Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Consiglio europeo. Bruxelles, 15 dicembre 2016
Serie: Documentazione per l'Assemblea - Esame di atti e documenti dell'UE    Numero: 16
Data: 13/12/2016
Descrittori:
CONSIGLIO EUROPEO     

13 dicembre 2016

 

n. 16

Consiglio europeo

Bruxelles, 15 dicembre 2016

 

Il Consiglio europeo del 15 dicembre 2016, in base all’ordine del giorno provvisorio, dovrebbe discutere di:

Il Consiglio europeo svolgerà, inoltre, un dibattito sulle relazioni esterne con particolare riferimento allo stato della ratifica dell’accordo di associazione tra l’UE e l’Ucraina e alla situazione in Siria.

Il 12 dicembre 2016 è stata pubblicata una prima bozza di conclusioni che è all’esame del Consiglio dell’UE affari generali del 13 dicembre 2016.

A margine del Consiglio europeo è previsto lo svolgimento di una riunione informale dei 27 Capi di Stati o di governo (ad esclusione del Regno unito) per discutere il processo della Brexit.

 

 

 


Migrazione

Le dimensioni del fenomeno

Secondo l’UNHCR, dal 1° gennaio al 5 dicembre 2016, hanno attraversato il Mediterraneo verso l’Unione europea oltre 350 mila persone: 171 mila migranti sarebbero arrivati in Grecia, mentre sarebbero sbarcati in Italia circa 174 mila persone, circa 5 mila i migranti transitati dal Marocco alla Spagna. L’UNHCR ha anche diffuso il dato dei morti/dispersi  nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno, che si attesta a circa 4.715 persone.

Lo stesso organismo ha rilevato che nel 2015 in Unione europea sono arrivati via mare oltre un milione di migranti.

Lo scorso anno In Italia sarebbero arrivati circa 158 mila persone, circa 860 mila in Grecia.

Dall’inizio del 2016 sono state presentate nell’UE oltre un milione di domande di asilo. Nel 2015 sono state registrate nell’UE 1.350.000 domande.

Secondo il Ministero dell’interno, nell’ottobre del 2016 in Italia sono state presentate circa 13.500 domande di asilo; nei primi dieci mesi del 2016 le domande di asilo in Italia si sono attestate a 97 mila.

UE-Turchia

Il Consiglio europeo dovrebbe reiterare il suo impegno per quanto riguarda la Dichiarazione UE-Turchia, sottolineando in particolare l’importanza di una applicazione piena e non discriminatoria di tutti gli aspetti. Il Consiglio europeo dovrebbe inoltre rinnovare il sostegno ai Paesi lungo la rotta dei Balcani occidentali.

Gli elementi più significativi della Dichiarazione UE – Turchia del 18 marzo 2016 sono:

a)    il rinvio in Turchia di tutti i nuovi migranti irregolari e i richiedenti asilo le cui domande sono state dichiarate inammissibili e che hanno compiuto la traversata dalla Turchia alle isole greche, a decorrere dal 20 marzo 2016, nel pieno rispetto del diritto dell'UE e internazionale;

b)    l’impegno UE a reinsediare un cittadino siriano dalla Turchia per ogni siriano rinviato in Turchia dalle isole greche, accordando priorità ai migranti che non sono entrati o non abbiano tentato di entrare nell’UE in modo irregolare (cosiddetto programma 1:1);

c)    l’impegno della Turchia nel contrasto alle rotte illegali della migrazione;

d)    l’accelerazione  da parte dell’'UE dell'erogazione dei 3 miliardi di euro assegnati in base a precedenti accordi e la mobilitazione di  ulteriori  3 miliardi di euro una volta che queste risorse saranno state utilizzate e a condizione che gli impegni siano soddisfatti;

e)    l’accelerazione della tabella di marcia sulla liberalizzazione dei visti e il rilancio del processo di adesione della Turchia all’UE.

Secondo il Quarto rapporto sui progressi nell’attuazione della Dichiarazione Ue Turchia, pubblicato dalla Commissione europea l’8 dicembre 2016, dall’entrata in vigore della Dichiarazione sono stati rimpatriati dalla Grecia alla Turchia  748 migranti, mentre il reinsediamento dalla Turchia all’Unione europea ha riguardato 2.761 richiedenti asilo siriani.

