Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Riduzione utilizzo borse di plastica in materiale leggero - Atto del Governo n. 357 Articoli 1 e 4 della legge 12 agosto 2016, n. 170
Riferimenti:
SCH.DEC 357/XVII     
Serie: Atti del Governo    Numero: 358
Data: 06/12/2016
Descrittori:
INQUINAMENTO   L 2016 0170
MATERIE PLASTICHE   SMALTIMENTO DI RIFIUTI
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici

 

 

Servizio Studi

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Dossier n. 410

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Servizio Studi

Dipartimento Ambiente

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Atti del Governo n. 358

 

 

Ha collaborato l’Ufficio Rapporti con l’Unione europea

 

 

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INDICE

 

Schede di lettura

§  Premessa  (Le norme nazionali sulla commercializzazione dei sacchetti di plastica non biodegradabile) 3

§  Procedure di precontenzioso.......................................................................... 6

§  La direttiva 2015/720/UE............................................................................... 7

§  La delega per il recepimento della direttiva................................................... 8

§  Articolo 1, comma 1, lettera a) (Nuove finalità della disciplina relativa agli imballaggi)     11

§  Articolo 1, comma 1, lettera b) (Nuove definizioni relative agli imballaggi in plastica)   12

§  Articolo 1, comma 1, lettera c) (Informazione ai consumatori).................... 18

§  Articolo 1, comma 1, lettera d) (Identificazione dei produttori)................... 20

§  Articolo 1, comma 1, lettera e) (Obbligo di relazione sull'utilizzo delle borse di plastica)    22

§  Articolo 1, comma 1, lettera f) (Campagne informative del CONAI sull'utilizzo delle borse di plastica) 25

§  Articolo 1, comma 1, lettera g) (Misure restrittive per la commercializzazione delle borse di plastica) 26

§  Articolo 1, comma 1, lettera h) (Sanzioni).................................................... 32

§  Articolo 2 (Disposizioni finanziarie)............................................................. 35

§  Articolo 3 (Disposizioni finali)...................................................................... 36

Testo a fronte

 

 


Schede di lettura

 


 

Premessa
(Le norme nazionali sulla commercializzazione dei sacchetti di plastica non biodegradabile)

    

     Lo schema di decreto legislativo è volto a recepire la direttiva 2015/720/UE, che contiene disposizioni per la riduzione dell’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero. Il provvedimento prevede l’abrogazione di alcune norme nazionali, di cui si darà conto di seguito. Prima di esaminare i contenuti dello schema di decreto, appare opportuno fornire infatti un quadro delle disposizioni che sono state introdotte a livello nazionale e che si sono susseguite negli anni, anche al fine di superare i profili di incompatibilità con la disciplina europea.

 

Le prime norme finalizzate a vietare la commercializzazione di sacchi per l'asporto delle merci (cosiddetti shoppers) non biodegradabili sono contenute nei commi 1129-1131 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006). Tali disposizioni (il cui divieto di commercializzazione è stato prorogato al 1° gennaio 2011 dall'art. 23, comma 21-novies, del D.L. 78/2009) non sono state attuate.

In particolare, il comma 1129 dell’art. 1 della citata legge n. 296/2006 (finanziaria 2007) prevedeva l’avvio, a partire dall’anno 2007, di un Programma nazionale sperimentale per la progressiva riduzione della commercializzazione di sacchi per l’asporto delle merci non biodegradabili secondo i criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello europeo. Il programma avrebbe dovuto contribuire alla riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera, al rafforzamento della protezione ambientale ed al sostegno alle filiere agro-industriali nel campo dei biomateriali ed, ai sensi del comma 1130, essere definito con decreto interministeriale entro 120 giorni dall’entrata in vigore della legge (cioè entro il 30 aprile 2007), previo parere delle competenti Commissioni parlamentari. Anche in ragione della mancata adozione del citato programma l’art. 23, comma 21-novies, del decreto legge n. 78/2009, ha prorogato di un anno – dal 1° gennaio 2010 al 1° gennaio 2011 – il termine per l’operatività del divieto di commercializzazione dei sacchi non biodegradabili per l’asporto delle merci previsto dall’art. 1, comma 1130, della legge finanziaria 2007.

Con la procedura di infrazione n. 2011/4030 è stata eccepita l’incompatibilità del divieto di commercializzazione introdotto dalle citate disposizioni con la normativa europea, e segnatamente con:

-   l’obbligo di notifica recato dall’articolo 16 della direttiva 94/62/CE (cd. direttiva imballaggi) e dall’articolo 8 della direttiva 98/34/CE, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche;

-   il divieto di ostacolare l’immissione sul mercato di prodotti conformi alla direttiva n. 94/62/CE, di cui all’articolo 18 della direttiva medesima.

 

Sul punto è poi intervenuto l'articolo 2 del D.L. 2/2012, che ha previsto la proroga del termine relativo al divieto definitivo di commercializzazione degli shoppers non biodegradabili, limitatamente alla commercializzazione di alcune tipologie di sacchi indicati dalla norma, fino all'emanazione - entro il 31 dicembre 2012 - di un decreto interministeriale di natura non regolamentare. Il comma 4 dell'art. 2 del D.L. 2/2012 ha introdotto sanzioni amministrative pecuniarie, nelle ipotesi di inosservanza del divieto di commercializzazione di sacchi non conformi a quanto prescritto dal medesimo articolo 2, applicabili solo a decorrere dal sessantesimo giorno dall'emanazione del predetto decreto interministeriale (secondo quanto stabilito dall'art. 34, comma 30, del D.L. 179/2012).

Tale decreto interministeriale è stato emanato in data 18 marzo 2013 e pubblicato nella G.U. del 27 marzo 2013. L'art. 6 di tale decreto prevedeva che fosse sottoposto a procedura di comunicazione, ai sensi della Direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche), e che entrasse in vigore dalla data di conclusione, con esito favorevole, della procedura stessa.

 

L'articolo 11, comma 2-bis, del decreto-legge 91/2014, ha previsto l’avvio, a partire  dal  21 agosto 2014 (data di entrata in vigore della legge n. 116/2014, di conversione del decreto-legge n. 91), dell'applicazione delle sanzioni previste, dal citato articolo 2, comma 4, del D.L. 2/2012, per la commercializzazione:

-      di sacchi per l'asporto merci (shoppers) monouso realizzati con polimeri non conformi alla norma tecnica armonizzata UNI EN 13432:2002 (dal titolo "Imballaggi – requisiti per imballaggi recuperabili attraverso compostaggio e biodegradazione – schema di prova e criteri di valutazione per l'accettazione finale degli imballaggi");

-      nonché di shoppers riutilizzabili non conformi alle caratteristiche di spessore e di presenza di materiale riciclato fissate dal decreto interministeriale 18 marzo 2013 (dal divieto di commercializzazione, secondo quanto stabilito da tale decreto, sono esclusi i sacchi riutilizzabili per l'asporto delle merci realizzati in carta, in tessuti di fibre naturali, in fibre di poliammide e in materiali diversi dai polimeri).

 

La misura della sanzione prevista dall’art. 2, comma 4, del D.L. 2/2012 può variare da 2.500 euro a 25.000 euro e può essere aumentata fino al quadruplo del massimo se la violazione del divieto riguarda quantità ingenti di sacchi per l'asporto oppure un valore della merce superiore al 20% del fatturato del trasgressore.

 

L'articolo 23 della L. 115/2015 (legge europea 2014) ha successivamente modificato in più punti la disciplina degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio (contenuta negli articoli 217-226 di cui si compone il titolo II della parte quarta del D.lgs. 152/2006, c.d. Codice ambientale), al fine di superare i rilievi della Commissione europea nell’ambito della procedura d’infrazione 2014/2123, con cui era stato ritenuto che la normativa nazionale italiana non avesse correttamente recepito alcune disposizioni della direttiva 94/62/CE, volta a fissare, in materia di imballaggi e rifiuti di imballaggi, norme comuni a tutti gli Stati dell'Unione europea.

Le innovazioni più significative sono volte a:

-      estendere il campo di applicazione della disciplina relativa agli imballaggi, relativa alle modalità di progettazione e di produzione, a tutti gli imballaggi immessi sul mercato dell’Unione europea (modifica al comma 2 dell'articolo 217 del D.lgs. 152/2006);

-      garantire l'immissione sul mercato nazionale degli imballaggi conformi alle previsioni del citato titolo II e ad ogni altra disposizione normativa  adottata nel rispetto di quanto previsto dalla direttiva 94/62/CE, fatte salve le ipotesi di deroga a tale disposizione previste dalla medesima direttiva o da altre disposizioni dell'ordinamento europeo (nuovo comma 3-bis dell'articolo 217 del D.lgs. 152/2006);

-      commercializzare solo imballaggi rispondenti a tutti i requisiti essenziali stabiliti dalla direttiva 94/62/CEE e riportati nell'allegato F alla parte quarta del d.lgs. 152/2006. Tali requisiti si presumono soddisfatti quando gli imballaggi siano conformi alle pertinenti norme armonizzate i cui numeri di riferimento sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea o alle norme nazionali che abbiano recepito tali norme armonizzate e, in mancanza di queste, agli standard europei fissati dal Comitato europeo di normalizzazione (modifica al comma 3 dell’articolo 226 del D.lgs. 152/2006). 

 

L’adozione dell’articolo 23, che ha di fatto comportato la non applicazione delle misure dettate dal D.L. 2/2012,  ha consentito la chiusura della procedura di infrazione n. 2014/2123, avvenuta in data 19 novembre 2015.

Procedure di precontenzioso

 

La Commissione europea, ipotizzando una violazione della normativa comunitaria, il 24 febbraio scorso ha inviato una richiesta di informazioni al Governo italiano tramite il sistema “EU Pilot” (Pilot 8311/16/GROW), in merito alle misure nazionali, con riferimento all’adeguatezza agli obiettivi perseguiti, alla giustificazione e alla proporzionalità sotto il profilo della libera circolazione delle merci nel mercato interno. In particolare, la Commissione ha lamentato alcuni presunti ostacoli alla libera circolazione delle merci connessi all'attuale normativa italiana che vieta l'uso di alcuni tipi di borse di plastica per la spesa in materiale leggero.

Il 30 maggio 2016 è stata inviata la risposta del Ministero dell’Ambiente alla Commissione: la nota riferisce che la legislazione in vigore persegue i medesimi obiettivi di riduzione della direttiva 2015/720/UE e che è pienamente conforme al principio di proporzionalità. Allo specifico quesito della Commissione, volto a chiedere notizie su possibili progetti di revisione della legislazione vigente, le Autorità italiane hanno specificato che il progetto di revisione per recepire la direttiva 2015/720/UE sarebbe stato sottoposto alle necessarie procedure di informazione al termine della discussione sui criteri di delega per l’attuazione della stessa direttiva.

Successivamente, il caso è stato archiviato in data 12 settembre 2016.

 

 

 

 


 

La direttiva 2015/720/UE

La direttiva 2015/720/UE ha apportato una serie di modifiche alla direttiva 94/62/CE (cd. direttiva imballaggi) finalizzate alla riduzione dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero. Nel considerando 4) della direttiva, si afferma che “le borse di plastica con uno spessore inferiore a 50 micron («borse di plastica in materiale leggero»), che rappresentano la grande maggioranza delle borse di plastica utilizzate nell'Unione, sono riutilizzate meno frequentemente rispetto a borse di spessore superiore. Di conseguenza, le borse di plastica in materiale leggero diventano più rapidamente rifiuto e comportano un maggiore rischio di dispersione di rifiuti, a causa del loro peso leggero”.

