Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Ambiente
Titolo: Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici COP23 di Bonn, 6-17 novembre 2017
Serie: Documentazione e ricerche   Numero: 323
Data: 08/11/2017
Organi della Camera: VIII Ambiente


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Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici COP23 di Bonn, 6-17 novembre 2017

8 novembre 2017
Schede di lettura


Indice

L'attuazione del Protocollo di Kyoto, l'Accordo di Parigi e le politiche nazionali per il raggiungimento degli obiettivi previsti per il 2020 e il 2030|Il contributo dell'Unione europea|


L'attuazione del Protocollo di Kyoto, l'Accordo di Parigi e le politiche nazionali per il raggiungimento degli obiettivi previsti per il 2020 e il 2030

Il primo periodo di impegno (2008-2012)

Dopo aver provveduto alla ratifica del Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) con la legge n. 120/2002, l'Italia si è impegnata a raggiungere l'obiettivo di ridurre entro il 2012 le proprie emissioni, rispetto al 1990, del 6,5% (percentuale fissata a livello europeo sulla base di una ripartizione differenziata tra i vari Paesi membri dell'obiettivo assunto dell'UE).

Dal Report on the individual review of the report upon expiration of the additional period for fulfilling commitments (true-up period) for the first commitment period of the Kyoto Protocol of Italy, inviato ufficialmente all'Italia dall'UNFCCC nel marzo 2016, si evince che gli obiettivi stabiliti dal Protocollo di Kyoto per il primo periodo di impegno (2008-2012) sono stati raggiunti dall'Italia, con una limitata quantità in eccedenza, traslata al secondo periodo di riferimento, quantificata in circa 800 mila AAU, poco più di 2 milioni di CER e di 1 milione di ERU[1].

CER è l'acronimo di Certified Emissions Reductions (Riduzioni di emissioni certificate), mentre ERU di Emissions Reduction Units (Unità di riduzione di emissioni). Si tratta di crediti di emissione generati dalla realizzazione di un progetto finalizzato a ridurre le emissioni, rispettivamente, in un Paese in via di sviluppo o in un Paese con economia in transizione. Le AAU ( Assigned Amount Units) sono le quantità di emissioni che un Paese può emettere gratuitamente nel periodo 2008-2012.

Il raggiungimento dell'obiettivo è stato reso possibile dall'accordo siglato nell'ottobre 2015 tra Italia e Polonia con il quale l'Italia ha potuto acquistare le unità di quantità assegnate (AAU) necessarie a coprire il gap certificato nella relazione predisposta dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra allegata al Documento di Economia e Finanza (DEF) 2015, cd. "allegato Kyoto" (Doc. LVII, n. 3 - Allegato III), pari a 23,4 MtCO2Eq (milioni di tonnellate di CO2 equivalente).

Il secondo periodo di impegno (2013-2020)

Poiché il Protocollo di Kyoto ha regolamentato le emissioni solo per il periodo 2008-2012, a livello internazionale si è ritenuto necessario avviare il negoziato per giungere all'adozione di uno strumento vincolante per la riduzione delle emissioni di gas-serra per il periodo post-2012. Tale accordo, raggiunto nel corso della Conferenza delle Parti (COP 18-COP/MOP8), conclusasi a Doha (Qatar) l'8 dicembre 2012, è stato assunto dall'UE e da un gruppo ristretto di altri Paesi ed è noto come Emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto.

L'impegno sottoscritto dall'UE per il periodo successivo al 2012 coincide con quello già assunto unilateralmente con l'adozione del "pacchetto clima-energia", che prevede una riduzione delle emissioni di gas-serra del 20% al 2020 rispetto ai livelli del 1990.

L'obiettivo indicato dal "pacchetto clima-energia" è stato perseguito mediante una serie di strumenti normativi. In particolare si ricordano, per il loro impatto sul sistema produttivo nonché sulla finanza pubblica, la direttiva 2009/29/CE (che ha aggiornato la precedente direttiva 2003/87/CE, c.d. direttiva emission trading) e la Decisione 406/2009 del 23 aprile 2009 ("effort sharing"), che ha ripartito tra gli Stati Membri l'obiettivo europeo di riduzione delle emissioni di gas-serra per i settori non-ETS, cioè non regolati dalla direttiva 2009/29/CE (identificabili approssimativamente con i settori agricolo, trasporti, residenziale e civile). Per l'Italia l'obiettivo di riduzione è del 13% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2020.

Le assegnazioni annuali di emissioni di gas-serra di tutti gli Stati membri per il periodo 2017-2020 (già disposte dalla decisione 2013/162/UE per il periodo 2013-2020) sono state rivedute dalla decisione n. 2017/1471/UE.

La ratifica e l'esecuzione, da parte dell'Italia, dell'Emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto è prevista dalla legge 3 maggio 2016, n. 79.

Tale legge non si limita a prevedere la ratifica citata, ma contiene anche disposizioni in materia di programmazione e monitoraggio delle politiche in materia di cambiamenti climatici. L'art. 4 prevede l'adozione, da parte del CIPE, della Strategia nazionale di sviluppo a basse emissioni di carbonio (prevista dall'art. 4 del regolamento dell'UE n. 525/2013) e che lo stesso Comitato invii alle Camere, entro il mese di giugno di ciascun anno, una relazione sullo stato di attuazione della Strategia volta ad illustrare i risultati raggiunti in termini di riduzione delle emissioni di gas-serra, gli interventi e le politiche adottati e lo scostamento tra i risultati ottenuti e gli obiettivi di contenimento dell'aumento della temperatura media globale entro i limiti definiti dagli accordi internazionali stipulati nell'ambito dell'UNFCCC. Il successivo art. 5 istituisce il Sistema (informativo) nazionale in materia di politiche e misure e di proiezioni, conformemente alle decisioni applicabili adottate dagli organi dell'UNFCCC o del Protocollo di Kyoto e all'art. 12 del regolamento (UE) n. 525/2013. L'art. 6 prevede che il Ministero dell'ambiente assicuri la raccolta delle informazioni concernenti le emissioni di gas-serra e delle altre informazioni in materia di cambiamenti climatici e ne curi la diffusione, nonché adegui alle nuove disposizioni la citata relazione sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, allegata al Documento di economia e finanza.

In attuazione della legge 79/2016 è stato emanato il D.M. Ambiente 9 dicembre 2016, che disciplina le modalità e i tempi con i quali i Ministeri interessati collaborano alla raccolta delle informazioni.

