Camera dei deputati
XVII Legislatura
BIBLIOTECA – LEGISLAZIONE STRANIERA
Appunto 2/2014 28 gennaio 2014
La
disciplina dell’attività di lobbying in
Francia,
Germania, Regno Unito e USA
Francia
Nel 2009 le due Camere del
Parlamento francese, l’Assemblea nazionale (AN) e il Senato, hanno inteso avviare
alcune iniziative per disciplinare le attività di lobbying al loro interno, in
modo tale da garantire una maggiore trasparenza della vita politica e prevenire
eventuali rapporti illeciti tra parlamentari e gruppi d’interesse.
a) Assemblea nazionale
Il
2 luglio 2009,
l’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea nazionale (le Bureau de l’Assemblée Nationale) aveva
adottato alcune prime regole di trasparenza e di etica applicabili all’attività
dei rappresentanti dei gruppi di pressione (lobbies) presso tale Camera, contenute in uno specifico “Codice di condotta” (2009) (Code de conduite
applicable aux représentants d’intérêts), che è stato
successivamente oggetto di modifiche. Il nuovo Code
de conduite dei rappresentanti di interessi è
stato adottato dall’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea nazionale il 26 giugno 2013.
Il
2 luglio 2009
l’Ufficio di Presidenza aveva anche previsto l’introduzione nell’“Istruzione
generale dell’Ufficio di Presidenza” (documento che contiene alcune
disposizioni normative adottate dall’Ufficio di Presidenza dell’AN che
completano il Regolamento
dell’Assemblea nazionale), di una norma specifica dedicata ai
“rappresentanti di interessi” e alle loro condizioni di accesso presso la sede
dell’Assemblea nazionale, successivamente abrogata. La norma, che era contenuta
nell’art. 26, paragrafo III-B, dell’ “Istruzione
generale dell’Ufficio di presidenza” prevedeva che i “rappresentanti di
interessi pubblici o privati”, iscritti in un elenco fissato dal Bureau de l’Assemblée o da una sua delegazione competente, e reso
pubblico, disponessero di badges -
validi un’intera giornata - che gli permettessero l’ingresso presso il Palais Bourbon (sede dell’Aula dell’Assemblea
nazionale), con specifico accesso ad alcuni ambienti limitrofi all’Aula: “la Grande Rotonda”, “il
Salone della Pace” e “la Sala
delle Quattro Colonne”, con alcune limitazioni di giorni e orari.
Dopo
l’introduzione di tali norme, l’Ufficio di Presidenza ha costituito, nel luglio
2012, un gruppo di lavoro presso l’Assemblea nazionale, presieduto dal
vice-presidente Christophe Sirugue - che ricopre
anche il ruolo di Presidente della “Délégation chargée des répresentants
d’intérets”- per lo studio della regolamentazione
dell’attività di lobbying presso altre istituzioni parlamentari europee e per
il miglioramento della disciplina di tale attività presso l’AN. A conclusione
di tale studio, il 27 febbraio 2013, il
Presidente Sirugue ha presentato all’Ufficio di
Presidenza una relazione conclusiva del lavoro svolto (Rapport du
groupe de travail sur les lobbies
à l’Assemblée nationale
), contenente alcune
proposte di riforma in materia.
Sulla base di
tale Rapporto, l’Ufficio di Presidenza ha quindi stabilito nel febbraio 2013 alcune
nuove disposizioni per una migliore regolazione dell’attività di lobbying e il 26 giugno 2013,
ha approvato, come già evidenziato, il nuovo Codice di condotta dei
rappresentanti di interessi.
Tra di esse,
si segnala in particolare la decisione dell’abrogazione del paragrafo dell’art.
26 dell’ Instruction générale du Bureau
(IGB) – poi disposta con l’arrêté du 30 septembre
2013 modifiant les articles 22 et 26 de l’IGB -
relativo alle regole di accesso dei rappresentanti di interessi al Palais Bourbon. Con tale intervento normativo
si è inteso vietare ai “lobbisti” di accedere
in particolare ad alcune sale limitrofe all’Aula.
Attualmente è
stabilito che il “lobbista” che intende accedere presso la sede dell’Assemblea
nazionale debba essere iscritto nel “registro
dei rappresentanti d’interessi” (tableau de répresentants d’intérêts ), disponibile on line sul sito dell’AN, e possedere un
documento specifico (carte de répresentant) da presentare all’ingresso della sede
dell’AN. Con la presentazione di tale documento il “lobbista” riceve uno
specifico badge d’accesso all’AN per un’intera giornata. Il badge è rilasciato per lo svolgimento di
una determinata attività.
