Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Adozione della nota metodologica e dei coefficienti di riparto dei fabbisogni standard delle province e delle città metropolitane - Atti del Governo n. 398
Riferimenti:
SCH.DEC 398/XVII     
Serie: Appunti del Comitato per la legislazione    Numero: 393
Data: 15/03/2017
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
Altri riferimenti:
DLGS n.216 del 26/11/2010 Art.6 co.1     


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Adozione della nota metodologica e dei coefficienti di riparto dei fabbisogni standard delle province e delle città metropolitane

15 marzo 2017
Atti del Governo


Indice

1. Il contenuto dello schema|2. La funzione e la procedura di determinazione dei fabbisogni standard|3. Il quadro delle funzioni di città metropolitane e province nella legge n. 56/2014|4. Il trasferimento delle funzioni provinciali|


Lo schema di D.P.C.M. in esame prevede l'adozione della nota metodologica e dei coefficienti di riparto dei fabbisogni standard delle funzioni fondamentali delle province e delle città metropolitane.

1. Il contenuto dello schema

Con l'articolo 1 del D.P.C.M. è disposta l'adozione della nota metodologica per la determinazione dei fabbisogni standard e dei coefficienti di riparto dei fabbisogni per ciascuna provincia e città metropolitana per le funzioni fondamentali, anche sulla base anche di quanto stabilito dalla legge n. 56 del 2014 (c.d. legge Delrio), che ha modificato il ruolo e l'organizzazione delle province.

Il D.P.C.M. considera le seguenti funzioni:

  1. istruzione: programmazione provinciale della rete scolastica nel rispetto della programmazione regionale e la gestione dell'edilizia scolastica;
  2. territorio: costruzione e gestione delle strade provinciali e la regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;
  3. ambiente: pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché la tutela e la valorizzazione dell'ambiente;
  4. trasporti: pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale;
  5. funzioni generali parte fondamentale: raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali.

L'articolo 2 del D.P.C.M. dispone che province e città metropolitane diano adeguata pubblicità al decreto sul proprio sito, nonché attraverso le ulteriori forme di comunicazione del proprio bilancio.

 

 

Per quel che concerne la Nota metodologia, la Commissione tecnica per i fabbisogni standard il 3 maggio 2016 ha approvato la Determinazione dei fabbisogni standard per le province e le città metropolitane. La nota metodologica, redatta da SOSE, riporta le procedure di calcolo e i risultati relativi alla revisione dei fabbisogni standard delle province e delle città metropolitane. Nel processo di revisione, oltre a seguire le norme del D.Lgs. 216/2010, si è tenuto conto – illustra la Nota - delle disposizioni introdotte dalla legge n. 56 del 2014 in merito al nuovo assetto istituzionale delle province e delle città metropolitane.

Tale "revisione" è stata effettuata sulla base dell'articolo 7 del D.Lgs. n. 216 del 2010, il quale prevede che i fabbisogni standard sono sottoposti a monitoraggio e rideterminati, non oltre il terzo anno successivo alla loro precedente adozione, al fine di garantire continuità ed efficacia al processo di efficientamento dei servizi locali. Si ricorda tuttavia, che lo schema di D.P.C.M. che aveva pressoché ultimato l'adozione delle prime note metodologiche di alcune funzioni fondamentali delle province non è stato mai pubblicato. Per tali ultime funzioni, pertanto, sembrerebbe trattarsi della prima adozione dei fabbisogni standard per le province e le città metropolitane.

 

Lo schema di D.P.C.M. in esame prevede l'adozione della metodologia di determinazione dei fabbisogni standard, nonché la conseguente definizione dei coefficienti di riparto dei fabbisogni standard delle funzioni fondamentali delle province e città metropolitane. In particolare, per ogni provincia e città metropolitana, il coefficiente di riparto complessivo è stato ottenuto dalla media ponderata dei coefficienti di riparto di ogni singolo servizio. I pesi corrispondono all'incidenza del fabbisogno standard teorico totale di ogni servizio, ottenuto dal valore atteso totale aggiornato di ogni servizio, rispetto alla somma dei valori attesi totali di tutti i servizi.

