Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Consiglio europeo - Bruxelles, 28-29 giugno 2016
Serie: Documentazione per l'Assemblea - Esame di atti e documenti dell'UE    Numero: 14
Data: 27/06/2016
Descrittori:
CONSIGLIO EUROPEO     

27 giugno 2016

 

n. 14

Consiglio europeo

Bruxelles, 28-29 giugno 2016

Il Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2016, in base all’ordine del giorno provvisorio, discuterà: dell’esito del referendum sulla permanenza del Regno Unito nella UE (c.d. Brexit) alla luce del risultato del referendum svoltosi il 23 giugno.

 Il Consiglio europeo dovrebbe inoltre discutere sui seguenti altri punti all’ordine del giorno: migrazione; occupazione; crescita e investimenti; relazioni esterne dell’UE.

Il 23 giugno 2016 è stato pubblicato il progetto di conclusioni preparato dal Presidente del Consiglio europeo, in stretta cooperazione con la Presidenza semestrale del Consiglio (Paesi Bassi) e con il Presidente della Commissione europea. Il progetto è stato esaminato dal Consiglio dell’UE affari generali il 24 giugno 2016.

 


il referendum sulla permanenza del Regno unito nell’UE

Esito del referendum

Il referendum sulla permanenza del Regno Unito nella UE si è svolto il 23 giugno 2016.

I votanti sono stati 33.578.016 (72,2 per cento del corpo elettorale, composto da 46.501.241 aventi diritto al voto). I voti favorevoli alla Brexit sono stati 17.410.742 (51,9 per cento), i contrari 16.141.241 (48,1); le schede nulle sono state 26.033.

Il risultato del voto non è stato univoco: risalta l’orientamento largamente favorevole alla permanenza nell’UE registrato in Scozia. In particolare: Inghilterra, 53% favorevoli alla Brexit, 47% contrari; Galles, 53% favorevoli alla Brexit, 47% contrari;  Irlanda del Nord 44% favorevoli alla Brexit, 56 %contrari; Scozia 38% favorevoli alla Brexit, 62 % contrari.

Si ricorda che il referendum ha natura solo consultiva, ma il Governo inglese si è impegnato a vincolare la posizione del Governo al suo esito.

Il Primo ministro David Cameron, a seguito del risultato del referendum, in una dichiarazione resa la mattina del 24 giugno alla stampa, dopo aver informato la regina, ha annunciato l’intenzione di dimettersi entro ottobre, e che sarà il nuovo Primo ministro condurre i negoziati per l’abbandono dell’Unione europea e decidere quando far scattare l’articolo 50 del TUE e avviare il processo formale per il recesso dall’Unione europea.

Le reazioni delle istituzioni europee

Il Presidente del Consiglio europeo, Donald  Tusk, il Presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, il Presidente in carica del Consiglio dell’UE, Mark Rutte, e il Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, al termine di una riunione svoltasi la mattina del 24 giugno, hanno diffuso un dichiarazione comune nella quale, in particolare si:

·      indica la determinazione di difendere e sostenere i valori dell’Unione che deve continuare a  27 Stati membri;

·      invita il Regno Unito a dare “esecuzione quanto prima alla decisione del popolo britannico, per quanto doloroso possa essere tale processo. Ogni ritardo finirebbe infatti per prolungare inutilmente l’incertezza (…). Siamo pronti ad avviare in tempi rapidi negoziati con il Regno Unito per definire i termini e le condizioni per la sua uscita dall’Unione europea” (vedi paragrafo su “La tempistica del recesso);

·      precisa che fin tanto che il processo di recesso non è completato, il Regno unito rimane membro dell’UE con tutti i diritti e le obbligazioni che da ciò derivano;

·      indica che il pacchetto di disposizioni relative alla nuova intesa per la permanenza del Regno unito nell’UE, che era stato concordato in occasione del Consiglio europeo del 18 e 19 febbraio 2016, non entrano in vigore e cesseranno di esistere e che non vi sarà nessuna ulteriore rinegoziazione;

·      auspica che il Regno Unito rimanga uno stretto partner dell’UE in futuro e si indica che ogni accordo futuro tra l’UE e il Regno Unito in quanto paese terzo dovrà rispettare gli interessi di entrambe le parti ed essere equilibrato in termini di diritti ed  obbligazioni. A tal fine si aspetta che il Regno Unito formuli le sue proposte.

Il partenariato dell’UE con i Paesi terzi prevede diverse tipologie di rapporti, con una gradazione in base alla loro intensità. In particolare, l’UE intrattiene rapporti privilegiati con gli Stati che fanno parte dello Spazio economico europeo (Norvegia, Islanda e Liechtenstein), ai quali sono estesi i diritti e gli obblighi legati al mercato interno dell’Ue. Il SEE include le quattro libertà del mercato interno (libera circolazione di beni, persone, servizi e capitali) e le relative politiche (concorrenza, trasporti, energia), ma non riguarda la politica agricola e la politica della pesca (sebbene l’Accordo contenga disposizioni in materia di scambi commerciali di prodotti agricoli e ittici), l’Unione doganale e la politica commerciale comune. Per quanto riguarda la Svizzera, l’Accordo di libero scambio (ALS) con l’Unione europea ha creato una zona di libero scambio per i prodotti industriali e disciplinato il commercio dei prodotti agricoli trasformati. In virtù dell’ALS, i prodotti industriali possono circolare esenti da dazi doganali tra la Svizzera e gli Stati membri se sono originari del territorio di una delle due parti contraenti. L’Accordo vieta, inoltre, restrizioni quantitative all’importazione (contingenti) e misure di effetto equivalente (per esempio modalità di vendita discriminatorie).

Per i sopracitati paesi non è previsto obbligo di visto, poiché fanno parte dell’area Schengen, alla quale il Regno Unito non ha aderito.

Il Presidente del Consiglio europeo, Donald  Tusk, ha annunciato che, a margine del Consiglio europeo, si dovrebbe svolgere una riunione informale dei ventisette Capi di Stato e di Governo (quindi, senza, il Primo ministro inglese) per discutere i dettagli degli ulteriori sviluppi procedurali e avviare una riflessione più ampia sul futuro dell’Unione.

Il 24 giugno 2016 si è svolta una Conferenza dei Presidenti dei gruppi del Parlamento europeo a seguito  del referendum,  in esito alla quale è stata programmata una Assemblea Plenaria straordinaria del PE per il 28 giugno 2016.