Per quanto concerne l’attuazione della roadmap per la liberalizzazione dei visti, la Commissione europea ritiene non ci siano novità rispetto alla precedente relazione del 28 settembre 2016, atteso che la Turchia non ha ancora rispettato i seguenti sette parametri

·        emissione di documenti di viaggio biometrici pienamente compatibili con gli standard UE;

·        adozione di misure di prevenzione della corruzione previste dalla roadmap;

·        conclusione di un accordo operativo con Europol; 

·        revisione della legislazione e della pratiche amministrative in materia i terrorismo in linea con gli standard europei;

·        allineamento della legislazione turca sulla protezione dei dati personali agli standard europei;

·        efficace cooperazione giudiziaria in materia penale con tutti gli Stati membri;

·        attuazione di tutte le previsioni dell’accordo di riammissione UE – Turchia.

Quanto all’attuazione dello Strumento UE per rifugiati in Turchia, la relazione indica che dei 3 miliardi previsti, sono stati allocati 2,2 miliardi per l’assistenza umanitaria e non umanitaria; 1,3 miliardi sono stati impegnati tramite contratti, mentre finora l’erogazione effettiva degli aiuti ha riguardato 677 milioni di euro.

I compact

Il Consiglio europeo dovrebbe sottolineare l’importanza del Nuovo quadro di partenariato dell’UE quale strumento per affrontare la migrazione illegale, con particolare riguardo alla rotta del Mediterraneo centrale. A tal proposito, dovrebbe essere valutata favorevolmente l’attuazione dei primi compact con cinque Paesi africani di origine e di transito (Niger, Nigeria, Senegal, Mali ed Etiopia), nonché considerata la possibilità di avviare compact aggiuntivi o altre forme di cooperazione, tenendo conto delle risorse disponibili.

Si tratta di partenariati "su misura" (compact) con i principali paesi terzi di origine e di transito, volti a perseguire le priorità del contrasto al traffico di migranti, del salvataggio di vite umane in mare, della realizzazione di percorsi legali alternativi verso l’Europa, dell'incremento dei rimpatri, nonché, in una prospettiva di più lungo termine, al sostegno allo sviluppo dei paesi terzi per affrontare le cause profonde della migrazione irregolare.

Secondo Eurostat nel 2015 sono state rimpatriati in Stati terzi circa 200 mila stranieri. L’Italia nello stesso anno avrebbe rimpatriato circa 5 mila persone. Secondo la Commissione europea, a metà settembre 2016, i rimpatri forzati di cittadini di Stati terzi dall’Italia sono stati circa 12.500.

Secondo il Consiglio europeo, al fine di rafforzare l’attuazione del Piano di La Valletta[1] e della nuova politica di partenariato, occorre una rapida adozione degli strumenti legislativi messi in campo dall’UE per quanto riguarda il Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile e il mandato per i prestiti esterni della Banca europea per gli investimenti.

A sostegno del migration compact, il nuovo Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile (EFSD), muovendo da un contributo derivante dal bilancio UE di circa 3,3 miliardi, dovrebbe stimolare ulteriori investimenti pubblici e privati, fino a 44 miliardi di euro. La Commissione ha altresì invitato gli Stati membri e gli altri partner a fornire l’equivalente del contributo UE, al fine di mobilitare investimenti supplementari pari a 88 miliardi di euro.[2]

A tal proposito il Consiglio europeo dovrebbe accogliere favorevolmente l’iniziativa della BEI per la resilienza nel vicinato meridionale e nei Balcani occidentali.

L’iniziativa, presentata dalla Banca europea per gli investimenti al Consiglio europeo del 28 giugno 2016,  riguarda le modalità con le quali la BEI può intensificare il suo sostegno alla crescita, alle infrastrutture vitali e alla coesione sociale nelle regioni citate.

Il Consiglio europeo dovrebbe infine sottolineare la necessità di rafforzare il sostegno alla guardia costiera libica, anche tramite l’operazione EUNAVFORMED Sophia, al fine di migliorarne la capacità di prevenire la perdita di vite umane in mare e di contrastare il modello di business dei trafficanti.

Secondo il Consiglio europeo dovrebbero essere prese iniziative in parallelo per offrire opportunità di rimpatrio assistito volontario ai i migranti bloccati in Libia e per limitare i viaggi pericolosi.

Si segnala che dal 20 di giugno 2016, il mandato dell’operazione EUNAVFOR MED SOPHIA, nata per contrastare la rete dei trafficanti di migranti lungo le rotte del mediterraneo, è stato esteso, tra l’altro, in modo da ricomprendere l’addestramento della guardia costiera e della marina libica.

