Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera |
Titolo: | La Corte Suprema degli Stati Uniti d'America: composizione, competenze e rassegna delle principali sentenze degli ultimi anni |
Serie: | Appunti Numero: 80 |
Data: | 16/07/2014 |
Camera dei
deputati
XVII
Legislatura
BIBLIOTECA – LEGISLAZIONE STRANIERA
A P P U N T I |
Appunto 31/2014
16 luglio
2014
La Corte Suprema degli Stati Uniti d’America: composizione,
competenze e rassegna delle
principali sentenze degli ultimi anni
1.
Composizione
La Corte Suprema degli
Stati Uniti (Supreme Court of the United
States) è il massimo
organo del potere giudiziario degli USA[1].
Ha sede a Washington, dove è stata ospitata nel Campidoglio, sede del
Congresso, fino al 1935, anno in cui ha traslocato nell’apposito United States Supreme Court Building.
L’art. III della
Costituzione degli Stati Uniti, approvata nel 1787 ed entrata in vigore nel
1789[2],
prevede che il potere giudiziario sia conferito alla Corte Suprema, oltre che
alle Corti di grado inferiore istituite dal Congresso degli Stati Uniti. I
giudici della Corte Suprema, nonché i giudici delle Corti inferiori, conservano
la loro carica finché mantengono buona condotta (good behaviour) e ricevono, a tempi prefissati, un’indennità per i
servigi resi che non può essere ridotta durante la loro permanenza in carica[3].
Il numero dei membri della Corte Suprema non è fissato dalla
Costituzione, ma la sua determinazione è lasciata alla volontà del Congresso.
Tuttavia, dopo un periodo iniziale in cui tale numero è oscillato tra sei e
dieci, dal 1869 la Corte risulta composta di nove membri: il Presidente (Chief Justice of the United States)
e otto Associate Justices. Il Chief Justice presiede anche la
Conferenza giudiziaria (Judicial
Conference of the United States)[4].
Sebbene né la
Costituzione, né le altre leggi federali dispongano particolari requisiti per
la nomina a giudice della Corte Suprema, la consuetudine prevede che essi siano
laureati in legge, abbiano esercitato la professione legale ed abbiano
ricoperto importanti incarichi pubblici o privati, o siano titolari di cattedre
universitarie. Se nel passato vi sono state spesso anche nomine di tipo
politico (ad esempio, nel 1921 fu nominato giudice l’ex Presidente degli Stati
Uniti William Howard Taft), negli ultimi decenni ha prevalso la tendenza a
nominare figure in possesso di una solida formazione giuridica, generalmente
giudici di giurisdizioni di grado inferiore.
Il Presidente e i giudici
della Corte sono nominati liberamente dal Presidente degli Stati Uniti; la
nomina è tuttavia soggetta a conferma da parte del Senato. La procedura di
audizione da parte della Commissione Giustizia del Senato è abbastanza rigorosa
e, soprattutto negli ultimi anni, gode di una forte esposizione mediatica.
L’eventuale “rigetto” della nomina, da parte del Senato, non è frequente, ma
può verificarsi: dopo due casi avvenuti nel 1969-70 durante la Presidenza
Nixon, nel 1987 il Senato bocciò la nomina a giudice della Corte, da parte del
Presidente Ronald Reagan, di Robert Bork, schierato su posizioni
ultraconservatrici. In altri casi, la nomina è stata ritirata dal Presidente, o
il candidato stesso ha fatto un passo indietro, prima di arrivare al voto del
Senato.
La carica di membro della
Corte Suprema può essere a vita, anche se ai giudici è concessa facoltà di
abbandonare il loro incarico. Al di là delle singole spontanee dimissioni, i
giudici possono essere rimossi solo mediante una decisione del Senato, presa a
maggioranza di due terzi dei votanti, su messa in stato di accusa (impeachment) della Camera dei
Rappresentanti[5].
Quanto alle
caratteristiche demografiche della composizione della Corte, si segnala che il
primo giudice afro-americano, Thurgood Marshall, fu nominato nel 1967 dal
Presidente Lyndon Johnson, mentre il Presidente Reagan ha nominato nel 1981 il
primo giudice donna, Sandra Day O’Connor, e nel 1986 il primo giudice
italo-americano, Antonin Scalia; nel 2009 il Presidente Barack Obama ha
nominato il primo giudice della Corte di origine ispanica: Sonia Sotomayor.