Secondo notizie informali, durante tale seduta potrebbe essere presentata una risoluzione in cui si invita il Regno Unito ad attivare il prima possibile la procedura art. 50 del TUE.

La disciplina del recesso dall’UE ex art. 50 del TUE

L’art. 50 del Trattato sull’UE (TUE), introdotto dal Trattato di Lisbona, disciplina l’ipotesi di recesso volontario e unilaterale di un Paese membro dall'Unione europea (UE).

Il recesso di uno Stato membro non era previsto dai Trattati istitutivi delle Comunità europee. La dottrina prevalente, facendo riferimento non soltanto alle Comunità europee ma, più in generale, a tutte le organizzazioni internazionali caratterizzate da un elevato livello di integrazione, tendeva ad escludere l’eventualità di un recesso unilaterale. Altra parte della dottrina affermava, invece, la possibilità di un recesso unilaterale alla luce del principio, tipico del diritto internazionale, noto come rebus sic stantibus, per cui il cambiamento delle condizioni di contesto poteva essere invocato da uno Stato membro per giustificare il recesso. Tale principio trova puntuale riscontro nel dettato dell’articolo 62 della Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati del 1969.

L’ipotesi del recesso unilaterale era stato inserito, dopo un dibattito assai controverso, nel corso dei lavori per la stesura del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa. L’ipotesi era stata giustificata con riferimento all’eventualità di modifiche dei Trattati considerate inaccettabili per uno Stato membro che fossero state approvate suo malgrado.

In base al citato art. 50 del TUE, il Paese dell’UE che decide di recedere deve notificare tale intenzione al Consiglio europeo, il quale presenta i suoi orientamenti per la conclusione di un accordo volto a definire le modalità del recesso di tale paese, tenendo conto del quadro delle future relazioni con l’Unione.

Tale accordo è concluso a nome dell'Unione europea (UE) dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata previa approvazione del Parlamento europeo.

In tal caso, si richiede una maggioranza qualificata più elevata di quella prevista in via ordinaria (pari al 55% dei membri del Consiglio): la maggioranza richiesta, infatti, è pari ad almeno il 72% dei membri del Consiglio rappresentanti gli Stati membri partecipanti, che totalizzino almeno il 65% della popolazione di tali Stati.

Lo Stato membro che recede non può partecipare alle deliberazioni adottate dal Consiglio europeo o dal Consiglio dell’UE ai sensi dell’articolo 50 del TUE che lo riguardano.

In assenza di esplicite disposizioni nei Trattati, si dovrebbe pertanto ritenere che, nelle more del perfezionamento del processo di recesso, lo Stato membro recedente continui a partecipare a tutte le altre deliberazioni del Consiglio europeo e del Consiglio dell’UE.

Va peraltro osservato che l’articolo 50 del TUE non contiene disposizioni sui membri eletti al PE dello Stato membro recedente ed in quanto rappresentanti di tutti i cittadini dell’UE e non solo dei cittadini dello Stato membro dove sono stati eletti, si deve assumere che continuino a partecipare pienamene ai lavori del PE fino al completamento del processo di recesso.

A differenza del processo di adesione, il recesso di uno Stato membro non necessità di essere ratificato da parte degli Stati membri. Non di meno, dovranno invece essere sottoposti a ratifica da parte di tutti gli Stati membri le modifiche dei Trattati europei e di altri Trattati internazionali che si renderanno necessarie in conseguenza del recesso. In particolare dovrà sicuramente essere modificato l’art. 52 del TUE il quale, nel definire l’ambito territoriale di applicazione del Trattato, elenca gli Stati membri. Analogamente, dovrebbero essere abrogati o modificati i Protocolli che fanno riferimento allo Stato recedente.

E comunque consentito a uno Stato membro che sia uscito dall'Unione chiedere di aderirvi nuovamente, presentando una nuova procedura di adesione ai sensi dell’articolo 49 del TUE.

Tempistica del recesso

L’articolo 50 del TUE stabilisce che i Trattati cessano di essere applicabili al Paese interessato a decorrere dalla data di entrata in vigore dell'accordo di recesso.

In sostanza, dalla decisione assunta da uno Stato membro, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall’Unione, non discende l’immediata disapplicazione dei Trattati al medesimo Stato.

E’ comunque stabilito, quale norma di chiusura, che in mancanza di accordo tra il Consiglio e lo Stato membro interessato, i Trattati cessino di essere applicabili a tale Stato due anni dopo la notifica del recesso. Il Consiglio europeo, d’intesa con lo Stato interessato, può peraltro decidere all’unanimità di prolungare tale termine.

Sulla effettiva fuoriuscita di uno Stato membro recedente dall’Unione e l’individuazione della data a decorrere dalla quale a tale Stato non si applicherebbero più i Trattati, era intervenuto il Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, il quale il 13 giugno scorso aveva dichiarato che, data la complessità di negoziati per la definizione delle modalità delle future relazioni tra il Regno unito e l’UE, essi potrebbero durare anche fino a sette anni.

La praticabilità di tale ipotesi è tuttavia subordinata all’eventualità che le parti (Consiglio, per conto dell’UE, e Stato recedente) concordino di prolungare il termine di 2 anni previsto dalla norma di chiusura richiamata in precedenza e che in seno al Consiglio non vi siano opposizioni sulla proroga da parte di altri Stati membri.

In proposito, si segnala che la Dichiarazione comune del Presidente del Consiglio europeo, del Presidente del Parlamento europeo, del Presidente del Consiglio dell’UE e del Presidente della Commissione europea sembra prefigurare un processo più rapido laddove sottolinea l’esigenza di evitare ritardi nel perfezionamento del processo di fuoriuscita del Regno Unito. In termini ancora più espliciti si è espresso il Presidente del gruppo PPE al Parlamento europeo, Manfred Weber (Germania) ha dichiarato che non ci può essere nessun trattamento speciale per il Regno Unito e quindi i negoziati di uscita devono concludersi entro due anni.

Si ricorda che, secondo alcuni osservatori, sarebbe auspicabile che i negoziati per il recesso siano completati entro il maggio/giugno del 2019 quando si prevede lo svolgimento delle elezioni del Parlamento europeo per la legislatura 2019-2024.

 

migrazione

Andamento dei flussi

In base alle stime dell’UNHCR, dal 1° gennaio al 24 giugno 2016 hanno attraversato il Mediterraneo verso la Grecia e l’Italia circa 218 mila migranti; di questi circa 158 mila sono sbarcati in Grecia e circa 59 mila in Italia.

