Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento cultura | ||||
Titolo: | Ridefinizione della disciplina dei contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici - Atto del Governo 407 | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Atti del Governo Numero: 404 | ||||
Data: | 06/04/2017 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VII-Cultura, scienza e istruzione | ||||
Altri riferimenti: |
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Servizio Studi
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Dossier
n. 478
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Dipartimento
Cultura
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Atti del Governo n. 404
La redazione
del presente dossier è stata curata dal Servizio Studi della Camera dei deputati
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INDICE
Schede di lettura
Premessa..................................................................................... 3
I principi e i criteri
direttivi recati dalla L. 198/2016................... 6
La procedura per
l’emanazione del decreto legislativo................ 9
Il quadro normativo generale
in materia di editoria.................. 10
Contenuto.................................................................................. 15
§ 1.
Finalità e destinatari dei contributi........................................... 15
§ 2.
Definizioni............................................................................. 18
- 2.1.
Copie cartacee distribuite e vendute................................. 18
- 2.2.
Copie distribuite nell’editoria speciale periodica per non vedenti e ipovedenti................................................................ 19
- 2.3.
Edizione in formato digitale.............................................. 19
- 2.4.
Copie digitali vendute...................................................... 20
§ 3.
Cooperative giornalistiche, enti senza fini di lucro e imprese il cui capitale
sia detenuto interamente o in misura maggioritaria da enti senza fini di lucro....................................................................... 21
- 3.1.
Requisiti di accesso specifici per le cooperative giornalistiche 21
- 3.2.
Requisiti di accesso comuni.............................................. 23
- 3.3.
Criteri di calcolo del contributo........................................ 27
3.3.1. Quota di contributo
rapportata ai costi.................................... 27
3.3.2. Quota di contributo
rapportata alle copie vendute.................. 30
3.3.3. Quote aggiuntive
premiali e riduzioni del contributo............. 31
3.3.4. Tetto massimo e
soglia minima del contributo complessivamente erogabile.................................................................................................. 33
- 3.4.
Procedimento di liquidazione dei contributi....................... 33
3.4.1. Presentazione delle
domande e della documentazione istruttoria................................................................................................................. 33
3.4.2. Erogazione del
contributo........................................................ 37
3.4.3. Conclusione del
procedimento e verifiche.............................. 39
§ 4.
Imprese editrici di quotidiani e periodici espressione delle minoranze
linguistiche................................................................ 41
§ 5.
Imprese editrici di quotidiani e di periodici italiani diffusi all’estero 43
- 5.1.
Quotidiani italiani (editi in Italia o all’estero) diffusi prevalentemente
all’estero...................................................... 44
5.1.1. Requisiti di accesso.................................................................. 44
5.1.2. Criteri di calcolo
del contributo............................................... 45
5.1.3. Procedimento per la
concessione del contributo..................... 45
5.1.4. Erogazione del
contributo........................................................ 48
- 5.2.
Periodici italiani (editi in Italia o all’estero) diffusi prevalentemente
all’estero...................................................... 48
5.2.1. Requisiti di accesso.................................................................. 48
5.2.2. Criteri di calcolo
del contributo............................................... 50
5.2.3. Procedimento per la
concessione del contributo..................... 52
5.2.4. Erogazione del
contributo........................................................ 54
§ 6.
Editoria speciale periodica per non vedenti e ipovedenti............ 55
- 6.1.
Destinatari dei contributi................................................. 55
- 6.2.
Requisiti di accesso.......................................................... 55
- 6.3.
Criteri di calcolo ed erogazione del contributo.................. 56
- 6.4.
Procedimento per la concessione del contributo................ 58
§ 7.
Periodici editi dalle associazioni dei consumatori e degli utenti. 60
- 7.1.
Destinatari dei contributi................................................. 60
- 7.2.
Requisiti di accesso.......................................................... 60
- 7.3
Criteri di calcolo ed erogazione del contributo................... 61
- 7.4.
Procedimento per la concessione del contributo................ 62
§ 8.
Abrogazioni............................................................................ 64
§ 9.
Entrata in vigore..................................................................... 65
§ 10.
Formulazione del testo.......................................................... 66
Documentazione
Allegato 1.................................................................................. 71
Lo schema di decreto legislativo – deliberato in via
preliminare dal Consiglio dei Ministri il 24 marzo 2017 – e composto di 33 articoli, suddivisi in 7 Capi - è volto al recepimento di
parti della delega conferita dall’art.
2, co. 1 e 2, della L. 26 ottobre
2016, n. 198.
In particolare, esso ridefinisce la disciplina dei contributi diretti
alle imprese editrici di quotidiani e periodici.
Non interviene,
invece:
· sull’introduzione di incentivi agli
investimenti in innovazione digitale dinamica e multimediale;
· sull’assegnazione di finanziamenti a progetti
innovativi presentati da imprese editrici di nuova costituzione;
· sulla rete di vendita;
· sui canali di vendita telematici;
· sulla incentivazione fiscale degli
investimenti pubblicitari incrementali su quotidiani e periodici e sulle
emittenti televisive e radiofoniche locali.
La relazione illustrativa sottolinea, preliminarmente, la crisi profonda del sistema editoriale italiano, testimoniata, in particolare, dalla riduzione costante delle copie vendute (pari al 22% nell’ultimo quinquennio) e dalla caduta degli investimenti pubblicitari (–26,1% per i quotidiani e –22,3% per i periodici nel primo trimestre 2013). A fronte di ciò, si registra una crescita del volume di vendite dell’editoria online, che, però, incide in misura ancora oggettivamente ridotta sui ricavi delle imprese editoriali. Inoltre, si è assistito alla costante contrazione delle risorse pubbliche destinate alle politiche per l’editoria.
In questo contesto, sottolinea la necessità di un intervento normativo articolato e complessivo relativo al sostegno diretto alla piccola editoria, meno strutturata industrialmente, ma più presente nelle realtà territoriali locali, con testate che costituiscono spesso la voce alternativa rispetto a quella dei giornali nazionali, e che sono quindi concreta espressione del pluralismo dell’informazione che trova esplicita tutela nella Costituzione.
Lo schema di decreto si pone quindi l’obiettivo di ridefinire la disciplina dei contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici attraverso la previsione di misure orientate a favorire la pluralità e l’indipendenza dell’informazione, l’innovazione dell’offerta informativa, in particolare nel campo digitale, il sostegno degli investimenti delle imprese editoriali e la loro capacità di acquisire posizioni di mercato sostenibili nel tempo.
Lo schema è corredato di relazione illustrativa, relazione tecnica,
analisi tecnico-normativa (ATN), analisi di impatto della regolamentazione
(AIR). Non è, invece, allegato il parere del Consiglio
generale degli italiani all’estero, previsto dall’art. 3, co. 1, lett. c), della L. 368/1989.
In particolare, la relazione illustrativa fa presente che lo schema è
stato predisposto tenendo conto delle proposte e dei contributi che le singole
associazioni rappresentative dei soggetti interessati hanno fatto pervenire al
Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei
Ministri. Inoltre, si sono svolti incontri con i rappresentanti dell’Autorità
per le garanzie nelle comunicazioni.
Dal punto di vista
dell’assetto costituzionale, si
ricorda che l'art. 117, terzo comma, Cost., ha incluso l'"ordinamento
della comunicazione" fra le materie di legislazione concorrente, per
le quali la potestà legislativa spetta alle regioni, salva la determinazione
dei principi fondamentali, che spetta allo Stato.
Rileva, peraltro,
la materia "tutela della concorrenza", attribuita alla potestà
legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lett. e),
Cost.).
Con riferimento ad altri principi costituzionali, si ricorda che l'art. 21 Cost. sancisce il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni mezzo di diffusione. Inoltre, dispone, fra l'altro, che la legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
La libertà di manifestazione del pensiero rappresenta il principio sul quale si fonda la tutela del pluralismo informativo, inteso come rappresentazione aperta alle diverse opinioni e tendenze politiche, sociali, culturali, religiose e alla pluralità di modi, forme e linguaggi e appartenenze di cui la società si compone. Ritenuta uno dei principi fondamentali dell'ordinamento, rientrante tra i diritti primari e involabili dell'uomo garantiti dall'art. 2 della stessa Costituzione, tale libertà è stata oggetto di approfondita riflessione riguardo al contenuto coperto dalla garanzia costituzionale, che si ritiene debba includere non soltanto il pensiero, ma anche le notizie e in generale l'informazione.
Nell'ambito della libertà di informazione è stata inoltre operata una distinzione tra profilo attivo, definito come libertà di informare, di comunicare e diffondere idee e notizie, e profilo passivo, inteso come libertà di informarsi, di essere informati e di accedere alle informazioni. Quest'ultimo, riconosciuto quale interesse generale all'informazione indirettamente protetto dall'art. 21, va garantito attraverso un sistema di "pluralità delle fonti di informazione, libero accesso alle medesime, assenza di ingiustificati ostacoli legali, anche temporanei, alla circolazione delle notizie e delle idee" (Corte cost., sentenza 105/1972).
L'esigenza di un'informazione dai contenuti plurali viene ricondotta al principio della pluralità delle fonti informative, cioè del pluralismo informativo, considerato dal giudice costituzionale "valore centrale" di ogni ordinamento democratico (Corte Cost., sentenza 826/1988), in quanto "l'informazione, nei suoi aspetti attivi e passivi […] esprime […] una condizione preliminare (o, se vogliamo, un presupposto insopprimibile) per l'attuazione ad ogni livello, centrale o locale, della forma propria dello Stato democratico" rappresentando un generale diritto di accesso alle fonti notiziali (Corte cost., sentenza 348/1990). L'esistenza di un principio pluralistico rappresenta un "ineludibile imperativo costituzionale", che si articola, da un lato, nel pluralismo esterno, ovvero la garanzia della più ampia possibilità di ingresso nel mercato dei mezzi di comunicazione, attraverso misure volte ad impedire processi di concentrazione di risorse tecniche ed economiche nelle mani di uno o pochi, e dall'altro nel pluralismo interno dei mezzi di informazione sotto il controllo pubblico, che si concretizza nell'obbligo di imparzialità e di apertura del mezzo alle diverse tendenze sociali, politiche, culturali e religiose. La libertà di informazione viene connotata come diritto sociale alla informazione pluralistica che, al pari di altri diritti (alla salute, allo studio, all'ambiente, ecc.), fonda interventi positivi dello Stato. Secondo il giudice costituzionale, il diritto all'informazione garantito dall'art. 21 deve essere qualificato e caratterizzato dal pluralismo delle fonti, che comporta tra l'altro il vincolo al legislatore di impedire la formazione di posizioni dominanti; dall'obiettività e imparzialità dei dati forniti; dalla completezza, correttezza e continuità dell'attività informativa; e, infine, dal rispetto della dignità umana, dell'ordine pubblico, del buon costume" (Corte cost., sentenza 112/1993).
I principi e i criteri direttivi per l’esercizio della delega cui si
riferisce lo schema di decreto in esame sono recati dall’art. 2, co. 2,
lett. da a) a g), della L. 198/2016.
In particolare, un primo criterio direttivo per l'esercizio della delega
attiene alla parziale ridefinizione della platea dei beneficiari dei
contributi diretti alle imprese
editrici, stabilendo innanzitutto quale condizione necessaria per il
finanziamento l'esercizio esclusivo, in ambito commerciale, di un'attività informativa
autonoma e indipendente, di carattere generale.
Con riferimento alla veste giuridica, è stata prevista l'ammissione
al finanziamento di:
·
imprese editrici costituite come cooperative
giornalistiche, individuando criteri relativi alla compagine societaria e
alla concentrazione delle quote in capo a ciascun socio;
·
enti senza fini di lucro, ovvero imprese editrici di quotidiani e periodici il cui
capitale sia da essi interamente detenuto;
·
limitatamente a un periodo di cinque anni dalla data di entrata in
vigore della legge, imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale
sia detenuto in misura maggioritaria
da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi fini di lucro.
Inoltre, è stato previsto il mantenimento del finanziamento, con
la possibilità di definire criteri specifici inerenti sia ai requisiti
di accesso, sia ai meccanismi di calcolo dei contributi, per:
·
imprese editrici di quotidiani e di periodici espressione
delle minoranze linguistiche;
·
imprese ed enti che editano periodici per non
vedenti e ipovedenti, prodotti
con caratteri tipografici normali, su nastro magnetico, braille e
supporti informatici: in tal caso, è stato definito già il criterio della
misura proporzionale alla diffusione e al numero delle uscite delle relative
testate;
·
associazioni dei consumatori, a condizione che
risultino iscritte nell'elenco di cui all'art. 137 del d.lgs. 206/2005;
·
imprese editrici di quotidiani e di periodici
italiani editi e diffusi all'estero o editi in Italia e diffusi prevalentemente
all'estero.
E’ stata, invece, esplicitamente prevista
l’esclusione dal finanziamento di:
·
organi di informazione di partiti, movimenti
politici e sindacali, nonché periodici specialistici a carattere tecnico,
aziendale, professionale o scientifico;
·
imprese editrici di quotidiani e periodici che
fanno capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate in
mercati regolamentati.
Gli ulteriori requisiti
previsti dai criteri direttivi attengono a:
·
riduzione (da 3 o 5) a 2 anni dell'anzianità di
costituzione dell'impresa e di
edizione della testata;
·
regolare adempimento degli obblighi derivanti
dal contratto collettivo di lavoro, nazionale o territoriale, stipulato tra le organizzazioni
o le associazioni sindacali dei lavoratori dell'informazione e delle
telecomunicazioni e le associazioni dei relativi datori di lavoro,
comparativamente più rappresentative;
·
edizione della testata in formato digitale
dinamico e multimediale, eventualmente anche in parallelo con l'edizione
in formato cartaceo;
·
obbligo di dare
evidenza, nell'edizione, di tutti i contributi
e finanziamenti ricevuti, a qualsiasi titolo;
·
obbligo di
adottare misure idonee a contrastare qualsiasi forma di pubblicità
lesiva dell’immagine e del corpo della donna.
Per quanto concerne il calcolo dei contributi, i principi e
criteri direttivi riguardano:
·
previsione di un tetto massimo al contributo
liquidabile a ciascuna impresa, legato all'incidenza percentuale del
contributo sul totale dei ricavi e fino alla misura massima del 50% di tali ricavi;
·
graduazione del contributo in funzione del
numero di copie annue vendute,
che deve essere comunque non inferiore al 30% delle copie distribuite per la vendita per le testate locali e al 20% per le testate nazionali, prevedendo, in particolare, più scaglioni
cui corrispondono quote diversificate di rimborso dei costi di
produzione e per copia venduta;
·
valorizzazione delle voci di costo legate alla trasformazione
digitale dell'offerta e del modello imprenditoriale, anche mediante la
previsione di un aumento delle relative quote di rimborso, e
previsione di criteri di calcolo
specifici per le testate on line che producono contenuti informativi
originali, tenendo conto del numero dei giornalisti,
dell'aggiornamento dei contenuti e del numero effettivo di utenti unici raggiunti;
·
previsione di criteri premiali per l'assunzione
a tempo indeterminato di lavoratori di età inferiore a 35 anni, per l’attivazione di percorsi di
alternanza scuola-lavoro, e per azioni di formazione e
aggiornamento del personale;
·
previsione di riduzione del contributo pubblico per le
imprese editrici che superano, nel trattamento economico del personale, dei
collaboratori e degli amministratori, il limite
massimo retributivo di € 240.000
annui, di cui all’art. 13, co. 1, del D.L. 66/2014 (L. 89/2014).
Relativamente all'erogazione dei contributi, i criteri direttivi
attengono alla previsione di regole quanto più possibile omogenee e
uniformi per le diverse tipologie di imprese destinatarie, e alla semplificazione
del connesso procedimento amministrativo, al fine di addivenire a tempi di
liquidazione minori.
In base al co. 7, primo periodo, del medesimo art. 2 all’attuazione della
delega si provvede nel limite delle risorse disponibili sul Fondo per il
pluralismo e l’innovazione dell’informazione (v. infra).
Lo schema di decreto legislativo è stato predisposto, come già detto, ai
sensi dell'art. 2 della L. 198/2016.
In particolare, i co. 1 e 3 dispongono che i decreti legislativi
sono emanati, nel rispetto della procedura di cui all’art. 14 della L.
400/1988, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge –
dunque entro il 15 maggio 2017 –, su
proposta (per quanto qui interessa) del Presidente del Consiglio dei Ministri,
di concerto con il Ministro per gli affari esteri e la cooperazione
internazionale e il Ministro dell'economia e delle finanze.
In base al co. 8, gli schemi
dei decreti legislativi, preliminarmente deliberati dal Consiglio dei Ministri,
devono essere corredati dalla relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria e sottoposti al parere
delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili
finanziari. I pareri sono resi entro 60 giorni, decorsi i quali i
decreti possono comunque essere emanati.
Nel caso in cui il Governo non intenda conformarsi ai pareri
parlamentari, deve trasmettere nuovamente lo schema alle Camere
corredato con le osservazioni e le eventuali modifiche, nonché con i necessari
elementi integrativi di informazione e di motivazione.
I pareri delle Commissioni parlamentari sono espressi, in tal caso,
entro 20 giorni, decorsi i quali i decreti sono comunque adottati.
