Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari sociali
Titolo: Revisione della disciplina in materia di impresa sociale - Atto del Governo n. 418
Riferimenti:
SCH.DEC 418/XVII     
Serie: Atti del Governo    Numero: 418
Data: 29/05/2017
Organi della Camera: XII-Affari sociali

Atto del Governo n. 418

 

Schema di decreto legislativo recante revisione della disciplina in materia di impresa sociale

 

Schede di lettura

maggio 2017


 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Servizio Studi

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Dossier n. 500

 

 

 

 

 

 

CAMERA DEI DEPUTATI

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Atti del Governo n. 418

 

 

 

 

 

Schema di decreto legislativo recante revisione della disciplina in materia di impresa sociale

 

Atto del Governo n. 418

 

 

 

Schede di lettura

 

 

maggio 2017

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I N D I C E

 

 

Introduzione. 5

Schede di lettura

Articolo 1 (Nozione e qualifica di impresa sociale) 11

Articolo 2 (Attività d'impresa di interesse generale) 14

Articolo 3 (Assenza di scopo di lucro) 20

Articolo 4 (Struttura proprietaria e disciplina dei gruppi) 23

Articolo 5 (Costituzione) 24

Articolo 6 del decreto legislativo n. 155 del 2006 (Responsabilità patrimoniale) 25

Articolo 6 (Denominazione) 26

Articolo 7 (Cariche sociali) 27

Articolo 8 (Ammissione ed esclusione) 28

Articolo 9 (Scritture contabili) 29

Articolo 10 (Organi di controllo interno) 30

Articolo 11 (Coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle attività) 32

Articolo 12 (Trasformazione, fusione, scissione, cessione d'azienda e devoluzione del patrimonio) 33

Articolo 13 (Lavoro nell'impresa sociale) 35

Articolo 14 (Procedure concorsuali) 36

Articolo 15 (Funzioni di monitoraggio, ricerca e controllo) 38

Articolo 16 (Fondo per la promozione e lo sviluppo delle imprese sociali) 40

Articolo 17 (Norme di coordinamento e transitorie) 41

Articolo 18 (Misure fiscali e di sostegno economico) 42

Articolo 19 (Abrogazioni) 49

Articolo 20 (Copertura finanziaria) 50

Articolo 21 (Entrata in vigore) 51

Testo a fronte   

L'A.G. n. 418 a raffronto con il decreto legislativo n. 155 del 2006. 55

 

 


 

INTRODUZIONE

Giunge al vaglio consultivo del Parlamento l'atto del Governo n. 418: Schema di decreto legislativo, recante revisione della disciplina in materia di impresa sociale.

La disposizione di delega è contenuta nella legge n. 106 del 2016 (in particolare: il suo articolo 1, comma 2, lettera c)). Quella legge ha delegato il Governo alla riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e del servizio civile universale.

 

  L'impresa sociale è stata introdotta nell'ordinamento italiano dalla legge n. 118 del 2005, indi disciplinata dal decreto legislativo n. 155 del 2006.

  L'A.G. n. 418 in esame opera una riscrittura di quel decreto legislativo n. 155 del 2006 (disponendone al contempo l'abrogazione).

 

L'impresa sociale è qualificazione che può essere assunta da soggetti aventi qualsiasi forma giuridica, ad alcune fondamentali condizioni secondo la disciplina vigente:

-        l'operatività in settori considerati di utilità sociale;

-        il divieto di distribuzione degli utili ai soci.

Su ambedue i profili incide lo schema in esame, il quale sia prevede la possibilità per l'impresa sociale di distribuire dividendi ai soci (beninteso entro certi limiti) sia estende il novero di attività che configurino una utilità sociale.

Insieme esso prevede alcuni incentivi fiscali (per capitale investito in imprese sociali sorte da non oltre tre anni, o per utili ed avanzi di gestione mantenuti nella riserva indivisibile o nel capitale dell'impresa).

Lungo questa triplice falsariga muove il disegno riformatore dello schema di decreto legislativo - che poi si estende ad altri profili, come i controlli interni o il coinvolgimento di lavoratori, utenti, altri interessati.

Le principali modifiche recate dallo schema sono da leggere 'a fronte' della disciplina posta dallo schema recante il codice del Terzo settore (A.G. n. 417) riguardo alle forme di redditività non profit.

Lo schema contenuto nell'A.G. n. 418 pare perseguire, a circa un decennio dall'introduzione e prima disciplina dell'impresa sociale, di questa un maggiore radicamento e diffusione[1] entro le articolazioni del non profit.

 

Nel quadro normativo vigente, l'impresa sociale è uno degli attori del Terzo settore, non l'esclusivo.

Il mondo del non profit si articola in molteplici enti, differenziati nella loro struttura, per tipologia, per status giuridico.

Vi sono, oltre alle imprese sociali: le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), la cui regolamentazione e regime fiscale sono dettati dal decreto legislativo n. 460 del 1997 ("Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale"); le associazioni del volontariato, disciplinate dalla legge n. 266 del 1991 ("Legge quadro sul volontariato"); le cooperative sociali, di cui alla legge n.  381 del 1991 ("Disciplina delle cooperative sociali"); le associazioni di promozione sociale, di cui alla legge n. 383 del 2000 ("Disciplina delle associazioni di promozione sociale").

Vi sono inoltre le fondazioni ex-bancarie, disciplinate dal decreto legislativo n. 153 del 1999 ("Disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, e disciplina fiscale delle operazioni di ristrutturazione bancaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 1998, n. 461").

 

Princìpi e criteri direttivi della delega legislativa al riordino e alla revisione della disciplina in materia di impresa sociale sono scanditi dall'articolo 6 della citata legge n. 106 del 2016.

Sono:

a) qualificazione dell'impresa sociale quale organizzazione privata che svolge attività d'impresa per le finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, destina i propri utili prioritariamente al conseguimento dell'oggetto sociale nei limiti di cui alla lettera d), adotta modalità di gestione responsabili e trasparenti, favorisce il più ampio coinvolgimento dei dipendenti, degli utenti e di tutti i soggetti interessati alle sue attività e quindi rientra nel complesso degli enti del Terzo settore;

b) individuazione dei settori in cui può essere svolta l'attività d'impresa di cui alla lettera a), nell'ambito delle attività di interesse generale, il cui svolgimento, in coerenza con le previsioni statutarie e attraverso modalità che prevedano le più ampie condizioni di accesso da parte dei soggetti beneficiari, costituisca requisito per l'accesso alle agevolazioni previste dalla normativa e che sono soggette alle verifiche previste;

c) acquisizione di diritto della qualifica di impresa sociale da parte delle cooperative sociali e dei loro consorzi;

d) previsione di forme di remunerazione del capitale sociale che assicurino la prevalente destinazione degli utili al conseguimento dell'oggetto sociale, da assoggettare a condizioni e comunque nei limiti massimi previsti per le cooperative a mutualità prevalente, e previsione del divieto di ripartire eventuali avanzi di gestione per gli enti per i quali tale possibilità è esclusa per legge, anche qualora assumano la qualifica di impresa sociale;

e) previsione per l'organizzazione che eserciti l'impresa sociale, dell'obbligo di redigere il bilancio ai sensi degli articoli 2423 e seguenti del codice civile, in quanto compatibili;

f) previsione di specifici obblighi di trasparenza e di limiti in materia di remunerazione delle cariche sociali e di retribuzione dei titolari degli organismi dirigenti;

g) ridefinizione delle categorie di lavoratori svantaggiati, tenendo conto delle nuove forme di esclusione sociale, anche con riferimento ai princìpi di pari opportunità e non discriminazione di cui alla vigente normativa nazionale e dell'Unione europea, prevedendo una graduazione dei benefìci finalizzata a favorire le categorie maggiormente svantaggiate;

h) possibilità, nel rispetto delle disposizioni del decreto legislativo n. 39 del 2013 ("Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico"), per le imprese private e per le amministrazioni pubbliche di assumere cariche sociali negli organi di amministrazione delle imprese sociali, salvo il divieto di assumerne la direzione, la presidenza e il controllo;

i) coordinamento della disciplina dell'impresa sociale con il regime delle attività d'impresa svolte dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale;

l) previsione della nomina, in base a princìpi di terzietà, fin dall'atto costitutivo, di uno o più sindaci allo scopo di monitorare e vigilare sull'osservanza della legge e dello statuto da parte dell'impresa sociale, sul rispetto dei princìpi di corretta amministrazione, anche con riferimento alle disposizioni del decreto legislativo n. 231 del 2001 ("Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica") e sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile.

 

 

 

 

 

 

 


Schede di lettura


Articolo 1
(Nozione e qualifica di impresa sociale)

 

 

Questo articolo reca (al comma 1) la definizione normativa di "impresa sociale".

È qualificazione acquisibile da ogni organizzazione privata, purché si abbiano:

ü  esercizio in via stabile e principale di un'attività d'impresa di interesse generale;

ü  assenza di scopo di lucro;

ü  finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale;

ü  modalità di gestione responsabili e trasparenti;

ü  misure per favorire il coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e degli altri soggetti interessati alle attività;

ü  conformità alla disciplina dal presente decreto legislativo.

Molti di questi elementi definitori sono già presenti nel decreto legislativo n. 155 del 2006 (tuttavia dislocati in più disposizioni, entro i suoi articoli 1, 2 e 3).

Alcuni nuovi si aggiungono, circa la trasparenza delle modalità di gestione nonché il coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e altri interessati (conformemente a principio di delega).

L'assenza di lucro è esplicitata quale elemento definitorio (laddove nel decreto legislativo n. 155 costituisce la rubrica dell'articolo 3, recante la disciplina della destinazione degli utili e degli avanzi di gestione).

È ribadito il principio (già sancito dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 155, benché con formulazione lessicale non coincidente) che ogni soggetto economico, quale che sia la sua giuridica configurazione, ed anche se impresa o società o altra organizzazione costituita nelle forme del titolo V del codice civile, possa essere una impresa sociale.

 

Il comma 2 ribadisce il divieto di acquisire la configurazione di impresa sociale, per una duplice tipologia di soggetti:

ü amministrazioni pubbliche;

ü organizzazioni i cui atti costitutivi limitino ai propri soci (o associati) l'erogazione di beni e servizi.

Per amministrazioni pubbliche si intendono quelle oggetto dell'articolo 1, comma 2 del decreto legislativo n. 165 del 2001. Dunque il divieto vale per tutte le amministrazioni dello Stato, incluse le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, per le Regioni e gli enti locali e loro consorzi e associazioni, per tutti gli enti pubblici non economici, nazionali regionali locali.

 

Per gli enti ecclesiastici e gli enti delle confessioni religiose con le quali lo Stato abbia stipulato patti, accordi o intese, sono ribadite (dal comma 3) le previsioni già recate dal decreto legislativo n. 155 del 2006.

Si aggiunge la prescrizione che un ente siffatto, qualora intenda operare quale impresa sociale, debba costituire un patrimonio destinato appositamente alle attività di impresa aventi interesse generale (così come determinate dal medesimo schema: v. infra l'articolo 2).

 

Per le cooperative sociali, si dispone l'acquisizione di diritto della qualifica di impresa sociale (comma 4).

La previsione risponde a principio di delega (cfr. articolo 6, comma 1, lettera c) della legge n. 106).

La generale disciplina delle cooperative sociali permane resa dalla legge n. 381 del 1991 (la quale prevede che le cooperative sociali operino nella gestione di servizi socio-sanitari ed educativi, o in attività diverse, agricole industriali commerciali di servizi, se finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate).

Su tale normativa si 'innesta' quella recata dagli articoli 15 (monitoraggio, ricerca e controllo), 16 (Fondo per la promozione e sviluppo delle imprese sociali), 17 (in particolare il comma 1, recante norma transitoria) e 18 (misure fiscali di sostegno economico) dello schema.

Rimangono immutati i requisiti mutualistici vigenti - ossia il divieto di distribuzione dei dividendi superiori alla ragione dell'interesse legale ragguagliato al capitale effettivamente versato; il divieto di distribuzione delle riserve tra i soci durante la vita sociale; la devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell'intero patrimonio sociale (dedotto soltanto il capitale versato e i dividendi eventualmente maturati) a scopi di pubblica utilità conformi allo spirito mutualistico.

In sintesi, le cooperative sociali, ipso iure trasformate in imprese sociali secondo lo schema, divengono soggette solo ad alcune delle previsioni da esso recate (in particolare accedendo agli incentivi fiscali previsti), per il resto rimanendo inalterata la vigente disciplina sostanziale loro specifica.

Ciò vale anche per i consorzi di cooperative sociali (costituibili se la base sociale risulti formata da almeno il settanta per cento da cooperative sociali, ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 381 del 1991; cfr. inoltre l'articolo 27 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 1577 del 1947, come ratificato dalla legge n. 302 del 1951).

 

 Il comma 5 reca una clausola di rinvio alle norme, per quanto compatibili, del Codice del Terzo settore (oggetto di altro schema di decreto legislativo, l'A.G. n. 417).

In mancanza di norme di quest'ultimo, il rinvio è - "per gli aspetti non disciplinati" - alle norme del codice civile ed alle correlative disposizioni di attuazione in ordine alla forma giuridica in cui l'impresa sociale sia costituita.

 

Il comma 6 pone una clausola di compatibilità, per cui le disposizioni dello schema sono da intendersi applicabili solo se non contrastanti con il decreto legislativo n. 175 del 2016.

Si tratta del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica.

Invero la condizione (ai fini dell'applicazione delle disposizioni dello schema) della compatibilità con la disciplina della partecipazione pubblica parrebbe suscettibile di più puntuale specificazione quanto ad articoli e disposizioni del Testo unico richiamato, giacché alcune disposizioni di esso si direbbero di per sé non agevolmente compatibili con le vicende proprie del Terzo settore, tale perché 'altro' dallo Stato e dal mercato (pur nella possibile integrazione di servizi resi, quale definita ad esempio dalla legge n. 328 del 2000 per i servizi sociali, ed ancorché la legge delega n. 106 preveda che le amministrazioni pubbliche possano assumere cariche sociali negli organi di amministrazione delle imprese sociali, salvo peraltro il divieto di assumerne la direzione, la presidenza e il controllo). 

 

Il comma 7 pone una clausola di non applicazione delle disposizioni dello schema.

Dal suo ambito applicativo sono escluse le fondazioni bancarie (le quali sono disciplinate dal decreto legislativo n. 153 del 1999).

La previsione risponde a disposizione della legge di delegazione legislativa (cfr. articolo 1, comma 1, ultimo periodo della legge n. 106 del 2016).

 

 


Articolo 2
(Attività d'impresa di interesse generale)

 

Questo articolo individua le attività di impresa cui il legislatore annette una rilevanza di interesse generale.

Pertanto determina le attività che una impresa sociale può svolgere.

Laddove l'omologo articolo del decreto legislativo n. 155 del 2006 fa perno su una nozione di produzione o scambio di beni e servizi "di utilità sociale", la nuova definizione - resa dal comma 1 - si incentra su un'attività di impresa "di interesse generale".

Alcune attività possono dirsi ricalcare quelle enumerate dal decreto legislativo n. 155; altre sono diversamente modulate, sì da poter risultare più estese; altre ancora sono di nuova introduzione,

Nell'insieme, si allargano i settori di attività dell'impresa sociale.

