Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento relativo all'individuazione degli interventi esclusi dall'autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata - A.G. 336 - Schede di lettura
Riferimenti:
SCH.DEC 336/XVII     
Serie: Atti del Governo    Numero: 334
Data: 28/09/2016
Descrittori:
AUTORIZZAZIONI   REGOLAMENTI
TUTELA DEL PAESAGGIO     
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici

Schede di lettura

 

Atto del Governo n. 336

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento relativo all'individuazione degli interventi esclusi dall'autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata

 

settembre 2016


 

 

Servizio Studi

Ufficio ricerche nei settori dell'ambiente e del territorio

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Dossier n. 379

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Servizio Studi

Dipartimento ambiente

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Atti del Governo n. 334

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I N D I C E

 

 

Schede di lettura

Schede di lettura. 9

Articolo 1 (Definizioni). 11

Articolo 2 (Interventi ed opere non soggetti ad autorizzazione paesaggistica). 15

Articolo 3 (Interventi ed opere di lieve entità soggetti a procedimento autorizzatorio semplificato)  21

Articolo 4 (Esonero dall'obbligo di autorizzazione paesaggistica per particolari categorie di interventi). 25

Articolo 5 (Disposizioni specificative degli interventi). 29

Articolo 6 (Procedimento e contenuti precettivi per la stipula degli accordi di collaborazione)  31

Articolo 7 (Procedimento autorizzatorio semplificato per il rinnovo di autorizzazioni paesaggistiche). 33

Articolo 8 (Semplificazione documentale). 35

Articolo 9 (Concentrazione procedimentale e presentazione dell'istanza di autorizzazione paesaggistica semplificata). 39

Articolo 10 (Termine per la conclusione del procedimento). 41

Articolo 11 (Semplificazioni procedimentali). 43

Articolo 12 (Semplificazione organizzativa). 59

Articolo 13 (Efficacia immediata delle disposizioni in tema di autorizzazioni semplificate). 61

Articolo 14 (Prevalenza del regolamento di delegificazione e rapporti con gli strumenti di pianificazione). 65

Articolo 15 (Rinvio a normative di settore). 67

Articolo 16 (Coordinamento con la tutela dei beni culturali). 69

Articolo 17 (Rinvio all'articolo 167 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42). 71

Articolo 18 (Specificazioni e rettificazioni). 73

Articolo 19 (Abrogazioni). 75

Articolo 20 (Clausola di invarianza finanziaria). 77

Allegato

Allegato. 79

Allegati A e B (Interventi esclusi dall’autorizzazione ed interventi di lieve entità)  81

 

 

 


AG 336 Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento relativo all'individuazione degli interventi esclusi dall'autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata

 

Premessa

 

L'emanazione dello schema di decreto in esame attua quanto previsto dall'articolo 12, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83 (recante Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo). Tale norma prevede l'emanazione di un regolamento di delegificazione finalizzato a:

-       ampliare e precisare le ipotesi di interventi di lieve entità contemplate dal D.P.R. n. 139 del 2010, con cui è stato disciplinato il procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per tale tipologia di interventi;

-       operare ulteriori semplificazioni procedimentali (ferme, comunque, le esclusioni di cui agli articoli 19, comma 1, e 20, comma 4, della legge n. 241 del 1990). 

Si stabilisce, inoltre, (secondo una modifica al decreto-legge n. 83 del 2014 recata dal decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, articolo 25, comma 2) l’introduzione nel regolamento di delegificazione delle seguenti tipologie di interventi:

-       quelli per cui è esclusa la richiesta di autorizzazione paesaggistica sia nell'ambito degli interventi di lieve entità sia mediante definizione di ulteriori interventi minori privi di rilevanza paesaggistica;

-       quelli di lieve entità regolati anche tramite accordi di collaborazione tra il Ministero, le Regioni e gli enti locali.

 

Lo schema in esame dispone l'abrogazione del D.P.R. 9 luglio 2010, n. 139, emanato in attuazione dell’ultimo periodo del comma 9 dell’articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, di seguito 'Codice'), che ha previsto la definizione di “procedure semplificate per il rilascio dell'autorizzazione in relazione ad interventi di lieve entità in base a criteri di snellimento e concentrazione dei procedimenti, ferme, comunque, le esclusioni di cui agli articoli 19, comma 1, e 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni”, riguardanti l’inapplicabilità della SCIA - segnalazione certificata di inizio attività - nei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali (art. 19, comma 1) e l’inapplicabilità del silenzio-assenso nei procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico e l’ambiente (art. 20, comma 4).

 

 

 

 

I beni pesaggistici e il procedimento autorizzatorio nel Codice dei beni culturali e del paesaggio

 

Ai sensi dell'articolo 2 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (di seguito "Codice") il "patrimonio culturale " è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici" (comma 1) e sono beni paesaggistici gli immobili e le aree "costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge" (comma 3).

L'articolo 134 del Codice indica, quindi, quali sono i beni paesaggistici mentre l'articolo 131 reca una definizione di "paesaggio" identificandolo con il "territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni". Tali articoli sono inseriti nella Parte terza (rubricata "Beni paesaggistici"), Titolo I, dedicato alla "Tutela e valorizzazione") Il medesimo articolo 131, al comma 4, introduce la nozione di "tutela del paesaggio" (articoli 131-135), volta al riconoscimento, alla salvaguardia e al recupero dei valori culturali che il paesaggio esprime; al comma 5 è invece introdotta la nozione di "valorizzazione del paesaggio", attuata dalle amministrazioni pubbliche nel rispetto della tutela e attraverso una serie di attività (in particolare conoscenza, informazione, formazione, riqualificazione e fruizione) concorrendo, in tal modo, "a promuovere lo sviluppo della cultura".

A tale proposito sembra utile ricordare che l'art. 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione ha annoverato la tutela dei beni culturali (nonché dell'ambiente e dell'ecosistema) tra le materie di competenza esclusiva dello Stato (a sua volta, l'art. 116, terzo comma, Cost. ha previsto la possibilità di attivare, su iniziativa della regione interessata, ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia), mentre l'art. 117, terzo comma, Cost., ha incluso la valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali, nonché il "governo del territorio", tra le materie di legislazione concorrente.

Il Capo IV della citata Parte terza sui beni paesaggistici del Codice si compone degli articoli da 146 a 155 ed è dedicato al "Controllo e gestione dei beni soggetti a tutela". In particolare, l'articolo 146 reca le disposizioni che regolano il regime autorizzatorio. Vi si prevede il divieto (in capo ai proprietari, ai possessori o ai detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico) di distruggere i beni tutelati o apportarvi modifiche che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione. Il divieto di esecuzione di interventi modificativi non è assoluto ma soggetti ad autorizzazione. Pertanto, ai sensi del comma 2, i soggetti interessati hanno l'obbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione, astenendosi dall'avviare i lavori fino a quando non abbiano ottenuto l'autorizzazione. Il comma 4 del medesimo articolo, oggetto di numerose modifiche, dispone, che l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio e che l'autorizzazione è efficace per un periodo di 5 anni, scaduto il quale l'esecuzione dei lavori progettati deve essere sottoposta a nuova autorizzazione. I lavori iniziati nel quinquennio di efficacia dell'autorizzazione possono essere conclusi entro e non oltre l'anno successivo la scadenza del quinquennio medesimo. Inoltre, si stabilisce che il termine iniziale di efficacia dell’autorizzazione paesaggistica decorre dal giorno in cui acquista efficacia il titolo edilizio eventualmente necessario per la realizzazione dell’intervento, a meno che il ritardo in ordine al rilascio di quest'ultimo non sia dipeso da circostanze imputabili all‘interessato. Si ricorda, infine, che l’art. 3-quater, co. 2, dello stesso D.L. 91/2013 ha disposto una proroga di tre anni del termine delle autorizzazioni paesaggistiche in corso di efficacia alla data di entrata in vigore della legge di conversione di tale decreto (quindi al 9 ottobre 2013, data di entrata in vigore della legge di conversione n. 112 del 2013). Ai sensi del comma 6, la funzione autorizzatoria è esercitata dalla Regione, che la può delegare ad altri enti (province, forme associative e di cooperazione fra enti locali, enti parco, comuni). Si deve osservare che gli enti delegati non solo devono dimostrare dispongano un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche ma anche garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia. L'articolo 146 disciplina quindi l'iter autorizzatorio prevedendo anche la possibilità di impugnazione. Tale disciplina attribuisce alla Soprintendenza l'espressione un parere vincolante su tutte le istruttorie riguardanti i beni tutelati. Il parere del Soprintendente assume carattere obbligatorio ma non vincolate all'esito dell'approvazione delle prescrizioni d'uso dei beni paesaggistici tutelati, predisposte ai sensi degli articoli 140, comma 2, 141, comma 1, 141-bis e 143, comma 1, lettere b), c) e d), nonché della positiva verifica da parte del Ministero, su richiesta della Regione, dell'avvenuto adeguamento degli strumenti urbanistici.

L'articolo 147 disciplina quindi l'autorizzazione per le opere eseguite da amministrazioni statali (nel qual caso l'autorizzazione viene rilasciata in esito ad una conferenza di servizi) mentre l'articolo 159 reca la disciplina transitoria da applicarsi (fino al 31 dicembre 2009)

L'articolo 149 del Codice disciplina le ipotesi di esclusione dell'autorizzazione paesaggistica.  L'autorizzazione non è necessaria:

a)     per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici;

b)     per gli interventi inerenti l'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l'assetto idrogeologico del territorio;

c)     per il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento (indicati dall'articolo 142, comma 1, lettera g)), purché previsti ed autorizzati in base alla normativa in materia.

Oltre ai casi di esclusione previsti dall'articolo 149, ulteriori eccezioni sono da ricondursi a quanto previsto dal già menzionato articolo 143 sui Piani paesaggistici. Ai sensi del comma 4, i Piani possono prevedere:

a)     l'individuazione di aree tutelate, non interessate da specifici provvedimenti vincolativi (espressamente richiamati dalla norma), nelle quali la realizzazione di interventi può avvenire previo accertamento, nell'ambito del procedimento ordinato al rilascio del titolo edilizio, della conformità degli interventi medesimi alle previsioni del piano paesaggistico e dello strumento urbanistico comunale;

b)     l'individuazione delle aree gravemente compromesse o degradate nelle quali la realizzazione degli interventi effettivamente volti al recupero ed alla riqualificazione non richiede il rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 146.

 

 

 

Il Regolamento in esame si compone di tre Capi:

-       Capo I, in materia di Disposizioni generali (artt. 1-6);

-       Capo II, in materia di Procedimento autorizzatorio semplificato(artt. 7-13);

-       Capo III, in materia di Norme finali (artt. 14-20).

Sono presenti quattro Allegati:

-       Allegato A, Interventi in aree vincolate esclusi dall'autorizzazione;

-       Allegato B, Elenco interventi di lieve entità;

-       Allegato C, Istanza di autorizzazione paesaggistica con procedimento semplificato;

-       Allegato D, Relazione paesaggistica semplificata.

 

L'articolo 1 reca le definizioni relative al provvedimento.

L'articolo 2 esonera dalla autorizzazione paesaggistica gli interventi e le opere di cui all’Allegato ‘A’ allo schema di regolamento in esame, nonché le opere e gli interventi di cui all’articolo 4.

In base all'articolo 3, sono soggetti al procedimento autorizzatorio semplificato - disciplinato dal successivo Capo II  del testo - gli interventi ed opere di lieve entità elencati nell’Allegato ‘B’ al regolamento in esame.

L'articolo 4 esonera dal regime di autorizzazione paesaggistica una serie di interventi, riguardanti aree o immobili vincolati dal piano paesaggistico, ai sensi dell’articolo 143, comma 1, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, oppure vincolati ai sensi dell’articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice, con riferimento ai soli immobili di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale, ivi compresa l’edilizia rurale tradizionale, isolati o ricompresi nei centri o nuclei storici. L'esonero opera qualora nel provvedimento di vincolo, ovvero nel piano paesaggistico, siano contenute le specifiche prescrizioni d’uso intese ad assicurare la conservazione e la tutela del bene paesaggistico. Il comma 2 detta una normativa in materia di pubblicità, mentre in base al comma 3 nelle Regioni nelle quali sono stati stipulati gli accordi di collaborazione tra il Ministero, la Regione e gli enti locali  sono esonerati dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica semplificata anche gli interventi di cui alle voci indicate nell'ambito dell'Allegato ‘B’ al regolamento.

L'articolo 5 interviene in materia di  interventi liberalizzati, prevedendo che i piani paesaggistici possano dettare direttive o disposizioni per la specificazione, ad opera degli strumenti urbanistici locali, delle corrette metodologie di realizzazione degli interventi stessi, ferma restando l’applicazione del decreto in esame in ogni sua parte dalla data di sua entrata in vigore.

L'articolo 6 interviene in materia di adozione di strumenti di accordo inter-istituzionale per la collaborazione tra Ministero, Regioni ed enti locali, prevedendo l'adozione di linee guida di coordinamento, relative alla struttura e ai contenuti precettivi degli accordi stessi, da approvare, con decreto ministeriale, e previa intesa in sede di Conferenza unificata, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore del regolamento.

L’articolo 7 disciplina l’assoggettamento al procedimento autorizzatorio semplificato delle istanze di rinnovo delle autorizzazioni paesaggistiche, anche rilasciate sulla base della procedura ordinaria, purché siano scadute da non più di un anno, riguardino interventi in tutto o in parte non eseguiti, il relativo  progetto risulti conforme a quanto già autorizzato e alle specifiche prescrizioni di tutela eventualmente sopravvenute.

 L’articolo 8 disciplina le modalità di compilazione dell'istanza per ottenere il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica semplificata per gli interventi di lieve entità, nonché la documentazione da allegare, mentre l’articolo 9 disciplina le modalità di presentazione delle istanze medesime.

L’articolo 10 stabilisce che il procedimento autorizzatorio semplificato deve concludersi con un provvedimento, adottato entro il termine tassativo di sessanta giorni dal ricevimento della domanda da parte dell'amministrazione procedente, che è immediatamente comunicato al richiedente.

L’articolo 11 interviene sulle diverse fasi  in cui si articola il procedimento  di autorizzazione paesaggistica semplificata apportando una serie di innovazioni alla disciplina vigente.

L’articolo 12 conferma le misure di semplificazione organizzativa, che interessano le soprintendenze e le regioni, al fine di assicurare un sollecito esame delle istanze di autorizzazione paesaggistica.

L’articolo 13 regola l’applicazione delle disposizioni contenute nello schema in esame, e dei relativi allegati, nelle regioni a statuto ordinario e speciale, nonché nelle province autonome di Trento e di Bolzano.

