Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Ufficio Rapporti con l'Unione Europea | ||||
Titolo: | Audizione della Presidente della Commissione per gli Affari costituzionali del PE, Danuta Hübner e dei componenti della medesima Commissione, Mercedes Bresso e Elmar Brok, sulle iniziative del PE aventi ad oggetto il funzionamento e gli assetti dell'UE | ||||
Serie: | Documentazione per le Commissioni - Audizioni e incontri con rappresentanti dell'UE Numero: 34 | ||||
Data: | 29/02/2016 | ||||
Descrittori: |
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Camera dei deputati
XVII LEGISLATURA
Documentazione per le Commissioni
audizioni e incontri in ambito ue
Audizione della Presidente della Commissione per gli Affari costituzionali del PE, Danuta Hübner e dei componenti della medesima Commissione, Mercedes Bresso e Elmar Brok, sulle iniziative del PE aventi ad oggetto
il funzionamento e gli assetti dell’UE
Roma, 2 marzo, 2016
n. 34
29 febbraio 2016
Il dossier è stato curato dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea
(' 066760.2145 - * cdrue@camera.it)
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La Commissione per gli Affari costituzionali del Parlamento europeo, presieduta dall’On. Danuta Hübner (PPE, PL), ha incaricato, rispettivamente, gli onorevoli Mercedes Bresso (S&D, IT) e Elmar Brok (PPE) e l’onorevole Guy Verhofstadt (ALDE, BE) di presentare due relazioni di iniziativa intitolate:
· “Migliorare il funzionamento della costruzione dell’UE sulla base del potenziale del Trattato di Lisbona”;
· “Possibile evoluzione e adeguamento dell'attuale struttura istituzionale dell'Unione europea”.
Gli onorevoli Bresso e Brok hanno presentato il 20 gennaio 2016 un progetto di relazione, che dovrebbe essere sottoposto al voto in Commissione affari costituzionali dopo lo svolgimento del referendum per la permanenza del Regno unito nell’UE, che si svolgerà il 23 giugno prossimo.
Il progetto di relazione dell’onorevole Verhofstadt dovrebbe, invece, essere presentato solo dopo l’approvazione della relazione Bresso-Brok.
Nel progetto di relazione “Migliorare il funzionamento della costruzione dell’UE sulla base del potenziale del Trattato di Lisbona”, i relatori Onn. Mercedes Bresso (S&D, IT) e Elmar Brok (PPE) avanzano un serie di proposte volte a migliorare il funzionamento dell’UE sfruttando pienamente le possibilità offerte dal Trattato di Lisbona, senza quindi ricorrere ad una revisione dei Trattati.
In particolare, tra le proposte e le indicazioni, si segnalano le seguenti:
·
il Parlamento
europeo dovrebbe utilizzare i suoi poteri di controllo sulla Commissione
europea, anche per garantire la corretta applicazione del diritto
dell’UE negli Stati membri;
Si ricorda che ai sensi dell’articolo 17 del TUE spetta alla Commissione europea di vigilare sull'applicazione del diritto dell'Unione europea. Il Parlamento europeo non ha poteri diretti per controllare l’applicazione del diritto europeo da parte degli Stati membri.
Si ricorda, inoltre, che il Parlamento europeo ha assunto, attraverso una lettera inviata ai Presidenti del Parlamenti nazionali dal suo Presidente, Martin Schulz, nel giugno 2014 (alla quale hanno fatto seguito due lettere inviate dal Segretario generale del PE, Klaus Welle, a marzo e dicembre 2015) una iniziativa volta a promuovere nuove forme di cooperazione interparlamentare finalizzate ad una approfondita verifica dell’attuazione della normative europea e degli effetti da essa prodotti sui cittadini a livello europeo e nazionale, attraverso scambi informativi da realizzare, in un quadro informale, attraverso visite di studio e contatti bilaterali.
·
limitare gli accordi
in prima lettura con il Consiglio dell’UE a casi eccezionali di motivata
urgenza;
In effetti, la percentuale delle procedure legislative dell’UE in codecisione concluse in prima lettura è passata dal 29% nella legislatura 1999-2004, al 72% nella legislatura 2004-2009, all’85% nella legislatura 2009-2014. La conclusione di accordi in prima lettura non sembra peraltro costituire di per sé un fattore di criticità, laddove concorre ad una più tempestiva adozione dei provvedimenti europei all’esame. Piuttosto, da più parti è stata segnalata la necessità di garantire una maggiore trasparenza dei negoziati condotti a livello di trilogo (dei rappresentanti di Commissione, Parlamento europeo e Consiglio dell’UE) che precedono normalmente la conclusione di accordi in prima lettura.