In particolare, l'art. 1 della direttiva ha inserito il paragrafo 1-bis nel testo dell'art. 4 della direttiva imballaggi, che consente agli Stati membri di adottare le misure necessarie per conseguire sul loro territorio una riduzione sostenuta dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero. Tali misure possono comprendere il ricorso a obiettivi di riduzione a livello nazionale, il mantenimento o l'introduzione di strumenti economici nonché restrizioni alla commercializzazione in deroga all'articolo 18, purché dette restrizioni siano proporzionate e non discriminatorie. Le misure adottate dagli Stati membri includono l'una o l'altra delle seguente opzioni o entrambe:

a)     adozione di misure atte ad assicurare che il livello di utilizzo annuale non superi 90 borse di plastica di materiale leggero pro capite entro il 31 dicembre 2019 e 40 borse di plastica di materiale leggero pro capite entro il 31 dicembre 2025 o obiettivi equivalenti in peso. Le borse di plastica in materiale ultraleggero possono essere escluse dagli obiettivi di utilizzo nazionali;

b)     adozione di strumenti atti ad assicurare che, entro il 31 dicembre 2018, le borse di plastica in materiale leggero non siano fornite gratuitamente nei punti vendita di merci o prodotti, salvo che siano attuati altri strumenti di pari efficacia. Le borse di plastica in materiale ultraleggero possono essere escluse da tali misure.

Il paragrafo 1-ter del medesimo articolo 4, anch’esso inserito dalla direttiva n. 720, consente agli Stati membri l’adozione di misure tra cui strumenti economici e obiettivi di riduzione nazionali in ordine a qualsiasi tipo di borse di plastica, indipendentemente dal loro spessore.

Il 28 aprile 2016 la Commissione europea ha provveduto all'archiviazione della procedura di infrazione n. 2011/4030 che era stata avviata per l’eccepita incompatibilità con il diritto europeo del divieto di commercializzazione introdotto nell’ordinamento italiano dalla L. 296/2006 (legge finanziaria 2007).

 

La delega per il recepimento della direttiva

L’art. 4 della legge 12 agosto 2016, n. 170 (legge di delegazione europea 2015), pubblicata nella G.U. del 1° settembre 2016, ha disciplinato le modalità e i termini per l'attuazione della direttiva (UE) 2015/720, inclusa nell’allegato B della medesima legge, e dettato princìpi e criteri direttivi specifici per l’esercizio della delega per il suo recepimento, che si aggiungono ai princìpi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 1, comma 1, della legge di delegazione in quanto compatibili. 

 

Principi e criteri direttivi generali

L’articolo 1, comma 1, della legge di delegazione europea 2015 rinvia alle disposizioni previste dagli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234 (recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea).

L’articolo 31, comma 1, della legge n. 234 del 2012 dispone, analogamente a quanto previsto in precedenza per le leggi comunitarie annuali, che il termine per l’esercizio delle deleghe conferite al Governo con la legge di delegazione europea sia di quattro mesi antecedenti il termine di recepimento indicato in ciascuna delle direttive.

Per le direttive il cui termine così determinato sia già scaduto alla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea, o scada nei tre mesi successivi, la delega deve essere esercitata entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa.

Per le direttive che non prevedono un termine di recepimento, il termine per l’esercizio della delega è di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea.

L’articolo 31, comma 5, della legge n. 234 del 2012 prevede inoltre che il Governo possa adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati in base alla delega conferita con la legge di delegazione entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascun decreto legislativo, sempre nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dalla legge stessa.

 

Per l’attuazione del diritto dell’Unione europea, l’articolo 32 della legge n. 234 del 2012 detta i seguenti princìpi e criteri direttivi generali di delega:

a)  le amministrazioni direttamente interessate provvedono all'attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture, secondo il principio della massima semplificazione dei procedimenti;

b)  ai fini di un migliore coordinamento con le discipline vigenti sono introdotte le occorrenti modificazioni alle discipline stesse, anche attraverso il riassetto e la semplificazione normativi;

c)  gli atti di recepimento di direttive dell'Unione europea non possono prevedere l'introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse (c.d. gold plating);

d) ove necessario, al fine di assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi;

e)  al recepimento di direttive o di altri atti che modificano precedenti direttive o di atti già attuati con legge o con decreto legislativo si procede apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione;

f)  nella redazione dei decreti legislativi si tiene conto delle eventuali modificazioni delle direttive comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega;

g)  quando si verificano sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse o comunque siano coinvolte le competenze di più amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano le procedure per salvaguardare l'unitarietà dei processi decisionali, l’efficacia e la trasparenza dell’azione amministrativa, nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà e delle competenze delle regioni e degli enti territoriali;

h)  le direttive che riguardano le stesse materie o che comunque comportano modifiche degli stessi atti normativi vengono attuate con un unico decreto legislativo, compatibilmente con i diversi termini di recepimento;

i)   è sempre assicurata la parità di trattamento dei cittadini italiani rispetto ai cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea e non può essere previsto in ogni caso un trattamento sfavorevole dei cittadini italiani.

 

Principi e criteri direttivi specifici

Di seguito, sono elencati i principi e i criteri direttivi specifici elencati nel comma 2 del predetto articolo:

a) garanzia del medesimo livello di tutela ambientale assicurato dalla legislazione già adottata in materia, prevedendo il divieto di commercializzazione, le tipologie delle borse di plastica commercializzabili e gli spessori già stabiliti;

b) divieto di fornitura a titolo gratuito delle borse di plastica ammesse al commercio;

c) progressiva riduzione della commercializzazione delle borse di plastica fornite a fini di igiene o come imballaggio primario per alimenti sfusi diversi da quelli compostabili e realizzate, in tutto o in parte, con materia prima rinnovabile;

d) abrogazione, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di recepimento, dei commi 1129, 1130 e 1131 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dell'articolo 2 del decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 28;

e) previsione di una campagna di informazione dei consumatori diretta ad aumentare la loro consapevolezza in merito agli impatti delle borse di plastica sull'ambiente e a eliminare la convinzione che la plastica sia un materiale innocuo e poco costoso, favorendo il raggiungimento degli obiettivi di riduzione dell'utilizzo di borse di plastica;

f) previsione di programmi di sensibilizzazione per i consumatori in generale e di programmi educativi per i bambini, diretti alla riduzione dell'utilizzo di borse di plastica nonché, anche nelle more dell'adozione da parte della Commissione dell'Unione europea delle misure specifiche previste dall'articolo 8-bis della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, per le borse di plastica biodegradabili e compostabili, di programmi di sensibilizzazione per i consumatori che forniscono le informazioni corrette sulle proprietà e sullo smaltimento delle borse di plastica biodegradabili e compostabili, di quelle oxo-biodegradabili o oxo-degradabili e delle altre borse di plastica.

Il termine per il recepimento della direttiva 2015/720/UE, previsto dall’art. 2 della medesima, è fissato al 27 novembre 2016.

L’art. 4 della L. 170/2016 ha fissato, come termine per l’esercizio della delega, la data del 15 novembre 2016.

In virtù del disposto dell’art. 31, comma 3, della citata legge n. 234/2012  poiché il termine per l'espressione del parere parlamentare è successivo alla scadenza del termine di delega, quest’ultimo è prorogato di tre mesi.

 

 

 

 


 

Articolo 1, comma 1, lettera a)
(Nuove finalità della disciplina relativa agli imballaggi)

 

La lettera a) aggiunge, alle finalità sottese alla disciplina degli imballaggi (contenuta nel titolo II della parte IV del D.Lgs. 152/2006, c.d. Codice dell’ambiente) quella di favorire livelli sostenuti di riduzione dell'utilizzo di borse di plastica, che integra più specificamente l’obiettivo collegato alla prevenzione e alla riduzione dell’impatto sull'ambiente degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio.

Tale precisazione viene introdotta mediante una modifica integrativa all’art. 217, che contempla ulteriori finalità cui deve tendere la disciplina della gestione degli imballaggi, vale a dire: assicurare un elevato livello di tutela dell'ambiente, sia per garantire il funzionamento del mercato, nonché per evitare discriminazioni nei confronti dei prodotti importati, prevenire l'insorgere di ostacoli agli scambi e distorsioni della concorrenza e garantire il massimo rendimento possibile degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio.

Come evidenziato dal testo a fronte allegato al presente dossier, a cui si rinvia per un confronto con le norme vigenti, la modifica relativa alle finalità, recata dalla lettera in esame, corrisponde all’obiettivo, previsto dalla direttiva 2015/720/UE, in base al quale gli Stati membri adottano le misure necessarie per conseguire sul loro territorio una riduzione sostenuta dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero (paragrafo 1-bis dell’art. 4 della direttiva 94/62/CE, introdotto dall’art. 1, punto 2), della direttiva 2015/720/UE).

A differenza della direttiva, la norma in esame fa riferimento alla finalità della riduzione dell’utilizzo di borse di plastica in generale, e non solo a quelle in materiale leggero.

 

Un’ulteriore modifica recata dalla lettera in esame (sempre riferita all’art. 217 del D.lgs. 152/2006), di carattere formale, integra il riferimento alla direttiva 2015/720/UE tra le modificazioni apportate alla direttiva 94/62/CE.


 

Articolo 1, comma 1, lettera b)
(Nuove definizioni relative agli imballaggi in plastica)

 

La lettera b) aggiunge nuove definizioni, relative agli imballaggi in plastica, a quelle contemplate dall’art. 218 del D.lgs. 152/2006 (cd. Codice dell’ambiente), che si rendono necessarie ai fini dell’applicazione della nuova disciplina sulla gestione degli imballaggi (nuove lettere da dd-bis) a dd-octies) del comma 1 dell’art. 218).

Tali definizioni corrispondono per lo più a quelle recate dai punti 1-bis), 1-ter), 1-quater), 1-quinquies) e 1-sexies) dell’art. 3 della direttiva 94/62/CE (introdotti dall’art. 1, punto 1), della direttiva 2015/720/UE), come si evince dal testo a fronte allegato al presente dossier.

 

Definizione di “plastica” (lett. dd-bis) dell’art. 218 del D.Lgs. 152/2006)

La nuova lettera dd-bis) dell’art. 218, inserita dalla lettera in esame, introduce la definizione di plastica, intesa come un polimero a cui possono essere stati aggiunti additivi o altre sostanze e che può funzionare come componente strutturale principale delle borse.

Tale definizione è identica a quella prevista dal punto 1-bis) dell’art. 3 della direttiva 94/62/CE (introdotto dall’art. 1, punto 1), della direttiva 2015/720/UE).

Per la definizione di polimero la norma rinvia a quella contenuta nell’art. 3, punto 5), del regolamento (CE) n. 1907/2006 (concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche, c.d. regolamento REACH), di carattere prettamente chimico: in base a tale definizione, infatti, un polimero è una sostanza le cui molecole sono caratterizzate dalla sequenza di uno o più tipi di unità monomeriche. Tali molecole devono essere distribuite su una gamma di pesi molecolari in cui le differenze di peso molecolare siano principalmente attribuibili a differenze nel numero di unità monomeriche.

 

Borse di plastica e borse di plastica in materiale leggero e ultraleggero e commercializzazione delle stesse (lett. dd-ter), dd-quater), dd-quinquies) e dd-octies) dell’art. 218 del D.Lgs. 152/2006)

Le successive lettere dd-ter), dd-quater e dd-quinquies) dell’art. 218, introdotte dalla lettera in esame, definiscono le borse di plastica, nonché le sottocategorie delle borse di plastica in materiale leggero (con spessore inferiore a 50 micron, pari a 0,05 millimetri) e ultraleggero (con spessore inferiore a 15 micron, pari a 0,015 millimetri) riproducendo le analoghe definizioni recate dai punti 1-ter), 1-quater e 1-quinquies) dell’art. 3 della direttiva 94/62/CE (introdotte dall’art. 1, punto 1), della direttiva 2015/720/UE).