 

Nella Relazione del Ministro dell'ambiente sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra allegata al Documento di Economia e Finanza (DEF) 2017, nota come "allegato Kyoto", viene riportata, per i settori non-ETS, una stima delle emissioni nazionali di gas-serra per gli anni 2013-2016 e 2020 (c.d. scenario di riferimento) che tiene conto degli effetti, in termini di riduzione delle emissioni, delle misure attuate e adottate fino al dicembre 2014 ed elencate nell'Allegato 2 (v. pag. 269).

Dal punto di vista della mitigazione, nell'Allegato IV al DEF 2017 (c.d. allegato Kyoto) vengono indicate (a pag. 269) le azioni che il Governo considera come prioritarie per garantire una riduzione delle emissioni compatibile con gli obiettivi della c.d. decisione effort sharing, principalmente inquadrabili nell'ambito dello sviluppo delle fonti rinnovabili e dell'incremento dell'efficienza energetica. Tali misure "prioritarie" riguardano:

  • la proroga e il potenziamento delle detrazioni fiscali al 65% degli interventi di riqualificazione energetica degli immobili privati (c.d. ecobonus) sino al 31 dicembre 2017, prevista dai commi 2 e 3 dell'art. 1 della legge di bilancio 2017 (legge n. 232/2016);
  • le misure in materia di efficienza energetica degli edifici quali: quelle recate dai tre decreti del 26 giugno 2015; la predisposizione dei decreti attuativi del D.Lgs. 102/2014 (di attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica) e l'attivazione della Cabina di regia sull'efficienza energetica (D.M. 9 gennaio 2015) per la predisposizione di tali decreti;
    Nell'allegato IV si richiamano: il  decreto interministeriale 16 settembre 2016 (recante le modalità di attuazione del programma di interventi per il miglioramento della prestazione energetica degli immobili della P.A. centrale, attuativo dell' art. 5 del D.Lgs. 102/2014); il  decreto interministeriale 5 dicembre 2016 (recante approvazione del programma di interventi per il miglioramento della prestazione energetica degli immobili della P.A. centrale, ai sensi dell' art. 5, comma 2, del D.Lgs. 102/2014 e dell'art. 9, comma 1, del D.I. 16 settembre 2016); predisposizione del decreto sul Fondo nazionale per l'efficienza energetica ( art. 15, D.Lgs. 102/2014).
  • il decreto 16 febbraio 2016 recante "Aggiornamento della disciplina per l'incentivazione di interventi di piccole dimensioni per l'incremento dell'efficienza energetica e per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili" (c.d. conto termico);
  • l'aggiornamento del meccanismo dei c.d. certificati bianchi e determinazione di nuovi obiettivi di efficienza energetica per i grandi distributori di energia elettrica e gas.
    In attuazione di quanto sopra previsto, si ricorda che il  D.M. 11 gennaio 2017, in attuazione dell'articolo 7 del D.lgs. n. 102/2014, ha stabilito: a) gli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio energetico che devono essere conseguiti negli anni dal 2017 al 2020 attraverso il meccanismo dei Certificati Bianchi, in coerenza con gli obiettivi nazionali di efficienza energetica e in coordinamento con gli altri strumenti di sostegno e promozione dell'efficienza energetica; b) gli obblighi annui di incremento dell'efficienza energetica degli usi finali di energia a carico dei distributori di energia elettrica e di gas nel periodo tra il 2017 e il 2020; c) le nuove Linee guida per la preparazione, l'esecuzione e la valutazione dei progetti di efficienza energetica e per la definizione dei criteri e delle modalita' per il rilascio dei Certificati Bianchi.
  • i decreti interdirettoriali sui Programmi regionali di audit di efficienza energetica alle PMI.
    L'articolo 8, comma 9 del D.lgs. n. 102/2014 dispone che il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con Ministero dell'ambiente, pubblichi, entro il 31 dicembre 2014 e successivamente con cadenza annuale fino al 2020, un bando per il cofinanziamento di programmi presentati dalle Regioni finalizzati a sostenere la realizzazione di diagnosi energetiche nelle PMI o l'adozione nelle PMI di sistemi di gestione conformi alle norme ISO 50001. Con  D.M. 21 dicembre 2016 sono stati approvati i programmi relativi alla seconda annualità, presentati da 11 regioni per un totale di circa 8 milioni di euro.  
  • i decreti attuativi dell'art. 9 del D.L. 91/2014, per il finanziamento (a valere sul c.d. Fondo rotativo Kyoto) di interventi di efficientamento energetico su immobili di proprietà pubblica destinati all'istruzione;
  • il decreto 23 giugno 2016, di incentivazione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico;
  • il decreto 13 ottobre 2016, n. 264, recante criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti;
  • predisposizione dello schema di decreto sulle emissioni da impianti di biomassa che contribuiscono al quadro normativo delle fonti rinnovabili elettriche.

Le misure suindicate erano già contemplate nell'allegato al DEF 2016.

Rispetto a tale allegato vengono inoltre aggiunte, dall'allegato IV al DEF 2017, le seguenti misure prioritarie:

  • i finanziamenti a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione (circa 100 milioni, destinati a 66 progetti di efficientamento energetico di edifici pubblici di enti localie finanziamenti per l'efficientamento energetico dell'illuminazione pubblica dei siti comunali interessati dai percorsi giubilari;
  • l'attivazione di un protocollo con centri di ricerca/amministrazioni pubbliche per lo sviluppo della produzione e uso dei biocarburanti nel settore dell'aviazione;
  • il decreto legislativo 16 dicembre 2016, n. 257, di attuazione della direttiva 2014/94/UE sulla realizzazione di una infrastruttura per i combustibili alternativi;
  • la predisposizione degli schemi di decreto sull'incentivazione del biometano quando immesso in rete, nonché sui metodi di calcolo e sugli obblighi di comunicazione relativi alla qualità della benzina e del combustibile diesel (decreto legislativo n. 51/2017).

In risposta all'interrogazione 4-17070, nella seduta del 6 ottobre 2017 il Ministro dell'ambiente ha sottolineato che "l'Italia ha messo in atto politiche e misure che le hanno consentito già nel 2015 di raggiungere tutti gli obiettivi previsti dal pacchetto clima-energia al 2020: l'obiettivo sull'efficienza energetica, quello sulle energie rinnovabili e il target nel settore non-ETS. Rispetto a quest'ultimo obiettivo, l'Italia, stante i dati forniti dalla Commissione, supererà il proprio target al 2020 con un surplus di quote pari a 217 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, tale surplus è tra i più alti d'Europa. Di fatto dunque, l'Italia sta già ora contribuendo con il proprio surplus al raggiungimento dell'obiettivo EU al 2030".

