Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari sociali
Titolo: Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali, nonché disposizioni per l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute - A.C. 3868 - Schede di lettura - Seconda edizione
Riferimenti:
AC N. 3868/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 478
Data: 26/07/2016
Descrittori:
ASSISTENZA SANITARIA   DIRIGENTI E PRIMI DIRIGENTI
LEGGE DELEGA   MEDICINALI
MINISTERO DELLA SALUTE   PERSONALE SANITARIO
SPERIMENTAZIONE CLINICA     
Organi della Camera: XII-Affari sociali

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali, nonché disposizioni per l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del
Ministero della salute

A.C. 3868

Schede di lettura

 

 

 

 

 

n. 478

Seconda edizione

 

 

 

26 luglio 2016

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Affari sociali

( 066760-3266 – * st_affarisociali@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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File: AS0262.docx

 


INDICE

Schede di lettura

§  Premessa  3

CAPO I Sperimentazione clinica dei medicinali e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza

§  Articolo 1 (Delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia di sperimentazione clinica) 9

§  Articolo 2 (Aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza) 21

CAPO II Professioni sanitarie

§  Articolo 3 (Riordino della disciplina degli Ordini delle professioni sanitarie) 25

§  Articolo 4 (Istituzione e definizione della professione dell'osteopata) 32

§  Articolo 5 (Istituzione e profilo della professione sanitaria del chiropratico) 36

§  Articolo 6 (Ordinamento delle professioni di chimico e fisico) 37

§  Articolo 7 (Ordinamento delle professioni di biologo e di psicologo) 40

§  Articolo 8 (Elenco nazionale degli ingegneri biomedici e clinici) 42

§  Articolo 9 (Esercizio abusivo della professione sanitaria) 43

§  Articolo 10 (Modifica alla legge 14 dicembre 2000, n. 376) 45

§  Articolo 11 (Circostanza aggravante per i reati contro la persona commessi in danno di persone ricoverate presso strutture sanitarie o presso strutture sociosanitarie residenziali o semiresidenziali) 46

§  Articolo 12 (Disposizioni in materia di formazione medica specialistica) 47

§  Articolo 13 (Modifica dell'articolo 102 del testo unico delle leggi sanitarie, di cui al regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e modifiche alla disciplina sull'esercizio societario delle farmacie) 49

CAPO III Disposizioni concernenti il Ministero della salute

§  Articolo 14 (Dirigenza sanitaria del Ministero della salute) 53

CAPO IV Disposizioni finali

§  Articolo 15 (Norma di coordinamento per le regioni e per le province autonome) 61

Testo a fronte

§  (Testo a fronte D.Lgs. CPS 13 settembre 1946, n. 233 e corrispondenti novelle recate dall’A.C. 3868) 65

 


SIWEB

Schede di lettura

 


Premessa

Il disegno di legge in esame (A.C. 3868) è stato approvato dal Senato il 24 maggio 2016 (A.S. 1324), e trasmesso alla Camera il 26 maggio 2016.

 

Al Senato, l’esame del disegno di legge A.S. 1324 (Governo) ha riguardato anche i disegni di legge abbinati: nn., 154 (Laura Bianconi e D'Ambrosio Lettieri), 693 (Mandelli e D'Ambrosio Lettieri), 725 (D'Ambrosio Lettieri e altri), 818 (Silvestro e altri), 829 (Bianco e altri) e 833 (D'Anna). Nel corso dell'iter, è stato adottato come testo base il disegno di legge d'iniziativa governativa (A.S. 1324), nel testo originario composto da 26 articoli relativi a una pluralità di temi di interesse sanitario. Per approfondire le tematiche proprie del provvedimento, la Commissione 12a (Igiene e sanità) del Senato ha svolto numerose audizioni (qui l’elenco delle audizioni svolte, con possibilità di visualizzare le memorie depositate) ma ha poi ritenuto opportuno concentrare l'istruttoria legislativa, e il susseguente esame, solo su parte delle disposizioni. Pertanto, nel corso dell’esame in Commissione è stata approvata la proposta di stralcio dell’articolo 9, nonché degli articoli da 11 a 25 (emendamento 9.1 della Relatrice).

Nella seduta del 26 aprile 2016, la Commissione 12a ha approvato all'unanimità la proposta di conferire mandato alla Relatrice a riferire favorevolmente in Assemblea, con le modifiche accolte nel corso dell'esame e con proposta di assorbimento dei disegni di legge connessi.

Durante l’esame in Aula, il testo non ha subito modifiche sostanziali (se non per l’introduzione dell’art. 6, vedi infra).

In conseguenza dello stralcio, il testo approvato dal Senato è composto da 15 articoli; cinque dei quali introducono norme aggiuntive rispetto al testo originario del disegno di legge del Governo A.S. 1324. Questi gli articoli inseriti in sede referente:

·      l'articolo 4 Istituzione e definizione della professione dell'osteopata, inserito al Senato nel corso dell’esame in Commissione;

·      l'articolo 5 Istituzione e profilo della professione sanitaria di chiropratico, inserito al Senato nel corso dell’esame in Commissione;

·      l’articolo 6 Ordinamento delle professioni di chimico e fisico, inserito al Senato nel corso dell’esame in Assemblea;

·      l’articolo 8 Elenco nazionale degli ingegneri biomedici e clinici, inserito al Senato nel corso dell’esame in Commissione;

·      l’articolo 10 Modifica alla legge 14 dicembre 2000, n. 376, inserito al Senato nel corso dell’esame in Commissione.

 

 

Come già detto il provvedimento è composto da 15 articoli, suddivisi in Capo I (artt. 1-2 Sperimentazione clinica dei medicinali e aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza); Capo II (artt. 3-13 Professioni sanitarie); Capo III (art. 14 Disposizioni concernenti il Ministero della salute); Capo IV ( art. 15 Disposizioni finali)

Questo in sintesi il contenuto del provvedimento:

 

·      delega al Governo per la revisione della disciplina in materia di sperimentazione clinica dei medicinali per uso umano. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di sperimentazione clinica dei medicinali per uso umano, introducendo uno specifico riferimento alla medicina di genere. L’intervento legislativo intende coordinare la disciplina nazionale con la normativa europea, recentemente innovata dal Regolamento 536/2014, attraverso azioni mirate a conservare ed attirare una quota della ricerca clinica transnazionale nel nostro Paese, con conseguenti ricadute positive sul piano occupazionale e sul livello di qualità che l'attività di ricerca sperimentale determina (art.1);

·      inserimento, nell'ambito delle procedure di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA), delle procedure di controllo del dolore nella fase travaglio-parto, da effettuarsi anche tramite ricorso a tecniche di anestesia loco-regionale. L’aggiornamento dei LEA tiene conto delle specifiche esigenze della medicina di genere (art. 2);

·      riforma degli Ordini e Collegi delle professioni sanitarie, realizzata con un intervento di riordino della normativa vigente, risalente alla legge istitutiva degli ordini di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233. L'articolo trasforma gli attuali collegi delle professioni sanitarie e le rispettive federazioni nazionali in ordini delle medesime professioni e relative federazioni nazionali accorpando in un medesimo ordine professioni tra loro omogenee e compatibili, nonché provvede alla costituzione degli albi per quelle professioni sanitarie che ne sono sprovviste (art. 3);

·      istituzione della professione sanitaria di osteopata, e del relativo albo, nell'ambito dell'ordine dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (art. 4);

·      istituzione della professione sanitaria di chiropratico e di un relativo registro presso il Ministero della salute (art. 5);

·      trasformazione del Consiglio Nazionale dei Chimici (CNC) in Federazione Nazionale degli Ordini dei Chimici e dei Fisici. Agli ordini si applicano le disposizioni relative alle professioni sanitarie, pertanto la Federazione è posta sotto l’alta vigilanza del Ministero della salute (art. 6);

·      inserimento delle professioni di biologo e di psicologo nell’ambito delle professioni sanitarie. Riguardo alle norme organizzative, all'ordine dei biologi si estende la disciplina relativa alle professioni sanitarie. Per l'ordine degli psicologi resta ferma un'autonoma disciplina organizzativa (art. 7);

·      istituzione, presso l’ordine degli ingegneri, dell'elenco nazionale certificato degli ingegneri biomedici e clinici, demandando ad un regolamento interministeriale la definizione dei requisiti per l'iscrizione, su base volontaria (art. 8);

·      previsione della circostanza aggravante nel caso di esercizio abusivo delle professioni sanitarie, con la confisca obbligatoria dei beni utilizzati per commettere il reato. In particolare, quando si tratta di beni immobili, è previsto il loro trasferimento al patrimonio del comune ove sono siti, per essere destinati a finalità sociali e assistenziali (art. 9);

·      estensione al farmacista delle pene previste per il reato di commercio di sostanze dopanti (art. 10);

·      introduzione della circostanza aggravante per taluni reati commessi contro persone ricoverate presso strutture sanitarie o presso strutture sociosanitarie residenziali o semiresidenziali (art. 11);

·      disposizioni in materia di formazione medica specialistica (art. 12)

·      abolizione del divieto all’esercizio cumulativo delle professioni sanitarie, risalente al Testo unico delle leggi sanitarie del 1934, che consente ai soggetti legittimati ad esercitare professioni o arti sanitarie - ad eccezione dei professionisti abilitati alla prescrizione di medicinali – di svolgere la loro attività anche in farmacia (della quale siano titolari o meno). Si consente, inoltre, che la sostituzione temporanea nella direzione della farmacia privata di cui sia titolare una società sia operata con un qualsiasi farmacista iscritto all'albo e non necessariamente con un altro socio farmacista; (art. 13);

·      modifica della disciplina vigente relativa al ruolo della dirigenza sanitaria del Ministero della salute: da un lato, si istituisce un unico livello di detto ruolo e, dall’altro, ai dirigenti sanitari del Ministero si estendono gli istituti giuridici ed economici previsti per la dirigenza sanitaria del SSN (art. 14);

·      norma di coordinamento per le regioni e per le province autonome (art. 15).

 

 

 


CAPO I
Sperimentazione clinica dei medicinali e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza

 


Articolo 1
(Delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia di sperimentazione clinica)

 

 

L'articolo 1 reca una delega al Governo per la revisione della disciplina in materia di sperimentazione clinica dei medicinali per uso umano.

 

La sperimentazione clinica dei medicinali in Italia

 

Con l’entrata in vigore del Regolamento 536/2014, la gestione puramente nazionale della valutazione delle sperimentazioni cliniche sarà sostituita da un gestione coordinata a livello europeo, che richiederà l’applicazione di criteri e procedure condivise, con la necessità di ripensare i criteri e i meccanismi oggi in vigore nelle fasi di programmazione e valutazione delle sperimentazioni cliniche farmacologiche.

A questo proposito, il 14° Rapporto nazionale AIFA sulla sperimentazione clinica dei medicinali in Italia nel 2014 ricorda che proprio nel 2014 è stato attivato l’Osservatorio sulla Sperimentazione Clinica, che, in qualità di strumento unico di gestione delle sperimentazioni cliniche sui farmaci, pone l’Italia in una situazione simile a quella disegnata dal Regolamento, con una gestione puramente telematica delle sperimentazioni.

Il Rapporto rileva che, se i dati del 2013 avevano dimostrato una generale tenuta dell’Italia nel settore delle sperimentazioni cliniche rispetto al resto d’Europa, i dati del 2014 mostrano addirittura una lieve tendenza all’aumento. In particolare nel 2014:

- le sperimentazioni nella fase iniziale di sviluppo dei farmaci (fase I e II) rappresentano la maggioranza delle sperimentazioni;

- sono raddoppiate le sperimentazioni sui medicinali di terapia avanzata (il dato delle sperimentazioni con farmaci per terapia avanzata passa dall’1% al 2%);

- si nota una netta ripresa delle sperimentazioni no profit dopo il calo del 2013 (più 5% rispetto al 2013);

- un terzo circa delle sperimentazioni è su farmaci biologici/biotecnologici;

 - nel settore delle malattie rare, le sperimentazioni relative alle fasi di sviluppo dei farmaci (Fasi I e II) sono significativamente più numerose rispetto a quelle di fase IV; mentre è interessante notare come le sperimentazioni profit siano in totale il 75% delle sperimentazioni nella categoria della malattie rare, dato che farebbe sperare nel possibile aumento di domande di registrazione per farmaci mirati a trattare queste patologie. Esaminando le sperimentazioni per categoria terapeutica è inoltre interessante vedere come le percentuali per classe terapeutica sono significativamente diverse rispetto ai dati di spesa per le medesime classi terapeutiche. La spesa per antineoplastici e immunomodulatori è oggi al 28.9%, mentre in questa classe si registra quasi la metà delle sperimentazioni presentate (47%); in particolare per sangue ed organi ematopoietici i dati percentuali relativi alle sperimentazioni sono doppi rispetto ai dati di incidenza percentuale sulla spesa farmaceutica.

Oltre all’analisi di tipo numerico, il Rapporto segnala i dati sulla sperimentazione no profit per riflettere su come le procedure autorizzative necessarie a tale tipo di sperimentazione possano essere migliorate in vista dell’implementazione del Regolamento 536/2014. Infatti, le difficoltà incontrate per l’implementazione della nuova normativa nazionale per il riordino dei comitati etici, dettata dall’art. 12, comma 10, del decreto legge 158/2012 (Decreto Balduzzi), che hanno portato a tempi lunghissimi e ben oltre le scadenze previste dalla norma, fanno temere analoghi tempi di reazione per l’adattamento del sistema alle nuove regole introdotte dal Regolamento 536/2014, regole ancora più stringenti e che impatteranno in misura ancora più significativa sull’attuale organizzazione nazionale. Il Rapporto segnala che la riorganizzazione non potrà prescindere da miglioramenti nell’efficienza della gestione delle sperimentazioni cliniche, in quanto ad una tempestiva autorizzazione dovrà far seguito un’altrettanta tempestiva attivazione delle sperimentazioni cliniche.

 

Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di sperimentazione clinica dei medicinali per uso umano, introducendo uno specifico riferimento alla medicina di genere. Ulteriori termini e procedure per l'esercizio della delega (e per gli eventuali successivi decreti correttivi ed integrativi) sono posti dai commi da 3 a 5 del provvedimento in esame (vedi infra).

 

La normativa sulle sperimentazioni cliniche di medicinali per uso umano

 

La normativa sulle sperimentazioni cliniche di medicinali per uso umano è il risultato di una progressiva stratificazione di fonti eterogenee da cui è derivato un complesso quadro regolatorio. Nel corso della XVI Legislatura, il progetto di legge di iniziativa governativa A.C. 4274, esaminato in prima lettura alla Camera, ha inteso riformare la materia, e pur senza essere stato approvato, ha costituito un punto di partenza per alcuni successivi interventi, poi attuati, dal decreto legge 158/2012 (c.d. Decreto Balduzzi) in materia di Comitati etici. Il disegno di legge in esame ha ripreso parte delle proposte dell'A.C. 4274 in materia di sperimentazione clinica dei medicinali.

 

Oltre che dal Decreto Balduzzi e dal D.Lgs. 211/2003 "Attuazione della direttiva 2001/20/CE relativa all'applicazione della buona pratica clinica nell'esecuzione delle sperimentazioni cliniche di medicinali per uso clinico", la normativa di rango legislativo vigente in materia di procedure autorizzative per le sperimentazioni cliniche inerenti i medicinali è regolamentate da una differente disciplina a seconda che sia svolta con la finalità di realizzare un bene commerciabile (cd. sperimentazioni profit) o che sia realizzata solo ai fini del progresso generale (cd. sperimentazioni non profit).

Le sperimentazioni c.d. “profit” sono promosse dall’industria farmaceutica a fini di lucro, i risultati delle sperimentazioni stesse divengono di proprietà dell’industria farmaceutica e possono essere utilizzati nello sviluppo industriale del farmaco. Le sperimentazioni profit sono oggi disciplinate dal D. Lgs. 200/2007, recante Attuazione della direttiva 2005/28/CE recante principi e linee guida dettagliate per la buona pratica clinica relativa ai medicinali in fase di sperimentazione a uso umano, nonchè requisiti per l’autorizzazione alla fabbricazione o importazione di tali medicinali.

Le sperimentazioni c.d. “non profit”, oggi disciplinate dal decreto ministeriale 17 dicembre 2004 Prescrizioni e condizioni di carattere generale, relative all’esecuzione delle sperimentazioni cliniche dei ͺ medicinali, con particolare riferimento a quelle ai fini del miglioramento della pratica clinica, quale parte integrante dell’assistenza sanitaria, sono promosse, non a fini di lucro, da enti pubblici o di ricerca. I risultati delle sperimentazioni non profit divengono di proprietà del promotore, non dell’industria farmaceutica, e sono utilizzati per il miglioramento della pratica clinica nell’uso del farmaco. A norma dell’art. 1 del D.M. 17 dicembre 2004 il promotore di una sperimentazione no profit deve essere una “struttura o ente o istituzione pubblica o ad essa equiparata o fondazione o ente morale, di ricerca e/o sanitaria o associazione/società scientifica o di ricerca non a fini di lucro o Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico o persona dipendente da queste strutture e che svolga il ruolo di promotore nell’ambito dei suoi compiti istituzionali”; non deve essere “il proprietario del brevetto del farmaco in sperimentazione o il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio”; non deve avere “cointeressenze di tipo economico con l’azienda produttrice del farmaco in sperimentazione”; deve essere proprietario “dei dati relativi alla sperimentazione, (del)la sua esecuzione e (de)i suoi risultati”. Le finalità ultime della sperimentazione non profit stessa devono mirare imprescindibilmente al miglioramento della pratica clinica a tal fine riconosciuta dal Comitato Etico con esclusione di qualsiasi industrializzazione e scopo di lucro del farmaco.

