identificazione dei dati identificativi del creditore.

 

Tale comunicazione, ai sensi del comma 6, primo periodo, è equivalente a certificazione del credito, limitatamente ai crediti che non siano stati già oggetto di cessione o certificazione.

Il comma 4 mantiene comunque ferma la possibilità di acquisire, nelle forme ordinarie già previste dalla legislazione vigente, la certificazione da parte delle pubbliche amministrazioni delle somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti, e per obbligazioni relative a prestazioni professionali (si ricorda che la certificazione avviene sempre e comunque attraverso la piattaforma elettronica).

La circolare n. 30 del 28 giugno 2013 della Ragioneria generale dello Stato ha fornito alle amministrazioni interessate elementi informativi circa le modalità di predisposizione dell’elenco dei debiti di cui al comma 4.

La circolare afferma che sulla citata piattaforma elettronica è stato reso disponibile, a partire dal 31 maggio 2013, una nuovo pacchetto di funzioni, denominato “Ricognizione debiti”, che permette alle amministrazioni e agli enti pubblici accreditati sul sistema di scaricare i modelli necessari per predisporre le comunicazioni dei debiti riferite a ciascun creditore, con separata evidenza di quelli già oggetto di cessione o certificazione.

 

Il comma 5 dispone che il mancato adempimento da parte delle pubbliche amministrazioni debitrici dell’obbligo di comunicazione dell’elenco completo dei propri creditori di cui al precedente comma 4, è considerato – analogamente alla violazione dell’obbligo di registrazione sulla piattaforma – come rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare ai sensi di quanto previsto dal Decreto legislativo sul pubblico impiego (D.Lgs. n. 165/2001).

 

Il comma 4-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, prevede, a decorrere dall’anno 2014, la trasmissione annuale, entro il 30 aprile di ciascun anno, mediante la piattaforma elettronica, dell’elenco dei debiti certi, liquidi ed esigibili, maturati alla data del 31 dicembre dell’anno precedente. In caso di inadempimento, si applica ai dirigenti responsabili la sanzione di cui al comma 2: dunque, l’inadempienza è sia rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare. I dirigenti responsabili sono assoggettati, altresì, ad una sanzione pecuniaria pari a 100 euro per ogni giorno di ritardo.

La circolare n. 30 del 28 giugno 2013 specifica che la trasmissione ha effetti meramente ricognitivi: l’inclusione nell’elenco del debito non ne determina pertanto l’automatica certificazione. Ciò è invero desumibile dalla formulazione del comma 6, primo periodo dell’articolo, che equipara a certificazione solo i debiti comunicati ai sensi del comma 4 – e dunque, dei crediti per somministrazioni forniture e appalti maturati al 312 dicembre 2012 e non estinti all’atto della comunicazione - non già quelli comunicati ai sensi del comma 4-bis.

 

Il comma 6, secondo periodo, dispone che la comunicazione/certificazione dei crediti di cui al comma 4 si intende rilasciata ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del D.M. 25 giugno 2012, il quale prevede che, ai fini del rispetto del patto di stabilità interno, il certificato può essere emesso senza data.

 

La ragione di tale previsione sembra però di fatto trovare specificazione in quanto previsto nel prosieguo del comma 6, come modificato in sede di esame parlamentare.

 

Il medesimo comma 6, al terzo periodo, contempla come obbligatoria l’indicazione, da parte delle amministrazioni pubbliche di cui al comma 1, in sede di comunicazione dei propri debiti di cui al comma 4, della data prevista per il pagamento degli stessi debiti o per parte di essi.

L’indicazione della data di pagamento deve avvenire nei limiti degli spazi finanziari derivanti dalle esclusioni dai vincoli del patto del patto di stabilità interno disposti dall’articolo 1 del decreto legge e dalle anticipazioni di liquidità concesse agli enti territoriali a valere sull’apposito “Fondo per assicurare liquidità per pagamenti debiti certi liquidi ed esigibili” di cui all’articolo 1, comma 10.

 

Con riferimento all’obbligo di indicare la data di pagamento dei debiti o di parte di essi compatibilmente con gli spazi finanziari concessi o con le anticipazioni ricevute, si sottolinea che si tratta di debiti di cui al comma 4, e dunque dei debiti per somministrazioni forniture appalti e prestazioni professionali, “certi, liquidi ed esigibili, maturati alla data del 31 dicembre 2012” e non estinti all’atto della comunicazione del relativo elenco.

 

Per tali debiti la certificazione si intende rilasciata – ai sensi del comma 6, quarto periodo - con apposizione della data di pagamento, anche ai fini della disciplina della compensazione da parte dei creditori delle stesse con somme da essi dovute a seguito di iscrizione a ruolo ai sensi dell’articolo 28-quater e 28-quinquies del D.P.R. 602/73.

 

Con riferimento alla certificazione del credito si osservi che il comma 01 dell’articolo 6 del decreto legge ha esteso ai debiti delle P.A. per prestazioni professionali l’istituto della certificazione, non già l’istituto della compensazione del credito, che, invece, con la formulazione del comma 6 dell’articolo in esame sembra possibile anche per tali tipologie di debiti inclusi nell’elenco di cui al comma 4. Sarebbe opportuno un chiarimento al riguardo.

 

In relazione alle esclusioni dai vincoli del patto di stabilità nonché alle anticipazioni definite dopo la comunicazione dell’elenco dei debiti commerciali ai sensi del comma 4, le amministrazioni interessate possono aggiornare la comunicazione effettuata limitatamente ai debiti privi di data di pagamento (apponendo, dunque, in un secondo tempo, in ragione degli spazi finanziari disponibili e delle anticipazioni concesse, la data di pagamento).

Le date di pagamento indicate nella comunicazione (una volta apposte) non possono essere comunque soggette a modifiche o aggiornamenti.

 

La formulazione originaria del comma 6 non prevedeva che le certificazioni d’ufficio fossero rilasciate con apposizione di una data di pagamento.

Ciò, afferma la Circolare RGS n. 30/2013, aveva la conseguenza di precludere l’utilizzo di dette certificazioni ai fini delle compensazioni con i debiti per tributi, contributi e premi, previste dagli articoli 28-quater e 28-quinquies del D.P.R. n. 602/1973 (tali articoli prevedono infatti che la compensazione sia consentita solo in presenza di crediti certificati per i quali l’amministrazione debitrice abbia indicato la data prevista per il pagamento). In fase di conversione, si è introdotto un meccanismo per consentire la progressiva apposizione della data di pagamento ai debiti certificati d’ufficio, nei limiti delle risorse rese disponibili dal decreto-legge in esame (sia attraverso la concessione di spazi finanziari sul patto di stabilità interno sia attraverso la concessione delle anticipazioni di liquidità).

Ciò comporta che, nel momento in cui l’amministrazione debitrice riceve notizia dell’entità delle risorse ad essa riconosciute e della data in cui tali risorse saranno effettivamente disponibili, questa è tenuta ad aggiornare l’elenco, indicando la data prevista di pagamento relativamente ad un set di debiti di importo corrispondente. La disponibilità di risorse aggiuntive che dovesse successivamente intervenire comporterà l’apposizione della data ad ulteriori debiti, fino a quel momento certificati senza data.

 

Si ricorda inoltre che l’articolo 1, comma 14, del provvedimento in commento detta, di fatto, per gli enti locali, l’obbligo di tempi certi di pagamento in connessione con le anticipazioni di liquidità ricevute per l’estinzione degli stessi. Tale norma, in particolare, dispone che gli enti locali devono procedere alla estinzione dei debiti (certi liquidi ed esigibili maturati al 31 dicembre 2012 di cui al comma 13), immediatamente all’atto dell’erogazione delle anticipazioni di liquidità ad essi concesse da Cassa depositi e, in ogni caso, entro e non oltre i successivi 30 giorni dall’atto della stessa erogazione.

 

Il comma 7 dispone che, in caso di omessa, incompleta o erronea comunicazione da parte dell'amministrazione pubblica di uno o più debiti, il creditore può richiedere all'amministrazione di correggere o integrare la comunicazione dell’elenco dei debiti.

Decorsi 15 giorni dal ricevimento dell’istanza senza che l'amministrazione abbia provveduto ovvero abbia espresso un motivato diniego alla correzione, il creditore può presentare un’istanza di nomina di un Commissario ad acta, mediante la piattaforma elettronica, con oneri a carico dell'amministrazione debitrice.

Il comma 7-bis, introdotto in sede di conversione, dispone che le pubbliche amministrazioni – contestualmente al pagamento dei debiti comunicati attraverso la piattaforma ai sensi del comma 4 - provvedono a registrare sulla medesima piattaforma i dati dell’avvenuto pagamento.

In caso di inadempienza si determina responsabilità dirigenziale e disciplinare ai sensi di quanto previsto dal comma 5.

 

Il comma 7-ter, anch’esso aggiunto nel corso dell’esame parlamentare, estende l’obbligo di registrazione alla piattaforma elettronica alle pubbliche amministrazioni, indicate nell’articolo 1, comma 2, della legge di contabilità pubblica (legge n. 196/2009) diverse da quelle assoggettate alla disciplina della certificazione del credito di cui al comma 1.

L’obbligo di comunicazione dunque viene esteso a tutti gli enti e organismi rientranti nel conto economico consolidato della P.A., alle amministrazioni di cui al D.Lgs. n. 165/2001 e alle Autorità indipendenti, diversi da quelli assoggettati alla certificazione dei propri debiti.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 2 della legge n. 196/2009 - ai fini della applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica – dispone che per amministrazioni pubbliche si intendono, a decorrere dall'anno 2012:

§       gli enti e i soggetti indicati a fini statistici dall’ISTAT nell’elenco degli enti ed organismi del conto economico consolidato della pubblica amministrazione, annualmente pubblicato dal medesimo Istituto. L’ultimo elenco è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 227 del 28 settembre 2012[59];

§       le Autorità indipendenti e, comunque, le amministrazioni pubbliche di cui al decreto legislativo sul pubblico impiego, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e ss. mod. [60].

 

La già richiamata Circolare MEF-RGS n. 28/2013, rileva che con il comma 7-ter, l’obbligo di registrazione è dunque esteso, tra gli altri, agli enti locali commissariati ai sensi dell’articolo 143 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

 

La registrazione da parte dei suddetti soggetti (diversi, come già detto, da quelli già tenuti alla registrazione in quanto assoggettati alla disciplina sulla certificazione) è ai soli fini della comunicazione dell’elenco completo dei debiti per somministrazioni forniture e appalti e prestazioni professionali certi liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012 e dunque non equivale ad automatica certificazione.

 

Il comma prevede che le amministrazioni in questione sono tenute a registrarsi sulla piattaforma elettronica entro il 28 giugno 2013 (20 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge).

 

La comunicazione dell’elenco completo dei debiti deve essere effettuata entro il 15 settembre 2013.

 

In caso di mancata registrazione sulla piattaforma entro il termine stabilito, si applicano i principi di responsabilità dirigenziale e le sanzioni previste dal comma 2, mentre, per ciò che concerne la comunicazione dei debiti, si applicano i commi 5 e 7 dell’articolo, che sanciscono la responsabilità disciplinare e dirigenziale in caso di inadempimento e che, in caso di incompleta comunicazione consentono al creditore di presentare istanza di correzione o integrazione.

 

Secondo dati riportati le informazioni contenute sul sito della piattaforma elettronica per la certificazione dei crediti[61] - alla data del 17 luglio 2013, risultano accreditate 21.142 enti. Di essi, 19.673 sono amministrazioni locali e 1.469 sono amministrazioni locali.

L’informazione include sia gli enti che si sono accreditati ai sensi del comma 1-4, sia quelli che si sono accreditati ai sensi del comma 4-ter dell’articolo in esame.

 

A decorrere dal 30 settembre 2013, sul sito internet istituzionale del Ministero dell'economia e delle finanze, sulla base dei dati registrati nella piattaforma elettronica, sono pubblicati con cadenza mensile i dati relativi all'andamento dei pagamenti dei debiti di cui ai commi 4 e 4-bis (comma 7-quater).

 

Il comma 8 prevede che entro il termine del 15 settembre 2013 (termine previsto dal comma 4 per la comunicazione dell’elenco dei debiti), le banche e gli intermediari finanziari autorizzati, per il tramite dell'Associazione Bancaria Italiana (ABI), sono tenuti a comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro l'elenco completo dei debiti certi, liquidi ed esigibili nei confronti di pubbliche amministrazioni maturati alla data del 31 dicembre 2012, che sono stati oggetto di cessione in loro favore, distinguendo tra cessioni pro-soluto e cessioni pro-solvendo, con l'indicazione dei dati identificativi del cedente, del cessionario e dell'amministrazione debitrice.

 

Si ricorda che - secondo le stime della Banca d’Italia diffuse nel corso dell’audizione presso le Commissioni speciali riunite della Camera e del Senato il 28 marzo 2013 – i crediti ceduti pro-soluto agli intermediari finanziari in base alle segnalazioni di vigilanza ammontano a circa 11 miliardi di euro sia nel 2011 che nel 2012; tali importi sono, peraltro, già inclusi nel debito pubblico calcolato secondo la definizione di Maastricht.

 

Il comma 9 dispone, con una norma di carattere programmatico, che la legge di stabilità 2014 possa autorizzare il pagamento mediante l’assegnazione di titoli di Stato dei debiti delle amministrazioni pubbliche oggetto di cessione pro-soluto perfezionata entro il 31 dicembre 2012 alle banche e agli intermediari finanziari (disciplinati dalle legge in materia bancaria e creditizia) di cui al comma 8, ovvero possa prevedere l’effettuazione di operazioni finanziarie finalizzate all’estinzione dei debiti certi, liquidi ed esigibili delle pubbliche amministrazioni.

 

La norma specifica che quanto sopra può essere autorizzato dalla legge di stabilità 2014 nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti con il Documento di economia e finanza (DEF) ed eventualmente modificati dalla Nota di aggiornamento, previa intesa con le Autorità europee.

Si segnala che la legge 24 dicembre 2012, n. 243, recante disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio, introdotto dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 – che troverà applicazione, assieme alle nuove norme costituzionali, a decorrere dall’esercizio finanziario 2014 - consente il ricorso all’indebitamento al verificarsi di eventi eccezionali, previa autorizzazione delle Camere. A tal fine la legge specifica che per eventi eccezionali s’intendono i periodi di grave recessione economica relativi anche dell’area dell’euro o all’intera Unione europea e gli eventi straordinari, al di fuori del controllo dello Stato, ivi incluse le gravi crisi finanziarie, nonché le gravi calamità naturali, con rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale del Paese.

Quanto alla procedura di autorizzazione, si prevede che il Governo, qualora ritenga indispensabile discostarsi temporaneamente dall’obiettivo programmatico per fronteggiare i suddetti gli eventi eccezionali, sentita la Commissione europea, presenti alle Camere una relazione di aggiornamento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica e una specifica richiesta di autorizzazione che indichi la misura e la durata dello scostamento, stabilendo le finalità alle quali destinare le risorse disponibili in conseguenza dello stesso e definendo al contempo il piano di rientro verso l’obiettivo programmatico.

La durata del piano di rientro deve essere commisurata alla gravità degli eventi straordinari e lo stesso deve essere attuato a decorrere dall'esercizio successivo a quelli per i quali è autorizzato lo scostamento, tenendo conto dell'andamento del ciclo economico. In conformità al disposto costituzionale, la deliberazione con la quale ciascuna Camera autorizza lo scostamento e approva il piano di rientro è adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.

 

Si osservi che quanto previsto dal comma 9 trova un suo completamento nel successivo comma 9-bis (alla cui specifica scheda di lettura si rinvia).

Il comma 9-bis dispone che alla Nota di aggiornamento al DEF 2013 – documento che deve essere presentato dal Governo entro il 20 settembre 2013 - dovrà essere allegata una relazione che dia conto dello stato dei pagamenti dei debiti di cui al comma 1 e delle iniziative eventualmente necessarie da assumere – anche con la legge di stabilità 2014 - per completare il pagamenti dei debiti delle PP.AA. maturati al 31 dicembre 2012, ivi compresi quelli per somministrazioni forniture, appalti e prestazioni professionali “fuori bilancio”, anche mediante la concessione nell’anno 2014 della garanzia dello Stato al fine di agevolare la cessione dei relativi crediti a banche e altri intermediari, nel rispetto dei saldi programmati di finanza pubblica.


 

Articolo 7, comma 9-bis
(Relazione allegata alla Nota di aggiornamento del DEF 2013
sullo stato di attuazione del decreto legge)

 


9-bis. Alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2013 è allegata una relazione sull'attuazione del presente decreto. La relazione dà conto dello stato dei pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni effettuati ai sensi degli articoli 1, 2, 3 e 5, nonché degli esiti dell'attività di ricognizione svolta ai sensi del presente articolo. La relazione indica altresì le iniziative eventualmente necessarie, da assumere anche con la legge di stabilità per il 2014, al fine di completare il pagamento dei debiti delle amministrazioni pubbliche maturati al 31 dicembre 2012, ivi inclusi i debiti per obbligazioni giuridicamente perfezionate relativi a somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali a fronte dei quali non sussistono nei bilanci residui passivi anche perenti, anche mediante la concessione nell'anno 2014 della garanzia dello Stato al fine di agevolare la cessione dei relativi crediti a banche e ad altri intermediari finanziari, nel rispetto dei saldi programmati di finanza pubblica.


 

 

Il comma 9-bis dell’articolo 7 prevede che alla Nota di aggiornamento del DEF 2013 sia allegata una relazione che dà conto dello stato di attuazione del decreto legge in esame.

Oltre ad indicare lo stato dei pagamenti dei debiti effettuati dagli enti territoriali e dalle amministrazioni statali, nonché gli esiti dell'attività di ricognizione svolta dalle amministrazioni pubbliche sui propri debiti commerciali maturati alla data del 31 dicembre 2012, tale relazione deve in particolare indicare altresì le iniziative eventualmente necessarie, da assumersi anche con la legge di stabilità per il 2014, per il completamento del pagamento dei debiti delle amministrazioni pubbliche maturati alla data del 31 dicembre 2012, inclusi i debiti fuori bilancio per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali, a fronte dei quali non risultano nel bilancio residui passivi, anche perenti.

Tali iniziative, precisa il comma in esame, possono concernere anche la concessione, nell’anno 2014 medesimo, della garanzia dello Stato al fine di agevolare la cessione dei relativi crediti a banche ed altri intermediari finanziari.

Tale concessione deve in ogni caso avvenire nel rispetto dei saldi programmati di finanza pubblica (che, com’è noto sono indicati nel Documento di economia e finanza e poi nella Nota di aggiornamento al medesimo).

Si osservi che quanto previsto dal comma 9-bis deve essere letto in combinato disposto con quanto previsto dal successivo articolo 12, commi 9 e 10, in materia di monitoraggio dell'attuazione delle misure previste dal decreto legge.

Ai sensi di tali disposizioni, qualora - all’esito del monitoraggio - emergano i rischi di mancato raggiungimento degli obiettivi programmatici indicati nel DEF 2013 e nei suoi successivi aggiornamenti, si prevede che il Ministro dell’economia e delle finanze, previa apposita relazione da inviare al Parlamento o da allegare comunque alla Nota di aggiornamento al DEF, dispone - con proprio decreto - la rimodulazione per gli anni 2013 e 2014 delle spese autorizzate dal decreto legge, ovvero la limitazione degli impegni e dei pagamenti (secondo quanto consentito dall’ articolo 10, comma 12, primo periodo del decreto legge n. 98/2011) o, in alternativa, l'adozione di provvedimenti correttivi urgenti.


 

Articolo 8
(Semplificazione e detassazione della cessione dei crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni)

 


1. Gli atti di cessione dei crediti certi, liquidi ed esigibili maturati nei confronti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, alla data del 31 dicembre 2012 per somministrazioni, forniture ed appalti sono esenti da imposte, tasse e diritti di qualsiasi tipo. La disposizione di cui al presente comma non si applica all'imposta sul valore aggiunto.

2. L'autenticazione delle sottoscrizioni degli atti di cessione dei crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è effettuata, a titolo gratuito, dall'ufficiale rogante dell'amministrazione debitrice, ove presente. In caso di assenza o impedimento dell'ufficiale rogante ovvero su richiesta del creditore, l'autenticazione delle sottoscrizioni può essere effettuata da un notaio e gli onorari sono comunque ridotti alla metà. La notificazione dei predetti atti di cessione, anche se posti in essere prima della data di entrata in vigore del presente decreto, può essere effettuata direttamente dal creditore anche mediante consegna dell'atto con raccomandata a mano ovvero con avviso di ricevimento.

3. Con provvedimento del Direttore generale del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze, da emanare entro il 31 luglio 2013, sono stabilite le modalità attraverso le quali la piattaforma elettronica istituita per le finalità di cui all'art. 120-quater, comma 3, del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 e delle relative disposizioni di attuazione, è utilizzata anche per la stipulazione degli atti di cessione e per la loro notificazione.


 

 

L’articolo 8 prevede che la cessione dei crediti maturati fino al 31 dicembre 2012 nei confronti delle pubbliche amministrazioni per somministrazioni, forniture ed appalti sia esente, in particolare, dall’imposta di registro e da quella di bollo. L’esenzione non riguarda l’Iva. Quale misura di semplificazione è prevista la possibilità di far autenticare gli stessi atti di cessione dei crediti da parte dell’ufficiale rogante dell’amministrazione debitrice, nel caso in cui tale figura sia presente. Si prevede infine che, con provvedimento ministeriale da emanare entro il 31 luglio 2013, siano stabilite le modalità attraverso le quali la piattaforma elettronica realizzata per le comunicazioni relative alla surrogazione dei mutui sia utilizzata anche per la stipulazione degli atti di cessione e per la loro notificazione.

 

In dettaglio, il comma 1 prevede l’esenzione da imposte, tasse e diritti di qualsiasi tipo per gli atti di cessione dei crediti certi, liquidi ed esigibili maturati nei confronti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, alla data del 31 dicembre 2012 per somministrazioni, forniture ed appalti. Da tale esenzione è esclusa l’Iva.

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001 per amministrazioni pubbliche si intendono: tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie fiscali.

Gli atti di cessione dei crediti sono sottoposti ad imposta di registro, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986 (Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro). L’articolo 40 del D.P.R. n. 131 del 1986 stabilisce il principio dell’alternatività tra Iva e imposta di registro, prevedendo che per gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti all'imposta sul valore aggiunto, l'imposta si applica in misura fissa (168,00 euro).

L’Agenzia delle entrate con la risoluzione n. 95/E del 17 ottobre 2012 ha affermato che con riferimento all'atto di cessione di crediti, ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, detto contratto può dar luogo a:

§       operazioni di natura finanziaria, rientranti nel campo applicativo dell'Iva tra le operazioni esenti, ex articolo 10, comma 1, n. 1), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633;

§       operazioni di natura non finanziaria, escluse dal campo applicativo dell'Iva.

In particolare, rientrano nel campo di applicazione dell'Iva, ai sensi dell'articolo 3, secondo comma, n. 3), del D.P.R. n. 633 del 1972, se effettuate dietro corrispettivo, le operazioni finanziarie mediante la negoziazione, anche a titolo di cessione pro soluto, di crediti.

In sintesi, se la cessione del credito non riveste i caratteri di una operazione di finanziamento deve essere assoggettata ad imposta di registro in misura proporzionale secondo l’aliquota dello 0,50% (articolo 6, Tariffa Parte I, D.P.R. 131/1986). Qualora invece l’operazione assuma carattere finanziario, rientrando nel campo d’applicazione dell’Iva (seppur qualificata quale operazione esente), sarà assoggettata ad imposta di registro in misura fissa (168,00 euro) in virtù del richiamato principio di alternatività tra imposta sul valore aggiunto e imposta di registro statuita dall’art. 40, D.P.R. 131/1986.

 

Con la norma in esame per gli atti di cessione dei crediti individuati (devono essere: certi, liquidi ed esigibili; maturati alla data del 31 dicembre nei confronti delle p.a. per somministrazioni, forniture ed appalti) si prevede che il principio di alternatività produca effetti ancora più radicali: si applica solamente l’imposta sul valore aggiunto.

Tali atti sono inoltre soggetti ad imposta di bollo secondo la tariffa allegata al D.P.R. n. 642 del 1972 (disciplina dell’imposta di bollo) nella misura fissa di 16 euro per foglio (come da ultimo determinata dall’articolo 7-bis, comma 3, del decreto-legge n. 43 del 2013). La relazione tecnica afferma che da fonte ABI risulta che in media per ogni atto viene utilizzata una sola marca da bollo.

La norma in esame per gli atti di cessione dei crediti individuati esonera dal pagamento dell’imposta di bollo.

 

Il comma 2 prevede, quale misura di semplificazione, che l’autenticazione delle sottoscrizioni dei sopraddetti atti di cessione dei crediti è effettuata, a titolo gratuito, dall’ufficiale rogante dell’amministrazione debitrice, nel caso in cui tale figura sia presente. La norma dispone la riduzione alla metà degli onorari nel caso in cui l’autenticazione delle sottoscrizioni sia effettuata da un notaio.

In caso di assenza o impedimento dell’ufficiale rogante, nonché se richiesto dal creditore cedente, le sottoscrizioni possono essere autenticate da un notaio, i cui onorari sono, tuttavia, ridotti della metà.

Nel corso dell’esame parlamentare è stata prevista come regola generale (anziché come possibilità) la titolarità dell’ufficiale rogante dell’amministrazione debitrice all’autenticazione delle sottoscrizioni degli atti di cessione dei crediti verso la PA.

Al riguardo si rammenta che l’art. 9 del D.L. 1/2012 (cd. D.L. crescita) ha abrogato le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico. Il riferimento, anziché agli onorari, può tuttavia difficilmente essere fatto ai parametri tariffari fissati, anche per la professione notarile, dal D.M. Giustizia n. 140/2012. I parametri di cui alla tabella D (Altri atti) del decreto – in cui ai sensi dell’art. 30 del DM rientra l’autentica di sottoscrizione - sono infatti compresi tra 30 e 500 euro (con aumento fino al doppio).

