Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico, nonché delega al Governo per l'adozione di tributi destinati al suo finanziamento - A.C. 2212-A - Elementi per l'esame in Assemblea
Riferimenti:
AC N. 2212/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 310    Progressivo: 1
Data: 29/03/2016
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici


+ maggiori informazioni sul dossier
+ maggiori informazioni sugli atti di riferimento

Princìpi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque

29 marzo 2016
Elementi per l'esame in Assemblea


Indice

Contenuto|I pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva|


Contenuto

La proposta di legge reca norme in materia di gestione dell'acqua, di pianificazione, gestione e finanziamento del servizio idrico integrato, nonché ulteriori disposizioni riguardanti la bolletta del servizio idrico integrato, i meccanismi di partecipazione alla gestione di tale servizio e l'istituzione di un Fondo nazionale di solidarietà internazionale.

Il testo della proposta di legge, che è stato modificato nel corso dell'esame in sede referente, si compone di tredici articoli. Nel corso dell'esame in Commissione, infatti, sono state soppresse le disposizioni contenute in taluni articoli della proposta di legge originariamente presentata e sono state modificate le disposizioni contenute negli altri articoli come di seguito verrà evidenziato. E' stato conseguentemente modificato il titolo della proposta di legge.

Alcuni firmatari della proposta di legge, tra cui il primo firmatario, hanno comunicato il ritiro della firma al provvedimento in esame all'esito dell'esame in Commissione.


Art. 1 (Finalità)

L'articolo 1 enuncia le finalità della proposta di legge in esame, che consistono nel dettare i principi con cui deve essere utilizzato, gestito e governato il patrimonio idrico nazionale, nonché nel favorire la definizione di un governo pubblico e partecipativo del ciclo integrato dell'acqua, in grado di garantirne un uso sostenibile e solidale. L'articolo richiama le lettere m) ed s) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione, che rispettivamente assegnano alla competenza legislativa esclusiva statale la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e la tutela dell'ambiente.


Art. 2 (Princìpi generali)

L'articolo 2, che è stato modificato nel corso dell'esame in sede referente, detta i principi generali in materia di gestione dell'acqua.

 

Diritto all'acqua e ad un quantitativo minimo vitale

In particolare, il comma 1 dell'articolo 2 qualifica il diritto all'acqua potabile di qualità nonché ai servizi igienico-sanitari come diritto umano essenziale al pieno godimento della vita e di tutti i diritti umani, come sancito dalla risoluzione dell'ONU del 26 luglio 2010.

Il comma 3 dell'art. 2 stabilisce che l'erogazione giornaliera per l'alimentazione e l'igiene umana è considerata diritto umano universale e si basa su un quantitativo minimo vitale. Rispetto al testo iniziale della proposta di legge, ove tale minimo era quantificato in 50 litri al giorno pro capite (riprendendo la soglia al di sotto della quale, secondo l'ONU e l'OMS, si può parlare di sofferenza per mancanza di acqua), il testo adottato in sede referente fa rinvio alle disposizioni dettate dall'art. 7, che ne demandano l'esatta individuazione ad un apposito D.P.C.M. stabilendo che il valore così individuato, che dovrà essere garantito anche in caso di morosità, dovrà rimanere entro il limite massimo di 50 litri giornalieri per persona, tenendo conto dei valori storici di consumo e di dotazioni pro-capite.

Una disposizione con finalità analoga si ritrova nell'art. 60 della legge n. 221/2015 (c.d. collegato ambientale) che prevede che l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AAEGSI) al fine di garantire l'accesso universale all'acqua, assicura agli utenti domestici del servizio idrico integrato in condizioni economico-sociali disagiate l'accesso, a condizioni agevolate, alla fornitura della quantità di acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali.
Secondo i dati recentemente diffusi dall'Istat il volume erogato agli utenti dalle reti comunali di distribuzione dell'acqua potabile è complessivamente pari a 5,2 miliardi di metri cubi nel 2012, che corrisponde ad un consumo giornaliero pari a 241 litri per abitante. La situazione territoriale, rispetto al valore medio, risulta però molto eterogenea sul territorio.
Responsabilità
Nel corso dell'esame in sede referente è stato soppresso l'ultimo periodo del comma 1 ove si poneva in capo allo Stato la responsabilità primaria di garantire la piena realizzazione di tutti i diritti umani anche in caso di delega della fornitura di acqua potabile o di servizi igienico-sanitari a enti di diritto pubblico.
Tale soppressione appare collegata all'introduzione, nel comma successivo, tra i criteri di gestione e utilizzo delle acque, del criterio di responsabilità, in aggiunta a quello di solidarietà. 
 
Carattere pubblico e non mercificabile della risorsa

In base al comma 2 dell'articolo in esame, tutte le acque superficiali e sotterranee sono pubbliche e non mercificabili.

Si ricorda, in proposito, che l'art. 144, comma 1, del D.Lgs. 152/2006 dispone che tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato.

Criteri e priorità gestionali

Nel comma 2 vengono altresì indicati numerosi criteri che devono informare la gestione delle acque:

  • solidarietà (integrato, nel corso dell'esame in sede referente, con i criteri di responsabilità, di cui si è già detto in precedenza, efficienza e sostenibilità);
  • salvaguardia delle aspettative e dei diritti delle generazioni future a fruire di un patrimonio ambientale integro;
  • risparmio e rinnovo delle risorse per non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell'ambiente, l'agricoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrogeologici.

Si fa notare che analoghi princìpi sono previsti dai commi 2 e 3 dell'art. 144 del D.Lgs. 152/2006 ove si dispone che le acque costituiscono una risorsa che va tutelata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà; qualsiasi loro uso è effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale (comma 2) e che la disciplina degli usi delle acque è finalizzata alla loro razionalizzazione, allo scopo di evitare gli sprechi e di favorire il rinnovo delle risorse, di non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell'ambiente, l'agricoltura, la piscicoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici (comma 3).

Ulteriori criteri e priorità sono contenuti nel comma 4, che prevede:

  • priorità per il consumo umano rispetto agli "altri usi" del medesimo corpo idrico superficiale o sotterraneo;
  • ammissibilità degli altri usi dell'acqua solo quando la risorsa è sufficiente e a condizione che non ne pregiudichino la qualità per il consumo umano;
  • uso reciproco e solidale delle risorse idriche tra bacini idrografici con disparità di disponibilità della risorsa, al fine di garantire gli usi prioritari summenzionati;
  • priorità, tra gli "altri usi" succitati, per l'agricoltura e per l'alimentazione animale;
  • di favorire, per gli altri usi, l'impiego dell'acqua di recupero, in particolare di quella derivante da processi di depurazione, delle acque piovane e di trattamento delle acque di prima pioggia.

Si fa notare che le disposizioni del nuovo comma 4 adottato in sede referente sostituiscono i commi 3, 5 e 6 del testo iniziale. La differenza principale rispetto al testo iniziale è la loro collocazione sotto forma di novella del comma 4 del testo vigente dell'art. 144 del D.Lgs. 152/2006 (c.d. Codice dell'ambiente), che già prevede, almeno in parte, disposizioni analoghe.

Il comma 4 dell'art. 144 citato dispone infatti che gli usi diversi dal consumo umano sono consentiti nei limiti nei quali le risorse idriche siano sufficienti e a condizione che non ne pregiudichino la qualità.

Considerato che anche i commi precedenti recano princìpi analoghi a quelli statuiti dall'art. 144 del d.lgs. 152/2006, andrebbero coordinati con tale disposizione. Più in generale, andrebbe operato un coordinamento dei contenuti della proposta di legge in esame con la parte terza del D.Lgs. 152/2006 ove sono contenute le norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche.

Il nuovo comma 5, modificato nel corso dell'esame in sede referente, introduce una disposizione volta a garantire l'attuazione del principio di uso reciproco e solidale delle risorse idriche tra bacini idrografici con disparità di disponibilità della risorsa, dettato dal precedente comma 4. Viene infatti integrato il disposto dell'art. 65 del D.Lgs. 152/2006, che disciplina i contenuti del Piano di bacino, prevedendo che in esso siano comprese anche le "eventuali misure per garantire un uso reciproco e solidale delle risorse idriche tra bacini idrografici con disparità di disponibilità della risorsa" (nuova lettera e-bis) del comma 3).


