Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Consiglio europeo Bruxelles, 9-10 marzo 2017
Serie: Documentazione per l'Assemblea - Esame di atti e documenti dell'UE    Numero: 17
Data: 07/03/2017
Descrittori:
CONSIGLIO EUROPEO     

7 marzo 2017

 

n. 17

Consiglio europeo
Bruxelles, 9-10 marzo 2017

Il Consiglio europeo del 9-10 marzo 2017, in base all’ordine del giorno, dovrebbe discutere di:

Inoltre, il Consiglio europeo dovrebbe eleggere il suo Presidente per il periodo dal 1° giugno 2017 al 30 novembre 2019, nonché prendere atto della mancanza di consenso tra gli Stati membri sull’istituzione della procura europea.

Il 27 febbraio 2017 è stato pubblicato un primo progetto di conclusioni che è all’esame del Consiglio dell’UE affari generali del 7 marzo 2017.

A margine del Consiglio europeo è previsto lo svolgimento di una riunione informale dei 27 Capi di Stato o di governo (ad esclusione del Regno Unito) per preparare l’evento celebrativo dei 60 anni dalla firma dei Trattati di Roma (previsto a Roma il 25 marzo p.v.).

 


Occupazione. crescita e competitvità

Priorità di politica economica per il 2017

Il Consiglio europeo dovrebbe avallare le grandi priorità di politica economica indicate nell’Analisi annuale della crescita, presentata dalla Commissione europea il 16 novembre 2016, invitando gli Stati membri ad attuarle nei rispettivi programmi nazionali di riforma e di stabilità. Tali grandi priorità sono riassumibili in:

·        promozione degli investimenti;

·        prosecuzione delle riforme strutturali;

·        adozione di politiche di bilancio responsabili.

I temi enucleati nell'Analisi annuale della crescita sono ripresi nella raccomandazione sulla politica economica della zona euro, che sarà anch’essa sottoposta all’approvazione del  Consiglio europeo. Nella raccomandazione si invitano gli Stati membri della zona euro ad adottare, individualmente e collettivamente, nell'ambito dell'eurogruppo, provvedimenti finalizzati a:

·        dare priorità a riforme che aumentino la produttività, migliorino il contesto istituzionale e imprenditoriale, rimuovano gli ostacoli agli investimenti e sostengano la creazione di posti di lavoro. Gli Stati membri con disavanzi delle partite correnti o con un elevato debito estero dovrebbero aumentare la produttività e, nel contempo, contenere il costo del lavoro per unità di prodotto. Gli Stati membri con un ampio avanzo delle partite correnti (la Germania ha registrato nel 2016 un avanzo pari all’8,7% del PIL) dovrebbero attuare in via prioritaria misure, tra cui riforme strutturali e promozione degli investimenti, che contribuiscano a rafforzare la domanda interna.

Ai fini della promozione degli investimenti, il Consiglio europeo dovrebbe chiedere l’approvazione in tempi rapidi della proposta di proroga del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS, cd. “Piano Juncke”), che prevede:

-       una proroga della durata del FEIS fino al 2020;

-       un aumento dell'obiettivo di investimento fino a 500 miliardi di euro (rispetto ai 315 iniziali);

-       un aumento della garanzia di bilancio dell'UE fino a 26 miliardi di euro (rispetto ai 16 miliardi iniziali);

-       un aumento del contributo della Banca europea per gli investimenti (BEI) fino a 7,5 miliardi di euro (rispetto ai 5 miliardi iniziali);

·        puntare, nelle politiche di bilancio, a un equilibrio appropriato tra l'esigenza di assicurare la sostenibilità e la necessità di sostenere gli investimenti per rafforzare la ripresa. In particolare, gli Stati membri che, secondo la valutazione della Commissione, rischiano di non soddisfare i parametri del Patto di stabilità e crescita dovrebbero adottare tempestivamente misure supplementari al fine di garantirne il rispetto. Per contro, gli Stati membri che hanno superato i rispettivi obiettivi a medio termine sono invitati a continuare a dare priorità agli investimenti per rilanciare il potenziale di crescita

