Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Audizione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni, sugli sviluppi del processo di integrazione europea
Serie: Documentazione per le Commissioni - Audizioni e incontri con rappresentanti dell'UE    Numero: 32
Data: 10/02/2016

10 febbraio 2016

 

n. 32

Audizione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni, sugli sviluppi del processo di integrazione europea

 


Il dibattito sulle prospettive dell’integrazione europea

Già immediatamente dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (1° dicembre 2009) si è avviato un articolato dibattito sulle prospettive dell’integrazione europea che negli scorsi mesi, anche in risposta alla crescente diffusione di sentimenti antieuropeisti o euroscettici, ha registrato diversi sviluppi.

Il Trattato di Lisbona ha introdotto numerose novità ai fini di un consolidamento del processo di integrazione e di un rafforzamento della legittimità democratica dei processi decisionali europei.

Tra queste novità merita in particolare segnalare:

·        una ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri che ha comportato un significativo ampliamento delle funzioni assegnate alla prima;

·        l'attribuzione del carattere giuridicamente vincolante alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

Il rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo, divenuto in via ordinaria colegislatore accanto al Consiglio dell’UE e il sistematico coinvolgimento dei Parlamenti nazionali nei processi decisionali europei;

·        l’ampliamento dei casi di voto a maggioranza qualificata e il contestuale ridimensionamento dei casi in cui è richiesta l’unanimità (essenzialmente limitata alla politica estera e di sicurezza, al fisco ad alcune disposizioni in materia di giustizia e affari interni -procura europea, diritto di famiglia, cooperazione di polizia - ed all’armonizzazione della legislazione nazionale in materia di sicurezza sociale e protezione sociale);

·        la partecipazione dei cittadini, con l'introduzione dell'iniziativa legislativa popolare.

Da più parti si è, infatti, rilevato che i progressi apportati dal Trattato di Lisbona non hanno posto l’Unione europea nelle condizioni migliori per affrontare fenomeni nuovi e in parte imprevedibili nelle dimensioni assunte nel contesto della globalizzazione (gestione delle crisi economico-finanziarie e loro conseguenze sul piano sociale; gestione dei conflitti in diversi paesi alle frontiere dell’UE; gestione dei flussi migratori; recrudescenza del terrorismo e della criminalità organizzata).

Va peraltro osservato che anche i progressivi allargamenti dell’UE, con l’inclusione di nuovi Paesi membri, hanno determinato tensioni e messo alla prova il sistema delle regole e i meccanismi di funzionamento dell’UE, in particolare per le difficoltà di alcuni dei nuovi entranti ad allinearsi interamente agli standard europei per quanto concerne il rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali. Esemplari al riguardo sono i casi dei successivi rinvii per l’ammissione di Romania e Bulgaria nello spazio di Schengen e il recente atteggiamento dell’Ungheria nei confronti dei flussi migratori.

In estrema sintesi, si sono evidenziati due approcci profondamente differenti sul tema dell’avanzamento dell’integrazione:

a)  per un verso, quello di chi ritiene che occorra proseguire nella direzione intrapresa con la creazione dell’Unione europea per arrivare ad una piena integrazione politica;

b)  per altro verso, quello di chi ritiene che le condizioni oggettivamente assai differenziate evidenziatesi in taluni ambiti inevitabilmente comportino un maggiore ricorso allo strumento delle cooperazioni rafforzate per creare all’interno dell’Unione aree più omogenee.

L’istituto della cooperazione rafforzata[1], introdotto, dal Trattato di Amsterdam nel 1997 e successivamente modificato proprio dal Trattato di Lisbona, si fonda sull’ammissione della possibilità di deviare parzialmente dal modello di integrazione uniforme per realizzare integrazioni differenziate secondo un’ipotesi che in dottrina è stata definita come “Europa a più velocità”. Rispondono a tale modello gli accordi di Schengen e gli accordi internazionali posti in essere per fronteggiare gli effetti della crisi economico-finanziaria (dal two-pack al six-pack, dal fiscal compact all’istituzione del ESM – meccanismo europeo di stabilità).

Di seguito le proposte più rilevanti, emerse a livello politico sul tema del processo di integrazione europeo.

Il gruppo di lavoro Westerwelle

Su iniziativa dell’allora Ministro degli affari esteri della Germania, Guido Westerwelle, si costituì nel marzo 2012 un gruppo di lavoro dedicato al futuro dell’Europa, cui hanno partecipato i ministri degli affari esteri di Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo e Spagna.