Peraltro i rispettivi trend nei due Stati membri nei primi cinque mesi del 2016 appaiono profondamente diversi: mentre in Grecia nelle ultime settimane si è registrato un sostanziale arresto degli arrivi (solo circa 1.700 a maggio a fronte dei 57 mila dello scorso gennaio), nel mese di maggio in Italia si è avuto il picco di arrivi (circa 20 mila) dopo i flussi più contenuti di gennaio (circa 5 mila arrivi) e marzo-aprile (circa 10 e 9 mila).

 

Sbarchi in Grecia nei primi mesi del 2016 (colonne in blu; le colonne in grigio rappresentano il trend nel 2015): Fonte UNHCR

Sbarchi in Italia nei primi mesi del 2016 (colonne in blu; le colonne in grigio rappresentano il trend nel 2015): Fonte UNHCR

 

Il crollo degli arrivi in Grecia viene attribuito alla chiusura della cosiddetta rotta dei Balcani occidentali, con particolare riferimento agli accordi UE Turchia, che avrebbero determinato un disincentivo alle partenze dalla Turchia verso le isole elleniche, soprattutto da parte dei profughi siriani.

In particolare, la Commissione ha sottolineato il fatto che mentre nel mese precedente l’attuazione della dichiarazione, circa 1 740 migranti hanno attraversato ogni giorno il Mar Egeo verso le isole greche, per contro, dal 1° maggio, il numero giornaliero medio di arrivi è calato a 47.

Secondo le analisi più accreditate, l’aumento degli arrivi in Italia non dipenderebbe dallo spostamento dei flussi da una rotta all’altra, atteso che la nazionalità dei migranti lungo la rotta del Mediterraneo centrale sarebbe differente rispetto a quelle della rotta del Mediterraneo orientale (si tratta per lo più di migranti economici provenienti dal continente africano), ma dal miglioramento delle condizioni climatiche e dall’instabilità politica tuttora esistente in Libia, principale paese di partenza verso l’Italia)

Si ricorda infine che, secondo l’UNHCR, nel 2015 sono arrivate nell’Unione europea via Mediterraneo oltre un milione di persone, di cui oltre 850 mila in Grecia e circa 154 mila in Italia.

Le domande di asilo

Secondo Eurostat, durante il primo trimestre del 2016 negli Stati membri sono state presentate 287.100 domande nuove di asilo.

Nei primi tre mesi del 2016 il maggior numero di domande nuove di asilo è stato registrato in Germania (circa 175 000, il 61 per cento in tutta l’UE), seguita dall’Italia (22.300 domande pari all’ 8 per cento nell’UE), Francia (18.000, 6 per cento), Austria (13.900, 5 per cento) e Regno Unito (10.100, 4 per cento).

Eurostat ha inoltre rilevato, tra l’ultimo trimestre 2015 ed il primo del 2016, una forte diminuzione delle domande di asilo nei Paesi del Nord Europa: Svezia -91 per cento; Finlandia -85 per cento; Danimarca -74 per cento; Paesi Bassi -72 per cento, Belgio -70 per cento, Lussemburgo -59 per cento; Austria -55 per cento.

In Italia il trend tra i due trimestri indica una diminuzione del 10 per cento delle domande nuove di asilo (nell’ultimo trimestre del 2015 le domande erano state 24.700).

L’accordo con la turchia

Il Consiglio europeo dovrebbe prendere atto del sostanziale arresto dei flussi dalla Turchia verso la Grecia dopo la chiusura della rotta dei Balcani occidentali e l’attuazione della Dichiarazione UE-Turchia del 18 marzo 2016, evidenziando altresì l’importanza di continuare a lavorare attivamente per assicurare una soluzione sostenibile. In tal senso, il Consiglio europeo dovrebbe riconoscere i notevoli progressi che UE e Turchia hanno compiuto per attuare tutti gli impegni contenuti nella citata Dichiarazione, e guardare con interesse a ulteriori risoluti interventi.

In particolare, dovrebbero essere ricordate le disposizioni legislative recentemente adottate dalla Turchia in materia di trattamento dei siriani e di cittadini di altri paesi, tali da consentire il rimpatrio dei migranti in Turchia nel pieno rispetto della direttiva sulle procedure d'asilo.

Con la dichiarazione UE-Turchia del 18 marzo 2016 si è, tra l’altro, stabilito che a partire da tale data, tutti i nuovi migranti irregolari e i richiedenti asilo le cui domande di asilo sono state dichiarate inammissibili che arrivano dalla Turchia nelle isole greche dovrebbero essere rinviati in Turchia.

In virtù della dichiarazione, l'UE si è, d’altra pare, impegnata a consentire il reinsediamento entro i confini UE di un siriano proveniente dalla Turchia per ogni siriano rinviato dalle isole greche in Turchia. Nel quadro degli impegni esistenti, è accordata priorità ai migranti che non sono già entrati o non hanno tentato di entrare nell'UE in modo irregolare.

Secondo la Commissione europea, dalla data di applicazione della dichiarazione 462 migranti irregolari che non hanno presentato domanda di asilo, compresi 31 siriani, sono stati rinviati in Turchia dalla Grecia, in conformità al diritto dell'UE e internazionale e nel pieno rispetto del principio di non respingimento; nell'ambito del piano di reinsediamento 1:1 sono stati reinsediati dalla Turchia nell'UE 511 siriani

Si ricorda che sono altresì parti dell’accordo UE- Turchia:

·        la previsione di aiuti straordinari alla Turchia per la crisi dei rifugiati presenti in quello Stato terzo (circa 2,7 milioni di sfollati siriani) per un ammontare di 3 miliardi per il biennio 2016-2017, di cui 1 a carico del bilancio UE, e 2 a carico dei bilanci degli Stati membri (l’Italia contribuisce con circa 225 milioni di euro), nonché ulteriori 3 miliardi entro la fine del 2018;

·        il rilancio del processo di adesione della Turchia all’UE;

·        l’impegno dell’UE a liberalizzare i visti di entrata per breve periodo nell’UE per i cittadini turchi (purché la Turchia rispetti la tabella di marcia stabilita ai fini del raggiungimento dell’obiettivo dell’esenzione dal visto).

Si segnala inoltre che in attuazione degli accordi con l’UE, la Turchia ha recentemente adottato misure giuridiche e amministrative volte al rispetto degli standard europei in materia di asilo, tra l’altro, con particolare riferimento al rispetto del principio del non respingimento; tali riforme consentirebbero agli Stati membri di inviare un richiedente protezione internazionale in Turchia in quanto considerato paese terzo sicuro ai sensi dell’articolo 38 della direttiva europea in materia di procedure di asilo.

