Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea
Titolo: Consiglio europeo Bruxelles, 14-15 dicembre 2017
Serie: Documentazione per l'Assemblea - Esame di atti e documenti dell'UE   Numero: 21
Data: 11/12/2017

Consiglio europeo
Bruxelles, 14-15 dicembre 2017

Il Consiglio europeo del 14-15 dicembre 2017 dovrebbe discutere di:

Il Consiglio europeo (a 27 Stati membri) esaminerà, inoltre, lo stato dei negoziati con il Regno Unito sulla Brexit.

A margine del Consiglio europeo i capi di Stato e di Governo dell’area euro esamineranno le proposte presentate il 6 dicembre dalla Commissione europea relative al futuro dell’Unione economica e monetaria

L’11 dicembre 2017 è stato pubblicato un progetto di conclusioni che è all’esame del Consiglio dell’UE affari generali del 12 dicembre 2017.

 


Sicurezza e difesa

Il Consiglio europeo dovrebbe accogliere con favore l’avvio della cooperazione strutturata permanente (PESCO) sulla base della decisione adottata – a seguito della proposta presentata da Francia, Germania, Italia e Spagna - dal Consiglio affari esteri dell’UE dell’11 dicembre 2017.

Alla PESCO partecipano tutti gli Stati membri UE tranne Gran Bretagna, Danimarca, Malta.

L’art. 42, paragrafo 6 del TUE consente agli Stati membri che intendono sottoscrivere impegni più vincolanti di instaurare una cooperazione strutturata permanente (PESCO) nell’ambito dell’Unione. L’art. 46 del TUE prevede che, il Consiglio a maggioranza qualificata, possa creare una PESCO tra gli Stati membri che hanno volontà politica di aderirvi.

Nella decisione del Consiglio dell’UE, istitutiva della PESCO, si stabiliscono una serie di impegni vincolanti:

·          cooperare al fine di conseguire obiettivi concordati riguardanti il livello delle spese per gli investimenti in materia di equipaggiamenti per la difesa. In particolare, si prevede l’impegno degli Stati partecipanti alla PESCO ad aumentare i bilanci per la difesa, al fine di conseguire l’obiettivo di un aumento a medio termine della spesa per investimenti nel settore della difesa del 20% e del 2% del totale della spesa per la difesa destinata alla ricerca in tale ambito. Si ricorda che in ambito NATO l’obiettivo concordato del 2% del PIL per la spesa per la difesa è stato raggiunto tra gli Stati dell’UE solo da Grecia, Regno Unito, Estonia, Romania e Polonia, a fronte di una spesa degli USA pari al 3,50% del PIL. L’Italia nel 2017 si colloca all’1,13% (pari ad una spesa di circa 21 miliardi di euro, contro i circa 49 del Regno Unito, 41 della Francia e 40 della Germania – Fonte NATO);

·          ravvicinare gli strumenti di difesa, in particolare armonizzando l'identificazione dei bisogni militari e promuovendo la cooperazione nei settori della formazione e della logistica;

·          rafforzare la disponibilità, l’interoperabilità, la flessibilità e la schierabilità delle forze;

·          cooperare per colmare, anche attraverso approcci multinazionali e senza pregiudizio della NATO, le lacune constatate nel quadro del «meccanismo di sviluppo delle capacità»;

·          partecipare allo sviluppo di programmi comuni di equipaggiamenti di vasta portata nel quadro dell'Agenzia europea per la difesa.

La PESCO è aperta ad ogni altro Stato membro che in una fase successiva desiderasse parteciparvi. La decisione che istituisce la PESCO prevede che anche Stati terzi (non UE) potranno essere invitati a partecipare ad alcuni progetti in ambito PESCO, secondo condizioni che dovranno essere specificate con una decisione del Consiglio.

La governance della PESCO sarà strutturata in due livelli, quello generale a livello di Consiglio dell’UE, in cui le decisioni verranno prese all’unanimità tra i Paesi partecipanti alla PESCO, e un livello specifico, all’interno dei singoli progetti, gestito dai Paesi che di volta in volta vi parteciperanno, con modalità da questi ultimi decise all’unanimità. 

La decisione istitutiva della PESCO prevede che ogni Stato membro partecipante dovrà sottoporre un piano nazionale di attuazione nel quale delineare le capacità su come soddisfare gli impegni vincolanti in ambito PESCO. Sulla base di tale piano verrà condotta, su base annuale, una valutazione del rispetto degli impegni concordati da parte degli Stati membri partecipanti.

Contestualmente alla decisione istitutiva della PESCO, sono stati indentifica una prima serie di 17 progetti di cooperazione nel quadro della PESCO che dovranno essere formalmente approvati dal Consiglio dell’UE agli inizi del 2018.

I progetti riguardano: comando medico europeo (paese capofila Germania); comunicazioni radio (paese capofila Francia); mobilità militare (paese capofila Paesi Bassi); hub logistico di supporto alle operazioni (paese capofila Germania); centro di formazione per missioni e operazioni (paese capofila Germania); centro di formazione per certificazioni armi (paese capofila Italia); energia (paese capofila Francia); sostegno militare in caso di catastrofi (paese capofila Italia); droni sottomarini (paese capofila Belgio); sorveglianza marittima e protezione dei porti (paese capofila Italia); sorveglianza marittima (Grecia); piattaforma di condivisione delle minacce cyber (paese capofila Grecia); squadre di reazione rapida di contrasto alle minacce alla cibersicurezza (Lituania); comando strategico delle missioni PSDC (paese capofila Spagna); trasporto terrestre (paese capofila Italia); artiglieria (paese capofila Slovacchia); centro di risposta delle crisi (paese capofila Germania).

Il progetto di conclusioni prevede, inoltre che il Consiglio europeo:

·        inviti a proseguire il lavoro di esame della proposta relativa al programma europeo di sviluppo del settore industriale della difesa ai fini di una sua rapida adozione nel 2018;

Il 7 giugno 2017, la Commissione europea ha presentato una comunicazione sul Fondo europeo per la difesa articolato in due sezioni rispettivamente per: a) il finanziamento di progetti di ricerca collaborativa nel settore della difesa; b) lo sviluppo e acquisto di capacità.

Contestualmente, la Commissione ha presentato la proposta di regolamento relativa al programma europeo di sviluppo del settore industriale della difesa (sezione capacità del Fondo europeo per la difesa) per il quale propone una dotazione complessiva pari a 500 milioni di euro per il 2019 e il 2020 (che nell’ambito di un futuro programma post 2020 - che la Commissione si è impegnata a presentare entro il 2018, in modo che il programma possa essere operativo dal 1° gennaio 2021 - salirà ad 1 miliardo di euro).