Oltre alle funzioni fondamentali sopra richiamate (relative a istruzione, territorio, ambiente, trasporti e funzioni generali parte fondamentale), il comma 44 e il comma 86 dell'articolo 1 della L. 56/2014 assegnano alle città metropolitane e alle province montane ulteriori funzioni fondamentali, prevalentemente di pianificazione e coordinamento: la nota metodologica ha tenuto conto di tali funzioni nel calcolo del fabbisogno standard relativo alle funzioni generali.

 

La nota metodologica mostra come, attraverso una stima basata sulla funzione di costo, assumendo a parametro la spesa storica corrente impegnata in ogni funzione per l'anno 2012, si è calcolato un coefficiente di riparto per ogni funzione fondamentale da cui si è poi ottenuto il fabbisogno standard relativo di ogni ente.

Funzione

Variabile di domanda presa a riferimento (clienti di riferimento)

Determinanti del fabbisogno standard

Peso % del fabbisogno stimato (OLS) della funzione sul totale delle funzioni fondamentali

Istruzione

Numero di scuole secondarie statali di secondo grado

  • Alunni con disabilità delle scuole secondarie statali di secondo grado
  • Percentuale di superficie in mq degli edifici scolastici situati in zona climatica fredda (classe E ed F) sul totale
  • Numero degli interventi manutentivi ordinari

26,01

Territorio

Km di strade provinciali oggetto di manutenzione

  • Km di strade in superfici montane
  • Numero totale degli occupati
  • Km di strade sottoposti a interventi di sfalcio

28,24

Ambiente

Popolazione residente dell'ente

  • Superficie totale dell'ente in Kmq
  • Quota di popolazione provinciale esposta a gravi fenomeni franosi

17,45

Funzioni generali

Popolazione residente dell'ente

  • Valore delle immobilizzazioni materiali (terreni e fabbricati)

22,51

Trasporti

Numero dei veicoli circolanti

  • Km di percorrenza annua di Trasporti Pubblico Locale (considerati solo per la stima della componente non fondamentale)

8,78

Si segnala che nell'ultima appendice (B) della nota è riportata l'analisi dei servizi svolti nei settori della formazione professionale, del mercato del lavoro, della polizia provinciale e del trasporto pubblico locale: si tratta di servizi che non sono considerati fondamentali dalla legge n. 56/2014, ma che, tuttavia, rientravano nel novero delle funzioni fondamentali ai sensi del D.Lgs. 216/2010. Anche per questi servizi sono fornite delle indicazioni circa i costi standard efficienti e il livello di spesa benchmark.

 

La Conferenza Stato-città ed autonomie locali nella seduta del 9 febbraio 2017 ha espresso un parere favorevole sullo schema in esame.

In esso è evidenziato che l'ANCI ha osservato che è necessario procedere ad una valutazione più adeguata delle nuove funzioni attribuite alle città metropolitane. L'UPI ha inoltre osservato che lo schema di DPCM non è pienamente coerente con l'attuale situazione istituzionale e finanziaria delle province. In particolare ha sollecitato una riflessione sui costi standard per le funzioni fondamentali delle province dopo il processo di riordino istituzionale, svincolato dalla logica della spesa storica, al fine di dare indicazioni precise sulle effettive necessità finanziarie delle province per l'esercizio delle c.d. funzioni fondamentali delle province, anche alla luce dei profondi cambiamenti intervenuti nell'assetto finanziario delle province per effetto delle manovre di finanza pubblica, che hanno determinato una forte riduzione delle risorse a disposizione delle amministrazioni provinciali, con conseguente sostanziale azzeramento del Fondo sperimentale di riequilibrio.