·
procedere ad una revisione
dell’Atto elettorale del 1976, che disciplina i principi dell’elezione dei
rappresentanti al Parlamento europeo,
in linea con la risoluzione sulla riforma della legge elettorale europea
approvata dal Parlamento europeo l’’11 novembre 2015;
Nella risoluzione dell’11 novembre 2015, il Parlamento europeo propone modifiche all’Atto elettorale del 1976 in tempo utile prima delle elezioni europee del 2019. In particolare, si propone una circoscrizione elettorale comune i cui capilista siano i candidati di ciascun partito politico europeo alla carica di Presidente della Commissione e che tali candidati siano designati dai relativi partiti politici europei almeno 12 settimane prima delle elezioni europee. Si prevede anche l'inserimento di soglie obbligatorie di sbarramento per l'assegnazione dei seggi al Parlamento europeo, che potrebbero variare tra il 3% e il 5%, da applicare nei Paesi con un singolo collegio elettorale o nelle circoscrizioni elettorali che hanno più di 26 seggi (la normativa italiana prevede già una soglia di sbarramento al 4%). Si propone di armonizzare a 16 anni l’età minima degli elettori e di istituire una giornata elettorale comune europea. Si prevede, altresì di fissare a livello europeo l’incompatibilità tra la carica di membro del PE e membro di un parlamento regionale o di una assemblea dotata di poteri legislativi. Si chiede che i sistemi di voto elettronico, online e postale siano resi disponibili in tutta l’Unione europea. Si ricorda che l’articolo 223, paragrafo 1 del Trattato sul funzionamento dell’UE prevede che il PE possa avviare la procedura di riforma del sistema elettorale europeo e di formulare proposte in tal senso. Queste proposte dovranno poi essere adottate dal Consiglio all'unanimità e ratificate da tutti gli Stati membri.
La risoluzione del Parlamento europeo, che si configura formalmente e sostanzialmente come un progetto di iniziativa legislativa, non è stato ufficialmente trasmessa dal Parlamento europeo ai Parlamenti nazionali nell’ambito delle procedure previste dal Protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, provocando reazioni critiche da parte di alcuni Parlamenti nazionali che hanno conseguentemente adottato pareri motivati (House of Commons, Parlemento svedese, Parlamento olandese, Parlamento lussemburgese);
·
sviluppare
un significativo dialogo politico con i Parlamenti nazionali sul
contenuto delle proposte legislative;
Occorre, in effetti, rilevare una chiara asimmetria rispetto all’esperienza del dialogo politico con la Commissione europea fin dal settembre 2006. Mentre, infatti, in base al dialogo politico, la Commissione europea risponde ai rilievi e pareri formulati dai Parlamenti nazionali, anche al di fuori dei pareri motivati adottati in esito al controllo del principio di sussidiarietà, il Parlamento europeo si limita a dare rilievo, nel rapporto con i Parlamenti nazionali, ai soli pareri motivati.