 

Un’ulteriore elemento di semplificazione è rappresentato dalla possibilità di notificare i predetti atti di cessione, anche se posti in essere prima della data di entrata in vigore del decreto in esame, direttamente da parte del creditore mediante consegna dell’atto con raccomandata a mano ovvero con avviso di ricevimento.

 

Il comma 3 demanda ad un provvedimento del Direttore generale del Tesoro, da emanare entro il 31 luglio 2013, il compito di stabilire le modalità attraverso le quali la piattaforma elettronica realizzata per le comunicazioni relative alla surrogazione dei mutui (articolo 120-quater, comma 3, del D.Lgs. n. 385 del 1993 – T.U.B.) sarà utilizzata anche per la stipulazione degli atti di cessione dei crediti e per la loro notificazione.

Il comma 3 dell’articolo 120-quater del T.U.B. (modificato dal comma 8, numero 1), lettera c), dell’articolo 8 del D.L. n. 70 del 2011) prevede la possibilità di inviare telematicamente l’atto di surrogazione del mutuo ai fini dell’annotamento nei pubblici registri e demanda a un provvedimento del direttore dell’Agenzia del territorio, di concerto con il Ministero della giustizia, l’individuazione delle relative modalità di presentazione. Le modalità di presentazione, per via telematica, dell'atto di surrogazione sono state stabilite dall’Agenzia del territorio con il provvedimento del 26 giugno 2012 (pubblicato nella G.U. 27 giugno 2012, n. 148).


 

Articolo 9
(Compensazioni tra certificazioni e crediti tributari)

 


01. All'articolo 28-quater, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, il secondo periodo è sostituito dal seguente: "A tal fine la certificazione prevista dall'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e le certificazioni richiamate all'articolo 9, comma 3-ter, lettera b), ultimo periodo, del medesimo decreto, recanti la data prevista per il pagamento, emesse mediante l'apposita piattaforma elettronica, sono utilizzate, a richiesta del creditore, per il pagamento, totale o parziale, delle somme dovute a seguito dell'iscrizione a ruolo, effettuato in data antecedente a quella prevista per il pagamento del credito.”.

02. Il termine del 30 aprile 2012 di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 ottobre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 259 del 6 novembre 2012, è differito al 31 dicembre 2012.

1. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, dopo l'articolo 28-quater, è aggiunto il seguente:

"Art. 28-quinquies. - (Compensazioni di crediti con somme dovute in base agli istituti definitori della pretesa tributaria e deflativi del contenzioso tributario). 1. I crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati al 31 dicembre 2012 nei confronti dello Stato, degli enti pubblici nazionali, delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale per somministrazioni, forniture e appalti, possono essere compensati, solo su specifica richiesta del creditore, con l'utilizzo del sistema previsto dall'articolo 17, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ed esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate, con le somme dovute a seguito di accertamento con adesione ai sensi dell'articolo 8, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, di definizione ai sensi dell'articolo 5, comma 1-bis, dell'articolo 5-bis, dell'articolo 11, comma 1-bis, e di acquiescenza ai sensi dell'articolo 15, dello stesso decreto legislativo, di definizione agevolata delle sanzioni ai sensi degli articoli 16 e 17, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, di conciliazione giudiziale ai sensi dell'articolo 48, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, di mediazione ai sensi dell'articolo 17-bis, dello stesso decreto. A tal fine è necessario che il credito sia certificato ai sensi dell'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, o ai sensi dell'articolo 9, comma 3-ter, lettera b), ultimo periodo, del medesimo decreto e che la relativa certificazione rechi l'indicazione della data prevista per il pagamento. La compensazione è trasmessa immediatamente con flussi telematici dall'Agenzia delle entrate alla piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni, predisposta dal Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, con modalità idonee a garantire l'utilizzo univoco del credito certificato. Qualora l'ente pubblico nazionale, la regione, l'ente locale o l'ente del Servizio sanitario nazionale non versi sulla contabilità speciale numero 1778 "Fondi di bilancio" l'importo certificato entro sessanta giorni dal termine indicato nella certificazione, la struttura di gestione di cui all'articolo 22, comma 3, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, trattiene l'importo certificato mediante riduzione delle somme dovute all'ente a qualsiasi titolo, a seguito della ripartizione delle somme riscosse ai sensi dell'articolo 17, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Nel caso in cui il recupero non sia possibile, la suddetta struttura di gestione ne dà comunicazione ai Ministeri dell'interno e dell'economia e delle finanze e l'importo è recuperato mediante riduzione delle somme dovute dallo Stato all'ente a qualsiasi titolo, incluse le quote dei fondi di riequilibrio o perequativi e le quote di gettito relative alla compartecipazione a tributi erariali. Qualora residuino ulteriori importi da recuperare, i Ministeri dell'interno e dell'economia e delle finanze formano i ruoli per l'agente della riscossione, che procede alla riscossione coattiva secondo le disposizioni di cui al titolo II.

2. I termini e le modalità di attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, sono stabiliti, entro il 30 giugno 2013, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.".

1-bis. Al comma 1 dell'articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: ", ovvero che abbiano ottenuto la dilazione del pagamento ai sensi dell'articolo 19 del presente decreto".

2. A decorrere dall'anno 2014, il limite di 516.000 euro previsto dall'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 è aumentato a 700.000 euro. All'onere pari a euro 1.250 milioni per l'anno 2014, 380 milioni per l'anno 2015 e 250 milioni per l'anno 2016 si provvede, per l'anno 2014, a valere sui maggiori rimborsi programmati di cui all'articolo 5, comma 7, e, per gli anni 2015 e 2016, mediante utilizzo delle risorse disponibili sulla contabilità speciale 1778 - fondi di bilancio dell'Agenzia delle entrate.

2-bis. In sede di presentazione della dichiarazione dei redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, il soggetto d'imposta titolare di ragioni creditorie nei confronti delle pubbliche amministrazioni allega un elenco, conforme a un modello da adottare con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, dei crediti certi, liquidi ed esigibili vantati, alla data di chiusura del periodo d'imposta al quale la dichiarazione si riferisce, per cessioni di beni e prestazioni di servizi resi alle medesime pubbliche amministrazioni, distinti in ragione di ente pubblico debitore. L'elenco di cui al presente comma è presentato all'amministrazione finanziaria per via telematica, ai sensi dell'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, e successive modificazioni.


 

 

L’articolo 9, al comma 01, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, sostituisce il comma 1, secondo periodo, dell’articolo 28-quater del D.P.R. n. 602 del 1973 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), specificando che le certificazioni necessarie per le compensazioni di crediti con somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo:

§      devono recare la data prevista per il pagamento;

§      sono emesse mediante l’apposita piattaforma elettronica;

§      sono utilizzate a richiesta del creditore;

§      sono utilizzate per il pagamento, totale o parziale, di quanto dovuto a seguito dell’iscrizione a ruolo in data antecedente a quella prevista per il pagamento del credito.

 

Al riguardo, si ricorda che il comma 3-bis dell’articolo 9 del decreto-legge n. 185 del 2008 ha previsto che su istanza del creditore di somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti, le regioni e gli enti locali nonché gli enti del Servizio sanitario nazionale certificano, entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione dell'istanza, se il relativo credito sia certo, liquido ed esigibile, anche al fine di consentire al creditore la cessione pro soluto o pro solvendo a favore di banche o intermediari finanziari. Il successivo comma 3-ter, alla lettera b), fa salve, tra le altre, le certificazioni rilasciate nell'ambito di operazioni di gestione del debito sanitario, in attuazione dei piani di rientro dai disavanzi sanitari o dei programmi operativi di prosecuzione degli stessi.

 

Il comma 02, anch’esso introdotto nel corso dell’esame parlamentare, amplia la platea dei crediti compensabili, differendo dal 30 aprile 2012 al 31 dicembre 2012 il termine entro il quale devono essere state notificate le cartelle di pagamento per poter usufruire delle compensazioni con i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti dello Stato e degli enti pubblici nazionali per somministrazione, forniture e appalti[62].

 

L’articolo 9 aggiunge al D.P.R. n. 602 del 1973 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) il nuovo articolo 28-quinquies in materia di compensazioni di redditi con somme dovute in base agli istituti definitori della pretesa tributaria e deflativi del contenzioso tributario.

 

Con tale articolo si dispone (comma 1) una compensazione tra i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati al 31 dicembre 2012 nei confronti dello Stato, degli enti pubblici nazionali, delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale relativi a somministrazioni, forniture e appalti, con le somme dovute in diversi fasi del procedimento tributario. In particolare, si tratta dei casi di:

§      accertamento con adesione ai sensi dell’articolo 8, del D.Lgs. n. 218 del 1997 in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale;

§      definizione ai sensi dell’articolo 5, comma 1-bis, dell’articolo 5-bis, e dell’articolo 11, comma 1-bis, del medesimo D.Lgs. n. 218 del 1997;

§      acquiescenza ai sensi dell’articolo 15 del medesimo D.Lgs. n. 218 del 1997;

§      definizione agevolata delle sanzioni ai sensi degli articoli 16 e 17 del D.Lgs. n. 472 del 1997 in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie;

§      conciliazione giudiziale ai sensi dell’articolo 48, del D.Lgs. n. 546 del 1992 sul processo tributario;

§      mediazione ai sensi dell’articolo 17-bis del citato D.Lgs. n. 546 del 1992.

 

La compensazione potrà essere effettuata, solo su specifica richiesta del creditore, per mezzo del sistema previsto dall’articolo 17, del decreto legislativo n. 241 del 1997, ed esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate.

 

Il richiamato articolo 17 prevede che i contribuenti, nell’eseguire versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, possono effettuare la compensazione dei crediti, dello stesso periodo, vantati nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche.

Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.

L’articolo 34 della legge finanziaria per il 2001 (legge n. 388/2000) dispone che il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili ai sensi dell'articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale, è fissato in 1 miliardo di lire (516.457 euro) per ciascun anno solare. Tenendo conto delle esigenze di bilancio, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, il limite di cui al periodo precedente può essere elevato, a decorrere dal 1° gennaio 2010, fino a 700.000 euro (periodo aggiunto dall’articolo 10, comma 1, lettera b), del D.L. n. 78 del 2009).

Il comma 2 dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997 indica le tipologie di crediti e di debiti che possono essere oggetto di versamento unitario e di compensazione (imposte, addizionali, contributi previdenziali, premi assicurativi sugli infortuni sul lavoro).

 

Il comma 1 in esame specifica, tuttavia che, al fine di poter effettuare la compensazione è necessario che il credito sia certificato secondo quanto previsto dall’articolo 9, comma 3-bis, del D.L. n. 185 del 2008 o dall'articolo 9, comma 3-ter, lettera b), ultimo periodo, del medesimo decreto, precedentemente illustrati (cfr scheda di lettura articolo 7) e che la certificazione sia corredata dall’indicazione della data prevista per il pagamento.

 

La compensazione è trasmessa immediatamente con flussi telematici dall’Agenzia delle entrate alla piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni, predisposta dal Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, con modalità idonee a garantire l’utilizzo univoco del credito certificato.

La piattaforma elettronica è stata disciplinata dall’articolo 3 del D.M. Economia del 22 maggio 2012.

 

Qualora l’ente pubblico nazionale, la regione, l'ente locale o l'ente del Servizio sanitario nazionale non provveda al versamento sulla contabilità speciale numero 1778 “Fondi di bilancio” dell'importo certificato entro 60 giorni dal termine indicato nella certificazione, la “struttura di gestione” prevista dall’articolo 22, comma 3, del D.Lgs. n. 241 del 1997, trattiene l'importo certificato mediante riduzione delle somme dovute all'ente territoriale a qualsiasi titolo, a seguito della ripartizione delle somme riscosse ai sensi dell’articolo 17, del medesimo decreto legislativo n. 241.

Il funzionamento della citata “struttura di gestione” è stato disciplinato con il D.M. Finanze 22 maggio 1998. La struttura è stata individuata nella “Direzione centrale per la riscossione” dell’allora Dipartimento delle entrate.

 

Qualora il recupero non sia possibile, la “struttura di gestione” ne dà comunicazione ai Ministeri dell'interno e dell'economia e delle finanze e l'importo è recuperato mediante riduzione delle somme dovute dallo Stato all'ente territoriale a qualsiasi titolo, incluse le quote dei fondi di riequilibrio o perequativi e le quote di gettito relative alla compartecipazione a tributi erariali.

Nel caso in cui, all’esito della procedura di salvaguardia di cui sopra, residuino ulteriori importi da recuperare l'agente della riscossione procede alla riscossione coattiva, analogamente a quanto previsto per le compensazioni di crediti con somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo.

 

Il comma 2 rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro il 30 giugno 2013, la fissazione dei termini e delle modalità di attuazione delle disposizioni precedentemente illustrate. Il decreto non risulta ancora adottato.

 

Il comma 1-bis novella il comma 1 dell’articolo 48-bis del D.P.R. n. 602 del 1973, relativo ai pagamenti delle pubbliche amministrazioni.

Per effetto di tale modifica la sospensione dei pagamenti da parte delle P.A. in caso di inadempimento del contribuente all’obbligo tributario per oltre 10.000 euro non si applica a coloro che abbiano ottenuto la dilazione del pagamento dei debiti tributari (c.d. rateizzazione).

 

Il comma 2 dell’articolo 9 eleva, con decorrenza dal 2014, a 700.000 euro il limite di 516.000 euro attualmente previsto dall’articolo 34, comma 1, della legge n. 388 del 2000, relativamente ai crediti di imposta e ai contributi compensabili da ciascun contribuente.

Si ricorda che l’articolo 10, comma 1, lettera b), del D.L. n. 78 del 2009, integrando l’articolo 34 in oggetto, ha già previsto la facoltà di disporre con decreto ministeriale – tenuto conto delle esigenze di bilancio – l’incremento fino a 700.000 euro del limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili da ciascun contribuente nell’anno a decorrere dal 2010.

Pertanto il comma in esame pone tale limite a regime.

 

Inoltre, si provvede alla copertura finanziaria dell’onere determinato dall’aumento del limite (onere quantificato in 1.250 milioni per il 2014, 380 milioni per il 2015 e 250 milioni per il 2016), ponendola per il 2014 a valere sui maggiori rimborsi programmati di cui al precedente articolo 5, comma 7 e per le annualità 2015 e 2016 a valere sulle risorse esistenti nella contabilità speciale di tesoreria 1778 – fondi di bilancio dell’Agenzia delle entrate.

La disposizione richiamata stabilisce che con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate e del territorio siano stabiliti i termini e le modalità attuative per la riprogrammazione delle restituzioni e dei rimborsi delle imposte al fine di determinare un incremento delle corrispondenti erogazioni per un importo complessivo non superiore a 2.500 milioni per il 2013 e a 4.000 milioni per il 2014.

In sostanza la dotazione effettiva delle risorse destinate ai rimborsi fiscali prevista dal decreto-legge in oggetto per il 2014 ammonta a 2.750 milioni (4.000 – 1.250), in quanto 1.250 milioni sono destinati dal presente comma 3 alla compensazione crediti/debiti.

 

Con il comma 2-bis dell’articolo 9, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, si prevede che i soggetti creditori nei confronti della PA in sede di dichiarazione dei redditi allegano un elenco dei crediti certi, liquidi ed esigibili vantati, alla data di chiusura del periodo d'imposta al quale la dichiarazione si riferisce, per la cessioni di beni e la prestazioni di servizi resi alle medesime pubbliche amministrazioni, distinti per ente pubblico debitore.

Tale elenco, per il quale il Ministero dell’economia e delle finanze deve predisporre con decreto un modello, viene trasmesso all’amministrazione finanziaria per via telematica.


 

Articolo 10, comma 1
(Nuova modalità di riduzione delle risorse provinciali)

 


1. All'articolo 16, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al secondo periodo, le parole: "31 gennaio 2013" sono sostituite dalle seguenti: "31 dicembre di ciascun anno precedente a quello di riferimento";

b) dopo il terzo periodo, è aggiunto il seguente: "Per gli anni 2013 e 2014, in deroga a quanto previsto dal periodo precedente, in caso di mancata deliberazione della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, le riduzioni da imputare a ciascuna provincia sono determinate in proporzione alle spese, desunte dal SIOPE, sostenute nel 2011 per l'acquisto di beni e servizi, con l'esclusione di quelle relative alle spese per formazione professionale, per trasporto pubblico locale, per la raccolta di rifiuti solidi urbani e per servizi socialmente utili finanziati dallo Stato".


 

 

L’articolo 10, comma 1, interviene, modificandole, sulle modalità stabilite nell’articolo 16, comma 7, del decreto-legge n.95/2012[63], mediante le quali operare le riduzioni ivi previste delle risorse stanziate in favore delle province.

In particolare il comma 7 suddetto dispone, al primo periodo, che il fondo sperimentale di riequilibrio provinciale, ed i trasferimenti erariali dovuti alle province della Regione Siciliana e della Regione Sardegna siano ridotti di 500 milioni di euro per l'anno 2012 e di 1.200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e 1.250 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015.

Si rammenta che il fondo sperimentale di riequilibrio per le province è stato istituito ad opera della normativa attuativa della legge delega sul federalismo fiscale, ed in particolare dall'articolo 21 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, relativo alla fiscalità delle regioni e delle province. Tale fondo, finalizzato a realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata l’attribuzione alle province dell’autonomia di entrata, è operante dal 2012, e la relativa durata è prevista per un periodo biennale, o comunque fino all’istituzione di un ulteriore fondo, destinato ad operare a regime, costituito dal fondo perequativo per le province e le città metropolitane, previsto dall’articolo 23 del medesimo decreto legislativo n. 68 del 2011, al momento non ancora vigente. Per quanto concerne il riferimento alle province delle sole regioni Sicilia e Sardegna ciò è dovuto al fatto che in queste regioni – contrariamente a quanto avviene nelle altre regioni a statuto speciale - la finanza degli enti locali è ancora a carico dello Stato.

Il medesimo comma 7 stabilisce, al secondo periodo che le riduzioni da imputare a ciascuna provincia siano determinate - tenendo conto anche delle analisi della spesa effettuate dal commissario straordinario per la spending review (di cui all'articolo 2 del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, convertito dalla legge 6 luglio 2012, n. 94) degli elementi di costo nei singoli settori merceologici, dei dati raccolti nell'ambito della procedura per la determinazione dei fabbisogni standard, nonché dei fabbisogni standard stessi, e dei conseguenti risparmi potenziali di ciascun ente - dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sulla base dell'istruttoria condotta dall'UPI e recepite con decreto del Ministro dell’interno[64] entro il 31 gennaio 2013 relativamente alle riduzioni da operare per gli anni 2013 e successivi. Il terzo periodo dispone inoltre che In caso di mancata deliberazione della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, il decreto del Ministero dell'interno è comunque emanato entro i 15 giorni successivi, ripartendo le riduzioni in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno 2011, dal SIOPE.

Il comma 1 dell’articolo 10 in commento interviene sul comma 7 qui riepilogato:

§      modificandone il secondo periodo, disponendo che le riduzioni previste per gli anni 2013 e successivi non debbano intervenire, come ora previsto, “entro il 31 gennaio 2013”, bensì “entro il 31 dicembre di ciascun anno precedente a quello di riferimento”;

§      aggiungendo, dopo il terzo periodo, un ulteriore periodo, mediante il quale si aggiunge una nuova modalità mediante la quale effettuare le riduzioni delle risorse provinciale. Si prevede infatti che in deroga al terzo periodo – vale a dire al criterio basato sui consumi intermedi – le riduzioni da imputare a ciascuna provincia per gli anni 2013 e 2014 vengano determinate in proporzione alle spese desunte dal SIOPE sostenute nel 2011 per acquisto di beni e servizi, con l’esclusione di quelle relative alle spese per formazione professionale, per trasporto pubblico locale, per la raccolta di rifiuti solidi urbani e per servizi socialmente utili finanziati dallo Stato[65].

 

Va segnalato come tale modalità di riduzione sia stata introdotta nel corso dell’esame parlamentare, in sostituzione di un diverso criterio stabilito nel testo iniziale del decreto-legge n.35 in commento: questo stabiliva – anche esso aggiungendo un ulteriore periodo dopo il terzo periodo del comma 7 - che le riduzioni da apportare alle risorse delle province per gli anni 2013-2014 potessero effettuarsi, oltre che secondo il criterio basato sulla riduzione delle spese per consumi intermedi previsto dal terzo periodo del comma, anche (qualora il predetto criterio non risultasse percorribile a causa della mancata deliberazione da parte della Conferenza Stato-città ed autonomie locali) secondo le riduzioni stabilite per gli anni 2013-2014 nell’allegato 3-bis al D.L. n.35 in esame (nel quale venivano elencate le riduzioni distintamente per ciascuna provincia): allegato ovviamente ora anche esso soppresso a seguito della nuova disciplina recata dalla legge di conversione.


 

Articolo 10, commi 2, 2-bis e 3
(Disposizioni in materia di Tares)

 


2. Per il solo anno 2013, in materia di tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, in deroga a quanto diversamente previsto dall'articolo 14 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, operano le seguenti disposizioni:

a) la scadenza e il numero delle rate di versamento del tributo sono stabilite dal comune con propria deliberazione adottata, anche nelle more della regolamentazione comunale del nuovo tributo, e pubblicata, anche sul sito web istituzionale, almeno trenta giorni prima della data di versamento;

b) ai fini del versamento delle prime due rate del tributo, e comunque ad eccezione dell'ultima rata dello stesso, i comuni possono inviare ai contribuenti i modelli di pagamento precompilati già predisposti per il pagamento della TARSU o della TIA 1 o della TIA 2, ovvero indicare le altre modalità di pagamento già in uso per gli stessi prelievi. I pagamenti di cui al periodo precedente, sono scomputati ai fini della determinazione dell'ultima rata dovuta, a titolo di TARES, per l'anno 2013;

c) la maggiorazione standard pari a 0,30 euro per metro quadrato è riservata allo Stato ed è versata in unica soluzione unitamente all'ultima rata del tributo, secondo le disposizioni di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nonché utilizzando apposito bollettino di conto corrente postale di cui al comma 35 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011;

d) non trova applicazione il comma 13-bis del citato articolo 14 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, salvo che nelle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonché nelle province autonome di Trento e di Bolzano. Per le predette regioni e province autonome non si applica inoltre la lettera c) del presente comma;

e) alla lettera c) del comma 380 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, le parole: "890,5 milioni di euro" sono sostituite dalle parole: "1.833,5 milioni di euro";

f) i comuni non possono aumentare la maggiorazione standard di cui alla lettera c);

g) i comuni possono continuare ad avvalersi per la riscossione del tributo dei soggetti affidatari del servizio di gestione dei rifiuti urbani.

2-bis. Le disposizioni del comma 2 trovano applicazione anche nel caso in cui il comune prevede l'applicazione di una tariffa con natura corrispettiva, in luogo del tributo, ai sensi del comma 29 dell'articolo 14 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

2-ter. (…)

3. All'articolo 14 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) a) il comma 4 è sostituito dal seguente:

"4. Sono escluse dalla tassazione, ad eccezione delle aree scoperte operative, le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili e le aree comuni condominiali di cui all'articolo 1117 del codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva";

b) al comma 35, secondo periodo, dopo le parole: "in quanto compatibili" sono aggiunte le seguenti: ", ovvero tramite le altre modalità di pagamento offerte dai servizi elettronici di incasso e di pagamento interbancari".


 

I commi 2, 2-bis, e 3 dell’articolo 10 sono volti a dettare una disciplina transitoria per il pagamento della Tares (tributo comunale sui rifiuti e sui servizi) consentendo ai comuni, per il solo anno 2013 di modificare la scadenza (fissata al mese di luglio) e il numero delle rate di versamento del tributo; inviare ai contribuenti i modelli di pagamento precompilati già predisposti per la Tarsu, la Tia 1 o la Tia 2; avvalersi per la riscossione del tributo dei soggetti affidatari del servizio di gestione dei rifiuti urbani. La maggiorazione standard pari a 0,30 euro per metro quadrato – per la quale i comuni, nel 2013, non possono esercitare la facoltà di aumento fino a 0,40 euro – viene riservata allo Stato. Viene, inoltre, estesa l’esclusione dalla tassazione alle aree scoperte pertinenziali o accessorie di tutti i locali tassabili.

 

L'articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011 ha istituito, a decorrere dal 1° gennaio 2013, il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (Tares), a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento, nonché dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni. Il tributo è dovuto da chiunque possieda, occupi o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani. A decorrere dal 1° gennaio 2013 sono soppressi tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria, compresa l'addizionale per l'integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza. Il versamento del tributo è effettuato in quattro rate trimestrali, scadenti nei mesi di gennaio, aprile, luglio e ottobre. I comuni possono variare la scadenza e il numero delle rate di versamento. Per una ricostruzione dettagliata dell’evoluzione normativa in materia di tributi comunali sui rifiuti si rinvia al tema http://www.camera.it/leg17/465?area=20&tema=711&La+Tares+e+le+altre+imposte+indirette e alle relative schede di approfondimento.

 

In dettaglio, il comma 2 consente ai comuni, per il solo anno 2013 di:

§      stabilire con propria deliberazione la scadenza e il numero delle rate di versamento del tributo; tale deliberazione deve essere adottata, anche nelle more della regolamentazione comunale del nuovo tributo, e pubblicata, anche sul sito web istituzionale, almeno trenta giorni prima della data di versamento (lettera a)); in tal modo, il versamento della prima rata può essere anticipato rispetto alla scadenza di luglio prevista dalla normativa vigente;

Tale modifica si è resa necessaria a seguito del rinvio operato dall’articolo 1-bis del decreto-legge n. 1 del 2013, che aveva posticipato al mese di luglio, per il solo anno 2013, il termine di versamento della prima rata del tributo, precedentemente fissato al mese di aprile dalla legge di stabilità 2013, ferma restando la facoltà per il comune di posticipare ulteriormente tale termine.