Con riferimento allo schema in esame, in relazione al momento di
trasmissione dello stesso alle Camere, il termine per l’espressione del (primo)
parere scadrebbe dopo quello per l’esercizio della delega.
In rapporto al termine effettivo di espressione del primo parere potrà
(o non potrà), dunque, essere esercitata l’opzione dell’eventuale secondo
parere.
La prima disciplina organica
degli interventi a sostegno dell'editoria è stata dettata con la L. 416/1981,
successivamente modificata ed integrata da numerosi interventi – tra i quali,
principalmente, la L. 67/1987, la L. 250/1990, e la L.
62/2001 – che hanno dato luogo a un sistema normativo frammentario. A causa
di ciò, negli anni più recenti – pur in presenza di nuove norme dirette a
singole situazioni – sono stati compiuti tentativi di razionalizzazione. In
particolare, il regolamento emanato, in attuazione dell'art. 44 del D.L.
112/2008 (L. 133/2008), con DPR 223/2010 – la cui vigenza è decorsa dal
bilancio di esercizio 2011 delle imprese beneficiarie – ha disposto la semplificazione
della documentazione per accedere ai contributi e del procedimento di
erogazione degli stessi, ha incluso fra i requisiti per l'accesso ai contributi
una percentuale minima di copie vendute su quelle distribuite, ha
previsto nuove modalità di calcolo per i contributi diretti, riferite
all'effettiva distribuzione della testata (invece che al previo criterio della
tiratura), e ha introdotto parametri connessi all'occupazione
professionale sia per l'accesso ai contributi, sia per il calcolo degli stessi.
Inoltre, il DPR ha stabilito che le somme stanziate nel bilancio dello
Stato per l'editoria costituiscono limite massimo di spesa e sono destinate
prioritariamente ai contributi diretti. In caso di insufficienza delle
risorse, i contributi sono erogati mediante riparto proporzionale tra
gli aventi diritto (ai sensi di quanto già disposto dall’art. 2, co. 62, della
L. 191/2009).
L'ammontare dei contributi diretti all'editoria erogati dal 2003 al 2015, con l'indicazione dei destinatari, è pubblicato sul sito del Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
L’analisi di impatto della regolamentazione allegata allo schema in esame riporta, inoltre, i dati relativi alle diverse tipologie di imprese editrici che hanno presentato domanda per accedere ai contributi a partire dai contributi relativi al 2013 e fino a quelli per il 2015.
Per quanto qui più direttamente
interessa, si ricorda che l'art. 29, co. 3, del D.L. 201/2011 (L.
214/2011) aveva disposto la cessazione del sistema di erogazione dei contributi
diretti all'editoria di cui alla L. 250/1990 dal 31 dicembre 2014, con riferimento alla gestione 2013, e
la revisione del DPR 223/2010, con decorrenza dall'1 gennaio 2012, al fine di
ottenere economie di spesa e una più rigorosa selezione nell'accesso alle
risorse. Aveva anche disposto che il risparmio conseguito, compatibilmente con
le esigenze del pareggio del bilancio, doveva essere destinato alla ristrutturazione delle aziende già
destinatarie della contribuzione diretta, all'innovazione tecnologica del settore, a fronteggiare l'aumento del costo delle materie prime,
all'informatizzazione della rete
distributiva.
Le modifiche al DPR 223/2010 sono poi state apportate, con intervento
normativo primario, dal D.L. 63/2012 (L. 103/2012), con il quale è stata
dettata una disciplina transitoria, nelle more di una più compiuta ridefinizione
delle forme di sostegno al settore editoriale. In particolare, sono stati
ridefiniti i requisiti di accesso ai contributi e i criteri di calcolo degli
stessi e sono state emanate disposizioni a sostegno dell'editoria digitale e
della modernizzazione del sistema di distribuzione e vendita di quotidiani e
periodici. Le disposizioni sono decorse a
partire dai contributi relativi all'anno 2012 o, in alcuni casi, 2013.
Non si è, invece, pervenuti
alla definizione della disciplina a regime, non essendosi concluso, nella XVI
legislatura, l’esame dell’A.C. 5270, presentato dal Governo.
Un ulteriore intervento
normativo è stato operato, nella XVII legislatura, con la legge di stabilità
2014: in particolare, l'art. 1, co. 261, della L. 147/2013 ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei
ministri il "Fondo straordinario per gli interventi di sostegno
all'editoria" – con una dotazione di € 50 mln per il 2014,
€ 40 mln per il 2015, € 30 mln per il 2016 – destinato
ad incentivare gli investimenti delle
imprese editoriali, anche di nuova costituzione, orientati all'innovazione tecnologica e digitale, a
promuovere l'ingresso di giovani professionisti
qualificati nel campo dei nuovi media ed a sostenere le ristrutturazioni aziendali e gli ammortizzatori sociali.
Alla ripartizione annuale
delle risorse del Fondo si provvede con un decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri, ovvero del Sottosegretario di Stato alla Presidenza
del Consiglio dei Ministri con delega per l'informazione, la comunicazione e
l'editoria, da adottare entro il 31 marzo di ciascun anno, di concerto
con altri Ministri (lavoro e politiche sociali; sviluppo economico; economia e
finanze), sentite le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei
lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nel settore
delle imprese editrici e delle agenzie di stampa.
Il decreto relativo al 2014, del 30 settembre 2014, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 258 del 6 novembre 2014.
In base al decreto, le risorse effettivamente disponibili per il 2014 sono state pari ad € 20.918.394, a seguito di alcuni accantonamenti, nonché di quanto disposto dall'art. 1-bis del D.L. 90/2014 (L. 114/2014) che, nel rifinanziare l'accesso alla pensione di vecchiaia anticipata per i giornalisti, ha posto i relativi oneri a carico della dotazione del Fondo straordinario. In particolare, a seguito di tale previsione normativa, la dotazione del Fondo straordinario è stata decurtata, per il 2014, di € 25 milioni.
Per il 2015 è intervenuto il DPCM 10 novembre 2015, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 4 del 7 gennaio 2016.
In base al decreto, le risorse effettivamente disponibili per il 2015 sono state pari ad € 6.500.000,00, anche in tal caso per effetto, tra l'altro, di quanto disposto dall'art. 1-bis del D.L. 90/2014.
Non risulta intervenuto il DPCM relativo al 2016.
Da ultimo, è
intervenuta la già citata L. 198/2016,
che, oltre a delegare il Governo a ridefinire la disciplina dei contributi
diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici e del sostegno agli
investimenti delle imprese editrici, nonché dell’emittenza radiofonica e
televisiva locale, ha recato anche alcune disposizioni
precettive in materia.
Per quanto qui maggiormente interessa, la stessa L. 198/2016 ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, destinato al sostegno dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale (art. 1), che ha sostituito, fra l'altro, il Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione di cui l’art. 1, co. 160, lett. b), della L. 208/2015 aveva previsto l'istituzione presso il Ministero dello sviluppo economico, destinandolo (solo) al sostegno dell’emittenza televisiva e radiofonica locale.
All’attuale Fondo affluiscono:
a) le risorse statali destinate al sostegno dell'editoria quotidiana e periodica;
b) le risorse statali destinate all'emittenza
radiofonica e televisiva in ambito locale;
c) quota parte – fino a 100 milioni di euro annui per il periodo 2016-2018 – delle eventuali maggiori entrate
derivanti dal canone RAI (a
seguito delle modifiche apportate alla disciplina del canone dall'art. 1, co.
152-159, della L. 208/2015);
d) le somme
derivanti dal gettito annuo di un contributo di solidarietà, pari allo 0,1% del reddito complessivo dei: concessionari della raccolta pubblicitaria
sulla stampa quotidiana e periodica, sui mezzi di comunicazione radiotelevisivi
e digitali; società operanti nel
settore dell'informazione e della comunicazione che svolgono raccolta pubblicitaria diretta; altri
soggetti che esercitano l'attività
di intermediazione nel mercato della pubblicità attraverso la ricerca e
l'acquisto, per conto terzi, di spazi sui mezzi di informazione e di
comunicazione, con riferimento a tutti i tipi di piattaforme trasmissive,
compresa la rete internet.
Il Fondo è ripartito annualmente tra la Presidenza del Consiglio dei
Ministri e il Ministero dello sviluppo economico, per gli interventi di
rispettiva competenza, sulla base dei criteri da stabilire con DPCM, adottato di concerto con i
Ministri dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze. Le risorse
di cui alle lett. c) e d) sono comunque ripartite al 50% fra le
due amministrazioni, mentre i criteri di ripartizione delle risorse di cui alle
lett. a) e b) tengono conto delle proporzioni preesistenti fra le risorse
destinate al sostegno dell’editoria quotidiana e periodica e quelle destinate
all’emittenza radiofonica e televisiva locale.
Il DPCM può prevedere che una
percentuale del Fondo sia destinata al finanziamento di progetti comuni che
incentivino l’innovazione dell’offerta informativa nel campo dell’informazione
digitale attuando obiettivi di convergenza multimediale. I criteri e le
modalità per la concessione di tali finanziamenti sono definiti con DPCM, adottato di concerto con il
Ministro dello sviluppo economico e sottoposto al parere delle Commissioni
parlamentari competenti per materia.
La destinazione ai diversi interventi delle risorse del Fondo assegnate alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri è stabilita annualmente con ulteriore DPCM.
Il Fondo è allocato sul cap.
2196 dello stato di previsione del MEF e per il 2017, in base al Decreto 102065 del 27 dicembre 2016 -
Ripartizione in capitoli delle Unità di voto parlamentare relative al bilancio
di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e per il triennio 2017 –
2019 -, presenta una disponibilità di €
196.223.143.
Per ulteriori approfondimenti, si veda il dossier del Servizio Studi Camera n. 369/3 del 28 settembre 2016.
L’art. 1 ribadisce, in attuazione della legge delega, che la ridefinizione della disciplina dei contributi diretti alle imprese editrici è finalizzata a garantire la coerenza, la trasparenza e l’efficacia nell’utilizzo delle risorse pubbliche, per la piena attuazione dei principi di cui all’art. 21 della Costituzione.
Dispone, inoltre – ribadendo il principio introdotto dall’art. 2, co. 62, della L. 191/2009, e poi ripreso anche dalle disposizioni successivamente intervenute –, che i contributi spettano nei limiti delle risorse a ciò destinate, per ciascuna tipologia, con il DPCM che ripartisce la quota del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione spettante alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (v. ante) e che, in caso di insufficienza delle risorse, agli aventi diritto spettano contributi ridotti mediante riparto proporzionale.
Gli artt. 2 e 3 individuano, rispettivamente, la platea dei beneficiari dei contributi e i soggetti esclusi, introducendo alcune specifiche rispetto alla legge delega.
In particolare, con riferimento ai destinatari dei contributi, l’art. 2 conferma che si tratta di:
· imprese
editrici costituite come cooperative giornalistiche che editano quotidiani e periodici;
· enti senza fini di lucro, ovvero imprese editrici di quotidiani e
periodici il cui capitale sia da
essi interamente detenuto;
· imprese
editrici di quotidiani e periodici il cui capitale sia detenuto in misura maggioritaria da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi fini
di lucro, limitatamente a un periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge delega.
La relazione illustrativa ricorda che tale periodo di tempo era stato ritenuto congruo dal legislatore perché le imprese in questione potessero procedere alla costituzione come cooperativa o come impresa con capitale interamente detenuto da enti senza fine di lucro;
· imprese editrici di quotidiani e periodici espressione delle minoranze linguistiche;
· imprese, enti e associazioni che editano periodici per non vedenti e ipovedenti;
· associazioni dei consumatori (e degli utenti) che editano periodici in materia di tutela del consumatore, iscritte nell'elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale, di cui all'art. 137 del d.lgs. 206/2005;
· imprese editrici di quotidiani e di periodici italiani editi e diffusi all’estero, o editi in Italia e diffusi prevalentemente all'estero.
Con riguardo all’ultima
categoria di beneficiari, si evidenzia, tuttavia, che l’art. 15
stabilisce che possono beneficiare del contributo – oltre che i quotidiani e i periodici italiani editi in Italia e diffusi
prevalentemente all’estero – i quotidiani e i
periodici italiani editi all’estero e ivi prevalentemente
diffusi (invece che i quotidiani e periodici italiani editi e diffusi
all’estero, cui fa riferimento la legge delega).
Al contempo,
tuttavia – oltre all’art. 2, co. 1, lett. g) –, anche l’art. 19, co. 1, l’art. 21, co. 1, e l’art.
23, co. 1, fanno riferimento a quotidiani e periodici italiani editi e
diffusi all’estero.
Appare quindi opportuno un chiarimento.
Ad eccezione delle imprese e degli enti che editano periodici per non vedenti e ipovedenti, gli altri soggetti possono richiedere i contributi per una sola testata.
Tale principio era contenuto nell’art. 3, co. 2, della L. 250/1990 – abrogato dall’art. 32 dello schema – con riferimento ai contributi concessi alle categorie di beneficiari ivi indicate.
La relazione illustrativa evidenzia che ciò è disposto “in conformità
al principio della delega che prevede l’applicazione di regole per l’erogazione dei contributi diretti quanto più possibile omogenee”.
L’art. 3 specifica, con riferimento all’esclusione degli organi di informazione dei partiti e dei movimenti politici e sindacali, che sono comprese nell’esclusione, oltre alle imprese editrici, anche le imprese di cui all’art. 4 della L. 250/1990, ossia le imprese radiofoniche organi di partiti politici presenti in almeno un ramo del Parlamento.
L’art. 4 della L. 250/1990 – come modificato, da ultimo, dall’art. 2, co. 6, del D.L. 63/2012 – prevede la corresponsione di un contributo in favore delle imprese radiofoniche che risultino essere organi di partiti politici presenti in almeno un ramo del Parlamento e che, oltre ad aver registrato la testata e a non essere editori o controllori delle imprese editrici di quotidiani o periodici organi dei medesimi partiti politici, trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o culturali, per non meno del 50% delle ore di trasmissione comprese fra le 7 e le 20.
Per completezza, si ricorda che, in seguito, l’art. 1, co. 1247, della L. 296/2006 ha disposto che i
contributi previsti dal citato art. 4 della L. 250/1990 sono corrisposti anche
alle imprese radiofoniche private che
abbiano svolto attività di informazione di interesse generale ai sensi
della L. 7 agosto 1990, n. 250 (rectius:
230)[1].
Ancora
in seguito, l’art. 12, co. 1, del DPR 223/2010, in adempimento del criterio
direttivo previsto dall’art. 44, co. 1, lett. b-bis), del D.L. 112/2008 (L. 133/2008), ha disposto che le imprese
radiofoniche private che abbiano svolto attività di informazione di interesse
generale ai sensi della L. 230/1990 mantengono il diritto all’intero
contributo, anche in presenza di riparto percentuale fra gli altri aventi diritto.
Da
ultimo, l’art. 2, co. 5-bis, del D.L.
63/2012 ha previsto il mantenimento del diritto all’intero contributo anche per
i contributi relativi al 2010.
Poiché le disposizioni in base alle quali sono corrisposti contributi
alle imprese radiofoniche private che
abbiano svolto attività di informazione di interesse generale non sono
abrogate dallo schema, occorrerebbe inserire esplicitamente tale categoria di
imprese tra i destinatari dei contributi e definirne la disciplina.
Inoltre, con riferimento all’esclusione dei periodici specialistici a carattere tecnico, aziendale, professionale o scientifico, specifica che si tratta di quelli che hanno diffusione prevalente tra gli operatori dei settori di riferimento.
Al riguardo, la relazione illustrativa fa presente che la delega necessitava di essere ulteriormente definita per evitare l’insorgere di possibili problemi in sede applicativa, con il rischio di escludere dal finanziamento prodotti editoriali che, seppur tematici, avessero comunque una valenza di ordine generale.
Conferma, infine,
l’esclusione delle imprese editrici di quotidiani e periodici facenti capo a
gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate in mercati
regolamentati.
L’art. 6 – sostanzialmente confermando, con una specifica, quanto già previsto dall’art. 1, co. 3, del D.L. 63/2012, abrogato dall’art. 32 dello schema – stabilisce che, ai fini dell’accesso ai contributi, per copie (cartacee) distribuite si intendono:
quelle poste in vendita in edicola o in punti vendita non esclusivi, tramite contratti con società di distribuzione esterne non controllate dall’impresa editrice che richiede il contributo, o ad essa collegate;
quelle poste in vendita mediante abbonamento a titolo oneroso, nonché mediante abbonamento per una pluralità di copie sottoscritto da un unico soggetto, qualora detto abbonamento individui specificamente i singoli beneficiari, e il prezzo di vendita della singola copia venduta in abbonamento non sia inferiore al 20% del prezzo di copertina. Rispetto al D.L. 63/2012, si specifica che non devono sussistere situazioni di controllo e/o collegamento tra il soggetto che sottoscrive l’abbonamento e l’impresa editrice che richiede il contributo.
La relazione illustrativa fa presente che tale specifica deriva da quanto emerso in esito ad alcuni controlli successivi svolti dalla Guardia di finanza ai sensi dell’art. 6, co. 2, del DPR 223/2010;
quelle cedute in connessione con il versamento di quote associative destinate alla sottoscrizione di abbonamenti a prodotti editoriali mediante espressa doppia opzione.