·
insiste su
una chiara definizione delle rispettive competenze decisionali dei
parlamenti nazionali e del Parlamento europeo, per cui i primi dovrebbero
svolgere funzioni in materia di UE sulla base delle rispettive Costituzioni
nazionali, e in particolare attraverso il controllo dell’azione dei rispettivi
governi nelle sedi europee;
Si ricorda, per quanto riguarda la normativa nazionale, che la legge n. 234 del 2012 ha previsto una serie di obblighi di informazione nei confronti del Parlamento a carico del Governo, ed in particolare l’obbligo di informare il Parlamento sulla posizione che intende assumere in sede di Consiglio europeo e sugli esiti delle riunioni dello stesso e, su richiesta degli organi parlamentari, anche sui lavori delle varie formazioni del Consiglio dei ministri dell’UE;
·
il
Parlamento europeo non è favorevole alla creazione di organismi
parlamentari congiunti di carattere decisionale. PE e Parlamenti nazionali
dovrebbero continuare a cooperare nelle sedi di cooperazione interparlamentare
già esistenti (COSAC, Conferenza PESC/PSDC e Conferenza sulla Governance
economica) sulla base della regola del consenso e secondo le competenze
formalmente attribuite a tali sedi;
· le Commissioni parlamentari del PE dovrebbero cooperare meglio con le omologhe Commissioni parlamentari dei PN;
·
occorre
rafforzare la cooperazione tra i Parlamenti nazionali, per consentire
loro di conseguire il quorum[1]
necessario previsto dall'articolo 7, paragrafo 3, del Protocollo
sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità;
L'interpretazione dei termini sanciti dal protocollo dovrebbe essere flessibile
e la Commissione europea dovrebbe migliorare la qualità delle sue
risposte ai pareri motivati dei PN;
Si ricorda che nell’ambito dell’accordo su una nuova intesa per la permanenza del Regno Unito nell’UE, raggiunto dal Consiglio europeo del 18 e 19 febbraio 2016 è stato previsto il riconoscimento ai Parlamenti nazionali del potere di bloccare il procedimento legislativo europeo su una determinata proposta, (cosiddetto “cartellino rosso”). In particolare, qualora i pareri motivati dei Parlamenti nazionali, inviati entro 12 settimane dalla trasmissione del progetto rappresentino più del 55% dei voti attribuiti ai Parlamenti nazionali, il Consiglio dei ministri dell’UE svolgerà una discussione esauriente su tali pareri e sulle conseguenze da trarne. A seguito di tale discussione, il Consiglio interromperà l'esame del progetto di atto legislativo in questione, a meno che il progetto non sia modificato per rispondere alle preoccupazioni espresse nei pareri motivati dei Parlamenti nazionali. In proposito, si può osservare che si rimette al Consiglio dei ministri dell’UE la decisione ultima sull’esito della proposta controversa, mentre attualmente la procedura per il controllo di sussidiarietà demanda alla Commissione europea la responsabilità di valutare i pareri motivati dei Parlamenti nazionali e di decidere quale seguito dare loro. Si ricorda, inoltre, che attualmente l’articolo 6 del Protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità prevede che i Parlamenti nazionali possano inviare pareri motivati per la non conformità di un progetto di atto legislativo al principio di sussidiarietà entro un termine di 8 settimane (e non 12) a decorrere della data di trasmissione del progetto in tutte le lingue ufficiali dell’UE.
Sul profilo dalla qualità delle risposte della Commissione europea ai contributi e pareri motivati dei Parlamenti nazionali, occorre ricordare che il Vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, ha preannunciato l'adozione di una serie di iniziative volte a rafforzare il dialogo con i Parlamenti nazionali, tra le quali in particolare, il miglioramento della qualità delle risposte della Commissione europea alle osservazioni formulate dai Parlamenti nazionali in esito all'esame di atti europei, rendendole meno burocratiche e più politiche e rispettando il termine di tre mesi per la trasmissione delle risposte ai Parlamenti nazionali.
· il Consiglio europeo dovrebbe astenersi dall’ampliare la sua attività adottando decisioni di natura legislativa.
A
tale fine occorre segnalare che il Consiglio europeo, in relazione alla
situazione di emergenza creata dalla crisi economico e finanziarie, che si è
sviluppata a partire dal 2008/2009, ha in più occasioni promosso la
presentazione di iniziative legislative da parte della Commissione europea e/o
la loro adozione da parte della Consiglio UE e del Parlamento europeo. Ciò ha
condotto ad una tendenza ad una maggiore “propulsione” della dinamica
intergovernativa a scapito di quella “comunitaria”.
· Si rileva che, nell’ambito dei Trattati vigenti, è possibile unificare la carica di Presidente del Consiglio europeo con quella del Presidente della Commissione europea, attraverso un accordo interistituzionale che impegni il Consiglio europeo a nominare suo Presidente il Presidente della Commissione europea eletto dal Parlamento europeo, su proposta del Consiglio europeo e sulla base dei risultati delle elezioni europee;
I Trattati vigenti non prevedono, infatti, incompatibilità tra la carica di Presidente della Commissione europea e Presidente del Consiglio europeo;
·
utilizzare
la clausola passarella prevista all’articolo 48, paragrafo 7 del TUE, in
base alla quale il Consiglio europeo, in particolare, può decidere
all’unanimità che il Consiglio dei ministri dell’UE deliberi a votazione a
maggioranza qualificata in settori o casi in cui i Trattati prevedono che
il Consiglio si pronunci all’unanimità.
