Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Audizione del Commissario europeo per il bilancio e le risorse umane, Günther Oettinger, sulle prospettive del quadro finanziario pluriennale e del bilancio dell'Unione europea
Serie: Documentazione per le Commissioni - Audizioni e incontri con rappresentanti dell'UE    Numero: 47
Data: 04/07/2017

loghi.gifAudizione del Commissario europeo per il bilancio e le risorse umane, Günther Oettinger, sulle prospettive del quadro finanziario pluriennale e del bilancio dell'Unione europea

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Documentazione per le Commissioni

audizioni e incontri in ambito ue

 SENATO DELLA REPUBBLICA
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DOSSIER EUROPEI
N. 73	CAMERA DEI DEPUTATI
UFFICIO RAPPORTI CON L’UNIONE EUROPEA
N. 47

 

 

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I N D I C E

 

 

Premessa. 1

1. La revisione intermedia del quadro finanziario pluriennale 2014-2020. 3

2. Il rapporto finale del Gruppo di alto livello sulle risorse proprie (Gruppo Monti) 7

3. Il libro bianco sul futuro dell'Europa. 9

4. Il documento di riflessione sul futuro delle finanze dell'Unione europea. 14

4.1 Le finanze dell'Unione: evoluzione, tendenze e sfide. 14

4.2 Opzioni per il futuro delle finanze dell'Unione. 17

 



 

PREMESSA

 

Il 6 luglio 2017 è prevista l'audizione, da parte delle Commissioni congiunte 5a e 14a del Senato e V e XIV della Camera dei Deputati, del Commissario europeo per il bilancio e le risorse umane, Günther Oettinger, sulle prospettive del quadro finanziario pluriennale e del bilancio dell'Unione europea.

 

L'intervento del Commissario Oettinger dovrebbe concentrarsi in particolare:

-        Sui contenuti della revisione intermedia del Quadro finanziario pluriennale 2014-2020, adottata formalmente lo scorso 20 giugno dal Consiglio affari generali con l'astensione del Governo italiano e al termine di un lungo dibattito;

-        Sul rapporto finale del Gruppo di lavoro interistituzionale di alto livello sulle risorse proprie (cd. Gruppo Monti);

-        Sul documento di riflessione sul futuro delle finanze dell'Unione, ultima tappa di un lavoro concettuale che la Commissione aveva inaugurato, il 1° marzo 2017, con il Libro bianco sul futuro dell'Europa, e che ha come obiettivo l'avvio di un ampio dibattito pubblico per il rilancio del progetto di integrazione europeo.

Günther Oettinger, tedesco, è stato Commissario europeo per l'energia dal 2010 al 2014 e Commissario europeo per l'economia digitale dal 2014 al 2016. Presidente del Baden-Württemeberg dal 2005 al 2010, è membro del Governing Board e del Federal Executive Committee della CDU.


 


1.  La revisione intermedia del quadro finanziario pluriennale 2014-2020

 

Il 14 settembre 2016 la Commissione europea ha presentato un pacchetto legislativo relativo al riesame/revisione intermedia del quadro finanziario pluriennale (QFP) 2014-2020.

 

Il pacchetto constava:

-        Della comunicazione al Parlamento europeo e al Consiglio "Riesame/revisione del quadro finanziario pluriennale 2014-2020" (COM (2016) 603);

-        Della proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (UE, Euratom) n. 1311/2013 che stabilisce il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020 (COM (2016) 604);

-        Della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione e che modifica il regolamento (CE) n. 2012/2002, i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1305/2013, (UE) n. 1306/2013, (UE) n. 1307/2013, (UE) n. 1308/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014, (UE) n. 652/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio e la decisione n. 541/2014/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (COM (2016) 605);

-        Della proposta di modifica dell'accordo interistituzionale del 2 dicembre 2013 tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla disciplina di bilancio, sulla cooperazione in materia di bilancio e sulla sana gestione finanziaria (COM (2016) 606);

-        Della proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione (UE) 2015/435 relativa alla mobilitazione del margine per imprevisti (COM (2016) 607).

Il riesame intermedio del funzionamento del QFP era previsto espressamente, e su esplicita richiesta del Parlamento europeo, dall'art. 2 del regolamento n. 1311/2013, il quale recita testualmente: " Entro la fine del 2016 la Commissione presenta un riesame del funzionamento del QFP, tenendo pienamente conto della situazione economica in quel momento nonché delle proiezioni macroeconomiche più aggiornate. Tale riesame obbligatorio è, se del caso, accompagnato da una proposta legislativa di revisione del presente regolamento in conformità delle procedure stabilite nel TFUE.".

La Commissione ha ritenuto di avvalersi della facoltà di presentare una proposta legislativa, come espressamente previsto dal citato art. 2, tenendo conto del fatto che, nei primi anni del QFP 2014-2020, l'Unione ha dovuto far fronte a sfide impreviste "di una gravità senza precedenti derivanti dall'instabilità nei paesi del vicinato che ha determinato minacce alla sicurezza e flussi migratori di massa". Al fine di mobilitare le risorse finanziarie aggiuntive necessarie ad affrontare tali sfide, solo parzialmente prevedibili, "è stato fatto ampio ricorso a tutte le disponibilità di bilancio, comprese le riassegnazioni, i margini e gli strumenti speciali" stabiliti dal regolamento QFP, che hanno notevolmente aumentato la flessibilità del quadro finanziario pluriennale, "consentendo all'Unione di intervenire con determinazione ed efficacia. Tuttavia, poiché queste sfide persistono, è in gioco la capacità dell'Unione di poter continuare a reagire rapidamente in situazioni di emergenza".