Conferma, altresì, che non si considerano copie distribuite quelle diffuse e vendute tramite strillonaggio, quelle oggetto di vendita in blocco, da intendersi quale vendita di una pluralità di copie ad un unico soggetto, e quelle per le quali non è individuabile il prezzo di vendita.
Infine – confermando, anche in questo caso con una specifica, quanto già previsto dall’art. 2, co. 3, del D.L. 63/2012, abrogato dall’art. 32 dello schema –, stabilisce che per copie (cartacee) vendute si intendono quelle cedute a titolo oneroso presso le edicole o i punti vendita non esclusivi, o spedite in abbonamento a titolo oneroso, purché considerate ammissibili in conformità ai criteri previsti per la distribuzione.
Rispetto al D.L. 63/2012 si specifica che, nel caso di testate vendute in abbinamento ad altre, per le quali non è individuabile il distinto prezzo di vendita, questo è ricavato dai documenti contabili di vendita, dagli estratti conto del distributore, o dai contratti in essere con la testata abbinata.
Con riguardo all’editoria speciale periodica per non vedenti e ipovedenti, l’art. 27, co. 3, primo periodo, stabilisce che per copie distribuite si intendono quelle fatte pervenire su richiesta degli utenti, anche in connessione con il versamento di quote associative mediante espressa doppia opzione, ovvero su richiesta di enti, istituzioni, associazioni che operano per finalità a supporto del settore.
Al riguardo, la relazione illustrativa fa presente che la definizione risponde all’esigenza di una maggiore garanzia che il prodotto editoriale “speciale” arrivi agli utenti ai quali è destinato.
L’art. 7 introduce, anzitutto, una nuova definizione di edizione in formato digitale della testata, più specifica rispetto a quella vigente, recata dall’art. 3, co. 1 e 4, del D.L. 63/2012, abrogati dall’art. 32 dello schema.
Si definisce ora edizione in formato digitale la testata arricchita da elementi multimediali e supportata da funzionalità tecnologiche che ne consentano una lettura dinamica e fruibile – mediante portali e applicazioni indipendenti o comuni a più editori – attraverso un sito internet collegato alla testata che consenta l’inserimento di commenti da parte del pubblico e l’accessibilità alle informazioni da parte delle persone con disabilità.
Inoltre, con specifico riferimento al possesso dei requisiti richiesti per l’accesso ai contributi, si dispone che i contenuti della testata in formato digitale devono comprendere materiale di informazione originale – intendendosi per tale l’informazione autoprodotta, che non sia semplice aggregazione di notizie o ripubblicazione totale o prevalente di contenuti non autoprodotti o pubblicati da altre testate – pari ad almeno il 50% dei contenuti informativi pubblicati (che devono costituire almeno il 50% dei contenuti globali del sito), per un minimo giornaliero di 20 articoli o contenuti multimediali originali, aggiornati almeno 3 volte al giorno per i quotidiani, e almeno 4 volte a settimana per i periodici.
In caso di edizione esclusivamente in formato digitale, i contenuti informativi devono essere fruibili, in tutto o in parte, a titolo oneroso.
In caso di edizione in formato digitale parallela all’edizione cartacea, la fruibilità può essere integralmente a titolo gratuito.
Ulteriori previsioni riguardano esclusivamente l’edizione digitale fruibile a titolo oneroso, che deve essere anche dotata di:
· un sistema di pubblicazione che consenta la gestione di abbonamenti o di contenuti a pagamento;
· una piattaforma che consenta l’integrazione con sistemi di pagamento digitale;
· un sistema di gestione di spazi pubblicitari digitali, anche attraverso soggetti concessionari.
Rispetto alla normativa vigente, tra le principali novità si riscontrano l’introduzione di una percentuale
minima di materiale di informazione originale, l’elevazione (da 10 a 20) del
numero minimo di articoli giornalieri e, al contempo, una maggiore uniformità
dei termini di aggiornamento (oggi diversificata fra quotidiani, settimanali e
plurisettimanali, quindicinali e mensili).
L’art. 8, co. 12, secondo e terzo periodo, stabilisce che, ai fini del contributo (e non “del rimborso”), per copie (digitali) vendute si intendono le copie vendute singolarmente, in abbonamento o abbinate all’edizione cartacea della stessa testata ad un prezzo non inferiore al 20% del prezzo di quest’ultima. Non sono ammesse al computo le copie fornite attraverso vendite multiple, ossia tramite un’unica transazione economica che mette a disposizione più utenze individuali.
L’art. 4 – riprendendo in parte i requisiti già stabiliti dall’art. 6 della L. 416/1981 e dall’art. 1, co. 4, lett. a), del D.L. 63/2012, abrogato dall’art. 32 dello schema – specifica che possono beneficiare dei contributi le società cooperative:
costituite ai sensi degli artt. 2511 e ss. del codice civile e iscritte all’albo nazionale degli enti cooperativi (di cui all’art. 15 del d.lgs. 220/2002);
composte da giornalisti, poligrafici, grafici editoriali, con prevalenza di giornalisti;
che hanno associato almeno il 50% dei giornalisti dipendenti aventi rapporto di lavoro regolato dal contratto nazionale di lavoro giornalistico e clausola di esclusiva con le cooperative medesime;
che hanno assunto la maggioranza dei soci con contratto di lavoro a tempo indeterminato. Non si specifica – a differenza di quanto previsto dall’art. 1, co. 4, lett. a), del D.L. 63/2012 – che anche nell’ambito dei soci assunti a tempo indeterminato deve essere mantenuto il requisito della prevalenza dei giornalisti.
Poiché, il possesso di
tale requisito deve essere invece dichiarato in sede di presentazione della
domanda di accesso ai contributi (si veda l’art. 10, co. 2, lett. c), n.
3)), è necessario un coordinamento;
che siano in possesso del requisito della mutualità prevalente per l'esercizio di riferimento dei contributi.
Con riguardo alla compagine societaria e alla concentrazione delle quote in capo a ciascun socio, si dispone – sempre ai fini dell’ammissione al contributo – che lo statuto deve prevedere espressamente:
la partecipazione alla compagine societaria di altri giornalisti che ne facciano richiesta, purché abbiano rapporto di lavoro regolato dal contratto nazionale di lavoro giornalistico e siano vincolati dalla clausola di esclusiva con la cooperativa.
Si tratta, quindi, del caso di giornalisti che sono dipendenti della cooperativa e non (già) soci;
il divieto per ciascun socio di possedere più di un terzo o più di un quinto del capitale sociale, per le cooperative composte, rispettivamente, fino ad otto o oltre otto soci;
la possibilità per ciascun socio di esprimere un solo voto, indipendentemente dal valore della quota di cui è titolare e dal ruolo svolto all’interno della cooperativa, e il divieto di voto plurimo nei casi in cui il codice civile lo consentirebbe.
Si ricorda che, a seguito dell’art. 20, co. 8-bis, del D.L. 91/2014 (L. 116/2014), l’art. 2351, quarto comma, del codice civile dispone che, salvo quanto previsto dalle leggi speciali, lo statuto può prevedere la creazione di azioni con diritto di voto plurimo anche per particolari argomenti o subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative. Ciascuna azione a voto plurimo può avere fino a un massimo di tre voti;
il divieto per ciascun socio di avere partecipazioni sociali in altre cooperative editrici che abbiano chiesto l’ammissione al contributo. In caso di violazione di tale divieto, decadono dalla possibilità di accedere ai contributi tutte le cooperative coinvolte.
All’art. 4, co. 4, si
valuti l’opportunità di sostituire le parole da “Nel caso” fino a “che abbiano
richiesto il contributo” con le seguenti: “Nel caso sia verificato, in capo a
taluno dei soci di una cooperativa giornalistica, il possesso di partecipazioni
in altre cooperative che abbiano richiesto il contributo”.
Inoltre, si prevede che:
le cooperative giornalistiche possono prevedere
la partecipazione alla compagine sociale dei fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della
cooperazione, con le modalità e i limiti previsti dagli artt. 4 e 11 della L.
59/1992. Il socio che rappresenta il fondo mutualistico può esprimere un solo voto e, nel caso in cui nella
compagine sociale siano presenti più
fondi, la quota del capitale sociale risultante dal complesso delle loro
partecipazioni non può comunque superare i già citati limiti di un terzo o un
quinto del capitale sociale.
La relazione illustrativa evidenzia che tale scelta è stata ritenuta la più equilibrata a contemperare, da un lato, l’esigenza rappresentata dalle associazioni di categoria di consentire forme di finanziamento esterno che possono rivelarsi utili anche a garantire la sopravvivenza della cooperativa, dall’altro, la necessità di non alterare gli equilibri propri della società cooperativa e di non modificarne la natura;
nel caso in cui la cooperativa giornalistica si sia avvalsa dell’istituto del ristorno (di cui all’art. 2545-sexies c.c.), la stessa deve dichiarare di aver rispettato le specifiche condizioni di legge che consentono il ricorso all’istituto.
L’art. 5 stabilisce i requisiti per l’accesso ai contributi comuni a cooperative giornalistiche, enti senza fini di lucro e imprese il cui capitale sia detenuto interamente o in misura maggioritaria da enti senza fini di lucro che, dunque, per le cooperative giornalistiche si aggiungono a quelli previsti dall’art. 4.
Nello specifico, rispetto alla legge delega conferma, innanzitutto, che le tre fattispecie considerate di soggetti possono accedere ai finanziamenti pubblici solo se, in ambito commerciale, esercitano unicamente un’attività informativa autonoma e indipendente di carattere generale.
Con particolare riguardo agli enti senza fini di lucro, la relazione illustrativa ricorda che, in base alla normativa vigente, agli enti no-profit è consentito, nonostante il fine altruistico che li connota, di svolgere in via prevalente od esclusiva un’attività commerciale lucrativa.
Conferma, inoltre, la necessità di:
anzianità di costituzione dell'impresa e di edizione della testata per la quale si richiede il contributo, di almeno 2 anni, specificando che tale anzianità deve essere maturata prima dell’annualità per la quale si richiede il contributo. Il requisito di anzianità minima non è richiesto alle imprese, alle associazioni e agli enti che mutano il proprio assetto societario al fine di adeguarsi alle prescrizioni del decreto e che già avevano percepito il contributo per l’annualità precedente a quella in cui hanno provveduto all’adeguamento.
Conseguentemente, l’art. 32 dello schema abroga l’art. 1, co. 457, della L. 266/2005 che, per le imprese costituite dopo il 31 dicembre 2004, ha fissato un’anzianità minima di costituzione della cooperativa giornalistica e di edizione della testata pari a 5 anni;
regolare adempimento degli obblighi derivanti
dal contratto collettivo di
lavoro nazionale o territoriale
applicato dall’impresa editrice;
edizione della testata in formato digitale dinamico e multimediale, in esclusiva o in parallelo con l'edizione in formato cartaceo, secondo quanto previsto all’art. 7;
evidenza, nell'edizione della testata, del contributo ottenuto, nonché di tutti gli ulteriori finanziamenti a qualsiasi titolo ricevuti;
impegno ad adottare misure idonee a contrastare qualsiasi forma di pubblicità lesiva dell’immagine e del corpo della donna, specificando che lo stesso impegno è assunto anche attraverso l’adesione al “Codice di autodisciplina pubblicitaria”.
Si segnala che il Codice
emanato dall’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria in vigore dall’8 marzo
2017 è titolato “Codice di Autodisciplina della Comunicazione
Commerciale”.
Dispone, altresì, che gli ulteriori requisiti sono costituiti da:
impiego da parte dell’impresa editrice, nell’intero anno di riferimento del contributo, di un numero minimo di dipendenti, con prevalenza di giornalisti, regolarmente assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, pari a 5 nel caso di imprese editrici di quotidiani e a 3 nel caso di imprese editrici di periodici. Si riprendono, dunque, previsioni contenute nell’art. 1, co. 4, lett. b), del D.L. 63/2012, abrogato dall’art. 32 dello schema.
La relazione
illustrativa specifica che tale requisito è richiesto anche per l’edizione esclusivamente in formato digitale, a garanzia
della professionalità e qualità dell’offerta informativa che si intende
sostenere;
per l’edizione
cartacea – modificando le previsioni recate dall’art. 1, co. 2, del D.L. 63/2012, abrogato dall’art. 32
dello schema –, vendita della testata
in misura pari, per le testate locali,
ad almeno il 30% delle copie annue
distribuite (a fronte dell’attuale 35%) e, per le testate nazionali, ad almeno il 20% (a fronte dell’attuale 25%).
Al riguardo, si modifica anche la definizione di testata nazionale: si
considera tale quella distribuita in almeno 5 (e non più 3) regioni, con una percentuale di vendita (e non più di
distribuzione) in ogni regione non inferiore al 5% della distribuzione totale.
La relazione
illustrativa evidenzia che tale criterio risulta essere più selettivo ed
improntato ad un’effettiva presenza del prodotto editoriale rispetto al
criterio contenuto nell’art. 1, co. 2, del D.L. 63/2012, in base al quale, come
si è visto, sono testate nazionali quelle distribuite in tre regioni, con un
requisito di percentuale minimo legato alla distribuzione, anziché alla
vendita.
Nel caso in cui l’edizione cartacea non soddisfi tali condizioni, il relativo contributo non è riconosciuto ma, ove ricorrano i requisiti previsti dall’art. 7, è corrisposto unicamente il contributo per l’edizione digitale.
Infine, ribadendo – e in taluni casi specificando – disposizioni legislative già vigenti prescrive:
iscrizione al Registro delle imprese, ove richiesto in base alla normativa vigente;
iscrizione al Registro degli operatori della comunicazione (ROC), istituito presso l’AGCOM[2], e conformità degli assetti societari alla normativa vigente.
assenza di situazioni di collegamento o di controllo fra imprese editrici. In particolare, si stabilisce che la presentazione di più domande da parte di imprese editrici collegate o controllate fra loro comporta per tutte la decadenza dal diritto di accesso al contributo.
A tal fine, si fa
riferimento alle situazioni, già previste come causa ostativa alla concessione
dei contributi, di cui all’art. 3, co. 11-ter,
della L. 250/1990, - richiamate anche dall’art.
1, co. 574, primo periodo, della
L. 266/2005, abrogato dall’art. 32
dello schema - confermando anche che le situazioni di collegamento e di
controllo sono quelle definite ai sensi dell’art. 2359 c.c. e dell’art. 1,
ottavo comma, della L. 416/1981[3].
proprietà
della testata per la quale si richiede il contributo, eccetto, anzitutto,
per le cooperative subentrate al
contratto di cessione in uso ai sensi dell’art. 1, co. 7-bis, del D.L. 63/2012.
L’art. 1, co. 7-bis, del D.L. 63/2012 aveva previsto, tra l’altro, che, a partire dai contributi relativi al 2012, alle cooperative di giornalisti che subentrano al contratto di cessione in uso di una testata che ha avuto accesso, entro il 31 dicembre 2011, ai contributi, non è richiesto il requisito relativo alla proprietà della testata (di cui all’art. 1, co. 460, L. 266/2005 – abrogato dall’art. 32 dello schema -, che, peraltro, aveva già esentato da tale requisito le imprese editrici che alla data alla data del 1° gennaio 2006 avevano già maturato il diritto ai contributi).
Il co. 7-bis citato è stato poi abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 2017, dall’art. 3, co. 4, lett. a), della L. 198/2016. Al contempo, l’art. 3, co. 3, della stessa L. 198/2016 ha disposto che, a decorrere dai contributi relativi al 2016, le domande per l'ammissione al sostegno pubblico all'editoria devono essere corredate dei documenti istruttori o delle dichiarazioni sostitutive attestanti, tra l’altro, la proprietà o la gestione della testata.
Inoltre, si fa
“salvo quanto previsto dall’articolo 1,
comma 459, della legge 23 dicembre 2005, n. 266”.
Al riguardo, sembrerebbe opportuno un
chiarimento, poiché quanto previsto dalla norma da ultimo richiamata non
sembrerebbe avere attinenza con il requisito richiesto.
Si ricorda, infatti, che l’art. 1, co. 459, della L. 266/2005 ha stabilito che le disposizioni di cui all’art. 3, co. 2-bis, della L. 250/1990 – che disciplina la concessione di contributi a favore di imprese editrici di quotidiani la cui maggioranza del capitale è detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi scopo di lucro ed è abrogato dall’art. 32 dello schema – si applicano solo alle imprese che abbiano maturato il diritto ai medesimi contributi entro il 31 dicembre 2005;
divieto di distribuzione degli utili nell’anno di riscossione dei contributi e nei 10 anni successivi, da prevedere nello Statuto.
Si tratta del requisito previsto dall’art. 3, co. 2, lett. d), della L. 250/1990 che, in base all’art. 1, co. 6, del D.L. 63/2012, si applica a tutte le imprese editrici che percepiscono contributi diretti. L’art. 32 dello schema in esame abroga sia il co. 2 dell’art. 3 della L. 250/1990, sia il co. 6 dell’art. 1 del D.L. 63/2012.
Gli artt. 8 e 9 recano i criteri di calcolo del contributo.
In particolare, si conferma, anzitutto, il principio – stabilito dal D.L. 63/2012 – in base al quale il contributo concesso deriva dalla somma di una quota di rimborso dei costi sostenuti e di una quota rapportata alle copie – cartacee o digitali – vendute.
A ciò si aggiungono ora eventuali, ulteriori, quote “premiali” ed eventuali riduzioni del contributo, derivanti dalla declinazione dei criteri stabiliti dalla legge delega, fermo restando un tetto massimo al contributo complessivamente erogabile.
