Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari sociali
Titolo: Disposizioni concernenti l'impiego delle persone anziane da parte delle amministrazioni locali per lo svolgimento di lavori di utilità sociale - A.C. 104, A.C. 171, A.C. 266, A.C. 670, A.C. 693, A.C. 3538, A.C. 3851 - Schede di lettura - Seconda edizione
Riferimenti:
AC N. 171/XVII   AC N. 266/XVII
AC N. 670/XVII   AC N. 693/XVII
AC N. 3538/XVII   AC N. 3851/XVII
AC N. 104/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 448
Data: 27/09/2016
Descrittori:
ANZIANI   ENTI LOCALI
LAVORI SOCIALMENTE UTILI   VOLONTARIATO
Organi della Camera: XII-Affari sociali


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Disposizioni concernenti l'impiego delle persone anziane da parte delle amministrazioni locali per lo svolgimento di lavori di utilità sociale

27 settembre 2016
Schede di lettura - Seconda edizione


Indice

Contenuto delle proposte di legge|Quadro normativo sulle fattispecie contrattuali|Esperienze regionali|Relazioni allegate o richieste|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|


Sul sito istituzionale dell'Istat sono disponibili  due nuovi sistemi informativi dedicati rispettivamente ai giovani (under 35) e agli anziani (over 65). Il  sistema dedicato agli anziani è organizzato in  sei aree tematiche (popolazione e famiglie, istruzione formazione e lavoro, condizioni socio-economiche, Stili di vita e salute, Cultura, uso dei media e nuove tecnologie, Vita quotidiana) che raccolgono dati, comunicati stampa, pagine di approfondimento, strumenti di visualizzazione e fonti internazionali, consentendo una lettura integrata delle informazioni disponibili su questo importante segmento di popolazione.

I sistemi informativi sono accompagnati da una scheda in cui sono riassunti i dati più importanti.

Come negli altri Paesi a sviluppo avanzato, l'Italia ha una struttura per età fortemente squilibrata: nel 2015 le persone over65 sono il 21,7% della popolazione, quelle fra 0 e 14 anni il 13,8%. E il numero di anziani è destinato ancora a crescere. L'indice di vecchiaia della popolazione, ossia il rapporto tra la popolazione anziana (65 anni e oltre) e la popolazione più giovane (0-14 anni), è atteso salire da 157,7 a 257,9 tra il 2015 e il 2065. Anche l'età media della popolazione subirà un ulteriore incremento, passando da 44,4 anni del 2015 a 49,7 del 2065.

Nella sezione del sistema informativo Vita quotidiana, sotto sezione Vita associativa, viene sottolineato che "Il tema della partecipazione focalizza l'attenzione sul contributo della risorsa anziana alla società attraverso forme di impegno e di contributo sociale considerate come possibilità di incremento del benessere sociale. L'interesse per ciò che avviene sulla scena politica è un segnale di coinvolgimento e di partecipazione nelle vicende della vita pubblica".

Questi i dati forniti sulle diverse forme di partecipazione:

Contenuto delle proposte di legge


A.C. 104, Binetti e Buttiglione

La proposta di legge in esame riproduce in parte il contenuto di alcune proposte di legge (A.C. 2549 e abb.)  esaminate nel corso della XVI legislatura. Più specificamente l'esame delle citate proposte di legge, iniziato nel gennaio del 2011, si è poi interrotto alla fine del maggio dello stesso anno.

Scopo della proposta di legge, come riportato nella relazione illustrativa al provvedimento, è quello di  rivalutare il ruolo della persona anziana nell'attuale contesto politico e culturale per permetterle di realizzarsi, assicurandole il benessere psico-fisico e sociale proprio della sua età e del suo stato. Tale scopo viene perseguito consentendo alle amministrazioni locali di impiegare le persone anziane in attività lavorative di utilità sociale, culturale sportiva e ricreativa e di utilizzarle presso cooperative sociali, organizzazioni di volontariato e associazioni senza scopo di lucro. Attualmente, infatti, le persone anziane sono oggetto di attenzione sociale quasi esclusivamente sotto l'aspetto assistenziale, ma si tratta di una prospettiva parziale poiché l'età avanzata non è sinonimo di malattia. Occorre superare lo stereotipo che considera la persona anziana come una persona non più in grado di partecipare pienamente alla vita sociale e incoraggiare uno sguardo più creativo sull'anzianità dato che il trascorrere degli anni favorisce l'interesse per altre attività e soprattutto l'impegno verso gli altri anche nelle forme di impegno sociale nelle molteplici iniziative di volontariato.

Il provvedimento si compone di 7 articoli. L'articolo 1, dopo aver definito le persone anziane come quelle che hanno compiuto i sessantacinque anni di età e che non svolgono attività professionali regolarmente retribuite, prevede la facoltà, per le amministrazioni locali, per valorizzare le abilità le conoscenze e le competenze di quelle che si offrono volontariamente per svolgere lavori di utilità sociale (definiti ai sensi dell'articolo 5), di impiegarle  per lo svolgimento di attività che consentono loro di mantenere un ruolo sociale riconosciuto nella comunità di appartenenza  e di utilizzarle presso cooperative sociali, organizzazioni di volontariato ed associazioni senza scopo di lucro operanti nel campo sociale e culturale. L'articolo 2 prevede che lo svolgimento di tali attività avviene mediante la stipulazione di un contratto di diritto privato che comporta l'instaurazione di un rapporto di collaborazione e non di lavoro subordinato, ferma restando la compatibilità di tale attività con le capacità e competenze e con  le condizioni di salute e sociali delle persone anziane. Il contratto, oltre a disciplinare le prestazione e le modalità del suo svolgimento, nonché il compenso, la durata e il diritto di recesso, prevede altresì specifici momenti di formazione e di aggiornamento. L'articolo 3 stabilisce che i compensi, derivanti dai lavori di utilità sociale svolti dalle persone anziane, adeguati all'attività svolta, siano corrisposti in modo forfetario anche mediante la concessione di buoni pasto, di abbonamenti gratuiti per i trasporti pubblici locali o per le palestre, nonché per manifestazioni e spettacoli. I richiamati compensi non concorrono alla determinazione dei redditi ai fini delle prestazioni previdenziali, assistenziali, sociali e sanitarie. Secondo la relazione illustrativa al provvedimento, "l'elenco di questi servizi non è tassativo ma indicativo; in tal modo si permette agli enti locali di individuare quali tra questi servizi offrire a titolo di compenso secondo le proprie possibilità". L'articolo 4 prevede l'obbligo per le amministrazioni locali che ricorrono all'impiego di persone anziane, di stipulare una polizza contro i rischi di infortunio, nonché di responsabilità civile nei confronti dei terzi a causa dell'attività svolta. L'articolo 5 definisce i lavori di utilità sociale, stabilendo che sono tali i lavori: · di carattere sociale, consistenti in attività socio-assistenziali e socio-sanitarie; · di carattere civile, consistenti in attività per la tutela e la sicurezza degli studenti presso gli istituti scolastici, per la vigilanza del decoro urbano e per prevenire possibili episodi di vandalismo; · di carattere culturale, consistenti in attività per la tutela, la valorizzazione, la promozione e lo sviluppo della cultura, del patrimonio storico, artistico e ambientale, anche attraverso la vigilanza di musei e biblioteche comunali; di carattere ricreativo, turistico o sportivo, consistenti in attività quali il controllo dei flussi di spettatori in occasione di eventi e manifestazioni pubblici. In ogni caso, tali lavori non devono essere in contrasto con le iniziative previste dalla legislazione vigente volte a favorire l'occupazione giovanile o l'impiego di categorie protette. L'articolo 6 dispone che l'affidamento dei lavori di utilità sociale alle persone anziane avvenga mediante delibera dell'amministrazione locale secondo criteri preventivamente stabiliti dalla medesima amministrazione e resi noti mediante pubblici avvisi nell'albo pretorio del comune dove l'attività è svolta. Il finanziamento dei lavori di pubblica utilità è a carico delle amministrazioni locali, che sono tenute a provvedervi con le disponibilità esistenti negli appositi capitoli di bilancio e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. L'articolo 7, infine, dispone l'obbligo, per i soli comuni, di organizzare annualmente una conferenza volta a valutare le iniziative svolte durante l'anno e a programmare quelle per l'anno successivo, con la partecipazione dei consigli circoscrizionali. E' data poi facoltà ai consigli comunali di prevedere l'attivazione d strumenti di verifica e di controllo sulle attività realizzate in attuazione della legge.


