Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Consiglio europeo - Bruxelles, 22-23 giugno 2017
Serie: Documentazione per l'Assemblea - Esame di atti e documenti dell'UE    Numero: 19
Data: 20/06/2017

Consiglio europeo
Bruxelles, 22-23 giugno 2017

 

Il Consiglio europeo del 22-23 giugno 2017, in base all’ordine del giorno, dovrebbe discutere, in particolare, di:

Il 12 giugno 2017 è stato pubblicato un primo progetto di conclusioni che è all’esame del Consiglio dell’UE affari generali del 20 giugno 2017.

 

 


Sicurezza e difesa

Sicurezza interna e lotta al terrorismo

Il Consiglio europeo, condannati fermamente i recenti attacchi terroristici, dovrebbe ribadire la propria risolutezza nella lotta contro il terrorismo, l'odio e l'estremismo violento; in tal senso, le priorità indicate dal Consiglio europeo dovrebbero essere il contrasto e la diffusione della radicalizzazione on line, la prevenzione e la lotta all’estremismo violento e alla relativa ideologia, il finanziamento del terrorismo, la facilitazione degli scambi di informazioni rapidi e mirati tra le autorità competenti e il miglioramento dell’interoperabilità delle banche dati.

In proposito si ricorda che è all’esame delle Istituzioni europee un pacchetto di misure legislative presentato dalla Commissione europea nel 2016 per il contrasto al finanziamento del terrorismo e della criminalità organizzata, recante le seguenti proposte:

      una proposta di regolamento sul riconoscimento reciproco degli ordini di congelamento e confisca;

      una proposta di regolamento relativo ai controlli sul denaro contante in entrata o in uscita dall'Unione;

      una proposta di direttiva per perseguire penalmente il riciclaggio di denaro.

In materia di scambio di informazioni tra autorità di contrasto al crimine si ricorda che è tuttora all’esame un pacchetto di riforma complessiva del Sistema di informazione Schengen, il principale database condiviso dalle forze dell’ordine e dalle autorità competenti in materia di gestione delle frontiere e dei flussi migratori e dalle autorità doganali. Il sistema attualmente contiene segnalazioni relative a persone ricercate e scomparse e a veicoli, armi e documenti perduti o rubati o utilizzati per delinquere. In estrema sintesi, la riforma dovrebbe aumentare le categorie di segnalazioni (introducendo ad esempio le decisioni di rimpatrio e le segnalazioni preventive relative a minori a rischio di sottrazione) e razionalizzare l’uso della banca dati, anche tramite il ricorso a nuovi strumenti di identificazione biometrica.

Il Consiglio europeo dovrebbe altresì porre l’accento sulle responsabilità degli operatori di rete nel contribuire a combattere il terrorismo e la criminalità on line. A tal proposito, il Consiglio europeo, prendendo le mosse dai lavori del Forum dell'UE su Internet[1], dovrebbe sollecitare tale settore a sviluppare nuove tecnologie e nuovi strumenti al fine di migliorare la rilevazione e rimozione automatiche dei contenuti che promuovono l'istigazione alla violenza.

Si ricorda che dal 2016, grazie all’accordo tra la Commissione europea e alcune delle più importanti società del web, è in vigore il Codice di condotta (Code of conduct)  con il quale i social media più diffusi si sono impegnati a ricevere segnalazioni di casi di hate speech verificatisi sulle rispettive piattaforme on line, a valutarle ed eventualmente a rimuoverle rapidamente.

La Commissione europea sta costantemente monitorando l’attuazione del Code of conduct pubblicandone ogni sei mesi i risultati: durante il secondo semestre di attuazione, le compagnie informatiche interessate dall’accordo hanno ricevuto 2.575 segnalazioni: Facebook ha ricevuto la maggior parte delle notifiche (1.273 casi), seguito da YouTube (658) e Twitter (644); in media nel 59 per cento dei casi le società informatiche hanno risposto alle notifiche riguardanti l’illecito incitamento all’odio rimuovendo il contenuto. Questa percentuale è più di due volte superiore a quella del 28 per cento registrata nel precedente semestre.

In particolare, il Consiglio europeo dovrebbe sottolineare l’importanza delle sfide poste dai sistemi che consentono ai terroristi di comunicare in forme a cui le autorità competenti non hanno accesso, inclusa la cifratura punto a punto[2].

Si ricorda che l’UE, anche grazie alla recente riforma del quadro giuridico, ha avviato un processo di rafforzamento di Europol, l’Agenzia europea per contrasto al crimine, che ha registrato, tra l’altro, il potenziamento della funzione di hub di scambio tra gli Stati membri delle informazioni di intelligence, nonché la costituzione di una unità specializzata in materia di ciber crime (EC3).

Il Consiglio europeo dovrebbe, infine, sottolineare l’opportunità di mettere a punto il sistema di ingressi/uscite (EES)e il sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi (ETIAS), al fine di potenziare il controllo delle frontiere esterne e la sicurezza interna.  

Il sistema entrata/uscita (EES), attualmente in fase di negoziato tra Parlamento europeo, Consiglio e Commissione europea, è un meccanismo di registrazione dei cittadini di Paesi terzi che si recano nello spazio Schengen. Il sistema registra nomi, tipo di documento di viaggio e dati biometrici, nonché data e luogo di ingresso e di uscita. Il sistema permette, tra l’altro, di individuare coloro che sono rimasti nell'UE dopo la scadenza del periodo autorizzato e di identificare le persone prive di documenti nello spazio Schengen.

Il sistema ETIAS consente di effettuare verifiche preventive e, se necessario, di negare l'autorizzazione ai viaggi a cittadini di Paesi terzi esenti dall'obbligo di visto che si recano nello spazio Schengen. Su tale sistema il Consiglio dell’UE giustizia e affari interni dell’8-9 giugno 2017 ha convenuto un orientamento generale.

Da ultimo, il Consiglio europeo dovrebbe invitare la Commissione a elaborare quanto prima un progetto di normativa che attui le proposte formulate dal Gruppo di esperti ad alto livello sull'interoperabilità, istituito dalla Commissione europea nel giugno 2016. L’organismo ha esaminato gli aspetti di fattibilità tecnica e proporzionalità e le implicazioni in termini di protezione dei dati relativamente a una serie di misure volte a migliorare l’interoperabilità dei sistemi di informazione.