§      inviare ai contribuenti, per il pagamento delle prime due rate, i modelli di pagamento precompilati già predisposti per la Tarsu, la Tia 1 o la Tia 2, ovvero indicare le altre modalità di pagamento già in uso per gli stessi prelievi; tale possibilità non è invece prevista per l’ultima rata dovuta, a titolo di Tares, per l’anno 2013 (lettera b));

 

 

Tarsu, Tia 1 o Tia 2

L’art. 238 del D.Lgs. 152/2006 disciplina la “tariffa per la gestione dei rifiuti urbani” (comunemente indicata come “tariffa integrata ambientale” o TIA2) prevedendo, tra l'altro, che chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree che producano rifiuti urbani, è tenuto al pagamento di una tariffa che costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani.

Contemporaneamente all’istituzione della TIA2, l'art. 238 ha disposto l'abrogazione della TIA1, vale a dire la precedente "tariffa Ronchi" (istituita dall’art. 49 del D.Lgs. 22/1997 e comunemente indicata come “tariffa d’igiene ambientale”).

L'attuazione della TIA2 è stata tuttavia differita (dal comma 11 dell’art. 238 citato) fino all'emanazione di un apposito decreto attuativo, a tutt’oggi non ancora emanato. Nelle more dell’emanazione di tale decreto è stata disposta (sempre ai sensi del comma 11 citato) l’applicazione delle norme regolamentari vigenti, e quindi fatta salva l'applicazione della “tariffa Ronchi” nei comuni che l'avevano già adottata.

Alcuni comuni, poi, applicano ancora la Tassa per lo smaltimento dei rifiuti (TARSU, disciplinata dal Capo III del D.Lgs. 507/1993), soppressa dall’art. 49, comma 1, del cd. decreto Ronchi (D.Lgs. 22/1997), a decorrere dai termini indicati dal citato D.P.R. 158/1999, entro i quali i comuni avrebbero dovuto provvedere all’integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa. Il comma 1-bis del medesimo art. 49 ha comunque consentito ai comuni di deliberare, in via sperimentale, l'applicazione della tariffa anche prima dei citati termini. Termini però che, per effetto di successive proroghe legislative operate nei confronti delle disposizioni dell’art. 11 del D.P.R. 158/1999, non sono mai diventati operativi.

 

§      continuare ad avvalersi per la riscossione del tributo dei soggetti affidatari del servizio di gestione dei rifiuti urbani (lettera g)).

 

Ai sensi del comma 2, lettera c), la maggiorazione standard pari a 0,30 euro per metro quadrato – per la quale i comuni, nel 2013, non possono esercitare la facoltà di aumento fino a 0,40 euro (lettera f) – assegnata ai comuni ai sensi dell’articolo 14 del D.L. 201/2011, viene riservata allo Stato ed è versata in unica soluzione unitamente all’ultima rata del tributo, tramite il sistema dei versamenti unitari con compensazione con il modello F24, nonché tramite bollettino di conto corrente postale.

 

Per l’anno 2013 non sono, invece, applicate le riduzioni delle somme assegnate ai comuni dal comma 13-bis del citato articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011 in relazione alle maggiori entrate derivanti dalla predetta maggiorazione di 0,30 euro per metro quadro, atteso che tali entrate vengono ora per il medesimo anno riservate Stato, salvo che nelle regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonché nelle Province autonome di Trento e di Bolzano. Per le predette regioni e Province autonome non si applica inoltre, la lettera c) del comma 2, che prevede la riserva allo Stato della maggiorazione standard pari a 0,30 euro per metro quadrato (lettera d)).

 

Ai sensi del comma 11 dell’articolo 14 del D.L. n. 201 del 2011, la tariffa, che deve assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio, è composta da:

§       una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio di gestione dei rifiuti, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti;

§       una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all'entità dei costi di gestione;

§       i costi dello smaltimento dei rifiuti nelle discariche.

 

Alla tariffa così determinata, si applica una maggiorazione pari a 0,30 euro per metro quadrato (comma 13), a copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni, i quali possono, con deliberazione del consiglio comunale, modificare in aumento la misura della maggiorazione per un importo massimo di 0,40 euro, anche graduandola in ragione della tipologia dell'immobile e della zona ove è ubicato. Sono previste specifiche ipotesi di riduzioni tariffarie, salva la facoltà, per il consiglio comunale, di deliberare ulteriori riduzioni ed esenzioni. Il consiglio comunale determina, con apposito regolamento, la disciplina per l'applicazione del tributo e approva le tariffe.

La maggiorazione – secondo la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 201 del 2011 – determina un incremento delle entrate per i comuni stimato in 1.000 milioni di euro annui, al quale corrisponde, ai sensi del comma 13-bis, un riduzione di pari importo delle somme assegnate ai comuni a valere sul Fondo sperimentale di riequilibrio e sul fondo perequativo - di cui, rispettivamente, agli articoli 2 e 13 del decreto legislativo n. 23 del 2011 (ora sostituiti dal Fondo di solidarietà comunale istituto dalla legge di stabilità 2013) - nonché sui trasferimenti erariali dovuti ai comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna, per le quali la finanza degli enti locali è ancora a carico dello Stato. In caso di incapienza ciascun comune deve versare all'entrata del bilancio dello Stato le somme residue.

 

In sostanza sono escluse dalle norme citate quelle regioni a statuto speciale e le due province autonome di Trento e di Bolzano, che provvedono con risorse del proprio bilancio al finanziamento dei comuni del loro territorio o in altre parole in cui i comuni dei rispettivi territori non ricevono alcun finanziamento dallo Stato.

 

Si ricorda al riguardo che tutte le regioni e province autonome hanno competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali, secondo quanto disposto dai rispettivi statuti di autonomia e dalle norme di attuazione: Valle d’Aosta L. Cost. 4/1948 art. 2 e D.Lgs. 431/1989; Trentino-Alto Adige, D.P.R. 670/1972 artt. 4, 80, D.P.R. 473/1975 e D.Lgs. 268/1992; Friuli-Venezia Giulia, L. Cost. 1/1963 art. 4, D.P.R. 114/1965 art. 8 e D.Lgs. 9/1997; Sicilia, R.D:Lgs. 455/1946 art. 14; Sardegna, L.Cost. 3/1948 art. 3. Per le regioni Friuli-Venezia Giulia, Valle d’Aosta e per le Province autonome di Trento e di Bolzano sono poi intervenute specifiche norme di attuazione dello statuto speciale che hanno disciplinato la materia della finanza locale nel senso che è la regione [o la provincia autonoma] a provvedere alla finanza degli enti locali del proprio territorio con risorse del proprio bilancio. Ciò non è avvenuto nel caso regione Sardegna e della Regione siciliana, dove la finanza degli enti locali è ancora a carico dello Stato.

 

Le disposizioni richiamate riguardano, pertanto, i comuni delle regioni a statuto ordinario e quelli delle regioni Sicilia e Sardegna, vale a dire i comuni che ricevono finanziamenti dallo Stato.

 

La lettera e), novellando la lettera c) dell’articolo 1, comma 380, della legge di stabilità 2013, incrementa ulteriormente - per l’anno 2013 - la dotazione del Fondo di solidarietà comunale istituito dalla legge di stabilità 2013, da 890,5 milioni di euro a 1.833,5 milioni di euro. Tale incremento va messo in relazione a quanto stabilito dalla precedente lettera c) del comma 2 in esame, che ha disposto la riserva al bilancio dello Stato - e non più ai comuni - della maggiorazione di 0,30 euro per metro quadrato della tariffa: la disposizione appare pertanto finalizzata a compensare, attraverso l’incremento del Fondo di solidarietà comunale, il minor gettito che ne consegue per i comuni nel 2013.

 

I commi 380 e da 382 a 384 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, (legge di stabilità 2013) hanno modificato la destinazione del gettito rinveniente dall’IMU e, conseguentemente, ridefinito i rapporti finanziari tra Stato e comuni delineati dal D.Lgs. n. 23 del 2011 sul federalismo municipale. A tale scopo, ed in estrema sintesi, le norme in questione:

§      attribuiscono ai comuni l’intero gettito IMU, ad esclusione di quello derivante dagli immobili ad uso produttivo, che rimane destinato allo Stato;

§      sopprimono il Fondo sperimentale di riequilibrio previsto dal suddetto decreto legislativo (nonché il meccanismo dei trasferimenti erariali “fiscalizzati” per i comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna) ed istituiscono il Fondo di solidarietà comunale, che sarà alimentato con una quota dell'imposta municipale propria (IMU), di spettanza dei comuni, definita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, previo accordo da sancire presso la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, da emanare entro il 30 aprile 2013 per il 2013 ed entro il 31 dicembre 2013 per il 2014;

§      sospendono per il biennio 2013-2014 la devoluzione ai comuni del gettito della fiscalità immobiliare prevista nel medesimo decreto 23/2011 (imposte di registro, ipotecarie, ipocatastali, cedolare secca ed altre), nonché della partecipazione comunale al gettito IVA.

 

La lettera b) del comma 380 determina l'ammontare iniziale del Fondo di solidarietà comunale in 4.717,9 milioni per il 2013 e in 4.145,9 milioni per il 2014.

La successiva lettera c) dispone l’incremento della dotazione del Fondo di 890,5 milioni per il 2013 e di 318,5 milioni per il 2014.

Inoltre il comma 120 della medesima legge di stabilità dispone un incremento del Fondo di 150 milioni per il 2013.

 

Conseguentemente la legge di bilancio di previsione per il 2013 indica una dotazione del Fondo di solidarietà comunale (cap. 1365/Interno) pari a 5.758,4 milioni per il 2013 e a 4.464,4 milioni per il 2014.

 

 

Per effetto della disposizione in esame la dotazione del Fondo di solidarietà comunale viene integrata di 943 milioni per il 2013, determinandosi complessivamente, quindi, in 6.701,4 milioni.

 

 

Cap. 1365/Interno

2013

2014

Legge di stabilità 2013

 

 

 

- art. 1, co. 380, lett. b)

dotazione

4.717,9

4.145,9

- art. 1, co. 380, lett. c)

integrazione dotazione

890,5

318,5

- art. 1, co. 120

incremento dotazione

150,0

0

D.L. n. 35/2013

Ulteriore incremento

943,0

 

 

Disponibilità totale

6.701,4

4.464,4

 

Il comma 2-bis, inserito nel corso dell’esame parlamentare, stabilisce che le disposizioni del precedente comma 2 trovano applicazione anche nel caso in cui il comune abbia deliberato l'applicazione di una tariffa avente natura corrispettiva in luogo del tributo, ai sensi del comma 29 dell’articolo 14 del D.L. n. 201 del 2011.

Si rammenta che il comma 29 suddetto stabilisce che i Comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico possono prevedere l’applicazione di una tariffa avente natura corrispettiva, in luogo del tributo.

 

Il comma 3, alla lettera a), mediante una modifica al comma 4 dell'articolo 14 del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, estende, in analogia a quanto già previsto per la Tarsu (art.1, comma 3, del D.L. 26 gennaio 1999, n. 8), l’esclusione dalla tassazione alle aree scoperte pertinenziali o accessorie di tutti i locali tassabili; tale esenzione è ora prevista con rifermento alle sole aree di abitazioni civili.

 

L’esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie a civili abitazioni risultava quindi più restrittiva rispetto alla disciplina della TARSU, che, nonostante il disposto dell’art. 62, comma 1, D.Lgs. n. 507/1993, in virtù di successivi interventi normativi (da ultimo, il citato D.L. 26 gennaio 1999, n.8) escludeva in realtà tutte le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili, come è stato puntualizzato dalla prassi (Ris. min. 15 settembre 1998, n. 147/E) e dalla giurisprudenza (Cass. 10796/2010; 22642/2004)

 

In sostanza quindi, a seguito delle modifiche illustrate sono tassabili per intero le superfici scoperte operative, mentre non sono tassabili le aree scoperte pertinenziali o accessorie di locali adibiti a civili abitazioni, le aree scoperte pertinenziali o accessorie di locali tassabili diversi dalle civili abitazioni, le aree comuni condominiali che non siano detenute o occupate in via esclusiva.

 

La lettera b) del comma 3, aggiunta nel corso dell’esame parlamentare, modifica il comma 35 dell’articolo 14 del D.L. n. 201 del 2011, ricomprendendo tra le modalità di versamento della tariffa - nonché della eventuale maggiorazione - anche le altre modalità di pagamento offerte dai servizi elettronici di incasso e di pagamento interbancari (oltre che alle modalità di compensazione in sede di versamento delle imposte e tramite apposito bollettino di conto corrente postale).

 

Si ricorda che con la circolare n. 1 del 29 aprile 2013 il Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ha fornito chiarimenti in ordine alle modifiche recate dalle norme in commento alla disciplina sulla Tares.


 

Articolo 10, comma 2-ter
(Equitalia)

 

2-ter. I comuni possono continuare ad avvalersi per la riscossione dei tributi dei soggetti di cui all'articolo 7, comma 2, lettera gg-ter), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, anche oltre la scadenza del 30 giugno e non oltre il 31 dicembre 2013.

 

 

Il comma 2-ter, inserito nel corso dell’esame parlamentare, consente ai comuni di continuare ad avvalersi di Equitalia fino al 31 dicembre 2013. Tale norma consente quindi di superare la scadenza del 30 giugno 2013, a decorrere dalla quale la società Equitalia e le società per azioni dalla stessa partecipata avrebbero dovuto cessare - secondo quanto stabilito all'articolo 7, lettera gg-ter), del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, e successive proroghe - di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate dei comuni e delle società da questi ultimi partecipate.

Tale termine, inizialmente fissato al 1° gennaio 2012, è stato successivamente prorogato al 31 dicembre 2012 dal decreto – legge n. 201 del 2011 e, quindi, al 30 giugno 2013 dall’articolo 9, comma 4, del decreto – legge n. 174 del 2012, in attesa del riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate degli enti territoriali.

Si osserva che la modifica, in analogia con le precedenti proroghe alla disposizione in commento, non interviene con una novella all'articolo 7, lettera gg-ter), del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, ma con una proroga non testuale.

 

Si segnala peraltro che il comma in commento è stato successivamente modificato dall’articolo 53 del decreto-legge n. 69 del 2012, che ha prorogato - al 31 dicembre 2013 l’operatività delle vigenti disposizioni in materia di gestione delle entrate locali (anche per le entrate di natura diversa dai tributi di tutti gli enti territoriali, non solo dei comuni), consentendo anche ai concessionari diversi da Equitalia di proseguire le attività di accertamento e riscossione di entrate locali, purché in presenza dei requisiti per l'iscrizione all’albo dei soggetti abilitati ad accertare e riscuotere le entrate locali. In tal modo son quindi allineate tutte le scadenze al 31 dicembre 2013 al fine di favorire il riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate dei Comuni.

 

 

 

 

La riscossione delle entrate dei comuni nel quadro del D.L. 70/2011

Il richiamato articolo 7, comma 2, lettere da gg-ter) a gg-septies del decreto-legge 70/2011 ha recato importanti novità sul sistema di accertamento e riscossione delle entrate di comuni e società partecipate.

In primo luogo esso prevede che a partire da una specifica data – originariamente fissata al 31 dicembre 2012 e posticipata al 30 giugno 2013 - Equitalia Spa e le società da essa partecipate cessino di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione - spontanea e coattiva – delle entrate, tributarie o patrimoniali, dei comuni e delle società da essi partecipate. Dal momento di tale cessazione spetterà dunque ai comuni effettuare la riscossione spontanea e coattiva delle entrate tributarie e patrimoniali e, ove optino per l’affidamento del servizio a soggetti esterni (con modalità diverse dunque dall’esercizio diretto o dall’affidamento in house), essi dovranno procedere nel rispetto delle norme in materia di evidenza pubblica secondo:

§       la procedura d'ingiunzione fiscale prevista dal regio decreto n. 639 del 1910, che costituisce titolo esecutivo. L’ingiunzione fiscale consiste in un atto amministrativo dell’ufficio finanziario contenente l’ordine per il debitore di imposta di pagare l’importo dovuto entro trenta giorni, sotto pena degli atti esecutivi. L’ingiunzione costituisce un atto complesso con molteplici funzioni e contenuti quali: determinare l’ammontare del tributo; mettere in mora il debitore; creare il titolo esecutivo;

§       le disposizioni del titolo II (Riscossione coattiva) del D.P.R. n. 602 del 1973 per quanto compatibili e, comunque, nel rispetto dei limiti di importo e delle condizioni stabilite per gli agenti della riscossione in caso di iscrizione ipotecaria e di espropriazione forzata immobiliare.

Il sindaco o il legale rappresentante della società incaricata della riscossione dovranno nominare uno o più funzionari responsabili della riscossione che esercitino: le funzioni demandate agli ufficiali della riscossione, ovvero quelle attribuite al segretario comunale dall'articolo 11 del R.D. 639/1910 (assistenza all'incanto, stesura del relativo), in ottemperanza ai requisiti di legge (abilitazione e autorizzazione) richiesti per ricoprire il ruolo di degli ufficiali della riscossione.

Ove la gestione della riscossione delle entrate comunali sia affidata a soggetti privati (per effetto delle modifiche apportate alla lettera gg-septies dall’articolo 5, comma 8-bis del D.L. 16 del 2012) questi ultimi debbano aprire uno o più conti correnti dedicati a tale attività. Essi avranno inoltre l’obbligo di riversamento alla tesoreria delle somme riscosse - al netto dell’aggio e delle spese anticipate dall’agente della riscossione – entro la prima decade del mese.

Il vigente sistema di riscossione delle entrate locali

A seguito della riforma della riscossione – con passaggio da un sistema di affidamento in concessione all’attribuzione delle competenze all’Agenzia delle entrate, operante attraverso l’agente unico Equitalia S.p.A. – la legge ha recato una dettagliata disciplina transitoria, volta a favorire il transito di funzioni e di carichi dagli ex concessionari ad Equitalia e alle relative società partecipate.

In particolare, ai sensi del citato comma 24 dell'articolo 3 del D.L. n. 203 del 2005, alle ex società concessionarie della riscossione è stata data la possibilità di trasferire, in via totale o parziale, il proprio capitale sociale ad Equitalia S.p.a. (continuando dunque, anche con assetti proprietari diversi, a svolgere l'attività di riscossione erariale e locale).

In alternativa, e fino al momento dell'eventuale cessione, totale o parziale, del proprio capitale sociale ad Equitalia, ai concessionari è stato consentito di scorporare il ramo d'azienda concernente le attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali, cedendolo a soggetti terzi, nonché alle società iscritte nell'apposito albo dei soggetti abilitati ad effettuare le attività di accertamento e riscossione dei tributi per gli enti locali (ai sensi dell'articolo 53, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446).

Nel caso di scorporo e di cessione del ramo di azienda, le norme hanno consentito ai cessionari di proseguire le attività di accertamento e riscossione di entrate locali, in mancanza di diversa determinazione degli enti medesimi (che avrebbero potuto optare per l’affidamento in house o per la gestione diretta, ovvero associata, etc.), purché le società avessero i requisiti per l'iscrizione al citato albo dei soggetti abilitati ad accertare e riscuotere le entrate locali. Ai cessionari è stato concesso di agire mediante la ricordata procedura dell'ingiunzione fiscale, fatta eccezione per i ruoli consegnati fino alla data del trasferimento, per i quali avrebbero trovato applicazione le ordinarie disposizioni di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.

Ai sensi del successivo comma 25, fino al 30 giugno 2013, nel caso di mancato trasferimento del ramo d’azienda e ove non vi fosse diversa determinazione dell'ente creditore, le attività di accertamento e riscossione sono affidate a Equitalia S.p.A. o alle società partecipate, fermo il rispetto di procedure di gara ad evidenza pubblica.

Infine, fatto salvo l'eventuale affidamento temporaneo a Equitalia, il comma 25-bis sancisce che l'attività di riscossione spontanea e coattiva degli enti pubblici territoriali può essere svolta dalle società cessionarie del ramo d'azienda, da Equitalia S.p.A. e dalle partecipate soltanto a seguito di affidamento mediante procedure ad evidenza pubblica, con decorrenza 30 giugno 2013.


 

Articolo 10, comma 4
(Disposizioni in materia di IMU)

 


4. All'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 12-ter le parole: "novanta giorni dalla data" sono sostituite da: "il 30 giugno dell'anno successivo a quello";

b) il comma 13-bis è sostituito dal seguente:

«13-bis. A decorrere dall'anno di imposta 2013, le deliberazioni di approvazione delle aliquote e delle detrazioni nonché i regolamenti dell'imposta municipale propria devono essere inviati esclusivamente per via telematica, mediante inserimento del testo degli stessi nell'apposita sezione del Portale del federalismo fiscale, per la pubblicazione nel sito informatico di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, e successive modificazioni. I comuni sono, altresì, tenuti ad inserire nella suddetta sezione gli elementi risultanti dalle delibere, secondo le indicazioni stabilite dal Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento delle finanze, sentita l'Associazione nazionale dei comuni italiani. L'efficacia delle deliberazioni e dei regolamenti decorre dalla data di pubblicazione degli stessi nel predetto sito informatico. Il versamento della prima rata di cui al comma 3 dell'articolo 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, è eseguito sulla base dell'aliquota e delle detrazioni dei dodici mesi dell'anno precedente. Il versamento della seconda rata di cui al medesimo articolo 9 è eseguito, a saldo dell'imposta dovuta per l'intero anno, con eventuale conguaglio sulla prima rata versata, sulla base degli atti pubblicati nel predetto sito alla data del 28 ottobre di ciascun anno di imposta; a tal fine il comune è tenuto a effettuare l'invio di cui al primo periodo entro il 21 ottobre dello stesso anno. In caso di mancata pubblicazione entro il termine del 28 ottobre, si applicano gli atti adottati per l'anno precedente».


 

 

Il comma 4 dell’articolo 10 reca norme in materia di imposta municipale propria (IMU).

 

Il decreto legislativo n. 23 del 2011, in materia di federalismo fiscale municipale ha istituito e disciplinato l'imposta municipale propria - IMU, volta a sostituire la componente del reddito IRPEF (e relative addizionali) relativa agli immobili non locati e l'ICI, con un'applicazione in origine prevista per l’anno 2014.

 

Successivamente, in relazione ad esigenze di risanamento dei conti pubblici, l’applicazione dell’IMU, ai sensi dell'articolo 13 del D.L. 201/2011, è stata anticipata al 2012 e la sua disciplina è stata profondamente innovata.

In particolare, l'IMU si applica dal 2012 al possesso di immobili (fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli), compresa l'abitazione principale e le pertinenze della stessa; essa è dovuta nella misura dello 0,76 per cento del valore dell'immobile, determinato ai sensi della disciplina ICI (articolo 5 del D.Lgs. n. 504/1992). A tal fine, l'articolo 13 del D.L. 201/2011 ha innalzato la misura dei moltiplicatori da applicarsi alla rendita catastale delle diverse tipologie di immobili. L’imposta si applica anche all'abitazione principale del contribuente, con aliquota di base pari allo 0,4 per cento.

Per l’abitazione principale è prevista una detrazione d'imposta pari a 200 euro, incrementata di 50 euro per ciascun figlio residente e dimorante nell'abitazione medesima purché di età non superiore a 26 anni (fino al limite massimo di 400 euro per tale aumento). I Comuni possono modificare le predette aliquote di base (sia per l’abitazione principale che per gli altri immobili), in aumento o diminuzione, entro margini stabiliti dalla legge.

Sono previste misure di aliquota ridotta per legge (oltre che per l’abitazione principale, per i fabbricati rurali ad uso strumentale, con misura di base pari a 0,2, ulteriormente riducibile dai Comuni fino allo 0,1 per cento) e misure di aliquote che i comuni hanno la facoltà di ridurre (ad esempio, per gli immobili locati è prevista la facoltà di riduzione allo 0,4 per cento; per gli immobili costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, la riduzione è possibile fino allo 0,38 per cento). L’articolo 91-bis del D.L. 1 del 2012 ha previsto che dal 2013 l’esenzione da IMU (ex ICI) per gli immobili di enti non commerciali adibiti a specifiche attività sarà applicabile solo nel caso in cui le predette attività siano svolte con modalità non commerciali.

 

Si ricorda che il D.L. 21 maggio 2013, n. 54 all’articolo 1 ha disposto la sospensione per l’anno 2013 del versamento della prima rata dell’IMU (in scadenza al 16 giugno 2013) per determinate categorie di immobili (abitazioni principali e assimilati, terreni agricoli e fabbricati rurali), prevedendone il pagamento entro il 16 settembre 2013 qualora non sia adottata entro il 31 agosto 2013 una complessiva riforma della disciplina dell'imposizione fiscale sul patrimonio immobiliare.

 

In particolare, la lettera a) del comma 4 - con una modifica al comma 12-ter dell’articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011 - stabilisce, a partire dall’anno 2013, un unico termine (30 giugno dell’anno successivo) per la presentazione della dichiarazione IMU, al fine di evitare un’eccessiva frammentazione dell’obbligo dichiarativo derivante dal termine mobile dei 90 giorni introdotto dall’articolo 9 del decreto-legge n. 174 del 2012.

 

Tale articolo aveva differito i termini per la presentazione della dichiarazione IMU, originariamente fissati al 30 settembre 2012, consentendo di presentarla entro novanta giorni dall’entrata in vigore del decreto di approvazione del modello di dichiarazione IMU e delle relative istruzioni per la combinazione. Con il D.M. del 30 ottobre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 5 novembre 2012, sono stati approvati il suddetto modello e le istruzioni per la compilazione.

 

La lettera b), modificata nel corso dell’esame parlamentare, interviene sulle delibere comunali in materia di IMU e sulle modalità di invio e di pubblicazione delle medesime, previste dal comma 13-bis del medesimo articolo 13.

 

Il previgente comma 13-bis dell’articolo 13 del D.L. n. 201 del 2011, prevedeva che, a decorrere dall'anno di imposta 2013, le deliberazioni comunali di approvazione delle aliquote e delle detrazioni dell’IMU dovessero essere inviate esclusivamente per via telematica per la pubblicazione nel sito informatico previsto per la pubblicazione delle delibere in materia di addizionale comunale IRPEF.

L'efficacia delle deliberazioni decorre dalla data di pubblicazione nel predetto sito informatico. Gli effetti delle deliberazioni stesse retroagiscono al 1° gennaio dell'anno di pubblicazione nel sito informatico, purché detta pubblicazione avvenga entro il 30 aprile dell'anno a cui la delibera si riferisce. A tal fine, l'invio deve avvenire entro il termine del 23 aprile. In caso di mancata pubblicazione entro il termine del 30 aprile, le aliquote e la detrazione si intendono prorogate di anno in anno.