 

A tal fine la Commissione, raccogliendo l'invito ad adottare misure coraggiose per rafforzare la flessibilità del bilancio dell'Unione, formulato dal Parlamento europeo nella sua risoluzione del 6 luglio 2016 sulla preparazione della revisione post-elettorale del QFP, ha formulato proposte di revisione tese, tra l'altro:

-        Ad aumentare la capacità dello strumento di flessibilità e della riserva per gli aiuti d'urgenza ed eliminare una serie di ostacoli che limitano l'efficacia degli strumenti, consentendo la riutilizzazione dei margini rimasti disponibili da precedenti esercizi finanziari;

-        A creare una riserva di crisi dell'Unione europea per finanziare la risposta alle crisi, come l'attuale crisi migratoria, e ad altri eventi che hanno gravi ripercussioni umanitarie e in termini di sicurezza, da finanziare grazie a stanziamenti disimpegnati da tutte le rubriche del QFP, "senza determinare un aumento dei massimali generali degli stanziamenti di impegno e di pagamento del QFP adottato";

-        A rafforzare una serie di strumenti e programmi essenziali per contribuire a colmare il deficit di investimenti lasciato dalla crisi economica e finanziaria e promuovere l'occupazione: dal Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) a Orizzonte 2020; dal Meccanismo per collegare l'Europa a Erasmus +, COSME e l'Iniziativa a favore dell'occupazione giovanile;

-        A effettuare un'ambiziosa revisione delle regole finanziarie generali corredata dalle necessarie modifiche delle regole settoriali, onde usufruire di meccanismi di erogazione più efficaci in termini di costi.

Il pacchetto presentato dalla Commissione è stato valutato positivamente dal Governo italiano, che, nella propria relazione sulla proposta di regolamento recante modifica del regolamento 1311/2013 sul QFP 2014-2020, presentata ai sensi dell'art. 6, comma 4 della legge 234/12, ha sottolineato come le proposte di Bruxelles sembrassero "rispondere in maniera corretta alle aspettative italiane, assegnando maggiori risorse ad ambiti di intervento prioritari per il nostro Paese quali la promozione degli investimenti, la formazione, la mobilità e l'occupazione (soprattutto giovanili), una gestione dei flussi migratori che ne affronti anche le cause profonde, la sicurezza". Più nel dettaglio, il Governo ha valutato positivamente "l'impegno a dotare il bilancio UE di maggiore flessibilità (attraverso il rafforzamento degli 'strumenti speciali' e la rimozione di alcuni ostacoli al pieno dispiegarsi del loro potenziale) e la proposta di creazione della nuova Riserva di crisi".

 

Va tuttavia rilevato come, nel corso dell'esame del pacchetto in sede di Consiglio, le proposte della Commissione abbiano subito una serie di modifiche fortemente "al ribasso", che includono, tra l'altro, una sensibile diminuzione degli aumenti delle dotazioni della riserva per gli aiuti di urgenza e dello strumento di flessibilità, una riduzione dei massimali del Margine globale sui pagamenti e l'eliminazione della riserva di crisi UE. Trattasi di elementi che, a giudizio del Governo, vanificavano nella sostanza lo sforzo fatto dalla Commissione per accrescere la flessibilità del bilancio, e che si collocavano in netta controtendenza rispetto alle indicazioni fornite dal Parlamento europeo nella già citata risoluzione del 6 luglio 2016, e ribadite nella ulteriore risoluzione del 26 ottobre 2016 "sulla revisione intermedia del QFP 2014-2020". Di qui la decisione, annunciata dal Governo italiano in occasione del Consiglio affari generali del 15 novembre, di mantenere una riserva sulla proposta di compromesso presentata dalla Presidenza slovacca.

 

Si ricorda, in proposito, che un eventuale voto contrario del Governo sulla suddetta proposta avrebbe avuto a tutti gli effetti valore di veto. La base giuridica della proposta di revisione del QFP è infatti l'art. 312 del TFUE, il quale recita: "Il quadro finanziario pluriennale mira ad assicurare l'ordinato andamento delle spese dell'Unione entro i limiti delle sue risorse proprie". Le modalità per l'approvazione del QFP sono fissate dal successivo art. 314, par. 2, dove si legge: "Il Consiglio, deliberando secondo una procedura legislativa speciale, adotta un regolamento che fissa il quadro finanziario pluriennale. Delibera all'unanimità previa approvazione del Parlamento europeo, che si pronuncia a maggioranza dei membri che lo compongono".

 

Grazie al lavoro di mediazione svolto prima dalla Presidenza slovacca, poi da quella maltese - e che ha comportato un aumento dei fondi destinati ad ambiti settoriali di particolare interesse italiano (tra i quali l'Iniziativa giovani) e dei margini di flessibilità, il Governo ha sciolto la propria riserva, trasformandola in astensione in occasione del Consiglio affari generali del 7 marzo 2017. Il Parlamento europeo ha a sua volta espresso un parere favorevole sulla proposta di compromesso elaborata dal Consiglio, nella plenaria del 5 aprile.

 

 

L'adozione formale del pacchetto di revisione del QFP sarebbe dovuta avvenire in occasione del Consiglio affari generali (Coesione) del 25 aprile, ma il Regno Unito (che si era astenuto assieme all'Italia il 7 marzo) ha modificato la propria posizione da astensione a riserva, a causa dell'inizio del periodo pre-elettorale (detto anche purdah) che prevede una serie di limitazioni per i funzionari e per i membri del Governo, quando si tratta di assumere posizioni che vadano oltre la gestione ordinaria degli affari.

 

Dopo l'esito delle elezioni britanniche dell'8 giugno, il Regno Unito ha potuto confermare la propria astensione, e il pacchetto di revisione del QFP è stato adottato formalmente dal Consiglio affari generali del 20 giugno, con due dichiarazioni allegate, rispettivamente del Governo britannico e della Commissione europea, che fanno riferimento entrambe alla Brexit. Se il Governo inglese vi auspica che gli altri Stati membri e le Istituzioni dell'Unione mostrino, in vista del negoziato ex art. 50, lo stesso senso di responsabilità che lo ha indotto all'astensione sul QFP, la Commissione, nell'accogliere con soddisfazione la soppressione della riserva britannica, ha sottolineato come essa non debba recare alcun pregiudizio ai negoziati in corso sul ritiro del Regno Unito dall'Unione, aggiungendo che sia l'Unione che il Regno Unito dovrebbero rispettare integralmente gli obblighi finanziari derivanti dall'intero periodo di adesione del Regno Unito all'Unione.

 

Per quanto concerne i contenuti finali della revisione intermedia del QFP, come approvati da Consiglio e Parlamento europeo, va sottolineato come, pur non aumentando i massimali complessivi di bilancio, la revisione consentirà un aumento di spesa e una maggiore flessibilità in taluni settori concordati.