L'articolo 14 pone un principio di prevalenza dell’esclusione dell’autorizzazione paesaggistica per gli interventi di cui all’Allegato ‘A’ su eventuali disposizioni contrastanti che siano eventualmente contenute nei piani paesaggistici o negli strumenti di pianificazione.

L’articolo 15 prevede che l'esclusione dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di cui all’Allegato ‘A’  non produca effetti sulla disciplina amministrativa cui sono assoggettati gli interventi stessi, in base alla Parte II del Codice in materia di tutela dei beni culturali o delle vigenti normative di settore.

L'articolo 16 prevede l'unicità dell'istanza relativa ai titoli abilitativi, per gli interventi che siano soggetti ad autorizzazione paesaggistica semplificata, e che abbiano ad oggetto edifici o manufatti assoggettati altresì a tutela storica e artistica, ai sensi della Parte II del Codice.

L'articolo 17 dispone l'applicabilità dell’art. 167 del Codice - in materia di sanzioni - per i casi di violazione degli obblighi previsti dallo schema di regolamento in esame. Si prevede che, nei casi di violazione degli obblighi previsti dal regolamento in esame, l’autorità preposta alla gestione del vincolo e il Soprintendente dispongano la sanzione della  rimessione in pristino solo quando non sia in alcun modo possibile dettare prescrizioni che consentano la compatibilità paesaggistica dell’intervento; il comma 2 della norma specifica il divieto di comminare la rimessione in pristino, nel caso di opere realizzate anteriormente alla data di entrata in vigore del regolamento in esame e che risultino non soggette ad altro titolo abilitativo all’infuori dell’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’articolo 2.

 L'articolo 18 attribuisce al Ministro dei beni culturali la facoltà di apportare "specificazioni e rettificazioni" agli elenchi di cui agli Allegati.

L'articolo 19 dispone l'abrogazione del decreto del Presidente della Repubblica 9 luglio 2010, n. 139, dall’entrata in vigore del regolamento in esame.

L'articolo 20 dispone infine l'invarianza finanziaria del provvedimento.

 

Per una disamina degli elenchi recati dagli allegati A e B, é riportata in allegato al presente dossier la relativa scheda recante anche una tabella sinottica in cui sono confrontate le disposizioni dei predetti allegati e quelle dell’allegato 1 al D.P.R. n. 139 del 2010.

 

Il provvedimento è munito di Relazione tecnica, di analisi tecnico normativa (A.T.N.) e di analisi di impatto della regolamentazione (AIR). Si segnala come, in base a quanto riportato da quest'ultima, le esigenze di semplificazione nella materia trattata fossero emerse dalla consultazione pubblica sulle "100 procedure più complicate da semplificare", lanciata dall'Ufficio per la semplificazione amministrativa del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio, con documento conclusivo di aprile 2014, svolta in collaborazione con la Conferenza delle Regioni, l'ANCI e l'UPI, ove si è evidenziato che, tra le procedure più segnalate dai cittadini e dalle imprese come fonte e causa di lungaggini e di ritardo, risultino le procedure relative al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica. L'AIR rileva che l'introdotta liberalizzazione di una serie di interventi paesaggisticamente irrilevanti o di lieve entità, nonché un affinamento e una migliore specificazione degli interventi soggetti ad autorizzazione paesaggistica semplificata (allegati A e B al provvedimento), risponderebbe alla finalità di garantire uniformità di applicazione delle procedure su tutto il territorio nazionale e alle esigenze di snellimento procedimentale per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica per gli interventi "minori"(pari al 75% del totale). Rispetto all'abrogato regolamento del 2010, si sottolinea in AIR l'intento semplificatorio degli allegati proposti, rispetto al quadro giuridico attualmente vigente.

 

 

Sul testo, è stata espressa in data 7 luglio 2016 l'Intesa della Conferenza unificata Stato-Regioni e autonomie locali, con la formulazioni di alcune osservazioni sul testo proposto. In particolare, si segnala che, nel dichiarare di condividere ed apprezzare gli obiettivi di semplificazione del provvedimento, la Conferenza ha espresso l'auspicio di un intervento più complessivo di semplificazione che affronti in maniera organica la materia, raccomandando quindi al Governo la necessità che siano introdotto anche con autonomo provvedimento misure premiali per le Regioni che abbiano approvato o approvino Piani paesaggistici con elaborazione congiunta, ai sensi di quanto previsto dal Codice dei Beni culturali.

 

 

Sul provvedimento è stato altresì espresso il parere n. 1824 del Consiglio di Stato, Sez. Consultiva per gli Atti Normativi, nella Adunanza di Sezione del 30 agosto 2016, che ha, formulando rilievi di cui si dà conto nell'articolato, con un parere favorevole con osservazioni.

In via generale, si evidenzia come il Consiglio abbia richiamato il quadro degli interventi riformatori di “semplificazione amministrativa” di cui alla legge n. 124 del 2015, recante “deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni”, quadro nel quale il decreto in esame, introducendo rilevanti innovazioni in tema di liberalizzazioni e di semplificazioni in materia paesaggistica, si innesta; con ciò, evidenziando, in particolare, anche la correlazione esistente tra il decreto in esame ed il decreto cosiddetto “SCIA 2” (A.G. n. 322), concernente la “precisa individuazione delle attività oggetto di procedimento di mera comunicazione o segnalazione certificata di inizio attività … o di silenzio assenso, nonché quelle per le quali è necessario il titolo espresso”. In tal senso, richiamando pure il parere n. 1784 del 4 agosto 2016 già espresso nell’ambito dell’esame di tale decreto, l'Organo ha invitato "l’Amministrazione a valutare l’opportunità di adottare un’adeguata disciplina di raccordo tra il contenuto semplificatorio del presente atto normativo e le previsioni di cui al precitato decreto “SCIA 2”, e ciò sia al fine di un maggior coordinamento formale fra tali atti normativi, entrambi recanti delle disposizioni concernenti la semplificazione dei procedimenti amministrativi sia in considerazione della circostanza che quanto precede potrebbe agevolare la conoscibilità da parte dei cittadini e delle imprese delle disposizioni di cui al regolamento in esame e, conseguentemente, la loro applicazione".

Si segnala poi come, in sede di espressione del proprio parere, il Consiglio di Stato, oltre ad enucleare specifici profili (di seguito trattati nell'esame dell'articolato), abbia evidenziato l'esigenza di un accurato  monitoraggio circa l'attuazione del provvedimento, segnalando come lo stesso "apra un procedimento di riforma della presente materia che andrà accuratamente monitorato, anche nell’ambito della verifica dell'impatto della regolamentazione (V.I.R.), al fine di valutare l’effettivo raggiungimento dell’obiettivo di semplificazione ad esso sotteso e d’individuare eventuali possibili soluzioni alle problematiche che emergeranno dalla concreta applicazione di quest’ultimo".

 

 

Quadro sovranazionale e tutela del patrimonio e del paesaggio

 

In materia di tutela del paesaggio, vengono in rilievo la Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale ("Convenzione UNESCO"), firmata a Parigi il 23 novembre 1972 e recepita in Italia con L. 6 aprile 1977, n. 184 (Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale, firmata a Parigi il 23 novembre 1972), che detta il quadro di riferimento degli obblighi in materia di tutela.

Come ricordato anche dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 22 del 2016), con riferimento al quadro delineato dalla Convenzione, gli artt. 1 e 2 della stessa forniscono la definizione dei due grandi pilastri concettuali su cui essa poggia, quali "il patrimonio culturale", che ricomprende monumenti, agglomerati e siti, e il "patrimonio naturale", che ricomprende monumenti naturali, formazioni geologiche e fisiografiche, zone costituenti habitat di specie animali e vegetali minacciate, siti naturali o zone naturali. Queste diverse tipologie di beni ("siti" in senso lato) sono accomunate dalla circostanza di presentare un valore (storico, artistico, estetico, estetico-naturale, scientifico, conservativo, etnologico o antropologico) "universale eccezionale".

Rileva la Corte come gli artt. 4 e 5 della Convenzione pongano, sì, degli obblighi in capo agli Stati firmatari, tra cui spicca, per quanto qui rileva, quello di garantire "identificazione, protezione, conservazione, valorizzazione e trasmissione alle generazioni future del patrimonio culturale e naturale" situato sul loro territorio, ma lasciano anche liberi gli Stati medesimi di individuare "i provvedimenti giuridici, scientifici, tecnici, amministrativi e finanziari adeguati per l'identificazione, protezione, conservazione, valorizzazione e rianimazione di questo patrimonio".

 

Inoltre, in materia è intervenuta la Convenzione europea del paesaggio, siglata nel 2000 a Firenze dai Paesi del Consiglio d'Europa, e ratificata in Italia con legge n. 14 del 9 gennaio 2006, che detta la nozione di paesaggio come parte del territorio, così come percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni, dettando così una nozione 'ampia' di paesaggio che ricomprenda la pluralità di forme dei paesaggi.

 

 

 


Schede di lettura


Articolo 1
(Definizioni)

 

La disposizione reca le definizioni relative al provvedimento, indicando che nel testo e negli Allegati ‘A’, ‘B’, ‘C’ e ‘D’ del decreto, si intende per :

- “Codice”: il Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni;

- “Ministero”: il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;

- “amministrazione procedente” : la Regione, ovvero l’ente delegato al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica;

- “Soprintendenza”:  l’ufficio periferico del Ministero competente al rilascio dei pareri in materia di autorizzazioni paesaggistiche;

- “accordi di collaborazione”: gli accordi stipulati tra il Ministero, la Regione e gli enti locali di cui all’articolo 25 del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164;

- “vincolo paesaggistico”: il vincolo imposto ai sensi degli articoli 140, 141 e 143 del Codice o delle previgenti norme, ovvero quello previsto dall’articolo 142 del Codice.

 

Le norme del codice del paesaggio richiamate nella definizione di 'vincolo paesaggistico' afferiscono, rispettivamente: la dichiarazione di notevole interesse pubblico (art. 140 del Codice), da parte della regione sulla base della procedura e del sistema di pubblicità dettato dalla richiamata disposizione; la dichiarazione di notevole interesse pubblico da parte del Ministero, che valuta le eventuali osservazioni presentate nell'ambito dell'iter procedurale previsto, e sentito il competente Comitato tecnico-scientifico, curandone la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e nel Bollettino ufficiale della regione (art. 141).

 

Si ricorda che la proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui all'articolo 138, è soggetta a regime di pubblicità: se ne prevede, infatti, la pubblicazione, con corredo di planimetria per la puntuale individuazione degli immobili e delle aree che ne costituiscono oggetto, per novanta giorni all'albo pretorio e depositata a disposizione del pubblico presso gli uffici dei comuni interessati, nonché comunicata alla città metropolitana e alla provincia interessate., con relativa notizia su almeno due quotidiani diffusi nella regione interessata, nonché su un quotidiano a diffusione nazionale e sui siti informatici della regione e degli altri enti pubblici territoriali nel cui ambito ricadono gli immobili o le aree da assoggettare a tutela. Dal primo giorno di pubblicazione decorrono gli effetti in materia di beni di interesse paesaggistico, previsti dall'articolo 146 del Codice, con divieto di distruggerli o introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione.

Nei trenta giorni successivi, il quadro normativo prevede che i comuni, le città metropolitane, le province, le associazioni portatrici di interessi diffusi individuate ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di ambiente e danno ambientale, e gli altri soggetti interessati - nonché i proprietari, possessori o detentori del bene, destinatari di una comunicazione individuale -possono presentare osservazioni e documenti entro i trenta giorni successivi alla comunicazione individuale, possono presentare osservazioni e documenti alla regione, che ha altresì facoltà di indire un'inchiesta pubblica.

 

Si ricorda che, ai sensi del Codice, sono soggetti alle disposizioni in materia di tutela e  valorizzazione dei beni paesaggistici per il loro notevole interesse pubblico:

a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali;

b) le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del presente codice, che si distinguono per la loro non comune bellezza;

c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici;

d) le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezza.

 

Si ricorda inoltre che, in base all'articolo 142 del Codice, sono comunque beni di interesse paesaggistico e risultano sottoposti alle disposizioni di tutela e valorizzazione:

a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;

b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;

c) i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;

d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;

e) i ghiacciai e i circhi glaciali;

f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi;

g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227;

h) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;

i) le zone umide incluse nell'elenco previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;

l) i vulcani;

m) le zone di interesse archeologico .

Il comma 2 di tale disposizione esclude dal proprio ambito applicativo taluni dei beni (ma non le zone di parco e riserve, nonché la categoria delle zone umide) nelle fattispecie ivi indicate. La disposizione non si applica, altresì, alla categoria fiumi e torrenti (lettera c) che la regione abbia ritenuto in tutto o in parte irrilevanti ai fini paesaggistici includendoli in apposito elenco reso pubblico e comunicato al Ministero, potendo quest'ultimo, con provvedimento motivato, confermare la rilevanza paesaggistica dei suddetti beni, nel rispetto delle forme di pubblicità già richiamate.

 

 

L'art. 143 detta disposizioni in materia di Piano paesaggistico. Sul piano delle competenze all'adozione, si ricorda che le regioni, il Ministero dei beni culturali ed il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare possono stipulare intese per la definizione delle modalità di elaborazione congiunta dei piani paesaggistici, salvo quanto previsto dall'articolo 135, comma 1, terzo periodo, prevedendo il termine entro il quale deve essere completata l'elaborazione del piano. Si prevede che il piano sia oggetto di apposito accordo fra pubbliche amministrazioni, ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, ove si stabiliscono anche i presupposti, le modalità ed i tempi per la revisione del piano, con particolare riferimento all'eventuale sopravvenienza di dichiarazioni emanate ai sensi degli articoli 140 e 141 richiamati o di integrazioni (ai sensi dell'articolo 141-bis). Il piano è approvato con provvedimento regionale entro il termine fissato nell'accordo, decorso inutilmente il quale, tuttavia, se ne prevede l'approvazione (limitatamente ai beni paesaggistici ivi indicati) in via sostitutiva con decreto del Ministro, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

 

 

 


Articolo 2
(Interventi ed opere non soggetti ad autorizzazione paesaggistica)

 

L'articolo 2 esonera dalla autorizzazione paesaggistica gli interventi e le opere di cui all’Allegato ‘A’ allo schema di regolamento in esame, (di cui l'Allegato stesso costituisce parte integrante), nonché le opere e gli interventi di cui all’articolo 4.

Si ricorda che l'articolo 4 esonera una serie di interventi ed opere dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica semplificata, con una indicazione alla cui disamina si fa rinvio infra.