 

Si ricorda che le deliberazioni e i regolamenti IMU devono essere approvati nei termini previsti, per quanto riguarda le aliquote, dal comma 169 dell’art. 1 della legge 296 del 2006, in base al quale gli enti locali deliberano le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione. Dette deliberazioni, anche se approvate successivamente all'inizio dell'esercizio purché entro il termine innanzi indicato, hanno effetto dal 1° gennaio dell'anno di riferimento. In caso di mancata approvazione entro il suddetto termine, le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno. Per quanto concerne, invece, i regolamenti l’art. 53, comma 16, della legge n. 388 del 2000, dispone che il termine per approvare i regolamenti relativi alle entrate degli enti locali, è stabilito entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione. I regolamenti sulle entrate, anche se approvati successivamente all'inizio dell'esercizio purché entro il termine di cui sopra, hanno effetto dal 1° gennaio dell'anno di riferimento.

La previsione del termine del 23 aprile indicata dal comma 13-bis dell’articolo 13 del D.L. n. 201 del 2012 determinava, di fatto, un obbligo per l’ente locale di deliberare le tariffe IMU prima della data di approvazione del bilancio di previsione (per il 2013 è indicato, dall’articolo 1, comma 381, della legge di stabilità 2013, alla data del 30 giugno 2013), determinando un conflitto con le disposizioni di legge summenzionate.

 

La nuova formulazione del comma 13-bis precisa, in primo luogo (primi tre periodi), l’obbligo per i comuni di indicare gli elementi risultanti dalle delibere, secondo le indicazioni stabilite dal Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento delle finanze, sentita l’Associazione nazionale dei comuni d’Italia (ANCI), che dovranno ugualmente essere inviati per via telematica.

 

Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa (A.C. 676), si tratterebbe di una griglia riassuntiva delle aliquote e dei regimi agevolativi determinati con le delibere compilata, secondo le indicazioni fornite dallo stesso MEF, sentita l’Associazione nazionale dei comuni d’Italia (ANCI). Tale griglia sarebbe necessaria per disporre, nel momento in cui occorre effettuare le necessarie elaborazioni che affiancano le proposte normative, di un quadro definito e di immediata percezione delle manovre adottate dai comuni.

 

Il versamento da parte dei contribuenti della prima rata dell’IMU è eseguito sulla base dell'aliquota e delle detrazioni dei dodici mesi dell'anno precedente.

 

Il versamento della seconda rata dell’IMU - a saldo dell'imposta dovuta per l'intero anno con eventuale conguaglio sulla prima rata versata - dovrà essere effettuato sulla base degli atti pubblicati nel sito informatico (già previsto per la pubblicazione delle delibere in materia di addizionale comunale IRPEF ai sensi dell’art. 1, co. 3, del D.Lgs. n. 360/1998) alla data del 28 ottobre di ciascun anno di imposta; a tal fine il comune è tenuto a effettuare l'invio di cui al primo periodo entro il 21 ottobre dello stesso anno.

In caso di mancata pubblicazione entro il termine del 28 ottobre, si applicano gli atti adottati per l'anno precedente.


 

Articolo 10, comma 4-bis
(Ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato)

 

4-bis. All'articolo 259 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

"1-bis. Nei casi in cui la dichiarazione di dissesto sia adottata nel corso del secondo semestre dell'esercizio finanziario per il quale risulta non essere stato ancora validamente deliberato il bilancio di previsione o sia adottata nell'esercizio successivo, il consiglio dell'ente presenta per l'approvazione del Ministro dell'interno, entro il termine di cui al comma 1, un'ipotesi di bilancio che garantisca l'effettivo riequilibrio entro il secondo esercizio".

 

 

Il comma 4-bis dell’articolo 10, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, reca una modifica all'articolo 259 del Testo unico degli enti locali (di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 - TUEL), che disciplina l’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato che deve essere approvato dagli enti locali che hanno deliberato lo stato di dissesto finanziario.

In particolare, il comma 1 della norma citata dispone che il Consiglio dell'ente locale è tenuto ad approvare e presentare al Ministro dell'interno un'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato entro il termine perentorio di tre mesi dalla data di emanazione del decreto di nomina dell’organo straordinario di liquidazione, previsto dall'articolo 252 del TUEL.

Secondo le disposizioni dettate dal capo IV del Titolo VIII del TUEL (artt. 259-263), il bilancio stabilmente riequilibrato, approvato e presentato al Ministero nei termini suddetti, deve riferirsi all’esercizio finanziario successivo a quello nel corso del quale è stato dichiarato il dissesto qualora per tale anno sia stato approvato il bilancio di previsione[66] oppure all’esercizio in corso qualora non sia stato approvato il bilancio di previsione.

 

La norma in esame reca un comma aggiuntivo 1-bis nell’articolo 259 del TUEL volto a precisare che nei casi in cui la dichiarazione di dissesto viene adottata nel corso del secondo semestre dell'esercizio finanziario per il quale risulta non essere stato ancora validamente deliberato il bilancio di previsione[67], o sia adottata nell'esercizio successivo, l’ipotesi di bilancio che il Consiglio dell'ente presenta all'approvazione del Ministro dell'interno deve essere tale da garantire l'effettivo riequilibrio entro il secondo esercizio.

 

L'ipotesi di bilancio, si ricorda, è il documento con il quale l’amministrazione locale, successivamente alla dichiarazione di dissesto finanziario, realizza il riequilibrio, mediante l'attivazione di entrate proprie e la riduzione delle spese correnti.

Dichiarato il dissesto, infatti, si ha la netta separazione di compiti e di competenze tra la gestione passata e quella corrente. All’organo straordinario di liquidazione è demandata la competenza relativamente a fatti ed atti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato. Esso provvede pertanto alla: rilevazione della massa passiva; all’acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini del risanamento anche mediante alienazione dei beni patrimoniali; alla liquidazione e pagamento della massa passiva.

L’amministrazione locale deve occuparsi esclusivamente del bilancio risanato al fine di non incorrere in un nuovo dissesto.

Si ricorda, infine, che l’istituto giuridico del dissesto finanziario degli enti locali, che qui non si dettaglia, si ha se l'ente non può garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte (titolo VIII della parte II del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, emanato con D.Lgs. n. 267/2000).


 

Articolo 10, comma 4-ter
(Proroga utilizzo dei proventi delle concessioni edilizie)

 

4-ter. All'articolo 2, comma 8, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, le parole: "Per gli anni dal 2008 al 2012" sono sostituite dalle seguenti: "Per gli anni dal 2008 al 2014".

 

 

Il comma 4-ter dell’articolo 10 novella l’articolo 2, comma 8, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008) disponendo l’applicazione, anche per gli anni 2013 e 2014, della disciplina ivi prevista concernente l’utilizzo dei proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Tale norma ha consentito di utilizzare, dal 2008 al 2012, i predetti proventi per una quota non superiore al 50% per il finanziamento di spese correnti e per una quota non superiore ad un ulteriore 25% esclusivamente per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale.

 

Premesso che il D.P.R. 380/2001 (T.U. edilizia) ha sostituito la nozione di concessione edilizia con quella di permesso di costruire, si segnala che in base all’art. 12 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, abrogato dal medesimo testo unico, i proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni in materia edilizia erano considerati quali risorse vincolate a destinazione specifica, in quanto erano versati su conti correnti speciali presso le tesorerie comunali ed erano destinati alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici, all'acquisizione delle aree da espropriare, nonché, nel limite massimo del 30%, a spese di manutenzione ordinaria del patrimonio comunale. Si ricorda che il rilascio del permesso di costruire da parte di un’amministrazione comunale comporta per il privato "la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione" (art. 16, comma 1, del D.P.R. 380/2001).

Nel corso degli anni sono state adottate alcune norme volte a disciplinare l’utilizzo dei predetti proventi al fine di destinarli, tra l’altro, in misura prevalente alle spese correnti. L’articolo 1, comma 43, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria 2005), aveva stabilito la possibilità di destinare i proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal T.U. edilizia al finanziamento di spese correnti entro il limite del 75% per il 2005 e del 50% per il 2006. L’articolo 2, comma 8, della legge n. 244 del 2007[68] ha disciplinato il regime di utilizzo dei proventi dal 2008 fino al 2012.

Da ultimo, l’art. 4, comma 3, della legge 14 gennaio 2013, n. 10, recante norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani, ha introdotto una norma a regime in base alla quale “le maggiori entrate derivanti dai contributi per il rilascio dei permessi di costruire e dalle sanzioni previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia sono destinate alla realizzazione di opere pubbliche di urbanizzazione, di recupero urbanistico e di manutenzione del patrimonio comunale in misura non inferiore al 50 per cento del totale annuo”.

Si segnala infine, per quanto riguarda i lavori parlamentari in corso, che l’VIII Commissione sta esaminando in sede referente la proposta di legge A.C. 70, recante norme per il contenimento dell’uso del suolo e la rigenerazione urbana, che, all’articolo 8, comma 2, riprendendo il contenuto del citato art. 12 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, disciplina l’utilizzo dei proventi degli oneri relativi all'urbanizzazione primaria e secondaria e al costo di costruzione previsti dall'art. 16 del D.P.R. 380/2001, prevedendo che siano versati in un conto corrente vincolato presso la tesoreria del comune e destinati esclusivamente alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici e in altri tessuti urbani da tutelare, all’acquisizione delle aree da espropriare, nonché, nel limite massimo del 30%, a spese di manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio comunale.


 

Articolo 10, comma 4-quater, lettera a)
(Immobili gruppo catastale D)

 


4-quater. All'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 380, lettera f), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "; tale riserva non si applica agli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D posseduti dai comuni e che insistono sul rispettivo territorio. Per l'accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi e il contenzioso si applicano le disposizioni vigenti in materia di imposta municipale propria. Le attività di accertamento e riscossione relative agli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D sono svolte dai comuni ai quali spettano le maggiori somme derivanti dallo svolgimento delle suddette attività a titolo di imposta, interessi e sanzioni. Tale riserva non si applica altresì ai fabbricati rurali ad uso strumentale ubicati nei comuni classificati montani o parzialmente montani di cui all'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), assoggettati dalle province autonome di Trento e di Bolzano all'imposta municipale propria ai sensi dell'articolo 9, comma 8, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e successive modificazioni";


 

 

Il comma 4-quater, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, alla lettera a), ha novellato il comma 380, lettera f), della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012), concernente gli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D.

 

La norma richiamata ha riservato allo Stato il gettito dell'imposta municipale propria IMU - prevista dall'articolo 13 del D.L. n. 201 del 2011 - derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento, prevista dal comma 6, primo periodo, del citato articolo 13. Si ricorda che tale riserva allo Stato risultava quale compensazione della attribuzione ai comuni dell’intero gettito IMU e che per gli immobili del gruppo catastale D il richiamato articolo 13, comma 4, lett. d), ai fini della determinazione del valore su cui applicare l’IMU, prevede a decorrere dal 2013 un aumento del moltiplicatore dal 60 al 65.

 

Il comma 4-quater ha introdotto ulteriori periodi alla lettera f), disponendo che la riserva allo Stato non si applica agli immobili del gruppo catastale D posseduti dai comuni e che insistono sul proprio territorio.

 

Dalla formulazione della norma sembrerebbe dedursi che il comune è tenuto in ogni caso al versamento dell’IMU per i propri immobili di categoria catastale D, ma tali somme, per le quali è esclusa la riserva allo Stato, vengono riversate al comune stesso. Tale disposizione sembrerebbe collegarsi a quanto previsto dal successivo articolo 10-quater, che provvede ad attribuire ai comuni un corrispettivo del gettito IMU da essi pagato per gli immobili di proprietà comunale (contributo complessivo di 330 milioni nel 2013 e di 270 milioni nel 2014). In sostanza, dopo una serie di giri contabili, il comune si troverebbe a risultare esente dal pagamento dell’IMU per i propri immobili.

 

La disposizione in commento reca inoltre norme di carattere generale concernenti gli immobili ad uso produttivo del gruppo catastale D. In particolare, poiché il gettito proveniente da tali immobili è dal 2013 riservato allo Stato, al fine di evitare confusione ed eventuali contenziosi, si stabilisce che per essi si applicano ugualmente le disposizioni vigenti relative all’IMU per le attività di accertamento, riscossione, rimborsi, sanzioni, interessi e contenzioso. Le attività di accertamento e riscossione ad essi relativi sono comunque svolte dai comuni (anche se non destinatari del gettito), ai quali tuttavia spettano le maggiori somme derivanti dallo svolgimento di tali attività a titolo di imposta, interessi e sanzioni.

 

Si ricorda che l’articolo 9, comma 7, del D.Lgs. n. 23 del 2011 (c.d. federalismo municipale), istitutivo dell’IMU, dispone che per l'accertamento, la riscossione coattiva, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso si applicano gli articoli 10, comma 6, 11, commi 3, 4 e 5, 12, 14 e 15 del decreto legislativo n. 504 del 1992 (ICI) e l'articolo 1, commi da 161 a 170, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007).

 

Per quanto concerne le entrate da accertamento e riscossione, l’articolo 1, comma 1 del D.L. 203/2005 disponeva in origine l’attribuzione a tali enti di una quota pari al 30 per cento delle maggiori somme riscosse con il concorso dei medesimi; tale ammontare è stato poi elevato al 50 per cento da disposizioni successive (articolo 2, comma 10, lettera b), del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23) e, da ultimo, dall’articolo 1, comma 12-bis, del D.L. 138 del 2011 che ha assegnato ai comuni, per gli anni 2012, 2013 e 2014, l’intero maggior gettito ottenuto a seguito dell’intervento svolto dall’ente stesso nell’attività di accertamento, anche se si tratta di somme riscosse a titolo non definitivo e fermo restando il successivo recupero delle stesse ove rimborsate ai contribuenti a qualunque titolo.

 

Infine la norma ha ulteriormente esteso la non applicazione della riserva allo Stato relativamente ai fabbricati rurali ad uso strumentale ubicati nei comuni classificati dall’ISTAT montani o parzialmente montani assoggettati all’IMU dalle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Si ricorda che l’articolo 9, comma 8, del D.Lgs. n. 23 del 2011 (Federalismo municipale), come novellato dall’articolo 4, comma 1-ter, lett. a), D.L. n. 16 del 2012, esenta dall’imposta i fabbricati rurali a uso strumentale di cui all'articolo 9, comma 3-bis, del D.L. n. 557 del 1993, a condizione che siano ubicati nei comuni classificati montani o parzialmente montani, di cui all'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT).

La medesima norma tuttavia inserisce una riserva di disciplina a favore delle province autonome di Trento e Bolzano. Esse, conformemente ai propri statuti e in deroga alle agevolazioni ed esenzioni previste dalla legge, potranno assoggettare a IMU i fabbricati rurali strumentali con l’aliquota allo 0,2 per cento (abbassabile dai comuni allo 0,1), ferma la possibilità di introdurre esenzioni, detrazioni o deduzioni ai sensi delle norme del TU delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, ovvero in base all’articolo 80 del D.P.R. n. 670 del 1972.

 

Pertanto, con la presente disposizione, la quota IMU relativa ai fabbricati rurali ad uso strumentale dei comuni montani o parzialmente montani delle province autonome di Trento e di Bolzano – che sono assoggettati ad IMU - continua a confluire nelle contabilità degli stessi enti locali, in luogo di essere destinata allo Stato.

 


 

Articolo 10, comma 4-quater, lettera b)
(Termini deliberazione bilancio)

 

4-quater. All'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, sono apportate le seguenti modificazioni:

b) al comma 381:

1) le parole: "30 giugno 2013" sono sostituite dalle seguenti: "30 settembre 2013";

2) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Ove il bilancio di previsione sia deliberato dopo il 1° settembre, per l'anno 2013 è facoltativa l'adozione della delibera consiliare di cui all'articolo 193, comma 2, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000".

 

 

Il comma 4-quater dell’articolo 10 reca alla lettera b) alcune modifiche al comma 381 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) relativo alla fissazione del termine per la deliberazione del bilancio di previsione degli enti locali per l’anno 2013.

 

In particolare, una prima modifica è volta a differire ulteriormente il termine per la deliberazione del bilancio di previsione degli enti locali per l’anno 2013 dal 30 giugno ivi previsto al 30 settembre 2013.

 

Si ricorda che il termine per la deliberazione del bilancio di previsione è ordinariamente fissato al 31 dicembre di ogni anno, ai sensi dell’articolo 151, comma 1, del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267/2000.

Tale articolo demanda ad un decreto del Ministro dell’interno, da adottare d’intesa con il Ministro dell’economia, previo parere della Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, la possibilità di differire tale termine, in presenza di motivate esigenze.

Questa disposizione, che si configura, sostanzialmente, come una norma di delegificazione, è stata adottata proprio al fine di evitare il ricorso alla decretazione d’urgenza[69]. Non sono mancati, tuttavia, casi di differimenti nuovamente approvati con decretazione d’urgenza. Tali disposizioni, tuttavia, non sembrerebbero aver determinato una generale rilegificazione della materia, in quanto si riferiscono espressamente a determinati esercizi finanziari[70].

Il differimento dei termini di approvazione del bilancio di previsione degli enti locali si rende necessario pressoché ogni anno per consentire agli enti locali una più precisa conoscenza delle risorse disponibili.

Si ricorda, infine, che a norma dell’articolo 53, comma 16, della legge n. 388/2000, entro la data stabilita dalle norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione è fissato anche il termine per deliberare le tariffe e le aliquote di imposta per i tributi e per i servizi locali e l’aliquota di compartecipazione dell’addizionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche.

 

In connessione con il differimento del termine per la deliberazione del bilancio di previsione, la norma in esame introduce altresì una integrazione della disposizione di cui al citato comma 381 dell’articolo 1 della legge di stabilità, finalizzata a rendere facoltativa anziché obbligatoria l’adozione della deliberazione per la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi, nei casi in cui il bilancio di previsione sia deliberato dall’ente locale successivamente alla data del 1° settembre 2013.

 

Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 193, comma 2, del TUEL prevede che, almeno una volta all’anno, entro il 30 settembre di ciascun anno, il Consiglio dell’ente locale provveda, con propria deliberazione, ad effettuare la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi, dando atto del permanere degli equilibri generali di bilancio. Tale deliberazione è allegata al rendiconto del relativo esercizio finanziario.

Il differimento, come detto, è da porre in relazione allo slittamento del termine per la deliberazione del bilancio di previsione degli enti locali per l’anno 2013 al 30 settembre 2013.


 

Articolo 10-bis
(Norma di interpretazione autentica dell'articolo 12, comma 1-quater, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98)

 

1. Nel rispetto del patto di stabilità interno, il divieto di acquistare immobili a titolo oneroso, di cui all'articolo 12, comma 1-quater, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, non si applica alle procedure relative all'acquisto a titolo oneroso di immobili o terreni effettuate per pubblica utilità ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, nonché alle permute a parità di prezzo e alle operazioni di acquisto programmate da delibere assunte prima del 31 dicembre 2012 dai competenti organi degli enti locali e che individuano con esattezza i compendi immobiliari oggetto delle operazioni e alle procedure relative a convenzioni urbanistiche previste dalle normative regionali e provinciali.

 

 

L’articolo 10-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, fornisce un’interpretazione autentica della norma che vieta alle pubbliche amministrazioni per il 2013 di acquistare immobili (articolo 12, comma 1-quater, del D.L. n. 98 del 2011). In particolare si prevede che sono escluse dal divieto di acquistare immobili previsto per le pubbliche amministrazioni per il 2013 le procedure di acquisto a titolo oneroso di immobili o terreni effettuate tramite espropriazioni per pubblica utilità.

La norma in esame, inoltre, nel rispetto del patto di stabilità interno, esclude dal divieto di acquisto di immobili per il 2013 da parte delle PA:

§      le permute a parità di prezzo;

§      le operazioni di acquisto programmate da delibere assunte prima del 31 dicembre 2012 dai competenti organi degli enti locali e che individuano con esattezza i compendi immobiliari oggetto delle operazioni;

§      le procedure relative a convenzioni urbanistiche previste dalle normative regionali e provinciali.

 

Si ricorda che i commi 1-quater, 1-quinquies e 1-sexies dell’articolo 12 del D.L. n. 98 del 2011 sono stati inseriti dalla legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013). Le norme prevedono che, per l’anno 2013, tutte le amministrazioni pubbliche, incluse le autorità indipendenti tra cui la CONSOB, non possono acquistare immobili a titolo oneroso né stipulare contratti di locazione passiva salvo che si tratti di rinnovi di contratti, ovvero la locazione sia stipulata per acquisire, a condizioni più vantaggiose, la disponibilità di locali in sostituzione di immobili dismessi ovvero per continuare ad avere la disponibilità di immobili venduti.

Sono poi individuate espressamente alcune fattispecie escluse dal divieto:

§      gli enti previdenziali pubblici e privati; restano ferme le disposizioni che autorizzano tali enti ad acquistare immobili adibiti ad ufficio in locazione passiva alle amministrazioni pubbliche (operazioni subordinate alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica da attuarsi con decreto del MEF, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali);

§      le operazioni di acquisto di immobili già autorizzate con decreto ministeriale prima dell’entrata in vigore della legge n. 228/2013;

§      le operazioni destinate a soddisfare le esigenze allocative in materia di edilizia residenziale pubblica;

§      le operazioni di acquisto previste in attuazione di programmi e piani concernenti interventi speciali realizzati al fine di promuovere lo sviluppo economico e la coesione sociale e territoriale, di rimuovere gli squilibri economici, sociali, istituzionali e amministrativi del Paese e di favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona in conformità al quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione e finanziati con risorse aggiuntive ai sensi del D.Lgs. n. 88 del 2011 (in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali, in attuazione di quanto previsto dalla legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale).


 

Articolo 10-ter
(Esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale)

 

1. All'articolo 243-quater del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

"1. Entro dieci giorni dalla data della delibera di cui all'articolo 243-bis, comma 5, il piano di riequilibrio finanziario pluriennale è trasmesso alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti, nonché alla Commissione di cui all'articolo 155, la quale, entro il termine di sessanta giorni dalla data di presentazione del piano, svolge la necessaria istruttoria anche sulla base delle Linee guida deliberate dalla sezione delle autonomie della Corte dei conti. All'esito dell'istruttoria, la Commissione redige una relazione finale, con gli eventuali allegati, che è trasmessa alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti";

b) al comma 6, le parole: ", al Ministero dell'economia e delle finanze" sono soppresse.

 

 

L’articolo 10-ter reca disposizioni volte a semplificare la procedura di esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale che, a norma dell’articolo 243- quater del TUEL[71], deve essere predisposto dagli enti locali che presentino squilibri di bilancio tali da provocarne il dissesto.

L’articolo 243-quater – prima delle novelle ad esso apportate dalla disposizione in esame - prevedeva che il piano di riequilibrio fosse trasmesso alla competente Sezione regionale di controllo della Corte dei Conti, nonché alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali (di cui all'articolo 155 del TUEL) che doveva nominare una apposita sottocommissione per l’esame del piano, la quale entro sessanta giorni dalla presentazione dello stesso svolgeva la necessaria istruttoria. La sottocommissione operava sulla base delle Linee guida deliberate dalla Sezione delle autonomie della Corte dei conti e delle indicazioni fornite dalla competente Sezione regionale di controllo della stessa, redigendo poi una relazione finale, con gli eventuali allegati, da trasmettersi alla Sezione regionale di controllo della Corte dal competente Capo Dipartimento del Ministero dell'interno e dal Ragioniere generale dello Stato, di concerto fra loro.

 

L’originaria procedura viene semplificata dall’articolo 10-ter in esame, che, modificando l’articolo 243-quater:

§      elimina la sottocommissione, affidando lo svolgimento dell’istruttoria sul piano di riequilibrio direttamente alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali;

§      dispone che l’istruttoria medesima sia effettuata sulla base delle sole Linee guida della Sezione delle autonomie della Corte dei conti (e non anche delle indicazioni della Sezione di controllo);

§      prevede che la relazione sia trasmessa direttamente dalla Commissione (e non più dal Capo Dipartimento del Ministero dell’interno e dal Ragioniere generale dello Stato) alla Sezione di controllo della Corte.

 

Viene altresì modificato il comma 6 del medesimo articolo, prevedendo che la relazione sullo stato di attuazione del piano sia trasmesso dall’organo di revisione dell’ente locale al solo Ministero dell’interno, e non anche a quello dell’economia e finanze.


 

Articolo 10-quater
(Attribuzione ai comuni del corrispettivo del gettito IMU relativo agli immobili di proprietà comunale)

 


1. Ai comuni che hanno registrato il maggior taglio di risorse operato negli anni 2012 e 2013 per effetto dell'assoggettamento degli immobili posseduti dagli stessi comuni nel proprio territorio all'imposta municipale propria di cui all'articolo 13, comma 1, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è attribuito un contributo di 330 milioni di euro per l'anno 2013 e di 270 milioni di euro per l'anno 2014.

2. Il contributo di cui al comma 1 è ripartito tra i comuni interessati, con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, da adottare, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, in proporzione alle stime di gettito da imposta municipale propria relativo agli immobili posseduti dai comuni nel proprio territorio comunicate dal Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze.

3. Il contributo attribuito a ciascun comune in applicazione del comma 2 è escluso dal saldo finanziario di cui all'articolo 31, comma 3, della legge 12 novembre 2011, n. 183, rilevante ai fini del patto di stabilità interno.

4. All'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, le parole: "190 milioni di euro per l'anno 2014" sono sostituite dalle seguenti: "120 milioni di euro per l'anno 2014".

5. All'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, il comma 228 è abrogato.


 

 

Nel corso dell’esame parlamentare è stato introdotto l’articolo 10-quater, con cui si attribuisce ai comuni un contributo corrispondente al gettito dell’IMU calcolato con riferimento agli immobili di loro proprietà.