·        attuare riforme basate su un efficace dialogo sociale che favoriscano la creazione di posti di lavoro, l'equità sociale e la convergenza, prevedendo contratti d'impiego affidabili che offrano flessibilità e sicurezza sia ai lavoratori che ai datori di lavoro, sistemi di istruzione e formazione efficienti e di qualità e strategie globali di apprendimento permanente, politiche attive efficaci per l'occupazione e sistemi moderni e adeguati di protezione sociale;

Previsioni economiche

Alla luce delle previsioni economiche presentate dalla Commissione europea il 13 febbraio u.s., per la prima volta dal 2008 si prospetta una crescita economica in tutti gli Stati membri dell'UE per tutto il periodo di previsione (2016, 2017, 2018), e in particolare:

          Crescita del PIL

 

2016

%

2017

%

2018

%

UE-28

1,9

1,8

1,8

Eurozona

1,7

1,6

1,8

Francia

1,2

1,4

1,7

Germania

1,9

1,6

1,8

Italia

0,9

0,9

1,1

Spagna

3,2

2,3

2,1

Secondo la Commissione, i consumi privati dovrebbero rimanere il principale motore della crescita, sostenuti da un aumento della crescita nominale dei salari.

Gli investimenti dovrebbero continuare ad aumentare, ma solo moderatamente, sostenuti da una serie di fattori quali costi di finanziamento molto bassi:

Andamento degli investimenti (pubblici e privati) 

 

2016

%

2017

%

2018

%

UE-28

2,3

2,9

3,1

Eurozona

2,8

2,9

3,4

Francia

2,8

3,1

4,1

Germania

2,5

2,1

2,5

Italia

1,9

2,4

3,1

Spagna

3,7

3,4

3,8

 

La crescita del PIL e degli investimenti dovrebbe avere, tuttavia, ricadute poco significative sui tassi di disoccupazione (con la sola eccezione della Spagna):

          Tasso di disoccupazione

 

2016

%

2017

%

2018

%

UE-28

8,5

8,1

7,8

Eurozona

10,0

9,6

9,1

Francia

10,0

9,9

9,6

Germania

4,1

4,1

4,1

Italia

11,7

11,,6

11,4

Spagna

19,6

17,7

16,0

 

I disavanzi pubblici dovrebbero continuare la loro parabola discendente (con le eccezioni di Francia e Italia):

          Rapporto deficit/PIL

 

2016

%

2017

%

2018

%

UE-28

1,9

1,7

1,6

Eurozona

1,7

1,4

1,4

Francia

-3,3

-2,9

-3,1

Germania

0,6

0,4

0,4

Italia

-2,3

-2,4

-2,4

Spagna

-4,7

-3,5

-2,9

 

Per quanto concerne rapporto debito pubblico/PIL, a fronte di una media UE ed area euro in diminuzione, Francia, Italia e Spagna registrano valori stazionari o in leggero aumento:

          Rapporto debito/PIL

 

2016

%

2017

%

2018

%

UE-28

85,1

84,8

83,6

Eurozona

91,5

90,4

89,2

Francia

96,4

96,7

97,0

Germania

68,2

65,5

62,9

Italia

132,8

133,3

133,2

Spagna

99,7

100,0

99,7

 

Unione bancaria

Il Consiglio europeo dovrebbe ribadire la necessità di completare l'Unione bancaria in termini di riduzione e condivisione dei rischi nel settore finanziario, nell'opportuna sequenza.

Ai primi due pilastri (meccanismo unico di vigilanza e del sistema unico di risoluzione delle crisi bancarie) si dovrebbe ora affiancare un terzo, con l’introduzione di un sistema comune di assicurazione dei depositi bancari.

La disciplina attualmente in vigore, infatti, si limita ad armonizzare i livelli di tutela offerti dai sistemi di garanzia dei depositi – SGD - nazionali.