In esito all’esame della proposta di regolamento relativa al programma europeo di sviluppo del settore industriale della difesa, le Commissioni riunite IV e X della Camera dei deputati, hanno approvato un documento conclusivo con il quale impegnano il Governo, in particolare, a:

-     realizzare una strategia coerente ed organica che valorizzi le competenze e le potenzialità del mondo dell'università, della ricerca e dell'industria favorendo la crescita delle dimensioni di scala del comparto;

-     operare affinché l'industria e la ricerca nazionali possano concorrere, in condizioni di effettiva parità con quelle degli altri Paesi, all'accesso ai finanziamenti del Fondo europeo per la difesa;

-     seguire i negoziati con un approccio proattivo, identificando per tempo le tecnologie, le capacità e i programmi di eccellenza nazionali che possano essere riconosciuti di interesse prioritario per le future capacità militari europee prevedendo risorse aggiuntive che consentano di rispettare gli impegni assunti in sede Nato ed europea, di cofinanziare i nuovi programmi di sviluppo che saranno avviati e di valutare l'opportunità di acquisire successivamente tali capacità in base alle effettive necessità;

-     assicurare che i programmi che saranno finanziati dovranno essere selezionati anche tenendo contro delle competenze e delle specializzazioni di cui sono portatori le PMI, i centri di ricerca e le università;

-     perseguire concretamente l'obiettivo del carattere transnazionale, in particolare garantendo che le azioni debbano essere promosse da imprese stabilite in almeno tre diversi Stati membri, e non due, come previsto attualmente;

-     prevedere che i beneficiari debbano essere imprese europee in termini di presenza effettiva delle capacità tecnologiche, industriali e manageriali sul territorio europeo e che le attività nell'ambito dei programmi di sviluppo europei debbano essere svolte prevalentemente in Europa, sfruttando know-how e proprietà intellettuali europei, consentendo ai gruppi industriali europei di utilizzare capacità tecnologiche da loro controllate anche in Paesi non UE, a condizione che i risultati siano poi utilizzati solo all'interno dell'Unione o sotto il controllo del proprio Governo;

-     assicurare adeguata copertura finanziaria e costante nel tempo, senza incidere su risorse già destinate a progetti scientifici di assoluto rilievo;

-     chiarire in termini inequivoci quanto affermato dalla Commissione europea per cui i contributi nazionali alla capacità del Fondo europeo per la difesa siano considerati come misure «una tantum» nel quadro del patto di stabilità e crescita e quindi non computabili nel calcolo del deficit strutturale.

·        chieda al Consiglio dell’UE di adottare, entro giugno 2018, una raccomandazione su un nuovo strumento per le attività di capacity building nel settore della sicurezza e dello sviluppo dopo il 2020;

·        inviti il Consiglio dell’UE a raggiugere un accordo per la revisione del meccanismo Athena per il finanziamento di costi comuni delle missioni ed operazioni militari dell’UE;

Il “meccanismo Athena” gestisce, sulla base di contributi degli Stati membri in proporzione dei rispettivi PIL nazionali, il finanziamento di una serie di spese definite comuni per le missioni ed operazioni militari dell’UE (l'Italia contribuisce per il 12,10%). Attualmente, in vista della scadenza della decisione relativa al meccanismo Athena nel marzo 2018, sono in corso presso il Consiglio dell’UE i lavori per la revisione di Athena volta ad ampliare la lista delle spese comuni, per comprendervi, in particolare, il dispiegamento dei Battlegroups dell’UE.

·        inviti a proseguire i lavori per la realizzazione delle proposte volte a rafforzare la cooperazione tra UE e NATO, in particolare nei settori della lotta al terrorismo, della mobilità militare e della ciberdifesa;

A margine del Vertice NATO dell’8 e 9 luglio 2016 in Polonia, l'UE e la NATO hanno sottoscritto una dichiarazione congiunta sull'intensificazione della cooperazione pratica attraverso 42 iniziative nei seguenti settori: contrasto alle minacce ibride, anche mediante l'elaborazione di procedure coordinate; cooperazione operativa in mare e in materia di migrazione; coordinamento nella cibersicurezza e difesa; sviluppo di capacità di difesa coerenti, complementari e interoperabili; agevolazione di un'industria della difesa più forte e di una maggiore ricerca nel campo della difesa; potenziamento del coordinamento relativo alle esercitazioni; creazione di capacità di difesa e sicurezza dei partner a est e a sud. Il Consiglio dell’UE ha adottato il 5 dicembre 2017 delle conclusioni nelle quali ha approvato nuove iniziative di cooperazione con la NATO (aggiuntive rispetto a quelle indicate nella dichiarazione congiunta del 2016), comprendenti aspetti quali l’antiterrorismo, la cooperazione donne, pace e sicurezza e la mobilità militare.

·        inviti l’Alta rappresentante a presentare un rapporto a giugno 2018 sui lavori intrapresi per rafforzare gli aspetti civili della politica di sicurezza e difesa dell’UE.

Dimensione sociale, istruzione e cultura

Dimensione sociale

Il Consiglio europeo dovrebbe richiamare in primo luogo gli esiti del Vertice sociale di Göteborg, nei quali è stata più volte richiamata la necessità di mettere le persone al primo posto attraverso una serie di sforzi congiunti a tutti i livelli, e di dare ulteriore sviluppo alla dimensione sociale dell'Unione, sulla base di un impegno condiviso e di un preciso riparto delle competenze.

Svoltosi il 17 novembre 2017, il Vertice di Göteborg ha adottato in via definitiva il Pilastro europeo dei diritti sociali (v. infra); ha poi individuato i primi passi da compiere allo scopo di rilanciare un processo di crescita inclusiva, di creare nuovi posti di lavoro e di favorire la piena parità di opportunità tra uomini e donne nell'accesso al mercato del lavoro come nei livelli di retribuzione. Le priorità individuate dal Vertice ed elencate nella relazione finale sono puntualmente riprese nel progetto di conclusioni del Consiglio europeo.

Il Consiglio europeo dovrebbe quindi focalizzare la propria attenzione sui seguenti adempimenti:

·        l'implementazione, a livello dell'Unione e degli Stati membri, nell'ambito delle rispettive competenze, del Pilastro europeo dei diritti sociali;

La proclamazione del Pilastro evidenzia l'impegno comune dei leader dell'UE a difendere e tutelare i 20 principi e diritti fondamentali sanciti dal Pilastro per sostenere l'equità dei mercati del lavoro e dei sistemi di protezione sociale.