 

Più precisamente, per effetto dell’assoggettamento all’imposta municipale propria anche degli immobili posseduti dai comuni nel proprio territorio, in sede di calcolo del gettito IMU relativo ad ogni singolo comune, gli uffici ministeriali hanno considerato anche la quota IMU che, teoricamente, l’ente locale avrebbe dovuto pagare a se stesso per gli immobili di sua proprietà. Sebbene all’apparenza sembrava trattarsi di una mera partita di giro, tali risorse andavano, in realtà, ad incrementare le entrate “teoriche” dell’ente, riflettendosi, dunque, nei tagli compensativi ai fondi di riequilibrio di spettanza dei comuni, determinando, quindi, minori entrate da trasferimenti.

Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 13 del D.L. n. 201/2011, che ha anticipato al 2012 l’applicazione in via sperimentale dell’imposta municipale propria (IMU), ha disposto la contestuale riduzione delle risorse dei comuni derivanti da trasferimenti statali di cui al Fondo sperimentale di riequilibrio - ovvero del Fondo perequativo, di cui, rispettivamente, agli articoli 2 e 13 del decreto legislativo n. 23 del 2011(ora sostituiti dal Fondo di solidarietà comunale ai sensi della legge di stabilità 2013) - nonché dei trasferimenti erariali dovuti alle regioni Sicilia e Sardegna, in misura corrispondente al maggior gettito derivante dalla nuova disciplina dell’imposta municipale recata dai commi da 1 a 14 dell’articolo 13 del D.L. n. 201 medesimo.

 

La disposizione, infatti, fa riferimento ai comuni “che hanno registrato il maggior taglio di risorse nel 2012 e nel 2013 per effetto dell’assoggettamento degli immobili da essi posseduti nel proprio territorio all’IMU”: a tali enti viene attribuito un contributo pari a 330 milioni nel 2013 e a 270 milioni nel 2014, che sarà ripartito con decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Città entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.

Il contributo sarà ripartito in proporzione alle stime di gettito IMU relativo agli immobili posseduti dai comuni nel proprio territorio comunicate dal Dipartimento delle finanze del MEF.

 

Il comma 3 esclude dal computo del saldo rilevante ai fini del rispetto del patto di stabilità interno per gli anni 2013 e 2014 il contributo assegnato a ciascun comune ai sensi del comma precedente.

Si ricorda che il patto di stabilità interno per gli enti locali è attualmente disciplinato dall’articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, come successivamente modificato ed integrato dall’articolo 1, commi 428-447, della legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228/2012). Il vincolo imposto dal patto di stabilità per gli enti locali consiste nel raggiungimento di uno specifico obiettivo di saldo finanziario, calcolato quale differenza tra entrate e spese finali - con l’eccezione di alcune voci - espresso in termini di competenza mista (criterio contabile che considera le entrate e le spese in termini di competenza, per la parte corrente, e in termini di cassa per la parte degli investimenti, al fine di rendere l'obiettivo del patto di stabilità interno più coerente con quello del Patto europeo di stabilità e crescita). In particolare, il saldo obiettivo per ciascun ente viene determinato applicando alla spesa corrente media da esso sostenuta nel triennio 2007-2009 - così come desunta dai certificati di conto consuntivo - determinati coefficienti, fissati in maniera differenziata per le province e i comuni.

 

I commi 4 e 5 provvedono alla copertura parziale degli oneri recati dal comma 1 (pari a 330 milioni nel 2013 e a 270 milioni nel 2014), attraverso la riduzione delle disponibilità del Fondo di rotazione per la concessione di anticipazioni agli enti locali in situazione di grave squilibrio finanziario, che abbiano deliberato la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale introdotta, ai sensi del decreto-legge n. 174 del 2012, all’articolo 243-bis del Testo unico sull’ordinamento degli enti locali.

In particolare il comma 4 riduce da 190 a 120 milioni (-70 milioni) le disponibilità del richiamato Fondo per il 2014, come determinate dall’articolo 4 del decreto-legge n. 174/2012.

L’articolo 4 del decreto-legge n. 174/2012 prevede una dotazione del Fondo di 30 milioni di euro per il 2012, di 90 milioni per il 2013, di 190 milioni per il 2014 e di 200 milioni per ciascuna annualità dal 2015 al 2020.

 

Il comma 5 abroga il comma 228 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012), che ha disposto l’incremento di 130 milioni di euro per il 2013 del suddetto Fondo di rotazione per la concessione di anticipazioni agli enti locali in situazione di grave squilibrio finanziario.

Le ulteriori risorse necessarie alla copertura degli oneri recati dal comma 1, sono poste a carico dell’articolo 1, comma 10, del presente provvedimento, mediante una riduzione delle risorse del Fondo per assicurare la liquidità per il pagamenti dei debiti delle P.A., di 200 milioni sia per il 2013 che per il 2014.

 


 

Articolo 10-quinquies
(Criteri per la ripartizione del fondo sperimentale di riequilibrio)

 


1. All'articolo 16, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, sono apportate le seguenti modifiche:

a) al secondo periodo, le parole: "2.000 milioni" sono sostituite dalle seguenti: "2.250 milioni";

b) al terzo periodo, le parole: "ed entro il 31 gennaio 2013 relativamente alle riduzioni da operare per gli anni 2013 e successivi" sono soppresse;

c) il quarto periodo è sostituito dal seguente: "Le riduzioni da applicare a ciascun comune a decorrere dall'anno 2013 sono determinate, con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'interno, in proporzione alla media delle spese sostenute per consumi intermedi nel triennio 2010-2012, desunte dal SIOPE, fermo restando che la riduzione per abitante di ciascun ente non può assumere valore superiore al 250 per cento della media costituita dal rapporto fra riduzioni calcolate sulla base dei dati SIOPE 2010-2012 e la popolazione residente di tutti i comuni, relativamente a ciascuna classe demografica di cui all'articolo 156 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267".


 

 

L’articolo 10-quinquies interviene sul Fondo sperimentale di riequilibrio dei comuni[72], modificando i criteri di distribuzione tra gli enti locali della riduzione di 2.250 milioni prevista per il 2013 dall’articolo 16, comma 6, del D.L. n.95/2012[73], nonché recando un disposizione volta al coordinamento normativo tra il primo ed il secondo periodo del comma 6 medesimo.

 

L’articolo 16, comma 6, del D.L. n. 95/2012 dispone, al primo periodo, una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio dei comuni, ovvero del fondo perequativo, come determinati, rispettivamente ai sensi dell’articolo 2 e dell’articolo 13 del D.Lgs. n. 23/2011[74], e dei trasferimenti erariali dovuti ai comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna nei seguenti importi:

§         500 milioni di euro per il 2012;

§         2.250 milioni di euro per gli anni 2013 e 2014;

§         2.500 milioni a decorrere dall’anno 2015.

Il secondo periodo esclude dalle riduzioni, per gli anni 2012 e 2013, i comuni interessati dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012 (comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo), fermo restando il complessivo importo delle riduzioni sopradette, che tuttavia tale periodo indica in 500 milioni per il 2012 e “2.000 milioni” (anziché 2.250) per il 2013.

Il comma 10-quinquies in esame corregge tale erronea indicazione (dovuta al sovrapporsi di più disposizioni intervenute sul punto), modificando tale importo in “2.250 milioni”, in coerenza con la cifra indicata nel primo periodo del comma 6.

Il medesimo comma 6 stabilisce che le riduzioni da imputare a ciascun comune sono determinate dalla Conferenza Stato-città, tenendo conto delle analisi della spesa effettuate dal commissario straordinario per la spending review[75], degli elementi di costo nei singoli settori merceologici e della procedura di determinazione dei fabbisogni standard sulla base dell’istruttoria condotta dall’ANCI, e recepite con decreto del Ministero dell’interno entro il 15 ottobre, relativamente alle riduzioni da effettuare nell’anno 2012[76], “ed entro il 31 gennaio 2013 relativamente alle riduzioni da operare per gli anni 2013 e successivi. In caso di mancata deliberazione della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, il decreto del Ministero dell’interno è comunque emanato entro i 15 giorni successivi, ripartendo la riduzione in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l’anno 2011, dal SIOPE”.

Tali prescrizioni, relative all’anno 2013 – per il quale tuttavia al momento non è ancora intervenuto il decreto ministeriale di ripartizione -, vengono soppresse dall’articolo 10-ter in esame, che introduce per gli anni 2013 e successivi un nuovo criterio.

Questo prevede che le riduzioni siano determinate (mediante decreto ministeriale) in proporzione alla media delle spese sostenute per consumi intermedi nel triennio 2010-2012 desunte dal SIOPE, fermo restando che la riduzione per abitante per ciascun ente non può assumere valore superiore al 250 per cento della media costituita dal rapporto fra riduzioni calcolate sulla base dei dati SIOPE 2012-2012 predetti e la popolazione residente in tutti i comuni, per classe demografica.

L’articolo 156 del TUEL prevede undici classi demografiche, così contraddistinte:

a) comuni con meno di 500 abitanti; b) comuni da 500 a 999 abitanti; c) comuni da 1.000 a 1.999 abitanti; d) comuni da 2.000 a 2.999 abitanti; e) comuni da 3.000 a 4.999 abitanti; f) comuni da 5.000 a 9.999 abitanti; g) comuni da 10.000 a 19.999 abitanti; h) comuni da 20.000 a 59.999 abitanti; i) comuni da 60.000 a 99.999 abitanti; l) comuni da 100.000 a 249.999 abitanti; m) comuni da 250.000 a 499.999 abitanti; n) comuni da 500.000 abitanti ed oltre.


 

Articolo 10-sexies
(Semplificazione dei criteri per il riparto del fondo di
solidarietà comunale nell'anno 2013)

 

1. All'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dopo il comma 380 è inserito il seguente:

"380-bis. Per l'anno 2013, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 380, lettera b), tiene conto esclusivamente dei criteri di cui ai numeri 1), 5), 6) e 7) della lettera d) del medesimo comma 380 e dei dati del gettito dell'imposta municipale propria ad aliquota di base spettante ai comuni per l'anno 2013, come stimato dal Ministero dell'economia e delle finanze".

 

 

L’articolo 10-sexies reca disposizioni in tema di riparto per l’anno 2013 del Fondo di solidarietà comunale istituito a seguito della complessiva ridefinizione della destinazione del gettito rinveniente dall’IMU, effettuata dall’articolo 1, comma 380, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013).

 

In particolare, l’articolo in esame introduce un nuovo comma 380-bis nella sopra citata legge di stabilità volto a semplificare i criteri cui dovrà attenersi il D.P.C.M. di riparto del Fondo per l’anno 2013.

Si rammenta che la legge di stabilità per il 2013 (articolo 1, commi 380 e da 382 a 384 della legge n. 228/2012) ha innovato l’assetto della destinazione del gettito rinveniente dall’IMU come definito dall’articolo 13 del D.L. n. 201/2011, ridefinendo conseguentemente i rapporti finanziari tra Stato e comuni, rispetto a quanto delineato dal D.Lgs. n. 23/2011, adottato in attuazione della legge n. 42/2009 sul federalismo municipale.

In particolare, la nuova disciplina prevede l’attribuzione ai comuni dell’intero gettito IMU, ad esclusione di quello derivante dagli immobili ad uso produttivo, che rimane destinato allo Stato.

Contestualmente all’attribuzione dell’intero gettito IMU ai comuni, è stato istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, il Fondo di solidarietà comunale - del quale sono anche stabiliti la dotazione finanziaria ed i criteri di riparto - alimentato da una quota dell'imposta municipale propria (di spettanza dei comuni) da definirsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previo accordo da sancire presso la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali.

La norma prevede che il D.P.C.M. debba essere emanato entro il 30 aprile 2013 per l'anno 2013 ed entro il 31 dicembre 2013 per l'anno 2014. Corrispondentemente, nei predetti esercizi è versata all'entrata del bilancio statale una quota di pari importo dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni; tale importo è poi rideterminato a seguito dell'emanazione dei suddetti D.P.C.M.

Ciò comporta, in sostanza, che il gettito IMU affluirà ai comuni in parte direttamente, sulla base degli esiti della riscossione, e in parte, dopo essere stato versato al bilancio dello Stato, mediante trasferimento dal Fondo di solidarietà comunale iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’interno, per la quota di spettanza di ciascun ente locale.

Di conseguenza, in relazione all'istituzione del nuovo Fondo di solidarietà comunale, il medesimo comma 380 della legge di stabilità 2013 ha provveduto alla soppressione del Fondo sperimentale di riequilibrio, nonché dei trasferimenti erariali a favore dei comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna, limitatamente alle tipologie di trasferimenti fiscalizzati.

Per quanto concerne i criteri di formazione e riparto del Fondo di solidarietà comunale, si ricorda che la lettera d) del citato comma 380 li affida al D.P.C.M. che dovrà determina la quota dell’IMU che deve affluire al fondo, il quale, alla data attuale, non risulta ancora emanato. A tal fine, ai sensi della lettera d) il D.P.C.M. dovrà tener conto, per i singoli comuni:

1)      degli effetti finanziari derivanti dall’abolizione della riserva statale di gettito IMU stabilita dall’articolo 13, comma 1, del D.L. n. 201 del 2011 e dalla contestuale attribuzione allo Stato del gettito derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento (rispettivamente, lettere a) ed f) del comma 380).

2)      della definizione dei costi e dei fabbisogni standard;

3)      della dimensione demografica e territoriale;

4)      della dimensione del gettito dell'imposta municipale propria ad aliquota base di spettanza comunale;

5)      della diversa incidenza delle risorse complessive per l'anno 2012 del Fondo sperimentale di riequilibrio e dei trasferimenti erariali a favore dei comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna, soppresse dalla successiva lettera e) del comma 380 medesimo;

6)      delle riduzioni determinate dall’articolo 16, comma 6, del decreto-legge n. 95/2012 (legge 7 agosto 2012, n. 135)[77].

Tale comma, più volte modificato da successive disposizioni legislative, dispone una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio dei comuni, ovvero del fondo perequativo, come determinati, rispettivamente ai sensi dell’articolo 2 e dell’articolo 13 del D.Lgs. n. 23/2011, e dei trasferimenti erariali dovuti ai comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna nei seguenti importi: 500 milioni di euro per il 2012; 2.250 milioni di euro per l’anno 2013; 2..500 milioni per l’anno 2014; 2.600 milioni a decorrere dall’anno 2015.

Per quanto concerne i criteri di distribuzione tra gli enti locali delle suddette riduzioni si veda l’articolo 10-sexies del provvedimento in esame.

7)      dell'esigenza di limitare le variazioni, in aumento ed in diminuzione, delle risorse disponibili ad aliquota base, attraverso l'introduzione di un'appropriata clausola di salvaguardia.

In base al comma 380-bis inserito dall’articolo 10-sexies in esame, per l’anno 2013, il D.P.C.M. di riparto del Fondo dovrà tener conto esclusivamente:

§      dei criteri di cui ai sopra descritti numeri 1, 5, 6 e 7 della lettera d), i quali in sostanza attengono agli effetti finanziari scaturenti dalla ridefinizione dei rapporti finanziari tra lo Stato e i comuni operata con il citato comma 380;

§      dei dati del gettito dell’IMU ad aliquota base spettante ai comuni per l’anno 2013, come stimata dal Ministero dell’economia e finanze.


 

Articolo 11, commi da 1 a 5-bis
(Misure per l’equilibrio finanziario della Regione Siciliana e della Regione Sardegna)

 


1. In attuazione dello statuto della Regione Siciliana di cui al regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 e del decreto legislativo 3 novembre 2005, n. 241, è attribuito alla Regione Siciliana il gettito delle imposte sui redditi prodotti dalle imprese industriali e commerciali, aventi sede legale fuori dal territorio regionale, in misura corrispondente alla quota riferibile agli impianti e agli stabilimenti ubicati all'interno dello stesso. Per l'anno 2013, l'assegnazione viene effettuata per un importo di euro 49.000.000, mediante attribuzione diretta alla Regione da parte della Struttura di Gestione, individuata dal decreto interministeriale 22 maggio 1998, n. 183.

2. In relazione alle imposte sui redditi di cui al comma 1 spettanti alla Regione Siciliana, il relativo gettito è assicurato, a decorrere dall'anno 2014, secondo le modalità applicative previste dal decreto dirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 novembre 2005, n. 241, da emanare, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, d'intesa con l'Assessorato regionale dell'economia della Regione Siciliana.

3. Agli oneri recati dalle disposizioni del presente articolo per le annualità 2013-2015, per euro 49.000.000 per l'anno 2013, euro 50.200.000 per l'anno 2014 ed euro 52.800.000 per l'anno 2015, si provvede:

a) per 3 milioni di euro per il 2013 mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 114, terzo periodo, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;

b) per milioni di euro 46 per il 2013, 40,2 per il 2014 e 32,8 per il 2015, mediante le risorse statali spettanti alla Regione Siciliana relative alle annualità dell'edilizia agevolata di cui all'articolo 61, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, come individuate nel Piano di rientro sul quale è stata sancita intesa nella seduta del 18 ottobre 2007 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, che sono conseguentemente ridotte di pari importi;

c) per 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 114, terzo periodo, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;

d) per 10 milioni di euro per il 2015 mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 3-ter, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203.

4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

5. A decorrere dall'anno 2016 si provvede alla ridefinizione dei rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione Siciliana ed al simmetrico trasferimento di funzioni ancora svolte dallo Stato, con le modalità previste dallo statuto speciale della Regione Siciliana approvato con il regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455. Dal 1° gennaio 2016 l'efficacia delle disposizioni dei commi da 1 a 4 del presente articolo e del decreto dirigenziale di cui al comma 2 è subordinata al completamento delle procedure di cui al periodo precedente.

5-bis. Fatte salve le previsioni dell'articolo 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e dei commi 1 e 2 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, al fine di dare piena applicazione, secondo i principi enunciati nella sentenza della Corte costituzionale n. 118 del 2012, al nuovo regime regolatore dei rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione Sardegna, disciplinato dalle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 834, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, tenendo conto degli stanziamenti di competenza e cassa allo scopo previsti nel bilancio di previsione per l'anno finanziario 2013 e nel bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministro dell'economia e delle finanze concorda, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, con la Regione Sardegna, con le procedure di cui all'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le modifiche da apportare al patto di stabilità interno per la Regione Sardegna.


 

 

Le disposizioni in esame intervengono nei rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione Sicilia (commi da 1 a 5) e tra lo Stato e la Regione Sardegna (comma 5-bis).

Rapporti finanziari tra Stato e Regione siciliana (commi 1- 5)

I commi da 1 a 5 dell'articolo 11 intervengono in una questione finanziaria aperta tra lo Stato e la Regione siciliana concernente il gettito dei tributi erariali riscossi fuori dal territorio regionale ma imputabile ad attività o soggetti localizzati nella regione stessa. In particolare le norme in esame quantificano le spettanze da attribuire alla Regione siciliana a tale titolo, secondo quanto disposto dall'articolo 37 dello statuto e dalla norma di attuazione contenuta nel D.Lgs. 241/2005.

L'articolo 37 dello statuto siciliano (R.D.Lgs. n. 455/1946) stabilisce che per le imprese industriali e commerciali che hanno la sede centrale al di fuori del territorio regionale ma stabilimenti e impianti in esso, occorre determinare la quota del reddito da attribuire ai detti stabilimenti e impianti. L’imposta sulla parte di reddito così determinato, è di spettanza della regione.

Il processo di definizione delle somme spettanti alla regione – rimasto inattuato dalla riforma tributaria del 1971[78] - si è avviato con l’accordo raggiunto tra Stato e Regione – in sede di Commissione paritetica prevista dall’art. 43 dello statuto - che ha portato all’emanazione della norma di attuazione dell’articolo 37 dello statuto.

Il D.Lgs. 241/2005 dispone che le spettanze fiscali relative al reddito prodotto dagli stabilimenti e impianti siti nella regione, fino ad oggi percepite dallo Stato, sono ritrasferite alla regione. Contemporaneamente sono trasferite alla Regione competenze previste dallo statuto e fino ad ora esercitate invece dallo Stato. Per le modalità applicative tuttavia la norma rinvia a decreti dirigenziali del Ministero dell’economia e delle finanze che avrebbero dovuto essere adottati d’intesa con l’Assessorato regionale del bilancio e delle finanze. Il confronto tra Stato e Regione è andato avanti in questi anni senza riuscire ad arrivare ad una intesa.

 

Le norme in esame provvedono ad una quantificazione delle spettanze regionali, che – secondo quanto scritto nella relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione – oltre che liquidare il triennio 2013-2015, dovrebbe esaurire il contenzioso pregresso fra Stato e Regione.

Il comma 1 individua la tipologia di gettito tributario spettante alla Regione, vale a dire la quota di imposta sui redditi prodotti dalle imprese industriali e commerciali riferibile agli impianti aventi sede nella Regione, secondo quanto disposto dall'articolo 37 dello statuto e dalla norma di attuazione contenuta nel D.Lgs. 241/2005 e quantifica la spettanza regionale in relazione all'esercizio 2013 in 49 milioni di euro.

Questa somma è attribuita direttamente alla Regione dalla Struttura di Gestione individuata dal D.M. 183/1998, vale a dire la Direzione centrale per la riscossione del Dipartimento delle entrate (Ministero delle finanze).

Il D.M. 183/1998, in attuazione di quanto disposto dall'articolo 22, comma 3, del D.Lgs. 241/1997, recante norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, individua la struttura di gestione cui è affidato il compito di ripartire tra gli enti destinatari dei versamenti unitari le somme a ciascuno di essi spettanti nel Ministero delle finanze, dipartimento delle entrate, direzione centrale per la riscossione. Il decreto determina, inoltre, le modalità di attribuzione di tali somme.

 

Il comma 2 dispone che, a decorrere dal 2014, l'attribuzione del gettito spettante alla Regione avviene secondo le modalità applicative da definire con Decreto dirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze, da emanare, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge, d’intesa con l’Assessorato regionale dell’economia della Regione siciliana.

Come già ricordato, lo stesso atto era stato previsto dal decreto legislativo 241/2005, recante la norma di attuazione dell'articolo 37 dello statuto.

Il comma 3, quantifica gli oneri conseguenti le norme in esame per il triennio 2013-2015, in:

§      49 milioni di euro per l'anno 2013,

§      50,2 milioni di euro per l'anno 2014;

§      52,8 milioni di euro per l'anno 2015.

 

 

Alla copertura dei suddetti oneri si provvede mediate le riduzioni di risorse, spettanti alla regione stessa, come evidenziato nella tabella ed illustrate a seguire:

 

 

 

 

in milioni di euro

 

2013

2014

2015

riduzione delle risorse statali spettanti alla regione per l'edilizia agevolata (art. 61, co. 2, D.Lgs. 112/1998)

46

40,2

32,8

riduzione del contributo di solidarietà ex art. 38 statuto (art. 1, co. 114, 3° periodo, L. 266/2005, legge finanziaria 2006)

3

10

10

riduzione del contributo di solidarietà ex art. 38 statuto (art. 5, co. 3-ter DL 203/205)

 

 

10

totale

49

50,2

50,8

 

In dettaglio:

§      riduzione delle risorse statali spettanti alla Regione per l'edilizia agevolata (art. 61, co. 2, D.Lgs. 112/1998) secondo la ripartizione delle risorse concordata in sede di Conferenza Stato-Regioni del 18/10/2007, dei medesimi importi spettanti alla Regione per gli anni 2013, 2014 e 2015 rispettivamente per 46, 40,2 e 32,8 milioni di euro.

Gli articoli 60, 61 e 63 del D.Lgs. 112/1998, trasferiscono alle regioni le funzioni concernenti l'edilizia agevolata (nell'ambito del cosiddetto "federalismo amministrativo"), e dettano le disposizioni per la devoluzione alle regioni delle risorse corrispondenti. A seguito della prima intesa sulle modalità di ripartizione tra le regioni del Fondo per l'edilizia sovvenzionata, stipulata il 2 marzo 2000 in Conferenza Stato-Regioni, ciascuna regione ha sottoscritto un Accordo di programma con il Ministero per i Lavori pubblici e in quell'ambito sono state quantificate le quote per ciascuna regione. Successivamente si è reso necessario provvedere ad una nuova ripartizione delle risorse complessive tra le regioni e si è arrivati all'Intesa del 18 ottobre 2007.

§      riduzione del contributo di solidarietà corrisposto alla regione ai sensi dell'art. 38 dello statuto, dall'articolo 1, comma 114, terzo periodo, della legge 266/2005 (legge finanziaria 2006) di 3 milioni di euro per il 2013 (lett. a) e di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 (lett. c);

§      riduzione del contributo di solidarietà corrisposto alla regione ai sensi dell'art. 38 dello statuto, dall'articolo 5, comma 3-ter, del decreto-legge 203/2005, di 10 milioni di euro per il 2015 (lett. d).

Le due norme richiamate attribuiscono alla Regione siciliana contributi pluriennali a titolo di contributo di solidarietà per la Regione medesima, ai sensi dell’articolo 38 dello statuto. Si ricorda che, secondo quanto disposto dall’articolo 38 dello statuto della Regione siciliana, lo Stato è tenuto a versare annualmente alla Regione, a titolo di solidarietà nazionale, una somma da impiegarsi, in base ad un piano economico, nell'esecuzione di lavori pubblici. A partire dall’anno 2000 (non riceveva finanziamenti dal 1991) il Fondo di solidarietà nazionale è stato ripetutamente finanziato tramite limiti di impegno annuali (attualmente in corso) che hanno consentito alla Regione di attualizzare quei crediti collocati di volta in volta sul mercato. L'articolo 1, comma 114, terzo periodo, della legge 266/2005 (legge finanziaria 2006), attribuisce alla Regione un contributo quindicennale di 10 milioni di euro a decorrere dal 2007; l’articolo 5, comma 3-ter, del decreto-legge 203/2005 (recante misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, come modificato dalla legge di conversione n. 248/2005), attribuisce alla Regione un contributo quindicennale di 10 milioni di euro a decorrere dal 2008 a titolo di finanziamento del Fondo di solidarietà nazionale per la Regione siciliana.

 

Il comma 4, autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio per operare le riduzioni sopra illustrate.

