Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Audizione del Vice Presidente della Commissione europea, Andrus Ansip, sulle strategie dell'Unione europea per il mercato unico digitale Roma, 14 luglio 2016
Serie: Documentazione per le Commissioni - Audizioni e incontri con rappresentanti dell'UE    Numero: 39
Data: 11/07/2016
Descrittori:
COMMISSIONE DELL' UNIONE EUROPEA   COOPERAZIONE ECONOMICA
PRESIDENTI E VICE PRESIDENTI   TELECOMUNICAZIONI
UNIONE EUROPEA     

        

 

 

Documentazione per le Commissioni

audizioni e incontri in ambito ue

 

 

 

Audizione del Vice Presidente della Commissione europea, Andrus Ansip, sulle strategie dell’Unione europea per il mercato unico digitale

 

Roma, 14 luglio 2016

 

 

 

 

Senato della Repubblica

Servizio Studi                  Dossier europei

n. 31

Camera dei deputati

Ufficio Rapporti con l’Unione europea

n. 39

 


 

 

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INDICE

Schede di lettura   1

Competenze del Vicepresidente della Commissione europea, andrus Ansip   3

Il mercato unico digitale   5

La situazione italiana (DESI 2016) 8

Le proposte presentate  10

Portabilità transfrontaliera dei contenuti digitali 10

Spettro radio  11

Contratti nel settore digitale  12

Cloud computing  15

Normazione delle TIC   16

E-Government 18

Cybersicurezza  20

Commercio elettronico transfrontaliero  21

I geoblocchi 23

Consegna transfrontaliera dei pacchi 25

Tutela dei consumatori 26

Le piattaforme online  30

Diritto d’autore  32

Audiovisivi 32

 


 



Schede di lettura




Competenze del Vicepresidente della Commissione europea, andrus Ansip

In base alla lettera di incarico conferita dal Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, al momento della costituzione della Commissione stessa, Andrus Ansip (Estonia, ALDE) è Commissario competente per il mercato unico digitale. Rientrano pertanto nelle sue funzioni le seguenti materie:

·       riforma in materia di telecomunicazioni;

·       modernizzazione delle regole sul diritto d'autore alla luce della rivoluzione digitale;

·       modernizzazione e semplificazione delle norme per gli acquisti online;

·       mobilitazione investimenti pubblici e privati per infrastrutture come le reti a banda larga;

·       lotta contro la criminalità informatica;

·       sostegno allo sviluppo delle industrie creative;

·       promozione della digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni, (e-government), favorendo l’interoperabilità e lo scambio di informazioni tra le amministrazioni egli Stati membri.

Il Commissario Ansip è altresì Vicepresidente della Commissione europea. In tale veste, svolge funzioni di indirizzo e coordinamento dell'attività dei seguenti sette Commissari:

·       Günther H. Oettinger (responsabile per l’economia digitale);

·       Elżbieta Bieńkowska (mercato interno, industria, imprenditoria e PMI);

·       Marianne Thyssen (occupazione, affari sociali, competenze e mobilità dei lavoratori);

·       Věra Jourová (giustizia, consumatori e parità di genere);

·       Pierre Moscovici (responsabile per gli affari economici e finanziari);

·       Corina Creţu (politica regionale);

·       Phil Hogan (agricoltura e sviluppo rurale).


 

Il mercato unico digitale

Il 6 maggio 2015 la Commissione europea ha presentato la Comunicazione (COM(2015)192), recante la “Strategia per il mercato unico digitale in Europa”. Il mercato unico digitale viene definito come un mercato in cui, indipendentemente dalla cittadinanza o dal luogo di residenza, persone e imprese non incontrano ostacoli all’accesso e all’esercizio delle attività online, in condizioni di concorrenza leale e con un livello elevato di protezione dei consumatori e dei dati personali.

La strategia si propone l’abbattimento delle barriere e della frammentazione esistenti all’interno dell’Unione europea.

Nelle previsioni della Commissione, la realizzazione del mercato unico digitale potrebbe determinare un aumento del PIL europeo di 415 miliardi di euro. Inoltre, esso creerebbe opportunità per nuove start-up e consentirebbe alle imprese esistenti di crescere.

La comunicazione si inserisce nell’ambito della Strategia Europa 2020 “Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva” (COM(2010)2020), che ha introdotto l'Agenda digitale europea (COM/2010/0245) come una delle sette iniziative faro. L'obiettivo è trarre vantaggi sostenibili da un mercato unico del digitale basato sull'Internet veloce e superveloce e su applicazioni interoperabili, garantendo a tutti l'accesso alla banda larga entro il 2013 e l'accesso a velocità di Internet superiori (30 Mbps o più) entro il 2020, assicurando che almeno il 50% delle famiglie europee acceda a connessioni Internet di oltre 100 Mbps, tramite reti di accesso di nuova generazione (NGA).

In particolare, la strategia si propone i seguenti obiettivi:

·       ritiene necessaria un’azione immediata per abbattere le barriere che bloccano l’attività online transfrontaliera, tra cui le differenze normative tra gli Stati membri in materia di contratti e di diritto d’autore, nonché la diversa incidenza dell’onere dell’IVA;

·       sottolinea la necessità che il mercato digitale abbia a disposizione reti ad alta velocità efficienti, affidabili ed economicamente accessibili, che al contempo tutelino il consumatore sul piano della protezione dei dati personali;

·       si propone di ottimizzare il valore aggiunto dell’economia digitale; secondo i dati forniti dalla Commissione, ad oggi, solo l’11,7% delle imprese dell’UE utilizza le tecnologie digitali avanzate in tutte le loro possibilità, mentre il 41% non le usa affatto.

La digitalizzazione, inoltre, secondo la strategia, offre grandi possibilità anche ai comparti del trasporto (sistemi di trasporto intelligenti) e dell’energia (reti intelligenti, contatori intelligenti) e può rendere più inclusiva la società, rendendo accessibili ai cittadini tutti i benefici dei servizi digitali, in particolare nei rapporti con la pubblica amministrazione.

La comunicazione è stata esaminata dalle Commissioni riunite IX (Trasporti) e X (Attività produttive) della Camera, che hanno adottato un documento finale, in cui hanno formulato alcune osservazioni, con particolare riferimento alla necessità di: favorire gli investimenti pubblici e privati nelle infrastrutture digitali per sviluppare la banda ultra-larga o ultra veloce; garantire che la circolazione dei dati avvenga in un ambiente sicuro, con particolare riferimento ai cosiddetti big data; definire programmi di sostegno per gli investimenti, soprattutto per le PMI; promuovere e sostenere programmi europei e nazionali, avvalendosi degli strumenti offerti dalla linguistica computazionale, per rimuovere le barriere linguistiche; in materia di diritto d’autore, adottare le iniziative necessarie per superare il value gap tra le remunerazioni dei fornitori di servizi (provider, motori di ricerca, aggregatori, social network) e i fornitori di contenuti, con l’obiettivo di assicurare una adeguata remunerazione a tutti gli operatori dell’industria della cultura.