Nel luglio 2014 la Corte
Suprema risulta composta dal Chief
Justice John G. Roberts (nominato
nel 2005 dal Presidente George W. Bush) e dai seguenti Associate Justices:
· Antonin Scalia (nominato
nel 1986 dal Presidente Reagan);
· Anthony Kennedy
(nominato nel 1988 dal Presidente Reagan);
· Clarence Thomas
(nominato nel 1991 dal Presidente George H. W. Bush);
· Ruth Bader Ginsburg
(nominata nel 1993 dal Presidente Bill Clinton);
· Stephen Breyer (nominato
nel 1994 dal Presidente Clinton);
· Samuel Alito (nominato
nel 2006 dal Presidente George W. Bush);
· Sonia Sotomayor
(nominata nel 2009 dal Presidente Obama);
· Elena Kagan (nominata
nel 2010 dal Presidente Obama).
Vi sono altresì tre
giudici della Corte che hanno optato per il ritiro: John Paul Stevens (in
carica dal 1975 al 2010), Sandra Day O’Connor (1981-2006) e David Souter
(1990-2009).
Nella storia della Corte
Suprema i membri nominati sono stati 112,
di cui quattro donne, tre delle quali sono attualmente in carica.
2.
Competenze
Per quanto concerne le funzioni svolte, la Corte Suprema è
giudice esclusivo di primo e unico grado nei casi riguardanti ambasciatori,
consoli o altri rappresentanti diplomatici e nei casi in cui uno Stato sia
parte in causa (art. III, sezione II, della Costituzione).
Essa ha giurisdizione di
appello nelle controversie concernenti la Costituzione e le leggi federali.
In realtà il diritto di
appello alla Corte Suprema è abbastanza limitato, poiché è previsto dalle leggi
solo in pochi casi; tuttavia è possibile presentare un’istanza per ottenere la
revisione di un processo mediante una “petition
for a writ of certiorari”[6],
domanda di ricorso della parte soccombente in un processo rispetto alla parte
vincente. La Corte ammette però solo alcune domande, a suo insindacabile
giudizio. Il riesame tramite il certiorari,
che dal 1925 costituisce la regola generale per adire la Corte, non si
configura come un diritto, ma dipende dalla valutazione dei giudici. Negli
ultimi anni, a fronte di migliaia di istanze presentate annualmente (circa
8.000), la Corte Suprema ne accoglie un centinaio all’anno.
Vi sono alcuni criteri
oggettivi che la Corte prende in considerazione ai fini dell’accoglimento
dell’istanza: interpretazioni difformi del diritto federale da parte di Corti
federali di appello o di Corti supreme dei singoli Stati; deviazioni nei
tribunali dalle normali procedure giudiziarie; questioni federali rilevanti non
risolte in precedenza dalla Corte; sentenze di Corti federali o statali non
conformi alle decisioni della Corte Suprema[7].
Tuttavia la stessa Corte può prendere in considerazioni anche altri aspetti.
Le decisioni della Corte vengono
prese a maggioranza e il voto del Presidente è equivalente a quello degli altri
giudici. Un momento di particolare importanza è la stesura delle motivazioni
della decisione (opinions), redatte
da uno dei giudici (il Presidente o altro membro da questi scelto ovvero il
giudice più anziano). Gli altri giudici possono redigere un’opinione
concorrente, vale a dire che essi sostengono la decisione della Corte mediante
un ragionamento diverso ma appunto “concorrente” a quello della maggioranza,
ovvero manifestare la propria contrarietà mediante un’opinione dissenziente (dissenting
opinion).
La Corte Suprema ha quindi
il potere di interpretare la Costituzione e di dichiarare incostituzionali gli
atti del Presidente e del Congresso, tramite un sindacato di costituzionalità (judicial
review). Tale possibilità fu inaugurata con la sentenza “Marbury versus Madison” del 1803, con la
quale la Corte, all’epoca presieduta da John Marshall, decise per la prima
volta di disapplicare una legge federale poiché ritenuta costituzionalmente
illegittima.
3.
Rassegna
delle principali sentenze degli ultimi anni
Un indice del ruolo
preminente che la Corte Suprema riveste nella vita istituzionale e politica
degli Stati Uniti può cogliersi nell’interesse di cui la sua giurisprudenza è
costante oggetto nel dibattito pubblico del Paese. È un dato di comune
osservazione che, nell’esperienza storica, la rilevanza e l’incidenza delle
sentenze della Corte non si siano limitate al piano propriamente
giurisdizionale e alla funzione sostanziale di organo regolatore
dell’equilibrio tra i poteri, ma abbiano scandito momenti cruciali
dell’evoluzione dell’assetto sociale: basti pensare, ad esempio, alle decisioni
in tema di segregazione razziale (1954), di libertà religiosa con riferimento
alla preghiera nelle scuole pubbliche (1962), alle garanzie processuali e alla
difesa d’ufficio (1963), alla libertà di stampa (1964), al diritto al silenzio
al momento dell’arresto (1966), al diritto alla privacy in materia di aborto (1973), al caso Watergate (1978), alle quote razziali in favore delle minoranze
(1978).