Allo scopo di eliminare le asimmetrie residue e completare l’architettura dell’Unione bancaria, il 24 novembre 2015 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento che istituisce un sistema comune di assicurazione dei depositi bancari (European deposit insurance system, EDIS), che non prevederebbe costi aggiuntivi per gli istituti di credito europei: infatti, le banche continuerebbero a finanziare il loro fondo nazionale che poco alla volta confluirebbe nel fondo europeo (il processo di mutualizzazione terminerebbe nel 2024).

Il negoziato sulla proposta relativa all’EDIS appare molto complesso, avendo alcuni Stati membri (tra cui la Germania, Finlandia e Austria) richiesto che l’approvazione del sistema comune di assicurazione dei depositi sia subordinata alla previa armonizzazione di altre importanti normative nazionali, quali le leggi fallimentari, la disciplina delle garanzie, alcuni aspetti relativi al trattamento fiscale e, soprattutto, all’introduzione di requisiti prudenziali sui titoli di Stato detenuti dalle banche. Più in generale, dietro le resistenze della Germania e degli altri paesi c’è la contrarietà a qualunque forma di mutualizzazione che si determinerebbe qualora il Fondo comune fosse chiamato a far fronte a situazioni di crisi di banche di altri Paesi. A questo riguardo occorre ricordare che l’Italia nell’attuale fase risulta particolarmente vulnerabile per l’elevato livello delle sofferenze che si riscontra in alcune banche e che risulta largamente superiore alla media europea.

Sulla questione relativa al trattamento dell'esposizione delle banche ai titoli di stato, l’ECOFIN del 17 giugno 2016 ha concordato di attendere i risultati del Comitato di Basilea, che opera all’interno della Banca per i regolamenti internazionali (BRI).

Tale soluzione corrisponde agli orientamenti dell’Italia, espressi anche nel documento finale approvato dalla VI Commissione (Finanze) della Camera in esito all’esame della proposta di regolamento sull’EDIS: nel documento si sottolinea che la questione debba essere affrontata nella sede propria della Banca per i regolamenti internazionali, evitando di introdurre a livello europeo una disciplina più stringente di quella che verrebbe applicata altrove. Nell’ambito del Comitato di Basilea prevale l’atteggiamento di chi, come gli Stati Uniti, è assolutamente contrario a introdurre regole più rigorose sui titoli di Stato detenuti nel portafoglio delle banche. L’obiettivo ultimo di chi propone norme stringenti al riguardo è quello di indurre i Paesi più indebitati a ridurre il debito pubblico e quindi il volume dei titoli di Stato in circolazione.

Il Consiglio europeo dovrebbe inoltre invitare il l Consiglio dell’UE a concludere, entro la fine dell'anno, l'esame delle proposte tese ad aumentare la resilienza del settore finanziario.

In particolare, si tratta di un pacchetto di proposte che mirano a:

·        modificare il quadro legislativo vigente relativo ai requisiti di capacità aggiuntiva di assorbimento di eventuali perdite bancarie (total loss absorbing capacity, TLAC) e ai requisiti minimi in materia di fondi propri e passività ammissibili (minimum requirement for own funds and eligible liabilities, MREL);

·        modificare la disciplina dei requisiti patrimoniali delle banche, al fine di armonizzare o ulteriormente specificare le opzioni e discrezionalità concesse agli Stati membri, da un lato, e di introdurre un coefficiente di leva finanziaria, possibilmente fissato sopra al 3%, per le banche di importanza sistemica;

·        nuove norme armonizzate sull'entità delle fonti di finanziamento stabili e a lungo termine di cui un ente ha bisogno per far fronte ai periodi di stress di mercato e difficoltà di finanziamento;

In questo contesto il Consiglio europeo dovrebbe infine ribadire l'importanza della cooperazione internazionale nella concezione di norme prudenziali e di vigilanza comuni per i servizi finanziari.

Mercato unico

Il Consiglio dovrebbe ribadire l'importanza di cogliere i benefici dell'era digitale e di un prospero settore dei servizi.

Per quanto concerne il mercato unico digitale, si evidenzia che negli ultimi mesi vi sono stati importanti progressi su alcune proposte attuative della Strategia.