Molti dei principi sanciti dal decreto ministeriale 17 dicembre 2004 sulla sperimentazione no profit, appaiono bisognosi di revisione, ciò, anche alla luce della nuova regolamentazione europea per la sperimentazione clinica di cui al Regolamento (UE) n. 536/2014 che, come la precedente direttiva 2001/20/CE, non prevede indicazioni specifiche e distintive per la ricerca non commerciale, se non un richiamo agli Stati Membri ad operare per incentivarla. Il nuovo Regolamento Europeo infatti lascia agli Stati Membri la facoltà di stabilire quali siano gli organismi appropriati per l’autorizzazione alla sperimentazione clinica e il ruolo/partecipazione dei Comitati Etici in tale processo.

Il Regolamento (UE) 536/2014 entrerà in vigore dalla data mobile di cui all'art. 99, secondo comma (la data dell’effettiva entrata in vigore è posta fra dicembre 2017 e ottobre 2018). Lo strumento giuridico del regolamento è stato prescelto perché ritenuto in grado di ridurre gli ambiti di autonomia normativa, che la direttiva 2001/20/CE, soprattutto nei casi di sperimentazioni cliniche multicentriche, attribuisce agli Stati membri. Il Regolamento intende infatti colmare le lacune della normativa attuale per quanto riguarda la valutazione e l’autorizzazione di studi clinici multicentrici (condotti in più Stati membri), sempre più spesso utilizzati per la sperimentazione dei farmaci di nuova generazione, che coinvolgono nelle sperimentazioni un numero sempre maggiore di centri, spesso situati in più Paesi membri dell’UE. Per questo, il Regolamento introduce, attraverso il Portale UE, una procedura unica di autorizzazione e una gestione unica amministrativa per gli studi clinici multicentrici. Secondo la nuova procedura, la valutazione degli studi sarà coordinata da una singola autorità competente nazionale che farà da referente e che fornirà una prima valutazione dello studio, sulla base della quale le autorità competenti degli altri Stati membri forniranno i propri commenti e la loro decisione finale sull’autorizzazione. Come già accennato, il Regolamento 536/2014 non ha però ben definito le competenze relative alla revisione degli aspetti scientifici ed etici che sottostanno alle sperimentazione cliniche dei medicinali per uso umano, rimettendole ai singoli Stati, che pertanto potranno trovare diverse soluzioni. Gli Stati membri infatti potranno scegliere di separare gli aspetti scientifici da quelli etici, assegnando i primi a Comitati scientifici e i secondi a Comitati etici, oppure potranno scegliere di rimettere entrambi gli aspetti ad un unico Comitato. Conseguentemente, il Regolamento non ha nemmeno definito l'aspetto organizzativo del Comitato etico, anch’esso rimesso ai singoli Stati e che potrà configurarsi come: comitato etico unico nazionale; comitati etici nazionali in numero limitato per aree disciplinari specializzate; comitato etico di riferimento nazionale/internazionale e di coordinamento per i comitati etici territoriali e/o settoriali (sul punto si rinvia alla mozione del Comitato nazionale per la Bioteca (CNB) del settembre 2015). L’organismo o gli organismi prescelti dallo Stato membro avranno il compito di allineare la tempistica e le procedure nazionali con la tempistica e le procedure per la valutazione della domanda di autorizzazione della sperimentazione clinica, così come identificate nel Regolamento. Pertanto, il Promotore di una sperimentazione avrà interesse ad avviare la richiesta di autorizzazione di una sperimentazione in uno Stato, individuato quale Stato membro relatore, ai sensi dell’articolo 5 del Regolamento, quanto più avrà garanzia che gli enti deputati dallo Stato relatore a validare gli aspetti etici e scientifici dello studio clinico rispondano con tempestività e nei termini previsti dal Regolamento.

Per valutare i modelli nazionali e risolvere le criticità esistenti, gli Stati europei hanno già dato il via ad un progetto pilota per la valutazione armonizzata dei protocolli clinici che si svolgono in più Stati dell’UE, dal nome Voluntary Harmonization Procedure (VHP). La VHP si applica su base volontaria agli studi clinici di fase I-IV multicentrici che vengono svolti in diversi Stati membri dell’UE e permette la valutazione coordinata degli studi clinici in un’unica soluzione contemporanea per tutti gli Stati coinvolti nella sperimentazione. Alla valutazione coordinata segue una fase nazionale che consiste sostanzialmente nella ratifica da parte delle autorità competenti nazionali della decisione presa in VHP. Il modello valutativo della VHP si basa quindi su quanto previsto dal Regolamento 536/2014, escludendo tuttavia il parere dei Comitati Etici, che viene recepito solo in fase nazionale.

Nel maggio 2016, nella fase di valutazione armonizzata a livello europeo, l’AIFA ha presentato il Progetto pilota VHP per la valutazione congiunta AIFA e CE che vede il coinvolgimento di numerosi Comitati Etici (CE) (qui la lista dei CE aderenti al progetto). Lo scopo del progetto è di testare il modello di valutazione coordinata AIFA/CE delle sperimentazioni cliniche e di evidenziarne le eventuali criticità, prima fra tutte il mancato coinvolgimento dei CE nella prima fase di valutazione della documentazione presentata a livello europeo secondo la procedura VHP, che potrebbe portare ad accumulare un sensibile ritardo nella fase successiva di autorizzazione nazionale. A causa del mancato coordinamento tra l’Agenzia e i CE, infatti, le richieste di valutazione di trial clinici che vengono presentate tramite VHP con coinvolgimento dell’Italia potrebbero subire un grave ritardo nell’inizio della sperimentazione perché alla rapida concessione dell’autorizzazione dell’AIFA, a livello europeo, non potrebbe corrispondere una altrettanto rapida emissione del parere unico da parte dei CE, a livello nazionale.

 

I principi ed i criteri direttivi per l'esercizio della delega, nel prevedere il riordino ed il coordinamento delle disposizioni vigenti, fanno esplicitamente salvi (comma 2, alinea, e lettera a)) il rispetto delle norme dell'Unione europea - tra cui la futura disciplina in materia, posta dal citato regolamento (UE) n. 536/2014, delle convenzioni internazionali, nonché, secondo un riferimento inserito in sede referente, il rispetto degli standard internazionali per l’etica nella ricerca medica sugli esseri umani, in conformità a quanto previsto dalla Dichiarazione di Helsinki dell’Associazione medica mondiale del 1964, e sue successive revisioni.

 

I principi ed i criteri direttivi prevedono (comma 2):

 

Il testo originario del disegno di legge comprendeva anche la fase 0, esclusa in sede referente, poiché non riguarda sperimentazione sulle persone umane La fase 0 è utile per osservare come si comporta su un organismo vivente complesso la molecola chimica da cui si ritiene di poter ricavare un farmaco e qual è il suo livello di tossicità. Inizialmente sono eseguiti degli studi “in vitro” per comprendere le caratteristiche della molecola. Soltanto quando si è appurato in laboratorio che la molecola possiede potenziali effetti terapeutici, si passa alla sperimentazione in vivo sugli animali (sul punto Aifa, Come nasce un farmaco).

 

La fase I è il primo studio di un nuovo principio attivo condotto nell’uomo (spesso su volontari sani). L'obiettivo principale è la valutazione degli effetti collaterali che possono essere attesi considerando i risultati delle precedenti sperimentazioni sugli animali e la valutazione della modalità di azione e distribuzione del farmaco nell’organismo. I pazienti o i volontari vengono divisi in più gruppi, ciascuno dei quali riceve una diversa dose di farmaco (in genere crescente), per valutare gli eventuali effetti indesiderati della sostanza in relazione alla quantità somministrata.

L’articolo 12, comma 9, del decreto legge 158/2012 (c.d. Decreto Balduzzi) ha trasferito le competenze in materia di sperimentazione clinica dei medicinali dall’Istituto superiore di sanità all’AIFA. In attuazione di quanto disposto dal Decreto Balduzzi, il decreto ministeriale 27 aprile 2015 Modalità di esercizio delle funzioni in materia di sperimentazioni cliniche di medicinali trasferite dall'Istituto superiore di sanità all'Agenzia italiana del farmaco ha infatti stabilito che iI promotore della sperimentazione clinica di fase I è tenuto ad acquisire la preventiva autorizzazione dell'AIFA, che però si avvale dell'Istituto superiore di sanità (ISS) per la valutazione tecnico-scientifica della documentazione presentata a supporto della domanda di autorizzazione. L’ISS è tenuto a formulare un parere di ammissibilità.

Inoltre, ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera a), del Decreto Balduzzi non è più necessaria alcuna autorizzazione per la produzione di un principio attivo da utilizzare nella produzione di un medicinale impiegato nelle sperimentazioni cliniche di Fase I se, previa notifica all'AIFA da parte del titolare dell'officina, la sperimentazione è effettuata nel rispetto delle norme di buona fabbricazione in un'officina autorizzata alla produzione di materie prime farmacologicamente attive. Resta l'obbligo di notifica all'AIFA da parte dei titolari dell'officina, che dovrà comunque essere autorizzata alla produzione di materie prime farmacologicamente attive.

Per quanto riguarda l’idoneità dei centri clinici autorizzati alla sperimentazione di Fase I, merita ricordare che la Determina AIFA n. 809/2015 del 19 giugno 2015, “Determina inerente i requisiti minimi necessari per le strutture sanitarie che eseguono sperimentazioni di fase I di cui all’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 21 settembre 2001, n. 439 e di cui all’articolo 31, comma 3, del decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 200” ha stabilito i requisiti minimi necessari per il funzionamento delle strutture sanitarie che eseguono sperimentazioni cliniche di Fase I in conformità a quanto già stabilito dal D.M. 19 marzo 1998, "Riconoscimento della idoneità dei centri per la sperimentazione clinica dei medicinali". Ai sensi della Determina AIFA n. 809/2015, gli studi clinici di Fase I su pazienti possono essere condotti esclusivamente presso.

·      unità/reparti clinici, dedicati alle sperimentazioni di Fase I, di strutture ospedaliere pubbliche o ad esse equiparate con esplicita menzione normativa, degli IRCCS nonché di istituzioni sanitarie private limitatamente a quelle previste dall’art. 2 del decreto ministeriale 19 marzo 1998;

·      in alternativa, nei reparti clinici non dedicati alle sperimentazioni di Fase I, nelle stesse strutture precedentemente elencate (pubbliche, equiparate, IRCCS, private limitatamente art. 2, comma 2, DM 19 marzo 1998) solo nel caso in cui per il periodo della sperimentazione siano in possesso dei requisiti previsti dalla Determina 809/2015.

Dall’applicazione integrata dell’articolo 2, coma 2, del DM 19 marzo 1998 con la Determina 809/2015 consegue che le unità/centri/strutture privati in possesso dei requisiti previsti dalla Determina 809/2015 devono altresì essere in possesso di:

-    accreditamento al SSN (competenza della Regione di appartenenza);

-    conformità alle norme vigenti in materia igienico-sanitaria (comp. ASL);

-    conformità al DPR 14 gennaio 1997 (competenza ASL).

I centri privati possono partecipare a sperimentazioni multicentriche nelle quali vi è la partecipazione di almeno una struttura pubblica

Gli studi clinici di Fase I su volontari sani possono essere condotti esclusivamente presso le unità di Fase I di strutture ospedaliere pubbliche o ad esse equiparate con esplicita menzione normativa, degli IRCCS nonché di strutture private di cui all’art. 1 del decreto ministeriale 19 marzo 1998, ovvero devono essere in possesso di:

-    requisiti previsti dalla Determina 809/2015;

-    conformità alle norme vigenti in materia igienico-sanitaria (competenza ASL)

-    conformità al DPR 14 gennaio 1997 (competenza ASL).

Le sperimentazioni di Fase I a fini non industriali di cui al decreto ministeriale 17 dicembre 2004, sono tenute a seguire nella loro totalità le Norme di buona pratica clinica di cui all’allegato 1 al decreto ministeriale 15 luglio 1997.

La Determina 809/2015, che entra in vigore il 9 luglio 2016, all’articolo 3 stabilisce che il rappresentante legale della Unità/struttura che intende compiere sperimentazioni di Fase I deve autocertificare all’Osservatorio Nazionale sulla Sperimentazione Clinica dei Medicinali dell’AIFA (OsSC), almeno 90 giorni prima dell’avvio dell’attività del centro, il possesso dei requisiti richiesti. L’OsSC è tenuto a pubblicare l’elenco delle Unità/Centri di Fase I che si certificano. Sono altresì previste possibili verifiche da parte dell’Ufficio Attività Ispettive GCP dell’AIFA (sul punto, Aifa, Determina AIFA 2015 sui requisiti minimi necessari per le strutture sanitarie che eseguono sperimentazioni di fase I: scopi ed aspetti generali, parte clinica, maggio 2016).

La Determina 809/2015, che entra in vigore il 9 luglio 2016, all’articolo 3 stabilisce che il rappresentante legale della Unità/struttura che intende compiere sperimentazioni di Fase I deve autocertificare all’OsSC, almeno 90 giorni prima dell’avvio dell’attività del centro, il possesso dei requisiti richiesti. La successiva Determina AIFA 451/2016 ha poi fissato i criteri per la redazione dell’autocertificazione dei requisiti minimi delle strutture sanitarie che eseguono sperimentazioni cliniche di fase I

 

 

 

Il Comitato etico (CE)per le sperimentazioni cliniche dei medicinali è un organismo indipendente che ha la responsabilità di garantire la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei soggetti in sperimentazione e di fornire pubblica garanzia di tale tutela. I compiti del Comitato nel corso delle sperimentazioni cliniche sono regolati dall’articolo 6 del D.Lgs. 211/2003.

Come già detto, il decreto legge 158/2012, all'articolo 12, commi 10 - 12, ha trasferito all’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) le competenze in materia di sperimentazione clinica, precedentemente attribuite all’Istituto Superiore della Sanità, e ha disposto che le regioni e le province autonome, entro il 30 giugno 2013, riorganizzassero la rete dei Comitati Etici, istituiti nel proprio territorio, attenendosi ai seguenti criteri:

·      ciascun Comitato etico può avere una competenza territoriale di una o più province, purché sia rispettato il parametro di un Comitato per ogni milione di abitanti, fatta salva la possibilità di prevedere un ulteriore comitato etico, con competenza estesa a uno o più Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico;

·      la scelta dei Comitati da confermare tiene conto del numero dei pareri unici per sperimentazione clinica di medicinali emessi nel corso dell'ultimo triennio;

·      la competenza di ciascun comitato può investire, oltre alle sperimentazioni cliniche dei medicinali, ogni altra questione sull'uso dei medicinali e dei dispositivi medici, sull'impiego di procedure chirurgiche e cliniche o relativa allo studio di prodotti alimentari sull'uomo, generalmente rimessa, per prassi internazionale, alle valutazioni degli stessi Comitati;

·      l'indipendenza di ciascun Comitato e l'assenza di rapporti gerarchici tra diversi Comitati deve essere assicurata.

In seguito, il decreto 8 febbraio 2013, ha dettato i criteri per la composizione e il funzionamento dei comitati etici.

Nel 2012 i CE erano 243, nel 2016 il loro numero è sceso a 97. Inoltre, i CE italiani di eccellenza dichiarano di restituire un parere unico dopo 10-23 giorni dalla richiesta (dimostrando ampia variabilità e grandi margini di miglioramento), quindi entro i trenta giorni massimi previsti dalle norme.

Nella già citata Mozione sull’attuazione del Regolamento (U.E.) n.536/2014 (vedi supra) il Comitato nazionale per la Bioetica (CNB) raccomanda che nel percorso di valutazione delle sperimentazioni cliniche dei farmaci non vi sia separazione fra gli aspetti scientifici e gli aspetti etici, da assegnare i primi ad un comitato tecnico e i secondi ad un comitato etico. Il CNB riafferma con forza l’inscindibilità degli aspetti scientifici dai principi etici, non ritenendo che vada ripristinata una dicotomia superata da decenni, sia sul piano teorico che su quello operativo dai comitati etici presenti negli istituti di ricerca e nelle strutture sanitarie di tutto il mondo, inclusa l'Italia. Per quanto concerne l'aspetto organizzativo ed operativo per la formulazione del 'parere unico', il CNB ha proposto l’istituzione di un unico Comitato etico per la sperimentazione clinica quale punto di riferimento per l’Italia a livello europeo/internazionale e quale autorità di coordinamento di un numero limitato di comitati etici territoriali e/o settoriali con competenze per aree terapeutiche. In tal modo il Comitato etico di riferimento e di coordinamento per la sperimentazione potrebbe più facilmente assumere il ruolo di osservatorio efficace, autorevole, capace di comunicare con gli altri comitati etici. Lo stretto collegamento fra dimensione scientifica ed etica, secondo il CNB, dovrebbe essere confermato dalla composizione necessariamente interdisciplinare del comitato etico di riferimento e di coordinamento e dei comitati etici territoriali e/o settoriali i cui membri, tenuto conto della differenza di genere, dovrebbero possedere competenze etiche, scientifiche e giuridiche e che dovrebbero essere nominati nel rispetto del principio della “terzietà”, secondo criteri trasparenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

L’articolo 2 del D.Lgs. 211/2003 definisce lo studio osservazionale come “uno studio nel quale i medicinali sono prescritti secondo le indicazioni dell'autorizzazione all'immissione in commercio. L'assegnazione del paziente a una determinata strategia terapeutica non è decisa in anticipo da un protocollo di sperimentazione, ma rientra nella normale pratica clinica e la decisione di prescrivere il medicinale è del tutto indipendente da quella di includere il paziente nello studio. Ai pazienti non si applica nessuna procedura supplementare di diagnosi o monitoraggio”. Infatti, negli studi osservazionali, al contrario delle sperimentazioni cliniche, lo sperimentatore non interviene direttamente sulle variabili osservate. L’area di interesse della ricerca osservazionale coincide con la cosiddetta epidemiologia clinica e comprende lo studio dei fattori che influenzano l’esito di una malattia ed ha come fine il miglioramento della prognosi della malattia e dell’efficacia degli interventi sanitari.