Nelle intenzioni della Commissione europea, il Pilastro riveste un’importanza tale da richiedere una procedura originale e non ordinaria. A tal fine, la Commissione europea aveva prospettato l’adozione di un accordo interistituzionale da parte del Parlamento e del Consiglio tale da costituire un atto solenne diretto a valorizzare, attraverso l’impegno condiviso delle varie istituzioni europee, la natura strategica del Pilastro.

Con il Pilastro la Commissione europea ha stabilito un quadro orientativo di riferimento per l’azione futura degli Stati membri partecipanti ai quali è demandata in via prioritaria l’attuazione del Pilastro sociale.

Il Pilastro si basa su 20 principi e diritti fondamentali suddivisi in tre categorie:

-       pari opportunità e accesso al mercato del lavoro;

-       condizioni di lavoro eque;

-       protezione sociale e inclusione.

Si individuano, quindi, le seguenti aree su cui i Paesi membri sono chiamati ad intervenire:

-       istruzione, formazione e apprendimento permanente;

-       parità di genere;

-       pari opportunità;

-       sostegno attivo all’occupazione;

-       occupazione flessibile e sicura;

-       retribuzioni;

-       informazioni sulle condizioni di lavoro e sulla protezione in caso di licenziamento;

-       dialogo sociale e coinvolgimento dei lavoratori;

-       equilibrio tra attività professionale e vita familiare;

-       ambiente di lavoro sano, sicuro e adeguato e protezione dei dati;

-       assistenza all’infanzia e sostegno ai minori;

-       protezione sociale;

-       prestazioni di disoccupazione;

-       reddito minimo;

-       reddito e pensioni di vecchiaia;

-       assistenza sanitaria;

-       inclusione delle persone con disabilità;

-       assistenza a lungo termine;

-       alloggi e assistenza per i senzatetto;

-       accesso ai servizi essenziali.

Le Commissioni riunite XI (Lavoro pubblico e privato) e XII (Affari sociali) della Camera dei deputati hanno esaminato la proposta di Pilastro sociale approvando, in data 18 luglio 2017, un documento conclusivo con cui hanno espresso un parere favorevole, osservando in particolare che:

-       il Pilastro non deve ridursi a una mera elencazione di enunciazioni di principio prive di conseguenze di carattere giuridico e di misure da assumere in futuro, sia da parte degli Stati membri che delle Istituzioni europee, a seconda delle rispettive competenze;

-       il Pilastro dovrebbe assumere, all'interno delle politiche dell'Unione europea, una valenza e un'efficacia pari a quelle delle regole relative alla finanza pubblica. ln particolare, i parametri e gli indicatori sociali dovrebbero acquisire, nell'ambito delle procedure del Semestre europeo, valore vincolante al pari degli obiettivi di finanza pubblica;

-       occorre valutare l'opportunità di introdurre un meccanismo redistributivo, che contempli le conseguenze sociali delle attuali politiche economiche ed eviti che le ripercussioni siano interamente a carico dei singoli Stati membri, verificando in tale ambito la proposta italiana di costituzione di un "Sussidio europeo di disoccupazione" (European Unemployment Benefit Scheme);

-       occorre applicare un regime favorevole agli investimenti sociali nell'ambito delle regole del Patto di stabilità e crescita e della valutazione dei disavanzi pubblici individuando ambiti e obiettivi di investimento in cui far valere una vera e propria golden rule circa gli obiettivi sociali qualificanti il Pilastro, tra i quali il contrasto della povertà e la disoccupazione di lungo periodo, la formazione, l'occupabilità giovanile e femminile;

-       i fondi e i programmi finanziari indicati dalla Commissione europea dovrebbero essere adeguati agli ambiziosi obiettivi del Pilastro stesso, insieme alle risorse che eventualmente saranno stanziate dagli Stati membri, cui compete in larga parte provvedere in tal senso.

·        la facilitazione di un dialogo sociale efficace a tutti i livelli, incluso il "nuovo inizio del dialogo sociale" a livello dell'Unione;

Firmato il 27 giugno 2016 sotto forma di dichiarazione congiunta tra Parti sociali europee, Commissione e Presidenza del Consiglio UE, il "nuovo inizio del dialogo sociale" persegue in particolare gli obiettivi di un coinvolgimento più sostenibile delle parti sociali nel semestre europeo; di una rafforzata enfasi sulla capacity building nazionale delle parti sociali; di un maggiore coinvolgimento delle parti sociali nel processo legislativo e politico a livello dell'Unione e di una più chiara interrelazione tra gli accordi delle parti sociali e l'iniziativa della Commissione "Legiferare meglio".

·        uno sforzo per accelerare i negoziati sulle principali proposte legislative pendenti in materia sociale, e per tenersi pronti a esaminare le iniziative future annunciate dalla Commissione nel suo programma di lavoro per il 2018;

Nei documenti allegati al Programma di lavoro per il 2018, la Commissione europea identifica, secondo una prassi ormai consolidata, le nuove iniziative da adottare nel corso dell'anno, le iniziative pendenti di cui accelerare l'iter negoziale e le eventuali iniziative da ritirare.

Per quanto attiene alla politica sociale, la Commissione ha annunciato l'intenzione di presentare un Pacchetto sull'equità sociale, incentrato sulla proposta di istituzione di un'autorità europea del lavoro, su un'iniziativa sull'accesso alla protezione sociale per i lavoratori autonomi atipici, su un'iniziativa su un numero di sicurezza sociale europeo e su una revisione REFIT della direttiva sulla dichiarazione scritta, relativa all'obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore sulle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro.

Tra le iniziative di cui si raccomanda un'accelerazione della fase negoziale vanno menzionate in particolare: la proposta di regolamento sul prodotto pensionistico individuale paneuropeo (PEPP) (COM(2017)343)[1]; la proposta di direttiva che modifica la direttiva 96/71/CE sul distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi (COM(2016)128), sulla quale è stata avviata la procedura di "carton jaune" per violazione del principio di sussidiarietà, cui peraltro non si sono associate le Commissioni competenti di Camera e Senato, che hanno adottato entrambe documenti di indirizzo favorevoli con osservazioni; la proposta di regolamento che modifica il regolamento 883/2004 sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (COM(2016)815) e la proposta di direttiva relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita famigliare per i genitori e i prestatori di assistenza (COM(2017)253).

·        l'impegno a garantire un puntuale follow-up sulle priorità del Piano d'azione dell'Unione per il 2017-2019, finalizzato a colmare il divario retributivo di genere;

Adottato il 20 novembre 2017, il Piano d'azione individua otto principali assi, vale a dire il miglioramento dell'applicazione del principio della parità retributiva; la lotta contro la segregazione occupazionale e settoriale; le iniziative per combattere la segregazione verticale (cd. "soffitto di cristallo"); la riduzione dell'effetto penalizzante delle cure famigliari; una maggiore valorizzazione delle competenze, dell'impegno e della responsabilità delle donne; uno sforzo ulteriore per portare alla luce diseguaglianze e stereotipi di genere; un'intensa attività informativa sul divario retributivo di genere; il rafforzamento dei partenariati per lottare contro il suddetto divario.