La strategia di adattamento

Dal punto di vista dell'adattamento, il documento più rilevante elaborato nel corso della legislatura è la Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, presentata dal Ministero dell'ambiente il 29 ottobre 2013 su impulso della Commissione europea, che il 16 aprile 2013 ha diffuso la "Strategia dell'Ue di adattamento ai cambiamenti climatici" (comunicazione 16 aprile 2013, COM(2013) 216 final).

Dopo  essere stata sottoposta alla consultazione degli operatori interessati, la Strategia ha ricevuto il definitivo via libera con il parere positivo espresso dalla Conferenza Unificata in data 30 ottobre 2014 e nella G.U. n. 153 del 4 luglio 2015 è stato pubblicato un comunicato del Ministero dell'ambiente con cui è stata data notizia dell'avvenuta pubblicazione del decreto direttoriale prot. n. 86/CLE del 16 giugno 2015, recante ls «Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici».

La Strategia nazionale è volta a definire le azioni e gli indirizzi per fronteggiare gli impatti dei cambiamenti climatici, considerati gli effetti che potranno determinare sulle risorse idriche, sul territorio e sugli ecosistemi.

Nel documento predisposto per il question time al Senato del 19 gennaio 2017, il Ministro dell'ambiente ha ricordato che alla fine del 2016 è stato predisposto in bozza il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici e che lo stesso "sarà sottoposto a breve alla consultazione con le istituzioni (Regioni e Ministeri) e il partenariato economico e sociale. Si prevede la sua ultimazione ad aprile 2017".

In risposta all'interpellanza 2-01877, nella seduta del 14 luglio 2017 il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri ha ricordato che il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici "è attualmente in fase di completamento" e che una prima stesura di tale documento "è già stata condivisa con enti di ricerca ed istituzioni, amministrazioni centrali e regioni", nonché che è stata, inoltre, realizzata una consultazione pubblica rivolta ai principali portatori di interesse".

Sul sito del Ministero dell'ambiente sono disponibili i documenti relativi alla consultazione.

Gli impegni per il 2030

La COP21 di Parigi si è chiusa con la firma di un accordo che, al fine di limitare l'aumento di temperatura del pianeta, prevede una serie di impegni a partire dal 2020.

In realtà già dal 2014 l'UE ha definito precisi obiettivi di riduzione per il periodo "post-2020" (v. infra).

La proposta di regolamento sulle riduzioni annuali delle emissioni di gas a effetto serra nel periodo 2021-2030 (COM(2016)482) fissa gli obiettivi a carico di ciascuno degli Stati membri di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nei settori non ETS: per l'Italia l'allegato I alla citata proposta regolamentare prevede una riduzione del 33% per i settori non-ETS.

La seguente tabella (tratta dalla citata relazione del Ministro dell'ambiente sullo stato di attuazione della riduzione delle emissioni di gas serra, allegata al DEF 2017, presentata al Parlamento nel mese di aprile 2017) mostra le proiezioni al 2030 delle emissioni nazionali di gas serra sulla base dello scenario di riferimento (che tiene conto di una serie di misure attuate e adottate fino al dicembre 2014, elencate nell'allegato 2 di tale documento). Per il settore non-ETS viene stimata una riduzione pari al 23%, inferiore a quella richiesta dalla proposta COM(2016)482.

(MtCO2Eq.)

2005

2020

2025

2030

Emissioni ETS

252,9

160,0 152,1 140,0

    riduzione % sul 2005

-37% -40% -45%

Emissioni non-ETS

326,5 265,9 254,9 252,1
   riduzione % sul 2005 -19% -22% -23%
L'accordo di Parigi

La Conferenza delle parti (COP21) di Parigi si è conclusa con la firma di un accordo (siglato in data 12 dicembre 2015) che, in linea con il percorso dei negoziati precedenti, conferma la volontà di mantenere l'aumento di temperatura "ben al disotto dei 2° C" integrandola con l'intento di compiere "gli sforzi per limitare l'aumento a 1,5°", e prevede la revisione quinquennale (a partire dal 2020) degli impegni assunti (per renderli più ambiziosi) e il rafforzamento dei "meccanismi economici" per aiutare i Paesi in via di sviluppo nelle politiche di mitigazione e adattamento.

Gli elementi principali dell'Accordo di Parigi possono essere, pertanto, così sintetizzati:

  • l'obiettivo di lungo termine (già concordato nelle precedenti Conferenze delle Parti) di limitare l'incremento della temperatura entro i 2°C rispetto ai livelli preindustriali è stato confermato e, inoltre, è stato convenuto di proseguire gli sforzi per limitare l'aumento della temperatura di 1,5° C;
  • è stato previsto un meccanismo di revisione quinquennale (a partire dal 2020) degli impegni assunti (per renderli più ambiziosi) in termini di politiche, misure e strategie nazionali di mitigazione, tramite la presentazione ogni cinque anni, da parte di ogni Paese, di un "nationally determined contribution" (NDC), cioè di un contributo determinato a livello nazionale;
  • è stata riconosciuta la necessità di una differenziazione degli obblighi dei Paesi sulla base delle differenti realtà nazionali;
  • la finanza per il clima, in altre parole il bilanciamento tra gli impegni richiesti e il supporto finanziario garantito a favore dei Paesi in via di sviluppo. I paesi industrializzati hanno confermato e rinnovato i propri impegni a favore dei paesi in via di sviluppo, per garantire, dal 2020, un fondo annuale di 100 miliardi di dollari.

Il 22 aprile 2016, in occasione della Giornata della Terra, si è tenuta a New York, presso le Nazioni Unite, una cerimonia che ha visto la partecipazione di Capi di Stato e di governo di tutto il mondo e nel corso della quale l'Accordo di Parigi è stato firmato da più di centosettanta Paesi (compresa l'Italia e l'UE) ed è stato avviato il processo di ratifica.