 

 

 

 

 

 

 

 

La comunicazione si conclude con una tabella di marcia per il completamento del mercato unico digitale, recante le azioni previste nell’ambito di ciascuno dei tre pilastri, con il relativo calendario.

 

Tabella di marcia per il completamento del mercato unico digitale

La situazione italiana (DESI 2016)

L’indice di digitalizzazione dell'economia e della società (DESI) è un indice elaborato dalla Commissione europea (DG CONNECT) per valutare lo stato di avanzamento degli Stati membri dell'UE verso un'economia e una società digitali.

Esso aggrega una serie di indicatori strutturati intorno a cinque dimensioni: connettività, capitale umano, uso di internet, integrazione delle tecnologie digitali e servizi pubblici digitali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'Italia, con un punteggio complessivo pari a 0,4 è al 25° posto nella classifica dei 28 Stati membri dell'UE. Nell'ultimo anno ha fatto pochi progressi in relazione alla maggior parte degli indicatori. Una delle eccezioni riguarda il ruolo maggiore del commercio elettronico nel fatturato delle PMI (8,2% del totale), ma l'industria italiana potrebbe trarre vantaggi da un uso più diffuso delle soluzioni di e-Business. La copertura delle reti NGA è passata dal 36% delle famiglie nel 2014 al 44% nel 2015, ma i progressi sono ancora troppo lenti, ostacolando anche la sottoscrizione di abbonamenti alla banda larga veloce (solo il 5,4% del totale, che è limitato al 53% delle famiglie).

 

 

 

 

 

 

 

 

L'assenza di competenze digitali di base è la ragione principale del basso tasso di adozione della banda larga fissa. In effetti, il 37% della popolazione non usa internet regolarmente e il restante 63% svolge poche attività complesse online. Per quanto riguarda, invece, i servizi pubblici digitali, l'Italia si avvicina alla media dell'UE.

L'Italia fa parte del gruppo di paesi che stanno recuperando il ritardo, sebbene le sue prestazioni siano ancora inferiori a quelle dell'UE nel suo insieme. Nell'ultimo anno ha registrato rapidi progressi e si è avvicinata alla media dell'UE. Le prestazioni dell'Italia sono tuttavia ancora inferiori alla media del gruppo di paesi in fase di recupero (Croazia, Lettonia, Romania, Slovenia e Spagna).

 

 

 

 

 

 

 

Le proposte presentate

Portabilità transfrontaliera dei contenuti digitali

Il 9 dicembre 2015 la Commissione europea ha presentato la proposta di regolamento COM(2015)627, in materia di portabilità transfrontaliera dei servizi di contenuti online nel mercato interno. In particolare, la proposta intende garantire che gli abbonati a servizi di contenuti online nell'Unione, anche quando siano temporaneamente presenti in uno Stato membro diverso da quello di residenza, abbiano comunque accesso a tali servizi e possano fruirne.

Sulla proposta le Commissioni riunite IX (Trasporti) e X (Attività produttive) della Camera hanno adottato un documento finale in cui hanno formulato alcune osservazioni, con particolare riferimento alla necessità di definire puntualmente il concetto di temporaneità della presenza in altro Stato membro sulla base di criteri inequivoci, al fine di evitare incertezze in sede di applicazione della norma, che potrebbe prestarsi a interpretazioni differenti tra diversi Stati membri, inficiando in tal modo l’obiettivo di un approccio comune.

La proposta è stata esaminata anche dall'8a Commissione (Lavori pubblici) del Senato che ha approvato una risoluzione (DOC XVIII n. 104) nella quale ha espresso un parere favorevole formulando osservazioni relative alla possibilità di accelerare l'entrata in vigore del nuovo regolamento e all'auspicio che anche gli ulteriori interventi finalizzati alla realizzazione della Strategia per il mercato unico digitale siano adottati attraverso proposte normative che garantiscano la massima uniformità e parità di condizioni tra i vari Stati membri.

Il 26 maggio 2016 il Consiglio dell’UE ha convenuto un orientamento generale sul progetto di regolamento. Tuttavia, sono rimaste ancora due questioni in sospeso: la definizione di presenza temporanea e l'esenzione dalla verifica della residenza dell’abbonato. Alcune delegazioni hanno chiesto, infatti, di definire il concetto di presenza temporanea sulla base di un criterio temporale e di esentare i fornitori di servizi di contenuti online dall’obbligo di verificare lo Stato membro di residenza dei propri abbonati. Il Parlamento europeo non ha ancora concluso l’esame della proposta; il progetto di relazione contiene un riferimento alla transitorietà della presenza in altro Stato membro e una disciplina più dettagliata dei metodi di verifica della residenza dell’abbonato.

Spettro radio

La Commissione europea, lo scorso 2 febbraio, ha presentato una proposta di decisione COM(2016)43, riguardante in particolare la liberazione coordinata entro il 2020 della banda 694-790 MHz ("cosiddetta dei 700 MHz"), attualmente utilizzata prevalentemente per la televisione digitale terrestre (DTT). La banda dovrebbe essere utilizzata per garantire l'accesso a una velocità della banda larga di almeno 30 Mbit/s entro il 2020.

Lo spettro nella banda di frequenza dei 700 MHz, infatti, fornisce capacità aggiuntiva e copertura universale, in particolare nelle zone rurali e isolate, che pongono difficoltà dal punto di vista dei costi degli investimenti in infrastrutture.

I servizi di trasmissione continuerebbero a essere prioritari nella banda al di sotto dei 700 MHz almeno fino al 2030.

In Italia la banda 700 MHz è quasi completamente utilizzata per la televisione digitale terrestre. I diritti d’uso assegnati ai canali nazionali hanno durata ventennale e scadranno nel 2032. Il passaggio di queste frequenze ad altri utilizzi potrà avvenire, quindi, solo dopo la liberazione della banda dai servizi televisivi.

Sulla proposta la IX Commissione (Trasporti) della Camera ha adottato un documento finale, in cui ha formulato alcune osservazioni con particolare riferimento alla necessità di una proroga del termine per la liberazione della banda al 2022, in linea con il rapporto dell’ex Commissario Pascal Lamy, incaricato di presiedere un gruppo di alto livello composto da rappresentanti dei settori dei servizi mobili, dei servizi di trasmissione e dei media per giungere a una posizione comune sull'uso della banda UHF.