Con riferimento ai costi ammissibili – che devono essere direttamente connessi alla produzione della testata per la quale si richiede il contributo e relativi all’anno di riferimento del contributo medesimo – si conferma, con alcune integrazioni, la disciplina vigente per le testate edite in formato cartaceo, recata dall’art. 2, co. 2, lett. a), del D.L. 63/2012 e dal DPCM 8 marzo 2013, entrambi abrogati dall’art. 32 dello schema. Nello specifico, sono confermate le seguenti tre voci di costo:
· personale dipendente, fino ad un importo massimo di € 120.000 e di € 50.000 al lordo azienda, rispettivamente per ogni giornalista e per ogni poligrafico, nonché, ora, anche “pubblicista”, web master o altra figura tecnica, assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Con riferimento alla figura di
“pubblicista”, occorrerebbe chiarire se si intenda fare riferimento al
“giornalista pubblicista” (che, tuttavia, già sembrerebbe incluso nel
riferimento alla figura di giornalista).
Al riguardo, si ricorda che l’art. 1 della L. 69/1963, nell’istituire l'Ordine dei giornalisti, ha stabilito che ad esso appartengono i professionisti (cioè, coloro che esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione di giornalista) e i pubblicisti (cioè, coloro che svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercitano altre professioni o impieghi), iscritti nei rispettivi elenchi dell'albo;
· acquisto della carta, stampa (incluse le spese sostenute per la materiale riproduzione ed il confezionamento delle copie) e distribuzione (incluse le spese per il trasporto, la spedizione o la domiciliazione delle copie in abbonamento).
Il DPCM 8 marzo 2013 specifica che, ove la carta venga fornita dall’impresa che effettua il servizio di stampa, il relativo costo è indicato in fattura separatamente rispetto a quello della stampa.
Con riferimento alle spese per la distribuzione, specifica che le stesse sono riconoscibili solo se sostenute in relazione a contratti stipulati con società esterne di distribuzione o trasporto non controllate né collegate all’impresa che richiede il contributo;
· costo
per gli abbonamenti ai notiziari delle
agenzie di stampa, che comprende le spese sostenute per l’acquisto di
servizi informativi, fotografici e multimediali forniti dalle stesse agenzie,
con esclusione dei servizi editoriali che consistono nella predisposizione,
anche parziale, di pagine della testata.
A tali voci di costo se ne aggiungono altre connesse
all’edizione in formato digitale della testata e al sito web (alcune delle
quali già previste dal DPCM 11
marzo 2013, abrogato dall’art. 32
dello schema, con riguardo alle testate in formato digitale). Si tratta di:
· acquisto e installazione di hardware, software di base e applicativo per l’edizione digitale;
· progettazione, realizzazione e gestione del sito web e relativa manutenzione (ordinaria ed evolutiva).
Il DPCM 11 marzo 2013 include anche le spese per l’eventuale concessione in locazione di spazio web e registrazione del dominio;
· gestione e alimentazione delle pagine web;
· installazione di sistemi di pubblicazione che consentano la gestione di abbonamenti a titolo oneroso – si intenderebbe, alla testata in formato digitale –, di piattaforme che permettano l’integrazione con sistemi di pagamento digitali, e ora anche di aree interattive con i lettori.
Per queste voci di costo – per le quali, in base alla disciplina civilistica, è configurabile una procedura di ammortamento – i costi ammissibili si riferiscono esclusivamente alla quota di costo imputabile all’esercizio di riferimento del contributo.
Si conferma, inoltre, che tutti i costi sopra indicati devono risultare dal bilancio di esercizio dell’impresa e sono rimborsabili se i relativi pagamenti sono effettuati con strumenti che ne consentano la tracciabilità, anche se effettuati nell’esercizio successivo a quello di competenza del contributo. In tal caso, nella certificazione del prospetto dei costi (v. infra, art. 10) deve essere evidenziata la corrispondenza contabile con i pertinenti costi ammissibili dell’esercizio di riferimento del contributo.
Infine, le spese ammissibili per le quali risultano pagamenti parziali sono riconoscibili nella misura degli importi pagati.
In relazione a quanto previsto dall’art. 2, co. 3 e 6, del DPCM 11 marzo 2013 – sostanzialmente analoghi a quanto previsto dall’art. 8, co. 3 e 4, dello schema, in materia di voci di costo per le quali è configurabile una procedura di ammortamento e di pagamenti effettuati attraverso sistemi tracciabili – occorre valutare se, all’art. 9, co. 5, non debbano essere richiamati anche i suddetti co. 3 e 4 dell’art. 8.
Cambiano, invece, rispetto a quanto previsto dall’art. 2, co. 2, lett. a), del D.L. 63/2012, i criteri per la quantificazione del rimborso dei costi.
L’art. 2, co. 2, lett. a), del D.L. 63/2012 prevede che la quota rapportata ai costi – che consiste in una percentuale fino al 50% dei costi ammissibili – non può comunque superare € 2,5 mln per i quotidiani nazionali, € 1,5 mln per i quotidiani locali e per i quotidiani in lingua francese, tedesca, ladina o slovena nelle regioni autonome Val D’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige e i quotidiani italiani editi e diffusi all’estero, e € 0,3 mln per i periodici.
In particolare, si prevedono tre scaglioni basati sul numero di copie vendute, che rilevano, anzitutto, per il rimborso dei costi relativi alle testate in formato cartaceo (personale dipendente, carta, stampa, distribuzione, abbonamenti ai notiziari delle agenzie di stampa). Nello specifico, le quote di rimborso – che variano dal 55% al 35% – decrescono all’aumentare del numero di copie annue vendute (v. Allegato 1 alla relazione illustrativa dello schema, incluso nel presente dossier).
Gli scaglioni rilevano anche ai fini della definizione del limite massimo del rimborso, che è invece crescente in relazione all’aumento del numero di copie annue vendute e che va da un minimo di € 500.000 a un massimo di € 2.500.000 per i quotidiani e da un minimo di € 300.000 a un massimo di € 2.500.000 per i periodici (si veda il già citato Allegato 1).
Ai fini del rimborso delle voci di costo relative all’edizione digitale – parallela a quella cartacea o esclusiva (che in tal caso ricomprende anche i costi relativi a personale dipendente e gli abbonamenti ai notiziari delle agenzie di stampa) – è innanzitutto necessario che l’edizione digitale abbia un numero di utenti unici mensili non inferiore a 20.000.
La quota di rimborso è pari (per tutti gli scaglioni) al 75%, con incremento rispetto all’assetto vigente (sulla base, evidentemente, del principio di delega che prevede la valorizzazione delle voci di costo legate alla trasformazione digitale dell’offerta e del modello imprenditoriale, anche mediante la previsione di un aumento delle relative quote di rimborso, e la previsione di criteri di calcolo specifici per le testate on line).
L’art. 3, co. 3, del D.L. 63/2012 – abrogato dall’art. 32 dello schema – ha previsto che – fermi restando i tetti massimi previsti dall’art. 2 (v. infra) – il contributo per la pubblicazione in formato digitale comprende una quota pari, per i primi due anni, al 70% dei costi sostenuti. Il già citato DPCM 11 marzo 2013 ha poi precisato che, dal terzo anno dalla sua entrata in vigore, i costi sono ammessi al calcolo del contributo nella misura del 50%.
Anche il limite massimo del rimborso è unico, ed è pari a € 1.000.000.
I costi dell’edizione in formato digitale (evidentemente, parallela)
concorrono con i costi dell’edizione cartacea al raggiungimento di un (nuovo) limite massimo del rimborso complessivo fissato
(per tutti gli scaglioni) in € 2.500.000.
Anche con riferimento alla quota di contributo rapportata al numero di copie cartacee vendute cambiano i criteri rispetto a quanto ora previsto dall’art. 2, co. 2, lett. b), del D.L. 63/2012, abrogato dall’art. 32 dello schema.
In particolare, si stabilisce che i tre scaglioni già individuati incidono anche sull’entità del
contributo per copia venduta. Tale quota è crescente
all’aumentare del numero di copie annue vendute, e va da un minimo di € 0,20 a un massimo di € 0,35 per i quotidiani e da un minimo di €
0,25 a un massimo di € 0,35 per
i periodici (si veda il già citato Allegato 1).
Si conferma, invece, che, se il prezzo effettivo di vendita di ciascuna copia risulta inferiore a tale importo, il contributo per copia venduta è pari all’effettivo prezzo di vendita, mentre per quanto riguarda il limite massimo complessivo del contributo per le copie vendute si stabilisce che esso è pari (sia per i quotidiani, sia per i periodici) a € 3.500.000 (estendendo, dunque, anche ai periodici il limite vigente previsto per i quotidiani).
L’art. 2, co. 2, lett. b), del D.L. 63/2012 prevede una quota di contributo differenziato fra quotidiani nazionali (€ 0,25), quotidiani locali (€ 0,20) e periodici (€. 0,40). Tale quota di contributo non può comunque essere superiore all'effettivo prezzo di vendita di ciascuna copia. L'importo complessivo di tale quota di contributo non può comunque essere superiore a € 3.500.000 per i quotidiani e a € 200.000 per i periodici.
Per la quota di contributo per ogni copia venduta dell’edizione digitale, invece, non si fa riferimento agli scaglioni. L’importo, unico, è comunque superiore a quello previsto per le copie cartacee – e a quello previsto a legislazione vigente – ed è pari a € 0,40. Anche in tal caso, se il prezzo effettivo di vendita risulta inferiore a tale importo, il contributo per ogni copia venduta è pari all’effettivo prezzo di vendita.
Il già citato art. 3, co. 3, del D.L. 63/2012 ha previsto che la quota per ogni copia digitale venduta in abbonamento è pari a € 0,10. Tale quota non può comunque essere superiore all'effettivo prezzo di vendita di ciascuna copia digitale.
La quota complessiva di contributo per le copie digitali vendute non può essere superiore a € 300.000 e concorre con la quota per le copie cartacee al raggiungimento del limite massimo complessivo di € 3.500.000.
Con riferimento al nuovo sistema di calcolo dei contributi, la relazione illustrativa fa presente che in tal modo si è inteso rispondere all’esigenza che la finalità, sottesa al sostegno pubblico all’editoria, di favorire il pluralismo dell’informazione, si coniughi con la circostanza che tale informazione raggiunga effettivamente la collettività per perseguire lo scopo cui essa è preordinata; in tal senso, il dato relativo alle copie vendute rappresenta un indice sintomatico di un’informazione che interessa l’utente. Si è, quindi, voluto valorizzare la diffusione del prodotto editoriale quale desunta dall’indice delle vendite, prevedendo quote per le copie vendute crescenti in proporzione al numero delle copie vendute e, quindi, quote più alte negli scaglioni in cui si collocano le imprese editrici con un maggior numero di vendite. Al contempo, si è previsto, secondo criteri di economia di scala, che le percentuali di rimborso dei costi di produzione della testata crescano, invece, in modo inversamente proporzionale al numero delle copie vendute, con rimborsi, quindi, maggiori negli scaglioni in cui si collocano le imprese editrici con un minor numero di vendite, al fine di non sfavorire le realtà imprenditoriali più piccole.
Con riferimento ai sistemi premiali previsti dalla legge delega, sono introdotte alcune specifiche.
In particolare, si prevede che:
·
all’impresa che nell’anno di riferimento del contributo ha assunto con
contratto a tempo indeterminato “figure professionali connesse
all’informazione” (espressione evidentemente più specifica del termine
“lavoratori”, utilizzato dalla legge delega, ma che potrebbe meritare ulteriori specifiche) di età inferiore a 35 anni, spetta un
(ulteriore) rimborso pari al 50% degli
oneri previdenziali sostenuti “in relazione al periodo dell’assunzione”.
Sembrerebbe
necessario esplicitare meglio il periodo per il quale spetta il rimborso;
· all’impresa che attiva, sulla base di convenzioni con le scuole, percorsi di alternanza scuola-lavoro, è attribuita una quota aggiuntiva pari all’1% del contributo spettante “in ragione del numero di percorsi di alternanza scuola-lavoro attivati”.
Occorrerebbe chiarire se la quota aggiuntiva indicata riguarda ogni ragazzo coinvolto nel percorso di alternanza scuola-lavoro, ovvero ogni convenzione stipulata;
· all’impresa che intraprenda azioni di formazione e aggiornamento del personale, spetta un rimborso pari al 5% dei relativi costi, debitamente documentati.
Ulteriori quote aggiuntive sono previste per le edizioni esclusivamente in formato digitale (che possono comunque beneficiare anche delle quote aggiuntive appena esposte).
In particolare, al fine di sostenere le imprese innovative nelle politiche finalizzate allo sviluppo dell’occupazione, al potenziamento della formazione professionale per una informazione di qualità, all’ampliamento dell’offerta informativa multimediale, si prevede che il contributo per l’edizione esclusivamente in formato digitale è incrementato attraverso:
· il rimborso del 75% dell’onere previdenziale sostenuto per l’assunzione, con contratti di lavoro anche a tempo determinato, di giornalisti dedicati alla produzione di contenuti informativi originali (indipendentemente dall’età);
· il rimborso del 20% dei costi per la gestione di piattaforme e applicativi dedicati all’ampliamento dell’offerta informativa telematica e per l’utilizzo della rete;
· una quota aggiuntiva in proporzione al numero di utenti unici finali raggiunti: si tratta del 2% – ovvero, del 3% – del contributo spettante, per un numero di utenti unici finale, in un mese, rispettivamente da 40.000 a 100.000, o superiore a 100.000.
Con riferimento, invece, alla riduzione del contributo per le imprese che superano, nell’erogazione degli stipendi al personale, ai collaboratori e agli amministratori, il limite massimo retributivo pari a € 240.000 annui, si specifica che la stessa è pari all’importo dello stipendio eccedente lo stesso limite massimo.
In attuazione di quanto previsto dalla legge delega, si stabilisce innanzitutto che il contributo complessivamente erogabile a ciascuna impresa (sulla base di quanto finora esposto) non può comunque superare il 50% dei ricavi dell’impresa.
Al contempo, viene stabilita una soglia minima di contributo erogabile, pari a € 5.000, al di sotto della quale il contributo non è erogato. Le risorse che si rendono conseguentemente disponibili sono ripartite proporzionalmente tra gli aventi titolo.
La relazione illustrativa evidenzia che tale previsione è finalizzata ad evitare la parcellizzazione e dispersione delle risorse destinate al sostegno all’editoria.
Gli artt. 10-13 disciplinano il procedimento di liquidazione dei contributi per cooperative giornalistiche, enti senza fini di lucro e imprese il cui capitale sia detenuto interamente o in misura maggioritaria da enti senza fini di lucro.
I tratti salienti
della disciplina sono costituiti dalla previsione di erogazione del contributo
in due rate – delle quali, la prima
a titolo di anticipo – e dall’anticipo del termine
di conclusione del procedimento.
L’art. 10 riguarda la presentazione delle
domande e della documentazione istruttoria.
Preliminarmente, si suggerisce una
riflessione sulla opportunità di specificare in una norma primaria i dettagli
della documentazione da presentare, in quanto ciò richiederebbe l’adozione di
identica fonte normativa per qualsivoglia necessità di modifica o di
adeguamento.
Lo stesso suggerimento riguarda anche le corrispondenti
previsioni relative ad altre categorie di beneficiari.
Si conferma,
anzitutto, sostanzialmente, quanto già vigente a decorrere dai contributi
relativi all'anno 2016 – in base all’art. 3, co. 3, della L. 198/2016 –, circa
la presentazione delle domande,
sottoscritte dal legale rappresentante dell'impresa editrice, (esclusivamente)
mediante posta elettronica certificata dal 1° al 31
gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento del contributo,
secondo le modalità pubblicate nel sito internet del Dipartimento per
l'informazione e l'editoria, corredate
di parte della documentazione istruttoria. I termini indicati sono perentori, con conseguente
inammissibilità delle domande presentate al di fuori del periodo indicato.
L’art. 3, co. 3, della L. 198/2016 ha previsto che le domande sono presentate per via telematica. Più specificamente, il modello di domanda predisposto dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria prevede l’invio mediante posta elettronica certificata.
Occorrerebbe abrogare l’art. 1 del DPR
223/2010 che ha previsto una disciplina per la presentazione delle domande già
superata dall‘art. 3, co. 3, della L. 198/2016.
In particolare, contestualmente alla domanda, le
imprese devono presentare:
·
atto costitutivo;
·
statuto vigente. Al riguardo, il testo indica alcuni dei contenuti che lo
statuto deve recare, tra i quali l’obbligo della cooperativa di associare i
giornalisti dipendenti che ne facciano richiesta.
Tale previsione si
applicherebbe, dunque, solo alle cooperative giornalistiche.
Anche in ragione di ciò, si valuti l’opportunità di fare riferimento in
questa sede solo alla presentazione dello statuto, senza ulteriori specifiche
(come, ad esempio, nell’art. 23 dello schema), comunque presenti nei requisiti
di accesso recati dagli artt. 4 e 5;
·
un campione
di numeri della testata edita nell’anno di riferimento del contributo;
·
dichiarazione
sostitutiva che attesti:
-
l’assetto societario, con l’indicazione
dei soci nell’intero anno di riferimento del contributo, delle relative
qualifiche professionali e delle eventuali modifiche intervenute;
-
il numero dei giornalisti dipendenti associati,
di cui almeno il 50% devono essere giornalisti aventi rapporto di lavoro
regolato dal contratto collettivo nazionale di lavoro giornalistico e clausola
di esclusiva con la cooperativa.