Per quanto riguarda la definizione di “borse di plastica”, si fa notare che la norma in esame fa riferimento a borse “fornite ai consumatori per il trasporto di merci o prodotti”, mentre la definizione della direttiva riguarda le borse “fornite ai consumatori nei punti vendita di merci e di prodotti”. Si segnala, in proposito, che tale riferimento ai punti vendita è presente nella lettera dd-octies). Tale lettera infatti, nel definire la commercializzazione delle borse di plastica (attività su cui poi incideranno le misure introdotte dai nuovi articoli 226-bis e 226-ter del d.lgs. 152/2006), riguarda la fornitura di borse di plastica (contro pagamento o a titolo gratuito) da parte di produttori e distributori, nonché da parte dei commercianti nei punti vendita di merci e prodotti.

 

In merito alla definizione di borse di plastica in materiale ultraleggero si fa notare che essa, in linea con la direttiva, restringe il proprio ambito a quelle “richieste a fini di igiene o fornite come imballaggio primario per alimenti sfusi” (la direttiva precisa inoltre “se ciò contribuisce a prevenire la produzione di rifiuti alimentari”; tale parte della norma europea non è riprodotta nella definizione in esame).

La norma sembra far riferimento, in particolare, ai sacchetti di plastica che nei supermercati vengono utilizzati per la frutta e la verdura e ai guanti di plastica usati per riporre tali prodotti nei sacchetti.

 

Si ricorda che, in base alla disciplina degli imballaggi dettata dal D.lgs 152/2006, con il termine di “imballaggio” si intende il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a proteggerle, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all'utilizzatore, ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso scopo.

L’espressione “imballaggio primario” (o imballaggio per la vendita) fa invece riferimento ad un imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, un'unità di vendita per l'utente finale o per il consumatore.

Il punto 2) dell'allegato E alla parte quarta del D.lgs. 152/2006 riporta i criteri interpretativi per la definizione di imballaggio ai sensi della direttiva 2004/12/CE ed una serie di esempi illustrativi di quali materiali debbano intendersi imballaggi in base a tali criteri.

 

 

Borse di plastica oxo-degradabili (lett. dd-sexies) dell’art. 218 del D.Lgs. 152/2006)

La successiva lettera dd-sexies) riguarda invece le borse di plastica oxo-degradabili, definite come quelle borse di plastica composte da materie plastiche contenenti additivi che catalizzano la scomposizione della materia plastica in microframmenti.

Nel 18° considerando della direttiva 2015/720/UE viene sottolineato che “alcune borse di plastica sono indicate dai produttori come «oxo-biodegradabili» o «oxo-degradabili». In tali borse, nella plastica convenzionale sono incorporati degli additivi. Per effetto della presenza di detti additivi, col tempo la plastica si scompone in particelle minute che permangono nell'ambiente. È quindi fuorviante definire «biodegradabili» borse di questo tipo dal momento che potrebbero non essere una soluzione alla dispersione dei rifiuti ma potrebbero al contrario aumentare l'inquinamento”.

Si tratta di una posizione che sembra confermare quanto già in precedenza affermato dalla Commissione europea in risposta all’interrogazione parlamentare E-004217/2011.

 

Borse di plastica biodegradabili e compostabili (lett. dd-septies) dell’art. 218 del D.Lgs. 152/2006)

La nuova lettera dd-septies) dell’art. 218, inserita dalla lettera in esame, introduce la definizione di borse di plastica biodegradabili e compostabili, la cui commercializzazione è sempre consentita. Tale definizione fa riferimento alle borse di plastica certificate da organismi accreditati e rispondenti ai requisiti di biodegradabilità e di compostabilità, così come stabiliti dal Comitato europeo di normazione ed in particolare dalla norma tecnica UNI EN 13432:2002. Si tratta di una definizione che non trova corrispondenza nella direttiva 2015/720/UE e che è riferita alle  borse di plastica di qualsiasi spessore.

 

La relazione illustrativa sottolinea che tale definizione, benché “non esplicitamente enunciata all'articolo l, paragrafo l, della direttiva”, è “indispensabile per una corretta attuazione della nuova disciplina europea”. In proposito, la relazione richiama, in primo luogo, il 16° considerando della direttiva stessa, secondo cui  “la norma europea EN 13432 relativa ai «Requisiti per imballaggi recuperabili attraverso compostaggio e biodegradazione - Schema di prova e criteri di valutazione per l'accettazione finale degli imballaggi» stabilisce le caratteristiche che un materiale deve possedere per essere considerato «compostabile»: poter essere riciclato attraverso un processo di recupero organico comprendente il compostaggio e la digestione anaerobica” e “la Commissione dovrebbe chiedere al Comitato europeo di normazione di definire una norma distinta per gli imballaggi da compostaggio domestico”. E’, altresì, richiamato il 17° considerando in base al quale “è importante che a livello di Unione vi sia un riconoscimento delle etichette o dei marchi per le borse di plastica biodegradabili e compostabili”.

La direttiva 2015/720/UE fa riferimento ai concetti di biodegradabilità e compostabilità in due punti, peraltro richiamati nella relazione illustrativa al fine di giustificare l’inserimento della definizione di “borse di plastica biodegradabili e compostabili”.  L’articolo 4, paragrafo 1-bis, della direttiva 94/62/CE, introdotto dall’articolo 1, numero 2), a proposito delle misure che gli Stati membri adottano per conseguire una riduzione sostenuta dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero, ossia delle borse di plastica con uno spessore inferiore a 50 micron, specifica, tra l’altro, che tali misure possono variare in funzione delle loro proprietà di compostabilità. L’articolo 8-bis della direttiva 94/62/CE, introdotto dall’articolo 1, numero 3), prevede che, entro il 27 maggio 2017, la Commissione adotta un atto di esecuzione che stabilisce il disciplinare delle etichette o dei marchi per garantire il riconoscimento a livello di Unione delle borse di plastica biodegradabili e compostabili e per fornire ai consumatori le informazioni corrette sulle proprietà di compostaggio di tali borse. Al più tardi 18 mesi dopo l'adozione di tale atto di esecuzione, gli Stati membri assicurano che le borse di plastica biodegradabili e compostabili siano etichettate conformemente al disciplinare di cui a tale atto di esecuzione.

La stessa relazione illustrativa sottolinea inoltre che tra i criteri specifici di delega (dettati dall’art. 4 della L. 170/2016) è incluso il mantenimento del medesimo livello di tutela ambientale assicurato dalla normativa nazionale e, quindi, del regime di favore attualmente previsto dall’art. 2 del D.L. 2/2012, che ha escluso dal divieto di commercializzazione i “sacchi monouso per l'asporto merci realizzati con polimeri conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002”.

Si ricorda che la norma tecnica UNI EN 13432:2002 (intitolata “Imballaggi - Requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione - Schema di prova e criteri di valutazione per l'accettazione finale degli imballaggi”) è la versione ufficiale in lingua italiana della norma tecnica europea EN 13432 (del settembre 2000) che specifica i requisiti e i procedimenti per determinare le possibilità di compostaggio e di trattamento anaerobico degli imballaggi e dei materiali di imballaggio.

L’Allegato II della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, recante i requisiti essenziali concernenti la composizione, la riutilizzabilità e la recuperabilità (in particolare la riciclabilità degli imballaggi), alle lettere c) e d) del punto 3 reca rispettivamente i seguenti requisiti per la recuperabilità degli imballaggi:

- imballaggi recuperabili sotto forma di composti: si tratta dei rifiuti di imballaggio trattati per produrre compost, che devono essere sufficientemente biodegradabili in modo da non ostacolare la raccolta separata e il processo o l'attività di compostaggio in cui sono introdotti;

- imballaggi "biodegradabili": si tratta dei rifiuti di imballaggio biodegradabili di natura tale da poter subire una decomposizione fisica, chimica, termica o biologica grazie alla quale la maggior parte del compost risultante finisca per decomporsi in biossido di carbonio, biomassa e acqua.

In base a quanto previsto dal paragrafo 2 dell’articolo 9 della citata direttiva, dalla data indicata nell'articolo 22, paragrafo 1, gli Stati membri presumono che siano soddisfatti tutti i requisiti essenziali in essa definiti, compreso l'Allegato II, quando gli imballaggi sono conformi:

a) alle pertinenti norme armonizzate, i cui numeri di riferimento sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, prevedendo inoltre che gli Stati membri pubblicano i numeri di riferimento delle norme nazionali che recepiscono le norme armonizzate;

b) alle pertinenti norme nazionali di cui al paragrafo 3, se, per i settori cui si riferiscono tali norme, non esistono norme armonizzate.

Il paragrafo 3 del medesimo articolo 9 prevede che gli Stati membri comunicano alla Commissione i testi delle norme nazionali che considerano conformi ai requisiti di cui all’articolo 9.

Si segnala che, con decisione della Commissione europea del 28 giugno 2001, è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 12 luglio 2001, n. L 190, il riferimento alla norma armonizzata EN 13432:2000   dal titolo “Imballaggi – requisiti per imballaggi recuperabili attraverso compostaggio e biodegradazione – schema di prova e criteri di valutazione per l’accettazione finale degli imballaggi”. Si tratta di una norma tecnica che nasce da un mandato specifico della Commissione europea al CEN (Comitato europeo di normalizzazione)  , che rientra tra gli organismi europei di normalizzazione di cui all’allegato I della direttiva 22 giugno 1998, n. 98/34/CE, relativa alla procedura di informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione.

Sui contenuti della norma tecnica citata, in risposta all’interrogazione 4/07537, pubblicata nell’allegato della seduta del 24 settembre 2015, il Ministro dell’ambiente ha richiamato un parere in merito alla nozione di «biodegradabilità» dei sacchi per asporto merci e alla valenza della norma UNI EN 13432:2002 emesso dall’ISPRA. Detto parere ha evidenziato che la norma armonizzata UNI EN 13432:2002, cui si riferisce il decreto ministeriale 18 marzo 2013 (attuativo dell’art. 2 del D.L. 2/2012) per individuare le sole tipologie di sacchetti monouso commercializzabili, «fornisce indicazioni sulla verifica della biodegradabilità dell'imballaggio, nonché della sua capacità di andare incontro a disintegrazione, solo in termini di biodegradazione controllata, di tipo aerobico o anaerobico, presso impianti di trattamento».

Altresì «la capacità di subire una degradazione per effetto di un processo di compostaggio rappresenta un elemento di valutazione della sua biodegradabilità in determinate condizioni, ma non può essere inteso come un criterio di valutazione assoluta. Una plastica può essere infatti biodegradabile ma non compostabile, ovvero potrebbe richiedere tempi di disintegrazione e degradazione più lunghi rispetto a quelli previsti dal processo di compostaggio (...). La norma UNI EN 13432:2002 individua quindi la biodegradabilità del materiale in riferimento ad una specifica modalità di trattamento dello stesso e non nei termini più generali di degradazione in qualsiasi condizione ambientale, quale ad esempio lo smaltimento incontrollato».

Lo stesso Ministro ha ricordato che ISPRA conclude il proprio parere affermando che «quanto riportato nella norma UNI EN 13432.2002, pur rappresentando un criterio di valutazione della biodegradabilità in determinate condizioni e non un criterio assoluto di valutazione della stessa, può comunque costituire un valido approccio di verifica, tenuto conto che l'imballaggio monouso biodegradabile e compostabile è tipicamente destinato, al termine del suo ciclo di vita, agli impianti di trattamento biologico o meccanico-biologico dei rifiuti» e precisando che «gli unici criteri di verifica della biodegradabilità dei sacchi monouso per l'asporto di merci risultano essere quelli stabiliti alla norma UNIEN 13432:2002».

 


 

 

Articolo 1, comma 1, lettera c)
(Informazione ai consumatori)

 

La lettera c) modifica il comma 3 dell'articolo 219 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 introducendovi nuove disposizioni.

La norma novellata mira a responsabilizzare gli operatori economici - in omaggio ai principi generali "chi inquina paga" e di responsabilità condivisa - facendo sì che essi forniscano agli utenti degli imballaggi, ed in particolare ai consumatori, informazioni: sui sistemi di restituzione, raccolta e recupero disponibili; sul ruolo degli utenti medesimi nel processo di riutilizzazione, recupero e riciclaggio; sul significato dei marchi apposti sugli imballaggi; sugli elementi significativi dei programmi di gestione per imballaggi e rifiuti.