In particolare, lo scorso 14 dicembre il Parlamento europeo e il Consiglio hanno raggiunto un accordo informale sulla proposta di decisione della Commissione europea COM(2016)43 sul coordinamento dell’uso della banda di frequenza 700 MHz (694-790 MHz) per servizi di internet mobile a partire dal 2020.

Inoltre, lo scorso 1 febbraio il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione europea hanno raggiunto un accordo sulla proposta di regolamento relativa alle tariffe del mercato del roaming all’ingrosso COM(2016)399, ultimo passo verso la fine delle tariffe di roaming al dettaglio entro il 15 giugno 2017.

Il 7 febbraio scorso poi è stato raggiunto un accordo, tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione europea, sulla proposta di regolamento COM(2015)627, in materia di portabilità transfrontaliera dei servizi di contenuti online nel mercato interno, che intende garantire che gli abbonati a servizi di contenuti online nell'Unione, quando siano temporaneamente presenti in uno Stato membro diverso da quello di residenza, abbiano accesso a tali servizi e possano fruirne.

Per quanto riguarda il settore dei servizi, la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure per affrontare gli ostacoli sul mercato dei servizi (COM(2016)820, COM(2016)821, COM(2016)822, COM(2016)823 e COM(2016)824). Le iniziative, adottate il 10 gennaio 2017, prevedono in particolare: una nuova e-card europea dei servizi, la valutazione della proporzionalità delle norme nazionali sui servizi professionali, gli orientamenti per le riforme nazionali in materia di regolamentazione delle professioni e una migliore notifica dei progetti di norme nazionali sui servizi.

Il Consiglio europeo, inoltre, dovrebbe accogliere con favore la decisione della Commissione di affrontare il tema della qualità differenziata dei prodotti alimentari nel mercato interno nel Forum di alto livello per un migliore funzionamento della filiera alimentare. Il Forum, istituito nel 2010 e prorogato per un quadriennio nel 2015, è composto da un gruppo di esperti che assiste la Commissione europea nello sviluppo della politica industriale nel campo agro-alimentare, analizzando i principali fattori che determinano la competitività dell’intera filiera alimentare. Il Forum si è riunito il 15 dicembre 2016 e ha sottolineato la necessità di garantire una catena di approvvigionamento alimentare equa e ben funzionante nel mercato interno.

Politica commerciale

Il Consiglio europeo dovrebbe esprimere apprezzamento per il  voto favorevole espresso dal Parlamento europeo sull'accordo economico e commerciale globale tra l'UE e il Canada (CETA) e ne attende con interesse l'imminente applicazione provvisoria.

L’accordo CETA, è firmato lo scorso 30 ottobre, è volto a promuovere la liberalizzazione delle relazioni commerciali e di investimento tra UE e Canada. Il Parlamento europeo ha approvato l’accordo il 15 febbraio 2017 (408 voti favorevoli, 254 contrari e 33 astensioni). In attesa della ratifica da parte di tutti gli Stati membri (l’accordo è stato infatti ritenuto misto dalla Commissione europea), l’accordo dovrebbe entrare provvisoriamente in vigore il 1° aprile 2017 per le parti relative a materia sottoposte a competenza esclusiva dell’UE. L’accordo prevede l'eliminazione di circa il 99% dei dazi doganali esistenti tra le due aree economiche sui beni industriali e agricoli e nel settore della pesca.

Nel progetto di conclusioni si indica che l'UE rimane fermamente impegnata a favore di una politica commerciale incisiva in un sistema commerciale multilaterale aperto e disciplinato da regole, dotandosi nel contempo di strumenti moderni volti a contrastare le pratiche commerciali sleali.

A tal fine, il Consiglio europeo dovrebbe invitare alla rapida adozione delle proposte pertinenti a tale riguardo.