Per la
richiesta d’iscrizione nell’elenco sopra citato i rappresentanti delle lobbies sono
tenuti, insieme al loro datore di lavoro, a riempire un modulo (formulaire d’enregistrement),
disponibile sul sito internet dell’AN, in cui sono comunicati gli interessi di
cui sono rappresentanti, insieme ad altri dati, e ad inviarlo alla “Segreteria
generale dell’Assemblea e della Presidenza” dell’AN.
Sul sito
dell’AN sono presenti sei diversi formulaires d’enregistrement,
ognuno relativo ad una categoria
di ente presso cui può operare un rappresentate di interessi. Sono dunque
disponibili moduli per rappresentanti di: imprese; autorità amministrative
indipendenti ed altri organismi pubblici; organismi di ricerca; organizzazioni
non governative ed associazioni; organizzazioni rappresentative di categorie
professionali o organizzazioni sindacali; studi di consulenti specializzati in
determinate materie o studi di avvocati (cfr. ad esempio il formulaire d’enregistrement pour les emprises).
Nel
formulario i “lobbisti” dichiarano di sottoscrivere il Codice di condotta.
L’istruttoria
delle domande di iscrizione al registro è seguita dalla “Delegazione incaricata
dei rappresentanti d’interessi” e spetta all’Ufficio di Presidenza, o alla sua
delegazione, la decisione relativa all’iscrizione nell’elenco.
In caso di
mancato rispetto del Codice di condotta, l’Ufficio di Presidenza, sulla base di
un rapporto della “Delegazione incaricata dei rappresentanti di interessi”,
potrà decidere di ritirare dal registro dei rappresentanti di interessi, a
titolo provvisorio o definitivo, il rappresentante inadempiente o trasgressore.
Sulla base
delle nuove regole sull’attività di lobbying, i rappresentanti di interessi registrati presso l’AN hanno inoltre la
possibilità di pubblicare sul sito
dell’Assemblea un proprio contributo relativo ad una questione trattata
durante i lavori parlamentari. Il testo del contributo deve essere redatto in
un numero massimo di 7.000 caratteri e deve riguardare uno specifico atto parlamentare
(disegno o proposta di legge; “relazione legislativa”; “relazione relativa ad
un indagine conoscitiva”; “relazione di una commissione d’inchiesta”;
“relazione del comitato di valutazione e controllo delle politiche pubbliche”,
ecc.). Per pubblicare il proprio contributo il rappresentante di interesse è
tenuto a compilare uno specifico modulo in cui deve indicare il codice
identificativo ricevuto al momento dell’iscrizione nel registro (cfr. il formulaire de dépôt de contribution)
.
Nel febbraio
2013 è stata inoltre decisa dall’Ufficio di Presidenza una modifica dell’“Instruction général du Bureau” - poi disposta con l’arrêté du 30 septembre 2013 modifiant les articles
22 et 26 de l’IGB - volta a favorire la pubblicità di eventuali audizioni di rappresentanti di interessi.
Il nuovo c. 1°, lettera d), dell’ art.
22 dell’Instruction général du Bureau
dispone infatti che le relazioni, i pareri e gli altri documenti presentati
alla Presidenza dell’Assemblea da una commissione, una delegazione, un ufficio
o altro organo dell’Assemblea nazionale debbano contenere, in allegato, la
menzione dell’insieme delle audizioni realizzate dal relatore nell’ambito del
proprio lavoro parlamentare. Se un’audizione non è stata condotta, ciò deve
essere segnalato nel documento. Nell’allegato devono inoltre essere indicate in
maniera distinta le audizioni di rappresentanti di interessi iscritti nel
registro.
Per ulteriori
informazioni sulla disciplina relativa all’attività di lobbying presso
l’Assemblea nazionale, si veda la scheda informativa in materia pubblicata sul
sito dell’AN: “Répresentants d’intérêts à l’Assemblée nationale”.
b) Senato
Il 7 ottobre 2009
anche l’Ufficio di Presidenza del Senato (Bureau
du Sénat) ha adottato
una serie di misure volte a inquadrare meglio, in termini di trasparenza,
deontologia ed equità, le attività di lobbying
presso tale organo.
La disciplina
dell’attività dei gruppi d’interesse si basa su tre testi:
·
un capitolo
dell’Instruction générale dell’Ufficio di Presidenza
del Senato (Chapitre XXII bis), introdotto con l'arrêté n°2009-232 du
7 octobre 2009, secondo il quale “il
diritto d’accesso al Senato è accordato, nelle condizioni determinate dai
Questori, ai rappresentanti di interessi iscritti in un pubblico registro che
si impegnano a rispettare un codice di condotta definito dall’Ufficio di
Presidenza”;
·
un Codice di
condotta (2009), applicabile ai rappresentanti d’interessi per quanto riguarda
la loro attività professionale e i loro rapporti con i senatori (Code de conduite applicable aux groupes d’intérêts au Sénat),
che prevede diversi obblighi e divieti di carattere deontologico, tra i quali
il divieto di utilizzare “mezzi fraudolenti o sleali” o di presentare ai
senatori informazioni “volontariamente incomplete o inesatte destinate a
indurli in errore”; tale codice definisce inoltre le modalità di compilazione
del registro dei rappresentanti di interessi e la sua pubblicità sul sito del
Senato;
·
un arrêté de
Questure che regola le condizioni di accesso dei rappresentanti di
interessi presso i locali del Palais du Luxembourg, sede del
Senato (Arrêté de Questure
n. 2010-1258 del 1° dicembre 2010).