Secondo quanto previsto dalle Linee guida AIFA per la classificazione e conduzione degli studi osservazionali sui farmaci del 20 marzo 2008 (qui un approfondimento a cura dell’ISS), ogni Studio osservazionale deve fondarsi su un protocollo in cui gli obiettivi ed il disegno dello studio devono essere definiti in modo chiaro e coerente. Nel protocollo presentato devono essere chiaramente valutabili -l’ipotesi della ricerca, - i risultati attesi, - il tipo di studio osservazionale, - la scelta della dimensione campionaria, -le informazioni che saranno raccolte, - l’eventuale coinvolgimento della struttura e/o degli operatori sanitari, - le risorse richieste, l’origine del finanziamento, - le modalità di partecipazione e di informazione rivolte al paziente.

Il Comitato Etico di riferimento deve essere informato sullo svolgimento degli studi osservazionali nella struttura o sul territorio di loro pertinenza. E’ quindi necessario che, a seconda dello studio osservazionale proposto i Comitati Etici ricevano sempre una notifica dello studio oppure una richiesta formale per la formulazione di un parere.

Gli studi osservazionali possono essere condotti presso le strutture sanitarie pubbliche (o ad esse equiparate), presso le strutture sanitarie private convenzionate con il SSN, presso i Medici di Medicina Generale e/o Pediatri di Libera Scelta facendo riferimento per le notifiche e le approvazioni allo specifico Comitato etico competente per il territorio. Gli eventuali compensi previsti per gli operatori coinvolti devono essere notificati al Comitato Etico insieme alla documentazione dello studio. L’erogazione delle somme deve sempre avvenire per il tramite dell’Ente di appartenenza (le ASL nei casi di sperimentazione in Medicina Generale e Pediatria di Libera Scelta). E’ importante che tali compensi siano commisurati all’effettivo impegno richiesto alla struttura e comunque di valore tale da non influenzare l’operato del personale sanitario coinvolto.

 

Nel corso dell’esame al Senato, è stato soppresso il principio di individuazione di criteri per l'eventuale istituzione di masters in conduzione e gestione di studi clinici controllati comprendenti la farmacologia di genere.

I termini e le procedure per l'esercizio della delega (e per gli eventuali successivi decreti correttivi ed integrativi) sono posti dal comma 1 e dai commi da 3 a 5, mentre il comma 6 reca le clausole di invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica.

 

Più in particolare, il comma 3 stabilisce che i decreti legislativi sono adottati su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro per gli affari europei, con il Ministro della giustizia, con il Ministro dell’economia e delle finanze, con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Il comma 4 inoltre dispone che gli schemi dei decreti legislativi, a seguito di deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica perché su di essi siano espressi, entro quaranta giorni dalla data di trasmissione, i pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari. Decorso tale termine i decreti legislativi sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora il termine per l’espressione dei pareri parlamentari scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto dei dodici mesi o successivamente, quest’ultimo è prorogato di tre mesi.

 


 

Articolo 2
(Aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza)

 

 

L’articolo 2 prevede che, nell'ambito delle procedure di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA) già previste dalla stabilità 2016 (articolo 1, comma 554 della legge 208/2015), siano inserite nei nuovi LEA le procedure di controllo del dolore nella fase travaglio-parto, effettuate anche tramite ricorso a tecniche di anestesia loco-regionale, ferma restando la disciplina del consenso informato e della libertà di scelta delle partorienti. Mediante la riformulazione approvata nel corso dell’esame al Senato, si è specificato che il riferimento non concerne esclusivamente le procedure che facciano ricorso a tecniche di anestesia loco-regionale (comma 1).

 

L'impatto economico-finanziario dell’aggiornamento dei Lea sanitari è stato quantificato dalla legge di stabilità 2016 (commi da 553 a 564 della legge 208/2015) che ha previsto un incremento di spesa non superiore a 800 milioni di euro annui per la prima revisione e ha definito nuove norme procedurali, anche a regime.

Più in particolare, il comma 553 ha previsto che la revisione dei LEA determini un incremento di spesa non superiore a 800 milioni di euro annui proprio per la revisione dei Lea e del nomenclatore per le protesi e ha posto il termine, per l’aggiornamento, di 60 giorni (decorrenti dall'entrata in vigore della stabilità 2016).

Nella seduta del 10 giugno 2016 dell’Assemblea della Camera, in risposta aIl’interpellanza urgente n. 2-01381 concernente elementi e iniziative in ordine alla revisione dei livelli essenziali di assistenza, il Sottosegretario per la salute ha confermato che “il confronto con il Ministero dell’economia e delle finanze per la valutazione dell’impatto economico del provvedimento è ancora in corso. La verifica finanziaria – aggiungo – è stata particolarmente complessa perché, come è noto, […], la situazione del Paese si presentava diversificata in termini di erogazione storica dei livelli essenziali di assistenza e, quindi, riallineare il calcolo reale dei costi con i nuovi livelli essenziali di assistenza è assolutamente decisivo e importante proprio ai fini della sostenibilità dell’impatto finanziario. Assicuro […] che il Ministero della salute quotidianamente sta sollecitando e sta incidendo, anche in termini di tempi, nell’approvazione e nella definizione di questa istruttoria finanziaria, che speriamo veramente si concluda nelle prossime settimane. A seguito, quindi, di questa concertazione tecnica con il Ministero dell’economia e delle finanze, lo schema del provvedimento sarà trasmesso alla Conferenza Stato-regioni e sarà anche oggetto di una valutazione e di un parere delle Commissioni parlamentari, com’è noto, da procedura approvata per norma”.

Successivamente, il 7 luglio 2016, il testo dello schema di decreto (qui il comunicato del Ministero della salute) è stato approvato in sede di Conferenza Stato-regioni (qui il comunicato delle regioni). Le regioni hanno dato il via libera soltanto per il 2016, mentre per il 2017 il via libera delle regioni è condizionato a un monitoraggio che verifichi l'adeguatezza della copertura economica prevista. Gli ulteriori passi necessari alla definitiva approvazione dei nuovi LEA sono l'approvazione dalla Ragioneria Generale dello Stato e l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti.

Con l'approvazione del D.p.c.m. di aggiornamento dei LEA saranno contestualmente abrogati il decreto ministeriale 22 luglio 1996 recante "Prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale erogabili nell'ambito del Servizio sanitario nazionale e relative tariffe" e il decreto ministeriale 9 dicembre 2015 recante "Condizioni di erogabilità e indicazioni di appropriatezza prescrittiva delle prestazioni di assistenza ambulatoriale erogabili nell'ambito del Servizio sanitario nazionale" (il cosiddetto Decreto appropriatezza). Le prestazioni per cui ci saranno condizioni di erogabilità scendono a circa 40, mentre per le altre vi saranno delle indicazioni prescrittive. Lo schema di decreto prevede altre intese Stato-Regioni per modificare indicazioni di erogabilità di ulteriori prestazioni. A specificarlo è il comma 2 dell'art. 63 dello stesso schema che specifica come "le disposizioni in materia di assistenza specialistica ambulatoriale, di cui agli articoli 15 e 16 e relativi allegati, entrano in vigore dalla data di pubblicazione del decreto del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per la definizione delle tariffe massime delle prestazioni previste dalle medesime disposizioni. Dalla medesima data sono abrogati il decreto ministeriale 22 luglio 1996 recante "Prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale erogabili nell'ambito del Servizio sanitario nazionale e relative tariffe" e il decreto ministeriale 9 dicembre 2015 recante "Condizioni di erogabilità e indicazioni di appropriatezza prescrittiva delle prestazioni di assistenza ambulatoriale erogabili nell'ambito del Servizio sanitario nazionale".

 

Il comma 2 - aggiunto in sede referente - prevede che l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza sanitaria, nel rispetto degli equilibri programmati di finanza pubblica, tenga conto delle specifiche esigenze della medicina di genere, prevedendo appropriati percorsi terapeutici e di accesso alle cure in modo uniforme all’interno del Servizio sanitario nazionale.

 

A questo proposito si ricorda che il Ministero della salute, in occasione del 22 aprile 2016, Giornata nazionale della salute della donna, ha pubblicato il Quaderno n. 26 dedicato a Il genere come determinante di salute: lo sviluppo della medicina di genere per garantire equità e appropriatezza della cura.

 

 


CAPO II
Professioni sanitarie

 


Articolo 3
(Riordino della disciplina degli Ordini delle professioni sanitarie)

 

 

L’articolo 3 opera una revisione della disciplina delle professioni sanitarie, in parte novellando il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 233 del 13 settembre 1946, ai Capi I, II e III, concernenti gli ordini delle professioni sanitarie, gli albi nazionali e le federazioni nazionali (v. allegato 1 al presente dossier), e in parte introducendo nuove disposizioni relative agli ordini e alle federazioni, come più avanti esaminato.

L’obiettivo è di introdurre una riforma organica degli ordini e dei collegi delle professioni sanitarie, intervenendo direttamente a modificare la normativa vigente che risale alla legge istitutiva degli ordini del 1946, in chiave di ammodernamento della disciplina di tali professioni che richiedono maggiore garanzia del livello di professionalità. Ciò anche per tenere conto dei principi della direttiva 2005/36/CE, recepita con D.Lgs. n. 206/2007, che riguarda, tra l’altro, il riconoscimento delle qualifiche professionali già acquisite in uno o più Stati membri dell'Unione europea, per l'accesso alle professioni regolamentate ed il loro esercizio, allo scopo di prevenire comportamenti non coerenti con la deontologia professionale.

La norma non prefigura un diverso assetto organizzativo in quanto le attività disciplinate dalle norme in esame appaiono già espletate dagli enti interessati, non risultando, conseguentemente, nuovi o maggiori oneri a carico per la finanza pubblica, considerato che il sistema di cui si prevede il riordino si basa, per la totalità, sui contributi a carico degli iscritti.

Si sottolinea, inoltre, che le disposizioni in esame sono coerenti con quanto previsto dalla delega al Governo per l'istituzione degli ordini ed albi professionali, disposta dall’articolo 4 della legge n. 43/2006, in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e costituzione dei relativi ordini professionali (v. infra).

 

In particolare, la nuova disciplina prevede, come prima accennato, un ammodernamento degli ordini delle professioni sanitarie, adeguando la normativa di riferimento agli ordini vigilati dal Ministero della salute con riferimento al loro funzionamento interno e mutando la denominazione di collegio in ordine.

Infatti con la novella di cui al comma 1, innanzitutto, si richiamano gli ordini esistenti dei medici-chirurghi, dei veterinari e dei farmacisti aggiungendo poi, rispetto alla normativa vigente, gli ordini dei biologi e delle professioni infermieristiche, della professione di ostetrica e dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (v. comma 9, articolo 3).

A questi ordini - insieme ai quali è altresì richiamato il nuovo ordine dei fisici e dei chimici (v. articolo 6) - si applicano, in base al rinvio effettuato dal comma 12 (v. infra), le disposizioni del sopra citato D.Lgs.CPS 233/1946.

Al riguardo si sottolinea che la disciplina dell’ordine dei biologi è inserita dall’articolo 7 nell’ambito delle professioni sanitarie, cui si aggiunge, a norma del medesimo articolo, la professione di psicologo per la quale, tuttavia, rimane ferma l’attuale normativa in materia di organizzazione, con alcune modifiche (v. articolo 7).

Per completezza, si sottolinea che in base agli articoli 4 e 5 a cui si fa rinvio per il commento, si istituiscono le professioni sanitarie dell’osteopata e del chiropratico. La professione di osteopata, in particolare, ricadrà nell'ambito dell'ordine dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, e pertanto si applicheranno ad essa le disposizioni del citato D.Lgs.CPS 233/1946.

 

Gli ordini sopra richiamati al comma 1 del capoverso articolo 1 novellato, sono costituiti a livello territoriale: durante l’esame al Senato si è sostituito il termine di provincia con circoscrizioni geografiche corrispondenti alle province esistenti alla data del 31 dicembre 2012. Rispetto alla normativa vigente, si mantiene la possibilità, in caso di esiguità del numero dei professionisti residenti nella circoscrizione territoriale, ovvero qualora sussistano altre ragioni di carattere storico, topografico, sociale e demografico, che un ordine abbia per competenza territoriale due o più circoscrizioni geografiche confinanti, ad opera del Ministero della salute (superando in tal modo il riferimento, ormai datato, all’Alto Commissario per l’igiene e la sanità pubblica), su proposta delle rispettive Federazioni nazionali e d'intesa con gli Ordini interessati.

Durante l’esame in Aula Senato è stato superato inoltre il termine di “finitime” con riferimento alle circoscrizioni geografiche, allo scopo di chiarire che si tratta esclusivamente di circoscrizioni “confinanti”.

 

Il comma 2 del capoverso articolo 1 e il capoverso articolo 2 introducono nuove norme e modificano quelle esistenti ai fini del riordino della disciplina degli Ordini e delle relative Federazioni nazionali:

·        ne viene definito il profilo di enti pubblici non economici a carattere autonomo, che agiscono quali organi sussidiari dello Stato, senza oneri per la finanza pubblica, al fine di tutelare gli interessi pubblici connessi all’esercizio professionale, elencandone in dettaglio i compiti (lett. da c) a l)). In particolare, con riferimento ai procedimenti disciplinari, svolti prevalentemente a livello territoriale, si introduce il principio della separazione tra funzione istruttoria e funzione giudicante (lett. i))[1];

·        sono individuati gli organi degli Ordini: a) presidente, b) consiglio direttivo, c) commissione di albo, per gli ordini comprendenti più professioni, d) collegio dei revisori, definendone per essi il numero dei componenti, le modalità di elezione in seno all’assemblea (a maggioranza relativa dei voti ed a scrutinio segreto, come già previsto a legislazione vigente) e la durata;

 

Il capoverso articolo 3 ridefinisce i compiti del Consiglio direttivo di ciascun Ordine e le attribuzioni delle commissioni di albo (per gli Ordini che comprendono un’unica professione le funzioni e i compiti della commissione d’albo spettano al Consiglio direttivo) e, in particolare:

o  per il Consiglio direttivo, vengono implicitamente soppresse le disposizioni che ne prevedono il concorso con le autorità locali nello studio e nell’attuazione dei provvedimenti che comunque possono interessare l’Ordine ed il collegio (competenza che viene trasferita alle commissioni di collegio), nonché l’esercizio del potere disciplinare nei confronti dei sanitari liberi professionisti iscritti all’albo;

o  per le commissioni di albo, vengono previste una serie di attribuzioni, tra le quali proporre al Consiglio direttivo l’iscrizione all’albo del professionista, dare esecuzione ai provvedimenti disciplinari ed esercitare le funzioni gestionali. 

In merito alla giurisdizione sui provvedimenti disciplinari, viene confermato (comma 4 del capoverso articolo 3) che è competente la Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie. Il principio è peraltro replicato anche con riferimento alla disciplina delle Federazioni nazionali, esaminate più avanti (capoverso articolo 8, comma 18). Sul punto, peraltro, è pendente una questione di legittimità costituzionale riferita al principio dell’equo processo e terzietà dell’organo giurisdizionale per i ricorsi contro i provvedimenti degli ordini professionali, sollevata dalla Corte di cassazione con ordinanza interlocutoria n. 596/2015.

 

Il capoverso articolo 4, infine, modifica parzialmente la normativa vigente in caso di scioglimento dei Consigli direttivi, prevedendo tale ipotesi anche nel caso in cui si configurino gravi violazioni della normativa vigente, oltre che in caso di non regolare funzionamento. Lo scioglimento è disposto in ogni caso con decreto del Ministro della salute.

 

Con riferimento agli albi professionali, il capoverso articolo 5 modifica parzialmente la normativa vigente, sopprimendo, tra l’altro, la disposizione che prevede che per l’iscrizione all’albo è necessaria la cittadinanza italiana: gli iscritti che si stabiliscono in un paese estero, infatti, possono a domanda conservare l’iscrizione all’Ordine professionale italiano di appartenenza.

Rispetto alla normativa vigente, tra l’altro, sono previsti ulteriori casi che comportano la cancellazione dall’albo professionale (capoverso articolo 6), quali l’accertata carenza dei requisiti professionali (e, in particolare, il possesso del prescritto titolo e l’abilitazione all’esercizio professionale in Italia). Peraltro, viene soppressa la disposizione che prevede la cancellazione dall’albo per trasferimento della residenza dell’iscritto ad altra circoscrizione.

 

I capoversi articoli 7 e 8, infine, introducono nuove disposizioni e apportano modifiche alla normativa vigente riguardante le Federazioni nazionali, definendo e riordinando la composizione e i compiti delle stesse, nonché i loro organi e le relative modalità di elezione e durata.

In particolare, alle Federazioni nazionali, le quali “assumono la rappresentanza esponenziale delle rispettive professioni presso enti e istituzioni”, vengono attribuiti “compiti di indirizzo e coordinamento e di supporto amministrativo agli Ordini e alle Federazioni regionali, ove costituite, nell’espletamento dei compiti e delle funzioni chiaramente identificate ed eticamente fondate”.