La proposta in esame intende integrare le informazioni che devono essere rese, introducendo i seguenti ulteriori elementi:

1)     l'impatto delle borse di plastica sull'ambiente e le misure necessarie al raggiungimento dell'obiettivo di riduzione del loro utilizzo (nuova lettera d-bis);

2)     la sostenibilità dell'utilizzo di borse di plastica biodegradabili e compostabili (nuova lettera d-ter);

3)     l'impatto delle borse "oxo-biodegradabili" e "oxo-degradabili" (nuova lettera d-quater).

L'articolo 3, par. 1-sexies, della direttiva 94/62/CE definisce le borse di plastica oxo-degradabili come quelle "composte da materie plastiche contenenti additivi che catalizzano la scomposizione della materia plastica in microframmenti". La medesima definizione è inserita nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ad opera dell'articolo 1, lett. b), dello schema di decreto in esame (nuova lettera dd-sexies) dell'articolo 218, comma 1). Per maggiori dettagli, si rinvia alla scheda relativa all'articolo 1, lett. b).

L'articolo 20-bis, par. 2, della direttiva 94/62/CE rinvia a una relazione della Commissione europea, da elaborare entro il 27 maggio 2017, l’esame dell'impatto dell'uso delle borse di plastica oxo-degradabili sull'ambiente. Il medesimo articolo autorizza anche la Commissione, ove opportuno, a presentare una proposta legislativa in materia.

La ratio soggiacente alla richiesta di approfondimento rivolta alla Commissione europea è illustrata nel par. 18 delle Premesse alla direttiva (UE) 2015/720: "Alcune borse di plastica sono indicate dai produttori come «oxo-biodegradabili» o «oxo-degradabili». In tali borse, nella plastica convenzionale sono incorporati degli additivi. Per effetto della presenza di detti additivi, col tempo la plastica si scompone in particelle minute che permangono nell'ambiente. È quindi fuorviante definire «biodegradabili» borse di questo tipo dal momento che potrebbero non essere una soluzione alla dispersione dei rifiuti ma potrebbero al contrario aumentare l'inquinamento". In quest'ottica - specifica espressamente il par. 18 - la relazione curata dalla Commissione potrebbe comprendere una serie di misure volte a limitare l'utilizzo, o a ridurre l'impatto nocivo, delle borse medesime.

Si ricorda in proposito che il Parlamento europeo, nella propria risoluzione del 14 gennaio 2014 su una strategia europea per i rifiuti di plastica nell'ambiente (2013/2113(INI), par. 7) ha chiesto la proibizione o il graduale ritiro dal mercato, entro il 2020, delle plastiche oxo-biodegegradabili in virtù del pericolo che esse costituiscono sia per la salute umana che per l'ambiente.

 


 

 

Articolo 1, comma 1, lettera d)
(Identificazione dei produttori)

 

La lettera d) aggiunge un ulteriore comma 3-bis all'articolo 219 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ai sensi del quale  i produttori delle borse di plastica ammesse alla commercializzazione devono apporre su di esse i propri elementi identificativi.

I produttori di  borse di plastica - di cui ai nuovi articoli 226-bis e 226-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, inseriti dallo schema di decreto legislativo in esame - dovranno, secondo la novella operata, altresì apporvi "diciture idonee ad attestare che le borse prodotte rientrino in una delle tipologie commercializzabili", fatte salve le certificazioni previste nei predetti articoli. Questi accorgimenti sono indicati come necessari al fine di fornire idonee modalità di informazione ai consumatori e di consentire il riconoscimento delle borse di plastica commercializzabili.

All'articolo 1, comma g), sono illustrati i criteri per la commercializzazione delle borse di plastica e per la riduzione della commercializzazione delle borse di plastica in materiale ultraleggero (nuovi articoli 226-bis e 226-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, inseriti dallo schema di decreto legislativo in esame). Per dettagli si rinvia quindi alla scheda di lettura relativa al comma g) dell'articolo 1 infra.

 

In particolare, alle borse biodegradabili e compostabili è prevista l'applicazione del disciplinare delle etichette o dei marchi previsto dall'articolo 8-bis della direttiva 94/62/CE.

     Di tale disciplinare è prevista l'adozione da parte della Commissione europea entro il 27 maggio 2017 tramite un atto di esecuzione.

Si ricorda che gli atti di esecuzione sono disciplinati dall'articolo 291 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). L'art 291, par. 1, attribuisce agli Stati membri la competenza ad adottare le misure di diritto interno necessarie per l'attuazione degli atti giuridicamente vincolanti dell'Unione. Quando però si dovessero rendere necessarie condizioni uniformi di esecuzione nell'intera UE, gli atti stessi "conferiscono competenze di esecuzione alla Commissione o, in casi specifici debitamente motivati (...), al Consiglio" (art. 291, par. 2). Agli Stati membri spetta il controllo sull'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione per opera di un Comitato, composto da rappresentanti degli Stati membri e presieduto dalla Commissione. Le modalità di lavoro dei Comitati sono state disciplinate nel regolamento UE n. 182/2011.

 Il documento in questione avrà la finalità di garantire il riconoscimento a livello di Unione delle borse di plastica biodegradabili e compostabili e di fornire ai consumatori le informazioni corrette sulle loro proprietà di compostaggio.

L'articolo 8-bis, par. 2, della medesima direttiva 94/62/UE  incarica gli Stati membri di assicurare che al più tardi 18 mesi dopo l'adozione del disciplinare le borse di plastica biodegradabili e compostabili siano etichettate conformemente ad esso.

 


 

 

Articolo 1, comma 1, lettera e)
(Obbligo di relazione sull'utilizzo delle borse di plastica)

 

La lettera e) aggiunge un nuovo articolo 220-bis al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, al fine di far fronte all'obbligo, che grava sugli Stati membri ai sensi dell'articolo 4, par. 1-bis, comma 5 della direttiva 94/62/CE, di riferire alla Commissione europea sull'utilizzo annuale di borse di plastica di materiale leggero.

 

La metodologia per il calcolo dell'utilizzo annuale avrebbe dovuto essere adottata tramite un atto di esecuzione della Commissione europea entro il 27 maggio 2016 che non risulta sul sito della Commissione europea.

 

     Il comma 1 della nuova norma incarica il Consorzio nazionale degli imballaggi (CONAI) di acquisire dai produttori e dai distributori di borse di plastica i dati necessari ad elaborare una relazione 'annuale'.

 

     Si evidenzia che il testo dell'articolo 220-bis fa riferimento ad una "relazione annuale" mentre l’articolo 4, paragrafo 1-bis della direttiva 94/62/CE non prevede un invio a cadenza annuale bensì che si riferisca "sull'utilizzo annuale di borse di plastica di materiale leggero".

In realtà dall'analisi delle norme della direttiva 94/62/CE e di quelle da essa citate sembra di poter concludere che i dati annuali sull'utilizzo dovrebbero essere inseriti all'interno di una relazione inviata con cadenza triennale.

L'articolo 4, paragrafo 1-bis, comma 5, della direttiva 94/62/CE specifica che i dati sull'utilizzo annuale di buste di plastica vanno forniti alla Commissione europea contestualmente a quelli sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio ex articolo 12 della medesima direttiva. Quest'ultimo specifica -  al paragrafo 5 - che i dati "sono forniti con le relazioni nazionali" relative all'attuazione della direttiva 94/62/CE[1], che hanno appunto cadenza triennale.

 

Il Consorzio nazionale degli imballaggi è stato istituito dall'articolo 224 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, con la finalità di raggiungere gli obiettivi globali di recupero e di riciclaggio e di garantire il necessario coordinamento dell'attività di raccolta differenziata. Al consorzio - che ha personalità giuridica di diritto privato senza fine di lucro - partecipano in forma paritaria i produttori assieme agli utilizzatori.

 

     Il Consorzio dovrà quindi comunicare i dati in questione alla Sezione nazionale del Catasto rifiuti per via telematica, utilizzando il modello unico di dichiarazione ambientale istituito dalla legge 25 gennaio 1994, n. 70 e concretamente individuato con successivi Decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, il più recente dei quali risale al 21 dicembre 2015. Del modello medesimo, peraltro, la norma in esame prevede un'ulteriore modifica, al fine di inserirvi i dati relativi alle borse di plastica.

 

Si ricorda che la procedura espressamente prevista dall'articolo 6, comma 2-bis, della citata legge n. 70 del 1994, prevede che modifiche ed integrazioni al modello unico di dichiarazione ambientale siano disposte con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Al riguardo, si rileva che, sul piano della formulazione, può essere opportuno prevedere esplicitamente l'adozione di un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri finalizzato alla modifica in parola ai sensi della previsione normativa in materia.

 

Il Catasto dei rifiuti è disciplinato dall'articolo 189 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. E' articolato in una Sezione nazionale, che ha sede a Roma presso l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), e in Sezioni regionali o delle province autonome di Trento o Bolzano presso le corrispondenti Agenzie per la protezione dell'ambiente. E' incaricato di assicurare un quadro conoscitivo completo e costantemente aggiornato dei dati acquisiti tramite il Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI, articolo 188-bis del medesimo decreto legislativo) in maniera tale che la tracciabilità dei rifiuti sia garantita dalla loro produzione sino alla destinazione finale.

 

In relazione all'ambito applicativo della norma, si prevede che le informazioni raccolte riguardano le buste di plastica la cui definizione è contenuta nell'articolo 1, lettera b) del documento in esame[2]. In particolare:

1)     borse di plastica (articolo 218, comma 1, lettera dd-ter);

2)     borse di plastica in materiale leggero (articolo 218, comma 1, lettera dd-quater);

3)     borse di plastica in materiale ultraleggero (articolo 218, comma1, lettera dd-quinquies);

4)     borse di plastica oxo-degradabili (articolo 218, comma 1, lettera dd-sexies);

5)     borse di plastica biodegradabili e compostabili (articolo 218, comma 1, lettera dd-septies).

 

Il comma 2 specifica che i dati così forniti saranno elaborati dall'ISPRA in attuazione della metodologia di calcolo dell'utilizzo annuale pro capite di borse di plastica e dei modelli di segnalazione elaborato dalla Commissione europea ai sensi del citato articolo 4, paragrafo 1-bis, della direttiva 94/62/CE.

Dal 27 maggio 2018 i dati relativi all'utilizzo annuale di borse di plastica in materiale leggero saranno comunicati alla Commissione europea con la relazione sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio in conformità all'articolo 12 della medesima direttiva.

Si ricorda che l'articolo 12 incarica gli Stati membri di costituire, laddove non esistano ancora, basi di dati armonizzate sugli imballaggi ed i rifiuti di imballaggio (paragrafo 1), da allegare alle relazioni nazionali triennali (paragrafo 5).

 

Si ricorda, inoltre, che in base all'articolo 17 della Direttiva indicata, gli Stati membri presentano una relazione alla Commissione sulla sua attuazione, con inizio a partire dal triennio 1995-1997. L'obbligo di relazione - specifica l'articolo 17 - è introdotto in conformità con l'articolo 5 della direttiva 91/692/CEE[3].


 

 

Articolo 1, comma 1, lettera f)
(Campagne informative del CONAI sull'utilizzo delle borse di plastica)

 

La lettera f) integra le funzioni del Consorzio nazionale imballaggi (CONAI) al fine di rispecchiare i compiti ad esso attribuiti dal provvedimento in esame.

In particolare, si prevede di aggiungere alla tipologia delle campagne di informazione che tale organismo è chiamato a organizzare in accordo con le pubbliche amministrazioni (articolo 224, comma 3, lett. g), specifiche campagne di educazione ambientale e di sensibilizzazione dei consumatori sull'impatto delle borse di plastica sull'ambiente.

