Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Consiglio europeo del 24-25 ottobre 2013
Serie: Documentazione per l'Assemblea - Esame di atti e documenti dell'UE    Numero: 4
Data: 21/10/2013
Descrittori:
CONSIGLIO EUROPEO     

21 ottobre 2013

 

n. 4

Consiglio europeo del 24-25 ottobre 2013

Il Consiglio europeo del 24-25 ottobre 2013, in base all’ordine del giorno provvisorio, discuterà di:

·         economia digitale, innovazione e servizi; politica economica e sociale, con particolare riferimento alle misure per combattere la disoccupazione giovanile e sostenere le piccole e medie imprese;

·         futura architettura dell’unione economica e monetaria, con particolare riguardo agli sviluppi dell’unione bancaria;

·         cooperazione in materia di politica dell’immigrazione.

Il 21 ottobre il Presidente del Consiglio europeo ha presentato un progetto di conclusioni predisposto in stretta cooperazione con la Lituania, che esercita la presidenza semestrale del Consiglio, e con il presidente della Commissione. Il progetto che è stato esaminato dal COREPER il 16 ottobre e dal Consiglio affari generali del 21-22 ottobre. Di seguito si riportano le principali indicazioni contenute nel progetto, cui potranno essere apportate modifiche ed integrazioni in esito alla riunione del Consiglio affari generali e a quella del Consiglio europeo.

 


Economia digitale e innovazione

Il Consiglio europeo dovrebbe svolgere una discussione tematica su economia digitale, innovazione e servizi, quale parte degli sforzi dell’UE per incrementare crescita, competitività e occupazione.

Economia Digitale

Completamento del mercato unico digitale.

Il Consiglio europeo dovrebbe ribadire l’impegno a completare il mercato unico digitale entro il 2015, come previsto dall’Agenda digitale europea.

L’Agenda digitale europea (AGE), una delle sette iniziative faro della strategia Europa 2020, è intesa a: realizzare il mercato unico del digitale favorendo l'accesso a servizi e contenuti online; migliorare l'interoperabilità delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC); assicurare la diffusione capillare e l'accesso dei cittadini a Internet ad altissima velocità; aumentare gli stanziamenti su ricerca e innovazione nel settore; accelerare l'adozione di soluzioni intelligenti basate sulle TIC per affrontare le grandi sfide del futuro (riduzione dei consumi energetici, miglioramento delle condizioni di vita dei pazienti e dei disabili (e-health), servizi digitali pubblici (e-government). Per ognuna di tali linee d'azione, sono l’agenda individua misure specifiche, a carico della Commissione e degli Stati membri.

Tra l’altro, l’Agenda digitale ha fissato i seguenti obiettivi: garantire entro il 2020 l’accesso a internet a velocità pari o superiori a 30Mbps per tutti i cittadini europei; lavorare affinché entro la stessa data almeno il 50% delle famiglie sia abbonata a internet con connessioni al di sopra di 100 Mbps.

Come risulta dall’ultima valutazione della Commissione di giugno 2013 sul raggiungimento degli obiettivi posti dall’Agenda digitale, l’Italia è:

·         all’ultimo posto per quanto riguarda la diffusione della banda larga ad alta velocità (considerando il numero di sottoscrizioni tra privati e imprese);

·         poco sopra il 18% per gli acquisti online (obiettivo europeo del 50% entro il 2015) e al 5% per gli acquisti online transfrontalieri (obiettivo europeo del 20% entro il 2015);

·         al penultimo posto (ultima la Bulgaria) per la percentuale di e-commerce da parte delle aziende (obiettivo europeo del 33%) con poco meno del 15% di acquisti e sotto il 5% per le vendita online;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

·         ad uno degli ultimi posti (dopo l’Italia, Romania, Bulgaria e Grecia) per quanto riguarda la percentuale di individui che utilizzano regolarmente internet (poco sopra il 50% a fronte dell’obiettivo europeo del 75% entro il 2015);

·         all’ultimo posto per quanto riguarda l’utilizzo di servizi pubblici  online (con una percentuale poco al di sotto del 20%).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per consentire il raggiungimento degli obiettivi posti dall’Agenda digitale, la Commissione ha avanzato diverse proposte legislative, tuttora in corso di esame. Il Consiglio europeo dovrebbe sollecitare in particolare la rapida adozione delle seguenti proposte:

·         pacchetto in materia di pagamenti volto a ridurre i costi sulle operazioni di pagamento con carta e aumentare la sicurezza dei pagamenti via internet;

·         proposta di direttiva mirata a eliminare gli ostacoli all’accesso al mercato per quanto riguarda la fatturazione elettronica negli appalti pubblici;

·         proposta di regolamento in materia di identificazione elettronica che prevede norme per garantire il riconoscimento reciproco dell’identificazione e dell’autenticazione elettronica in tutta l’UE e il riesame della direttiva sulle firme elettroniche;

·         revisione del quadro normativo UE sulla protezione dei dati personali trattati ai fini di prevenzione, indagine, accertamento o perseguimento dei reati e relative attività giudiziarie;

·         proposta di direttiva recante misure volte a garantire un livello comune elevato di sicurezza delle reti e dell’informazione nell’Unione;

 

 

·         pacchetto “Un continente connesso” che: semplifica il regime di autorizzazione e le norme UE per gli operatori delle telecomunicazioni; elimina i costi del roaming a partire dal 1° luglio 2014; abolisce la maggiorazione del prezzo delle chiamate internazionali in Europa; aumenta il livello di tutela dei diritti dei consumatori; garantisce condizioni di assegnazione prevedibili e tempistiche coordinate per l'accesso allo spettro delle frequenze.

Ai fini del pieno sfruttamento delle potenzialità dell’economia digitale e del completamento del mercato unico digitale a beneficio dei cittadini, il Consiglio europeo dovrebbe inoltre segnalare la necessità di:

·         aggiornare il quadro UE relativo ai diritti d'autore; la Commissione sta conducendo una valutazione sull’adeguatezza dell’attuale quadro normativo che dovrebbe concludersi entro la primavera 2014;

·         promuovere la modernizzazione della pubblica amministrazione anche tramite la tempestiva attuazione di servizi quali pubblica amministrazione elettronica, sanità elettronica, fatturazione elettronica e approvvigionamento elettronico, e il riutilizzo dei dati pubblici. A quest’ultimo proposito si ricorda che a luglio scorso è entrata in vigore la nuova direttiva sul riutilizzo dell’informazione del settore pubblico (2013/37/UE).

 

Investimenti nell’economia digitale.