A.C. 171, Bobba ed altri

La proposta di legge A.C. 171 (Bobba  ed altri) è composta da 7 articoli e pur presentando alcuni elementi in comune con la pdl A.C. 104 se ne differenzia in parte. L'articolo 1 prevede che le amministrazioni dello Stato, le regioni, le province, i comuni, le ASL, ed altre organizzazioni di volontariato e solidarietà sociale possano impiegare le persone anziane  in attività di servizio civile che abbiano rilevanza sociale, allo scopo di favorire l'invecchiamento attivo della popolazione anziana, prevenendone l'emarginazione sociale e salvaguardandone la salute psicofosica. Vengono definite come persone anziane coloro che hanno superato il sessantacinquesimo anno di età o che sono titolari di trattamento di quiescenza anche anticipato e viene precisato che non sono previste fasce d'età o requisiti reddituali o di altro genere che determinino forme di priorità nell'accesso al servizio civile. Le norme stabilite vengono qualificate come norme di indirizzo generale nel rispetto delle competenze legislative delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano.

L'articolo 2 prevede che l'affidamento delle attività di cui all'articolo 1 avvenga con contratto di diritto privato nel quale devono essere contenuti gli elementi qualificanti delle finalità socialmente utili. I contratti non devono essere in contrasto con le iniziative dirette a favorire l'occupazione giovanile o l'impiego di categorie protette e le prestazioni rese in attuazione di essi non danno luogo all'instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato né si configurano come attività di lavoro autonomo o parasubordinato. Le amministrazioni o gli enti che promuovono le attività assicurano lo svolgimento da parte degli uffici competenti dei compiti di coordinamento e direzione , nonché la partecipazione delle persone anziane alla predisposizione ed alla verifica delle attività. E' obbligatoria la stipulazione. L'articolo 3 individua gli ambiti in cui può svolgersi il servizio civile delle persone anziane, vale a dire:

  • tutela ed assistenza a minori ed anziani temporaneamente impediti allo svolgimento di piccoli compiti giornalieri e all'accesso ai servizi pubblici; 
  • assistenza ai portatori di handicap e ad altre categorie a rischio emarginazione in ausilio al personale dei servizi socio-sanitari, nonché assistenza culturale e sociale negli ospedali e nelle carceri, in special modo quelle minorili;
  • sorveglianza presso le scuole, in collaborazione con le famiglie, le istituzioni scolastiche e la polizia municipale, nonché dei parchi e dei giardini pubblici, dei monumenti e dei beni culturali, in collaborazione con le amministrazioni interessate;
  • interventi di carattere ecologico, stagionali o straordinari e compiti di piccola manutenzione del verde pubblico e di abbellimento delle città;
  • formazione e mutuo aiuto tra le persone anziane.

L'articolo 4 prescrive alcune caratteristiche delle attività di servizio civile affidate alle persone anziane e dispone sulle modalità per il loro affidamento. Le attività devono corrispondere a funzioni di elevata rilevanza sociale perseguite dall'amministrazione promotrice ed i comuni possono avvalersene solo a fini di qualificazione e diffusione di servizi alla persona in ambito sociale, educativo, sportivo culturale e di protezione civile, promozione e tutela dell'ambiente o del patrimonio storico-architettonico. L'affidamento delle attività avviene in applicazione di criteri preventivamente stabiliti e resi noti mediante avvisi pubblici a cura dell'amministrazione con l'indicazione dei requisiti richiesti e delle modalità di selezione dei candidati. Viene prescritto che in ogni caso il numero delle persone anziane impiegate da ciascuna pubblica amministrazione non può superare il 10 per cento della relativa pianta organica.

L'articolo 5 prevede che alle persone anziane impiegate nelle attività di servizio civile sia corrisposto un assegno mensile di importo non superiore a 450 Euro, esente da imposizione fiscale, e da qualsiasi forma di contribuzione. Tale somma non costituisce reddito né a fini fiscali né a fini della corresponsione di prestazioni previdenziali ed assistenziali. Il valore massimo dell'assegno è rivalutato in base alla variazione dell'indice dei prezzi al consumo accertata dall'Istituto nazionale di statistica. L'onere conseguente alla corresponsione degli assegni è a carico dell'ente che attua il servizio civile. Può anche essere disposto il rimborso delle spese sostenute per l'espletamento dell'attività dietro presentazione di una documentazione giustificativa. L'articolo 6 prevede che gli enti e le amministrazioni che attivano le forme di servizio civile delle persone anziane sono indicati i appositi registri tenuti dalle direzioni provinciali del lavoro competenti per territorio. Al momento dell'attivazione dell'accordo gli enti e i soggetti sopracitati comunicano alle direzioni provinciali i dati delle persone impiegate nelle attività: alle direzioni provinciali spetta la sorveglianza sulle attività svolte per assicurare il rispetto delle disposizioni della legge. Le disposizioni attuative della legge saranno dettate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Il Ministro presenta al parlamento una relazione annuale sul servizio civile delle persone anziane.

L'articolo 7, infine,  reca la clausola di invarianza degli oneri finanziari.


A.C. 266, Fucci

La proposta di legge A.C. 266 (Fucci) è composta da 4 articoli. L'articolo 1 disciplina la facoltà degli enti locali di costituire gruppi di nonni vigili per lo svolgimento di una serie di compiti socio-assistenziali e di vigilanza - tra i quali la vigilanza sulla sicurezza degli studenti presso le scuole,  nei musei e nelle biblioteche e la regolamentazione dei flussi in occasione di eventi e manifestazioni pubblici -. Viene data la definizione di "nonno vigile" come la persona di età pari o superiore a 65 anni che non svolge attività lavorativa retribuita e che si offre di esercitare volontariamente i compiti indicati. L'articolo 2 demanda ai comuni, con propri regolamenti, l'istituzione dei gruppi di nonni vigili. Anche l'articolo 3 demanda ai comuni la determinazione delle modalità della presentazione della richiesta di far parte di un gruppo di nonni vigili, di selezione e di reclutamento degli stessi e del compenso ad essi spettante nel rispetto dei propri equilibri di bilancio. Infine, l'articolo 4 , introduce il reato di offesa al nonno vigile nell'esercizio delle sue funzioni, che punisce con le pene di cui all'articolo 341-bis del codice penale diminuite di tre quarti. Va ricordato che l'articolo 341-bis disciplina il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, punito con la reclusione fino a tre anni. 


A.C. 670, Biondelli ed altri

La proposta di legge A.C. 670 (Biondelli ed altri), composta da 5 articoli istituisce il Progetto nazionale "Anziani valore aggiunto nella società civile", approvato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, d'intesa con la Conferenza unificata,  e con l'ANCI, allo scopo di promuovere iniziative, facilitazioni ed inserimenti nella vita pubblica di anziani - definiti, all'articolo 2, come le persone che hanno superato i 65 anni di età e non svolgono attività di lavoro autonomo, dipendente o professionale -  che si rendano volontariamente disponibili a tale collaborazione (articolo 1).