 

Di nuova introduzione (rispetto al dettato del decreto legislativo n. 155 del 2006) sono le attività ascrivibili a:

ü   ricerca scientifica di particolare interesse sociale (lettera h)) (si ricorda che ai sensi del d.P.R. n. 135 del 2003, attività di ricerca scientifica di particolare interesse sociale sono: a) prevenzione, diagnosi e cura di tutte le patologie dell'essere umano; b) prevenzione e limitazione dei danni derivanti da abuso di droghe; c) studio delle malattie ad eziologia di carattere ambientale; d) produzione di nuovi farmaci e vaccini per uso umano e veterinario; e) metodi e sistemi per aumentare la sicurezza nella categoria agroalimentare e nell'ambiente a tutela della salute pubblica; f) riduzione dei consumi energetici; g) smaltimento dei rifiuti; h) simulazioni, diagnosi e previsione del cambiamento climatico; i) prevenzione, diagnosi e cura di patologie sociali e forme di emarginazione sociale; l) miglioramento dei servizi e degli interventi sociali, sociosanitari e sanitari);

ü   organizzazione e gestione di attività culturali, turistiche o ricreative di particolare interesse sociale (lettera i)) (invero non maggiormente definito parrebbe, per queste attività, il riconoscimento di tale particolare interesse sociale; sono materie che si direbbero inoltre intersecare competenze legislative spettanti alle Regioni);

ü   commercio equo e solidale (lettera o), la quale ne fornisce una definizione normativa; è materia su cui la Camera dei deputati ha approvato il 3 marzo 2016 un disegno di legge, A.S. n. 2272, ancora all'esame del Senato);

ü   servizi finalizzati all'inserimento o al reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori e delle persone svantaggiate o con disabilità o beneficiarie di protezione internazionale o senza fissa dimora indigenti (lettera p));

ü   alloggio sociale (il quale è definito dall'apposito decreto ministeriale 22 aprile 2008 quale l'unità immobiliare adibita ad uso residenziale in locazione permanente che svolge la funzione di interesse generale, nella salvaguardia della coesione sociale, di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato) o altra attività residenziale temporanea, diretta a soddisfare bisogni sociali, sanitari, culturali, formativi e di accoglienza umanitaria di stranieri (lettera q));

ü   microcredito (lettera r)), ossia quel credito (non superiore a 25.000 euro, ovvero a 10.000 se destinato a persone fisiche in condizioni di particolare vulnerabilità economica o sociale, e comunque non assistito da garanzie reali) concedibile alle condizioni poste dall'articolo 111 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (decreto legislativo n. 385 del 1993);

ü   agricoltura sociale (lettera s)) (la quale è definita dalla specifica legge n. 141 del 2015 come le attività esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, in forma singola o associata, e dalle cooperative sociali, dirette a realizzare: a) inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disabilità e di lavoratori svantaggiati, di persone svantaggiate, di minori in età lavorativa inseriti in progetti di riabilitazione e sostegno sociale; b) prestazioni e attività sociali e di servizio per le comunità locali mediante l'utilizzazione delle risorse materiali e immateriali dell'agricoltura per promuovere realizzare azioni volte allo sviluppo di abilità e di capacità, di inclusione sociale e lavorativa, di ricreazione e di servizi utili per la vita quotidiana; c) prestazioni e servizi che affiancano le terapie mediche, psicologiche e riabilitative per migliorare le condizioni di salute e le funzioni sociali, emotive e cognitive dei soggetti interessati anche attraverso l'ausilio di animali allevati e la coltivazione delle piante; d) progetti finalizzati all'educazione ambientale e alimentare, alla salvaguardia della biodiversità nonché alla diffusione della conoscenza del territorio attraverso l'organizzazione di fattorie sociali e didattiche riconosciute a livello regionale, quali iniziative di accoglienza e soggiorno di bambini in età prescolare e di persone in difficoltà sociale, fisica e psichica);

ü   organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche (lettera t)).

 

Di diversa e più estesa formulazione (rispetto al dettato del decreto legislativo n. 155 del 2006) risultano le attività consistenti in:

ü   servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell'ambiente e all'utilizzazione "accorta" e razionale delle risorse naturali (lettera e)). La corrispondente previsione del decreto legislativo n. 155 poneva un riferimento si direbbe più circoscritta, riferita alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. Escludeva inoltre le attività esercitate abitualmente di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi (esclusione invero non ribadita in questa lettera dello schema) ;

ü   interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio (lettera f)). La corrispondente previsione del decreto legislativo n. 155 menzionava la sola valorizzazione del patrimonio culturale;

ü   servizi strumentali alle imprese sociali o ad altri enti del Terzo settore, resi da enti composti in misura non inferiore al settanta per cento da imprese sociali o da altri enti del Terzo settore (lettera m)). La corrispondente previsione del decreto legislativo n. 155 menzionava le sole imprese sociali.

 

La formulazione letterale del decreto legislativo n. 155 riceve da parte dello schema alcune modifiche, che peraltro si direbbero prevalentemente redazionali, per le seguenti attività:

ü   interventi e servizi sociali (lettera a)), oggetto della legge n. 328 del 2000, la quale li definisce (mediante rinvio all'articolo 128 del decreto legislativo n. 112 del 1998) come tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia;

ü   prestazioni sanitarie riconducibili ai livelli essenziali di assistenza (lettera b) (si ricorda che il d.P.C.m. 12 gennaio 2017 ha operato una revisione complessiva dei livelli essenziali di assistenza sanitaria, cd. LEA, i quali costituiscono le prestazioni che vengono garantite dal Servizio sanitario nazionale, a titolo gratuito o con partecipazione alla spesa);

ü   prestazioni socio-sanitarie (lettera c)), oggetto del d.P.C.m. 14 febbraio 2001.

 

Immodificate rispetto al dettato del decreto legislativo n. 155 del 2006 risultano le attività ascrivibili a:

ü   educazione, istruzione e formazione professionale (lettera d));

ü   formazione universitaria e post-universitaria (lettera g));

ü   formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica e al successo scolastico e formativo (lettera l)).

 

Il comma 2 prevede con decreto del Presidente del Consiglio (su proposta del ministro del lavoro di concerto con il ministro dell'economia) possa essere effettuato un aggiornamento dell'elenco delle attività d'impresa di interesse generale, sopra ricordato - alla luce beninteso delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.

Si prevede l'acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari.

Siffatto comma pare involgere alcuni profili problematici, in ordine all'assenza nella legge delega di un principio direttivo inteso a 'flessibilizzare' l'elenco delle attività di interesse generale; se si vuole per una non maggiore determinazione della nozione di "aggiornamento"; per il rapporto tra fonti, posto che una volta condotto l'aggiornamento si avrebbe una convivenza tra previsioni di rango primario ed altre di rango sub-primario; per essere tale configurazione fuori di un procedimento di delegificazione quale disciplinato dalla legge n. 400 del 1988. 

 

Il comma 3 ribadisce (con alcune varianti redazionali) quanto già affermato dal decreto legislativo n. 155 del 2006, in ordine alla prevalenza, nell'attività di impresa, delle attività di interesse generale, richiesta perché si abbia impresa sociale.

Essa è determinata sulla base di un criterio incidenza dei ricavi.

I ricavi derivanti dall'attività di interesse generale devono essere superiori al settanta per cento dei ricavi complessivi dell'impresa.

Tale percentuale è la medesima già vigente.

 

Secondo la disciplina vigente, possono acquisire il titolo di impresa sociale le imprese che esercitino determinate attività (sopra ricordate) ovvero impieghino lavoratori svantaggiati o disabili, in numero tale da costituire almeno il trenta per cento del personale.

L'impiego in questa misura di queste persone di per sé connota, secondo la norma, l'utilità sociale dell'impresa, quale ne sia l'attività.

La legge delega n. 106 del 2016 non ha mutato tale impianto. Ha però previsto, quale principio e criterio direttivo, la ridefinizione delle categorie di lavoratori svantaggiati, tenuto conto delle "nuove forme di esclusione sociale" e del principio di pari opportunità.

Ne dà attuazione il comma 4.

Esso enumera le seguenti categorie:

ü   lavoratori molto svantaggiati (lettera a)). Riferimento normativo è il regolamento (UE) n. 651 del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno. Ai sensi del suo articolo 2, numero 99, per "lavoratore molto svantaggiato" si intende il lavoratore privo da almeno 24 mesi di impiego regolarmente retribuito, o il lavoratore privo da almeno 12 mesi di impiego regolarmente retribuito, appartenente ad alcune categorie di lavoratori svantaggiati ossia: chi abbia un'età compresa tra i 15 e i 24 anni; chi non possieda un diploma di scuola media superiore o professionale, o abbia completato la formazione a tempo pieno da non più di due anni e non abbia ancora avuto il primo impiego regolarmente retribuito;  lavoratori che abbiano superato i 50 anni di età; adulti che vivano soli con una o più persone a carico; lavoratori occupati in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che superi almeno del 25 per cento la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici dello Stato membro interessato, se il lavoratore interessato appartiene al genere sottorappresentato; membri di una minoranza nazionale all'interno di uno Stato membro che abbiano necessità di consolidare le proprie esperienze in termini di conoscenze linguistiche, di formazione professionale o di lavoro, per migliorare le prospettive di accesso ad un'occupazione stabile;

ü   persone svantaggiate o con disabilità (lettera b)). Le persone con disabilità sono oggetto della legge n. 68 del 1999. Le persone svantaggiate sono (ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 382 del 1999) gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di ospedali psichiatrici, anche giudiziari, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, le persone detenute o internate negli istituti penitenziari, i condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all'esterno ai sensi dell'articolo 21 della legge n. 354 del 1975. Un rinvio normativo è quelle fonti legislative è contenuto nel codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50 del 2016), all'articolo 112, comma 2. A quest'ultimo fa a sua volta rinvio la lettera in esame dello schema;

ü   persone beneficiarie di protezione internazionale (ancora lettera b)). La disposizione richiama il decreto legislativo n. 251 del 2007, che reca la disciplina della protezione internazionale - nella sua 'bipartizione' in riconoscimento dello status di rifugiato e in protezione sussidiaria. Non è inclusa la protezione temporanea, oggetto di altro decreto legislativo, il n. 85 del 2003;

ü   persone senza fissa dimora, iscritte nel registro, in condizioni di povertà tale da non poter reperire e mantenere un'abitazione in autonomia (ancora lettera b)). Il registro delle persone senza fissa dimora è previsto dall'articolo 2, comma 4 della legge n. 1128 del 1954 ("Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente") e disciplinato dal decreto del ministro dell'interno del 6 luglio 2010, che prevede che il registro (accessibile esclusivamente dalla Direzione centrale per i servizi demografici del Dipartimento per gli affari interni e territoriali del ministero dell'interno, per la tenuta e conservazione del registro) sia alimentato dai Comuni (i quali, iscritto il soggetto nell'anagrafe della popolazione residente, evidenziano la posizione anagrafica di senza fissa dimora nell'Indice nazionale delle anagrafi).

 

  Il comma 5 ribadisce che ai fini della qualificazione di impresa sociale, il personale molto svantaggiato, svantaggiato, disabile, sotto protezione internazionale o senza fissa dimora, dev'essere non inferiore al trenta per cento quello totale impiegato. È la medesima percentuale finora vigente.

Aggiunge però la previsione che i lavoratori molto svantaggiati non possano eccedere un terzo di tale percentuale, all'interno di essa.

 


Articolo 3
(Assenza di scopo di lucro)

 

L'assenza dello scopo di lucro è uno dei tratti connotanti l'impresa sociale nella disciplina del decreto legislativo n. 155 del 2006.

Su questo riguardo ha inciso la legge n. 106 del 2016, prevedendo venga meno il divieto di qualsiasi distribuzione anche in forma indiretta di utili o avanzi di gestione, ancorché entro limiti da stabilirsi.

Rimane ferma la destinazione degli utili ad obiettivi sociali; tale destinazione prevalente tuttavia, può non essere esclusiva.

La previsione di forme di remunerazione del capitale sociale e di ripartizione di utili, da assoggettare a condizioni e limiti massimi, e differenziabili anche in base alla forma giuridica dell'impresa, costituisce uno degli elementi innovativi salienti della legge delega n. 106.

Ne dà attuazione l'articolo 3 dello schema, in particolare al comma 2, lettera b) ed al comma 3.

 

Di questo articolo, il comma 1 ribadisce che l'impresa sociale debba destinare gli utili ed avanzi di gestione, allo svolgimento dell'attività statutaria o ad incremento del patrimonio.

Il comma 2 ribadisce il divieto di distribuzione (anche indiretta) degli utili e avanzi di gestione (comunque denominati) nonché di fondi e riserve, a favore di amministratori, associati, lavoratori ecc.

È introdotta la previsione che tale divieto valga anche nel caso di recesso o di qualsiasi altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto. 

Il divieto non vale - è altra previsione di nuova introduzione, rispetto al dettato del decreto legislativo n. 155 del 2006 - per il rimborso ai soci del capitale effettivamente versato, anche rivalutato o aumentato (v. infra), qualora l'impresa sia costituita nelle forme di cui al titolo V del codice civile.

La norma esplicita alcune fattispecie di corresponsione, oggetto di divieto.

Vi rientrano:

ü la corresponsione agli amministratori - ed ai sindaci o chiunque rivesta cariche sociali, si viene ora ad aggiungere - di compensi disallineati rispetto a quelli del medesimo settore (salvo comprovate esigenze di acquisizione di competenze specifiche, in tal caso comunque con un incremento ammesso non superiore al venti per cento) (lettera a));

ü la corresponsione ai lavoratori di compensi o retribuzioni disallineati rispetto a quelli della contrattazione collettiva (lettera b)). Ma per tale riguardo, lo schema viene a innovare, ammettendo uno scostamento fino al venti per cento rispetto alla contrattazione, e facendo scattare il divieto solo ove sia superata quella soglia percentuale. Inoltre introduce una soglia (invece assente nella formulazione del decreto legislativo n. 155) per l'incremento ammesso nel caso di comprovate esigenze di acquisire specifiche professionalità. La nuova previsione è che in ogni caso, non possa aversi uno scostamento complessivo (e di compenso e di incremento di professionalità) superiore al quaranta per cento rispetto alla contrattazione collettiva (di cui al decreto legislativo n. 81 del 2015);

ü la remunerazione degli strumenti finanziari diversi dalle azioni o quote, a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per la distribuzione di dividendi (lettera c));

ü l'acquisto di beni o servizi per corrispettivi superiori al valore di mercato "senza valide ragioni" (lettera d)).

 

Il comma 3 consente - innovativamente, si è ricordato - all'impresa sociale la distribuzione di una quota degli utili e degli avanzi di gestione annuali, in deroga al generale divieto sancito dal comma 1.

Tale quota deve comunque essere inferiore al cinquanta per cento degli utili e avanzi complessivi, dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti.

La distribuzione di tale quota è ammessa per le imprese sociali costituite nelle forme di cui al libro V del codice civile, solo nelle seguenti modalità (lettera a)):

ü aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato dai soci, nei limiti delle variazioni dell’indice nazionale generale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati, calcolate dall’ISTAT per il periodo corrispondente a quello dell’esercizio sociale in cui gli utili e gli avanzi di gestione sono stati prodotti;

ü distribuzione di dividendi ai soci, anche mediante aumento gratuito del capitale sociale o l’emissione di strumenti finanziari, in misura comunque non superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato.

        Per le imprese sociali che non siano costituite nelle forme di cui al libro V del codice civile, sono ammesse solo erogazioni gratuite in favore di enti del Terzo settore diversi dalle imprese sociali, che non siano fondatori, associati, soci dell’impresa sociale o società da questa controllate, finalizzate alla promozione di specifici progetti di utilità sociale (lettera b)).

        Lo schema si direbbe non dar seguito ad uno dei principi e criteri direttivi della delega recata dalla legge n. 106 del 2016, circa una differenziabilità delle soglie di remunerazione, commisurata alla forma giuridica adottata dall'impresa.

 


Articolo 4
(Struttura proprietaria e disciplina dei gruppi)

 

Questo articolo - oltre a rinviare a disposizioni del codice civile per la disciplina dell'attività di direzione dell'impresa - sancisce il divieto di direzione o controllo di imprese sociali da parte di soggetti aventi scopo di lucro e di amministrazioni pubbliche.