Anche l'8a Commissione (Lavori pubblici) del Senato ha approvato una risoluzione sulla proposta (DOC XVIII n. 113) nella quale ha espresso un parere contrario rispetto al principio di proporzionalità e favorevole nel merito, formulando alcune osservazioni riguardanti: la possibilità per gli Stati membri di ritardare il processo di transizione; la raccomandazione alle istituzioni UE di adottare ogni misura utile a facilitare la rapida definizione dei necessari accordi di coordinamento transfrontaliero; l'opportunità di valutare caso per caso la possibilità di utilizzare la banda di frequenza 470-694 MHz anche per servizi di downlink; la possibilità di prendere in considerazione forme di compensazione per i costi di acquisto dei nuovi apparecchi televisivi da parte delle persone economicamente svantaggiate.

Il 26 maggio 2016 il Consiglio dell’UE ha adottato un orientamento generale sulla proposta di decisione in base al quale gli Stati membri devono riassegnare la banda dei 700 MHz (694-790 MHz) ai servizi a banda larga senza fili entro il 30 giugno 2020. Qualora non siano in grado di farlo possono decidere, per motivi debitamente giustificati, di ritardare la disponibilità della banda fino a due anni. I motivi di un tale ritardo potrebbero includere, ad esempio, interferenze dannose o problemi di coordinamento transfrontaliero irrisolti. Gli Stati membri devono adottare entro il 30 giugno 2018 una "tabella di marcia nazionale", in cui stabiliranno come intendano dare attuazione alla decisione. Le tabelle di marcia saranno pubbliche. Il Parlamento europeo non ha ancora concluso l’esame, tuttavia il progetto di relazione della relatrice Toia va nella stessa direzione dell’orientamento del Consiglio in merito al prolungamento dei termini.

Contratti nel settore digitale

Lo scorso 9 dicembre la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure concernenti i contratti nel settore digitale, che mira a sfruttare appieno il potenziale del commercio elettronico. Il pacchetto si compone di tre provvedimenti: una comunicazione (COM(633)2015), concernente i contratti nel settore digitale, e due proposte di direttiva (COM(634)2015 e COM(635)2015), riguardanti, rispettivamente, la fornitura di contenuti digitali e le vendite a distanza di beni materiali.

Le proposte di direttiva in esame hanno lo scopo di armonizzare determinati aspetti dei contratti di fornitura di contenuti digitali e di vendita a distanza di beni. In particolare, le proposte di direttiva recano alcune disposizioni sulla conformità del prodotto e sui rimedi a disposizione dei consumatori in caso di difetto di conformità con le previsioni contrattuali.

Il pacchetto di misure si propone di trovare un giusto equilibrio fra il riconoscimento di un elevato grado di protezione dei consumatori a livello europeo e lo stimolo alle attività commerciali delle imprese attraverso una completa armonizzazione delle norme. In tal modo, si prevede, da un lato, di accrescere la fiducia dei consumatori nei confronti delle vendite online e, dall’altro, di garantire alle imprese certezza giuridica e minori costi per la gestione del commercio transfrontaliero.

Dai dati forniti dalla Commissione europea, risulta che l'economia di Internet crea 2,6 posti di lavoro per ciascun posto di lavoro andato perduto nei settori "tradizionali" e amplia la scelta dei consumatori, anche nelle zone rurali o isolate. I risparmi realizzati grazie ai prezzi inferiori praticati online e alla più ampia scelta di prodotti e servizi disponibili sono stimati in 11,7 miliardi di euro, ossia lo 0,12% del PIL europeo. Se il commercio elettronico rappresentasse il 15% del commercio al dettaglio e se gli ostacoli al mercato interno fossero eliminati, i risparmi per i consumatori potrebbero toccare i 204 miliardi di euro, ossia l'1,7% del PIL europeo.

Per quanto concerne, invece, l’impatto dell’e-commerce sull’economia europea, dai dati riportati dalla Commissione, emerge che:

·       la quota dell’Internet economy europea è pari al 2,45% del prodotto interno lordo dell’EU, una percentuale che si prevede si raddoppierà nel 2016 e quasi triplicherà nel 2020;

·       i posti di lavoro direttamente o indirettamente connessi con l’economia digitale ammontano a circa 2,5 milioni e sono destinati a crescere;

·       secondo i dati forniti dalle associazioni nazionali di commercio elettronico, i siti Internet di e-commerce alla fine del 2014 hanno raggiunto la cifra di circa 715.000, crescendo ad un ritmo del 15% per anno.

Impatto sull’occupazione

Dal punto di vista dell’impatto sull’occupazione, secondo le stime della Commissione, livelli più elevati di attività economica dovrebbero avere un effetto positivo sui livelli di occupazione nell'UE: si presume che un aumento permanente del PIL dell'UE di 4 miliardi di euro all'anno porterebbe ad un aumento netto dell'occupazione nell'ordine di grandezza di circa 60.000 posti di lavoro.

Nel contesto della valutazione d'impatto, la Commissione non ritiene possibile allocare gli effetti occupazionali stimati tra i diversi settori dell'economia. Tuttavia, essa suppone che un’ulteriore crescita delle vendite online potrebbe in qualche misura avere un effetto negativo sui “negozi fisici”. Questa, peraltro, è considerata una tendenza già riscontrata derivante dalla digitalizzazione e dalla diffusione di Internet. Infatti, secondo le stime riportate nella valutazione d’impatto, la rapida crescita delle vendite online avrebbe comportato una riduzione delle vendite in-store nel 2015 sia in Europa (-1,4%) sia negli Stati Uniti (-1,9%). Comunque, l’online continuerebbe ad essere solo un canale di distribuzione. Infatti, modelli di business multicanale o omni-canale sono sempre più applicati dalle imprese che operano online, così come nei negozi fisici.

Per quanto riguarda segnatamente le ripercussioni sui livelli occupazionali, occorrerebbe valutare anche quali sarebbero, per altro verso, i posti di lavoro che potrebbero venire meno per effetto dell’espansione degli acquisti digitali transfrontalieri presso imprese di altri Stati membri, anche in considerazione del differenziale di sviluppo del mercato digitale.