Il codice di
condotta prevede anche la pubblicazione sul sito internet del Senato degli
inviti all’estero indirizzati ai senatori, ai loro collaboratori ed ai
funzionari del Senato. Inoltre su ogni spostamento preso in esame da un organo del
Senato (commissione, delegazione, etc.) a seguito di invito da parte di un
organismo esterno, il presidente di tale istanza è tenuto a informare l’Ufficio
di Presidenza del Senato.
Il mancato
rispetto delle regole di deontologia fissate dal Codice di condotta può
determinare l’eventuale ritiro del diritto di accesso al Senato.
Per ulteriori
informazioni sulla disciplina relativa all’attività di lobbying presso il
Senato, si veda la scheda informativa in materia pubblicata sul sito di tale
organo: Les groupes d’intérêts
au Sénat.
Germania
Il Bundestag è stato il primo Parlamento in
Europa a prevedere disposizioni specifiche volte a regolare i rapporti
istituzionali con i gruppi di pressione. In attuazione di una decisione del 21 settembre 1972 concernente la
registrazione di associazioni e di loro rappresentanti (Beschluß
über die “Registrierung von
Verbänden und deren Vertreter”), l’Allegato
2 al Regolamento del Bundestag (Anlage 2 – Registrierung von Verbänden und deren Vertretern) stabilisce che ogni anno
è elaborata una lista pubblica (öffentliche Liste) in cui vengono registrate
tutte le associazioni che intendono rappresentare o difendere interessi di
fronte al Bundestag o al Governo
federale. L’iscrizione nel registro rappresenta una condizione preliminare
perché i rappresentanti dei gruppi di pressione possano partecipare alle
audizioni nelle commissioni parlamentari e accedere ai locali parlamentari
previo rilascio di una tessera di
riconoscimento (Hausausweis).
Al momento
dell’iscrizione, i rappresentanti dei gruppi di pressione devono fornire le
seguenti indicazioni: nome e sede dell’associazione; composizione della
presidenza e degli altri organi direttivi; ambito di interesse dell’associazione;
numero dei membri; nome dei rappresentanti dell’associazione; indirizzo
dell’ufficio presso la sede del Bundestag e
del Governo federale. Questi dati vanno inseriti in un apposito modulo di
registrazione (Meldeformular),
che può essere utilizzato anche per successive modifiche. Il modulo
sottoscritto, insieme allo statuto dell’associazione da registrare - nel caso
in cui esso rappresenti la base giuridica di quest’ultima -, deve essere
inviato per iscritto e a mezzo posta all’archivio parlamentare.
È importante
sottolineare che il registro delle associazioni non ha alcuna rilevanza giuridica.
È infatti stato istituito allo scopo di garantire la trasparenza dell’attività
di lobbying in ambito parlamentare e di fornire all’occorrenza un
supporto informativo per i lavori del Bundestag
e delle commissioni. Come disposto dal Regolamento parlamentare,
l’inserimento nella lista non conferisce automaticamente al gruppo accreditato
il diritto di pretendere un trattamento privilegiato, né quello di essere audito dalle commissioni parlamentari. Il Bundestag può infatti decidere di sospendere
unilateralmente la validità della tessera di riconoscimento per accedere agli
uffici parlamentari e, d’altra parte, le commissioni possono, nel caso lo
ritengano necessario, invitare alle riunioni anche associazioni o esperti che
non sono iscritti nel registro.
In base ad
una decisione adottata dal Presidium del Bundestag
il 14 marzo
1973, la registrazione nella lista non può riguardare enti,
fondazioni ed istituti di diritto pubblico nonché le loro confederazioni,
poiché tali organismi non sono considerati associazioni nel senso inteso dal
Regolamento parlamentare. Non possono inoltre figurare nel registro
parlamentare delle lobby le organizzazioni i cui interessi siano già
rappresentati su base sovraregionale, le associazioni appartenenti ad una
confederazione già registrata, singole società o singole imprese.
Il
Regolamento parlamentare stabilisce che la lista debba essere pubblicata
annualmente dal Presidente del Bundestag in
un supplemento della Gazzetta ufficiale federale (Bundesanzeiger).