Dispone inoltre l'annullabilità (ed impugnabilità nei successivi centottanta giorni) delle decisioni assunte in violazione del divieto.

Lo schema riproduce, con alcune limitate varianti redazionali, il contenuto del corrispondente articolo del decreto legislativo n. 155 del 2006.

Modificazione sostanziale peraltro è apportata assimilando all'attività di direzione, quella di coordinamento.

Ed il divieto di detenzione del controllo vale - si viene ora a prevedere espressamente - per qualsiasi forma esso possa assumere, anche "analoga, congiunta o indiretta".

 


Articolo 5
(Costituzione)

 

Questo articolo disciplina l'atto costitutivo (che deve essere pubblico) dell'impresa sociale nonché gli obblighi di deposito presso l'ufficio del registro delle imprese (nella circoscrizione in cui è stabilita la sede legale).

  Lo schema riproduce, con alcune limitate varianti meramente redazionali, il contenuto del corrispondente articolo del decreto legislativo n. 155 del 2006.

 


Articolo 6 del decreto legislativo n. 155 del 2006
(Responsabilità patrimoniale)

 

Lo schema non riproduce - e dunque sopprime - l'articolo 6 del decreto legislativo n. 155 del 2006.

Questo articolo recava una disciplina di favore per le imprese sociali, in materia di responsabilità patrimoniale.

Esso prevede infatti che nelle organizzazioni che esercitano un'impresa sociale - il cui patrimonio sia superiore a 20.000 euro - delle obbligazioni assunte risponda soltanto l'organizzazione con il suo patrimonio (dal momento della iscrizione nella apposita sezione del registro delle imprese).

Soltanto quando risulta che, in conseguenza di perdite, il patrimonio sia diminuito di oltre un terzo rispetto all’importo citato, delle obbligazioni assunte rispondono personalmente e solidalmente anche coloro che hanno agito in nome e per conto dell’impresa.

Parrebbe suscettibile di approfondimento se tale intervento normativo (soppressivo) in materia di responsabilità patrimoniale rientri nell'ambito della delega quale conferita dalla legge n. 106 del 2016 - salvo ravvisarne il fondamento nel criterio ivi posto, circa il  coordinamento della disciplina dell'impresa sociale con il regime delle attività d'impresa svolte dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (per le quali la normativa non prevede la limitazione della responsabilità patrimoniale sopra ricordata).

 


Articolo 6
(Denominazione)

 

Dispone l’obbligatorietà dell’uso della qualifica di impresa sociale nella denominazione o ragione sociale - nonché negli atti e nella corrispondenza dell’impresa sociale, si viene ora a prevedere.

Così come sancisce il divieto dell’uso di tale qualifica da parte dei soggetti non legittimati. Il divieto vale anche per locuzioni equivalenti o ingannevoli.   

 


Articolo 7
(Cariche sociali)

 

Il comma 1 dispone che la nomina della maggioranza dei componenti dell’organo di amministrazione sia in ogni caso riservata all’assemblea degli associati o dei soci dell’impresa sociale, qualora l’atto costitutivo o lo statuto riservino a soggetti esterni all’impresa sociale la nomina di componenti degli organi sociali.

Il comma 2 ammette che le cariche sociali - purché diverse dalla presidenza - possano essere assunte anche da soggetti nominati da enti con scopo di lucro o pubbliche amministrazioni.

Questo, a condizione che non sia violato il divieto di esercitare il controllo sull’impresa sociale, loro imposto dall'articolo 4, comma 3 dello schema.

Il comma 2 dunque modifica l'analoga previsione del decreto legislativo n. 155 del 2006, recante il divieto tout court di assunzione di qualsivoglia carica sociale, da parte di soggetti nominati da enti con scopo di lucro o pubbliche amministrazioni.

Rimane fermo - ai sensi del comma 3 - che per ricoprire le cariche sociali, l'atto costitutivo debba prevedere specifici requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza, a garanzia della socialità dell’impresa.

Rimane applicabile - si viene a prevedere - la disciplina resa dal decreto legislativo n. 39 del 2013, in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico.


Articolo 8
(Ammissione ed esclusione)

 

Questo articolo prevede che così l'ammissione come l'esclusione di soci o associati nell’impresa sociale non possano ledere il principio di non discriminazione.

Prescrive che le modalità di ammissione ed esclusione debbano essere regolate nell'atto costitutivo o nello statuto dell'impresa sociale.

Diversamente dal dettato del decreto legislativo n. 155 del 2006, si prevede comunque sia da tener conto delle "peculiarità della compagine sociale e della struttura associativa o societaria".

Nella relazione illustrativa si legge di una possibile portata derogatoria di tale previsione rispetto al principio di non discriminazione, ad esempio nel caso degli enti confessionali.

Ancora l'atto costitutivo o lo statuto devono assicurare che l’interessato possa adire l'assemblea degli associati o soci - o altro organo da essa eletto, si viene ora a prevedere - avverso l'ammissione o esclusione.


Articolo 9
(Scritture contabili)

 

Pone a carico dell’impresa sociale l’obbligo di tenuta delle scritture contabili, individuate, con rinvio alle norme codicistiche, nel libro giornale e nel libro degli inventari.

L’obbligo di redazione e pubblicizzazione (mediante deposito presso un registro delle imprese) di un documento che rappresenti adeguatamente la situazione patrimoniale ed economica dell'impresa - già previsto dal decreto legislativo n. 155 del 2006 - è ora previsto con riguardo al bilancio d’esercizio.

Il bilancio di esercizio deve essere redatto, a seconda dei casi, ai sensi degli articoli 2423 e seguenti, 2435-bis o 2435-ter del codice civile.

Già vigente è l'obbligo per l’impresa sociale di redigere e depositare (presso il registro delle imprese) il bilancio sociale. Ora si aggiunge l'obbligo di pubblicazione sul proprio sito internet.

Il bilancio sociale è redatto secondo linee guida da adottarsi con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Consiglio nazionale del Terzo settore.

L’obbligo di redazione del bilancio sociale rileva anche ai fini della valutazione dell’impatto sociale generato dalle attività svolte dall’impresa sociale.

La valutazione dell’impatto sociale è definita dall’articolo 7, comma 3 della legge n. 106 del 2016, come valutazione qualitativa e quantitativa, sul breve, medio e lungo periodo, degli effetti delle attività svolte sulla comunità di riferimento rispetto all'obiettivo individuato.

 


Articolo 10
(Organi di controllo interno)

 

L'articolo pone alcune più restrittive previsioni, in materia di controlli.

Il comma 1 dispone infatti l’obbligatorietà per tutte le imprese sociali, della nomina (da prevedersi nell'atto costitutivo) di uno o più sindaci, in possesso dei requisiti e privi di cause ineleggibilità e di decadenza, secondo la normativa codicistica.

Il decreto legislativo n. 155 del 2006 invece prevedeva che tale obbligo di nomina di sindaci scattasse solo ove l'impresa sociale avesse superato due dei limiti-soglia ridotti della metà, previsti dall'articolo 2435-bis del codice civile (relativi a: totale dell'attivo dello stato patrimoniale; ricavi delle vendite e delle prestazioni; dipendenti occupati in media durante l'esercizio).

I poteri e doveri propri dell’organo di controllo interno sono stabiliti dal codice civile, e richiamati dal comma 2 circa la corretta amministrazione, l'adeguatezza dell'assetto organizzativo e contabile, ed anche - si viene ora a prevedere - il "concreto funzionamento".

I sindaci dell’impresa sociale sono chiamati - dal comma 3 - ad esercitare altresì compiti di monitoraggio sull’osservanza delle finalità sociali da parte dell’impresa, nonché ad attestare la conformità del bilancio sociale alle linee guida ministeriali.

I sindaci sono titolari di poteri ispettivi, esercitabili in qualsiasi momento (secondo il comma 4, immutato rispetto al testo del decreto legislativo n. 155).

Il superamento dei limiti-soglia stabiliti dall'articolo 2435-bis del codice civile rileva tuttora - ai sensi del comma 5 - ai fini dell’ulteriore obbligo di sottoposizione dell’impresa sociale alla revisione legale dei conti da parte dei revisori legali.

È obbligo che vale nel caso in cui l'impresa sociale superi per due esercizi consecutivi, due di quei limiti-soglia.

I limiti-soglia ridotti della metà sono pertanto: 2.200.000 per il totale dell'attivo dello stato patrimoniale; 4.400.000 per i ricavi delle vendite e delle prestazioni; 25 unità per il numero di dipendenti occupati in media durante l'esercizio.

Nel caso di violazione di due di tali limiti, il controllo contabile è esercitato o da un revisore contabile o da sindaci iscritti nell'albo dei revisori contabili o - si viene a prevedere ora, rispetto al dettato del decreto legislativo n. 155 - da una società di revisione legale.

Per il controllo sia interno sia contabile esterno è in ogni caso fatta salva la disciplina più restrittiva (si pensi alle società per azioni) prevista per ciascun tipo giuridico adottato dall’organizzazione che esercita l’impresa sociale.

 


Articolo 11
(Coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle attività)

 

L'articolo prevede disposizioni dirette a favorire il coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e degli stakeholders di riferimento.

Tali disposizioni non si applicano alle cooperative a mutualità prevalente e agli enti ecclesiastici.

Quel coinvolgimento si attua attraverso strumenti di consultazione o partecipazione, onde esercitare un’influenza sulle decisioni dell’impresa sociale, con specifico (ma non esclusivo) riguardo alle condizioni di lavoro ed alla qualità dei beni e servizi prodotti o scambiati.

Viene rimesso a specifiche linee guida, da adottarsi da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l’individuazione dei criteri di dettaglio relativi alle modalità di coinvolgimento dei lavoratori e degli utenti delle attività sociali.

La norma stabilisce però direttamente l’obbligo negli statuti delle imprese sociali di disciplinare casi e modi della partecipazione dei lavoratori e degli utenti all’organo assembleare.

Ed in riferimento alle imprese sociali di maggiori dimensioni (ossia che superino due dei limiti-soglia stabiliti dall'articolo 2435-bis del codice civile, ridotti della metà) la norma prescrive che i lavoratori ed eventualmente gli utenti possano nominare almeno un componente sia dell'organo di amministrazione sia dell'organo di controllo.

I limiti-soglia ridotti della metà sono: 2.200.000 per il totale dell'attivo dello stato patrimoniale; 4.400.000 per i ricavi delle vendite e delle prestazioni; 25 unità per il numero di dipendenti occupati in media durante l'esercizio.

 

 


Articolo 12
(Trasformazione, fusione, scissione, cessione d'azienda
e devoluzione del patrimonio)

 

Dispone (al comma 1) che le vicende dell'impresa sociale - trasformazione, fusione, scissione, cessione d'azienda, devoluzione - si svolgano preservando l’assenza dello scopo di lucro, i vincoli di destinazione del patrimonio ed il perseguimento delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.

È previsione più ampia rispetto a quella del decreto legislativo n. 155 del 2006, incentrato sul preservamento dell'assenza di lucro.

In caso di cessione d'azienda (o di un ramo di essa, si viene ad aggiungere), essa deve avvenire sì che il cessionario persegua le finalità di interesse generale.

Viene aggiunta la nuova previsione che la cessione abbia luogo previa una relazione giurata di un esperto designato dal tribunale nel cui circondario ha sede l'impresa sociale, attestante il valore effettivo dell'impresa.

Per gli enti ecclesiastici - ancora prevede il comma 1 - le disposizioni sopra ricordate si applicano per le sole attività indicate nel regolamento, di cui all'articolo 1, comma 3.

 

È prevista - dal comma 2 - l’adozione da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (sentito il Consiglio nazionale del Terzo settore) di specifiche linee guida, cui debbano conformarsi gli atti di trasformazione, fusione, scissione, cessione d’azienda o di un suo ramo, devoluzione del patrimonio.

Di tali atti, l'organo di amministrazione dell'impresa sociale notifica al Ministero l'intenzione, allegando la documentazione necessaria (comma 3).

Di tali atti, l'efficacia resta comunque subordinata al rilascio dell’autorizzazione da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai sensi del comma 4.

Esso prevede un meccanismo di silenzio assenso (ossia accoglimento se decorrano inutilmente 90 giorni dalla notificazione dell’istanza da parte dell’organo di amministrazione dell’impresa sociale), già presente nel decreto legislativo n. 155 del 2006.

Nonché prevede la tutela davanti al giudice amministrativo, avverso i provvedimenti ministeriali di diniego dell’autorizzazione. 

 

Il comma 5 dispone che in caso di scioglimento volontario dell’ente o di perdita volontaria della qualifica di impresa sociale, sia ammissibile (conformemente alle indicazioni statutarie) la devoluzione del patrimonio residuo solo in favore di un altro ente del Terzo settore, ovvero in favore dei fondi disciplinati dal successivo articolo 16, salvo quanto previsto dalla normativa specifica applicabile alle società cooperative.

Sono ammesse (previamente alla devoluzione del patrimonio residuo):

ü la deduzione del capitale effettivamente versato dai soci (eventualmente rivalutato o aumentato);

ü la deduzione dei dividenti deliberati e non distribuiti (v. articolo 3, comma 3).

Questo, qualora l'impresa sociale sia costituita nelle forme di cui al libro V del codice civile.   

Le disposizioni del comma 5 non si applicano agli enti ecclesiastici. 

 

 


Articolo 13
(Lavoro nell'impresa sociale)

 

Questo articolo ribadisce il principio (già presente nel decreto legislativo n. 155 del 2006) della non inferiorità del trattamento economico e normativo dei lavoratori dell'impresa sociale rispetto a quanto previsto dai contratti collettivi.

Aggiunge un limite all’eventuale divario salariale tra i lavoratori dipendenti dell’impresa sociale.

Tale divario non può essere superiore al rapporto (calcolato sulla retribuzione annuale lorda) di uno ad otto.

È ribadita l'ammissione della prestazione di attività di volontariato all’interno dell’impresa sociale.

 

Viene modificato il limite-soglia di volontari impiegabili, rispetto al numero di lavoratori dipendenti.

Infatti si prevede che il numero di volontari non possa essere superiore al numero di lavoratori dipendenti dell'impresa sociale.

Nel decreto legislativo n. 155 del 2006, tale limite era dato dal cinquanta per cento (dei lavoratori impiegati a qualsiasi titolo nell'impresa sociale).

 

Si introduce l'obbligo di tenere un apposito registro dei volontari impiegati.

Viene scandito che l'impresa sociale debba assicurare i volontari contro gli infortuni e le malattie connessi con lo svolgimento delle attività, così come per la responsabilità civile verso terzi.

Questo principio era presente nel decreto legislativo n. 155 del 2006 con diversa modalità redazionale, ossia mediante rinvio all'articolo 4 della legge-quadro sul volontariato (legge n. 266 del 1991).

Così come esso faceva rinvio (non espressamente ribadito nello schema) agli articoli 2 e 17 della legge n. 266, relativi rispettivamente all'attività di volontariato (e la sua assenza di fini lucro, con divieto di retribuzione), alla flessibilità nell'orario di lavoro.

 


Articolo 14
(Procedure concorsuali)

 

Questo articolo assoggetta l’impresa sociale, in caso di insolvenza, alla liquidazione coatta amministrativa (comma 1).

Si tratta di procedura concorsuale (già prevista dal decreto legislativo n. 155 del 2006) che la legge fallimentare destina a particolari categorie di enti a notevole rilevanza pubblica, in ragione delle finalità e degli interessi che li caratterizzano e, perciò, soggetti a controllo e vigilanza dell’autorità pubblica.

Laddove il decreto legislativo n. 155 si arrestava a tale previsione, lo schema mira ad una ulteriore disciplina del procedimento della concorsualità, ritenuta di per sé sola non idonea ad integralmente a tutelare le finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale retrostanti l'attività dell'impresa sociale.