In merito a tali osservazioni, con la nota del 2 marzo 2017, la Ragioneria Generale dello Stato ha evidenziato che nel considerare come punto di riferimento per il calcolo dei costi e dei fabbisogni standard la spesa storica del 2012, di fatto, si considera la situazione finanziaria delle province e delle città metropolitane prima delle riduzioni di risorse introdotte con la L.190 del 2014. In ogni caso, è precisato che i fabbisogni standard definiscono, in primo luogo, un criterio di riparto che prescinde dall'ammontare di risorse a cui viene successivamente applicato. Inoltre, la Ragioneria segnala che nell'attuale revisione della stima dei fabbisogni standard si è proceduto alla rimodulazione del perimetro delle funzioni fondamentali in relazione a quanto previsto dalla legge n. 56 del 2014 ma che, a legislazione vigente, non è stato possibile svincolare il calcolo del fabbisogno dal vincolo di bilancio della spesa storica, in quanto il D.Lgs 216 del 2010 all'articolo 1 prevede espressamente che dall'applicazione dei fabbisogni standard "non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato oltre a quelli stabiliti dalla legislazione vigente".

Da ultimo, la Ragioneria precisa che per il fabbisogno standard relativo alle nuove funzioni delle città metropolitane e delle province montane, posto che non poteva essere stimato in relazione ad una spesa storica già esistente, si è proceduto ad attribuire a questi enti un fabbisogno standard delle funzioni generali superiore a quello stimato per gli alti enti in prospettiva dell'attivazione delle nuove funzioni.

In particolare alle città metropolitane e alle province montane, per i servizi della funzione generale, è stato attribuito un fabbisogno standard pari a 11,15 euro per abitante, contro i 7,27 euro attribuito alle altre province.

 

Il Fondo sperimentale di riequilibrio provinciale

Si rammenta che il Fondo sperimentale di riequilibrio per le province delle regioni a statuto ordinario è stato istituito, in attuazione della legge delega sul federalismo fiscale, dall'articolo 21 del D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68, per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata l'attribuzione alle province dell'autonomia di entrata. Esso è operante dal 2012, e la sua durata –prevista biennale - si protrarrà fino all'istituzione del fondo perequativo vero e proprio destinato ad operare a regime, disciplinato dall'articolo 23 del medesimo D.Lgs. n. 68/2011.

Il Fondo è alimentato dal gettito della compartecipazione provinciale all'IRPEF, la cui aliquota è determinata in misura tale da compensare la soppressione dei trasferimenti erariali ed il venir meno delle entrate legate all'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica, anch'essa soppressa dall'anno 2012.

La soppressione dei trasferimenti erariali delle province è stata attuata con il D.P.C.M. 12 aprile 2012, nell'importo di 1.039,9 milioni, secondo le risultanze contenute nel documento approvato in sede di Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale nella seduta del 22 febbraio 2012.

Di conseguenza, l'ammontare complessivo di risorse finanziarie lorde a titolo di Fondo sperimentale di riequilibrio provinciale è stato determinato in 1.039,9 milioni di euro per il 2012, ai sensi del D.M. Interno 4 maggio 2012, e ripartito tra le province delle regioni a statuto ordinario sulla base dei criteri recati dal D.M. medesimo. Negli anni successivi, l'ammontare complessivo di risorse finanziarie lorde a titolo di Fondo sperimentale di riequilibrio è stato sostanzialmente confermato. Per gli anni 2014-2016, l'importo è stato rideterminato in 1.047 milioni (cfr. i D.M. 24 ottobre 2014, 29 settembre 2015 e 6 settembre 2016), integrato - rispetto a quanto considerato nel documento della Commissione tecnica paritetica del 22 febbraio 2012 - di 7 milioni di euro per la cessazione dell'efficacia, a decorrere dal 2014, della riduzione dei contributi ordinari prevista dall'art. 1, comma 183, della legge n. 191/2009.

 

Va segnalato che le disponibilità di bilancio del fondo sperimentale di riequilibrio delle province (iscritto sul cap. 1352/Interno) sono state significativamente erose nel corso di questi anni per effetto delle riduzioni disposte da diversi provvedimenti normativi a titolo di spending review, che ne hanno, di fatto, inficiato la finalità perequativa ad esso assegnata dal legislatore. Ne è conseguita una forte riduzione delle risorse a disposizione delle amministrazioni provinciali, atteso che la sovrapposizione di siffatti provvedimenti di contenimento ed il cumulo degli effetti degli stessi hanno prodotto un sostanziale azzeramento del Fondo.

Rispetto alla sua determinazione teorica, dunque, le somme iscritte nel bilancio di previsione nel Fondo sono più esigue (778 milioni per il 2012, 45 milioni per il 2013, 44 milioni per il 2014 e 26,5 milioni di euro per gli anni dal 2015 al 2019).