·
ridurre
ad una le attuali configurazioni del Consiglio dell’UE, configurando
un sistema legislativo bicamerale composto dal Consiglio EU e Parlamento
europeo, con la Commissione europea che agisce in qualità di esecutivo. Le
attuali formazioni del Consiglio UE dovrebbero agire in qualità di organi
preparatori del Consiglio stesso;
· migliorare la trasparenza nel processo decisionale del Consiglio, consentendo la partecipazione di rappresentanti del PE in qualità di osservatori alle riunioni del Consiglio e dei suoi organi nei quali si discutono dossier legislativi;
·
passare ad un regime
integrale di votazione a maggioranza qualificata in senso al Consiglio;
· condizionare il consenso del PE a nuove proposte di cooperazione rafforzata all’impegno da parte degli Stati membri ad essa partecipanti a attivare la clausola passarella prevista dall’articolo 333 del TFUE, volta a consentire il passaggio dalla votazione all’unanimità alla votazione a maggioranza qualificata e da una procedura legislativa speciale ad una ordinaria.
· rafforzare il ruolo del PE nella procedura dell’elezione del Presidente della Commissione europea, attraverso le formali consultazioni tra i partiti politici europei e il Presidente della Consiglio europeo (già previste dalla dichiarazione n.11 allegato al Trattato di Lisbona) e assicurando che il Consiglio europeo si impegni a considerare pienamente i risultati delle elezioni europee nel decidere sul candidato alla Presidenza della Commissione europea da sottoporre a procedura di nomina da parte del PE;
·
istituire,
attraverso un accordo interistituzionale tra il Parlamento europeo, il
Consiglio e la Commissione, un Ministro europeo delle finanze, combinando
i ruoli esistenti del Presidente permanente dell'Eurogruppo e del Vice-Presidente
della Commissione incaricato per gli Affari economici e finanziari.
· garantire la rappresentanza unica della UE/eurozona nell'ambito del Fondo monetario internazionale (FMI), della Banca mondiale e delle altre istituzioni finanziarie internazionali attraverso il Vice-Presidente della Commissione europea/Ministro europeo delle finanze e il Presidente della Banca centrale europea (BCE).
Al riguardo, si ricorda che il 21 ottobre la Commissione europea ha già presentato, nell’ambito delle misure di attuazione della cd. relazione dei cinque Presidenti[2], una comunicazione recante una tabella di marcia verso una rappresentanza esterna più coerente della zona euro nei consessi internazionali, ed una proposta di decisione che stabilisce misure volte alla progressiva introduzione di una rappresentanza unificata della zona euro nel Fondo monetario internazionale;
· creare una struttura amministrativa del bilancio e del tesoro dell'UE simile al Budget Office del Congresso americano per supportare la funzione del Ministro europeo delle finanze;
·
adottare,
seguendo la procedura legislativa ordinaria, un codice di convergenza
per tutti i 28 Paesi membri dell’UE, recante linee guida vincolanti per il coordinamento
delle politiche economiche, con obiettivi specifici da perseguire nell’ambito
del mercato del lavoro, della fiscalità, del contesto imprenditoriale e
dell’amministrazione pubblica. Il rispetto di tali linee guida e obiettivi garantirebbe
agli Stati membri la possibilità di partecipare ad un “meccanismo
cuscinetto”;
· le raccomandazioni specifiche per Paese, adottate nell’ambito del Semestre europeo, dovrebbero essere limitate e focalizzate sugli obiettivi indicati dal citato codice di convergenza, dall’Analisi annuale della crescita e dai Piani nazionali di riforma presentati dai singoli Stati;
·
introdurre forme di incentivo
per supportare gli Stati membri nell'attuazione delle riforme strutturali
concordate nell’ambito del Semestre europeo; Dovrebbe essere istituito un sistema
di autorità nazionali per la competitività, incaricate di monitorare
l’attuazione delle riforme strutturali negli Stati membri e coordinate dalla
Commissione europea.