La finalità del Progetto, identificata dall'articolo 2, è quella di favorire le attività di utilità sociale promosse direttamente dai comuni o da imprese sociali e da organizzazioni di volontariato operanti nel campo sociale e culturale e delegate dai comuni. L'articolo 3 individua i lavori di utilità sociale considerando tali le attività che perseguono determinate finalità,tra le quali la collaborazione a programmi territoriali educativi, sociali, sociosanitari e di integrazione socio-culturale, la tutela dell'ambiente e del territorio, la promozione culturale e la tutela e valorizzazione del patrimonio storico, artistico ed ambientale, l'animazione ricreativa, turistica  sportiva. L'articolo 4 dà ai comuni la facoltà, per incentivare la partecipazione ai lavori di utilità sociale, di prevedere compensi - che non sono cedibili  non concorrono alla determinazione del reddito - nella forma di abbonamenti gratuiti per il trasporto pubblico locale, concessioni di buoni pasto, accesso gratuito a servizi ed attività culturali, agevolazioni con esercizi commerciali con i quali i comuni hanno stipulato apposite convenzioni. I lavori di utilità sociale, coperti da una polizza assicurativa contro il rischio di infortunio e per la responsabilità civile verso terzi, devono essere compatibili con le condizioni psico-fisiche della persona anziana. L'articolo 5, oltre a prevedere la clausola di invarianza degli oneri finanziari, demanda al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge, l'approvazione del Progetto di cui all'articolo 1 nonché la pubblicazione sui maggiori organi di informazione nazionale, dell'elenco dei comuni che, secondo una graduatoria di merito si sono distinti per la qualità e portata del Progetto medesimo.


A.C. 693, Grassi ed altri

La proposta di legge A.C. 693 (Grassi ed altri), composta da 7 articoli, prevede (articolo 1) che al fine di favorire l'inclusione sociale delle persone anziane - definite come quelle che hanno compiuto sessanta anni di età e che sono titolari di pensione o casalinghe - e di sostenerne i redditi, le regioni, le province e i comuni, le associazioni di promozione sociale, le organizzazioni di volontariato e le Onlus possono impiegarle in attività lavorative socialmente utili in ambiti definiti dal successivo articolo 3. Ai sensi dell'articolo 2 l'affidamento delle attività avviene mediante contratto di diritto privato che deve contenere alcune specifiche tra le quali il compenso prestato, la facoltà di recesso dell'anziano senza preavviso, l'articolazione delle prestazioni secondo moduli temporali e la facoltà dell'anziano di non prestare l'attività in relazione a uno o più moduli. In ogni caso le prestazioni rese non comportano l'instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato e i soggetti che impiegano gli anziani nelle attività sono tenuti a stipulare in favore di questi ultimi una polizza assicurativa contro il rischio di infortuni nonché di responsabilità civile verso terzi conseguente a colpa nello svolgimento della prestazione. Gli ambiti in cui si collocano le attività socialmente utili svolte dagli anziani sono definiti dall'articolo 3 e tra essi si ricordano l'insegnamento nei corsi professionali ed il tutoraggio nei percorsi formativi di collegamento tra la scuola e il mondo del lavoro, la sorveglianza presso le scuole, le mense e le biblioteche scolastiche nonché durante le mostre e le manifestazioni giovanili, piccola manutenzione del verde pubblico e degli uffici pubblici, animazione, custodia e vigilanza di musei e luoghi di cultura, assistenza, anche domiciliare, in ausilio ai servizi socio-sanitari, a minori, anziani, disabili e ad altre categorie a rischio di emarginazione, specifici compiti ausiliari di vigilanza urbana. L'espletamento di queste attività deve essere compatibile con le iniziative per favorire l'occupazione giovanile o l'impiego di categorie protette e l'affidamento di esse da parte delle pubbliche amministrazioni, ai sensi dell'articolo 4 avviene mediante criteri preventivamente stabiliti e resi noti mediante avvisi pubblici.  Ai sensi del medesimo articolo le pubbliche amministrazioni provvedono al finanziamento delle attività con le disponibilità esistenti nei fondi di bilancio senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. L'articolo 5 prevede che i compensi erogati alle persone anziane non possono essere di importo superiore a quello dell'assegno sociale (di cui all'articolo 3, comma 6, della legge n. 335/1995) e costituiscono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ai sensi dell'articolo 50, comma 1, lettera c-bis del testo unico delle imposte sui redditi di cui al D.P.R. n. 917/1986. 

La citata lettera c-bis prevede che le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, alla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni, nonché quelli percepiti in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita, sempreché gli uffici o le collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell'attività di lavoro dipendente di cui all'articolo 46, comma 1 , concernente redditi di lavoro dipendente, o nell'oggetto dell'arte o professione di cui all'articolo 49, comma 1, concernente redditi di lavoro autonomo, esercitate dal contribuente.

Viene inoltre stabilito che i compensi erogati ai soggetti titolari di assegno o pensione sociale o che hanno i requisiti di reddito previsti per la concessione di quest'ultima nonché in favore di pensionati con pensione integrata al minimo che non dispongono di altri redditi, fino all'importo di 3.500 Euro annui, sono equiparati ai sussidi corrisposti dallo Stato e da altri enti pubblici a titolo assistenziale - ai sensi dell'articolo 34 del D.P.R. n. 601/1973 che definisce i vari tipi di sussidi esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche -, e non concorrono alla determinazione del reddito a fini previdenziali e assistenziali. L'articolo 6 prevede e disciplina una programmazione annuale da parte delle regioni che entro il mese di novembre di ogni anno convocano una conferenza programmatica per discutere con le parti sociali e gli enti interessati le esperienze realizzate nell'anno e le iniziative da programmare per l'anno successivo. Di queste attività è redatto un apposito rendiconto da inserire nella relazione annuale sulla condizione degli anziani che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali presenta al Parlamento.  Nel primo triennio di applicazione della legge l'articolo 7 prevede la concessione di contributi ai soggetti di cui all'articolo 1 per lo sviluppo delle iniziative di lavori socialmente utili per gli anziani autorizzando di conseguenza la spesa di 12,5 milioni di euro nel 2013, di 7,5 nel 2014 e di 5 nel 2015, e prevedendone la conseguente copertura.

In proposito va osservato che le previsioni di spesa andrebbero aggiornate riferendole all'anno in corso e a quelli successivi.


A.C. 3538, Patriarca ed altri

La proposta di legge A.C.3538 (Patriarca ed altri) è composta da 9 articoli. L'articolo 1 attribuisce alla Repubblica, al fine riconoscere il ruolo delle persone anziane nella comunità e la loro partecipazione alla vita sociale, civile economica e culturale, il compito di prevedere politiche volte all'invecchiamento attivo secondo alcuni principi, tra i quali la valorizzazione delle esperienze formative, cognitive e professionali delle persone anziane e la promozione di politiche integrate in favore delle stesse, il contrasto di fenomeni di esclusione e discriminazione e la ricerca di modalità graduali di uscita dal lavoro,  nonché la promozione della formazione e dell'aggiornamento dei soggetti che operano a vario titolo in favore delle persone anziane.

L'articolo 2,  che ha una funzione definitoria, qualifica i termini di "invecchiamento", inteso come un processo che si sviluppa lungo l'intero arco della vita, influenzando la programmazione e gestione nei diversi settori in cui essa si articola, e "invecchiamento attivo" , inteso come il processo che promuove una capacità continua del soggetto di ridefinire ed aggiornare il proprio progetto di vita in rapporto ai cambiamenti riguardanti il proprio contesto di vita e la propria persona  mediante azioni dirette ad ottimizzare la salute, la sicurezza e la partecipazione alle attività sociali. L'articolo 3 rimette ai comuni, singoli ed associati, anche in collaborazione con le attività di volontariato, la programmazione degli interventi mediante la predisposizione di progetti, nell'ambito delle attività di utilità sociale di cui all'articolo 4, volti all'impiego sul proprio territorio di persone anziane per la realizzazione delle finalità previste dalla legge. Sulla base del tempo offerto alla comunità le persone anziane che partecipano ai progetti di invecchiamento attivo possono essere destinatarie di opportunità culturali, formative e ricreative fornite anche gratuitamente o a costi ridotti dal comune dalle altre amministrazioni ovvero dai privati coinvolti nei progetti e fruiscono di un buono pasto per ogni giorno impiegato nelle citate attività. L'articolo 4 elenca le attività considerate di utilità sociale, tra le quai si ricordano la sorveglianza presso le scuole dell'infanzia e la sorveglianza dei bambini nei percorsi di andata e ritorno dalle abitazioni alle scuole e viceversa, l'aiuto alle persone non in grado di svolgere temporaneamente piccoli compiti giornalieri, nonché alle persone anziane e a quelle che si trovano in condizioni di isolamento, attività di controllo di flussi di spettatori in occasione di eventi e manifestazioni pubblici. L'articolo 5 pone sui comuni l'obbligo di assicurare contro i rischi di infortuni le persone anziane che svolgono lavori di utilità sociale mentre l'articolo 6 prevede che lo Stato in collaborazione con le Regioni promuova la formazione permanente delle persone anziane. L'articolo 7 attribuisce al Ministero della salute il compito di promuovere azioni tese al mantenimento del benessere durante l'invecchiamento della persona anziana nonché politiche di sostegno per prevenire i fenomeni di isolamento sociale e di limitare l'ospedalizzazione e l'inserimento in strutture assistenziali residenziali. L'articolo 8  istituisce presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un Fondo con una dotazione di 75 milioni di euro per il triennio 2016-2018. il Fondo è destinato a finanziare l'adozione progetti di invecchiamento attivo da parte degli enti locali in collaborazione con le organizzazioni di volontariato. Le modalità e i termini di presentazione dei progetti verranno stabiliti da un d.p.c.m. da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge. L'articolo 9 dispone sulla copertura finanziaria del provvedimento.