La rotta dei Balcani

Il Consiglio dovrebbe confermare l’impegno a fornire un sostegno continuo ai paesi dei Balcani occidentali -anche nella lotta ai trafficanti- e di mantenere alta l'attenzione sui potenziali sviluppi che riguardino altre rotte in modo da poter agire rapidamente in maniera concertata

Secondo la Commissione europea nel 2015 circa l’85 per cento dei migranti che hanno fatto il loro ingresso in Grecia (850 mila persone) sarebbero transitate per i Balcani occidentali. In tale anno il sostegno UE ai Paesi dei Balcani occidentali si è tradotto, tra l’altro:

o   nel finanziamento di aiuti umanitari a favore di Serbia e ex Repubblica jugoslava di Macedonia per un valore di circa 22 milioni di euro;

o   nell’assistenza fornita da Frontex alla ex Repubblica jugoslava di Macedonia nella gestione della frontiera con la Grecia, per quanto riguarda in particolare l’attività di registrazione dei migranti;

o   nell’attivazione da parte della Serbia (insieme a Slovenia, Croazia e Grecia) del meccanismo unionale di protezione civile, che sostanzialmente si è tradotto nell’assistenza da parte di numerosi Stati membri in termini di tende, articoli per il pernottamento, dispositivi di protezione personale, riscaldamento, illuminazione e generatori di elettricità. 

Ricollocazione e reinsediamento

Il Consiglio europeo dovrebbe sottolineare la necessità di ulteriori interventi sono necessari per accelerare l'attuazione dei programmi di ricollocazione e di reinsediamento esistenti.

La rotta del Mediterraneo centrale

Per quanto riguarda la situazione del Mediterraneo centrale, il Consiglio europeo, dopo aver posto porre l’accento sul fatto che i flussi migratori si mantengono sullo stesso livello dell’anno scorso e interessano per lo più migranti non bisognosi di protezione internazionale, dovrebbe sottolineare la necessità di ridurli in modo da salvare vite umane e smantellare il modello di attività dei trafficanti.

Per ottenere rapidi risultati in termini di prevenzione della migrazione illegale e rimpatrio dei migranti irregolari, il Consiglio europeo dovrebbe chiedere un nuovo quadro di cooperazione con i singoli paesi di origine o di transito, in linea con il piano d'azione di La Valletta, la cui attuazione dovrebbe essere intensificata.  

Il piano di azione di La Valletta

Concordato al Vertice sulla migrazione del 11-12 novembre 2015 che ha riunito i Capi di Stato e di Governo europei e africani, il documento include una serie di azioni volte a:

-   affrontare le cause profonde della migrazione irregolare e dello spostamento obbligato;

-   migliorare la cooperazione sulla migrazione legale e la mobilità;

-   rafforzare la protezione dei migranti e dei richiedenti asilo;

-   collaborare più strettamente per migliorare la cooperazione in materia di rimpatrio, riammissione e reinserimento;

-   prevenire e combattere la migrazione irregolare, il traffico dei migranti e la tratta di esseri umani.

In esito al Vertice, è stato inoltre lanciato un Fondo fiduciario d'emergenza dell'Unione europea per la stabilità e la lotta contro le cause profonde della migrazione irregolare e del fenomeno degli sfollati in Africa, con una dotazione di 1,8 miliardi di euro finanziato in parte dal bilancio UE e in parte da contributi degli Stati membri.

Il Fondo ha sinora finanziato misure di sostegno a molti Paesi africani(tra gli altri, a Niger, Mali, Senegal, Mauritania, Mali e Burkina Faso) per circa 380 milioni di euro, nei seguenti settori: creazione di lavoro, specie a favore di giovani e donne; rafforzamento della sicurezza e contrasto al terrorismo, gestione della migrazione, contrasto al traffico e alla tratta degli esseri umani.

Un nuovo partenariato

Gli obiettivi

Secondo il Consiglio europeo, muovendo dalla comunicazione della Commissione del 7 giugno 2016, l'UE dovrà porre in essere e attuare rapidamente un nuovo quadro di partenariato, basato su efficaci incentivi e un'adeguata condizionalità, con un numero iniziale limitato di paesi di origine e di transito prioritari e i seguenti obiettivi:

·        perseguire risultati specifici e misurabili quanto a rimpatri celeri e operativi di migranti irregolari, anche applicando disposizioni temporanee, in attesa della conclusione di accordi di riammissione a pieno titolo;

·        creare e applicare il necessario effetto leva, servendosi di tutti i pertinenti strumenti, mezzi e politiche di cui l'UE dispone, compresi lo sviluppo e il commercio;

·        mobilitare altresì elementi di competenza degli Stati membri e ricercare sinergie con gli Stati membri in relazione a specifici paesi.

La comunicazione della Commissione europea su un nuovo Quadro di partenariato è stata presentata il 7 giugno 2016 anche sulla base della proposta italiana del cosiddetto migration compact.

Secondo la Commissione i partenariati rinnovati con i paesi terzi devono assumere la forma di "patti" su misura, sviluppati in funzione della situazione e delle necessità di ciascun paese partner, a seconda che si tratti di un paese di origine, di un paese di transito o di un paese che accoglie un gran numero di sfollati. La nuova politica di partenariato dovrà prevedere:

·        strumenti di rafforzamento delle capacità locali in materia di controllo delle frontiere, di procedure di asilo, di contrasto al traffico dei migranti e reinserimento;

·        misure volte a smantellare il modello operativo dei trafficanti di esseri umani, in particolare, rendendo effettivi i rimpatri dei migranti irregolari;

·        percorsi legali alternativi verso l’Europa, ad esempio, attraverso un programma mondiale di reinsediamento globale guidato dall’ONU.

Secondo la comunicazione, tale approccio dovrà essere seguito nella conclusione, prevista a breve termine, di patti con la Giordania e il Libano; la Commissione intende inoltre adoprarsi per stipularne ulteriori patti con Niger, Nigeria, Senegal, Mali e Etiopia, nonché rafforzare l'impegno con la Tunisia e la Libia.

Le risorse finanziarie

Il Consiglio europeo dovrebbe considerare necessario mobilitare tutti gli strumenti e le fonti di finanziamento pertinenti a sostegno del suddetto approccio in materia di partenariato.