Come messo in evidenza dalla Corte dei Conti nella Relazione al Parlamento su "Il riordino delle province, aspetti ordinamentali e riflessi finanziari", di aprile 2015, significati in tal senso risultano "i dati relativi alla ripartizione del Fondo sperimentale di riequilibrio delle Province ricomprese nelle regioni a statuto ordinario per l'anno 2014 che compiutamente evidenziano l'incidenza dei recuperi e delle riduzioni operate in forza delle disposizioni dianzi richiamate, nonché il significativo disallineamento tra le somme astrattamente imputabili in forza del decreto ministeriale, quelle effettivamente assegnate e quelle, addirittura, oggetto di recupero (cfr. tabella in appendice): a riprova, dunque, (…) che "le risorse da Fondo sperimentale di riequilibrio hanno rappresentato un'entrata solo nominale".

 

In tale contesto vanno poi ad inscriversi i provvedimenti di manovra intervenuti nel corso degli ultimi anni (2012-2015) - e in maniera particolare quelli del 2014, segnatamente il D.L. n. 66/2014 e la legge n. 190/2014 (legge di stabilità 2015) - che, in combinato disposto ed attraverso lo strumento della riduzione della spesa, hanno posto ulteriori vincoli a carico dei bilanci delle Province in ragione del concorso delle stesse alla finanza pubblica e al contenimento della spesa pubblica.

In particolare, l'art. 47, commi da 1 a 7, del D.L. n. 66/2014 ha disposto che le Province e le Città metropolitane assicurino un contributo alla finanza pubblica pari a 444,5 milioni di euro per il 2014, a 576,7 milioni di euro per il 2015 ed a 585,7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017. Nella medesima prospettiva, i commi 418 e 419 dell'articolo 1 della legge n. 190/2014 (legge di stabilità 2015) hanno stabilito la quota di concorso delle Province al contenimento della spesa pubblica attraverso la riduzione della spesa corrente in 1 miliardo di euro nel 2015, 2 miliardi nel 2016 e 3 miliardi nel 2017.

Il risultato dell'applicazione di queste norme ha progressivamente invertito il flusso dei trasferimenti dallo Stato verso le Province; il saldo algebrico del Fondo sperimentale di riequilibrio si conclude per la quasi totalità di Province e Città metropolitane con una posizione debitoria nei confronti Stato che gli enti devono liquidare attraverso versamenti diretti o attraverso prelievi a cura dell'Agenzia delle entrate (come indicato nei singoli decreti di riparto del Fondo).


2. La funzione e la procedura di determinazione dei fabbisogni standard

I fabbisogni standard sono stati introdotti nell'ordinamento con il decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, emanato in attuazione della delega in materia di federalismo fiscale disposta con la legge n. 42 del 2009. Essi costituiscono i nuovi parametri cui ancorare il finanziamento delle spese fondamentali di comuni, città metropolitane e province, al fine di assicurare un graduale e definitivo superamento del criterio della spesa storica. La metodologia per la determinazione dei fabbisogni costituisce una operazione tecnicamente complessa, per la cui effettuazione il decreto definisce una serie di elementi da utilizzare e ne affida l'attuazione alla Società per gli studi di settore, ora Soluzioni per il Sistema Economico – Sose S.p.A..

I fabbisogni standard costituiscono i parametri cui correlare il finanziamento delle spese degli enti locali che attengono ai diritti fondamentali di cittadinanza, mentre per le altre occorrenze di spesa la copertura dei fabbisogni finanziari viene affidata in misura maggiore al finanziamento con gli strumenti propri della autonomia tributaria, per le quali si prevede una perequazione delle capacità fiscali, ossia un finanziamento delle funzioni che tiene conto dei livelli di ricchezza differenziati dei territori.

Introducendo un doppio canale perequativo nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, la legge n. 42 del 2009 ha in sostanza previsto che l'assegnazione delle risorse dovesse coprire integralmente i costi derivanti dall'esercizio delle funzioni fondamentali. I costi riconosciuti dovevano essere determinati sulla base di criteri standardizzati, in modo da superare le distorsioni insite nella distribuzione delle risorse storiche. I fabbisogni di spesa standardizzati relativi alle funzioni fondamentali hanno assunto, così, un ruolo centrale nell'attribuzione delle risorse agli enti locali.