Il Consiglio europeo dovrebbe infine richiamare l’attenzione sull’importanza di garantire risorse adeguate all’EASO – Ufficio europeo per il sostegno all’asilo – e alla Guardia costiera e di frontiera europea.

In tale contesto, il Consiglio europeo dovrebbe accogliere con favore il fatto che l’EASO inizierà a reclutare personale per garantire una capacità stabile e sostenibile.

Dimensione interna

Il Consiglio europeo dovrebbe ribadire l’obiettivo condiviso di una efficace applicazione dei principi di responsabilità e solidarietà.

I due principi, alla base dell’Agenda europea sulla migrazione del 2015, rappresentano i due pilastri su cui, tra l’altro, sono stati fondati rispettivamente l’istituzione degli hotspot in Grecia e Italia, con obiettivo di garantire l’applicazione delle norme comuni in materia di asilo con particolare riferimento alla necessità di identificare tutti i migranti e richiedenti asilo che fanno ingresso in Europa, e i programmi di relocation, volti a redistribuire il peso delle domande di asilo tra tutti gli Stati membri.

Secondo il Settimo rapporto sulla ricollocazione e il reinsediamento pubblicato dalla Commissione europea, al 9 novembre 2016 sono stati ricollocati dalla Grecia 5376 richiedenti asilo (a fronte di un impegno assunto dagli altri Stati membri per oltre 63 mila rifugiati); i ricollocamenti dall’Italia sono invece 1549, rispetto ai circa 35 mila concordati in sede di Consiglio.

 

 

 

Il Consiglio europeo dovrebbe registrare i profili di convergenza che si sono ottenuti grazie agli sforzi prodotti nei mesi passati per quanto riguarda la revisione del Sistema comune europeo di asilo.

Sulla proposta di revisione del regolamento di Dublino il 16 novembre 2016 la I Commissione (Affari costituzionali) ha approvato un documento finale

Sicurezza

Sicurezza interna

Il Consiglio europeo dovrebbe riaffermare il suo impegno per quanto riguarda l’attuazione della Strategia di sicurezza interna dell’UE, facendo riferimento, in particolare, su:

Ø  l’imminente accordo tra i colegislatori europei per quanto riguarda la direttiva antiterrorismo;

Ø  la necessità di una rapida adozione delle proposte di direttiva sulle armi da fuoco e sul riciclaggio di denaro;

Ø  l’attuazione della recente direttiva sui codici PNR.

Il Consiglio europeo dovrebbe accogliere con favore l’accordo raggiunto per quanto riguarda la revisione del Codice frontiere Schengen nel senso di rafforzare sistematicamente i controlli sui viaggiatori (anche cittadini europei) che attraversano le frontiere esterne dell’UE.

Il Consiglio europeo dovrebbe infine esortare i colegislatori dell’Unione europea a trovare l’accordo,  entro giugno 2017, per quanto riguarda la proposta concernente il Sistema di entrata ed uscita UE (EES Entry/Exit System), ed entro la fine del 2017 per quanto riguarda la proposta relativa al cosiddetto ETIAS -Sistema europeo di informazione e autorizzazione per i viaggi al fine di un monitoraggio più sistematico dei viaggiatori esenti dal visto UE.

Il sistema EES è volto a raccogliere i dati riguardanti i documenti d'identità, i documenti di viaggio e gli elementi biometrici e a registrare gli ingressi e le uscite ai valichi di frontiera.

Il Sistema ETIAS, con finalità analoghe al sistema ESTA statunitense, ove approvato, verificherebbe l'ammissibilità di tutti i cittadini di paesi terzi esenti dall’obbligo del visto a recarsi nello spazio Schengen, stabilendo se tali viaggi costituiscano un rischio in termini di sicurezza o di migrazione.

Sicurezza esterna e difesa

Nel progetto di conclusioni si prevede che il Consiglio europeo confermi gli impegni, precedentemente assunti, volti a rafforzare la sicurezza e la difesa dell'Europa e la necessità di intensificare gli sforzi, anche destinando risorse aggiuntive. Si chiede inoltre il rafforzamento della cooperazione per lo sviluppo delle capacità necessarie e l'impegno a rendere disponibili tali capacità, ove necessario Nel progetto di conclusioni si auspica il completamento della revisione del meccanismo Athena entro la fine del 2017.