Art. 3 (Princìpi relativi alla tutela e alla pianificazione)

L'articolo 3 detta tre diversi tipi di disposizioni: princìpi fondamentali in materia di tutela e pianificazione, norme atte a disciplinare le concessioni di prelievo di acque, nonché una norma in tema di monitoraggio.

Princìpi fondamentali in materia di tutela e pianificazione

I commi da 1 a 4 del testo iniziale dell'articolo 3, che recavano alcuni princìpi fondamentali in materia di tutela e pianificazione, sono stati modificati o soppressi, nel corso dell'esame in sede referente, al fine precipuo di confermare le linee generali dell'assetto normativo vigente (previsto dagli articoli 63 e seguenti del D.Lgs. 152/2006), relativo alle autorità di bacino e alla pianificazione nei distretti idrografici, e di un coordinamento con esse, facendovi esplicito rinvio.

Pertanto, in luogo del comma 2 del testo iniziale, ove si disciplinava l'istituzione (e i relativi compiti) di un'autorità distrettuale in ogni distretto idrografico, nel testo adottato in sede referente è previsto un rinvio (nel nuovo ultimo periodo del comma 1) alla disciplina prevista dall'art. 63 del D.Lgs. 152/2006, come modificata dalle recenti norme dettate dal c.d. collegato ambientale (L. 221/2015).

Allo stesso modo, è stata soppressa buona parte del comma 3 e l'intero comma 4 del testo iniziale, in cui si prevedeva l'istituzione del consiglio di bacino,  a cui venivano affidati compiti cruciali quali l'approvazione del piano di ambito o di bacino, la modulazione della tariffa e l'elaborazione del bilancio idrico di bacino, nonché i criteri per la redazione e l'approvazione di quest'ultimo.

Il  nuovo testo del comma 3 prevede una modifica alla disciplina vigente contenuta nell'art. 147 del cd. Codice dell'ambiente, che consente - qualora l'ambito territoriale ottimale (ATO) coincida con l'intero territorio regionale, ove si renda necessario al fine di conseguire una maggiore efficienza gestionale ed una migliore qualità del servizio all'utenza - l'affidamento del servizio idrico integrato in ambiti territoriali di dimensioni inferiori a quelle definite dalle regioni.

A differenza del testo vigente del comma 2-bis del citato art. 147, cui la novella è diretta, secondo cui le dimensioni risultanti non possono comunque essere inferiori agli ambiti territoriali corrispondenti alle province o alle città metropolitane, il comma in esame si limita a stabilire che tali nuovi ambiti dovranno comunque essere definiti sulla base dei criteri generali previsti dal comma 2 dell'art. 147 medesimo.

Il richiamato comma 2 dispone che le regioni possono modificare le delimitazioni degli ATO per migliorare la gestione del servizio idrico integrato, assicurandone comunque lo svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto, in particolare, dei seguenti principi:

a)  unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui, tenuto conto dei piani di bacino, nonché della localizzazione delle risorse e dei loro vincoli di destinazione, anche derivanti da consuetudine, in favore dei centri abitati interessati;
b)  unicità della gestione;
c)  adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici.

La modifica in questione non interviene invece sulle fattispecie fatte salve dal medesimo comma 2-bis, che restano pertanto confermate, che riguardano:

  • le gestioni del servizio idrico in forma autonoma nei comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti già istituite;
  • le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti, nei comuni che presentano contestualmente le seguenti caratteristiche: approvvigionamento idrico da fonti qualitativamente pregiate; sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree naturali protette ovvero in siti individuati come beni paesaggistici; utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo idrico.

Disciplina delle concessioni di prelievo di acque

In sostituzione delle disposizioni dettate dai commi 5-8 e 10-11 del testo iniziale, che dettavano disposizioni direttamente applicabili in tema di rilascio e rinnovo di concessioni di prelievo di acque, il nuovo comma 4 prevede una delega al Governo, da esercitare entro il 31 dicembre 2016, per l'emanazione un decreto legislativo contenente disposizioni per il rilascio e il rinnovo delle concessioni di prelievo di acque, ivi incluse le fattispecie riguardanti il trasferimento del ramo d'azienda.

Lo stesso comma precisa che l'esercizio della delega dovrà avvenire nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui all'art. 1, comma 1, lettera hhh) della legge 28 gennaio 2016, n. 11 (legga delega per il recepimento delle direttive europee in materia di contratti pubblici e concessioni).

Si ricorda in proposito che l'art. 12 della direttiva 2014/23/UE, il cui dettato è recepito dall'articolo 12 dello schema di decreto legislativo attuativo della legge 11/2016 all'esame delle competenti Commissioni parlamentari (atto del Governo n. 283), esclude dall'ambito di applicazione alcune concessioni del settore idrico. Tale norma esclude infatti le concessioni aggiudicate per fornire o gestire reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile; nonchè quelle per alimentare tali reti con acqua potabile. Sono parimenti escluse le concessioni riguardanti uno o entrambi dei seguenti aspetti quando sono collegate a un'attività precedentemente menzionata: progetti di ingegneria idraulica, irrigazione, drenaggio, in cui il volume d'acqua destinato all'approvvigionamento d'acqua potabile rappresenti più del 20% del volume totale d'acqua reso disponibile da tali progetti o impianti di irrigazione o drenaggio; smaltimento o trattamento delle acque reflue.
Il criterio di delega di cui all'articolo 1, lettera hhh) della legge n. 11 del 2016 fa riferimento alla "previsione di criteri per le concessioni indicate nella sezione II del capo I del titolo I della direttiva 2014/23/UE, nel rispetto dell'esito del referendum abrogativo del 12-13 giugno 2011 per le concessioni nel settore idrico, introducendo altresì criteri volti a vincolare la concessione alla piena attuazione del piano finanziario e al rispetto dei tempi previsti dallo stesso per la realizzazione degli investimenti in opere pubbliche, nonché al rischio operativo ai sensi della predetta direttiva 2014/23/UE, e a disciplinare le procedure di fine concessione e le modalità di indennizzo in caso di subentro; previsione di criteri volti a promuovere le concessioni relative agli approvvigionamenti industriali in autoconsumo elettrico da fonti rinnovabili nel rispetto del diritto dell'Unione europea".
E' inoltre in corso di attuazione la delega disposta dall'articolo 19 della legge n. 124 del 2015 (recante deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche e pubblicata nella G.U. del 13 agosto 2015), che detta principi e criteri direttivi per il riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di interesse economico generale. Il relativo decreto delegato dovrà essere adottato entro dodici mesi dall'entrata in vigore della predetta legge. Tra i principi e i criteri direttivi, per quanto interessa in questa sede, si ricorda che dovrà essere operata una revisione delle discipline settoriali, inclusa pertanto quella del servizio idrico, ai fini della loro armonizzazione e coordinamento con la disciplina generale in materia di modalità di affidamento dei servizi (lett. i)) e che, con particolare riferimento alle società in partecipazione pubblica operanti nei servizi idrici, si dovrà procedere a una risoluzione delle antinomie normative in base ai princìpi del diritto dell'UE, tenendo conto dell'esito del referendum abrogativo del 12-13 giugno 2011 (lett. c).

Ulteriori criteri sono dettati per le concessioni di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico.

L'articolo 3, comma 4 della proposta di legge stabilisce infatti che il decreto legislativo di attuazione della delega deve prevedere, tra l'altro, l'obbligo per le regioni e le province autonome di provvedere, entro un termine congruo prima dello scadere di una concessione di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico, nonché in ogni caso di cessazione anticipata della medesima, previa valutazione dell'eventuale sussistenza di un prevalente interesse pubblico a un diverso uso delle acque, a indire una gara ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi fondamentali di tutela della concorrenza, libertà di stabilimento, trasparenza, non discriminazione e assenza di conflitto di interessi, per l'attribuzione a titolo oneroso della concessione per un periodo congruo, individuato in un minimo e un massimo e da determinare in concreto da parte delle regioni e delle province autonome.