Vengono altresì modificati parzialmente i compiti attribuiti al Comitato centrale e alle Commissioni di albo di ciascuna Federazione nazionale, anche in questo caso, tra l’altro, attribuendo alle Commissioni il compito di dare il proprio concorso alle autorità centrali nello studio e nell’attuazione dei provvedimenti di interesse (che, attualmente, è competenza del Comitato centrale).

 

Il comma 2 dell’articolo 3 in esame introduce, inoltre, nuove disposizioni riferite ai presidenti delle Federazioni nazionali, stabilendo che essi sono membri di diritto del Consiglio superiore di sanità.

Con riferimento agli Ordini ed ai relativi organi in carica all’entrata in vigore della presente legge (commi 3 e 4) si dettano, peraltro, alcune disposizioni transitorie quali la permanenza in carica degli stessi fino alla scadenza del proprio mandato: la definizione delle modalità per il rinnovo delle cariche, per la parte non disciplinata dall’articolo in esame, viene demandata ai regolamenti attutivi di cui al comma 5. Quest’ultimo prevede infatti che si dovrà provvedere all’attuazione delle disposizioni in esame entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con uno o più regolamenti adottati dal Ministro della salute ai sensi dell’art. 17, comma 3, della L. 400/1988 (decreti ministeriali), previa intesa in Conferenza Stato, regioni e province autonome. L’intesa dovrà essere espressa entro 90 giorni dalla richiesta.

I predetti decreti ministeriali dovranno regolare:

-        le norme per l’elezione degli organi, comprese le commissioni di albo, e il loro regime relativo alle incompatibilità, nonché il limite dei mandati degli organi degli Ordini e delle relative Federazioni nazionali (lett. a));

-        criteri e modalità per l’applicazione di atti sostitutivi o per lo scioglimento degli Ordini (lett. b));

-        tenuta degli albi, iscrizioni e cancellazioni dagli albi stessi (lett. c));

-        riscossione ed erogazione dei contributi, nonché gestione amministrativa e contabile degli Ordini e delle Federazioni (lett. d));

-        istituzione delle assemblee dei presidenti di albo con funzioni di indirizzo e coordinamento delle attività istituzionali a questi affidate (lett. e));

-        le sanzioni ed i procedimenti disciplinari, i ricorsi e la procedura dinanzi alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie (lett. f));

 

Il comma 6, inoltre, introduce nuove disposizioni che definiscono il contenuto dello statuto delle Federazioni nazionali, approvato dai Consigli nazionali, con particolare riferimento alla disciplina delle articolazioni territoriali (Federazioni regionali o interregionali ed articolazione territoriale degli Ordini).

I commi 7 e 8 prevedono, rispettivamente, ulteriori disposizioni transitorie (applicazione, per quanto compatibile, del DPR 221/1950, regolamento di esecuzione del sopra citato D.Lgs. CPS 233/2946 e dei vigenti regolamenti di organizzazione delle Federazioni nazionali, fino alla data di entrata in vigore dei nuovi regolamenti e statuti) e l’abrogazione di tutte le disposizioni transitorie del medesimo D.Lgs. CPS 233/2946 (art. 20 e 22-28), fatta eccezione di quella relativa a iscrizione e pagamento di gestioni previdenziali (art. 21), a far data dall’entrata in vigore dei nuovi regolamenti e statuti.

 

Il comma 9, come precedentemente anticipato, reca le disposizioni che più innovano la normativa vigente, vale a dire la trasformazione dei collegi delle professioni sanitarie e delle rispettive Federazioni nazionali, nel seguente modo:

-        i collegi e le Federazioni nazionali degli infermieri professionali, degli assistenti sanitari e delle vigilatrici d’infanzia (IPASVI) assumono la nuova denominazione, rispettivamente, di Ordini delle professioni infermieristiche e Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche. Gli albi degli infermieri professionali e delle vigilatrici dell’infanzia mutano il nome, rispettivamente, in infermieri ed infermieri pediatrici (lett. a));

-        i collegi delle ostetriche mutano la denominazione in Ordini della professione di ostetrica (lett. b));

-        i collegi dei tecnici sanitari di radiologia medica mutano la denominazione in Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (lett. c)).

In quest'ultimo ordine confluisce anche la professione di assistente sanitario (che attualmente è presente nel collegio degli infermieri professionali e delle vigilatrici d’infanzia), attuando quanto previsto dalla delega al Governo per l'istituzione degli ordini ed albi professionali, disposta dall’articolo 4 della legge n. 43/2006, in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione, e costituzione dei relativi ordini professionali (comma 10).

Il disposto della predetta delega viene inoltre attuato dal comma 13 dell’articolo 3 in esame, che prevede, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministero della salute, l’istituzione presso l’Ordine dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, oltre che dell’albo dei tecnici sanitari di radiologia medica e dell’albo degli assistenti sanitari, di distinti albi relativi alle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione. A tali albi possono iscriversi laureati all’esercizio di tali professioni, oltre che i possessori di titoli equipollenti, in base a quanto previsto dall’art. 4 della L. 42/1999 (disciplina delle professioni sanitarie) che stabilisce l’equipollenza dei diplomi conseguiti in base alla normativa anteriore al D.Lgs. n. 502/1992, il quale ha operato un più generale riordino della disciplina in materia sanitaria, stabilendo (articolo 6, comma 3) che la formazione del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione avviene in sede ospedaliera ovvero presso altre strutture del SSN o istituzioni private accreditate.

 

Il comma 11 stabilisce altresì la nuova denominazione delle Federazioni nazionali corrispondenti ai nuovi Ordini di cui alle precedenti lett. a), b) e c) del comma 9,  rispettivamente in: Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche; della professione ostetrica; dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione.

In termini di formulazione del testo, si sottolinea che il comma 11 ribadisce una disposizione già contenuta alla lett. a) del comma 9.

Ai questi nuovi ordini, come prima accennato, si applicano le disposizioni di cui al D.Lgs.CPS 233/2946, come novellato dal comma 1 dell’articolo 3 in esame (comma 12).

 

Il comma 14, infine, mantiene ferme le disposizioni di cui agli articoli 5 e 7, comma 2, della L. 43/2006 in materia di istituzione, trasformazione e integrazioni delle professioni sanitarie, riguardanti, rispettivamente, l’individuazione di nuove professioni in ambito sanitario e le integrazioni delle professioni in base alla formazione del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione in sede ospedaliera ovvero presso altre strutture del SSN e istituzioni private accreditate, secondo quanto disposto dall’articolo 6, comma 3, del sopra citato D.Lgs. n. 502/1992.

 


 

Articolo 4
(Istituzione e definizione della professione dell'osteopata)

 

 

L'articolo 4, inserito al Senato nel corso dell’esame in Commissione, prevede l'istituzione della professione sanitaria di osteopata, e del relativo albo nell'ambito dell'ordine dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (ordine istituito dal precedente articolo 3). L'esercizio della professione è subordinato all'iscrizione all'albo per la professione sanitaria di osteopata. Per l'iscrizione è richiesto il possesso della laurea abilitante – in base all'ordinamento didattico da definire con decreto interministeriale, sentite le competenti Commissioni parlamentari e acquisito il parere del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame- o dei titoli equipollenti - individuati con accordo sancito in sede di Conferenza Stato-regioni entro tre mesi dall'entrata in vigore del provvedimento in esame.

 

Cenni sul Profilo professionale dell’osteopata e del chiropratico

 

Nell’ultimo decennio, il ricorso alla medicina tradizionale e alla medicina alternativa/complementare (MT, medicina tradizionale; MAC, medicina alternativa complementare) è notevolmente aumentato, non solo nei Paesi in via di sviluppo, dove spesso rappresenta l’unica possibilità di tutela sanitaria, ma anche in quelli sviluppati (per maggiori informazioni sulla regolamentazione sullo stato legale e la regolamentazione delle MT/MAC in Europa si rinvia a: Final report of CAMbrella Work Package 2, Legal status and regulation of CAM in Europe, 2012). L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha per questo ritenuto importante creare le condizioni per un uso corretto e appropriato di metodiche, che, in conformità a criteri di sicurezza, efficacia e qualità, se applicate correttamente, possono contribuire a tutelare e migliorare lo stato di salute e il benessere dei cittadini.

Il tema della definizione del profilo professionale dell'osteopata e del chiropratico è presente nel dibattito politico nazionale da anni, anche perché in Italia si registra un ricorso consistente alla MT/MAC.

La Regione Lombardia, fra l’altro, ha incluso la MT/MAC nel Piano sanitario regionale (2002-2004) e in conformità a esso è stato definito un quadro generale per la protezione di consumatori e operatori, grazie a una serie di provvedimenti successivi. La regione Lombardia ha inoltre svolto un ruolo importante nella messa a punto delle Linee guida OMS su formazione di base e sicurezza in osteopatia (WHO, Benchmarks for Training in Osteopathy, 2010) e chiropratica (OMS, Linee guida OMS su formazione di base e sicurezza in chiropratica, 2005).

Per quanto riguarda la chiropratica, la legge 244/2007 (finanziaria 2008), al comma 355 dell’articolo 2, ha istituito la professione sanitaria di chiropratico, affidando al Ministero della salute il compito di emanare un regolamento di attuazione. La norma, tuttavia, presenta alcune criticità che la rendevano di difficile implementazione, anche in relazione alla sua compatibilità con il sistema generale delle professioni sanitarie. Innanzi tutto, essa non ha delineato il profilo professionale del chiropratico e non ha indicato quali attività egli può porre in essere, demandando la questione ad un regolamento di attuazione da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge. Inoltre, la stessa normativa ha previsto l’istituzione presso il Ministero della salute di un registro dei chiropratici, la cui iscrizione è riservata ai possessori del diploma di laurea magistrale in chiropratica o titolo equivalente.

La risposta scritta del Ministero della salute all’interrogazione in Commissione XII della Camera 5-01832 Profilo professionale dell'osteopata e del chiropratico, del 2014, affronta il tema rilevando la complessità della problematica in assenza di una disciplina organica. 

Per quanto riguarda l’osteopatia, in risposta all’interrogazione in Assemblea della Camera 3-00824 Iniziative per il pieno riconoscimento professionale della categoria degli osteopati, il Ministro della salute ha ricordato che “l’osteopatia è una pratica sanitaria manuale nata come medicina indipendente negli Stati Uniti, dove è attualmente riconosciuta. Si è diffusa successivamente in Europa, inizialmente in Inghilterra e in Francia, Stati che per primi hanno approvato leggi per la regolamentazione di tale professione. In Italia tale professione è iniziata negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso ed è proseguita come pratica svolta da professionisti formatisi all’estero. Sono poi nate delle scuole che hanno, nel corso degli anni, potenziato ed equiparato il livello didattico a standard di livello europeo. Nelle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità del 2010 l’osteopatia viene definita professione sanitaria di contatto primario, con competenze di diagnosi gestionale e trattamento dei pazienti”. Ciò premesso, il Ministro ha dichiarato di aver dato mandato agli uffici di avviare un lavoro istruttorio e di confronto con le principali rappresentanze della professione di osteopata al fine di elaborare una proposta normativa volta ad istituire anche in Italia la professione di osteopata e di avere intenzione di proporne l’inserimento nell’ambito del disegno di legge di sua iniziativa (qui il testo della risposta).

In sede di esame del disegno di legge recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016), in Commissione 12° del Senato è stato accolta come raccomandazione l’ODG 0/02111/118/05 che ha impegnato il Governo a valutare l'opportunità di riconoscere la professione dell'osteopata previa l’istituzione di corsi di Laurea magistrale in osteopatia.

L’inserimento degli art. 4 e 5 all’interno del disegno di legge in esame, ha suscitato numerose polemiche, arrivate fino alla pubblicazione, su un social media, di invettive nei riguardi della Presidenza e dei componenti della 12° Commissione del Senato, tanto che la Presidente si è riservata di informare dell'accaduto il Presidente del Senato e di intraprendere ogni azione a propria tutela, auspicando che tali indebiti tentativi di condizionamento non minino l'orientamento unanime espresso dai componenti della Commissione durante l'esame in sede referente del predetto disegno di legge (seduta della 12° Commissione del 10 maggio 2016).

 

Per l'individuazione delle competenze riconducibili alla professione di osteopata, il comma 1 richiama le norme procedurali ed i criteri vigenti in merito all’individuazione di nuove professioni in ambito sanitario.

 

Per l’individuazione delle competenze, il coma 1 dell’articolo in esame rinvia all’articolo 5, commi 1, 2, 4 e 5, della legge 43/2006 Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l'istituzione dei relativi ordini professionali.

Di seguito si ricorda brevemente l’iter procedurale stabilito dalla citata legge 43/2006 per l’individuazione di nuove professioni sanitarie ricomprese in una delle seguenti aree: Professioni sanitarie infermieristiche e professione sanitaria ostetrica; Professioni sanitarie riabilitative; Professioni tecnico-sanitarie; Professioni tecniche della prevenzione. L’individuazione di nuove professioni sanitarie, il cui esercizio deve essere riconosciuto su tutto il territorio nazionale, avviene in sede di recepimento di direttive comunitarie ovvero per iniziativa dello Stato o delle regioni, in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti nel Piano sanitario nazionale o nei Piani sanitari regionali, che non trovano rispondenza in professioni già riconosciute. L'individuazione è effettuata mediante uno o più accordi, sanciti in sede di Conferenza Stato-regioni, e recepiti con decreti del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Gli accordi individuano il titolo professionale e l'ambito di attività di ciascuna professione. L'individuazione è subordinata ad un parere tecnico-scientifico, espresso da apposite commissioni, operanti nell'ambito del Consiglio superiore di sanità, di volta in volta nominate dal Ministero della salute, alle quali partecipano esperti designati dal Ministero della salute e dalla Conferenza Stato-regioni e i rappresentanti degli ordini delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione senza oneri a carico della finanza pubblica. Sempre ai sensi dell’art. 5 della legge 43/2006, la definizione delle funzioni caratterizzanti le nuove professioni avviene evitando parcellizzazioni e sovrapposizioni con le professioni già riconosciute o con le specializzazioni delle stesse.

 

Il comma 2 prevede che, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, con accordo stipulato in sede di Conferenza Stato-regioni sono stabiliti i criteri per il riconoscimento dei titoli equipollenti ai fini dell'esercizio della professione dell’osteopata. L'ordinamento didattico della formazione universitaria in osteopatia sarà invece definito con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, sentite le competenti Commissioni parlamentari e acquisito il parere del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

 

L'albo per la professione sanitaria di osteopata è istituito senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, presso l'Ordine dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione. Per l’iscrizione all’albo, istituito presso l'Ordine dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione è richiesto il conseguimento della formazione universitaria in osteopatia o il possesso dei titoli equipollenti ai fini dell'esercizio della professione dell’osteopata (comma 3).

 

 


Articolo 5
(Istituzione e profilo della professione sanitaria del chiropratico)

 

 

L'articolo 5, inserito al Senato nel corso dell’esame in Commissione, prevede l'istituzione della professione sanitaria di chiropratico e di un relativo registro presso il Ministero della salute (per informazioni sulla professione di chiropratico si rinvia al box contenuto nell’art. 4).

L'esercizio della professione è subordinato all'iscrizione nel registro, per la quale è richiesto il possesso della laurea abilitante - in base all'ordinamento didattico da definire con decreto interministeriale, sentite le competenti Commissioni parlamentari e acquisito il parere del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame - o dei titoli equipollenti - individuati con accordo sancito in sede di Conferenza Stato-regioni entro tre mesi dall'entrata in vigore del provvedimento in esame

Per l'individuazione delle competenze riconducibili alla professione di chiropratico, il comma 1 richiama, come nel caso dell’osteopata, le norme procedurali ed i criteri vigenti in merito per nuove professioni sanitarie da istituire (vedi supra).

Il comma 3 abroga l’articolo 2, comma 355, della legge finanziaria 2008 (legge 244/2007) che già prevede l'istituzione, presso il Ministero della salute, di un registro dei chiropratici - normativa per la quale non è stato mai emanato il regolamento ministeriale di attuazione ivi contemplato (vedi supra).

 

 


 

Articolo 6
(Ordinamento delle professioni di chimico e fisico)

 

 

L’articolo 6, inserito al Senato nel corso dell’esame in Assemblea, trasforma il Consiglio Nazionale dei Chimici (CNC) nella Federazione Nazionale degli Ordini dei Chimici e dei Fisici. Agli ordini si applicano le disposizioni relative alle professioni sanitarie, pertanto la Federazione è posta sotto l’alta vigilanza del Ministero della salute.

 

Si ricorda, che oggi non esiste un ordine o un albo dei fisici.

 

Più nel dettaglio:

Il comma 1 abroga gli articoli da 2 a 15 e da 17 a 23 del R.D. 842/1928 Regolamento per l'esercizio della professione di chimico, di cui rimane in vigore esclusivamente l’articolo 16 che stabilisce che l'autorità giudiziaria e le pubbliche amministrazioni possono affidare le perizie e gli incarichi in materia di chimica pura ed applicata soltanto agli inscritti all'albo dei chimici.

 

Per un migliore coordinamento formale all’interno dell’art. 16 del R.D. 842/1928, sarebbe opportuno richiamare, in luogo dell’albo dei chimici, l’albo professionale dei chimici e dei fisici.