Il Consiglio europeo dovrebbe segnalare la necessità di:

·         nuovi investimenti per favorire la diffusione della banda larga ad alta velocità e delle nuove tecnologie, quali le tecnologie di quarta generazione. Nel quadro delle misure previste dall’Agenda digitale, la Commissione ha presentato il 26 marzo 2013 la proposta di regolamento recante misure volte a ridurre i costi dell’installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità, che il Consiglio europeo dovrebbe raccomandare di adottare rapidamente. Secondo le valutazioni della Commissione, indipendentemente dalle tecnologie utilizzate, la parte preponderante dei costi complessivi dell’installazione delle reti è imputabile alle opere di ingegneria civile, che rappresenta ben l’80% dei costi per determinate tecnologie. Di conseguenza la proposta di regolamento affronta quattro principali aspetti problematici: 1) inefficienze o strozzature relative all’uso delle esistenti infrastrutture fisiche (quali, ad esempio, cavidotti, tubature, pozzetti, centraline, pali, piloni, antenne, tralicci e altre strutture di supporto); 2) rallentamenti legati alla co-realizzazione delle reti; 3) inefficienze a livello amministrativo per il rilascio delle autorizzazioni, e infine 4) strozzature per l’installazione delle reti all’interno degli edifici;

·         standard comuni per servizi cloud sicuri, di alta qualità e affidabili. Il 27 settembre 2012 la Commissione ha presentato La strategia per valorizzare il potenziale della "nuvola informatica" (cloud computing: l’archiviazione, l’elaborazione e l’uso di dati su computer remoti e il relativo accesso via Internet) che prevede iniziative tese a creare entro il 2020 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro in Europa e un aumento annuo del PIL dell'UE corrispondente a 160 miliardi di euro (circa l'1%). Tra le azioni chiave, oltre all’eliminazione dalla pletora di norme tecniche in uso (identificando entro il 2013 l’intervento necessario) e all’introduzione di sistemi di certificazione a livello europeo, la strategia prevede la creazione di  un “partenariato europeo per la nuvola informatica” che coinvolga Stati membri e industria, in modo da sfruttare il potere d’acquisto del settore pubblico (pari al 20% di tutta la spesa nel settore delle tecnologie dell’informazione).

Il Consiglio europeo dovrebbe segnalare l’importanza – anche per l’economia digitale - dei lavori in atto per contrastare l'elusione fiscale, l'erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili, di cui si occuperà nella riunione di dicembre; nell’ambito della revisione della disciplina in materia di imposta sul valore aggiunto la Commissione sarà incaricata di affrontare le questioni connesse all’economia digitale in particolare l’introduzione di aliquote differenziate per i prodotti digitali e materiali.

 

Migliorare le competenze.

Il Consiglio europeo dovrebbe segnalare la necessità di migliorare le competenze dal momento che molti cittadini e imprese europei non si avvalgono a sufficienza delle tecnologie dell’informazione.

La citata valutazione annuale della Commissione sui progressi verso il raggiungimento degli obiettivi posti dall’Agenda digitale segnala infatti, tra gli aspetti problematici, che la metà dei cittadini dell’UE possiede competenze digitali scarse o inesistenti e che nell’ultimo anno non è migliorato né il numero né il livello delle competenze degli utenti di TIC. Il 40% delle imprese che assumono o cercano di assumere specialisti informatici ha difficoltà e si prevede che il numero di posti vacanti per specialisti nelle TIC continuerà a crescere per raggiungere ben 900.000 posti entro il 2015.

Il Consiglio europeo dovrebbe proporre le seguenti iniziative:

·         destinare parte dei fondi strutturali e d'investimento europei (2014‑2020) all'istruzione e alla formazione nel campo delle TIC. A tale proposito si segnala che il Governo italiano intenderebbe destinare agli obiettivi di ricerca, sviluppo tecnologico e innovazione, competitività delle PMI il 37% delle risorse, con un incremento del 10% rispetto all’attuale ciclo di programmazione;

·         assicurare un più elevato livello di integrazione delle competenze digitali nell'istruzione;

·         rafforzare la grande coalizione per l'occupazione nel digitale per ovviare agli squilibri tra domanda e offerta di competenze.

 

Stato del negoziato

Da notizie ufficiose sullo stato del negoziato, risulterebbe che non tutti gli Stati membri sarebbero favorevoli a fissare, in sede di Consiglio europeo, scadenze ravvicinate per l’adozione delle proposte collegate al completamento del mercato unico digitale, trattandosi nella maggior parte dei casi di dossier molto articolati e complessi. In particolare posizioni prudenti sarebbero state espresse da Ungheria, Austria, Slovacchia, Lussemburgo, Slovenia, Spagna, Malta, Croazia e Germania sulla rapida approvazione del pacchetto “Un continente connesso”, rispetto al quale sarebbero state inoltre sollevate obiezioni soprattutto sull’armonizzazione delle regole per l’assegnazione dello spettro radio, a tutela dell’autonomia delle autorità nazionali nel settore. Le obiezioni sarebbero venute dagli stessi Stati membri, cui si sarebbero aggiunti Regno Unito, Portogallo, Lettonia e Irlanda. Al contrario Estonia, Finlandia, Francia, Polonia, Danimarca e Paesi Bassi si sarebbero espressi per un’accelerazione dell’attività legislativa e per il rispetto della data del 2015 per il completamento del Mercato Unico Digitale.

Per quanto riguarda l’Italia, il Governo ha in diverse occasioni sottolineato la grande importanza attribuita al mercato unico digitale, condividendo l’incoraggiamento ad accelerare l’adozione degli atti legislativi necessari al suo completamento e il sostegno al pacchetto “Un continente connesso”. Il Governo ha inoltre segnalato tra i temi di interesse la promozione degli investimenti nelle infrastrutture di rete e il grande potenziale delle amministrazioni pubbliche come motori dell'innovazione e della competitività per le imprese europee del settore. L’Italia ritiene inoltre che il Consiglio europeo dovrebbe sostenere i progressi in altri fori, come il citato partenariato europeo per la nuvola informatica, e favorire un network rafforzato dei Campioni Digitali, che potrebbero essere invitati a presentare un progress report entro ottobre 2014. Su proposta del Commissario europeo per l’Agenda digitale, Neelie Kroes, ogni Stato membro ha nominato un Campione Digitale. Per l’Italia è stato nominato Francesco Caio, commissario per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana. In sede di Consiglio europeo l’Italia dovrebbe infine farsi promotrice del progetto "identità digitale UE", vale a dire di un sistema univoco di identificazione online degli utenti europei. L’identità digitale è uno dei progetti chiave dell’Agenda digitale italiana: puntare ad avere una password unica per accedere ai servizi pubblici, che permetta di identificare il cittadino in maniera univoca dal sistema della pubblica amministrazione.