Per il quadriennio 2011-2014, in attesa che andasse a regime il fondo perequativo definitivo, è stato istituito, distintamente per comuni e province, un Fondo sperimentale di riequilibrio, che non ha obiettivi perequativi, ma consente di "fiscalizzare" i trasferimenti statali preesistenti e realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata l'attribuzione alle province e ai comuni dell'autonomia di entrata, alimentato, per i comuni, dalla quota parte del gettito relativo ai tributi sugli immobili ubicati nel loro territorio, per le province, dal gettito della compartecipazione provinciale all'IRPEF.

Per quanto riguarda i comuni, si ricorda che la legge di stabilità per l'anno 2013, modificando l'impianto della fiscalità municipale rispetto a quanto previsto dal D.Lgs. n. 23/2011, attuativo della legge delega n. 42/2009, ha istituito il Fondo di solidarietà comunale (FSC) in sostituzione del Fondo sperimentale di riequilibrio, stabilendo che il suo riparto debba tener conto dei costi e fabbisogni standard (criteri perequativi), della variazione di gettito e delle variazioni nelle risorse disponibili comunali in seguito alla soppressione del precedente fondo (criteri compensativi). Sia nel 2013 che nel 2014, tuttavia, il riparto è avvenuto in base ai soli criteri compensativi rispetto all'allocazione storica delle risorse. L'applicazione di criteri perequativi è stata avviata solo nel 2015 con l'Accordo del 31 marzo 2015 in Conferenza Stato-Città che, in attuazione della legge di stabilità, definisce la ripartizione del Fondo di Solidarietà Comunale (FSC), per una quota pari al 20 per cento, secondo i fabbisogni e le capacità fiscali standard: la componente perequativa entra pertanto nella determinazione dei trasferimenti dal FSC a ciascun Comune.

La necessità di non incidere negativamente sulle gestioni ha spinto a prevedere un percorso graduale per la transizione al nuovo sistema, con un peso diverso delle componenti del meccanismo di determinazione dei trasferimenti via via che il sistema si avvicinava alla situazione a regime. La quota del Fondo da ripartire su base perequativa, fissata al 20 per cento nel 2015,al 30 per cento nel 2016 e poi al 40 per cento per il 2017, è poi stata configurata a regime dall'articolo 1, comma 449, della legge n. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017), con la quale è delineato un percorso di progressivo rafforzamento della componente perequativa: questa viene stabilita al 55 per cento per il 2018, al 70 per cento nel 2019, all'85 per cento nel 2020 ed infine al 100 per cento a partire dal 2021. La restante quota è, invece, distribuita sulla base della componente di spesa storica. Ai fini dell'applicazione del criterio perequativo della capacità fiscale, la capacità fiscale perequabile dei comuni delle regioni a statuto ordinario è stata da ultimo fissata nella misura del 50 per cento dell'ammontare complessivo della capacità fiscale da perequare (in luogo del 45,8 per cento applicato negli scorsi due anni).

Per le province è tuttora operante, in attesa del sopracitato fondo perequativo, il relativo Fondo sperimentale di riequilibrio provinciale istituito dall'articolo 21 del D.Lg. n. 68/2011, ripartito secondo specifici criteri ivi indicati.

I criteri di riparto sono quelli a tutt'oggi, indicati dal D.M. 4 maggio 2012:
  • il 50% in proporzione al valore della spettanza figurativa dei trasferimenti fiscalizzati di ciascuna provincia;
  • il 38% in proporzione al gettito della soppressa addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica, negli importi quantificati per ciascuna provincia nel documento approvato in sede di Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale in data 22 febbraio 2012;
  • il 5% in relazione alla popolazione residente;
  • il 7% in relazione all'estensione del territorio provinciale. 

Il procedimento di determinazione dei fabbisogni standard (delineato dagli articoli 5-7 del D.Lgs. n. 216 del 2010) è stato recentemente modificato dalla legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) e dalla legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017).