Attualmente figurano nel registro, consultabile anche sul sito internet del Bundestag, 2152
associazioni. Col
passare degli anni, il numero di iscritti è sensibilmente aumentato (all’inizio
i gruppi registrati erano 635, nel 1996 erano diventati 1614) e si sono
ampliati i campi d’interesse in cui operano tali organizzazioni. Inizialmente
il ruolo principale era svolto dalle lobby del settore primario e
secondario, vale a dire del mondo economico agricolo e industriale. Oggi si
rileva una maggiore partecipazione del settore terziario e, in particolare, di
organizzazioni non governative impegnate nella tutela dell’ambiente e nel
volontariato che necessitano dell’accredito del Parlamento per poter svolgere
ufficialmente attività politica a livello federale.
Oltre alle
audizioni formali in commissione, i principali momenti di contatto e di
confronto tra parlamentari e rappresentanti di gruppi di interesse hanno luogo
durante le c.d. “serate parlamentari” (Parlamentarische
Abende): si tratta di riunioni informali tra
deputati, ministri e rappresentanti delle lobby, che vengono organizzate
nel corso delle sessioni parlamentari per agevolare lo scambio diretto di
informazioni fra politici ed esperti sui temi più svariati.
Regno Unito
Fonte
normativa di riferimento per la disciplina dell’attività di lobbying è, nel Regno Unito, il Transparency of Lobbying, Non-Party Campaigning
and Trade Union Administration Act
2014.
La nuova
legge, promulgata il 30
gennaio 2014,
ha costituto una significativa innovazione, ove si consideri che l’ordinamento
britannico non contemplava una specifica disciplina delle attività di lobbying,
fenomeno la cui stessa individuazione è stata per lungo tempo oggetto di
divergenze interpretative relativamente alle attività - definite anche di public affairs
o di public relations - che ad esso
debbono tipicamente correlarsi; né prevedeva forme obbligatorie di
registrazione dei soggetti che tali attività esercitano.
La legge
introduce un registro degli esercenti professionali di attività di lobbying (consultant lobbyists) e ne disciplina le forme di
pubblicità, con riguardo, tra l’altro, ai rapporti con i committenti e ai
limiti di spesa per le campagne elettorali che si applicano ai candidati e alle
organizzazioni non appartenenti a partiti politici registrati, questi ultimi altrimenti
soggetti a particolari regole di trasparenza e contabilità).
Sotto il
profilo soggettivo, per consultant lobbyist si
intende la persona - fisica o giuridica – che, nell’esercizio di un’attività
professionale, per conto di terzi e dietro remunerazione, effettui
comunicazioni, in forma scritta od orale, personalmente ad un membro del
Governo del Regno Unito (o ai titolari di posizioni equivalenti) in materia di
politiche del Governo, legislazione, conclusione di contratti pubblici,
rilascio di autorizzazioni e concessioni, o relativamente all’adozione di ogni
altro atto da parte della pubblica amministrazione (art. 2; Schedule 1). Alcune esenzioni
dall’obbligo di registrazione sono previste dal testo normativo (oltre che per
i funzionari o rappresentanti di Stati esteri) in relazione all’ipotesi in cui
il lobbying, benché svolto in forma
professionale, abbia carattere residuale od incidentale nel quadro di attività
professionali considerate nel loro complesso.
La tenuta del
registro è affidata ad un organo
monocratico di nuova istituzione e posto in condizione di autonomia dal governo
e dal settore industriale di riferimento, il Registrar of Consultant Lobbyists, il cui
ufficio vigila sul possesso dei requisiti da parte degli operatori che vi sono
iscritti nonché sull’osservanza degli obblighi di trasparenza relativamente
alla pubblicazione dei dati dei loro clienti, di cui è prescritto
l’aggiornamento su base trimestrale. L’esercizio dell’attività suddetta senza
previa registrazione, oppure la comunicazione a tal fine di dati incompleti o
inaccurati, costituiscono comportamenti dalla legge qualificati come reati
(art. 12); il Registrar è tuttavia
abilitato, nei casi meno gravi, ad irrogare sanzioni pecuniarie (a titolo di civil penalty, fino a 7.500 sterline) anziché
a deferire gli interessati all’autorità giudiziaria (artt. 14, 16).
Le ulteriori
disposizioni del testo normativo perseguono analoghe finalità di trasparenza e,
come anticipato, definiscono i limiti di spesa applicabili in relazione alle campagne elettorali indipendenti (ossia
svolte da soggetti od organizzazioni non riconducibili a partiti politici
registrati), superati i quali essi ricadono nella disciplina riservata a questi
ultimi; ed introducono per le organizzazioni
sindacali l’obbligo di tenere ed aggiornare il registro dei propri
iscritti, sottoposto alla vigilanza del Certification Officer.