Il gruppo di lavoro presentò il 17 settembre 2012 un rapporto finale nel quale venivano avanzate alcune proposte sul futuro sviluppo dell’Unione europea.

Per quanto riguarda il rafforzamento della governance complessiva dell'UE, il gruppo Westerwelle proponeva le seguenti raccomandazioni: in materia di politica estera, valutare la possibilità di introdurre il voto a maggioranza e creare una polizia europea di frontiera. Sul terreno delle riforme istituzionali e del rafforzamento della legittimità democratica, si proponeva di riunire in una unica figura le cariche di Presidente della Commissione europea e di Presidente del Consiglio europeo e di estendere ulteriormente la decisione a maggioranza qualificata. Come traguardo finale del processo di riforma si ipotizzava di valutare: l’elezione diretta del Presidente della Commissione europea, con poteri di nomina dei commissari europei; attribuzione del diritto di iniziativa legislativa al Parlamento europeo; la creazione di una seconda Camera rappresentativa degli Stati.

La revisione del sistema delle risorse proprie

In occasione dell’approvazione, nel dicembre 2013, del Quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020, il Consiglio europeo ha deciso l’istituzione di un gruppo di lavoro ad alto livello, composto da membri designati dal Consiglio, dalla Commissione e dal Parlamento europeo, con il compito di rivedere l'attuale sistema UE delle "risorse proprie", con le quali si prevede a finanziare il funzionamento dell’UE, con l'obiettivo di assicurare semplicità, trasparenza, equità e controllo democratico.

Il bilancio dell’UE, in effetti, ammonta appena all’1% del PIL europeo.

Sulla base dei risultati di tale esercizio, la Commissione europea valuterà se saranno necessarie iniziative per nuove risorse proprie per il periodo di programmazione successivo al 2020.

Il Gruppo di lavoro, presieduto da Mario Monti, ha avviato i propri lavori il 3 aprile 2014.

Il gruppo ha presentato a febbraio 2015 una prima relazione intermedia, che evidenzia i seguenti aspetti critici dell’attuale sistema delle risorse proprie:

·          complessità e mancanza di la trasparenza;

·          i meccanismi di correzione ed il loro finanziamento producono effetti regressivi, dal momento che gli Stati membri meno prosperi contribuiscono proporzionalmente al budget dell’UE più di quelli ricchi;

·          i contributi nazionali sulla base del PIL e le risorse provenienti dal gettito IVA, che rappresentano insieme più dell'80% delle entrate totali nel 2013, non possono essere definite risorse proprie in senso stretto, dal momento che si tratta di trasferimenti.

Il Gruppo di lavoro dovrebbe formalizzare le sue proposte di riforma nel rapporto finale che dovrebbe essere presentato nei primi mesi del 2016.

Si prevede, inoltre, che i Parlamenti nazionali siano invitati a una conferenza interistituzionale che si dovrebbe svolgere a giugno 2016 per valutare l'esito del lavoro del gruppo di lavoro.

La relazione dei cinque Presidenti

La relazione "Completare l'Unione economica e monetaria dell'Europa", presentata il 22 giugno 2015, è stata elaborata dal Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, in stretta collaborazione con il Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, il Presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, il Presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, e il Presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz.

Si distinguono due fasi temporali, e quattro pilastri (Unione economica; Unione finanziaria; Unione di bilancio; Unione politica).

 

Prima fase: 1° luglio 2015 - 30 giugno 2017

·        Creazione in ogni Paese membro dell'eurozona di un'Autorità indipendente incaricata di valutare i progressi conseguiti con le riforme economiche.

La Commissione europea ha già presentato, il 21 ottobre scorso, una proposta di raccomandazione per l’istituzione di comitati nazionali per la competitività, dotati di autonomia funzionale nei confronti di qualsiasi autorità pubblica;

·        maggiore concentrazione su occupazione e performance sociale: il cosiddetto pilastro sociale;

·        istituzione di un Comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche, autorità indipendente incaricata di valutare la conformità dei bilanci nazionali con le raccomandazioni approvate a livello UE.

Anche in questo caso, la Commissione europea ha già presentato, il 21 ottobre, una proposta di decisione che istituisce tale comitato, con il compito di coadiuvare la Commissione europea nell’attività di sorveglianza dei bilanci nazionali, valutandone l’adeguatezza rispetto alle regole del Patto di stabilità e crescita;

·       intensificazione della cooperazione tra Parlamento europeo e Parlamenti nazionali;

·        potenziamento del ruolo di indirizzo dell'Eurogruppo, anche attraverso l'elezione di un Presidente permanente (attualmente ha un mandato di due anni e mezzo);

·        misure per una rappresentanza unica della zona euro negli organismi internazionali.