Il meccanismo Athena gestisce il finanziamento dei costi comuni delle operazioni militari dell'UE nell'ambito della politica di sicurezza e di difesa comune dell'UE.

A tal fine il Consiglio europeo dovrebbe:

·      approvare le conclusioni del Consiglio del 14 novembre 2016 sull'attuazione della strategia globale dell'UE nel settore della sicurezza e della difesa ed invitare l’Alta rappresentante e gli Stati membri a darvi un seguito rapido ed esaustivo nei prossimi mesi;

Il Consiglio affari esteri dell’UE del 14 novembre 2016 ha adottato delle conclusioni nelle quali si approva il piano di attuazione della Strategia globale in materia di sicurezza e difesa presentato dell’Alta Rappresentante, Federica Mogherini e si impegna l’Alta Rappresentante, a presentare nella primavera del 2017, tra le altre, proposte per: a) l’avvio dell’esame delle potenziali di una cooperazione strutturata permanente in ambito PSDC; b) l’istituzione di una capacità permanente di pianificazione operativa e conduzione a livello strategico per le missioni militari senza compiti esecutivi; c) l’istituzione di una procedura di revisione coordinata annuale sulla difesa da parte degli Stati membri, volta a promuovere lo sviluppo delle capacità ovviando alle carenze, e garantire la coerenza dei piani di spesa nazionali; d) il rafforzamento della utilizzabilità e schierabilità degli strumenti di reazione rapida dell’UE, inclusi i gruppi tattici (EU Battlegroups).

·      accogliere con favore il piano d'azione europeo in materia di difesa della Commissione europea per lo sviluppo di una politica europea di sicurezza e di difesa ed invita il Consiglio a esaminare tempestivamente le proposte della Commissione in materia, segnatamente riguardo all'adattamento dei criteri di prestito della Banca europeo per gli investimenti (BEI) al settore della difesa;

La Commissione europea ha presentato il 30 novembre 2016 il Piano d’azione per la difesa europea (European Defense Action Plan -EDAP), nella quale avanza una serie di proposte volte in particolare a: istituire un fondo europeo per la difesa a sostegno degli investimenti in attività di ricerca comune e dello sviluppo congiunto di attrezzature e tecnologie di difesa; promuovere gli investimenti nelle PMI, nelle start-up, nelle imprese a media capitalizzazione e negli altri fornitori dell'industria della difesa, anche attraverso la possibilità per la BEI di finanziare progetti per la difesa; rafforzare il mercato unico per la difesa.

Per quanto riguarda in particolare il Fondo europeo per la difesa, la proposta della Commissione prevede che esso si articolerà in due "finestre" complementari ma distinte per struttura giuridica e fonte del bilancio:

1)  una "finestra per la ricerca" destinata a finanziare la ricerca collaborativa in tecnologie di difesa innovative. La Commissione ha già stanziato 25 milioni di euro per la ricerca nel settore della difesa nel quadro del bilancio dell'UE per il 2017 e ritiene che tale dotazione possa raggiungere un totale di 90 milioni di euro entro il 2020. Nell'ambito del quadro finanziario pluriennale dell'UE post 2020 la Commissione intende proporre un apposito programma di ricerca nel settore della difesa con una dotazione stimata di 500 milioni di euro l'anno;

2)  una "finestra per le capacità" che funga da strumento finanziario per permettere agli Stati membri partecipanti di acquistare insieme determinati beni per ridurre i costi. Le capacità verrebbero concordate dagli Stati membri, che sarebbero proprietari della tecnologia e delle attrezzature. La Commissione europea stima che questa finestra dovrebbe essere in grado di mobilitare circa 5 miliardi di euro all'anno, sulla base di contributi degli Stati membri - che sarebbero esclusi dal calcolo del deficit di bilancio ai sensi del Patto di stabilità e crescita - e di finanziamenti dell’UE.

·      sollecitare la rapida attuazione dell'insieme comune di proposte che fanno seguito alla dichiarazione congiunta firmata a Varsavia dai leader dell'UE e della NATO, evitando la duplicazione delle attività e garantendo la complementarietà tra l'UE e la NATO.

Nella dichiarazione congiunta UE-NATO firmata a Varsavia l'8 luglio 2016 dal presidente del Consiglio europeo, dal presidente della Commissione europea e dal Segretario
generale dell'Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico si imprime nuovo impulso alla cooperazione UE-NATO nei settori seguenti: contrasto delle minacce ibride; cooperazione operativa, anche in mare, in materia di migrazione irregolare; cibersicurezza e difesa; capacità di difesa; industria della difesa e ricerca; esercitazioni; sostegno agli sforzi volti a sviluppare le capacità dei partner nei Balcani occidentali e nel vicinato orientale e meridionale.