In particolare, si prevede la diffusione di informazioni riguardanti:

1)     l'impatto delle borse di plastica sull'ambiente e le misure necessarie al raggiungimento dell'obiettivo di riduzione del loro utilizzo;

2)     la sostenibilità dell'utilizzo di borse di plastica biodegradabili e compostabili;

3)     l'impatto delle borse "oxo-biodegradabili" e "oxo-degradabili".

 

Al riguardo, si fa infatti riferimento al novellato articolo 219 del codice dell'ambiente, per effetto dell'articolo 1, lettera c) dello schema in esame,  alla cui scheda di lettura si rinvia.


 

Articolo 1, comma 1, lettera g)
(Misure restrittive per la commercializzazione delle borse di plastica)

 

La lettera g) introduce una serie di misure restrittive per la commercializzazione delle borse di plastica (nuovi articoli 226-bis) e 226-ter) del D.Lgs. 152/2006, c.d. Codice dell’ambiente).

Divieti di commercializzazione delle borse di plastica (nuovo art. 226-bis del D.Lgs. 152/2006)

Il comma 1 dell’art. 226-bis riprende i divieti di commercializzazione già previsti (ma di fatto mai applicati), per alcuni tipi di borse di plastica, dalla legislazione nazionale vigente (art. 2, comma 2, del D.L. 2/2012).

Si ricorda che il criterio di delega contemplato dalla lettera a) del comma 2 dell’art. 4 della L. 170/2016 prevede che venga garantito il medesimo livello di tutela ambientale assicurato dalla legislazione già adottata in materia, prevedendo il divieto di commercializzazione, le tipologie delle borse di plastica commercializzabili e gli spessori già stabiliti.

La direttiva 2015/720/UE, che all’art. 1, punto 2), introduce il paragrafo 1-bis dell’articolo 4 nella direttiva 94/62/CE, nel prevedere l’adozione da parte degli Stati membri delle misure necessarie per una riduzione sostenuta dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero, ossia delle borse di plastica con uno spessore inferiore a 50 micron, dispone che tali misure possono comprendere il mantenimento o l'introduzione di strumenti economici, nonché restrizioni alla commercializzazione in deroga all'articolo 18 (il quale vieta agli Stati membri di ostacolare l'immissione sul mercato, nel loro territorio, di imballaggi conformi alle norme dell’UE), purché dette restrizioni siano proporzionate e non discriminatorie.

Secondo la relazione illustrativa, tale possibilità di introdurre restrizioni alla commercializzazione deve ritenersi consentita per qualsiasi tipo di borse di plastica, indipendentemente dal loro spessore, in base a quanto stabilito dall'articolo 4, paragrafo 1-ter, della direttiva 94/62/CE” (introdotto dal punto 2) dell’art. 1 della direttiva 2015/720/UE). Tale paragrafo prevede che gli Stati membri possono adottare misure tra cui (such as nella versione inglese della direttiva, telles ques nella versione francese della direttiva) strumenti economici e obiettivi di riduzione nazionali in ordine a qualsiasi tipo di borse di plastica, indipendentemente dal loro spessore, fatto salvo quanto prevede l’articolo 15 della direttiva 94/62/CE che consente l’adozione di misure per la promozione degli obiettivi della direttiva da parte del Consiglio o degli Stati membri. La relazione illustrativa precisa che “l'esclusione prevista nel testo originario della direttiva, per cui, sempre rispetto ai sacchi sopra i 50 micron, potevano adottarsi misure di riduzione, ma "with the exception of marketing restrictions", è stata successivamente eliminata e non compare nella versione finale della direttiva europea. A seguito delle modifiche concordate è stata consolidata la versione finale dell'articolo l-ter della direttiva, successivamente validata in sede di trilogo, con la eliminazione della eccezione che escludeva la possibilità per gli Stati Membri di mantenere o introdurre divieti di commercializzazione (ovvero marketing restrictions nella versione inglese) per le borse di plastica con spessore superiore ai 50 micron”. Si fa presente, peraltro, che nel testo della proposta di direttiva approvato dalla Commissione (COM(2013)0761) la disposizione di cui al comma 1-ter non era presente.

Dai divieti introdotti restano escluse le borse di plastica biodegradabili e compostabili, cioè – in base alla definizione recata dalla lettera b) dell’articolo in esame – le borse di plastica certificate da organismi accreditati e conformi ai requisiti di biodegradabilità e di compostabilità stabiliti dal Comitato europeo di normazione, ed in particolare  dalla norma tecnica UNI EN 13432:2002, in linea con quanto già previsto dalla normativa vigente.

Si ricorda che l’art. 2, comma 1, del D.L. 2/2012 esclude dal divieto di commercializzazione i sacchi monouso per l'asporto merci realizzati con polimeri conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002, secondo certificazioni rilasciate da organismi accreditati.


 

La seguente tabella schematizza i differenti regimi di commercializzazione delineati dalla norma in esame, che riprendono nella sostanza quelli previsti (seppur mai applicati) dalla legislazione vigente (come evidenziato nel testo a fronte allegato al presente dossier):

Borse di plastica

Spessore (della singola parete)
e caratteristiche

Commercializzazione consentita?

Borse biodegradabili e compostabili

qualunque spessore, certificate da organismi accreditati e rispondenti ai requisiti di biodegradabilità e di compostabilità, così come stabiliti dal Comitato europeo di normazione ed in particolare dalla norma EN 13432 recepita con la norma nazionale UNI EN 13432:2002

Borse in materiale leggero

spessore < 50 micron e fornite per il trasporto (lett. b) dell'articolo in esame, capoverso art. 218, comma 1, lett. dd-quater)

ƒ Borse riutilizzabili con maniglia esterna alla dimensione utile del sacco

● spessore > 200 micron e con almeno 30% di plastica riciclata, fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano generi alimentari;

● spessore > 100 micron e con almeno 10% di plastica riciclata, fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano esclusivamente merci e prodotti diversi dai generi alimentari.

Borse riutilizzabili con maniglia interna alla dimensione utile del sacco

● spessore > 100 micron e con almeno 30% di plastica riciclata, fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano generi alimentari;

● spessore > 60 micron e con almeno 10% di plastica riciclata, fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano esclusivamente merci e prodotti diversi dai generi alimentari.

Altre borse di plastica non rispondenti alle caratteristiche
     indicate ai punti 3) e 4)
della presente tabella

 

A differenza della normativa vigente la norma in esame non fa riferimento all’uso (alimentare o meno) delle borse di plastica, ma al tipo di esercizio che le fornisce come imballaggio per il trasporto, distinguendo tra esercizi che commercializzano (anche) generi alimentari (come ad esempio i supermercati) ed esercizi che commercializzano esclusivamente merci e prodotti diversi dai generi alimentari.

Si fa altresì notare che il comma 2 dell’art. 2 del D.M. Ambiente 18 marzo 2013 (attuativo dell’art. 2 del D.L. 2/2012) dispone che è altresì consentita la commercializzazione dei sacchi riutilizzabili per l'asporto delle merci realizzati in carta, in tessuti di fibre naturali, in fibre di poliammide e in materiali diversi dai polimeri.

 

Il successivo comma 2 del nuovo art. 226-bis dispone che le borse di plastica commercializzabili, sulla base dei criteri dettati dal comma 1, non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o dalla fattura d'acquisto delle merci o dei prodotti trasportati per il loro tramite.

Tale disposizione consente di attuare il criterio di delega di cui alla lettera b) dell’art. 4 della L. 170/2016, che richiede espressamente l’introduzione del divieto di fornitura a titolo gratuito delle borse di plastica ammesse al commercio.

Si consideri, inoltre, che il citato paragrafo 1-bis dell’articolo 4 della direttiva 94/62/CE, introdotto dall’articolo 1, punto 2) della direttiva 2015/720/UE, prevede, tra l’altro, che le misure adottate dagli Stati membri (per conseguire sul loro territorio una riduzione sostenuta dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero) includono, tra le opzioni, l’adozione di strumenti atti ad assicurare che, entro il 31 dicembre 2018, le borse di plastica in materiale leggero non siano fornite gratuitamente nei punti vendita di merci o prodotti, salvo che siano attuati altri strumenti di pari efficacia.

 

Riduzione della commercializzazione delle borse di plastica in materiale ultraleggero (nuovo art. 226-ter del D.Lgs. 152/2006)

I comma 1 e 2 dell’art. 226-ter perseguono la riduzione della commercializzazione delle borse di plastica in materiale ultraleggero, prevedendo che siano commercializzabili solo le borse di plastica “biodegradabili e compostabili” e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile (determinato secondo le modalità fissate dal successivo comma 4, v. infra).

Tale obiettivo viene perseguito in maniera progressiva fissando un contenuto di minimo di materia prima rinnovabile (MPR) sempre più elevato al passare del tempo, secondo lo scadenziario seguente, previsto dal comma 2:

·      dal 1° gennaio 2018, possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di MPR non inferiore al 40%;

·      dal 1° gennaio 2020, possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di MPR non inferiore al 50%;

·      dal 1° gennaio 2021, possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di MPR non inferiore al 60%.

 

Le disposizioni in esame consentono di attuare il criterio di delega di cui alla lettera c) dell’art. 4 della L. 170/2016, la quale richiede la progressiva riduzione della commercializzazione delle borse di plastica “fornite a fini di igiene o come imballaggio primario per alimenti sfusi” (caratteristica che, unitamente ad uno spessore inferiore ai 15 micron, definisce la borsa di plastica come borsa in materiale ultraleggero, secondo quanto previsto dalla definizione di cui alla lettera dd-quinquies) del comma 1 dell’art. 218 del D.Lgs. 152/2006, introdotta dalla lettera b) dell'articolo in esame), diverse da quelle compostabili “e realizzate, in tutto o in parte, con materia prima rinnovabile”.

Si ricorda, anche in relazione a tale disposizione, il disposto dell’art. 4, paragrafo 1-bis, della direttiva 94/62/CE (introdotto dall’art. 1, punto 2) della direttiva 2015/720/UE) in base al quale gli Stati membri adottano le misure necessarie per conseguire sul loro territorio una riduzione sostenuta dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero, ossia……. contempla la possibilità di introdurre anche restrizioni alla commercializzazione (purché dette restrizioni siano proporzionate e non discriminatorie). Il successivo paragrafo 1-ter consente agli Stati membri di adottare misure, tra cui strumenti economici e obiettivi di riduzione nazionali, in ordine a qualsiasi tipo di borse di plastica, indipendentemente dal loro spessore.

 

Il comma 3 contempera i vincoli alla commercializzazione introdotti dai commi precedenti con gli obblighi derivanti dalla normativa a tutela della salute dei consumatori relativa all'utilizzo dei materiali destinati al contatto con gli alimenti.

A tal fine vengono fatti comunque salvi:

·      l’obbligo di conformità alla normativa sull’utilizzo dei materiali destinati al contatto con gli alimenti (c.d. MOCA), adottata in attuazione dei regolamenti (UE) 10/2011 (con specifico riferimento alle materie plastiche), (CE) 1935/04 (relativo alla disciplina generale) e (CE) 2023/06 (relativo alle buone pratiche di fabbricazione);

·      nonché il divieto di utilizzare la plastica riciclata per le borse destinate al contatto alimentare (previsto dall’art. 13 del D.M. 21 marzo 1973).

Il D.M. Sanità 21 marzo 1973 (recante “Disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili, destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari o con sostanze d'uso personale” e pubblicato nella G.U. 20 aprile 1973, n. 104, S.O.) vieta l’impiego, per la preparazione di oggetti in materia plastica destinati a venire in contatto con alimenti, di materie plastiche di scarto e di oggetti di materiale plastico già utilizzati.

 

 

Il comma 4 disciplina le modalità per la determinazione, da parte degli organismi accreditati, del contenuto minimo di materia prima rinnovabile che le borse di plastica in materiale ultraleggero devono possedere per poter essere commerciabili.