La Commissione europea dovrebbe presentare una proposta legislativa volta a realizzare, tra l’altro: un portale unico di ricerca europeo per l’interrogazione contemporanea di diversi sistemi di informazione; un servizio comune di confronto biometrico che consenta di interrogare i vari sistemi d’informazione contenenti dati biometrici; un archivio comune di dati relativi all’identità che consenta di capire se una persona è registrata con identità multiple in banche dati diverse.

Il Consiglio europeo dovrebbe altresì sottolineare l’importanza di fornire sostegno alle vittime di atti terroristici.

La direttiva (UE) 2017/541 sulla lotta contro il terrorismo, di recente adottata, contiene fra l'altro norme riguardanti le vittime di terrorismo, per quanto concerne in particolare le loro specifiche esigenze di protezione, sostegno e assistenza.

Da ultimo, dovrebbe essere enfatizzata dal Consiglio europeo la necessità di accelerare gli sforzi collettivi finalizzati a condividere conoscenze sui combattenti stranieri nonché su soggetti endogeni radicalizzati e portare avanti misure politiche e giuridiche per gestire la minaccia.

Secondo Europol (Rapporto 2017 sul terrorismo) nel 2016 sarebbero stati circa 7.800 i combattenti terroristi stranieri (cosiddetti foreign fighters) provenienti da 24 Stati.

Sicurezza esterna e difesa

Il Consiglio europeo dovrebbe ribadire l’impegno a rafforzare la cooperazione dell'UE in materia di sicurezza esterna e difesa ed esprimere apprezzamento per i progressi compiuti nell'attuazione della strategia globale dell'UE nel settore della sicurezza e della difesa e della dichiarazione congiunta firmata a Varsavia dall'UE e dai leader della NATO.

Si ricorda che le iniziative delle Istituzioni dell’UE volte a promuovere una più forte integrazione degli Stati membri dell’UE nel settore della difesa si articolano al momento su tre filoni: 1) attuazione delle priorità indicata dalla nuova Strategia globale, in particolare attraverso il piano di attuazione per la sicurezza e difesa, presentato dall’Alta Rappresentante, Federica Mogherini, il 14 novembre 2016; 2) il piano di azione per la difesa europea (European Defence Action Plan – EDAP) presentato dalla Commissione europea il 30 novembre 2016; 3) i lavori per l’attuazione della dichiarazione congiunta UE-NATO sul rafforzamento delle cooperazione in materia di sicurezza e difesa, adotta a margine del Vertice NATO che si è svolto l’8 e 9 luglio 2016 in Polonia.

La Commissione europea ha poi presentato il 7 giugno 2017 un documento di riflessione sul futuro della difesa europea nel quale si prospettano 3 scenari per il futuro della cooperazione europea dell’UE a 27 al 2025 :

a)  cooperazione in materia di sicurezza e di difesa: gli Stati membri coopererebbero più spesso sulla sicurezza e la difesa, su base volontaria;

b)  sicurezza e difesa condivise: gli Stati membri attuerebbero una maggiore solidarietà finanziaria e operativa e aumenterebbero la loro capacità di proiettare potere militare, impegnandosi pienamente nella gestione delle crisi esterne e nella capacità di difesa. Si realizzerebbe una notevole economia di scala nel mercato della difesa a livello europeo;

c)   difesa e sicurezza comuni: gli Stati membri approfondirebbero la cooperazione verso una difesa e la sicurezza comuni. La solidarietà e l'assistenza reciproca diventerebbero la norma, sostenuta da un certo livello di integrazione delle forze di difesa degli Stati membri. Gli Stati membri avrebbero una spesa di difesa più efficiente grazie a più economie di scala, specializzazione, condivisione di asset costosi e innovazione tecnologica volti a ridurre i costi della difesa

Il Consiglio europeo dovrebbe accogliere con favore l'istituzione, a Helsinki, di un Centro europeo di eccellenza per il contrasto delle minacce ibride[3].

Il Consiglio europeo dovrebbe esprimere apprezzamento per la recente comunicazione della Commissione europea relativa a un Fondo europeo per la difesa, ed invita ad un rapido accordo sulla proposta di programma europeo di sviluppo del settore industriale della difesa in vista di una sua tempestiva attuazione.

La Commissione europea ha presentato il 30 novembre 2016 una comunicazione relativa al (European Defense Action Plan -EDAP) che si articola su tre assi principali: l'istituzione di un fondo europeo per la difesa; la promozione di investimenti nelle catene di approvvigionamento della difesa; il rafforzamento del mercato unico della difesa. Il 7 giugno 2017, la Commissione europea ha poi presentato una comunicazione sul fondo europeo per la difesa articolato in due sezioni complementari ma distinte per struttura giuridica e fonte del bilancio. La prima per il finanziamento di progetti di ricerca collaborativa nel settore della difesa e la seconda per lo sviluppo e acquisto di capacità. Contestualmente, la Commissione ha presentato la proposta di programma europeo di sviluppo del settore industriale della difesa (sezione capacità del Fondo europeo per la difesa) per il quale propone una dotazione complessiva pari a 500 milioni di euro per il 2019 e il 2020 (che nell’ambito di un futuro programma post 2020 salirà ad 1 miliardo di euro).

Per quanto riguarda le iniziative per la ricerca la Commissione ha già stanziato 25 milioni di EUR per l’avvio di una azione preparatoria per la ricerca nel settore della difesa nel quadro del bilancio dell'UE per il 2017 e ha previsto che la sua dotazione possa raggiungere un totale di 90 milioni di EUR per il periodo complessivo 2017-2019 (25 milioni nel 2017, 40 milioni nel 2018 e 25 milioni nel 2019).

Sulla base di risultati dell’azione preparatoria, la Commissione intende istituire un apposito programma di ricerca nel settore della difesa con una dotazione annua stimata di 500 milioni di EUR. La Commissione europea ha annunciato che presenterà la proposta relativa al programma di ricerca post 2020 nel 2018 in modo che il programma possa essere operativo dal 1° gennaio 2021.