 

L’Agenda digitale italiana

In attuazione dell’Agenda digitale europea sono state assunte diverse iniziative a livello nazionale tra le quali si segnalano:

·         l’istituzione della Cabina di regia per l'Agenda digitale italiana presso il Ministero dello sviluppo economico con il compito di accelerare il percorso di attuazione dell'Agenda, coordinando gli interventi dei diversi soggetti pubblici (art. 47 del decreto-legge n. 5/2012);

·         l’istituzione dell'Agenzia per l'Italia digitale che, assorbendo anche le funzioni dei preesistenti organismi DigitPA e Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione, ha il compito di promuovere la realizzazione in Italia dell'Agenda digitale europea (articoli da 19 a 22 del decreto-legge n. 83/2012;

·         ampliamento dell’obbligo di utilizzo della posta elettronica certificata; l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di rendere disponibili i dati in formato aperto; promozione dell’utilizzo di procedure telematiche, rispettivamente, nell’Università, nella scuola, nella sanità e nell’amministrazione della giustizia (decreto-legge n. 179/2012).

Con riferimento ai finanziamenti per la realizzazione della banda larga sono intervenuti:

·         norme per agevolare i lavori di infrastrutturazione nel settore delle comunicazioni elettroniche, attraverso il ricorso alla procedura della denuncia di inizio attività (articolo 2 del decreto-legge n. 112/2008;

·         lo stanziamento di 800 milioni di euro di risorse FAS della programmazione 2007-2013 da destinare alla promozione delle reti di comunicazione elettroniche nelle aree sottoutilizzate, successivamente ridotte dal CIPE, con la delibera n. 1/2011, a 400 milioni (articolo 1 della legge n. 69/2009);

·         lo stanziamento di 150 milioni di euro per il 2013 per il completamento del Piano nazionale Banda Larga predisposto nell'ottobre 2011 dal Ministero dello sviluppo economico (articolo 14 del decreto-legge n. 179/2012).

La Commissione europea ha autorizzato, rispettivamente con l'atto SA -33807 del dicembre 2011 e con la decisione COM(2012)9833 del 18 dicembre 2012, sia il piano nazionale per la banda larga sia il progetto nazionale italiano per la banda ultralarga, predisposti dal Ministero dello sviluppo economico. In questo quadro, sono stati emessi a febbraio 2013 i bandi nazionali per 900 milioni di euro per l'azzeramento del digital divide nonchè per accelerare lo sviluppo della banda ultralarga.

Innovazione

L'innovazione figura - con l'Unione dell'innovazione - tra le iniziative di punta della strategia Europa 2020, sulla base della quale i paesi membri dovranno investire, entro il 2020, il 3% del PIL in ricerca e sviluppo (1% di finanziamenti pubblici, 2% di investimenti privati), con l'obiettivo di creare 3,7 milioni di posti di lavoro e di realizzare un aumento annuo del PIL di circa 800 miliardi di euro.

Nella comunicazione “Stato dell’Unione dell’Innovazione 2012 – Accelerare il cambiamento, presentata il 21 marzo del 2013, la Commissione rileva come gli investimenti pubblici e privati in R&S aumentati fino al 2011 (raggiungendo lo 2,03 per cento del PIL) hanno successivamente subito un calo. Si segnala che, nella classifica realizzata dalla Commissione sulla base delle iniziative assunte dagli Stati membri in materia di innovazione, l’Italia figura tra gli innovatori moderati, ossia tra i paesi che hanno risultati inferiori alla media UE.

Nel Programma nazionale di riforma (PNR) - allegato al Documento di economia e finanza approvato dal Consiglio dei ministri l’11 aprile

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2013 - il Governo italiano, per quanto riguarda, in particolare, l’obiettivo della Strategia UE 2020 relativo agli investimenti nel settore della ricerca e sviluppo tecnologico ricorda che il livello corrente di investimenti in tale settore nel 2011 è pari al 1,25% del PIL (1,26%% nel 2010), contro l’obiettivo nazionale al 2020 del 1,53% e l’obiettivo a medio termine del 1,40%.

Su tale argomento il Consiglio europeo dovrebbe:

·   invitare Commissione e Stati membri a promuovere ulteriori investimenti in innovazione e ricerca, rinviando a febbraio 2014 la valutazione dei progressi raggiunti. Si ricorda che il 13 settembre la Commissione europea ha presentato una comunicazione in cui propone un nuovo indicatore per misurare il livello di innovazione degli Stati membri, basato su quattro componenti: innovazione tecnologica, misurata per mezzo del numero di brevetti; occupazione in attività ad alta intensità di conoscenza, in percentuale rispetto all'occupazione totale; competitività dei beni e dei servizi a elevata intensità di conoscenza, basata sul contributo della bilancia commerciale dei prodotti ad alta e media tecnologia al totale della bilancia commerciale e sulla quota rappresentata dall'esportazione di servizi ad alta intensità di conoscenza rispetto al totale dei servizi esportati; occupazione nelle imprese in rapida crescita in settori innovativi. L'indicatore è stato sviluppato su richiesta del Consiglio europeo per confrontare le strategie nazionali in materia di innovazione ed evidenzia il permanere di differenze significative tra i paesi dell'UE. Sulla base di tale indicatore, l'Italia risulterebbe essere tra gli innovatori di medio livello;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


·         definire orientamenti per colmare il divario di commercializzazione tra il potenziale scientifico e intellettuale dell’UE e la quantità di prodotti e servizi che arrivano sul mercato, affrontando diversi aspetti: (difficoltà di accesso ai finanziamenti, eccessiva burocrazia, regimi dei diritti di proprietà intellettuale inadeguati). In particolare per quanto riguarda i finanziamenti si segnala che, nel quadro delle prossime prospettive finanziarie, il Consiglio europeo dovrebbe sollecitare la rapida adozione del nuovo strumento di finanziamento per la ricerca e l'innovazione nell'UE (programma Orizzonte 2020 - Horizon 2020, con una dotazione di 70 miliardi di euro per l’intero periodo) e del programma per la competitività delle imprese e le PMI (COSME - con una dotazione di oltre 2 miliardi di euro). 

Nel quadro delle iniziative previste dall’Unione per l’innovazione, il 10 luglio la Commissione europea ha presentato l'Innovation Investment Package, un pacchetto di investimenti in ricerca e innovazione nei settori considerati cruciali per l'economia e la società europea. Nel complesso nei prossimi sette anni saranno investiti quasi 22 miliardi di euro: 8 miliardi nell'ambito di Orizzonte 2020, 10 miliardi da parte dell'industria e quasi 4 miliardi da parte degli Stati membri dell'UE. La maggior parte degli investimenti sarà destinata a partenariati pubblico-privato nei campi dei medicinali innovativi, dell'aeronautica, delle bioindustrie, delle celle a combustibile e idrogeno e dell'elettronica;

Horizon 2020 Italia (a cura del Servizio Studi)

Nel marzo 2013 è stato presentato dal MIUR un documento, denominato Horizon 2020 Italia (HIT 2020), allo scopo di definire una base per il nuovo programma quadro nazionale su ricerca e innovazione, coerente con quello europeo, per superare la frammentazione e la duplicazione dei progetti in tali campi e, di conseguenza, migliorare l’uso delle risorse ad essi destinate. Il documento, in particolare, tiene conto dei risultati di una consultazione pubblica condotta dal Ministero dall'11 ottobre al 16 novembre 2012 che ha coinvolto circa 6.000 soggetti, pubblici e privati, prevalentemente operanti nel campo della ricerca e dell’innovazione.