 

Il comma 2 dispone che il Ministro della salute esercita l'alta vigilanza sul Consiglio nazionale dei chimici che assume la denominazione di Federazione nazionale degli Ordini dei chimici e dei fisici, “al quale” (così nel testo del comma in esame; poiché riferito alla Federazione dovrebbe essere sostituito con “alla quale”) si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, Ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell'esercizio delle professioni stesse. Anche il comma 5 del provvedimento in esame interviene sul decreto legislativo del 1946, e più precisamente sull'articolo 17, secondo comma, dedicato alla composizione della Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie, nella quale vengono inclusi anche i rappresentanti delle professioni di chimico e fisico. A tale scopo, dopo la lettera e) vengono aggiunte le seguenti lettere che prevedono l’inserimento nella Commissione di:

·     un ispettore generale chimico e otto chimici, di cui cinque effettivi e tre supplenti, per l'esame degli affari concernenti la professione di chimico (e-bis);

·     un ispettore generale fisico e otto fisici, di cui cinque effettivi e tre supplenti, per l'esame degli affari concernenti la professione di fisico (e-ter).

Il successivo comma 9 dell’articolo in esame specifica che dall’attuazione del comma 5 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

 

La Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie è un organo di giurisdizione speciale, istituito presso il Ministero della Salute con il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233. In base al citato decreto e al relativo regolamento di attuazione, approvato con D.P.R. 5 aprile 1950, n. 221, la Commissione Centrale è preposta all'esame dei ricorsi presentati dai professionisti sanitari contro i provvedimenti dei rispettivi Ordini e Collegi professionali in determinate materie (tenuta degli albi professionali, irrogazione di sanzioni disciplinari), nonché sulla regolarità delle operazioni elettorali per il rinnovo degli organi direttivi; inoltre, esercita il potere disciplinare nei confronti dei propri componenti appartenenti alle professioni sanitarie e dei componenti i Comitati centrali delle Federazioni nazionali. La Commissione è presieduta da un Consigliere di Stato ed è composta da componenti designati dal Ministro della Salute, nonché da membri designati dalle Federazioni nazionali degli Ordini e Collegi delle professioni sanitarie; detti componenti vengono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e durano in carica quattro anni.

 

I commi 3, 4 e 6 contengono norme di coordinamento formale.

 

Il comma 7 istituisce, nel rispetto delle previsioni dell'articolo 3 del D.P.R. 328/2001, nell'albo professionale dell'Ordine dei chimici e dei fisici, all'interno delle relative sezioni A e B, i settori «Chimica» e «Fisica». La norma ha carattere transitorio; le sezioni sono infatti istituite fino all'adozione di uno specifico regolamento recante modifiche e integrazioni della disciplina dei requisiti per l'ammissione all'esame di Stato e delle relative prove per l'esercizio delle professioni di chimico e fisico, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti.

 

L’art. 3 del D.P.R. 328/2001 Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l'ammissione all'esame di Stato e delle relative prove per l'esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti stabilisce che i settori istituiti nelle sezioni degli albi professionali corrispondono a circoscritte e individuate attività professionali. Il professionista iscritto in un settore non può, esercitare le competenze di natura riservata attribuite agli iscritti ad uno o più altri settori della stessa sezione, ferma restando la possibilità di iscrizione a più settori della stessa sezione, previo superamento del relativo esame di Stato. Gli iscritti in un settore che, in possesso del necessario titolo di studio, richiedano di essere iscritti in un diverso settore della stessa sezione, devono conseguire la relativa abilitazione a seguito del superamento di apposito esame di Stato limitato alle prove e alle materie caratterizzanti il settore cui intendono accedere. Formano oggetto dell'attività professionale degli iscritti ad un settore della sezione A, oltre a quelle ad essi specificamente attribuite, anche quelle attribuite agli iscritti del corrispondente settore della sezione B.

 

Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, il Ministro della salute è tenuto ad adottare gli atti funzionali all’esercizio delle funzioni di cui ai commi precedenti. Entro lo stesso termine, il Ministro della salute è tenuto ad adottare anche gli atti necessari all’articolazione territoriale degli Ordini dei chimici e dei fisici e a nominare i commissari straordinari per l’indizione delle elezioni secondo le modalità previste dal citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 233 del 1946. I Consigli direttivi degli Ordini dei chimici e il Consiglio nazionale dei chimici in essere alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame restano in carica fino alla fine del proprio mandato con le competenze ad essi attribuite dalla legislazione vigente; il rinnovo avviene con le modalità previste dal provvedimento in esame e dai relativi provvedimenti attuativi (comma 8).

 

 


Articolo 7
(Ordinamento delle professioni di biologo e di psicologo)

 

 

L’articolo in esame inserisce le professioni di biologo e di psicologo nell’ambito delle professioni sanitarie. Riguardo alle norme organizzative, all'ordine dei biologi si estende la disciplina di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, come novellato dall’articolo 3 del provvedimento in esame. Per l'ordine degli psicologi resta ferma un'autonoma disciplina organizzativa, come modificata dalle novelle di cui al comma 5, inserito in sede referente al Senato. L'articolo 5 prevede, inoltre, il trasferimento di alcune competenze, relative ai due ordini summenzionati, dal Ministro (e Ministero) della giustizia al Ministro (e Ministero) della salute.

 

Più in dettaglio.

 

Il comma 1 abroga gli articoli da 14 a 30, 32 e da 35 a 45 della legge 396/1967 Ordinamento della professione di biologo. Nella medesima legge, ogni riferimento al Ministro della giustizia e al Ministero della giustizia si intende fatto, rispettivamente, al Ministro della salute e al Ministero della salute.

 

Il comma 2 sostituisce l'articolo 46 della legge 396/1967. Il vigente articolo 46 pone l'alta vigilanza sull'Ordine nazionale dei biologi in capo al Ministro della giustizia, il nuovo articolo 46 pone l'alta vigilanza sull'Ordine nazionale dei biologi in capo al Ministro della salute. 

 

Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, il Ministro della salute è tenuto ad adottare gli atti funzionali all’esercizio delle funzioni di cui ai commi 1 e 2. Entro lo stesso termine, il Ministro della salute, sentito il Consiglio dell'Ordine nazionale dei biologi, adotta altresì gli atti necessari all'articolazione territoriale dell'Ordine dei biologi e nomina i commissari straordinari per l'indizione delle elezioni secondo le modalità previste dal D.Lgs.C.P.S. n. 233 del 1946, in quanto applicabile. Il Consiglio dell'Ordine nazionale dei biologi in essere alla data di entrata in vigore provvedimento in esame resta in carica fino alla fine del proprio mandato con le competenze ad esso attribuite dalla legislazione vigente; il rinnovo avviene con le modalità previste dalle disposizioni legislative vigenti al momento delle elezioni e dai relativi provvedimenti attuativi (comma 3).

 

Il comma 4 premette l’articolo 01 all'articolo 1 della legge 56/1989 Ordinamento della professione di psicologo con l’intento di  specificare che la professione di psicologo è ricompresa tra le professioni sanitarie di cui al D.Lgs.C.P.S. n. 233 del 1946, in quanto applicabile, ratificato dalla legge 17 aprile 1956, n. 233.

 

Il comma 5 opera ulteriori modifiche alla legge 56/1989, in particolare all'articolo 20 Elezione del consiglio regionale o provinciale dell'ordine a cui:

a)   sostituisce il comma 1, stabilendo che le elezioni per il rinnovo dei consigli territoriali dell'Ordine – precedentemente ci si riferiva alla elezione del consiglio regionale o provinciale - si svolgono contemporaneamente nel terzo quadrimestre dell'anno di scadenza. La proclamazione degli eletti deve essere effettuata entro il 31 dicembre dello stesso anno;

b)   sostituisce il comma 11 relativo alle votazioni del consiglio regionale o provinciale. Nel testo vigente, la votazione si svolge pubblicamente almeno per otto ore al giorno, per non più di tre giorni consecutivi e viene chiusa, in prima convocazione, qualora abbia votato almeno un terzo degli aventi diritto. Nel testo proposto dall’articolo in esame, le votazioni dei consigli territoriali durano da un minimo di due giorni ad un massimo di cinque giorni consecutivi, di cui uno festivo, e si svolgono anche in più sedi, con forma e modalità che ne garantiscano la piena accessibilità in ragione del numero degli iscritti, dell'ampiezza territoriale e delle caratteristiche geografiche. Qualora l'Ordine abbia un numero di iscritti superiore a 5.000 la durata delle votazioni non può essere inferiore a tre giorni. Il presidente è responsabile del procedimento elettorale. La votazione è valida in prima convocazione quando abbia votato almeno un quarto degli iscritti; in seconda convocazione qualunque sia il numero dei votanti purché non inferiore a un decimo degli iscritti;

c)   abroga il comma 12, che nel testo vigente prevede il rinvio a una possibile seconda convocazione, valida qualora voti almeno un sesto degli aventi diritto.

Per un migliore coordinamento formale sarebbe opportuno sostituire anche la rubrica dell’articolo 20 con “Elezioni dei Consigli territoriali”.

 

Il comma 6 chiarisce che nella legge 56/1989, ogni riferimento al Ministro di grazia e giustizia e al Ministero di grazia e giustizia si intende fatto, rispettivamente, al Ministro della salute e al Ministero della salute. Il Ministro della salute, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, sentito il Consiglio nazionale degli psicologi, adotta gli atti funzionali all'esercizio delle funzioni di cui all’articolo in esame.

 


 

Articolo 8
(Elenco nazionale degli ingegneri biomedici e clinici)

 

 

L'articolo 8, inserito al Senato nel corso dell’esame in Commissione, prevede l'istituzione, presso l’ordine degli ingegneri, dell'elenco nazionale certificato degli ingegneri biomedici e clinici, demandando ad un regolamento interministeriale la definizione dei requisiti per l'iscrizione, su base volontaria.

 

 

Il comma 1 istituisce presso l'Ordine degli ingegneri l'elenco nazionale certificato degli ingegneri biomedici e clinici.

 

I requisiti per l'iscrizione, su base volontaria, all'elenco nazionale saranno fissati da un regolamento del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro della salute, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame (comma 2).

 

 


 

Articolo 9
(Esercizio abusivo della professione sanitaria)

 

 

L'articolo 9 interviene sul reato di esercizio abusivo della professione, per introdurre un’aggravante quando il reato riguardi una professione sanitaria e per prevedere in tale ipotesi la confisca obbligatoria dei beni utilizzati per commettere il reato. In particolare, quando si tratta di beni immobili, è previsto il loro trasferimento al patrimonio del comune ove sono siti, per essere destinati a finalità sociali e assistenziali.

 

L'esercizio abusivo di una professione è punito dall'art. 348 del codice penale con la pena alternativa della reclusione fino a 6 mesi o della multa da 103 a 516 euro. La sanzione si applica nei confronti di chiunque abusivamente eserciti una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato.

La fattispecie si applica quindi a chiunque eserciti una professione regolamentata per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, in assenza dei requisiti appositamente richiesti dalla legislazione statale.

La norma penale dell'art. 348 presuppone e rimanda ad altre disposizioni che determinano le condizioni oggettive e soggettive in difetto delle quali non è consentito, ed è quindi abusivo, l'esercizio dell'attività protetta (Cass., Sez. VI, 3.4.1995). La Corte costituzionale (sentenza 27 aprile 1993, n. 199) ha peraltro escluso che l'art. 348 c.p. rappresenti una norma penale in bianco, affermando che «l'art. 348 c.p. lungi dall'operare un meccanico rinvio ad altre fonti dell'ordinamento quali elementi strutturali del precetto, delinea esaurientemente la fattispecie in tutte le sue componenti essenziali. Il fatto costitutivo del reato, infatti, assume i connotati dell'antigiuridicità attraverso la realizzazione dell'atto o degli atti mediante i quali "abusivamente" viene esercitata una determinata professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato».

Il carattere abusivo dell'esercizio sussiste allorquando l'agente sia sfornito del titolo, ovvero non abbia adempiuto alle formalità prescritte, oppure si trovi temporaneamente interdetto o inabilitato dall'esercizio della professione. In ogni caso, secondo la giurisprudenza, l'esame circa la sussistenza delle condizioni sopra menzionate va effettuato in concreto. Occorre a tal fine verificare se, in relazione all'attività effettivamente svolta, il soggetto potesse dirsi legittimato secondo la legislazione statale.

Il codice penale, con questo delitto, intende tutelare l'interesse generale a che determinate professioni, in ragione della loro peculiarità e della competenza richiesta per il loro esercizio, siano svolte solo da chi sia provvisto di standard professionali accertati da una speciale abilitazione rilasciata dallo Stato.

Dal momento che il reato tutela l'interesse generale, e non l'affidamento del singolo sulle capacità professionali e tecniche del soggetto cui si rivolge per lo svolgimento di attività inerenti professioni protette, il delitto in parola sussiste anche in caso di possesso, in capo al soggetto non legittimato, dei requisiti tecnici ed attitudinali richiesti per l'esercizio della professione, quando non accertati e documentati mediante l'iscrizione all'apposito albo professionale, o tramite il possesso dell'abilitazione (Cass., Sez. VI, 10.3.1989), ovvero nel caso in cui il soggetto, pur avendo superato l'esame di Stato necessario a conseguire la relativa abilitazione, non sia comunque iscritto nel relativo albo professionale (Cass., Sez. VI, 5.3.2004). Alla mancanza del titolo di abilitazione viene equiparata, oltre all'ipotesi di invalidità dello stesso (Cass., Sez. VI, 5.6.2006), l'interdizione temporanea dall'esercizio della professione (Cass., Sez. VI, 15.2.2007), conseguente tanto ad una condanna per i delitti commessi con l'abuso di una professione, quanto all'esistenza di una situazione di incompatibilità derivante dalle condizioni soggettive dell'agente, ma non l'esercizio della professione in violazione delle regole di competenza territoriale. L'esercizio abusivo della professione è un reato solo eventualmente abituale, in quanto lo stesso può essere integrato dal compimento anche di un solo atto tipico o proprio della professione.

 

In particolare, il comma 1 inserisce nell’art. 348 del codice penale il secondo comma, che prevede un’aggravante del reato quando l’esercizio abusivo riguarda una professione sanitaria: la pena base è infatti aumentata da un terzo alla metà.

 

Il comma 2 modifica invece l’art. 240 del codice penale, relativo alla confisca, per prevedere la confisca obbligatoria dei beni mobili e immobili che siano stati utilizzati per commettere il reato di esercizio abusivo di una professione sanitaria. La modifica della disposizione penale fa salvi i diritti sui medesimi beni dei terzi estranei al reato e specifica che la confisca è obbligatoria non solo in caso di condanna penale ma anche in caso di patteggiamento della pena.

 

Il comma 3 inserisce l’art. 86-ter nelle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale. La nuova disposizione, mutuata sul precedente art. 86-bis, che destina alle amministrazioni pubbliche i beni utilizzati per commettere delitti informatici, prevede il trasferimento al patrimonio del comune ove sono siti dei beni immobili confiscati perché utilizzati per commettere il delitto di esercizio abusivo di una professione sanitaria. Il comune dovrà destinare i beni immobili a finalità sociali e assistenziali.

 

Infine, il comma 4, modifica la recente legge n. 4 del 2013, in materia di professioni non organizzate, per specificare che tale disciplina, relativa alle professioni non organizzate in ordini e collegi, non può trovare applicazione non solo in relazione alle professioni sanitarie – come già attualmente prevede la legge – ma neanche in relazione alle attività tipiche o riservate per legge alle professioni sanitarie.

 

Si ricorda, per completezza, che è in corso di esame in Commissione Giustizia alla Camera una proposta di legge (A.C. 2281), già approvata dal Senato, che inasprisce le pene previste per il delitto di esercizio abusivo di una professione e inasprisce la sanzione amministrativa prevista per l'esercizio abusivo di una arte ausiliaria delle professioni sanitarie.


 

Articolo 10
(Modifica alla legge 14 dicembre 2000, n. 376)

 

 

L'articolo 10, inserito dal Senato, estende al farmacista le pene previste per il reato di commercio di sostanze dopanti dall’art. 9 della legge n. 376 del 2000.

 

Tra gli aspetti più rilevanti della legge del 2000 vi è la configurazione come reato del doping, che include farmaci ed altre pratiche mediche volte ad alterare le prestazioni agonistiche dell'atleta o a favorire l'elusione dei controlli; le sanzioni penali riguardano chi somministra i farmaci, i dirigenti delle società sportive ed anche l'atleta. In particolare, l'articolo 9 della legge n. 376 del 2000, al comma 7, punisce invece con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 5.164 a 77.468 euro il commercio illegale di farmaci e sostanze ad effetto dopante. La condotta consiste nello svolgimento di un'attività di commercio avente per oggetto farmaci e sostanze proibite, comprese nelle classi ministeriali, al di fuori dei canali ufficiali, rappresentati da farmacie o altre strutture autorizzate, e quindi illegalmente. Si tratta di un reato comune ("chiunque") per il quale è sufficiente il dolo generico, consistente nella volontà da parte dell'agente di realizzare la condotta descritta, unitamente alla consapevolezza di agire in assenza delle prescritte autorizzazioni ed abilitazioni, nonché della natura proibita delle sostanze e dei farmaci commercializzati.

 

Il disegno di legge aggiunge un comma 7-bis, all’articolo 9, e prevede l’applicabilità della pena della reclusione da 2 a 6 anni e della multa da 5.164 a 77.468 euro al farmacista che, senza prescrizione medica, dispensi farmaci e sostanze dopanti per finalità diverse da quelle proprie, o da quelle indicate nell’autorizzazione all’immissione in commercio.