Lo schema aggiunge così la previsione che la liquidazione coatta amministrativa sia disposta con un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, quale autorità vigilante sull’impresa sociale. Con decreto ministeriale altresì è effettuata la nomina (contestuale o successiva) del commissario liquidatore (comma 2).

Ove l’impresa sociale abbia assunto la forma di una società cooperativa, la competenza all’adozione del provvedimento si radica in capo ad altra pubblica autorità vigilante, il Ministero dello sviluppo economico (ai sensi dell’articolo 2545-terdecies del codice civile e dell’articolo 1 del decreto legislativo n. 220 del 2002).

Il comma 3 prevede che un decreto interministeriale (del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con quello dell'economia e finanze) individui criteri e modalità di remunerazione dei commissari liquidatori e dei membri del comitato di sorveglianza, sulla base dell’economicità, efficacia ed efficienza delle attività svolte.

È previsione che può dirsi in linea con quella della legge fallimentare (regio decreto n. 267 del 1942, e successive modificazioni), la quale all'articolo 213, relativo alla chiusura della liquidazione, attribuisce il compito di liquidare il compenso al commissario liquidatore, all’autorità che vigila sulla liquidazione coatta amministrativa.

Il comma 4 reca previsione transitoria: fino all’adozione del decreto ministeriale sopra citato, continuano a trovare applicazione le disposizioni del decreto ministeriale 3 novembre 2016, che ha dettato i criteri per la determinazione e liquidazione dei compensi spettanti ai commissari liquidatori e ai membri dei comitati di sorveglianza.

Il comma 5 dispone - previe le deduzioni previste dall'articolo 12, comma 5 (v. supra) - la devoluzione del patrimonio residuo al termine della procedura concorsuale, ad altri enti del Terzo settore o ai fondi di promozione e sviluppo delle imprese sociali (di cui all'articolo 16, v. infra).

Quest'ultima destinazione (quella relativa ai fondi) è innovativa rispetto al decreto legislativo n. 155 del 2006.

 

Il comma 6 infine reca una clausola di esclusione degli enti ecclesiastici dall'applicazione della disposizione testé rammentata circa la devoluzione del patrimonio residuo. È clausola già presente (con diversa dislocazione redazionale) nel decreto legislativo n. 155 del 2006.

 


Articolo 15
(Funzioni di monitoraggio, ricerca e controllo)

 

Il comma 1 prevede che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali promuova attività di raccordo con le pubbliche amministrazioni, il Consiglio nazionale del terzo settore e le parti sociali, al fine di sviluppare azioni di sistema e svolgere attività di monitoraggio e ricerca (nel settore delle imprese sociali).

I commi da 2 a 5 concernono le competenze, i criteri e le modalità per lo svolgimento delle attività ispettive sulle imprese sociali, ai fini della verifica del rispetto della disciplina di cui al presente decreto, mentre i commi da 6 a 9 riguardano le procedure e le sanzioni per le ipotesi di riscontro di violazioni della suddetta disciplina.

In particolare, ai sensi dei commi 2 e 3, le attività ispettive in oggetto sono demandate da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali all'Ispettorato nazionale del lavoro[2] e, in via eventuale, ad enti associativi riconosciuti - cui aderiscano almeno duemila imprese sociali, iscritte nel registro delle imprese di almeno cinque regioni o province autonome - e ad associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza, tutela e revisione del movimento cooperativo (riconosciute ai sensi dell'art. 3 del D.Lgs. 2 agosto 2002, n. 220).

Il comma 4 demanda ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali la definizione: delle forme, dei contenuti e delle modalità dell’attività ispettiva in esame (ivi compreso il relativo modello di verbale); del contributo per la medesima da porre a carico delle imprese sociali; dei criteri, dei requisiti e delle procedure per il riconoscimento degli enti associativi suddetti nonché delle forme di vigilanza su di essi da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

In ogni caso, le imprese sociali sono sottoposte ad attività ispettiva almeno una volta all’anno (comma 4 citato). 

Ai sensi del comma 5, per le imprese sociali costituite in forma di società cooperativa, l'attività ispettiva è svolta nel rispetto delle attribuzioni, delle modalità e dei termini della disciplina sulla vigilanza sugli enti cooperativi (disciplina di cui al decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220); di conseguenza, l'attività ispettiva relativa a tali imprese compete, come conferma la relazione illustrativa, al Ministero dello sviluppo economico. Lo stesso comma 5 demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, la definizione delle norme di coordinamento necessarie, al fine di assicurare l’unicità, la completezza, la periodicità e l'efficacia dell’attività ispettiva.

In base al comma 6, il soggetto esercente l'attività ispettiva, qualora abbia accertato una violazione della disciplina di cui al presente decreto, diffida gli organi di amministrazione dell’impresa sociale all'adozione entro un congruo termine degli atti dovuti. In caso di mancata ottemperanza alla diffida ovvero in caso di ostacolo allo svolgimento dell'attività ispettiva, il Ministero vigilante può nominare un commissario ad acta, anche nella persona del legale rappresentante dell’impresa sociale, che affianchi gli organi dell’impresa sociale e provveda allo specifico adempimento richiesto (comma 7).

Nel caso di irregolarità non sanabili o non sanate, il Ministero vigilante dispone la perdita della qualifica di impresa sociale (comma 8). Tale provvedimento dispone altresì che il patrimonio residuo dell’impresa sociale - dedotti (nelle imprese sociali costituite nelle forme di impresa, di cui al libro V del codice civile) il capitale effettivamente versato dai soci, eventualmente rivalutato o aumentato, e i dividendi deliberati e non distribuiti (nei limiti di cui all’articolo 3, comma 3, lettera a), del presente schema) - sia devoluto al fondo istituito, ai sensi dell'articolo 16 dello schema, dall’ente o associazione cui l’impresa sociale aderisca o, in mancanza, al fondo istituito dalla Fondazione Italia Sociale, fatte salve le diverse norme vigenti in materia di società cooperative[3]. Il provvedimento è trasmesso ai fini della cancellazione dell’impresa sociale dall’apposita sezione del registro delle imprese.  

Il comma 9 specifica che contro i provvedimenti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di cui al comma 8 è possibile il ricorso dinanzi al giudice amministrativo. Sembrerebbe opportuno estendere tale riferimento ai provvedimenti di cui al comma 7 nonché agli omologhi provvedimenti (di cui ai medesimi commi 7 e 8) del Ministero dello sviluppo economico, considerato che, in base al rinvio di cui al comma 5, nel caso di società cooperative i provvedimenti in oggetto, come conferma la relazione illustrativa, sono di competenza di tale Dicastero.

 

 

 

 


Articolo 16
(Fondo per la promozione e lo sviluppo delle imprese sociali)

 

Introduce previsioni assenti nell'articolato del decreto legislativo n. 155 del 2006.

Ove se ne voglia rintracciare un antecedente normativo, esso è da ravvisare - ma con alcune significative varianti - nella previsione secondo cui le società cooperative e i loro consorzi devono destinare alla costituzione e all'incremento di ciascun fondo costituito dalle associazioni cui aderiscono una quota degli utili annuali pari al 3 per cento (cfr. l'articolo 11, comma 4, della legge n. 59 del 1992 recante "Nuove norme in materia di società cooperative").

Questo articolo dello schema dà alle imprese sociali facoltà (non obbliga) di destinare una quota, non superiore al 3 per cento, dei loro utili o avanzi di gestione annuali (dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti). per fondi con vincolo di destinazione, costituito dalla promozione e sviluppo delle imprese sociali.

I fondi qui considerati possono essere costituiti da:

ü gli enti ed associazioni associativi delle imprese sociali, cui aderiscano almeno duemila imprese sociali iscritte nel registro delle imprese di almeno cinque diverse regioni o province autonome;

ü le associazioni nazionali di rappresentanza degli enti cooperativi riconosciuti dal Ministero dello sviluppo economico;

ü la Fondazione Italia sociale.

I fondi perseguono iniziative "di varia natura" si legge nel testo, che a titolo esemplificativo sono: progetti di studio e ricerca in tema di impresa sociale; attività di formazione dei lavoratori dell'impresa sociale; promozione della costituzione di imprese sociali o loro enti associativi; specifici programmi di sviluppo.

I versamenti a tali fondi sono deducibili dall'IRES.

Secondo la relazione tecnica che correda lo schema, non sono ascrivibili alla disposizione in esame effetti finanziari, per il carattere facoltativo del versamento e perché quest’ultimo è da considerarsi alla stregua di qualsiasi altro costo deducibile sostenuto dalle imprese e pertanto, incidendo sulla redditività delle stesse, determina esclusivamente effetti finanziari indiretti.

La relazione illustrativa ricorda che questi fondi sono alimentati, oltre che dai versamenti volontari, anche dalla devoluzione del patrimonio residuo, conseguente al provvedimento dispositivo della perdita della qualifica di impresa sociale, e dalla devoluzione volontaria del patrimonio, di cui all’articolo 12, comma 5 dello schema. 


Articolo 17
(Norme di coordinamento e transitorie)

 

Il comma 1 pone una disposizione relativa alle società cooperative edilizie di abitazione e loro consorzi, che si costituiscano impresa sociale per le attività di alloggio sociale o altra attività residenziale temporanea, diretta a soddisfare bisogni sociali, sanitari, culturali, formativi e di accoglienza umanitaria di stranieri.   

Ebbene, in tal caso le società cooperative possono iscriversi all'Albo nazionale delle società cooperative edilizie di abitazione e dei loro consorzi, istituito presso la Direzione generale della cooperazione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale (ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 59 del 1992).

E se iscritte, le società cooperative possono esercitare in ogni caso le attività sopra ricordate.

 

Il comma 2 pone un termine di 12 mesi entro il quale le imprese sociali che siano già costituite alla data di entrata in vigore del decreto legislativo in esame, si adeguino alla nuova normativa, anche attraverso le necessarie modifiche statutarie. Per queste ultime, le modalità e le maggioranze richieste sono quelle previste per le deliberazioni dell'assemblea ordinaria.

Il comma 3 concerne l'efficacia dei richiami nello schema al Consiglio nazionale del Terzo settore.

 


Articolo 18
(Misure fiscali e di sostegno economico)

 

L’articolo 18, secondo quanto previsto dalla delega, introduce salienti misure di sostegno e fiscali volte alla promozione e allo sviluppo dell’impresa sociale, qualifica normativa che può essere assunta da diverse tipologie di enti. Di conseguenza, i relativi redditi sono determinati secondo le norme tributarie ordinariamente applicabili alle diverse tipologie di enti che possono assumere la qualifica di impresa sociale.

 

Il comma 1 esclude gli utili e gli avanzi di gestione delle imprese sociali dal calcolo del reddito imponibile ai fini delle imposte dirette qualora vengano destinati ad apposita riserva indivisibile in sospensione d’imposta in sede di approvazione del bilancio dell’esercizio in cui sono stati conseguiti, e risultino effettivamente destinati, entro il secondo periodo di imposta successivo a quello in cui sono stati conseguiti, allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio ai sensi dell’articolo 3, comma 1, nonché al versamento del contributo per l’attività ispettiva di cui all’articolo 15. La destinazione degli utili e degli avanzi di gestione deve risultare dalle scritture contabili previste dall’articolo 9. Salvo quanto previsto dal comma 2, concorrono alla determinazione del reddito imponibile gli utili e gli avanzi di gestione destinati ai sensi dell’articolo 3, comma 3, lettera a) e lettera b).

La relazione illustrativa rinviene la ratio di tale disposizione, in attesa che venga completata la più ampia riforma del Terzo settore, nel quale rientrano a pieno titolo i soggetti che acquisiscono la qualifica di impresa sociale, nel fatto che l’impresa sociale è tenuta a destinare i propri utili o avanzi di gestione allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio, con possibilità di distribuirli ai soci nei soli limiti previsti dal nuovo articolo 3, comma 3 (interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo, rispetto al capitale effettivamente versato). Tale specifica caratteristica giustifica, appunto, da un punto di vista strutturale, la detassazione degli utili o avanzi di gestione che incrementino le riserve indivisibili dell’impresa sociale in sospensione d’imposta in sede di approvazione del bilancio dell’esercizio in cui sono stati conseguiti e che vengano effettivamente destinati allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio (analogamente a quanto già previsto per le cooperative sociali di cui alla legge n. 381 del 1991 e per i consorzi tra piccole e medie imprese di cui alla legge n. 240 del 1981).

 

Il comma 2 estende la predetta esclusione dalla determinazione del reddito imponibile ai fini delle imposte dirette agli utili e agli avanzi di gestione destinati, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, lettera a), ad aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato dai soci nei limiti delle variazioni dell’indice nazionale generale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati, calcolate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) per il periodo corrispondente a quello dell’esercizio sociale in cui gli utili e gli avanzi di gestione sono stati prodotti.

La ratio del presente comma appare rinvenibile, secondo la relazione illustrativa, in esigenze di simmetria fiscale rispetto alla precedente disposizione agevolativa. Per completezza viene ricordato che l’impresa sociale deve svolgere in via stabile e principale un’attività di impresa di interesse generale nei settori di cui all’articolo 2 e che si considera principale l’attività produttiva di almeno il 70 per cento dei ricavi complessivi. Ciò comporta che l’impresa sociale possa finanziarsi anche mediante lo svolgimento di attività diverse da quelle di interesse generale, purché i relativi ricavi non eccedano la soglia del 30% dei ricavi complessivi. A questo riguardo, si ritiene che anche questi proventi vadano esclusi dalla tassazione ai fini delle imposte dirette, nella misura in cui l’impresa proceda a reinvestirli nelle modalità sopra specificate.

 

Il comma 3 dispone la detrazione dall’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche di un importo pari al 30 per cento della somma investita dal contribuente nel capitale sociale di una o più società, incluse società cooperative, che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto e siano costituite da non più di trentasei mesi dalla medesima data. L’ammontare, in tutto o in parte, non detraibile nel periodo d’imposta di riferimento può essere portato in detrazione dall’imposta sul reddito delle persone fisiche nei periodi d’imposta successivi, ma non oltre il terzo. L’investimento massimo detraibile non può eccedere, in ciascun periodo d’imposta, l’importo di euro 1.000.000 e deve essere mantenuto per almeno tre anni. L’eventuale cessione, anche parziale, dell’investimento prima del decorso di tale termine, comporta la decadenza dal beneficio e l’obbligo per il contribuente di restituire l’importo detratto, unitamente agli interessi legali.

Per quanto riguarda questa tipologia di agevolazione la relazione illustrativa ricorda che si è tenuto conto delle norme per le start-up innovative (art. 29 del D.L. n. 179 del 2012) e le PMI innovative (art. 4 del D.L. n. 3 del 2015). Viene inoltre rappresentato che, per espressa previsione dell’articolo 9, comma 1, lett. f) della legge delega n. 106 del 2016, devono essere introdotte “misure agevolative volte a favorire gli investimenti di capitale” nelle imprese sociali le quali, in mancanza di questo incentivo, sarebbero eccessivamente penalizzate rispetto alle società lucrative, che non soggiacciono ai suddetti limiti di remunerazione del capitale.

 

Il comma 4 esclude il concorso alla formazione del reddito dei soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società, il 30 per cento della somma investita nel capitale sociale di una o più società, incluse società cooperative, che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale successivamente alla di entrata in vigore del presente decreto e siano costituite da non più di trentasei mesi dalla medesima data. L’investimento massimo deducibile non può eccedere, in ciascun periodo d’imposta, l’importo di euro 1.800.000 e deve essere mantenuto per almeno tre anni. L’eventuale cessione, anche parziale, dell’investimento prima del decorso di tale termine, comporta la decadenza dal beneficio ed il recupero a tassazione dell’importo dedotto. Sull’imposta non versata per effetto della deduzione non spettante sono dovuti gli interessi legali.