Il Consiglio europeo dovrebbe altresì invitare la  Commissione a presentare entro settembre 2016 una proposta relativa a un piano di investimenti esteri, che dovrebbe essere esaminata in via prioritaria dal Parlamento europeo e dal Consiglio.

Secondo il Consiglio europeo, infine, l'iniziativa della Banca europea per gli investimenti nei paesi del vicinato meridionale e dei Balcani occidentali dovrebbe contribuire ulteriormente a promuovere gli investimenti nei paesi partner; il Consiglio dovrebbe esaminare con rapidità come fornire le risorse necessarie al sostegno di tale iniziativa.

Si ricorda che nella citata comunicazione si propone un rafforzamento dei mezzi finanziari per affrontare le cause profonde della migrazione irregolare e dello sfollamento: lo stanziamento di 8 miliardi di euro nel periodo 2016-2020; a breve termine è previsto il potenziamento del Fondo fiduciario per l’Africa con un ulteriore miliardo di euro, di cui 500 milioni di euro attinti alla riserva del Fondo europeo di sviluppo e 500 richiesti agli Stati membri.

Nell'autunno 2016, la Commissione intende inoltre presentare una proposta relativa a un nuovo fondo per investimenti nei paesi terzi in via di sviluppo, di 3,1 miliardi di euro, che dovrebbe a sua volta mobilitare investimenti complessivi fino a 31 miliardi di euro. Secondo la Commissione europea è possibile arrivare a 62 miliardi di investimenti se gli Stati membri e gli altri partner verseranno un contributo equivalente a quello dell'UE.

Secondo il Consiglio europeo, dovrebbe essere garantita la complementarità di tutte queste iniziative.

Il Consiglio europeo dovrebbe infine considerare la cooperazione sulla riammissione e sui rimpatri un banco di prova fondamentale del partenariato tra l'UE e i partner in questione.

Il ruolo dell’Alto rappresentante

Secondo il Consiglio europeo, l’attuazione di questo nuovo approccio dovrebbe essere guidato dall’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, cui spetterebbe anche l’'opportuno coordinamento tra le istituzioni e i servizi dell'UE e gli Stati membri; al Consiglio e alla Commissione dovrebbe spettare il monitoraggio periodico del processo e la valutazione dei risultati, al fine di riferire al Consiglio europeo.

Il Consiglio europeo dovrebbe infine sottolineare il fatto che l'UE e i suoi Stati membri continueranno ad affrontare le cause profonde della migrazione illegale, in stretta cooperazione e in uno spirito di titolarità reciproca con i paesi di origine.

Infine, in vista del vertice del G20 e della riunione ad alto livello dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite sui grandi movimenti di rifugiati e migranti, che si terranno prossimamente, il Consiglio europeo dovrebbe ricordare che la migrazione è un problema mondiale che richiede una risposta della comunità internazionale.

La Libia

Il Consiglio europeo dovrebbe ribadire di essere pronto a sostenere il governo di intesa nazionale e invitare tutti i gruppi in Libia a collaborare con esso, quale unico governo legittimo del paese, per ripristinare la stabilità, combattere il terrorismo e far fronte alla migrazione nel Mediterraneo centrale. In tale contesto, il Consiglio europeo dovrebbe accogliere con favore l'adozione della risoluzione 2292 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e il ruolo ampliato dell'operazione Sophia nel far rispettare l'embargo sulle armi nei confronti della Libia e formare la guardia costiera libica.

EUNAVFORMED Sophia

Avviata dal Consiglio affari esteri il 22 giugno 2015, l’operazione navale militare EUNAVFOR MED (successivamente denominata Sophia) è volta a contribuire a smantellare le reti del traffico e della tratta di esseri umani nel Mediterraneo centromeridionale.

La missione, dopo una prima fase di raccolta di informazioni e di pattugliamento in alto mare è passata al primo stadio della seconda fase: si procede a fermi, ispezioni, sequestri e dirottamenti in alto mare di imbarcazioni sospettate di essere usate per il traffico e la tratta di esseri umani, alle condizioni previste dal diritto internazionale applicabile, e a quelle previste dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU.

La transazione alla seconda fase è stato autorizzata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il 9 ottobre 2015, con la risoluzione 2240 (2015), e decisa il 28 settembre 2015 dal Comitato politico e di sicurezza dell’UE.

Inoltre, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il 14 giugno 2016, ha        adottato un nuova risoluzione 2292(2016) che prevede che a partire dal 14 giugno 2016, e per un durata di 12 mesi, i mezzi della missione EUNAVFOR MED possano intercettare e ispezionare in alto mare al largo delle coste della Libia le imbarcazioni in provenienza o dirette in Libia sospettate di trasportare armi o attrezzature militari.

Il 20 giugno 2016 il Consiglio dell’UE ha adottato una decisione con la quale, oltre a prorogare di un anno (al 27 luglio 2017) la missione EUNAVFOR MED, ha esteso il suo mandato alle attività indicate nella seconda risoluzione ONU.

 

occupazione, crescita e investimenti

Semestre europeo

Il Consiglio europeo dovrebbe discutere le raccomandazioni specifiche per Paese in materia di politica economica, che saranno adottate formalmente dal Consiglio ECOFIN nel mese di luglio. Spetterà poi agli Stati membri metterle in atto integrandole nell'elaborazione dei bilanci nazionali e delle politiche pubbliche correlate per il 2017.

Per quanto riguarda l’Italia, la Commissione europea raccomanda di:

·        limitare nel 2016 la deviazione temporanea dall'aggiustamento dello 0,5% del PIL richiesto verso l'obiettivo a medio termine del pareggio di bilancio all'importo pari allo 0,75% del PIL, concesso per gli investimenti e l'attuazione delle riforme strutturali;

·        conseguire un aggiustamento annuo di bilancio verso l'obiettivo di bilancio a medio termine pari ad almeno lo 0,6% del PIL nel 2017;

·        accelerare l'attuazione del programma di privatizzazioni e usare le conseguenti entrate straordinarie per accelerare la riduzione del debito pubblico;

·        trasferire il carico fiscale dai fattori di produzione al consumo e al patrimonio;

·        ridurre numero e portata delle agevolazioni fiscali e completare la riforma del catasto entro il primo semestre 2017;

·        attuare provvedimenti per migliorare il rispetto dell'obbligo tributario, anche mediante sistemi elettronici di fatturazione e pagamento;