A.C. 3851, Miotto ed altri

La proposta di legge A.C. 3851 (Miotto ed altri) si compone di 5 articoli. L'articolo 1 attribuisce allo Stato, alle regioni e agli e agli enti locali il compito di riconoscere il ruolo e la funzione che le persone anziane svolgono nella società civile, favorendo l'invecchiamento attivo come processo di ottimizzazione delle opportunità relative alla salute, alla partecipazione e alla sicurezza allo scopo di migliorare la qualità della vita nel rispetto di alcuni princìpi. Ai fini della presente legge sono considerate persone anziane quelle che hanno superato il sessantacinquesimo anno di età. L'articolo 2 qualifica come attività volontarie quelle prestate dalle persone anziane in modo individuale, spontaneo e gratuito. Gli enti che attivano progetti per l'invecchiamento attivo assicurano alle persone anziane che svolgono un'attività volontaria le strutture e i mezzi per realizzarla e provvedono alle garanzie assicurative contro gli infortuni nonché per la responsabilità civile verso terzi. Alle attività volontarie di cui alla presente legge si applica la legge quadro sul volontariato (legge n. 266/1991). L'articolo 3 definisce il servizio civile volontario delle persone anziane che può essere organizzato dai comuni, singoli o associati, anche in collaborazione con altre amministrazioni operanti nel territorio e può consistere in varie attività tra le quali si ricordano la sorveglianza presso le scuole per l'infanzia o nel percorso di andata e ritorno dei bambini dalle scuole,  compagnia ad altri anziani e alle persone che si trovano in condizione di isolamento, aiuto a cittadini in condizione di impedimento temporaneo per l'accesso ai servizi pubblici. Sulla base del tempo offerto alla comunità le persone anziane partecipanti alle attività del servizio civile volontario possono essere destinatarie di opportunità culturali, formative e ricreative fornite, gratuitamente o a costi ridotti dal comune, dalle altre amministrazioni interessate al servizio civile ovvero da privati convenzionati. L'articolo 4 prevede la promozione a decorrere dal 2017, per un triennio di una sperimentazione atta a riconoscere le buone pratiche nella realizzazione dei progetti per l'invecchiamento attivo demandando ad un d.p.c.m. da emanare entro due mesi dall'entrata in vigore della legge, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, la definizione delle modalità ed i termini per la presentazione dei progetti nonché i criteri per la valutazione delle esperienze. L'articolo 5, infine, dispone sulla copertura finanziaria del progetto di legge.


Quadro normativo sulle fattispecie contrattuali

 1. Il lavoro accessorio.
La disciplina del lavoro accessorio, introdotta dal D.Lgs. 276/2003 (articolo 70-73), ha subito nel tempo sostanziali modifiche da parte di una serie di norme, aventi soprattutto lo scopo di ampliare la possibilità di ricorrere a tale forma contrattuale, intervenendo sui requisiti per l'accesso, sulla previsione di nuove tipologie contrattuali, sulla possibilità del ricorso a tale tipologia di lavoro per coloro che percepiscono prestazioni integrative del salario o di sostegno del reddito e sul ricorso al lavoro accessorio da parte di pubbliche amministrazioni.
Attualmente l'istituto è disciplinato dal D.Lgs. 81/2015 (articoli 48-50), che ha abrogato e sostituito integralmente gli articoli del D.Lgs. 276/2003, nell'ottica di consentire il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio per le attività lavorative in tutti i settori produttivi, garantendo, nel contempo, la piena tracciabilità dei buoni lavoro acquistati.
In base a tali norme, le prestazioni di lavoro accessorio non possono dar luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 7.000 euro nel corso di un anno civile (annualmente rivalutati sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell'anno precedente) (articolo 48).
L'occasionalità delle prestazioni non assume alcuna valenza ai fini dell'attivazione dell'istituto ed è dunque possibile attivare sempre e comunque lavoro accessorio tenendo conto esclusivamente di un limite di carattere economico. Tale limite, pari a 7.000 euro, originariamente quantificato in relazione all'attività prestata nei confronti del singolo committente, va riferito al compenso massimo che il lavoratore accessorio può percepire, nel corso dell'anno civile, indipendentemente dal numero dei committenti. Fermo restando il limite complessivo di 7.000 euro, il legislatore stabilisce tuttavia che, nei confronti dei "committenti imprenditori commerciali o professionisti", le attività lavorative possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro, rivalutati annualmente. L'espressione "imprenditore commerciale" vuole in realtà intendere qualsiasi soggetto, persona fisica o giuridica, che opera su un determinato mercato, senza che l'aggettivo "commerciale" possa in qualche modo circoscrivere l'attività di impresa (ML circ. n. 4/2013; INPS circ. n. 49/2013).
I percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito possono effettuare prestazioni di lavoro accessorio in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, per un limite massimo di 3.000 euro (lordo 4.000 euro) di corrispettivo per anno civile (annualmente rivalutati sulla base della variazione dell'indice ISTAT), senza che ciò pregiudichi il diritto e la misura della prestazione integrativa del salario. L'INPS provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio.
Le richiamate disposizioni trovano applicazione in agricoltura per le attività lavorative occasionali rese nell'ambito delle attività agricole di carattere stagionale effettuate da pensionati e da giovani con meno di 25 anni (se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici ovvero in qualunque periodo dell'anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l'università), nonché per le attività agricole svolte a favore dei produttori agricoli (che non possono, tuttavia, essere svolte da soggetti iscritti l'anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli).
Il committente pubblico può ricorrere a prestazioni di lavoro accessorio, nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente disciplina in materia di contenimento delle spese di personale e, ove previsto, dal patto di stabilità interno.
I compensi percepiti dal lavoratore sono computati ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno. Inoltre, è vietato ricorrere al lavoro accessorio nell'ambito dell'esecuzione di appalti di opere o servizi, fatte salve specifiche ipotesi individuate con apposito decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (tale decreto, da adottare entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. 81/2015, non risulta essere stato emanato).
E' interamente cumulabile con i compensi derivanti dallo svolgimento di lavoro accessorio, nel limite complessivo di 3.000 per anno civile, l'indennità NASpI. Per i compensi che superano detto limite e fino a 7.000 euro per anno civile, la prestazione NASpI sarà ridotta di un importo pari all'80% del compenso rapportato al periodo intercorrente tra la data di inizio dell'attività e la data in cui termina il periodo di godimento dell'indennità o, se antecedente, la fine dell'anno.
Il beneficiario dell'indennità NASpI è tenuto a comunicare all'INPS, entro un mese (rispettivamente dall'inizio dell'attività di lavoro accessorio o, se questa era preesistente, dalla data di presentazione della domanda di NASpI) il compenso derivante dalla predetta attività.
Per il pagamento del corrispettivo è prevista una particolare procedura (articolo 49 del D.Lgs. 81/2015), attraverso l'acquisto, da parte dei beneficiari, esclusivamente attraverso modalità telematiche, di uno o più carnet di buoni orari, numerati progressivamente e datati, il cui valore nominale è fissato con decreto ministeriale. Il valore nominale del buono in attesa dell'emanazione del decreto ministeriale di cui sopra è fissato in 10 euro (fissato inizialmente con D.M. 30 settembre 2005 e confermato dal D.M. 12 marzo 2008, e non è ricollegato ad una retribuzione minima oraria) e nel settore agricolo è pari all'importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata individuata dal contratto collettivo stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. I committenti non imprenditori o professionisti possono invece acquistare i buoni anche presso le rivendite autorizzate. Per i committenti imprenditori o professionisti è previsto l'obbligo di comunicare alla Direzione territoriale del lavoro competente (sempre attraverso modalità telematiche) i dati anagrafici e il codice fiscale del lavoratore indicando altresì il luogo della prestazione con riferimento ad un arco temporale non superiore ai 30 giorni successivi.
Spetta al concessionario provvedere al pagamento delle spettanze alla persona che presenta i buoni, registrandone i dati anagrafici e il codice fiscale, nonché effettuare il versamento per suo conto dei contributi previdenziali alla Gestione separata INPS (in misura pari al 13% del valore nominale del buono, e per fini assicurativi contro gli infortuni all'INAIL (in misura pari al 7% del valore nominale del buono), trattenendo l'importo autorizzato dal decreto a titolo di rimborso spese.
La percentuale relativa al versamento dei contributi previdenziali è rideterminata con decreto ministeriale in funzione degli incrementi delle aliquote contributive per gli iscritti alla Gestione separata dell'INPS.
Si ricorda che (nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 5425 del 2011) al lavoro accessorio non è applicabile il criterio generale di ripartizione del carico previdenziale tra committente e prestatore di lavoro, previsto dall'articolo 2, comma 30, della L. 335/1995, con la conseguenza che i contributi previdenziali, compresi nel valore nominale del voucher, sono a totale carico del committente.
Inoltre, si prevede che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con decreto, possa stabilire specifiche condizioni, modalità e importi dei buoni orari, in "considerazione delle particolari e oggettive condizioni sociali di specifiche categorie di soggetti correlate allo stato di disabilità, di detenzione, di tossicodipendenza o di fruizione di ammortizzatori sociali per i quali è prevista una contribuzione figurativa, utilizzati nell'ambito di progetti promossi da amministrazioni pubbliche (articolo 72, comma 4-bis).
Come specificato nella circolare INPS n. 88/2009 (e successivamente confermato dalla circolare INPS n. 17/2010 e dalla circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 4 del 18 gennaio 2013), le prestazioni accessorie devono essere svolte direttamente a favore dell'utilizzatore della prestazione, senza il tramite di intermediari. Pertanto, è da ritenersi escluso che un'impresa possa utilizzare lavoratori per svolgere prestazioni a favore di terzi, come nel caso dell'appalto o della somministrazione di lavoro.
Il compenso del lavoratore che ha svolto attività occasionale accessoria è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupazione o inoccupazione del lavoratore. Lo stesso compenso è invece computato ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno.