 

Il comma 5 prevede l'applicazione delle disposizioni di cui ai commi 3 e 4 anche agli atti di dotazione (si tratta dell'atto con cui il disponente assegna alla fondazione un patrimonio adeguato) e ai contributi di qualsiasi natura, posti in essere successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, in favore di fondazioni che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale successivamente alla medesima data e siano costituite da non più di trentasei mesi dalla stessa.

Tale disposizione è finalizzata ad evitare disparità di trattamento tra le imprese sociali costituite in forma societaria e quelle costituite in forma non societaria, estendendo quindi l’agevolazione anche alle imprese sociali costituite in forma di fondazione.

Analoga misura non si applica invece - come sottolineato dalla relazione illustrativa - alle imprese sociali costituite in forma di associazione, dal momento che queste ultime hanno con maggiore facilità (stante la base personale che, al pari delle società, le contraddistingue) la possibilità di acquisire per trasformazione la forma societaria qualora intendano avvalersi di capitale di rischio, ed usufruire delle agevolazioni di cui al presente decreto.

 

Il comma 6 demanda ad apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico, da adottarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l'individuazione delle modalità di attuazione delle disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5.

 

Il comma 7 esclude l'applicazione alle imprese sociali della disciplina prevista per le società di cui all'articolo 30 della legge n. 724 del 1994 (si tratta delle disposizioni che individuano una serie di parametri del bilancio societario sintomatici della non operatività delle società e del conseguente carattere di società di comodo), all’articolo 2, commi da 36‑decies a 36-duodecies del decreto-legge n. 138 del 2011 (si tratta delle disposizioni sulle società in perdita sistematica, individuate in quelle che presentano dichiarazioni in perdita fiscale per cinque periodi d'imposta consecutivi o anche per quattro periodi d'imposta, accompagnati, nel quinquennio, da un esercizio in cui il reddito dichiarato risulti comunque inferiore all'ammontare determinato ai sensi dell'articolo 30, comma 3, della citata legge n. 724 del 1994, ovvero come quota minima del valore dei beni e/o delle immobilizzazioni), all’articolo 62‑bis del decreto-legge n. 331 del 1993 (introduzione degli studi di settore), all’articolo 3, commi da 181 a 189, della legge n. 549 del 1995 (parametri degli studi di settore) e all’articolo 7‑bis del decreto-legge n. 193 del 2016 (introduzione degli indici sintetici di affidabilità per la promozione dell'osservanza degli obblighi fiscali, per la semplificazione degli adempimenti e per la contestuale soppressione della disciplina degli studi di settore).

La mancata applicazione delle suddette disposizioni, aventi carattere antielusivo e di valutazione della normale capacità economica per soggetti che agiscono con finalità lucrativa, scaturisce dalla scarsa rispondenza alla situazione di soggetti che agiscono con una logica economica, improntata però a finalità di interesse generale, la salvaguarda delle quali è già affidata ad altre norme più calibrate alla fattispecie (si pensi, ad esempio, alle presunzioni di indiretta distribuzione degli utili previste dall’articolo 3, comma 2).

 

Il comma 8 apporta le seguenti modificazioni al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998:

a)    all’articolo 1, intervenendo sul comma 5-novies, estende la definizione di portale per la raccolta di capitali, ora attribuita alle piattaforme on line che abbiano come finalità esclusiva la facilitazione della raccolta di capitale di rischio da parte delle PMI come definite dalla disciplina dell'Unione europea e degli organismi di investimento collettivo del risparmio o altre società che investono prevalentemente in PMI, anche alle ipotesi in cui tale attività sia rivolta alla facilitazione della raccolta di capitale di rischio per le imprese sociali, ampliando conseguentemente l'espressione definitoria utilizzata, che diventa " portale per la raccolta di capitali per le PMI e per le imprese sociali", in luogo di quella attuale “portale per la raccolta di capitali per le PMI”.

       Inoltre, viene inserito nell'apparato definitorio recato dall'articolo 1 il comma 5-duodecies, con il quale si stabilisce che per “imprese sociali” si intendono le imprese sociali ai sensi del decreto legislativo di cui all’articolo 1, comma 2, lettera c), della legge n. 106 del 2016, costituite in forma di società di capitali o di società cooperativa.

b)    la rubrica del capo III‑quater, del titolo III, della Parte II, è sostituita nel modo seguente: “Gestione di portali per la raccolta di capitali per le PMI e per le imprese sociali”;

c)    all’articolo 50‑quinquies, oltre a sostituire la rubrica nei medesimi termini appena riportati dalla lettera b) (si ritiene un errore materiale l'indicazione riportata dal testo disponibile dell'atto in esame), apporta modifiche di mero coordinamento riguardanti la disciplina del concetto e dell'attività di portale per la raccolta di capitali.

d)    all’articolo 100‑ter, comma 1, inserisce le imprese sociali nel novero dei soggetti per i quali le offerte al pubblico condotte esclusivamente attraverso uno o più portali per la raccolta di capitali possono essere finalizzate, attraverso la sottoscrizione di strumenti finanziari emessi dai suddetti soggetti.

e)    all’articolo 100‑ter, comma 2, si apporta una modifica che consente alla Consob di determinare la disciplina applicabile alle offerte di cui al comma precedente, al fine di assicurare la sottoscrizione da parte di investitori professionali o particolari categorie di investitori dalla stessa individuate di una quota degli strumenti finanziari offerti, quando l'offerta non sia riservata esclusivamente a clienti professionali, e di tutelare gli investitori diversi dai clienti professionali anche nel caso in cui la cessione di partecipazioni a terzi successivamente all'offerta da parte dei soci di controllo riguardi un'impresa sociale.

f)     all’articolo 100‑ter, comma 2‑bis, si prevede che anche per la sottoscrizione o l'acquisto e per la successiva alienazione di quote rappresentative del capitale di imprese sociali, analogamente a quanto già disposto per le start-up innovative e di PMI innovative costituite in forma di società a responsabilità limitata:

a) la sottoscrizione o l'acquisto possono essere effettuati per il tramite di intermediari abilitati alla resa di uno o più dei servizi di investimento previsti dall'articolo 1, comma 5, lettere a), b) ed e); gli intermediari abilitati effettuano la sottoscrizione o l'acquisto delle quote in nome proprio e per conto dei sottoscrittori o degli acquirenti che abbiano aderito all'offerta tramite portale;

b) entro i trenta giorni successivi alla chiusura dell'offerta, gli intermediari abilitati comunicano al registro delle imprese la loro titolarità di soci per conto di terzi, sopportando il relativo costo; a tale fine, le condizioni di adesione pubblicate nel portale devono espressamente prevedere che l'adesione all'offerta, in caso di buon fine della stessa e qualora l'investitore decida di avvalersi del regime alternativo di cui al presente comma, comporti il contestuale e obbligatorio conferimento di mandato agli intermediari incaricati affinché i medesimi:

1)     effettuino l'intestazione delle quote in nome proprio e per conto dei sottoscrittori o degli acquirenti, tenendo adeguata evidenza dell'identità degli stessi e delle quote possedute;

2)     rilascino, a richiesta del sottoscrittore o dell'acquirente, un attestato di conferma comprovante la titolarità delle quote; tale attestato di conferma ha natura di puro titolo di legittimazione per l'esercizio dei diritti sociali, è nominativamente riferito al sottoscrittore o all'acquirente, non è trasferibile, neppure in via temporanea né a qualsiasi titolo, a terzi e non costituisce valido strumento per il trasferimento della proprietà delle quote;

3)     consentano ai sottoscrittori e agli acquirenti che ne facciano richiesta di alienare le quote secondo quanto previsto alla lettera c) del presente comma;

4)     accordino ai sottoscrittori e agli acquirenti la facoltà di richiedere, in ogni momento, l'intestazione diretta a se stessi delle quote di loro pertinenza;

c) la successiva alienazione delle quote da parte di un sottoscrittore o acquirente, ai sensi della lettera b), numero 3), avviene mediante semplice annotazione del trasferimento nei registri tenuti dall'intermediario; la scritturazione e il trasferimento non comportano costi o oneri né per l'acquirente né per l'alienante; la successiva certificazione effettuata dall'intermediario, ai fini dell'esercizio dei diritti sociali, sostituisce ed esaurisce le formalità di cui all'articolo 2470, secondo comma, del codice civile.

g)     all’articolo 100‑ter, comma 2‑quater, dispone che, ferma restando ogni altra disposizione della parte II, titolo II, capo II, anche l'esecuzione di sottoscrizioni, acquisti e alienazioni di strumenti finanziari emessi da imprese sociali (finora tale previsione riguardava soltanto start-up innovative e PMI innovative) ovvero di quote rappresentative del capitale delle medesime, effettuati secondo le modalità previste alle lettere b) e c) del comma 2‑bis del presente articolo, non necessita della stipulazione di un contratto scritto. Ogni corrispettivo, spesa o onere gravante sul sottoscrittore, acquirente o alienante deve essere indicato nel portale dell'offerta, con separata e chiara evidenziazione delle condizioni praticate da ciascuno degli intermediari coinvolti, nonché in apposita sezione del sito internet di ciascun intermediario. In difetto, nulla è dovuto agli intermediari.

 

Il comma 9 subordina l’efficacia delle disposizioni del presente articolo e dell’articolo 16, comma 2, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, all’autorizzazione della Commissione europea, richiesta a cura del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

La scelta recata dal presente comma è qualificata come meramente prudenziale dal legislatore delegato, che afferma che le disposizioni fiscali di cui sopra non costituiscono aiuti di stato, poiché motivati da evidenti profili di simmetria fiscale tra divieto di distribuire utili e non imponibilità degli stessi.

 


Articolo 19
(Abrogazioni)

 

Dispone l'abrogazione del decreto legislativo n. 155 del 2006, la cui disciplina è rifusa in quella recata dallo schema in esame, con le rivisitazioni di volta in volta richiamate.

Tutti i richiami normativi al decreto legislativo del 2006 sono traslati al decreto legislativo recato dallo schema.

 


Articolo 20
(Copertura finanziaria)

 

Reca la quantificazione degli oneri conseguenti alle misure di incentivazione fiscale previste dall'articolo 18 (ai commi 1, 3, 4 e 7) e la relativa copertura finanziaria.

  Si tratta di: 5,42 milioni per l'anno 2018; 3,1 milioni a decorrere dall'anno 2019.

  La copertura corrispondente è tratta dall'autorizzazione di spesa recata dall'articolo 1, comma 187 della legge n. 190 del 2014 (la quale autorizzò per la riforma del terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2015, di 140 milioni di euro per l'anno 2016 e di 190 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2017).

  Per le previsioni dello schema diverse da quelle sopra richiamate, è invece posta una clausola di invarianza finanziaria.

 

 


Articolo 21
(Entrata in vigore)

 

Dispone l'entrata in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.

 

 

         

         

 


Testo a fronte



 

Decreto legislativo n. 155 del 2006

A.G. n. 418

Art. 1

 (Nozione)

Art. 1

(Nozione e qualifica di impresa sociale)

1. Possono acquisire la qualifica di impresa sociale tutte le organizzazioni private, ivi compresi gli enti di cui al libro V del codice civile, che esercitano in via stabile e principale un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale, e che hanno i requisiti di cui agli articoli 2, 3 e 4.

1. Possono acquisire la qualifica di impresa sociale tutte le organizzazioni private, incluse quelle costituite nelle forme di cui al libro V del codice civile, che, in conformità alle disposizioni del presente decreto, esercitano in via stabile e principale un’attività d’impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro attività.

 

[L'assenza di uno scopo di lucro è evidenziata graficamente quale nuovo elemento definitorio, ancorché l'articolo 3 del decreto legislativo n. 155 rechi disposizioni inerenti a quel profilo.

L'utilità sociale connota i beni e servizi prodotti o scambiati nell'articolo 2 del decreto legislativo n. 155.

L'interesse generale è riferito, nello schema, all'attività d'impresa; nel decreto legislativo n. 155, alle finalità].

 

2. Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, e le organizzazioni i cui atti costitutivi limitino, anche indirettamente, l'erogazione dei beni e dei servizi in favore dei soli soci, associati o partecipi non acquisiscono la qualifica di impresa sociale.

2. Non possono acquisire la qualifica di impresa sociale le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, e le organizzazioni i cui atti costitutivi limitino, anche indirettamente, l’erogazione dei beni e dei servizi in favore dei soli soci o associati.

3. Agli enti ecclesiastici e agli enti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese si applicano le norme di cui al presente decreto limitatamente allo svolgimento delle attività elencate all'articolo 2, a condizione che per tali attività adottino un regolamento, in forma di scrittura privata autenticata, che recepisca le norme del presente decreto. Per tali attività devono essere tenute separatamente le scritture contabili previste dall'articolo 10. Il regolamento deve contenere i requisiti che sono richiesti dal presente decreto per gli atti costitutivi.

3. Agli enti ecclesiastici e agli enti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese le norme di cui al presente decreto si applicano limitatamente allo svolgimento delle attività di cui all’articolo 2, a condizione che per tali attività adottino un regolamento, in forma di scrittura privata autenticata, che recepisca le norme del presente decreto e presenti i requisiti richiesti per gli atti costitutivi delle imprese sociali. Per lo svolgimento di tali attività deve essere costituito un patrimonio destinato e devono essere tenute separatamente le scritture contabili di cui all’articolo 9.

 

4. Le cooperative sociali e i loro consorzi, di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, acquisiscono di diritto la qualifica di imprese sociali. Alle cooperative sociali e ai loro consorzi, di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, si applicano esclusivamente le disposizioni di cui agli articoli 14, 15, 16, 17 e 18 del presente decreto, nel rispetto della normativa specifica delle cooperative ed in quanto compatibili.

 

5. Alle imprese sociali si applicano, in quanto compatibili con le disposizioni del presente decreto, le norme del codice del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b) della legge 6 giugno 2016, n. 106, e, in mancanza e per gli aspetti non disciplinati, le norme del codice civile e le relative disposizioni di attuazione concernenti la forma giuridica in cui l’impresa sociale è costituita.

 

6. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano in quanto compatibili con il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175.

 

7. Le disposizioni del presente decreto non si applicano alle fondazioni bancarie di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153. 

Art. 2

(Utilità sociale)

Art. 2

(Attività d’impresa di interesse generale)

1. Si considerano beni e servizi di utilità sociale quelli prodotti o scambiati nei seguenti settori:

1. L’impresa sociale esercita in via stabile e principale una o più attività d’impresa di interesse generale per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Ai fini del presente decreto, si considerano di interesse generale, se svolte in conformità alle norme particolari che ne disciplinano l’esercizio, le attività d’impresa aventi ad oggetto:

a) assistenza sociale, ai sensi della legge 8 novembre 2000, n. 328, recante legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali;

a) interventi e servizi sociali ai sensi dell’articolo 1, commi 1 e 2, della legge 8 novembre 2000, n. 328, e successive modificazioni;

b) assistenza sanitaria, per l'erogazione delle prestazioni di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 29 novembre 2001, recante «Definizione dei livelli essenziali di assistenza», e successive modificazioni, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell'8 febbraio 2002;

b) prestazioni sanitarie riconducibili ai Livelli Essenziali di Assistenza come definiti dalle disposizioni vigenti in materia;

c) assistenza socio-sanitaria, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 14 febbraio 2001, recante «Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001;

c) prestazioni socio-sanitarie di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 febbraio 2001, e successive modificazioni;

d) educazione, istruzione e formazione, ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53, recante delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale;

d) educazione, istruzione e formazione professionale, ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53, e successive modificazioni;

e) tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, ai sensi della legge 15 dicembre 2004, n. 308, recante delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione, con esclusione delle attività, esercitate abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi;

e) servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell’ambiente e all’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali;

f) valorizzazione del patrimonio culturale, ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

f) interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio, ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni;

g) turismo sociale, di cui all'articolo 7, comma 10, della legge 29 marzo 2001, n. 135, recante riforma della legislazione nazionale del turismo;

[cfr. infra lettera i)]

h) formazione universitaria e post-universitaria;

g) Identica.