Al riguardo, si segnala che, nell’ambito delle citate misure di attuazione della relazione dei cinque Presidenti, la Commissione europea ha presentato il 21 ottobre 2015 una raccomandazione per la creazione, in ciascun Paese membro dell’area euro, di comitati nazionali per la competitività;
· rafforzare il ruolo del Parlamento europeo nella governance economica estendendo la procedura legislativa ordinaria a tutti i settori economici e fiscali, compresa l'armonizzazione della tassazione e di taluni diritti sociali (protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del contratto di lavoro; rappresentanza e la difesa collettiva dei lavoratori e dei datori di lavoro; condizioni di impiego dei cittadini dei paesi terzi che soggiornano legalmente nel territorio dell'Unione), che sono attualmente soggetti alla regola dell’unanimità;
· formalizzare il ruolo del PE nell’ambito del Semestre europeo, compresa l’adozione dell’Analisi annuale della crescita, attraverso un apposito accordo interistituzionale;
· il Parlamento europeo dovrebbe poter esercitare una funzione più incisiva nei negoziati tra gli Stati membri e le istituzioni dell'UE, prevedendo la possibilità di audire i Governi degli Stati membri in materia di raccomandazioni specifiche, programmi nazionali per uscire dalle procedure per disavanzo eccessivo e squilibri macroeconomici eccessivi;
·
integrare
il Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance
nell’Unione economica e monetaria (cd. Fiscal Compact) nella
cornice giuridica dell’UE.
Al riguardo, si segnala che l’art. 16 del medesimo Trattato prevede che al più tardi entro cinque anni dalla data di entrata in vigore (1° gennaio 2013), sulla base di una valutazione dell'esperienza maturata in sede di attuazione, siano adottate le misure necessarie per incorporare il contenuto del trattato nell'ordinamento giuridico dell'Unione europea.
·
integrare il Meccanismo
europeo di stabilità (European stability mechanism, ESM, cd. “fondo
salva-Stati”) nel quadro giuridico dell'Unione e trasformarlo in un Fondo
monetario europeo.
Al contrario del Fiscal Compact, il Trattato istitutivo dell’ESM non contiene alcuna norma che preveda l’integrazione del Trattato medesimo nella cornice giuridica dell’UE.
·
modificare
gli artt. 48 del Trattato sull’UE (TUE) e 312 del Trattato sul funzionamento
dell’UE (TFUE) in modo che il Quadro finanziario pluriennale dell’Unione
(QFP) venga approvato non più all’unanimità, bensì a maggioranza
qualificata e stabilire che, in linea con la durata della legislatura
europea, il QFP dovrebbe coprire un arco di cinque anni e non di
sette;
· sul versante delle entrate, il sistema delle risorse proprie dell’UE dovrebbe passare da un sistema basato sui contributi degli stati membri calcolati sul reddito nazionale lordo (RNL) ad un sistema basato su risorse proprie effettive, attraverso una revisione della quota UE dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) e l'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie (TTF) o sulle attività che emettono gas serra.
Al riguardo, si segnala che la riflessione sulla riforma del sistema delle risorse è stata affidata a un Gruppo interistituzionale ad alto livello, presieduto da Mario Monti.
Il Gruppo, che ha presentato un primo rapporto di valutazione (dicembre 2014), presenterà le proprie raccomandazioni finali nel 2016. Nel corso dell'anno (probabilmente a giugno) sarà organizzata una Conferenza interistituzionale per illustrare i lavori del gruppo. E' previsto che in questa occasione svolgeranno un ruolo anche i rappresentanti dei Parlamenti nazionali;
·
in
vista della costituzione di un Fondo di rimborso del debito pubblico,
si dovrebbe tener conto delle indicazioni contenute nel rapporto finale del gruppo
di esperti sul Fondo per il rimborso del debito e gli eurobills
istituito dalla Commissione europea nel luglio.
Al riguardo, si ricorda che Fondo di rimborso ed eurobills costituiscono due forme di mutualizzazione (parziale) del debito sovrano, In particolare, in base al citato rapporto, la proposta di un Fondo di rimborso, peraltro originariamente avanzata da un organismo del governo tedesco (il Consiglio tedesco di esperti economici), mira a ridurre l’attuale eccesso di debito pubblico mutualizzando contemporaneamente (per circa 25 anni) il debito che supera il 60% del PIL degli Stati membri. Ciascuno Stato membro sarebbe tenuto a rimborsare il debito costituito nell’arco di 25 anni. Per eurobill s'intende, invece, un titolo pubblico a reddito fisso e con scadenza predeterminata breve emesso congiuntamente dagli Stati membri della zona euro. Gli Stati membri continuerebbero a emettere titoli a scadenza più lunga, rinunciando ad emettere singolarmente titoli a breve.
· il coordinamento e la sorveglianza della disciplina di bilancio degli Stati membri la cui moneta è l'euro dovrebbero diventare vincolanti e soggetti al controllo della Corte di giustizia.