 

2. Il lavoro intermittente.
Il contratto di lavoro intermittente (o a chiamata), introdotto dagli articoli da 33 a 40 del D.Lgs. 276/2003, è stato abrogato dall'articolo 1, comma 45, della L. 247/2007 e successivamente ha riacquistato efficacia con il D.L. 112/2008 (articolo 39, comma 10). Successivamente, con la L. 92/2012 sono state introdotte importanti modifiche a tale tipologia contrattuale che, da un lato, ne hanno circoscritto il campo di applicazione e, dall'altro, hanno introdotto alcuni correttivi finalizzati a contrastare eventuali forme distorsive di ricorso all'istituto. Da ultimo, la disciplina dell'istituto è stata riscritta dal D.Lgs. n. 81/2015 , che ha contestualmente abrogato gli artt. 33-45 del D.Lgs. 276/2003.
Con il contratto di lavoro intermittente un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro (privato, in quanto le disposizioni in materia non trovano applicazione ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni) che ne può utilizzare la prestazione lavorativa "chiamando", appunto, il lavoratore ad effettuare le attività secondo quanto disposto dalla legge.  Caratteristica principale del lavoro intermittente è l'alternarsi di fasi in cui non vi è effettiva prestazione lavorativa ma semplice attesa della chiamata da parte del datore di lavoro (la c.d. disponibilità, che può essere espressamente pattuita o meno) e fasi in cui vi è effettiva prestazione di lavoro. Il datore di lavoro, nel richiedere la prestazione lavorativa, dovrà rispettare comunque il preavviso formalizzato nel contratto di lavoro, il quale, in ogni caso, non può essere inferiore ad un giorno (art. 15 del D.Lgs. 81/2015). Nei periodi in cui non ne viene utilizzata la prestazione, il lavoratore intermittente non matura alcun trattamento economico e normativo, salvo che abbia garantito al datore di lavoro la propria disponibilità a rispondere alle chiamate, nel qual caso gli spetta l'indennità di disponibilità.
Il contratto di lavoro intermittente può essere concluso (art. 13 del D.Lgs. 81/2015):
  • per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo e saltuario secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero per periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno;
  • con soggetti con più di 55 anni di età e con soggetti con meno di 24 anni di età, fermo restando che le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro il venticinquesimo anno di età.
 In ogni caso, è stabilito un limite di 400 giornate annue di lavoro effettivo nell'arco di 3 anni solari, riferito a ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, superato il quale il rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato, restano esclusi da tale limite i settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo.
Va in ogni caso ricordato che, ai sensi dell'art. 40 del D.Lgs. 276/2003, in assenza di una regolamentazione da parte della contrattazione collettiva, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali individua in via provvisoria e con proprio decreto i casi in cui è ammissibile il ricorso al lavoro intermittente.
L'articolo 14 del D.Lgs. 81/2015 ha elencato tassativamente i casi nei quali non è possibile la stipulazione del contratto, e cioè:
  • per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
  • salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della L. 223/1991, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a chiamata ovvero presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell'orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a chiamata;
  • da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi.
 In caso di assenza delle condizioni legittimanti la stipulazione del contratto, nonché in caso di violazione dei divieti indicati dallo stesso articolo 14 del D.Lgs. 81/2015, i rapporti di lavoro saranno considerati a tempo pieno e indeterminato.

Il contratto di lavoro intermittente deve essere stipulato in forma scritta (art. 15 del D.Lgs. 81/2015) ai fini della prova di determinati elementi (indicazione della durata e delle ipotesi; luogo e la modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore che in ogni caso non può essere inferiore a un giorno lavorativo; trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e la relativa indennità di disponibilità, se prevista; indicazione delel forme e modalità con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l'esecuzione della prestazione di lavoro, nonché modalità di rilevazione della prestazione adottate in azienda; tempi e modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità; misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto).

Fatte salve previsioni più favorevoli dei contratti collettivi, il datore di lavoro è tenuto a informare con cadenza annuale le RSA o la RSU, sull'andamento del ricorso al contratto di lavoro intermittente.

Tra gli elementi formali, non è previsto alcun obbligo contrattuale in merito all'orario ed alla collocazione temporale della prestazione lavorativa. Nessuna specifica è, altresì, prevista per regolare l'alternanza dei periodi lavorati con i periodi di inattività o disponibilità.

Il contratto di lavoro intermittente si presenta in una duplice versione, rispettivamente, con o senza l'obbligo di corrispondere una indennità di disponibilità a seconda che il lavoratore si vincoli o meno a rispondere alla chiamata (articoli 13 e 16 del D.Lgs. 81/2015), la quale copre i periodi durante i quali il lavoratore rimane in attesa di utilizzazione garantendo la sua disponibilità al datore di lavoro.

L'obbligo di rispondere alla chiamata deve essere espressamente pattuito nel contratto di lavoro intermittente.

Il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata del datore di lavoro da parte del prestatore che si è obbligato contrattualmente, ricevendo l'indennità di disponibilità, può costituire motivo di licenziamento e comportare la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo all'ingiustificato rifiuto (art. 16, comma 5, del D.Lgs. 81/2015).