Il Consiglio europeo dovrebbe inoltre indicare che lo sviluppo del settore industriale europeo della difesa richiederà anche il sostegno dell'UE agli investimenti delle PMI nel settore della sicurezza e della difesa e rinnovare l'invito rivolto alla Banca europea per gli investimenti a sostenere gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo nel settore della difesa.

Il Consiglio europeo dovrebbe inoltre raggiungere un accordo sulla necessità di avviare una cooperazione strutturata permanente (PESCO). Nel progetto di conclusioni si prevede che verrà inviata una notifica non appena concordato un elenco comune di criteri e impegni vincolanti, in conformità con le disposizioni dei Trattati, che verrà redatto entro tre mesi dagli Stati membri, con un calendario preciso e specifici meccanismi di valutazione, al fine di consentire agli Stati membri in condizione di farlo di svolgere le missioni più impegnative.

Nel progetto di conclusioni si prevede, inoltre, che il Consiglio europeo inviti a concludere rapidamente la discussione sull'uso operativo dei gruppi tattici dell'UE garantendo il finanziamento stabile dei loro costi di schieramento. Si prevede, infine, che il Consiglio acceleri i lavori per migliorare la reattività della gestione civile delle crisi.

Occupazione, crescita e competitività

Mercato unico

Il Consiglio dovrebbe ribadire l’importanza di un mercato unico funzionante per promuovere la crescita, creare posti di lavoro e incoraggiare gli investimenti e l’innovazione.

Il Consiglio dovrebbe soprattutto invitare le istituzioni dell’UE e gli Stati membri ad impegnarsi per completare ed attuare entro il 2018 i diversi piani di azione e le strategie sul mercato unico proposti dalla Commissione europea, con particolare riferimento alla Strategia per il mercato unico digitale e all’Unione dei capitali.

Inoltre, tenendo presente le conclusioni del Consiglio UE competitività del maggio 2017, che richiedono una futura strategia per la politica industriale, il Consiglio europeo dovrebbe sottolineare il ruolo essenziale dell'industria quale principale fattore di crescita, occupazione e innovazione in Europa. In linea con le suddette conclusioni, il Consiglio europeo dovrebbe richiedere azioni concrete per garantire una base industriale forte e competitiva al mercato unico.

Il Consiglio UE competitività del 29-30 maggio 2017 ha chiesto alla Commissione europea di presentare una strategia in materia di politica industriale dell'UE accompagnata da un piano d'azione che includa misure concrete, sviluppato in stretta consultazione con gli Stati membri e le parti interessate.

Si tratterebbe, in sostanza, di dare un’attuazione concreta all’obiettivo fissato nel 2012 dalla Commissione europea di riportare la quota del PIL europeo prodotto dall'industria manifatturiera almeno al 20% entro il 2020. Per effetto della concorrenza aggressiva delle economie emergenti e della crisi economico-finanziaria esplosa nel 2008, il settore manifatturiero ha subito pesanti contraccolpi, specie nei Paesi con maggiore vocazione manifatturiera come l’Italia. Attualmente, la quota delle attività manifatturiere si colloca intorno al 15% del PIL dell’UE.

Strategia per il mercato unico digitale

In tale contesto, il Consiglio dovrebbe accogliere con favore la revisione intermedia dell’attuazione della Strategia per il mercato unico digitale, presentata dalla Commissione europea il 10 maggio 2017.

La revisione valuta i progressi compiuti verso la realizzazione del mercato unico digitale, individuando gli ambiti in cui sono necessari maggiori sforzi e i casi in cui l’evoluzione del panorama digitale richiede nuove azioni a livello dell’UE.

Negli ultimi mesi vi sono stati importanti progressi su alcune proposte attuative della Strategia per il mercato unico digitale. In particolare, sono stati raggiunti accordi in materia di:

La Commissione europea, inoltre, traccia i percorsi da seguire in tre ambiti ritenuti cruciali:

Piano d’azione per l’Unione dei mercati dei capitali

L’8 giugno 2017 la Commissione europea ha presentato una comunicazione che dà conto dell’attuazione del Piano d’azione per l’Unione dei mercati dei capitali (UMC), a due anni dal suo avvio (giugno 2015).

La comunicazione evidenzia che sono stati realizzati circa due terzi delle 33 azioni previste. Tre le misure più rilevanti già adottate figurano:

·        la proposta di regolamento relativo al prospetto da pubblicare per l'offerta al pubblico o l'ammissione alla negoziazione di titoli;

·        la proposta di regolamento che instaura un quadro europeo per le cartolarizzazioni;

·        la proposta di regolamento che modifica la disciplina relativa ai fondi europei per il venture capital e ai fondi europei per l’imprenditoria sociale.

La revisione intermedia definisce inoltre il calendario delle nuove proposte che la Commissione intende presentare nei prossimi mesi, e in particolare:

·       una proposta legislativa su un prodotto pensionistico individuale paneuropeo (2° trimestre 2017);

·       una proposta legislativa per un quadro comune dell'UE sulle obbligazioni garantite, al fine di aiutare le banche a finanziare le proprie attività di prestito (1° trimestre 2018);

·       una proposta legislativa in materia di valori mobiliari, al fine di aumentare la certezza del diritto in materia di detenzione di titoli in un contesto transfrontaliero (3° trimestre 2017).

Ulteriori misure dovrebbero riguardare i seguenti ambiti:

      rafforzare i poteri dell'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (3° trimestre 2017);

      rivedere il trattamento prudenziale delle imprese di investimento (4° trimestre 2017);

      valutare la possibilità di un quadro per il rilascio di licenze e passaporti per le attività di tecnologia finanziaria (4° trimestre 2017);

      misure a sostegno dei mercati secondari per i crediti deteriorati;

      facilitare la distribuzione e la supervisione a livello transfrontaliero degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) e dei fondi di investimento alternativi (FIA) (1° trimestre 2018).