Sulle proposte le Commissioni riunite IX (Trasporti) e X (Attività produttive) della Camera hanno adottato un documento finale, in cui hanno formulato alcune osservazioni, con particolare riferimento alla necessità che vengano tutelati i dati personali – in particolare dei minori - da pratiche di profilazione commerciale e che l’armonizzazione delle regole a livello europeo non comporti un arretramento del livello di protezione dei consumatori rispetto alle attuali discipline nazionali. Inoltre, si fa riferimento alla necessità di: estendere il risarcimento del danno anche alle componenti non patrimoniali dello stesso; garantire servizi elettronici plurilingue avvalendosi degli strumenti offerti dalla linguistica computazionale, al fine di superare le barriere linguistiche; garantire che i costi di adeguamento alle nuove norme a carico dei fornitori non vengano trasferiti sui consumatori finali.

Anche la 10a Commissione (Industria) del Senato ha approvato una risoluzione sulle due proposte (DOC. XVIII n. 107) nella quale si è espressa in senso favorevole sulle due proposte, formulando alcune osservazioni riguardanti, tra l'altro, la necessità di assicurare la coerenza della proposta in esame con la direttiva 2011/83/UE e di chiarire alcuni aspetti relativi al diritto al risarcimento del danno.

Cloud computing

Il 19 aprile scorso la Commissione europea ha presentato una comunicazione recante un’”Iniziativa europea per il cloud computingCOM(2016)178. L’iniziativa è volta a rafforzare l’interconnessione delle infrastrutture di ricerca esistenti, puntando alla creazione di un European Open Science Cloud, ovvero uno spazio di archiviazione accessibile grazie ad Internet, per offrire a ricercatori e professionisti un ambiente virtuale aperto e fruibile gratuitamente per l'archiviazione, la gestione, l'analisi e il riutilizzo dei dati della ricerca, a livello trasversale tra paesi e discipline scientifiche. In tal modo, l’iniziativa intende rendere l'accesso ai dati scientifici più semplice, meno costoso e più efficiente e porre le basi per la creazione di nuove opportunità di mercato e nuove soluzioni, in particolare, in settori come la sanità, l'ambiente e i trasporti. Il cloud europeo per la scienza aperta sarà, inoltre, finalizzato all’istruzione e alla formazione professionale nel quadro dell’insegnamento superiore e, nel tempo, si estenderà a utenti istituzionali e commerciali.

Il cloud sarà sostenuto da un’infrastruttura europea (European Data Infrastructure), che dovrebbe assicurare reti a banda ultralarga, impianti di archiviazione su larga scala e supercomputer necessari ad accedere in modo veloce ai dati memorizzati. Secondo le stime della Commissione, il cloud dovrebbe riguardare 1,7 milioni di ricercatori e 70 milioni di professionisti della scienza e della tecnologia.

L'iniziativa europea per il cloud computing si fonda sui risultati della Strategia europea per il cloud computing, nella quale la Commissione europea prevede che l’attuazione di politiche a sostegno del cloud pubblico, nel 2020, potrebbe aumentare di 250 miliardi di euro il PIL europeo, contro una previsione di 88 miliardi di euro in assenza di tecnologie cloud. Inoltre, sempre secondo gli studi commissionati dalla Commissione europea, dal 2015 al 2020, verrebbe generato un impatto cumulativo supplementare pari a 600 miliardi di euro, con una ricaduta positiva anche in termini di 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro.

Il cloud europeo per la scienza aperta mira a conferire all'Ue un ruolo guida nella infrastrutturazione per i dati scientifici ed è considerato come un’opportunità per rivitalizzare il settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e di incoraggiare la concorrenza in un settore dominato dalle grandi compagnie americane.

Gli investimenti pubblici e privati necessari per realizzare l'iniziativa europea per il cloud sono stimati in 6,7 miliardi di euro, di cui 2 miliardi di euro a titolo di Horizon 2020 e 4,7 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati aggiuntivi, di cui 3,5 miliardi di euro per l'infrastruttura di dati, 1 miliardo di euro per un'iniziativa faro nell'ambito delle tecnologie quantistiche su larga scala e 0,2 miliardi di euro per azioni volte ad ampliare l'accesso e rafforzare la fiducia.

La comunicazione è all’esame delle Commissioni riunite IX (Trasporti) e X (Attività produttive) della Camera, che ne hanno avviato l’esame lo scorso 29 giugno 2016.

Normazione delle TIC

Lo scorso 19 aprile la commissione europea ha presentato una comunicazione recante “Priorità per la normazione delle TIC per il mercato unico digitale COM(2016)176, che mira a sviluppare norme tecniche comuni, al fine di consentire che dispositivi connessi (telefoni, computer e sensori) possano comunicare in modo sicuro e senza difficoltà, indipendentemente dal produttore, dai dettagli tecnici o dal Paese d’origine.

In particolare, la Commissione si concentra su cinque settori prioritari: cloud computing, Internet of things, 5G, cybersicurezza e tecnologie dei dati.

Viene preannunciato, inoltre, il cofinanziamento di prove e sperimentazioni di tecnologie per accelerare l’elaborazione delle norme tecniche, anche attraverso partenariati pubblico-privato, per garantire la definizione di norme tecniche atte a stimolare l’innovazione e la crescita delle imprese.

Le norme europee sono adottate dagli organismi di normazione europei, ossia il Comitato europeo di normazione (CEN) e il Comitato europeo di normazione elettrotecnica (Cenelec), basati sul principio della rappresentanza nazionale, e l’Istituto europeo per le norme di telecomunicazione (ETSI).

Gli organismi di normazione nazionali (per l’Italia, UNI - Ente Nazionale Italiano di Unificazione e CEI – Comitato Elettrotecnico Italiano) devono incoraggiare e facilitare la partecipazione dei soggetti interessati.

All’interno dell’UE le norme sono adottate anche da organismi nazionali di normazione ed è quindi possibile che esse contrastino tra loro, creando ostacoli tecnici sul mercato interno. Per tale motivo è necessario mantenere lo scambio regolare di informazioni tra gli organismi nazionali di normazione, le organizzazioni europee di normazione e la Commissione in merito alle attività attuali e future di normazione.

La Commissione ribadisce che la normazione delle TIC continuerà ad essere principalmente volontaria, ottenuta per consenso e basata su principi di trasparenza, apertura, imparzialità, consenso, efficacia, pertinenza e coerenza. Tuttavia, ad avviso della Commissione, un elenco più chiaro di priorità per la normazione delle TIC motiverebbe gli organismi di normazione nel settore delle TIC a lavorare con più partenariati intersettoriali, rafforzando la cooperazione con gli organismi europei di normazione, nonché con una maggiore convalida delle norme tramite esperimenti di ricerca e sviluppo.