 

L'allegato A dello schema di decreto in esame contiene l'elencazione degli interventi che non richiedono autorizzazione paesaggistica ed è suddiviso in 31 punti, il primo dei quali (A.1) esclude dall'obbligo di autorizzazione gli interventi interni (comunque denominati, comprese le opere che implicano un cambio di destinazione d'uso) che non alterano l'aspetto esteriore degli edifici. Con riferimento ad interventi esterni sugli edifici, sui prospetti o sulle coperture, il punto A.2 elenca le tipologie di intervento esonerate, specificando che queste dovranno essere condotte nel rispetto dei piani del colore vigenti nel Comune interessato, delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti. La realizzazione e la modifica di aperture esterne, comprese le finestre a tetto, condotte con i medesimi accorgimenti, sono esonerate da obbligo di autorizzazione solo quando siano condotti su immobili non soggetti a vincolo ai sensi dell'articolo 136 del Codice (si veda anche l'articolo 4, comma 1, del provvedimento in esame).

Gli interventi di consolidamento statico e gli interventi di consolidamento ai fini antisismici sono esonerati all'autorizzazione quando non implichino modifiche alle caratteristiche morfotipologiche, ai materiali di finitura o di rivestimento, o alla volumetria e all'altezza dell'edificio (A.3). Il punto A.4 esonera dall'autorizzazione taluni interventi per il superamento delle barriere architettoniche (rampe esterne per il superamento di dislivelli inferiori a 60 cm o servoscala esterni) nonché opere in spazi pertinenziali interni, non visibili dallo spazio pubblico.

I punti da A.5 a A.8 dettano le condizioni per l'esonero in relazione ad interventi di installazione di impianti tecnologici esterni o che abbiano una unità esterna. Si tratta, in particolare, di condizionatori, impianti di climatizzazione, caldaie, parabole, antenne, di cui al punto A.5; pannelli solari termici o fotovoltaici (A.6); microgeneratori eolici (A.7); interventi di adeguamento funzionale, ivi compresa la sostituzione, di cabine per impianti tecnologici a rete (A.8). Con riferimento agli interventi di cui ai punti A.5 e A.7, trova applicazione quanto stabilito dall'articolo 4, comma 1, del provvedimento in esame alla cui scheda si rimanda.  

Il punto A.9 stabilisce che l'installazione di dispositivi di sicurezza anticaduta sulle coperture degli edifici è esonerata dall'autorizzazione paesaggistica.

Per gli interventi su manufatti esterni esistenti, pubblici e privati, quali marciapiedi, banchine stradali, aiuole, componenti di arredo urbano, il punto A.10 impone il rispetto delle caratteristiche morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture preesistenti. Tale condizione è posta dal punto A.13 anche per gli interventi su elementi delle recinzioni, sui cancelli ecc. purché non tutelati ai sensi dell'articolo 136 del Codice (a tale proposito si veda l'articolo 4, comma 1, dell'Atto del Governo in esame). Nelle aree di pertinenza degli edifici, secondo il punto A.12, sono esonerati dall'autorizzazione gli interventi che non comportano significative modifiche degli assetti planimetrici e vegetazionali, nonché su elementi non interessati da tutela ai sensi del Codice (si tratta di interventi quali l'adeguamento di spazi pavimentati, la realizzazione di camminamenti, sistemazioni a verde e opere simili che non incidano sulla morfologia del terreno, nonché, nelle medesime aree, la demolizione parziale o totale, senza ricostruzione, di volumi tecnici e manufatti accessori privi di valenza architettonica, storica o testimoniale, l'installazione di serre ad uso domestico con superficie non superiore a 20 mq). L'esonero è previsto anche per sostituzione e messa a dimora di alberi, non soggetti a specifica tutela e previa autorizzazione degli uffici competenti (anche in relazione a questi interventi previsti dal punto A.14 si veda articolo 4, comma 1, dello schema di decreto in esame).

Sono inoltre esclusi dall'autorizzazione le opere di urbanizzazione primaria previste in piani attuativi già valutati ai fini paesaggistici, ove oggetto di accordi di collaborazione tra il Ministero, le Regioni e gli Enti Locali (A.11).

Il punto A.15 detta le condizioni per l'esonero in occasione della realizzazione di opere interrate, ferme restando le disposizioni di tutela dei beni archeologici e le prescrizioni paesaggistiche relative alle aree archeologiche previste dal Codice (all'articolo 142, comma 1, lettera m)) e a condizione che gli stessi interventi non comportino la modifica permanente della morfologia del terreno.

Il punto A.16 e il punto A.17 riguardano l'installazione di elementi temporanei o facilmente amovibili. In particolare, il punto A.16 stabilisce l'esonero per l'occupazione temporanea di suolo privato, pubblico o di uso pubblico mediante installazione di strutture o di manufatti semplicemente ancorati al suolo senza opere murarie o di fondazione, per manifestazioni, spettacoli, eventi o per esposizioni e vendita di merci, per il solo periodo di svolgimento della manifestazione, comunque non superiore a 120 giorni nell'anno solare. Il punto A.17 richiama vari tipi di elementi, caratterizzati dall'essere facilmente rimovibili, posti a corredo di attività economiche, quali ad esempio attività di  somministrazione di alimenti e bevande, commerciali, turistico-ricettive ecc.

Il punto A.18 inserisce, tra gli interventi esonerati, l'installazione di strutture di supporto al monitoraggio ambientale ovvero a prospezioni geognostiche, escludendo comunque le strutture destinate ad attività di ricerca di idrocarburi.

I punti A.19 e A.20, richiamando disposizioni del Codice, fanno riferimento a specifici interventi nell'ambito dalle seguenti opere: interventi inerenti l'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l'assetto idrogeologico del territorio (art. 149, comma 1, lett. b)); talune tipologie di taglio colturale, forestazione, riforestazione, opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste, purché previsti ed autorizzati in base alla normativa in materia (art. 149, comma 1, lett. c)).

Ai sensi del punto A.21, gode dell'esonero dall'autorizzazione paesaggistica la realizzazione di monumenti, lapidi, edicole funerarie ed opere di arredo all'interno dei cimiteri.

Il punto A.22 cita le tende parasole mentre il punto A.23 richiama le insegne degli esercizi commerciali (esonerate dall'autorizzazione quando esse sono inserite negli spazi vetrina o vanno a sostituire, con medesime dimensione e collocazione, insegne preesistenti già autorizzate).

Il punto A.24 tratta dell'installazione o modifica di impianti delle reti di comunicazione elettronica o di impianti radioelettrici. Si tratta degli interventi di cui all'articolo 6, comma 4, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133: tale disposizione introduce una deroga all'articolo 146 del Codice, prevedendo che non sono soggette ad autorizzazione paesaggistica l'installazione o la modifica di impianti delle reti di comunicazione elettronica o di impianti radioelettrici, da eseguire su edifici e tralicci preesistenti, che comportino la realizzazione di pali di supporto per antenne di altezza non superiore a 1,5 metri e superficie delle medesime antenne non superiore a 0,5 metri quadrati. Rimane ferma la disciplina sugli interventi vietati ai sensi degli articoli 20 e seguenti del Codice.

I punti A.25 e A.26 riguardano, rispettivamente, interventi di manutenzione degli alvei atti a garantire il deflusso delle acque e interventi puntuali di ingegneria naturalistica diretti alla regimazione delle acque e/o alla conservazione del suolo attraverso l'utilizzo di piante, anche in combinazione con materiali inerti di origine locale o con materiali artificiali biodegradabili.

Il punto A.27 riguarda strutture amovibili esistenti situate nell'ambito di strutture ricettive all'aria aperta già munite di autorizzazione paesaggistica, eseguiti nel rispetto delle caratteristiche morfo-tipologiche, dei materiali e delle finitore esistenti; il punto A.28 è riferito allo smontaggio e rimontaggio periodico di strutture stagionali munite di autorizzazione paesaggistica.

Il punto A.29  reca gli interventi di fedele ricostruzione di edifici e manufatti che in conseguenza di calamità naturali o catastrofi risultino in tutto o in parte crollati o demoliti, o siano oggetto di ordinanza di demolizione per pericolo di crollo. L'esonero si applica alle seguenti condizioni: possibilità di accertare la consistenza e configurazione legittimamente preesistente; l'intervento sia realizzato entro dieci anni dall'evento; l'intervento sia conforme all'edificio o manufatto originario quanto a collocazione, ingombro planivolumetrico, configurazione degli esterni e finiture, fatte salve esclusivamente le innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica. Il punto A.30 tratta le demolizioni e ripristino dello stato dei luoghi conseguenti a provvedimenti repressivi di abusi.

Il punto A.31 concerne opere ed interventi edilizi eseguiti in variante a progetti autorizzati ai fini paesaggistici che non eccedano il due per cento delle misure progettuali quanto ad altezza, distacchi, cubatura, superficie coperta o traslazioni dell'area di sedime.

 

Si segnala come il Consiglio di Stato, nell'ambito del proprio parere, abbia rilevato taluni profili circa l'elenco degli interventi c.d. 'liberalizzati', di cui all'Allegato A, posto che, pur riscontrando una rispondenza "in massima parte" degli interventi elencati in tale allegato al regolamento - e dunque sottratti ad autorizzazione - al generale criterio dell'irrilevanza ai fini paesaggistici (di cui all'art. 146 del Codice), tuttavia abbia evidenziato come non tutti gli interventi in questione, elencati in allegato, risultino completamente rispondenti al succitato criterio dell'irrilevanza paesaggistica, come di seguito si dettaglia.

 

In relazione al criterio di esclusione dalla autorizzazione paesaggistica, si fa presente che, in base alla normativa quadro dettata dal Codice del paesaggio (art. 146, comma 1, del Codice), l'autorizzazione paesaggistica risulta necessaria a fronte di interventi che "rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione". Il Consiglio di Stato, nell'ambito del proprio parere, ha operato il vaglio circa il rispetto, da parte dell'elencazione degli interventi sottratti - secondo il regolamento in esame - alla autorizzazione paesaggistica, rispetto al criterio posto dall'articolo 146 del Codice del paesaggio: rilevando, su tale profilo, come l'Amministrazione abbia riferito di aver individuato tali interventi da esonerare e, dunque, liberalizzare, quali interventi "già ontologicamente liberi, perché paesaggisticamente irrilevanti", e perciò insuscettibili, anche in astratto, di recare pregiudizio sui beni tutelati paesaggisticamente.

A tale riguardo, il Consiglio di Stato, sebbene riscontri una rispondenza "in massima parte" degli interventi sottratti ad autorizzazione al generale criterio dell'irrilevanza ai fini paesaggistici (di cui al predetto art. 146 del Codice), come gli interventi di cui al punto A.1, concernenti le opere interne che non alterano l’aspetto esteriore degli edifici, come confermato dalla consolidata giurisprudenza amministrativa e di Cassazione in materia (Cons. St., sez. IV, 20 febbraio 2014, n. 788 e Cass. pen., sez. fer., 30 agosto 2012, n. 43885), tuttavia rileva - d'altra parte - come non tutti gli interventi presenti in allegato al regolamento rispondano completamente al succitato criterio.

 In particolare, rilievi critici circa la rispondenza al criterio della 'irrilevanza' sono stati posti con riferimento agli interventi di cui al punto A.2, relativi ai prospetti e alle coperture degli edifici. In proposito, il Ministero ha rilevato che detti interventi non sono soggetti ad autorizzazione paesaggistica solamente qualora in relazione alla loro dimensione o alle modalità della loro realizzazione non assumano una specifica lesività nei confronti del contesto tutelato dal vincolo, rispettando, come nella fattispecie di cui al punto A.2, “gli eventuali piani colore vigenti nel Comune” e “le caratteristiche architettoniche, morfotipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti”.

 

Proseguendo nella disamina dei singoli interventi 'liberalizzati' di cui al predetto allegato, il Consiglio di Stato rileva altresì la presenza anche di ulteriori interventi che, in astratto, sembrano poter incidere in maniera lesiva sul contesto paesaggistico, quali, ad esempio, quelli di cui ai punti A.4, relativo agli “interventi indispensabili per l’eliminazione delle barriere architettoniche”, e A.7, concernente l'istallazione di “micro generatori eolici” di altezza inferiore a metri 1,5.

In relazione a tali interventi il Ministero ha rilevato che questi ultimi sono stati inseriti nell'elenco delle opere liberalizzate nell'ambito di un necessario bilanciamento, demandato alla discrezionalità del Governo, tra il principio della tutela del paesaggio di cui all'art. 9 della Costituzione e altri “valori potenzialmente equiordinati”, quali la tutela della salute e dei soggetti diversamente abili nonché la promozione dell'utilizzo di fonti rinnovabili di produzione dell'energia.

 

In conclusione, sui profili citati, la Sezione del Consiglio di Stato, nel condividere le motivazioni esplicitate dalla relazione istruttoria dell'Amministrazione proponente, ha ritenuto che l’individuazione degli interventi “liberalizzati” citati sia stata svolta nell'alveo della discrezionalità del legislatore delegato, non ravvisandovi profili né di illogicità né di irragionevolezza.

 

Infine, si segnala come nella Relazione governativa di accompagnamento al provvedimento sia stato esaminato il profilo del carattere tassativo ovvero meramente esemplificativo dell'art. 149 del Codice, in materia di interventi non soggetti ad autorizzazione, sottolineando la Relazione sul punto la non tassatività dell'elenco della citata previsione, sulla scorta: sia di un dato letterale (quale la dizione "comunque" di cui alla disposizione del Codice), sia sulla base di una argomentazione di tipo logico, che attribuirebbe alla norma la funzione di 'disposizione di chiusura' logica del sistema rispetto al criterio centrale della irrilevanza sul piano paesaggistico degli interventi ivi esemplificati.


Articolo 3
(Interventi ed opere di lieve entità soggetti a procedimento
autorizzatorio semplificato)

In base all'articolo 3, sono soggetti al procedimento autorizzatorio semplificato - disciplinato dal successivo Capo II  del testo - gli interventi ed opere di lieve entità elencati nell’Allegato ‘B’ al regolamento in esame (di cui tale Allegato costituisce parte integrante).

 

L'allegato B dello schema di decreto in esame contiene l'elencazione degli interventi soggetti ad autorizzazione paesaggistica semplificata ed è suddiviso in 42 punti.