Proprio in considerazione
della profonda incidenza esercitata dalla Corte attraverso le sue decisioni si
è posta - ed è oggetto tradizionale di dibattito politico e scientifico - la
questione della sua legittimazione; la quale è formulata perlopiù nei termini
della natura “countermajoritarian”
comunemente attribuita alla Corte, consistente nel divario tra il potere
esercitato e l’assenza di un meccanismo di responsabilità per tale esercizio,
in ragione del carattere non elettivo dell’organo.
Per queste caratteristiche
e implicazioni, le pronunce della Corte Suprema sono tema di particolare
attenzione da parte dei media oltre che di analisi e discussioni svolte in sede
scientifica, che coinvolgono la dottrina anche non statunitense; peraltro,
all’influenza delle decisioni della Corte Suprema non sono estranee le alte
giurisdizioni non statunitensi, ove si consideri il crescente ruolo svolto dai
giudici costituzionali quali protagonisti della circolazione di modelli
giuridici attraverso l’utilizzo di argomenti “extrasistemici”, ovvero il
riferimento sempre più frequente, nelle sentenze delle Corti supreme nazionali,
al diritto internazionale o straniero, ivi comprese le decisioni di altre Corti
costituzionali.
Una rassegna delle
decisioni di maggior rilievo pronunciate dalla Corte Suprema - necessariamente
sintetica e riferita temporalmente ai cases
più recenti - può limitarsi alla segnalazione di alcune tra le sentenze che, in
ragione dei temi affrontati, hanno suscitato maggiore attenzione presso gli
osservatori europei.
Nel 2014, la Corte ha affrontato, con due diverse sentenze (Wheaton College v. Sebelius e Burwell v.
Hobby Lobby), questioni concernenti la libertà
religiosa e l’obiezione di coscienza,
esentando alcune organizzazioni ad orientamento confessionale (una università
evangelica e un ente non-profit) dall’applicazione della legge federale sulla
riforma sanitaria (Patient Protection and
Affordable Care Act, introdotta nel 2010 dal Presidente Obama)
relativamente all’obbligo di prevedere, nei piani assicurativi sottoscritti per
i propri dipendenti, la rimborsabilità di contraccettivi e di interventi di
interruzione volontaria della gravidanza. Peraltro, la stessa legge federale è
stata oggetto, nel 2012, di una sentenza (National
Federation of Independent Business v. Sebelius) che coincide con un
capitolo della lunga controversia sociale e politica animatasi sulla già
menzionata riforma sanitaria
(divenuta nota come Obamacare); tale
decisione verte sulla regola che prevede, per i cittadini i quali non adempiano
all’obbligo di acquistare una polizza sanitaria (cosiddetto individual mandate), una sanzione
proporzionale al reddito individuale, e qualifica tale previsione come tributo
imposto a coloro che decidano di non assicurarsi, con l’effetto di porne a
fondamento non il potere legislativo federale, soggetto a limiti
costituzionali, bensì il taxing power,
a cui la stessa giurisprudenza della Corte Suprema attribuisce configurazione
autonoma, tale da consentire al governo centrale, nelle materie in cui non può
legiferare, di esercitare il potere tributario.
L’incostituzionalità di
talune limitazioni ai finanziamenti
elettorali previste dalla legge (cosiddetti aggregate limits riferiti alle donazioni in favore di una pluralità
di candidati) è stata decisa dalla Corte, nel 2014, nel caso McCutcheon et
al. V. Federal Electoral Commission, in quanto ritenuti contrari alla libertà di espressione affermata dal
Primo emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti.
Ancora nel 2014, nel caso Riley v. California, i giudici costituzionali hanno individuato un
punto di bilanciamento tra le nuove tecnologie e il diritto alla privacy, includendo nella sfera privata protetta da
riservatezza i dispositivi di telefonia mobile in dotazione all’individuo.
Rileva sotto il profilo
del principio della prova nel diritto
penale la sentenza del 2014 (Burrage v. United States) in materia di
responsabilità per la distribuzione di sostanze stupefacenti e di nesso di
causalità con riferimento alla morte di un individuo a seguito del loro
consumo.