 

 

 

h) ricerca scientifica di particolare interesse sociale;

i) ricerca ed erogazione di servizi culturali;

i) organizzazione e gestione di attività culturali, turistiche o ricreative di particolare interesse sociale;

l) formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica ed al successo scolastico e formativo;

l) Identica.

 

m) servizi strumentali alle imprese sociali, resi da enti composti in misura superiore al settanta per cento da organizzazioni che esercitano un'impresa sociale;

m) servizi strumentali alle imprese sociali o ad altri enti del Terzo settore resi da enti composti in misura non inferiore al settanta per cento da imprese sociali o da altri enti del Terzo settore;

m-bis) cooperazione allo sviluppo.

n) cooperazione allo sviluppo, ai sensi della legge 11 agosto 2014, n. 125, e successive modificazioni;

 

o) commercio equo e solidale, da intendersi come un rapporto commerciale con un produttore operante in un’area economica svantaggiata situata, di norma, in un Paese in via di sviluppo, sulla base di un accordo di lunga durata finalizzato a consentire, accompagnare e migliorare l’accesso del produttore al mercato, attraverso il dialogo, la trasparenza, il rispetto e la solidarietà, e che preveda il pagamento di un prezzo equo e l’obbligo del produttore di garantire condizioni di lavoro sicure, nel rispetto delle normative stabilite dall’Organizzazione internazionale del lavoro, di remunerare in maniera adeguata i lavoratori, in modo da permettere loro di condurre un’esistenza libera e dignitosa, e di rispettare i diritti sindacali, nonché di impegnarsi per il contrasto del lavoro minorile;

 

p) servizi finalizzati all’inserimento o al reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori e delle persone di cui al comma 4 del presente articolo;

 

q) alloggio sociale, ai sensi del decreto del Ministero delle infrastrutture del 22 aprile 2008, e successive modificazioni, nonché ogni altra attività di carattere residenziale temporaneo diretta a soddisfare bisogni sociali, sanitari, culturali, formativi, lavorativi e di accoglienza umanitaria di stranieri;

 

r) microcredito, ai sensi dell’articolo 111 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni;

 

s) agricoltura sociale, ai sensi dell’articolo 2 della legge 18 agosto 2015, n. 141, e successive modificazioni;

 

t) organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche.

 

2. Tenuto conto delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale di cui all’articolo 1, comma 1, della legge n. 106 del 2016, l’elenco delle attività d’impresa di interesse generale di cui al comma 1 può essere aggiornato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottarsi su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, acquisito il parere delle commissioni parlamentari competenti.

 

[Il comma 2 è riprodotto infra, a fronte del comma 4 dell'articolo dello schema]

 

 

3. Per attività principale ai sensi dell'articolo 1, comma 1, si intende quella per la quale i relativi ricavi sono superiori al settanta per cento dei ricavi complessivi dell'organizzazione che esercita l'impresa sociale. Con decreto del Ministro delle attività produttive e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sono definiti i criteri quantitativi e temporali per il computo della percentuale del settanta per cento dei ricavi complessivi dell'impresa.

3. Ai fini di cui al comma 1, si intende svolta in via principale l’attività per la quale i relativi ricavi siano superiori al settanta per cento dei ricavi complessivi dell’impresa sociale, secondo criteri di computo definiti con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

2. Indipendentemente dall'esercizio dell'attività di impresa nei settori di cui al comma 1, possono acquisire la qualifica di impresa sociale le organizzazioni che esercitano attività di impresa, al fine dell'inserimento lavorativo di soggetti che siano:

a) lavoratori svantaggiati ai sensi dell'articolo 2, primo paragrafo, lettera f), punti i), ix) e x), del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, 5 dicembre 2002, della Commissione relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell'occupazione;

b) lavoratori disabili ai sensi dell'articolo 2, primo paragrafo, lettera g), del citato regolamento (CE) n. 2204/2002.

 

 

4. Ai fini del presente decreto, si considera comunque di interesse generale, indipendentemente dal suo oggetto, l’attività d’impresa nella quale, per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, sono occupati:

a) lavoratori molto svantaggiati ai sensi dell’articolo 2, numero 99), del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, e successive modificazioni;

b) persone svantaggiate o con disabilità ai sensi dell’articolo 112, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e successive modificazioni, nonché persone beneficiarie di protezione internazionale ai sensi del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, e successive modificazioni, e persone senza fissa dimora iscritte nel registro di cui all’articolo 2, comma 4, della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, le quali versino in una condizione di povertà tale da non poter reperire e mantenere un’abitazione in autonomia.

4. I lavoratori di cui al comma 2 devono essere in misura non inferiore al trenta per cento dei lavoratori impiegati a qualunque titolo nell'impresa; la relativa situazione deve essere attestata ai sensi della normativa vigente

5. Ai fini di cui al comma 4, l’impresa sociale impiega alle sue dipendenze un numero di persone di cui alle lettere a) e b) non inferiore al trenta per cento dei lavoratori. Ai fini del computo di questa percentuale minima, i lavoratori di cui alla lettera a) non possono contare per più di un terzo. La situazione dei lavoratori di cui al comma 4 deve essere attestata ai sensi della normativa vigente.

5. Per gli enti di cui all'articolo 1, comma 3, le disposizioni di cui ai commi 3 e 4 si applicano limitatamente allo svolgimento delle attività di cui al presente articolo.

6. Per gli enti di cui all’articolo 1, comma 3, le disposizioni di cui ai commi 3 e 5 si applicano limitatamente allo svolgimento delle attività di cui al presente articolo.

Art. 3

(Assenza dello scopo di lucro)

Art. 3

(Assenza di scopo di lucro)

1. L'organizzazione che esercita un'impresa sociale destina gli utili e gli avanzi di gestione allo svolgimento dell'attività statutaria o ad incremento del patrimonio.

1. Salvo quanto previsto dal comma 3 e dall’articolo 16, l’impresa sociale destina eventuali utili ed avanzi di gestione allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio.

2. A tale fine è vietata la distribuzione, anche in forma indiretta, di utili e avanzi di gestione, comunque denominati, nonchè fondi e riserve in favore di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori. Si considera distribuzione indiretta di utili:

2. Ai fini di cui al comma 1, è vietata la distribuzione, anche in forma indiretta, di utili e avanzi di gestione, comunque denominati, nonché di fondi e riserve in favore di amministratori, fondatori, soci, associati, lavoratori o collaboratori, anche nel caso di recesso o di qualsiasi altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto. Nelle imprese sociali costituite nelle forme di cui al libro V del codice civile è ammesso il rimborso al socio del capitale effettivamente versato ed eventualmente rivalutato o aumentato nei limiti di cui al comma 3, lettera a). Si considerano in ogni caso distribuzione indiretta di utili:

a) la corresponsione agli amministratori di compensi superiori a quelli previsti nelle imprese che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ed, in ogni caso, con un incremento massimo del venti per cento;

a) la corresponsione agli amministratori, ai sindaci e a chiunque rivesta cariche sociali di compensi superiori a quelli previsti nelle imprese che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ed, in ogni caso, con un incremento massimo del venti per cento;

b) la corresponsione ai lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori a quelli previsti dai contratti o accordi collettivi per le medesime qualifiche, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche professionalità;

b) la corresponsione ai lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori del venti per cento rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze e, in ogni caso, con un incremento massimo del quaranta per cento;

c) la remunerazione degli strumenti finanziari diversi dalle azioni o quote, a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, superiori di cinque punti percentuali al tasso ufficiale di riferimento.

c) la remunerazione degli strumenti finanziari diversi dalle azioni o quote, a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per la distribuzione di dividendi dal comma 3, lettera a);

 

d) l’acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore di mercato.

 

3. L’impresa sociale può destinare una quota inferiore al cinquanta per cento degli utili e degli avanzi di gestione annuali, dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti:

 

a) se costituita nelle forme di cui al libro V del codice civile, ad aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato dai soci, nei limiti delle variazioni dell’indice nazionale generale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati, calcolate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) per il periodo corrispondente a quello dell’esercizio sociale in cui gli utili e gli avanzi di gestione sono stati prodotti, oppure alla distribuzione, anche mediante aumento gratuito del capitale sociale o l’emissione di strumenti finanziari, di dividendi ai soci, in misura comunque non superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato;

 

b) a erogazioni gratuite in favore di enti del Terzo settore diversi dalle imprese sociali, che non siano fondatori, associati, soci dell’impresa sociale o società da questa controllate, finalizzate alla promozione di specifici progetti di utilità sociale.

Art. 4

(Struttura proprietaria e disciplina dei gruppi)

Art. 4

(Struttura proprietaria e disciplina dei gruppi)

1. All'attività di direzione e controllo di un'impresa sociale si applicano, in quanto compatibili, le norme di cui al capo IX del titolo V del libro V e l'articolo 2545-septies del codice civile. Si considera, in ogni caso, esercitare attività di direzione e controllo il soggetto che, per previsioni statutarie o per qualsiasi altra ragione, abbia la facoltà di nomina della maggioranza degli organi di amministrazione.

1. All’attività di direzione e coordinamento di un’impresa sociale si applicano, in quanto compatibili, le norme di cui al capo IX del titolo V del libro V e l’articolo 2545-septies del codice civile. Si considera, in ogni caso, esercitare attività di direzione e coordinamento il soggetto che, per previsioni statutarie o per qualsiasi altra ragione, abbia la facoltà di nominare la maggioranza dei componenti dell’organo di amministrazione dell’impresa sociale.

2. I gruppi di imprese sociali sono tenuti a depositare l'accordo di partecipazione presso il registro delle imprese. I gruppi di imprese sociali sono inoltre tenuti a redigere e depositare i documenti contabili ed il bilancio sociale in forma consolidata, secondo le linee guida di cui all'articolo 10.

2. I gruppi di imprese sociali sono tenuti a depositare l’accordo di partecipazione presso il registro delle imprese. I gruppi di imprese sociali sono inoltre tenuti a redigere e depositare i documenti contabili ed il bilancio sociale in forma consolidata, predisposto in conformità alle linee guida di cui all’articolo 9.

3. Le imprese private con finalità lucrative e le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, non possono esercitare attività di direzione e detenere il controllo di un'impresa sociale.

3. Gli enti con scopo di lucro e le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, non possono esercitare attività di direzione e coordinamento o detenere, in qualsiasi forma, anche analoga, congiunta o indiretta, il controllo di un’impresa sociale ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile.

4. Nel caso di decisione assunta con il voto o l'influenza determinante dei soggetti di cui al comma 3, il relativo atto è annullabile e può essere impugnato in conformità delle norme del codice civile entro il termine di 180 giorni. La legittimazione ad impugnare spetta anche al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

4. Le decisioni assunte in violazione del divieto di cui al comma 3 sono annullabili e possono essere impugnate in conformità delle norme del codice civile entro il termine di 180 giorni. La legittimazione ad impugnare spetta anche al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Art. 5

(Costituzione)

Art. 5

(Costituzione)

1. L'organizzazione che esercita un'impresa sociale deve essere costituita con atto pubblico. Oltre a quanto specificamente previsto per ciascun tipo di organizzazione, secondo la normativa applicabile a ciascuna di esse, gli atti costitutivi devono esplicitare il carattere sociale dell'impresa in conformità alle norme del presente decreto ed in particolare indicare:

1. L’impresa sociale è costituita con atto pubblico. Oltre a quanto specificamente previsto per ciascun tipo di organizzazione, secondo la normativa applicabile a ciascuna di esse, gli atti costitutivi devono esplicitare il carattere sociale dell’impresa in conformità alle norme del presente decreto e in particolare indicare:

a) l'oggetto sociale, con particolare riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 2;

a) l’oggetto sociale, con particolare riferimento alle disposizioni di cui all’articolo 2, comma 1, 2 e 3 o le condizioni di cui all’articolo 2, commi 4 e 5;

b) l'assenza di scopo di lucro, di cui all'articolo 3.

b) l’assenza di scopo di lucro, di cui all’articolo 3.

2. Gli atti costitutivi, le loro modificazioni e gli altri fatti relativi all'impresa devono essere depositati entro trenta giorni a cura del notaio o degli amministratori presso l'ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede legale, per l'iscrizione in apposita sezione. Si applica l'articolo 31, comma 2, della legge 24 novembre 2000, n. 340.

Identico.

3. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai fini di cui all'articolo 16, accede anche in via telematica agli atti depositati presso l'ufficio del registro delle imprese.

3. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai fini di cui all’articolo 15, accede anche in via telematica agli atti depositati presso l’ufficio del registro delle imprese.

4. Gli enti di cui all'articolo 1, comma 3, sono tenuti al deposito del solo regolamento e delle sue modificazioni.

Identico.

5. Con decreto del Ministro delle attività produttive e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sono definiti gli atti che devono essere depositati e le procedure di cui al presente articolo.

5. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sono definiti gli atti che devono essere depositati e le procedure di cui al presente articolo.

Art.6

 (Responsabilità patrimoniale)

 

1. Salvo quanto già disposto in tema di responsabilità limitata per le diverse forme giuridiche previste dal libro V del codice civile, nelle organizzazioni che esercitano un'impresa sociale il cui patrimonio è superiore a ventimila euro, dal momento della iscrizione nella apposita sezione del registro delle imprese, delle obbligazioni assunte risponde soltanto l'organizzazione con il suo patrimonio.

Soppresso.

2. Quando risulta che, in conseguenza di perdite, il patrimonio è diminuito di oltre un terzo rispetto all'importo di cui al comma 1, delle obbligazioni assunte rispondono personalmente e solidalmente anche coloro che hanno agito in nome e per conto dell'impresa.

Soppresso.               

3. La disposizione di cui al presente articolo non si applica agli enti di cui all'articolo 1, comma 3.

Soppresso.

Art. 7

(Denominazione)

Art. 6

(Denominazione)

1. Nella denominazione è obbligatorio l'uso della locuzione: «impresa sociale».

1. La denominazione o ragione sociale, in qualunque modo formate, devono contenere l’indicazione di “impresa sociale”. Di tale indicazione deve farsi uso negli atti e nella corrispondenza dell’impresa sociale.

2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli enti di cui all'articolo 1, comma 3.

2. Identico.

3. L'uso della locuzione: «impresa sociale» ovvero di altre parole o locuzioni idonee a trarre in inganno è vietato a soggetti diversi dalle organizzazioni che esercitano un'impresa sociale.

3. L’indicazione di “impresa sociale”, ovvero di altre parole o locuzioni equivalenti o ingannevoli, non può essere usata da soggetti diversi dalle imprese sociali.

Art. 8

(Cariche sociali)

Art. 7

(Cariche sociali)

1. Negli enti associativi, la nomina della maggioranza dei componenti delle cariche sociali non può essere riservata a soggetti esterni alla organizzazione che esercita l'impresa sociale, salvo quanto specificamente previsto per ogni tipo di ente dalle norme legali e statutarie e compatibilmente con la sua natura.

1. Qualora l’atto costitutivo o lo statuto riservino a soggetti esterni all’impresa sociale la nomina di componenti degli organi sociali, la nomina della maggioranza dei componenti dell’organo di amministrazione deve in ogni caso essere riservata all’assemblea degli associati o dei soci dell’impresa sociale.

2. Non possono rivestire cariche sociali soggetti nominati dagli enti di cui all'articolo 4, comma 3.

2. Non possono assumere la presidenza dell’impresa sociale rappresentanti degli enti di cui all’articolo 4, comma 3.

3. L'atto costitutivo deve prevedere specifici requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza per coloro che assumono cariche sociali.

3. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, l’atto costitutivo deve prevedere specifici requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza per coloro che assumono cariche sociali.

Art. 9

(Ammissione ed esclusione)

Art. 8

(Ammissione ed esclusione)

1. Le modalità di ammissione ed esclusione dei soci, nonché la disciplina del rapporto sociale sono regolate secondo il principio di non discriminazione, compatibilmente con la forma giuridica dell'ente.

1. Le modalità di ammissione ed esclusione di soci o associati, nonché il rapporto sociale, sono regolati dagli atti costitutivi o dagli statuti dell’impresa sociale secondo il principio di non discriminazione, tenendo conto delle peculiarità della compagine sociale e della struttura associativa o societaria e compatibilmente con la forma giuridica in cui l’impresa sociale è costituita.

2. Gli atti costitutivi devono prevedere la facoltà dell'istante che dei provvedimenti di diniego di ammissione o di esclusione possa essere investita l'assemblea dei soci.

2. Compatibilmente con la forma giuridica in cui l’impresa sociale è costituita, gli atti costitutivi o gli statuti disciplinano la facoltà per l’istante di investire l’assemblea degli associati o dei soci, o un altro organo eletto dalla medesima, in relazione ai provvedimenti di diniego di ammissione o di esclusione di soci o associati. 

Art. 10

(Scritture contabili)

Art. 9

(Scritture contabili)

1. L'organizzazione che esercita l'impresa sociale deve, in ogni caso, tenere il libro giornale e il libro degli inventari, in conformità alle disposizioni di cui agli articoli 2216 e 2217 del codice civile, nonché redigere e depositare presso il registro delle imprese un apposito documento che rappresenti adeguatamente la situazione patrimoniale ed economica dell'impresa.

1. L’impresa sociale deve tenere il libro giornale e il libro degli inventari in conformità alle disposizioni del codice civile applicabili, e deve redigere e depositare presso il registro delle imprese il bilancio di esercizio redatto, a seconda dei casi, ai sensi degli articoli 2423 e seguenti, 2435-bis o 2435-ter del codice civile, in quanto compatibili.

2. L'organizzazione che esercita l'impresa sociale deve, inoltre, redigere e depositare presso il registro delle imprese il bilancio sociale, secondo linee guida adottate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita l'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, in modo da rappresentare l'osservanza delle finalità sociali da parte dell'impresa sociale.

2. L’impresa sociale deve inoltre depositare presso il registro delle imprese, e pubblicare nel proprio sito internet, il bilancio sociale redatto secondo linee guida adottate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Consiglio nazionale del Terzo settore di cui all’articolo 5, comma 1, lettera g), della legge 6 giugno 2016, n. 106, e tenendo conto, tra gli altri elementi, della natura dell’attività esercitata e delle dimensioni dell’impresa sociale, anche ai fini della valutazione dell’impatto sociale delle attività svolte.

3. Per gli enti di cui all'articolo 1, comma 3, le disposizioni di cui al presente articolo si applicano limitatamente alle attività indicate nel regolamento.

3. Identico.

Art. 11

(Organi di controllo)

Art. 10

(Organi di controllo interno)

1. Ove non sia diversamente stabilito dalla legge, gli atti costitutivi devono prevedere, nel caso del superamento di due dei limiti indicati nel primo comma dell'articolo 2435-bis del codice civile ridotti della metà, la nomina di uno o più sindaci, che vigilano sull'osservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei principi di corretta amministrazione, sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile.

1. Fatte salve disposizioni più restrittive relative alla forma giuridica in cui l’impresa sociale è costituita, l’atto costitutivo dell’impresa sociale deve prevedere la nomina di uno o più sindaci aventi i requisiti di cui all’articolo 2397, comma 2, e 2399 del codice civile.

 

2. I sindaci vigilano sull’osservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei principi di corretta amministrazione, anche con riferimento alle disposizioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, qualora applicabili, nonché sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile e sul suo concreto funzionamento.

 

2. I sindaci esercitano anche compiti di monitoraggio dell'osservanza delle finalità sociali da parte dell'impresa, avuto particolare riguardo alle disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 6, 8, 9, 10, 12 e 14. Del monitoraggio deve essere data risultanza in sede di redazione del bilancio sociale di cui all'articolo 10, comma 2.

3. I sindaci esercitano inoltre compiti di monitoraggio dell’osservanza delle finalità sociali da parte dell’impresa sociale, avuto particolare riguardo alle disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 11 e 13, ed attestano che il bilancio sociale sia stato redatto in conformità alle linee guida di cui all’articolo 9, comma 2. Il bilancio sociale dà atto degli esiti del monitoraggio svolto dai sindaci.

3. I sindaci possono in qualsiasi momento procedere ad atti di ispezione e di controllo; a tale fine, possono chiedere agli amministratori notizie, anche con riferimento ai gruppi di imprese sociali, sull'andamento delle operazioni o su determinati affari.

Identico.

4. Nel caso in cui l'impresa sociale superi per due esercizi consecutivi due dei limiti indicati nel primo comma dell'articolo 2435-bis del codice civile, il controllo contabile è esercitato da uno o più revisori contabili iscritti nel registro istituito presso il Ministero della giustizia o dai sindaci. Nel caso in cui il controllo contabile sia esercitato dai sindaci, essi devono essere iscritti all'albo dei revisori contabili iscritti nel registro istituito presso il Ministero della giustizia.

5. Fatte salve disposizioni più restrittive relative alla forma giuridica in cui l’impresa sociale è costituita, nel caso in cui l’impresa sociale superi per due esercizi consecutivi due dei limiti indicati nel primo comma dell’articolo 2435-bis del codice civile, la revisione legale dei conti è esercitata da un revisore legale o da una società di revisione legale iscritti nell’apposito registro, o da sindaci iscritti nell’apposito registro dei revisori legali.

Art. 12

(Coinvolgimento dei lavoratori e dei destinatari delle attività)

Art. 11

(Coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle attività)

1. Ferma restando la normativa in vigore, nei regolamenti aziendali o negli atti costitutivi devono essere previste forme di coinvolgimento dei lavoratori e dei destinatari delle attività.

1. Nei regolamenti aziendali o negli statuti delle imprese sociali devono essere previste adeguate forme di coinvolgimento dei lavoratori e degli utenti e di altri soggetti direttamente interessati alle loro attività.

2. Per coinvolgimento deve intendersi qualsiasi meccanismo, ivi comprese l'informazione, la consultazione o la partecipazione, mediante il quale lavoratori e destinatari delle attività possono esercitare un'influenza sulle decisioni che devono essere adottate nell'ambito dell'impresa, almeno in relazione alle questioni che incidano direttamente sulle condizioni di lavoro e sulla qualità dei beni e dei servizi prodotti o scambiati.

2. Per coinvolgimento deve intendersi un meccanismo di consultazione o di partecipazione mediante il quale lavoratori, utenti e altri soggetti direttamente interessati alle attività siano posti in grado di esercitare un’influenza sulle decisioni dell’impresa sociale, con particolare riferimento alle questioni che incidano direttamente sulle condizioni di lavoro e sulla qualità dei beni o dei servizi.

 

3. Le modalità di coinvolgimento devono essere individuate dall’impresa sociale tenendo conto, tra gli altri elementi, dei contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, della natura dell’attività esercitata, delle categorie di soggetti da coinvolgere e delle dimensioni dell’impresa sociale, in conformità a linee guida adottate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Consiglio nazionale del Terzo settore. Delle forme e modalità di coinvolgimento deve farsi menzione nel bilancio sociale di cui all’articolo 9, comma 2.

 

4. Gli statuti delle imprese sociali devono in ogni caso disciplinare:

 

a) i casi e le modalità della partecipazione dei lavoratori e degli utenti, anche tramite loro rappresentanti, all’assemblea degli associati o dei soci;

 

b) nelle imprese sociali che superino due dei limiti indicati nel primo comma dell’articolo 2435-bis del codice civile ridotti della metà, la nomina, da parte dei lavoratori ed eventualmente degli utenti di almeno un componente sia dell’organo di amministrazione che dell’organo di controllo.

 

5. Il presente articolo non si applica alle imprese sociali costituite nella forma di società cooperativa a mutualità prevalente e agli enti di cui all’articolo 1, comma 3.

Art. 13

(Trasformazione, fusione, scissione e cessione d'azienda e devoluzione del patrimonio)

Art. 12

(Trasformazione, fusione, scissione, cessione d’azienda e devoluzione del patrimonio)

1. Per le organizzazioni che esercitano un'impresa sociale, la trasformazione, la fusione e la scissione devono essere realizzate in modo da preservare l'assenza di scopo di lucro di cui all'articolo 3 dei soggetti risultanti dagli atti posti in essere; la cessione d'azienda deve essere realizzata in modo da preservare il perseguimento delle finalità di interesse generale di cui all'articolo 2 da parte del cessionario. Per gli enti di cui all'articolo 1, comma 3, la disposizione di cui al presente comma si applica limitatamente alle attività indicate nel regolamento.

1. La trasformazione, la fusione e la scissione delle imprese sociali devono essere realizzate in modo da preservare l’assenza di scopo di lucro, i vincoli di destinazione del patrimonio, e il perseguimento delle attività e delle finalità da parte dei soggetti risultanti dagli atti posti in essere; la cessione d’azienda o di un ramo d’azienda relativo allo svolgimento dell’attività d’impresa di interesse generale deve essere realizzata, previa relazione giurata di un esperto designato dal tribunale nel cui circondario ha sede l’impresa sociale, attestante il valore effettivo del patrimonio dell’impresa, in modo da preservare il perseguimento delle attività e delle finalità da parte del cessionario. Per gli enti di cui all’articolo 1, comma 3, la disposizione di cui al presente comma si applica limitatamente alle attività indicate nel regolamento.

2. Gli atti di cui al comma 1 devono essere posti in essere in conformità a linee guida adottate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita l'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale.

2. Gli atti di cui al comma 1 devono essere posti in essere in conformità alle disposizioni dell’apposito decreto adottato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Consiglio nazionale del Terzo settore.

[Il comma 3 è riprodotto infra, a fronte del comma 5 dell'articolo dello schema]

 

 

4. Gli organi di amministrazione notificano, con atto scritto di data certa, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali l'intenzione di procedere ad uno degli atti di cui al comma 1, allegando la documentazione necessaria alla valutazione di conformità alle linee guida di cui al comma 2, ovvero la denominazione dei beneficiari della devoluzione del patrimonio.

3. L’organo di amministrazione dell’impresa sociale notifica, con atto scritto di data certa, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali l’intenzione di procedere ad uno degli atti di cui al comma 1, allegando la documentazione necessaria alla valutazione di conformità alle linee guida di cui al comma 2, ovvero la denominazione dei beneficiari della devoluzione del patrimonio.

5. L'efficacia degli atti è subordinata all'autorizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentita l'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, che si intende concessa decorsi novanta giorni dalla ricezione della notificazione.

 

4. L’efficacia degli atti di cui al comma 1 è subordinata all’autorizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che si intende concessa decorsi novanta giorni dalla ricezione della notificazione. Avverso il provvedimento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che nega l’autorizzazione è ammesso ricorso dinanzi al giudice amministrativo.

3. Salvo quanto previsto in tema di cooperative, in caso di cessazione dell'impresa, il patrimonio residuo è devoluto ad organizzazioni non lucrative di utilità sociale, associazioni, comitati, fondazioni ed enti ecclesiastici, secondo le norme statutarie. La disposizione di cui al presente comma non si applica agli enti di cui all'articolo 1, comma 3.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

5. In caso di scioglimento volontario dell’ente o di perdita volontaria della qualifica di impresa sociale, il patrimonio residuo, dedotto, nelle imprese sociali costituite nelle forme di cui al libro V del codice civile, il capitale effettivamente versato dai soci, eventualmente rivalutato o aumentato, e i dividendi deliberati e non distribuiti nei limiti di cui all’articolo 3, comma 3, lettera a), è devoluto, salvo quanto specificamente previsto in tema di società cooperative, ad altri enti del Terzo settore o ai fondi di cui all’articolo 16, comma 1, secondo le disposizioni statutarie.  La disposizione di cui al presente comma non si applica agli enti di cui all’articolo 1, comma 3.

6. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano quando il beneficiario dell'atto è un'altra organizzazione che esercita un'impresa sociale.

Soppresso

Art. 14

(Lavoro nell'impresa sociale)

Art. 13

(Lavoro nell’impresa sociale)

1. Ai lavoratori dell'impresa sociale non può essere corrisposto un trattamento economico e normativo inferiore a quello previsto dai contratti e accordi collettivi applicabili.

1. I lavoratori dell’impresa sociale hanno diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. In ogni caso, la differenza retributiva tra lavoratori dipendenti dell’impresa sociale non può essere superiore al rapporto uno ad otto, da calcolarsi sulla base della retribuzione annua lorda. Le imprese sociali danno conto del rispetto di tale parametro nel proprio bilancio sociale.

2. Salva la specifica disciplina per gli enti di cui all'articolo 1, comma 3, è ammessa la prestazione di attività di volontariato, nei limiti del cinquanta per cento dei lavoratori a qualunque titolo impiegati nell'impresa sociale. Si applicano gli articoli 2, 4 e 17 della legge 11 agosto 1991, n. 266.

2. Salva la specifica disciplina per gli enti di cui all’articolo 1, comma 3, nelle imprese sociali è ammessa la prestazione di attività di volontariato, ma il numero dei volontari impiegati nell’attività d’impresa, dei quali l’impresa sociale deve tenere un apposito registro, non può essere superiore a quello dei lavoratori. L'impresa sociale deve assicurare i volontari che prestano attività di volontariato nell'impresa medesima contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell'attività stessa, nonché per la responsabilità civile verso i terzi.

[L'ultimo periodo trova riscontro, nel decreto legislativo n. 155, entro il rinvio ivi previsto all'articolo 4 della legge n. 266 del 1991].

 

3. I lavoratori dell'impresa sociale, a qualunque titolo prestino la loro opera, hanno i diritti di informazione, consultazione e partecipazione nei termini e con le modalità specificate nei regolamenti aziendali o concordati dagli organi di amministrazione dell'impresa sociale con loro rappresentanti. Degli esiti del coinvolgimento deve essere fatta menzione nel bilancio sociale di cui all'articolo 10, comma 2.

Soppresso [si veda peraltro l'articolo 11 dello schema, avente ad oggetto il coinvolgimento anche dei lavoratori]

Art. 15

(Procedure concorsuali)

Art. 14

(Procedure concorsuali)

1. In caso di insolvenza, le organizzazioni che esercitano un'impresa sociale sono assoggettate alla liquidazione coatta amministrativa, di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. La disposizione di cui al presente comma non si applica agli enti di cui all'articolo 1, comma 3.

 

[Per l'ultimo periodo, v. infra il comma 6 dell'articolo dello schema]

 

1. In caso di insolvenza, le imprese sociali sono assoggettate alla liquidazione coatta amministrativa, di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni.

 

2. Il provvedimento che dispone la liquidazione coatta amministrativa delle imprese sociali, ad esclusione di quelle aventi la forma di società cooperativa, nonché la contestuale o successiva nomina del relativo commissario liquidatore di cui all’articolo 198 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 287, è adottato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

 

3. Nelle procedure di liquidazione coatta amministrativa di cui al comma 2, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono individuati criteri e modalità di remunerazione dei commissari liquidatori e dei membri del comitato di sorveglianza, sulla base dell’economicità, efficacia ed efficienza delle attività svolte.