Il punto B.1 tratta degli incrementi di volume degli edifici: questi dovranno essere realizzati nel rispetto delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti e non dovranno comunque essere superiori al 10 per cento della volumetria della costruzione originaria e comunque non superiori a 100 mc. Ogni ulteriore incremento sullo stesso immobile da eseguirsi nei cinque anni successivi all'ultimazione lavori è sottoposto a procedimento autorizzatorio ordinario. Secondo quanto esposto nel punto B.2, la procedura semplificata può essere applicata, nel rispetto delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti, per le realizzazione o modifica di aperture esterne o finestre a tetto riguardanti beni vincolati ai sensi dell' articolo 136 Codice. Riguardo a interventi che incidono sull'aspetto esteriore degli edifici che comportino modifiche alle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, ai materiali o alle finiture esistenti, i successivi punti B.3 e B.4 includono, rispettivamente, interventi sui prospetti e interventi sulle coperture, diversi da quelli inclusi nel punto B.2. Gli interventi sui prospetti includono: modifica delle facciate mediante realizzazione o riconfigurazione di aperture esterne o di manufatti quali cornicioni, ringhiere, parapetti; interventi sulle finiture esterne, con rifacimento di intonaci, tinteggiature o rivestimenti esterni, modificativi di quelli preesistenti; realizzazione, modifica o chiusura di balconi o terrazze; realizzazione e modifica sostanziale di scale esterne. Gli interventi sulle coperture includono: rifacimento del manto del tetto con materiali diversi; modifiche alle coperture finalizzate all'installazione di impianti tecnologici; modifiche alla inclinazione o alla configurazione delle falde; realizzazione di lastrici solari o terrazze a tasca; inserimento di canne fumarie o comignoli; realizzazione di finestre a tetto, lucernari, abbaini o elementi consimili.

Gli interventi con finalità antisismica e quelli destinati al contenimento dei consumi energetici, sono soggetti ad autorizzazione semplificata quando comportino modifiche alle caratteristiche degli edifici (modifiche morfotipologiche, nei rivestimenti o nelle finiture) secondo quanto riportato nel punto B.5.

Per quanto riguarda gli interventi per il superamento delle barriere architettoniche, il punto B.6 stabilisce l'autorizzazione semplificata per quegli interventi che alterano la sagoma dell'edificio e sono visibili dallo spazio pubblico, nonché per la realizzazione di rampe per le quali non si applicano i limiti stabiliti per l'esonero dall'autorizzazione ai sensi dell'articolo 2 dello schema di decreto, in particolare per il superamento di dislivelli superiori ai 60 cm. Con riferimento a tali interventi, si veda anche l'articolo 4, comma 3, del provvedimento in esame.

I punti da B.7 a B.10 dettano le condizioni per l'applicabilità della procedura semplificata in relazione ad interventi di installazione di impianti tecnologici esterni o che abbiano una unità esterna. Si tratta, in particolare, di condizionatori, impianti di climatizzazione, caldaie, parabole, antenne, di cui al punto B.7; pannelli solari termici o fotovoltaici (B.8); microgeneratori eolici (B.9); installazione o sostituzione di cabine per impianti tecnologici a rete (B.10).  

I punti B.11 e B.12 recano rispettivamente gli interventi puntuali di adeguamento della viabilità esistente e gli interventi sistematici di arredo urbano che comportino installazione di manufatti (vi rientrano gli interventi sull'illuminazione urbana).

Il punto B.13. include le opere di urbanizzazione primaria previste in piani attuativi già valutati ai fini paesaggistici, ove non siano oggetto di accordi di collaborazione tra il Ministero, le Regioni e gli Enti Locali. Con riferimento a tali interventi, si veda anche l'articolo 4, comma 3, del provvedimento in esame.

Il punto B.14 rinvia alle opere di cui al punto A.12 (cfr. articolo 2) nei casi di beni vincolati.

Sono inoltre soggetti all'autorizzazione semplificata gli interventi di demolizione senza ricostruzione per strutture (edifici o manufatti edilizi in generale) privi di interesse architettonico, storico o testimoniale (B.15).

Sono quindi elencati (da B.16 a B.20) una serie di interventi per i quali si può applicare la procedura semplificata nel rispetto di determinati limiti di superficie o di cubatura: autorimesse, collocate fuori terra ovvero parzialmente interrate; tettoie, porticati, chioschi da giardino di natura permanente e manufatti consimili aperti su più lati; nuove pavimentazioni, accessi pedonali e carrabili, modellazioni del suolo incidenti sulla morfologia del terreno, realizzazione di rampe, opere fisse di arredo, modifiche degli assetti vegetazionali; installazione di tettoie aperte di servizio a capannoni destinati ad attività produttive; impianti tecnici esterni al servizio di edifici esistenti a destinazione produttiva (stoccaggio di merci, canalizzazione ecc.). Sono quindi riportati al punto B.21 gli interventi su muri di cinta, recinzioni, cancelli ecc. riguardanti elementi soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136 del Codice.

Il punto B.22 annovera tra gli interventi con autorizzazione semplificata il taglio di alberi senza sostituzione oppure la sostituzione o messa a dimora di alberi e arbusti nelle aree sottoposte a vincolo, pubbliche o private, ferma l'autorizzazione degli uffici competenti, ove prevista.

Il punto B.23. riguarda la realizzazione di opere accessorie in soprasuolo correlate alla realizzazione di reti di distribuzione locale di servizi di pubblico interesse o di fognatura, comprendendo anche gli interventi di allaccio alle infrastrutture a rete. Il punto B.24 reca la posa in opera di manufatti parzialmente o completamente interrati (ad esempio serbatoi e cisterne, comprese le recinzioni e altre opere correlate) oltre certi limiti di cubatura e ove comportanti la modifica permanente della morfologia del terreno.

Le strutture o i manufatti semplicemente ancorati al suolo senza opere murarie o di fondazione per manifestazioni, spettacoli, eventi, o per esposizioni di merci, sono soggetti ad autorizzazione semplificata quando l'occupazione del suolo (privato, pubblico, o di uso pubblico) ha una durata compresa tra 120 e 180 giorni nell'anno solare (B.25). Il punto B.26 (in riferimento al quale si veda anche l'articolo 4, comma 3, dello schema di decreto) si riferisce, invece, a verande e strutture in genere poste all'esterno (dehors), tali da configurare spazi chiusi funzionali ad attività economiche quali esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, attività commerciali, turistico-ricettive, sportive o del tempo libero.

Con il punto B.27 sono assoggettati ad autorizzazione semplificata le opere correlate alla realizzazione di nuovi pozzi o comunque ad opere per il prelievo da falda per uso domestico.

Il punto B.28 si riferisce ad opere connesse con i corsi d'acqua: ponticelli di attraversamento, tombinamento parziale, riapertura di tratti tombinati.

I punti da B.29 a B.33 si riferiscono ad opere, con ampiezza superiore a determinate soglie, connesse alle attività agricole e alla pesca: manufatti per ricovero attrezzi agricoli; strutture varie relative all'esercizio dell'attività ittica, adeguamento della viabilità vicinale e poderale; ripristino, effettuato in assenza di piano paesaggistico regionale, di attività agricole o pastorali in aree invase da vegetazione (ove si accerti la precedente destinazione a tali attività); interventi di diradamento boschivo con inserimento di colture agricole di radura. Il punto B.34 inserisce nell'allegato la riduzione di superfici boscate in aree di pertinenza di immobili esistenti, per superfici non superiori a 2.000 mq, purché preventivamente assentita dalle amministrazioni competenti. Il punto B.35 reca gli interventi di realizzazione della viabilità forestale in assenza di piani o strumenti di gestione forestale approvati dalla Regione previo parere favorevole del Soprintendente per la parte inerente la realizzazione o adeguamento della viabilità forestale.

Il punto B.36  concerne i cartelloni e le insegne pubblicitarie di dimensioni inferiori a 18 mq. Con riferimento a tale voce, si veda l'articolo 4, comma 3, dello schema di decreto in esame.

Il punto B.37 concerne l'installazione di linee elettriche e telefoniche su palo a servizio di singole utenze di altezza non superiore, rispettivamente, a 10 e a 6,30 metri. Con riferimento all'installazione di antenne, il punto B.38 prevede l'autorizzazione semplificata nei casi in cui si debbano realizzare supporti di antenne non superiori a 6 metri (se collocati su edifici esistenti), e/o la realizzazione di sopralzi di infrastrutture esistenti (pali o tralicci) non superiori a 6 metri, e/o la realizzazione di apparati di telecomunicazioni a servizio delle antenne, costituenti volumi tecnici, tali comunque da non superare l'altezza di metri 3 se collocati su edifici esistenti e di metri 4 se posati direttamente a terra. Si tratta in ogni caso di impianti diversi da quelli esonerati dall'autorizzazione richiamati al punto A.24 dell'Allegato A. Peraltro, il punto A.24 citato rinvia all'articolo 6, comma 4, del D.L. n. 133 del 2014: si veda a tale proposito la scheda sull'articolo 2.

Il punto B.39 include nella lista degli interventi soggetti a procedura semplificata le opere di modifica di manufatti di difesa dalle acque delle sponde dei corsi d'acqua e dei laghi per adeguamento funzionale; il punto B.40 reca interventi di carattere sistematico diretti alla regimazìone delle acque, alla conservazione del suolo o alla difesa dei versanti da frane e slavine.

L'ultimo punto B.41 reca gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici e manufatti con volumetria, sagoma ed area di sedime corrispondenti a quelle preesistenti, diversi dagli interventi necessitati di ricostruzione di edifici e manufatti in tutto o in parte crollati o demoliti in conseguenza di calamità naturali o catastrofi. Sono esclusi dal procedimento semplificato gli interventi di demolizione e ricostruzione che interessino i beni tutelati, di cui all'articolo 136, del Codice.

 

Con riferimento agli interventi di cui all’allegato B, il parere espresso dal Consiglio di Stato evidenzia come gli stessi risultino in parte sovrapponibili con quelli già sottoposti al regime autorizzatorio semplificato ai sensi del d.P.R. n. 139 del 2010, adottato in attuazione dell’art. 146, comma 9 del Codice, con l’eccezione di quelle opere che – per le loro caratteristiche, connesse ai profili di irrilevanza paesaggistica, su cui si veda più diffusamente, infra, la disamina dell'articolo 2 – risultino inserite nell’allegato A.

Per una disamina degli elenchi recati dagli allegati A e B, si rinvia alla relativa scheda in cui è riportata anche una tabella sinottica in cui sono confrontate le disposizioni dei predetti allegati e quelle dell’allegato 1 al D.P.R. n. 139 del 2010.


Articolo 4
(Esonero dall'obbligo di autorizzazione paesaggistica per particolari categorie di interventi)

 

L'articolo 4 esonera una serie di interventi dal regime di autorizzazione paesaggistica.

In particolare, il comma 1, esonera taluni interventi ed opere dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica semplificata, che divengono quindi soggetti al regime di liberalizzazione.

Si tratta degli interventi e le opere di cui alle voci A.2, A.5, A.7, A.13 e A.14 dell’Allegato ‘A’ allo schema di regolamento, riguardanti aree o immobili vincolati dal piano paesaggistico, ai sensi dell’articolo 143, comma 1, del Codice oppure vincolati ai sensi dell’articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice. Con riferimento a questi ultimi (lettera c) l'esonero vale limitatamente agli immobili di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale, ivi compresa l’edilizia rurale tradizionale, isolati o ricompresi nei centri o nuclei storici.

La limitazione agli immobili di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale viene fondata sulla considerazione, esposta in Relazione al provvedimento, che “nell'ambito di tali tipologie di vincolo «d'insieme», spesso accade che la perimetrazione ricomprenda anche taluni edifici e manufatti di recente costruzione, in sé del tutto privi di interesse paesaggistico, rispetto ai quali sarebbe stato immotivato e discriminatorio imporre un regime di maggiore cautela. La distinzione, all'interno del vincolo d'insieme ai sensi della lettera c), tra immobili che presentano interesse diretto «storico» paesaggistico e immobili che tale interesse non presentano, può agevolmente essere rimessa, oltre che a considerazioni di buon senso comune e alla prassi, esperibili direttamente dai cittadini interessati, alla valutazione degli uffici tecnici, sia degli enti preposti alla gestione del vincolo (Regione, Comune), sia della soprintendenza statale”.

 

Gli interventi richiamati dal comma 1 sono:

    A.2 - varie tipologie di intervento sugli esterni di edifici, prospetti e coperture, condotte nel rispetto degli eventuali piani del colore-vigenti nel Comune e delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti. Si tratta in particolare di: rifacimento di intonaci, tinteggiature, rivestimenti esterni o manti di copertura; opere di manutenzione di balconi, terrazze o scale esterne; integrazione o sostituzione di finiture esterne o manufatti quali infissi, cornici, parapetti, lattonerie, lucernari, comignoli e simili; interventi di coibentazione volti a migliorare l‘efficienza energetica degli edifici che non comportino la realizzazione di elementi o manufatti emergenti dalla sagoma, ivi compresi quelli eseguiti sulle falde di copertura. Sono incluse nel medesimo punto, la realizzazione e la modifica di aperture esterne, comprese le finestre a tetto. Con riferimento agli interventi che implichino aperture all'esterno, per godere dell'esenzione dell'autorizzazione, essi non devono essere soggetti a vincolo ex art. 136 del Codice e devono essere condotti, analogamente a quanto previsto per le altre tipologie sopra menzionate, con gli stessi accorgimenti (rispetto degli eventuali piani del colore-vigenti nel Comune e delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti;

    A.5 -installazione di condizionatori, di impianti di climatizzazione, di caldaie, di parabole, di antenne - in generale di impianti tecnologici esterni a servizio di singoli edifici, non soggetti ad alcun titolo abilitativo - a condizione che tali installazioni vengano effettuate su prospetti secondari, o in spazi pertinenziali interni, o in posizioni comunque non visibili dallo spazio pubblico, o purché si tratti di impianti integrati nella configurazione esterna degli edifici;

    A.7 - installazione di micro impianti eolici (con altezza non superiore m 1,50 e diametro non superiore a m 1,00;

    A.13 - interventi di manutenzione, sostituzione o adeguamento di cancelli, recinzioni, muri di cinta o di contenimento del terreno, inserimento di elementi antintrusione sui cancelli, le recinzioni e sui muri di cinta eseguiti nel rispetto delle caratteristiche morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti;

    A.14 - sostituzione o messa a dimora di alberi e arbusti, singoli o in gruppi, in arce pubbliche o private, eseguita con esemplari adulti della stessa specie o di specie autoctone o comunque storicamente naturalizzate e tipiche dei luoghi. Tali interventi godono dell'esenzione di cui all'articolo 2 e all'allegato A purché tali interventi non interessino i beni di cui all'articolo 136, comma 1, lettere a) e b) del

Codice, ferma l'autorizzazione degli uffici competenti, ove prevista.

L'esonero dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica semplificata vale qualora nel provvedimento di vincolo, ovvero nel piano paesaggistico, siano contenute le specifiche prescrizioni d’uso intese ad assicurare la conservazione e la tutela del bene paesaggistico.

Si ricorda che, in base all'articolo 136 del codice, sono soggetti alle disposizioni del Titolo sulla Tutela e valorizzazione, in materia di Beni paesaggistici, per il loro notevole interesse pubblico:

a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali;

b) le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del presente codice, che si distinguono per la loro non comune bellezza;

c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici;

d) le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze.