Si tratta, nello specifico, della proposta di regolamento COM(2013)192, volta a modernizzare gli strumenti di difesa commerciale, la cui approvazione è stata sollecitata anche con la comunicazione COM(2016)690 del 18 ottobre 2016 e sulla quale si è prodotta una situazione di stallo per effetto del mancato accordo in sede di Consiglio, in particolare sulla permanenza o meno della cosiddetta regola del dazio inferiore, e della proposta di regolamento COM(2016)721 del 9 novembre 2016, con cui viene introdotto un nuovo metodo di calcolo del dumping nei confronti di Paesi terzi che adottano pratiche commerciali sleali, rispondendo così anche agli effetti prodotti dalla decadenza di alcune disposizioni del Protocollo di adesione della Cina al WTO, in merito alla quale nei negoziati in corso si registrano divergenze tra gli Stati membri sui criteri del nuovo metodo di calcolo del dumping e sull’eventuale riconoscimento alla Cina dello status di economia di mercato.

Su tali proposte, la X Commissione (Attività produttive) della Camera dei deputati, in data 9 febbraio 2017, ha adottato un documento finale.

Nel progetto di conclusioni si indica che l'UE continuerà a dialogare attivamente con i partner commerciali internazionali, anche portando avanti i negoziati in corso per accordi di libero scambio equilibrati, in particolare con il Giappone.

Sicurezza esterna e difesa

Il Consiglio europeo dovrebbe discutere sui progressi nell’attuazione della strategia globale dell’UE in materia di sicurezza e difesa.

Si ricorda che le iniziative delle Istituzioni dell’UE volte a promuovere una più forte integrazione degli Stati membri dell’UE nel settore della difesa si articolano al momento su tre filoni: 1) attuazione delle priorità indicata dalla nuova Strategia globale, in particolare attraverso il piano di attuazione per la sicurezza e difesa, presentato dall’Alta Rappresentante, Federica Mogherini, il 14 novembre 2016; 2) il piano di azione per la difesa europea (European Defence Action Plan – EDAP) presentato dalla Commissione europea il 30 novembre 2016; 3) i lavori per l’attuazione della dichiarazione congiunta UE NATO sul rafforzamento delle cooperazione in materia di sicurezza e difesa, adotta a margine del Vertice NATO che si è svolto l’8 e 9 luglio 2016 in Polonia.

Consiglio europeo dell’15 e 16 dicembre 2016, ha impegnato l’Alta Rappresentante a presentare nel 2017 proposte  per:

·      l’avvio dell’esame delle potenziali di una cooperazione strutturata permanente in ambito PSDC (Politica di sicurezza e difesa comune);

·      l’istituzione di una capacità permanente di pianificazione operativa e conduzione a livello strategico per le missioni militari senza compiti esecutivi;

·      l’istituzione di una procedura di revisione coordinata annuale sulla difesa da parte degli Stati membri, volta a promuovere lo sviluppo delle capacità ovviando alle carenze, e garantire la coerenza dei piani di spesa nazionali;

·      il rafforzamento della utilizzabilità e schierabilità degli strumenti di reazione rapida dell’UE, inclusi i gruppi tattici (EU battlegroups).

Nel progetto di conclusioni si indica che nell'attuale contesto internazionale, l'Europa deve adoperarsi maggiormente per proteggere i propri cittadini e salvaguardare la stabilità nel vicinato e non solo, anche impegnando sufficienti risorse aggiuntive. A tal fine si indica che i lavori dovrebbero proseguire con celerità e determinazione ancora maggiori. Il Consiglio europeo intende tornare su questo argomento nel giugno 2017.

Migrazione

L’attuazione della dichiarazione di Malta

Il Consiglio europeo, in base a quanto riferito dal primo Ministro maltese, dovrebbe prendere atto dei progressi circa l’attuazione delle misure operative decise nella riunione informale tenutasi a Malta il 3 febbraio 2017.

Con la Dichiarazione di Malta, recante una serie di azioni prioritarie in materia di flussi  migratori irregolari lungo la rotta del Mediterraneo centrale, in sostanza l’Unione europea ha stabilito di concentrare i propri sforzi in materia di politica di migrazione sul flusso incessante di migranti che, partendo dalla Libia, continuano a sbarcare sulle coste italiane.

Al riguardo, il Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha sollecitato l’adozione di misure idonee a chiudere la rotta irregolare dell’immigrazione dalla Libia all’Italia.