La norma prevede che tale contenuto sia calcolato come rapporto tra la percentuale del carbonio di origine biologica presente nella borsa ed il carbonio totale presente nella stessa, utilizzando lo standard internazionale vigente in materia di determinazione del contenuto di carbonio a base biologica nella plastica ovvero lo standard UNI CEN/TS 16640.

 

Il comma 5, in analogia con quanto previsto dal comma 2 dell’art. 226-bis per le borse di plastica, introduce il divieto di fornitura a titolo gratuito delle borse di plastica ultraleggere.

Tale disposizione consente di attuare il criterio di delega di cui alla lettera b) dell’art. 4 della L. 170/2016, che richiede espressamente l’introduzione del divieto di fornitura a titolo gratuito delle borse di plastica ammesse al commercio.

Si consideri, inoltre, che il paragrafo 1-bis dell’articolo 4 della direttiva 94/62/CE consente agli Stati membri di escludere le borse di plastica in materiale ultraleggero dalle misure volte ad assicurare i target annuali di utilizzo delle borse di plastica e dagli strumenti atti ad assicurare che, entro il 31 dicembre 2018, le borse di plastica in materiale leggero non siano fornite gratuitamente nei punti vendita di merci o prodotti. 

 

 


 

 

 

 

Articolo 1, comma 1, lettera h)
(Sanzioni)

La lettera h), novellando l'articolo 261 del d.lgs. 152/2006 (cd. codice dell'ambiente), stabilisce le sanzioni comminate a chi violi le disposizioni contenute negli articoli 226-bis e 226-ter  di nuova introduzione (si veda in proposito la scheda di lettura relativa alla lettera g).

In particolare, si prevede l'aggiunta di tre ulteriori commi all'articolo 261[4] del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ovvero:

1)     il nuovo  comma 4-bis, che prevede l'introduzione di una sanzione amministrativa pecuniaria in caso di violazione delle disposizioni in materia di commercializzazione delle borse di plastica (articolo 226-bis) o di riduzione della commercializzazione delle borse in materiale ultraleggero (articolo 226-ter). In particolare, si prevede il pagamento di una somma da 2.500 a 25.000 euro, sulla scorta di quanto prevede il comma 4 dell’articolo 2 del decreto legge n. 2 del 2012, che viene abrogato dall’articolo 3 dello schema di decreto;

2)     il nuovo  comma 4-ter, ai sensi del quale la sanzione amministrativa è aumentata fino al quadruplo del massimo se la violazione del divieto riguarda:

Ø  ingenti quantitativi di buste di plastica;

Ø  oppure un valore di queste ultime superiore al dieci per cento del fatturato del trasgressore;

Ø  nonché qualora i produttori utilizzino diciture o altri mezzi finalizzati ad eludere gli obblighi posti dagli articoli 226-bis e 226-ter.

Anche il vigente articolo 2 del decreto legge n. 2 del 2012 dispone che le predette sanzioni si applichino nel caso in cui la violazione dei divieti riguardi quantità ingenti di sacchetti per l’asporto, mentre – a differenza della norma in esame – la fattispecie relativa al superamento del valore della merce rispetto al fatturato del trasgressore è riferita a una percentuale del 20%.

Si è fatto ricorso all'espressione "ingenti quantitativi" - specifica la relazione introduttiva all'Atto del Governo n. 357 -  in analogia al vigente articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ai sensi del quale: "Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti e' punito con la reclusione da uno a sei anni".

La relazione rileva che una formula analogamente "aperta" è, inoltre, altresì utilizzata in alcuni articoli del codice penale: la "rilevante gravità" del danno patrimoniale (articolo 61, comma 7) o la "speciale tenuità" del danno o del lucro (articolo 62, comma 4).

Si osserva, con riguardo alla prima delle fattispecie aggravanti previste dalla norma sanzionatoria al punto 4-ter, come il riferimento a 'ingenti quantitativi' di buste di plastica potrebbe risultare formulazione generica rispetto ad un profilo a rilevanza sanzionatoria (laddove - ad esempio - la seconda delle fattispecie aggravanti fa comunque riferimento a un criterio numerico quantificato, quale il valore superiore al 10 % del fatturato del trasgressore).

3)     il comma 4-quater specifica che le sanzioni introdotte nei due commi precedenti sono applicate ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689 e che gli organi di polizia amministrativa, d'ufficio o previa denunzia, provvedono all'accertamento delle violazioni. Viene esplicitamente fatto salvo il disposto dell'articolo 13 della citata legge n. 689 del 1981.

La legge 24 novembre 1981, n. 698, reca "Modifiche al sistema penale". Il capo I (articoli 1-43) è dedicato alle Sanzioni amministrative e vi viene dettato il quadro di riferimento entro cui inquadrare le sanzioni medesime. Si citano, tra gli altri, l' articolo 1, comma 2 ("le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati") e l'articolo 3 ("Nelle violazioni in cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione o omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa").

In particolare l'articolo 13 (inserito nella Sezione II, "Applicazione") autorizza gli organi addetti al controllo sull'osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro a:

a)      assumere informazioni e procedere a ispezioni di cose e di luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica (comma 1);

b)      procedere al sequestro cautelare delle cose che possono formare oggetto di confisca amministrativa, nei modi e con i limiti in cui il codice di procedura penale consente il sequestro della polizia giudiziaria (comma 2).

Ai sensi del comma 4 gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria - oltre a poter anch'essi accertare violazioni punite con la sanzione amministrative del pagamento di una somma di denaro - possono altresì procedere a perquisizioni in luoghi diversi dalla privata dimora, previa autorizzazione motivata del pretore del luogo in cui le perquisizioni dovranno essere effettuate. Tale possibilità è prevista "quando non sia possibile acquisire altrimenti gli elementi di prova.

Sono fatti comunque salvi gli specifici poteri di accertamento previsti dalle leggi vigenti (comma 5).

 


 

 

Articolo 2
(Disposizioni finanziarie)

 

La norma reca la clausola di invarianza finanziaria del provvedimento disponendo, per un verso, che dalla sua attuazione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e, per l’altro, che le amministrazioni pubbliche provvedono agli adempimenti previsti dallo schema di decreto in esame con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 


 

 

Articolo 3
(Disposizioni finali)

 

La norma, in attuazione del criterio di delega di cui alla lettera d) dell’articolo 4, comma 2, della legge n. 170 del 2016, dispone l'abrogazione, a decorrere dall'entrata in vigore del provvedimento in esame, delle seguenti disposizioni:

 

Ø  commi 1129, 1130 e 1131 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006.

Il comma 1129 prevede, ai fini della riduzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera, del rafforzamento della protezione ambientale e del sostegno alle filiere agro-industriali nel campo dei biomateriali, l'avvio, a partire dall'anno 2007, di un programma sperimentale a livello nazionale per la progressiva riduzione della commercializzazione di sacchi per l'asporto delle merci che, secondo i criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario, non risultino biodegradabili.

Il comma 1130 dispone che il programma di cui al comma 1129, definito con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sia finalizzato ad individuare le misure da introdurre progressivamente nell'ordinamento interno al fine di giungere al definitivo divieto, a decorrere dal 1° gennaio 2011  della commercializzazione di sacchi non biodegradabili per l'asporto delle merci che non rispondano entro tale data, ai criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario.

Per l'avvio del programma in questione, il comma 1131 destina una quota non inferiore a 1 milione di euro a valere sul «Fondo unico investimenti per la difesa del suolo e la tutela ambientale» del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

 

Ø  articolo 2 del decreto-legge n. 2 del 2012.

La norma, già esaminata in premessa al dossier in esame, reca disposizioni in materia di commercializzazione di sacchi per asporto merci nel rispetto dell'ambiente. Si rileva che, in attuazione di quanto disposto dalla disposizione (in particolare, dal comma 2 della stessa) è stato adottato dal Ministero dell'ambiente il D.M. 18 marzo 2013 recante "Individuazione delle caratteristiche tecniche dei sacchi per l'asporto delle merci".

Per i contenuti delle disposizioni abrogate, si rinvia, più ampiamente, anche alla disamina in Premessa allo schema in esame.

 


 

Testo a fronte

 


 

 

 

 

Testo a fronte delle norme dell’art. 1 dell’A.G. 357 (che reca una serie di novelle agli articoli del Codice Ambientale) rispetto alla normativa nazionale ed europea vigente e ai criteri di delega previsti dall’art. 4, comma 2, della L. 170/2016

Normativa nazionale vigente

Direttiva 94/62/CE

Art. 4, co. 2, L. 170/2016

A.G. 357 (art. 1) - Novelle al C.A.

Art. 217, co. 1, D.Lgs. 152/06
(Ambito di applicazione)

Art. 4, paragrafo 1-bis

 

Art. 217, co. 1, D.Lgs. 152/06

(Art. 1, co. 1, lett. a), dell’A.G. 357)

1. Il presente titolo disciplina la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia per prevenirne e ridurne l'impatto sull'ambiente ed assicurare un elevato livello di tutela dell'ambiente, sia per garantire il funzionamento del mercato, nonché per evitare discriminazioni nei confronti dei prodotti importati, prevenire l'insorgere di ostacoli agli scambi e distorsioni della concorrenza e garantire il massimo rendimento possibile degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, in conformità alla direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, come integrata e modificata dalla direttiva 2004/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, di cui la parte quarta del presente decreto costituisce recepimento nell'ordinamento interno. I sistemi di gestione devono essere aperti alla partecipazione degli operatori economici interessati.

 

 

 

Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conseguire sul loro territorio una riduzione sostenuta dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero.

 

1. Il presente titolo disciplina la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia per prevenirne e ridurne l'impatto sull'ambiente favorendo, fra l'altro, livelli sostenuti di riduzione dell'utilizzo di borse di plastica, ed assicurare un elevato livello di tutela dell'ambiente, sia per garantire il funzionamento del mercato, nonché per evitare discriminazioni nei confronti dei prodotti importati, prevenire l'insorgere di ostacoli agli scambi e distorsioni della concorrenza e garantire il massimo rendimento possibile degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, in conformità alla direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, come integrata e modificata dalla direttiva 2004/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e dalla direttiva 2015/720/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, di cui la parte quarta del presente decreto costituisce recepimento nell'ordinamento interno. I sistemi di gestione devono essere aperti alla partecipazione degli operatori economici interessati.