Tale specifica, dunque, riguarderebbe – come
nel caso di uno dei contenuti indicati dello statuto –, solo le cooperative
giornalistiche;
-
in caso
di cooperativa di giornalisti, l’assunzione di almeno il 50% dei soci con
contratto di lavoro a tempo indeterminato, rispettando il criterio della prevalenza dei giornalisti, il possesso
del requisito della mutualità prevalente
e l’iscrizione all’apposito albo;
-
le
quote maggioritarie di capitale e i soggetti che le detengono;
-
il
regolare adempimento degli obblighi
contrattuali, con specifico riferimento al pagamento degli stipendi dei
dipendenti e dei compensi dei collaboratori;
-
l’anzianità di costituzione dell’impresa e di edizione della testata;
-
la periodicità e il numero di uscite effettuate nell’anno.
In caso di domanda presentata per la prima volta, deve essere indicato anche il
numero di uscite riferite alle due annualità precedenti a quella del contributo;
Si evidenzia che tra
i requisiti richiesti non sono presenti riferimenti all’elemento della
periodicità.
E’ dunque necessario un coordinamento;
-
per l’edizione digitale della testata, la
data di inizio, le modalità di accesso, la percentuale del contenuto informativo,
gli aggiornamenti, il prezzo di vendita;
-
l’iscrizione
al Registro delle imprese e al Registro degli operatori della comunicazione (ROC);
-
la
proprietà o la gestione della testata;
-
l’insussistenza
di situazioni di collegamento e/o controllo con altre imprese richiedenti i
contributi o, nel caso di esistenza di collegamenti (e non anche di situazioni di controllo), la dichiarazione che le
altre società non abbiano presentato – evidentemente, per l’anno di riferimento
– domanda di contributo;
-
l’adozione
di misure idonee a contrastare qualsiasi forma di pubblicità lesiva
dell’immagine e del corpo della donna, assunte anche mediante adesione al
“Codice di autodisciplina pubblicitaria” (per la corretta titolazione del
Codice, v. ante).
Appare
opportuno specificare che si tratta di dichiarazione sostitutiva di atto di
notorietà ai sensi dell’art. 47 del DPR 445/2000. Potrebbe, inoltre, essere opportuno
chiarire da chi debba essere sottoscritta la stessa dichiarazione sostitutiva.
Con riferimento alla documentazione da presentare contestualmente alla domanda, l’art. 3, co. 3, della L. 198/2016 ha previsto che, a decorrere dai contributi relativi all’anno 2016, la stessa è costituita dai documenti istruttori o dalle dichiarazioni sostitutive attestanti: l'assetto societario, il numero dei giornalisti dipendenti associati, la mutualità prevalente, il divieto di distribuzione degli utili, l'anzianità di costituzione e di edizione della testata, la periodicità e il numero delle uscite, l'insussistenza di situazioni di collegamento o di controllo, l'iscrizione nel registro delle imprese, gli estremi delle posizioni contributive presso istituti previdenziali, la proprietà o la gestione della testata. Ha, inoltre, previsto che le imprese editrici devono far pervenire nel medesimo termine un campione di numeri della testata edita.
Tali previsioni sono poi state specificate, con alcune differenze tra le tre categorie di imprese sopra indicate, negli elenchi della documentazione da presentare predisposti dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria, rispettivamente riferiti a cooperative giornalistiche che editano quotidiani e periodici, imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale è detenuto in misura maggioritaria da cooperative, fondazioni o enti senza fine di lucro, enti senza fini di lucro, ovvero imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale è interamente detenuto da tali enti.
La disciplina
vigente recata dal già citato art. 3, co. 3, della L. 198/2016 si conferma
anche nella previsione che la ulteriore
documentazione deve essere presentata, a pena di decadenza, entro il 30 settembre dell’anno
successivo a quello di riferimento del contributo.
In particolare, si
tratta di:
·
bilancio di esercizio conforme a quello depositato presso la
Camera di Commercio, corredato dalla nota integrativa e dagli annessi verbali,
redatto secondo le norme vigenti per ciascuna tipologia di impresa;
·
prospetto
dei ricavi dell’impresa, comprensivo
degli introiti derivanti dalle vendite della testata per la quale si chiede il
contributo e dalla pubblicità, nonché del contributo eventualmente percepito.
Il prospetto deve essere certificato da soggetti iscritti nel Registro dei
revisori legali;
·
prospetto
analitico dei costi connessi alla
produzione della testata in formato cartaceo e in formato digitale e degli
altri costi ammessi al contributo. Per ogni costo devono essere indicati gli
elementi identificativi degli strumenti usati per il pagamento. Anche tale prospetto
deve essere certificato da soggetti iscritti nel Registro dei revisori legali,
che devono dar conto della documentazione dimostrativa esaminata. Ove siano
editate più testate, si deve dar conto, mediante separazione contabile, dei
costi imputati alla produzione della testata per la quale si richiede il
contributo;
·
prospetto
analitico dei dati concernenti le copie distribuite e vendute per ogni
canale di distribuzione utilizzato e l’effettivo
prezzo di vendita della testata. Anche tale prospetto deve essere
certificato da soggetti iscritti nel Registro dei revisori legali, che devono
dar atto della corrispondenza del numero di copie vendute con la relativa
documentazione contabile;
·
prospetto
analitico dei dati concernenti le copie digitali vendute, singolarmente o
in abbonamento, certificato da istituti terzi.
La documentazione richiesta dall’art. 3, co. 3, della L. 198/2016 è costituita dal bilancio di esercizio, corredato della nota integrativa e degli annessi verbali, e dai prospetti dei costi e delle vendite. Tale documentazione deve essere certificata da soggetti iscritti nel Registro dei revisori legali, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'art. 2, co. 1, del d.lgs. 39/2010.
Al riguardo si ricorda che, con comunicato del 3 gennaio 2017, il Dipartimento per l’informazione e l’editoria, a seguito di segnalazioni da parte di alcune associazioni ed imprese editrici in ordine all’impossibilità di attestare, alla data del 31 gennaio, il dettaglio delle copie della testata distribuite e vendute nell’anno 2016, ha reso noto di aver modificato gli elenchi dei documenti da presentare a corredo della domanda con l’eliminazione della dichiarazione attestante il dettaglio della distribuzione e vendita. Ha, dunque, fatto presente che tali dati dovranno essere prodotti dalle imprese editrici, unitamente alla restante documentazione, entro il termine del 30 settembre 2017.
L’art. 11 conferma, in parte, quanto stabilito dall’art. 2, co. 7-bis, del D.L. 63/2012, introdotto dall’art. 3, co. 1, lett. c), della L. 198/2016.
In particolare, conferma
che il contributo è erogato in due rate
annuali.
Con riferimento
alla prima rata, da versare entro il 30
maggio successivo alla presentazione della domanda, specifica che essa
consiste nell’anticipo di una somma pari al 50% del contributo erogato nell’anno precedente, comunque nei
limiti delle risorse complessivamente assegnate
alle tre categorie di beneficiari con il DPCM che ripartisce le somme
destinate ai diversi interventi della Presidenza del Consiglio (come si vedrà
più avanti, a tali risorse attingono anche i contributi a favore dei quotidiani diffusi prevalentemente
all’estero). Ribadisce, inoltre, che, in caso di insufficienza delle
risorse, agli aventi diritto spettano contributi ridotti mediante riparto proporzionale.
Conseguentemente,
dispone che le imprese editrici che presentano per la prima volta domanda di contributo
non possono beneficiare del pagamento della rata di anticipo se non a decorrere
dall’annualità successiva a quella in cui percepiscono il primo contributo.
La prima rata non è corrisposta se di
importo inferiore ad € 2.500.
Inoltre,
confermando che la prima rata è erogata previo accertamento del possesso dei
requisiti – sulla base dei documenti istruttori presentati unitamente alla
domanda – ed è subordinata alla verifica della regolarità contributiva
previdenziale e a quella di non inadempimento in esito alla verifica relativa
alla riscossione delle imposte sui redditi (art. 48-bis del DPR 602/1973), si specifica che la regolarità previdenziale
si intende soddisfatta anche nel caso di ricorso giurisdizionale pendente in
materia di contributi previdenziali, ovvero nel caso in cui le imprese editrici
hanno ottenuto una rateizzazione del pagamento dei contributi e hanno
regolarmente versato le rate scadute.
Conseguentemente,
l’art. 32 abroga l’art. 14, co. 1,
del DPR 268/1982[4].
Si precisa,
inoltre, che se l’impresa editrice non presenta la documentazione richiesta a
corredo della domanda entro il 31 gennaio, o la presenta non completa, essa non ha diritto alla prima rata e il
contributo è liquidato in unica soluzione, ove l’istruttoria abbia avuto esito
positivo.
Ove
dall’istruttoria risulti che l’impresa che ha beneficiato dell’anticipo non è
in possesso di tutti i requisiti, la stessa lo deve restituire. Le somme possono essere recuperate anche mediante
compensazione con eventuali crediti vantati dall’impresa nei confronti del
Dipartimento per l’informazione e l’editoria.
L’art. 2, co. 7-bis, del D.L. 63/2012 – introdotto dall’art. 3, co. 1, lett. c), della L. 198/2016 – ha previsto che il contributo è erogato in due rate annuali. La prima rata è versata entro il 30 maggio mediante anticipo di una somma pari al 50% del contributo calcolato ai sensi dello stesso D.L. 63/2012 (il riferimento al contributo calcolato ai sensi del D.L. 63/2012 era stato introdotto dal Senato in seconda lettura, rispetto al testo trasmesso dalla Camera, che faceva riferimento al contributo erogato all’impresa nell’anno precedente).
Già il 14 dicembre 2016 il Dipartimento per l’informazione e l’editoria aveva comunicato che l’anticipo (da corrispondere entro il 30 maggio 2017) sarebbe stato calcolato sulla base del contributo liquidato all’impresa nell’anno precedente, in considerazione del fatto che a maggio non sarebbe stato possibile stimare la quota complessiva di contributo che sarebbe potuta spettare all’impresa a conclusione dell’attività istruttoria del Dipartimento. Aveva, inoltre, specificato che, per queste stesse ragioni, l’anticipo sarebbe stato versato alle imprese che effettivamente avessero percepito il contributo nell’anno precedente. Le imprese editrici che presentavano per la prima volta domanda di contributo per l’anno 2016 avrebbero potuto beneficiare dell’anticipo a decorrere dall’annualità successiva.
Il medesimo art. 2, co. 7-bis, del D.L. 63/2012 ha stabilito, altresì, che, all'atto dei pagamenti, l'impresa deve essere in regola con le attestazioni rilasciate dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e con i versamenti dei contributi previdenziali e non deve risultare inadempiente in esito alla verifica di cui all'art. 48-bis del DPR 602/1973.
Anche per la seconda rata si conferma che la stessa
è versata a saldo entro il termine di conclusione del procedimento, subordinatamente all’esito positivo
dell’istruttoria, all’accertamento della regolarità nel versamento dei
contributi previdenziali e alla verifica in materia di riscossione delle
imposte sui redditi.
L’art. 12 definisce, anzitutto, la data di conclusione del procedimento,
anticipandola, rispetto alla normativa vigente, al 28 febbraio dell’anno successivo a quello di presentazione della
domanda.
In base all’art. 2, co. 7, del D.L. 63/2012 – abrogato dall’art. 32 dello schema - il termine per la conclusione del procedimento relativo all’erogazione dei contributi diretti scade il 31 marzo dell’anno successivo a quello di presentazione delle relative domande.
Rispondendo alla Camera all’interrogazione 4-09570 (v. all. B del 19 ottobre 2015), il rappresentante del Governo aveva fatto presente che “negli ultimi anni il dipartimento è riuscito a liquidare i contributi alla maggior parte delle imprese aventi diritto (a circa l'80 per cento delle imprese) entro il 31 dicembre, quindi con largo anticipo rispetto alla scadenza di legge del 31 marzo dell'anno successivo”.
Al riguardo, si ricorda, altresì, che l’art. 54 della L. 416/1981, abrogato dall’art. 32 dello
schema, ha previsto, tra l’altro, il parere,
non vincolante ma obbligatorio, della
Commissione tecnica consultiva
sull'accertamento dei requisiti di ammissione ai contributi (la cui composizione era stata definita dall’art. 29 del DPR 268/1982,
anch’esso abrogato dall’art. 32 dello schema).
Sulla stessa
Commissione interviene, altresì, l’art.
3, co. 4, della L. 250/1990, anch’esso abrogato dall’art. 32 dello schema.
La relazione illustrativa fa presente che l’anticipo del termine
per la conclusione del procedimento deriva anche dal fatto che tale parere non è più previsto.
Conseguentemente, l’art. 32 dello schema abroga, infine,
anche l’art. 2, co. 8, del D.L. 63/2012, che riguarda
l’applicazione delle disposizioni in materia di conflitti di interesse ai
componenti della Commissione tecnica consultiva.
Si segnala l’opportunità di modificare,
conseguentemente, l’art. 21, co. 1, della L. 62/2001 che, nel disporre
l’abrogazione dell’art. 54 della L. 416/1981 nella parte in cui prevedeva l’espressione
di un parere sulle tirature dei quotidiani da parte della commissione tecnica
consultiva, aveva espressamente confermato che la stessa commissione
continuava, invece, ad esprimere pareri sull'accertamento della diffusione e
dei requisiti di ammissione ai contributi previsti dall'art. 3 della L.
250/1990.
Conferma, inoltre,
che a tale data il provvedimento è comunque adottato sulla base delle
risultanze delle istruttorie acquisite, fermo restando il recupero, da parte
del Dipartimento per l’informazione e l’editoria, delle somme indebitamente
percepite, all’esito dei controlli effettuati annualmente dalla Guardia di
Finanza ai sensi dell’art. 6, co. 2, del DPR 223/2010.
Il medesimo art. 2,
co. 7, del D.L. 63/2012 dispone che alla data del 31 marzo dell’anno successivo a quello di presentazione delle
relative domande, il provvedimento relativo all’erogazione dei contributi
diretti deve essere adottato comunque, sulla base delle risultanze istruttorie
acquisite, ferma restando la ripetizione delle somme indebitamente percepite.
In base all’art. 6, co. 2, del DPR 223/2010, annualmente il Dipartimento per l'informazione e l'editoria trasmette alla Guardia di finanza l'elenco dei soggetti ammessi al contributo ed i relativi importi erogati ai fini dello sviluppo di eventuali accertamenti e controlli, anche a campione.
L’art. 13 conferma – rispetto all’art. 6,
co. 1, del DPR 223/2010 – che il Dipartimento per l’informazione e l’editoria
effettua accertamenti e verifiche a
campione sulla documentazione presentata dai soggetti richiedenti, anche ai
fini dell’applicazione degli artt. 75 e 76 del DPR 445/2000 i quali regolano,
rispettivamente, la decadenza dai benefici eventualmente conseguenti ai
provvedimenti emanati in base a dichiarazioni non veritiere e le sanzioni
penali applicabili in caso di dichiarazioni mendaci, formazione o uso di atti
falsi, esibizione di atti contenenti dati non più rispondenti a verità.
Conseguentemente,
l’art. 32 dispone l’abrogazione dell’art. 6, co. 1, del DPR
223/2010.
Si valuti l’opportunità di riportare nel
presente schema di decreto legislativo anche la disciplina recata dall’art. 6,
co. 2, del DPR 223/2010, in materia di controlli effettuati dalla Guardia di
Finanza.
L’art. 14 reca le disposizioni specifiche riguardanti le testate espressione di minoranze linguistiche.
La principale novità rispetto alla normativa vigente è costituita dal riferimento a tutte le minoranze linguistiche riconosciute dall’art. 2 della L. 482/1999 (popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo).
Un’ulteriore novità è costituita dalla previsione che possano beneficiare dei contributi anche le
imprese che editano periodici.
A legislazione vigente, sono destinatarie dei contributi – ai sensi dell’art. 3, co. 2-ter, primo periodo, della L. 250/1990, e dell’art. 3 della L. 278/1991 – le imprese editrici che editano quotidiani in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige.
In particolare, l’art. 3 della L. 278/1991 ha stanziato risorse – in base all’interpretazione autentica resa dall’art. 3 della L. 224/1998, “aggiuntive” rispetto a quelle previste dalla L. 250/1990 – per l’erogazione di contributi in favore dei quotidiani in lingua slovena.
Conseguentemente, l’art. 32 dello schema sopprime nell’art. 3, co. 2-ter, primo periodo, della L. 250/1990, i riferimenti alle
imprese editrici che editino giornali
quotidiani in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome
Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige.
Con particolare riguardo ai requisiti per l’accesso ai contributi e al relativo procedimento di liquidazione, si
stabilisce che alle imprese editrici di quotidiani e periodici espressione
delle minoranze linguistiche si
applicano le disposizioni recate per le cooperative giornalistiche, gli
enti senza fini di lucro e le imprese il cui capitale sia detenuto interamente
o in misura maggioritaria da enti senza fini di lucro, ad eccezione – in virtù della possibilità concessa dalla legge
delega – di quelle che stabiliscono
requisiti relativi alla forma societaria.