·        un rafforzato impegno per la piena attuazione della Nuova agenda per le competenze per l'Europa, focalizzato in particolare, per il 2018, sull'implementazione della Raccomandazione del Consiglio sui percorsi di miglioramento del livello delle competenze.

Lanciata dalla Commissione europea il 10 giugno 2016, la Nuova agenda per le competenze per l'Europa intende avviare un percorso finalizzato alla promozione del capitale umano, dell'occupabilità e della competitività, e si pone un ampio ventaglio di obiettivi che vanno dalla istituzione di una Garanzia per le competenze (per migliorare le opportunità occupazionali degli adulti con un basso livello di competenze di base) alla revisione del Quadro delle competenze chiave (per aiutare più persone ad acquisire un nucleo centrale e resiliente di competenze); da uno sforzo diffuso volto a rendere l'istruzione e la formazione professionale una scelta d'elezione (mediante un'offerta di qualità e un'organizzazione più flessibile) al varo di una coalizione per le competenze e le occupazioni digitali; dal miglioramento della trasparenza e della comparabilità delle qualifiche all'adozione di iniziative che favoriscano l'analisi del fabbisogno di competenze, la documentazione e le scelte professionali consapevoli.

La Raccomandazione del Consiglio sui percorsi di miglioramento delle competenze, adottata il 19 dicembre 2016 e rivolta agli Stati membri e alla Commissione, si concentra in particolare sulla necessità di "offrire agli adulti con un basso livello di competenze, conoscenze e abilità" l'accesso a "percorsi di miglioramento del livello delle competenze" che diano loro l'opportunità di acquisire un livello minimo di competenze alfabetiche, matematiche e digitali, e/o di acquisire un più ampio corredo di competenze, conoscenze e abilità rilevanti per il mercato del lavoro e per la partecipazione attiva nella società.

 

Istruzione e cultura

Il Consiglio europeo dovrebbe muovere dal riconoscimento della centralità dell'istruzione e della cultura nella costruzione di società inclusive e coese, e nel sostegno alla competitività europea. Dovrebbe richiamare quindi la volontà, espressa in occasione del Vertice di Göteborg, di rafforzare l'azione in tali settori, nei quali l'Unione europea esercita un importante ruolo di supporto e di coordinamento.

Il Consiglio europeo dovrebbe quindi invitare gli Stati membri, il Consiglio e la Commissione, in linea con le rispettive competenze, a proseguire nei lavori volti a:

·        potenziare le occasioni di mobilità e di scambio, in particolare attraverso il rafforzamento sostanziale del Programma Erasmus +, che dovrebbe essere esteso e divenire al contempo ancor più inclusivo;

·        rafforzare i partenariati strategici tra istituti di istruzione superiore, e incoraggiare la nascita "dal basso" di una rete di università europee, con l'obiettivo di creare, entro il 2024, una ventina di Università Europee che consentano agli studenti di scegliere percorsi di laurea che prevedano periodi di studio in diversi paesi;

·        stimolare l'apprendimento delle lingue, con l'obiettivo di accrescere significativamente il numero di giovani in grado di parlare almeno due lingue europee, oltre alla loro madrelingua;

·        promuovere la mobilità e la partecipazione degli studenti alle attività nei settori della cultura e dell'istruzione, attraverso la creazione di una "Carta europea dello studente";

·        promuovere il mutuo riconoscimento dei diplomi di istruzione secondaria e delle lauree, all'interno dell'apposito quadro legislativo;

·        cogliere l'opportunità offerta dall'Anno europeo del patrimonio culturale 2018 per accrescere la consapevolezza dell'importanza economica e sociale della cultura e del patrimonio culturale.

Il Consiglio europeo dovrebbe inoltre invitare la Commissione a presentare, ove necessario o rilevante, proposte di raccomandazioni nella primavera del 2018, in vista di una sollecita adozione da parte del Consiglio.

Il Consiglio europeo dovrebbe infine chiedere alla Commissione, al Consiglio e agli Stati membri di esaminare possibili misure che affrontino, in particolare:

·        le sfide in tema di competenze legate alla digitalizzazione e all'intelligenza artificiale;

·        la necessità di un approccio all'istruzione e alla formazione inclusivo, basato sull'apprendimento nell'intero corso della vita e incentrato sull'innovazione;

·        le condizioni giuridiche e finanziarie per lo sviluppo dell'industria culturale e creativa e della mobilità professionale nel settore della cultura.

Il tema delle risorse di bilancio da destinare a tali attività sarà poi ripreso all'interno del dibattito sul Nuovo Quadro finanziario pluriennale.

Le conclusioni del Consiglio europeo non dovrebbero fare riferimento a specifiche iniziative legislative da presentare ex novo o di cui accelerare la fase negoziale, né vi è traccia, nel Programma di lavoro della Commissione per il 2018, di riferimenti espliciti a iniziative nel settore dell'istruzione e della cultura, anche se i temi del rafforzamento di Erasmus + e dell'istituzione di network tra università sono stati più volte evocati tanto dal Governo italiano (per esempio, nel suo contributo sul futuro Quadro finanziario pluriennale) quanto, recentemente, dal Presidente della Repubblica francese Macron in un importante discorso tenuto alla Sorbona.

Brexit

In seguito all’accordo sui principali aspetti della prima fase dei negoziati sul recesso del Regno Unito dall’UE (cosiddetta Brexit), annunciato dal Presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker e dal Primo Ministro del Regno Unito, Theresa May, lo scorso 8 dicembre 2017, il Consiglio europeo (a 27 Stati membri) dovrebbe svolgere una discussione sullo stato dei negoziati sulla Brexit e valutare la decisione di passare alla seconda fase dei negoziati.

Si ricorda che, ai sensi dell’art. 50 del Trattato sull’Unione europea (TUE), il processo di uscita del Regno Unito dall’UE si dovrebbe concludere entro due anni dalla notifica da parte del Regno Unito dell’intenzione di recedere dall’UE avvenuta il 29 marzo 2017 e quindi il 29 marzo 2019 (a meno che il Consiglio europeo non decida all’unanimità di prorogare tale termine).