Fondo europeo per gli investimenti strategici

Il Consiglio europeo dovrebbe sollecitare i colegislatori dell’UE (Consiglio dei ministri e Parlamento europeo) ad approvare rapidamente la proposta di proroga del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS, cd. “Piano Juncker”), che prevede:

·       una proroga della durata del FEIS fino al 2020;

·       un aumento dell'obiettivo di investimento fino a 500 miliardi di euro (rispetto ai 315 iniziali);

·       un aumento della garanzia di bilancio dell'UE fino a 26 miliardi di euro (rispetto ai 16 miliardi iniziali);

·       un aumento del contributo della Banca europea per gli investimenti (BEI) fino a 7,5 miliardi di euro (rispetto ai 5 miliardi iniziali).

Alla data del 15 giugno 2017, nell’ambito del FEIS sono stati approvati progetti per circa 39 miliardi di euro, che dovrebbero mobilitare un totale di 209 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi (pari al 66% dell’importo preventivato di 315 miliardi).

Per quanto riguarda l’Italia, risultano approvati o in via di approvazione finanziamenti per un totale di circa 5 miliardi di euro, che dovrebbero mobilitare 32 miliardi, pari a circa il 10% del totale degli investimenti complessivi (l’Italia è il secondo beneficiario degli stanziamenti FEIS, dopo la Francia).

Commercio

Il Consiglio europeo dovrebbe discutere sulle prospettive della politica commerciale. Nel progetto di conclusioni si ribadisce l’impegno dell'UE a mantenere suoi mercati aperti , lottare contro il protezionismo premendo per l'eliminazione di tutte le pratiche distorsive degli scambi e a difendere un sistema commerciale multilaterale aperto e disciplinato da regole, in cui l'OMC abbia un ruolo centrale.

Il Consiglio europeo dovrebbe invitare il Parlamento europeo ed il Consiglio a raggiungere rapidamente un accordo su strumenti di difesa commerciale moderni e compatibili con l'OMC, che rafforzino la capacità dell'UE di combattere efficacemente le pratiche commerciali sleali e le distorsioni del mercato.

Il 18 ottobre 2016 la Commissione europea ha presentato una comunicazione con cui ha sollecitato gli Stati membri ad approvare con urgenza la proposta di regolamento del 2013 volta a modernizzare gli strumenti di difesa commerciale, sulla quale si è prodotta una situazione di stallo per effetto del mancato accordo in sede di Consiglio. Oggetto di controversia è, in particolare, la permanenza o meno della cosiddetta regola del dazio inferiore, che a giudizio della Commissione europea e di alcuni Stati membri (tra cui l’Italia) andrebbe soppressa in quanto non sufficiente a tutelare le imprese europee di fronte al dumping praticato da alcuni partner commerciali, in particolare dalla Cina.

Inoltre, il 9 novembre 2016 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento con cui viene introdotto un nuovo metodo di calcolo del dumping nei confronti di Paesi terzi che adottano pratiche commerciali sleali.

Nel progetto di conclusione si indica anche opportuno valutare ulteriormente misure per potenziare la reattività e l'efficacia degli strumenti di difesa commerciale dell'UE garantendo che i partner commerciali siano ugualmente aperti nei settori degli appalti pubblici e degli investimenti. Si invita, inoltre, la Commissione a esaminare modi per individuare e vagliare gli investimenti dei Paesi terzi in settori strategici, nel rispetto delle competenze degli Stati membri.

Nel progetto di conclusioni si incoraggia a compiere progressi nei negoziati in corso, in particolare con il Mercosur e con il Messico e si indica che i progressi conseguiti di recente nei negoziati con il Giappone aprono la strada ad un accordo politico in tempi brevi.

Semestre europeo

Il Consiglio europeo dovrebbe avallare le raccomandazioni specifiche per Paese, presentate dalla Commissione europea il 22 maggio scorso nell'ambito della procedura del Semestre europeo, in esito all’esame dei rispettivi piani nazionali di riforma (PNR) e programmi di stabilità (per l’Italia, essi sono parte integrante del DEF).

Le raccomandazioni saranno adottate formalmente dal Consiglio ECOFIN nel mese di luglio. Spetterà poi agli Stati membri metterle in atto integrandole nell'elaborazione dei bilanci nazionali e delle politiche pubbliche correlate per il 2018.

Per quanto riguarda l’Italia, la Commissione raccomanda di:

·        realizzare un consistente sforzo di bilancio nel 2018, stimato in premessa nello 0,6% del PIL, in linea con i requisiti del braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita, che contribuisca sia a rafforzare la ripresa in corso che ad assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche dell'Italia;

·        attuare tempestivamente il programma di privatizzazioni e utilizzare le entrate straordinarie per accelerare la riduzione del rapporto debito pubblico/PIL;

·        trasferire il carico fiscale gravante sui fattori produttivi verso imposte meno penalizzanti per la crescita, con esiti neutri per il bilancio, con un'azione decisa per ridurre il numero e l'entità delle agevolazioni fiscali, con la riforma del sistema catastale e con la reintroduzione dell'imposta sulla prima casa a carico delle famiglie con reddito elevato;

·        ampliare l'uso obbligatorio dei sistemi elettronici di fatturazione e pagamento;

·        ridurre la durata del processo civile;

·        potenziare la lotta contro la corruzione, in particolare riformando l'istituto della prescrizione;

·        completare la riforma del pubblico impiego e migliorare l'efficienza delle imprese pubbliche;

·        approvare e attuare rapidamente la legge sulla concorrenza e rimuovere le rimanenti restrizioni alla concorrenza;

·        accelerare la riduzione dello stock dei crediti deteriorati;

·        adottare la revisione complessiva del quadro normativo in materia di insolvenza e di escussione delle garanzie;

·        con il coinvolgimento delle parti sociali, rafforzare il quadro della contrattazione collettiva, al fine di permettere contratti collettivi che tengano maggiormente conto delle condizioni locali;

·        incentivare il lavoro dei secondi percettori di reddito;

·        razionalizzare la spesa sociale e migliorarne la composizione.