In questo ambito, il 21 ottobre la Commissione europea ha presentato una proposta di decisione che mira ad introdurre, entro il 2025, una rappresentanza unificata per la zona euro in seno al Fondo monetario internazionale, affidandola al Presidente dell'Eurogruppo. Nella fase intermedia, la zona euro otterrebbe lo status di osservatore e verrebbe rappresentata dal rappresentante di uno Stato membro della zona euro già membro del Consiglio di amministrazione del FMI, in associazione con la Commissione e la Banca centrale europea;

·        interazioni più sistematiche tra Commissari europei e Parlamenti nazionali, sia sulle raccomandazioni specifiche per Paese sia sui bilanci nazionali.

Fase 2: luglio 2017 – 2025

·       Rendere più vincolante il processo di convergenza, concordando una serie di standard a livello europeo che ogni Governo dovrà raggiungere in ambito di mercato del lavoro, competitività, contesto imprenditoriale, pubblica amministrazione e politica tributaria;

·       istituzione di sistema di stabilizzatori comuni per reagire agli shock, cui potranno accedere i Paesi che avranno fatto le riforme;

·        istituzione di una "Tesoreria europea": sebbene le decisioni di bilancio rimangano di competenza nazionale, si propone la creazione di un sistema che consenta di prendere le decisioni collettivamente, assicurando nel contempo il controllo democratico e la legittimità del processo.

Come menzionato sopra, il 21 ottobre 2015 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di proposte per dare avvio alla prima fase del processo di completamento dell'Unione economica e monetaria.

Il pacchetto è accompagnato da una comunicazione nella quale la Commissione europea preannuncia che, per preparare la transizione dalla fase 1 alla fase 2, nella primavera 2017 presenterà un libro bianco.

La posizione dell’Italia

Nell’ambito del dibattito sul futuro dell’Unione economica e monetaria, a maggio 2015 il Governo italiano ha presentato un contributo nel quale sottolinea la necessità di una maggiore integrazione politica e di una coesione sociale rafforzata, perseguendo i seguenti obiettivi:

·        introdurre meccanismi per attenuare i costi sociali delle riforme, in particolare quelle adottate nell’ambito del mercato del lavoro, ad esempio un sussidio comune di disoccupazione;

·        completare l’Unione bancaria con l’introduzione di un sistema comune di garanzia dei depositi e con l’attuazione del piano d’azione per un’Unione dei mercati dei capitali;

·        promuovere un uso più efficace delle risorse del bilancio UE; anche la revisione del sistema di risorse proprie dell’UE (vedi infra) dovrebbe costituire l’occasione per ragionare sulla possibilità di istituire un bilancio comune dell’eurozona, che preveda meccanismi di stabilizzazione sul modello del Meccanismo europeo di stabilità.

Il documento del Governo italiano, inoltre, indica come prioritario il superamento dell’attuale percezione di deficit democratico del processo decisionale a livello UE, attraverso un più ampio coinvolgimento del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali nelle procedure del semestre europeo e nel controllo dei programmi di aggiustamento macroeconomico a cui sono sottoposti i Paesi che usufruiscono di assistenza finanziaria da parte dell’ESM. Inoltre, si sottolinea l’opportunità di affrontare la questione di una rappresentanza unitaria dell’UE nelle sedi finanziarie internazionali.

Il 14 dicembre 2015 il Ministro degli esteri italiano, Paolo Gentiloni, e il segretario di Stato per gli Affari Esteri del Regno Unito, Philip Hammond, hanno sottoscritto una lettera congiunta nella quale sottolineano che, sebbene Italia e Regno Unito abbiano due punti di vista molto diversi sull’Europa (il Regno Unito considera il mercato unico come obiettivo principale, mentre l’Italia si ispira alla visione di un'Unione europea federale sempre più integrata, sia economicamente sia politicamente), i due Paesi condividono la necessità di una profonda riforma dell'Unione europea, al fine di semplificarne il funzionamento, le procedure e le regole. Entrambi i Governi auspicano un'economia competitiva, per promuovere una maggiore occupazione e sfruttare appieno il potenziale del mercato unico. In questo contesto, le proposte del Regno Unito costituiscono una base di discussione per creare un’Unione europea più competitiva, democraticamente responsabile e flessibile, in grado di conciliare le diverse visioni dell’UE, consentendo agli Stati membri che vogliono approfondire l'integrazione di procedere, rispettando nel contempo la volontà di coloro che non intendono proseguire nel processo di integrazione.