La quota di ratifiche necessarie per l'entrata in vigore dell'Accordo (55 Paesi, rappresentanti almeno il 55% delle emissioni globali di gas-serra) è stata raggiunta il 5 ottobre 2016, data in cui l'UE ha provveduto alla ratifica con la Decisione (UE) n. 2016/1841. L'accordo di Parigi è quindi entrato in vigore il 4 novembre 2016. La prima sessione della Conferenza delle parti che funge da riunione delle parti dell'accordo di Parigi (CMA1) si è tenuta a Marrakech in concomitanza con la COP22 (sui risultati raggiunti nel corso della COP22 si rinvia alla relazione sulla missione della delegazione parlamentare svoltasi a Marrakech dal 7 al 18 novembre 2016, contenuta in allegato al resoconto della seduta del 24 gennaio 2017 della Commissione Ambiente).

Per quanto riguarda l'Italia, la ratifica e l'esecuzione dell'Accordo di Parigi è prevista dalla legge 4 novembre 2016, n. 204. In base a quanto chiarito con il Comunicato del Ministero degli affari esteri pubblicato nella G.U. del 6 dicembre 2016, l'Accordo è entrato in vigore per l'Italia il giorno 11 dicembre 2016. Sui contenuti della ratifica dell'Accordo di Parigi, presso la 13a Commissione (Ambiente) del Senato si sono tenute, nella seduta del 25 ottobre 2016, le comunicazioni del Ministero dell'ambiente.

Gli articoli 1 e 2 della legge contengono l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione dell'Accordo di Parigi. L'articolo 3 è dedicato invece al contributo italiano al Green Climate Fund e autorizza il Ministro dell'ambiente ad assicurare la partecipazione italiana al Fondo nella misura di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016-2018, onde contribuire alla prima capitalizzazione del Fondo medesimo. L'articolo 4 della legge riguarda gli eventuali oneri finanziari conseguenti ai contributi nazionali (c.d. NDC) previsti dall'Accordo di Parigi, che saranno autorizzati, una volta definiti a livello europeo, con provvedimenti normativi ad hoc. L'articolo 5 disciplina la copertura finanziaria degli oneri.

Riguardo al Green Climate Fund (Fondo verde per il clima), la relazione illustrativa al disegno di legge ricorda che tale fondo è stato istituito in occasione della XVI sessione della Conferenza delle Parti della UNFCCC (dicembre 2010) quale elemento del meccanismo finanziario della Convenzione medesima. In occasione della prima Conferenza dei donatori del Fondo, nel novembre 2014, l'Italia si è impegnata a contribuire alla prima capitalizzazione con una cifra pari a 250 milioni di euro. In seguito poi ad un accordo tra il Ministero dell'ambiente e la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (BIRS) in qualità di fiduciario del Green Climate Fund, l'Italia ha stabilito di corrispondere 50 milioni di euro per ciascuna delle annualità 2016-2018. Tuttavia durante la XIII riunione dell'organo direttivo del Green Climate Fund è emerso come l'Italia sia il maggiore dei donatori a non avere ancora firmato l'accordo per il pagamento integrale del contributo, pregiudicando il raggiungimento dell'obiettivo di 10,3 miliardi promessi in occasione della prima riunione dei donatori. L'Italia è stata pertanto più volte sollecitata a firmare per contribuire alla parte rimanente del contributo.

Nel documento "Status of Pledges and Contributions made to the Green Climate Fund" (pubblicato sul sito web del Green Climate Fund) è indicata la situazione aggiornata dei contributi erogati al Fondo.

La revisione della Strategia energetica nazionale (SEN), la strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile (SNSvS) e il Piano nazionale clima ed energia (PNCE)

Il tema dei cambiamenti climatici è strettamente connesso a quello dell'energia e dello sviluppo sostenibile. 

A partire dal novembre 2016 il Ministero dell'ambiente e il Ministero dello sviluppo economico hanno attivato un processo per l'aggiornamento e la revisione della Strategia energetica nazionale (SEN), partendo dalla convinzione che, dopo l'Accordo di Parigi sul clima, fosse necessario aggiornare la SEN del 2013 e dare al Paese un quadro di riferimento strategico di medio-lungo termine in materia di energia, su cui costruire poi anche il futuro Piano nazionale clima ed energia previsto dall'Unione europea. 

Parallelamente, il Ministero dell'ambiente ha attivato anche il processo per addivenire all'elaborazione della strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile.

La revisione della SEN

La Strategia energetica nazionale, approvata con D.M. 8 marzo 2013, è il documento di programmazione e indirizzo nel settore energetico a livello nazionale, a tutt'oggi vigente. È in atto un processo di aggiornamento e di riforma del Documento programmatorio in questione, che vede coinvolto anche il Parlamento. Dopo una preliminare illustrazione delle linee guida per la nuova Strategia, svoltasi il 1° marzo 2017, presso le Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive) della Camera dei deputati, da parte del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro dell'Ambiente, il successivo 10 maggio è stato presentato alle Camere il Documento per la consultazione pubblica in vista della successiva adozione della nuova strategia. La consultazione sulla Strategia energetica nazionale (SEN) è stata avviata il 12 giugno e si è chiusa il 12 settembre 2017. Sono stati presentati 251 contributi completi e 838 tematici e sono stati effettuati 40 incontri diretti.

Il 24 ottobre scorso, il Ministro dello Sviluppo economico e il Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare hanno svolto un'audizione presso le Commissioni riunite Ambiente e Attività produttive di Camera e Senato sugli esiti della consultazione pubblica. In tale occasione è stato presentato un documento relativo allo stato di avanzamento della consultazione, con le relative schede riassuntive.

L'adozione del decreto di approvazione della nuova Strategia energetica nazionale è prevista entro il mese di novembre 2017.

Con riguardo al contenuto del Documento presentato per la consultazione, si segnalano i seguenti macro-obiettivi:

- migliorare la competitività del Paese, al fine di ridurre il gap di prezzo e il costo dell'energia rispetto alla UE, assicurando che la transizione energetica di più lungo periodo (2030-2050) non comprometta il sistema industriale italiano ed europeo a favore di quello extra-UE. In particolare, il documento si propone di azzerare il gap di costo tra il gas italiano e quello del nord Europa, nel 2016 pari a circa 2 €/MWh, e di ridurre il gap sui prezzi dell'elettricità rispetto alla media UE, pari a circa 35 €/MWh1 nel 2015 per la famiglia media e intorno al 25% in media per le imprese;

- raggiungere in modo sostenibile gli obiettivi ambientali e di de-carbonizzazione al 2030 definiti a livello europeo, con un'ottica ai futuri traguardi stabiliti nella COP21 e in piena sinergia con la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile. A livello nazionale, lo scenario sfidante che si propone prevede il phase out degli impianti termoelettrici italiani a carbone entro il 2030, in condizioni di sicurezza;

- continuare a migliorare la sicurezza di approvvigionamento e la flessibilità e sicurezza dei sistemi e delle infrastrutture.