·        attuare la riforma della pubblica amministrazione adottando e applicando tutti i decreti legislativi necessari, in particolare in materia di riforma delle imprese pubbliche locali, servizi pubblici locali e gestione delle risorse umane;

·        potenziare la lotta contro la corruzione riformando l'istituto della prescrizione entro fine 2016;

·        ridurre la durata dei procedimenti civili;

·        accelerare il ridimensionamento dello stock dei crediti deteriorati, anche migliorando ulteriormente la disciplina dell'insolvenza e del recupero crediti;

·        completare rapidamente l'attuazione delle riforme in corso in materia di governo societario nel settore bancario;

·        attuare la riforma delle politiche attive del mercato del lavoro, in particolare rafforzando l'efficienza dei servizi per l'impiego;

·        adottare e attuare la strategia nazionale di lotta contro la povertà e rivedere e razionalizzare la spesa sociale;

·        adottare e attuare rapidamente la legge sulla concorrenza (il cui esame parlamentare è ancora in corso);

·        intervenire ulteriormente per aumentare la concorrenza nelle professioni regolamentate, nei trasporti, nella sanità, nel commercio al dettaglio e nell'aggiudicazione delle concessioni.

 

Mercato unico

Il Consiglio europeo dovrebbe chiedere che siano completati e attuati entro il 2018 i diversi piani di azione e le strategie sul mercato unico proposti dalla Commissione europea, con particolare riferimento alle proposte presentate nell’ambito della Strategia per il mercato unico digitale COM(2015)192.

mercato unico digitale

Il Consiglio europeo dovrebbe adottare un’agenda in cui chiederà progressi rapidi sulle azioni e gli obiettivi riportati di seguito.

Portabilità transfrontaliera dei contenuti digitali

Il 9 dicembre 2015 la Commissione europea ha presentato la proposta di regolamento COM(2015)627, in materia di portabilità transfrontaliera dei servizi di contenuti online nel mercato interno. In particolare, la proposta intende garantire che gli abbonati a servizi di contenuti online nell'Unione, quando siano temporaneamente presenti in uno Stato membro diverso da quello di residenza, abbiano accesso a tali servizi e possano fruirne.

Sulla proposta le Commissioni riunite IX Trasporti e X Attività produttive della Camera hanno adottato un documento finale, trasmesso alla Commissione europea, in cui hanno espresso un parere favorevole formulando alcune osservazioni, con particolare riferimento alla necessità di definire il concetto di temporaneità della presenza in altro Stato membro.

Eliminazione degli ostacoli al commercio elettronico

Lo scorso 25 maggio la Commissione europea ha presentato una comunicazione contenente un approccio globale per stimolare il commercio elettronico transfrontaliero per i cittadini e le imprese in Europa COM(2016)320.

La comunicazione presenta un pacchetto di misure relative al mercato unico digitale e volte a massimizzare il potenziale del commercio elettronico transfrontaliero in Europa.

In particolare, nel pacchetto sono contenute:

•   una proposta di regolamento volta a risolvere la questione dei blocchi geografici ingiustificati e altre forme di discriminazione basate sulla nazionalità, sul luogo di residenza o di stabilimento COM(2016)289;

•   una proposta di regolamento relativa a misure sulla consegna dei pacchi COM(2016)285, volta ad aumentare la trasparenza dei prezzi, in modo che i consumatori e i dettaglianti possano beneficiare di consegne meno costose e condizioni di restituzione più agevoli. Uno studio, pubblicato dalla Commissione europea (della Saint-Louis University) mostra che le spese per la spedizione transfrontaliera di un pacco possono essere anche cinque volte più alte del loro equivalente nazionale.

Abolizione delle tariffe di roaming

Nel 2015 il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato il regolamento (UE) 2015/2120, entrato in vigore il 29 novembre 2015, che prescrive l'abolizione nell'UE dei sovrapprezzi del roaming al dettaglio dal 15 giugno 2017. Il regolamento relativo al mercato al dettaglio, tuttavia, da solo non basta ad attuare il roaming a tariffa nazionale. I mercati nazionali del roaming all'ingrosso devono garantire prezzi che consentano agli operatori di offrire servizi al dettaglio sostenibili, senza oneri supplementari. A tal fine, lo scorso 15 giugno la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento, concernente le norme sui mercati del roaming all'ingrosso COM(2016)399. In particolare, la Commissione europea stabilisce i ricarichi massimi che gli operatori mobili possono applicare nella vendita di traffico in roaming agli altri operatori esteri. Il taglio dei costi all’ingrosso dovrebbe semplificare e promuovere il passaggio ad una tariffa unica europea per il roaming ed evitare che gli operatori trasferiscano i maggiori costi sui clienti finali.

Spettro radio

Il Consiglio europeo dovrebbe invitare ad un miglior coordinamento della tempistica e delle condizioni inerenti all’assegnazione tempestiva delle frequenze, unitamente all’assegnazione della banda di 700 Mhz ai servizi mobili. In proposito, la Commissione europea, lo scorso 2 febbraio, ha presentato una proposta di decisione relativa all'uso della banda di frequenza 470-790 MHz nell'Unione COM(2016)43, riguardante in particolare la liberazione coordinata entro il 2020 della banda 694-790 MHz, attualmente utilizzata prevalentemente per la televisione digitale terrestre. La proposta, ad avviso della Commissione, dovrebbe contribuire a garantire a tutti i cittadini l'accesso a una velocità della banda larga di almeno 30 Mbit/s entro il 2020.

Sulla proposta le Commissioni riunite IX Trasporti e X Attività produttive della Camera hanno adottato un documento finale, trasmesso alla Commissione europea, in cui hanno espresso un parere sostanzialmente favorevole formulando alcune osservazioni, con particolare riferimento alla necessità di una proroga del termine per la liberazione della banda al 2022.

Calcolo ad alte prestazioni

Il Consiglio europeo dovrebbe far riferimento alla necessità di un coordinamento delle iniziative dell’UE in materia di calcolo ad alte prestazioni e al varo di un importante progetto nel settore. In materia la Commissione, il 15 febbraio 2012, ha adottato la strategia in materia di High Performance Computing (HPC), per dotare l’UE di un'infrastruttura ad alte prestazioni (HPC) per l'elaborazione dei dati in ambito scientifico. L'UE evidenzia ritardi anche in termini di mera potenza di calcolo totale: solo una delle dieci principali infrastrutture HPC è situata nell'UE (Höchstleistungsrechenzentrum di Stoccarda).