Da ultimo si segnala che, su iniziativa del Ministro degli Affari Esteri Paolo Gentiloni, si è svolta il 9 febbraio 2016, a Villa Madama, a Roma, una riunione dei Ministri degli Esteri dei Paesi fondatori dell’Unione europea (Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi) nella prospettiva delle celebrazioni del sessantesimo anniversario del Trattato di Roma del 25 marzo 1957.

La riunione è stata volta ad avviare una riflessione comune su come rafforzare l’Unione Europea a partire dalle principali sfide che l'Europa è chiamata ad affrontare. In particolare la riunione è stata dedicata ad affrontare i temi delle prospettive di rilancio del processo di integrazione e i principali temi di attualità tra cui il tema dell’immigrazione con particolare riferimento alle aree di crisi con l’obiettivo di individuare una efficace e coesa risposta europea.

 

Nella risoluzione Rosato ed altri (n. 6-00155) approvata dalla Camera dei deputati il 10 settembre 2015, in esito dell’esame congiunto del Programma di lavoro della Commissione per il 2015 e della Relazione programmatica del Governo sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea riferita all'anno 2015, si impegna il Governo, in particolare, a:

·        concorrere attivamente all'avanzamento delle prospettive dell'integrazione europea, attraverso un confronto il più ampio possibile che coinvolga i cittadini, in primo luogo attraverso le istituzioni parlamentari;

·        adoperarsi affinché il percorso di rilancio del processo di integrazione sia articolato in tre ambiti:

-       la definizione, a trattati vigenti, di politiche comuni in grado di fornire risposte adeguate alle aspettative dei cittadini, in modo da fronteggiare con azioni concrete le crescenti tendenze all'euroscetticismo;

-       l'attuazione di un'autentica Unione economica e monetaria, a partire dalla Relazione dei cinque Presidenti dello scorso giugno, assicurando che la creazione di nuovi meccanismi e figure istituzionali nella zona euro risponda primariamente all'obiettivo di condurre politiche economiche e di bilancio orientate alla crescita, all'occupazione e alla coesione economica e sociale;

-       la progressiva realizzazione di Istituzioni e politiche di tipo federale, con l'obiettivo ultimo di addivenire alla creazione degli Stati Uniti d'Europa.

Su iniziativa della Presidente della Camera, Laura Boldrini, il 14 settembre 2015, in occasione di una cerimonia svoltasi alla Camera dei deputati è stata firmata una dichiarazione congiunta intitolata “Più integrazione europea: la strada da percorrere volta a dare nuovo slancio all’integrazione politica europea.

La dichiarazione, oltre che dalla Presidente Boldrini, è stata firmata dal Presidente del Bundestag tedesco Norbert Lammert, dal Presidente dell’Assemblée nationale francese Claude Bartolone e dal Presidente della Chambre des Députés lussemburghese Mars Di Bartolomeo. La Dichiarazione è aperta alla firma dei Presidenti di tutti i Parlamenti nazionali dell’UE e sarà trasmessa alle istituzioni dell’Unione europea.

In particolare nella dichiarazione si richiama la necessità di rafforzare il progetto europeo per meglio affrontare le sfide che l’Europa si trova ad affrontare sia al suo interno che al suo esterno e si ritiene necessario intraprendere un percorso verso una maggiore integrazione europea, con l’obiettivo di una unione federale di Stati.

La dichiarazione impegna anche ad un rafforzamento dell’Unione economica e monetaria, attraverso la creazione di un’autentica unione finanziaria e fiscale ed il rafforzamento delle istituzioni di controllo, e della dimensione sociale.

In tale ambito, il trasferimento di maggiori poteri alle istituzioni dell’UE dovrebbe essere accompagnato da un ruolo più ampio dei Parlamenti nazionali nel processo decisionale dell’UE.

 

Il documento di lavoro Bresso - Brok

Gli Onn. Mercedes Bresso (S&D, IT) e Elmar Brok (PPE-DE), relatori sulla relazione di iniziativa della Commissione affari costituzionali del Parlamento europeo sul tema “Migliorare il funzionamento della costruzione dell’UE sulla base del potenziale del Trattato di Lisbona” hanno predisposto il 30 ottobre 2015 un documento di lavoro nel quale si avanzano un serie di proposte volte a migliorare il funzionamento dell’UE sfruttando pienamente le possibilità offerte dal Trattato di Lisbona, senza quindi ricorrere ad una revisione dei Trattati.