Si ricorda che, secondo l’UNHCR, dall’inizio del 2017 sono sbarcate sulle coste dell’Unione europea otre 19 mila persone, di cui circa 16.000 soltanto in Italia.

Se, da un lato, grazie agli accordi UE Turchia del marzo 2016, gli sbarchi giornalieri in Grecia sono passati dalle cifre record registrate nell’ottobre del 2015 (circa 10 mila) a volumi attuali che superano di poco i 40 migranti al giorno, dall’altro, i flussi verso l’Italia stanno confermando e superando in proiezione il trend registrato lo scorso anno che ha visto lo sbarco di 181 mila migranti.

In estrema sintesi, la Dichiarazione di Malta prevede il rafforzamento della collaborazione con la Libia quale principale Paese di partenza e con i suoi vicini in Africa settentrionale e subsahariana.

Per sostenere tale obiettivo il Consiglio europeo informale ha confermato la decisione della Commissione di mobilitare nel 2017 ulteriori 200 milioni di euro nell’ambito del Fondo fiduciario di emergenza per la stabilità e per affrontare le cause profonde della migrazione illegale in Africa (approvato in occasione del Summit di La Valletta e con una dotazione di circa 2,5 miliardi di euro) a favore di progetti collegati ai flussi migratori dalla Libia.

Nella Dichiarazione di Malta i Capi di Stato e di Governo hanno altresì espresso  sostegno alle iniziative dei singoli Stati membri impegnati direttamente con la Libia, con particolare riferimento al  memorandum di intesa firmato il 2 febbraio 2017 dalle autorità italiane e dal presidente del Consiglio di presidenza al-Serraj.

Le azioni prioritarie indicate nella Dichiarazione riguardano, tra l’altro: la formazione, l’equipaggiamento e il supporto alla guardia costiera nazionale libica; lo smantellamento del modello di attività dei trafficanti; il sostegno allo sviluppo delle comunità locali in Libia, in particolare nelle zone costiere e presso le frontiere terrestri libiche, la capacità e le condizioni di accoglienza adeguate per i migranti, unitamente all'UNHCR e all'OIM; il  sostegno all'OIM al fine di intensificare le attività di rimpatrio volontario assistito; il rafforzamento delle campagne di informazione e di sensibilizzazione destinate ai migranti in Libia; il dialogo e la cooperazione con i paesi confinanti con la Libia per quanto riguarda la prevenzione delle partenze e la gestione dei rimpatri.

Il Consiglio europeo dovrebbe ribadire la propria determinazione a realizzare  tutti gli elementi della dichiarazione di Malta ed esprimere il pieno sostegno al lavoro della Presidenza del Consiglio, in stretta cooperazione con la Commissione e l'Alto rappresentante, nonché alle azioni intraprese dai singoli Stati membri per sostenere le autorità libiche e i Paesi del Nord Africa e i loro vicini meridionali negli sforzi volti ad affrontare le sfide della migrazione irregolare.

In tal senso il Consiglio europeo dovrebbe quindi sottolineare l’importanza dell’ Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM).

Politica di rimpatrio dei migranti

Il Consiglio europeo dovrebbe accogliere con favore le ultime iniziative della Commissione europea in materia di rimpatri: la Comunicazione del 2 marzo 2017 su un  nuovo Piano di azione e le raccomandazioni indirizzate agli Stati membri sull’attuazione dei rimpatri.

Il Piano d'azione prevede, tra l’altro:

·        l’aumento del sostegno finanziario agli Stati membri con 200 milioni di euro nel 2017 destinati alle attività nazionali in materia di rimpatrio, nonché a specifiche attività comuni europee di rimpatrio e reintegrazione;

·        il miglioramento dello scambio di informazioni tra Stati membri in materia di esecuzione di rimpatri;

·        scambio delle migliori pratiche per garantire programmi di reintegrazione uniformi in tutti gli Stati membri;

·        sostegno agli Stati membri tramite l'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, che dovrà potenziare l'assistenza pre-rimpatrio, aumentare il personale della sua unità di sostegno ai rimpatri e istituire entro giugno un meccanismo di voli commerciali per finanziare i rimpatri;

·        conclusione di accordi di riammissione con la Nigeria, la Tunisia e la Giordania e coinvolgimento di Marocco e Algeria.