Alla luce delle raccomandazioni specifiche dirette all’Italia, il 30 maggio 2017 il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan, ha scritto una lettera al Vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis e al Commissario per gli affari economici e finanziari, Pierre Moscovici, per comunicare la portata dell’aggiustamento strutturale per il 2018 ritenuta adeguata allo stato delle finanze pubbliche dell’Italia: si tratterebbe dello 0,3% del PIL, che consentirebbe al Governo italiano di proseguire nella politica economica che tra 2014 e 2017 ha assicurato:

·        una riduzione del rapporto deficit/PIL (0,3% di PIL per anno);

·        la stabilizzazione del rapporto debito/PIL (atteso in calo per l’anno in corso);

·        un supporto alla crescita del PIL (passata dallo 0,1% del 2014 allo 0,9% del 2016 e attesa all’1,1% nel 2017).

Previsioni economiche della Commissione europea

Si riporta di seguito una tabella riepilogativa e comparativa dei principali indicatori macroeconomici dell’Italia, dell’UE e dell’area euro, sulla base delle previsioni economiche di primavera della Commissione europea (11 maggio 2017):

 

 

PIL (%)

Rapporto deficit/PIL (%)

Rapporto debito/PIL (%)

Tasso di disoccupazione (%)

 

2017

2018

2017

2018

2017

2018

2017

2018

UE-28

1,9

1,9

-1,6

-1,5

84,8

83,6

8,0

7,7

Eurozona

1,7

1,8

-1,4

 

90,3

89,0

9,4

8,9

Italia

0,9

1,1

-2,2

-2,3

133,1

132,5

11,5

11,3

 

Migrazione

Il Consiglio europeo dovrebbe ribadire il proprio impegno a favore dell'approccio globale dell'UE alla migrazione, compresi il controllo efficace delle frontiere esterne al fine di contenere i flussi illegali, la riforma del sistema europeo comune di asilo, nonché l’attuazione della dichiarazione UE Turchia, esprimendo, in particolare, l’intenzione di portare avanti la vigilanza su tutte le rotte migratorie e di rafforzare e sfruttare a pieno le capacità operative della Guardia di frontiera e costiera europea e delle altre Agenzie.

Istituita nell’ottobre del 2016 sulla base di Frontex (rispetto alla quale presenta un mandato operativo più ampio), l’Agenzia della guardia di frontiera e costiera europea sostiene gli Stati membri posti sulla linea di confine esterno dell’Unione europea nella gestione delle frontiere. Attualmente l’Agenzia sta impiegando circa 1.600 guardie di frontiera a sostegno delle forze nazionali, di cui circa 950 in Grecia e oltre 400 in Italia. Tra le principali attività svolte dall’Agenzia, oltre all’assistenza nella cooperazione per il controllo delle frontiere, si ricordano le squadre impiegate per le operazioni di rimpatrio dei migranti irregolari (che hanno organizzato nel 2017circa 6.800 rimpatri) e la valutazione dei sistemi nazionali di gestione delle frontiere esterne.

Il Consiglio dovrebbe altresì esprimere preoccupazione per le perdite di vite umane e il persistere dei flussi migratori soprattutto economici sulla rotta del Mediterraneo centrale.

Secondo l’UNHCR, al 12 giugno 2017, nell’anno in corso sono sbarcati sulle coste meridionali europee oltre 75 mila migranti; la stragrande maggioranza dei flussi del 2017 (oltre 65 mila sbarchi) ha interessato la rotta del Mediterraneo centrale, dalla Libia alle coste italiane.

 

 

 

 

 

La rotta del Mediterraneo orientale (dalla Turchia alle isole greche), che nel 2016 costituiva quasi la metà di tutti gli sbarchi in Europa, ha registrato nel 2017 una significativa diminuzione (circa 7.500 migranti).

L’UNHCR ha stimato che nel 2016 complessivamente sono giunti sulle coste europee 363 mila migranti, di cui oltre 180 mila in Italia e oltre 170 mila in Grecia.

Infine si ritiene che nel 2017 nel Mediterraneo centrale siano morte/disperse oltre 1.800 persone.

Il Consiglio europeo dovrebbe, inoltre, auspicare che l'UE e i suoi Stati membri intensifichino il coordinamento e l'attuazione di tutti gli elementi contenuti nella dichiarazione di Malta, nel quadro di partenariato e nel piano d’azione comune di La Valletta[4], sostenuti da adeguate risorse finanziarie. Tra le priorità indicate dal Consiglio europeo vi dovrebbero essere, infine, il rafforzamento della cooperazione regionale nelle attività di ricerca e soccorso e l’accelerazione del sostegno UE alla formazione e all'equipaggiamento della guardia costiera libica.

Il Consiglio europeo dovrebbe inoltre sottolineare l’importanza del partenariato con l’OIM (Organizzazione internazionale per le migrazioni) e l’UNHCR in particolare in materia di facilitazione di rimpatri e di miglioramento delle condizioni di accoglienza, nonché del rafforzamento della cooperazione con i Paesi di origine e di transito al fine di contenere la pressione migratoria alle frontiere terrestri della Libia e di altri Paesi limitrofi. Dovrebbe, infine, essere enfatizzato l’obiettivo dello smantellamento dei modelli delle attività della tratta e del traffico di esseri umani anche attraverso un migliore controllo del commercio di equipaggiamenti utilizzati in tali attività criminali.

Approvata in occasione della riunione informale del Consiglio europeo tenutasi il 3 febbraio 2017, la Dichiarazione di Malta reca una serie di azioni prioritarie in materia di flussi migratori irregolari lungo la rotta del Mediterraneo centrale.

Tali misure riguardano, tra l’altro: la formazione, l’equipaggiamento e il supporto alla guardia costiera nazionale libica; lo smantellamento del modello di attività dei trafficanti; il sostegno allo sviluppo delle comunità locali in Libia, in particolare nelle zone costiere e presso le frontiere terrestri libiche, la capacità e le adeguate condizioni di accoglienza dei migranti in Libia, con l supporto di UNHCR e dell’OIM (Organizzazione internazionale per le migrazioni); il sostegno all'OIM in materia di attività di rimpatrio volontario assistito; il rafforzamento delle campagne di informazione e di sensibilizzazione destinate ai migranti in Libia; il dialogo e la cooperazione con i Paesi confinanti con la Libia per quanto riguarda la prevenzione delle partenze e la gestione dei rimpatri.