Nel progetto di conclusioni si prevede che il Consiglio dell’UE riferisca sui progressi compiuti a marzo 2017 e che il Consiglio europeo fornirà ulteriori orientamenti strategici a Giugno 2017.

La posizione dell’Italia

Si ricorda che in vista del Consiglio europeo del 15 dicembre 2016, il Governo italiano aveva presentato una serie di proposte che sono poi confluite in una iniziativa congiunta con i governi di Francia, Germania e Spagna volta, in particolare a:

·      prevedere riunioni ordinarie sia a livello di Consiglio dell’UE che della Commissione europea dedicate ai temi della sicurezza e difesa (attualmente le riunioni dei Ministri della difesa degli Stati membri dell’UE si svolgono a margine delle riunioni del Consiglio affari esteri e spesso in modo informale);

·      rafforzare la capacità dell’UE di pianificare e condurre missioni PSDC e prevedere un meccanismo adeguato per il loro finanziamento (anche se non si cita esplicitamente la nozione di un “Quartier generale europeo”, si indica la necessità di sviluppare questa capacità in modo permanente presso le strutture di gestione delle crisi a Bruxelles);

·      rafforzare gli strumenti già esistenti per la cooperazione tra Stati membri nello sviluppo delle capacità e prevedere incentivi finanziari per ulteriormente promuovere l’innovazione e la ricerca nel settore della difesa;

·      promuovere una più profonda integrazione tra i processi di sviluppo delle capacità tra UE e la NATO;

·      rafforzare la base industriale e tecnologica della difesa europea.

 

 

Economia, sviluppo sociale e giovani

Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS)

Il Consiglio europeo dovrebbe accogliere con favore l'accordo raggiunto in sede di Consiglio ECOFIN sulla proroga del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), che dovrebbe essere approvata in via definitiva nel primo semestre del 2017.

L’accordo raggiunto dal consiglio ECOFIN prevede:

·        una proroga della durata del FEIS fino al 2020;

·        un aumento dell'obiettivo di investimento fino a 500 miliardi di euro (rispetto ai 315 iniziali);

·        un aumento della garanzia di bilancio dell'UE fino a 26 miliardi di euro (rispetto ai 16 miliardi iniziali);

·        un aumento del contributo della Banca europea per gli investimenti (BEI) fino a 7,5 miliardi di euro (rispetto ai 5 miliardi iniziali);

·        una copertura geografica più ampia;

·        settori supplementari da coprire: agricoltura, silvicoltura, pesca e acquacoltura;

·        assicurare che almeno il 40% dei finanziamenti del FEIS contribuiscano alle azioni contro il cambiamento climatico;

·        un’attenzione maggiore al principio di addizionalità, in base al quale i progetti sostenuti dal FEIS dovrebbero far fronte ai fallimenti del mercato e alle situazioni di investimento subottimali.

A tale ultimo riguardo, occorre rilevare che, nel parere pubblicato l’11 novembre 2016, la Corte dei conti europea ha sottolineato che occorrerebbe dimostrare in maniera chiara ed inequivoca che i progetti sostenuti dal FEIS non avrebbero potuto essere effettuati, o almeno non nella medesima misura, senza il sostegno finanziario del FEIS. Inoltre, equiparare le operazioni del FEIS alle attività speciali della BEI rischia di incentivare l’utilizzo di strutture di finanziamento immotivatamente complesse o di attribuire un profilo di rischio che non corrisponde al reale rischio dell’operazione.

Alla data del 15 novembre 2016 nell’ambito del FEIS sono stati approvati progetti per 27,5 miliardi di euro (che dovrebbero mobilitare un totale di 154 miliardi di euro di investimenti, pari a circa il 49% dell’importo preventivato di 315 miliardi).

L’Italia, con 3,9 miliardi complessivi di invesitmento è il primo beneficiario del FEIS, seguito da Francia (circa 3,6 miliardi) e  Regno Unito (circa3,4 miliardi). In particolare, in Italia sono stati approvati 20 progetti in materia di infrastrutture e innovazione (per un totale di 2,6 miliardi di euro di finanziamento, che dovrebbero mobilitare 6,8 miliardi di investimenti). Inoltre, l’Italia beneficia di 40 progetti a favore delle PMI (per un totale di 1,3 miliardi di euro di finanziamento, che dovrebbero mobilitare 20,4 miliardi di investimenti).