 

Si segnala come, secondo la relazione al provvedimento, richiamata dal Consiglio di Stato, "l'Amministrazione, nell'individuare gli interventi liberalizzati di cui al ridetto allegato A, ha posto particolare attenzione, secondo quanto dalla medesima riferito, alle cosiddette “bellezze individue” di cui alle lettere b) e c) dell'art. 136 del Codice - ed in particolare agli edifici “di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale, ivi compresa l'edilizia rurale tradizionale, isolati o ricompresi nei centri o nuclei storici” - disponendo che gli interventi su tali immobili richiedano quantomeno un'autorizzazione paesaggistica semplificata". Tale scelta, ritenuta dal Consiglio di Stato coerente con l’impianto complessivo del regolamento, anche in considerazione del fatto che gli edifici in questione, per la loro particolare natura, richiedono un regime di maggior tutela.

In sede di espressione del parere sul testo, si segnala poi che la  Conferenza Unificata ha proposto un interevento di riformulazione con la soppressione del riferimento ai beni "vincolati dal piano paesaggistico, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Codice", nell'ambito del comma 1 della disposizione in esame.

 

Il comma 2 detta una normativa in materia di pubblicità, prevedendo che la Regione e il Ministero diano adeguata pubblicità sui rispettivi siti ufficiali della riscontrata condizione di esonero dall’obbligo di autorizzazione semplificata, specificando che l'esonero decorre dalla data di pubblicazione del relativo avviso sui siti ufficiali.

Il Consiglio di Stato ha segnalato l'opportunità di fare riferimento ai siti "istituzionali".

 

In base al comma 3, nelle Regioni nelle quali sono stati stipulati gli accordi di collaborazione tra il Ministero, la Regione e gli enti locali  - previsti dall’articolo 12, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83 - nell’ambito territoriale di efficacia degli accordi medesimi, sono esonerati dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica semplificata anche gli interventi di cui alle voci B.6), B.13), B.26) e B.36) dell’Allegato ‘B’ al regolamento (che sarebbero, normalmente, invece soggetti al procedimenti autorizzatorio semplificato, ai sensi del Regolamento in esame) .

Si tratta dei seguenti:

    interventi (di cui al punto B.6) necessari per il superamento di barriere architettoniche e consistenti nella realizzazione di rampe per il superamento di dislivelli superiori a 60 cm, ovvero la realizzazione di ascensori esterni o di manufatti consimili che alterino la sagoma dell'edificio e siano visibili dallo spazio pubblico;

    interventi (punto B.13) consistenti in. opere di urbanizzazione primaria previste in piani attuativi già valutati ai fini paesaggistici, ove non siano oggetto di accordi di collaborazione tra il Ministero, le Regioni e gli Enti Locali;

    verande e strutture in genere poste all'esterno (dehors), tali da configurare spazi chiusi funzionali ad attività economiche quali esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, attività commerciali, turistico-ricettive, sportive o del tempo libero (punto B.26);

    posa in opera di cartelli e altri mezzi pubblicitari non temporanei, di dimensioni inferiori a 18 mq, ivi compresi le insegne e i mezzi pubblicitari a messaggio o luminosità variabile, nonché l'installazione di insegne fuori dagli spazi vetrina o da altre collocazioni consimili a ciò preordinate (interventi di cui al punto B.36).

 

Con la disposizione in esame si attribuisce quindi a tale regolazione pattizia tra enti istituzionali l'effetto di estendere la sfera di esonero dall'autorizzazione paesaggistica, risultando tali interventi trattati come 'liberalizzati'

La Relazione al provvedimento qualifica la disposizione come introduttiva di un meccanismo di "premialità" per le realtà regionali che si siano dotate o si dotino di piani paesaggistici o strumenti c.d. di 'vestizione', tali per cui - essendo definite 'a monte' le regole condivise, con adeguato livello di dettaglio, di uso compatibile con il paesaggio - ne viene ridotta a quasi vincolata la verifica di conformità alle regole stesse o al piano, con conseguente possibile inserimento di tali interventi "nell'area della libertà e dell'esonero dal previo controllo autorizzativo paesaggistico". Con particolare riferimento al comma 3, la Relazione evidenzia, altresì, che la tipologia di casi di semplificazione o liberalizzazione, in ricorrenza degli accordi indicati, risulta possibilità già contemplata dalla legge del 2014, afferendo ad interventi che "intercettano competenze programmatorie e pianificatorie proprie degli enti locali (commercio su aree pubbliche, cartellonistica, pubblicità, opere di urbanizzazione, etc)".

Sugli strumenti giuridici di regolazione pattizia interistituzionale, si vedano infra le indicazioni del Consiglio di Stato, nel proprio parere, trattate con riferimento all'articolo 6 .

 

Il comma 4 fa comunque salvi gli specifici accordi di collaborazione già intervenuti tra Ministero e singole Regioni, stipulati ai sensi dell’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241 in materia di procedimento amministrativo.

Si ricorda che la disposizione richiamata, in materia di Accordi fra pubbliche amministrazioni, prevede che le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune (stipulati con atto scritto e soggetti a procedure di controllo). A fare data dal 30 giugno 2014, gli accordi in questione sono sottoscritti con firma digitale.

 

 


Articolo 5
(Disposizioni specificative degli interventi)

 

L'articolo 5 interviene in materia di  interventi 'liberalizzati' (elencati dall’Allegato A allo schema di regolamento), prevedendo che i piani paesaggistici possano dettare direttive o disposizioni per la specificazione delle corrette metodologie di realizzazione degli interventi stessi. In particolare, tale funzione specificativa viene riferita agli strumenti urbanistici locali, in sede di adeguamento ai piani paesaggistici stessi.

L'incipit della disposizione chiarisce che resta comunque ferma l’applicazione del decreto in esame in ogni sua parte dalla data di entrata in vigore.

La relazione illustrativa afferma che le condizioni di rispetto delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti, che consentono di eseguire liberamente, senza previa autorizzazione paesaggistica, taluni interventi "possano (e potranno) essere specificate e dettagliate dai piani paesaggistici e dagli strumenti urbanistici dei Comuni, in sede di adeguamento ai piani paesaggistici, in termini di definizione delle corrette metodologie di realizzazione degli interventi predetti", ferma restando la diretta applicazione dello schema in esame, anche ove tale specifiche realizzative siano assenti. Secondo la Relazione, la norma troverebbe un suo riferimento a livello primario nell'articolo 146, comma 7, del Codice, che prevede che l'amministrazione competente al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica verifica, ricevuta l'istanza, se ricorrano i presupposti per l'applicazione dell'articolo 149, comma 1, in materia di interventi non soggetti ad autorizzazione, secondo i presupposti indicati dal quadro normativo vigente.

 

Il riferimento della disposizione è ai piani paesaggistici di cui agli articoli 135 e 143 del Codice, che - si ricorda - in materia di pianificazione del paesaggio prevedono che lo Stato e le regioni assicurino in modo adeguato le attività di:

Conoscenza

Salvaguardia

Pianificazione

gestione

con riferimento a tutto il territorio, in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti che lo costituiscono. A tale fine, si prevede la sottoposizione da parte delle regioni a specifica normativa d'uso del territorio attraverso i piani paesaggistici, ovvero piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici;entrambi tali strumenti vengono qualificati dal Codice quali "piani paesaggistici". L'elaborazione dei piani paesaggistici si prevede avvenga congiuntamente tra Ministero e regioni, limitatamente ai beni paesaggistici di cui all'articolo 143, comma 1, lettere b), c) e d), nelle forme previste dal medesimo articolo 143. La funzione dei piani paesaggistici consiste, con riferimento al territorio considerato, nel riconoscimento degli aspetti e dei caratteri peculiari, delle caratteristiche paesaggistiche, nonché nella delimitazione dei relativi ambiti. In riferimento a ciascun ambito, i piani infatti predispongono specifiche normative d'uso; la normativa indica per tali normative d'uso il rispetto delle finalità indicate negli articoli 131 e 133; i piani attribuiscono inoltre adeguati obiettivi di qualità (art. 136, comma 3). In particolare, in base al codice (art. 136, comma 4), per ciascun ambito i piani paesaggistici definiscono apposite prescrizioni e previsioni ordinate:

a) alla conservazione degli elementi costitutivi e delle morfologie dei beni paesaggistici sottoposti a tutela, tenuto conto anche delle tipologie architettoniche, delle tecniche e dei materiali costruttivi, nonché delle esigenze di ripristino dei valori paesaggistici;

b) alla riqualificazione delle aree compromesse o degradate;

c) alla salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche degli altri ambiti territoriali, assicurando, al contempo, il minor consumo del territorio;

d) alla individuazione delle linee di sviluppo urbanistico ed edilizio, in funzione della loro compatibilità con i diversi valori paesaggistici riconosciuti e tutelati, con particolare attenzione alla salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell'UNESCO. L'art. 143 del Codice detta la relativa articolata disciplina per l'elaborazione del piano paesaggistico.


Articolo 6
(Procedimento e contenuti precettivi per la stipula degli accordi di collaborazione)

 

L'articolo 6 interviene in materia di adozione di strumenti di accordo inter-istituzionale per la collaborazione tra Ministero, Regioni ed enti locali; il comma 1 prevede, in tal senso, l'adozione di linee guida di coordinamento, relative alla struttura e ai contenuti precettivi degli accordi stessi tra il Ministero, le singole Regioni e gli enti locali di cui all’articolo 12 del decreto-legge n. 83 del 2014[1], come successivamente modificato.

Tale norma ha demandato  al regolamento, tra l'altro, l'individuazione delle tipologie di intervento di lieve entità che possano essere regolate anche tramite accordi di collaborazione tra il Ministero, le Regioni e gli enti locali, ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, con specifico riguardo alle materie che coinvolgono competenze proprie delle autonomie territoriali.

Il termine per l'approvazione di tali linee guida da parte del Ministro, con decreto ministeriale, e previa intesa in sede di Conferenza unificata, è fissato in centottanta giorni dall’entrata in vigore del regolamento in esame.

Il Consiglio di Stato, riferendosi allo strumento degli accordi di collaborazione tra il Ministero, le Regioni e gli enti locali ai sensi dell'art. 15 della legge n. 241 del 1990, quale "innovativo strumento di regolazione pattizia interistituzionale", ha formulato tuttavia osservazioni sul piano del sistema delle fonti. La Sezione ha infatti rilevato che l'individuazione dell'effettivo contenuto di tali accordi risulta "demandata dall'art. 6 del regolamento in esame ad un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, da adottarsi entro 180 dall'entrata in vigore del regolamento in esame previa intesa con la Conferenza unificata. Tale delega, come peraltro sottolineato dalla stessa Relazione illustrativa al provvedimento e rilevato dal Consiglio di Stato, "può ritenersi legittima solamente in considerazione del fatto che le disposizioni sub-regolamentari che saranno previste da tale decreto dovranno avere natura di “regole tecniche e di indirizzi di carattere generale": considerato che l'art. 6 non esplicita puntualmente la predetta circostanza, limitandosi a prevedere il procedimento necessario all'adozione di tale atto, il Consiglio di Stato, al fine di evitare possibili incertezze interpretative in merito all'effettivo contenuto del decreto in questione (che potrebbero comportare eventuali dubbi sulla legittimità del ricorso a tale strumento), ha invitato a valutare la possibilità di "esplicitare in maniera puntuale la natura prettamente tecnica del previsto decreto" di cui all'art. 6.

 

Il comma 2 della disposizione prevede che sugli schemi di accordi, predisposti d’intesa dal Ministero, dalla Regione interessata e dall’ANCI regionale, venga acquisito il parere obbligatorio dell’Osservatorio Nazionale del paesaggio, che ne verifica:

Ø la conformità al Codice;

Ø la conformità al regolamento in esame;

Ø la conformità alle linee guida di cui si prevede l'approvazione.

 

L'Osservatorio nazionale per la qualità del paesaggio è stato istituito presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con decreto ministeriale in data 15 marzo 2006, e modificato dai decreti ministeriali 23 gennaio 2008, 25 settembre 2008 e 18 maggio 2010, è presieduto dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, ed ha il compito di promuovere studi e analisi per la formulazione di proposte idonee alla definizione delle politiche di tutela e valorizzazione del paesaggio italiano. In particolare, tra le funzione attrubuitegli, vi è la proposta di rete delle strutture ministeriali e delle strutture regionali e locali deputate a fornire i dati sugli ambiti paesaggistici ai diversi livelli di governo, nonché lo studio e l'analisi dello stato della pianificazione paesaggistica per l'elaborazione di un sistema di monitoraggio congiunto tra Stato e Regioni.

L'Osservatorio, inoltre,      effettua studi e analisi dei mancati adeguamenti alle prescrizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio finalizzati alla proposta di un'intesa-quadro tra lo Stato e le Regioni per una redazione concordata dei piani paesaggistici, effettuando altresì studi e analisi dello stato del regime vincolistico con la proposta di linee-guida per la determinazione delle prescrizioni d'uso per la conservazione dei beni paesaggistici. In generale, esso svolge funzioni di supporto agli uffici del Ministero nella definizione dei criteri per la valorizzazione paesaggistica.

 Nello svolgimento delle sue funzioni l'Osservatorio, coordina inoltre la propria attività con quella degli altri Osservatori a carattere nazionale e con gli analoghi organi a livello europeo.

Inoltre, è data dalla norma facoltà al Ministro di richiedere al Consiglio Superiore dei Beni culturali e paesaggistici il proprio parere.

 

Il Consiglio superiore dei Beni culturali e Paesaggistici è un organo consultivo del Ministero a carattere tecnico-scientifico in materia di beni culturali e paesaggistici, svolgendo funzione consultiva su richiesta del direttore generale centrale competente trasmessa per il tramite dell’Ufficio di gabinetto.

 

Si fa rinvio alla disamina dell'articolo 4 del provvedimento per quanto attiene contenuti ed effetti degli accordi.

 


Articolo 7
(Procedimento
autorizzatorio semplificato per il rinnovo di autorizzazioni paesaggistiche)

L’articolo 7 disciplina l’assoggettamento al procedimento autorizzatorio semplificato delle istanze di rinnovo delle autorizzazioni paesaggistiche, anche rilasciate sulla base della procedura ordinaria ai sensi dell'articolo 146 del Codice. Tale previsione appare innovativa rispetto alla disciplina vigente.