Sulla base dei precedenti obiettivi, sono individuate le seguenti priorità di azione:

  1. lo sviluppo delle rinnovabili;
  2. l'efficienza energetica;
  3. la sicurezza energetica;
  4. la competitività dei mercati energetici;
  5. l'accelerazione nella decarbonizzazione del sistema: il phase out dal carbone;
  6. tecnologia, ricerca e innovazione.

La SNSvS

Il cosiddetto collegato ambientale (legge 28 dicembre 2015, n. 221, recante disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali), all'articolo 3, ha previsto l'aggiornamento, con cadenza almeno triennale, della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile approvata dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) con la delibera 2 agosto 2002, n. 57 e inclusa nell'allegato alla delibera stessa.

La stessa disposizione ha previsto, in sede di prima attuazione, l'aggiornamento della Strategia entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge (vale a dire entro il 2 maggio 2016).

Il Ministero dell'ambiente ha predisposto una bozza di strategia, che ha sottoposto alla consultazione del pubblico nel marzo scorso. La versione definitiva, secondo quanto previsto dall'art. 34, comma 3, del D.Lgs. 152/2006, dovrà essere deliberata dal CIPE, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le regioni e le province autonome ed acquisito il parere delle associazioni ambientali.

L'importanza della SNSvS è stata sottolineata anche nel Documento di economia e finanza (DEF) 2017, ove, facendo riferimento al processo volto all'elaborazione della strategia medesima, si sottolinea come esso si sia basato "sulla condivisione della sostenibilità come modello di sviluppo e sul coinvolgimento dei soggetti che sono parte attiva nello sviluppo di una società. Queste idee hanno preso concretamente forma nell'articolazione logica della strategia. Il percorso partecipativo si è focalizzato sulla condivisione di tre contenuti principali:

a) il contesto di riferimento, ovvero la valutazione del «posizionamento» del Paese rispetto ai 17 obiettivi (goal) e 169 sotto-obiettivi (target) dell'Agenda 2030;

b) l'individuazione di un sistema di punti di forza e di debolezza su cui costruire gli obiettivi da perseguire, a partire dall'analisi di posizionamento;

c) il sistema di obiettivi strategici organizzati intorno alle aree (5P) dell'Agenda 2030: «Persone, Pianeta, Prosperità, Pace e Partnership» formulazione che restituisce appieno tutte le dimensioni della sostenibilità dello sviluppo".

Nella bozza della strategia (presentata al Consiglio dei Ministri il 2 ottobre 2017 e in attesa di approvazione da parte del CIPE) viene chiarito che le cinque aree in cui è strutturata (Persone, Pianeta, Prosperità, Pace e Partnership) sono a loro volta composte da "un sistema di scelte strategiche declinate in obiettivi strategici nazionali specifici per la realtà italiana e complementari ai 169 target dell'Agenda 2030". Inoltre, per rendere concreto il significato degli obiettivi strategici nazionali, "è stata inserita una selezione di possibili strumenti chiave allo stato disponibili per la loro attuazione".

Nelle premesse della medesima bozza si legge che tale documento "propone in modo sintetico una visione per un nuovo modello economico circolare, a basse emissioni di CO2, resiliente ai cambiamenti climatici e agli altri cambiamenti globali causa di crisi locali come, ad esempio, la perdita di biodiversità, la modificazione dei cicli biogeochimici fondamentali (carbonio, azoto, fosforo) e i cambiamenti nell'utilizzo del suolo. Sono queste le aree strategiche, in particolare ambientali, su cui si intende intervenire". 

Il PNCE

Nel documento consegnato dal Ministro dell'ambiente nel corso dell'audizione del 1° marzo 2017 si legge, relativamente al Piano Nazionale Clima ed Energia previsto nell'ambito della Strategia europea per un'Unione dell'energia, che "è in corso di definizione la struttura che dovranno avere i Piani Nazionale degli Stati membri. La bozza, da preparare per inizio 2018,  dovrà essere sottoposta a consultazione e approvazione da parte della Commissione  europea entro gennaio 2019. Il Piano dovrà integrare il tema dell'energia con quelli  ambientali (efficienza energetica, rinnovabili, emissioni/assorbimentì da foreste e  agricoltura, mobilità sostenibile, economia circolare).

Nel medesimo documento si fa anche riferimento alla Strategia nazionale di sviluppo a basse emissioni al 2050, che l'Italia, "a livello di G7, si è impegnata a presentare in attuazione dell'Accordo di Parigi nel quale saranno indicate le misure più convenienti per  decarbonizzare l'economia nazionale".

Documenti e risorse web


Il contributo dell'Unione europea

(a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)

L'Unione europea ha ratificato l'accordo di Parigi sul clima (COP21) il 5 ottobre 2016. Parallelamente, l'accordo è stato ratificato anche da tutti gli Stati membri dell'UE. In particolare, l'Italia l'ha ratificato l'11 novembre 2016.

La strategia per il clima dell'UE prevede i seguenti obiettivi:

target per il 2020:

  • 20% di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra rispetto ai livelli del 1990;
  • 20% dell'energia consumata prodotta da fonti rinnovabili;
  • 20% di miglioramento in efficienza energetica, rispetto ad uno scenario che lasci immutata la situazione attuale (business-as-usual scenario);

target per il 2030, almeno:

  • 40% di riduzione dei gas a effetto serra rispetto ai livelli del 1990 (80-95% entro il 2050);
  • 27% dell'energia consumata prodotta da fonti rinnovabili;
  • 27% di miglioramento in efficienza energetica, rispetto ad uno scenario che lasci immutata la situazione attuale (business-as-usual scenario).
La proposta di direttiva della Commissione europea (COM(2016)761) porta l'obiettivo al 30%.

 

Il 25 febbraio 2015 la Commissione europea ha presentato la Strategia dell'Unione dell'energia (COM(2015)80), che persegue lo scopo di integrare la politica energetica e la politica ambientale dell'Unione per il raggiungimento di obiettivi successivi al 2020 nei seguenti ambiti.