Mercato unico digitale

Il Consiglio europeo dovrebbe riconfermare l’importanza delle strategie del Mercato unico digitale e dell’Unione dell’energia e accogliere favorevolmente i progressi compiuti finora. Dovrebbe inoltre chiedere a tutte le istituzioni di incrementare lo slancio e il livello di ambizione specialmente nell’area del Mercato unico digitale prima del Consiglio europeo di marzo 2017. Infine, il Consiglio dovrebbe sollecitare la rimozione delle restanti barriere all’interno del mercato unico, incluse quelle che ostacolano il libero flusso dei dati.

Il 14 settembre scorso la Commissione europea ha presentato un nuovo pacchetto di misure in cui vengono fissati tre obiettivi strategici per il 2025:

·        connettività Gigabit per i luoghi motore di sviluppo socioeconomico (scuole, poli di trasporto e principali prestatori di servizi pubblici);

Inoltre, lo scorso 6 dicembre la Commissione europea ha presentato un’iniziativa finalizzata a favorire la nascita e lo sviluppo delle start-up e delle scale-up europee, rimuovendo gli ostacoli regolamentari e amministrativi e migliorando l’accesso ai finanziamenti.

La Strategia per il mercato unico digitale e quasi tutti i successivi atti presentati dalla Commissione europea in attuazione della prevista road map sono stati esaminati alla Camera dei deputati dalle Commissioni IX (Trasporti) e X (Attività produttive), che hanno adottato un documento finale.

Unione dell’energia

Il 25 febbraio 2015 la Commissione europea ha presentato il pacchetto "Unione dell'energia" allo scopo di integrare la politica energetica e la politica ambientale dell’Unione per il raggiungimento di obiettivi successivi al 2020.

La strategia dell'Unione dell'energia si articola in cinque “dimensioni”, strettamente interconnesse, intese a migliorare la sicurezza, la sostenibilità e la competitività dell'approvvigionamento energetico:

In particolare, per quanto riguarda l’accordo di Parigi raggiunto il 12 dicembre 2015 da 195 Parti, prevede di stabilizzare l'aumento della temperatura al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali, con l'intento di contenerlo ulteriormente entro 1,5°C. Il 4 ottobre 2016 – con l’approvazione dell’accordo da parte del Parlamento europeo e il completamento del processo di ratifica da parte dell’UE - è stata raggiunta la soglia fissata (ratifica da parte del 55% delle parti contraenti, rappresentanti il 55% delle emissioni totali). L’accordo è entrato in vigore lo scorso 4 novembre. Per quanto riguarda i singoli Stati membri, allo stato l’accordo è stato ratificato da Austria, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo Malta, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Slovacchia e Ungheria. L’accordo è già stato ratificato da 117 Parti, tra cui Cina, Stati Uniti, India e Canada.

Il pacchetto Unione dell’energia e quasi tutti i successivi atti presentati dalla Commissione europea in attuazione della prevista road map sono stati esaminati alla Camera dei deputati dalle Commissioni VIII (Ambiente) o X (Attività produttive), che hanno adottato documenti conclusivi.

Politiche per i giovani

Il Consiglio europeo dovrebbe sollecitare il proseguimento della Garanzia per i giovani che, avviata il 22 aprile 2013 con una raccomandazione del Consiglio dell’UE, rappresenta la più importante iniziativa dell’Unione europea per far fronte al problema della disoccupazione, in particolare giovanile, conseguente alla crisi economico-finanziaria esplosa nel 2007.

Essa si rivolge ai giovani con meno di 25 anni disoccupati e al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione. Gli Stati membri possono decidere di ampliare il gruppo obiettivo al fine di includere i giovani con meno di 30 anni.

In particolare, il Consiglio europeo dovrebbe accogliere con favore l’accordo raggiunto dal Consiglio dell’UE e dal Parlamento europeo sul bilancio 2017, che prevede lo stanziamento di 500 milioni di euro aggiuntivi per finanziare l’Iniziativa per l’occupazione giovanile, ovvero lo strumento operativo per dare attuazione alle finalità proprie della Garanzia giovani, con una dotazione complessiva iniziale di 6,4 miliardi di euro per il periodo 2014-2020.