 

In particolare, l’articolo 7, comma 1, definisce l’ambito di applicazione del procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica, specificando che - oltre agli interventi di lieve entità indicati nell'elenco di cui all'Allegato B allo schema in esame, già soggetti ad autorizzazione semplificata ai sensi del D.P.R. 139/2010 (con le variazioni che verranno illustrate nella scheda di analisi del predetto Allegato) - sono assoggettate a tale procedimento le istanze di rinnovo delle autorizzazioni paesaggistiche, anche rilasciate in via ordinaria, purché: 

-           siano scadute da non più di un anno;

-           riguardino interventi in tutto o in parte non eseguiti;

-           il relativo  progetto risulti conforme a quanto già autorizzato e alle specifiche prescrizioni di tutela eventualmente sopravvenute. 

Tale categoria di interventi non è, pertanto, inserita come una voce nell’Allegato B allo schema, ma nell’articolato. La relazione illustrativa, in proposito, giustifica tale inserimento in quanto si tratta di “figura aggiuntiva, di carattere generale e non specifico di interventi semplificati”.

 

Il D.P.R. 139/2010 – ai sensi dell’articolo 146, comma 9, del Codice - ha assoggettato a procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica gli interventi di lieve entità da realizzarsi su aree o immobili sottoposti alle norme di tutela della parte III del Codice dei beni culturali e del paesaggio, sempre che comportino un'alterazione dei luoghi o dell'aspetto esteriore degli edifici, come indicati nell'elenco di cui all'allegato 1 che forma parte integrante del regolamento medesimo (art. 1, comma 1, D.P.R. 139/2010). L’autorizzazione paesaggistica semplificata è immediatamente efficace ed è valida cinque anni (art. 4, comma 11, D.P.R. 139/2010).

 

Il procedimento autorizzatorio ordinario di autorizzazione paesaggistica è disciplinato dall’art. 146 del Codice. Ai sensi di tale disposizione, i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati in base alle disposizioni del Codice stesso, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione (comma 1). Pertanto, ai sensi del comma 2, hanno l'obbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione, ed astenersi dall'avviare i lavori fino a quando non abbiano ottenuto l'autorizzazione.  Il medesimo articolo 146, comma 4, dispone inoltre che l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio, e che l'autorizzazione è efficace per un periodo di cinque anni, scaduto il quale l'esecuzione dei lavori progettati deve essere sottoposta a nuova autorizzazione.

 

Il comma 2 prevede, comunque, l’applicazione del procedimento autorizzatorio ordinario, di cui all’articolo 146 del Codice, nel caso in cui l’istanza di rinnovo contenga anche variazioni progettuali che comportino interventi di non lieve entità.

 

Il comma 3 precisa che alle autorizzazioni rinnovate si applicano le disposizioni di cui all'articolo 146, comma 4, del Codice, con riferimento alla conclusione dei lavori entro e non oltre l'anno successivo la scadenza del quinquennio di efficacia della nuova autorizzazione.

 

Il comma 4 dell’art. 146, modificato dall’art. 3-quater, comma 1, del D.L. 91/2013, infatti, ha previsto che i lavori iniziati nel corso del quinquennio di efficacia dell'autorizzazione possono essere conclusi entro e non oltre l'anno successivo la scadenza del quinquennio medesimo.

Il comma 4 dell’art. 146 precisa, altresì, che il termine di efficacia dell'autorizzazione decorre dal giorno in cui acquista efficacia il titolo edilizio eventualmente necessario per la realizzazione dell'intervento, a meno che il ritardo in ordine al rilascio e alla conseguente efficacia di quest'ultimo non sia dipeso da circostanze imputabili all'interessato.

Si ricorda, infine, che l’art. 3-quater, comma 2, del D.L. n. 91 del 2013 (novellando l’art. 30, comma 3, del D.L. n. 69 del 2013) ha prorogato di tre anni in termine delle autorizzazioni paesaggistiche in corso di efficacia alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge 91/2013 (9 ottobre 2013).


Articolo 8
(Semplificazione documentale)

L’articolo 8 disciplina le modalità di compilazione dell'istanza per ottenere il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica semplificata per gli interventi di lieve entità, nonché la documentazione da allegare.

 

In particolare, il comma 1 prevede che la predetta istanza sia compilata, anche in modalità telematica, utilizzando il modello semplificato di cui all'allegato C, allo schema di regolamento in esame, e corredata da una relazione paesaggistica semplificata, redatta da un tecnico abilitato sulla base dell'allegato D allo schema medesimo. L’inserimento dei due allegati è innovativo rispetto alla norma vigente, che si limita ad enucleare i contenuti della relazione paesaggistica semplificata.

A tale proposito, la norma in esame prevede che nella relazione paesaggistica:

sono indicati i contenuti precettivi della disciplina paesaggistica vigente nell'area;

è descritto lo stato attuale dell'area interessata dall'intervento; 

è attestata la conformità del progetto alle specifiche prescrizioni d'uso dei beni paesaggistici, se esistenti;

è descritta la compatibilità del progetto stesso con i valori paesaggistici che qualificano il contesto di riferimento;

sono indicate le eventuali misure di inserimento paesaggistico previste.

I contenuti precedentemente elencati riprendono quanto già previsto dall’art. 2 del D.P.R. 139/2010 rubricato, come l’articolo in esame, “Semplificazione documentale”.

A differenza del testo vigente, non viene precisato che nella relazione il tecnico abilitato attesta, altresì, la conformità del progetto alla disciplina urbanistica ed edilizia e che, laddove l'autorità preposta al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica non coincida con quella competente in materia urbanistica ed edilizia, l'istanza è corredata dall'attestazione del comune territorialmente competente di conformità dell'intervento alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie o, in caso di intervento soggetto a dichiarazione di inizio attività (ora segnalazione certificata di inizio attività, anche in conseguenza delle modifiche che saranno apportate dallo schema di decreto legislativo recante individuazione di procedimenti oggetto di SCIA, atto del Governo n. 322, in corso di esame parlamentare), dalle asseverazioni di cui all'articolo 23 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (D.P.R. n. 380 del 2001). 

 

Il comma 2 prevede la non applicazione alle autorizzazioni semplificate delle disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 dicembre 2005 (G.U. 25/2006), recante l’individuazione della documentazione necessaria alla verifica della compatibilità paesaggistica degli interventi proposti.

Ai sensi dell’art. 146, comma 3, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, è stato emanato il citato D.P.C.M. 12 dicembre 2005, che individua la documentazione a corredo del progetto preordinata alla verifica della compatibilità fra interesse paesaggistico tutelato ed intervento progettato. In allegato al decreto medesimo sono definiti le finalità, i criteri per la redazione, i contenuti della relazione paesaggistica che correda, congiuntamente al progetto dell'intervento che si propone di realizzare ed alla relazione di progetto, l'istanza di autorizzazione paesaggistica, ai sensi degli articolo 159, comma 1, e 146, comma 2, del citato Codice.

La disposizione in esame è analoga a quanto previsto dalla norma vigente, in merito alla non applicazione alle autorizzazioni semplificate delle disposizioni del citato D.P.C.M. 12 dicembre 2005. Il citato art. 2, comma 2, del richiamato D.P.R. 139/2010 tuttavia, prevede una eccezione relativa alla “Scheda per la presentazione della richiesta di autorizzazione paesaggistica per le opere il cui impatto paesaggistico è valutato mediante una documentazione semplificata”, allegata al D.P.C.M. stesso.

 

Il comma 3 specifica il contenuto della relazione paesaggistica nel caso di interventi di lieve entità che riguardano immobili vincolati. In tal caso, la relazione deve contenere, altresì, specifici riferimenti ai valori storico-culturali ed estetico-percettivi, che caratterizzano l'area interessata dall'intervento e il contesto paesaggistico di riferimento. La norma specifica che deve trattarsi di:

-       immobili vincolati dal piano paesaggistico, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Codice;

L’articolo 143 del Codice prevede, tra l’altro, che l’elaborazione del piano paesaggistico comprenda almeno la ricognizione degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi dell'articolo 136, nonché  l’eventuale individuazione di ulteriori immobili od aree, di notevole interesse pubblico a termini dell'articolo 134, comma 1, lettera c).

-       immobili vincolati ai sensi dell'articolo 136, comma 1, del Codice medesimo, lettere a), b) e c), limitatamente, per quest'ultima categoria, agli immobili di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale, ivi compresa l'edilizia rurale tradizionale, isolati o ricompresi nei centri o nuclei storici.

L’art. 136 del Codice elenca gli immobili ed aree di notevole interesse pubblico soggetti alle disposizioni della parte terza, titolo I, capo II, del Codice relativo alla tutela dei beni paesaggistici:

a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali;

b) le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda relativa ai beni culturali del Codice, che si distinguono per la loro non comune bellezza;

c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici.

 

Si segnala che nell’intesa della Conferenza unificata del 7 luglio 2016 è stata formulata una proposta di modifica del comma 3 dell’articolo 8, di cui il Ministero dei beni e delle attività culturali ha prospettato l’accoglimento prima dell’approvazione definitiva dello schema. Tale modifica è volta a sopprimere il riferimento agli immobili vincolati dal piano paesaggistico.

 

Il comma 4 dispone che alla presentazione della domanda di autorizzazione paesaggistica semplificata si applichino le vigenti disposizioni in materia di amministrazione digitale.

Al riguardo, andrebbe valutata l’opportunità di esplicitare il riferimento a tali disposizioni.

Si ricorda che l’art. 2, comma 3, del D.P.R. 139/2010 prevede che la presentazione della domanda di autorizzazione e la trasmissione dei documenti a corredo è effettuata, ove possibile, in via telematica, agli effetti dell'articolo 45 del Codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, concernente il valore giuridico della trasmissione.  


Articolo 9
(Concentrazione procedimentale e presentazione dell'istanza di autorizzazione paesaggistica semplificata)

 

L’articolo 9 disciplina le modalità di presentazione delle istanze di autorizzazione paesaggistica semplificata.

In particolare, qualora le istanze di autorizzazione paesaggistica e la relativa documentazione siano riferite a interventi edilizi (ai sensi del testo unico in materia di edilizia di cui al D.P.R. 380/2001), il comma 1 ne prevede la presentazione allo sportello unico per l'edilizia (SUE), ai sensi dell'articolo 5 del medesimo testo unico, secondo le modalità ivi indicate.  

L’art. 5 del D.P.R. 380/2001 stabilisce che i comuni provvedono, anche in forma associata, alla  costituzione di un ufficio denominato sportello unico per l'edilizia, che cura tutti i rapporti fra il privato, l'amministrazione e, ove occorra, le altre amministrazioni tenute a pronunciarsi in ordine all'intervento edilizio oggetto della richiesta di permesso o di segnalazione certificata di inizio attività.  Lo sportello unico per l'edilizia costituisce l'unico punto di accesso per il privato interessato in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti il titolo abilitativo e l'intervento edilizio oggetto dello stesso, che fornisce una risposta tempestiva in luogo di tutte le pubbliche amministrazioni, comunque coinvolte. In particolare, ai fini del rilascio del permesso di costruire, l’art. 5, comma 3, lettera g), prevede che il SUE acquisisce, tra l’altro, gli atti di assenso, comunque denominati, previsti per gli interventi edilizi su immobili vincolati ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

 

Laddove le istanze di autorizzazione paesaggistica e la relativa documentazione riguardino invece interventi rientranti nell’ambito di applicazione del D.P.R. 160/2010 (recante il regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive), il comma 2 prevede la presentazione dell'istanza allo sportello unico per le attività produttive (SUAP), sulla scorta di quanto già previsto dal D.P.R. 139/2010  all’art. 2, comma 3.

Il D.P.R. 160/2010, all’art. 2, individua il SUAP quale unico soggetto pubblico di riferimento territoriale per tutti i procedimenti che abbiano ad oggetto l'esercizio di attività produttive e di prestazione di servizi, e quelli relativi alle azioni di localizzazione, realizzazione, trasformazione, ristrutturazione o riconversione, ampliamento o trasferimento, nonché cessazione o riattivazione delle suddette attività. L’articolo 4 del citato decreto prevede che il SUAP assicuri al richiedente una risposta telematica unica e tempestiva in luogo degli altri uffici comunali e di tutte le amministrazioni pubbliche comunque coinvolte nel procedimento, ivi comprese quelle preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità. Inoltre, le comunicazioni al richiedente sono trasmesse esclusivamente dal SUAP; gli altri uffici comunali e le amministrazioni pubbliche diverse dal comune, che sono interessati al procedimento, non possono trasmettere al richiedente atti autorizzatori, nulla osta, pareri o atti di consenso, anche a contenuto negativo, comunque denominati e sono tenute a trasmettere immediatamente al SUAP tutte le denunce, le domande, gli atti e la documentazione ad esse eventualmente presentati, dandone comunicazione al richiedente.

 

Il comma 3 dispone, in tutti gli altri casi, la presentazione dell’istanza di autorizzazione paesaggistica all'autorità procedente che, sulla base della definizione di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 1 dello schema in esame, è la regione, ovvero l’ente delegato al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.


Articolo 10
(Termine per la conclusione del procedimento)

 

L’articolo 10 stabilisce che il procedimento autorizzatorio semplificato deve concludersi con un provvedimento, adottato entro il termine tassativo di sessanta giorni dal ricevimento della domanda da parte dell'amministrazione procedente, che è immediatamente comunicato al richiedente. Le diverse fasi, che caratterizzano il procedimento semplificato, sono regolate dall’articolo 11 (alla cui scheda di commento si rinvia).

La norma in esame ribadisce quanto contenuto nell’art. 3 del D.P.R. 139/2010, che prevede la conclusione del procedimento con un provvedimento espresso entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento della domanda.

Nella disposizione in commento viene specificato che il termine è "tassativo". Al riguardo, la relazione illustrativa puntualizza che la scelta di tale aggettivo è volta a “chiarire che il decorso del termine, pur non determinando la consumazione del potere di provvedere, deve considerarsi in ogni caso inderogabile e segna il punto a partire dal quale opera il silenzio-inadempimento dell'amministrazione, sanzionabile sia in termini di ritardo, sia in termini, come esplicitamente ricordato dal successivo articolo, di responsabilità dei funzionari”.

Nella normativa vigente, il medesimo art. 3 del D.P.R. 139/2010, al comma 2, indica i termini per la verifica preliminare di conformità urbanistico-edilizia in base alla quale l'amministrazione competente al rilascio dell'autorizzazione, entro trenta giorni dal ricevimento della domanda, corredata della documentazione prescritta, effettua gli accertamenti e le valutazioni istruttorie e adotta, quando ne ricorrano i presupposti, il provvedimento negativo di conclusione anticipata del procedimento.

Tale disposizione non viene più richiamata nel testo del provvedimento in esame in quanto il successivo articolo 11 non prevede più la citata verifica preliminare di conformità urbanistico-edilizia.