 

 


 

Articolo 11
(Circostanza aggravante per i reati contro la persona commessi in danno di persone ricoverate presso strutture sanitarie o presso strutture sociosanitarie residenziali o semiresidenziali)

 

 

L'articolo 11 qualifica come aggravante comune l’avere, nei delitti non colposi, commesso il fatto in danno di persone ricoverate presso strutture sanitarie o presso strutture sociosanitarie residenziali o semiresidenziali.

 

In particolare, il disegno di legge modifica l’art. 61 del codice penale, che contiene un elenco di circostanze che, se riconosciute dal giudice, possono determinare un aumento fino a un terzo della pena prevista per il reato.

Inserendo il numero 11-sexies, si prevede che tutti i delitti non colposi possano essere aggravati quando il fatto è commesso in danno di persone ricoverate in ospedali o in strutture sociosanitarie residenziali o semiresidenziali.

 

 


 

Articolo 12
(Disposizioni in materia di formazione medica specialistica)

 

 

Il comma 1 dell’articolo in esame dispone la possibilità che ulteriori modalità attuative, anche negoziali, per l'inserimento dei medici in formazione specialistica all'interno delle strutture sanitarie che fanno parte della rete formativa di cui all'articolo 35 del D.Lgs. n. 368/1999 siano definite con accordo stipulato in sede di Conferenza Stato- regioni e province autonome, su proposta dei Ministri della salute e del MIUR, di concerto con il MEF.

Si ricorda che con l’articolo 35 del del D.Lgs. n. 368/1999 che ha, tra l’altro, dato attuazione alla direttiva 93/16/CE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, viene individuato, con cadenza triennale ed entro il 30 aprile del terzo anno, il fabbisogno dei medici specialisti da formare da parte delle regioni e delle province autonome, tenuto conto delle relative esigenze sanitarie e sulla base di una approfondita analisi della situazione occupazionale.

Tale fabbisogno è comunicato ai Ministeri della salute e al MIUR. Entro il successo 30 giugno, il Ministero della salute, di concerto con il MIUR e con il MEF, sentita la Conferenza Stato- regioni e province autonome, determina il numero globale degli specialisti da formare annualmente, per ciascuna tipologia di specializzazione, tenuto conto delle esigenze di programmazione dei medesimi enti territoriali, con riferimento alle attività del SSN.

Si sottolinea che il successivo art. 38 del citato decreto legislativo n. 368 definisce inoltre le modalità di svolgimento delle attività teoriche e pratiche dei medici in formazione.

 

L’accordo deve essere stipulato in conformità a quanto disposto dall'art. 21, comma 2-ter, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) riguardante la procedura per l'accesso ai periodi di formazione dei medici specializzandi all'interno delle aziende del SSN, nonché la loro responsabilità assistenziale.

In particolare, la disposizione contenuta al citato comma 2-ter, art. 21, specifica che i periodi di formazione dei medici specializzanti devono essere svolti presso la sede della scuola di specializzazione e all'interno delle aziende del SSN previste dalla rete formativa, in conformità agli ordinamenti e ai regolamenti didattici determinati secondo la normativa vigente in materia e agli accordi fra le università e le aziende sanitarie previsti dall’art. 6, co. 2 del D.Lgs. n. 502/1992[2].

 

Si ricorda che, da ultimo, è stato emanato il decreto 306 del 16 maggio 2016 che definisce in 6.133 il numero di contratti finanziati con fondi statali per la formazione specialistica dei medici che saranno ammessi alle Scuole di specializzazione dell'area sanitaria.

 

Il comma 2, infine, dispone la clausola di salvaguardia finanziaria, prevedendo che l’inserimento nel SSN dei medici in formazione specialistica deve essere attuato nell’ambito delle risorse finanziarie destinate alla loro formazione e secondo le procedure previste a legislazione vigente. Sono pertanto esclusi nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 2).

 

 


 

Articolo 13
(Modifica dell'articolo 102 del testo unico delle leggi sanitarie, di cui al
regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e modifiche alla disciplina sull'esercizio societario delle farmacie)

 

 

L’articolo 13 interviene sul Testo unico delle legge sanitarie (TULS) del 1934 (R.D 1265/1934), di cui riscrive l’articolo 102, prevedendo anche l’abolizione del vecchio divieto all’esercizio cumulativo delle professioni sanitarie.

Infatti, nella nuova formulazione, il conseguimento di più lauree o diplomi dà diritto all'esercizio cumulativo delle corrispondenti professioni o arti sanitarie. Gli esercenti le professioni o arti sanitarie possono svolgere la loro attività in farmacia, ad eccezione dei professionisti abilitati alla prescrizione di medicinali, la cui attività è in ogni caso incompatibile con l'esercizio della farmacia.

Tale incompatibilità viene rafforzata in quanto i sanitari abilitati alla prescrizione dei medicinali che facciano qualsiasi convenzione con farmacisti sulla partecipazione all'utile della farmacia sono puniti con la sanzione amministrativa da 10.000 euro a 50.000 euro.

 

Restano vigenti le disposizioni degli articoli 170 e 171 del TULS, ovvero le sanzioni previste per il medico o il veterinario che ricevano, per sé o per altri, denaro o altra utilità ovvero ne accettino la promessa, allo scopo di agevolare, con prescrizioni mediche o in qualsiasi altro modo, la diffusione di specialità medicinali o di ogni altro prodotto a uso farmaceutico anche a danno di altri prodotti o specialità dei quali abbia pure accettata la vendita, nonché le disposizioni dell’art. 172 del TULS che applica sanzioni anche a carico di chiunque dà o promette al sanitario o farmacista denaro o altra utilità.

 

L’articolo 13 interviene anche sull'articolo 7 della legge 362/1991, di cui sostituisce il comma 4, consentendo che la sostituzione temporanea nella direzione della farmacia privata di cui sia titolare una società sia operata con un qualsiasi farmacista iscritto all'albo e non necessariamente con un altro socio farmacista (comma 2).

 

L’ultimo intervento, operato modificando l'articolo 7, comma 9, della legge 362/1991, n. 362, eleva da sei a quarantotto mesi il termine entro il quale il soggetto che abbia acquisito, a titolo di successione ereditaria, una partecipazione in una società di gestione di farmacie e che non abbia i relativi requisiti deve cedere la quota in oggetto. Si ricorda che il termine decorre dalla presentazione della dichiarazione di successione (comma 3).

 

 


CAPO III
Disposizioni concernenti il Ministero della salute

 


Articolo 14
(Dirigenza sanitaria del Ministero della salute)

 

 

L’articolo 14 modifica la disciplina vigente relativa al ruolo della dirigenza sanitaria del Ministero della salute: da un lato, istituisce un unico livello di detto ruolo e, dall’altro, estende ai dirigenti sanitari del Ministero gli istituti giuridici ed economici previsti per la dirigenza sanitaria del SSN.

La finalità della norma è di ridurre il divario esistente tra i trattamenti economici dei dirigenti delle professionalità sanitarie dipendenti da enti ed aziende del SSN[3] (che godono di una significativa indennità in ragione dell’esclusività del rapporto di lavoro), e quelli del Ministero della salute, e permettere a quest’ultimo il reclutamento di risorse con qualificata professionalità sanitaria. Ciò a motivo di un’attesa riduzione, nel prossimo futuro, dell’offerta di medici e veterinari impiegati nel SSN, anche per i prossimi collocamenti a riposo stimati in base all’attuale distribuzione per età di tali dirigenti, in rapporto al numero annuo medio di laureati medici e veterinari.

 

Più in dettaglio, la nuova disciplina, finalizzata ad assicurare un efficace assolvimento dei compiti primari di tutela della salute affidati al medesimo Ministero, prevede al comma 1, primo periodo, l’individuazione dei dirigenti dipendenti del Ministero della salute con professionalità sanitaria, vale a dire quelli di cui all’articolo 18, comma 8, del D.Lgs. n. 502/1992 (personale dirigente inquadrato nei profili professionali di medico chirurgo, medico veterinario, chimico, farmacista, biologo e psicologo), e per coloro che sono stati successivamente inquadrati nelle corrispondenti qualifiche, per i quali, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, opera la collocazione in un unico livello del ruolo della dirigenza sanitaria del Ministero della salute. E’ prevista la clausola di invarianza finanziaria e, pertanto, tale unificazione del livello di dirigenza deve avvenire senza oneri per la finanza pubblica. 

Si ricorda, peraltro, che il citato articolo 18, comma 8, del decreto che ha previsto il riordino della disciplina in materia sanitaria e dei livelli di assistenza assicurati dal SSN, aveva già disposto, a seguito di successive modifiche[4] la previsione che, con DPCM, su proposta dell’allora Ministro della sanità, venissero estese al personale dipendente del Ministero, inquadrato nei profili professionali di medico chirurgo, medico veterinario, chimico, farmacista, biologo e psicologo, le norme del medesimo D.Lgs. 502/92, in quanto applicabili.

Ne è seguito il DPCM 13 dicembre 1995 che, all’articolo 1, ha disposto l’inquadramento del predetto personale del Ministero della salute nella dirigenza del ruolo sanitario, articolato su due livelli. L’articolo 2 del predetto DPCM ha inoltre stabilito che il trattamento economico complessivo di tale personale fosse definito in sede di contrattazione collettiva nazionale[5], con l’applicazione degli istituti previsti per le corrispondenti professionalità del SSN, in quanto applicabili.

Successivamente, l’art. 23 del D.Lgs. 165/2001, modificato dall’art. 3, co. 4, della L. 145/2002, nell’istituire presso ogni singola amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, il ruolo dei dirigenti, suddiviso in I e II fascia dirigenziale, ha articolato le fasce stesse in apposite sezioni, allo scopo di tutelare la professionalità dei dirigenti ivi iscritti e a garantire la loro specificità tecnica.

 

Si valuti l’opportunità di inserire al comma 1, considerato che nel ruolo unico sembrerebbero permanere distinte sezioni poste a garanzia della specificità professionale, il riferimento a tali sezioni relative ai profili sanitari dei dirigenti del Ministero della salute. Ciò anche in coerenza con il riferimento operato al successivo comma 3, secondo periodo (v. infra), ove si disciplina l’attribuzione degli incarichi dirigenziali in base alle tipologie previste all’articolo 15 del D.Lgs. 502/1992 (dirigenza sanitaria del SSN iscritta in un unico ruolo distinto per profili professionali, e in un unico livello, articolato in relazione alle diverse responsabilità professionali e gestionali).

 

Il comma 1, inoltre, dispone l’estensione ai dirigenti sanitari del Ministero della salute, in via prioritaria e nei limiti delle risorse disponibili per i rinnovi contrattuali, nell’ambito della contrattazione collettiva nazionale successiva a quella relativa al quadriennio 2006-2009, degli istituti previsti dal D.Lgs. n. 502/1992 per le corrispondenti qualifiche del Servizio sanitario nazionale e recepiti nei relativi contratti collettivi nazionali di lavoro. Tale estensione è prevista ferma restando l'esclusività del rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari del Ministero della salute[6].

In attesa di tale collocazione in un unico livello dei dirigenti sanitari del Ministero della salute e fermo restando quanto previsto al successivo comma 4 in materia di accesso agli incarichi di direzione di uffici dirigenziali (v. infra), tali dirigenti continuano a percepire il trattamento giuridico ed economico attualmente in godimento.

Conseguentemente, i titoli di servizio maturati presso il Ministero della salute nei profili professionali sanitari, anche con rapporto di lavoro a tempo determinato, sono equiparati ai titoli di servizio del SSN.

 

Il comma 2 affida ad un decreto del Ministro della salute, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e per la pubblica amministrazione e la semplificazione, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’individuazione, nei limiti delle dotazioni organiche vigenti, del contingente dei posti destinati alla dirigenza del ruolo sanitario del Ministero della salute e i principi generali in materia di incarichi conferibili e modalità di attribuzione degli stessi. Detti posti ed incarichi sono individuati e ripartiti con successivo decreto del Ministro della salute.

Vengono inoltre salvaguardate le posizioni giuridiche ed economiche dei dirigenti collocati nel predetto ruolo unico, che siano stati già inquadrati nella II fascia del ruolo dei dirigenti del Ministero della salute alla data di entrata in vigore della presente legge, anche ai fini del conferimento degli incarichi di cui ai successivi commi 4 e 5 (v. infra).

 

Il comma 3 detta norme per l'accesso al ruolo della dirigenza sanitaria del Ministero della salute, in conseguenza dell’estensione degli istituti relativi al trattamento giuridico ed economico dei dirigenti sanitari del SSN: esso avviene mediante pubblico concorso per titoli ed esami in coerenza con la normativa di accesso prevista per la dirigenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale, e nell'ambito delle facoltà assunzionali vigenti per il Ministero della salute.

Tale disposizione appare intesa a garantire la clausola di invarianza di nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Per l’analisi degli effetti finanziari, si rimanda al dossier del Servizio del Bilancio.

Il secondo periodo del comma 3 dispone che, fermo restando quanto previsto dal comma 1, gli incarichi corrispondenti alle tipologie previste dall'articolo 15 del D.Lgs. n. 502/1992 (unico ruolo, distinto per profili professionali della dirigenza sanitaria SSN, e in un unico livello, articolato in relazione alle diverse responsabilità professionali e gestionali) e individuati ai sensi del comma 2, vale a dire mediante un futuro decreto del Ministero della salute, sono attribuiti in conformità con le disposizioni del D.Lgs. n. 165/2001 e successive modificazioni.

In proposito si sottolinea che l’articolo 19 del D.Lgs. 165/2001 detta la disciplina generale per l’attribuzione degli incarichi di funzioni dirigenziali dei dipendenti pubblici.

 

Il comma 4 stabilisce inoltre la modalità per l’accesso agli incarichi di direzione di uffici dirigenziali di livello non generale, corrispondenti agli incarichi di struttura complessa previsti dal D.Lgs. n. 502/1992, dei dirigenti dipendenti dal Ministero della salute: esso avverrà innanzitutto nei limiti dei posti quantificati dal decreto di cui al comma 2 (v. ante) e in base ai requisiti previsti per la dirigenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale, previa procedura selettiva interna ai sensi dell'articolo 19, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

La disposizione del predetto comma 1-bis[7] dispone che l'amministrazione interessata deve rendere conoscibili, anche mediante pubblicazione di apposito avviso sul sito istituzionale, il numero e la tipologia dei posti di funzione che si rendono disponibili nella dotazione organica ed i criteri delle scelte, e deve acquisire le disponibilità dei dirigenti interessati e valutarle.

 La norma inoltre specifica che la procedura di conferimento degli incarichi è attivata in relazione alle posizioni che si rendano disponibili e il differenziale retributivo da corrispondere ai soggetti incaricati grava per la prima volta sulle risorse finanziarie del Ministero della salute come previste dalla normativa vigente in materia di assunzioni.

 

Il comma 5, inoltre, detta ulteriori norme per l’attribuzione degli incarichi dirigenziali, riferiti al livello generale, ai sensi dell’articolo 19, comma 4, del D.Lgs. 165/2001.

In base a questa norma, attualmente, gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale devono essere conferiti con DPCM, su proposta del Ministro competente, a dirigenti della prima fascia o, in misura non superiore al 70 per cento della relativa dotazione, agli altri dirigenti appartenenti ai medesimi ruoli ovvero, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali.

Si stabilisce che possono partecipare alle procedure per l’attribuzione dei predetti incarichi i dirigenti sanitari del Ministero della salute che abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali di livello non generale corrispondenti agli incarichi di struttura complessa o di direzione di aziende sanitarie o di enti del SSN per almeno 5 anni, anche non continuativi.

In caso di primo conferimento, tali incarichi dirigenziali di livello generale, sono comunque a tempo determinando, stabilendo la norma una durata pari a tre anni.

In proposito si osserva che nulla viene indicato sulla possibilità o meno di prorogare detti incarichi.

 

Inoltre, per gli stessi soggetti, è consentito partecipare al concorso previsto dall'articolo 28-bis del richiamato D.Lgs. 165/2001.

Tale ultima norma disciplina l’accesso alla qualifica di dirigente di prima fascia nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici, fermo restando quanto disciplinato dal sopra richiamato comma 4, dell’articolo 19, del D.Lgs. 165/2001 in merito al conferimento degli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale. In particolare, l’accesso a tale prima fascia dei ruoli  avviene, per il 50% dei posti, calcolati con riferimento a quelli che si rendono disponibili ogni anno per la cessazione dal servizio dei soggetti incaricati, tramite concorso pubblico per titoli ed esami indetto dalle singole amministrazioni, sulla base di criteri generali stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. In proposito, si ricorda che è stato emanato il DPCM 26 ottobre 2010[8].

 

Il comma 5 aggiunge inoltre, con riferimento alle predette norme, che dovrà essere applicato l'articolo 23, comma 1, ultimo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

Il citato articolo 23 - si ricorda - al comma 1 disciplina il ruolo unico dei dirigenti che si articola nella prima e nella seconda fascia, nel cui ambito sono definite apposite sezioni in modo da garantire la eventuale specificità tecnica e il passaggio dei dirigenti dalla seconda alla prima fascia.

Tale passaggio può avvenire, nei limiti dei posti disponibili, qualora i dirigenti di seconda fascia abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti, per un periodo pari almeno a cinque anni, senza essere incorsi nelle specifiche misure di responsabilità dirigenziale ovvero nel momento in cui si verifica la prima disponibilità di posto utile[9].

 

Il comma 6, infine, stabilisce la clausola di invarianza finanziaria e pertanto dall’attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

 


CAPO IV
Disposizioni finali

 


Articolo 15
(Norma di coordinamento per le regioni e per le province autonome)

 

 

L’articolo 15 in esame contiene una norma di chiusura volta a salvaguardare le competenze legislative delle regioni a statuto ordinario e quelle delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.