Il decreto legislativo dovrà definire altresì i criteri cui dovranno attenersi le regioni e le province autonome nell'attribuzione della concessione, nonché nella determinazione della sua durata, includendo comunque tra i medesimi la necessaria considerazione degli interventi ritenuti necessari avendo riguardo all'offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, nonché alla compensazione ambientale per gli enti locali interessati.

I criteri di delega sopra indicati sembrano intervenire implicitamente sulla disciplina vigente in materia di tempi di indizione delle procedure di evidenza pubblica per il rilascio delle concessioni di grandi derivazioni d'acqua, sulla durata delle concessioni, sulle condizioni e sui criteri di ammissione alle gare, contenuta nell'articolo 12, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 79/1999 e nell'articolo 37, commi 5-8, del D.L. n. 83/2012.

Il Regio Decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 ("Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici) individua nella "concessione di derivazione" la modalità per lo sfruttamento ad uso idroelettrico delle acque pubbliche demaniali. L'articolo 21 di tale R.D. dispone infatti che tutte le concessioni di derivazione sono temporanee. La durata delle concessioni, con talune eccezioni, non può eccedere i trenta anni ovvero i quaranta per uso irriguo e per la piscicoltura, ad eccezione di quelle di grande derivazione idroelettrica, per le quali resta ferma la disciplina di cui all'articolo 12 del D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 79. Inoltre, in proposito, lo stesso R.D., all'articolo 6, distingue tra grandi e piccole derivazioni idroelettriche, a seconda che eccedano o no i 3 MW di potenza nominale media annua di concessione.
L'articolo 12 del D.Lgs. del 16 marzo 1999, n. 79, dispone che il rilascio delle concessioni di grandi derivazioni spetta alla Regione (comma 10 del D.Lgs. n. 79/1999, in combinato disposto con il D.Lgs 112/98 e con il DPCM 12 ottobre 2000, che affidano la gestione del demanio idrico alle Regioni) e stabilisce già, al comma 1, l'obbligo per le regioni di indire una gara ad evidenza pubblica.
In particolare, il comma 1 dell'articolo 12, da ultimo modificato dal D.L. n. 83/2012, articolo 37, comma 4, lettera a) disciplina i tempi di indizione delle procedure di evidenza pubblica, la durata delle concessioni, le condizioni e i criteri di ammissione alla gara, le procedure di affidamento e i criteri di valutazione dell'offerta.
Il comma 1 dispone che le regioni e le province autonome, cinque anni prima dello scadere di una concessione di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico e nei casi di decadenza, rinuncia e revoca, ove non ritengano sussistere un prevalente interesse pubblico ad un diverso uso delle acque, incompatibile con il mantenimento dell'uso a fine idroelettrico, indicono una gara ad evidenza pubblica, nel rispetto della normativa vigente e dei principi fondamentali di tutela della concorrenza, libertà di stabilimento, trasparenza, non discriminazione e assenza di conflitto di interessi, per l'attribuzione a titolo oneroso della concessione per un periodo di durata da venti anni fino ad un massimo di trenta anni, rapportato all'entità degli investimenti ritenuti necessari, avendo riguardo all'offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, alle misure di compensazione territoriale, alla consistenza e qualità del piano di interventi per assicurare la conservazione della capacità utile di invaso e, prevalentemente, all'offerta economica per l'acquisizione dell'uso della risorsa idrica e all'aumento dell'energia prodotta o della potenza installata.
Il medesimo comma 1 dispone che, per le concessioni già scadute e per quelle in scadenza successivamente a tale data ed entro il 31 dicembre 2017, per le quali non è tecnicamente applicabile il periodo di cinque anni di cui sopra, le regioni e le province autonome indicono la gara entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto interministeriale adottato previa intesa con le regioni di determinazione dei parametri e termini concernenti la procedura di gara, e la nuova concessione decorre dal termine del quinto anno successivo alla scadenza originaria e comunque non oltre il 31 dicembre 2017. Nel bando di gara sono specificate altresì le eventuali condizioni di esercizio della derivazione al fine di assicurare il necessario coordinamento con gli usi primari riconosciuti dalla legge, in coerenza con quanto previsto dalla pianificazione idrica. La gara è indetta anche per l'attribuzione di una nuova concessione di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico, con le medesime modalità e durata.
 Lo stesso articolo 12, al comma 2, anch'esso da ultimo modificato dall'articolo 37 comma 4, lettera b) del D.L. n. 83/2012, dispone che il MISE, di concerto con il Ministero dell'ambiente, previa intesa con la Conferenza unificata, determina, con proprio provvedimento (entro il 30 aprile 2012) i requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri ed i termini concernenti la procedura di gara in conformità a quanto previsto al comma 1, tenendo conto dell'interesse strategico degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e del contributo degli impianti idroelettrici alla copertura della domanda e dei picchi di consumo.
Con lo stesso decreto vengono stabiliti i criteri e i parametri per definire la durata della concessione in rapporto all'entità degli investimenti, nonché, con parere dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, i parametri tecnico-economici per la determinazione del corrispettivo e dell'importo spettanti al concessionario uscente, ed è determinata la percentuale dell'offerta economica, presentata dal soggetto risultato aggiudicatario, da destinare alla riduzione dei costi dell'energia elettrica a beneficio della generalità dei clienti finali.
L'articolo 12 del D.Lgs.n. 79 proroga inoltre al 2010 tutte le concessioni già scadute o in scadenza entro tale data e fissa all'1 aprile 2029 la scadenza delle concessioni relative agli impianti ENEL. Per quelle residuali e in scadenza dopo il 31 dicembre 2010, i termini sono quelli stabiliti dai relativi atti di concessione (commi 6 e 7).
 Inoltre, il D.L. n. 83/2012, all'articolo 37 stabilisce che: il «bando di gara» debba prevedere, per garantire la continuità gestionale, il trasferimento dal concessionario uscente al nuovo concessionario della titolarità del ramo d'azienda relativo all'esercizio della concessione, comprensivo di tutti i relativi rapporti giuridici (comma 5); che al concessionario uscente spetti, per il trasferimento del ramo d'azienda un corrispettivo predeterminato e concordato tra questo e l'amministrazione concedente prima della fase di offerta e reso noto nel bando di gara (comma 6); e (operando una modifica al citato articolo 12, comma 2 del D.Lgs. n. 79/1999) dispone che, al fine di assicurare un'omogenea disciplina sul territorio nazionale delle attività di generazione idroelettrica e parità di trattamento tra gli operatori economici, siano definiti con decreto interministeriale –tramite intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano – «i criteri generali per la determinazione secondo criteri di economicità e ragionevolezza, da parte delle regioni, di valori massimi dei canoni di concessione ad uso idroelettrico» (comma 7).

Monitoraggio

Il comma 5 reca disposizioni, introdotte nel corso dell'esame in sede referente, che prevedono l'obbligo, in capo all'autorità di distretto di realizzare e aggiornare almeno semestralmente un database geografico, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, che censisce, caratterizza e localizza i punti di prelievo dell'acqua, gli scarichi, nonché gli impianti di depurazione pubblici e privati.

E' stata invece soppressa la norma (che interveniva sugli obiettivi di qualità delle acque previsti dagli artt. 76 e segg. del D.Lgs. 152/2006) recata dal comma 9 che prevedeva, per tutti i corpi idrici, il raggiungimento di uno stato di qualità vicino a quello naturale attraverso il controllo e la regolazione degli scarichi idrici e l'uso corretto e razionale delle acque e del territorio.

Art. 4 (Princìpi relativi alla gestione del servizio idrico)

Una prima modifica, apportata nel coso dell'esame in sede referente, riguarda la qualificazione (operata dal comma 1) del servizio idrico integrato che, a differenza del testo iniziale (ove veniva considerato un servizio pubblico locale privo di rilevanza economica), viene considerato un servizio pubblico locale di interesse economico generale assicurato alla collettività.