 


Articolo 11
(Semplificazioni procedimentali)

L’articolo 11 interviene sulle fasi che regolano il procedimento di autorizzazione paesaggistica semplificata, prevedendo:

-       la presentazione dell’istanza all’autorità procedente, che verifica preliminarmente la tipologia di interventi in cui si colloca, ossia se si tratta di intervento esonerato dall’autorizzazione paesaggistica, ovvero soggetto ad autorizzazione semplificata o ordinaria (comma 1);

-       lo svolgimento di una conferenza di servizi finalizzata all’acquisizione del parere del soprintendente, nel caso in cui l’intervento richiesto sia assoggettato ad autorizzazione semplificata, con dimezzamento dei termini previsti per le amministrazioni preposte alla tutela dei beni paesaggistici e culturali (comma 2);

-       puntuali disposizioni procedimentali, a seconda che il parere del Soprintendente sia positivo o negativo, solo nei casi in cui l’intervento progettato non richieda altri titoli abilitativi in aggiunta all’autorizzazione paesaggistica (commi 3 e 4).

 

Alla fine del commento dell’articolo sono riportati alcuni grafici, che schematizzano i meccanismi procedurali e le tempistiche previsti dallo schema in esame per l’ottenimento dell’autorizzazione paesaggistica semplificata.

Ulteriori disposizioni, oltre a quelle succitate, riguardano l’obbligatorietà del parere del Soprintendente, nel caso in cui l’intervento di lieve entità sia soggetto a specifiche prescrizioni d’uso nel piano paesaggistico (comma 5), nonché la non obbligatorietà del parere delle Commissioni locali per il paesaggio (comma 6).

L’articolo 11 introduce una serie di innovazioni nelle diverse fasi rispetto alla disciplina vigente contenuta nell’articolo 4 del D.P.R. n. 139 del 2010, di cui si darà conto nella scheda in commento Si tratta di innovazioni per lo più finalizzate a ridurre la tempistica di alcune fasi e a snellire la procedura medesima, con la conseguente soppressione di alcuni passaggi, e segnatamente della verifica preliminare di conformità urbanistico-edilizia dell'intervento (attualmente contenuta nell’art. 4, comma 2, del citato D.P.R. n. 139) che, nel caso di non conformità dell’intervento progettato alla disciplina urbanistica ed edilizia, consente all’amministrazione procedente di dichiarare l’improcedibilità della istanza autorizzatoria semplificata, dandone immediata comunicazione al richiedente.

Ulteriori disposizioni, che non appaiono riprodotte nel testo in esame riguardano:

-       la valutazione da parte dell'amministrazione competente della conformità dell'intervento alle specifiche prescrizioni d'uso contenute nel piano paesaggistico o nella dichiarazione di pubblico interesse o nel provvedimento di integrazione del vincolo, ovvero la sua compatibilità con i valori paesaggistici presenti nel contesto di riferimento (attualmente contenuta nell’art. 4, commi 3 e 4, del citato D.P.R. n. 139);

-       la possibilità per il privato di adire il Soprintendente con richiesta di riesame del provvedimento di rigetto dell'autorizzazione paesaggistica (attualmente contenuta nell’art. 4, comma 5, del citato D.P.R. n. 139);

-       la possibilità di rilascio dell'autorizzazione da parte dell’amministrazione competente nel caso di mancata espressione del parere vincolante da parte del Soprintendente entro il termine di venticinque giorni (attualmente contenuta nell’art. 4, comma 6, del citato D.P.R. n. 139);

-       l’espressa applicazione delle norme in materia di conclusione del procedimento amministrativo, decorsi inutilmente i termini senza che l’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione o la soprintendenza abbia comunicato la propria determinazione conclusiva sull’istanza presentata (attualmente contenuta nell’art. 4, comma 9, del citato D.P.R. n. 139).

 

 

La verifica preliminare dell’istanza (comma 1)

 

In primo luogo, il comma 1, ribadendo quanto contenuto nella norma vigente, prevede una verifica preliminare da parte dell’amministrazione procedente che ha ricevuto l’istanza, al fine di stabilire se l'intervento non rientri nelle fattispecie escluse dall'autorizzazione paesaggistica, di cui all'”allegato A” allo schema in esame, oppure se sia assoggettato al regime autorizzatorio ordinario, di cui all'articolo 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42 del 2004, d’ora in avanti Codice).

In tali casi l’amministrazione medesima comunica al richiedente che l'intervento non è soggetto ad autorizzazione o richiede le necessarie integrazioni documentali ai fini del rilascio dell'autorizzazione ordinaria.

Si segnala che la norma vigente richiama l’articolo 149 del Codice, relativamente alle fattispecie esonerate dall’autorizzazione paesaggistica, mentre lo schema in esame fa riferimento alle fattispecie escluse dall’autorizzazione paesaggistica di cui all’Allegato A, considerato che, in base a quanto previsto dall’articolo 12, comma 2, del decreto legge n. 83 del 2014, in tale allegato sono individuate le tipologie di interventi per i quali l'autorizzazione paesaggistica non è richiesta, ai sensi del medesimo articolo 149 del Codice.

La norma vigente, inoltre, a differenza della norma in esame, prevede espressamente che, ove l'intervento richiesto sia assoggettato ad autorizzazione semplificata, l’amministrazione procedente comunichi all'interessato l'avvio del procedimento

 

 

 

 

Lo svolgimento della conferenza di servizi (comma 2)

 

Se l’intervento richiesto è assoggettato ad autorizzazione semplificata, il comma 2 prevede, ai fini dell'acquisizione del parere del Soprintendente, lo svolgimento di una  conferenza di servizi sulla base della nuova disciplina introdotta recentemente dal decreto legislativo n. 127 del 2016, in attuazione dell’articolo 2 della legge n. 124 del 2015 (recante deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche).  

Si segnala che la norma fa riferimento al “decreto legislativo adottato in attuazione dell’articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124” non richiamando gli estremi del decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 127, che sarebbe pertanto opportuno indicare.

 

Nell’ambito della più ampia riforma della pubblica amministrazione, l’articolo 2 della legge 124 del 2015 (cd. legge Madia) ha delegato il Governo a riformare la disciplina della conferenza di servizi con l’obiettivo, tra gli altri, di semplificare e rendere più celeri i tempi della conferenza, nonché assicurare che qualsiasi tipo di conferenza abbia una durata certa. In attuazione della delega, il decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 127, ha interamente riscritto la disciplina della conferenza, dettata dagli articoli da 14 a 14-quinquies della L. n. 241/1990.

Il decreto contiene altresì specifiche disposizioni di coordinamento con le discipline settoriali e, tra queste, all’articolo 6, prevede che nel caso di conferenza di servizi indetta per interventi che richiedono l’autorizzazione paesaggistica (fattispecie prevista all’articolo 11 in commento), l’amministrazione procedente trasmette la comunicazione di indizione della conferenza sia all’amministrazione competente (quando è diversa da quella procedente), sia al Soprintendente.

La nuova disciplina introdotta con il d.lgs. 127/2016 prevede che la conferenza di servizi decisoria si svolge di norma in forma semplificata, in modalità “asincrona”, ossia senza riunione, bensì mediante la semplice trasmissione per via telematica, tra le amministrazioni partecipanti, delle comunicazioni, delle istanze con le relative documentazioni, e delle determinazioni, secondo il procedimento delineato dall’art. 14-bis, della L. 241/1990, in base al quale:

§  la conferenza è indetta dall’amministrazione procedente entro 5 giorni lavorativi dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda;

§  entro il termine perentorio stabilito dall’amministrazione procedente, e comunque non superiore a 45 giorni, le amministrazioni coinvolte sono tenute a rendere le proprie determinazioni relative alla decisione oggetto della Conferenza. Resta fermo l’obbligo di rispettare il termine finale di conclusione del procedimento ai sensi dell’art. 2 L. 241/1990. Tali determinazioni sono formulate in termini di assenso o dissenso congruamente motivato e indicano, ove possibile, le modifiche eventualmente necessarie ai fini dell’assenso. Quando tra le amministrazioni coinvolte nella conferenza vi sono quelle preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute, il termine per le determinazioni è di 90 giorni, sempre che norme di legge o regolamenti non stabiliscono un termine diverso;

§  la mancata comunicazione delle determinazioni di cui sopra entro il termine perentorio previsto, ovvero la comunicazione di una determinazione prova dei requisiti indicati, equivalgono ad assenso senza condizioni, fatti salvi i casi in cui disposizioni del diritto dell’UE richiedono l’adozione dei provvedimenti espressi.

§  scaduto il termine per la comunicazione delle determinazioni, l’amministrazione procedente, entro 5 giorni lavorativi, adotta la determinazione motivata di conclusione della conferenza.

 

Fuori dalle ipotesi considerate, è prevista direttamente la conferenza in forma simultanea ed in modalità sincrona (con riunione) ai sensi dell’art. 14-bis, co. 7:

§  nei casi di particolare complessità della decisione da assumere, su iniziativa dell’amministrazione procedente che indice la conferenza entro 5 giorni lavorativi dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda e convoca la riunione entro i successivi 45 giorni;

§  su richiesta motivata delle altre amministrazioni o del privato interessato avanzata entro 15 giorni dalla indizione. Anche in questo caso la riunione è convocata nei successivi 45 giorni.

In questi casi, i lavori della conferenza si concludono entro 45 giorni dalla data della prima riunione, ovvero entro 90 giorni qualora siano coinvolte amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute. Resta fermo l’obbligo di rispettare il termine finale di conclusione del procedimento (art. 14-ter, co. 2).

Entro lo stesso termine, all’esito dell’ultima riunione della conferenza, l’amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione della conferenza. Si considera acquisito l’assenso senza condizioni delle amministrazioni il cui rappresentante non abbia partecipato alle riunioni ovvero, pur partecipandovi, non abbia espresso la propria posizione, ovvero abbia espresso un dissenso non motivato o riferito a questioni che non costituiscono oggetto della conferenza.

 

La norma appare innovativa rispetto al contenuto del citato art. 4 del D.P.R 139/2010.

Il riferimento alla conferenza di servizi si rinviene, infatti, nel comma 6 dell’articolo 4 del D.P.R. n. 139 del 2010, all’ultimo periodo, laddove si prevede che, in caso di mancata espressione del parere vincolante del soprintendente entro il termine indicato, l'amministrazione competente ne prescinde e rilascia l'autorizzazione, senza indire la conferenza di servizi di cui all'articolo 146, comma 9, del Codice. Al riguardo, si segnala che l’indizione della conferenza di servizi, che era prevista in caso di mancata espressione del parere vincolante da parte del Soprintendente per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica di tipo ordinario, è stata soppressa successivamente dall’art. 25, comma  3 del D.L. 133/2014 (cd. “Sblocca Italia). 

Si ricorda, inoltre, che l’art. 12, comma 1-bis del D.L. 83/2014 prevede che i pareri, nulla osta o altri atti di assenso comunque denominati, rilasciati dagli organi periferici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, possano essere riesaminati, d'ufficio o su segnalazione delle altre amministrazioni coinvolte nel procedimento, da apposite commissioni di garanzia per la tutela del patrimonio culturale, costituite esclusivamente da personale appartenente ai ruoli del medesimo Ministero e previste a livello regionale o interregionale. Le commissioni di garanzia possono riesaminare la decisione entro il termine perentorio di dieci giorni dalla ricezione dell'atto, che è trasmesso per via telematica dai competenti organi periferici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, contestualmente alla sua adozione, alle commissioni e alle altre amministrazioni coinvolte nel procedimento; queste ultime possono chiedere il riesame dell'atto entro tre giorni dalla sua ricezione. Decorso inutilmente il termine di dieci giorni, l'atto si intende confermato.

 

Anche se non espressamente specificato nella norma, sulla base del combinato disposto dei commi 2 e 3, la conferenza di servizi dovrebbe essere convocata nel caso in cui l’intervento progettato richieda altri titoli abilitativi oltre alla autorizzazione paesaggistica e sia necessario acquisire atti di assenso. Al riguardo, andrebbe valutata l’opportunità di esplicitare le fattispecie in cui è necessario convocare la conferenza di servizi.

Si osserva, inoltre, che non è chiaro se il termine tassativo per la conclusione del procedimento, previsto dall’articolo 10, si applichi anche al procedimento in generale nel cui ambito si svolge la conferenza di servizi.

 

La relazione illustrativa precisa, in proposito, che viene indetta la conferenza di servizi “nel caso in cui l’intervento rientri tra quelli sottoposti ad autorizzazione semplificata e siano necessari i pareri di più amministrazioni”.

Si segnala che nell’intesa della Conferenza unificata del 7 luglio 2016 è stata formulata una proposta di modifica del comma 1 dell’articolo 11, di cui il Ministero dei beni e delle attività culturali ha prospettato l’accoglimento prima dell’approvazione definitiva dello schema. Tale modifica è volta a prevedere che la conferenza di servizi è indetta ove l’intervento o le opere richiedano più di un atto di assenso comunque denominato, oltre alla autorizzazione paesaggistica semplificata e al titolo abilitativo edilizio, ai fini dell’acquisizione del parere dell’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione e del Soprintendente, nonché per l’acquisizione degli ulteriori atti di assenso. Al riguardo, il Consiglio di Stato, nel parere del 1° settembre 2016, rileva che “a seguito della modifica proposta dalla Conferenza unificata il novellato testo dell'art. 11, comma 1 prevede il ricorso alla "nuova" conferenza di servizi solo quando siano necessari atti di assenso, comunque denominati ulteriori rispetto all'autorizzazione paesaggistica semplificata cd al titolo abilitativo edilizio, disponendo, conseguentemente, il ricorso alla procedura semplificata anche nel caso in cui sia necessario sia il titolo paesaggistico sia quello edilizio. In proposito il Ministero riferente, tramite la relazione istruttoria in epigrafe, ha rilevato che la formulazione proposta dalla Conferenza unificata appare conforme al testo del comma 2 dell'articolo 14 della legge n. 241 del 1990, nella parte in cui dispone che “la conferenza di servizi decisoria è…sempre indetta dall’amministrazione procedente quando la conclusione positiva del procedimento è subordinata all’acquisizione di più pareri, intese, concerti, nulla osta, o altri atti di assenso, comunque denominati, resi da diverse amministrazioni”, atteso che tale disposizione, dato il suo tenore letterale, dovrebbe essere interpretata nel senso dell'obbligatorietà della convocazione della conferenza di servizi solo qualora siano necessari. oltre all'atto di assenso conclusivo, "almeno altri due o più atti di assenso comunque denominati”. Orbene, in relazione a quanto esposto, la Sezione non può esimersi dal rilevare che l’autorizzazione paesaggistica. quale atto "autonomamente impugnabile" non rientra nel novero degli "atti di assenso comunque denominati”, ma costituisce un vero e proprio provvedimento. Parimenti, costituisce provvedimento autonomo il titolo abilitativo edilizio, ove necessario. Sicché nella fattispecie, non vi sono "più atti di intesa, assenso ecc" ma due provvedimenti distinti autonomamente efficaci e impugnabili; con la· conseguenza che· l'interpretazione fornita dall'Amministrazione al succitato art. 14, comma 2, della legge n. 241 del 1990 non sembra coerente con il disposto della. norma da ultimo citata, dovendosi di converso ritenere conforme alla precitata disposizione di legge l'originaria formulazione dell’articolo 11, approvata in via preliminare dal Consiglio dei ministri. La Sezione, tuttavia, comprendendo le esigenze di semplificazione e snellimento proccdimentalc sottese· alla proposta formulata dalla Conferenza unificata, invita l’Amministrazione a valutare l’opportunità -per il futuro. eventualmente incidendo sulle norme primarie -di prevedere specifiche disposizioni volte a superare il problema interpretativo precedentemente richiamato, rendendo in tal modo praticabile sotto il profilo della legittimità la proposta emendativa emersa in sede di Conferenza unificata”.