Al riguardo, si segnala che, rispetto al 2013, i giovani disoccupati nell'UE sarebbero diminuiti di 1,6 milioni e i giovani senza lavoro che non frequentano corsi di istruzione o di formazione (cd. NEET) sarebbero diminuiti di 900mila unità.

Secondo i dati diffusi dalla Commissione europea, quasi due terzi dei giovani che hanno lasciato la Garanzia giovani nel 2015 l'hanno fatto aderendo a un'offerta di lavoro, di istruzione, di tirocinio o di apprendistato. Di tutte le offerte presentate entro il periodo di quattro mesi, la maggioranza era costituita da offerte di lavoro (70,2 %), seguite dalle offerte di istruzione (13,6 %), di tirocinio (12,1 %) e di apprendistato (4,1 %).

L’Italia è tra i Paesi che registrano la percentuale più bassa di offerte di lavoro e quella più alta di offerte di tirocinio (61,7%, di gran lunga superiore alla media europea dell’11,4%).

In sostanza, le risorse disponibili sono state utilizzate, nel nostro Paese, per la maggior parte per sostenere attività di tirocinio e non per assicurare direttamente opportunità di impiego.

Da ultimo, il Consiglio europeo dovrebbe chiedere di portare avanti il negoziato sulle recenti iniziative in materia di gioventù, in particolare la proposta di istituzione del corpo europeo di solidarietà, presentata il 7 dicembre 2016.

Tale proposta consente ai giovani tra i 17 e i 30 anni di iscriversi ad un apposito portale e di accedere alle proposte di volontariato, lavoro, tirocinio e apprendistato che le organizzazioni impegnate in attività solidali (siano esse enti locali, ONG o imprese) possono offrire in settori quali: l'istruzione, l'assistenza sanitaria, l'integrazione sociale, la costruzione di strutture di ricovero, l'accoglienza, l'assistenza e l'integrazione di migranti e rifugiati, la protezione dell'ambiente e la prevenzione di catastrofi naturali.

Per le attività di volontariato, dovrebbero essere coperte le spese vive, ovvero vitto e alloggio, le spese di viaggio e l'assicurazione. Per quanto riguarda le attività occupazionali (lavori, tirocini e apprendistati) è previsto un contratto di lavoro e un sostegno finanziario per le spese di viaggio (viaggio e alloggio per sostenere un colloquio, indennità di trasferimento e indennità di viaggio al termine del progetto). Le condizioni di retribuzione saranno stabilite conformemente alle leggi, alla normativa e ai contratti collettivi in vigore nel Paese di destinazione.

Gli abbinamenti tra i partecipanti e le organizzazioni dovrebbero iniziare nella primavera del 2017 e si prevede che i primi interventi avranno luogo entro giugno 2017.

L'obiettivo è la partecipazione di 100 mila giovani europei al corpo europeo di solidarietà entro il 2020.

Unione bancaria

Il Consiglio europeo dovrebbe accogliere con favore e chiedere una rapida approvazione delle recenti proposte della Commissione europea in materia di riduzione dei rischi e rafforzamento della resilienza del settore bancario.

Tali proposte, presentate dalla Commissione europea il 23 novembre 2016, prevedono, tra le altre cose:

·        l'attuazione di metodologie in grado di rispecchiare più accuratamente i rischi reali a cui sono esposte le banche;

·        un coefficiente vincolante di leva finanziaria per impedire agli enti il ricorso a una leva finanziaria eccessiva;

·        l’obbligo per gli enti a rilevanza sistemica di detenere livelli minimi di capitale;

·        la riduzione degli oneri amministrativi per le banche di piccole dimensioni;

·        il rafforzamento della capacità delle banche di erogare prestiti alle PMI e di finanziare progetti infrastrutturali.

 

Relazioni esterne

Ucraina

Il Consiglio europeo dovrebbe esaminare questione del completamento della procedura di ratifica del Trattato di associazione tra l’UE e l’Ucraina da parte dei Paesi Bassi.

Si ricorda che i Paesi Bassi, a seguito dell’esito negativo del referendum consultivo svoltosi nel Paese il 6 aprile 2016, è l’unico Stato membro dell’UE che non ha ancora proceduto a completare la ratifica del Trattato di associazione con l’Ucraina.

