Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento cultura
Titolo: Dichiarazione di monumento nazionale della Casa Museo Gramsci in Ghilarza - A.C. 3450 - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 3450/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 390
Data: 25/01/2016
Descrittori:
MUSEI GALLERIE E PINACOTECHE     
Organi della Camera: VII-Cultura, scienza e istruzione


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Dichiarazione di monumento nazionale della Casa Museo Gramsci in Ghilarza

25 gennaio 2016
Schede di lettura


Indice

Contenuto|Relazioni allegate o richieste|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|


Contenuto

La proposta di legge, Oggetto della pdlcomposta da un solo articolo, reca la dichiarazione di monumento nazionale per la Casa Museo Gramsci, sita in Ghilarza (Oristano).

Si tratta della casa dove La Casa Museo Antonio GramsciAntonio Gramsci, a partire dal 1898, visse gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza.
In base a quanto pubblicato nell'apposito sito internet, nel 1965 il PCI acquistò la casa che fu trasformata in "Centro di documentazione e ricerca sull'opera gramsciana e sul movimento operaio".
Attualmente, la casa, che è sita in corso Umberto I, 36 ed appartiene al patrimonio immobiliare della Fondazione Enrico Berlinguer (Fondazione senza scopo di lucro: v. art. 1 Statuto) è sede dell'associazione "Casa Museo di Antonio Gramsci – centro di documentazione, ricerca e attività museali", costituitasi ONLUS nel 1999, che ha lo scopo di favorire la migliore conoscenza del pensiero e dell'opera gramsciana attraverso la fruizione del centro da parte dei visitatori, fra i quali gli studenti.

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che le La tutela nel d.lgs. 42/2004disposizioni di tutela di cui al Titolo I della Parte seconda del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004) – tra le quali misure di protezione (artt. 21 e ss., che stabiliscono, tra l'altro, le tipologie di interventi vietati o soggetti ad autorizzazione), misure di conservazione (artt. 29 e ss., che includono anche obblighi conservativi), nonché norme relative alla circolazione dei beni (artt. 53 e ss.), nel cui ambito rientrano anche le disposizioni concernenti i beni inalienabili – hanno ad oggetto i beni culturali.

L'art. 10, co. 1, del Codice stabilisce che sono beni culturali le cose (immobili e mobili) appartenenti, oltre che a soggetti pubblici (cioè, allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico), a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico (per le quali, cioè, sia intervenuta la verifica dell'interesse culturale).
Peraltro, in base all'art. 12, co. 1, tali beni culturali, qualora opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risale ad oltre cinquanta anni, se mobili, o ad oltre settanta anni, se immobili, sono sottoposti alle disposizioni di tutela fino a quando non sia stata effettuata la verifica di interesse culturale: vige, cioè, la presunzione di interesse culturale, fino a quando non sia stata effettuata la relativa verifica.
La verifica della sussistenza dell'interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico (c.d. interesse culturale) è effettuata, d'ufficio o su richiesta dei soggetti cui le cose appartengono, da parte dei competenti organi del Mibact. In caso di accertamento positivo dell'interesse culturale (decreto di vincolo), i beni restano definitivamente soggetti alle disposizioni di tutela. Qualora la verifica si concluda con un esito negativo, i beni sottoposti al procedimento vengono esclusi dall'applicazione della disciplina richiamata.

Dunque, anche la Casa Museo Gramsci, in quanto di proprietà di un soggetto senza scopo di lucro, risulta soggetta alle disposizioni di tutela previste dal Codice, in virtù di una presunzione di interesse culturale.

Al riguardo si evidenzia, inoltre, che, da contatti informali con il Segretariato Regionale del Ministero dei beni delle attività culturali e del turismo per la Sardegna, risulterebbe che è in corso il procedimento di verifica dell'interesse culturale.

 

Con specifico riguardo alla dichiarazione di monumento nazionale, si evidenzia, La dichiarazione di monumento nazionaleinvece, che lo stesso Codice dei beni culturali e del paesaggio non prevede una specifica procedura da porre in essere, limitandosi, all'art. 54, a disporre che sono inalienabili, quali beni del demanio culturale "gli immobili dichiarati monumenti nazionali a termini della normativa all'epoca vigente" e, all'art. 129, a far salve le leggi aventi specificamente ad oggetto monumenti nazionali.