 

Nel quadro del massimale globale del QFP concordato, la revisione intermedia prevede un aumento potenziale della spesa di circa 6 miliardi di euro nel periodo 2017-2020, in particolare nei seguenti ambiti:

-        Disoccupazione giovanile (1,2 miliardi per l'Iniziativa a favore dell'occupazione giovanile, cui andrà ad aggiungersi un finanziamento di pari importo del FSE);

-        Sicurezza e dimensione interna delle politiche migratorie (2,5 miliardi ripartiti tra Guardia costiera e di frontiera europea, EUROPOL, Agenzia per l'asilo, nuovo sistema di ingressi/uscite dall'UE e sostegno di emergenza per i rifugiati);

-        Lotta alle cause profonde delle migrazioni (1,4 miliardi, destinati in prevalenza al nuovo quadro di partenariato con i paesi africani e al Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile);

-        Erasmus + (100 milioni, destinati anche al nuovo Corpo europeo di solidarietà);

-        Rafforzamento di programmi che promuovono la crescita, già attuati con successo (775 milioni ripartiti tra Orizzonte 2020, Meccanismo per collegare l'Europa e i programmi COSME, FEIS-2 e Wifi4EU).

 

La revisione intermedia introduce inoltre un margine di flessibilità supplementare per finanziare nuove emergenze, per un totale di almeno 1,3 miliardi disponibili già dal 2017, e consente di trasferire agli esercizi 2019 e 2020 i margini non utilizzati per i pagamenti, creando così un margine di sicurezza per pagare le fatture connesse all'attuazione dei Fondi strutturali, evitando arretrati come accaduto nel periodo 2013-2015.

 

 

2. Il rapporto finale del Gruppo di alto livello sulle risorse proprie (Gruppo Monti)

 

Il Gruppo di alto livello sulle risorse proprie[1] - organismo interistituzionale i cui componenti sono stati nominati, in egual numero, dal Parlamento europeo, dalla Commissione e dal Consiglio dell'UE - è stato istituito nel 2014,m su forte impulso del Parlamento europeo e in esito all'adozione del QFP 2014-2020 (il primo "al ribasso" rispetto al precedente, nella storia dell'Unione) per condurre una riflessione sul futuro finanziamento del bilancio dell'Unione, individuando modalità più trasparenti, semplici, eque e democratiche di finanziamento. Il Gruppo è stato presieduto dal senatore a vita Mario Monti.

 

Nel gennaio 2017 è stato presentato il rapporto finale ("Il futuro finanziamento dell'UE"), conclusivo dei lavori, comprensivo di nove raccomandazioni specifiche. Queste potrebbero costituire la base di partenza per una riforma del bilancio dell'Unione, che il Gruppo di lavoro - oltre a considerare auspicabile - ritiene realizzabile in virtù dell'effetto congiunto dell'emergere di nuove priorità politiche e degli inevitabili cambiamenti del sistema di entrate che deriveranno dall'imminente uscita del Regno Unito dall'UE.

 

Il rapporto finale illustra le riforme possibili nell'attuale quadro istituzionale, mettendo in luce che i preparativi per il prossimo quadro finanziario pluriennale sono in procinto di iniziare e che le negoziazioni avranno luogo in un contesto unico, che potrebbe contribuire al superamento degli ostacoli tradizionali ad una riforma del settore delle entrate.

Vengono quindi elaborate le seguenti nove raccomandazioni concrete:

1)    la riforma del bilancio, necessaria dal punto di vista delle entrate, dovrebbe essere intrapresa assieme ad una riforma delle spese al fine di dare risposta alle nuove priorità dell'Europa contemporanea.

2)    i principi guida della riforma dovrebbero essere:

·       valore aggiunto europeo[2]: in tempi di penuria di risorse pubbliche, a fronte di bisogni crescenti, la spesa dell'Unione dovrebbe essere focalizzata in settori a maggiore valore aggiunto europeo o in cui l'azione UE sia indispensabile o in cui le possibilità di finanziamento nazionali siano insufficienti per raggiungere i fini perseguiti;

·       sussidiarietà: la riforma dovrebbe introdurre un "test di sussidiarietà" che determini il livello di governo - europeo, nazionale o sub-nazionale - a cui è più efficace ed efficiente procedere con la spesa;

·       neutralità del bilancio, nel senso che l'introduzione di nuove risorse proprie, o altre forme di gettito, dovrebbe produrre una riduzione dei contributi basati sul prodotto nazionale lordo;

·       onere fiscale complessivo inalterato per il contribuente europeo;

·       sinergie tra bilanci nazionali e bilancio europeo nella realizzazione degli obiettivi dell'Unione;

·       unitarietà del bilancio, limitando il ricorso a "bilanci satelliti";

·       trasparenza e "leggibilità" maggiore a beneficio dei cittadini;

·       ideazione di risorse proprie derivanti e a supporto delle politiche UE nelle aree più importanti di competenza: rafforzamento del mercato unico, protezione ambientale ed azione climatica, unione dell'energia e riduzione dell'eterogeneità fiscale;

3)    salvaguardia di alcuni elementi del sistema attuale: tra questi il principio dell'equilibrio del bilancio europeo (in cui le entrate coprono le spese, senza creazione di debito); le risorse proprie tradizionali (diritti di dogana); una risorsa basata sul prodotto nazionale lordo, da usare come risorsa residuale e di compensazione;

4)    introduzione di una combinazione di risorse proprie derivanti da produzione, consumo (tramite, tra le altre, una nuova risorsa IVA riformata) e politiche ambientali (anche grazie ad un'imposta sul CO2). L'obiettivo di una futura riforma dovrebbe essere quello di finanziare la maggior parte della spesa UE tramite risorse proprie "pure";

5)    esame di altre possibili entrate legate a politiche UE quali il controllo delle frontiere, il mercato unico digitale, la protezione ambientale o l'efficienza energetica. Il ricorso a queste formule dovrebbe essere deciso volta per volta, sotto il controllo del Parlamento europeo e del Consiglio;

6)    puntare a nozioni più accurate di "costi", "benefici" e "utili netti". La percezione corrente considera il bilancio europeo come un "gioco a somma zero", in cui gli Stati membri valutano la propria posizione confrontando i rispettivi contributi nazionali con le quote loro assegnate dal lato della spesa. Un euro speso per un determinato Paese si considera un euro di costo per tutti gli altri, senza considerare il valore aggiunto europeo delle politiche unionali né i benefici non misurabili quali la partecipazione al mercato unico. Il Gruppo raccomanda da un lato di introdurre fonti di introiti diverse, non percepite come contributi nazionali, come quelle descritte nel punto 5). Dall'altro suggerisce di considerare con sospetto il concetto di "utile netto" e di elaborare indicatori che permettano una valutazione dei costi e benefici degli interventi di bilancio europei;

7)    correzioni e compensazioni nazionali dal lato delle entrate dovrebbero essere abolite[3];

8)    revisione della coerenza dei bilanci dell'Unione e degli Stati membri all'interno del processo del semestre europeo, in modo da creare sinergie e, ove possibile, minimizzare gli oneri fiscali;

9)    consentire un certo grado di differenziazione (geometria variabile) agli Stati membri che vogliano sviluppare ulteriormente l'area euro o realizzare politiche in cooperazione rafforzata.