Nell'operare tale qualificazione il comma in esame dispone che essa tiene conto dell'articolo 12 della direttiva 2014/23/UE (che esclude alcune concessioni del settore idrico dall'ambito di applicazione della disciplina relativa alle concessioni, contenuta nella medesima direttiva) nonché dell'art. 1 della direttiva 2014/25/UE (relativa ai contratti pubblici nei c.d. settori speciali, tra i quali rientra il settore dell'acqua), che fa salva la libertà, per gli Stati membri, di definire quali siano i servizi d'interesse economico generale, in considerazione dell'importanza dell'acqua quale bene pubblico di valore fondamentale per i cittadini.
 
La Corte costituzionale nella sentenza n. 325 del 2010 ha rilevato, tra l'altro, che, secondo le indicazioni fornite dalla giurisprudenza europea e dalla Commissione europea, per «interesse economico generale» si intende un interesse che attiene a prestazioni dirette a soddisfare i bisogni di una indifferenziata generalità di utenti e, al tempo stesso, si riferisce a prestazioni da rendere nell'esercizio di un'attività economica, cioè di una «qualsiasi attività che consista nell'offrire beni o servizi su un determinato mercato», anche potenziale (sentenza Corte di giustizia UE, 18 giugno 1998, causa C-35/96, Commissione c. Italia, e Libro verde sui servizi di interesse generale del 21 maggio 2003, § 2.3, punto 44) e, quindi, secondo un metodo economico, finalizzato a raggiungere, entro un determinato lasso di tempo, quantomeno la copertura dei costi. Si tratta dunque di una nozione oggettiva di interesse economico, riferita alla possibilità di immettere una specifica attività nel mercato corrispondente, reale o potenziale. La Corte, inoltre, sottolinea che la nozione di servizio pubblico locale di rilevanza economica, in quanto corrispondente a quella europea di servizio di interesse economico generale, avrebbe carattere oggettivo e facilmente individuabile anche ex-ante, vale a dire nel caso in cui esso non sia già esistente sul mercato. Tale carattere sarebbe riscontrabile in virtù della semplice possibilità dell'apertura di un mercato rilevante, «obiettivamente valutata secondo un giudizio di concreta realizzabilità, a prescindere da ogni soggettiva determinazione dell'ente al riguardo».
Nella comunicazione della Commissione europea sull'applicazione delle norme dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato alla compensazione concessa per la prestazione di servizi di interesse economico generale (2012/C 8/02) è a sua volta posto in evidenza come la nozione di servizio di interesse economico generale sia un concetto in evoluzione, che dipende, tra l'altro, dalle esigenze dei cittadini, dagli sviluppi tecnologici e del mercato e dalle preferenze sociali e politiche nello Stato membro interessato. La Corte di giustizia ha stabilito che i servizi di interesse economico generale sono servizi che presentano caratteri specifici rispetto alle altre attività economiche. In assenza di specifiche norme dell'Unione che definiscono il campo di applicazione per l'esistenza di un SIEG, agli Stati membri compete la qualificazione di un determinato servizio come servizio di interesse economico generale: le competenze della Commissione europea a tale riguardo riguardano la verifica di errori manifesti compiuti dagli Stati membri nel definire un servizio come SIEG e la valutazione degli eventuali aiuti di Stato connessi alla compensazione. Nel caso esistano norme specifiche dell'Unione, la discrezionalità degli Stati membri è soggetta ad esse, fatto salvo il dovere della Commissione di valutare se il SIEG è stato correttamente definito ai fini del controllo sugli aiuti di Stato. La Commissione europea ha sottolineato inoltre come i servizi qualificati come servizi di interesse economico generale debbano essere destinati ai cittadini o essere nell'interesse dell'intera società.

A differenza del testo iniziale, che dettava alcuni principi per la gestione del servizio idrico, i commi 2 e 3, da un lato rinviano, per la disciplina dell'affidamento del servizio idrico integrato alle norme dell'art. 149-bis del D.Lgs. 152/2006, dall'altro apportano al medesimo articolo 149-bis alcune modifiche principalmente volte a stabilire, quale criterio di priorità nell'affidamento del SII, l'affidamento diretto in favore di società interamente pubbliche, in possesso dei requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate da tutti gli enti locali ricadenti nell'ATO.

Il vigente comma 1 dell'art. 149-bis dispone che l'ente di governo dell'ambito (EGATO) delibera la forma di gestione fra quelle previste dall'ordinamento europeo provvedendo, conseguentemente, all'affidamento del servizio nel rispetto della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica. L'ultimo periodo di tale comma, che viene riscritto dalla disposizione in esame, prevede che l'affidamento diretto può avvenire a favore di società interamente pubbliche, in possesso dei requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell'ATO.

L'articolo 5 dell'Atto del Governo 283, che reca il nuovo Codice degli appalti pubblici e delle concessioni, reca i principi comuni in materia di esclusione, dall'ambito di applicazione del codice in commento, di una concessione o di un appalto pubblico aggiudicati da un'amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato.

Il comma 1 enumera le condizioni che devono essere contestualmente soddisfatte ai fini di detta esclusione e che consentono di ricorrere all'affidamento in house:

-       un'amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore deve esercitare sulla persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi (lett. a);

-       oltre l'80 per cento delle attività della persona giuridica controllata devono essere effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall'amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall'amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore (lett. b).

-       nella persona giuridica controllata non deve esservi alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto e che non esercitano un'influenza determinante sulla persona giuridica controllata (lett. c).

Sulla materia dei servizi pubblici locali, con particolare riferimento ai servizi di "rilevanza economica" ed alle relative modalità di affidamento della gestione, si sono succedute nell'arco dell'ultimo decennio diverse discipline normative, nel cui ambito si sono inserite sia un'abrogazione referendaria sia una pronuncia di illegittimità costituzionale.

In particolare, l'art. 23-bis del D.L. n. 112/2008, nel testo risultante dalle modifiche successivamente approvate, è stato dichiarato abrogato con il D.P.R. n. 113/2011, a seguito degli esiti delle consultazioni referendarie del 12 e 13 giugno 2011. L'art. 23-bis del D.L. n. 112/2008 era intervenuto sulla disciplina del comparto dei servizi pubblici locali (SPL), affermando l'obiettivo di favorire la diffusione dei principi di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi: a tal fine il principio della gara era stato posto come regola generale degli affidamenti di servizi ed era stata stabilita una specifica normativa in deroga per le fattispecie che "non permettono un efficace ed utile ricorso al mercato".

E' utile ricordare come la Corte costituzionale, riguardo all'attuazione dei principi di diritto dell'UE in materia di affidamento dei SPL – ha evidenziato (in particolare con la sentenza n. 325 del 2010) come l'introduzione nell'ordinamento nazionale di regole concorrenziali, come sono quelle in tema di gara ad evidenza pubblica per l'affidamento della gestione di servizi pubblici, piú rigorose di quelle minime richieste dal diritto dell'Unione europea non è imposta dall'ordinamento comunitario «e, dunque, non è costituzionalmente obbligata, ai sensi del primo comma dell'art. 117 Cost. […], ma neppure si pone in contrasto […] con la […] normativa comunitaria, che, in quanto diretta a favorire l'assetto concorrenziale del mercato, costituisce solo un minimo inderogabile per gli Stati membri».

Per colmare il conseguente vuoto normativo è quindi intervenuto sulla materia l'articolo 4 del D.L. n. 138/2011. Tale articolo ha previsto una nuova disciplina generale dei servizi pubblici locali le cui linee portanti in tema di affidamenti hanno ripreso quelle della disciplina varata nel 2008, come successivamente modificata e integrata.

Su tale disciplina è intervenuta la sentenza 199/2012 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità delle disposizioni adottate, dopo il referendum del giugno 2011, con l'art. 4 del D.L. n. 138/2011 e delle successive modificazioni, in quanto dirette sostanzialmente a reintrodurre la disciplina abrogata dalla volontà popolare col suddetto referendum, quindi in contrasto con il divieto desumibile dall'art. 75 Cost..