Secondo quanto definito dal Consiglio europeo straordinario a 27, del 29 aprile 2017, i negoziati avvengono in due fasi:

·      la prima fase è dedicata: a fornire la massima chiarezza e certezza giuridica ai cittadini, alle imprese ed ai partner internazionali sugli effetti del recesso del Regno Unito ed alla definizione delle modalità di recesso del Regno Unito per quanto riguarda i diritti e le obbligazioni che derivano da impegni assunti in quanto Stato membro dell’UE. In tale fase i negoziati hanno affrontato in via prioritaria le seguenti tre questioni: a) diritti dei cittadini dell’UE e del Regno Unito; b) liquidazione finanziaria in collegamento con il bilancio dell'Unione; c) regolamentazione delle questioni legate al confine tra Irlanda e l’Irlanda del Nord;

·      la seconda fase sarà dedicata ad una intesa complessiva sul quadro delle future relazioni tra UE e Regno Unito, atteso che un accordo sulle future relazioni tra UE e Regno Unito potrà essere concluso solo quando il Regno Unito avrà completato il recesso dall’UE e sarà diventato Stato terzo.

L’accordo di recesso del Regno Unito dall’UE è concluso dal Consiglio, a maggioranza qualificata, previa approvazione del Parlamento europeo e non necessita di essere ratificato dagli Stati membri. L’accordo che disciplinerà le future relazioni tra l’UE e il Regno Unito avrà natura mista e dovrà invece essere ratificato da tutti gli Stati membri.

L’UE e il Regno Unito hanno raggiunto l’8 dicembre, un accordo sulle seguenti questioni prioritarie della prima fase dei negoziati:

·        diritti dei cittadini: i cittadini dell’UE residenti nel Regno Unito e i cittadini del Regno Unito residenti nell’UE potranno continuare ad esercitare i diritti attualmente garantiti dalle normative europee, sulla base dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione. In tale ambito non è stata accolta la richiesta dell’UE affinché la tutela dei diritti dei cittadini dell’UE residenti nel Regno Unito fosse garantita direttamente dalla giurisdizione della Corte di giustizia dell’UE. Le disposizioni relative alla protezione dei diritti dei cittadini UE residenti nel Regno Unito saranno sostanzialmente incorporate nel diritto britannico (avranno dunque applicabilità diretta e non potranno essere modificate unilateralmente dal Regno Unito attraverso una legge ordinaria) ed i tribunali britannici dovranno fare riferimento diretto ad esse, assumendo a riferimento le sentenze della Corte di giustizia dell’UE. In caso di incertezza è previsto da parte delle corti del Regno Unito un sistema di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’UE per un periodo di 8 anni dall’entrata in vigore dell’accordo di recesso. Il controllo sulla corretta applicazione delle disposizioni relative ai diritti dei cittadini sarà esercitato dalla Commissione europea e, nel Regno Unito, da una autorità indipendente;

·        liquidazione finanziaria: il Regno Unito si impegna ad onorare tutti gli obblighi finanziari dovuti per la sua partecipazione all’UE, secondo la metodologia di calcolo proposta dall’UE. In particolare, il Regno Unito si impegna a onorare tutti gli obblighi finanziari fino al 2020, data di scadenza del quadro finanziario pluriennale di bilancio dell’UE attuale e gli altri impegni finanziari già assunti che dovrebbero andare oltre tale data. Secondo delle prime stime non ufficiali, tale impegno corrisponderebbe ad una cifra tra i 45 e i 60 miliardi di euro;

·        regolamentazione delle questioni legate al confine tra Irlanda e l’Irlanda del Nord. L’UE e il Regno Unito si sono impegnate a tutelare gli accordi del Venerdì santo (o accordo di Belfast) del 1998. Il Regno Unito si impegna a presentare soluzioni per regolamentare il confine tra Irlanda del Nord ed Irlanda senza la creazione di una frontiere fisica e controlli alla frontiera, nel quadro della definizione dell’accordo sulle future relazioni tra UE e Regno Unito. In mancanza di un accordo tra le parti il Regno Unito si impegna a mantenere il pieno allineamento regolamentare con le disposizioni dell’UE relative al mercato interno ed all’Unione doganali, funzionali al rispetto della cooperazione nord/sud in Irlanda e degli accordi del 1988.

Si ricorda che, in precedenza, il 4 dicembre, l’UE e il Regno Unito avevano raggiunto un accordo che prevedeva che solo l’Irlanda del Nord avrebbe mantenuto su base volontaria un allineamento regolamentare con l’UE e quindi sarebbe rimasta sostanzialmente nel regime doganale dell’UE (ciò avrebbe implicato la creazione di un sistema di controllo alla frontiera tra l’Irlanda del Nord e il resto del Regno Unito). Il Governo inglese ha poi dovuto ritirare tale proposta, in quanto il Partito Democratico Unionista (che sostiene dall’esterno il Governo di minoranza conservatore) ha indicato la propria contrarietà ad applicare all’Irlanda del Nord un regime regolamentare diverso da quello del restante territorio del Regno Unito.

Spetterà al Consiglio europeo, in una prossima riunione (successiva a quella del 14 e 15 dicembre) adottare le linee direttrici per il negoziato da parte dell’UE sulla seconda fase dei negoziati relativi all’accordo relativo alle future relazioni tra UE e Regno Unito, che quindi non potranno avviarsi prima del febbraio/marzo 2018.

 

 

Il vertice della zona euro

A margine della riunione del Consiglio europeo i Capi di Stato e di governo della zona euro dovrebbero avviare la discussione sulle proposte relative al futuro dell’Unione economica e monetaria presentate dalla Commissione europea il 6 dicembre 2017, rinviando tuttavia ogni decisione al Consiglio europeo di giugno 2018.

Sulla base della visione delineata nella relazione dei cinque presidenti del giugno 2015 e nei documenti di riflessione sull'approfondimento dell'Unione economica e monetaria e sul futuro delle finanze dell'UE della primavera del 2017, la Commissione europea ha presentato una tabella di marcia per l'approfondimento dell'Unione economica e monetaria e misure concrete da adottare nel corso dei prossimi 18 mesi.

Accanto alla comunicazione che scandisce la tabella di marcia, la Commissione ha presentato un pacchetto di quattro proposte (due legislative e due non legislative) relative a:

Istituzione di un Fondo monetario europeo

La proposta di regolamento prevede l'istituzione di un Fondo monetario europeo (FME), basato sulla struttura ormai consolidata del Meccanismo europeo di stabilità (cd. Fondo “salva-Stati”, ESM), ma ancorato all'ordinamento giuridico dell'UE (attualmente l’ESM è disciplinato da un apposito accordo intergovernativo). Il FME continuerebbe ad assistere gli Stati membri della zona euro che versano in difficoltà finanziarie, ma nel contempo fornirebbe un meccanismo di backstop (garanzia) comune per il fondo di risoluzione unico e fungerebbe da prestatore di ultima istanza al fine di facilitare la risoluzione ordinata delle banche in difficoltà. Si prevede anche un processo decisionale più rapido in caso di urgenza (le decisioni verrebbero prese a maggioranza dell’85% dei voti). Nel medio-lungo periodo l'FME potrebbe dotarsi di nuovi strumenti finanziari, ad esempio per sostenere un'eventuale funzione di stabilizzazione per affrontare gli shock asimmetrici. Il Parlamento europeo e il Consiglio sono invitati ad adottare la proposta entro il primo semestre del 2019.