Sempre in virtù di quanto stabilito dalla legge delega, alle stesse imprese non si applica il limite al contributo complessivamente erogabile (pari, come ante visto, al 50% rispetto ai ricavi dell’impresa).
La relazione illustrativa evidenzia, al riguardo, che tali deroghe si giustificano in ragione della specificità delle pubblicazioni espressione delle minoranze linguistiche e della tutela alle stesse riservata dalla Costituzione.
Si, ribadisce, tuttavia,
che i contributi sono concessi a tale categoria di imprese nei limiti delle risorse ad essa assegnate con il DPCM che ripartisce le somme destinate
ai diversi interventi della Presidenza del Consiglio, e che, in caso di
insufficienza delle risorse, agli aventi diritto spettano contributi ridotti
mediante riparto proporzionale.
Gli artt. 15-24 recano le disposizioni specifiche riguardanti la stampa italiana diffusa all’estero.
In particolare, in base all’art. 15, possono beneficiare del contributo le imprese, comunque costituite, che editano, in Italia o all’estero, quotidiani o periodici italiani prevalentemente diffusi all’estero.
Peraltro, lo stesso art. 15 prevede che i benefici sono concessi alle imprese editrici di cui all’art. 2, co. 1, lett. g), che, invece – in accordo con quanto dispone la legge delega –, fa riferimento alle imprese editrici di quotidiani e di periodici italiani editi e diffusi all’estero o editi in Italia e diffusi prevalentemente all’estero.
Come già anticipato, è
necessario, dunque, un coordinamento.
A legislazione vigente, beneficiano dei contributi:
- le imprese editrici di quotidiani italiani editi e diffusi all’estero (art. 3, co. 2-ter, terzo e quarto periodo, L. 250/1990, abrogati dall’art. 32 dello schema);
- le imprese editrici di periodici italiani pubblicati all’estero, nonché di pubblicazioni con periodicità almeno trimestrale edite in Italia e diffuse prevalentemente all’estero (art. 1-bis, D.L. 63/2012, abrogato dall’art. 32 dello schema).
Si considerano prevalentemente diffusi all’estero i quotidiani e i periodici con una diffusione all’estero non inferiore al 60% delle copie complessivamente distribuite, ovvero, per i quotidiani editi esclusivamente in formato digitale, quelli che raggiungono una percentuale di utenti unici mensili all’estero non inferiore al 60% del numero totale di “utenti mensili“.
Sembrerebbe opportuno
chiarire se la percentuale di utenti unici mensili raggiunti all’estero deve
essere calcolata sul totale di utenti mensili o sul totale di utenti unici mensili.
L’art. 16 dispone che, salvo diversa previsione (che, ad es., è recata dall’art. 20, co. 3), gli importi monetari sono convertiti in euro secondo il tasso di cambio medio rilevato dalla Banca d’Italia per l’anno al quale si riferisce il contributo.
Le soglie minime e massime dei contributi non sono convertite in valuta straniera.
Prevede, infine, che la documentazione in lingua straniera è accompagnata dalla traduzione in lingua italiana, con conformità al testo straniero certificata dal competente ufficio consolare o da “un traduttore ufficiale”.
Al riguardo si ricorda che, come risulta dalla modulistica predisposta dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria per l’accesso ai contributi relativi al 2016, la documentazione in lingua straniera deve essere accompagnata dalla traduzione giurata in lingua italiana, ai sensi dell’art. 6, co. 5, del DPR 525/1997, interamente abrogato dall’art. 32 dello schema.
Si introducono, dunque, ora, nuove modalità di certificazione della conformità della traduzione.
Occorrerebbe chiarire
che cosa si intenda con l’espressione “traduttore ufficiale”.
L’art. 17 definisce i requisiti previsti per la tipologia di testate in titolo. In particolare:
· alle imprese editrici di quotidiani italiani editi in Italia e diffusi prevalentemente all’estero si applicano tutti i requisiti previsti dall’art. 5;
· alle imprese editrici di quotidiani italiani editi all’estero e ivi prevalentemente diffusi si applicano i requisiti previsti dall’art. 5, fatta eccezione per quelli relativi al regolare adempimento degli obblighi derivanti dai contratti collettivi, nazionali o territoriali, di lavoro, all’iscrizione al Registro delle imprese, all’iscrizione al ROC e alla conformità degli assetti societari alla normativa vigente.
Inoltre, è richiesto che i testi siano scritti almeno per il 50% in lingua italiana.
Infine, si stabilisce che, ai fini del requisito relativo alla percentuale di vendita della edizione cartacea, i quotidiani diffusi prevalentemente all’estero sono equiparati alle testate nazionali. Pertanto, anche in tal caso è richiesta una percentuale minima di vendita del 20% delle copie distribuite.
L’art. 18 definisce i criteri di calcolo del contributo, senza differenze fra quotidiani editi in Italia e quotidiani editi all’estero.
Anche in questo caso si conferma il principio, già previsto dall’art. 2, co. 2, del D.L. 63/2012, in base al quale il contributo comprende una quota di rimborso dei costi direttamente connessi alla produzione della testata e una quota per le copie vendute, al quale si aggiungono ora eventuali, ulteriori, quote “premiali” ed eventuali riduzioni del contributo.
In particolare, i criteri di calcolo del contributo sono quelli previsti dagli artt. 8 e 9 dello schema di decreto, con la specifica che per personale dipendente si intende quello assunto secondo la normativa del Paese dove ha luogo la prestazione lavorativa, e con esclusione degli incentivi volti a sostenere le imprese innovative.
In virtù del rinvio all’art. 8, pertanto, anche alle imprese
in questione si applica il limite relativo al contributo massimo erogabile, non superiore al 50% dei ricavi
dell’impresa, e la previsione che il contributo non viene erogato se di importo inferiore a € 5.000.
Per l’edizione in formato digitale della testata si
applicano, altresì, le definizioni e le altre previsioni recate dall’art. 7
che, tuttavia, non attengono prettamente ai
criteri di calcolo del contributo.
Si valuti, pertanto,
l’opportunità di inserire tale previsione in altro articolo.
L’art. 19 stabilisce che le domande devono essere presentate entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento del contributo. Le domande presentate oltre tale termine sono inammissibili.
Le imprese che editano in Italia presentano la domanda direttamente al Dipartimento per l’informazione e l’editoria, mentre le imprese che editano all’estero presentano la domanda al medesimo Dipartimento tramite l’ufficio consolare italiano di prima categoria territorialmente competente per il luogo dove ha sede legale l’editore.
I documenti che devono essere presentati contestualmente alla domanda ricalcano, per la gran parte, ma con alcune differenze, quelli previsti dall’art. 10.
In particolare, si conferma la necessità di presentazione dell’atto costitutivo, dello statuto, di un campione di numeri della testata, nonché di una dichiarazione sostitutiva. Con riguardo al contenuto di quest’ultima, rispetto a quanto previsto dall’art. 10 si richiede, in particolare, che essa attesti:
·
il numero dei dipendenti, con l’indicazione del
numero dei giornalisti, della tipologia del contratto di assunzione e della
relativa durata;
· il regolare adempimento degli obblighi previsti dalla normativa in materia di lavoro e previdenza vigente nel Paese dove ha luogo la prestazione lavorativa del personale dipendente;
· la proprietà della testata per la quale si richiede il contributo. Sono però fatte salve le testate in affitto o in cessione d’uso per le quali le imprese hanno già beneficiato del contributo.
Non è, invece, richiesto, fra l’altro, che la dichiarazione sostitutiva attesti l’assetto societario e il numero dei giornalisti dipendenti associati.
Con riferimento
all’atto costitutivo e allo statuto, nonché alla dichiarazione sostitutiva, si
rinvia a quanto osservato nel commento relativo all’art. 10.
Inoltre, si segnala
che, a fronte della previsione che contestualmente alla domanda deve essere
presentata una dichiarazione sostitutiva attestante, tra l’altro, il regolare adempimento degli obblighi
previsti dalla normativa in materia di lavoro e di previdenza vigente nel
Paese dove ha luogo la prestazione lavorativa del personale dipendente, l’art.
17 non inserisce tale elemento tra i requisiti previsti per i quotidiani editi
all’estero e ivi prevalentemente diffusi.
Si conferma anche, al 30 settembre dell’anno successivo a quello di riferimento del contributo, il termine previsto per la presentazione della ulteriore documentazione. In particolare, rispetto a quanto previsto dall’art. 10, si richiede:
· bilancio di esercizio corredato di verbali e relazioni, redatto secondo la normativa del Paese dove ha sede l’impresa editrice;
· prospetto analitico dei costi connessi alla produzione della testata, con l’indicazione degli strumenti di pagamento (mentre non si specifica nulla per il caso di edizione di più testate);
· prospetto analitico dei dati concernenti le copie distribuite e vendute, per singolo canale di distribuzione e luogo di diffusione (mentre non è richiesto nulla circa l’effettivo prezzo di vendita);
· prospetto dei ricavi dell’impresa, comprensivo degli introiti derivanti dalle vendite della testata per la quale si richiede il contributo e dalla pubblicità, nonché del contributo eventualmente percepito;
· prospetto analitico dei dati concernenti l’edizione in formato digitale, con l’indicazione dei costi, delle copie digitali vendute su base annua, singolarmente o in abbonamento, e della diffusione.
Tutti i prospetti devono essere certificati da una società di revisione abilitata secondo la normativa del Paese dove ha sede l’impresa editrice.
Infine, occorre presentare il parere reso, ai sensi dell’art. 2, co. 4, lett. h), della L. 286/2003 dal Comitato degli italiani all’estero della circoscrizione consolare di riferimento.
Conseguentemente, l’art. 32 abroga l’art. 1, co. 5, del D.L. 63/2012.
Si valuti
l’opportunità di specificare che anche l’ulteriore documentazione è trasmessa
al Dipartimento per l’informazione e l’editoria tramite l’ufficio consolare
italiano di prima categoria territorialmente competente per il luogo dove ha
sede legale l’editore.
L’istruttoria per l’ammissione al contributo è curata dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria con il supporto del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con particolare riferimento all’acquisizione, da parte del competente capo dell’ufficio consolare italiano di prima categoria, della dichiarazione che il quotidiano è diffuso presso la comunità italiana presente nel Paese di riferimento e riveste interesse per la stessa.
Il termine per la conclusione del procedimento è fissato al 28 febbraio dell’anno successivo a quello di presentazione della domanda. A tale data il provvedimento è comunque adottato, fermo restando il potere dell’amministrazione, all’esito dei controlli successivi disposti annualmente dalla Guardia di Finanza ai sensi dell’art. 6, co. 2, del DPR 223/2010, di procedere al recupero delle somme che risultino indebitamente percepite.
Al riguardo,
considerato che alcune imprese editano all’estero, si valuti l’opportunità di
fare generico riferimento a “controlli successivi” (come nell’art. 23, co. 4,
con riguardo ai periodici diffusi prevalentemente all’estero).
L’art. 20 specifica, anzitutto, come già accennato, che le imprese editrici di quotidiani diffusi prevalentemente all’estero concorrono al riparto proporzionale con le cooperative giornalistiche, gli enti senza fini di lucro e le imprese il cui capitale sia detenuto interamente o in misura maggioritaria da enti senza fini di lucro, nei limiti delle risorse ad essi destinate con il DPCM che ripartisce le somme relative ai diversi interventi della Presidenza del Consiglio.
Anche per le imprese editrici di quotidiani diffusi prevalentemente all’estero il contributo è erogato in due rate, secondo le modalità e le condizioni previste dall’art. 11.
Il contributo è pagato in euro, ovvero, su domanda del beneficiario, nella valuta del Paese di riferimento, in importo determinato secondo il tasso di cambio del giorno del pagamento.
Con riferimento a tali testate, la relazione illustrativa sottolinea, preliminarmente, che la recente disciplina recata dal DPR 138/2014 – abrogato dall’art. 32 dello schema – ha contemperato l’esigenza di introdurre, anche per questo segmento editoriale, regole più allineate con quelle generali in materia di contributi all’editoria, con la necessità di tener conto di realtà editoriali prive di un’organizzazione professionale strutturata, ma che, tuttavia, svolgono un’importante funzione di testimonianza della cultura italiana anche in paesi in via di sviluppo.
Evidenzia, dunque, che, alla luce dell’esperienza maturata, con lo schema di decreto si cerca di rendere più omogenei, per quanto possibile, modalità e criteri per il calcolo del contributo a quelli applicati per altre categorie di imprese, salvaguardando, al contempo, la specificità del settore, caratterizzato, peraltro, da realtà molto diverse fra loro, attraverso la previsione di alcune deroghe nei requisiti di accesso che, ove richiesti, porterebbero all’esclusione di editori e realtà senza scopo di lucro operanti in paesi connotati da scarso sviluppo economico ed industriale.
L’art. 21, in parte modificando quanto previsto dall’art. 1-bis del D.L. 63/2012, come già detto abrogato dall’art. 32 dello schema, stabilisce che:
· alle imprese editrici di periodici italiani editi in Italia e diffusi prevalentemente all’estero, si applicano i requisiti previsti dall’art. 5, fatta eccezione per quelli relativi a:
- edizione della testata in formato digitale; come si vedrà più avanti, sebbene l’edizione in formato digitale non costituisca requisito, questa, laddove presente in parallelo con l’edizione su carta, è comunque considerata ai fini del calcolo del contributo spettante all’impresa;
-
impiego
di almeno 3 dipendenti, con prevalenza di giornalisti regolarmente assunti
con contratto di lavoro a tempo
indeterminato;
- percentuale minima di vendita della testata in formato cartaceo;
· alle imprese editrici di periodici italiani editi all’estero e ivi prevalentemente diffusi si applicano i requisiti previsti dall’art. 5, fatta eccezione, oltre che per quelli già esclusi per le imprese che editano i periodici in Italia, anche per i seguenti:
- regolare adempimento degli obblighi derivanti dal contratto collettivo di lavoro applicato dall’impresa editrice;
- iscrizione al Registro delle imprese, iscrizione al ROC, conformità degli assetti societari alla normativa vigente;
- proprietà della testata per la quale si richiede il contributo.
Per entrambe le tipologie di imprese, inoltre, ai fini dell’accesso al contributo sono richieste:
· la periodicità almeno trimestrale della testata nell’anno di riferimento del contributo;
· la trattazione di argomenti di interesse delle comunità italiane all’estero, anche con riferimento alla diffusione della lingua e della cultura italiana e al contributo alla promozione del sistema Italia all’estero, attestati dal capo dell’ufficio consolare italiano di prima categoria competente.
Infine, come per i quotidiani editi all’estero e ivi prevalentemente diffusi, anche per i periodici editi all’estero e ivi prevalentemente diffusi la trattazione deve essere svolta con testi scritti almeno per il 50% in lingua italiana.
Come nel caso
dell’art. 19, anche per l’art. 23, laddove lo stesso stabilisce che
contestualmente alla domanda deve essere presentata una dichiarazione
sostitutiva attestante, tra l’altro, il regolare
adempimento degli obblighi previsti dalla normativa in materia di lavoro e di
previdenza vigente nel Paese dove ha luogo la prestazione lavorativa del
personale dipendente, si segnala che tale elemento non è inserito tra i
requisiti previsti dall’art. 21 per i periodici editi all’estero e ivi
prevalentemente diffusi.
Per effetto di quanto disposto, dunque, rispetto a quanto previsto dal D.L. 63/2012 e dal DPR 138/2014, diminuisce anche in tal caso l’anzianità minima di costituzione dell’impresa e di edizione della testata, attualmente pari a 3 anni.
Si confermano, invece, le previsioni relative alla periodicità almeno trimestrale della testata e, per i periodici editi all’estero, la scrittura dei testi almeno per il 50% in lingua italiana.
In base all’art. 24, co. 1 e 2, la quota destinata ai periodici diffusi prevalentemente all’estero è stabilita con il DPCM che ripartisce le risorse del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione spettanti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Con ulteriore DPCM, emanato di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, sono stabilite le quote degli stanziamenti assegnati alle imprese editrici di periodici editi in Italia e diffusi prevalentemente all’estero e alle imprese editrici di periodici editi all’estero e ivi prevalentemente diffusi.
In sede di prima applicazione, sostanzialmente confermando la disciplina recata dall’art. 6, co. 1, del già citato DPR 138/2014, si stabilisce che:
· il 70% dello stanziamento è assegnato alle imprese editrici di periodici editi all’estero e ivi prevalentemente diffusi;
· il 30% dello stanziamento è assegnato alle imprese editrici di periodici editi in Italia e diffusi prevalentemente all’estero.
Nello specifico, l’art. 22 conferma – rispetto all’art. 6, co. 2, del DPR 138/2014 – che, nell’ambito di ciascuno dei due stanziamenti, una quota pari al 10% è ripartita in parti uguali fra gli aventi titolo, ma dispone che la restante quota del 90% è destinata al rimborso dei costi di produzione della testata e alla remunerazione per le copie vendute, secondo criteri specifici per tali categorie di imprese.
Anche per tali imprese, in caso di insufficienza delle risorse, agli aventi titolo i contributi spettano mediante riparto proporzionale.