 

Art. 218, co. 1, D.Lgs. 152/06
(Definizioni)

 

 

Art. 218, co. 1, D.Lgs. 152/06

(Art. 1, co. 1, lett. b), dell’A.G. 357)

1. Ai fini dell'applicazione del presente titolo si intende per:

a) imballaggio: il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a proteggerle, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all'utilizzatore, ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso scopo;

b) imballaggio per la vendita o imballaggio primario: imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, un'unità di vendita per l'utente finale o per il consumatore;

c) imballaggio multiplo o imballaggio secondario: imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, il raggruppamento di un certo numero di unità di vendita, indipendentemente dal fatto che sia venduto come tale all'utente finale o al consumatore, o che serva soltanto a facilitare il rifornimento degli scaffali nel punto di vendita. Esso può essere rimosso dal prodotto senza alterarne le caratteristiche;

d) imballaggio per il trasporto o imballaggio terziario: imballaggio concepito in modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli per evitare la loro manipolazione ed i danni connessi al trasporto, esclusi i container per i trasporti stradali, ferroviari marittimi ed aerei;

 

 

1. Ai fini dell'applicazione del presente titolo si intende per:

a) imballaggio: il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a proteggerle, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all'utilizzatore, ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso scopo;

b) imballaggio per la vendita o imballaggio primario: imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, un'unità di vendita per l'utente finale o per il consumatore;

c) imballaggio multiplo o imballaggio secondario: imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, il raggruppamento di un certo numero di unità di vendita, indipendentemente dal fatto che sia venduto come tale all'utente finale o al consumatore, o che serva soltanto a facilitare il rifornimento degli scaffali nel punto di vendita. Esso può essere rimosso dal prodotto senza alterarne le caratteristiche;

d) imballaggio per il trasporto o imballaggio terziario: imballaggio concepito in modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli per evitare la loro manipolazione ed i danni connessi al trasporto, esclusi i container per i trasporti stradali, ferroviari marittimi ed aerei;

 

Art. 3

 

 

 

1 bis) “plastica”: un polimero ai sensi dell'articolo 3, punto 5), del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio a cui possono essere stati aggiunti additivi o altre sostanze e che può funzionare come componente strutturale principale delle borse;

 

dd-bis) plastica: un polimero ai sensi dell'articolo 3, punto 5), del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio a cui possono essere stati aggiunti additivi o altre sostanze e che può funzionare come componente strutturale principale delle borse;

 

1 ter) “borse di plastica”: borse da asporto con o senza manici, in plastica, fornite ai consumatori nei punti vendita di merci o prodotti;

 

dd-ter) borse di plastica: borse con o senza manici, in plastica, fornite ai consumatori per il trasporto di merci o prodotti;

 

1 quater) “borse di plastica in materiale leggero”: borse di plastica con uno spessore inferiore a 50 micron;

 

dd-quater) borse di plastica in materiale leggero: borse di plastica con uno spessore della singola parete inferiore a 50 micron fornite per il trasporto;

 

1 quinquies) “borse di plastica in materiale ultraleggero”: borse di plastica con uno spessore inferiore a 15 micron richieste a fini di igiene o fornite come imballaggio primario per alimenti sfusi se ciò contribuisce a prevenire la produzione di rifiuti alimentari;

 

dd-quinquies) borse di plastica in materiale ultraleggero: borse di plastica con uno spessore della singola parete inferiore a 15 micron richieste a fini di igiene o fornite come imballaggio primario per alimenti sfusi;

 

1 sexies) “borse di plastica oxo-degradabili”: borse di plastica composte da materie plastiche contenenti additivi che catalizzano la scomposizione della materia plastica in microframmenti;

 

dd-sexies) borse di plastica oxo-degradabili: borse di plastica composte da materie plastiche contenenti additivi che catalizzano la scomposizione della materia plastica in microframmenti;

 

 

 

dd-septies) borse di plastica biodegradabili e compostabili: borse di plastica certificate da organismi accreditati e rispondenti ai requisiti di biodegradabilità e di compostabilità, così come stabiliti dal Comitato europeo di normazione ed in particolare dalla norma EN 13432 recepita con la norma nazionale UNI EN 13432:2002;

 

 

 

d-octies) commercializzazione di borse di plastica: fornitura di borse di plastica contro pagamento o a titolo gratuito da parte dei produttori e dei distributori, nonché da parte dei commercianti nei punti vendita di merci o prodotti.

 

Art. 219, co. 3, D.Lgs. 152/06
(Informazione)

 

 

Art. 219, co. 3, D.Lgs. 152/06

(Art. 1, co. 1, lett. c), dell’A.G. 357)

3. Le informazioni di cui alla lettera c) del comma 2* riguardano in particolare:

a) i sistemi di restituzione, di raccolta e di recupero disponibili;

b) il ruolo degli utenti di imballaggi e dei consumatori nel processo di riutilizzazione, di recupero e di riciclaggio degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;

c) il significato dei marchi apposti sugli imballaggi quali si presentano sul mercato;

d) gli elementi significativi dei programmi di gestione per gli imballaggi ed i rifiuti di imballaggio, di cui all'articolo 225, comma 1, e gli elementi significativi delle specifiche previsioni contenute nei piani regionali ai sensi dell'articolo 225, comma 6.

* La lett. c) del co. 2 prevede, per la responsabilizzazione degli operatori economici conformemente al principio «chi inquina paga» nonché la cooperazione degli stessi secondo i principi della «responsabilità condivisa», che l'attività di gestione dei rifiuti di imballaggio si ispira al principio dell’informazione agli utenti degli imballaggi ed in particolare ai consumatori secondo le norme del D.Lgs. 195/2005, attuativo della dir. 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale.

 

 

3. Le informazioni di cui alla lettera c) del comma 2 riguardano in particolare:

a) i sistemi di restituzione, di raccolta e di recupero disponibili;

b) il ruolo degli utenti di imballaggi e dei consumatori nel processo di riutilizzazione, di recupero e di riciclaggio degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;

c) il significato dei marchi apposti sugli imballaggi quali si presentano sul mercato;

d) gli elementi significativi dei programmi di gestione per gli imballaggi ed i rifiuti di imballaggio, di cui all'articolo 225, comma 1, e gli elementi significativi delle specifiche previsioni contenute nei piani regionali ai sensi dell'articolo 225, comma 6.

 

 

Art. 4, paragrafo 1-quater

 

 

 

La Commissione e gli Stati membri incoraggiano attivamente, almeno nel primo anno successivo al 27 novembre 2016, campagne di informazione e di sensibilizzazione sull'impatto ambientale nocivo dell'utilizzo eccessivo di borse di plastica in materiale leggero.

e) previsione di una campagna di informazione dei consumatori diretta ad aumentare la loro consapevolezza in merito agli impatti delle borse di plastica sull'ambiente e a eliminare la convinzione che la plastica sia un materiale innocuo e poco costoso, favorendo il raggiungimento degli obiettivi di riduzione dell'utilizzo di borse di plastica;

d-bis) gli impatti delle borse di plastica sull'ambiente e le misure necessarie al raggiungimento dell'obiettivo di riduzione dell'utilizzo di borse di plastica;

 

 

 

d-ter) sostenibilità dell'utilizzo di borse di plastica biodegradabili e compostabili;

 

Art. 20-bis, paragrafo 2

 

 

 

Entro il 27 maggio 2017 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione che esamina l'impatto dell'uso di borse di plastica oxo-degradabili sull'ambiente e, se opportuno, presenta una proposta legislativa.

 

f) previsione di programmi di sensibilizzazione per i consumatori in generale e di programmi educativi per i bambini, diretti alla riduzione dell'utilizzo di borse di plastica nonché, anche nelle more dell'adozione da parte della Commissione dell'Unione europea delle misure specifiche previste dall'articolo 8-bis della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, per le borse di plastica biodegradabili e compostabili, di programmi di sensibilizzazione per i consumatori che forniscono le informazioni corrette sulle proprietà e sullo smaltimento delle borse di plastica biodegradabili e compostabili, di quelle oxo-biodegradabili o oxo-degradabili e delle altre borse di plastica.

d-quater) l'impatto delle borse "oxo-biodegradabili" o "oxo-degradabili", cosi come definito dalla Commissione europea ai sensi dell'articolo 20-bis, comma 2, della direttiva 94162/CE.

 

Articolo 8-bis

 

Art. 219, co. 3-bis, D.Lgs. 152/06

(Art. 1, co. 1, lett. d), dell’A.G. 357)

 

Entro il 27 maggio 2017 la Commissione adotta un atto di esecuzione che stabilisce il disciplinare delle etichette o dei marchi per garantire il riconoscimento a livello di Unione delle borse di plastica biodegradabili e compostabili e per fornire ai consumatori le informazioni corrette sulle proprietà di compostaggio di tali borse. Tale atto di esecuzione è adottato secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 21, paragrafo 2.

Al più tardi 18 mesi dopo l'adozione di tale atto di esecuzione, gli Stati membri assicurano che le borse di plastica biodegradabili e compostabili siano etichettate conformemente al disciplinare di cui a tale atto di esecuzione.

 

Al fine di fornire idonee modalità di informazione ai consumatori e di consentire il riconoscimento delle borse di plastica commercializzabili, i produttori delle borse di cui agli articoli 226-bis e 226-ter, ferme le certificazioni ivi previste, devono apporre su tali borse i propri elementi identificativi, nonché diciture idonee ad attestare che le borse prodotte rientrino in una delle tipologie commercializzabili. Alle borse biodegradabili e compostabili si applica il disciplinare delle etichette o dei marchi adottato dalla Commissione, ai sensi dell'articolo 8-bis della direttiva 94/62/CE.

 

 

 

Art. 220-bis, D.Lgs. 152/06
(Obbligo di relazione sull'utilizzo di borse di plastica)

(Art. 1, co. 1, lett. e), dell’A.G. 357)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 4, paragrafo 1-bis

Dal 27 maggio 2018 gli Stati membri riferiscono sull'utilizzo annuale di borse di plastica di materiale leggero quando forniscono alla Commissione dati sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio in conformità dell'articolo 12.

Entro il 27 maggio 2016, la Commissione adotta un atto di esecuzione che stabilisce la metodologia di calcolo dell'utilizzo annuale pro capite di borse di plastica in materiale leggero e adegua i modelli di segnalazione adottati ai sensi dell'articolo 12, paragrafo 3. Tale atto di esecuzione è adottato secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 21, paragrafo 2.

 

1. Il Consorzio nazionale degli imballaggi di cui all'articolo 224 acquisisce dai produttori e dai distributori di borse di plastica i dati necessari ad elaborare la relazione annuale prevista all'articolo 4, comma 1-bis, della direttiva 94/62/CE e comunica tali dati alla Sezione Nazionale del Catasto dei rifiuti, avvalendosi del modello di dichiarazione ambientale di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 70, che, a tale fine, è modificato con le modalità previste dalla medesima legge n. 70 del 1994. Le informazioni sono fornite per via telematica e riguardano, ciascuna categoria di borse di plastica di cui all'articolo 218, comma 1, lettere dd-ter), dd-quater), dd-quinquies), dd-sexies) e dd-septies).

2. I dati sono elaborati dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, in attuazione della metodologia di calcolo dell'utilizzo annuale pro capite di borse di plastica e dei modelli di segnalazione stabiliti ai sensi dell'articolo 4, comma 1-bis, della direttiva 94/62/CE. Dal 27 maggio 2018, i dati relativi all'utilizzo annuale di borse di plastica in materiale leggero sono comunicati alla Commissione europea con la relazione sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, in conformità all'articolo 12 della medesima direttiva.

 

Art. 224, co. 3, g), D.Lgs. 152/06
(Funzioni del CONAI)

Art. 4, paragrafo 1-quater

 

Art. 224, co. 3, g), D.Lgs. 152/06
(Art. 1, co. 1, lett. f), dell’A.G. 357)

g) organizza, in accordo con le pubbliche amministrazioni, le campagne di informazione ritenute utili ai fini dell'attuazione del Programma generale;

La Commissione e gli Stati membri incoraggiano attivamente, almeno nel primo anno successivo al 27 novembre 2016, campagne di informazione e di sensibilizzazione sull'impatto ambientale nocivo dell'utilizzo eccessivo di borse di plastica in materiale leggero.

e) previsione di una campagna di informazione dei consumatori diretta ad aumentare la loro consapevolezza in merito agli impatti delle borse di plastica sull'ambiente e a eliminare la convinzione che la plastica sia un materiale innocuo e poco costoso, favorendo il raggiungimento degli obiettivi di riduzione dell'utilizzo di borse di plastica;

f) previsione di programmi di sensibilizzazione per i consumatori in generale e di programmi educativi per i bambini, diretti alla riduzione dell'utilizzo di borse di plastica nonché, anche nelle more dell'adozione da parte della Commissione dell'Unione europea delle misure specifiche previste dall'articolo 8-bis della direttiva 94/62/CE, per le borse di plastica biodegradabili e compostabili, di programmi di sensibilizzazione per i consumatori che forniscono le informazioni corrette sulle proprietà e sullo smaltimento delle borse di plastica biodegradabili e compostabili, di quelle oxo-biodegradabili o oxo-degradabili e delle altre borse di plastica.

g) organizza, in accordo con le pubbliche amministrazioni, le campagne di informazione ritenute utili ai fini dell'attuazione del Programma generale nonché campagne di educazione ambientale e di sensibilizzazione dei consumatori sugli impatti delle borse di plastica sull'ambiente, in particolare attraverso la diffusione delle informazioni di cui all'articolo 219, comma 3, lettere d-bis, d-ter e d-quater;"

Art. 2, co. 1 e 3, D.L. 2/2012

Art. 4, paragrafi 1-bis e 1-ter

 

Art. 226-bis, D.Lgs. 152/06
(Divieti di commercializzazione delle borse di plastica)

(Art. 1, co. 1, lett. g), dell’A.G. 357)

1. Il termine previsto dall'art. 1, comma 1130, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come modificato dall'articolo 23, comma 21-novies, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, ai fini del divieto di commercializzazione di sacchi per l'asporto merci, è prorogato fino all'adozione del decreto di cui al comma 2** limitatamente alla commercializzazione dei sacchi monouso per l'asporto merci realizzati con polimeri conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002, secondo certificazioni rilasciate da organismi accreditati,

** Il comma 2 dell’art. 2 del D.L. 2/2012, ha previsto l’emanazione di apposito decreto (avvenuta con il D.M. 18 marzo 2013) per l’individuazione di eventuali ulteriori caratteristiche ai fini della loro commercializzazione.