Nella sentenza in questione la Corte costituzionale ha rilevato come il suddetto art. 23-bis, abrogato a seguito del referendum popolare, si caratterizzava per il fatto di dettare una normativa generale di settore, inerente a quasi tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica, fatta eccezione per quelli espressamente esclusi, volta a restringere, rispetto al livello minimo stabilito dalle regole concorrenziali comunitarie, le ipotesi di affidamento diretto e, in particolare, di gestione in house dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, consentite solo in casi eccezionali ed al ricorrere di specifiche condizioni, la cui puntuale regolamentazione veniva demandata ad un regolamento governativo (adottato con il decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010 n. 168). La Corte ha quindi ricordato come con la suddetta consultazione referendaria tale normativa veniva abrogata e si realizzava, pertanto, l'intento referendario di «escludere l'applicazione delle norme contenute nell'art. 23-bis che limitano, rispetto al diritto comunitario, le ipotesi di affidamento diretto e, in particolare, quelle di gestione in house di pressoché tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica (ivi compreso il servizio idrico)» (sentenza n. 24 del 2011) e di consentire, conseguentemente, l'applicazione diretta della normativa comunitaria conferente.

Un'ulteriore modifica apportata alla vigente disciplina contenuta nell'art. 149-bis è l'introduzione di un nuovo comma 1-bis che impone all'EGATO di provvedere:

  • alla verifica periodica dell'attuazione del piano d'ambito;
  • almeno 24 mesi prima della scadenza della gestione di ambito, alla verifica dell'attività svolta dal gestore del servizio, previa consultazione pubblica (tramite il sito web istituzionale) della durata di 30 giorni.

Art. 5 (Governo pubblico del ciclo naturale e integrato dell'acqua)

L'articolo 5, modificato durante l'esame in sede referente, contiene disposizioni in materia di governance del servizio idrico. Il testo originario disciplinava un riparto di competenze che coinvolgeva il Ministero dell'ambiente, a cui erano affidate funzioni di regolazione, e gli enti territoriali, nonché di nuovi soggetti tra i quali una Autorità nazionale di vigilanza sulle risorse idriche.

In particolare, si prevede che:

- il Ministero dell'ambiente esercita il controllo sul rispetto della disciplina vigente in materia di tutela delle risorse idriche e della salvaguardia ambientale;

- l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEGGSI) esercita le funzioni di regolazione e controllo dei servizi idrici, da essa già esercitate sulla base di quanto prevede il comma 19 dell'art. 21 del D.L. 201/2011 e il D.P.C.M. 20 luglio 2012, che peraltro viene richiamato al comma 1, nonché assicura la costituzione di una banca dati sul servizio idrico integrato, i cui dati sono resi pubblici e fruibili alla collettività.

Nell'ambito delle funzioni assegnate al Ministero dell'ambiente, l'articolo 1 del D.P.C.M. 20 luglio 2012 (in particolare le lettere e) e d) prevede l'individuazione dei criteri per la definizione del costo ambientale e del costo della risorsa per i vari settori d'impiego dell'acqua  e quelli per la copertura dei costi relativi ai servizi idrici, diversi dal servizio idrico integrato e da ciascuno dei singoli servizi che lo compongono nonché dai servizi di captazione e adduzione a usi multipli e dai servizi di depurazione ad usi misti civili e industriali, per i vari settori d'impiego dell'acqua.
Si ricorda, inoltre, che il comma 19 dell'art. 21 del D.L. 201/2011 ha trasferito all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEGSI) le funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici.

Art. 6 (Finanziamento del servizio idrico integrato)

L'articolo 6 interviene sulle modalità di finanziamento del servizio idrico integrato, già contenute nell'articolo 8 originario e modificate in sede referente.

Fonti del finanziamento 

Il comma 1, che non prevede più il ricorso alla fiscalità generale e specifica come stabiliva l'articolo 8, comma 1 originario, indica per il finanziamento del servizio idrico integrato le seguenti fonti: 

- tariffa di cui all'articolo 154 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cd. Codice dell'Ambiente);

- risorse nazionali, comprese quelle del Fondo di cui all'articolo 7, comma 6, del D.L. n. 133 del 2014;

- risorse europee appositamente destinate agli enti di governo dell'ambito per la realizzazione delle opere necessarie ad assicurare i livelli essenziali del servizio idrico integrato su tutto il territorio nazionale.

L'art. 154 del D.Lgs. 152/2006 stabilisce che la tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato, tenendo in conto determinati parametri (qualità della risorsa e del servizio, opere e adeguamenti necessari, entità dei costi di gestione delle opere e di altri specifici costi), per la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio «chi inquina paga» (comma 1). Dal 1° gennaio 2016 è entrato in vigore il metodo tariffario idrico per il periodo 2016-2019 (MTI-2) approvato dall'AEEGSI con la deliberazione del 28 dicembre 2015 664/2015/R/idr. Per quanto concerne i costi ambientali e della risorsa (ERC), il nuovo MTI-2 amplia la tipologia di oneri da poter ricomprendere nella componente ERC, confermando l'inclusione degli oneri locali rappresentati dai canoni di derivazione idrica e sottensione idrica e dai contributi alle Comunità Montane, e prevedendo la graduale valorizzazione di alcuni costi operativi afferenti la depurazione, la riduzione di perdite di rete e la potabilizzazione. Relativamente ai costi della morosità il provvedimento definisce i criteri per il riconoscimento di una quota dei medesimi (l'80% degli oneri di morosità effettivamente sostenuti dai gestori), considerando la diversa incidenza del fenomeno sul territorio nazionale e incentivando al contempo l'adozione di meccanismi per una gestione efficiente del credito, anche tenuto conto delle recenti disposizioni in ordine alla morosità introdotte con la legge 221/2015. 

Finalità del finanziamento

Il comma 2 destina risorse nazionali  ed europee di cui al comma 1, prioritariamente al finanziamento di nuove opere per l'adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione e delle reti idriche finalizzate al superamento delle procedure di infrazione o dei provvedimenti di condanna della Corte di Giustizia dell'Unione europea in ordine all'applicazione delle direttive sul trattamento delle acque reflue.

Il comma 3 prevede che le risorse del citato Fondo destinato al finanziamento degli interventi relativi alle risorse idriche (di cui all'articolo 7, comma 6, del decreto-legge n. 133 del 2014) finanzino le infrastrutture previste nel piano degli interventi elaborato dall'ente di governo dell'ambito concedente il servizio, unitamente al Fondo di garanzia delle opere idriche di cui all'articolo 58, comma 1, della legge 28 dicembre 2015, n. 221 (cd. collegato ambientale)

Inoltre, il comma 3  prevede che, al fine di accelerare gli investimenti nel servizio idrico integrato, il decreto di cui all'articolo 58, comma 2, della legge 221/2015 stabilisca l'importo del Fondo di garanzia delle opere pubbliche e il periodo transitorio per il quale vi è la garanzia ultima dello Stato in funzione del valore atteso delle risorse finanziarie accumulate nel Fondo stesso tramite la specifica componente tariffaria di cui all'articolo 58, comma 1.

Il citato art. 58, comma 1,  istituisce il Fondo di garanzia delle opere idriche, a partire dall'anno 2016, presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, per gli interventi finalizzati al potenziamento delle infrastrutture idriche, ivi comprese le reti di fognatura e depurazione, in tutto il territorio nazionale, e a garantire un'adeguata tutela della risorsa idrica e dell'ambiente secondo le prescrizioni dell'Unione europea e contenendo gli oneri gravanti sulle tariffe. Il Fondo è alimentato tramite una specifica componente della tariffa del servizio idrico integrato, da indicare separatamente in bolletta, volta anche alla copertura dei costi di gestione del Fondo medesimo, determinata dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico nel rispetto della normativa vigente. Il comma 2 stabilisce che con D.P.C.M., su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge, previa intesa in sede di Conferenza unificata, sentita l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, sono definiti gli interventi prioritari, i criteri e le modalità di utilizzazione del Fondo di cui al comma 1, con priorità di utilizzo delle relative risorse per interventi già pianificati e immediatamente cantierabili, nonché gli idonei strumenti di monitoraggio e verifica del rispetto dei princìpi e dei criteri contenuti nel decreto. 