Prevede infatti che le regioni a statuto ordinario devono adeguare il proprio ordinamento alle disposizioni di principio derivanti dalla presente legge secondo quanto previsto dall’art. 117, terzo comma, delle Costituzione (comma 1).

Sono inoltre fatte salve le potestà legislative attribuite alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione (comma 2).

 


Testo a fronte

 


(Testo a fronte D.Lgs. CPS 13 settembre 1946, n. 233
e corrispondenti novelle recate dall’A.C. 3868)

D.Lgs. del CPS 13 settembre 1946, n. 233

D.Lgs. del CPS 13 settembre 1946, n. 233, come novellato dall’AC 3868

Capo I

DEGLI ORDINI DELLE PROFESSIONI SANITARIE

 

Capo I

DEGLI ORDINI DELLE PROFESSIONI SANITARIE

 

1.  In ogni provincia sono costituiti gli Ordini dei medici-chirurghi, dei veterinari e dei farmacisti ed i Collegi delle ostetriche. Se il numero dei sanitari residente nella provincia sia esiguo ovvero se sussistano altre ragioni di carattere storico, topografico, sociale o demografico, l'Alto Commissario per l'igiene e la sanità pubblica, sentite le rispettive Federazioni nazionali e gli Ordini o Collegi interessati, può disporre che un Ordine o un Collegio abbia per circoscrizione due o più province finitime, designandone la sede.

Art. 1. – (Ordini delle professioni sanitarie). – 1. Nelle circoscrizioni geografiche corrispondenti alle province esistenti alla data del 31 dicembre 2012 sono costituiti gli Ordini dei medici-chirurghi e degli odontoiatri, dei veterinari, dei farmacisti, dei biologi, dei fisici, dei chimici, delle professioni infermieristiche, della professione di ostetrica e dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione. Qualora il numero dei professionisti residenti nella circoscrizione geografica sia esiguo ovvero sussistano altre ragioni di carattere storico, topografico, sociale o demografico, il Ministero della salute, su proposta delle rispettive Federazioni nazionali e d'intesa con gli Ordini interessati, può disporre che un Ordine abbia per competenza territoriale due o più circoscrizioni geografiche confinanti.

 

2. Gli Ordini e le relative Federazioni nazionali:

 

a) sono enti pubblici non economici e agiscono quali organi sussidiari dello Stato al fine di tutelare gli interessi pubblici, garantiti dall'ordinamento, connessi all'esercizio professionale;

 

b) sono dotati di autonomia patrimoniale, finanziaria, regolamentare e disciplinare e sottoposti alla vigilanza del Ministero della salute; sono finanziati esclusivamente con i contributi degli iscritti, senza oneri per la finanza pubblica;

 

c) promuovono e assicurano l'indipendenza, l'autonomia e la responsabilità delle professioni e dell'esercizio professionale, la qualità tecnico-professionale, la valorizzazione della funzione sociale, la salvaguardia dei diritti umani e dei princìpi etici dell'esercizio professionale indicati nei codici deontologici, al fine di garantire la tutela della salute individuale e collettiva;

 

d) verificano il possesso dei titoli abilitanti all'esercizio professionale e curano la tenuta e la pubblicità degli albi dei professionisti e, laddove previsti dalle norme, di specifici elenchi;

 

e) assicurano un adeguato sistema di informazione sull'attività svolta, per garantire accessibilità e trasparenza alla loro azione, in armonia con i princìpi del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33;

 

f) partecipano alle procedure relative alla programmazione dei fabbisogni di professionisti, alle attività formative e all'esame di abilitazione all'esercizio professionale;

 

g) rendono il proprio parere obbligatorio sulla disciplina regolamentare dell'esame di abilitazione all'esercizio professionale, fermi restando gli altri casi, previsti dalle norme vigenti, di parere obbligatorio degli Ordini per l'adozione di disposizioni regolamentari;

 

h) concorrono con le autorità locali e centrali nello studio e nell'attuazione dei provvedimenti che possano interessare l'Ordine e contribuiscono con le istituzioni sanitarie e formative pubbliche e private alla promozione, organizzazione e valutazione delle attività formative e dei processi di aggiornamento per lo sviluppo continuo professionale di tutti gli iscritti agli albi, promuovendo il mantenimento dei requisiti professionali anche tramite i crediti formativi acquisiti sul territorio nazionale e all'estero;

 

i) separano, nell'esercizio della funzione disciplinare, a garanzia del diritto di difesa, dell'autonomia e della terzietà del giudizio disciplinare, la funzione istruttoria da quella giudicante. A tal fine, in ogni regione sono costituiti uffici istruttori di albo, composti da un numero compreso tra cinque e undici iscritti sorteggiati tra i componenti delle commissioni disciplinari di albo della corrispettiva professione, garantendo la rappresentanza di tutti gli Ordini, e un rappresentante estraneo alla professione nominato dal Ministro della salute. Gli uffici istruttori, sulla base di esposti o su richiesta del presidente della competente commissione disciplinare o d'ufficio, compiono gli atti preordinati all'instaurazione del procedimento disciplinare, sottoponendo all'organo giudicante la documentazione acquisita e le motivazioni per il proscioglimento o per l'apertura del procedimento disciplinare, formulando in questo caso il profilo di addebito. I componenti degli uffici istruttori non possono partecipare ai procedimenti relativi agli iscritti al proprio albo di appartenenza;

 

l) vigilano sugli iscritti agli albi, in qualsiasi forma giuridica svolgano la loro attività professionale, compresa quella societaria, irrogando sanzioni disciplinari secondo una graduazione correlata alla volontarietà della condotta, alla gravità e alla reiterazione dell'illecito.

 

Art. 2. - (Organi) 1. Sono organi degli Ordini delle professioni sanitarie:

 

a) il presidente;

 

b) il Consiglio direttivo;

 

c) la commissione di albo, per gli Ordini comprendenti più professioni;

 

d) il collegio dei revisori.

2.  Ciascuno degli Ordini e dei Collegi elegge in assemblea, fra gli iscritti all'albo, a maggioranza relativa di voti ed a scrutinio segreto, il Consiglio direttivo, che è composto di cinque membri, se gli iscritti all'albo non superano i cento; di sette se superano i cento, ma non i cinquecento; di nove, se superano i cinquecento, ma non i mille e cinquecento; di quindici se superano i mille e cinquecento.

2. Ciascun Ordine elegge in assemblea, fra gli iscritti agli albi, a maggioranza relativa di voti ed a scrutinio segreto:

 

a) il Consiglio direttivo, che, fatto salvo quanto previsto per la professione odontoiatrica dall'articolo 6 della legge 24 luglio 1985, n. 409, è costituito da sette componenti se gli iscritti all'albo non superano il numero di cinquecento, da nove componenti se gli iscritti all'albo superano i cinquecento ma non i millecinquecento e da quindici componenti se gli iscritti all'albo superano i millecinquecento; con decreto del Ministro della salute è determinata la composizione del Consiglio direttivo dell'Ordine dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, nonché la composizione del Consiglio direttivo dell'Ordine delle professioni infermieristiche;

 

b) la commissione di albo, che, per la professione odontoiatrica, è costituita da cinque componenti del medesimo albo se gli iscritti non superano i millecinquecento, da sette componenti se gli iscritti superano i millecinquecento ma sono inferiori a tremila e da nove componenti se gli iscritti superano i tremila e, per la professione medica, è costituita dalla componente medica del Consiglio direttivo; con decreto del Ministro della salute è determinata la composizione delle commissioni di albo all'interno dell'Ordine dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, nonché la composizione delle commissioni di albo all'interno dell'Ordine delle professioni infermieristiche;

 

c) il collegio dei revisori, composto da tre iscritti all'albo quali componenti effettivi e da un iscritto in qualità di revisore supplente. Nel caso di Ordini con più albi, fermo restando il numero dei componenti, è rimessa allo statuto l'individuazione di misure atte a garantire la rappresentanza delle diverse professioni.

L'assemblea è valida in prima convocazione quando abbiano votato di persona almeno un terzo degli iscritti, in seconda convocazione qualunque sia il numero dei votanti purché non inferiore al decimo degli iscritti e, comunque, al doppio dei componenti il Consiglio.

3. La votazione è valida in prima convocazione quando abbia votato almeno un quarto degli iscritti, in seconda convocazione qualunque sia il numero dei votanti purché non inferiore a un decimo degli iscritti.

Le votazioni dovranno aver luogo in tre giorni consecutivi, dei quali uno festivo.
Il presidente, udito il parere degli scrutatori, decide sopra i reclami o le irregolarità intorno alle operazioni elettorali, curando che sia fatta esatta menzione nel verbale delle proteste ricevute, dei voti contestati e delle decisioni da lui adottate.

4. Le votazioni durano da un minimo di due a un massimo di cinque giorni consecutivi, di cui uno festivo, e si svolgono anche in più sedi, con forme e modalità che ne garantiscano la piena accessibilità in ragione del numero degli iscritti, dell'ampiezza territoriale e delle caratteristiche geografiche. Qualora l'Ordine abbia un numero di iscritti superiore a cinquemila, la durata delle votazioni non può essere inferiore a tre giorni. Il presidente è responsabile del procedimento elettorale.

 

5. Avverso la validità delle operazioni elettorali è ammesso ricorso alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie.

I componenti del Consiglio durano in carica tre anni e l'assemblea per la loro elezione deve essere convocata entro il mese di novembre dell'anno in cui il Consiglio scade. La convocazione si effettua mediante avviso spedito almeno dieci giorni prima a tutti gli iscritti, esclusi i sospesi dall'esercizio della professione, per posta prioritaria, per telefax o a mezzo di posta elettronica certificata. Della convocazione deve essere dato altresì avviso mediante annuncio, entro il predetto termine, sul sito internet dell'Ordine nazionale. È posto a carico dell'Ordine l'onere di dare prova solo dell'effettivo invio delle comunicazioni.

6. I componenti del Consiglio direttivo durano in carica quattro anni e l'assemblea per la loro elezione deve essere convocata nel terzo quadrimestre dell'anno in cui il Consiglio scade. La proclamazione degli eletti deve essere effettuata entro il 31 dicembre dello stesso anno.

Ogni Consiglio elegge nel proprio seno un presidente, un vicepresidente un tesoriere ed un segretario.

7. Ogni Consiglio direttivo elegge nel proprio seno, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, il presidente, il vicepresidente, il tesoriere e il segretario, che possono essere sfiduciati, anche singolarmente, con la maggioranza dei due terzi dei componenti del Consiglio.

Il presidente ha la rappresentanza dell'Ordine e Collegio, di cui convoca e presiede il Consiglio direttivo e le assemblee degli iscritti; il vice-presidente lo sostituisce in caso di assenza o di impedimento e disimpegna le funzioni a lui eventualmente delegate dal presidente.

8. Il presidente ha la rappresentanza dell'Ordine, di cui convoca e presiede il Consiglio direttivo e le assemblee degli iscritti; il vice presidente lo sostituisce in caso di assenza o di impedimento ed esercita le funzioni a lui eventualmente delegate dal presidente.

 

 9. In caso di più albi nello stesso Ordine, con le modalità di cui al comma 7 ogni commissione di albo elegge e può sfiduciare il presidente, il vice presidente e, per gli albi con un numero di iscritti superiore a mille, il segretario. Il presidente ha la rappresentanza dell'albo, di cui convoca e presiede la commissione. Il vice presidente sostituisce il presidente in caso di necessità ed esercita le funzioni a lui delegate, comprese quelle inerenti alla segreteria della commissione in relazione agli albi con un numero di iscritti pari o inferiore a mille.

3.  Al Consiglio direttivo di ciascun Ordine e Collegio spettano le seguenti attribuzioni:

Art. 3. - (Compiti del Consiglio direttivo e della commissione di albo) 1. Al Consiglio direttivo di ciascun Ordine spettano le seguenti attribuzioni:

a) compilare e tenere l'albo dell'Ordine e del Collegio e pubblicarlo al principio di ogni anno;

 

a) iscrivere i professionisti all'Ordine nel rispettivo albo, compilare e tenere gli albi dell'Ordine e pubblicarli all'inizio di ogni anno;

b) vigilare alla conservazione del decoro e della indipendenza dell'Ordine e del Collegio;

 

b) vigilare sulla conservazione del decoro e dell'indipendenza dell'Ordine;

c) designare i rappresentanti dell'Ordine o Collegio presso commissioni, enti ed organizzazioni di carattere provinciale o comunale;

 

c) designare i rappresentanti dell'Ordine presso commissioni, enti e organizzazioni di carattere provinciale o comunale;

d) promuovere e favorire tutte le iniziative intese a facilitare il progresso culturale degli iscritti;

 

d) promuovere e favorire tutte le iniziative intese a facilitare il progresso culturale degli iscritti, anche in riferimento alla formazione universitaria finalizzata all'accesso alla professione;

e) dare il proprio concorso alle autorità locali nello studio e nell'attuazione dei provvedimenti che comunque possono interessare l'Ordine od il Collegio;

 

 

f) esercitare il potere disciplinare nei confronti dei sanitari liberi professionisti inscritti nell'albo, salvo in ogni caso, le altre disposizioni di ordine disciplinare e punitivo contenute nelle leggi e nei regolamenti in vigore

 

g) interporsi, se richiesto, nelle controversie fra sanitario e sanitario, o fra sanitario e persona o enti a favore dei quali il sanitario abbia prestato o presti la propria opera professionale, per ragioni di spese, di onorari e per altre questioni inerenti all'esercizio professionale, procurando la conciliazione della vertenza e, in caso di non riuscito accordo, dando il suo parere sulle controversie stesse.

e) interporsi, se richiesto, nelle controversie fra gli iscritti, o fra un iscritto e persona o ente a favore dei quali questi abbia prestato o presti la propria opera professionale, per ragioni di spese, di onorari e per altre questioni inerenti all'esercizio professionale, procurando la conciliazione della vertenza e, in caso di mancata conciliazione, dando il suo parere sulle controversie stesse;

4.  Il Consiglio provvede all'amministrazione dei beni spettanti all'Ordine o Collegio e propone all'approvazione dell'assemblea il bilancio preventivo ed il conto consuntivo.

f) provvedere all'amministrazione dei beni spettanti all'Ordine e proporre all'approvazione dell'assemblea degli iscritti il bilancio preventivo e il conto consuntivo;

Il Consiglio, entro i limiti strettamente necessari a coprire le spese dell'Ordine o Collegio, stabilisce una tassa annuale, una tassa per l'iscrizione nell'albo, nonché una tassa per il rilascio dei certificati e dei pareri per la liquidazione degli onorari.

g) proporre all'approvazione dell'assemblea degli iscritti la tassa annuale, anche diversificata, necessaria a coprire le spese di gestione, nonché la tassa per il rilascio dei pareri per la liquidazione degli onorari.

 

2. Alle commissioni di albo spettano le seguenti attribuzioni:

 

a) proporre al Consiglio direttivo l'iscrizione all'albo del professionista;

 

b) assumere, nel rispetto dell'integrità funzionale dell'Ordine, la rappresentanza esponenziale della professione e, negli Ordini con più albi, esercitare le attribuzioni di cui alle lettere c), d) ed e) del comma 1, eccettuati i casi in cui le designazioni di cui alla suddetta lettera c) concernono uno o più rappresentanti dell'intero Ordine;

 

c) adottare e dare esecuzione ai provvedimenti disciplinari nei confronti di tutti gli iscritti all'albo e a tutte le altre disposizioni di ordine disciplinare e sanzionatorio contenute nelle leggi e nei regolamenti in vigore;

 

d) esercitare le funzioni gestionali comprese nell'ambito delle competenze proprie, come individuate dallo statuto;

 

e) dare il proprio concorso alle autorità locali nello studio e nell'attuazione dei provvedimenti che comunque possano interessare la professione.

 

3. Per gli Ordini che comprendono un'unica professione le funzioni e i compiti della commissione di albo spettano al Consiglio direttivo.

 

4. Contro i provvedimenti per le materie indicate ai commi 1, lettera a), e 2, lettere a) e c), e quelli adottati ai sensi del comma 3 nelle medesime materie, è ammesso ricorso alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie.

 

 

6.  I Consigli direttivi possono essere sciolti quando non siano in grado di funzionare regolarmente.

Art. 4. - (Scioglimento dei Consigli direttivi e delle commissioni di albo) 1. I Consigli direttivi possono essere sciolti quando non siano in grado di funzionare regolarmente o qualora si configurino gravi violazioni della normativa vigente.

Lo scioglimento viene disposto con decreto dell'Alto Commissario per l'igiene e la sanità pubblica, sentite le rispettive Federazioni nazionali. Con lo stesso decreto è nominata una Commissione straordinaria di tre membri iscritti nell'albo della provincia. Alla Commissione competono tutte le attribuzioni del Consiglio disciolto.

2. Lo scioglimento è disposto con decreto del Ministro della salute, sentite le rispettive Federazioni nazionali. Con lo stesso decreto è nominata una commissione straordinaria di tre componenti iscritti agli albi professionali della categoria. Alla commissione competono tutte le attribuzioni del Consiglio o della commissione disciolti.

Entro tre mesi dallo scioglimento dovrà procedersi alle nuove elezioni.

3. Entro tre mesi dallo scioglimento si deve procedere alle nuove elezioni.

 

4. Il nuovo Consiglio eletto dura in carica quattro anni.

 

Capo II

DEGLI ALBI PROFESSIONALI

7.  Ciascun Ordine e Collegio ha un albo permanente, in cui sono iscritti i professionisti della rispettiva categoria, residenti nella circoscrizione.