In particolare, tra le proposte e le indicazioni, si segnalano le seguenti:

Parlamento europeo & Parlamenti nazionali

·        migliorare la procedura per l’elezione del PE, prevedendo l’introduzione obbligatoria nelle disposizioni elettorali nazionali per l’elezione di rappresentanti al PE di una soglia minima di sbarramento; dovrebbero, inoltre, essere stabilite delle regole chiare e democratiche per la selezione da parte dei partiti politici europei dei candidati alla carica di Presidente della Commissione europea e dei candidati alla carica di membro del PE;

Consiglio europeo

·        il Consiglio europeo dovrebbe astenersi dall’ampliare la sua attività adottando decisioni di natura legislativa.

A tale fine occorre segnalare che il Consiglio europeo, in relazione alla situazione di emergenza creata dalla crisi economico e finanziarie, che si è sviluppata a partire dal 2008/2009, ha in più occasioni promosso la presentazione di iniziative legislative da parte della Commissione europea e/o la loro adozione da parte della Consiglio UE e del Parlamento europeo. Ciò ha condotto ad una tendenza ad una maggiore “propulsione” della dinamica intergovernativa a scapito di quella “comunitaria”;

·        unificare la carica di Presidente del Consiglio europeo con quella del Presidente della Commissione europea;

Consiglio dell’Unione europea

·        migliorare la trasparenza nel processo decisionale del Consiglio, consentendo la partecipazione di rappresentanti del PE in qualità di osservatori alle riunioni del Consiglio e dei suoi organi nei quali si discutono dossier legislativi;

·        passare ad un regime integrale di votazione a maggioranza qualificata in senso al Consiglio;

Commissione europea

·        rafforzare il ruolo del PE nella procedura dell’elezione del Presidente della Commissione europea, attraverso le formali consultazioni tra i partiti politici europei e il Presidente della Consiglio europeo (già previste dalla dichiarazione n.11 allegato al Trattato di Lisbona) e assicurando che il Consiglio europeo si impegni a considerare pienamente i risultati delle elezioni europee nel decidere sul candidato alla Presidenza della Commissione europea da sottoporre a procedura di nomina da parte del PE;

Approfondire l’Unione economica e monetaria

·        a lungo termine, istituire, attraverso un accordo interistituzionale tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione, un Ministro europeo delle finanze, combinando i ruoli esistenti del Presidente permanente dell'Eurogruppo e del Vice-Presidente della Commissione incaricato per gli Affari economici e finanziari;

·        garantire la rappresentanza unica della UE/eurozona nell'ambito del Fondo monetario internazionale (FMI), della Banca mondiale e delle altre istituzioni finanziarie internazionali attraverso il Vice-Presidente della Commissione europea/Ministro europeo delle finanze e il Presidente della Banca centrale europea (BCE);

·        creare una struttura amministrativa del bilancio e del tesoro dell'UE simile al Budget Office del Congresso americano per supportare la funzione del Ministro europeo delle Finanze;

·        adottare, seguendo la procedura legislativa ordinaria, un Codice di convergenza valido per tutti i 28 Paesi membri dell’UE, recante linee guida vincolanti per il coordinamento delle politiche economiche, con obiettivi specifici da perseguire nell’ambito del mercato del lavoro, della fiscalità, del contesto imprenditoriale e dell’amministrazione pubblica. Il rispetto di tali linee guida e obiettivi garantirebbe agli Stati membri la possibilità di utilizzare le risorse di un apposito “meccanismo di assorbimento” delle crisi;

·        rafforzare il ruolo del Parlamento europeo nella governance economica estendendo la procedura legislativa ordinaria a tutti i settori economici e fiscali;

·        formalizzare il ruolo del PE nell’ambito del Semestre europeo, compresa l’adozione dell’Analisi annuale della crescita, attraverso un apposito accordo interistituzionale;

·        il Parlamento europeo dovrebbe poter esercitare una funzione più incisiva nei negoziati tra gli Stati membri e le istituzioni dell'UE, prevedendo la possibilità di audire i Governi degli Stati membri in materia di raccomandazioni specifiche, programmi nazionali per uscire dalle procedure per disavanzo eccessivo e squilibri macroeconomici eccessivi;

·        integrare il Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell’Unione economica e monetaria (cd. Fiscal Compact) nella cornice giuridica dell’UE.