Decarbonizzazione

Secondo i dati della Commissione europea, nel periodo 1990-2016, a fronte di un aumento cumulativo del 53% del PIL dell'Unione europea, le emissioni sono diminuite del 23% (escludendo i settori LULUCF e includendo l'aviazione internazionale).

L'Unione europea, pur essendo il terzo produttore mondiale di gas serra, è responsabile di meno 10% delle emissioni globali. In particolare, la quota di emissioni di CO2 è passata dal 19,7% nel 1990 al 9.6 % nel 2015. Il primo produttore è la Cina, con circa il 29%, mentre gli Stati Uniti sono il secondo produttore, con circa il 14% delle emissioni globali.

In particolare, stando ai dati preliminari forniti dalla stessa Commissione, le emissioni di gas a effetto serra da fonti fisse coperte dal sistema di scambio di quote di emissione dell'UE (ETS UE) sarebbero calate del 2,9% rispetto al 2015 (tra il 2005 e il 2015 erano diminuite di circa il 24%, al di sopra dell'obiettivo 2020 di una riduzione del 21%). La stragrande maggioranza dei Paesi membri (ad eccezione di Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Irlanda e Lussemburgo) dovrebbe dunque conseguire i propri obiettivi di riduzione entro il 2020.

Sempre nel 2016, le emissioni dei settori non coperti dal sistema ETS (ovvero piccola-media industria, trasporti, civile, agricoltura e rifiuti) erano inferiori dell'11% rispetto al 2005 e avevano quindi superato l'obiettivo 2020 di una riduzione del 10%. Tuttavia, alcuni Stati membri si trovano in una situazione particolare: l'Irlanda dovrebbe mancare il suo obiettivo 2020 di circa 17 punti percentuali, Malta di oltre il 10 punti, il Belgio di 3,5 punti, la Germania di 3,3 punti, Austria e Lussemburgo di poco meno di 3 punti.

 

Proposte della Commissione:

  • proposta di direttiva COM(2015)337, concernente la modifica della disciplina per lo scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra (ETS), che traduce l'obiettivo di riduzione dei gas a effetto serra per il settore del 43% entro il 2030, prevedendo che il quantitativo totale delle quote consentite (tetto massimo) diminuisca nella misura annuale del 2,2% a partire dal 2021 (a fronte dell'attuale calo annuo dell'1,74%). Ciò corrisponde a una riduzione aggiuntiva delle emissioni di circa 556 milioni di tonnellate tra il 2020 e il 2030 - pari all'incirca alle emissioni annuali del Regno Unito. La proposta stabilisce poi che dal 2021 la percentuale di quote destinate ad essere messe all'asta dagli Stati membri sarà pari al 57%. Inoltre, viene istituito il fondo per la modernizzazione a favore di dieci Stati membri a reddito più basso (PIL pro-capite inferiore al 60% della media dell'Unione nel 2013). La proposta è stata esaminata alla Camera dei deputati dalla VIII Commissione (Ambiente), che ha approvato un documento finale;L'VIII Commissione ha espresso un parere favorevole formulando alcune osservazioni. In particolare, ha osservato che occorre valutare se la definizione in misura fissa delle emissioni, cui si accompagna la previsione del fattore di riduzione annuo del 2,2%, non risulti eccessivamente rigida e se non sia il caso di valutare l'introduzione di elementi di flessibilità per garantire l'adeguatezza del sistema EU ETS rispetto al raggiungimento dell'obiettivo definito nell'art. 2 dell'accordo di Parigi di contenere l'aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2 gradi rispetto ai livelli precedenti alla rivoluzione industriale e di puntare a un aumento contenuto entro 1,5 gradi. Ad avviso dell'VIII Commissione, inoltre, occorre garantire che la nuova metodologia prevista per l'individuazione dei settori esposti a rischio di delocalizzazione non comporti una riduzione dei settori inclusi tale da determinare un pregiudizio per la competitività delle aziende europee più esposte alla concorrenza. Infine, la Commissione ha osservato che, tenuto conto che la direttiva introduce una correzione opportuna, con la previsione che gli Stati membri adottino misure finanziarie a favore dei settori a rischio di rilocalizzazione - a causa dei costi indiretti trasferiti sui prezzi dell'energia elettrica - è auspicabile che vengano redatte linee guida per determinare, presso gli Stati membri, criteri uniformi delle misure di sostegno, evitando così possibili distorsioni nella concorrenza fra singole imprese.

ITER: il Consiglio Ambiente dell'UE il 28 febbraio 2017 ha approvato la sua posizione negoziale, mentre il Parlamento europeo ha convenuto la sua posizione il 15 febbraio 2017. Sono attualmente in corso i negoziati nell'ambito del trilogo (il prossimo è previsto per l'8 novembre).

  • proposta di regolamento COM(2016)482, relativa alle riduzioni annuali vincolanti delle emissioni di gas a effetto serra a carico degli Stati membri per i settori non coperti dall'ETS (agricoltura, trasporti, edilizia e gestione dei rifiuti), i cosiddetti settori ESD (Effort sharing decision). Gli obiettivi nazionali sono fissati in coerenza con l'obiettivo di riduzione del 30% rispetto al 2005 delle emissioni in tali settori entro il 2030. Tutti gli Stati membri dovranno contribuire alla riduzione globale delle emissioni a livello UE con obiettivi compresi tra lo 0% e il 40% rispetto ai livelli del 2005;
  • una proposta di regolamento COM(2016)479, relativa all'inclusione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto serra risultanti dall'uso del suolo, dal cambiamento di uso del suolo e dalla silvicoltura (LULUCF), attualmente disciplinati soltanto dagli obblighi internazionali, nel conseguimento dell'obiettivo nazionale di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra per il 2030.

ITER: sulle proposte relative ai settori non-ETS, lo scorso 13 ottobre è stato raggiunto un accordo in Consiglio Ambiente dell'UE. Successivamente sono stati avviati i negoziati con il Parlamento europeo: Il prossimo trilogo è previsto per il 21 novembre.

Efficienza energetica

L'Unione europea nel suo insieme ha continuato a compiere buoni progressi in termini di riduzioni del consumo di energia ed è sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi al 2020 in materia di efficienza energetica. Il consumo di energia finale nell'Unione europea è sceso dell'11% dal 2005 al 2015. In termini assoluti il consumo di energia finale è diminuito in tutti gli Stati membri dal 2005, fatta eccezione per Lituania, Malta e Polonia. L'Italia già nel 2014 ha raggiunto il suo obiettivo indicativo per il 2020.