Nel documento, oltre agli strumenti di indirizzo per definire le linee di azione principali da attuare per avvicinare alle prassi europee la programmazione nazionale e regionale, sono indicate le politiche di sostegno della ricerca e innovazione più semplici e rapide, in linea con i principi comunitari del "through a single set of rules" e del "timer to grant", per l'attuazione di un sistema comune di regole e strumenti di selezione entro cui riportare tutti gli interventi. Riguardo alla cooperazione interistituzionale, HIT 2000 prevede di coinvolgere non solo i Ministeri dell'istruzione e dello sviluppo economico, ma anche altri dicasteri e enti con competenze e deleghe che riguardano ambiti più specifici di ricerca, come ad esempio il settore agroalimentare e quello delle telecomunicazioni.

La strategia HIT 2020 definisce l'obiettivo della selezione di un numero limitato di progetti, specialmente a carattere comunitario per opportunità collaborative di tipo trans-territoriale e trans-settoriale. I primi esperimenti nell'applicazione di questo nuovo modello si sono realizzati attraverso il processo di selezione delle alleanze territoriali alla base dei bandi per i distretti e i Cluster tecnologici (decreto direttoriale 257/2012) e delle Smart Cities and Communities (decreto direttoriale 391/2012), potenziando l’accountability dell'azione politica.

Attuando i principali contenuti di Horizon Italia 2020 (allineamento degli strumenti finanziari nazionali con quelli comunitari, concentrazione delle risorse su settori strategicamente rilevanti, integrazione tra interventi centrali e regionali e tra attori pubblici e privati, semplificazione e rapidità delle procedure) l'obiettivo è di arrivare al pareggio tra l'investimento nazionale nel programma europeo Horizon 2020 e il ritorno finanziario sul sistema nazionale.

·         sollecitare il completamento dello Spazio europeo per la ricerca entro il 2014. La Commissione ha presentato una prima relazione che valuta i progressi compiuti nei cinque ambiti prioritari identificati dalla Commissione nel 2012: sistemi nazionali di ricerca; cooperazione transnazionale; mercato del lavoro per i ricercatori; uguaglianza di genere; circolazione della conoscenza scientifica. Dall'analisi emerge che:

-   gli Stati membri dovrebbero armonizzare maggiormente i  programmi nazionali di ricerca che operano che ancora in base a norme diverse;

-   vanno migliorate le procedure di assunzione, che non sono sempre aperte, trasparenti e meritocratiche;

-   gli Stati membri dovrebbero adottare strategie globali per colmare i divari di genere, che si traducono in uno spreco del talento delle ricercatrici;

-   un numero relativamente limitato di ricercatori in Europa è occupato nell'industria e che questi ultimi non sono sufficientemente pronti per il mercato del lavoro.

Dati e valutazioni specifiche relativi l’Italia sono contenute nella relazione specifica della Commissione

 

Servizi e regolamentazione

Servizi

Il Consiglio europeo dovrebbe invitare gli Stati membri a migliorare, con urgenza, l'attuazione della direttiva sui servizi e a procedere nell'apertura dei mercati dei servizi, rimuovendo gli ostacoli ingiustificati

Una valutazione organica dello stato di attuazione della direttiva servizi (c.d. direttiva Bolkestein, recepita dall’Italia con il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59) è stata operata dalla Commissione nella comunicazione "Un partenariato per la nuova crescita nei servizi 2012-2015" dell'8 giugno 2012.

La comunicazione ha sottolineato che le profonde modifiche degli ordinamenti nazionali richieste a tal fine hanno causato notevoli ritardi nel suo recepimento (il termine previsto era il 28 dicembre 2009), nonché errori nella sua applicazione pratica, limitando e frenando in tal modo l’ampio processo di riforma del settore dei servizi. Con particolare riferimento all’attuazione della direttiva in Italia, la Commissione ha espresso una valutazione complessivamente positiva, mantenendo qualche riserva sull’integrità e la completezza del recepimento riconducibile al fatto che, in virtù dell’ordinamento costituzionale italiano, le materie disciplinate da tale direttiva ricadono in parte nell’ambito della competenza condivisa tra Stato e regioni.

L’attuazione della direttiva è stata oggetto anche della risoluzione sul mercato interno dei servizi approvata dal Parlamento europeo l’11 settembre 2013.  Nella risoluzione – ribadito che se gli Stati membri attuassero adeguatamente e pienamente la direttiva servizi, l'UE potrebbe ottenere una crescita fino al 2,6% del PIL in 5-10 anni – si invita la Commissione a fornire assistenza agli Stati membri nella risoluzione dei problemi fondamentali a livello di attuazione ed applicazione della normativa europea in materia, anche per quanto concerne il miglioramento della trasposizione, la riduzione dei deficit di recepimento e di conformità e l'accesso a mezzi di ricorso giurisdizionale rapidi ed efficienti.

 

Il Consiglio europeo dovrebbe inoltre accogliere con favore la revisione della direttiva sui servizi, avviata dalla Commissione con la sopra citata comunicazione, convenendo sull'opportunità che tutti gli Stati membri assicurino valutazioni sistematiche, approfondite e attendibili della proporzionalità dei loro requisiti regolamentari.

Nella relazione programmatica per il 2013 il Governo ha sottolineato la rilevanza, tra le azioni concrete proposte dalla Commissione nella citata comunicazione, della valutazione tra pari (c.d. esercizio di “Peer review”), ritenendo fondamentale portare avanti questo esercizio, al fine di far sì che le iniziative di liberalizzazione adottate dal Governo possano essere maggiormente sviluppate anche negli altri Stati membri, così da garantire ai prestatori di servizio italiani che si recano in altri Stati membri le medesime opportunità di crescita e sviluppo.

 

Qualifiche professionali

Il Consiglio europeo dovrebbe formulare indicazioni in merito alla modernizzazione della direttiva sulle qualifiche professionali, una delle priorità dell'atto per il mercato unico I del 2011, con particolare riferimento:

·         alla proposta di direttiva relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali.

Sulla proposta stato raggiunto a giugno 2013 è l'accordo politico tra Parlamento europeo, Commissione e Consiglio il cui iter di approvazione si prevede venga completato nel mese di novembre 2013.