 

 

3. Il libro bianco sul futuro dell'Europa

 

Il 1° marzo 2017 la Commissione europea ha pubblicato, in vista del sessantesimo anniversario della firma dei Trattati di Roma, il "Libro bianco sul futuro dell'Europa", nel quale sono delineate sfide e opportunità per l'Unione europea nel prossimo decennio (COM(2017) 2025). Il documento ha rappresentato il contributo della Commissione al Vertice di Roma del 25 marzo 2017, che ha offerto un'occasione per riflettere sullo stato di avanzamento del progetto europeo, valutandone i successi e i punti di forza come pure gli aspetti da migliorare.

Il Libro bianco ha inteso sollecitare un ampio dibattito pubblico sulle prospettive dell'Unione europea, coinvolgendo non solo i Parlamenti nazionali e il Parlamento europeo, ma anche gli enti territoriali e la società civile, avviando un processo nel quale i 27 Stati membri decideranno insieme il futuro dell'Unione. All'esito di questo dibattito, il Presidente della Commissione europea si propone di presentare a settembre, in occasione del Discorso sullo Stato dell'Unione, idee e proposte affinché il Consiglio europeo possa decidere prima della fine dell'anno misure da adottare entro giugno 2019.

 

Il Libro bianco muove da una descrizione dei principali fattori che incidono sul futuro dell'Unione, in particolare:

-        una popolazione in costante diminuzione;

-        un prodotto interno lordo in calo rispetto a quello globale;

-        una moneta importante (l'euro), con altre valute però che stanno acquistando importanza a livello mondiale;

-        un crescente livello di investimenti nella difesa;

-        un livello di disoccupazione elevato benché in lieve diminuzione.

 

Per affrontare le sfide connesse a tali fattori in modo efficace e sulla base di soluzioni condivise, la Commissione presenta cinque scenari che descrivono il potenziale stato dell'Unione da qui al 2025 in relazione alle scelte che saranno compiute. Basati sul presupposto che i 27 Stati membri procedano assieme nel loro cammino di Unione, gli scenari hanno mero carattere illustrativo: non si escludono a vicenda né hanno pretesa alcuna di esaustività[4]:

1)    "Avanti così": sostanziale continuità con il programma attuale di riforme;

2)    "Nulla tranne il mercato unico": concentrazione dell'integrazione europea sul mercato interno;

3)    "Chi vuole di più fa di più": Unione a più velocità, in cui gli Stati membri che lo desiderano possono convenire di "fare di più" in specifici settori quali la difesa, la sicurezza interna, la fiscalità o le questioni sociali;

4)    "Fare meno, in modo più efficace": Concentrazione degli sforzi - e di risorse limitate - in un numero ridotto di ambiti, circoscrivendo il campo d'azione dell'Europa a 27;

5)    "Fare molto di più insieme": il quinto scenario ipotizza che i 27 Stati membri decidano di condividere più risorse e potere decisionale.

 

Il libro bianco è stato presentato e dibattuto in Parlamento europeo il 1° marzo 2017.

 

Nella Dichiarazione di Roma, adottata da 27 Stati membri (escluso il Regno Unito) a margine delle celebrazioni per il 60° anniversario della firma dei trattati, non vi è riferimento diretto alle opzioni illustrate. Dalla dichiarazione emerge comunque una condivisione di massima del percorso finalizzato a realizzare un'Europa sicura; prospera e sostenibile; sociale; più forte nella scena globale.

 

Come già peraltro preannunciato nel COM(2017) 2025, il percorso di ripensamento dell'Unione europea è stato ulteriormente arricchito negli scorsi mesi dalla pubblicazione da parte della Commissione europea di ulteriori documenti di riflessione su:

1)    sviluppo della dimensione sociale dell'Europa, pubblicato il 26 aprile 2017. Il documento illustra le possibili opzioni per il futuro sociale dell'Europa: limitare la "dimensione sociale" alla libera circolazione; ricorrere a cooperazioni rafforzate tra alcuni Stati, particolarmente quelli della zona euro; approfondire insieme, in un'Europa a 27, la dimensione sociale, anche solo in determinati settori;

2)    gestione della globalizzazione, pubblicato il 10 maggio 2017. Vi si auspica che l'Europa giunga ad un'intesa comune per gestire efficacemente la trasformazione che deriverà dalla globalizzazione e dai cambiamenti tecnologici ad essa associati. Si fa riferimento, tra l'altro, all'opportunità di una diplomazia economica europea più integrata e proattiva; allo sviluppo di un'agenda equilibrata, basata su regole, e progressiva per il commercio e gli investimenti; ad un'applicazione più rigorosa degli accordi e delle norme esistenti; alla promozione della giustizia e della trasparenza fiscale a livello mondiale;

3)    approfondimento dell'Unione economica e monetaria sulla base della relazione dei cinque presidenti del giugno 2015, pubblicato il 31 maggio. Vi si illustrano possibili modi per approfondire e completare l'Unione economica e monetaria entro il 2025. Nonostante i progressi realizzati, infatti, la Commissione europea ritiene che le economie della zona euro abbiano bisogno di imboccare un cammino di crescita e prosperità più robusto tramite riforme strutturali che modernizzino le economie e le rendano più resilienti. Dal punto di vista finanziario, per contro, si afferma la necessità di misure aggiuntive per ridurre e condividere i rischi nel settore bancario e offrire migliori opportunità di finanziamento per l'economia reale, anche attraverso i mercati dei capitali.