Nel caso Schuette v. BAMN, del 2014,
la Corte si è pronunciata
- in senso restrittivo - sulla copertura costituzionale delle azioni positive (affirmative actions) e sulla possibilità, per gli elettori di uno
Stato, di compiere scelte da cui risulti limitata o esclusa l’applicazione del
criterio razziale nelle decisioni delle autorità pubbliche, in particolare in
materia di ammissione nelle università.
Nel 2013, il matrimonio omosessuale è stato oggetto
di due sentenze della Corte (Hollingsworth
v. Perry e United States v. Windsor),
con cui la questione del same sex
marriage, già tema di iniziative legislative e di diversificate soluzioni
adottate in numerosi Stati (nella cui competenza legislativa rientra la materia
del diritto civile), nonché di controversie sottoposte alle Corti statali, è
stata definita nel senso del riconoscimento della legittimità costituzionale
del matrimonio celebrato tra persone dello stesso sesso.
In particolare, la prima
delle due sentenze (Hollingsworth v.
Perry) ha rigettato, per carenza di legittimazione attiva dei ricorrenti,
l’impugnazione avverso la sentenza di una Corte statale della California con
cui era stata dichiarata incostituzionale l’approvazione, mediante una
consultazione referendaria (cosiddetta Proposition
8) celebrata nello Stato della California, di una disposizione
costituzionale che aveva emendato la Costituzione statale stabilendo che
“matrimonio” poteva essere definito solamente il negozio giuridico che lega un
uomo e una donna. La seconda sentenza (United
States v. Windsor) ha affermato l’incostituzionalità parziale della legge
federale (Defense of Marriage Act)
nella parte in cui affermava che, ai fini delle condizioni di accesso e di
fruibilità di determinati benefici federali, si riconosceva come “matrimonio”
solamente quello eterosessuale.
Nel 2013,
la sentenza Association for Molecular
Pathology et al. V. Myriad Genetics ha affrontato il tema della
brevettabilità del genoma umano e della sua preclusione costituzionale.
Con la sentenza pronunciata nel 2011 nel caso Brown v. Plata, in tema di sovraffollamento
carcerario, la Corte ha affermato che la costruzione di nuove carceri non
costituisce la soluzione al problema del loro eccessivo affollamento, ma, al
contrario, ne rappresenta una causa. Questa la conclusione raggiunta dai
giudici costituzionali nel caso concernente la legittimità costituzionale del
provvedimento con cui, due anni prima, una Corte distrettuale federale aveva
imposto al Governatore dello Stato della California la riduzione del numero dei
detenuti, in considerazione delle crudeli e inusuali condizioni in cui viene
scontata la pena nelle prigioni californiane.
In chiusura della presente rassegna
merita di essere segnalata una decisione del 2010 (caso Citizen United v.
Federal Electoral Commission), in cui la Corte ha affermato la
costituzionalità dei finanziamenti
elettorali da parte di persone giuridiche, ritenendo che la libertà di espressione sia garantita
dal Primo emendamento nei confronti degli individui considerati sia
singolarmente, sia collettivamente.
SERVIZIO BIBLIOTECA - Ufficio Legislazione Straniera
tel. 06/6760. 2278 – 3242 ;
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[1] Tra gli innumerevoli contributi di
dottrina sulla Corte Suprema, ci si limita a si segnalare in questa sede il
capitolo “Il sistema giudiziario”, tratto dal volume di Luca Stroppiana, Stati Uniti, 2a ed., Bologna,
Il Mulino, 2013, pp. 109-126.
[2] È disponibile in rete una traduzione in italiano della Costituzione USA.
[3] Sul sito del Federal Judicial Center (l’agenzia che si occupa della formazione
professionale e dell’attività di ricerca delle Corti federali USA) è riportata,
in un’apposita pagina, la retribuzione annuale dei giudici della
Corte Suprema, che dal 1° gennaio 2014 è pari per il Presidente a $ 255.500 e
per gli altri otto membri a $ 244.400.
[4] La Conferenza, tra l’altro, presenta al
Congresso la richiesta annuale di bilancio per la giustizia, predispone i
regolamenti in materia processuale e adotta il codice di comportamento dei
giudici.
[5] Vi è stato solo un caso di impeachment di un giudice della Corte
Suprema: Samuel Chase (marzo 1804), che fu poi assolto dal Senato (marzo 1805).
[6] In latino certiorari significa “essere informati”; il writ è l’atto con il quale la Corte Suprema chiede a una
giurisdizione di grado inferiore di trasmettere gli atti relativi alla
richiesta accolta.
[7] Tali criteri sono previsti dal
regolamento della Corte Suprema (Rules
of the Supreme Court).