La comunicazione è all’esame delle Commissioni riunite IX (Trasporti) e X (Attività produttive) della Camera, che ne hanno avviato l’esame lo scorso 29 giugno 2016. È stata assegnata, inoltre,all'8a Commissione (Lavori pubblici) del Senato.

Sempre in materia di normazione, la Commissione europea lo scorso 1° giugno ha presentato un ulteriore pacchetto di misure, che si affiancano a quella all’esame, comprendente:

·       un'iniziativa congiunta sulla normazione Joint Initiative on Standardisation (JIS), che prevede un processo di dialogo che riunisce gli organismi europei e nazionali di normazione, l’industria e le loro associazioni, le PMI, le associazioni dei consumatori, i sindacati, le organizzazioni ambientaliste, gli Stati membri, la European free trade Association (EFTA) e la Commissione europea. Il partenariato dovrebbe sviluppare azioni concrete per fissare le priorità, accelerare e snellire il lavoro di standardizzazione entro il 2019 e assicurare la rapida inclusione degli stakeholders;

·       il programma di lavoro annuale dell'Unione per il 2017 (COM(2016)357), che stabilisce le priorità strategiche nella normazione europea per il prossimo anno (normazione delle TIC, normazione dei servizi, normazione in settori collegati alle seguenti priorità: mercato unico digitale, unione dell'energia e mercato interno).

E-Government

La Commissione europea lo scorso 19 aprile ha presentato una comunicazione concernente il Piano d'azione dell'UE per l'e-Government 2016-2020 per accelerare la trasformazione digitale delle pubbliche amministrazioni COM(2016)179, in cui viene proposta una serie di misure da lanciare entro la fine del 2017.

Le pubbliche amministrazioni dovrebbero fornire servizi digitali come opzione preferita, pur mantenendo aperti altri canali per chi non dispone di una connessione a internet. Inoltre, i servizi pubblici dovrebbero essere forniti tramite un unico punto di contatto o uno sportello unico. Il piano si propone di tradurre concretamente il principio "una tantum" per cui le pubbliche amministrazioni dovrebbero evitare di chiedere ai cittadini e alle imprese informazioni già fornite. Contestualmente, in base ai principi dell’apertura e trasparenza: le pubbliche amministrazioni dovrebbero scambiarsi le informazioni e i dati e permettere a cittadini e imprese di accedere ai propri dati, di controllarli e di correggerli; permettere agli utenti di sorvegliare i processi amministrativi che li vedono coinvolti.

Viene inoltre affermato il principio della interoperabilità per definizione: i servizi pubblici dovrebbero essere progettati in modo da funzionare senza soluzione di continuità in tutto il mercato unico, in virtù della libera circolazione dei dati e dei servizi digitali nell'Unione europea.

Viene sottolineato poi l’esigenza di compiere ulteriori sforzi da parte di tutte le amministrazioni per accelerare la diffusione dell'identificazione elettronica e dei servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno (uso transfrontaliero e intersettoriale dell'identificazione elettronica (eID).

In particolare, il piano prevede di:

·       istituire uno sportello digitale unico europeo che fornisca le informazioni e i servizi necessari per operare a livello transfrontaliero;

·       interconnettere tutti i registri delle imprese e i registri fallimentari e collegarli al portale e-justice;

·       istituire un progetto pilota per l’applicazione del principio di "una tantum" alle imprese oltre confine, per quanto riguarda i documenti da fornire alle autorità pubbliche;

·       sviluppare servizi transfrontalieri di e-salute e accelerare il passaggio all'e-procurement.

La comunicazione è stata assegnata alla I Commissione (Affari costituzionali) della Camera e alla 1a Commissione (Affari costituzionali) del Senato.

Cybersicurezza

Lo scorso 5 luglio la Commissione europea ha presentato un piano d’azione che prevede l’avvio del primo partenariato europeo pubblico-privato per la sicurezza informatica COM(2016)410, volto a promuovere la cooperazione fin dalle prime fasi della ricerca e dell'innovazione e a sviluppare soluzioni di cybersicurezza per settori quali l’energia, la sanità, i trasporti e la finanza. Il piano d’azione prevede un investimento da parte dell'Unione europea, nel quadro del programma di ricerca e innovazione Horizon 2020, di 450 milioni di euro. Gli investimenti degli operatori del mercato della cybersicurezza, rappresentati dalla Organizzazione europea per la sicurezza informatica (ECSO), dovrebbero essere tre volte maggiori. Al partenariato parteciperanno anche rappresentanti di pubbliche amministrazioni nazionali, regionali e locali, centri di ricerca e università.

La Commissione individua, inoltre, varie misure per affrontare la frammentazione del mercato della cybersicurezza dell’UE, in particolare realizzando un quadro europeo di certificazione per i prodotti per la sicurezza nel campo delle TIC.

La comunicazione è stata assegnata alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e IX (Trasporti) della Camera.

Il piano di azione si coordina anche con la direttiva sulla sicurezza delle reti e dell’informazione, recentemente approvata dal Parlamento europeo, che istituisce una rete di gruppi di intervento per la sicurezza informatica in caso di incidente a livello di UE, per assicurare una reazione rapida alle minacce e agli incidenti informatici. La direttiva istituisce inoltre un "gruppo di cooperazione" tra gli Stati membri per sostenere e facilitare la cooperazione strategica e lo scambio di informazioni.

Secondo un recente sondaggio pubblicato dalla Commissione europea, l'80% delle imprese europee ha subito almeno un incidente di sicurezza informatica nel corso dell’ultimo anno, mentre il numero degli incidenti in tutti i comparti industriali a livello mondiale è aumentato del 38% nel 2015.

Per quanto riguarda gli utenti di Internet, invece, secondo un’indagine condotta da Eurostat, pubblicata lo scorso 8 febbraio, in occasione del Safer Internet Day, nel 2015 il 25% degli utenti di Internet nell'UE ha sperimentato problemi legati alla sicurezza (virus, abuso di dati personali, perdite finanziarie o accesso di bambini a siti web inappropriati). Anche se il tasso è sceso rispetto al 2010, ciò ancora scoraggia alcuni consumatori dall’effettuare acquisti online.

La percentuale più bassa si riscontra nella Repubblica Ceca (10%) e la più alta in Croazia (42%), mentre in Italia la percentuale è pari al 28%, di poco superiore alla media dell’UE.

Fonte: Eurostat

I dati di Eurostat illustrano, inoltre, che a livello UE, le preoccupazioni circa la sicurezza nel 2015 hanno scoraggiato il 19% degli utenti di Internet dal procedere ad un acquisto online, il 18% dall’utilizzo di servizi bancari online e il 13% dall’accesso tramite una connessione Wi-Fi al di fuori della propria abitazione.