 

Il comma 5, infine, contiene una disposizione programmatica secondo la quale a decorrere dall’anno 2016, si dovrà provvedere alla ridefinizione dei rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione Siciliana, secondo le modalità previste dallo statuto, vale a dire secondo le procedure 'concordate' definite dall'art. 43, concernente l'adozione di norme di attuazione dello statuto. Contemporaneamente, si dovrà provvedere al simmetrico trasferimento di funzioni ancora svolte dallo Stato.

Il testo originario del decreto legge, stabiliva che si sarebbe dovuto provvedere alla ridefinizione dei rapporti finanziari Stato-Regione Siciliana, secondo le modalità previste dallo statuto e dalla citata norma di attuazione dell'articolo 37, D.Lgs. 241/2005 e, contemporaneamente, come pure stabilito nello stesso D.Lgs. 241/2005, si sarebbe dovuto provvedere al simmetrico trasferimento - alla regione - di funzioni ancora svolte dallo Stato nel territorio regionale. Una modifica apportata durante l'esame parlamentare ha soppresso il riferimento al territorio regionale (ma non alle funzioni dello Stato) e il riferimento alla norma di attuazione D.Lgs. 241/2005.

L'ultimo periodo precisa che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, le disposizioni dei commi da 1 a 4, sopra illustrati, non hanno efficacia qualora non siano completate le procedure di definizione dei rapporti finanziari tra Stato e Regione e di attribuzione di funzioni statali alla Regione stessa.

Rapporti finanziari tra Stato e Regione Sardegna (comma 5-bis)

Il comma 5-bis è stato inserito nel corso dell'esame parlamentare e reca disposizioni sulla definizione dei rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione Sardegna.

 

La disposizione, di carattere programmatico, pone il termine di 120 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione in esame, per la definizione dell'accordo tra Stato e Regione sulle modifiche da apportate al patto di stabilità per la regione Sardegna.

Una revisione del patto di stabilità, si rende necessaria a seguito delle modifiche apportate all'ordinamento finanziario della regione con la legge finanziaria del 2007, che ha rideterminato le entrate tributarie spettanti alla regione Sardegna e a cui non è seguito una rimodulazione degli obiettivi del patto.

Sulla quantificazione delle entrate spettanti alla Regione Sardegna – ed esattamente dall'esercizio 2010, decorrenza delle modifiche statutarie - è in corso quella che viene definita 'vertenza entrate' tra lo Stato e, appunto, la regione Sardegna. La Corte dei conti, nella relazione che accompagna il giudizio di parificazione del rendiconto generale della Sardegna aveva già segnalato in riferimento all'esercizio 2010 e ribadito in riferimento all'esercizio 2011[79], la non conclusione della vertenza entrate come punto problematico del rapporto tra Stato e Regione e come ulteriore motivo di difficoltà per l'impostazione delle manovre di bilancio e delle politiche di intervento della Regione.

 

La norma in esame definisce obiettivi e limiti normativi entro cui deve avvenire l'accordo.

 

L'obiettivo dell'accordo deve essere dare piena attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 834 della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006), vale a dire la nuova determinazione delle quote di compartecipazione ai tributi erariali attribuite alla regione, a decorrere dal 2010, i 9/10 dell’IVA e i 7/10 di tutte le altre imposte.

L'ordinamento finanziario – e nello specifico – le fonti di finanziamento della Regione Sardegna, al pari delle altre regioni a statuto speciale, è dettato da norme di rango costituzionale. Per ciascun tributo, la quota di compartecipazione regionale è determinata nell'articolo 8 dello statuto (L.cost. 4/1948), modificato da ultimo con la legge finanziaria del 2007. Si ricorda inoltre che, nel caso della Regione Sardegna, i tributi sono riscossi dallo Stato che provvede poi a ‘devolvere’ alla regione la quota spettante. E' il Ministero dell'economia e delle finanze e, per esso, la Ragioneria generale dello Stato che provvede alla esatta quantificazione delle entrate da erogare alla regione sulla base delle quote dei tributi erariali ad essa spettanti in base allo statuto di autonomia.

 

L'attuazione del nuovo ordinamento finanziario dovrà avvenire secondo i principi enunciati nella sentenza della Corte costituzionale n. 118 del 2012[80], sentenza che evidenzia come la determinazione dei livelli di spesa non può prescindere dall'attuazione della revisione delle entrate regionali. L'equilibrio di bilancio «non potrà che realizzarsi all'interno dello spazio delimitato, in modo compensativo, dalle maggiori risorse regionali risultanti dall'entrata in vigore dell'art. 8 dello statuto modificato, e dalla riduzione della spesa conseguente alla applicazione del patto di stabilità (…) non possono rimanere indipendenti e non coordinati, nel suo ambito, i profili della spesa e quelli dell'entrata»[81]

Restano ferme, inoltre, le disposizioni concernenti il contributo agli obiettivi di finanza pubblica della regione Sardegna, recate per il complesso delle regioni a statuto speciale dall'art. 16, comma 3, del D.L. 95/2012; restano ferme altresì le disposizioni concernenti il livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato recate dai commi 1 e 2 della legge di stabilità 2013.

Nel definire il nuovo patto di stabilità si dovrà tenere conto degli stanziamenti di competenza e cassa allo scopo previsti nel bilancio di previsione per l'anno finanziario 2013 e nel bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015.

Si ricorda infine che la disciplina del patto di stabilità per le regioni a statuto speciale e le province autonome è dettata dai commi 454-459 e 469 dell'unico articolo della legge di stabilità 2013 (L. 228/2012). In particolare per le regioni Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna, gli obiettivi di risparmio sono definiti dal comma 454. Le norme confermano la necessità, per ciascun ente, di concordare con il Ministero dell'economia e delle finanze per ciascuno degli anni 2013, 2014, 2015 e 2016, l'obiettivo specifico, al pari delle regioni a statuto ordinario, in termini di competenza eurocompatibile e competenza finanziaria. Questo verrà calcolato sottraendo alle spese finali 2011 (sempre in termini di competenza eurocompatibile) una serie di voci elencate dalla norma stessa.


 

Articolo 11, commi 6-7
(Misure per l’equilibrio finanziario del settore del trasporto pubblico locale della Regione Piemonte)

 


6. Per consentire la rimozione dello squilibrio finanziario derivante da debiti pregressi a carico del bilancio regionale inerenti ai servizi di trasporto pubblico locale su gomma e di trasporto ferroviario regionale, la Regione Piemonte predispone un piano di rientro, da sottoporre, entro trenta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, all'approvazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell'economia e delle finanze. Il piano di rientro dovrà individuare le necessarie azioni di razionalizzazione e di incremento dell'efficienza da conseguire attraverso l'adozione dei criteri e delle modalità di cui all'articolo 16-bis, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni.

7. Per il finanziamento del piano di cui al comma precedente, la Regione Piemonte è autorizzata ad utilizzare, per l'anno 2013, le risorse ad essa assegnate del Fondo per lo sviluppo e la coesione di cui alla delibera del CIPE n. 1 dell'11 gennaio 2011 (pubblicata nella G.U. n. 80 del 7 aprile 2011), nel limite massimo di 150 milioni di euro. La Regione Piemonte propone conseguentemente al CIPE per la presa d'atto, la nuova programmazione nel limite delle risorse disponibili.


 

 

Il comma 6 dell’articolo 11 prevede la predisposizione da parte della regione Piemonte di un piano di rientro al fine di superare la situazione di squilibrio finanziario derivante da debiti pregressi a carico del bilancio regionale concernenti i servizi di trasporto pubblico locale su gomma e di trasporto ferroviario regionale. La predisposizione del piano consente l’accesso al finanziamento, nel limite massimo di 150 milioni di euro per l’anno 2013, a valere sulle risorse assegnate alla regione Piemonte del Fondo per lo sviluppo e la coesione, di cui al comma 7.

 

Nella seduta del Consiglio regionale del Piemonte del 26 marzo 2013, l’assessore regionale ai trasporti aveva evidenziato una situazione di deficit nel settore del trasporto pubblico locale ammontante, per il 2013, a 118,6 milioni di euro – pari alla differenza tra il fabbisogno di 603,7 milioni di euro ed i 485 milioni di euro attesi dalla ripartizione del Fondo nazionale (cfr. infra) – cui si aggiungeranno a fine anno 340 milioni di euro di debiti pregressi.

 

Il piano di rientro dovrà essere sottoposto, entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto, all’approvazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell’economia.

Al riguardo, si ricorda che la materia del trasporto pubblico locale è stata riconosciuta dalla Corte costituzionale come di competenza residuale delle regioni (sentenza n. 222/2005), sia pure in una situazione che vede il perdurante finanziamento statale del servizio, con modalità di ripartizione che prevedono il coinvolgimento della Conferenza unificata; al tempo stesso, per una compiuta disamina della disposizione, occorre valutare la riconducibilità della stessa, che interviene per sanare una situazione di squilibrio finanziario, alla materia del coordinamento della finanza pubblica, attribuita dall’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, alla competenza legislativa concorrente.

 

Il piano dovrà indicare le misure di razionalizzazione ed efficientamento da conseguire secondo i criteri e le modalità previste dall’articolo 16-bis, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012 (cd. “D.L. Spending Review”).

L’articolo 16-bis, comma 3, del decreto-legge n. 95/2012 è stato introdotto dall’articolo 1, comma 301, della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012).

Tale disposizione ha istituito il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, alimentato da una quota di compartecipazione al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina. L’aliquota di compartecipazione è determinata con DPCM in misura tale che la dotazione del Fondo corrisponda agli attuali stanziamenti incrementati di 465 milioni di euro per l’anno 2013, 443 milioni di euro per l’anno 2014 e 507 milioni di euro annui a decorrere dal 2015. In base alla relazione tecnica al disegno di legge di stabilità 2013 (C. 5534-bis) l’importo complessivo del fondo ammonterà a decorrere dal 2013 a circa 4.929 milioni di euro annui.

Con D.P.C.M. 11 marzo 2013 (G.U. 26 giugno 2013) sono stati definiti i criteri e le modalità con cui ripartire il Fondo, prevedendo che le risorse stanziate siano ripartite entro il 30 giugno di ciascun anno con decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e finanze, da emanare, sentita la Conferenza Unificata. La ripartizione è effettuata per il 90% sulla base delle percentuali fissate nella Tabella 1 del decreto e per il residuo 10% in base alle medesime percentuali ma subordinatamente alla verifica del raggiungimento degli obiettivi di: a) un'offerta di servizio più idonea, più efficiente ed economica per il soddisfacimento della domanda di trasporto pubblico; b) il progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi; c) la progressiva riduzione dei servizi offerti in eccesso in relazione alla domanda e il corrispondente incremento qualitativo e quantitativo dei servizi a domanda elevata; d) la definizione di livelli occupazionali appropriati; e) la previsione di idonei strumenti di monitoraggio e di verifica.

A titolo di anticipazione il 60% delle risorse è stato ripartito ed erogato alle regioni sulla base delle percentuali della Tabella 1 del decreto, che per la Regione Piemonte prevede l’attribuzione dei una quota del 9,84% del Fondo, mentre Il residuo 40%, al netto delle eventuali riduzioni conseguenti al mancato raggiungimento degli obiettivi, viene erogato su base mensile a decorrere dal mese di agosto di ciascun anno. Le regioni provvedono poi ai corrispondenti trasferimenti agli enti locali.

Si ricorda che nelle more dell’adozione di piani di programmazione dei servizi da parte delle regioni, era stato adottato il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze volto a garantire alle regioni per il 2013, un’anticipazione del 60 per cento dello stanziamento del Fondo (decreto 25 febbraio 2013), in base al quale alla regione Piemonte erano stati assegnati 291.052.089,08 euro, pari precisamente al 9,84% di quanto complessivamente stanziato a titolo di anticipazione.

Si ricorda infine che l’articolo 19, comma 5, del D.Lgs. n. 422/1997 prevede che il rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi, al netto dei costi di infrastruttura, debba essere pari almeno allo 0,35.

In base al comma 7 dell’articolo 11, per il finanziamento del piano previsto al precedente comma 6, la Regione Piemonte viene autorizzata ad utilizzare, per il 2013, le risorse ad essa assegnate del Fondo per lo sviluppo e la coesione ai sensi della delibera del CIPE n. 1 dell’11 gennaio 2011, nel limite massimo di 150 milioni. La Regione Piemonte propone conseguentemente al CIPE per la presa d’atto, la nuova programmazione nel limite delle risorse disponibili.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 88 del 2011, il “Fondo per le aree sottoutilizzate” (FAS) ha assunto la denominazione di “Fondo per lo sviluppo e la coesione” (FSC).

L’operatività a livello regionale delle risorse del Fondo aree sottoutilizzate viene definita attraverso il Programma attuativo regionale (PAR), approvato da ciascuna regione. Con esso la Regione definisce la propria strategia per la politica regionale di sviluppo per il periodo 2007-2013

La quota di pertinenza delle Amministrazioni regionali è stata definita inizialmente dal CIPE con la delibera n. 166 del 2007, e successivamente ridefinita, a seguito delle riduzioni del FAS-FSC disposte dalle manovre di finanza pubblica, prima con la delibera n. 1 del 2009 e quindi con la n. 1 del 2011.

Le risorse attualmente destinate alla Regione Piemonte nell’ambito del ciclo di programmazione FAS 2007-2013 ammontano a 750 milioni. In base alla c.d. chiave di riparto contenuta nell’Allegato al Quadro Strategico Nazionale 2007-2013 (approvato con la delibera CIPE n. 174 del 22 dicembre 2006) alle Regione Piemonte viene assegnato il 16,04 per cento delle risorse FAS destinate alle regioni del Centro-Nord.


 

Articolo 11, comma 8
(Utilizzo delle risorse regionali del Fondo per lo sviluppo e la coesione da parte delle regioni a statuto speciale e delle province autonome)

 


8. Al fine di garantire una sufficiente liquidità per far fronte ai pagamenti in conto capitale degli enti territoriali e, per la parte corrente, nel comparto dei trasporti e per il funzionamento di infrastrutture indispensabili per lo sviluppo delle regioni, al comma 3 dell'articolo 16 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, dopo le parole: "compartecipazione ai tributi erariali" sono inserite le seguenti parole: "o, previo accordo tra la Regione richiedente, il Ministero per la coesione territoriale e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a valere sulle risorse destinate alla programmazione regionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione" ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "In caso di utilizzo delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per le finalità di cui al presente comma, la Regione interessata propone conseguentemente al CIPE per la presa d'atto, la nuova programmazione nel limite delle disponibilità residue, con priorità per il finanziamento di interventi finalizzati alla promozione dello sviluppo in materia di trasporti, di infrastrutture e di investimenti locali.".


 

 

Il comma 8 modifica la disciplina dettata dal D.L. 95/2012 in materia di concorso delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano agli obiettivi di finanza pubblica, al fine di consentire una diversa modalità di realizzare il risparmio prescritto, anziché attraverso la riduzione delle compartecipazioni ai tributi erariali, attraverso la rimodulazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione. Finalità esplicita della modifica è quella di consentire, evitando la riduzione delle risorse provenienti dalle quote di compartecipazione ai tributi erariali, una maggiore liquidità per far fronte ai pagamenti in conto capitale degli enti territoriali e, per la parte corrente, nel comparto dei trasporti e per il funzionamento di infrastrutture.

 

Le norme recate dal comma 3 dell'articolo 16 del D.L. 95/2012 quantificano il concorso delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano alla riduzione della spesa e, conseguentemente, rivedono gli obiettivi del patto di stabilità. La norma, dopo aver stabilito la misura del risparmio da realizzare per gli anni 2012, 2013, 2014 e a decorrere dal 2015, stabilisce che le modalità di attuazione dello stesso devono essere conformi a quelle definite dall'articolo 27 della legge delega sul federalismo fiscale n. 42/2009, vale a dire in maniera concordata con ciascuna regione e attraverso le norme di attuazione dello statuto speciale.

Fino all'emanazione delle norme di attuazione degli statuti speciali (previste dall'articolo 27 come procedura privilegiata), l'importo del risparmio è accantonato annualmente a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali.

Nel caso delle regioni a statuto speciale, infatti, il risparmio non può essere realizzato come per le regioni a statuto ordinario tagliando risorse che esse ricevono dallo Stato dal momento che il sistema di finanziamento di questi enti è basato – prevalentemente – sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali ad esse spettanti secondo quanto stabilito da ciascuno statuto di autonomia e dalle relative norme di attuazione. L'importo del risparmio per ciascuna regione e provincia autonoma è stabilito sulla base di apposito accordo sancito in Conferenza Stato-Regioni, tra le autonomie speciali e il Governo, che, dice la norma, deve essere recepito con Decreto ministeriale entro il 30 settembre 2012[82].

 

La norma in esame inserisce una diversa possibilità di realizzare il risparmio - in alternativa all’accantonamento annuale a valere sulle quote di compartecipazioni ai tributi erariali – attraverso l’utilizzo delle risorse destinate alla programmazione regionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione, su richiesta da parte della regione e in maniera concordata con il Ministero per la coesione territoriale e il Ministero per le infrastrutture e trasporti.

Si specifica, infine, che, in caso di utilizzo delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per le finalità di cui al presente comma, la Regione interessata dovrà proporre al CIPE per la c.d. “presa d’atto”, la nuova programmazione nel limite delle disponibilità residuali, con priorità per il finanziamento di interventi finalizzati alla promozione dello sviluppo in materia di trasporti, di infrastrutture e di investimenti locali.

Ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, il “Fondo per le aree sottoutilizzate” (FAS) ha assunto la denominazione di “Fondo per lo sviluppo e la coesione” (FSC). Il fondo è finalizzato a dare unità programmatica e finanziaria all'insieme degli interventi aggiuntivi a finanziamento nazionale, che sono rivolti al riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese.

L’operatività a livello regionale delle risorse del Fondo aree sottoutilizzate viene definita attraverso il Programma attuativo regionale (PAR), approvato da ciascuna regione. Con esso la Regione definisce la propria strategia per la politica regionale di sviluppo per il periodo 2007-2013. Il PAR rappresenta lo strumento necessario a fornire i necessari elementi operativi per l’attuazione della strategia e consentire l’istruttoria di verifica di coerenza ed efficacia da parte del Dipartimento delle politiche di sviluppo e coesione del Ministero dello sviluppo economico, come delineato nella Delibera CIPE n. 166 del 2007, ai fini della finalizzazione e del trasferimento delle risorse FAS, che rappresentano una componente di rilievo per l’attuazione della politica regionale di sviluppo.

Con la delibera n. 1 del 6 marzo 2009, il CIPE ha definito la quota di pertinenza delle Amministrazioni regionali. A valere sulle risorse disponibili del FAS (52.437 milioni di euro), alle Amministrazioni regionali sono stati assegnati 27.027 milioni di euro, destinati alla realizzazione dei programmi strategici di interesse regionale, dei programmi interregionali e degli obiettivi di servizio agli interventi, attraverso cui si attua la politica regionale unitaria per le priorità del Quadro strategico nazionale (QSN 2007-2013).

Le risorse destinate alle Amministrazioni regionali sono state ripartite rispettivamente:

§         per 21.831,5 milioni in favore d elle regioni del Mezzogiorno

§         per 5.195,5 milioni in favore del Centro-Nord.

Nell’ambito della quota assegnata al Mezzogiorno e al Centro-Nord, il riparto percentuale tra le regioni è effettuata sulla base della “chiave di riparto” contenuta nell’Allegato al QSN 2007-2013, approvato con la delibera CIPE n. 174 del 22 dicembre 2006.

La quota assegnata alle singole regioni è stato successivamente ridefinito, a seguito delle riduzioni del FAS disposte dalle manovre di finanza pubblica, prima con la delibera n. 1 del 2009 e quindi con la n. 1 del 2011.

Il riparto regionale, limitatamente alle regioni a statuto speciale e alle province autonome, come determinato dalle delibere CIPE è indicato nella tavola seguente (dati in milioni di euro):

 

 

CIPE
166/2007

CIPE
1/2009

CIPE
1/2011

Valle d'Aosta

41,6

39,0

35,1

Bolzano

85,9

80,5

72,5

Trento

57,7

54,0

48,6

Friuli Venezia Giulia

190,2

178,2

160,4

Sicilia

4.313,5

4.093,8

3.684,4

Sardegna

2.278,5

2.162,5

1.946,2

 


 

Articolo 11, comma 8-bis
(Uffici legali delle regioni)

 

8-bis. Ai fini del contenimento della spesa pubblica, gli uffici legali delle Regioni sono autorizzati ad assumere gratuitamente il patrocinio degli enti dipendenti, delle agenzie regionali e degli organismi istituiti con legge regionale per l'esercizio di funzioni amministrative delle Regioni medesime.

 

 

Il comma 8-bis, inserito nel corso dell'esame parlamentare, consente – con la finalità del contenimento della spesa pubblica - all’ufficio legale di ciascuna regione di assumere, gratuitamente, il patrocinio degli enti e delle agenzie istituite dalla regione stessa con propria legge e che per essa svolgono funzioni amministrative.

Si ricorda che le regioni possono avvalersi del patrocinio legale e della consulenza dell'avvocatura dello stato (D.P.R. 616/1977, art. 107). In alternativa esse possono, nell’ambito della propria autonomia organizzativa, istituire proprie Avvocature regionali a cui demandano il compito di rappresentare e difendere in giudizio l'amministrazione regionale (cfr. ad esempio L.R. Veneto 16 agosto 2001, n. 24; L.R. Toscana, 2 dicembre 2005 n. 63; L.R. Puglia 26 giugno 2006 n. 18). Qualora non sia stata istituita l’Avvocatura regionale, l’ufficio legale istituito presso la Giunta regionale, per potere svolgere le funzioni che gli attribuisce la disposizione in commento, dovrebbe comunque essere costituito da soggetti in possesso delle competenze e delle abilitazioni necessarie per poter patrocinare l’ente in giudizio.

Peraltro, alcune leggi regionali già attualmente consentono all’Avvocatura regionale di difendere gli enti, le società, le aziende e le agenzie istituite con leggi regionali, qualora non sussistano conflitti di interessi, anche potenziali, con la regione.


 

Articolo 12
(Copertura finanziaria)

 


1. Al fine di reperire le risorse per assicurare la liquidità necessaria all'attuazione degli interventi di cui al presente decreto è autorizzata l'emissione di titoli di Stato per un importo fino a 20.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014. Tali somme concorrono alla rideterminazione in aumento del limite massimo di emissione di titoli di Stato stabilito dalla legge di approvazione del bilancio e del livello massimo del ricorso al mercato stabilito dalla legge di stabilità, in conformità con la Risoluzione di approvazione della Relazione al Parlamento presentata ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e successive integrazioni e modificazioni.

2. Ai fini dell'immediata attuazione delle disposizioni recate dal presente decreto e nelle more dell'emissione dei titoli di cui al comma 1, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio e, ove necessario, può disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione, con l'emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa, è effettuata entro la conclusione dell'esercizio in cui è erogata l'anticipazione.

3. All'onere derivante dall'attuazione del comma 1, in termini di maggiori interessi del debito pubblico al netto degli effetti derivanti dal comma 6, pari a 583,9 milioni di euro per l'anno 2014 e a 656,6 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015, e agli oneri di cui agli articoli 1, comma 12, e 8, pari complessivamente a 7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e 6,5 milioni di euro dal 2015 al 2017, si provvede:

a) quanto a 7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e 6,5 milioni di euro per l'anno 2015 mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2013-2015, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2013, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a 7 milioni di euro per l'anno 2013, e a 2 milioni di euro annui per gli anni 2014 e 2015 l'accantonamento relativo al medesimo Ministero e, quanto a 5 milioni per l'anno 2014 e 4,5 milioni di euro annui per l'anno 2015, l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

b) quanto a 559,5 milioni di euro per l'anno 2014 mediante corrispondente utilizzo delle maggiori entrate dell'imposta sul valore aggiunto derivanti dalle misure previste dagli articoli 1, 2, 3 e 5;

c) quanto a 570,45 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015, mediante corrispondente riduzione lineare delle dotazioni finanziarie disponibili, iscritte a legislazione vigente in termini di competenza e cassa, nell'ambito delle spese rimodulabili delle missioni di spesa di ciascun Ministero di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, per gli importi indicati nell'Allegato 1 al presente decreto. Dalle riduzioni sono esclusi gli stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nella missione "Ricerca e innovazione", nonché gli stanziamenti relativi al Fondo per lo sviluppo e la coesione e quelli relativi alla realizzazione delle opere e delle attività connesse allo svolgimento del grande evento Expo Milano 2015;

c-bis) quanto a 12,3 milioni di euro per l'anno 2014 e a 16 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per gli anni 2014 e 2015, dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2013-2015, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2013, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a 699.000 euro per l'anno 2014 e a 485.000 euro annui a decorrere dall'anno 2015, l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, quanto a 4.901.000 euro per l'anno 2014 e a 15.515.000 euro annui a decorrere dall'anno 2015, l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e, quanto a 6.700.000 euro per l'anno 2014, l'accantonamento relativo al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

c-ter) quanto a 10 milioni di euro per l'anno 2014 e a 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307;

c-quater) quanto a 17,35 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015, mediante corrispondente riduzione delle risorse di parte corrente relative all'autorizzazione di spesa di cui alla legge 25 febbraio 1987, n. 67, come determinata dalla tabella C allegata alla legge 24 dicembre 2012, n. 228;

c-quinquies) quanto a 12 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa alle indennità di cui all'articolo 171 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni;

c-sexies) quanto a 2,1 milioni di euro per l'anno 2014 e a 35,8 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 47, secondo comma, della legge 20 maggio 1985, n. 222, relativamente alla quota destinata allo Stato dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF).

4. Il Ministero dell'economia e delle finanze effettua il monitoraggio sulle maggiori entrate di cui al comma 3, lettera b). Nelle more del monitoraggio, l'importo di 559,5 milioni di euro per l'anno 2014, di cui all'Allegato 1, è accantonato e reso indisponibile con le modalità di cui alla lettera c) del medesimo comma 3. In base agli esiti del monitoraggio, con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, si provvede al disaccantonamento ovvero alla riduzione delle risorse necessarie per assicurare la copertura di cui al comma 3, lettera b).