Attualmente l’ESM ha un capitale sottoscritto totale di 700 miliardi di euro. Di questo importo, 80 miliardi di euro sono sotto forma di capitale versato dagli Stati membri e i restanti 620 miliardi sotto forma di garanzie prestate dagli stessi Stati. Le quote di capitale per ciascuno Stato membro sono ripartite in base alla partecipazione al capitale versato della BCE (per l’Italia la quota è pari al 17,9% del totale). La capacità effettiva di prestito dell’ESM al momento della sua istituzione (ottobre 2012) ammontava a 500 miliardi di euro; a seguito degli interventi di assistenza finanziaria a favore di Grecia, Cipro, Portogallo, Irlanda e Spagna, la capacità di prestito residua dell’ESM è pari a 378 miliardi.

Incorporazione del Fiscal Compact nella cornice giuridica dell’UE

La Commissione propone di incorporare, con una un’apposita direttiva, le disposizioni del Trattato sulla stabilità, il coordinamento economico e la governance (cd. Fiscal Compact) nell'ordinamento giuridico dell'Unione.

L’art. 16 del Fiscal Compact prevede infatti che, al più tardi entro cinque anni dalla data di entrata in vigore del Trattato stesso (e dunque, entro il 1° gennaio 2018), sulla base di una valutazione dell'esperienza maturata in sede di attuazione, siano adottate le misure necessarie per incorporarne il contenuto nella cornice giuridica dell’UE.

Con il Fiscal Compact, di fatto, si sono confermate alcune regole di bilancio già introdotte nell’ordinamento della UE e si impegnavano gli Stati firmatari a recepire la regola del pareggio strutturale di bilancio in disposizioni vincolanti a un elevato livello di gerarchia delle fonti giuridiche (preferibilmente a livello costituzionale)

Si può in proposito osservare che le previsioni di maggiore rilievo del Fiscal Compact sono riprodotte nei due principali strumenti normativi dell’Unione che definiscono il Patto di stabilità e crescita, ovvero i regolamenti (UE) n. 1466/97 e 1467/97, come modificati dapprima con il cosiddetto six-pack del 2011 e, successivamente all’entrata in vigore del Fiscal Compact, con il cosiddetto two-pack del 2013. Gli unici elementi di differenza riguardano:

·        nell’ambito del cosiddetto braccio preventivo, il Fiscal Compact identifica l’obiettivo di medio termine (OMT) in termini di disavanzo strutturale di bilancio delle amministrazioni pubbliche nella misura massima dello 0,5% del PIL, mentre nel six-pack tale misura era identificata nell’1%;

·        il meccanismo correttivo automatico previsto dal Fiscal Compact, che si attiva qualora si constatino deviazioni significative dall'obiettivo di medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo e che obbliga la parte contraente ad attuare misure per correggere le deviazioni in un periodo di tempo definito, non è riprodotto nell’ordinamento dell’Unione.

Il Parlamento europeo e il Consiglio sono invitati ad adottare la proposta di incorporazione del Fiscal Compact nell’ordinamento giuridico dell’UE entro il primo semestre del 2019.

E’ opportuno ricordare che il 10 maggio 2017 la Camera dei deputati ha approvato una mozione (Rosato e altri, n. 1/01627), nella quale, tra le altre cose, impegna il Governo ad opporsi in sede europea a tale incorporazione del Fiscal compact.

Inoltre, merita segnalare che, in occasione della Conferenza interparlamentare sulla governance economica svoltasi a Tallinn il 30-31 ottobre scorso, nessuna delegazione si è espressa a favore di un incorporazione sic et simpliciter del Fiscal Compact nell’ordinamento giuridico dell’UE, rilevando che la stabilità di bilancio non può rappresentare un obiettivo a se stante, in particolare nelle situazioni di crisi che richiedono misure anticicliche.

Nuovi strumenti di bilancio per la zona euro

La Commissione illustra, in un’apposita comunicazione, i nuovi strumenti di bilancio che dovrebbero garantire la stabilità della zona euro, ovvero:

·        attraverso uno strumento di sostegno alla realizzazione delle riforme strutturali degli Stati membri;

Per il periodo 2018-2020 la Commissione propone di rafforzare il programma di sostegno alle riforme strutturali raddoppiando, da qui al 2020, i finanziamenti disponibili per le attività di supporto tecnico, che raggiungeranno in tal modo i 300 milioni di euro. A tale scopo propone di apportare modifiche mirate al regolamento sulle disposizioni comuni che disciplina i Fondi strutturali e di investimento europei (fondi SIE) 2014-2020, in modo da ampliare la possibilità di utilizzare parte della riserva di efficacia a sostegno delle riforme concordate. Il Parlamento europeo e il Consiglio sono invitati a adottare queste due ultime proposte entro la fine del 2018.

La riserva di efficacia è una somma di risorse, pari al 6% dei fondi SIE, che viene accantonata ed è destinata soltanto a programmi che hanno conseguito i propri target intermedi. Sulla base delle informazioni e delle valutazioni fornite nella relazione annuale sullo stato di attuazione nel 2019, la Commissione europea può infatti decidere sia l’assegnazione della riserva di efficacia, sia, nel caso di grave carenza, la sospensione dei pagamenti;

·        uno specifico strumento di convergenza per gli Stati membri in procinto di aderire all'euro;

·        una funzione di stabilizzazione, al fine di mantenere i livelli di investimento in caso di gravi shock asimmetrici, da adottare entro il primo semestre del 2019.

Tali strumenti verrebbero finanziati con un’apposita linea di bilancio dedicata alla zona euro all’interno del bilancio UE. Tuttavia, la definizione dell’ammontare di questa nuova linea viene rinviata a maggio prossimo, quando la Commissione presenterà la proposta per il Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2028.

Istituzione del Ministro europeo dell’economia e delle finanze

Nell’ultima comunicazione del pacchetto la Commissione illustra le eventuali funzioni di un Ministro europeo dell'economia e delle finanze, che potrebbe fungere da Vicepresidente della Commissione e da Presidente dell'Eurogruppo (ipotesi percorribile in base agli attuali Trattati dell'UE). Il Ministro sarebbe responsabile di fronte al Parlamento europeo e manterrebbe dialoghi regolari anche con i Parlamenti nazionali. In particolare, i Parlamenti nazionali potrebbero chiedere al Ministro di presentare loro il parere della Commissione sul rispettivo documento programmatico di bilancio.