 

Proposte della Commissione:

  • proposta di direttiva sull'efficienza energetica (COM(2016)761), che modifica la vigente direttiva sull'efficienza energetica (2012/27/UE) per aggiornarla all'orizzonte temporale 2030, fissando un obiettivo del 30% di efficienza energetica per l'Unione europea nel suo complesso. La proposta è stata esaminata alla Camera dei deputati dalla X Commissione (Attività produttive), che ha approvato un documento finale;
La X Commissione ha espresso un parere favorevole formulando alcune osservazioni. In particolare, ha osservato che occorre verificare se le indicazioni contenute nella proposta di direttiva rispondano pienamente agli obiettivi prefissati ovvero siano suscettibili di creare sperequazioni e favorire comportamenti opportunistici da parte di Stati membri meno virtuosi, con particolare riferimento al criterio dell'addizionalità dei risparmi energetici, in base al quale sono conteggiati solo i risparmi energetici aggiuntivi rispetto a quelli che si sarebbero prodotti comunque. Ciò non terrebbe conto degli sforzi già realizzati dagli Stati membri nel settore dell'efficienza energetica e in particolare dell'intensità energetica, rischiando di penalizzare i Paesi che, come l'Italia, hanno raggiunto risultati positivi in materia di efficienza energetica e godono di livelli di intensità energetica inferiori alla media UE.
  • proposta di direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia (COM(2016)765), che intende contribuire al perseguimento dell'obiettivo di efficienza energetica attraverso l'accelerazione della ristrutturazione economicamente efficiente degli edifici. La proposta è stata esaminata alla Camera dei deputati dalla X Commissione (Attività produttive), che ha approvato un documento finale.
La X Commissione ha espresso un parere favorevole, formulando alcune osservazioni. In particolare, ha osservato che, pur essendo l'obiettivo di sfruttare appieno il potenziale di risparmio energetico nel settore edilizio pienamente condivisibile, tuttavia rispetto ad un obiettivo così qualificante, la proposta di direttiva sembra offrire limitati strumenti. Ha ritenuto opportuno quindi verificare se le risorse indicate dalla Commissione europea siano sufficienti a sostenere lo sforzo finanziario che dovrà essere effettuato per raggiungere gli obiettivi prefissati o se non si debba ipotizzare il ricorso a strumenti innovativi specificamente destinati allo scopo. Inoltre, ad avviso della Commissione, premesso che l'obbligo previsto del 3% annuo di ristrutturazione degli edifici dovrebbe riguardare non solo gli immobili del Governo centrale ma anche quelli di tutte le altre amministrazioni pubbliche, occorre individuare strumenti e soluzioni attivabili per facilitare la sostenibilità finanziaria ed economica di tali interventi, che ovviamente implicano lo stanziamento di risorse ingenti.

ITER: il 26 giugno 2017 sulle proposte della Commissione è stato raggiunto un approccio comune in sede di Consiglio energia dell'UE. In particolare, in merito alla proposta di direttiva sull'efficienza energetica i Ministri hanno accettato un compromesso che abbandona il riferimento alla natura vincolante dell'obiettivo del 30% di efficienza energetica entro il 2030.

Energie rinnovabili

La quota di consumo delle energie rinnovabili nell'UE è passata dall'8,5% nel 2004 al 16,7% nel 2015. L'incremento ha riguardato tutti gli Stati membri, ma con vistose differenze. Tra i 28 Stati membri dell'Unione europea, 11 hanno già raggiunto il loro obiettivo nazionale per il 2020, tra cui l'Italia (17,5), mentre altri Stati, tra cui Germania (14,6), Francia (15,2), Regno Unito (8,2) e Polonia (11,8) sono ancora lontani dai loro obiettivi (Dati Eurostat).

Proposta della Commissione:

  • proposta di direttiva "Promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili" (COM(2016)767), volta a garantire il conseguimento dell'obiettivo UE del 27% del consumo di energia da fonti rinnovabili (RES) entro il 2030. A differenza dell'attuale quadro al 2020, la proposta di direttiva non prevede l'introduzione di target nazionali vincolanti, ma fissa un obiettivo collettivo a livello di Unione, stabilendo misure vincolanti per settore (energia elettrica, riscaldamento-raffrescamento e trasporti). La proposta è stata esaminata alla Camera dei deputati dalle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive), che hanno approvato un documento finale.
Le Commissioni hanno espresso un parere favorevole formulando alcune osservazioni. In particolare, hanno osservato che occorre valutare se la proposta di direttiva, laddove, per un verso, rende più stringenti gli obiettivi comuni da conseguire a livello dell'UE e, per altro verso, attenua gli obblighi gravanti su ciascun Paese membro, non possa indurre i Paesi meno virtuosi a comportamenti opportunistici, pregiudicando in tal modo l'esito finale comune. Ciò in considerazione del fatto che alcuni dei maggiori consumatori di energia nell'ambito dell'UE attualmente si collocano al di sotto del target previsto per il 2020. In sostanza, potrebbe non risultare coerente con l'obiettivo condiviso di portare almeno al 27% la quota di consumo di energia da fonti rinnovabili entro il 2030 mantenere gli obiettivi vincolanti per singolo Paese al livello già previsto a normativa vigente per il 2020. Si tratta, quindi, di valutare se non convenga rivedere al rialzo anche tale livello.