La Commissione europea afferma, inoltre, la necessità di migliorare l'efficienza e la trasparenza della governance dell'Unione economica e monetaria, attualmente frammentata e caratterizzata da un processo decisionale complesso, criticato per la sua mancanza di chiarezza e trasparenza.

Vengono proposti quattro principi guida: i principali obiettivi dell'UEM dovrebbero essere occupazione, crescita, equità sociale, convergenza economica e stabilità finanziaria; responsabilità e solidarietà, riduzione e condivisione dei rischi dovrebbero andare di pari passo; l'UEM e il suo completamento dovrebbero essere aperte a tutti gli Stati UE; il processo decisionale dovrebbe diventare più trasparente e la responsabilità democratica dovrebbe essere garantita.

Sulla base di tali obiettivi, la Commissione individua le seguenti misure che potrebbero essere concordate entro il 2019:

-        riduzione dei rischi, anche con una strategia europea sui crediti deteriorati;

-        completamento dell'Unione bancaria con il dispositivo di sostegno comune di bilancio per il Fondo di risoluzione unico ed il Sistema europeo di assicurazione dei depositi (EDIS);

-        realizzazione dell'Unione dei mercati dei capitali che offra alle famiglie ed alle imprese fonti di finanziamento più innovative, sostenibili e diversificate. Si fa specifico riferimento ad un quadro di vigilanza più integrato, con un'autorità unica europea di vigilanza dei mercati dei capitali;

-        diversificazione dei bilanci delle banche, anche tramite i cosiddetti "titoli garantiti da obbligazioni sovrane". Si tratterebbe di prodotti finanziari cartolarizzati emessi da un'entità commerciale o da un'istituzione. Il loro uso potrebbe contribuire a promuovere la condivisione dei rischi da parte del settore privato.

 

In un orizzonte temporale che si estende oltre il 2019, potrebbero essere ipotizzate le seguenti misure:

-        l'individuazione di un'attività sicura europea, denominata in euro ed emessa in volume sufficiente per poter diventare il termine di riferimento per i mercati finanziari europei. Tale attività sarebbe comparabile ai titoli di Stato, considerati l'attività sicura per antonomasia nella maggior parte dei sistemi finanziari;

-        la modifica del trattamento regolamentare dei titoli di Stato al fine di incentivare le banche a diversificare le proprie attività;

-        la convergenza verso strutture economiche e sociali più resilienti in tutti gli Stati membri, utilizzando a tal fine anche gli strumenti offerti dall'UE: mercato unico, mercato unico digitale, Unione dell'energia, Unione bancaria e dei mercati dei capitali;

-        il rafforzamento del coordinamento della politica economica tramite un potenziamento del semestre europeo che promuova ulteriormente cooperazione e dialogo con gli Stati membri, ponga l'accento sulla dimensione aggregata alla zona euro, stabilisca un collegamento più stretto tra il processo annuale del semestre europeo e l'approccio pluriennale proprio dei Governi nazionali;

-        il rafforzamento del legame tra riforme nazionali e finanziamenti UE disponibili;

-        la creazione di una funzione di stabilizzazione macroeconomica per la zona euro, che potrebbe prendere la forma di un sistema europeo di protezione per gli investimenti, un regime europeo di riassicurazione della disoccupazione o un fondo "rainy day" alimentato su base regolare e che erogherebbe risorse discrezionalmente per assorbire shock rilevanti.

Si segnala peraltro che è in corso un dibattito sulla possibilità di introdurre un bilancio specifico per la zona euro;

-        l'ampliamento della capacità di assistenza tecnica dell'Unione europea per meglio sostenere lo sviluppo di capacità e promuovere la convergenza degli Stati membri.

 

Il documento argomenta quindi l'opportunità di creare un quadro giuridico comune che determinerebbe una maggiore integrazione politica per la zona euro. Si ipotizzano, tra l'altro, l'incorporazione delle disposizioni del Fiscal compact nel diritto UE; l'ideazione di un nuovo equilibrio tra la Commissione europea e l'Eurogruppo; una rappresentanza esterna sempre più unificata; il rafforzamento della responsabilità democratica. Si riferisce, inoltre, anche dei dibattiti in corso su un Tesoro della zona euro, incaricato di preparare le decisioni e di eseguirle, e su un Fondo monetario europeo.

4)    futuro della difesa europea, pubblicato il 7 giugno 2017. Si ipotizzano tre scenari in base alla volontà politica degli Stati membri: una maggiore cooperazione, in gran parte volontaria, tra gli Stati membri dell'UE a 27; una condivisione della sicurezza e della difesa, instaurando nel settore una solidarietà finanziaria e operativa maggiore; la realizzazione di una sicurezza ed una difesa comuni.

Tale "unione della sicurezza e della difesa" muoverebbe dai fattori strategici, economici e tecnologici esistenti su scala mondiale ma anche dall'impulso politico verso una sicurezza ed una difesa comuni in Europa sollecitato dai cittadini europei;

5)    futuro delle finanze dell'Unione europea, pubblicato il 28 giugno 2017, che viene illustrato in dettaglio nel capitolo che segue, e sul quale dovrebbe imperniarsi l'audizione del Commissario Oettinger.

 

 

4. Il documento di riflessione sul futuro delle finanze dell'Unione europea

 

Ultimo del pacchetto di documenti predisposti dalla Commissione europea in coda al Libro bianco sul futuro dell'UE, il documento di riflessione sulle finanze è suddiviso in sei paragrafi, corrispondenti a due parti distinte.

 

Nella prima parte del documento (paragrafi 1-3) viene tracciata una rapida evoluzione delle finanze dell'Unione, se ne illustra il valore aggiunto e si individuano le principali tendenze e sfide emerse, soprattutto nel corso dell'attuale Quadro finanziario. Nella seconda parte (paragrafi 4-6) si illustrano le possibili opzioni per il futuro delle finanze dell'UE, i possibili scenari per l'Unione a 27 e si traggono alcune conclusioni, volte a sollecitare il dibattito pubblico.

 

4.1 Le finanze dell'Unione: evoluzione, tendenze e sfide

 

Il bilancio dell'UE rappresenta circa l'1% del reddito nazionale lordo (RNL) complessivo degli Stati membri, e come tale è relativamente modesto. Come osserva la Commissione nella breve nota introduttiva al documento di riflessione, su ogni 100 euro guadagnati il cittadino europeo paga in media ben 50 euro di tasse e contributi, di cui appena un euro va a finanziare il bilancio dell'Unione.