Il raggiungimento, entro il primo semestre del 2019, di un'intesa comune circa il ruolo del Ministro permetterebbe di istituire tale figura quale componente della prossima Commissione (2019-2024).

Attualmente, nell’ambito della Commissione europea c’è un Vicepresidente (Valdis Dombrovskis) competente per l’euro e il dialogo sociale e che svolge funzioni di indirizzo e coordinamento dell'attività di sei Commissari, tra i quali figura Pierre Moscovici, responsabile per gli affari economici e finanziari. La nomina di entrambi è stata approvata con il voto favorevole del Parlamento europeo, di fronte al quale sono responsabili. Il Presidente dell’Eurogruppo, invece, è eletto, in base ad uno specifico protocollo del Trattato sul funzionamento dell’UE, a maggioranza dai ministri dell’economia e delle finanze della zona euro, e non è legato da un vincolo di responsabilità con il PE.

Il Ministro europeo dell’economia e delle finanze, secondo la Commissione, dovrebbe:

·        perseguire l'interesse generale dell'economia dell'UE e della zona euro e rappresentarla a livello mondiale. Attualmente, la rappresentanza economica esterna dell'UE è separata da quella della zona euro, con ruoli diversi assegnati alla Commissione, alla Banca centrale europea, al Presidente dell'Eurogruppo e alla Presidenza del Consiglio dell'UE; tale frammentazione riduce considerevolmente il peso politico ed economico della zona euro su scala globale, benché l'euro sia diventato la seconda valuta più usata nel mondo);

·        rafforzare il coordinamento delle politiche e vigilare sulle norme economiche, finanziarie e di bilancio;

·        pronunciarsi sulla politica di bilancio appropriata per la zona euro a sostegno della politica monetaria della Banca centrale europea, promuovendo la qualità e la miglior composizione della spesa pubblica;

·        monitorare l'uso degli strumenti di bilancio dell'UE e della zona euro, compresi quelli a sostegno delle riforme, della stabilizzazione macroeconomica e della convergenza (ad esempio, gli interventi della Banca europea per gli investimenti e dell’ESM).

Gli ulteriori obiettivi della tabella di marcia

Oltre alle scadenze temprali indicate per ciascuna delle proposte sopra esposte, la tabella di marcia indica una serie di obiettivi da raggiungere nei prossimi 18 mesi. In particolare, entro la fine del 2018:

·        Parlamento europeo e Consiglio dell’UE dovrebbero approvare in via definitiva le proposte connesse al completamento dell’Unione bancaria, ovvero quelle relative alla riduzione dei rischi del settore creditizio, all’istituzione del sistema europeo di assicurazione dei depositi bancari e della garanzia comune per il fondo di risoluzione unico delle crisi bancarie.

Il negoziato sulla proposta relativa al sistema europeo di assicurazione dei depositi bancari risulta attualmente bloccato, avendo alcuni Stati membri (tra cui Germania, Finlandia e Austria) richiesto che l’approvazione del sistema comune sia subordinata all’approvazione di ulteriori misure riduzione dei rischi bancari;

·        la Commissione europea dovrebbe presentare una proposta relativa all’ introduzione di nuovo strumento finanziario per l'emissione di titoli garantiti da obbligazioni sovrane (sovereign bond-backed securities).

Si tratterebbe di prodotti finanziari cartolarizzati emessi da un’entità commerciale o da un’istituzione, il cui uso potrebbe aumentare la diversificazione dei bilanci delle banche.

E’ opportuno precisare che la proposta non implicherebbe alcuna forma di mutualizzazione del debito pubblico che, ad avviso della Commissione, risulta particolarmente controversa e richiede ulteriori riflessioni, anche a causa della preoccupazione per il possibile affievolirsi degli incentivi a realizzare politiche di bilancio rigorose.

Entro la metà del 2019:

·        i colegislatori dell’UE dovrebbero adottare le proposte connesse al completamento dell’Unione dei mercati dei capitali, allo scopo di offrire alle famiglie e alle imprese fonti di finanziamento più innovative e diversificate e un minor ricorso al finanziamento tramite il prestito bancario.

Allo stato attuale sono stati realizzati circa due terzi delle 33 azioni previste dal Piano d’azione per l’Unione dei mercati dei capitali. In particolare, merita segnalare che sono state approvate:

-       la proposta di regolamento relativo al prospetto da pubblicare per l'offerta al pubblico o l'ammissione alla negoziazione di titoli;

-       la proposta di regolamento che instaura un quadro europeo per le cartolarizzazioni;

-       la proposta di regolamento che modifica la disciplina relativa ai fondi europei per il venture capital e ai fondi europei per l’imprenditoria sociale.

In aggiunta, tra il 2019 e il 2025, la prossima Commissione europea potrebbe assumere iniziative in relazione a:

·        la modifica del trattamento regolamentare dei titoli di Stato, che sono attualmente considerati a rischio zero;

Occorre rilevare che, da un lato, tale trattamento non incentiva le banche a diversificare le proprie attività; dall’altro, se fosse modificato, potrebbe indurre le banche a ridurre drasticamente la quantità di titoli di Stato in loro possesso. E’ stata da più parti raccomandata la necessità di disciplinare la materia nell’ambito di un accordo più generale su scala globale, al fine di garantire parità di condizioni e non creare situazioni più gravose per il settore finanziario europeo.

Al riguardo, è opportuno segnalare che nella riunione del 16 giugno 2017 il Consiglio ECOFIN ha concordato di attendere gli esiti dei lavori del Comitato di Basilea sul trattamento dei rischi dei titoli di Stato detenuti dalle banche.

·       la semplificazione delle norme del Patto di stabilità e crescita;

Al riguardo, si rileva che la Commissione non fornisce alcun elemento che chiarisca contenuti e obiettivi di tale processo di semplificazione;

·       la creazione di un Tesoro della zona euro.

Il contributo del Governo italiano

Il 24 maggio 2017 il Ministero dell’economia e delle finanze ha presentato un contributo sul futuro dell’Unione economica e monetaria.

Su diversi punti dell’agenda (istituzione del Ministro europeo dell’economia e delle finanze, ampliamento delle funzioni dell’ESM; nuove politiche di investimento per l’area euro; completamento dell’Unione bancaria) si registra una sostanziale convergenza rispetto alle proposte della Commissione. Su altre questioni il documento del Governo italiano se ne discosta.