L'utilizzo dei fondi europei per il clima

  • Fondi strutturali e d'investimento europei (SIE): oltre 115 miliardi di euro, pari al 25% circa dei fondi totali, dovrebbero contribuire al conseguimento degli obiettivi delle azioni in materia di clima;
  • Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS): il FEIS ha già finanziato diversi investimenti in energie rinnovabili, tra cui progetti nel campo dei trasporti, dell'industria e dell'immagazzinamento di energia. Per il periodo 2018-2020 è in corso di preparazione un'estensione del fondo, il FEIS 2.0, che si concentrerà in particolare su progetti innovativi a bassa emissione di CO2, che contribuiranno a raggiungere gli obiettivi climatici dell'Unione. Nell'ambito del FEIS 2.0, la garanzia dell'UE salirà a 26 miliardi di euro, a cui si sommerà uno stanziamento di 7,5 miliardi di euro della BEI. Nella nuova configurazione, il FEIS 2.0 dovrebbe mobilitare un investimento totale di almeno 500 miliardi di euro entro la fine del 2020;
  • Horizon 2020: nei primi tre anni di Horizon 2020, circa 4 miliardi di euro sono stati impegnati in sfide sociali quali i cambiamenti climatici, i processi industriali e l'energia a bassa emissione di CO2, i trasporti puliti e una bioeconomia sostenibile. In seguito all'adozione dell'accordo di Parigi durante la COP21, sforzi e risorse saranno ulteriormente concentrati sulla lotta ai cambiamenti climatici e sulla decarbonizzazione dell'economia. Una nuova area di interesse dell'UE, "Costruire un futuro a bassa emissione di carbonio e resiliente ai cambiamenti climatici", sosterrà in maniera specifica l'attuazione dell'accordo di Parigi con un bilancio di circa 3 miliardi di euro per il periodo 2018-2020. Le azioni accelereranno l'innovazione nei trasporti e nell'energia pulita, sosterranno la pianificazione degli adattamenti e la concezione di percorsi di mitigazione efficaci sotto il profilo dei costi, producendo nuove conoscenze scientifiche.
  • La politica agricola comune (PAC), che copre il Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR): la PAC prevede che gli agricoltori ricevano pagamenti diretti al fine di rispettare determinate pratiche agricole che risultano vantaggiose per il clima e per l'ambiente. Gli agricoltori devono inoltre osservare una serie di obblighi di legge concernenti i cambiamenti climatici e l'ambiente. Inoltre, la politica di sviluppo rurale della PAC si propone, ad esempio, di ridurre le emissioni sostenendo l'ammodernamento delle aziende agricole al fine di ridurre il consumo di energia, produrre energie rinnovabili, migliorare la gestione degli allevamenti e del suolo e accrescere l'efficienza produttiva. Un contributo alla riduzione delle emissioni viene inoltre dal sostegno all'imboschimento, dalla protezione delle foreste e dalla gestione sostenibile delle foreste. Nel 2016, 18,7 miliardi di euro del bilancio della PAC erano correlati al clima. Inoltre, l'adozione di strategie innovative è stimolata dai programmi di sviluppo rurale, che contribuiscono a ridurre le emissioni e ad aumentare la capacità di catturare carbonio e materia organica nei suoli agricoli.
  • Il sottoprogramma LIFE relativo all'azione per il clima: nel 2016 54,5 milioni di euro sono stati assegnati a ventinove progetti a valore aggiunto a livello di UE per la mitigazione, l'adattamento, la governance e l'informazione. Sono in corso di attuazione anche due strumenti finanziari pilota nell'ambito di LIFE: lo strumento di finanziamento privato per l'efficienza energetica (Private Finance for Energy Efficiency, PF4EE), che mira ad aumentare i finanziamenti privati per gli investimenti in progetti che migliorano l'efficienza energetica, e lo strumento di finanziamento del capitale naturale (Natural Capital Financing Facility, NCFF), che sostiene gli investimenti nel capitale naturale per favorire il raggiungimento degli obiettivi di biodiversità e/o di adattamento ai cambiamenti climatici.

I contributi a sostegno dei Paesi in via di sviluppo

Con riferimento al contributo dell'UE ai finanziamenti internazionali per il clima volti a conseguire l'obiettivo, stabilito per i paesi sviluppati, di mobilitare 100 miliardi di USD all'anno entro il 2020 e fino al 2025, i contributi complessivi versati dall'UE e dagli Stati membri sono stati pari a 20,2 miliardi di euro nel 2016, con un aumento significativo rispetto al 2015 (17,6 miliardi) e al 2014 (14,5 miliardi). Tali contributi sono stati destinati a iniziative di mitigazione dei cambiamenti climatici e adattamento ad essi nei Paesi in via di sviluppo. La cifra include le fonti di finanziamento per il clima provenienti dai bilanci pubblici e da altre istituzioni finanziarie di sviluppo. Comprende inoltre 2,7 miliardi di euro di finanziamenti per il clima provenienti dal bilancio dell'UE e dal Fondo europeo di sviluppo e 1,9 miliardi di euro provenienti dalla Banca europea per gli investimenti.

Conclusioni del Consiglio Ambiente dell'UE in vista della COP23

Lo scorso 13 ottobre il Consiglio Ambiente dell'UE ha adottato conclusioni sull'accordo di Parigi e sui preparativi in vista della COP23 di Bonn.

In particolare, il Consiglio:

  • ha sottolineato che l'accordo di Parigi è irreversibile e ha ribadito l'impegno dell'Unione europea ad attuarlo pienamente, a potenziare i suoi attuali partenariati e a cercare nuove alleanze con i partner internazionali (in reazione al ritiro degli Stati Uniti dall'accordo di Parigi);
  • ha confermato l'impegno a continuare ad aumentare gradualmente la mobilitazione di finanziamenti internazionali per il clima nell'ambito dell'obiettivo di mobilitare 100 miliardi di USD all'anno entro il 2020 e fino al 2025 a fini di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici dei Paesi in via di sviluppo;
  • ha ribadito che i finanziamenti pubblici per il clima continueranno a svolgere un ruolo importante, ha evidenziato che l'UE e i suoi Stati membri sono il principale fornitore di finanziamenti pubblici per il clima e ha insistito sulla necessità della futura partecipazione di una gamma più ampia di contributori;
  • ha invitato tutte le parti a progettare un adeguato processo di bilancio globale, che sfoci in una visione condivisa dell'effetto complessivo dei contributi delle parti;
  • ha sottolineato l'importanza di adoperarsi a favore di scadenze comuni per tutte le parti in materia di contributi stabiliti a livello nazionale (NDC);
  • ha sottolineato l'opportunità che la COP 23 di Bonn compia progressi sostanziali sotto forma di progetti di decisioni in tutti i punti obbligatori del programma di lavoro di Parigi, al fine di garantire l'adozione di decisioni in sede di COP 24 nel 2018;
  • ha accolto con favore l'accordo dell'Organizzazione per l'aviazione civile internazionale (ICAO) sul regime di compensazione e riduzione delle emissioni di CO2 per il trasporto aereo internazionale (CORSIA);
  • ha invitato l'Organizzazione marittima internazionale (IMO) ad intensificare gli sforzi per ridurre le emissioni di gas a effetto serra provenienti dal settore marittimo e ad adottare nell'aprile 2018 una strategia iniziale in materia di riduzione delle emissioni di CO2 generate da navi.