Il comma 4 destina i finanziamenti  erogati da CDP S.p.A., di cui all'articolo 5, comma 7, lettera b), del D.L. n. 269 del 2003, in materia ambientale,  in via prioritaria, alle società interamente pubbliche di cui all'articolo 149 bis, comma 1, ultimo periodo, del d.lgs. 152/2006, per interventi sulla rete del servizio idrico integrato. Il riferimento alle società interamente pubbliche è conseguente alla modifica disposta dall'articolo 4 della proposta di legge relativamente all'affidamento diretto in via prioritaria a tali società con riguardo al servizio idrico integrato.

L'articolo 5, comma 7, lettera b), del D.L. n. 269 del 2003  prevede il finanziamento di CDP S.p.A. per le opere, gli impianti, le reti e le dotazioni destinati a iniziative di pubblica utilità nonché investimenti finalizzati a ricerca, sviluppo, innovazione, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, anche in funzione di promozione del turismo, ambiente e efficientamento energetico, anche con riferimento a quelle interessanti i territori montani e rurali per investimenti nel campo della green economy, in via preferenziale in cofinanziamento con enti creditizi e comunque, utilizzando fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, senza garanzia dello Stato e con preclusione della raccolta di fondi a vista.

 Da ultimo, il comma 5 prevede una nuova fonte di finanziamento per il citato Fondo per interventi nel settore idrico:  con una modifica all'articolo 136 del citato decreto legislativo n. 152/2006, si prevede, infatti che i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie, previste dalla Parte Terza del decreto legislativo n. 152 del 2006, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate alla dotazione del Fondo medesimo. 

Il testo vigente dell'art. 136 destina invece le citate somme all'entrata del bilancio regionale per riassegnarle alle unità previsionali di base destinate alle opere di risanamento e di riduzione dell'inquinamento dei corpi idrici. Successivamente, le regioni provvedono alla ripartizione delle somme riscosse fra gli interventi di prevenzione e di risanamento.

Art. 7 (Diritto all'acqua, morosità incolpevole e risparmio idrico)

Garanzia della fornitura gratuita di un quantitativo minimo vitale anche per utenti morosi disagiati

Riprendendo il principio già sancito dall'articolo 2, i primi due periodi del comma 1 dell'articolo 7 in esame disciplinano l'individuazione del quantitativo minimo vitale di acqua necessario al soddisfacimento dei bisogni essenziali, la cui erogazione deve essere assicurata in modo gratuito, quale diritto fondamentale di ciascun individuo, e garantita anche in caso di morosità.

La predetta individuazione viene (a differenza del testo iniziale, ove veniva fissata la soglia di 50 litri giornalieri pro-capite) demandata ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato, su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita l'AEEGSI, previa intesa in sede di Conferenza unificata con il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia.

Quali criteri orientativi cui dovrà attenersi il citato D.P.C.M., il comma in esame prevede che l'individuazione avvenga entro un limite massimo di 50 litri giornalieri per persona, tenendo conto dei valori storici di consumo e di dotazioni pro-capite.

Si osserva che il comma 1 non indica alcun termine per l'emanazione del previsto decreto.

Il terzo periodo del comma 1 prevede che l'AEEGSI, nella predisposizione del metodo tariffario, assicura che la tariffa garantisca un adeguato recupero dei costi del servizio per mezzo dell'applicazione del criterio di progressività e dell'incentivazione al risparmio della risorsa idrica, a partire dal consumo eccedente il quantitativo minimo vitale giornaliero, nella determinazione del corrispettivo del medesimo.

Il comma 1 dell'art. 60 della L. 221/2015 (c.d. collegato ambientale) prevede che l'AEEGSI, al fine di garantire l'accesso universale all'acqua, assicura agli utenti domestici del servizio in condizioni economico-sociali disagiate l'accesso, a condizioni agevolate, alla fornitura della quantità di acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali, sentiti gli enti di ambito nelle loro forme rappresentative, sulla base dei princìpi e dei criteri individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge. Il successivo comma 2, al fine di assicurare la copertura degli oneri derivanti dal comma precedente, prevede che l'AEEGSI definisca le necessarie modifiche all'articolazione tariffaria per fasce di consumo o per uso, determinando i criteri e le modalità per il riconoscimento delle agevolazioni di cui al medesimo comma 1.
Per un quadro sui provvedimenti più recenti emanati in materia di tariffazione del servizio si rinvia invece al paragrafo "La tariffa del servizio idrico" del tema "Gestione e tutela delle acque".

Il nuovo testo del comma 2, risultante dalla riscrittura operata in sede referente, non prevede più (come invece faceva il testo iniziale ai commi 4-7 dell'art. 9) disposizioni volte a disciplinare le modalità per la limitazione della fornitura idrica (in particolare attraverso l'installazione da parte del gestore, in caso di morosità nel pagamento, di un apposito meccanismo limitatore dell'erogazione, idoneo a garantire esclusivamente la fornitura giornaliera essenziale del quantitativo minimo vitale).

Le nuove disposizioni, ferma restando l'erogazione gratuita del quantitativo minimo vitale prevista dal comma 1,  prevedono che l'AEEGSI (nell'ambito della definizione delle procedure per la morosità disciplinate dal comma 2 dell'art. 61 della L. 221/2015) stabilisce criteri e modalità di individuazione dei soggetti a cui i gestori non possono sospendere l'erogazione dell'acqua per morosità, sulla base dell'ISEE (indicatore della situazione economica equivalente).

L'articolo 61 della L. 221/2015 (c.d. collegato ambientale) prevede che l'AEEGSI adotti, nell'esercizio dei propri poteri regolatori, direttive per il contenimento della morosità degli utenti del servizio idrico integrato. Secondo quanto previsto dalla norma tali direttive dovranno, in particolare, contemperare due esigenze:
  •   da un lato, salvaguardare la copertura dei costi efficienti di esercizio e investimento, tenuto conto dell'equilibrio economico e finanziario dei gestori;
  •   dall'altro, garantire il quantitativo minimo vitale  di acqua necessario al soddisfacimento dei bisogni fondamentali di fornitura per l'utenza morosa.
 
Viene inoltre previsto, al comma 2, che l'Autorità provveda alla definizione delle procedure per la gestione della morosità e per la sospensione della fornitura, assicurando la copertura tariffaria dei relativi costi.
 
Si fa notare che l'introduzione del riferimento alla situazione economica degli utenti morosi sembra rispondere alle osservazioni formulate dal'AEEGSI. Nella sua segnalazione al Parlamento e al Governo del 5 marzo 2015, infatti, l'AEEGSI sottolinea che "appare opportuno limitare la garanzia del quantitativo di acqua, necessario al soddisfacimento dei bisogni fondamentali di fornitura per gli utenti morosi, agli utenti che risultino in condizioni di documentato disagio economico. Ciò in quanto, da una parte, la normativa primaria di riferimento non definisce il novero dei clienti che, per ragioni di carattere sociale, non possono essere disalimentati neppure in caso di perdurante morosità; dall'altra, non sono ad oggi previsti fondi pubblici per finanziare il beneficio della non disalimentabilità, il cui costo viene dunque interamente posto in capo alle tariffe del sistema idrico integrato per ciascun territorio. Ne deriva che, se si estendesse anche agli utenti in condizioni economiche agiate la possibilità di accedere gratuitamente ad un quantitativo minimo di acqua ... si genererebbero rilevanti costi che finirebbero per essere posti sulla generalità degli utenti del SII, comprese le famiglie in condizioni economiche disagiate, creando una sorta di perequazione al contrario tra utenti agiati e utenti non agiati".

Monitoraggio sulle iniziative di risparmio idrico relative all'installazione di contatori

Il comma 3 detta norme finalizzate al monitoraggio dell'obbligo - previsto, in capo alle regioni, dall'art. 146, comma 1, lettera f), del D.Lgs. 152/2006 - di installazione di contatori per il consumo dell'acqua in ogni singola unità abitativa nonché contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano.