In base all’art. 6, co. 2, del DPR 138/2014, nell'ambito delle due quote i contributi sono così ripartiti:
a) 10% in parti uguali tra tutti gli aventi titolo;
b) 5% in parti uguali fra gli aventi titolo che contribuiscono in modo significativo alla promozione del sistema Italia all'estero e presentano una consistenza informativa di particolare rilevanza;
c) 20% in ragione della diffusione presso le comunità italiane all'estero e dell'apporto alla diffusione della lingua e della cultura italiana, quali desumibili dal numero di copie effettivamente distribuite nell'anno solare di riferimento;
d) 30% in proporzione al numero di copie di effettive uscite documentate nel corso dell'anno;
e) 30 % in proporzione al numero di pagine pubblicate per ciascun numero, rapportate al formato tipo di cm 43'59, con esclusione dello spazio pubblicitario;
f) 5% in proporzione al numero di copie vendute anche in formato digitale a fronte di corrispettivi o abbonamenti rispettivamente documentati.
In particolare, relativamente alla quota di contributo rapportata ai costi, i costi considerati ammissibili – tra quelli sostenuti nell’anno di riferimento del contributo, connessi alla produzione della testata su carta o in formato digitale, in parallelo con l’edizione cartacea (secondo la definizione e le caratteristiche recate dall’art. 7, co. 1 e 2) – sono pressoché analoghi a quelli indicati all’art. 8.
La principale differenza riguarda il costo per i giornalisti e per il personale dipendente addetto alla produzione della testata, per il quale è qui stabilito il limite massimo complessivo di € 50.000 (mentre l’art. 8 non prevede un limite massimo complessivo, specificando, invece, l’importo massimo ammissibile per ciascun dipendente appartenente alle tipologie indicate). Si specifica, inoltre, che per personale dipendente si intende quello assunto secondo la normativa del Paese dove ha luogo la prestazione lavorativa.
Infine, le voci riguardanti i costi per l’acquisto della carta, per la stampa, per la distribuzione, per l’abbonamento ai notiziari delle agenzie di stampa non contengono alcune specifiche presenti, invece, nell’art. 8.
Si valuti l’opportunità di chiarire se le specifiche presenti nell’art. 8 si applicano comunque anche alle imprese che editano, in Italia o all’estero, periodici italiani diffusi prevalentemente all’estero.
La percentuale di rimborso è pari al 50% per i costi relativi a giornalisti e personale dipendente, acquisto della carta, stampa, distribuzione e abbonamento ai notiziari delle agenzie di stampa e al 75% per i costi relativi ad hardware, software, applicativo per l’edizione digitale, sito web, sistemi di pubblicazione, aree interattive con i lettori e piattaforme che permettano l’integrazione con sistemi di pagamento digitali.
La quota di contributo per le copie vendute, anche in formato digitale, è di € 0,25 per ogni copia. Se il prezzo effettivo di vendita, convertito in euro secondo il tasso di cambio medio rilevato dalla Banca d’Italia per l’anno cui il contributo si riferisce, è inferiore, il contributo per ogni copia venduta è pari all’effettivo prezzo di vendita.
Per le definizioni di copie distribuite e vendute si rinvia a quelle recate dall’art. 6 e, per l’edizione digitale, dall’art. 8, co. 12.
Si conferma il tetto massimo al contributo complessivamente erogabile per ciascun periodico (attualmente previsto dall’art. 4, co. 5, del DPR 138/2014) che non può superare il 5% dello stanziamento annuale destinato alla stampa periodica italiana all’estero. Non si applica, invece, il limite del contributo minimo erogabile di cui all’art. 8, co. 16 (pari a € 5.000).
La relazione illustrativa fa presente che tale deroga risponde all’esigenza di non sfavorire realtà locali di piccola dimensione, per le quali è importante poter accedere ad un contributo relativamente modesto per gli standard italiani, ma che può diventare significativo in ragione del tasso di cambio o del costo relativo della vita.
In base all’art. 23, il termine per la presentazione delle domande è fissato al 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento del contributo. Le domande presentate oltre tale termine sono inammissibili.
Anche in tal caso, le imprese editrici di periodici editi in Italia e diffusi prevalentemente all’estero presentano le domande direttamente al Dipartimento per l’informazione e l’editoria, mentre le imprese editrici di periodici editi all’estero ed ivi prevalentemente diffusi presentano le domande al medesimo Dipartimento, entro il termine indicato, per il tramite dell’ufficio consolare italiano di prima categoria territorialmente competente per il luogo ove ha sede legale l’editore.
Per la presentazione delle domande, l’art. 3, co. 1, del DPR 138/2014 prevede lo stesso termine del 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento dei contributi. Tuttavia, il co. 2 dispone che, per i periodici pubblicati all’estero, le domande, presentate entro il 31 marzo alla rappresentanza diplomatica o consolare territorialmente competente per il luogo ove ha sede legale l’editore, sono da questa trasmesse al Dipartimento per l’informazione e l’editoria entro il 30 maggio.
Si riscontrano alcune differenze con riferimento alla documentazione da presentare, fondamentalmente perché questa deve essere tutta prodotta contestualmente alla domanda (non essendo previsto un secondo termine di presentazione di ulteriore documentazione). Ciò, sembra giustificarsi in ragione del diverso, e più breve, termine previsto per la conclusione del procedimento (v. infra).
In rapporto ai documenti istruttori di cui all’art. 10, si conferma la necessità di presentazione dell’atto costitutivo, dello statuto (in tal caso, senza specifiche: si veda quanto osservato per i riferimenti presenti nell’art. 10), di un campione di numeri della testata, nonché di una dichiarazione sostitutiva.
Con riguardo al contenuto di quest’ultima, si richiede, tra l’altro, come già detto, che essa attesti il regolare adempimento degli obblighi previsti dalla normativa in materia di lavoro e di previdenza vigente nel Paese dove ha luogo la prestazione lavorativa del personale dipendente.
L’ulteriore documentazione da presentare contestualmente alla domanda è costituita da:
· prospetto analitico dei costi connessi alla produzione della testata (mentre non si specifica nulla per il caso di edizione di più testate);
· prospetto analitico dei dati concernenti le copie distribuite e vendute per singolo canale di distribuzione e luogo di diffusione (mentre non è richiesto nulla circa l’effettivo prezzo di vendita);
· prospetto delle copie digitali vendute, singolarmente o in abbonamento, su base annua.
I tre prospetti indicati devono essere certificati da una società di revisione abilitata secondo la normativa dello Stato in cui ha sede l’impresa editrice, ovvero devono essere corredati da documentazione idonea a comprovarli.
Attualmente, l’art. 3, co. 3, del DPR 138/2014 prevede che, in alternativa alla certificazione rilasciata da primarie società di revisione operanti nel Paese di riferimento, attestante la tiratura, il numero di uscite annue, la distribuzione e la vendita del periodico per area geografica, l’editore può allegare alla domanda la documentazione dimostrativa della tiratura dichiarata, della distribuzione e delle copie vendute mediante presentazione delle copie autenticate delle fatture, munite di quietanza di pagamento, del fornitore del servizio o dei materiali. In tale ipotesi, peraltro, prevede che l’ammontare del contributo è diminuito del 30% e i fondi così resisi disponibili sono ripartiti proporzionalmente in favore delle imprese editrici che adottano la procedura di certificazione dei dati.
Infine, occorre presentare il parere reso, ai sensi dell’art. 2, co. 4, lett. h), della L. 286/2003 dal Comitato degli italiani all’estero della circoscrizione consolare di riferimento.
Come previsto per i quotidiani diffusi prevalentemente all’estero, l’istruttoria per l’ammissione al contributo è curata dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria con il supporto del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con particolare riferimento all’acquisizione, da parte del competente capo dell’ufficio consolare italiano di prima categoria, della dichiarazione che il quotidiano è diffuso presso la comunità italiana presente nel Paese di riferimento e riveste interesse per la stessa.
Il procedimento per la concessione dei contributi si conclude entro il 31 ottobre dell’anno successivo a quello cui si riferisce il contributo. A tale data il provvedimento è comunque adottato sulla base delle risultanze istruttorie acquisite, fermo restando il potere dell’amministrazione, all’esito dei successivi controlli, di recuperare le somme che risultino indebitamente percepite.
Rispetto alla legislazione vigente, viene meno la commissione incaricata di accertare la sussistenza dei requisiti di ammissione ai contributi e di deliberarne la liquidazione, prevista dall’art. 1-bis del D.L. 63/2012 – come già detto, abrogato dall’art. 32 dello schema – e specificata nella sua composizione dall’art. 2 del DPR 138/2014.
Al riguardo, la relazione illustrativa evidenzia che tale organo non è più previsto poiché è venuto meno uno dei suoi compiti principali, vale a dire la valutazione, da parte dei componenti, dei contenuti delle riviste. Inoltre, la soppressione della Commissione risponde anche all’opportunità di evitare possibili conflitti di interesse o situazioni di incompatibilità con i partecipanti alla Commissione stessa che, in alcuni casi, sono anche gli editori delle testate per le quali si richiede il contributo.
Con riguardo all’erogazione, l’art. 24, co. 3 e 4, specifica che il contributo è pagato – si intenderebbe in un’unica rata – in euro, ovvero, su domanda del beneficiario, nella valuta del Paese di riferimento, in importo determinato secondo il tasso di cambio del giorno del pagamento.
Inoltre – ricalcando quanto prevede l’art. 11, co. 6 – , dispone che, per le imprese editrici di periodici editi in Italia, il pagamento è subordinato all’accertamento della regolarità dell’impresa nel versamento dei contributi previdenziali e negli adempimenti a seguito della verifica relativa alla riscossione delle imposte sui redditi.
Gli artt. 25, co. 1, e da 26 a 28 disciplinano i contributi a sostegno dell’editoria speciale periodica per non vedenti e ipovedenti.
La relazione illustrativa fa presente che in buona parte le disposizioni riproducono la disciplina vigente, integrandola con regole già entrate nel procedimento per prassi consolidata in via amministrativa.
In particolare, l’art. 25, co. 1, conferma – come indicato dalla legge delega – che i contributi sono concessi per i periodici pubblicati con caratteri tipografici normali, braille, su nastro magnetico o su supporti informatici destinati ad utenti non vedenti e ipovedenti, nonché ad enti o istituzioni che operano a sostegno del settore.
La disciplina vigente è recata dall’art. 28, co. 5, della L. 67/1987 - che aveva destinato all’editoria speciale periodica per non vedenti, prodotta con caratteri tipografici normali, su nastro magnetico e braille un contributo di 500 milioni di lire annui – e dal DPR 78/1990, abrogati dall’art. 32 dello schema.
Con riferimento all’entità del contributo, si ricorda che, dopo un primo intervento operato dall’art. 8 del D.L. 542/1996 (L. 649/1996) – che aveva innalzato lo stesso a 1.000 mln nel 1994 e a 950 mln dal 1995 –, l’art. 1, co. 462, della L. 266/2005 ha disposto che il contributo è pari a 1.000 mln di lire annui. Entrambe le disposizioni sono abrogate dall’art. 32 dello schema.
A seguito dell’introduzione nell’ordinamento del principio del riparto proporzionale da applicare in caso di insufficienza delle risorse (art. 2, co. 62, L. 191/2009), solo per il 2009 l’art. 10-sexies del D.L. 194/2009 (L. 25/2010) ha disposto la non applicabilità dello stesso all’editoria speciale periodica per non vedenti, prevedendo la corresponsione, in presenza dei requisiti previsti, di un contributo pari al 100% dell'importo calcolato secondo i parametri stabiliti dalla legislazione vigente, comunque non superiore a quello spettante per l'anno 2008.
L’art. 26 definisce i requisiti di accesso, distinguendo fra enti ed associazioni, da un lato, ed imprese dall’altro.
Agli enti e alle associazioni si applicano i requisiti, previsti dall’art. 5, relativi a:
· anzianità di costituzione dell’impresa e di edizione della testata di almeno due anni maturati prima dell’annualità per la quale è presentata la domanda di contributo;
·
proprietà
della testata per la quale si richiede il contributo (con le eccezioni previste
dallo stesso art. 5);
· obbligo di dare evidenza, nell’edizione della testata, del contributo ottenuto e di tutti gli ulteriori finanziamenti a qualunque titolo ricevuti.
Alle imprese si applicano, oltre ai requisiti sopra indicati, anche i seguenti, sempre previsti dall’art. 5:
· regolare adempimento degli obblighi derivanti dal contratto collettivo di lavoro, nazionale o territoriale;
· iscrizione al Registro delle imprese, ove richiesto in base alla normativa vigente;
· iscrizione al ROC e conformità degli assetti societari alla normativa vigente.
Inoltre, per entrambe le categorie di soggetti è richiesto che la testata abbia una periodicità almeno quadrimestrale nell’anno di riferimento del contributo.
La relazione illustrativa fa presente che tale requisito, finora non previsto, è stato introdotto per ragioni di uniformità con le altre categorie che editano periodici, per le quali è richiesto un requisito minimo di periodicità.
Si segnala che l’art.
28 stabilisce che contestualmente alla domanda devono essere presentate le
credenziali per l’accesso all’edizione
digitale, mentre l’edizione in tale formato non è inclusa tra i requisiti
previsti dall’art. 26.
Peraltro, come si vedrà, l’art. 27 destina a tutti gli aventi diritto, ripartendolo in parti uguali, il 10% delle risorse disponibili al fine della diffusione delle riviste in formato digitale accessibile agli utenti.
L’art. 27 disciplina l’erogazione del contributo – si intenderebbe in un'unica rata – e i criteri di calcolo dello stesso, anzitutto ribadendo che la quota delle risorse per il sostegno dell’editoria periodica per non vedenti e ipovedenti è stabilita con il DPCM che annualmente ripartisce le risorse destinate ai diversi interventi della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Rispetto all’assetto vigente, cambiano i criteri per la ripartizione delle risorse, prevedendo una maggiore articolazione degli stessi. In particolare, si prevede che:
· il 10% della quota è ripartito in parti uguali fra gli aventi diritto;
· il 30% della quota è ripartito in proporzione al numero delle uscite. Al riguardo, si precisa che i supplementi non rilevano come uscite e che, nel caso di pubblicazione su supporto informatico, le uscite devono essere considerate in relazione al singolo supporto;
· il 50% della quota è ripartito in proporzione al numero delle copie distribuite nell’anno di riferimento del contributo. Di tale importo, l’85% è destinato alla diffusione delle riviste in braille, ovvero su supporti informatici e su nastro magnetico, mentre il 15% è destinato alla diffusione in caratteri normali;
· il 10% della quota è ripartito in parti uguali, e destinato alla diffusione delle riviste in formato digitale accessibile agli utenti.
Ai fini del calcolo della parte di contributo rapportata al numero di copie distribuite, l’art. 27, co. 3, secondo periodo, stabilisce che i supplementi sono considerati a parte solo se spediti autonomamente rispetto alla rivista principale e, comunque, fino a un massimo del 40% dei numeri della rivista principale.
Al riguardo, la relazione illustrativa fa presente che i criteri tengono conto, da un lato, di specifiche richieste avanzate dalle associazioni rappresentative del settore e, dall’altro, della valorizzazione, anche per tale categoria, di incentivi alla diffusione delle riviste in formato digitale.
L’art. 2 del DPR 78/1990 dispone che il contributo è ripartito per un quinto in parti uguali fra gli aventi diritto e, per la restante parte, in proporzione al numero delle uscite, nonché alla diffusione della testata.
Anche per tali categorie di soggetti si prevede un tetto al contributo complessivamente erogabile a ciascuna impresa, che non può essere superiore al 10% dello stanziamento assegnato.
Non si applica, invece, il limite del contributo minimo erogabile di cui all’art. 8, co. 16 (pari a € 5.000).
La relazione illustrativa fa presente che ciò risponde all’esigenza della maggiore tutela dei destinatari del contributo.
L’art. 28 dispone che il termine per la presentazione delle domande, che devono essere sottoscritte dal legale rappresentante dell’impresa o dell’associazione, è fissato al 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento del contributo. Le domande presentate oltre tale termine sono inammissibili.
Si tratta dello stesso termine previsto dall’art. 3 del già citato DPR 78/1990.
Si riscontrano, invece, alcune differenze con riferimento alla documentazione, che deve essere presentata tutta contestualmente alla domanda.
In particolare, sia le imprese che le associazioni devono presentare:
· l’atto costitutivo e lo statuto vigente;
· il certificato di registrazione delle testate presso la cancelleria del tribunale competente;
· i documenti attestanti le spedizioni postali o altra modalità di distribuzione delle pubblicazioni, e le richieste o l’adesione dei fruitori dei periodici a ricevere le stesse, anche in connessione alla quota associativa;
· un campione delle testate edite nell’anno di riferimento dei contributi;
· le credenziali per l’accesso all’edizione digitale;
· una dichiarazione sostitutiva attestante:
- l’anzianità di costituzione dell’impresa e di edizione della testata;
- la proprietà della testata per la quale si richiede il contributo. Al riguardo, invece di richiamare le eccezioni previste dall’art. 5 – al quale fa riferimento, invece, l’art. 26, co. 1, primo periodo, nell’indicare i requisiti –, si fanno salve le testate in affitto o in cessione d’uso per le quali le imprese hanno già beneficiato del contributo.
E’ necessario, dunque, un coordinamento;
- le cariche sociali ed eventuali variazioni;
- la periodicità, il numero di uscite e il numero di copie distribuite nell’anno. Con riguardo alla periodicità, si evidenzia che tra i requisiti richiesti non sono presenti riferimenti a tale elemento.