E-government

Il Consiglio europeo dovrebbe rivolgere l’invito ai Governi a raggiungere gli obiettivi del piano d’azione per l’E-government. La Commissione europea lo scorso 19 aprile ha presentato una comunicazione concernente il Piano d'azione dell'UE per l'e-Government 2016-2020 COM(2016)179, in cui viene proposta una serie di misure da lanciare entro la fine del 2017, volte a:

·        istituire uno sportello digitale unico che fornisca le informazioni e i servizi necessari per operare a livello transfrontaliero;

·        interconnettere tutti i registri delle imprese e i registri fallimentari e collegarli al portale e-justice;

·        istituire un progetto pilota per l’applicazione del principio di "una tantum" alle imprese oltre confine, per quanto riguarda i documenti da fornire alle autorità pubbliche;

·        sviluppare servizi transfrontalieri di e-salute e accelerare il passaggio all'e-procurement.

Diritto d’autore e audiovisivi

Il Consiglio europeo dovrebbe, inoltre, fare riferimento alle riforme dei quadri normativi sul diritto d’autore e sugli audiovisivi. In materia di diritto d’autore, la Commissione europea, lo scorso 9 dicembre, ha presentato la comunicazione COM(2015)626, che illustra i piani della Commissione relativi al copyright.

In materia di audiovisivi, la Commissione ha presentato una proposta di direttiva recante modifica della direttiva 2010/13/UE, relativa al coordinamento delle disposizioni degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi, in considerazione dell’evoluzione delle realtà del mercato COM(2016)287. La proposta aggiorna la direttiva sui servizi di media audiovisivi (direttiva SMA), considerando anche i servizi di video a richiesta (ad esempio Netflix) e le piattaforme per la condivisione di video (ad esempio Youtube). In particolare, la proposta è volta a rafforzare la tutela dei minori e la promozione della diversità culturale europea, ad assicurare l’indipendenza delle autorità di regolamentazione del settore audiovisivo e ad offrire maggiore flessibilità alle emittenti riguardo alla pubblicità.

Fornitura di servizi transfrontalieri

Il Consiglio europeo dovrebbe chiedere progressi a sostegno dei fornitori di servizi oltre frontiera. La Commissione europea, lo scorso 28 ottobre ha presentato la comunicazione COM(2015)550, che ridefinisce la strategia del mercato unico europeo, contenente anche misure volte all’eliminazione delle frontiere nel mercato dei servizi. Secondo le stime della Commissione, i servizi rappresentano i due terzi dell'economia dell'UE, ma la prestazione transfrontaliera di servizi continua ad essere poco sviluppata. Le potenzialità della direttiva servizi (2013/55/UE) non sono sfruttate appieno: i fornitori di servizi alle imprese, che intendano operare oltre frontiera si trovano spesso a fronteggiare ostacoli riguardo alla forma giuridica o a requisiti in materia di partecipazioni.

Unione dei mercati dei capitali

In materia di unione dei mercati dei capitali, il Consiglio europeo dovrebbe sottolineare l’opportunità di compiere rapidi progressi sulla proposta di regolamento (COM(2015)583) per la semplificazione degli obblighi in materia di prospetto e sulla proposta di regolamento (COM(2015)572) che stabilisce norme comuni sulla cartolarizzazione, che dovranno essere approvate entro la fine del 2016.

 

Piano Juncker

Il Consiglio europeo dovrebbe valutare i risultati del primo anno di attività del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS, cd. “Piano Juncker”) e invitare il Parlamento europeo ed il Consiglio dell’UE ad esaminare in via prioritaria la proposta di proroga del Fondo medesimo che la Commissione europea dovrebbe presentare il prossimo autunno.

Si ricorda che, secondo le previsioni della Commissione europea, il FEIS dovrebbe mobilitare 315 miliardi di investimenti aggiuntivi nel triennio 2015-2017.

Nella comunicazione presentata il 1° giugno scorso, la Commissione sottolinea che nell’ambito del FEIS sono state già approvate circa 250 operazioni in 26 Stati membri dell’UE, dalle quali ci si attende la mobilitazione di 100 miliardi di euro di investimenti, pari al 32% circa dell’obiettivo globale di 315 miliardi.

 Di seguito, si riportano due grafici, con l’indicazione della copertura settoriale e geografica dei progetti finanziati in ambito FEIS, da cui risulta che l’Italia, con 36 progetti finanziati è, insieme alla Francia, il maggior beneficiario del FEIS. In particolare, sono stati approvati 8 progetti in materia di infrastrutture e innovazione (per un totale di 1,4 miliardi di euro di finanziamento, che dovrebbero mobilitare 4,9 miliardi di investimenti) e 28 progetti a beneficio delle PMI (per un totale di 353 milioni di euro di finanziamento, che dovrebbero mobilitare 7,8 miliardi di investimenti):

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Unione economica e monetaria

Unione bancaria

Il Consiglio europeo dovrebbe accogliere con favore l'accordo raggiunto il 17 giugno scorso in sede di Consiglio ECOFIN sulla tabella di marcia per il completamento dell'Unione bancaria.

Negli ultimi mesi il negoziato sul completamento dell’Unione bancaria ha segnato il passo sulla proposta relativa all’istituzione di una garanzia unica dei depositi bancari, terzo pilastro di una Unione nella quale sono già operative vigilanza unica e risoluzione unica. Il nodo del contendere è la rapidità con la quale giungere a una responsabilità in solido dei rischi.

La tabella di marcia concordata in sede ECOFIN prevede che la Commissione presenti quanto prima, e al più tardi entro la fine del 2016:

·       modifiche al quadro legislativo vigente relativo ai requisiti di capacità aggiuntiva di assorbimento di eventuali perdite bancarie (total loss absorbing capacity, TLAC) e ai requisiti minimi in materia di fondi propri e passività ammissibili (minimum requirement for own funds and eligible liabilities, MREL);

·       una proposta su un approccio comune alla gerarchia dei creditori delle banche, al fine di rafforzare la certezza del diritto in caso di risoluzione;

·       modifiche alla disciplina dei requisiti patrimoniali delle banche, al fine di armonizzare o ulteriormente specificare le opzioni e discrezionalità concesse agli Stati membri, da un lato, e di introdurre un coefficiente di leva finanziaria, possibilmente fissato sopra al 3%, per le banche di importanza sistemica;

·       un proposta legislativa di armonizzazione minima relativamente alla normativa sull'insolvenza.