Pare utile
segnalare come il testo normativo, intervenuto in un ambito precedentemente
caratterizzato dal ricorso a strumenti autodisciplinari e deontologici adottati dagli
operatori su base volontaria, rappresenti il punto di approdo di un lungo
dibattito politico-istituzionale. In assenza di una disciplina legislativa, il
tema - già posto in rilievo dal Nolan Committee nel più generale contesto delle regole di
comportamento da osservarsi nella “vita pubblica”
- era stato oggetto di una specifica indagine avviata nel 2007 dal Public Administration Committee
della Camera dei Comuni, che aveva formulato nella relazione finale
raccomandazioni volte a garantire la trasparenza delle decisioni governative
rispetto all’influenza di interessi esterni, tra cui, appunto, quella di
istituire un registro pubblico delle lobbies e dei rispettivi agenti o rappresentanti.
Sulla base di valutazioni diverse, e nel presupposto che i rapporti tra i
gruppi di interesse e le autorità pubbliche fossero già soggiacenti alle
generali regole di trasparenza prescritte dal Freedom of Information Act 2000, il Governo
ritenne di non dare seguito alla proposta della commissione parlamentare;
la stessa commissione Nolan, d’altra parte, aveva a suo tempo formulato parere
negativo relativamente all’istituzione di un registro delle lobbies operanti nello specifico ambito
parlamentare, poiché ciò avrebbe potuto ingenerare nel pubblico l’erronea
opinione - con il rischio inoltre di agevolare possibili discriminazioni e
distorsioni – che l’unico modo, o quantomeno il più efficace, di entrare in contatto
con la rappresentanza politica fosse quello di ricorrere alla mediazione dei
gruppi di pressione così formalizzati e ai loro esponenti.
Le
considerazioni del Public Administration Committee, ribadite nel 2009 in un documento di
replica al Governo, hanno
tuttavia dato impulso affinché gli operatori del settore provvedessero a
dotarsi di codici di condotta, nei quali sono stati recepiti i criteri di
comportamento – i “sette principi della vita pubblica” - di generale
applicazione e vincolanti per i titolari di cariche e di uffici pubblici.
Norme autodisciplinari sono state adottate, in particolare, dalla
Association of Professional Consultant (APPC),
in recepimento anche delle note raccomandazioni formulate nel 1991 dal Committee on Standards in
Public Life. Aggiornate nel 2012, esse prevedevano per le società aderenti
– la maggior parte di quelle operanti nel settore della “consulenza politica” -
l’iscrizione in un apposito registro e l’impegno a conformare il proprio
operato a criteri di trasparenza, che comportano, tra l’altro, la regolare
pubblicazione dell’elenco dei clienti che si avvalgono dei loro servizi.
Prima di
giungere all’introduzione, nel 2014, della specifica disciplina legislativa
delle attività poste in essere dai gruppi di pressione, le discipline
deontologiche (oggetto di costante riflessione per quanto concerne la loro
adeguatezza ed efficacia nel settore privato),
sono venute in rilievo, inoltre, quali fonti di obblighi generali in materia di conflitti di interesse, alla cui
osservanza sono tenuti i possibili destinatari – i “soggetti passivi” - delle
attività delle lobbies
al fine di prevenire ogni interferenza tra interesse pubblico ed interessi
privati; tali obblighi sono stati trasposti nei codici di condotta destinati
rispettivamente al pubblico impiego e ai membri di Governo nonché, come si è
già esposto, nelle regolamentazioni interne delle Assemblee legislative.
Sul versante
della pubblica amministrazione, le
regole al cui rispetto sono tenuti i funzionari hanno il diretto antecedente
nei principi a suo tempo dettati dal Nolan
Committee, ma si caratterizzano per la cogenza
che deriva dal loro specifico consolidamento nel Civil Service Code,
emanato inizialmente nel 1996 e munito di base legislativa dal novembre 2010,
secondo quanto disposto dall’art. 5 del Constitutional Reform and Governance Act 2010. In attuazione delle previsioni di questo codice,
destinate ad applicarsi nei confronti del personale del comparto pubblico, il
contatto tra funzionari ed esponenti di agenzie di lobbying è
considerato lecito purché trovi giustificazione nell’interesse delle
Amministrazioni medesime; d’altra parte, nell’intrattenere relazioni con i
lobbisti i funzionari debbono conformarsi scrupolosamente ai principi di onestà
ed integrità del codice anzidetto, che declinati nel caso specifico richiedono
la netta distinzione dei ruoli e precludono ogni comportamento diretto o
potenzialmente idoneo ad esporre il proprio operato ad indebiti condizionamenti.