 

Nel tempo, la composizione del bilancio si è evoluta, ma pur essendo diminuita nel tempo, la percentuale della spesa destinata alle due rubriche "storiche" - la PAC e la Politica di coesione - rimane al di sopra del 70% del totale. La spesa è sempre più indirizzata verso settori quali la ricerca, le reti transeuropee e l'azione esterna, nonché, più in generale, verso i programmi gestiti direttamente a livello europeo.

 

A partire dal 2008, il bilancio UE si è altresì dimostrato un valido strumento per sostenere gli investimenti, in picchiata per effetto della crisi economica. "Con i bilanci nazionali di molti Stati membri messi sotto forte pressione, il bilancio dell'UE, e in particolare la politica di coesione, sono diventati un'importante fonte di investimenti a favore della crescita".

 

Il bilancio dell'UE ha sostenuto altresì la risposta europea alla crisi dei rifugiati e alla minaccia della criminalità organizzata e del terrorismo. I finanziamenti destinati alla sicurezza e alla migrazione sono stati raddoppiati per sostenere, ad esempio, la nuova guardia di frontiera e costiera europea, e per aiutare gli Stati membri che ricevono un significativo afflusso di rifugiati. La risposta a queste crisi ha peraltro messo a dura prova la flessibilità di bilancio, rendendo indispensabile una revisione del QFP volta a rifinanziare gli interventi connessi alla dimensione interna ed esterna delle politiche migratorie (v. infra).

 

Per quanto concerne invece le modalità di finanziamento del bilancio dell'UE, esse si basano su tre tipi di risorse proprie: i contributi degli Stati membri sulla base del loro livello di reddito, misurato dal reddito nazionale lordo, i contributi basati sull'IVA e i dazi doganali riscossi alle frontiere esterne dell'Unione.

 

Negli anni è stata però introdotta una serie di adeguamenti e correzioni, in quanto alcuni Stati membri ritenevano che i loro contributi al bilancio dell'UE fossero eccessivi rispetto a quanto ricevevano, con il risultato di rendere il regime di finanziamento dell'UE eccessivamente complesso e poco trasparente, oltre a rafforzare la falsa convinzione secondo cui "il valore di bilancio dell'UE per uno Stato membro può essere misurato in base al saldo netto tra i contributi versati e i fondi ricevuti. Si trascura così l'essenza di un bilancio modernizzato dell'UE: il valore aggiunto derivante dalla messa in comune delle risorse e dal conseguimento di risultati che le spese nazionali non coordinate non possono conseguire".

 

Il documento di riflessione, sottolineata la centralità del concetto di valore aggiunto del bilancio dell'UE, "che consiste da un lato nel conseguimento degli obiettivi fissati nel trattato e, dall'altro, nella definizione di un bilancio che preveda beni pubblici di dimensione europea o contribuisca a difendere le nostre libertà fondamentali, il mercato unico o l'unione economica e monetaria", procede a illustrare le tendenze e le sfide cui le finanze dell'Unione saranno chiamate a rispondere, e che sono così elencate:

-        Sicurezza e incolumità per i cittadini dell'Unione. Sarà necessario decidere quel è il ruolo che il bilancio dell'UE potrebbe svolgere nel sostenere l'azione dell'Unione per creare lo spazio di libertà, sicurezza e il ruolo che potrebbe svolgere tra l'altro nell'attuazione della Strategia globale per la politica estera e di sicurezza e nello sviluppo di una politica di difesa comune per affrontare le nuove minacce e quelle esistenti, sia fisiche che informatiche;

-        Forza economica, sostenibilità e solidarietà. Il bilancio dell'UE dovrebbe continuare a rendere l'economia europea più forte e più resiliente promuovendo la competitività a lungo termine, la sostenibilità e la solidarietà, e affrontando le sfide che le società europee si trovano davanti: dalla disoccupazione giovanile all'invecchiamento demografico, passando per il cambiamento climatico, l'inquinamento, l'energia sostenibile e la migrazione. In questo quadro si collocano, tra l'altro, l'impegno politico di destinare almeno il 20% del bilancio dell'UE 2014-2020 all'azione per il clima, e l'impegno a raggiungere lo 0,7% del RNL come aiuto pubblico allo sviluppo nel quadro dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

Il documento di riflessione ricorda poi come la spesa dell'UE per le questioni sociali, dal mercato del lavoro alla riduzione della povertà, dall'inclusione sociale all'istruzione, rappresenti attualmente "solo lo 0,3% del totale della spesa pubblica per il sociale dell'UE", che rimarrà anche in futuro in larga parte competenza degli Stati membri, ma segnala comunque che, nel documento sulla dimensione sociale dell'Europa prodotto dalla stessa Commissione, sono indicati taluni ambiti in cui l'UE potrebbe apportare un maggiore contributo finanziario in futuro.

Viene infine richiamato il documento di riflessione sull'approfondimento dell'Unione economica e monetaria, con particolare riferimento all'opportunità di istituire una funzione di stabilizzazione macroeconomica e di individuare i mezzi per conseguire una maggiore convergenza all'interno dell'UE;

-        Investimenti in beni pubblici gestiti direttamente a livello europeo. Nell'attuale QFP, circa il 13% del bilancio dell'UE sostiene le priorità essenziali per la crescita sostenibile attraverso programmi o progetti gestiti direttamente o indirettamente a livello europeo: dal Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) a Orizzonte 2020 per la ricerca; dal Meccanismo per collegare l'Europa a Erasmus +; dal programma COSME per la piccola e media impresa a Galileo e Copernicus. Si tratta di programmi che sono diventati veri e propri "biglietti da visita" dell'UE, e sui quali sarebbe opportuno avviare una riflessione che attiene alla possibilità di aumentarne la dotazione finanziaria e di assicurare che si rafforzino reciprocamente anziché rischiare di sovrapporsi.

La politica di coesione rappresenta il mezzo principale per promuovere una convergenza e una resilienza economica di lunga durata, e unitamente al cofinanziamento nazionale sarà in grado di mobilitare, per l'intero periodo di programmazione 2014-2020, più di 480 miliardi. A un risultato globalmente positivo corrisponde tuttavia la necessità di procedere a riforme significative, e in diversi ambiti.