· sfruttare a pieno il potenziale di crescita del mercato unico, in particolare per quanto riguarda il mercato unico digitale;
·
completare
l'Unione bancaria sulla base di un meccanismo di vigilanza unico e un
meccanismo unico di risoluzione delle crisi e sostenuta da un adeguato
dispositivo di protezione.
Al riguardo, si segnala che il 24 novembre 2015 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento che istituisce un sistema comune di assicurazione dei depositi bancari, che si applicherebbe a tutti i sistemi di garanzia dei depositi (SGD) ufficialmente riconosciuti in uno Stato membro partecipante e a tutti gli enti creditizi affiliati a tali sistemi. Sia in sede di Consiglio europeo che in sede di Consiglio ECOFIN, sarebbe emersa una posizione nettamente contraria alla proposta sull'EDIS da parte della Germania (supportata da Finlandia e Austria), che avrebbe evidenziato come i rischi dei sistemi bancari nazionali dell'area euro vadano ridotti prima di pensare a qualunque forma di mutualizzazione, e come sia pertanto opportuno attendere la piena operatività del Meccanismo unico di risoluzione con l'entrata in vigore del criterio del bail-in;
· creare una autentica Unione dei mercati dei capitali, dotata di un'autorità unica europea di vigilanza dei mercati dei capitali;
· migliorare lo scambio automatico di informazioni tra le autorità fiscali nazionali al fine di evitare la pianificazione fiscale, l'erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili, nonché al fine di promuovere azioni coordinate di contrasto ai paradisi fiscali.
· occorre garantire i diritti dei lavoratori che esercitano il proprio diritto alla mobilità, così come i propri diritti sociali, in conformità degli articoli 151 e 153 TFUE;
· si propone l'idea di promuovere di un salario minimo determinato da ciascuno Stato membro;
· rafforzare il controllo parlamentare sull’azione esterna dell’UE;
· integrare i rappresentanti speciali dell’UE nella struttura amministrativa del Servizio per l’azione esterna (SEAE);
· sfruttare maggiormente le disposizioni del TUE che prevedono la possibilità che il Consiglio possa, in materia di politica estera e di sicurezza comune, deliberare a maggioranza qualificata per determinate decisioni (art. 31, paragrafo 2) e la clausola passerella (art. 31, paragrafo 3) con la quale il Consiglio europeo può decidere all’unanimità di estendere i casi in cui il Consiglio può adottare decisioni a maggioranza qualificata.
Si ricorda che l’articolo 31, paragrafo 1 del TUE stabilisce che in materia di politica estera e di sicurezza comune, il Consiglio europeo e il Consiglio adottano di norma decisioni all’unanimità, salvo i casi espressamente previsti all’articolo 31, paragrafo 2 del TUE. Le disposizioni di cui all’articolo 31, paragrafo 2 e la clausola passarella prevista all’articolo 31, paragrafo 3, non sono in ogni caso applicabili alle decisioni che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa, che rimangono quindi soggette all’unanimità.
· utilizzare lo strumento delle cooperazioni rafforzate, disciplinato all’articolo 20, paragrafo 2 del TUE per far avanzare la politica estera e di sicurezza comune;
· aumentare la flessibilità delle regole finanziarie per gli strumenti relativi all’azione esterna e all’aiuto umanitario.
· utilizzare le disposizioni previste all’art. 46 del TUE relative alla cooperazione strutturata permanente nel settore della difesa;
· predisporre un libro bianco sulla politica si sicurezza e difesa, sulla base delle indizioni della strategia di sicurezza dell’UE in corso di definizione;
· definire una politica europea comune in materia di capacità e armamenti, che comprenda forme di programmazione comune, sviluppo e approvvigionamento di capacità militari;
· utilizzare la flessibilità offerta dall’art. 44 del TUE che prevede che il Consiglio possa affidare la realizzazione di una missione ad un gruppo di Stati;
· creare un comando militare operativo permanente (una sorta di quartier generale europeo) per le operazioni militari;
· ricondurre alla cornice dell’UE le attuali diverse forme di cooperazioni tra le forze militari degli Stati membri dell’UE e aumentare l’impiego dei gruppi tattici europei (EU Battlegroups);
· creare una politica europea comune in materia di asilo e immigrazione, che consenta un’equa distribuzione dei richiedenti asilo, valutare, qualora ciò si riveli impossibile, la possibilità di ricorre a forme di cooperazione rafforzata;
·
promuovere, alla
luce dell’aumentata minaccia del terrorismo, lo scambio di informazioni e
dati fra le autorità preposte alla sicurezza e ai servizi segreti nazionali e
Europol e Frontex;
· rafforzare l’agenzia Frontex, trasformandola in un sistema europeo di guardie di frontiera;
È all’esame delle Istituzioni legislative europee una proposta di regolamento volta ad istituire una Guardia costiera e di frontiera europea, coordinata da Frontex, che prevede, tra l’altro, la creazione di una squadra di riserva rapida di almeno 1500 esperti; secondo la proposta, Frontex potrà intervenire in caso di crisi alle frontiere esterne UE a seguito di decisione della Commissione europea anche nel caso in cui uno Stato membro non possa o non voglia e adottare le misure necessarie.