Le regole di
comportamento derivate dai già richiamati “sette principi della vita pubblica”,
infine, connotano l’impianto deontologico delle previsioni in materia di lobbying al cui rispetto sono tenuti, in
ragione del loro status, i soggetti
che rivestono cariche di governo
oppure siano membri del Parlamento.
Ai primi si
applica il Ministerial Code (aggiornato nel maggio 2010, subito
dopo l’insediamento dell’attuale Governo liberal-conservatore), che individua
in dettaglio comportamenti dai quali astenersi in quanto possono esporre il
beneficiato al rischio, reale od apparente, di influenze estranee o determinare
l’insorgenza di conflitti di interesse: in particolare, agli ex-ministri è
espressamente precluso lo svolgimento di attività di lobbying per il biennio successivo alla cessazione della carica, e
l’accettazione da parte loro di incarichi nello stesso periodo è in ogni caso
sottoposta al vaglio di una commissione ad
hoc, l’Advisory Committee on
Business Appointments (art. 7.25).
Ai membri del
Parlamento si applicano il Code of Conduct e le correlate risoluzioni della Camera di
appartenenza,
che a tutela della dignità e dell’indipendenza dell’istituzione dichiarano la
totale incompatibilità con il mandato parlamentare della paid advocacy e di ogni attività parlamentare
svolta nell’esclusivo interesse di soggetti esterni e da questi remunerate.
Stati Uniti
d’America
Negli Stati
Uniti il fenomeno del lobbying
costituisce un aspetto in certa misura strutturale dell’organizzazione del
sistema della rappresentanza politica, che, sotto questo aspetto, presenta
caratteristiche proprie e differenti dall’esperienza degli ordinamenti
continentali europei. L’approccio ricorrente nell’analisi del fenomeno compiuta
dall’angolo visuale della tradizione politico-istituzionale europea tende,
com’è noto, a valutare se esso rappresenti, all’interno del circuito
democratico, un elemento positivo di prossimità e di dialogo tra rappresentanti
e rappresentati, o piuttosto un indice di inefficienza del sistema
parlamentare, in quanto esso sarebbe così esposto al rischio di essere
“catturato” dagli interessi particolari promossi dalle lobby più influenti, con
immaginabili ricadute sull’effettività dei principi di democrazia ed
uguaglianza.
Sebbene tali
rischi non siano ignorati negli Stati Uniti, e trovino anzi riscontro nella
sterminata produzione scientifica dedicata al tema, la possibilità per i
cittadini di rivolgersi direttamente ai loro rappresentanti per tentare di
ottenerne la tutela in sede istituzionale di propri interessi non è un aspetto
in sé considerato negativamente; è la stessa Costituzione, nel primo
emendamento, a garantire il “right to petition the government for redress or grievances”, che
costituisce dunque un elemento non solo tipico, ma costituzionalmente garantito
della struttura della rappresentanza politica statunitense.
La piena
liceità del lobbying e l’ampia
diffusione che il fenomeno da tempo ha avuto negli Stati Uniti, propiziata dal
peculiare modello costituzionale, non hanno tuttavia impedito che si ponesse la
questione di disciplinarlo per impedirne la degenerazione. Tralasciando i
precedenti legislativi del XIX secolo
- che attestano in ogni caso il radicamento storico del fenomeno e la precocità
della risposta ordinamentale -, una prima organica disciplina fu introdotta con
il Federal Regulation
of Lobbying Act del 1946, nelle cui disposizioni
si rispecchiava l’approccio normativo rivolto, per un verso, ad assicurare la trasparenza del fenomeno, e per altro
verso a sanzionare i comportamenti illegittimi, ossia posti in essere travalicando
i limiti del right to petition garantito dalla
Costituzione federale. Tali finalità erano perseguite dalla legge (inserita nel
più ampio Legislative Reorganization
Act) principalmente attraverso l’obbligo di
registrazione posto su quanti svolgevano attività di lobbying, assieme a quello di redigere rendiconti periodici delle
spese e dei finanziamenti ottenuti. In particolare, essa prescriveva la
registrazione dei lobbyists
presso la Presidenza
del Congresso e della Camera dei Rappresentanti nonché la disclosure dei loro clienti, dei
pagamenti da questi ricevuti e di ogni altro contributo finanziario alla loro
attività; essi avrebbero inoltre dovuto fornire la resocontazione
delle entrate e delle spese, e indicare gli articoli di stampa pubblicati su
loro impulso, nonché i singoli provvedimenti legislativi per il cui esito,
qualunque fosse, essi si erano attivati.
L’efficacia
della legge federale fu tuttavia minata dalle difficoltà applicative
determinate dalla mancanza di concreti poteri attribuiti alle figure che
avrebbero dovuto garantirla in ciascuna delle due Camere, il Clerk of the House e il Secretary of the Senate, e dallo scarso
coordinamento di questi uffici tra loro e con il Dipartimento della Giustizia.