1 bis. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conseguire sul loro territorio una riduzione sostenuta dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero. Tali misure possono comprendere il ricorso a obiettivi di riduzione a livello nazionale, il mantenimento o l'introduzione di strumenti economici nonché restrizioni alla commercializzazione in deroga all'articolo 18, purché dette restrizioni siano proporzionate e non discriminatorie. Tali misure possono variare in funzione dell'impatto ambientale che le borse di plastica in materiale leggero hanno quando sono recuperate o smaltite, delle loro proprietà di compostabilità, della loro durata o dell'uso specifico previsto.

1 ter.   Fatto salvo l'articolo 15, gli Stati membri possono adottare misure tra cui strumenti economici e obiettivi di riduzione nazionali in ordine a qualsiasi tipo di borse di plastica, indipendentemente dal loro spessore.

 

 

a) garanzia del medesimo livello di tutela ambientale assicurato dalla legislazione già adottata in materia, prevedendo il divieto di commercializzazione, le tipologie delle borse di plastica commercializzabili e gli spessori già stabiliti;

1. Fatta salva comunque la commercializzazione delle borse di plastica biodegradabili e compostabili, è vietata la commercializzazione delle borse di plastica in materiale leggero, nonché delle altre borse di plastica non rispondenti alle seguenti caratteristiche:

 

Art. 2 D.M. 18 marzo 2013 (attuativo dell’art. 2, co. 2, D.L. 2/2012)

1. È consentita la commercializzazione dei sacchi per l'asporto delle merci rientranti in una delle seguenti categorie:

a) sacchi monouso biodegradabili e compostabili, conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002;

b)  sacchi riutilizzabili composti da polimeri diversi da quelli di cui alla lettera a) che abbiano maniglia esterna alla dimensione utile del sacco:

b.1) con spessore superiore a 200 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno 30 per cento se destinati all'uso alimentare;

b.2) con spessore superiore a 100 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 10 per cento se non destinati all'uso alimentare;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

c) sacchi riutilizzabili composti da polimeri diversi da quelli di cui alla lettera a) che abbiano maniglia interna alla dimensione utile del sacco:

c.1) con spessore superiore ai 100 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno 30 per cento se destinati all'uso alimentare;

c.2)  con spessore superiore ai 60 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 10 per cento se non destinati all'uso alimentare.

2. È altresì consentita la commercializzazione dei sacchi riutilizzabili per l'asporto delle merci realizzati in carta, in tessuti di fibre naturali, in fibre di poliammide e in materiali diversi dai polimeri.

 
 di quelli riutilizzabili realizzati con altri polimeri che abbiano maniglia esterna alla dimensione utile del sacco e spessore superiore a 200 micron se destinati all'uso alimentare e 100 micron se destinati ad altri usi, di quelli riutilizzabili realizzati con altri polimeri che abbiano maniglia interna alla dimensione utile del sacco e spessore superiore ai 100 micron se destinati all'uso alimentare e 60 micron se destinati agli altri usi.

 

3. Per favorire il riutilizzo del materiale plastico proveniente dalle raccolte differenziate, i sacchi realizzati con polimeri non conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002 devono contenere una percentuale di plastica riciclata di almeno il 10 per cento e del 30 per cento per quelli ad uso alimentare. La percentuale di cui al periodo precedente può essere annualmente elevata con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggi in plastica - COREPLA e le associazioni dei produttori.

 

 

 

 

a) borse di plastica riutilizzabili con maniglia esterna alla dimensione utile del sacco:

1) con spessore per la singola parete superiore ai 200 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 30% fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano generi alimentari;

2) con spessore per la singola parete superiore ai 100 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 10% fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano esclusivamente merci e prodotti diversi dai generi alimentari;

b) borse di plastica riutilizzabili con maniglia interna alla dimensione utile del sacco:

1) con spessore per la singola parete superiore ai 100 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 30% fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano generi alimentari;

2) con spessore per la singola parete superiore ai 60 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 10% fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano esclusivamente merci e prodotti diversi dai generi alimentari.

 

Art. 4, paragrafo 1-bis

 

 

 

Le misure adottate dagli Stati membri includono l'una o l'altra delle seguente opzioni o entrambe:

a) …;

b) adozione di strumenti atti ad assicurare che, entro il 31 dicembre 2018, le borse di plastica in materiale leggero non siano fornite gratuitamente nei punti vendita di merci o prodotti, salvo che siano attuati altri strumenti di pari efficacia. Le borse di plastica in materiale ultraleggero possono essere escluse da tali misure.

 

 

 

 

 

 

 

 

b) divieto di fornitura a titolo gratuito delle borse di plastica ammesse al commercio;

 

 

 

 

 

 

 

2. Le borse di plastica di cui al comma 1 non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d'acquisto delle merci o prodotti trasportati per il loro tramite.

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 226-ter, D.Lgs. 152/06
(Riduzione della commercializzazione delle borse di plastica in materiale ultraleggero)

(Art. 1, co. 1, lett. g), dell’A.G. 357)

 

 

c) progressiva riduzione della commercializzazione delle borse di plastica fornite a fini di igiene o come imballaggio primario per alimenti sfusi diversi da quelli compostabili e realizzate, in tutto o in parte, con materia prima rinnovabile;

1. AI fine di conseguire, in attuazione della direttiva 2015/720/UE, una riduzione sostenuta dell'utilizzo di borse di plastica, è avviata la progressiva riduzione della commercializzazione delle borse di plastica in materiale ultraleggero diverse da quelle aventi entrambe le seguenti caratteristiche, attestate da certificazioni rilasciate da organismi accreditati:

a) biodegradabilità e compostabilità secondo la norma armonizzata UNI EN 13432:2002;

b) contenuto minimo di materia prima rinnovabile secondo le percentuali di cui al comma 2, lettere a), b) e c), determinato sulla base dello standard di cui al comma 4.

 

 

c) progressiva riduzione della commercializzazione delle borse di plastica fornite a fini di igiene o come imballaggio primario per alimenti sfusi diversi da quelli compostabili e realizzate, in tutto o in parte, con materia prima rinnovabile;

2. La progressiva riduzione delle borse di plastica in materiale ultraleggero è realizzata, secondo le seguenti modalità:

a) dal 1° gennaio 2018, possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 40 per cento;

b) dal 1° gennaio 2020, possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 50 per cento;

c) dal 1° gennaio 2021, possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 60 per cento.

 

 

 

3. Nell'applicazione delle misure di cui ai commi 1 e 2 sono fatti comunque salvi gli obblighi di conformità alla normativa sull’utilizzo dei materiali destinati al contatto con gli alimenti adottata in attuazione dei regolamenti (UE) 10/2011, (CE) 1935/04 e (CE) 2023/06, nonché il divieto di utilizzare la plastica riciclata per le borse destinate al contatto alimentare.

 

 

 

4. Gli organismi accreditati certificano la presenza del contenuto minimo di materia prima rinnovabile determinando la percentuale del carbonio di origine biologica presente nella borsa di plastica rispetto al carbonio totale ivi presente ed utilizzando a tal fine lo standard internazionale vigente in materia di determinazione del contenuto di carbonio a base biologica nella plastica ovvero lo standard UNI CEN/TS 16640, e succ.mod.

 

Art. 4, paragrafo 1-bis

 

 

 

Le misure adottate dagli Stati membri includono l'una o l'altra delle seguente opzioni o entrambe:

a) …;

b) adozione di strumenti atti ad assicurare che, entro il 31 dicembre 2018, le borse di plastica in materiale leggero non siano fornite gratuitamente nei punti vendita di merci o prodotti, salvo che siano attuati altri strumenti di pari efficacia. Le borse di plastica in materiale ultraleggero possono essere escluse da tali misure.

b)  divieto di fornitura a titolo gratuito delle borse di plastica ammesse al commercio;

5. Le borse di plastica in materiale ultraleggero non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d'acquisto delle merci o prodotti imballati per il loro tramite.

 

Art. 261, co. 4, D.Lgs. 152/06
(Sanzioni relative agli imballaggi)

 

 

Art. 261, co. 4 e ss. D.Lgs. 152/06
(Art. 1, co. 1, lett. h), dell’A.G. 357)

4. La violazione del disposto di cui all'articolo 226, comma 3, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro.

 

 

4. La violazione del disposto di cui all'articolo 226, comma 3, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro.

Art. 2, co. 4,, D.L. 2/2012

 

 

 

4. La commercializzazione dei sacchi non conformi a quanto prescritto dal presente articolo è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 2.500 euro a 25.000 euro,

 

 

4-bis. La violazione delle disposizioni di cui agli articoli 226-bis e 226-ter è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 2.500 euro a 25.000 euro.

aumentata fino al quadruplo del massimo se la violazione del divieto riguarda quantità ingenti di sacchi per l'asporto oppure un valore della merce superiore al 20 per cento del fatturato del trasgressore.

 

 

4-ter. La sanzione amministrativa è aumentata fino al quadruplo del massimo se la violazione del divieto riguarda ingenti quantitativi di borse di plastica oppure un valore di queste ultime superiore al 10 per cento del fatturato del trasgressore, nonché in caso di utilizzo di diciture o altri mezzi elusivi degli obblighi di cui agli articoli 226-bis e 226-ter.

Le sanzioni sono applicate ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689. Fermo restando quanto previsto in ordine ai poteri di accertamento degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria dall'articolo 13 della legge n. 689 del 1981, all'accertamento delle violazioni provvedono, d'ufficio o su denunzia, gli organi di polizia amministrativa. Il rapporto previsto dall'articolo 17 della legge n. 689 del 1981 è presentato alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura della provincia nella quale è stata accertata la violazione.

 

 

4-quater. Le sanzioni di cui ai commi 4-bis e 4-ter sono applicate ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689; all'accertamento delle violazioni provvedono, d'ufficio o su denunzia, gli organi di polizia amministrativa, fermo restando quanto previsto dall'articolo 13 della legge n.689 del 1981."

 

 

 

 

 

 


 



[1] Più in dettaglio l'obbligo di relazione sull'attuazione della direttiva 94/62/CE è stabilito dall'articolo 17 della direttiva medesima.

[2] Per maggiori dettagli, si rinvia alla scheda di lettura relativa all'articolo 1, lettera b), che novella l'articolo 218 del codice dell'ambiente.

[3] Direttiva del Consiglio del 23 dicembre 1991per la standardizzazione e la razionalizzazione delle relazioni relative all'attuazione di talune direttive concernenti l'ambiente. In particolare, l'articolo 5 recita: "Ogni tre anni gli Stati membri comunicano alla Commissione informazioni sull'applicazione della presente direttiva nel contesto di una relazione settoriale concernente anche le altre direttive comunitarie pertinenti".

[4] Inserito all'interno del Capo I ("Sanzioni") del Titolo VI ("Sistema sanzionatorio e disposizioni transitorie e finali"), l'articolo 261 è rubricato "Imballaggi".