La Commissione europea ha inoltre pubblicato una serie di raccomandazioni agli Stati membri al fine di rendere più efficaci le procedure di rimpatrio. Si tratta in particolare di:

o   migliorare il coordinamento tra tutti i servizi e le autorità coinvolte nel processo di rimpatrio in ciascuno Stato membro entro giugno 2017;

o   eliminare le inefficienze mediante la riduzione dei termini per i ricorsi, l'emissione sistematica di decisioni di rimpatrio senza data di scadenza e la combinazione delle decisioni sulla fine del soggiorno regolare con l'emissione della decisione di rimpatrio per non duplicare il lavoro;

o   combattere gli abusi del sistema, sfruttando la possibilità di valutare le domande di asilo con procedure accelerate quando si sospetta che tali domande siano presentate solo per ritardare l'esecuzione della decisione di rimpatrio;

o   impedire la fuga trattenendo le persone che lasciano intendere di non voler ottemperare alla decisione di rimpatrio che li riguarda;

o   accrescere l'efficacia delle procedure e delle decisioni di rimpatrio autorizzando la partenza volontaria solo se necessario e se l'interessato ne fa richiesta e concedendo il tempo più breve possibile per la partenza volontaria, tenendo conto delle circostanze individuali;

o   istituire programmi di rimpatrio volontario assistito operativi entro il 1º giugno 2017 di rimpatrio volontario assistito e reintegrazione.

Da ultimo, il Consiglio europeo dovrebbe sottolineare  la necessità di proseguire i lavori volti a stipulare efficaci accordi tra l’Unione e Paesi terzi in materia di riammissione.

Dimensione interna della politica di migrazione

Per quanto riguarda la dimensione interna della politica di migrazione, il Consiglio europeo dovrebbe ribadire il fatto che l’applicazione dei principi di responsabilità e di solidarietà rimane un obiettivo condiviso.

I due principi, alla base dell’Agenda europea sulla migrazione, rappresentano i due pilastri su cui, tra l’altro, sono stati fondati rispettivamente l’istituzione degli hotspot in Grecia e Italia, con obiettivo di garantire l’applicazione delle norme comuni in materia di asilo con particolare riferimento alla necessità di identificare tutti i migranti e richiedenti asilo che fanno ingresso in Europa, e i programmi di relocation, volti a redistribuire il peso delle domande di asilo tra tutti gli Stati membri.

Al riguardo si segnala che, al 28 febbraio 2017, i richiedenti asilo ricollocati da Italia e Grecia negli altri Stati membri sono stati circa 13.500 (4 mila dall’Italia e 9.500 dalla Grecia) rispetto ad impegni presi in sede di Consiglio per oltre 98 mila posti.

Il Consiglio europeo dovrebbe infine chiedere ulteriori sforzi al fine di realizzare tutti gli aspetti della politica globale di migrazione, compreso l’obiettivo di raggiungere il consenso tra gli Stati membri sulla politica di asilo UE nel corso dell’attuale Presidenza.

Il Consiglio europeo dovrebbe tornare su tali argomenti nel giugno 2017.

 

Relazioni esterne

Il Consiglio europeo dovrebbe svolgere una discussione sulla situazione nei Balcani occidentali. Nel progetto di conclusioni, ricordando il sostegno alla prospettiva europea dei Balcani occidentali, si sottolinea che l'UE resta impegnata a favore della regione e tiene aperto il dialogo a tutti i livelli, al fine di sostenere la stabilità e approfondire i legami politici ed economici con la regione.