Siria

Il progetto di conclusioni esprime condanna per il continuo assalto contro Aleppo da parte del regime siriano e dei suoi alleati, segnatamente la Russia ed esprime sostegno al piano umanitario delle Nazioni Unite a favore della parte orientale di Aleppo, sollecitando il regime e la Russia a consentire all'ONU di fornire aiuto umanitario ed evacuare i malati e i feriti. Si indica, inoltre, l’impegno dell’UE a favore di una transizione come convenuto nella risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU 2254. I responsabili di violazioni del diritto internazionale, alcune delle quali possono configurarsi come crimini di guerra, dovranno  rispondere delle loro azioni. L'UE sta valutando tutte le opzioni disponibili e fornirà un sostegno per la ricostruzione della Siria solo quando sarà stata avviata una transizione politica credibile.

Vertice dei 27 Capi di Stato e di Governo sulla Brexit

A margine del Consiglio europeo è previsto lo svolgimento di una riunione informale dei 27 Capi di Stati o di Governo (ad esclusione del Regno unito) per discutere il processo della Brexit.

Si ricorda che il Primo Ministro, Teresa May, ha annunciato il 2 ottobre 2016 che il Governo britannico intende avviare il processo di recesso dall’UE ex art. 50 del Trattato sull’Unione europea (TUE) entro fine marzo 2017. Il Primo ministro del Regno unito ha poi confermato tale indicazione in occasione del Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre scorso.

Il processo dovrebbe presumibilmente completarsi entro la fine di marzo del 2019 (a meno che il Consiglio europeo non decida all’unanimità di differire tale termine).

Michel Barnier, capo negoziatore per la Commissione europea sulla Brexit, in una dichiarazione resa alla stampa il 6 dicembre 2016 ha indicato che, tenuto conto della necessità che il processo di uscita del Regno unito dall’UE si concluda prima dello svolgimento delle prossime elezioni del Parlamento europeo, i relativi negoziati dovranno concludersi entro ottobre 2018, per dare tempo al Consiglio e dal Parlamento europeo di approvare l’accordo. L’Alta Corte del Regno Unito, in
una pronuncia del 3 novembre 2016 su un ricorso presentato da alcuni cittadini, ha stabilito che il Governo potrà notificare l’intenzione di uscire dell’UE e quindi avviare la procedura ex art 50 del TUE solo sulla base di una pronuncia parlamentare.

 Nell’ambito del dibattito, all’indomani del referendum del 23 giugno, alcuni studiosi avevano sostenuto che il Governo avesse il potere di procedere senza consultare il Parlamento, sulla base della cosiddetta “prerogativa reale”, ossia la facoltà di governare per conto della Regina, altri avevano, invece, sostenuto che una decisione di tale portata richiedesse l’approvazione formale da parte del Parlamento.

Il Governo ha presentato ricorso contro la sentenza dell’Alta Corte presso la Corte suprema, che ha avviato i lavori il 5 dicembre scorso e dovrebbe pronunciarsi ad inizio gennaio 2017.

Il Governo ha comunque al momento confermato l’intenzione di procedere alla notifica ex art. 50 del TUE entro marzo 2017, come precedentemente annunziato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

XVII legislatura – Documentazione per l’Assemblea, n. 16, 13 dicembre 2016

Il bollettino è stato curato dall’Ufficio Rapporti con l’Unione europea (' 06 6760.2145 - * cdrue@camera.it)

 



[1] In esito al summit UE Africa di La Valletta (11-12 novembre 2015), al quale hanno partecipato, tra l’altro, i capi di Stato e di Governo dell'Unione europea e dei Paesi africani parti del processo di Khartoum (in particolare i Paesi del Corno d'Africa e l’Egitto) e del processo di Rabat (gli Stati delle regioni dell’Africa settentrionale, occidentale e centrale), è stata prevista la creazione dell’EU-Africa Trust Fund con una dotazione di 1,8 miliardi di euro finanziato in parte dal bilancio UE e in parte da contributi degli Stati membri, al fine di sostenere, tra l’altro, programmi di sviluppo in quelle aree dell’Africa di origine e di transito dei migranti verso l’UE (Sahel, Corno d’Africa, Africa del Nord).

[2] I contributi iniziali dovrebbero fungere da leva finanziaria, ad esempio costituendo garanzie di crediti prestati per investimenti pubblici e privati, con particolare riguardo a settori socioeconomici, quali le infrastrutture (tra cui energia, acqua, trasporti, tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ambiente, infrastrutture sociali, capitale umano), oppure fornendo direttamente finanziamenti a favore delle micro, piccole e medie imprese, con particolare attenzione alla creazione di posti di lavoro.