La sua incidenza fu inoltre indebolita dalla giurisprudenza della Corte
Suprema, che, pur dichiarando nel 1954 costituzionalmente legittime le sue
disposizioni, ne limitò in effetti la portata applicativa.
Dopo alcuni
infruttuosi tentativi, per una riforma legislativa in materia si è dovuti attendere
il 1995 e l’approvazione del Lobbying Disclosure Act (Public Law 104-65, 19 dicembre 1995), la cui principale finalità è
stata quella di colmare le lacune rivelate dall’esperienza applicativa
pluridecennale della legge del 1946.
L’impianto della legge si caratterizza per l’obbligo di registrazione posto su
qualunque soggetto eserciti attività di lobbying
dietro remunerazione, indipendentemente dal fatto che la svolga all’interno o
all’esterno delle istituzioni interessate, e per l’inclusione nell’ambito
applicativo del lobbying nei
confronti dell’Esecutivo, prima escluso. Sono stati inoltre tipizzati i
contenuti della registrazione e dell’obbligo di rendiconto periodico, per
introdurvi la puntuale indicazione delle generalità del cliente del lobbista,
dell’eventuale esistenza di finanziamenti versati da altri soggetti, del
concorso di enti stranieri in qualche modo collegati al cliente o in posizione
di controllo sullo stesso, dell’ammontare delle somme guadagnate dal lobbista e
delle spese da questo sostenute nell’attività prestata per il cliente. Le
stesse modalità di registrazione e di disclosure sono state riformulate in modo da fare riferimento
al cliente interessato, comprendendo tutti i lobbisti impiegati per la
prestazione del servizio; le modalità della registrazione e le conseguenze
dell’inottemperanza a tale obbligo sono oggetto di disposizioni assai
specifiche e minuziosamente articolate. Sul piano sanzionatorio, l’opzione
legislativa si è concentrata prevalentemente su sanzioni civili anziché penali,
assegnando più incisivi poteri di intervento al Secretary of the Senate e al Clerk of the House e comunque riservando all’autorità giudiziaria (nella
figura dell’Attorney for the District
of Columbia) il compito di perseguire le eventuali infrazioni.
La legge del 1995 ha inoltre superato l’indeterminatezza
definitoria della disciplina precedente con riguardo ai comportamenti qualificabili
come lobbying. Volendo accennare ad
alcune definizioni normative, viene in rilievo innanzitutto quella di lobbista,
qualificato come colui che è impiegato da un cliente, dietro compenso pecuniario
o di altro genere, per lo svolgimento di attività che comprendono più di un
singolo contatto con determinate istituzioni, purché tale attività costituisca
almeno il 20% del tempo impiegato come prestatore d’opera a favore del medesimo
cliente nell’arco di un semestre.
Viene stabilita, inoltre, la
rilevante distinzione tra le lobbying firms e le lobbying
organizations: le prime costituite sia da persone
fisiche che svolgono direttamente l’attività, sia da persone fisiche o
giuridiche che impiegano altri soggetti per prestare il servizio ad un cliente
terzo; le seconde costituite da enti o persone giuridiche (società,
associazioni) che si avvalgono dell’attività di altri soggetti che effettuano attività
di lobbying per conto dell’ente medesimo. Il cliente che si avvale dell’opera
del lobbista, in base alla legge, è la persona o l’ente che impieghi persone
dietro compenso pecuniario o di altro genere per svolgere attività di lobbying
per proprio conto. Una volta individuati i profili soggettivi
dell’attività, la legge ne definisce la natura e l’oggetto: integra l’attività
di lobbying sia la comunicazione
orale o scritta (lobbying contact) diretta ad un covered
executive or legislative branch official
e posta in essere nell’interesse di un cliente in riferimento a determinate
attività istituzionali, sia ogni attività di preparazione, ricerca e, in
generale, predisposizione di strumenti preordinata all’esecuzione di attività
lobbistiche proprie od altrui (lobbying activity). Destinatari del contatto lobbistico possono
essere, nell’Esecutivo, il Presidente ed il vice Presidente, i membri
riferibili al suo staff ed altri soggetti che ricoprano posizioni di una certa
rilevanza nell’amministrazione secondo le normative del settore; nel
Legislativo, ovviamente, i membri del Congresso e ogni altro soggetto che per
la posizione ricoperta si trovi con essi in diretto contatto. Le attività istituzionali
in riferimento alle quali il contatto o la comunicazione assumono la
qualificazione di lobbying sono
individuabili, utilizzando categorie proprie del nostro sistema, nell’attività
legislativa, negli atti di indirizzo politico, nell’attività amministrativa, nei
poteri di nomina a cariche che richiedano la ratifica del Senato.