A tal fine viene disposto che, sullo stato di attuazione di tale obbligo:

  • le regioni, entro il 30 giugno di ciascun anno, relazionano all'AEEGSI e al Ministero dell'ambiente;
  • il Ministero dell'ambiente, entro il 31 dicembre di ciascun anno, relaziona alle competenti Commissioni parlamentari . La norma precisa che tale relazione del Ministero deve essere "suddivisa per regioni".

Art. 8 (Misurazione e fatturazione consumi energetici, idrici e del gas)

L'articolo 8 dispone – attraverso l'inserimento di un nuovo comma 3-bis all'articolo 9 del D.Lgs. n. 102/2014 sulla misurazione e fatturazione dei consumi energetici – che l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEGSI) individui misure per favorire la diffusione della tele-lettura in modalità condivisa da effettuare attraverso la rete elettrica, mediante l'utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, al fine di favorire il controllo dei consumi e la verifica del diritto all'erogazione del quantitativo minimo vitale.

 

Si ricorda che con il termine "smart metering" si intendono i sistemi che consentono la telelettura e telegestione dei contatori di energia elettrica, gas e acqua. I vantaggi dei sistemi di smart metering sono numerosi: oltre alla riduzione di costi per le letture e per le operazioni di gestione del contratto (es., cambio fornitore, disattivazione etc.) che possono essere effettuate in modo automatico a distanza, e con maggiore frequenza, senza un intervento in loco dell'operatore i sistemi di smart metering consentono altri vantaggi, che dipendono dal settore in cui sono applicati.
Per il settore dell'energia elettrica, l'AEEGSI ricorda che l'Italia è stato il primo paese europeo a introdurre su larga scala gli smart meter elettrici per i clienti finali in bassa tensione ed è tuttora il primo paese al mondo per numero di smart meter di energia elettrica in servizio (oltre 35 milioni). La soluzione adottata per lo smart metering elettrico prevede la comunicazione su linea elettrica (power line carrier) dal contatore fino a un "concentratore", e poi su rete di telecomunicazione pubblica dal concentratore al sistema centrale.
In tema di misuratori di seconda generazione, l'articolo 9, comma 3, del D.Lgs. 102/2014 prevede, nella prospettiva di un progressivo miglioramento delle prestazioni dei sistemi di misurazione intelligenti e dei contatori intelligenti, introdotti conformemente alle direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE, al fine di renderli sempre più aderenti alle esigenze del cliente finale, che l'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, con uno o più provvedimenti da adottare entro il 19 luglio 2016, tenuto conto dello standard internazionale IEC 62056 e della raccomandazione della Commissione europea 2012/148/UE, predispone le specifiche abilitanti dei sistemi di misurazione intelligenti, a cui le imprese distributrici in qualità di esercenti l'attività di misura sono tenuti ad uniformarsi.
Con la Delibera 06 agosto 2015 416/2015/R/eel e la relativa Scheda tecnica sui sistemi di "smart metering" l'Autorità illustra i propri orientamenti in merito alla definizione delle specifiche funzionali dei contatori intelligenti di seconda generazione di energia elettrica in bassa tensione (smart meter 2G), che l'Autorità stessa deve predisporre.
Secondo quanto risulta dal sito dell'Autorità, l'AEEGSI ha avviato una indagine conoscitiva sull'attività di misura nel servizio idrico integrato per individuare, tra l'altro, livelli minimi di efficienza e qualità del servizio, e l'eventuale presenza di elementi di criticità con particolare riferimento agli aspetti che possono incidere sulla determinazione dei consumi degli utenti finali sulla possibilità di un comportamento consapevole dell'utilizzo della risorsa idrica e sulle perdite idriche.
Nel settore idrico, afferma l'AEEGSI, sono presenti in molti casi contatori solo a livello di condominio e non ancora di singolo utente. Il passaggio alla misura individuale permetterebbe numerosi vantaggi anche in termini di migliore controllo delle perdite d'acqua a valle del contatore. 
Anche allo scopo di valutare nel settore idrico l'utilizzo di sistemi di smart metering, l'Autorità ha promosso alcuni progetti di sperimentazione multiservizio. In tutti i progetti selezionati sono presenti i settori gas e idrico, oltre ad altri servizi di pubblica utilità diversi da progetto a progetto.
Nei progetti sperimentali multiservizio selezionati viene condivisa, tra gli esercenti dei diversi servizi coinvolti, l'infrastruttura di comunicazione necessaria per il trasferimento dei dati dai contatori (o sensori) agli esercenti. L'obiettivo della condivisione dell'infrastruttura di comunicazione, afferma l'AEEGSI, è duplice: ridurre, rispetto alla gestione separata, i costi relativi alla gestione di tali infrastrutture necessarie per la rilevazione a distanza dei dati di consumo (smart metering) o di funzionamento dei servizi (sensori di monitoraggio e controllo, es. smart water grid) e rendere disponibili ai clienti finali informazioni sui consumi dei diversi servizi in modo integrato. Sono stati selezionati diversi progetti che riguardano diverse città tra cui Torino, Reggio Emilia, Parma, Modena, Genova, Verona, Bari e Salerno, oltre ad alcuni Comuni di minore dimensione (Scandiano - RE e Isera - TN) per un totale di circa 60.000 clienti di servizi gas, acqua, teleriscaldamento. I progetti selezionati includono anche servizi diversi che verranno integrati nelle infrastrutture di comunicazione condivise: a titolo di esempio illuminazione pubblica (in alcuni casi si sperimenterà l'utilizzo dei lampioni come sede degli apparati di comunicazione condivisi); sensori per le rilevazioni di rumore (Verona), sensori per la rilevazione delle perdite di acqua dalla rete pubblica (Bari), sensori per la rilevazione del riempimento dei cassonetti della raccolta rifiuti (Modena).
Per ulteriori elementi di informazione circa la diffusione della telelettura, si segnala infine la risposta all'interrogazione 5-05217.

Art. 9 (Misure per il ricorso all’acqua potabile negli esercizi commerciali)

L'articolo 9, inserito nel corso dell'esame in sede referente, stabilisce che i comuni, nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a  legislazione vigente, incentivano gli esercizi commerciali in possesso di regolare licenza per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande presenti sul loro territorio a servire ai clienti acqua potabile che fuoriesce dai rubinetti.


Art. 10 (Trasparenza della bolletta del servizio idrico integrato)

L'articolo 10, inserito nel corso dell'esame in Commissione, disciplina specifici obblighi per favorire la trasparenza della bolletta del servizio idrico integrato.

Il nuovo articolo 10 prevede, al comma 1, l'obbligo, a partire dal 2017, per tutti i gestori del servizio idrico integrato, di comunicare a ciascun utente, nella prima bolletta utile, i dati dell'anno precedente risultanti dal bilancio consuntivo dei gestori stessi relativi:

- agli investimenti realizzati sulle reti nei settori dell'acquedotto, della fognatura e della depurazione unitamente alle relative spese,

- al livello di copertura dei citati settori.

 Il comma 1 specifica inoltre che il suddetto obbligo di comunicazione integra le informazioni già contenute nei documenti di fatturazione del servizio idrico integrato, al fine di assicurare la trasparenza delle bollette per i consumi idrici e che, al fine di una migliore comparazione nel tempo, a decorrere dal 2018, tali dati dovranno riguardare anche l'annualità anteriore a quella di riferimento.

Il comma 2 prevede una delibera dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas e il sistema idrico per la determinazione delle modalità di attuazione di quanto previsto dal comma 1.

Il comma 3 stabilisce che nella delibera di cui al comma 2  siano definite altresì le modalità affinché tutti i gestori evidenzino in bolletta le informazioni concernenti i parametri di qualità dell'acqua e la percentuale media complessiva delle perdite idriche nelle reti a cui le gestioni fanno riferimento.

L'AEEGSI con deliberazione 28 dicembre 2012 586/2012/r/idr ha disposto l'approvazione della prima direttiva per la trasparenza dei documenti di fatturazione del servizio idrico integrato. 

Art. 11 (Governo partecipativo del servizio idrico integrato)

L'articolo 11 interviene sulle disposizioni del governo partecipativo del servizio idrico integrato, già contenute nell'articolo 10 originario e modificate in sede referente.