In primo luogo, negli ultimi anni la politica di coesione ha compensato efficacemente il calo degli investimenti nazionali e regionali dovuto alla crisi, contribuendo a prevenire gravi perturbazioni, ma il conseguente aumento dei tassi di cofinanziamento da parte del bilancio dell'UE ha ridotto lo sforzo complessivo di investimento.

In secondo luogo, benché la politica di coesione abbia risposto alla crisi aumentando il livello di cofinanziamento e modificando i programmi per adattarli alle mutate esigenze socioeconomiche, rimane necessario valutare più a fondo in quale modo tale politica possa permettere di prepararsi e reagire a sviluppi imprevisti, crisi e cambiamenti della società.

In terzo luogo, potrebbe essere necessario rafforzare il collegamento con la governance economica e il semestre europeo, per semplificare il sistema e renderlo trasparente e fornire incentivi positivi all'attuazione di riforme concrete volte a promuovere la convergenza.

Infine, la pluralità dei livelli di controllo e la complessità burocratica rende difficile per i beneficiari accedere ai fondi e realizzare i progetti in tempi rapidi.

La politica agricola, nell'attuale QFP, mobiliterà circa 400 miliardi per finanziare misure di mercato e pagamenti diretti per gli agricoltori, nonché programmi di sviluppo rurale. Anche e a maggior ragione in tale settore è necessario un processo di ripensamento e di riforma, legato, tra l'altro, al persistere di "enormi differenze in termini di sviluppo", e vi è una crescente richiesta di "orientare ulteriormente la politica agricola comune verso la fornitura di beni pubblici connessi alla tutela dell'ambiente e all'azione per il clima", il che richiederebbe misure di sostegno più mirate e calibrate su scala regionale.

Per quanto attiene alla gestione della migrazione, tematica che si è fatta di particolare urgenza dopo l'approvazione dell'attuale QFP e in particolare a partire dal 2014, l'attuale bilancio dell'UE fornisce sostegno agli Stati membri nello sviluppo di quadri adeguati per l'accoglienza e la protezione, affrontando le cause profonde della migrazione e salvaguardando l'area Schengen. "Oltre 17 miliardi di euro, che corrispondono al 3,7% del bilancio totale dell'UE, sono stati destinati alla gestione di queste sfide nel periodo 2015-2017".

Infine, l'azione esterna dell'Unione è finanziata per un ammontare complessivo di 96,5 miliardi, di cui 30,5 destinati al Fondo europeo di sviluppo (FES) per i partner dell'Africa, del Pacifico e dei Caraibi (fuori bilancio). Il bilancio dell'UE dedica dunque circa il 6% dell'attuale QFP all'azione esterna: le maggiori dotazioni finanziarie sono assegnate allo strumento per la cooperazione allo sviluppo (19,7 miliardi), allo strumento europeo di vicinato (15,4 miliardi) e allo strumento di assistenza preadesione (11,7 miliardi), mentre 8 miliardi circa sono destinati agli aiuti umanitari.

 

4.2 Opzioni per il futuro delle finanze dell'Unione

 

Il documento di riflessione evidenzia preliminarmente che il ritiro del Regno Unito, assieme al finanziamento delle nuove priorità, determinerà un deficit nelle finanze UE. Ne deriverà la necessità, al livello politico, di scelte - definite "difficili" - che a giudizio della Commissione dovranno ruotare attorno ai seguenti centri focali:

1)    fare fronte alle tendenze attuali ed alle nuove sfide e specificamente:

-        ridurre le divergenze economiche e sociali fra gli Stati membri e al loro interno, soprattutto nella zona euro, anche mediante un investimento sulle persone;

-        un Fondo europeo della difesa, per il quale si prevede un contributo di 1,5 miliardi di euro provenienti dal bilancio UE;

-        incentivi per sostenere le riforme strutturali, così da incoraggiare politiche ed azioni europee in linea con le raccomandazioni specifiche per paese nell'ambito del semestre europeo. E' in corso un dibattito sull'opportunità di subordinare l'esborso dei fondi UE alla situazione relativa allo stato di diritto negli Stati membri;

-        l'introduzione di una funzione di stabilizzazione macroeconomica che protegga dagli shock asimmetrici, che colpiscono i vari Paesi in modo diverso. Si discute se essa debba essere collegata ad una nuova capacità di bilancio incentrata solo sulla zona euro;

-        effettuare la transizione verso nuovi modelli di crescita sostenibile che fondano considerazioni economiche, sociali e ambientali in un insieme coerente ed integrato. I relativi investimenti sarebbero in gran parte destinati alle infrastrutture energetiche a basso tenore di carbonio;

-        riconsiderazione di tutti i programmi o gli strumenti finanziati dal bilancio UE alla luce del valore aggiunto europeo;

-        ridurre il numero di strumenti per le politiche esterne, aumentandone però la flessibilità. In particolare, è allo studio l'ipotesi di incorporare il Fondo europeo di sviluppo (FES) nel bilancio dell'Unione europea e nel Quadro Finanziario Pluriennale;

-        garantire una funzione pubblica europea forte ed efficiente, in grado di attrarre giovani di talento da tutta l'Unione, che possano realizzare le priorità emergenti dal processo di riflessione in corso;

2)    riformare la politica agricola comune. E' in corso un dibattito mirato a rafforzarne l'efficienza e l'equità, modernizzarla e semplificarla. Tra le ipotesi formulate, si segnalano:

-        la garanzia di un reddito nelle zone marginali e nelle aziende agricole più povere, riducendo i pagamenti diretti per le aziende agricole di grandi dimensioni;

-        l'introduzione di un grado di cofinanziamento nazionale dei pagamenti diretti per mantenere i livelli complessivi dell'attuale sostegno;

-        la previsione di strumenti di gestione dei rischi;

-        l'introduzione di incentivi positivi su base contrattuale affinché gli agricoltori investano nelle nuove tecnologie e nella protezione dell'ambiente nell'ambito della politica di sviluppo rurale;

3)    riformare la politica di coesione secondo le seguenti direttive:

-        maggiore flessibilità di fronte alle nuove sfide, ad esempio mediante una capacità non assegnata o un collegamento più stretto con il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione;

-        una più rapida attuazione ed una transizione più fluida tra i periodi di programmazione;

-        il rafforzamento della capacità amministrativa;

-        l'innalzamento dei livelli di co-finanziamento nazionale, calibrandoli meglio sui diversi paesi e regioni;

-        la creazione di un singolo fondo d'investimento o di un unico insieme di norme per i fondi esistenti;

-        la revisione dell'attuale sistema di assegnazione dei fondi aggiungendo nuovi criteri, ad esempio collegati alle sfide che l'Europa deve affrontare.