Il Nuovo quadro di partenariato, presentato dall’UE nel giugno 2016 reca una serie di principi da attuare in sede di negoziati UE con i principali Paesi terzi di origine e di transito dei migranti, che includono tra l’altro:

•      una combinazione di incentivi positivi e negativi nel campo dello sviluppo e del commercio a seconda del grado di collaborazione dei Paesi terzi nella gestione della migrazione.

•      lo smantellamento delle reti dei trafficanti e la creazione di rotte migratorie legali;

•      il potenziamento dei mezzi finanziari a sostegno dello sviluppo dei Paesi africani.  

La Commissione europea sta effettuando un monitoraggio periodico dei risultati dei primi compact, con particolare riferimento ai cinque Paesi terzi considerati prioritari: Niger, Nigeria, Senegal, Mali e Etiopia.

Il Consiglio europeo dovrebbe inoltre confermare la necessità di sforzi ulteriori per conseguire autentici progressi nella politica di rimpatrio. In particolare, il Consiglio europeo dovrebbe sottolineare la necessità di predisporre, sulla base del piano d'azione rinnovato sul rimpatrio, senza ulteriori indugi accordi di riammissione efficaci e pragmatici con i Paesi terzi al livello UE senza ulteriori indugi, facendo ricorso a tutti i mezzi possibili, compreso, ove necessario, un riesame della politica in materia di visti nei confronti dei Paesi terzi, e nel contesto dei prossimi negoziati sull’accordo di Cotonou[5].

Il nuovo Piano di azione in materia di rimpatri è stato presentato dalla Commissione europea il 2 marzo 2017 unitamente alle raccomandazioni indirizzate agli Stati membri sull’attuazione delle procedure di rimpatrio. Il Piano d'azione prevede, tra l’altro:

•      l’aumento del sostegno finanziario agli Stati membri con 200 milioni di euro nel 2017 destinati alle attività nazionali in materia di rimpatrio, nonché a specifiche attività comuni europee di rimpatrio e reintegrazione;

•      il miglioramento dello scambio di informazioni tra Stati membri in materia di esecuzione di rimpatri;

•      scambio delle migliori pratiche per garantire programmi di reintegrazione uniformi in tutti gli Stati membri;

•      sostegno agli Stati membri tramite l'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, che dovrà potenziare l'assistenza pre-rimpatrio, aumentare il personale della sua unità di sostegno ai rimpatri e istituire entro giugno un meccanismo di voli commerciali per finanziare i rimpatri;

•      conclusione di accordi di riammissione con la Nigeria, la Tunisia e la Giordania e coinvolgimento di Marocco e Algeria.

Il Consiglio europeo dovrebbe ribadire le sue precedenti conclusioni sulla riforma del Sistema europeo comune di asilo, registrando in particolare i progressi compiuti durante la Presidenza maltese del Consiglio UE, con particolare riguardo alla complessiva riforma del Sistema che dovrebbe trovare il giusto equilibrio tra responsabilità e solidarietà e garantire la resilienza a crisi future.

Il Consiglio europeo dovrebbe sottolineare la necessità che il Sistema comune europeo di asilo sia efficiente, in grado di sopportare la pressione migratoria, eliminare fattori di attrazione e movimenti secondari, in conformità del diritto internazionale, e di fornire un sostegno adeguato agli Stati membri più colpiti.

A tal fine, il Consiglio europeo dovrebbe invitare la Commissione europea ad esplorare possibili soluzioni per allievare l’onere che grava sugli Stati membri in prima linea.

Si ricorda che, nell’ambito della complessiva revisione del Sistema europeo comune di asilo, la proposta di riforma del regolamento Dublino, presentata dalla Commissione europea nel 2016 e tuttora all’esame delle Istituzioni europee, pur tenendo fermo il principio dello Stato di primo approdo (fortemente penalizzante per gli Stati membri, come l’Italia, posti sulla linea di confine esterno dell’UE), prevede l’istituzione di meccanismo di solidarietà per il quale, superata un certa soglia di richiedenti asilo presso uno Stato membro, è possibile beneficiare, fino a quando il numero di domande non sia ridisceso al di sotto della quota di riferimento, della redistribuzione dei rifugiati tra gli altri Stati dell’Unione europea.

Allo stato, tuttavia, l’iter della proposta sconta forti rallentamenti per l’opposizione di alcuni Stati membri (in particolare il cosiddetto gruppo dei Paesi di Visegrad) a meccanismi obbligatori di redistribuzione dei richiedenti asilo.  

Infine il Consiglio europeo dovrebbe soffermarsi sul concetto di “Paese terzo sicuro” esprimendo l’esigenza che sia allineato rigorosamente agli obblighi derivanti dalla Convenzione di Ginevra e dal diritto primario dell'UE, nel rispetto delle competenze dell'UE e degli Stati membri a norma dei trattati.

Sono considerati "Paesi terzi sicuri" quei Paesi che rispettano una serie di standard minimi in materia di diritti umani, tra i quali la possibilità per i richiedenti asilo di ottenere in tali Stati protezione internazionale.

In sostanza, secondo la riforma del Sistema comune europeo di asilo, l’accertamento di un legame tra il richiedente asilo e un Paese terzo sicuro (a certe condizioni, e salva la possibilità del richiedente di opporsi alla luce della sua situazione individuale) comporterebbe la dichiarazione di inammissibilità della domanda.

In particolare, per quanto riguarda l'accesso alla procedura di esame di una domanda di protezione internazionale, la riforma del sistema Dublino introduce l’obbligo, prima dell’avvio del processo di determinazione dello Stato membro competente a carico dello Stato membro in cui è presentata la domanda, di verificare se la domanda sia inammissibile in ragione del fatto che il richiedente proviene da un primo Paese di asilo[6] o da un Paese terzo sicuro, nel qual caso il richiedente sarà rinviato nel primo Paese di asilo o nel Paese terzo sicuro e lo Stato membro che ha provveduto alla verifica dell’inammissibilità sarà considerato competente per la domanda.