La misura dell'indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, viene stabilita dai contratti collettivi e comunque non può essere inferiore alla misura prevista, ovvero aggiornata periodicamente, con apposito decreto ministeriale. Al riguardo, il D.M. 10 marzo 2004 ha determinato la misura minima dell'indennità mensile di disponibilità nel 20% della retribuzione prevista dal C.C.N.L. applicato.

Inoltre, se il lavoratore gode della indennità di disponibilità mantiene il trattamento NASpI se la somma tra i compensi e il trattamento di sostegno non supera gli 8.000 euro; se il lavoratore non è obbligato a rispondere alla chiamata la NASpI resta sospesa per le giornate di effettiva occupazione. Resta ferma la cumulabilità se il reddito complessivo non supera gli 8.000 euro e il lavoratore mantiene lo status di disoccupato (INPS circ. n. 142/2015).

In caso di impossibilità a svolgere l'attività lavorativa (per es. malattia), il lavoratore è tenuto a informare tempestivamente il datore di lavoro, specificando la durata dell'impedimento. Durante il periodo di temporanea indisponibilità non matura il diritto all'indennità di disponibilità. Ove il lavoratore non provveda a tale adempimento, perde il diritto alla indennità di disponibilità per un periodo di 15 giorni, salva diversa previsione del contratto individuale.

Ai sensi dell'articolo 17 del D.Lgs. 81/2015, il lavoratore intermittente non deve ricevere, per i periodi lavorati e a parità di mansioni svolte, un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello. Il trattamento economico, normativo e previdenziale del lavoratore intermittente è riproporzionato, in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita, in particolare per quanto riguarda l'importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa, nonché delle ferie e dei trattamenti per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale, maternità, congedi parentali. Ai fini della applicazione di normative di legge, il prestatore di lavoro intermittente è computato nell'organico dell'impresa in proporzione all'orario di lavoro effettivamente svolto nell'arco di ciascun semestre (articolo 18 del D.Lgs. 81/2015).

Si ricorda, infine, che non è previsto alcun divieto per quanto riguarda la stipulazione di più contratti di lavoro intermittente con datori di lavoro differenti. Nulla vieta, inoltre, l'ammissibilità di porre in essere un contratto intermittente e altre differenti tipologie contrattuali a patto che siano tra loro compatibili e che non risultino di ostacolo con i vari impegni negoziali assunti dalle parti (C.M. n. 4/2005).

3. Le collaborazioni coordinate e continuative (Co.co.co.)
L'attività di collaborazione coordinata e continuativa si riferisce a prestazioni d'opera prevalentemente personali, svolte senza vincolo di subordinazione in un rapporto unitario e continuativo, senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita. Le collaborazioni coordinate e continuative, infatti, non rientrano nelle tradizionali tipologie del lavoro subordinato e di quello autonomo. Tali rapporti, pur non svolgendosi alle dipendenze e sotto la direzione del datore di lavoro (secondo la definizione del prestatore di lavoro subordinato di cui all'articolo 2094 c.c.), hanno caratteristiche di continuità e di coordinamento rispetto alla complessiva attività del committente cui i lavoratori prestano la propria collaborazione. Allo stesso tempo, sono accomunati al lavoro autonomo da caratteristiche specifiche, quali la mancanza sia di un legame diretto tra retribuzione e disponibilità temporale del lavoratore, sia della tendenziale esclusività del rapporto. Precedentemente alla riforma recata dal D.Lgs. 276/2003 le collaborazioni coordinate e continuative erano regolamentate solamente in relazione agli aspetti fiscali e previdenziali. Nessuna specifica disciplina era invece prevista sul piano del diritto del lavoro. Il richiamato D.Lgs. 276/2003 ha introdotto, in particolare, una specifica disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative, il "lavoro a progetto", applicabile al solo settore lavorativo privato, finalizzata a superare gli abusi che hanno condotto all'uso talvolta improprio di tale strumento contrattuale, per eludere la disciplina del rapporto di lavoro subordinato. Le collaborazioni coordinate e continuative sono quindi rimaste applicabili al solo settore pubblico. 
Con l'entrata in vigore del D.Lgs. 81/2015 (25 giugno 2015), la disciplina del lavoro a progetto è stata abrogata e, conseguentemente, non è più possibile stipulare collaborazioni riconducibili ad uno o più progetti specifici determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore. Tuttavia, le predette norme continuano a trovare applicazione esclusivamente per la regolazione dei contratti già in essere al 25 giugno 2015 fino alla loro naturale scadenza. Ciò, tuttavia, non ha eliminato la possibilità di stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa in forma autonoma, infatti l'art. 52 dello steso D.Lgs. 81/2015 ha previsto espressamente la salvaguardia del disposto dell'art. 409 c.p.c., il quale annovera, fra le controversie individuali di lavoro, anche quelle che originano da "rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato". In tale categoria trovano collocazione anche (ma non solo) le collaborazioni coordinate e continuative che sono, invece, elencate nella lettera c-bis) del primo comma dell'art. 50 del D.P.R. 917/1986.
Da tale definizione si possono distinguere sostanzialmente i rapporti di collaborazione in due grandi categorie:
  • rapporti di collaborazione tipici, nei quali vanno ricompresi gli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazione e altri enti, la collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili e la partecipazione a collegi e commissioni;
  • rapporti di collaborazione "non tipizzati", individuati sulla base di criteri di carattere oggettivo quali la continuità nel tempo della prestazione lavorativa e la coordinazione, che si realizza attraverso l'inserimento funzionale del parasubordinato nell'organizzazione economica del committente. Tali attività devono, inoltre, essere svolte senza vincolo di subordinazione, senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita.

In origine i cosiddetti "rapporti atipici" erano disciplinati fiscalmente dall'attuale articolo 53, comma 2, lettera a), del TUIR, come redditi da lavoro autonomo. In seguito alla modifica effettuata dalla L. 342/2000, a decorrere dal 1° gennaio 2001 il testo relativo ai lavoratori che svolgono la propria attività con un rapporto di collaborazione è stato inserito nell'attuale articolo 50, comma 1, lettera c-bis), del TUIR; come conseguenza sono considerati redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, tra gli altri, i redditi percepiti "in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita, sempreché gli uffici o le collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell'attività di lavoro dipendente di cui all'articolo 49, comma 1, concernente redditi di lavoro dipendente, o nell'oggetto dell'arte o professione di cui all'articolo 53, comma 1, concernente redditi di lavoro autonomo, esercitate dal contribuente".

Gli elementi costitutivi di un rapporto di lavoro parasubordinato sono stati rinvenuti dalla Corte di Cassazione nella continuità, nella coordinazione e nel carattere prevalentemente personale della prestazione di lavoro; non costituisce, invece, elemento essenziale lo stato di debolezza contrattuale del lavoratore.

Di fatto, per ritenere esistente un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, occorre verificare la sussistenza di tre requisiti :

  • la continuità, che ricorre quando la prestazione non sia occasionale, ma perduri nel tempo con un legame funzionale fra collaborato e collaboratore;
  • la coordinazione, intesa come inserimento del collaboratore nell'organizzazione del committente e, in senso lato, nelle finalità perseguite dal committente;
  • la prevalenza del lavoro del collaboratore, rispetto ai mezzi da lui forniti.

L'esistenza dei requisiti per il riconoscimento della parasubordinazione comporta l'applicazione, ai rapporti interessati, della disciplina processuale propria del rito del lavoro, ivi compreso il diritto alla rivalutazione monetaria per i crediti di lavoro e il diritto agli interessi di mora.

Per quanto riguarda i requisiti fiscali della collaborazione coordinata e continuativa, si ricorda che tali rapporti devono essere caratterizzati dallo svolgimento di una attività:

  • non rientrante nell'oggetto dell'arte o della professione esercitata abitualmente dal contribuente ai sensi dell'art. 53, comma 1, TUIR ;
  • svolta senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto;
  • esercitata nel quadro di un rapporto unitario e continuativo;
  • senza impiego di mezzi;
  • con retribuzione periodica prestabilita.