5. Il Ministro dell'economia e delle finanze, ai fini delle successive riduzioni è autorizzato ad accantonare e rendere indisponibili le somme di cui al comma 4. Le amministrazioni potranno proporre variazioni compensative, anche relative a missioni diverse, tra gli accantonamenti interessati, nel rispetto dell'invarianza sui saldi di finanza pubblica, entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Resta precluso l'utilizzo degli accantonamenti di conto capitale per finanziare spese correnti.

6. Gli importi oggetto della restituzione da parte degli enti territoriali delle somme anticipate dallo Stato, ai sensi degli articoli 1, 2 e 3, sono annualmente versati ad appositi capitoli dello stato di previsione dell'entrata del bilancio dello Stato, distinti per la quota capitale e per la quota interessi. Gli importi dei versamenti relativi alla quota capitale sono riassegnati al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.

7. Per gli esercizi 2013 e 2014 le Amministrazioni centrali dello Stato non possono proporre rimodulazioni che comportino riduzioni degli stanziamenti dei capitoli dei rispettivi stati di previsione su cui si siano formati debiti di cui al comma 1 dell'articolo 5 del presente decreto, oggetto dei provvedimenti del presente decreto.

8. L'allegato 1 all'articolo 1, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, è sostituito dall'Allegato 2 al presente decreto.

9. Ai fini del rispetto dell'obiettivo programmatico in termini di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni indicato nella Relazione presentata al Parlamento, ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il Ministero dell'economia e delle finanze effettua il monitoraggio dell'attuazione delle misure previste dal presente decreto.

10. Qualora dal predetto monitoraggio, tenuto anche conto degli andamenti di finanza pubblica, emerga il rischio del mancato raggiungimento degli obiettivi programmatici indicati nel documento di economia e finanza 2013 e suoi eventuali aggiornamenti, il Ministro dell'economia e delle finanze, previa apposita relazione da inviare al Parlamento o da allegare comunque alla nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, dispone con proprio decreto la rimodulazione per gli anni 2013 e 2014 delle spese autorizzate dal presente decreto, ovvero l'applicazione di quanto previsto dall'articolo 10, comma 12, primo periodo del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, o l'adozione di provvedimenti correttivi urgenti.

11. Le eventuali risorse non utilizzate per i pagamenti previsti dall'articolo 1, comma 13, dall'articolo 2, comma 1 e dall'articolo 3, comma 1, come risultanti dal monitoraggio di cui al comma precedente, possono essere destinate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, prioritariamente ad incremento di quelle previste all'articolo 5, comma 7, del presente decreto.


 

 

Il comma 1 autorizza l'emissione di titoli di Stato per un importo fino a 20.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014, allo scopo di reperire le risorse per la liquidità necessaria all'attuazione degli interventi previsti dal provvedimento. Conseguentemente, precisa il comma medesimo, tali somme concorrono alla rideterminazione in aumento del limite massimo di emissione di titoli di Stato stabilito dalla legge di approvazione del bilancio per l’esercizio finanziario 2013 e del livello massimo del ricorso al mercato stabilito dalla legge di stabilità per il medesimo anno.

La legge 24 dicembre 2012, n. 229, recante il bilancio di previsione dello Stato per l’anno 2012 ed il bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015 dispone, all’articolo 2, comma 3, che l’importo massimo di emissione dei titoli pubblici, al netto di quelli da rimborsare e di quelli per regolazioni debitorie, è stabilito per il 2012 in 24.000 milioni di euro.

 

Viene altresì precisato che l’aumento viene operato in conformità alla risoluzione parlamentare di approvazione della Relazione al Parlamento presentata nel marzo 2013 (ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 6, della legge di contabilità n. 196/2009).

Per gli aspetti considerati dal comma in esame, la risoluzione, approvata dalla Camera nella seduta del 2 aprile 2013, nel premettere che l’intervento teso a favorire il pagamento dei debiti commerciali verrà finanziato con ulteriore emissione di debito pubblico, ma con impatto sull’indebitamento netto solo per la parte relativa ai pagamenti per spese d’investimento, impegna il Governo, tra l’altro: - ad adottare un provvedimento d’urgenza nella materia, con impatto sull’indebitamento netto di circa 0,5 punti di Pil, fermo restando il limite del 2,9 per cento dell’indebitamento medesimo per il 2013; - a rideterminare il saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato, il fabbisogno del settore statale e l’obiettivo programmatico di indebitamento in coerenza con quanto indicato nella Relazione al Parlamento.

Sulla base di quanto stabilito nel comma 1 – ma anche in riferimento agli oneri indicati nei successivi commi dell’articolo 12 in esame - il comma 8 sostituisce l' allegato all'articolo 1, comma 1, della legge di stabilità 2013 ( L. 228/2012) – che riporta i livelli massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato, in termini di competenza, per il triennio 2013-2014, con l'Allegato 2 del presente decreto legge. La seguente tabella pone a raffronto i due allegati:

 

(milioni di euro)

 

2013

2013

2014

2014

2015

2015

Risultati differenziali

Legge di stabilità

D.L.35

Legge di stabilità

D.L.35

Legge di stabilità

D.L.35

Saldo netto da finanziare

-6.600

-31.600

-4.100

-29.100

-900

-900

Ricorso al mercato

240.000

265.000

230.000

255.000

260.000

260.000

 

Per poter procedere attuazione del decreto legge, nelle more dell'emissione dei previsti titoli di stato, il comma 2 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio e, ove necessario, a disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione andrà effettuata entro la conclusione dell'esercizio in cui sono erogate le anticipazioni.

Il comma 3, modificato, nel corso dell’esame parlamentare, quantifica gli oneri derivanti dall’attuazione del comma 1, che consistono nei maggiori interessi del debito pubblico derivanti dalle emissioni dei titoli pubblici, al netto degli importi corrisposti dagli enti locali a titolo di restituzione delle somme a questi anticipate dallo Stato ai sensi degli articoli da 1 a 3 del provvedimento. Tali oneri vengono quantificati dal comma in 583,9 milioni di euro per l'anno 2014 e a 656,6 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015.

Il medesimo comma indica gli oneri derivanti dall’articolo 1, comma 12 (addendum alla convenzione con Cassa depositi e prestiti) e dall’articolo 8 (minori entrate per la detassazione delle cessioni dei crediti), pari complessivamente a 7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e 6,5 milioni di euro dal 2015 al 2017.

Al complesso degli oneri sopra descritti si provvede:

a)   quanto a 7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e 6,5 milioni di euro per l'anno 2015 mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2013, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a 7 milioni di euro per l'anno 2013, e a 2 milioni di euro annui per gli anni 2014 e 2015 l'accantonamento relativo al medesimo Ministero e, quanto a 5 milioni per l'anno 2014 e 4,5 milioni di euro annui per l'anno 2015, l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

b)   quanto a 559,5 milioni di euro per l'anno 2014 mediante corrispondente utilizzo delle maggiori entrate dell'imposta sul valore aggiunto derivanti dalle misure previste dagli articoli 1, 2, 3 e 5;

c)   quanto a 570,45 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015, mediante corrispondente riduzione lineare delle dotazioni finanziarie disponibili, iscritte nel bilancio statale a legislazione vigente in termini di competenza e cassa, nell'ambito delle spese rimodulabili delle missioni di spesa di ciascun Ministero, per gli importi indicati nell'Allegato 1 al decreto legge.

Dalle riduzioni sono esclusi gli stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, università e ricerca, nella Missione “Ricerca e Innovazione”, nonché gli stanziamenti relativi al Fondo per lo sviluppo e la coesione (ex FAS) e quelli relativi alle realizzazione delle opere e delle attività connesse all’Expo 2015;

c-bis)  quanto a 12,3 milioni per il 2014 e a 16 milioni a decorrere dal 2015, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per gli anni 2014 e 2015, del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio 2013-2015, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per il 2013, missione “Fondi da ripartire”, programma “Fondi di riserva e speciali”, allo scopo utilizzando:

§   quanto a 699.000 euro per il 2014 e a 485.000 euro annui a decorrere dall’anno 2015, l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

§   quanto a 4,901 milioni di euro per l’anno 2014 e a 15,515 milioni annui a decorrere dall’anno 2015, l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri

§   quanto a 6,7 milioni per il 2014, l’accantonamento relativo al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca;

c-ter)   quanto a 10 milioni di euro per il 2014 e a 5 milioni di euro per il 2015, mediante corrispondente riduzione del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica.

Si ricorda che il Fondo per gli interventi strutturali di politica economica è stato istituito dall'articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282 del 2004 al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale.

Il Fondo, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze (cap. 3075) viene utilizzato in modo flessibile ai fini del reperimento delle risorse occorrenti a copertura di interventi legislativi recanti oneri finanziari.

Per quanto concerne la sua attuale dotazione finanziaria, si ricorda che nella legge di bilancio 2013-2015 (Legge n. 229/2012 e relativo D.M. Economia 31 dicembre 2012 di riparto in capitoli dei programmi di spesa) il Fondo presentava una dotazione pari a 16,9 milioni per il 2013, 14,4 milioni per il 2014 e a 29,7 milioni per il 2015. Su tale importi hanno inciso, in diminuzione ed in aumento una serie di disposizioni legislative intercorse successivamente all'approvazione della legge di bilancio.

c-quater ) quanto a 17,35 milioni a decorrere dal 2015, mediante riduzione delle risorse di parte corrente di cui all’autorizzazione di spesa di cui alla legge n. 67/1987, relativa ai contributi all’editoria, come determinata in Tabella C della legge finanziaria per il 2013 (legge n. 228/2012);

c-quinquies) quanto a 12 milioni a decorrere dal 2015, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa alle indennità di servizio all'estero previste dall’articolo 171 del dal D.P.R. n. 18 del 1967 (Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri);

c-sexies)     quanto a 2,1 milioni per il 2014 e a 35,8 milioni a decorrere dal 2015, mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa all’8 per mille IRPEF di competenza statale, di cui alla legge n. 222/1985.

Si ricorda che nella legge di bilancio 2013-2015 (Legge n. 229/2012 e relativo D.M. Economia 31 dicembre 2012 di riparto in capitoli dei programmi di spesa), la quota dell’otto per mille IRPEF di pertinenza statale, iscritta sul cap. 2780 dello stato di previsione del Ministero dell’economia, risulta pari a 13,8 milioni di euro nel 2013, 86,1 milioni nel 2014 e a 95,7 milioni nel 2015.

Su tali stanziamenti iniziali hanno inciso, oltre alla presente riduzione, due successivi decreti-legge, al momento in corso di conversione: il D.L. n. 63/2013, articolo 21, comma 3, lettera d), che ha ridotto le risorse di 35 milioni di euro per l'anno 2015, ed il D.L. n. 69/2013, articolo 61, comma 1, lettera d), che ha operato una riduzione di 10 milioni di euro per il 2013.

Inoltre, in virtù dell’operare di due clausole di salvaguardia finanziaria – rispettivamente contenute nell’articolo 2, comma 1 del D.L. n. 78/2010 e nell’articolo 16, comma 3 del D.L. n. 98/2011, le risorse per il 2013 dell’otto per mille di pertinenza statale sono state ridotte di ulteriori 1,1 milioni di euro.

Pertanto, alla data del 15 luglio 2013, il capitolo presenta risorse per 2,7 milioni di euro nel 2013; a 84,0 milioni nel 2014 e 24,9 milioni nel 2015.

Infine, si rileva che il disegno di legge di assestamento per il 2013 (A.S. 889), attualmente all’esame del Senato, propone una ulteriore riduzione delle risorse dell’otto per mille relative all’esercizio finanziario 2013, pari a 0,786 milioni di euro; mentre, l’articolo 13 del Disegno di legge europea 2013 (A.C. 1327) dispone, a copertura parziale delle misure in esso previste, la riduzione di 12 milioni di euro a decorrere dal 2014 delle medesime risorse.

 

Il comma 4 affida al Ministero dell'economia e delle finanze il monitoraggio sulle maggiori entrate di cui al comma 3, lettera b) disponendo che, nelle more del monitoraggio, è accantonato e reso indisponibile l'importo di 559,5 milioni di euro per l'anno 2014 con le modalità di cui alla lettera c) del medesimo comma 3.

In base agli esiti del monitoraggio, con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, si provvede al disaccantonamento ovvero alla riduzione delle risorse necessarie per assicurare la copertura di cui al comma 3, lettera b).

 

Il comma 5 specificamente autorizza il Ministro dell’economia ad accantonare e rendere indisponibili le somme di cui al comma 4, prevedendo altresì che le amministrazioni potranno proporre - entro l’8 luglio 2013 (30 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge) - variazioni compensative, anche relative a missioni diverse, tra gli accantonamenti interessati, nel rispetto dell'invarianza sui saldi di finanza pubblica.

Resta precluso l'utilizzo degli accantonamenti di conto capitale per finanziare spese correnti.

Il comma 6 prevede che gli importi oggetto della restituzione da parte degli enti territoriali delle somme anticipate dallo Stato, ai sensi degli articoli 1, 2 e 3, siano annualmente versati ad appositi capitoli dello stato di previsione dell'entrata, distinti per la quota capitale e per la quota interessi.

Gli importi dei versamenti relativi alla quota capitale sono riassegnati al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.

Il Fondo ammortamento titoli di Stato, istituito dalla legge 27 ottobre 1993, n. 432 con l’obiettivo di destinare i proventi delle operazioni di privatizzazione alla riduzione del debito pubblico, è disciplinato dal D.Lgs. 30 dicembre 2003, n. 396 “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di debito pubblico” (Testo A), Capo III del Titolo I (artt. 44-52). Per quanto concerne i meccanismi di funzionamento del Fondo si ricorda che in base all’art. 48 del D.P.R. n. 397/2003 le disponibilità che affluiscono al Fondo debbono essere interamente impiegate nell'acquisto di titoli di Stato o nel rimborso di titoli in scadenza a decorrere dal 1995, nonché per l'acquisto di partecipazioni azionarie possedute da società delle quali il Tesoro sia unico azionista, ai fini della loro dismissione[83]. Le somme destinate al Fondo affluiscono all’entrata del bilancio dello Stato, per essere poi trasferite ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’economia ed essere, infine, accreditate presso la Banca d'Italia, in un conto intestato appunto al Fondo.

 

Il comma 7 dispone che - per gli esercizi 2013 e 2014 - sui capitoli nei quali si siano rilevati debiti maturati al 31 dicembre 2012 per obbligazioni giuridicamente perfezionate relative a somministrazioni, forniture ed appalti a fronte dei quali non sussistono residui passivi, anche perenti (articolo 5, comma 1), i Ministeri non possono proporre rimodulazioni che comportino riduzioni degli stanziamenti dei medesimi capitoli.

I commi 9 e 10 dettano disposizioni volte ad evitare possibili rischi di mancato raggiungimento degli obiettivi programmatici indicati nel DEF 2013 e nei suoi successivi aggiornamenti, prevedendo l’effettuazione del monitoraggio dell'attuazione delle misure previste dal decreto.

Qualora - all’esito di tale monitoraggio - emergano i rischi in questione, i Ministro dell’economia e delle finanze, previa apposita relazione da inviare al Parlamento o da allegare comunque alla Nota di aggiornamento al DEF, dispone - con proprio decreto - la rimodulazione per gli anni 2013 e 2014 delle spese autorizzate dal decreto legge, ovvero la limitazione degli impegni e dei pagamenti (secondo quanto consentito dall’ articolo 10, comma 12, primo periodo del decreto legge n. 98/2011) o, in alternativa, l'adozione di provvedimenti correttivi urgenti.

 

Si ricorda che l’articolo 10, comma 12, primo periodo, del D.L. n. 98/2011 (legge n. 111/2011), prevede che, in presenza di uno scostamento rilevante dagli obiettivi indicati per l'anno considerato dal Documento di economia e finanza e da eventuali aggiornamenti, come approvati dalle relative risoluzioni parlamentari, il Ministro dell'economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, può disporre con proprio decreto, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, la limitazione all'assunzione di impegni di spesa o all'emissione di titoli di pagamento a carico del bilancio dello Stato, entro limiti percentuali determinati in misura uniforme rispetto a tutte le dotazioni di bilancio, con esclusione delle cosiddette spese obbligatorie.

 

Si osservi che i commi 9 e10 in esame dovrebbero essere letti in combinato disposto con quanto previsto dall’articolo 7, comma 9-bis il quale prevede che, in allegato alla Nota di aggiornamento del DEF 2013, sia allegata una relazione sull’attuazione del decreto legge in esame, la quale deve indicare, tra l’altro, le iniziative eventualmente necessarie, da assumere anche con la legge di stabilità per il 2014, finalizzate a completare il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni maturati al 31 dicembre 2012.

Il comma 11, infine, stabilisce che le risorse stanziate per fornire agli enti locali, alle regioni ed agli enti del servizio sanitario la liquidità necessaria al pagamento dei rispettivi debiti e non utilizzate possono essere destinate prioritariamente ad incremento delle risorse previste all'articolo 5, comma 7, per la restituzione ed i rimborsi di imposte.



[1]     Nelle premesse del decreto risulta che le richieste di spazi finanziari pervenute in seconda istanza sono state pari a 279,5 milioni di euro per i pagamenti di debiti non estinti alla data dell’8 aprile, mentre le richieste di spazi per i pagamenti di debiti estinti prima del 9 aprile sono state pari a 560,8 milioni di euro.

[2]     In particolare, 209 milioni di euro si sono liberati a fronte delle richieste, da parte di taluni enti locali, di riduzione degli spazi acquisiti con il precedente D.M. del 14 maggio e 0,4 milioni sono stati recuperati a seguito del non assoggettamento al patto di taluni comuni in precedenza invece considerati.

[3]     Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012.

[4]     Si ricorda che, successivamente alla trasformazione di Cassa depositi e prestiti in società per azioni, disposta dall’articolo 5 del D.L. n. 269/2003, i rapporti tra Cassa depositi e Ministero dell’economia e finanze sono stati regolati dal D.M. 5 dicembre 2003.

Il decreto ministeriale, adottato in attuazione del D.L. n. 269, ha, in particolare, definito il subentro del MEF nella titolarità di una serie di contratti di mutuo e di altri rapporti, in essere alla data di trasformazione di CDP in società, indicati nell’articolo 3 del medesimo provvedimento.

Il D.M. ha inoltre stabilito che CDP eserciti comunque la gestione dei mutui e dei rapporti sopra menzionati, la cui titolarità è trasferita al MEF.

Per regolare lo svolgimento delle attività di gestione dei rapporti trasferiti e il relativo corrispettivo spettante a CDP per l’attività di gestione, sono state stipulate due convenzioni tra CDP e MEF, tra le quali la Convenzione del 23 dicembre 2009, che definisce gli indirizzi per lo svolgimento da parte di CDP della gestione dei mutui e dei rapporti specificamente indicati dall’articolo 3 comma 4 lettera a), b), e), g), h) e i) del citato D.M. La Convenzione ha durata sino al 31 dicembre 2014.

Il ruolo di CDP delineato con questo documento, conformemente a quanto stabilito dall’articolo 4 comma 2 del citato D.M., attribuisce alla società la possibilità di effettuare operazioni relative a erogazioni, riscossioni e recupero crediti, la rappresentanza del MEF anche in giudizio, l’adempimento di obbligazioni, l’esercizio di diritti, poteri e facoltà per la gestione dei rapporti inerenti alle attività trasferite .

[5]     Il testo dell’Addendum è disponibile sul sito istituzionale di Cassa depositi al seguente indirizzo:

http://www.mef.gov.it/opencms754/opencms/primo-piano/documenti/2013/ADDENDUM.pdf

      Il contratto tipo di anticipazione è disponibile al seguente indirizzo:

http://www.mef.gov.it/opencms754/opencms/primo-piano/documenti/2013/DECRETO.pdf

[6]     La regola trova, inoltre, conferma nell’art. 119 della Costituzione come di recente novellato dalla Legge costituzionale n. 1 del 2012.

[7]     Si ricorda che il comma 13 ha comunque concesso alla Conferenza Stato - città ed autonomie locali la possibilità, entro il 10 maggio 2013, di individuare modalità di riparto diverse dal criterio proporzionale sopra indicato. Da quanto risulta dall’Addendum il criterio adottato è quello proporzionale.

[8]     Tale elenco è disponibile al seguente indirizzo:

http://portalecdp.cassaddpp.it/content/groups/public/documents/ace_documenti/012292.pdf

[9]     Informazioni disponibili al seguente indirizzo:

http://portalecdp.cassaddpp.it/cdp/EntiLocaliePA/PagamentoDebitiEntiLocali/Procedura/index.htm

[10]    Si ricorda che l’articolo 193 del TUEL reca misure per la salvaguardia degli equilibri di bilancio degli enti locali, prevedendo che periodicamente e comunque almeno una volta entro il 30 settembre di ciascun anno, l'organo consiliare provveda con delibera ad effettuare la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi. In tale sede l'organo consiliare dà atto del permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento negativo, adotta contestualmente i provvedimenti necessari per il ripiano degli eventuali debiti fuori bilancio di cui al successivo articolo 194 del testo unico, per il ripiano dell'eventuale disavanzo di amministrazione risultante dal rendiconto approvato e, qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo, di amministrazione o di gestione, adotta le misure necessarie a ripristinare il pareggio. La mancata adozione, da parte dell'ente, dei provvedimenti di riequilibrio previsti dall’articolo 193 è equiparata ad ogni effetto alla mancata approvazione del bilancio di previsione di cui all'articolo 141 del TUEL, con applicazione della procedura prevista dal comma 2 del medesimo articolo, che prevede la nomina, da parte dell'organo regionale di controllo, di un commissario affinché predisponga d'ufficio il bilancio per sottoporlo al consiglio. In tal caso l'organo regionale di controllo assegna al consiglio un termine non superiore a 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all'amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.

Il successivo articolo 194 del TUEL prevede che con deliberazione consiliare o con diversa periodicità stabilita dai regolamenti di contabilità, gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da una serie di fattispecie, quali: sentenze esecutive; copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, purché sia stato rispettato l'obbligo di pareggio del bilancio ed il disavanzo derivi da fatti di gestione; ricapitalizzazione di società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici locali; procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per opere di pubblica utilità; acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 191 del TUEL, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente.

[11]    D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 149, recante “Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, a norma degli articoli 2,17 e 25 della legge 5 maggio 2009, n.42”.

[12]    Si ricorda che il citato articolo 6, comma 17 del D.L. n. 95/2012 (legge n. 135/2012) prevede che, a decorrere dall’anno 2012 - nelle more dell’entrata in vigore della disciplina sull’armonizzazione dei bilanci e dei sistemi contabili degli enti territoriali di cui al D.Lgs. n. 118 del 2011-, gli enti locali devono iscrivere nei propri bilanci un Fondo svalutazione crediti costituito in misura non inferiore al 25 percento dei residui attivi (Titolo I e III – entrata) con anzianità superiore a 5 anni.

[13]    Limitatamente alla Regione siciliana, il principio di cui al comma 6 si estende anche alle somme assegnate agli enti locali dalla regione e accreditate sui conti correnti di tesoreria regionale.

[14]    Si ricorda che il D.L. n. 78/2010, all’articolo 14, comma 1, nel determinare il concorso degli enti locali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2011-2013, ha espressamente specificato, per le province e i comuni, che il concorso alla manovra dovesse essere garantito attraverso la riduzione dei trasferimenti erariali ad essi spettanti, disposta dal comma 2 del medesimo articolo 14, nei medesimi importi.

Le riduzioni dei trasferimenti, effettuate ai sensi della normativa descritta, sono state operate per l’anno 2011 con il D.M. Interno 9 dicembre 2010 e per l’anno 2012 con i due decreti del Ministro dell’interno 22 marzo 2012 “Determinazione delle riduzioni di risorse per i comuni con popolazione superiore a 5000 abitanti a decorrere dall’anno 2012” e 13 marzo 2012 “Determinazione delle riduzioni di risorse per le province a decorrere dall’anno 2012”.

[15]    Il fondo sperimentale di riequilibrio e il fondo perequativo dei comuni sono determinati, rispettivamente, ai sensi dell’articolo 2 e dell’articolo 13 del D.Lgs. n. 23/2011, recante Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale. Il fondo sperimentale di riequilibrio e il fondo perequativo delle province sono determinati, rispettivamente, ai sensi dell’articolo 21 e dell’articolo 23 del D.Lgs. n. 68/2011, recante “Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario”. Il fondo sperimentale di riequilibrio – che per i comunioni è stato soppresso dal 1°gennaio 2013, come si illustra più avanti - è finalizzato a realizzare “in forma progressiva e territorialmente equilibrata” la devoluzione ai comuni e alle province della fiscalità propria. Il secondo fondo è destinato al finanziamento delle spese dei comuni e delle province successivamente alla determinazione dei fabbisogni standard.

[16]    Contestualmente all’attribuzione dell’intero gettito IMU ai comuni (con l’eccezione di quello sugli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, che è rimasto allo Stato), è stato istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, il Fondo di solidarietà comunale, alimentato da una quota dell'imposta municipale propria da definirsi con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

[17]    Ai fini dell’applicazione della suddetta sanzione, la Circolare del Ministero dell’economia e finanze 7 febbraio 2013, n. 5, esplicativa del patto di stabilità interno per i comuni e le province per il triennio 2013-2015, ha precisato che i limiti agli impegni si applicano alle spese correnti identificate dal Titolo I della spesa, senza alcuna esclusione.

[18]    La Circolare n. 5/2013 ha precisato in merito che, ai fini dell’applicazione della sanzione, il divieto non opera nei riguardi delle devoluzioni di mutui già in carico all’ente locale contratti in anni precedenti. Non rientrano, inoltre, nel divieto le operazioni che non configurano un nuovo debito, quali i mutui e le emissioni obbligazionari, il cui ricavato è destinato all’estinzione anticipata di precedenti operazioni di indebitamento, che consentono una riduzione del valore finanziario delle passività, né le sottoscrizioni di mutui la cui rata di ammortamento è a carico di un’altra amministrazione pubblica.