Anche in questo caso è,
dunque, necessario un coordinamento.
Non si prevede,
invece, che la dichiarazione sostitutiva attesti, per le imprese, i requisiti,
pur richiesti, relativi al regolare adempimento degli obblighi derivanti dal
contratto collettivo di lavoro, alla regolare iscrizione al Registro delle
imprese e al ROC e alla conformità degli assetti societari alla normativa
vigente.
Al riguardo, è opportuno un chiarimento.
L’art. 3 del DPR 78/1990 stabilisce che alle domande devono essere allegati, tra l’altro:
- per le società e gli enti morali: copia autentica in bollo dell'atto costitutivo, dello statuto e dei verbali di assemblea contenenti le nomine degli organi sociali in carica alla data della domanda;
- per le imprese individuali: certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura;
- elenco delle testate edite, comprese quelle su nastro magnetico, corredato dai certificati di registrazione delle stesse presso il tribunale, nonché da un prospetto indicante i giorni di uscita e le copie diffuse di ciascun numero. I dati sono comprovati mediante invio di dichiarazioni del Ministero delle poste e delle telecomunicazioni circa il numero delle copie spedite, ovvero di altra documentazione utile a dimostrarne la veridicità.
Stabilisce, inoltre, che l’amministrazione effettua verifiche a campione, secondo quanto previsto dall’art. 13, e che il procedimento per la concessione del contributo si conclude entro il 30 settembre dell’anno successivo a quello di riferimento del contributo.
A tale data il provvedimento è comunque adottato sulla base delle risultanze istruttorie acquisite, fermo restando il potere dell’amministrazione, all’esito dei successivi controlli, di recuperare le somme che risultino indebitamente percepite.
Gli artt. 25, co. 2, e da 29 a 31 disciplinano i contributi a sostegno dei periodici editi dalle associazioni dei consumatori e degli utenti.
La disciplina vigente è recata dall’art. 138 del d.lgs. 206/2005, recante Codice del consumo, e dal DPCM 218/1999, emanato sulla base della analoga disciplina previgente recata dall’art. 6 della L. 281/1998.
A sua volta, l’art. 7 della stessa L. 281/1998 ha autorizzato la spesa di 1 mld di lire annue per la corresponsione dei contributi.
Tutte le disposizioni indicate sono abrogate dall’art. 32 dello schema.
Al riguardo, si segnala che l’art. 6 della L. 281/1998 risulta già
abrogato. Infatti, l’art. 146 del d.lgs. 206/2005 ha abrogato tutta la L.
281/1998, ad eccezione delle disposizioni di cui all'art. 7.
L’art. 25, co. 2, dispone che i contributi sono concessi alle associazioni dei consumatori e degli utenti di cui all’art. 2, co. 1, lett. f), per i periodici divulgativi con contenuti strettamente attinenti alla tutela dei consumatori.
In particolare, in base all’art. 29, co. 1, possono accedere al contributo le associazioni che nell’anno di riferimento del contributo risultano regolarmente iscritte nell’elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico (art. 137 del d.lgs. 206/2005).
In base all’art. 1 del già citato DPCM 218/1999 possono accedere ai contributi le medesime associazioni sopra indicate “che pubblichino periodici attinenti all’attività statutaria”.
L’art. 29, co. 2 e 3, definisce i requisiti di accesso.
Si tratta dei requisiti, previsti dall’art. 5, relativi a:
· anzianità di costituzione dell’impresa e di edizione della testata di almeno due anni maturati prima dell’annualità per la quale è presentata la domanda di contributo;
·
proprietà
della testata per la quale si richiede il contributo (con le eccezioni previste
dallo stesso art. 5);
· obbligo di dare evidenza, nell’edizione della testata, del contributo ottenuto e di tutti gli ulteriori finanziamenti a qualunque titolo ricevuti.
In sostanza, si tratta degli stessi requisiti richiesti agli enti e alle associazioni che editano periodici per non vedenti e ipovedenti.
Per accedere al contributo, inoltre, si prevede, anche in tal caso, che la testata abbia una periodicità almeno quadrimestrale nell’anno di riferimento del contributo.
Si segnala, anche in
tal caso, che l’art. 31 stabilisce che contestualmente alla domanda devono
essere presentate le credenziali per l’accesso all’edizione digitale, mentre l’edizione in tale formato non è inclusa
tra i requisiti previsti dall’art. 29.
Peraltro, come si vedrà, l’art. 30 destina a tutti gli aventi diritto, ripartendolo in parti uguali, il 10% delle risorse disponibili al fine della diffusione delle riviste in formato digitale accessibile agli utenti.
L’art. 30 disciplina l’erogazione del contributo e i criteri di calcolo, anzitutto ribadendo che la quota delle risorse per il sostegno dei periodici editi dalle associazioni dei consumatori e degli utenti è stabilita con il DPCM che annualmente ripartisce le risorse destinate ai diversi interventi della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Rispetto all’assetto vigente, cambiano i criteri per la ripartizione delle risorse, prevedendo una maggiore articolazione degli stessi. In particolare, si prevede che:
· il 10% della quota è ripartito in parti uguali fra gli aventi diritto;
· il 25% della quota è ripartito in proporzione al numero delle uscite. Anche in tal caso, i supplementi non rilevano come uscite (ma possono rilevare ai fini del calcolo delle copie distribuite, secondo la stessa disciplina prevista dall’art. 27, co. 3, secondo periodo, per le copie distribuite nell’editoria speciale periodica per non vedenti e ipovedenti). A differenza di quanto avviene con l’editoria speciale periodica per non vedenti e ipovedenti, qui non vi è alcun riferimento al caso di pubblicazione su supporto informatico;
· il 40% della quota è ripartito in proporzione al numero delle copie distribuite nell’anno di riferimento del contributo;
· il 15% in proporzione al numero di copie vendute anche in connessione con il versamento della quota associativa mediante espressa doppia opzione;
· il 10% in parti uguali, per la diffusione delle riviste in formato digitale, secondo la definizione e le caratteristiche recate dall’art. 7, co. 1 e 2.
L’art. 2 del DPCM 218/1999 dispone che l’erogazione del contributo è effettuata annualmente ripartendo fra gli aventi diritto il 25% dell’importo complessivo in parti uguali, il 25% in proporzione al numero delle uscite effettive nel corso dell’anno e il 50% in proporzione al numero delle copie diffuse nel corso dell’anno.
Anche per tali categorie di soggetti si prevede un tetto al contributo complessivamente erogabile a ciascuna associazione, che non può essere superiore al 10% dello stanziamento assegnato a tale categoria di beneficiari.
Non si applica, invece, il limite del contributo minimo erogabile di cui all’art. 8, co. 16 (pari a € 5.000).
Anche in tal caso la relazione illustrativa fa presente che ciò deriva dalla particolare tutela rivolta al settore.
L’art. 31 posticipa il termine per la presentazione delle domande, che devono essere sottoscritte dal legale rappresentante dell’associazione, fissandolo al 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento del contributo. Le domande presentate oltre tale termine sono inammissibili.
In base all’art. 3 del DPCM 218/1999, le domande devono essere presentate entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento del contributo.
Anche in tal caso la documentazione deve essere presentata tutta contestualmente alla domanda. Si tratta, sostanzialmente, degli stessi documenti richiesti per la concessione del contributo a favore dei periodici per non vedenti e ipovedenti, con il riferimento, in tal caso, anche alla documentazione attestante l’avvenuta vendita, anche tramite abbonamenti per adesione in connessione alla quota associativa.
Con riferimento alla
documentazione inerente la proprietà
della testata, anche in questo caso si pone la necessità di un
coordinamento con quanto previsto dall’art. 29, co. 2, che rinvia all’art. 5,
co. 2, lett. d).
Sempre in analogia con la disciplina prevista per la concessione del contributo ai periodici per non vedenti e ipovedenti:
·
l’amministrazione effettua verifiche a campione;
· il procedimento si conclude entro il 30 settembre dell’anno successivo a quello cui si riferisce il contributo. A tale data, il provvedimento è adottato sulla base delle risultanze istruttorie acquisite, fermo restando il potere dell’Amministrazione, all’esito dei controlli successivi, di procedere al recupero delle somme che risultino indebitamente percepite.
L’art. 32 abroga, a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello dell’entrata in vigore del decreto (1° gennaio 2018), varie disposizioni, sia legislative che regolamentari, nonché recate da DPCM, superate dalla nuova disciplina recata dallo schema.
Le principali abrogazioni sono state indicate nei precedenti paragrafi.
Al riguardo, oltre a quanto segnalato nei precedenti
paragrafi, si evidenzia, in particolare, che, in relazione all’abrogazione
dell’art. 22 della L. 416/1981 – che riguarda i contributi sul prezzo della
carta dei quotidiani previsti per un quinquennio decorrente dal 1981 e poi
prorogati fino al 31 dicembre 1987 dall’art. 8 della L. 67/1987 – occorrerebbe abrogare anche l’art. 23 della
stessa L. 416/1981, che riguarda le
condizioni per la concessione dei contributi.
In base all’art. 33, le nuove disposizioni si applicano a decorrere dall’annualità di contributo successiva all’entrata in vigore del decreto e, quindi, a decorrere dalle domande presentate nel 2019 con riferimento all’annualità del contributo 2018.
· Nell’art. 2, co. 1, lett. f), e ovunque ricorrano, occorre sostituire le parole “associazioni dei consumatori” con le seguenti: “associazioni dei consumatori e degli utenti”;
· Occorre sostituire la rubrica del Capo II con la seguente: “Requisiti e criteri per il calcolo del contributo a favore delle cooperative giornalistiche, degli enti senza fini di lucro e delle imprese il cui capitale sia detenuto interamente o in misura maggioritaria da enti senza fini di lucro”, al fine di definire correttamente i soggetti cui si riferiscono le disposizioni. Analogamente, occorre sostituire la rubrica del Capo III con la seguente: “Procedimento di liquidazione dei contributi diretti per le cooperative giornalistiche, gli enti senza fini di lucro e le imprese il cui capitale sia detenuto interamente o in misura maggioritaria da enti senza fini di lucro”;
· All’art. 5, co, 2, lett. c), le parole “ dall’art. 1, comma 8” devono essere sostituite con le seguenti: “dell’art. 1, ottavo comma”.
· All’art. 5, co. 3, occorre sostituire le parole “all’articolo 5” con la seguente: “al”.
· All’art. 8, co. 1, le parole “connessi la produzione” devono essere sostituite con le seguenti: “connessi alla produzione”.
· All’art. 8, co. 5, occorre riferire esplicitamente l’individuazione degli scaglioni anche ai fini della quota di contributo per le copie vendute (e non solo ai fini del rimborso dei costi);
· All’art. 10, co. 2, lett. c), num. 6, occorre sostituire le parole “e dell’edizione” con le seguenti: “e di edizione”; al num. 11, occorre inserire dopo le parole “domanda di contributo” le parole “per l’anno di riferimento”; al num. 12, la parola “assunto” deve essere sostituita con la seguente: “assunte”.
· All’art. 14, co. 1, il riferimento corretto è alla legge 15 dicembre 1999, n. 482.
· All’art. 17, co. 3, e nella rubrica dell’art. 20 le parole “i quotidiani all’estero” devono essere sostituite con le seguenti “i quotidiani diffusi prevalentemente all’estero”.
· Nella rubrica dell’art. 19, dopo la parola “quotidiani” occorre inserire le seguenti: “diffusi prevalentemente”.
· All’art. 22, co. 4, il riferimento corretto è ai costi di cui al co. 3 (e non al co. 2)
· All’art. 22, co. 6, occorre sostituire le parole “Il contributo non può superare” con le parole “Il contributo per ciascun periodico non può superare”.
· All’art. 23, co. 2, lett. b), num. 1, occorre sostituire le parole “e dell’edizione” con le seguenti: “e di edizione”.
· All’art. 33, si suggerisce di non suddividere le abrogazioni riferendole ai singoli Capi. Ciò perché - a titolo di mero esempio - in relazione al Capo V occorrerebbe prevedere anche l’abrogazione dell’art. 2, co. 2-ter, terzo e quarto periodo, della L. 250/1990 che, tuttavia, risultano già abrogati in relazione ai Capi II e III.
[1] Il riferimento alla L. 7 agosto 1990, n. 250, contenuto nell’art. 1, co. 1247, della L. 296/2006, è da intendersi come errore materiale. La L. 230/1990 aveva concesso un contributo (per il solo triennio 1990-1992) alle imprese radiofoniche private che nel triennio 1987-1989 avessero (fra l’altro) trasmesso quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari per non meno di nove ore comprese tra le 7 e le 20.
[2] Le imprese
editrici di giornali quotidiani, di periodici o riviste e le agenzie di stampa
di carattere nazionale, nonché le imprese fornitrici di servizi telematici e di
telecomunicazioni, compresa l'editoria elettronica e digitale, sono tenute
all’iscrizione al ROC in base all’art. 1, co. 6, lett. a), n. 5, della L. 249/1997.
Per completezza, si ricorda anche che l’art. 1 della
L. 62/2001 ha previsto l’applicazione al prodotto editoriale, fra l’altro,
dell’art. 5 della L. 47/1948 (solo nel caso di prodotto diffuso al pubblico con
periodicità regolare e contraddistinto da una testata), concernente l’obbligo
di registrazione presso la cancelleria
del tribunale nella cui circoscrizione il giornale o il periodico devono
essere pubblicati. In base all’art. 16 della medesima L. 62/2001, tuttavia,
dall’obbligo di registrazione sono esentati i soggetti tenuti all’iscrizione al
ROC.
Sull’argomento, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nella relazione al Parlamento riferita al 2002, mise in rilievo i problemi di coordinamento tra la previsione recata dall’art. 16 della L. 62/2001 – che fa riferimento, sostanzialmente, agli editori tenuti all’iscrizione al ROC – e le disposizioni di cui all’art. 5 della L. 47/1948, che si riferisce ai proprietari che hanno l’obbligo di registrare le testate presso i tribunali. A tali incertezze, evidenziava la relazione, “si è tuttavia posto rimedio attraverso un’interpretazione restrittiva della norma di nuova introduzione, individuando l’ambito di operatività esclusivamente nei confronti di coloro che sono, allo stesso tempo, editori e proprietari della testata, cosicché solo per questi opera il regime di esenzione dall’obbligo di registrazione presso i tribunali”.
[3] L’art. 3, co. 11-ter, della L. 250/1990
ha stabilito che, a decorrere dal 1991, i contributi sono concessi a condizione
che non fruiscono degli stessi imprese
collegate con l'impresa richiedente, o controllate
da essa, o che la controllano, o che siano controllate dalle stesse
imprese, o dagli stessi soggetti che la controllano.
Ai sensi dell’art.
2359 c.c., sono considerate società
controllate le società in cui un’altra società dispone della maggioranza
dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria, ovvero di voti sufficienti per
esercitare un’influenza dominante nella
medesima assemblea, nonché le società che sono sotto influenza dominante di un’altra
società a causa di particolari vincoli contrattuali con essa. Sono considerate società collegate le società sulle
quali un’altra società esercita una influenza notevole. L’influenza si presume
quando nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti
ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati.
L’art. 1,
ottavo comma, della L. 416/1981 stabilisce,
tra l’altro, che si ritiene esistente, salvo prova contraria, l'influenza dominante prevista dal primo
comma dell'art. 2359 c.c. quando
ricorrano rapporti di carattere finanziario o organizzativo che consentono: la
comunicazione degli utili o delle perdite; il coordinamento della gestione
dell'impresa editrice con quella di altre imprese ai fini del perseguimento di
uno scopo comune o ai fini di limitare la concorrenza tra le imprese stesse;
una distribuzione degli utili o delle perdite diversa, quanto ai soggetti o
alla misura, da quella che sarebbe avvenuta in assenza dei rapporti stessi;
l'attribuzione di poteri maggiori rispetto a quelli derivanti dal numero delle
azioni o delle quote possedute; l'attribuzione a soggetti diversi da quelli
legittimati in base all'assetto proprietario di poteri nella scelta degli
amministratori e dei dirigenti delle imprese editrici nonché dei direttori
delle testate edite.
Per completezza, si ricorda
che la disciplina per l’accertamento delle
situazioni di collegamento e di controllo è recata dall’art. 5 del DPR 223/2010,
il cui co. 3, in particolare,
dispone che il Dipartimento per l'informazione e l'editoria richiede all’Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni, relativamente alle imprese richiedenti i contributi, oltre
alla regolarità dell'iscrizione al ROC,
l'attestazione di conformità degli
assetti societari alla normativa vigente, nonché l'attestazione dell'assenza di situazioni di controllo e/o collegamento.
Sulla base di tale previsione è stato siglato, da ultimo il 1° dicembre 2014, un protocollo di intesa fra l’AGCOM e il
Dipartimento, che ha confermato i termini del protocollo siglato il 13 ottobre 2011.
[4] L’art. 14, co. 1, del DPR 268/1982 prevede l’accesso ai contributi per le imprese che risultino in regola con il versamento dei contributi previdenziali, precisando che sono considerate in regola anche le imprese che abbiano concordato con gli istituti previdenziali la rateizzazione di contributi arretrati e che abbiano assolto, alle scadenze previste, agli impegni assunti.