Al riguardo, si segnala che l’art. 16 del medesimo Tratto prevede che al più tardi entro cinque anni dalla data di entrata in vigore (1° gennaio 2013), sulla base di una valutazione dell'esperienza maturata in sede di attuazione, siano adottate le misure necessarie per incorporare il contenuto del trattato nell'ordinamento giuridico dell'Unione europea;

·        integrare il Meccanismo europeo di stabilità (European stability mechanism, ESM, cd. “fondo salva-Stati”) nel quadro giuridico dell'Unione e trasformarlo in un Fondo monetario europeo.

Al contrario del Fiscal Compact, il Trattato istitutivo dell’ESM non contiene alcuna norma che preveda l’integrazione del Trattato medesimo nella cornice giuridica dell’UE;

·        modificare gli  artt. 48  del Trattato sull’UE (TUE) e 312 del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE) in modo che il Quadro finanziario pluriennale dell’Unione (QFP) venga approvato non più all’unanimità, bensì a maggioranza qualificata;

·        stabilire che, in linea con la durata della legislatura europea, il QFP dovrebbe coprire un arco di cinque anni e non di sette;

·        in vista della costituzione di un Fondo di rimborso del debito pubblico, si dovrebbe tener conto delle indicazioni contenute nel rapporto finale del gruppo di esperti sul Fondo per il rimborso del debito e gli eurobills istituito dalla Commissione europea nel luglio;

Azione esterna

·        sfruttare maggiormente le disposizioni del TUE che prevedono la possibilità che il Consiglio possa, in materia di politica estera e di sicurezza comune, deliberare a maggioranza qualificata per determinate decisioni (art. 31, paragrafo 2) e la clausola passerella (art. 31, paragrafo 3) con la quale il Consiglio europeo può decidere all’unanimità di estendere i casi in cui il Consiglio può adottare decisioni a maggioranza qualificata;

·        utilizzare lo strumento delle cooperazioni rafforzate, disciplinato all’articolo 20, paragrafo 2 del TUE per far avanzare la politica estera e di sicurezza comune;

Difesa

·        utilizzare le disposizioni previste all’art. 46 del TUE relative alla cooperazione strutturata permanente nel settore della difesa;

·        creare un quartier generale europeo per le operazioni militari;

·        ricondurre alla cornice dell’UE le attuali diverse forme di cooperazioni tra le forze militari degli Stati membri dell’UE e aumentare l’impiego dei gruppi tattici europei (EU Battlegroups).

I negoziati per la permanenza del Regno Unito nell’UE

Il Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, in esito ai negoziati con il Governo del Regno Unito svoltisi nel mese di gennaio 2016, ha presentato il 2 febbraio 2016 un pacchetto di proposte concernente una nuova intesa per la permanenza del Regno Unito nell’Unione europea, che sarà sottoposto all’esame e all’eventuale approvazione da parte del Consiglio europeo del 18 e 19 novembre 2016.

A seguito delle elezioni politiche che si sono svolte nel 2015, il Primo Ministro del Regno Unito, David Cameron, aveva confermato che entro il 2017 si sarebbe svolto un referendum sulla permanenza del Regno Unito nella UE, a seguito di un avvio di negoziati con gli Stati membri dell’UE per rivedere la posizione del Regno Unito nella UE.

Il 10 novembre 2015 il Primo Ministro inglese, David Cameron aveva inviato una lettera al Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk nella quale sollecitava alcune riforme dell’UE per rispondere alle preoccupazioni dell’opinione pubblica britannica sull’appartenenza all’UE in quattro aree in particolare: governance economica; crescita e competitività; sovranità; prestazioni sociali e libera circolazione.

Il Consiglio europeo del 17 e 18 dicembre 2015 ha svolto una discussione sulle proposte presentate dal Regno Unito ed ha rinviato al Consiglio europeo, rinviando al Consiglio europeo del 18 e 19 febbraio 2016 l’adozione di proposte in merito.

In caso di esito positivo del negoziato, il Governo inglese si impegna a sostenere le ragioni del “sì” nella campagna che precederà il referendum sull'adesione del Regno Unito all'Unione europea, che dovrebbe tenersi tra giugno e dicembre del 2016 (secondo notizie riportate dalla stampa sarebbe stata individuata la data del 23 giugno 2016).