  
Redazione degli strumenti di pianificazione

Le disposizioni contenute nel comma 1, rimaste identiche a quelle previste dal comma 1 dell'articolo 10 originario, prevedono, per favorire la partecipazione democratica, che lo Stato e gli enti locali applichino, nella redazione degli strumenti di pianificazione, il disposto dell'art. 14 della direttiva 2000/60/CE, in conformità a quanto previsto dalla Convenzione di Aarhus del 1998 sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale, resa esecutiva dalla legge 16 marzo 2001, n. 108.

Si segnala che l'articolo 14 della direttiva 2000/60/CE disciplina l'informazione e la consultazione pubblica, prevedendo che gli Stati membri promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all'attuazione della direttiva, in particolare all'elaborazione, al riesame e all'aggiornamento dei piani di gestione dei bacini idrografici.

Governo democratico del servizio idrico integrato 

Il comma 2, al fine di assicurare un governo democratico del servizio idrico integrato, attribuisce agli enti locali il compito di adottare (sulla base di norme regionali di indirizzo) forme di democrazia partecipativa in merito alle decisioni relative agli atti fondamentali di pianificazione e programmazione del servizio idrico integrato. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, le regioni definiscono, attraverso normative di indirizzo, le forme e le modalità più idonee, con cui organizzare la partecipazione e la discussione degli abitanti, dei lavoratori e delle loro forme associative e di rappresentanza nelle sedi di pianificazione e programmazione degli orientamenti di fondo del servizio idrico integrato.  

Nel testo originario dell'articolo 10, erano previste anche le disposizioni contenute nei commi 3 e 4 che prevedevano, rispettivamente, il rinvio agli statuti di province e comuni (ai sensi dell'articolo 8 del D.Lgs. 267/2000) in merito alla disciplina degli strumenti di democrazia partecipativa di cui ai commi precedenti e l'attribuzione al Governo del compito di definire – entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento – la Carta nazionale del servizio idrico integrato.   

Pubblicità degli atti e dei dati del servizio idrico integrato 

Il comma 3 reca norme finalizzate a garantire la pubblicità:

- delle sedute dell'ente di governo dell'ATO (EGATO), (nel testo originario si faceva riferimento alle sedute del Consiglio di bacino), ad esclusione di quelle dell'organo esecutivo, e dei relativi atti deliberati (in proposito viene richiesto che i verbali e le deliberazioni, con i relativi allegati, siano pubblicati sul sito web istituzionale dell'ente, in conformità al D.Lgs. 33/2013);

Si ricorda che tale decreto legislativo contiene le norme di riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni.

- di tutti gli atti e i provvedimenti, adottati dai gestori del servizio idrico integrato, che prevedono impegni di spesa.

Il comma 3 introduce, inoltre, la pubblicità dei dati, con cadenza annuale, entro e non oltre il 30 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, di tutti i soggetti gestori del servizio idrico integrato:

- sulla qualità delle acque ad uso umano;

- sul monitoraggio delle perdite delle infrastrutture idriche di competenza;

- sulle perfomance di gestione aziendale raggiunti nell'anno solare.

 


Art. 12 (Fondo nazionale di solidarietà internazionale)

L'articolo 12, che ha innovato in sede referente il contenuto dell'articolo 11 originario, interviene sulla normativa prevista all'art. 1 della legge 296/2006, apportando modifiche ai commi 1284 e 1284-ter ed aggiungendo il comma 1284-quater, al fine di:

- prevedere l'istituzione del Fondo nazionale di solidarietà internazionale, da destinare a progetti di cooperazione in campo internazionale che promuovano l'accesso all'acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari (lettera a);

- aumentare da 0,5 a 1 centesimo il contributo per ogni bottiglia di acqua minerale o da tavola in materiale plastico venduta al pubblico (lettera b);

- istituire un prelievo in tariffa di 1 centesimo di euro per metro cubo di acqua erogata a cura dell'AEEGSI (lettera c). 

Fondo nazionale di solidarietà internazionale

In particolare, la lettera a) del comma 1 dell'articolo 12, novellando l'art. 1, comma 1284 della legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296), istituisce il Fondo nazionale di solidarietà internazionale, presso il Ministero degli affari esteri, per progetti di cooperazione in campo internazionale, che promuovano l'accesso all'acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari, con particolare attenzione al sostegno e al coinvolgimento della cooperazione territoriale e delle comunità locali dei Paesi partner, al fine di favorire l'accesso da parte di tutti gli abitanti del pianeta e di contribuire alla costituzione di una fiscalità generale che garantisca tale accesso.

In proposito si ricorda che la Corte costituzionale, con sentenza n. 168 del 2008, aveva dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1284, nella parte in cui prevedeva che le modalità di funzionamento e di erogazione delle risorse del Fondo fossero indicate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro degli affari esteri, sentito il parere delle competenti Commissioni parlamentari e della Conferenza unificata, anziché d'intesa con la Conferenza unificata.
Il riferimento peraltro era al Fondo di solidarietà finalizzato a promuovere il finanziamento esclusivo di progetti e interventi, in ambito nazionale e internazionale, atti a garantire il maggior accesso possibile alle risorse idriche secondo il principio della garanzia dell'accesso all'acqua a livello universale.In questo caso le nuove disposizioni disposte dall'art. 12, comma 1, lett. a), che non prevedono forme di coinvolgimento della Conferenza unificata, sono riferite ad un Fondo di solidarietà a carattere internazionale senza più richiamare l'ambito nazionale.
Fonti di finanziamento  

La lettera b) modifica il comma 1284-ter della legge n. 296 del 2007, al fine di innalzare da 0,5 centesimi di euro a 1 centesimo di euro il previsto contributo per la vendita al pubblico di ogni bottiglia di acqua minerale o da tavola in materiale plastico, le cui entrate in particolare sono destinate per un decimo ad alimentare il citato Fondo nazionale di solidarietà internazionale.

La lettera c) del comma 1 introduce il nuovo comma 1284-quater, al fine di istituire il prelievo in tariffa di 1 centesimo di euro per metro cubo di acqua erogata a cura dell'Autorità dell'energia elettrica, del gas e del servizio idrico, destinandone i proventi, entro il 31 dicembre di ogni anno, al Fondo nazionale di solidarietà internazionale.

Il medesimo comma 1284-quater affida inoltre la gestione del Fondo all'Agenzia nazionale per la cooperazione internazionale, istituita dall'art. 17 della legge 11 agosto 2014, n. 125, di riforma della disciplina generale della cooperazione allo sviluppo, conformemente alle norme regolamentari che disciplinano i rapporti tra Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale e l'Agenzia, adottate con decreto del Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale 22 luglio 2015, n. 113.

Si ricorda che, secondo quanto previsto dall'art. 18 della legge n. 125 del 2014, l'Agenzia rappresenta il braccio tecnico-operativo dell'aiuto pubblico italiano allo sviluppo e gode di autonomia di bilancio e di organizzazione. Le fonti di finanziamento dell'Agenzia sono costituite da: risorse finanziarie trasferite dalle amministrazioni di provenienza del personale ad essa assegnato;introiti derivanti dalle convenzioni (per prestazioni di servizi ad altri soggetti pubblici e privati);un finanziamento annuale iscritto in appositi capitoli dello stato di previsione del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale;donazioni, lasciti, legati e liberalità, debitamente accettati ed una quota pari al 20 per cento della quota a diretta gestione statale delle somme del cosiddetto "8 per mille" di cui all'articolo 48 della legge 20 maggio 1985, n. 222.

 


Art. 13 (Clausola di salvaguardia)

L'articolo 13  dispone che la legge si applica nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano, compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.


I pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva

Il Comitato per la legislazione ha espresso un parere sul testo originario della proposta di legge formulando condizioni e osservazioni.

Le Commissioni Giustizia, Difesa e Politiche dell'UE hanno espresso nulla osta, mentre le Commissioni Affari esteri, Lavoro, Affari sociali e Agricoltura hanno espresso parere favorevole.

La Commissione affari costituzionali e la Commissione attività produttive hanno formulato condizioni e osservazioni recepite nel testo all'esame dell'Assemblea.