Commercio elettronico transfrontaliero

Lo scorso 25 maggio la Commissione europea ha presentato la comunicazione COM(2016)320, che illustra un pacchetto di misure per il settore del commercio elettronico, attraverso il quale la Commissione intende conseguire la rapida eliminazione degli ostacoli che si frappongono all’attività online transfrontaliera in Europa.

In premessa, la Commissione rileva che il valore del commercio elettronico al dettaglio nell’UE nel 2014 è aumentato del 13,7% rispetto all’anno precedente, raggiungendo un totale di circa 370 miliardi di euro. Il tasso di crescita annuale medio nel periodo 2000-2014 è stato del 22%. La quota rappresentata dal commercio elettronico sul fatturato totale nel settore del commercio al dettaglio ha raggiunto nel 2015 l’8%. Tuttavia, nello stesso anno 2015 solo il 9% delle imprese del settore del commercio al dettaglio dell’UE ha venduto online a consumatori in altri Paesi dell’UE, a fronte di un 24% che ha venduto a consumatori nazionali. Solo il 19% delle PMI vende online (rispetto al 43% delle grandi imprese) e solo l’8% di esse vende online in altri Paesi dell’UE (a fronte del 23% delle grandi imprese). Solo il 16% dei consumatori ha effettuato acquisti online da un altro paese dell’UE, mentre il 47% ha effettuato acquisti online a livello nazionale. La quota di commercio elettronico sul totale del commercio al dettaglio in Europa è pari a 2/3 di quella degli Stati Uniti.

In particolare, il citato pacchetto di misure, comprende:

·       una proposta di regolamento volta a risolvere la questione dei blocchi geografici ingiustificati o altre forme di discriminazione basate sulla nazionalità, sul luogo di residenza o sul luogo di stabilimento all’interno del mercato unico (COM(2016)289);

·       una proposta di regolamento relativa a misure sulla consegna dei pacchi (COM(2016)285);

·       una proposta di revisione del regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori (COM(2016)283).

Nella comunicazione la Commissione europea preannuncia anche la presentazione, nel corso del 2016, di una serie di proposte legislative per ridurre l’onere amministrativo gravante sulle imprese a causa dei diversi regimi IVA, e in particolare:

·       l’estensione dell’attuale mini-sportello unico alle vendite online di beni materiali all’interno dell’UE e da Paesi terzi. Anziché dichiarare e versare l’IVA in ciascun singolo Stato membro in cui sono basati i clienti, le imprese potranno presentare una dichiarazione unica nel rispettivo Stato membro e pagarvi l’IVA in un’unica soluzione;

·       l’introduzione di una soglia comune IVA per tutta l’UE a sostegno delle piccole start-up che operano nel commercio elettronico;

·       l’introduzione di audit unico delle imprese transfrontaliere ai fini dell’IVA;

·       la soppressione dell’esenzione dall’IVA per l’importazione di piccole spedizioni provenienti da fornitori di Paesi terzi.

La comunicazione è stata assegnata alle Commissioni riunite IX (Trasporti) e X (Attività produttive) della Camera e alla Commissione 10a (Industria) del Senato.

I geoblocchi

La proposta di regolamento recante misure volte a impedire i blocchi geografici e altre forme di discriminazione dei clienti basate sulla nazionalità, il luogo di residenza o il luogo di stabilimento nell'ambito del mercato interno (COM(2016)289), mira a garantire che i consumatori che intendono acquistare prodotti e servizi in un altro paese dell'UE, online o di persona, non siano discriminati in termini di accesso ai prezzi, condizioni di vendita o di pagamento, salvo che ciò sia oggettivamente giustificato per motivi legati all'IVA o a disposizioni di legge d’interesse generale. I clienti sperimentano queste disparità di trattamento non solo quando effettuano acquisti online, ma anche quando si recano in altri Stati membri per acquistarvi beni o servizi.

Per quanto riguarda le vendite online, come risulta dal grafico sottostante, in particolare, il volume è aumentato in maniera esponenziale negli ultimi 15 anni:

Peraltro, nel 2015 il volume degli acquisti online in percentuale del totale degli acquisti presenta una situazione molto differenziata tra i Paesi membri:

Fonte: Eurostat

L’ambito territoriale è delineato in modo da comprendere ugualmente gli operatori stabiliti nell’Unione europea e quelli stabiliti in Paesi terzi che vendono, o intendono vendere, beni e servizi a clienti dell’Unione.

 

Tra i punti principali della proposta si segnalano:

·       l’obbligo generale per gli operatori di non impedire l’accesso alle loro interfacce online in base alla residenza dei clienti. Per quanto riguarda i servizi prestati tramite mezzi elettronici (ad esempio i servizi di cloud computing, archiviazione dei dati, hosting di siti web), la Commissione propone di posticipare l’applicazione delle disposizioni in materia di non discriminazione fino alla metà del 2018, alla luce delle loro caratteristiche specifiche e al fine di consentire ai prestatori di servizi di prepararsi per le modifiche;

·       gli operatori non possono applicare condizioni diverse di pagamento per motivi connessi con la nazionalità, il luogo di residenza o il luogo di stabilimento del cliente, l’ubicazione del conto di pagamento, il luogo di stabilimento del prestatore dei servizi di pagamento o il luogo di emissione dello strumento di pagamento all’interno dell’Unione;

·       eventuali accordi che prevedano restrizioni alle vendite passive saranno automaticamente nulli;

·       gli Stati membri dovranno designare uno o più organismi che forniscano assistenza pratica ai consumatori nel caso di controversie.

La proposta è stata assegnata alla X Commissione (Attività produttive) della Camera e alla 10a Commissione (Industria) del Senato.

Consegna transfrontaliera dei pacchi

La proposta di regolamento in questione (COM(2016)285) mira ad eliminare le differenze tariffarie ingiustificate e ridurre, attraverso la concorrenza, le tariffe applicate ai privati e alle piccole imprese, soprattutto nelle aree più remote. Attualmente, infatti, i servizi postali nazionali spesso applicano prezzi maggiorati di 3-5 volte alle spedizioni transfrontaliere rispetto allo stesso servizio operato nel mercato nazionale, non sempre giustificate.

La Commissione rileva, in premessa, che nel 2014 più di tre quarti (84%) delle vendite online sono state effettuate nel Paese sede del rivenditore. I vantaggi del commercio elettronico transfrontaliero sono stimati allo 0,27% del PIL.