In linea generale si può ritenere che le proposte presentate dal Presidente Tusk recepiscono quasi integralmente le richieste che erano stata avanzata dal Governo del Regno Unito con la lettera del 10 novembre 2015.

Tra i punti qualificanti del pacchetto all’esame del prossimo Consiglio europeo si segnalano, in particolare, i seguenti:

 

Prestazioni di sicurezza sociale e libera circolazione

·        fermo restando il principio della libera circolazione dei lavoratori all’interno del mercato unico, si sottolinea che i sistemi di sicurezza sociale degli Stati membri - che la normativa dell’Unione coordina ma non armonizza - presentano forti differenze e ciò può attrarre lavoratori verso taluni paesi, con il rischio che i conseguenti spostamenti producano effetti negativi. Si prevede, quindi, la possibilità di limitazioni alla libera circolazione per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanita pubblica, nonché per “imperativi di interesse generali quali promuovere le assunzioni, tutelare i lavoratori vulnerabili, evitare gravi pregiudizi per la sostenibilità dei sistemi di sicurezza sociale”. Si prevede inoltre, che il diritto delle persone che non lavorano di soggiornare in altro Stato membro è subordinato alla condizione che tali persone dispongano “per se stesse e i propri familiari di risorse economiche sufficiente” per non gravare sull’assistenza sanitaria e sociale dello Stato ospitante. Conseguentemente gli Stati membri possono negare la concessione di prestazioni di sicurezza sociale. A tal fine si indica l’impegno della Commissione europea a presentare proposte di modifica della vigente normativa europea in materia di:

·        a) coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale riguardo all'esportazione delle prestazioni per figli a carico verso uno Stato membro diverso da quello in cui il lavoratore soggiorna, nell’ottica di consentire agli Stati membri di indicizzare tali prestazioni sulla base del tenore di vita nello Stato membro in cui risiedono i figli;

b) libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione, con l’obiettivo di prevedere un meccanismo di allerta e salvaguardia (cosiddetto “Freno di emergenza”) per rispondere a situazioni di afflusso di lavoratori provenienti da altri Stati membri di portata eccezionale e per un periodo di tempo prolungato.

Lo Stato membro notificherebbe alla Commissione e al Consiglio l'esistenza di una situazione eccezionale di entità tale da ledere aspetti essenziali del suo sistema di sicurezza sociale o da determinare difficoltà gravi che rischiano di protrarsi nel suo mercato del lavoro o da mettere un'eccessiva pressione sul corretto funzionamento dei servizi pubblici. La Commissione, esaminata la questione, quindi, presenterebbe al Consiglio una proposta di atto di esecuzione che autorizzerebbe lo Stato membro a limitare l'accesso dei lavoratori dell'UE che entrano per la prima volta nel suo mercato del lavoro alle prestazioni collegate all’esercizio di un’attività lavorativa per un periodo totale di massimo quattro anni, rinnovabile per altri due periodi, dall'inizio del rapporto di lavoro. La limitazione sarebbe regressiva: dalla completa esclusione iniziale dalle prestazioni si passerebbe ad un graduale accesso connesso al crescente collegamento del lavoratore con il mercato del lavoro dello Stato membro ospitante;

Governance economica

·        al fine di garantire l’efficacia dei nuovi processi decisionali dell’UEM e, nel contempo, il rispetto dei diritti e delle competenze degli Stati membri la cui moneta non è l’euro, è vietata ogni discriminazione tra le persone fisiche e giuridiche basata sulla moneta.

A tal fine:

a) gli atti giuridici, ivi compresi accordi intergovernativi fra gli Stati membri, direttamente legati al funzionamento della zona euro devono rispettare il mercato interno e la coesione economica, sociale e territoriale;

b) la normativa sull'unione bancaria che conferisce alla Banca centrale europea, al Comitato unico di risoluzione delle crisi bancarie o ad altri enti dell'Unione con funzioni simili, l’autorità su istituti di credito è applicabile solo agli enti creditizi situati in Stati membri la cui moneta è l'euro o negli Stati membri che hanno concluso con la Banca centrale europea un accordo di cooperazione stretta in materia di vigilanza;

c) le misure di emergenza volte a salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro (quali, ad esempio , il cd. fondo salva-Stati), non comporteranno responsabilità di bilancio per gli Stati membri la cui moneta non è l'euro;