Nella relazione programmatica sulla partecipazione dell’Italia all’UE nel 2013, il Governo italiano aveva sottolineato numerosi e problematici profili connessi alla proposta. In particolare, il coordinamento delle amministrazioni nazionali ha evidenziato: contrarietà all’inserimento della professione di notaio nella direttiva; contrarietà alla formazione del silenzio-assenso in caso di non decisione nei termini delle Amministrazioni competenti per il rilascio della tessera professionale europea; contrarietà all’eliminazione della certificazione dei due anni di esperienza professionale, in caso di trasferimento di un professionista da uno Stato membro che non regolamenta la professione ad un altro Stato membro che, invece, la regolamenta; contrarietà all’ingresso in prestazione temporanea e occasionale senza la certificazione dei due anni di esperienza professionale in caso di professionista che accompagni destinatari del servizio residenti abitualmente nel proprio Stato membro; contrarietà all’abbassamento della formazione medica da sei a cinque anni; introduzione della possibilità di chiedere al professionista date e luoghi in caso di prestazione temporanea e occasionale con riferimento, in particolare, alle professioni a carattere stagionale.

·         alla comunicazione, presentata dalla Commissione il 2 ottobre 2013, che invita gli Stati membri devono riesaminare le rispettive normative nazionali che restringono l'accesso alle professioni e avviare una reciproca valutazione.

Secondo la Commissione, il miglioramento dell’accesso alle professioni, attraverso una normativa più adeguata e trasparente negli Stati membri, agevolerebbe la mobilità dei professionisti qualificati all’interno del mercato unico, con ricadute significative sulla situazione occupazionale e sulla crescita economica, anche in considerazione del fatto che i servizi professionali rappresentano circa il 9% del PIL dell’Unione.

Il Consiglio europeo dovrebbe accogliere con favore la revisione tra pari proposta dalla Commissione e convenire sull'opportunità che tutti gli Stati membri assicurino valutazioni sistematiche, approfondite e attendibili della proporzionalità dei loro requisiti regolamentari.

Regolamentazione

Il Consiglio europeo dovrebbe valutare i progressi realizzati nella semplificazione della regolamentazione e nella riduzione degli oneri da essa derivanti.

Nel quadro del programma di controllo dell’adeguatezza e dell’efficacia della regolamentazione (Regulatory Fitness and Performance Programme - REFIT) lanciato dalla Commissione, il 2 ottobre 2013 è stata presentata una comunicazione che: fornisce una panoramica delle iniziative già assunte; elenca i settori che necessitano di ulteriori azioni per il periodo 2013-14 ai fini della semplificazione della legislazione UE esistente attraverso modifiche e consolidamento; individua i settori in cui la Commissione intende ritirare proposte in corso e abrogare norme UE esistenti.

Tra le iniziative già assunte si ricorda la consultazione delle piccole e medie imprese sui dieci atti legislativi più gravosi dell’UE che ha permesso di integrare le priorità delle imprese nel programma REFIT (norme in materia di sostanze chimiche di cui al regolamento REACH, disciplina IVA, sicurezza dei prodotti, riconoscimento delle qualifiche professionali, protezione dei dati, rifiuti, mercato del lavoro, apparecchi di controllo nel settore dei trasporti su strada, appalti pubblici, nonché dal codice doganale aggiornato. Sulla base dei risultati di tale consultazione la Commissione ha già adottato la revisione del regolamento REACH.

 

Dimensione sociale dell’UEM

In base al progetto di conclusioni del 21 ottobre, il Consiglio europeo dovrebbe proseguire la discussione sulla futura architettura dell’Unione economica e monetaria, rinviando tuttavia alla riunione di dicembre 2013 le valutazioni finali sulla tabella di marcia varata dal Consiglio europeo del dicembre 2012, e basata sui seguenti quattro pilastri:

·         cornice integrata di bilancio;

·         quadro integrato di politica economica;

·         cornice finanziaria integrata;

·         legittimità democratica e responsabilità.

Il Consiglio europeo dovrebbe invitare la Commissione ad avviare entro la fine del 2013, con la presentazione dell’Analisi annuale della crescita, il nuovo ciclo di coordinamento delle politiche economiche esaminando la congruenza delle iniziative adottate da ciascun Stato membro con raccomandazioni del Consiglio dell’UE. Inoltre si prospetta la prosecuzione dei lavori sulle comunicazioni in materia di strumento di convergenza con particolare riguardo all’eventuale stipula di accordi negoziali.

In proposito si segnala che il 15 ottobre 2013 la Commissione Bilancio della Camera, a conclusione dell’esame delle citate comunicazioni ha approvato un documento finale con alcune condizioni volte in particolare a:

a)     chiarire la natura e il valore giuridico degli accordi contrattuali e in particolare il loro valore aggiunto rispetto alle procedure di coordinamento vigenti;

b)     valutare il rischio che è ricorso a strumenti di natura bilaterale anziché a regole erga omnes, possa non garantire la coerenza complessiva delle strategie da perseguire;

c)      considerare la possibilità che il carattere bilaterale degli accordi possa produrre esiti diversi tra i Paesi membri in relazione alla loro diversa “capacità negoziale” nei confronti delle istituzioni europee.

Secondo la bozza di conclusioni, il Consiglio europeo dovrebbe accogliere con favore la comunicazione della Commissione europea sulla dimensione sociale dell’UEM, presentata il 2 ottobre scorso. 

La comunicazione evidenzia le persistenti divergenze tra Paesi, in particolare dell’area Euro, con riferimento a temi quali la disoccupazione, i NEET (Not in Education, Employment nor Training), la povertà. Il 1° ottobre Eurostat ha diffuso i seguenti dati relativi alla disoccupazione (per quella giovanile vedi la tabella riportata infra, nell’apposito capitolo):

Disoccupazione (dati destagionalizzati – Agosto 2012-Agosto 2013)

 

%

valori assoluti (migliaia)

Agosto 2012

Agosto 2013

Agosto 2012

Agosto 2013

EU 17

11,5

12.0

18.283

19.178

EU28

10,6

10,9

25.713

26.595

Spagna

25,6

26,2

5.909

5.893

Grecia

24,6

non disp.

1.229

non disp.

Portogallo

16,3

16,5

885

877

Italia

10,7

12,2

2.732

3.127

Francia

10,3

11,0

3.006

3.243

Germania

5,4

5,2

2.292

2.207

Fonte: Eurostat, ottobre 2013

 

Ad avviso della Commissione, tali divaricazioni evidenziano la necessità di un sistema di monitoraggio e valutazione dei potenziali squilibri che si possono determinare nel quadro occupazionale e sociale degli Stati membri.

In particolare, la comunicazione si concentra su tre aree:

-   il monitoraggio delle sfide occupazionali e sociali e il coordinamento delle politiche nell’ambito del Semestre europeo. A tale riguardo, la Commissione propone la creazione di uno scoreboard” sociale, basato su un numero limitato di indicatori: tasso di disoccupazione e sua evoluzione; tasso di NEET e di disoccupazione giovanile; reddito disponibile delle famiglie; tasso di povertà nella popolazione in età da lavoro; diseguaglianze. Lo scoreboard verrebbe utilizzato da Commissione e Consiglio dell’UE nella predisposizione del Rapporto congiunto sull’occupazione allegato all’Analisi annuale della crescita, con la quale viene avviato il semestre europeo, e inciderebbe sull’elaborazione delle proposte di raccomandazioni specifiche per Paese.