 

Ai fini dell'elaborazione del futuro bilancio, la Commissione europea indica i seguenti principi base:

1)    i finanziamenti dovrebbero essere concentrati nei settori aventi il valore aggiunto UE più elevato;

2)    rendicontabilità, nel senso di adozione mediante un processo democratico e trasparente;

3)    maggiore flessibilità in un quadro di riferimento stabile;

4)    regole semplificate, auspicabilmente mediante l'adozione di un corpus unico di norme.

 

Ai fini dell'elaborazione del bilancio, si evidenzia ancora l'opportunità di:

1)    coniugare stabilità e flessibilità, ad esempio limitando la durata del QFP in modo da assicurare maggiore flessibilità in caso di sviluppi imprevisti. Si ipotizzano una durata quinquennale (più coerente con i mandati del Parlamento europeo e della Commissione, e che collocherebbe più chiaramente il bilancio dell'UE al centro della politica europea) o una cornice di 5 + 5 anni con riesame intermedio obbligatorio. Una riserva di crisi, finanziata con i fondi non utilizzati provenienti dagli esercizi precedenti, potrebbe fornire "potenza aggiuntiva in circostanze eccezionali";

2)    integrare strumenti finanziari - quali garanzie, prestiti e capitale azionario - in un unico Fondo, che dovrebbe essere complementare a eventuali strumenti analoghi gestiti dagli Stati membri;

3)    semplificare il bilancio e la sua esecuzione, poiché la complessità normativa comporta errori e costi maggiori per i destinatari finali ed aumenta i rischi di inadempienza. Si ribadisce la necessità di riduzione degli adempimenti burocratici, anche in relazione ai controlli.

 

Per quanto concerne le entrate, la Commissione europea rileva preliminarmente che l'attuale approccio al finanziamento è estremamente complesso, opaco e denso di meccanismi correttivi. Ne auspica la trasformazione in senso più semplice, equo e trasparente. Dopo avere citato espressamente la relazione finale del gruppo di alto livello sulle risorse proprie (si veda il par. 2 del presente dossier), la Commissione elenca le seguenti opzioni per un regime delle risorse proprie:

1)    riforma e semplificazione dell'attuale risorsa propria basata sull'IVA;

2)    abolizione dei correttivi nazionali;

3)    elaborazione di risorse proprie per le politiche fondamentali;

4)    possibile adozione come risorse proprie di una percentuale della base imponibile comune per l'imposta sulle società o della tassazione delle transazioni finanziarie;

5)    possibile adozione come base delle risorse proprie delle entrate provenienti dal signoraggio (generate dall'emissione di moneta);

6)    possibile adozione come risorse proprie dei proventi diretti delle politiche e competenze dell'UE;

7)    attenzione a trasparenza, semplicità, stabilità, coerenza con gli obiettivi strategici dell'Unione, impatto sulla competitività e sulla crescita sostenibile nonché all'equa ripartizione fra gli Stati membri.

 

La Commissione europea sintetizza quindi in maniera schematica, sulla base della classificazione già proposta nel "Libro bianco", i possibili scenari che le finanze dell'UE potrebbero assumere a seconda delle scelte politiche che gli Stati membri saranno chiamati a compiere. E' anche in questo caso valida l'avvertenza secondo la quale gli scenari hanno mero carattere illustrativo: non si escludono a vicenda né hanno pretesa alcuna di esaustività.

Fonte: Commissione europea

 

In questo primo scenario l'UE a 27 continuerebbe ad attuare il proprio programma positivo di riforme.

Fonte: Commissione europea

 

Il secondo scenario vedrebbe l'UE a 27 realizzare di meno, insieme, in tutti i settori.

Fonte: Commissione europea

 

Nell'ipotesi "Alcuni fanno di più" verrebbe consentito a gruppi di Stati membri di fare di più, assieme, in settori specifici.

 Fonte: Commissione europea

 

Lo scenario 4 sarebbe caratterizzato dalla possibilità di scegliere alcuni ambiti in cui realizzare di più facendo, invece, meno in altri.

Fonte: Commissione europea

 

In quest'ultima ipotesi l'UE a 27 deciderebbe di realizzare di più, assieme, in tutti i settori.

In ogni caso - ed indipendentemente dallo scenario di riferimento - il documento di riflessione elenca le seguenti questioni orizzontali:

1)    un utilizzo quanto più efficiente possibile dei fondi UE;

2)    un'esigenza generale di semplificazione;

3)    flessibilità per reagire a importanti sviluppi imprevisti e necessità inaspettate;

4)    abolizione dei contributi degli Stati membri e della rendicontazione dei saldi netti. Quest' ultima, qualora non abbandonata, dovrebbe essere comunque migliorata significativamente per quanto riguarda la metodologia affinché rispecchi meglio la realtà e il trattamento nazionale dei contributi al bilancio dell'UE.

 

Segue, infine, un prospetto riepilogativo dell'impatto atteso dei cinque scenari sui macro-settori di spesa dell'Unione europea.

 

Fonte: Commissione europea

 

 



[1] Per maggiori dettagli sull'operato del Gruppo di alto livello sulle risorse proprie si rinvia alla Nota UE n. 84, curata dal Servizio studi del Senato della Repubblica.

[2] Il "valore aggiunto europeo" consiste nel valore aggiunto che deriva dall'intervento unitario dell'Unione rispetto all'ipotesi dell'intervento degli Stati membri singolarmente.

[3] Un'operazione di questo tipo può essere facilitata dall'imminente uscita del Regno Unito dall'UE, che comporterà la discontinuità del meccanismo di compensazione nazionale elaborato a favore di quel Paese. Si tratta, in particolare, del cosiddetto "UK rebate", in virtù del quale al Regno Unito veniva rimborsata una percentuale della differenza tra il proprio contributo e ciò che veniva assegnato al Paese sulla base del bilancio.

[4] Per una descrizione più dettagliata  sul contenuto del Libro bianco per il futuro dell'Europa, si rinvia alla Nota UE n. 96 a cura del Servizio studi del Senato della Repubblica.