Il Consiglio europeo dovrebbe invitare la Presidenza entrante a portare avanti i negoziati su tale base, con il sostegno "attivo" della Commissione europea.

Accordo di Parigi sul cambiamento climatico

Il Consiglio europeo dovrebbe ribadire l'impegno dell'UE ad attuare in modo rapido e nella sua interezza l'accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, inclusi gli obiettivi in materia di finanziamenti per il clima, e a guidare la transizione mondiale verso l'energia pulita.

L’accordo di Parigi raggiunto il 12 dicembre 2015 tra 197 parti prevede di contenere l'aumento della temperatura terrestre al di sotto di 2 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali, compiendo gli sforzi possibili per raggiungere la soglia di 1,5 gradi centigradi. Si è convenuto, inoltre, di rendere disponibili ogni anno, a partire dal 2020, 100 miliardi di dollari in prestiti e donazioni per sostenere i Paesi in via di sviluppo nelle azioni per il clima.

Il Consiglio europeo dovrebbe ribadire, inoltre, che l'accordo:

In tale contesto, il Consiglio europeo dovrebbe richiamare il nuovo Consenso europeo sullo sviluppo, di recente adozione, quale ulteriore contributo al conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Lo scorso 8 giugno l’Unione europea e i suoi Stati membri hanno sottoscritto il nuovo Consenso europeo per lo sviluppo, la nuova visione strategica che guiderà la politica europea in materia di sviluppo in linea con l’Agenda 2030, approvata dall’ONU nel settembre 2015. Il nuovo Consenso europeo recepisce i principi dell’Agenda 2030 e dei suoi Obiettivi dell’Agenda di sviluppo sostenibile (SDD), riguardanti le persone, il pianeta, la pace, la prosperità e il partenariato (le c.d. “5P”). Esso integra le dimensioni economica, sociale e ambientale dello sviluppo sostenibile e sottolinea l'interazione tra sviluppo, pace e sicurezza, aiuti umanitari, migrazione, ambiente e clima.

Il Consiglio europeo, infine, dovrebbe confermare le intenzioni dell’UE di rafforzare la cooperazione con i partner internazionali nel quadro dell'accordo di Parigi, in particolare con i paesi più vulnerabili.

Il contributo dell'UE all'accordo prevede:

Per il conseguimento di tali obiettivi, la Commissione europea ha presentato le seguenti iniziative: le proposte di riforma delle direttive Emission trading system (ETS) e Effort sharing (ESD), per la riduzione dei gas a affetto serra, e il pacchetto “Energia pulita per tutti gli europei”, contenente proposte su efficienza energetica e energie rinnovabili. Le proposte sono state esaminate o sono in corso di esame presso le Commissioni competenti della Camera.

Recentemente il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato il ritiro degli Stati Uniti dall'accordo di Parigi sul clima e l’intenzione di avviare i negoziati per un nuovo accordo sul clima. In una nota congiunta, i Capi di Governo italiano, tedesco e francese hanno preso atto con rincrescimento della decisione degli Stati Uniti di ritirarsi dall'accordo sul clima e hanno ribadito che: “l'Accordo di Parigi rimane una pietra angolare della cooperazione tra i nostri paesi per affrontare efficacemente e tempestivamente i cambiamenti climatici e per attuare gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda del 2030. Crediamo fermamente che l'accordo di Parigi non possa essere rinegoziato, in quanto strumento vitale per il nostro pianeta, le società e le economie. Siamo convinti che l'attuazione dell'accordo di Parigi offra grandi opportunità economiche per la prosperità e la crescita nei nostri paesi e su scala globale". Anche Cina, Russia e India hanno confermato il loro impegno nell’attuazione dell’accordo di Parigi.

Gli Stati Uniti sono il secondo produttore mondiale di gas serra, con il 14% delle emissioni globali (dati 2016). Gli Usa nel 2015 hanno ridotto le emissioni del 2,6% e nel 2016 dell'1,7%, grazie soprattutto agli investimenti nelle energie rinnovabili. Il primo produttore è la Cina, con il 29%. Nel 2015 le emissioni cinesi si sono ridotte dello 0,7% e nel 2016 di un ulteriore 0,5%. Nei dieci anni precedenti, la produzione di gas serra della Cina è aumentata in media del 5% l’anno. Il calo è dovuto, in particolare, alla chiusura di centrali a carbone e all'apertura di centrali nucleari e a gas, oltre che ai massicci investimenti in eolico e fotovoltaico. L'Unione europea è il terzo produttore mondiale di gas serra, con il 10%. Negli ultimi vent'anni le emissioni dell’UE sono scese costantemente (-24,4% dal 1990 al 2014, con un incremento in controtendenza dell’1,3% nel 2015), soprattutto grazie allo sviluppo delle energie rinnovabili. L'India contribuisce per il 7% ed ha registrato un aumento del 5,1% nel 2015 (Fonte: Commissione europea).

 

Europa digitale

In vista del programma di lavoro del secondo semestre dell'anno, e in particolare del vertice sul digitale che si terrà a Tallinn il 29 settembre 2017, il Consiglio europeo dovrebbe porre in evidenza l'estrema importanza dell'Europa digitale e sottolineare l'esigenza di passare da un approccio settoriale a un approccio globale, considerando in una prospettiva più ampia mercati, infrastrutture, aspetti sociali, norme e standard, dati e contenuti, investimenti, cibersicurezza, nonché ricerca e sviluppo.

Per rispondere alle attuali e future sfide in materia di cibersicurezza, il Consiglio europeo dovrebbe accogliere con favore l'intenzione della Commissione di presentare una nuova strategia per la cibersicurezza orientata al futuro.