 

In particolare, la proposta prevede che:

·       i fornitori del servizio di consegna dei pacchi trasmettano all'autorità nazionale di regolamentazione dello Stato membro in cui sono stabiliti l'elenco pubblico delle tariffe applicabili alla data del 1º gennaio di ogni anno;

·       tali elenchi siano trasmessi, entro il 28 febbraio di ogni anno, alla Commissione europea, che li pubblica su un sito web dedicato entro il 30 aprile;

·       ove l'autorità nazionale di regolamentazione giunga alla conclusione che le tariffe transfrontaliere non sono economicamente accessibili richiede al fornitore del servizio universale le necessarie informazioni supplementari e/o giustificazioni relative all'entità di tali tariffe;

·       gli operatori postali nazionali forniscano a terzi l'accesso ai propri network transfrontalieri, per introdurre maggiore competitività nel mercato.

La proposta è stata assegnata alla IX Commissione (Trasporti) della Camera e alla 8a Commissione (Lavori pubblici) del Senato.

Tutela dei consumatori

Il 25 maggio scorso la Commissione europea ha presentato la proposta di revisione del regolamento (CE) 2006/2004 sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori COM(2016)283. La proposta è accompagnata dalla relazione COM(2016)284, elaborata dalla Commissione a norma del regolamento, nella quale si valutano l'efficacia e i meccanismi di funzionamento del regolamento.

La relazione sostiene che sebbene il regolamento CTC abbia portato allo sviluppo di strumenti pubblici efficaci per la tutela degli interessi collettivi dei consumatori nell'UE, sui principali mercati al consumo persiste un elevato livello di non conformità (tra il 32% e il 69%) con le principali norme UE a tutela dei consumatori, a dimostrazione che la sua attuazione non è efficace. Non vi è infatti un'esecuzione paritaria di queste norme in tutta l'Unione, un fattore essenziale, invece, per sostenere un mercato unico digitale dinamico. Inoltre, sostiene che esso debba essere modificato al fine migliorare l'esecuzione a livello transfrontaliero della normativa a tutela dei consumatori e di rispondere alle sfide poste dall'economia digitale e dallo sviluppo del commercio al dettaglio transfrontaliero.

In base ai dati dei centri europei dei consumatori due terzi dei 3700 reclami ricevuti nel 2014 riguardavano acquisti transfrontalieri online; su un campione rappresentativo di cinque settori online (tra cui abbigliamento, prodotti elettronici), il 37% del commercio elettronico dell'UE non ha rispettato la normativa dell'UE a tutela dei consumatori con un danno ai consumatori stimato a circa 770 milioni di euro. Ciò influisce sulla fiducia dei consumatori: nel 2014 solo il 15% dei consumatori ha acquistato online da altri paesi dell'Unione e il 61% dei consumatori dell'UE si sente sicuro acquistando via Internet da un dettagliante ubicato nel medesimo Stato membro. Vi è poi una scarsa propensione anche ad effettuare vendite transfrontaliere online: nel 2014 solo il 12% dei dettaglianti dell'UE vendeva on line a consumatori di altri paesi dell'Unione, contro il 37% che vendevano sul mercato nazionale. Inoltre nel commercio al dettaglio la quota di mercato del commercio elettronico è più bassa in Europa che negli Stati Uniti (7,2% nel 2014 contro l'11,6% degli USA).

Acquisti online nazionali e transfrontalieri. Fonte: Eurostat indagine sull'utilizzo delle TIC da parte delle famiglie e dei singoli utenti.

Vendite on-line impresa-consumatore nell'Unione a 28 - anno 2104. Fonte: Flash Eurobarometer 396.

La proposta si prefigge quindi di sviluppare meccanismi di cooperazione più efficienti tra le autorità nazionali al fine di ridurre il danno arrecato ai consumatori dalle infrazioni intra-UE[1] e diffuse[2] della normativa UE a tutela dei consumatori. Tra le principali misure introdotte figurano:

·       l'estensione del campo di applicazione del regolamento, includendo ulteriori strumenti della normativa dell'Unione in materia di tutela dei consumatori, con particolare riferimento al settore dei trasporti e dei servizi finanziari;

·       l'ampliamento dei poteri minimi delle autorità CTC competenti riguardo alla conduzione di indagini e all'esecuzione, al fine di superare le differenze nelle norme procedurali nazionali e nei poteri di controllo. Tra i nuovi poteri quello di effettuare acquisti campione e acquisti in forma anonima (mystery shopping), di adottare provvedimenti provvisori, di bloccare siti web, di comminare sanzioni e di assicurare la compensazione dei consumatori in un contesto transfrontaliero. Al fine di garantire un'applicazione equivalente in tutti gli Stati membri sono meglio precisati i poteri minimi vigenti, quali quello di chiedere informazioni e di effettuare ispezioni in loco;

·       il rafforzamento del meccanismo di assistenza reciproca tra le autorità competenti ovvero lo strumento attraverso il quale nella norma vigente sono affrontate le infrazioni intra-UE mediante la richiesta di informazioni tra autorità competenti e la richiesta di misure di esecuzione. Il nuovo regolamento stabilisce per l'autorità interpellata l'obbligo di rispondere ad una richiesta di mutua assistenza entro un termine stabilito. E' inoltre definito il ruolo degli organismi designati ai quali le autorità competenti possono rivolgersi per far cessare un'infrazione o ottenere elementi probatori necessari;

·       il rafforzamento del ruolo della Commissione europea in caso di infrazioni diffuse a livello unionale[3]. In questi casi la Commissione potrà coordinare azioni comuni con le autorità nazionali di contrasto per porre fine a queste pratiche;

·       la definizione degli strumenti atti ad affrontare le infrazioni diffuse, anche a livello unionale, tra cui azioni coordinate, azioni comuni, e indagini concordate dei mercati al consumo;

·       l'istituzione di un nuovo meccanismo di sorveglianza che prevede uno scambio più ampio di informazioni rilevanti e necessarie per un'individuazione tempestiva delle infrazioni diffuse. Tra i soggetti che possono partecipare a tale meccanismo sono inclusi, oltre a anche soggetti designati dagli Stati membri e dalla Commissione europea, anche soggetti scelti tra le organizzazioni dei consumatori, le associazioni commerciali aventi competenze adeguate e un legittimo interesse nella tutela dei consumatori.

La proposta è stata assegnata alla X Commissione (Attività produttive) della Camera.