Con tali norme si prevede che le metodologie risultanti dall'attività della SO.S.E. sono sottoposte alla Commissione tecnica per i fabbisogni standard (articolo 1, comma 29, della legge 28 dicembre 2015, n. 208) per l'approvazione. Sono quindi trasmesse al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e al Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze.

La nota metodologica relativa alla procedura di calcolo dei fabbisogni ed il fabbisogno standard per ciascun comune e provincia possono essere adottati con D.P.C.M. anche separatamente tra loro. Qualora lo schema di decreto concerna la sola adozione dei fabbisogni standard, sul medesimo deve essere sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali e, decorsi quindici giorni dalla sua trasmissione alla stessa, il decreto può essere comunque adottato e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, senza che sul medesimo debba essere più espresso il parere parlamentare da parte della Commissione parlamentare per il federalismo fiscale e delle commissioni bilancio di ciascuna Camera. Qualora invece si tratti dell'adozione della nota metodologica, permane l'obbligo dei pareri parlamentari, cui il Governo è tenuto a conformarsi, salvo trasmissione alle Camere di una apposita relazione in cui siano indicate le ragioni per le quali non si conforma ai pareri medesimi.

 

Il procedimento in esame prevede inoltre una fase di aggiornamento dei dati con conseguente rideterminazione dei fabbisogni non oltre il terzo anno successivo alla loro adozione (articolo 7 del D.Lgs. n. 216 del 2010).

Le Note metodologiche su fabbisogni e capacità fiscali

Fabbisogni standard: la situazione dei comuni e quella delle province

Per quanto riguarda i comuni delle regioni a statuto ordinario, nonché, per talune funzioni, anche le province, nel corso del triennio 2012-2015 sono stati adottati tre provvedimenti:

  • D.P.C.M. 21 dicembre 2012 (G.U. del 5 aprile 2013), recante le note metodologiche ed i fabbisogni standard delle funzioni fondamentali di polizia locale per ciascun comune e dei servizi del mercato del lavoro per ciascuna provincia;
  • D.P.C.M. 23 luglio 2014 (G.U. del 15 ottobre 2014), recante le note metodologiche ed i fabbisogni standard per ciascun comune e provincia relativi alle funzioni generali di amministrazione, gestione e controllo;
  • D.P.C.M.27 marzo 2015, recante le note metodologiche ed i fabbisogni standard per i comuni relativi alle funzioni di istruzione pubblica, e campo della viabilità e dei trasporti, di gestione del territorio e dell'ambiente e del settore sociale (G.U. del 10 giugno 2015).

Successivamente, la Commissione tecnica per i fabbisogni standard (CTFS) ha approvato, il 21 marzo 2016, la Revisione a regime dei fabbisogni standard dei comuni a metodologie invariate con la quale sono stati rivisti i coefficienti di riparto dei fabbisogni standard delle funzioni fondamentali dei comuni. Tale revisione ha riguardato soltanto la base dati, con l'aggiornamento delle annualità dal 2010 al 2013. Il relativo D.P.C.M. 29 dicembre 2016 ha previsto la revisione della metodologia di determinazione dei fabbisogni standard, nonché il conseguente aggiornamento dei coefficienti di riparto dei fabbisogni standard delle seguenti funzioni fondamentali dei comuni delle regioni a statuto ordinario: istruzione pubblica; servizio smaltimento rifiuti; servizi di asili nido; funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo; funzioni di polizia locale; funzioni nel campo della viabilità; funzioni nel campo dei trasporti e, infine, funzioni nel settore sociale al netto del servizio di asili nido.