I paesi dei Balcani occidentale con status di paese candidato sono: Albania (da giugno 2014, i negoziati di adesione non sono ancora stati avviati); Ex Repubblica iugoslava di Macedonia (dal dicembre 2005, i negoziati di adesione non sono ancora stati avviati); Montenegro (dal dicembre 2010, i negoziati di adesione sono stati avviati a giugno 2012); Serbia (da marzo 2012, i negoziati di adesione sono stati avviati a gennaio 2014). Bosnia-Erzegovina e Kosovo sono ancora potenziali candidati. La Bosnia Erzegovina ha ufficialmente presentato la domanda di adesione all’UE il 15 febbraio 2016. La Commissione europea ha espressamente escluso la possibilità di nuove adesioni all’UE nel breve e medio termine.

Nel progetto di conclusioni si accoglie con favore il vertice dei Balcani occidentali che si terrà a Trieste il 12 luglio prossimo, sotto la Presidenza dell’Italia.

Il vertice dei Balcani occidentali è organizzato nell’ambito del cosiddetto Processo di Berlino, iniziativa di cooperazione di natura intergovernativa, voluta dalla Germania e inaugurata con il Vertice tenutosi a Berlino il 28 agosto 2014. Partecipano a tale iniziativa 6 Stati membri dell’UE (Austria, Croazia, Francia, Germania, Italia e Slovenia) e i 6 paesi dei Balcani occidentali (Albania, Bosnia Erzegovina, Ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Kosovo, Montenegro e Serbia).

Si ricorda, infine, che l’Alta Rappresentante, Federica Mogherini, ha svolto ai primi di marzo 2017 una missione di 4 giorni in visita presso i paesi dei Balcani occidentali.

Elezione del presidente del Consiglio europeo

Il Consiglio europeo dovrebbe provvedere all’elezione del Presidente del Consiglio europeo per il periodo 1° giugno 2017-30 novembre 2019.

Si ricorda, infatti che il mandato dell’attuale Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk (PPE, Polonia), in carica dal 1° dicembre 2014 scade il 31 maggio 2017.

Ai sensi dell’articolo 15 del Trattato sull’Unione europea, il Consiglio europeo elegge il presidente a maggioranza qualificata per un periodo di 2 anni e mezzo (nella prassi il Presidente del Consiglio europeo è sempre stato fino ad ora eletto all’unanimità).

Donal Tusk ha confermato la sua candidatura alla carica. La Polonia ha indicato di non appoggiare la candidatura di Tusk e il Governo Polacco ha formalmente candidato alla carica Jacek Saryusz-Wolski, attualmente membro del Parlamento europeo (Gruppo PPE).

 

Procura europea

Facendo seguito alla richiesta di 17 Stati membri, il Consiglio europeo dovrebbe discutere la proposta di regolamento istitutiva della Procura europea, prendendo atto della sussistenza delle condizioni  richieste dai Trattati per avviare una cooperazione rafforzata tra Stati membri volta a realizzare il progetto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel 2013 la Commissione europea ha proposto la creazione di una Procura europea EPPO quale organo indipendente dell’Unione avente l’autorità, a talune condizioni, di indagare e perseguire reati di fronde ai danni dell’UE e altri reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione.

Il 17 febbraio 2017 il Consiglio ha registrato la mancanza di unanimità a sostegno della proposta necessaria per la sua approvazione.

Il Trattato prevede che in questi casi un gruppo di almeno nove Stati membri possa sottoporre il testo  all’esame del Consiglio europeo per un ultimo tentativo di garantire il consenso sulla proposta. In caso di persistente disaccordo è possibile che almeno nove Stati membri procedano all’instaurazione di una cooperazione rafforzata sulla base del progetto di regolamento in questione.

Al riguardo si segnala che il Governo italiano, nella persona del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, Sandro Gozi, a margine del Consiglio Affari generali del 7 febbraio 2017 ha dichiarato che il testo di compromesso del regolamento istitutivo della Procura europea proposto in sede di Consiglio deve considerarsi al di sotto delle aspettative in quanto non definisce sufficientemente le competenze del futuro ufficio, né garantisce al Procuratore europeo appropriati poteri investigativi, mentre riserva eccessive prerogative alle autorità nazionali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


XVII legislatura –– Documentazione per l’Assemblea, n. 17, 7 marzo 2017

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