Nel 2013 è stata adottata la strategia dell’UE per la sicurezza informatica e a luglio 2016 è stato adottato il primo atto legislativo dell’Unione in materia, la direttiva dell'Unione europea sulla sicurezza delle reti e dei sistemi informativi (direttiva 2016/1148), che ha istituito le strutture necessarie per la cooperazione strategica e operativa tra Stati membri e per rendere più resilienti le reti e i sistemi di informazione all’interno dell’UE. Nel 2016 è stato, inoltre, istituito un partenariato pubblico-privato sulla sicurezza informatica, con un investimento da parte dell'Unione europea, nel quadro del programma di ricerca e innovazione Horizon 2020, di 450 milioni di euro, che insieme agli investimenti degli operatori del mercato della cibersicurezza, rappresentati dall’Organizzazione europea per la sicurezza informatica (ECSO), dovrebbero portare a raccogliere la cifra di 1,8 miliardi di euro.

Rispetto al 2013 gli attacchi informatici sono in forte aumento e assumono sempre più spesso una dimensione transfrontaliera. Conseguentemente, la Commissione europea, nella suddetta revisione intermedia, ha sottolineato l’esigenza di riesaminare la strategia dell’UE per la sicurezza informatica. Attualmente è in corso una valutazione volta a verificarne l’efficacia e a individuare le eventuali lacune nell’azione dell’UE.

 

 

 

 

I risultati della valutazione saranno inseriti in una revisione integrata e a lungo termine, con l’obiettivo di determinare l’apporto che l’UE può dare a livello mondiale per la promozione della sicurezza informatica in termini di prevenzione, resilienza, risposta, dissuasione, gestione delle crisi.

Secondo un sondaggio pubblicato dalla Commissione europea, almeno l'80% delle imprese europee ha subito almeno un incidente di sicurezza informatica nel corso del 2015, mentre il numero degli incidenti in tutti i comparti industriali a livello mondiale è aumentato del 38%.

Per quanto riguarda gli utenti di Internet, invece, secondo un’indagine condotta da Eurostat nel 2016, il 25% degli utenti di Internet nell'UE ha sperimentato nel 2015 problemi legati alla sicurezza (virus, abuso di dati personali, perdite finanziarie). Dall’inizio del 2016, inoltre, si sono verificati ogni giorno più di 4.000 attacchi basati sul ransomware, con un aumento del 300% rispetto al 2015.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

XVII legislatura – Documentazione per l’Assemblea, senato n. 70 – camera n. 19, 20 giugno 2017

Senato della Repubblica – Servizio Studi (' 06 6706.2451 - * studi1@senato.it - Twitter_logo_blue.png@SR_Studi)

Camera dei deputati - Ufficio Rapporti con l’Unione europea (' 06 6760.2145 - * cdrue@camera.it)

 



[1] Il Forum dell’UE su Internet è un organismo istituito dalla Commissione europea che riunisce i Ministri dell’interno degli Stati membri, rappresentanti di alto livello di importanti web company, Europol, il coordinatore dell'Unione europea per il terrorismo e il Parlamento europeo, con l’obiettivo di principale di elaborare misure per ridurre l'accessibilità ai contenuti terroristici e all’hate speech on line, e rafforzare, in particolare grazie al partenariato con la società civile le narrazioni alternative in rete.

Nell’ambito del Forum alcune importanti compagnie IT si sono impegnate a realizzare un meccanismo di rimozione dei contenuti Internet di matrice terroristica con la collaborazione di Europol, l’Agenzia europea per la cooperazione nelle attività di contrasto al crimine, nonché un database condiviso volto a identificare i contenuti potenzialmente terroristici sui social media e a impedirne la ricomparsa su altre piattaforme.

È stato inoltre avviato il Civil Society Empowerment Programme, con una dotazione iniziale di 10 milioni di euro, volto a sostenere soggetti e organizzazioni della società civile nelle attività di diffusione di narrazione on line alternativa ai messaggi provenienti da estremisti e terroristi violenti.

[2] La cifratura punto a punto (end to end encryption) consiste in una tecnologia impiegata da piattaforme di comunicazione elettronica volta a crittografare i messaggi interpersonali in modo da renderli non intercettabili.

[3] Il Centro di eccellenza per il contrasto alle minacce ibride sorto sulla base di una iniziativa congiunta di Finlandia, Francia, Germania, Lettonia, Lituania, Polonia, Svezia, Regno unito e Stati uniti ha gli obiettivi di incoraggiare il dialogo a livello strategico in tale ambito e condurre ricerca e analisi ed attività di formazione ed esercitazioni per migliorare le capacità di contrasto alle minacce ibride.

 

[4] Il Piano di azione di La Valletta è stato approvato in esito al summit UE Africa del 11-12 novembre 2015, al quale hanno partecipato, tra l’altro, i capi di Stato e di Governo dell'Unione europea e dei Paesi africani parti del processo di Khartoum (in particolare i Paesi del Corno d'Africa e l’Egitto) e del processo di Rabat (gli Stati delle regioni dell’Africa settentrionale, occidentale e centrale). Il Piano mira, tra l’altro, ad affrontare le cause profonde della migrazione irregolare e dello spostamento obbligato dei migranti africani, e a stabilire una più stretta cooperazione in materia di rimpatrio, riammissione e reinserimento dei migranti irregolari. Accanto al Piano, il Vertice ha previsto la creazione dell’EU-Africa Trust Fund con una dotazione che si è attestata progressivamente a oltre 2 miliardi di euro finanziata in parte dal bilancio UE e in parte da contributi degli Stati membri, al fine di sostenere, tra l’altro, programmi di sviluppo in quelle aree dell’Africa di origine e di transito dei migranti verso l’UE (Sahel, Corno d’Africa, Africa del Nord).

 

[5] L'Accordo di Cotonou, sottoscritto nel 2000 con i Paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) con gli obiettivi della riduzione e, in prospettiva, dell'eliminazione della povertà e della progressiva integrazione nell'economia mondiale dei Paesi ACP, nel rispetto degli obiettivi dello sviluppo sostenibile, prevede tra l’altro che Stati dell’UE, da un lato,  e Stati ACP, dall’altro,  accettino reciprocamente il rimpatrio e la riammissione dei rispettivi cittadini presenti illegalmente sul territorio della controparte senza ulteriore formalità.

[6] Il primo Paese di asilo è un Paese terzo in cui il richiedente ha beneficiato di protezione in virtù della convenzione di Ginevra o di protezione sufficiente e può ancora ricevervi la medesima protezione.