Infine, riguardo la disciplina previdenziale, con la L. 335/1995, è stato creato presso l'I.N.P.S. uno schema di previdenza obbligatoria allo scopo di offrire una copertura previdenziale pubblica ai lavoratori "parasubordinati", così come definiti genericamente dall'I.N.P.S.. In particolare, dal 1° gennaio 1996 l'articolo 2, commi da 26 a 32, della L. 335/1995 ha introdotto l'obbligo di iscrizione in una apposita Gestione separata gestita dall'INPS , finalizzata all'estensione dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, a favore, tra gli altri, dei soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di cui al richiamato comma 1 dell'articolo 53 del TUIR, nonché dei titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui al comma 2, lettera a), del medesimo articolo. La generalità dei lavoratori interessati dall'obbligo di iscrizione alla Gestione separata risulta però distinta in due principali categorie: da un lato i lavoratori non iscritti ad alcuna altra forma di previdenza obbligatoria, e, dall'altro, i lavoratori già iscritti a un'altra forma di previdenza obbligatoria, o che siano già titolari di una pensione. Le due categorie di lavoratori sono oggi facilmente riconoscibili in funzione delle diverse aliquote con cui è previsto il versamento dei contributi previdenziali alla gestione.

L'aliquota di contribuzione alla Gestione separata, inizialmente fissata dall'articolo 2, comma 29, della L. 335/1995, nella misura del 10%, è stata poi differenziata a seconda che si tratti di soggetti privi di altra tutela previdenziale obbligatoria o di soggetti già pensionati o già iscritti ad altra gestione previdenziale obbligatoria. Per il 2016 le aliquote sono pari al 31% (per i soggetti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie, tranne che per i titolari di partita IVA, per i quali l'aliquota, ai sensi dell'articolo 10-bis del D.L. 192/2013, è pari al 27%) e al 24% (per i soggetti titolari di pensione - diretta e indiretta - o assicurati presso altre forme previdenziali obbligatorie).

4. Il contratto d'opera

Gli articoli 2222 e ss. c.c. disciplinano il contratto d'opera, definito come il contratto in cui una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente. Ai sensi del successivo articolo 2225, il corrispettivo, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe professionali o gli usi, è stabilito dal giudice in relazione al risultato ottenuto e al lavoro normalmente necessario per ottenerlo.


Esperienze regionali

Toscana

L'articolo 54 della legge regionale n. 41 del 2005 Sistema integrato di interventi e servizi per la tutela dei diritti di cittadinanza sociale, è dedicato alle Politiche per gli anziani, con l'intento di di promuovere la partecipazione degli anziani alla comunità locale in un'ottica di solidarietà fra generazioni, favorendone la permanenza nel contesto familiare di origine ed il mantenimento di una vita di relazione attiva. Tra gli interventi e i servizi per gli anziani è infatti prevista la creazione di una rete locale di servizi ricreativi e luoghi aggregativi, in cui promuovere forme di associazionismo e di inserimento sociale, anche di diretta iniziativa della popolazione anziana, con il coinvolgimento della comunità locale e dei soggetti del terzo settore presenti sul territorio.

Emilia Romagna

La legge regionale n. 20 del 2003, recante la Disciplina del servizio civile regionale, ha esteso l'esperienza del Servizio Civile anche ai cittadini stranieri, ai giovani dai 15 ai 18 anni, agli adulti e agli anziani "per consentire alla collettività di fruire dell'esperienza degli adulti e degli anziani, quale occasione di apprendimento e di scambio dei valori interculturali e intergenerazionali, in un contesto di formazione permanente". L'articolo 4 stabilisce inoltre che le prestazioni di servizio civile volontario sono svolte da adulti e da anziani che dedicano in modo spontaneo e gratuito  il proprio tempo libero alla collettività.

Provincia Autonoma di Trento

La legge della  n. 11 del 2008 Istituzione del servizio di volontariato civile delle persone anziane, istituzione della consulta provinciale della terza età e altre iniziative a favore degli anziani  prevede l'istituzione del servizio di volontariato civile delle persone anziane, della consulta provinciale della terza età e altre iniziative a favore degli anziani. Sono considerate anziane le persone che hanno compiuto i 65 anni di età. La finalità della legge è di riconoscere il ruolo delle persone anziane nella comunità e di promuoverne la partecipazione alla vita sociale, civile e culturale favorendo la loro capacità progettuale e valorizzando le esperienze formative, cognitive, professionali ed umane, nonché di crescita personale.

Gli articoli 4 e 5 della legge sono dedicati al Servizio di volontariato civile delle persone anziane e all'Organizzazione del servizio di volontariato civile delle persone anziane.

Il servizio di volontariato civile delle persone anziane, rivolto a tutti gli anziani che in modo spontaneo, personale e gratuito intendono svolgere un'attività di volontariato, sulla base delle competenze e delle abilità possedute, è istituito  e organizzato dai comuni, anche in forma associata.
Le attività del servizio di volontariato civile delle persone anziane possono riguardare i seguenti interventi:

a) attività ausiliarie di vigilanza nei pressi o all'interno di edifici scolastici e altri luoghi pubblici di svago o aggregazione, nei pressi di monumenti o siti di interesse culturale e nei tragitti scuola - abitazione, in collaborazione con le amministrazioni interessate;

b) interventi di carattere ecologico sul territorio;

c) attività ausiliarie di assistenza sugli scuolabus;

d) attività di solidarietà sociale quali l'aiuto a persone impedite a svolgere incombenze quotidiane o ad accedere a servizi o a strutture pubbliche e la compagnia a persone in condizione di solitudine;

e) attività di raccolta, conservazione, valorizzazione e divulgazione delle esperienze acquisite dagli anziani, in particolare nel campo professionale, artistico, storico, culturale e sportivo, nonché attività formative tra pari;

f) attività di promozione, diffusione e valorizzazione delle peculiarità delle attività di volontariato realizzate da persone anziane, con particolare riferimento a quelle relative alla protezione civile.
Gli enti locali organizzano il servizio di volontariato civile delle persone anziane approvando progetti elaborati direttamente o presentati da altri soggetti, pubblici o privati, non aventi scopo di lucro. Le attività del servizio di volontariato civile delle persone anziane sono programmate ed integrate con la rete dei servizi locali, coinvolgendo le parti sociali ed i soggetti che prestano questi servizi, anche per valutare la priorità degli interventi. Gli enti locali, nell'organizzare il servizio di volontariato civile delle persone anziane, assicurano attrezzature adeguate per lo svolgimento dei compiti previsti e sostengono gli oneri assicurativi contro gli infortuni connessi allo svolgimento delle attività e per la responsabilità civile verso terzi a favore delle persone che prestano il servizio di volontariato civile.
Le persone anziane che partecipano alle attività del servizio di volontariato civile possono usufruire di opportunità culturali, formative, sportive e ricreative fornite, anche gratuitamente o a costi ridotti, dagli enti locali o dai soggetti interessati al servizio di volontariato civile o da privati convenzionati. Alle persone anziane che partecipano alle attività del servizio di volontariato civile, inoltre, può essere corrisposto il rimborso delle spese effettivamente sostenute nello svolgimento di queste attività.

Veneto

La legge regionale  n. 9 del 2010  promuove presso le pubbliche amministrazioni il servizio civile degli anziani quale esperienza di cittadinanza attiva, per favorire il potenziamento e l'ampliamento dei servizi alle persone e l'impiego degli anziani in attività socialmente utili.

Il servizio civile è destinato a persone che hanno compiuto i sessanta anni di età e che sono titolari di pensione ovvero non sono lavoratori, subordinati o autonomi, o soggetti equiparati.

Possono presentare programmi di attività relativi al servizio civile degli anziani, integrati nella rete dei servizi sociali locali, i Comuni singoli o associati e le Comunità montane.

L'affidamento del servizio civile avviene mediante contratto di diritto privato, compatibilmente con le iniziative volte a favorire l'occupazione giovanile o l'impiego di categorie protette, e non comporta l'instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato.

Le pubbliche amministrazioni che impiegano gli anziani nel servizio civile stipulano, a favore degli stessi, una polizza assicurativa contro il rischio di infortuni, nonché contro il rischio di responsabilità civile verso terzi.