Il Consiglio europeo nelle conclusioni dovrebbe sostenere l’opportunità di predisporre lo scoreboard e di utilizzarlo già in occasione del prossimo ciclo di coordinamento delle politiche economiche (semestre europeo 2014).

-   la solidarietà, la responsabilità e una rinnovata azione in campo occupazionale, con particolare riferimento alla mobilità del lavoro. A tale riguardo, la Commissione ricorda i diversi strumenti previsti dal prossimo Quadro finanziario pluriennale 2014-2020 (Fondo Sociale Europeo, i cui stanziamenti sono in via di definizione nel’ambito del negoziato sulla futura politica di coesione; Programma per l’Occupazione e l’Innovazione, 815 milioni di euro; Fondo Europeo di Aiuto agli Indigenti, 3,5 miliardi di euro; Fondo Europeo di Adeguamento alla Globalizzazione, 3 miliardi di euro; Iniziativa per l’Occupazione Giovanile, 6 miliardi di euro), nonché le misure specifiche per promuovere la mobilità (la proposta di direttiva per eliminare gli ostacoli alla libera circolazione dei lavoratori e il potenziamento del portale europeo per la mobilità professionale EURES);

-   il dialogo sociale. La Commissione sottolinea l’importanza e a proporre di rivedere la tempistica delle occasioni di confronto già esistenti, con particolare riferimento al dialogo macroeconomico e al vertice sociale trilaterale, che dovrebbe avvenire prima della presentazione dell’Analisi annuale della crescita.

Stato del negoziato

Si segnala che nelle riunioni preparatorie del Consiglio europeo, la Germania avrebbe sottolineato che la dimensione sociale non dovrebbe distrarre i Governi degli Stati membri dall'esigenza affrontare e risolvere i propri problemi strutturali.

Disoccupazione giovanile

La discussione del Consiglio europeo dovrebbe concentrarsi sugli strumenti messi in campo dall’Unione europea per il contrasto della disoccupazione giovanile, che ha raggiunto in numerosi Stati membri livelli ritenuti inaccettabili.

Confrontando gli ultimi dati destagionalizzati completi forniti da Eurostat (1° ottobre 2013) e relativi al giugno 2013, si evidenzia che più del 23 per cento dei giovani al di sotto dei 25 anni è disoccupato, con punte di oltre il 40 per cento in Paesi quali l’Italia e la Spagna, come risulta dalla tabella che segue:

 

Disoccupazione giovanile (dati destagionalizzati – Giugno 2012-Giugno 2013)

 

%

valori assoluti (migliaia)

Giugno 2013

Giugno 2013

EU 17

23,8

3.500

EU28

23,4

5.574

Spagna

55,8

893

Italia

39,1

743

Portogallo

38,3

147

Francia

25,7

717

Germania

7,8

352

Fonte: Eurostat, ottobre 2013

A fronte di tale situazione, il Consiglio europeo, concentrandosi sugli strumenti messi in campo dalla UE, dovrebbe richiamare gli Stati membri ad attivarsi per renderli effettivi a livello nazionale. Con particolare riferimento alla Iniziativa per l’occupazione giovanile (YEI), la piena operatività dello strumento dovrebbe permettere le prime erogazioni già dal 2014. Ciò rende necessario la definizione dei piani nazionali prima della fine dell’anno.

Con la YEI, l’UE si propone di destinare 6 miliardi di euro, negli anni 2014-2015, ai giovani di età tra i 15 e i 24 anni che non sono occupati né stanno seguendo corsi di istruzione o formazione (NEET) nei Paesi con tassi di disoccupazione giovanile superiori al 25 per cento, integrando il sostegno fornito dall’FSE per l’attuazione della “Garanzia per i giovani”.

Analogamente, il Consiglio dovrebbe sollecitare gli Stati membri a dare una rapida attuazione alla Garanzia per i giovani e alla dichiarazione del Consiglio sulla dell'Alleanza europea per apprendistato, affinché si possano ottenere risultati già nel prossimo anno.

Al riguardo, si ricorda che l’Italia ha creato una struttura apposita per l’attuazione della Garanzia per i giovani (con il DL n. 76/2013), che opera in via sperimentale, in attesa della definizione del processo di riordino sul territorio nazionale dei servizi per l'impiego (finora concentrati più sulla formazione e sull’orientamento e non sull’inserimento nel mercato del lavoro) e che cessa comunque al 31 dicembre 2015.

Unione bancaria

Nel progetto di conclusioni il Consiglio europeo esprime apprezzamento per l’approvazione definitiva del pacchetto legislativo che introduce il meccanismo unico di vigilanza bancaria (single supervisory mechanism, SSM), come primo passo per la realizzazione di un’autentica unione bancaria.

Per spezzare il circolo vizioso che si è spesso determinato tra debito sovrano e debito bancario (secondo i dati della Commissione europea, dall’inizio della crisi finanziaria è stato necessario utilizzare 4,5 miliardi di euro dei contribuenti per salvare le banche dell’UE), nel settembre del 2012, su impulso del Consiglio europeo, la Commissione ha prospettato la creazione di un’unione bancaria basata su quattro pilastri:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

un sistema centralizzato di vigilanza sul settore bancario incentrato sulla Banca centrale europea;

-   un quadro comune sugli strumenti nazionali di risanamento e di risoluzione delle crisi degli enti creditizi;

-   un sistema armonizzato di garanzia dei depositi bancari;

-   meccanismo unico europeo per la risoluzione delle crisi bancarie nell’area euro (e per gli altri Paesi aderenti alsistema di vigilanza unico).

Il meccanismo unico di vigilanza bancaria appena approvato prospetta:

·         l’attribuzione alla BCE di compiti specifici di vigilanza prudenziale degli enti creditizi dell’eurozona, mantenendo le competenze residue in capo alle autorità nazionali di vigilanza. In particolare, a partire dalla seconda metà del 2014, la BCE assumerà i poteri di vigilanza sulle banche che hanno attivi per almeno 30 miliardi di euro o un patrimonio almeno pari al 20% del Pil del Paese (circa 130 su oltre 6.000 banche presenti nell'eurozona). Le banche sotto quella soglia resteranno sotto la vigilanza delle autorità nazionali, ferma restando la possibilità per la BCE di avocarne la vigilanza.