 

Art. 5. - (Albi professionali) - 1. Ciascun Ordine ha uno o più albi permanenti, in cui sono iscritti i professionisti della rispettiva professione, ed elenchi per categorie di professionisti laddove previsti da specifiche norme.

All'albo dei medici-chirurghi è aggiunto l'elenco dei dentisti abilitati a continuare in via transitoria l'esercizio della professione a norma delle disposizioni transitorie vigenti.

 

8.  Per l'esercizio di ciascuna delle professioni sanitarie è necessaria l'iscrizione al rispettivo albo.

2. Per l'esercizio di ciascuna delle professioni sanitarie, in qualunque forma giuridica svolto, è necessaria l'iscrizione al rispettivo albo.

9.  Per l'iscrizione all'albo è necessario:

3. Per l'iscrizione all'albo è necessario:

a) essere cittadino italiano;

 

b) avere il pieno godimento dei diritti civili;

a) avere il pieno godimento dei diritti civili;

c) essere di buona condotta;

 

d) aver conseguito il titolo accademico dato o confermato in una università o altro istituto di istruzione superiore a ciò autorizzato ed essere abilitati all'esercizio professionale oppure, per la categoria delle ostetriche, avere ottenuto il diploma rilasciato dalle apposite scuole.

b) essere in possesso del prescritto titolo ed essere abilitati all'esercizio professionale in Italia;

e) avere la residenza o esercitare la professione nella circoscrizione dell'ordine o collegio.

c) avere la residenza o il domicilio o esercitare la professione nella circoscrizione dell'Ordine.

Possono essere anche iscritti all'albo gli stranieri, che abbiano conseguito il titolo di abilitazione in Italia o all'estero, quando siano cittadini di uno Stato con il quale il Governo italiano abbia stipulato, sulla base della reciprocità, un accordo speciale che consenta ad essi l'esercizio della professione in Italia, purché dimostrino di essere di buona condotta e di avere il godimento dei diritti civili.

4. Fermo restando quanto disposto dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali, possono essere iscritti all'albo gli stranieri in possesso dei requisiti di cui al comma 3, che siano in regola con le norme in materia di ingresso e soggiorno in Italia.

 

5. Gli iscritti che si stabiliscono in un Paese estero possono a domanda conservare l'iscrizione all'Ordine professionale italiano di appartenenza.

10.  I sanitari che siano impiegati in una pubblica amministrazione ed ai quali, secondo gli ordinamenti loro applicabili, non sia vietato lo esercizio della libera professione, possono essere iscritti all'albo.

 

Essi sono soggetti alla disciplina dell'Ordine o Collegio, limitatamente all'esercizio della libera professione.

 

11.  La cancellazione dall'albo è pronunziata dal Consiglio direttivo, d'ufficio o su richiesta del Prefetto o del Procuratore della Repubblica, nei casi:

Art. 6. - (Cancellazione dall'albo professionale) 1. La cancellazione dall'albo è pronunziata dal Consiglio direttivo, d'ufficio o su richiesta del Ministro della salute o del procuratore della Repubblica, nei casi:

a) di perdita, da qualunque titolo derivata, della cittadinanza italiana o del godimento dei diritti civili;

a) di perdita del godimento dei diritti civili;

 

b) di accertata carenza dei requisiti professionali di cui all'articolo 5, comma 3, lettera b);

d) di rinunzia all'iscrizione;

c) di rinunzia all'iscrizione;

f) di morosità nel pagamento dei contributi previsti dal presente decreto.

d) di morosità nel pagamento dei contributi previsti dal presente decreto;

b) di trasferimento all'estero della residenza dell'iscritto;

e) di trasferimento all'estero, salvo quanto previsto dall'articolo 5, comma 5.

c) di trasferimento della residenza dell'iscritto ad altra circoscrizione;

 

e) di cessazione dell'accordo previsto dal 2° comma dell'art. 9;

 

La cancellazione, tranne nei casi di cui alle lettere d) ed e), non può essere pronunziata se non dopo sentito l'interessato.

2. La cancellazione, tranne nei casi di cui al comma 1, lettera c), non può essere pronunziata se non dopo aver sentito l'interessato, ovvero dopo mancata risposta del medesimo a tre convocazioni per tre mesi consecutivi.

Nel caso di cui alla lettera b) il sanitario che eserciti all'estero la libera professione ovvero presti la sua opera alle dipendenze di ospedali, di enti o di privati, può mantenere, a sua richiesta, l'iscrizione all'Albo dell'Ordine o del Collegio professionale dal quale è stato cancellato.

 

Capo III

DELLE FEDERAZIONI NAZIONALI

 

Capo III

DELLE FEDERAZIONI NAZIONALI

 

12.  Gli Ordini ed i Collegi provinciali sono riuniti rispettivamente in Federazioni nazionali con sede in Roma.

Art. 7. - (Federazioni nazionali) 1. Gli Ordini territoriali sono riuniti in Federazioni nazionali con sede in Roma, che assumono la rappresentanza esponenziale delle rispettive professioni presso enti e istituzioni.

 

 

 

 

 

 

 

2. Alle Federazioni nazionali sono attribuiti compiti di indirizzo e coordinamento e di supporto amministrativo agli Ordini e alle Federazioni regionali, ove costituite, nell'espletamento dei compiti e delle funzioni istituzionali.

 

 3. Le Federazioni nazionali emanano il codice deontologico, approvato dai rispettivi Consigli nazionali e riferito a tutti gli iscritti agli Ordini territoriali, definendo le aree condivise tra le diverse professioni, con particolare riferimento alle attività svolte da équipe multiprofessionali in cui le relative responsabilità siano chiaramente identificate ed eticamente fondate.

 

    Art. 8. – (Organi delle Federazioni nazionali)

 

    a) il presidente;

 

     b) il Consiglio nazionale;

 

   c) il Comitato centrale;

 

   d) la commissione di albo, per le Federazioni comprendenti più professioni;

 

 e) il collegio dei revisori.

Le Federazioni sono dirette da un Comitato centrale composto di tredici membri per le Federazioni dei medici-chirurghi, dei veterinari e dei farmacisti; di sette membri per le Federazioni delle ostetriche.

 2. Le Federazioni sono dirette dal Comitato centrale costituito da quindici componenti, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 6 della legge 24 luglio 1985, n. 409.

 

3. La commissione per gli iscritti all'albo degli odontoiatri si compone di nove membri eletti dai presidenti delle commissioni di albo territoriali contestualmente e con le stesse modalità e procedure di cui ai commi 7, 8 e 9. I primi eletti entrano a far parte del Comitato centrale della Federazione nazionale a norma dei commi secondo e terzo dell'articolo 6 della legge 24 luglio 1985, n. 409. La commissione di albo per la professione medica è costituita dalla componente medica del Comitato centrale. Con decreto del Ministro della salute è determinata la composizione delle commissioni di albo all'interno della Federazione nazionale degli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, nonché la composizione delle commissioni di albo all'interno della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche.

 

 4. I rappresentanti di albo eletti si costituiscono come commissione disciplinare di albo con funzione giudicante nei confronti dei componenti dei Consigli direttivi dell'Ordine appartenenti al medesimo albo e nei confronti dei componenti delle commissioni di albo territoriali. È istituito l'ufficio istruttorio nazionale di albo, costituito da cinque componenti sorteggiati tra quelli facenti parte dei corrispettivi uffici istruttori regionali e da un rappresentante estraneo alla professione nominato dal Ministro della salute.

Ogni Comitato centrale elegge nel proprio seno un presidente, un vicepresidente, un tesoriere ed un segretario.

  5. Ogni Comitato centrale elegge nel proprio seno, a maggioranza assoluta degli aventi diritto, il presidente, il vice presidente, il tesoriere e il segretario, che possono essere sfiduciati, anche singolarmente, con la maggioranza qualificata dei due terzi degli aventi diritto.

Il Presidente ha la rappresentanza della Federazione di cui convoca e presiede il Comitato centrale ed il Consiglio nazionale; il vice presidente lo sostituisce in caso di assenza o di impedimento e disimpegna le funzioni a lui eventualmente delegate dal presidente.

6. Il presidente ha la rappresentanza della Federazione, di cui convoca e presiede il Comitato centrale e il Consiglio nazionale, composto dai presidenti degli Ordini professionali; il vice presidente lo sostituisce in caso di assenza o di impedimento e disimpegna le funzioni a lui eventualmente delegate dal presidente.

13.  I Comitati centrali sono eletti dai presidenti dei rispettivi Ordini e Collegi, nell'anno successivo alla elezione dei presidenti e Consigli degli ordini professionali, tra gli iscritti agli albi a maggioranza relativa di voti ed a scrutinio segreto.

 7. I Comitati centrali sono eletti dai presidenti dei rispettivi Ordini, nel primo trimestre dell'anno successivo all'elezione dei presidenti e dei Consigli direttivi degli Ordini professionali, tra gli iscritti agli albi, a maggioranza relativa dei voti e a scrutinio segreto. I Comitati centrali durano in carica quattro anni.

Ciascun presidente dispone di un voto per ogni duecento iscritti e frazione di duecento iscritti al rispettivo albo provinciale.

    8. Ciascun presidente dispone di un voto per ogni cinquecento iscritti e frazione di almeno duecentocinquanta iscritti al rispettivo albo.

 

   9. Avverso la validità delle operazioni elettorali è ammesso ricorso alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie.

14.  Il Consiglio nazionale è composto dei presidenti dei rispettivi Ordini e Collegi.

10. Il Consiglio nazionale è composto dai presidenti dei rispettivi Ordini.

Spetta al Consiglio nazionale l'approvazione del bilancio preventivo e del conto consuntivo della rispettiva Federazione su proposta del Comitato centrale.

11. Spetta al Consiglio nazionale l'approvazione del bilancio preventivo e del conto consuntivo della Federazione su proposta del Comitato centrale, nonché l'approvazione del codice deontologico e dello statuto e delle loro eventuali modificazioni.

Il Consiglio nazionale, su proposta del Comitato centrale, stabilisce il contributo annuo che ciascun Ordine o Collegio deve versare in rapporto al numero dei propri iscritti per le spese di funzionamento della Federazione.

12. Il Consiglio nazionale, su proposta del Comitato centrale, stabilisce il contributo annuo che ciascun Ordine deve versare in rapporto al numero dei propri iscritti per le spese di funzionamento della Federazione.

All'amministrazione dei beni spettanti alla Federazione provvede il Comitato centrale.

  13. All'amministrazione dei beni spettanti alla Federazione provvede il Comitato centrale.

15.  Al Comitato centrale di ciascuna Federazione spettano le seguenti attribuzioni:

14. Al Comitato centrale di ciascuna Federazione spettano le seguenti attribuzioni:

 

a) predisporre, aggiornare e pubblicare gli albi e gli elenchi unici nazionali degli iscritti;

a) vigilare, sul piano nazionale, alla conservazione del decoro e dell'indipendenza delle rispettive professioni;

   b) vigilare, sul piano nazionale, alla conservazione del decoro e dell'indipendenza delle rispettive professioni;

b) coordinare e promuovere l'attività dei rispettivi Ordini o Collegi;

c) coordinare e promuovere l'attività dei rispettivi Ordini nelle materie che, in quanto inerenti alle funzioni proprie degli Ordini, richiedono uniformità di interpretazione ed applicazione;

c) promuovere e favorire, sul piano nazionale, tutte le iniziative di cui alla lettera d) dell'articolo 3 del presente decreto;

  d) promuovere e favorire, sul piano nazionale, tutte le iniziative di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d);

d) designare i rappresentanti della Federazione presso commissioni, enti od organizzazioni di carattere interprovinciale o nazionale;

  e) designare i rappresentanti della Federazione presso commissioni, enti od organizzazioni di carattere nazionale, europeo ed internazionale;

e) dare il proprio concorso alle autorità centrali nello studio e nell'attuazione dei provvedimenti che comunque possano interessare gli Ordini ed i Collegi;

 

f) dare direttive di massima per la soluzione delle controversie di cui alla lettera g) dell'articolo 3;

 f) dare direttive di massima per la soluzione delle controversie di cui alla lettera e) del comma 1 dell'articolo 3.

 

   15. Alle commissioni di albo di ciascuna Federazione spettano le seguenti attribuzioni:

 

  a) dare il proprio concorso alle autorità centrali nello studio e nell'attuazione dei provvedimenti che comunque possano interessare la professione;

g) esercitare il potere disciplinare nei confronti dei componenti dei Consigli direttivi degli Ordini e Collegi.

 b) esercitare il potere disciplinare, a norma del comma 4;

 

 

 

 c) nelle Federazioni con più albi, esercitare le funzioni di cui alle lettere d), e) ed f) del comma 14, eccettuati i casi in cui le designazioni di cui alla suddetta lettera e) concernano uno o più rappresentanti dell'intera Federazione.

 

   16. In caso di più albi nella stessa Federazione, con le modalità di cui al comma 5 ogni commissione di albo elegge e può sfiduciare il presidente, il vice presidente e il segretario. Il presidente ha la rappresentanza dell'albo e convoca e presiede la commissione; può inoltre convocare e presiedere l'assemblea dei presidenti di albo. Il vice presidente sostituisce il presidente in caso di necessità ed esercita le funzioni a lui delegate. Il segretario svolge le funzioni inerenti alla segreteria della commissione.

 

  17. Per le Federazioni che comprendono un'unica professione le funzioni ed i compiti della commissione di albo spettano al Comitato centrale.

Contro i provvedimenti indicati nella precedente lettera g) è ammesso ricorso alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie

18. Contro i provvedimenti adottati ai sensi del comma 15, lettera b), e del comma 17 è ammesso ricorso alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie.

16.  I Comitati centrali possono essere sciolti quando non siano in grado di funzionare regolarmente.

Lo scioglimento viene disposto con decreto dell'Alto Commissario per l'igiene e la sanità pubblica, sentito il Consiglio superiore di sanità. Con lo stesso decreto è nominata una Commissione straordinaria di cinque membri iscritti agli alti professionali della categoria; alla Commissione competono tutte le attribuzioni del Comitato disciolto.

Entro tre mesi dallo scioglimento dovrà procedersi alle nuove elezioni.

 

19. I Comitati centrali e le commissioni di albo possono essere sciolti quando non siano in grado di funzionare regolarmente o qualora si configurino gravi violazioni della normativa vigente. Lo scioglimento è disposto con decreto del Ministro della salute. Con lo stesso decreto è nominata una commissione straordinaria di cinque componenti iscritti agli albi professionali della categoria; alla commissione competono tutte le attribuzioni del Comitato o della commissione disciolti. Entro tre mesi dallo scioglimento si deve procedere alle nuove elezioni. Il nuovo Comitato centrale eletto dura in carica quattro anni».

 



[1]     Analogo principio vale per le Federazioni nazionali, esaminate più avanti, come prescritto dal capoverso articolo 8, comma 4.

[2]     Più in dettaglio, la norma prevede l'inserimento deve prevedere le stesse indennità, compensi o emolumenti comunque denominati, anche sotto il profilo previdenziale, spettanti a legislazione vigente ai medici specializzandi. Si dispone, inoltre, che i medici in formazione specialistica assumono una graduale responsabilità assistenziale, secondo gli obiettivi definiti dall'ordinamento didattico del relativo corso di specializzazione e le modalità individuate dal tutore, d'intesa con la direzione delle scuole di specializzazione e con i dirigenti responsabili delle unità operative presso cui si svolge la formazione. La norma specifica, in particolare,  che il periodo di formazione non determina l'instaurazione di un rapporto di lavoro con il SSN e non dà diritto all'accesso ai ruoli del medesimo.

[3]     In proposito si ricorda che è attualmente all’esame delle Camere, per il relativo parere, l’atto del governo (AG. n.305) sullo schema di decreto legislativo per l’attuazione della delega di cui all’articolo 11, comma 1, lett. p), della legge n. 124/2015 in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche con riferimento agli incarichi direttoriali negli enti ed aziende del SSN. La citata norma di delega ha dettato, in particolare, principi e criteri direttivi per l conferimento degli incarichi di direttore generale, di direttore amministrativo e di direttore sanitario, oltre che, ove previsto dalla legislazione regionale, di direttore dei servizi socio-sanitari, delle aziende e degli enti del SSN. Qui i dossier di riferimento n. 335 e n. 390 del 15 giugno 2016 .

[4]     Articolo 19, co. 1, lett. g) del D.Lgs. 517/1993.

[5]     Ai sensi del D.Lgs. 29/1993, articolo 46.

[6]     Infatti, per i dirigenti degli enti e delle aziende del SSN è prevista contrattualmente l’esclusività del rapporto di lavoro per la quale i medesimi percepiscono una significativa indennità rispetto al trattamento economico attuale dei dirigenti sanitari del Ministero della salute.

[7]     Tale disposizione è stata inserita dall’art. 40, co. 1, lett. b) del D.Lgs. n. 150/2009 in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni.

[8]     G.U. 2 maggio 2011, n. 100. In proposito v. anche la Direttiva Stato 5 agosto 2011, n. 11/2011 (G.U. n. 26/2012) sugli indirizzi per l’applicazione del predetto DPCM 26 ottobre 2010, per l'accesso, tramite concorso pubblico per titoli ed esami, alla qualifica di dirigente di prima fascia.

[9]     In tale caso si tiene conto, quale criterio di precedenza ai fini del transito, la data di maturazione del requisito dei cinque anni e, a parità di data di maturazione, della maggiore anzianità nella qualifica dirigenziale.