Competitività

·        il rafforzamento del mercato interno, da conseguire attraverso: a) un impegno nella riduzione degli oneri tramite la semplificazione normativa, anche attraverso il ritiro o l'abrogazione di atti legislativi e un migliore utilizzo della valutazione d’impatto e della valutazione ex post nell’intero ciclo legislativo, a livello sia dell'UE che nazionale; b) il potenziamento dell'azione volta a ridurre l’onere complessivo della regolamentazione dell'UE per le PMI e le microimprese; c) la fissazione, di obiettivi di riduzione degli oneri nei settori chiave, con impegni da parte delle istituzioni dell’UE e degli Stati membri;

Sovranità

·        il riferimento, all’art. 1 del Trattato sull’Unione europea, alla creazione di “un’Unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europanon indica necessariamente l’obiettivo di un’integrazione politica ed è compatibili con diversi percorsi di integrazione tra gli Stati membri e non obbliga tutti gli Stati membri ad una destinazione comune;

·        il riconoscimento ai Parlamenti nazionali del potere di bloccare il procedimento legislativo europeo su una determinata proposta, (cosiddetto “cartellino rosso”). In particolare, qualora i pareri motivati dei Parlamenti nazionali, inviati entro 12 settimane, dalla trasmissione del progetto rappresentino più del 55% dei voti attribuiti ai Parlamenti nazionali, il Consiglio dei ministri dell’UE svolgerà una discussione esauriente su tali pareri e sulle conseguenze da trarne. A seguito di tale discussione, il Consiglio interromperà l'esame del progetto di atto legislativo in questione, a meno che il progetto non sia modificato per rispondere alle preoccupazioni espresse nei pareri motivati dei Parlamenti nazionali.

Come previsto dall’articolo 7, paragrafo 1, del protocollo n. 2 sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, allegato ai Trattati, ciascun Parlamento nazionale dispone di due voti, in un sistema parlamentare bicamerale ciascuna delle due Camere dispone di un voto.

In proposito, si può osservare che la proposta del Presidente Tusk rimette al Consiglio dei ministri dell’UE la decisione ultima sull’esito della proposta controversa, mentre attualmente la procedure per il controllo di sussidiarietà demanda alla Commissione europea la responsabilità di valutare i pareri motivati dei parlamenti nazionali. Si ricorda, inoltre, che attualmente l’articolo 6 del Protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità prevede che i Parlamenti nazionali possano inviare pareri motivati per la non conformità di un progetto di atto legislativo al principio di sussidiarietà entro un termine di 8 settimane a decorrere della data di trasmissione del progetto in tutte le lingue ufficiali dell’UE;

·        le disposizioni dei protocolli allegati ai trattati devono essere pienamente riconosciuti e non deve essere attribuito loro rango inferiore alle disposizioni dei Tratti di cui tali protocolli costituiscono parte integrante.

In particolare, una misura adottata ai sensi della parte terza titolo V del Trattato sul funzionamento dell’UE, riguardante lo spazio di libertà sicurezza e giustizia, non è vincolante per gli Stati membri cui si applicano i protocolli n. 21 e 22 (relativi rispettivamente alle misure di opt out per Regno unito e Irlanda e per  la Danimarca) a meno che lo Stato interessato non abbia notificato di voler essere vincolato dalla misura e qualora il protocollo lo consenta;

·        l’impegno delle istituzioni dell’UE a rispettare la competenza degli Stati membri in materia di sicurezza nazionale, che ai sensi dell’articolo4, paragrafo 2 del TUE resta di esclusiva competenza di ciascuno Stato membro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


                                                                                                           

 

XVII legislatura – Documentazione per le Commissioni – Audizioni e incontri con rappresentanti  dell’UE, n. 32, 10 Febbraio 2016

Il bollettino è stato curato dall’Ufficio Rapporti con l’Unione europea (' 06 6760.2145 - * cdrue@camera.it)

 



[1] Per instaurare una cooperazione rafforzata è necessario il numero minimo di 9 Stati membri; inoltre, oggetto della cooperazione non può essere una materia di competenza esclusiva dell’UE. E’ comunque previsto che sulla cooperazione si pronunci il Consiglio a maggioranza qualificata sulla base di una proposta della Commissione europea, previo parere conforme del Parlamento europeo. Ovviamente, la proposta della Commissione è sollecitata dagli Stati membri promotori. Tra le novità più significative del Trattato di Lisbona è considerata anche la possibilità di ricorrere a cooperazioni rafforzate anche nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune che può comportare anche la stipula di accordi internazionali.