Inoltre, la tabella di marcia prevede:

·        in ordine al sostegno comune (common backstop) che dovrebbe intervenire nel caso in cui non fossero sufficienti le risorse del Fondo unico di risoluzione delle crisi bancarie (operativo dal 1° gennaio 2016 e con una disponibilità, a regime, di 55 miliardi di euro), il Consiglio dell’UE prende atto dell'intenzione degli Stati membri di avviare i lavori nel settembre 2016, se e quando tutti gli Stati membri avranno recepito la direttiva sul meccanismo comune di risoluzione delle crisi bancarie;

·        riguardo al trattamento dell'esposizione delle banche ai titoli di stato, il Consiglio dell’UE conviene di attendere i risultati del Comitato di Basilea.

Al riguardo, si ricorda che la questione è oggetto di discussioni presso la Banca per i regolamenti internazionali dove, secondo fonti di stampa, molti Paesi emergenti sarebbero contrari a introdurre limiti all’esposizione sovrana, e pertanto l'ipotesi sembra rinviata sine die. Analogamente, in sede UE alcuni Paesi, tra cui l'Italia, si oppongono all'idea di altri Stati, come la Germania o l'Olanda, di introdurre limiti al possesso di titoli di stato o modifiche alla disciplina che ora assegna al titolo di stato un “rischio zero” e quindi ne prevede un trattamento preferenziale.

Comitati nazionali per la competitività

Il Consiglio europeo dovrebbe avallare la raccomandazione sui comitati nazionali per la produttività.

La raccomandazione, prevista tra le misure attuative della relazione “Completare l’unione economica e monetaria” (cd. Relazione dei cinque Presidenti), prevede che ogni Stato membro disponga di un comitato per la produttività, che a sua volta potrebbe avvalersi o essere costituito da altri organismi esistenti, incaricato di analizzare gli sviluppi in materia di produttività e competitività nello Stato membro interessato, e in particolare i fattori di sviluppo a lungo termine fra cui l'innovazione, la capacità di attrarre investimenti, il capitale umano, nonché di affrontare i fattori di costo e non di costo che possono incidere a breve termine sui prezzi e sulla qualità di beni e servizi, anche rispetto alla concorrenza internazionale.

La raccomandazione non pregiudica il diritto di negoziare, concludere o applicare accordi collettivi e di intraprendere azioni collettive conformemente al diritto e alle prassi nazionali.

I Comitati per la competitività dovrebbero esercitare le proprie attività su base continua, rendere le loro analisi accessibili al pubblico e pubblicare una relazione annuale. Dovrebbero, inoltre, essere in contatto con i comitati per la produttività degli altri Stati membri al fine di scambiare opinioni e migliori prassi e, ove opportuno, elaborare analisi congiunte.

Gli Stati membri sono tenuti a dare attuazione alle disposizioni della raccomandazione entro 18 mesi dall’approvazione formale della raccomandazione stessa.

 

Fiscalità

Il Consiglio europeo dovrebbe ribadire che la lotta alla frode, all'evasione e all'elusione fiscale nonché al riciclaggio di denaro, resta una priorità dell’UE, esprimendo apprezzamento per la recente adozione delle proposte in materia di:

·        scambio automatico di informazioni sui ruling fiscali preventivi transfrontalieri e sugli accordi preventivi sui prezzi di trasferimento (direttiva (UE) 2015/2376);

·        condivisione, da parte degli Stati membri, delle informazioni di natura fiscale sulle multinazionali che operano nell’Unione (direttiva (UE) 2016/881).

Inoltre, il Consiglio europeo dovrebbe valutare con favore l’accordo raggiunto dal Consiglio ECOFIN, il 17 giugno scorso, sulla proposta di direttiva che individua specifiche misure di contrasto delle pratiche di pianificazione fiscale aggressiva, e precisamente:

·        limita l’importo degli interessi che l’impresa è autorizzata a dedurre;

·        introduce l’imposizione in uscita, al fine di prevenire l’erosione della base imponibile nello Stato di origine;

·        modifica la disciplina delle società controllate estere: talune imprese, infatti, trasferiscono ingenti quantità di utili dalla società madre (soggetta ad elevata fiscalità) verso le controllate, che sono soggette ad una tassazione ridotta.

·         

relazioni esterne dell’UE

Il Consiglio europeo dovrebbe esaminare la Strategia globale dell’UE predisposta dall’Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Federica Mogherini.

Il progetto di conclusioni prevede che il Consiglio europeo inviti l'Alta rappresentante e il Consiglio a portare avanti i lavori.

Il Consiglio europeo del 19 e 20 dicembre 2013 aveva invitato l’Alto Rappresentante, in cooperazione con la Commissione e sulla base di consultazioni con gli Stati membri, a valutare l’impatto dei cambiamenti nel contesto globale e a riferire al Consiglio nel corso del 2015.

L’Alto Rappresentante, Federica Mogherini, ha presentato al Consiglio europeo del 25 e 26 giugno 2015 un documento di riflessione intitolato “"The European Union in a changing global environment"”.

Il Consiglio europeo del giugno 2015 ha invitato a continuare il processo di riflessione e consultazione condotto dall'Alto Rappresentante in vista della presentazione della nuova strategia globale al Consiglio europeo del giugno 2016.

A partire dai primi di ottobre 2015 è stato avviato un ampio processo di consultazione sulla nuova strategia globale dell’UE, anche attraverso un apposito sito internet.

 

Il Consiglio europeo dovrebbe, inoltre, discutere della cooperazione UE-NATO in vista del vertice NATO che si svolgerà a Varsavia il prossimo 8 e 9 luglio.

Nel progetto di conclusioni si prevede che il Consiglio europeo dovrebbe chiedere un ulteriore rafforzamento della cooperazione UE-NATO, alla luce dei comuni obiettivi e valori e tenuto conto delle sfide che vengono da sud e da est. Questa nuova ambizione dovrebbe configurarsi come cooperazione pratica accelerata in settori selezionati. Il nuovo impulso impresso alla cooperazione UE-NATO dovrebbe rispettare pienamente l'autonomia e le procedure decisionali delle due organizzazioni, essere basato sul principio di inclusività e lasciare impregiudicata la politica di sicurezza e di difesa di tutti i nostri membri.

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

XVII legislatura – Documentazione per l’Assemblea, n. 14, 27 giugno 2016

Il bollettino è stato curato dall’Ufficio Rapporti con l’Unione europea (' 06 6760.2145 - * cdrue@camera.it)