Su queste premesse è intervenuta, nel
2007, l’ulteriore riforma introdotta con l’Honest Leadership and Open Government Act (Public Law 110-81, 14 settembre 2007), che ha modificato in più
parti il Lobbying Disclosure
Act del 1995. Le nuove disposizioni, in
particolare, si concentrano sulla deontologia dei membri del Congresso e sulla
trasparenza del loro operato, nell’intento di limitare l’ingerenza dei gruppi
di pressione nei procedimenti legislativi e di porre un argine ai fenomeni di
vicendevole ricambio tra ceto parlamentare ed esponenti degli interessi
organizzati (proposito reso esplicito già nella rubrica del titolo primo del
testo normativo: “Closing the revolving door”).
In tale
prospettiva la legge reca modifiche anche alla legislazione in materia di
finanziamento delle campagne elettorali (segnatamente il Federal Election Campaign
Act del 1971) e ai regolamenti parlamentari delle
due Camere del Congresso, per la parte che di essi concerne la deontologia
parlamentare nonché puntuali aspetti del procedimento legislativo (è il caso
del cosiddetto fenomeno degli earmarks dei progetti di legge, ossia della prassi diretta a
destinare, su impulso di lobbies
e per mezzo di leggi ad hoc, risorse
finanziarie a determinate categorie di soggetti in elusione dei diversi criteri
allocativi stabiliti dall’Esecutivo). Altre regole, poste dalla legge o da
questa aggiornate, codificano principi di “etica pubblica” alla cui osservanza
sono tenuti anche gli esponenti dell’Esecutivo o i titolari di determinate
funzioni all’interno delle amministrazioni pubbliche.
Rafforzando
il già vigente criterio delle “incompatibilità successive”, il legislatore, in
primo luogo, ha esteso a due anni il periodo (cosiddetto cooling-off period) in cui il funzionario
precedentemente in servizio presso l’amministrazione del Senato con grado
elevato (senior executive personnel), oppure prima assegnato all’ufficio di un
Senatore, non può intraprendere l’attività professionale di lobbyist. Analoga limitazione,
per la durata di un anno, è prevista per gli altri funzionari del Senato nonché
per gli ex membri della Camera dei Rappresentanti.
La legge pone
altresì obblighi di trasparenza con riguardo ai finanziamenti in favore di
esponenti politici, ponendo regole applicabili alle diverse forme ed occasioni
in cui, nell’esperienza politica degli Stati Uniti, conferimenti di denaro
possono aver luogo: contributi elettorali, donazioni alle biblioteche
presidenziali, erogazioni a comitati inaugurali oppure a convenzioni di partito
per le elezioni primarie. Tali obblighi gravano pertanto sugli esponenti delle lobbies, richiedendo
che essi rendano pubbliche, con cadenza semestrale, le donazioni superiori a $
200 effettuate in favore di candidati in competizioni politiche federali,
nonché a detentori di cariche pubbliche, a comitati elettorali e a partiti
politici; per converso, a tali soggetti è richiesto di rendere note le
donazioni in loro favore raccolte da un lobbista il cui ammontare superi $
15.000 nell’arco di un semestre. La violazione, consapevole e fraudolenta, di
tali prescrizioni da parte del lobbista lo espone all’irrogazione di pene
pecuniarie (da $ 50.000 a
200.000) e detentive (da 1 a
5 anni). Il membro del Congresso, dal canto suo, è escluso dalle prestazioni
previdenziali erogate dal Civil Service Retirement System in caso di sua condanna per
corruzione o per altri reati correlati.
L’aderenza a
regole deontologiche del contegno dei membri del Congresso, così come dei
candidati ad un seggio parlamentare o alla carica presidenziale, è disciplinata
anche con riguardo a fattispecie particolari (talora già disciplinate nei
regolamenti parlamentari), quali la partecipazione ad eventi sportivi o il
viaggio a bordo di aerei gestiti da vettori non commerciali (casi in cui è
richiesto al beneficiario il pagamento della prestazione secondo le tariffe di
mercato) e la prescritta astensione dall’utilizzazione di aerei a titolo
gratuito, a meno che ciò non sia determinato da comprovate ragioni di
sicurezza.
Altre
disposizioni della novella legislativa del 2007 riguardano le campagne
elettorali e, precisamente, sono ritagliate su alcuni aspetti e momenti di
queste, caratteristici della vita politica statunitense. Può segnalarsi, ad
esempio, il divieto posto ai membri del Congresso di partecipare a
manifestazioni organizzate in loro onore dal partito cui appartengono, se direttamente
finanziate da un lobbista, a meno che il parlamentare medesimo non vi prenda
parte in qualità di candidato alla carica di Presidente o di Vice-Presidente
degli Stati Uniti.