Un'ampia disamina della questione relativa alla dichiarazione di monumento nazionale si riscontra nella Circolare n. 13 del 5 giugno 2012 indirizzata dalla Direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l'architettura e l'arte contemporanee del Mibac alle Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici.
In particolare, la circolare ricorda, anzitutto, che l'istituzione di monumenti nazionali risale al complesso di norme della seconda metà del XIX secolo, costituenti la legislazione eversiva del patrimonio ecclesiastico, in primis la L. 7 luglio 1866, n. 3096, che sanciva l'obbligo per lo Stato italiano appena formato, dopo la soppressione degli ordini monastici, di conservare alcuni siti monumentali ecclesiastici che furono dunque esclusi sia da possibili vendite, sia dalla conversione in altri usi. La legge citata, oltre a dichiarare direttamente tali alcuni complessi (si trattava delle abbazie di Montecassino, Cava dei Tirreni, San Martino della Scala e Monreale e della Certosa di Pavia), stabiliva la possibilità che altri beni ottenessero la stessa qualificazione, nel rispetto della procedura di designazione stabilita dalle norme regolamentari di attuazione della legge stessa.
Ricorda, altresì, che, norme legislative e regolamentari successive (L. 15 agosto 1867, n. 3848, e R.D. 5 luglio 1882, n. 917) stabilirono che altri complessi avrebbero potuto aggiungersi e che la relativa designazione dovesse essere fatta con decreto reale e con l'intesa del Ministro della pubblica istruzione.
Fa presente, poi, che le prime leggi di tutela dei beni di interesse storico-artistico non facevano alcun riferimento ai beni qualificati come monumenti nazionali: in particolare, la L. 1089/1939 introduceva la nuova nozione di "interesse storico-relazionale" accertabile attraverso la procedura della notifica per le "cose immobili riconosciute di interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte e della cultura in genere".
Evidenzia, dunque, che l'Ufficio legislativo del Mibact, con parere 6 marzo 2006, n. 9206, aveva fatto presente che il Codice dei beni culturali e del paesaggio, confermando la scelta del legislatore del 1939 di introdurre, in luogo della definizione di monumento nazionale, la nozione di interesse storico-relazionale e di prevedere, al riguardo, la ordinaria procedura di modifica, ha confermato "l'incongruenza di tale nozione per l'accertamento della sussistenza del grado di interesse storico-artistico richiesto dalla legge per la operatività degli istituti della tutela. Precisava altresì l'Ufficio legislativo che il legislatore, qualora riconosca valore storico o culturale ad un immobile, anche qualificandolo monumento nazionale, avrebbe l'onere di chiarire se ed in quale misura dalla dichiarata monumentalità scaturiscano effetti tipici del vincolo tradizionale se non voglia limitare il suddetto riconoscimento alla funzione di mera onorificenza, senza specifico contenuto giuridico".
Aggiunge che, sempre l'Ufficio legislativo del Mibact, con parere prot. 5636 del 27 marzo 2012 ha sostanzialmente confermato l'avviso già in precedenza espresso. Di tale nuovo parere, la circolare riporta ampi stralci, fra i quali il passaggio in cui si evidenzia che la soluzione di operare nuove dichiarazioni di monumento nazionale "appare peraltro non auspicabile, poiché porrebbe il problema di stabilire il regime giuridico applicabile agli eventuali beni così dichiarati. Pertanto, nell'attuale contesto ordinamentale, gli immobili a vario titolo ‘candidati' ad essere dichiarati monumento nazionale dovrebbero ordinariamente, ricorrendone i presupposti, essere ricondotti ad una delle tipologie di beni culturali previste dal Codice".

Relazioni allegate o richieste

La proposta di legge è corredata di relazione illustrativa.


Necessità dell'intervento con legge

Con legge 14 aprile 2014, n. 64 è stata dichiarata monumento nazionale la Basilica Palladiana di Vicenza.

Per altri casi, in precedenza, erano stati adottati DPR, su proposta del MIBAC. Si tratta del DPR 2.10.2003, Dichiarazione di monumento nazionale per il cimitero delle vittime del Vajont, in Longarone, nonché dei due DPR, entrambi del 18.3.2008, recanti, Dichiarazione di "Monumento nazionale" dell'antica area di San Pietro Infine, e Dichiarazione di "Monumento nazionale" dell'isola di Santo Stefano.

Sull'utilizzo di tale strumento normativo, si vedano, peraltro, le considerazioni riportate nella già citata Circolare n. 13 del 5 giugno 2012.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La disciplina recata dalla proposta di legge è riconducibile alla materia dei beni culturali.

L'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost. ha annoverato la tutela dei beni culturali tra le materie di competenza esclusiva dello Stato (prevedendo, altresì, la possibilità di attivare, su iniziativa della regione interessata, ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell'art. 116, terzo comma, Cost.), mentre l'art. 117, terzo comma, Cost., ha incluso la valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali tra le materie di legislazione concorrente. Inoltre, l'art. 118, terzo comma, Cost., ha devoluto alla legge statale il compito di disciplinare "forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali" tra Stato e regioni.

Con riferimento al riparto di competenze sopra delineato, la Corte costituzione, nelle sentenze nn. 478 del 2002 e 307 del 2004, ha affermato che lo sviluppo della cultura corrisponde a finalità di interesse generale, "il cui perseguimento fa capo alla Repubblica in tutte le sue articolazioni (art. 9 Cost), anche al di là del riparto di competenze per materia fra Stato e regioni".
Nella sentenza n. 9 del 2004 la Corte ha individuato una definizione delle funzioni di tutela e di valorizzazione: la tutela "è diretta principalmente ad impedire che il bene possa degradarsi nella sua struttura fisica e quindi nel suo contenuto culturale"; la valorizzazione "è diretta, soprattutto, alla fruizione del bene culturale, sicché anche il miglioramento dello stato di conservazione attiene a quest'ultima nei luoghi in cui avviene la fruizione ed ai modi di questa".
Successivamente all'adozione del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42 del 2004), la Corte, nella sentenza n. 232 del 2005, ha richiamato, ai fini del riparto di competenze, le disposizioni in esso contenute: tale testo legislativo, secondo la Corte, ribadisce l'esigenza dell'esercizio unitario delle funzioni di tutela dei beni culturali (art. 4, c. 1) e, nel contempo, stabilisce, però, che siano non soltanto lo Stato, ma anche le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni ad assicurare e sostenere la conservazione del patrimonio culturale e a favorirne la pubblica fruizione.