·
definire
una chiara distinzione tra paesi terzi a rischio (zone di guerra) e
paesi terzi sicuri (per lo più i paesi dei Balcani occidentali), ai fini di
una gestione differenziata delle domande di asilo ed incoraggiare
accordi con paesi terzi sicuri la fine di ridurre i flussi migratori;
L’Unione europea sta discutendo una proposta di regolamento che istituisce un elenco europeo comune dei paesi d'origine sicuri. In sostanza si tratta di accelerare l’iter delle domande di asilo dei richiedenti provenienti da paesi che l'UE considera in linea con gli standard dei diritti umani, e l’eventuale rimpatrio sempre che non sussistano, secondo una valutazione individuale, le condizioni per concedere protezione). Fanno parte dell’elenco: Albania, Bosnia-Erzegovina, ex Repubblica iugoslava di Macedonia, Kosovo, Montenegro, Serbia e Turchia.
· rafforzare le risorse finanziarie e umane dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo;
·
ricorrere
alla clausola passarella prevista all’articolo 48, paragrafo 7 del TUE
affinché tutte le decisioni in materia di giustizia e affari interni sia
adottate secondo la procedura legislativa ordinaria;
·
rilanciare
i negoziati per l’adesione della UE alla Convenzione europea per i diritti
umani e le liberta fondamentali.
Si ricorda che l’iter di adesione dell’Unione europea alla CEDU, prevista dai Trattati, sta subendo una battuta d’arresto, dopo che la Corte di giustizia dell’Unione europea ha espresso parere negativo sul progetto di accordo in esito ai recenti negoziati, in quanto ritenuto non compatibile con le caratteristiche dell’ordinamento dell’Unione.
Il Governo italiano ha pubblicato il 22 febbraio 2016 una documento in inglese intitolato “A Shared European Policy Strategy for Growth, Jobs, and Stability” nel quale presenta una serie di proposte strategiche per il futuro dell'Unione Europea.
In premessa, il documento sottolinea che l’Europa è parte della soluzione – e non del problema – e che occorre riorientare le politiche verso la crescita, assicurando maggiore simmetria per quanto riguarda gli squilibri macroeconomici e superando la logica di breve termine. Sottolinea inoltre la necessità che governance economica e politiche di bilancio incentivino la crescita e la realizzazione delle riforme strutturali.
La ripresa economica in atto appare infatti troppo modesta e fragile: la debolezza della domanda estera e le tensioni geopolitiche aumentano i rischi di un ulteriore rallentamento, e indicatori essenziali quali l'occupazione, la produzione industriale e gli investimenti sono ancora molto al di sotto dei livelli pre-crisi in diversi Stati membri.