Merita segnalare che questa impostazione è stata sostenuta in particolare dalla Germania, (supportata, come in altre ciscrostanze, dai Paesi Bassi, dalla Polonia e dalla Repubblica ceca), al fine di mantenere a livello nazionale la vigilanza sulle banche controllate dai Lander (Landesbanken) e sulle Casse di risparmio (Spakassen). Tali istituti di credito, peraltro, hanno beneficiato di una quota rilevante dei 646 miliardi di euro di aiuti di Stato dispensati dalle diverse articolazioni del Governo tedesco tra il 1° ottobre 2008 e il 1° ottobre 2012, come risulta dalle tabelle seguenti (fonte: Commissione europea):

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’effettiva entrata in funzione del sistema di vigilanza unica è prevista per la seconda metà del 2014, al termine di un esame approfondito dei bilanci delle 130 banche sistemiche ad opera della BCE, e degli stress test sule medesime banche effettuati dall’Autorità bancaria europea.

In questo contesto, nella bozza di conclusioni il Consiglio europeo rammenta che gli Stati membri partecipanti al meccanismo di vigilanza unico devono definire entro la fine dell'anno un approccio comune per la conduzione degli stress test, comprendente anche le eventuali misure nazionali di sostegno per le banche in crisi.

Per completare l’unione bancaria, il Consiglio europeo intenderebbe chiedere ai legislatori dell’Unione (Parlamento europeo e Consiglio dell’UE) di approvare entro la fine del 2013 la proposta di direttiva sul quadro comune di risanamento e risoluzione delle crisi bancarie e la proposta di direttiva sul sistema di garanzia dei depositi, e all'Eurogruppo di convenire – sempre entro la fine del 2013 - gli orientamenti per la ricapitalizzazione diretta delle banche da parte del meccanismo europeo di stabilità (MES).

Infine, nella bozza di conclusioni del Consiglio europeo, si ribadisce l'impegno del Consiglio dell’UE a raggiungere, entro la fine del 2013, un orientamento generale sulla proposta di regolamento relativa al meccanismo unico di risoluzione delle crisi, in modo da consentirne l’approvazione definitiva entro la fine della legislatura (aprile 2014).

La discussione su tale proposta – presentata il 10 luglio scorso - è stata appena avviata, e sono già emersi dei contrasti tra gli Stati membri, in particolare riguardo a:

·         la creazione di un’autorità europea unica responsabile della ristrutturazione o del fallimento di una banca in crisi, e composta da rappresentanti della BCE, della Commissione europea e delle autorità nazionali pertinenti;

·         la costituzione di un fondo unico di risoluzione, alimentato da contributi del settore creditizio, che sostituirebbe i fondi nazionali.

Stato del negoziato

Per quanto riguarda le proposte di direttiva sul quadro comune di risoluzione delle crisi e sul sistema unico di garanzia dei depositi, si segnala che il negoziato sta registrando notevoli difficoltà, e in particolare:

·         per quanto riguarda la prima, il Consiglio ECOFIN del 27 giugno 2013 ha raggiunto un accordo politico in base al quale, in caso di rischio di fallimento di un istituto di credito:

-   azionisti e creditori partecipino al piano di ristrutturazione fino a un limite massimo dell’8% delle passività della banca, e secondo una precisa gerarchia di intervento (azionisti, obbligazionisti junior, obbligazionisti senior e titolari di depositi oltre i 100.000 euro; i depositi sotto questa soglia vengono dunque salvaguardati);

-   lo Stato di residenza della banca dovrà intervenire nel salvataggio fino a un limite massimo del 5% delle passività, attraverso un fondo di liquidazione (finanziato dai medesimi enti creditizi) che in 10 anni dovrà raggiungere lo 0,8% dei depositi garantiti se resta separato dal fondo di garanzia dei depositi fino a 100.000 euro, e l’1,3% dei depositi garantiti che viene fuso con il medesimo fondo;

-   L’European stability mechanism (ESM) potrà intervenire solo in circostanze eccezionali, quando siano a rischio i depositi bancari garantiti e la stabilità finanziaria del Paese, in base ad una valutazione della Commissione europea;

·         per quanto concerne la proposta di direttiva relativa ai sistemi di garanzia dei depositi, l’aspetto più problematico è rappresentato dalla possibilità di prevedere un fondo di garanzia europeo unico, che intervenga a tutela dei depositanti in caso di fallimento di una banca. Anche qui, le maggiori perplessità vengono sollevate dalla Germania, ostile all’idea di utilizzare soldi dei contribuenti tedeschi per finanziare il salvataggio di istituti di credito di altri Paesi.

Per ciò che riguarda invece il tema della ricapitalizzazione diretta delle banche da parte del MES, si segnala che l’Eurogruppo del 20 giugno 2013 ha già approvato le linee guida, stabilendo che:

·         nel caso la banca da ricapitalizzare abbia un coefficiente patrimoniale di classe 1 (cd. Tier One) inferiore al 4,5%, la differenza verrà colmata con risorse nazionali;

·         se invece l'istituto ha già raggiunto questo limite, il Paese parteciperà alla ricapitalizzazione con il 20% del totale nei primi due anni dall'entrata in vigore del meccanismo (successivamente, il 10%);

·         l'ammontare dei fondi del MES riservato alle ricapitalizzazioni sarà limitato a 60 miliardi di euro (su un totale di 500).

Al riguardo, il Presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, in una conferenza stampa a margine della riunione del 14 ottobre scorso, ha precisato che sembrerebbe esserci un consenso ampio sulle modalità con le quali deve avvenire la ricapitalizzazione di un istituto di credito in difficoltà. In primo luogo bisogna ricorrere alle risorse private (azionisti e obbligazionisti della banca), in seconda battuta alle risorse pubbliche a livello nazionale, agendo in linea con le norme europee in materia di aiuti di Stato, e solo in ultima istanza con l’intervento del MES. Permangono, invece, divergenze circa la ricapitalizzazione ad opera del MES: secondo i Paesi nordici, in primis la Germania, potrebbe essere solo indiretta, ossia per il tramite dei Governi nazionali. Secondo altri Stati (in particolare, quelli dell’area mediterranea, tra cui l’Italia) dovrebbe invece essere diretta, in modo da spezzare il legame tra debiti sovrani e debiti bancari.

A questo riguardo, si segnala che, sempre a margine della riunione dell’Eurogruppo, il Ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schauble, avrebbe dichiarato che per autorizzare la ricapitalizzazione diretta occorrerebbe modificare la legge tedesca di approvazione dello statuto del MES.

Altri punti

Immigrazione

L’agenda del Consiglio europeo del 24-25 dovrebbe altresì includere la riflessione sui tragici eventi recentemente occorsi nelle acque al largo dell’isola di Lampedusa. Le conclusioni del Consiglio dei Ministri dell’interno del 7 ottobre scorso (Consiglio GAI) dovrebbero costituire la base di partenza per la discussione dei Capi di Stato e di Governo in esame.