 

4. Fino all’adozione del decreto di cui al comma 3, la liquidazione del compenso dei commissari liquidatori e dei componenti dei comitati di sorveglianza è stabilita sulla base del D.M. 3 novembre 2016, recante “Criteri per la determinazione e liquidazione dei compensi spettanti ai commissari liquidatori e ai membri dei comitati di sorveglianza delle procedure di liquidazione coatta amministrativa ai sensi dell'articolo 2545-terdecies c.c. e di scioglimento per atto dell’ autorità' ai sensi dell'articolo 2545-septiedecies c.c.”.

2. Alla devoluzione del patrimonio residuo al termine della procedura concorsuale si applica l'articolo 13, comma 3.

5. Il patrimonio residuo al termine della procedura concorsuale è devoluto ai sensi dell’articolo 12, comma 5.

 

6. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano agli enti di cui all’articolo 1, comma 3.

 

[Identico all'ultimo periodo del comma 1 del corrispondente articolo del decreto legislativo n. 155].

 

Art. 16

(Funzioni di monitoraggio e ricerca)

Art. 15

(Funzioni di monitoraggio, ricerca e controllo)

1. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali promuove attività di raccordo degli uffici competenti, coinvolgendo anche altre amministrazioni dello Stato, l'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale e le parti sociali, le agenzie tecniche e gli enti di ricerca di cui normalmente si avvale o che siano soggetti alla sua vigilanza, e le parti sociali, al fine di sviluppare azioni di sistema e svolgere attività di monitoraggio e ricerca.

1. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali promuove attività di raccordo con altre amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il Consiglio nazionale del Terzo settore e le parti sociali, al fine di sviluppare azioni di sistema e svolgere attività di monitoraggio e ricerca.

2. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, avvalendosi delle proprie strutture territoriali, esercita le funzioni ispettive, al fine di verificare il rispetto delle disposizioni del presente decreto da parte delle imprese sociali.

2. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali demanda all’Ispettorato nazionale del lavoro di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, le funzioni ispettive, al fine di verificare il rispetto delle disposizioni del presente decreto da parte delle imprese sociali.

 

3. Ai fini dell’esercizio dell’attività ispettiva nei confronti delle imprese sociali il Ministero del lavoro e delle politiche sociali può avvalersi di enti associativi riconosciuti, cui aderiscano almeno duemila imprese sociali iscritte nel registro delle imprese di almeno cinque diverse regioni o province autonome, e delle associazioni di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220. 

 

4. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sono definiti le forme, i contenuti e le modalità dell’attività ispettiva sulle imprese sociali, nonché il contributo per l’attività ispettiva da porre a loro carico, e, ai fini del comma 3, sono individuati i criteri, i requisiti e le procedure per il riconoscimento degli enti associativi tra imprese sociali, e le forme di vigilanza su tali enti da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Le imprese sociali sono sottoposte ad attività ispettiva almeno una volta all’anno sulla base di un modello di verbale approvato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

5. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali svolge i propri compiti e assume le determinazioni di cui al presente articolo sentita l'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale.

5. L’attività ispettiva sulle imprese sociali costituite in forma di società cooperativa è svolta nel rispetto delle attribuzioni, delle modalità e dei termini di cui al decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sono individuate le norme di coordinamento necessarie al fine di assicurare l’unicità, la completezza, periodicità ed efficacia dell’attività ispettiva.

3. In caso di accertata violazione delle norme di cui al presente decreto o di gravi inadempienze delle norme a tutela dei lavoratori, gli uffici competenti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, assunte le opportune informazioni, diffidano gli organi direttivi dell'impresa sociale a regolarizzare i comportamenti illegittimi entro un congruo termine, decorso inutilmente il quale, applicano le sanzioni di cui al comma 4.

6. In caso di accertata violazione delle disposizioni di cui al presente decreto, il soggetto esercente l’attività ispettiva ai sensi dei commi 2 e 3 diffida gli organi di amministrazione dell’impresa sociale a regolarizzare i comportamenti illegittimi entro un congruo termine.

 

7. In caso di ostacolo allo svolgimento dell’attività ispettiva o di mancata ottemperanza alla diffida di cui al comma 6, il Ministero vigilante può nominare un commissario ad acta, anche nella persona del legale rappresentante dell’impresa sociale, che affianchi gli organi dell’impresa sociale e provveda allo specifico adempimento richiesto.

4. In caso di accertata violazione delle norme di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4, o di mancata ottemperanza alla intimazione di cui al comma 3, gli uffici competenti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dispongono la perdita della qualifica di impresa sociale. Il provvedimento è trasmesso ai fini della cancellazione dell'impresa sociale dall'apposita sezione del registro delle imprese. Si applica l'articolo 13, comma 3.

8. Nel caso di irregolarità non sanabili o non sanate il Ministero vigilante dispone la perdita della qualifica di impresa sociale. Tale provvedimento dispone altresì che il patrimonio residuo dell’impresa sociale, dedotto, nelle imprese sociali costituite nelle forme di cui al libro V del codice civile, il capitale effettivamente versato dai soci, eventualmente rivalutato o aumentato, e i dividendi deliberati e non distribuiti nei limiti di cui all’articolo 3, comma 3, lettera a), è devoluto al fondo istituito ai sensi dell’articolo 16 dall’ente o dall’associazione cui l’impresa sociale aderisce o, in mancanza, dalla Fondazione Italia Sociale, salvo quanto specificamente previsto in tema di società cooperative. Il provvedimento è trasmesso ai fini della cancellazione dell’impresa sociale dall’apposita sezione del registro delle imprese.

 

9. Avverso i provvedimenti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali emessi ai sensi del comma 8 è ammesso ricorso dinanzi al giudice amministrativo.

 

Art. 16

(Fondo per la promozione e lo sviluppo delle imprese sociali)

 

1. Le imprese sociali possono destinare una quota non superiore al tre per cento degli utili netti annuali, dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti, a fondi istituiti dagli enti e dalle associazioni di cui all’articolo 15, comma 3, nonché dalla Fondazione Italia Sociale, specificamente ed esclusivamente destinati alla promozione e allo sviluppo delle imprese sociali attraverso azioni ed iniziative di varia natura, quali il finanziamento di progetti di studio e di ricerca in tema di impresa sociale o di attività di formazione dei lavoratori dell’impresa sociale, la promozione della costituzione di imprese sociali o di loro enti associativi, o il finanziamento di specifici programmi di sviluppo di imprese sociali o di loro enti associativi. Tali versamenti sono deducibili ai fini dell’imposta sui redditi dell’impresa sociale erogante.

Art. 17

(Norme di coordinamento)

Art. 17

 (Norme di coordinamento e transitorie)

1. Le organizzazioni non lucrative di utilità sociale e gli enti non commerciali di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, che acquisiscono anche la qualifica di impresa sociale, continuano ad applicare le disposizioni tributarie previste dal medesimo decreto legislativo n. 460 del 1997, subordinatamente al rispetto dei requisiti soggettivi e delle altre condizioni ivi previsti.

1. Le società cooperative che assumono la qualifica di impresa sociale per le attività di cui all’articolo 2, lettera q), possono iscriversi all’Albo nazionale istituito ai sensi dell’articolo 13 della legge 31 gennaio 1992, n. 59. Le società cooperative edilizie di abitazione e loro consorzi iscritte all’Albo nazionale di cui al periodo precedente possono in ogni caso svolgere le attività di cui all’articolo 2, lettera q), del presente decreto.  

[Per il comma 2, si veda infra, a fronte del comma 4 del corrispondente articolo dello schema]

2. Le imprese sociali già costituite al momento dell’entrata in vigore del presente decreto, si adeguano alle disposizioni del presente decreto entro dodici mesi dalla data della sua entrata in vigore. Entro il medesimo termine, esse possono modificare i propri statuti con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell’assemblea ordinaria.

3. Le cooperative sociali ed i loro consorzi, di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, i cui statuti rispettino le disposizioni di cui agli articoli 10, comma 2, e 12, acquisiscono la qualifica di impresa sociale. Alle cooperative sociali ed i loro consorzi, di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, che rispettino le disposizioni di cui al periodo precedente, le disposizioni di cui al presente decreto si applicano nel rispetto della normativa specifica delle cooperative.

3. Ogni riferimento nel presente decreto al Consiglio nazionale del Terzo settore diviene efficace ed operativo dal momento dell’istituzione di tale Consiglio.

4. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai soli fini di cui al comma 3, le cooperative sociali ed i loro consorzi, di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, possono modificare i propri statuti con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell'assemblea ordinaria.

 

 

2. All'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153 dopo la parola: «strumentali» sono inserite le seguenti: «, delle imprese sociali».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4. Identico.

Art. 18

(Disposizione di carattere finanziario)

Art. 18

(Misure fiscali e di sostegno economico)

1. All'attuazione del presente decreto le amministrazioni competenti provvedono avvalendosi delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

1. Gli utili e gli avanzi di gestione delle imprese sociali non costituiscono reddito imponibile ai fini delle imposte dirette qualora vengano destinati ad apposita riserva indivisibile in sospensione d’imposta in sede di approvazione del bilancio dell’esercizio in cui sono stati conseguiti, e risultino effettivamente destinati, entro il secondo periodo di imposta successivo a quello in cui sono stati conseguiti, allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio ai sensi dell’articolo 3, comma 1, nonché al versamento del contributo per l’attività ispettiva di cui all’articolo 15. La destinazione degli utili e degli avanzi di gestione deve risultare dalle scritture contabili previste dall’articolo 9. Salvo quanto previsto dal comma 2, concorrono alla determinazione del reddito imponibile gli utili e gli avanzi di gestione destinati ai sensi dell’articolo 3, comma 3, lettera a) e lettera b).

 

2. Non concorrono alla determinazione del reddito imponibile ai fini delle imposte dirette gli utili e gli avanzi di gestione destinati, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, lettera a), ad aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato dai soci nei limiti delle variazioni dell’indice nazionale generale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati, calcolate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) per il periodo corrispondente a quello dell’esercizio sociale in cui gli utili e gli avanzi di gestione sono stati prodotti.

 

3. Dall’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche si detrae un importo pari al 30 per cento della somma investita dal contribuente nel capitale sociale di una o più società, incluse società cooperative, che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto e siano costituite da non più di trentasei mesi dalla medesima data. L’ammontare, in tutto o in parte, non detraibile nel periodo d’imposta di riferimento può essere portato in detrazione dall’imposta sul reddito delle persone fisiche nei periodi d’imposta successivi, ma non oltre il terzo. L’investimento massimo detraibile non può eccedere, in ciascun periodo d’imposta, l’importo di euro 1.000.000 e deve essere mantenuto per almeno tre anni. L’eventuale cessione, anche parziale, dell’investimento prima del decorso di tale termine, comporta la decadenza dal beneficio e l’obbligo per il contribuente di restituire l’importo detratto, unitamente agli interessi legali.

 

4. Non concorre alla formazione del reddito dei soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società, il 30 per cento della somma investita nel capitale sociale di una o più società, incluse società cooperative, che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale successivamente alla di entrata in vigore del presente decreto e siano costituite da non più di trentasei mesi dalla medesima data. L’investimento massimo deducibile non può eccedere, in ciascun periodo d’imposta, l’importo di euro 1.800.000 e deve essere mantenuto per almeno tre anni. L’eventuale cessione, anche parziale, dell’investimento prima del decorso di tale termine, comporta la decadenza dal beneficio ed il recupero a tassazione dell’importo dedotto. Sull’imposta non versata per effetto della deduzione non spettante sono dovuti gli interessi legali.

 

5. Le disposizioni di cui ai commi 3 e 4 si applicano anche agli atti di dotazione e ai contributi di qualsiasi natura, posti in essere successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, in favore di fondazioni che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale successivamente alla medesima data e siano costituite da non più di trentasei mesi dalla stessa.

 

6. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico, da adottarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono individuate le modalità di attuazione delle disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5.

 

7. Alle imprese sociali non si applica la disciplina prevista per le società di cui all'articolo 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, all’articolo 2, commi da 36-decies a 36-duodecies del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, all’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e all’articolo 3, commi da 181 a 189, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 e all’articolo 7-bis del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 dicembre 2016, n. 225.

 

8. Al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

a) all’articolo 1:

 

1) al comma 5-novies, le parole: “portale per la raccolta di capitali per le PMI” sono sostituite dalle seguenti: “portale per la raccolta di capitali per le PMI e per le imprese sociali”, e prima delle parole “degli organismi di investimento collettivo del risparmio”  sono inserite le seguenti parole: “, delle imprese sociali”;

 

2) dopo il comma 5-undecies è inserito il seguente:

 

“5-duodecies. Per “imprese sociali” si intendono le imprese sociali ai sensi del decreto legislativo di cui all’articolo 1, comma 2, lettera c), della legge 6 giugno 2016, n. 106, costituite in forma di società di capitali o di società cooperativa”;

 

b) la rubrica del capo III-quater, del titolo III, della Parte II, è sostituita nel modo seguente: “Gestione di portali per la raccolta di capitali per le PMI e per le imprese sociali”;

 

c) all’articolo 50-quinquies:

 

1) la rubrica è sostituita nel modo seguente: “Gestione di portali per la raccolta di PMI e per le imprese sociali”;

 

2) al comma 1, prima delle parole “per gli organismi di investimento collettivo del risparmio” sono inserite le seguenti parole: “, per le imprese sociali,”;

 

3) al comma 2, prima delle parole “per gli organismi di investimento collettivo del risparmio” sono inserite le seguenti parole: “, per le imprese sociali,”;

 

d) all’articolo 100-ter, comma 1, prima delle parole “dagli organismi di investimento collettivo del risparmio”, sono inserite le seguenti parole: “, dalle imprese sociali,”.

 

e) all’articolo 100-ter, comma 2, le parole: “o della PMI innovativa”, sono sostituite dalle seguenti: “, della PMI innovativa o dell’impresa sociale”;

 

f) all’articolo 100-ter, comma 2-bis, le parole “e di PMI innovative” sono sostituite dalle seguenti: “, di PMI innovative e di imprese sociali”;

 

g) all’articolo 100-ter, comma 2-quater, le parole “e da PMI innovative” sono sostituite dalle seguenti: “, da PMI innovative e da imprese sociali”.

 

9. L’efficacia delle disposizioni del presente articolo e dell’articolo 16, è subordinata, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, all’autorizzazione della Commissione europea, richiesta a cura del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

Art. 19

(Abrogazioni)

 

§  1. Il decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155, è abrogato e tutti i riferimenti a quest’ultimo decreto si intendono riferiti al presente decreto legislativo.

 

Art. 20

(Copertura finanziaria)

 

Agli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 18, commi 1, 3, 4 e 7 pari a 5,42 milioni di euro per l’anno 2018 e a 3,1 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019 si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 187, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

 

2. Ai fini dell’attuazione della disposizione di cui al precedente comma 1, il Ministro dell’economia e delle Finanze è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

3. Dall’attuazione delle ulteriori disposizioni del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione delle disposizioni con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.    

 

Art. 21

(Entrata in vigore)

 

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana.

 

 Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

 

 



[1] Secondo dati riportati ne "Il Sole 24 ore" (15 maggio 2017), le imprese sociali sarebbero 1.367, avverso 12.570 cooperative sociali e 82.231 altri enti orientati al mercato.

[2]     Si ricorda che tale Ispettorato è stato istituito dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, al fine di integrare i servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS e dell'INAIL e di assorbirne (a regime) le relative attività.

[3]   Queste ultime norme prevedono (a parte alcune fattispecie specifiche) l'attribuzione delle risorse in oggetto al fondo mutualistico per la promozione e lo sviluppo della cooperazione oppure, qualora la società in questione non aderisca ad alcuna associazione riconosciuta ovvero aderisca ad un'associazione che non abbia un fondo mutualistico, al bilancio dello Stato (cfr. l'art. 11 della L. 31 gennaio 1992, n. 59, e successive modificazioni).