Alla luce di tale percorso risulta completata la procedura di determinazione dei fabbisogni standard per i comuni, ivi compresa la revisione operata con l'ultimo dei DPCM citati, mentre per le province i fabbisogni sono stati determinati solo limitatamente alle funzioni dei servizi del mercato del lavoro e di amministrazione generale, senza poi proseguire oltre: ciò presumibilmente anche a causa del processo di revisione costituzionale all'epoca in corso, poi com'è noto non portato a termine. Tale ipotesi sembrerebbe trovare riscontro nella circostanza che nel corso del 2014 il Governo aveva presentato alle Camere uno schema di D.P.C.M. (A.G. 121) recante l'adozione delle note metodologiche e dei fabbisogni standard per ciascuna provincia delle regioni a statuto ordinario relativi alle funzioni di istruzione pubblica e alle funzioni riguardanti la gestione del territorio. Benché su tale schema la Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale avesse espresso il proprio parere favorevole (seduta del 18 dicembre 2014), il provvedimento non ha poi avuto seguito, e non è pervenuto alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Capacità fiscali

Tenuto conto che il D.Lgs. 210/2016 reca le procedure di determinazione dei soli fabbisogni standard, con l'articolo 43, comma 5-quater, del decreto-legge 12 settembre 2014, n.133, è stata introdotta la procedura per l'individuazione delle capacità fiscali dei comuni, da operarsi con una nota metodologica da adottarsi con decreto del Ministro dell'economia, previa intesa in Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da trasmettere alle Camere per il parere sia della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale che delle commissioni competenti per materia. Sono finora intervenuti i seguenti due provvedimenti:

  • con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 11 marzo 2015 sono state adottate la nota metodologica relativa alla procedura di calcolo e la stima delle capacità fiscali per singolo comune delle regioni a statuto ordinario. Si tratta, in sintesi, del gettito potenziale da entrate proprie di un territorio, date la base imponibile e l'aliquota legale;
  • con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 13 maggio 2016 è stata poi adottata un'integrazione della suddetta nota metodologica. L'aggiornamento si è reso necessario per effetto dei cambiamenti normativi in materia tributaria, in particolare per le variazioni intervenute in materia di IMU/TASI, e per tener conto dei nuovi redditi imponibili che costituiscono una base per il calcolo delle capacità fiscale dei comuni.

3. Il quadro delle funzioni di città metropolitane e province nella legge n. 56/2014

Com'è noto, la legge 7 aprile 2014, n. 56 (cd. ‘legge Delrio') ha dettato un'ampia riforma in materia di enti locali, prevedendo, nelle more dell'approvazione della riforma costituzionale del Titolo V – poi non più intervenuta - l'istituzione e la disciplina delle città metropolitane e la ridefinizione del sistema delle province.

Le città metropolitane sostituiscono le province in dieci aree urbane del paese; il loro territorio corrisponde a quello delle province. Per quanto riguarda il riordino delle province, per esse è previsto un assetto ordinamentale analogo a quello della città metropolitana.

La legge definisce altresì le funzioni fondamentali, rispettivamente, di città metropolitane e province, riconoscendo un contenuto più ampio alle prime, e delinea, con riferimento alle sole province, la procedura per il trasferimento delle funzioni non fondamentali ai comuni o alle regioni.

 

In particolare, alle città metropolitane sono attribuite:

  • le funzioni fondamentali delle province;
  • le funzioni attribuite alla città metropolitana nell'ambito del processo di riordino delle funzioni delle province;
  • le funzioni fondamentali proprie della città metropolitana, come elencate all'articolo 1, comma 44, della legge n.56, che qui non si dettagliano.

L'effettivo passaggio dalla provincia alla città metropolitana è avvenuto nella gran parte dei casi il 1° gennaio 2015, data a partire dalla quale la città metropolitana è succeduta alla provincia in tutti i rapporti attivi e passivi e ne esercita le funzioni, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica e degli obiettivi del patto di stabilità interna. Da tale data il sindaco del comune capoluogo assume le funzioni di sindaco metropolitano e la città metropolitana opera con il proprio statuto e i propri organi, assumendo anche le funzioni proprie. Spettano alla città metropolitana il patrimonio, il personale e le risorse della provincia, comprese le entrate provinciali.

 

Per quanto riguarda le province, punto qualificante del nuovo ordinamento delle stesse è la ridefinizione delle funzioni a queste spettanti. In particolare, l'impianto riformatore distingue tra funzioni fondamentali, ossia quelle demandate alle province dalla stessa legge n. 56, e funzioni non fondamentali, ossia quelle eventualmente riattribuite alle province all'esito dell'attuazione del processo riformatore.