Per
far fronte a questa crisi, che rischia di alimentare pulsioni populiste,
il documento propone un approccio complessivo, che prevede i seguenti obiettivi
a breve termine:
· in presenza di un tasso di inflazione eccezionalmente basso, le misure adottate dalla Banca centrale europea (il Quantitative Easing) appaiono insufficienti: anche al fine di correggere gli squilibri macroeconomici esistenti, occorre dunque utilizzare i surplus delle partite correnti per sostenere la domanda interna; tali surplus hanno infatti un impatto negativo sul funzionamento complessivo dell’eurozona esattamente come lo hanno i deficit eccessivi;
· le regole di bilancio dovrebbero essere aggiornate e adeguate alle sfide del quadro macroeconomico, tenendo in maggiore considerazione l’andamento dei prezzi, che in questa fase segnala la debolezza della domanda interna. Tra l’altro, la bassa inflazione non spinge la crescita e rende dunque più difficile abbattere il debito;
· gli Stati membri dovrebbero proseguire l’attuazione delle riforme strutturali avviate a livello nazionale;
· oltre a realizzare i progetti finanziati dal Piano degli investimenti (cd. “Piano Juncker”), gli Stati membri dovrebbero utilizzare pienamente i margini di bilancio, dove disponibili, per aumentare gli investimenti. In questo ambito, si potrebbe valutare la possibilità di finanziare progetti comuni di investimento attraverso l’emissione congiunta di titoli di debito (cd. project bond);
· occorre completare l’unione bancaria, affiancando al meccanismo unico di vigilanza e al meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie, già vigenti, un sistema comune di assicurazione dei depositi;
· si dovrebbe dare attuazione al Piano d’azione per l’Unione dei mercati dei capitali, al fine di aumentare e diversificare le fonti di finanziamento per le imprese;
· il mercato unico dovrebbe essere ulteriormente completato, integrando i mercati nazionali dell’energia; armonizzando ulteriormente la disciplina degli appalti pubblici e della giustizia civile; garantendo la trasparenza fiscale e una concorrenza leale tra i sistemi di tassazione;
· si potrebbe valutare la possibilità di introdurre un fondo europeo contro la disoccupazione, costituito con risorse degli Stati membri. Il fondo verrebbe utilizzato a fronte di shock esterni che colpiscono in modo asimmetrico i diversi Paesi dell'unione monetaria, e costruito in modo da limitare comportamenti opportunistici e trasferimenti permanenti da alcuni Paesi ad altri;
· la sfida di natura sistemica rappresentata dalle pressioni dei migranti e richiedenti asilo ai confini dell’Europa, richiede la condivisione delle responsabilità per la gestione delle frontiere esterne tra l’UE e i Paesi maggiormente interessati. Le risorse finanziarie ed umane dell’UE dovrebbero essere complementari a quelle delle politiche nazionali nella gestione del flusso dei rifugiati, sviluppando il ricorso a meccanismi di finanziamento mutualizzato attraverso l’emissione di bond comuni.
Nel medio-lungo
termine, il documento prospetta i seguenti obiettivi:
· la progressiva trasformazione del Meccanismo europeo di stabilità (cd. “fondo salva_Stati”) in un vero e proprio Fondo monetario europeo, che, in prima istanza, potrebbe svolgere un ruolo di supporto finanziario al fondo unico di risoluzione delle crisi bancarie;
· la creazione di una capacità di bilancio (fiscal capacity) dell’eurozona, dotata di risorse adeguate ;
· l’istituzione di un Ministro delle finanze dell’eurozona, incaricato di gestire le risorse comuni e coordinare la politica comune di bilancio. Tale Ministro potrebbe essere incardinato nella Commissione europea – sul modello dell’Alto rappresentante per la politica estera – e dovrebbe avere una forte connessione con il Parlamento europeo.
In conclusione, il documento evidenzia che il dibattito sul futuro dell’unione monetaria dovrebbe fondarsi su una rinnovata fiducia reciproca tra Istituzioni europee e cittadini e tra gli Stati membri, sulla base di regole che consentano non solo la prevenzione, ma anche la mutualizzazione e condivisione dei rischi, ed essere guidato dai seguenti principi:
· sfruttare appieno le attuali basi giuridiche previste dai Trattati, costruendo un consenso per eventuali loro revisioni qualora necessarie;
· il rafforzamento dell’integrazione monetaria e finanziaria dovrebbe andare di pari passo con misure volte al aumentare la crescita e la competitività;
· il rafforzamento dell’Unione economica e monetaria dovrebbe essere una opportunità per rafforzare le relazioni tra i Paesi che ne fanno parte e quelli che non ne fanno parte.
[1] L’articolo 7, paragrafo 3, del Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità prevede che qualora i pareri motivati dei PN per mancato rispetto dei principio di sussidiarietà rappresentino la maggioranza semplice dei voti attribuiti ai PN, scatti l’obbligo di riesame della proposta da parte della Commissione ed, eventualmente, in caso del mantenimento, l’esame dei pareri motivati della Commissione e dei Parlamenti nazionali da parte di Parlamento europeo e Consiglio dei Ministri dell’UE, che possono decidere di non dare più corso all’esame della proposta legislativa europea in questione .
[2] Il 22 giugno 2015 è stato pubblicato il rapporto "Completare l'Unione economica e monetaria dell'Europa", elaborato dal Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, in stretta collaborazione con il Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, il Presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, il Presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, e il Presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz. Il rapporto delinea le prospettive di evoluzione e rafforzamento dell’Unione economica e monetaria.