In particolare:

·        si auspica la creazione di un vero e proprio sistema europeo di assicurazione contro la disoccupazione, che verrebbe attivato in caso di significativi shock asimmetrici, evitando trasferimenti unidirezionali delle risorse solo verso alcuni Paesi;

·        si prospetta che l'emissione di titoli garantiti da obbligazioni sovrane possa alimentare la creazione di un bilancio autonomo dell’eurozona;

·        con riferimento al fondo che incentivi gli Stati membri a realizzare le riforme, il Governo italiano suggerisce soluzioni diverse, ovvero:

-       iniziative comuni di investimento su larga scala, concentrandosi sul capitale umano, sulla ricerca, sull'innovazione e sull’istruzione superiore;

-       congrui strumenti di finanziamento per i cd “beni pubblici europei” (European common goods), ovvero quei settori nei quali l’iniziativa dell’UE può rivelarsi più efficace delle azioni dei singoli Paesi membri: gestione delle frontiere, sicurezza, immigrazione, grandi progetti infrastrutturali, difesa.

Politiche migratorie

A margine del Consiglio europeo, e all'interno del calendario previsto nell'Agenda dei Leader - un formato di discussione agile e informale sui principali dossier di interesse dell'Unione, approvato in occasione del Consiglio europeo di ottobre - è prevista una discussione generale sul dossier relativo alle politiche migratorie.

Secondo l’UNHCR, dall’inizio dell’anno, sono circa 163 mila i migranti che hanno raggiunto l’Unione europea dopo aver attraversato il Mediterraneo; oltre 117 mila persone sono sbarcate sulle coste italiane dopo aver percorso la rotta del Mediterraneo centrale. Dall’inizio dell’anno sono morte/disperse in mare oltre 3 mila persone. 

Nel 2016 gli sbarchi in Europa sono stati circa 363 mila; l’Italia l’anno scorso ha registrato oltre 180 mila persone sbarcate sulle coste meridionali. 

Nello stesso anno i morti/dispersi sono stati oltre 5 mila.

Secondo l’Ufficio europeo per l’asilo EASO, nell’ottobre 2017 gli Stati membri hanno registrato circa 62 mila domande di protezione internazionale. Nei primi dieci mesi del 2017 gli Stati membri hanno registrato oltre mezzo milione di domande di protezione; nel 2016 le domande registrate si sono attestate a un milione e 200 mila.

Il Ministero dell’interno rende noto che le domande di protezione registrate in Italia nell’ottobre 2017 si sono attestate a circa 10 mila. Nei primi dieci mesi del 2017 l’Italia ha registrato oltre 116 mila domande. Nell’anno precedente le domande di protezione sono state oltre 126 mila.

La discussione, che non si tradurrà nell'adozione di conclusioni, potrebbe tenere conto delle ultime evoluzioni del dibattito europeo, e dunque, più nel dettaglio:

·        del contributo al dibattito fornito dalla Commissione europea con la Comunicazione del 7 dicembre (COM(2017)820), nella quale si fornisce un quadro evolutivo aggiornato sui principali dossier legislativi derivati dall'Agenda europea sulle migrazioni e si sottolinea, tra l'altro, l'esigenza di un approccio globale, basato su un'integrazione sempre più rigorosa tra dimensioni interna ed esterna delle politiche migratorie, e sulla ricerca di un punto di equilibrio tra solidarietà e responsabilità, nonché la necessità di passare in tempi il più possibile rapidi da una mera gestione emergenziale a un quadro delle politiche di asilo stabile e "a prova di futuro";

Secondo la Commissione europea, al 14 novembre 2017, sono stati complessivamente ricollocati dall’Italia e dalla Grecia negli altri Stati membri circa 31.500 richiedenti asilo, a fronte di un impegno assunto in sede di Consiglio dell’UE per oltre 98 mila persone.

Dall’Italia sono state ricollocate 10.265 persone rispetto ad un impegno di circa 35 mila richiedenti asilo (la relocation effettiva in Grecia ha riguardato oltre 21 mila persone rispetto ad un impegno per circa 63 mila).

Si ricorda che sono attualmente soggette a procedure di infrazione (avviate il 15 giugno 2017), per il mancato rispetto delle decisioni del Consiglio istitutive dei programmi temporanei di ricollocazione, la Repubblica Ceca, l’Ungheria e la Polonia. In particolare, secondo la Commissione europea:

-       l’Ungheria non ha intrapreso alcuna azione per adempiere agli schemi di ricollocazione;

-       la Polonia non ha ricollocato alcun richiedente asilo né offerto ulteriore disponibilità alla ricollocazione a partire dal dicembre 2015;

-       la Repubblica Ceca non ha ricollocato alcun richiedente asilo dall’agosto 2016, e non ha offerto ulteriore disponibilità per oltre un anno.

Per tali ragioni, dopo l’adozione di un parere motivato (il 26 luglio 2017) la Commissione europea, il 7 dicembre 2017, ha deciso di convenire tali Stati membri innanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea per il mancato rispetto dei rispettivi obblighi in materia di relocation.

·        del dibattito particolarmente controverso sulla riforma del regolamento Dublino in materia di asilo, in cui si registra una crescente polarizzazione tra la posizione degli Stati membri di prima accoglienza - fatta peraltro pienamente propria dal Parlamento europeo nella sua risoluzione del 16 novembre -, favorevole a un sistema di ricollocazione obbligatorio per tutti gli Stati membri e indipendente dalla intensità della pressione migratoria, e quella sostenuta dai Paesi del cosiddetto gruppo di Visegrad - che prevede invece meccanismi di ricollocazione la cui vincolatività varia a seconda dell'intensità dei flussi, nonché la possibilità di ricorrere - almeno in una prima fase - a criteri alternativi di solidarietà nei confronti degli Stati di prima accoglienza (invio di personale di supporto, assunzione di una parte degli oneri finanziari connessi all'accoglienza e all'esame delle domande di asilo).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

XVII legislatura – Documentazione per l’Assemblea, Senato n. 87 – Camera n. 21, 11 dicembre 2017

Senato della Repubblica – Servizio Studi (' 06 6706.2451 - * studi1@senato.it - Twitter_logo_blue.png@SR_Studi)

Camera dei deputati - Ufficio Rapporti con l’Unione europea (' 06 6760.2145 - * cdrue@camera.it)

 



[1] Sulla proposta in oggetto si è pronunciata la Commissione 11a (Lavoro, previdenza sociale) del Senato, rilevando, seppur nel quadro di un orientamento nel complesso favorevole, il rischio di un'interferenza significativa con l'assetto di vigilanza proprio dell'ordinamento italiano (v. Doc. XVIII n. 221).