[19]    In relazione a tale disposizione, la Circolare n. 5/2013 ha precisato che devono considerarsi riconducibili alla spesa di personale degli enti locali le spese sostenute da tutti gli organismi variamente denominati (istituzioni, aziende, fondazioni, ecc.) che non abbiano indicatori finanziari e strutturali tali da attestare una sostanziale posizione di effettiva autonomia rispetto all’amministrazione controllante. La Circolare evidenzia, altresì, che il divieto di assunzione sussiste per tutti gli enti in cui il rapporto tra spesa di personale(comprensiva delle spese di personale delle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo[1]) e spesa corrente sia pari o superiore al 50%.

[20]    Si ricorda, al riguardo, che i componenti degli organi esecutivi degli enti locali (sindaci, presidenti di provincia, assessori ecc.) e i presidenti dei consigli (comunali e provinciali) percepiscono una indennità di funzione (art. 82, co. 1 TUEL), mentre i componenti degli organi elettivi (consiglieri comunali e consiglieri provinciali) hanno diritto ad un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni (art. 82, co. 2 TUEL). La misura dell’indennità e dei gettoni è determinata dal decreto del Ministro dell’interno n. 119/2000. La Circolare n. 5/2013 ha precisato che la sanzione in questione si applica soltanto nei confronti degli amministratori in carica nell’esercizio in cui è avvenuta la violazione dei vincoli del patto di stabilità interno.

[21]    Le norme statutarie e le relative norme di attuazione, ove presenti, sono le seguenti: Sicilia, R.D.Lgs. 455/1946 art. 14; Sardegna, L.Cost. 3/1948 art. 3; Valle d’Aosta L. Cost. 4/1948 art. 2; D.Lgs. 431/1989; Trentino-Alto Adige, D.P.R. 670/1972 artt. 4, 80; D.P.R. 473/1975; D.Lgs. 268/1992; Friuli-Venezia Giulia, L. Cost. 1/1963 art. 4; D.P.R. 114/1965 art. 8; D.Lgs. 9/1997.

[22]    A tale proposito si ricorda che una diversa ripartizione tra le regioni del contributo iniziale di 800 milioni di euro era già stata definita in sede di Conferenza Stato-Regioni con l'accordo del 7 febbraio 2013: Repertorio Atti n.: 42/CSR del 07/02/2013 - Accordo tra Governo e Regioni concernente modifica, per l’anno 2013, degli importi degli spazi finanziari ceduti dalle singole Regioni e attribuiti ai comuni ed alle province ricadenti nel proprio territorio indicati nella tabella 1 allegata all’articolo 1, comma 122, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013).

[23]    Accordo tra Governo e Regioni concernente:a) determinazione, per gli anni 2013 e 2014, del concorso finanziario delle Regioni a Statuto ordinario di cui all’articolo 16, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.135; b) ripartizione, per gli anni 2013 e 2014, degli importi degli spazi finanziari ceduti dalle singole Regioni e attribuiti ai comuni ed alle province ricadenti nel proprio territorio indicati nella tabella 1 allegata all’articolo 1, comma 122, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 e successive modificazioni (legge di stabilità 2013). Repertorio atti n. 101/CSR dell’11 luglio 2013.

[24]    Il limite è stato abbassato dal 25 a 20 per cento dal comma 2 dell'art. 8 della legge di stabilità 2012 (L. 183/2011), a decorrere dal 1° gennaio 2012.

[25]    L'articolo 1 comma 10 istituisce il Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili e definisce la dotazione finanziaria per ciascuna delle tre sezioni: enti locali, regioni e province autonome (“Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari”); enti del Servizio Sanitario Nazionale.

[26]    La cosiddetta Conferenza Stato-Regioni riunisce i rappresentanti del Governo (ministri interessati dai provvedimenti in esame) e i rappresentanti delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano (Presidenti di Regione e Assessori). Costituisce la "sede privilegiata" della negoziazione politica tra le Amministrazioni centrali e il sistema delle autonomie regionali, vedi www.statoregioni.it.

[27]    La Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome (detta anche Conferenza delle Regioni) è l'organismo rappresentativo dei Presidenti delle Regioni, sede di coordinamento e di confronto. "E' in questa sede, infatti, che sono predisposti i documenti che poi - nella loro veste definitiva - sono presentati e illustrati al Governo nelle riunioni della Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza Unificata". Vedi www.regioni.it

[28]    Qualora i residui passivi fossero superiori alle somme iscritte come residui attivi dagli enti locali, devono essere pagate solo le somme corrispondenti ai residui attivi; mentre se i residui passivi fossero inferiori alle somme iscritte come residui attivi dagli enti locali, devono essere pagati interamente.

[29]    Pubblicato nel sito del Ministro per la coesione territoriale:

      http://www.coesioneterritoriale.gov.it/wp-content/uploads/2012/05/DM-Fondo-di-compensazione-per-gli-interventi-volti-a-favorire-lo-sviluppo.pdf

[30]    I commi 460 e 461 dell'art. 1 della legge di stabilità 2013, riguardano termini e modalità del monitoraggio del patto di stabilità per le Regioni e per le Province autonome.

[31]    Corte dei Conti - Sezione delle Autonomie, Relazione sulla gestione finanziaria delle regioni: esercizi 2010-2011Deliberazione n. 14/SEZAUT/2012/FRG, Adunanza del 25 luglio 2012

[32]    Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42.

[33]    La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nella riunione del 6 dicembre 2012, ha approvato un documento per la Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali, in cui vengono evidenziate le difficoltà applicative del D.Lgs. 118/2011. In particolare, viene ritenuto particolarmente oneroso l’obbligo di contabilizzare gli investimenti effettuati con risorse correnti nello stesso esercizio finanziario in cui avvenuto l’acquisto. Allo stesso tempo, la Conferenza delle regioni ritiene che l’innalzamento delle aliquote di ammortamento delle diverse categorie di beni (cespiti) comporti un repentino appesantimento della costosità delle diverse aziende dei servizi sanitari regionali.

[34]    Le informazioni riportate sono state tratte da: RGE, Relazione Generale sulla Situazione Economica del Paese 2011 - Il Servizio Sanitario Nazionale, 26 giugno 2012.

[35]    Ministero della Salute, Decreto 15 giugno 2012, Nuovi modelli di rilevazione economica «Conto economico» (CE) e «Stato patrimoniale» (SP) delle aziende del Servizio sanitario nazionale.

[36]    Come detto precedentemente le anticipazioni pari a 5 miliardi sono state ripartire con decreto direttoriale 16 aprile 2013.

[37]    Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010). Tali quote sono pari al 3% o al 2% delle somme dovute a titolo di finanziamento ordinario della quota indistinta. La percentuale del 2% è quella riservata alle regioni che, essendo risultate adempienti nell’ultimo triennio rispetto agli adempimenti previsti dalla normativa vigente, sono state destinatarie di un finanziamento pari al 98% del totale.

[38]    Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135/2012, Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario.

[39]    I modelli CE (rilevazione del conto economico) e SP (rilevazione dello Stato patrimoniale) di cui al D.M. 13 novembre 2007, Modello di rilevazione del conto economico e dello stato patrimoniale delle aziende sanitarie locali, aziende ospedaliere, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici, anche se trasformati in fondazioni e Aziende Ospedaliere Universitarie integrate con il Servizio Sanitario Nazionale (già Policlinici Universitari a gestione diretta di diritto pubblico), integrato con le codifiche informatiche con D.M. 31 dicembre 2007.

[40]    La mancata presentazione o la mancata approvazione dei progetti comportano, nell’anno di riferimento, la mancata erogazione della quota residua del 30 per cento ed il recupero, anche a carico delle somme a qualsiasi titolo spettanti nell’anno successivo, dell’anticipazione del 70 per cento già erogata.

[41]    La perenzione amministrativa è un istituto caratteristico della contabilità pubblica, secondo il quale i residui passivi che non vengono pagati entro un certo tempo a partire dall'esercizio cui si riferiscono vengono eliminati dalle scritture dello Stato. Le somme eliminate possono però riprodursi in bilancio, con riassegnazione ai pertinenti capitoli degli esercizi successivi con prelevamento dall'apposito Fondo speciale per la riassegnazione dei residui perenti delle spese, istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia, qualora il creditore ne richieda il pagamento (purché non sia trascorso il periodo di «prescrizione» giuridica del suo diritto). Quella della perenzione è, dunque, un istituto amministrativo che non arreca alcun danno al creditore in quale, anche se è avvenuta la cancellazione dell'importo dovutogli, può avanzare richiesta di pagamento provocando la reiscrizione in bilancio del suo credito.

[42]    Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 21, comma 5, della legge di contabilità pubblica n. 196/2009, le spese del bilancio dello Stato, nell'ambito di ciascun programma, si ripartiscono in: a) spese non rimodulabili; b) spese rimodulabili.

Secondo la definizione contenuta nella legge di contabilità, le spese non rimodulabili sono quelle “per le quali l'amministrazione non ha la possibilità di esercitare un effettivo controllo, in via amministrativa, sulle variabili che concorrono alla loro formazione, allocazione e quantificazione”. Esse corrispondono alle spese definite come “oneri inderogabili”. Secondo la norma interpretativa dell’articolo 21, comma 6, secondo e terzo periodo, della legge di contabilità, introdotta dal D.L. n. 98/2011 (articolo 10, comma 15) nell’ambito degli oneri inderogabili rientrano esclusivamente le spese cosiddette obbligatorie, ossia: le spese relative al pagamento di stipendi, assegni, pensioni e altre spese fisse; le spese per interessi passivi; le spese derivanti da obblighi comunitari e internazionali; le spese per ammortamento di mutui; le spese vincolate a particolari meccanismi o parametri, determinati da leggi che regolano la loro evoluzione.

Le spese rimodulabili - delle quali non è data una vera e propria definizione - sono individuate:

§       nelle spese derivanti da fattori legislativi, intendendo come tali quelle autorizzate da espressa disposizione legislativa che ne determina l'importo, considerato quale limite massimo di spesa, e il periodo di iscrizione in bilancio;

§       nelle spese di adeguamento al fabbisogno, ossia spese non predeterminate legislativamente ma quantificate tenendo conto delle esigenze delle amministrazioni.

[43]    Si ricorda che ai sensi dell’articolo 39 della legge di contabilità e finanza pubblica (L. 196/2009), prevede la istituzionalizzazione del processo di analisi e valutazione della spesa delle amministrazioni centrali, affidando lo svolgimento di tale attività ai Nuclei di analisi e valutazione della spesa (NAVS). Nell’ambito di tali nuclei si realizza la collaborazione tra Ministero dell’economia e delle finanze – Ragioneria generale dello Stato con le amministrazioni centrali per la verifica dei risultati conseguiti dalle amministrazioni rispetto agli obiettivi di finanza pubblica stabiliti dalla Decisione di finanza pubblica, nonché ai fini del monitoraggio dell'efficacia e dell'efficienza della gestione.

[44]    La nomina è effettuata dall'Ufficio centrale del bilancio competente per le certificazioni di pertinenza delle amministrazioni statali centrali e degli enti pubblici nazionali, o dalla Ragioneria territoriale dello Stato competente per territorio per le certificazioni di pertinenza delle amministrazioni statali periferiche, delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale.

[45]    Risoluzione (6-00001) sulla Relazione al Parlamento 2013 (Doc. LVII-bis, n. 1), approvata dall’Assemblea della Camera dei deputati in data 2 aprile 2013.

[46]    L’art. 1193 cc., rubricato “imputazione del pagamento”, prevede che «chi ha più debiti della medesima specie verso la stessa persona può dichiarare, quando paga, quale debito intende soddisfare. In mancanza di tale dichiarazione, il pagamento deve essere imputato al debito scaduto; tra più debiti scaduti, a quello meno garantito; tra più debiti ugualmente garantiti, al più oneroso per il debitore; tra più debiti ugualmente onerosi, al più antico. Se tali criteri non soccorrono, l'imputazione è fatta proporzionalmente ai vari debiti».

[47]    L’ultimo elenco degli enti ed organismo facenti parte del conto economico consolidato della P.A. è stato pubblicato dall’ISTAT in G.U. del 27 settembre 2012.

[48]    Si ricorda che il Sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici (SIOPE), ai sensi dell'articolo 14, commi da 6 a 11, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, rileva gli incassi e i pagamenti effettuati dai tesorieri di tutte le amministrazioni pubbliche.

      Nella banca dati SIOPE affluiscono giornalmente i dati dalla tesoreria statale e dalle tesorerie degli enti pubblici, codificate in maniera uniforme. La norma è finalizzata garantire la rispondenza dei conti pubblici alle condizioni dell'articolo 126 TFUE (ex 104 TCE). Tutti gli incassi e i pagamenti delle amministrazioni pubbliche devono essere codificati con criteri uniformi su tutto il territorio nazionale e i tesorieri/cassieri degli enti non possono dare corso alle operazioni prive della codifica.

      La rilevazione SIOPE costituisce la principale fonte per la predisposizione delle relazioni sul conto consolidato di cassa delle amministrazioni pubbliche, previste dalle legge di contabilità pubblica, articolo 14 , comma 4, legge n. 196/2009).

      Partito nel 2003 (base giuridica originaria è l'articolo 28, comma 3 della legge n. 289/2002) con riferimento ai pagamenti del Bilancio dello Stato, il SIOPE è stato oggetto di una gestione sperimentale nel 2005 che ha coinvolto 49 enti tra Regioni, Enti locali ed Università.

L'avvio a regime del SIOPE per le Regioni, le Province, i Comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti e le Università è avvenuto nel 2006. Gradualmente, il SIOPE è destinato ad essere esteso a tutte le Amministrazioni pubbliche del conto economico della Pubblica amministrazione.

      Dopo l'avvio della rilevazione per le Regioni, le Province, i Comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti e le Università, il SIOPE è stato esteso:

§       ai Comuni con popolazione inferiore a 20.000 abitanti, alle Comunità montane, alle Unioni di Comuni, ai Consorzi di enti locali (dal 1° gennaio 2007);

§       agli Enti di ricerca (dal 1° luglio 2007);

§       alle strutture sanitarie: aziende sanitarie, aziende ospedaliere, Policlinici universitari, Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e gli Istituti zooprofilattici sperimentali (dal 1° gennaio 2008), le agenzie sanitarie regionali (dal 1° gennaio 2011);

§       agli enti gestori di parchi e aree marine protette (1 gennaio 2012);

§       alle Camere di commercio industria artigianato e agricoltura (dal 1 gennaio 2012).

[49]    Recante “Riforma dei controlli di regolarità amministrativa e contabile e potenziamento dell'attività di analisi e valutazione della spesa, a norma dell'articolo 49 della legge 31 dicembre 2009, n. 196”.

[50]    L’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n.123/2001 dispone in proposito che gli atti di spesa non possono avere corso qualora: - siano pervenuti oltre il termine perentorio di ricevibilità del 31 dicembre dell'esercizio finanziario cui si riferisce la spesa, fatti salvi quelli direttamente conseguenti all'applicazione di provvedimenti legislativi pubblicati nell'ultimo quadrimestre dell'anno; -la spesa ecceda lo stanziamento del capitolo di bilancio; - l'imputazione della spesa sia errata rispetto al capitolo di bilancio o all'esercizio finanziario, o alla competenza piuttosto che ai residui; - siano violate le disposizioni che prevedono specifici limiti a talune categorie di spesa; -non si rinviene la compatibilità dei costi della contrattazione integrativa per i dipendenti pubblici con i vincoli di bilancio.

[51]    Di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n.82.

[52]    Cui si è successivamente proceduto con Decreto del Ministro dello sviluppo economico del 19 marzo 2013, pubblicato sulla G.U. 9 aprile 2013, n.83.

[53]    In ordine a tale qualificazione, va rammentato come la Corte costituzionale, nella sentenza n. 116 del 2006, con riferimento ad un decreto ministeriale del quale si esplicitava la natura non regolamentare (contenuto all'articolo 3 del decreto-legge n. 279 del 2004), lo abbia qualificato come "un atto statale dalla indefinibile natura giuridica" e che, più recentemente, l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 4 maggio 2012, n. 9, sulla natura giuridica dell'articolo 4 del decreto ministeriale 6 febbraio 2006, ha osservato che: "(….)) deve, in linea di principio, escludersi che il potere normativo dei Ministri e, più in generale, del Governo possa esercitarsi medianti atti 'atipici', di natura non regolamentare".

[54]    Recante “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”.

[55]    Si tratta del controllo preventivo di legittimità previsto dall’articolo 3 della legge 14 gennaio 1994, n.20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti.

[56]    L. 5 giugno 2003, n. 131, Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3., c.d. legge La Loggia.

[57]    L’art. 1460 del Codice civile (eccezione d'inadempimento) prevede che nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l'altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria, salvo che termini diversi per l'adempimento siano stati stabiliti dalle parti o risultino dalla natura del contratto.

[58]    Si ricorda che la responsabilità dirigenziale nella pubbliche amministrazioni è disciplinata dall’articolo 21 del D.Lgs. n. 165/2001 e la responsabilità, le tipologie di infrazioni e sanzioni e le procedure conciliative nei rapporti di lavoro dei dipendenti delle P.A. sono disciplinate dal successivo articolo 55 del medesimo D.Lgs.

[59]    L’elenco è anche disponibile sul sito Istat, all’ indirizzo http://www.istat.it/it/archivio/6729.

[60]    Ai sensi dell’articolo 1, comma 2 del citato decreto legislativo, per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al D.Lgs. n. 300/199.

[61]    Le informazioni sono disponibili al seguente indirizzo:

http://www.indicepa.gov.it/report/rep-amministraz-percategoria.php

[62]    Si tratta del termine previsto dall’articolo 1, comma 1, del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 19 ottobre 2012, recante "Modalità con le quali i crediti non prescritti certi liquidi ed esigibili maturati nei confronti dello Stato e degli enti pubblici nazionali per somministrazioni, forniture e appalti, possono essere compensati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo ai sensi dell'articolo 28-quater del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602".

[63]    Decreto-legge 6 luglio 2012, n.95, recante “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario”, convertito con la legge 7 agosto 2012, n.135.

[64]    Riduzioni disposte con decreto del Ministero dell'interno del 25 ottobre 2012 (benché la norma preveda il termine del 15 ottobre 2012), relativamente alle riduzioni da operare nell'anno 2012.

[65]    Ne risulta che per gli anni 2013-2014 le riduzioni in questione potranno effettuarsi secondo tre diverse modalità: la prima prevista dal secondo periodo del comma 7; la seconda, in caso di impossibilità della prima, prevista dal terzo periodo; la terza, in caso di impraticabilità delle precedenti due, disciplinata dal quarto periodo del comma.

[66]    Sul punto si ricorda che l’articolo 246, comma 4, del TUEL prevede che se, per l'esercizio nel corso del quale si rende necessaria la dichiarazione di dissesto, è stato validamente deliberato il bilancio di previsione, tale atto continua ad esplicare la sua efficacia per l'intero esercizio finanziario. Ove sia stato già approvato il bilancio preventivo per l'esercizio successivo, il consiglio provvede alla revoca dello stesso.

[67]    Con riferimento all’anno 2012, si ricorda che il termini per la deliberazione del bilancio di previsione da parte degli enti locali è stato più volte differito nel corso dell’esercizio e, da ultimo, fissato al 31 ottobre 2012 con D.M. interno 2 agosto 2012.

      Per l’anno 2013, il termine per la deliberazione del bilancio di previsione è stato dapprima differito al 30 giugno 2013 dall’articolo 1, comma 381, della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2013) e poi prorogato al 30 settembre 2013 dall’articolo 10, comma 4-quater, lettera b) del D.L. in esame.

[68]    La norma riproduceva di fatto, per il triennio 2008-2010, quanto disposto per il solo 2007 dal comma 713 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296). L’articolo 2, comma 41, del D.L. 225/2010, ha prorogato gli effetti di tale norma fino al 2012.

[69]    In passato, infatti, il differimento di tali termini richiedeva l’intervento legislativo, ed era affidato, a singoli provvedimenti d’urgenza annuali di finanza locale, recanti le disposizioni destinate a disciplinare i singoli esercizi finanziari.

[70]    Da ultimo, si ricorda, quello relativo al bilancio di previsione per il 2012, per la cui deliberazione il termine è stato dapprima differito al 31 marzo 2012 con D.M. Interno 21 dicembre 2011 e poi al 30 giugno 2012 con l’articolo 29, comma 16-quinquies, della D.L. n. 216/2011. Il termine è stato, poi, ulteriormente differito (al 31 agosto e al 31 ottobre) con decreti del Ministro dell’interno (D.M. 20 giugno 2012 e D.M. 2 agosto 2012).

[71]    D.Lgs. 18 agosto 200, n.267, recante il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

[72]    Si rammenta che il fondo sperimentale di equilibrio dei comuni ricadenti nei territori delle regioni a statuto ordinario è stato istituito nel 2011 ai sensi dell’articolo 2, comma 3, del D.Lgs. n. 23/2011, allo scopo di realizzare in forma graduale la devoluzione ai comuni della fiscalità immobiliare, prevista dal medesimo articolo 2. La durata del fondo è stabilità in tre anni, e comunque fino all’attivazione del fondo perequativo vero e proprio, di cui all’articolo 13 dello stesso decreto legislativo, che avrà la funzione di assicurare il finanziamento delle spese degli enti locali successivamente alla determinazione dei fabbisogni standard relativi alle spese per le funzioni fondamentali di comuni e province.

[73]    Recante disposizioni per la revisione della spesa pubblica e misure di rafforzamento patrimoniale del settore bancario, convertito dalla legge n.135/2012.

[74]    Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale.

[75]    Commissario straordinario istituito dall’articolo 2 del D.L. n,52 /2012, convertito dalla legge n.94/2012.

[76]    Per l’anno 2012 la descritta procedura di imputazione delle riduzioni si è svolta secondo la suesposta disciplina, ad opera del decreto del Ministero dell’interno 25 ottobre 2012, emanato sulla base dell’Accordo sancito nella Conferenza Stato-città dell’11 ottobre 2012 circa la metodologia di calcolo da adottare tra i comuni interessati per la riduzione del previsto importo di 500 milioni di euro.

[77]    Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario.

[78]    Con la riforma di cui alla legge di delega n. 825 del 1971 (..) venivano modificate differentemente disciplinati i sistemi di accertamento e di riscossione delle nuove imposte, in modo che il reddito delle imprese non è stato più frazionabile in base alle componenti della produzione. La diversa procedura di riscossione, inoltre, prevedeva il versamento diretto all’esattoria ove l’imprenditore ha domicilio fiscale. (dalla Relazione al Decreto Legislativo Norma di attuazione dell’art. 37 dello Statuto siciliano).

[79]    Delibera n. 1/2012/SSRR/PARI - 2 luglio 2012 - Sezioni Riunite per la Regione autonoma della Sardegna - Giudizio di parificazione e relazione sul rendiconto generale della Regione Sardegna per l'esercizio 2011; pubblicato nel sito della Corte dei conti:

http://www.corteconti.it/controllo/finanza_pubblica/bilanci_manovra_leggi/.

Dalla Nota Introduttiva: "Il mancato accordo investe senza dubbio la correttezza dei rapporti tra Stato e Regione ed il rispetto delle prerogative di autonomia, ma merita in questa sede attenzione anche sotto il profilo del mantenimento degli equilibri del bilancio regionale e sulle possibilità della Regione di concorrere alle politiche di rigore programmate a livello centrale, aggravando le difficoltà create dai vincoli posti dal Patto di stabilità interno e dai tetti fissati alla spesa pubblica da disposizioni emanate in passato e tuttora in vigore. Risultano, infatti, fortemente ridotti i livelli di spesa della Regione tanto da pregiudicare gli interventi di sostegno e di sviluppo sul territorio."

[80]    La sentenza n. 118 del 2012 decide il conflitto di attribuzione sollevato dalla regione Sardegna a seguito della nota del Ministero dell'economia e delle finanze,Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del 7 giugno2011, n.50971, avente ad oggetto: «Patto di stabilità interno per l'anno2011. Proposta di accordo per la Regione Sardegna», con la quale la RGS invitava la regione a riformulare la proposta di patto al fine di addivenire al perfezionamento dell'accordo per il patto di stabilità. La Corte, dopo aver ribadito come l'accordo sia "lo strumento ormai consolidato per conciliare e regolare in modo negoziato il doveroso concorso delle Regioni a statuto speciale alla manovra di finanza pubblica e la tutela della loro autonomia finanziaria, costituzionalmente rafforzata", respinge il ricorso in quanto la nota della RGS e la richiesta sottostante non è in contrasto con la ratio dell'accordo. La Corte, inoltre, nell'esposizione della ricostruzione normativa e nell'analisi del contenuto dell'accordo, enuncia alcuni principi che dovrebbero essere alla base dell'accordo stesso.

[81]    Sentenza Corte costituzionale n. 118 del 2012, Considerato in diritto, punto 2.

[82]    Nel caso in cui l'accordo non venga raggiunto, l'accantonamento è effettuato con decreto del Ministero dell’economia entro il 15 ottobre 2012, in proporzione alle spese per consumi intermedi desunte, per l’anno 2011, dal SIOPE (Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici). Per il 2012 è intervenuto il Decreto 27 novembre 2012 , che recepisce l'accordo tra gli enti interessati sottoscritto il 30 ottobre 2012, con il quale è stata ripartita la somma complessiva del risparmio da realizzare pari a 600 milioni di euro. Per ciascuna regione e a statuto speciale e provincia autonoma l'accantonamento a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali è effettuato per un importo pari alla cifra indicata nella tabella inserita nel decreto.

[83]    Le risorse finanziarie di cui il Fondo può disporre sono individuate dal D.Lgs. n. 396/2003 in: - titoli di Stato corrisposti dagli acquirenti come prezzo dovuto per la vendita di beni del patrimonio immobiliare ovvero di partecipazioni dello Stato; - proventi relativi alla vendita di partecipazioni dello Stato; sono in ogni caso esclusi i proventi derivanti dalle dismissioni immobiliari; - gettito derivante da entrate straordinarie dello Stato; - eventuali assegnazioni da parte del Ministero dell’economia e delle finanze; - proventi derivanti da donazioni o da disposizioni testamentarie, comunque destinate al conseguimento delle finalità del Fondo; - proventi derivanti dalla vendita di attività mobiliari e immobiliari confiscate dall'autorità giudiziaria e corrispondenti a somme sottratte illecitamente alla pubblica amministrazione.