Le piattaforme online

Parallelamente, la Commissione ha presentato una comunicazione in materia di piattaforme online (COM(2016)288), che sottolinea come esse continuino a evolversi ad un ritmo mai visto in qualsiasi altro settore dell'economia, coprendo una vasta gamma di attività, tra cui[4] piattaforme pubblicitarie online, mercati, motori di ricerca, social media e punti vendita di contenuti creativi, piattaforme di distribuzione di applicazioni, servizi di comunicazione, sistemi di pagamento e piattaforme per l'economia collaborativa.

Alcune piattaforme competitive a livello mondiale sono nate in Europa, per esempio Skyscanner e BlaBlaCar. Nel complesso, però, l'UE contribuisce solo al 4% della capitalizzazione totale del mercato delle maggiori piattaforme online, la stragrande maggioranza delle quali ha avuto origine negli Stati Uniti e in Asia. Per quanto riguarda il segmento specifico delle start-up, il seguente grafico mostra la distanza dell’Europa rispetto all’America del Nord e all’Asia, sia in termini di numero di imprese di in termini di valore (in miliardi di dollari):

Fonte: Gawer and P. Evans (2015). The rise of platform enterprises, CGE white paper, using CB Insights, Capital IQ and CrunchBase, 2015

Inoltre, le applicazioni realizzate da sviluppatori europei contribuiscono per il 30% alle entrate complessive per quanto riguarda le principali piattaforme di distribuzione. Ad avviso della Commissione, creare le condizioni generali giuste e l'ambiente giusto è fondamentale per trattenere in Europa le piattaforme online esistenti e incrementare e incentivare la comparsa di nuove piattaforme. A tal fine, si segnala che la recente strategia per digitalizzare l'industria europea (COM(2016)180) già prevede un finanziamento di 50 miliardi di euro, da parte di fondi pubblici e privati, per potenziare le capacità europee in materia d'innovazione digitale, incluse misure per un approccio semplificato alla standardizzazione, al fine di promuovere la necessaria interoperabilità transfrontaliera e fra domini diversi.

La comunicazione in questione prevede quattro settori principali di intervento:

·       pari condizioni concorrenziali per servizi digitali comparabili: nel quadro del riesame delle norme dell'UE sulle telecomunicazioni, che sarà completata nel corso dello stesso 2016, la Commissione sta valutando la possibilità di una parziale deregolamentazione, nonché di applicare alcune norme della direttiva relativa alla vita privata, per esempio quelle relative alla riservatezza, anche alla messaggistica "over-the-top” (OTT);

·       condotta responsabile da parte delle piattaforme online a tutela dei valori fondamentali: la Commissione intende proporre nuove misure, anche di autoregolamentazione, per tutelare i minori dai contenuti nocivi e proteggere chiunque dall'incitamento all'odio;

·       trasparenza e correttezza per conservare la fiducia degli utenti e salvaguardare l'innovazione: la Commissione intende valutare, nel 2017, eventuali necessità di ulteriore aggiornamento delle norme esistenti in materia di tutela dei consumatori relativamente alle piattaforme, nonché promuovere azioni di interoperabilità, anche attraverso la pubblicazione, di principi e orientamenti sull'interoperabilità delle identificazioni elettroniche (eID);

·       mercati aperti e non discriminatori nel quadro di un'economia fondata sui dati: nell'ambito dell'iniziativa relativa al libero flusso dei dati, prevista per la fine del 2016, la Commissione potrebbe proporre nuove norme tecniche per agevolare il passaggio e la portabilità dei dati tra piattaforme online e servizi di cloud computing diversi, sia per le aziende che per gli utenti privati.

La comunicazione è stata assegnata alle Commissioni riunite IX (Trasporti) e X (Attività produttive) della Camera e alla 10a Commissione (Industria) del Senato.

Inoltre, la Commissione europea, lo scorso 2 giugno, ha presentato la Comunicazione relativa all'Agenda europea per un'economia collaborativa, COM(2016)356, nella quale ha formulato orientamenti rivolti agli Stati membri allo scopo di chiarire come la normativa UE vigente si applichi alle piattaforme collaborative[5].

La proposta è stata assegnata alla X Commissione (Attività produttive) della Camera e alla 10a Commissione (Industria) del Senato.

Diritto d’autore

In materia di diritto d’autore, la Commissione europea, lo scorso 9 dicembre, ha presentato la comunicazione COM(2015)626, che illustra i piani della Commissione relativi al copyright. In particolare, essa identifica tre aree di azione: localizzazione del copyright per migliorare l’accesso e la disponibilità di servizi online nell’UE (si veda la proposta in materia di portabilità transfrontaliera dei contenuti digitali di cui sopra); deroghe alle regole sul copyright; regole applicabili agli intermediari online. Le misure preannunciate dalla Commissione per la modernizzazione del diritto d’autore dovrebbero essere presentate a breve.

La comunicazione è stata assegnata alla VII Commissione (Cultura) della Camera.

Audiovisivi

In materia di audiovisivi, la Commissione ha presentato una proposta di direttiva recante modifica della direttiva 2010/13/UE, relativa al coordinamento delle disposizioni degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi, in considerazione dell’evoluzione delle realtà del mercato COM(2016)287. La proposta aggiorna la direttiva sui servizi di media audiovisivi (direttiva SMA), considerando anche i servizi di video a richiesta (ad esempio Netflix) e le piattaforme per la condivisione di video (ad esempio Youtube). In particolare, la proposta è volta a rafforzare la tutela dei minori e la promozione della diversità culturale europea, ad assicurare l’indipendenza delle autorità di regolamentazione del settore audiovisivo e ad offrire maggiore flessibilità alle emittenti riguardo alla pubblicità.

La proposta è stata assegnata alle Commissioni riunite VII (Cultura) e IX (Trasporti) della Camera e all'8a Commissione (Lavori pubblici) del Senato.

 

 



[1] Si tratta delle infrazioni che pregiudicano i consumatori in uno Stato membro ma hanno un elemento transfrontaliero (ad.es. un operatore responsabile è ubicato in un altro Stato membro).

[2] Le infrazioni diffuse riguardano almeno due Stati membri.

[3] Si tratta di infrazioni che possono danneggiare i consumatori di almeno tre quarti degli Stati membri, che insieme rappresentino almeno tre quarti della popolazione UE.

[4]  Elenco non esaustivo di esempi: AdSense di Google, DoubleClick, eBay e Amazon, Google e Bing Search, Facebook e YouTube, Google Play e App Store, Facebook Messenger, PayPal, Zalando e Uber.

[5] Nell'ambito dell'economia collaborativa, o sharing economy, le piattaforme online sono spesso il mezzo con il quale gli intermediari metto in comunicazione i prestatori di servizi e gli utenti.