In particolare, il Consiglio europeo dovrebbe esprimere apprezzamento sull’accordo raggiunto in sede di Consiglio Giustizia e affari interni (GAI), avente ad oggetto la proposta avanzata dalla delegazione italiana, di istituire a breve termine una task force, insieme con la Commissione europea, volta ad individuare concrete azioni che assicurino un uso efficace delle politiche e degli strumenti esistenti in tale settore a disposizione dell’Unione europea (come, ad esempio, gli accordi di cooperazione con i Paesi di origine e transito, l’attività dell’Agenzia europea per la gestione e la cooperazione alle frontiere esterne (Frontex), il sistema di sorveglianza Eurosur e le politiche di contrasto alla tratta degli esseri umani). Il Consiglio europeo dovrebbe pertanto invitare il Consiglio (dei Ministri competenti degli Stati membri) a seguire gli esiti di tale lavoro nel mese di dicembre.

L’organo formato da Capi di Stato e di Governo dovrebbe quindi tornare sui temi dell’asilo e dell’immigrazione nel mese di giugno, quando dovrebbero essere definite le linee guida strategiche per l’ulteriore programmazione legislativa e operativa dell’Unione europea in materia di libertà, sicurezza e giustizia.

Si ricorda, inoltre, che sia in sede di Consiglio GAI citato, sia in occasione della seduta plenaria dello scorso 9 ottobre del Parlamento europeo, la Commissaria agli Affari interni, Cecilia Malmström, ha proposto l’istituzione di un’operazione Frontex che coinvolga un fronte ampio da Cipro alla Spagna, superando dunque il carattere frammentario delle varie missioni che interessano i flussi migratori irregolari attraverso il bacino del Mediterraneo.

Si segnala inoltre che in occasione della seduta plenaria del 10 ottobre 2013 il Parlamento europeo ha adottato la posizione in prima lettura per quanto riguarda la proposta di regolamento che stabilisce un sistema di controllo alle frontiere, denominato EUROSUR. In particolare, Eurosur è una rete di comunicazione volta a migliorare la gestione delle frontiere esterne dell'Unione europea, intensificando lo scambio di informazioni tra i Paesi europei e con l'Agenzia europea per la gestione delle frontiere Frontex. A seguito dell’intervento degli eurodeputati, il testo (che dovrà passare al vaglio del Consiglio per l’adozione definitiva) prevede che Eurosur sia utilizzato anche per contribuire a salvare la vita dei migranti qualora si trovino in pericolo. La proposta, a seguito della mediazione raggiunta tra Parlamento e Consiglio, prevede inoltre che per utilizzare Eurosur i Paesi UE debbano rispettare i diritti umani, in particolare il principio recante il divieto di respingimento che non permette il rimpatrio di persone minacciate di vita o private della libertà, e il diritto alla protezione dei dati personali.

Frontex sta attualmente coordinando, tra l’altro, l’operazione congiunta “Hermes”: localizzata nel mare di Sicilia, concernente i flussi provenienti da Tunisia, Libia e Algeria, in particolare verso l’isola di Lampedusa. Istituita già a partire dalla fine del 2011, l’attuale operazione Hermes è iniziata il 6 maggio scorso ed è stata inizialmente programmata fino al 7 ottobre 2013, con uno stanziamento di 4 milioni di euro. Tuttavia, a seguito delle tragedie occorse il 3 e l’11 ottobre 2013 in prossimità delle coste del’isola di Lampedusa, la missione è stata prorogata fino al 30 novembre 2013. A tal fine è stato altresì annunciato un ulteriore stanziamento di 2 milioni di euro.

Per quanto riguarda specificamente l’emergenza verificatasi nel nostro Paese, il Presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, ha annunciato che la Commissione intenderebbe offrire un contributo fino a 30 milioni di euro, diretti a non meglio specificati interventi volti al sostegno degli aiuti umanitari, dei centri per i richiedenti asilo e ai progetti di integrazione

Giova ricordare, infine, che nel giugno 2013 le Istituzioni europee hanno definitivamente approvato il cosiddetto Sistema comune europeo di asilo – CEAS. Si tratta in particolare:

·         della nuova direttiva “procedure”  (2013/32/UE): procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale;

·         della nuova direttiva “accoglienza” (2013/33/UE): norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale;

·         del nuovo regolamento (604/2013) circa i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale (sistema  Dublino);

·         del nuovo regolamento sul sistema Eurodac (603/2013): sistema di confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione del nuovo regolamento Dublino, e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto.

Si segnala, in particolare, che le nuove regole nell’ambito del sistema Dublino prevedono che i richiedenti asilo non possono essere trasferiti verso Paesi dell'Unione europea in cui sussista il rischio di trattamenti inumani o degradanti; è inoltre previsto un meccanismo di allarme rapido per far fronte ai problemi nei sistemi nazionali d'asilo prima che si trasformino in crisi.

Partenariato orientale

Nel corso della riunione il Presidente del Consiglio europeo, Van Rompuy, il Presidente della Commissione europea, Barroso e il Presidente del Consiglio dell’UE, Grybauskaite, faranno il punto sulla preparazione del prossimo Vertice dei Capi di Stato e di Governo dedicato al Partenariato orientale, che si svolgerà a Vilnius il 28 e 29 novembre 2013.

Con il partenariato orientale - rivolto ad Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldavia e Ucraina – l’Unione europea si prefigge di rafforzare la dimensione orientale della politica europea di vicinato, in modo complementare rispetto all’iniziativa dell’Unione per il Mediterraneo, che coinvolge i partner del vicinato meridionale.

In occasione del vertice dovrebbe essere avviata la discussione sugli accordi di associazione, comprensivi di zone di libero scambio, con Moldova e Georgia e potrebbe essere firmato l’accordo con l’Ucraina a condizione che il paese rispetti gli impegni definiti dal Consiglio dell’UE del dicembre 2012 in materia di stato di diritto e procedimenti giudiziari selettivi nei confronti di membri dell’opposizione.

Si ricorda che il Parlamento europeo ha approvato il 12 settembre 2013 una risoluzione sulle pressioni esercitate dalla Russia sui Paesi del Partenariato orientale nel contesto del prossimo vertice del Partenariato orientale a Vilnius.

In particolare, la risoluzione condanna le pressioni subite molto di recente dai Paesi del Partenariato orientale - sotto forma di sanzioni mirate contro le esportazioni provenienti dall'Ucraina, un divieto sulle esportazioni di prodotti vitivinicoli moldovi, ulteriori ostacoli volti ad impedire i progressi verso la risoluzione del conflitto concernente la Transnistria e minacce relative alla sicurezza nei confronti dell'Armenia - con l'intento di indurre i paesi del Partenariato orientale a non firmare o non ratificare gli accordi di associazione o gli accordi di libero scambio globali e approfonditi, ma ad aderire invece all'Unione doganale guidata dalla Russia, che quest'ultima intende trasformare in un'Unione eurasiatica.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

XVII legislatura – Documentazione per l’Assemblea, n. 4, 21 ottobre 2013

Il bollettino è stato curato dall’Ufficio Rapporti con l’Unione europea (' 06 6760.2145 - * cdrue@camera.it)