Nello specifico, le funzioni fondamentali sono:

  1. pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza;
  2. pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali;
  3. programmazione provinciale della rete scolastica;
  4. raccolta ed elaborazione dati ed assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali;
  5. gestione dell'edilizia scolastica;
  6. controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale.

 

In relazione a tal ultima funzione, risulterebbe opportuno un chiarimento da parte del Governo circa i motivi che ne hanno determinato la mancata considerazione nell'ambito della metodologia di determinazione dei fabbisogni standard oggetto dello schema di decreto in esame.

Quanto, infine, alle funzioni non fondamentali, già esercitate dalle province, le stesse sono oggetto di un riordino complessivo mediante accordo in sede di Conferenza unificata, con il quale Stato e Regioni devono individuare in modo puntuale tali funzioni e stabilirne le relative competenze sulla base dei seguenti principi: individuazione per ogni funzione dell'ambito territoriale ottimale di esercizio; efficacia nello svolgimento delle funzioni fondamentali da parte dei comuni; sussistenza di riconosciute esigenze unitarie; adozione di forme di avvalimento e deleghe di esercizio mediante intesa o convenzione.


4. Il trasferimento delle funzioni provinciali

Lo Stato provvede al riordino delle funzioni di sua competenza con apposito D.P.C.M. e le Regioni con proprie leggi. Come previsto dalla legge n. 56, le funzioni che nell'ambito del processo di riordino sono trasferite dalle province ad altri enti territoriali continuano ad essere da esse esercitate fino alla data dell'effettivo avvio di esercizio da parte dell'ente subentrante; tale data è determinata nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per le funzioni di competenza statale ovvero è stabilita dalla regione per le funzioni di competenza regionale (art.1, comma 92 e seguenti, della legge n. 56/2014).

In attuazione di tale norma in data 11 settembre 2014, è stato sancito in sede di Conferenza unificata l'accordo per l'individuazione delle funzioni non fondamentali delle province, oggetto di riordino. Tale accordo individua, quali funzioni amministrative oggetto di riordino di competenza statale, unicamente funzioni relative alla materia della tutela delle minoranze linguistiche. Le regioni si impegnano ad adottare le iniziative legislative di loro competenza entro il 31 dicembre 2014. Con D.P.C.M. del 26 settembre 2014 sono stati dettati i criteri per l'individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse con l'esercizio delle funzioni provinciali, in attuazione del comma 92.

Con l'inizio del 2016 tutte le Regioni a statuto ordinario hanno adottato la normativa sul riordino delle funzioni delle Province in attuazione della legge n. 56 del 2014 e dell'accordo Stato-Regioni dell'11 settembre 2014.

In particolare, vi hanno provveduto, con i menzionati provvedimenti: la Toscana (legge regionale 3 marzo 2015, n. 22), l'Umbria (legge regionale 2 aprile 2015, n. 10), le Marche (legge regionale 31 marzo 2015, n.13), la Liguria (legge regionale 10 aprile 2015, n. 15), la Calabria (legge regionale 22 giugno 2015, n. 14), la Lombardia (legge regionale 8 luglio 2015, n. 19), l'Emilia Romagna (legge regionale 30 luglio 2015, n. 13), l'Abruzzo (legge regionale 20 ottobre 2015, n. 32), il Veneto (legge regionale 29 ottobre 2015, n. 19), il Piemonte (legge regionale 29 ottobre 2015, n. 23), la Basilicata (legge regionale 6 novembre 2015, n. 49), la Campania (legge regionale 9 novembre 2015, n. 14), il Molise (legge regionale 10 dicembre 2015, n. 18), la Puglia (legge regionale 30 ottobre 2015, n. 31). La regione Lazio ha dettato disposizioni sulla materia con gli artt. 7-9 della legge di stabilità regionale 31 dicembre 2015, n. 17.

Alcune leggi regionali prevedono peraltro, in misura più o meno ampia, il mantenimento in capo alle province di funzioni non fondamentali (così, ad esempio, art. 2, comma 1, L.R. Lombardia n. 19/2015; art. 6, comma 1, e titolo II; L.R. Emilia Romagna n. 13/2015; art. 2, comma 1, L.R. Veneto n. 19/2015; art. 2 L.R. Piemonte n. 23/2015).