Nello stabilire i criteri per l'affidamento dell'incarico, gli enti devono sempre tener conto del reddito degli anziani e impiegare nel servizio civile prioritariamente le persone che presentano reali difficoltà economiche.

La legge enumera puntualmente gli ambiti di attività, fra i quali sono compresi: conduzione di appezzamenti di terreno di proprietà o di uso pubblico i cui proventi sono destinati ad uso sociale; iniziative volte a far conoscere e perpetuare le tradizioni di artigianato locale; assistenza, anche domiciliare, a minori, anziani, soggetti portatori di handicap e ad altre categorie a rischio di emarginazione, in ausilio al personale dei servizi sociali; assistenza culturale e sociale negli ospedali e nelle carceri in modo particolare in quelle minorili; campagne e progetti di solidarietà sociale.

Liguria

La legge regionale n. 48 del 2009intende valorizzare la persona anziana, ultra sessantenne, "affinché possa continuare a realizzare, per tutto l'arco della vita, un progetto gratificante, socialmente dignitoso, dotato di senso per sé e per la comunità di appartenenza", promuovendo e sostenendo le politiche a favore degli anziani, per favorirne un invecchiamento attivo e contrastare così i possibili frequenti fenomeni di esclusione e discriminazione.

A tal fine, si prevede la programmazione, in favore delle persone anziane, di interventi coordinati negli ambiti della protezione e promozione sociale, del lavoro, della formazione permanente, della cultura e del turismo sociale, dello sport e del tempo libero. Costituiscono ambiti di specifici intervento: la formazione e l'apprendimento permanente, come sede in cui la persona anziana può spendere le proprie competenze e acquisirne di nuove;  i progetti atti a favorire il completamento dell'attività lavorativa delle persone in età matura;  la promozione e diffusione di corretti stili di vita, per il mantenimento del benessere della persona durante l'invecchiamento; la fruizione del patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale; la realizzazione di iniziative ricreative, sportive e di socializzazione aperte a tutta la comunità.

La legge prevede poi la realizzazione di progetti di volontariato civile per anziani, come forma di promozione dell'invecchiamento attivo attraverso la realizzazione di progetti sociali utili alla comunità e al contempo finalizzati alla diffusione di una nuova cultura della Terza età.

I progetti di volontariato civile specifici per gli anziani possono essere promossi dagli Enti locali e realizzati da Enti del Terzo Settore, devono essere finalizzati al bene della comunità e possono essere inseriti nella programmazione sociale territoriale.  Agli anziani che operano nei progetti sociali di volontariato civile può essere riconosciuto, per il tramite delle associazioni di volontariato  o delle associazioni di promozione sociale,
un rimborso forfettario per le spese sostenute, nonché crediti sociali fruibili in servizi regolati dagli Enti locali promotori dei progetti.

Umbria

La legge regionale dell'Umbria n. 14 del 2012  Norme a tutela della promozione e della valorizzazione dell'invecchiamento attivo prevede la programmazione di interventi coordinati a favore delle persone anziane negli ambiti della protezione e promozione sociale, della formazione permanente, della cultura e del turismo sociale, della prevenzione e del benessere anche con il ricorso ad accordi in sede di programmazione sociale zonale e, al contempo, valorizza il confronto e la partecipazione delle forze sociali.
Vengono previsti incentivi ad azioni formative lungo l'arco della vita affinché la persona anziana viva da protagonista la longevità attraverso la promozione di diverse iniziative tra cui la formazione con scambi di conoscenze tra le generazioni, le università della terza età e il sostegno di azioni formative che mettano gli anziani nella situazione di affrontare le criticità connesse alla modernità, come l'uso della rete informatica. 

La legge promuove l'impegno delle persone anziane in attività, come ad esempio nel volontariato, nell'associazionismo o in ruoli di cittadinanza attiva, responsabile e solidale, favorendo la realizzazione di progetti sociali utili alla comunità e promuovendo al contempo uno scambio tra le generazioni, quale valore per la crescita culturale dei giovani che possono fare propria la tradizione e l'esperienza delle persone anziane.

La legge enumera gli ambiti di attività fra i quali sono compresi, come per la legge della Regione Veneto: conduzione di appezzamenti di terreno di proprietà o di uso pubblico i cui proventi sono destinati ad uso sociale; iniziative volte a far conoscere e perpetuare le tradizioni di artigianato locale; assistenza, anche domiciliare, a minori, anziani, soggetti portatori di handicap e ad altre categorie a rischio di emarginazione, in ausilio al personale dei servizi sociali;assistenza culturale e sociale negli ospedali e nelle carceri in modo particolare in quelle minorili; campagne e progetti di solidarietà sociale.

Friuli Venezia Giulia

L'articolo 7 della  legge regionale 14 novembre 2014, n. 22 Promozione dell'invecchiamento attivo e modifiche all'articolo 9 della legge regionale 15/2014 favorisce la partecipazione degli anziani alla vita di comunità, anche attraverso l'impegno civile nel volontariato e nell'associazionismo, in ruoli di cittadinanza attiva responsabile e solidale, quale forma di promozione dell'invecchiamento attivo.
L'impegno civile degli anziani può tradursi in progetti sociali che, finalizzati al benessere della comunità e inseriti prioritariamente in specifici protocolli operativi nel contesto dei Piani di zona, devono essere promossi e realizzati da: i Comuni, singoli o aggregati; le Aziende sanitarie e le Aziende pubbliche di servizi alla persona; le Istituzioni scolastiche e le Università delle LiberEtà e della Terza Età; le forze sociali e le associazioni di rappresentanza delle persone anziane; le associazioni di tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti; gli enti e le organizzazioni non aventi scopo di lucro, nonché dai soggetti privati che a qualsiasi titolo operano negli ambiti e per le finalità della stessa legge.

Alle persone anziane che operano nei progetti di volontariato può essere riconosciuto il rimborso delle spese sostenute,  nonché crediti sociali fruibili in servizi regolati dai promotori dei progetti.

La Regione valorizza i Comuni che attivano incontri periodici con le persone che accedono a trattamenti di quiescenza raccogliendo disponibilità a prestazioni gratuite nell'ambito delle competenze e professionalità acquisite. I Comuni svolgono un ruolo attivo incrociando disponibilità espresse e bisogni presenti nella comunità di riferimento.

Basilicata

La legge regionale n. 30 del 2015 Sistema integrato per l'apprendimento permanente ed il sostegno alle transizioni nella vita attiva disciplina la programmazione e l'attuazione delle politiche della Regione in materia di educazione, istruzione, orientamento, formazione professionale e lavoro, con particolare riferimento al sostegno all'insieme delle transizioni fondamentali nella vita attiva dei singoli individui. L'articolo 14 è dedicato alle Politiche dell'apprendimento rivolte a favorire l'invecchiamento attivo.


Relazioni allegate o richieste

Si tratta di  proposte di legge di iniziativa parlamentare, corredate, pertanto, della sola relazione illustrativa.


Necessità dell'intervento con legge

Appare opportuno valutare l'effettiva necessità dell'intervento con legge, tenendo conto, da un lato che l'affidamento di lavori di utilità sociale ad anziani, da parte di enti locali, nei termini previsti dai provvedimenti in esame, non appare preclusa dalla normativa vigente; dall'altro, che l'ordinamento già prevede forme contrattuali (si pensi al lavoro accessorio, al lavoro intermittente e al contratto d'opera, su cui v. ante "Quadro della normativa vigente") che consentono lo svolgimento di attività analoghe a quelle oggetto del provvedimento in esame.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Le norme contenute nella proposte di legge A.C. 104, A.C. 171 e A.C. 693, in quanto introducono una nuova tipologia di contratto di lavoro, sono riconducibili, in linea generale, alla materia di legislazione esclusiva statale "ordinamento civile", di cui all'articolo 117, comma 2, lettera l), Cost.. Nella misura in cui l'attività svolta dagli anziani è funzionale alla realizzazione di obiettivi di carattere sociale occorre fare riferimento anche alle materie di legislazione concorrente Stato-regioni "tutela della salute" e "valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali", di cui all'articolo 117, comma 3, Cost..