 

Si segnala, inoltre, che nelle tabelle 1.1., 1.2 e 1.3, allegate allo schema di decreto legislativo recante l’individuazione di procedimenti oggetto di autorizzazione, segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), silenzio assenso e comunicazione e la definizione dei regimi amministrativi applicabili a determinate  attività e procedimenti (atto del Governo n. 322, in corso di esame parlamentare, è riportata, l’altro, la categoria degli interventi di lieve entità di cui all’Allegato 1 al D.P.R. n. 139 del 2010.

Per tali interventi, a seconda se si tratti di permesso di costruire o di CILA e SCIA  o di attività edilizia libera (nel caso in cui sia necessario acquisire atti di assenso), sono indicati i regimi amministrativi e la concentrazione di regimi amministrativi (ai sensi dell’articolo 19-bis della legge n. 241/1990). In particolare, si prevede:

-       per il permesso di costruire nel caso in cui sia necessario acquisire atti di assenso, la presentazione dell’istanza di autorizzazione, unitamente alle altre eventuali istanze, allo sportello del comune contestualmente alla domanda di rilascio del predetto titolo edilizio e la convocazione, da parte del comune, della conferenza di servizi entro 5 giorni dal ricevimento dell’istanza (tabella 1.1., voce 46);

-       per i casi di comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) e segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) nel caso in cui sia necessario acquisire atti di assenso, la presentazione dell’istanza di autorizzazione allo sportello del Comune contestualmente alla presentazione della SCIA e la convocazione della conferenza di servizi entro 5 giorni dal ricevimento dell’istanza (tabella 1.2., voce 62). 

 

Il Consiglio di Stato rileva, nel suo parere, “l’opportunità di adottare un’adeguata disciplina di raccordo tra il contenuto semplificatorio dello schema in esame e le previsioni di cui al precitato decreto”.

 

Il comma 2 prevede, inoltre, che i termini - disciplinati dal medesimo decreto legislativo n. 127 del 2016 (adottato in attuazione dell’articolo dell’articolo 2 della legge n. 124 del 2015) - previsti per l'amministrazione preposta alla tutela paesaggistica e dei beni culturali siano dimezzati (v. supra). Tali termini, pertanto, si ridurrebbero da novanta a quarantacinque giorni.

 

 

Le fasi procedurali in caso di intervento per il quale si richiede solo il titolo dell’autorizzazione paesaggistica semplificata (commi 3 e 4)

 

I commi 3 e 4 disciplinano l’iter procedurale che l'amministrazione procedente deve seguire, nei soli casi nei quali l'intervento progettato non richieda altro titolo abilitativo all' infuori della autorizzazione paesaggistica semplificata.

Alla fine del commento dell’articolo in esame sono riportati due grafici che schematizzano l’iter in questione, evidenziando le tempistiche previste per i vari passaggi procedurali.

 

Il comma 3 disciplina le fasi che determinano l’adozione finale del provvedimento da parte dell’amministrazione procedente in caso di parere favorevole del Soprintendente, che sono di seguito elencate:

-       eventuale richiesta all'interessato, in una unica volta, entro dieci giorni dal ricevimento dell'istanza, di ulteriori documenti e chiarimenti strettamente indispensabili (l’art. 4, comma 1 del D.P.R 139/2010 prevede un termine di quindici giorni);

-       assegnazione del termine di dieci giorni dal ricevimento della richiesta, per l’invio degli stessi in via telematica. In tale caso il procedimento rimane sospeso fino alla scadenza del termine assegnato o alla ricezione della documentazione integrativa richiesta (l’assegnazione di tale ulteriore termine per l’invio della documentazione integrativa non è previsto nel D.P.R 139/2010, art. 4, comma 1);

-       dichiarazione di improcedibilità dell’istanza, decorso inutilmente il termine assegnato (l’amministrazione conclude comunque il procedimento ai sensi del D.P.R. 139/2010, art. 4, comma 1);

-       trasmissione alla Soprintendenza, in via telematica, dell'istanza, della relativa documentazione e di una motivata proposta di accoglimento, entro il termine tassativo di venti giorni dalla ricezione dell'ulteriore documentazione (nell’art. 4, comma 6 del D.P.R. 139/2010 tale termine è pari a trenta giorni);

-       nel caso di valutazione positiva del Soprintendente, entro il termine tassativo di venti giorni dal ricevimento della proposta, lo stesso esprime il suo parere vincolante per l’adozione da parte dell'amministrazione procedente del provvedimento nei dieci giorni successivi (il termine previsto per l’espressione del parere vincolante è attualmente pari a venticinque giorni, mentre quello previsto per l’adozione da parte dell’amministrazione del provvedimento favorevole è di cinque giorni, ai sensi dell’art. 4, commi 6 e 7 del D.P.R. 139/2010).

 

Il comma 4 individua la procedura che l’amministrazione procedente deve seguire nel caso di parere negativo del Soprintendente sulla proposta favorevole della medesima amministrazione procedente, prevedendo che:

-       il Soprintendente comunica in via telematica al richiedente entro dieci giorni dal ricevimento della proposta (entro venticinque giorni prevede l’art. 4, comma 8 del D.P.R. 139/2010), i motivi che ostano all'accoglimento dell’istanza e della proposta dell’amministrazione procedente, indicando altresì le modifiche indispensabili per la valutazione positiva del progetto, assegnando il termine di quindici giorni (termine che sospende il procedimento) entro il quale l'interessato deve presentare il progetto adeguato;

-       decorso il termine assegnato, il Soprintendente se non modifica la propria valutazione negativa sull'intervento, nei successivi venti giorni adotta il provvedimento negativo, fornendo specifica motivazione e ne dà contestualmente comunicazione all'autorità procedente.

 

 

In entrambi i casi descritti dai commi 3 e 4 (provvedimento positivo o negativo) il termine di conclusione del procedimento è, come stabilito dall’articolo 10 del testo in esame, che ribadisce quanto contenuto nell’articolo 3, comma 1, del D.P.R. 139/2010,  pari a 60 giorni .

 

Come anticipato, nel testo in esame non si prevede l’espressa applicazione, come invece indica il comma 9 dell’art. 4 del D.P.R. 139/2010, delle norme della legge 7 agosto 1990, n. 241, in materia di conclusione del procedimento amministrativo decorso il termine sopra indicato per la conclusione del procedimento senza che l'amministrazione competente al rilascio dell'autorizzazione o la soprintendenza abbia comunicato la propria determinazione conclusiva sull'istanza presentata.

 

Si segnala che nell’intesa della Conferenza unificata del 7 luglio 2016 è stata formulata una proposta di modifica del comma 9 dell’articolo 11, di cui si è prospettato l’accoglimento prima dell’approvazione definitiva dello schema. Tale modifica è volta a prevedere, in caso di mancata espressione del parere vincolante del Soprintendente nei tempi previsti, l’applicazione del silenzio assenso di cui all’articolo 17-bis della legge n. 241 del 1990, e il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica da parte dell’autorizzazione procedente. Al riguardo, il Consiglio di Stato, nel parere del 1° settembre 2016, rileva che “la norma primaria di riferimento … prevede esplicitamente che debbano comunque rimanere "ferme le esclusioni di cui agli articoli 19, comma 1, e 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241". concernenti, rispettivamente, la non applicabilità alla materia ambientale degli istituti dell'autocertificazione (art. 19, comma 19) e silenzio assenso (art. 20,comma 4).  In proposito la Sezione deve rilevare, sotto un primo profilo, che l'introduzione, nell'ambito della legge sul procedimento amministrativo, del succitato art. 17 bis è avvenuta tramite l’articolo 3 della legge 7 agosto 2015 n. 124: l'introduzione nell'ordinamento della predetta novella è. dunque, successiva rispetto all'approvazione della ridetta disposizione primaria di riferimento di cui all'art. 12 del decreto legge  31 maggio 2014, n. 83 -così come modificato dall'atto 25 del d.l. 12 settembre 2014, n. 133 -con la conseguenza che l’ipotizzata incongruenza fra le precitate disposizioni deriva anche dalla natura di ius superveniens propria della legge n. 124 del 2015. Sotto un differente profilo, inoltre, gli art. 20, comma 4, e 17-bis non appaiono in aperto contrasto tra loro, e ciò in base a quanto già rilevato da questo Consiglio di Stato con il parere n. 1640/2016 del 13 luglio 2016. in riscontro ad un quesito formulato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. In tale pronuncia la Commissione speciale all'uopo designata ha, infatti, rilevato che il silenzio assenso di cui all’art. 20 concerne i rapporti cosiddetti "verticali”, e cioè quelli intercorrenti fra i privati e la P.A.,  mentre l'istituto di cui all'art. 17 bis. come emerge anche dalla sua rubrica, riguarda i rapporti "orizzontali', ovvero fra singole amministrazioni, con conseguente applicabilità dell’art. 17 bis nelle ipotesi in cui si tratti di una “decisione pluristrutturata” per raggiungere la quale sia necessario acquisire l'assenso di due amministrazioni entrambe titolari di una funzione decisoria sostanziale. Orbene, nel caso di specie, come già in precedenza esposto, l'amministrazione proponente e la Soprintendenza rivestono, nell’ambito del procedimento in esame, il ruolo di enti cui spetta la “cogestione del vincolo" -come, peraltro, confermato anche dalla circostanza che il testo dell'art. 11 così come modificato a seguito della proposta della Conferenza unificata, prevede la possibilità per l'amministrazione di respingere l'istanza del privato, a seguito di una valutazione di merito, senza adire la Soprintendenza -con la conseguenza che l'applicazione al procedimento in esame della fattispecie del silenzio assenso tra amministrazioni appare conforme ai generali principi enucleati in materia da questo Consiglio di Stato….Conclusivamente,…ritiene che il richiamo effettuato dall'art. 11 al silenzio assenso di cui all'art. 17-bis risulti giustificato da ragioni di ordine sistematico, oltre che conforme alla ratio semplificatoria sottesa al decreto in esame con la conseguenza che – volendo prescindere da una visione prettamente formalistica del rapporto tra decreto in esame e relativa legge di delega – la Sezione non ha specifiche osservazioni da formulare sul punto. In ogni caso - sussistendo un contrasto di natura sostanzialmente formale.. -fra il contenuto esplicito della normativa primaria di riferimento, nella parte in cui richiama il principio di cui all’art. 20, comma 4 della legge n. 241 del 1990, e l'applicazione del silenzio assenso nel corso del procedimento di autorizzazione paesaggistica semplificata,…..ritiene necessario invitare l'Amministrazione proponente a porre in essere, attraverso gli strumenti ritenuti più opportuni, un adeguato coordinamento fra la normativa sottesa al presente decreto e i successivi sviluppi riformatori in materia di semplificazione amministrativa di cui alla legge n. 124 del 2015”.

 

In tale ambito, merita evidenziare che l’articolo 3 (rubricato silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici) della legge  124/2015 ha introdotto l’articolo 17-bis nella legge 241/1990. Ai sensi di tale norma, nei casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni o i gestori competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, da parte dell'amministrazione procedente, prevedendo l’interruzione del suddetto termine; tuttavia, decorsi i termini previsti, senza comunicazione, l’assenso, il concerto o il nulla osta si intende acquisito.

In caso di mancato accordo tra le amministrazioni statali coinvolte nei procedimenti descritti, il Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, decide sulle modifiche da apportare allo schema di provvedimento.

L’articolo 17-bis si applica anche ai casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche.

In tali casi, ove disposizioni di legge o i provvedimenti di cui all'articolo 2 non prevedano un termine diverso, il termine entro il quale le amministrazioni competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta è di novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell'amministrazione procedente. Decorsi i suddetti termini senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito.

 

Ulteriori disposizioni (commi 5,6 e 7)

 

Il comma 5 prescrive che il parere del Soprintendente, che deve essere espresso entro venti giorni dal ricevimento della proposta, è obbligatorio e non vincolante quando l'area interessata dall'intervento di lieve entità è assoggettata a specifiche prescrizioni d'uso nel piano paesaggistico e nel provvedimento di imposizione di vincolo o negli atti di integrazione del contenuto precettivo del vincolo stesso adottati ai sensi dell'articolo 141-bis del Codice. Rispetto alla normativa vigente, attualmente contenuta nel comma 10 dell’articolo 4 del D.P.R. n. 139 del 2010, si prevede un termine esplicito per l’espressione del parere obbligatorio, ma non vincolante, del  Soprintendente

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 146, comma 5, del Codice, nella procedura ordinaria, il parere del soprintendente, all'esito dell'approvazione delle prescrizioni d'uso dei beni paesaggistici tutelati, predisposte ai sensi degli articoli 140, comma 2, 141, comma 1, 141-bis e 143, comma 1, lettere b), c) e d), nonché della positiva verifica da parte del Ministero, su richiesta della regione interessata, dell'avvenuto adeguamento degli strumenti urbanistici, assume natura obbligatoria non vincolante ed è reso nel rispetto delle previsioni e delle prescrizioni del piano paesaggistico, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti, decorsi i quali l'amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione.

 

Il comma 6 ribadisce quanto già previsto al comma 12 dell’articolo 4 del D.PR. 139/2010, in cui si prevede la non obbligatorietà del parere delle Commissioni locali per il paesaggio a meno che le rispettive leggi regionali non dispongano diversamente. Il testo vigente del citato comma 12 dell’art. 4 precisa che resta comunque fermo il rispetto del termine previsto per la conclusione del procedimento.

 

Da ultimo, il comma 7 dispone che il comma 4 dell'articolo 146 del Codice, che disciplina le caratteristiche e l’efficacia dell’autorizzazione ordinaria, si applica anche alle autorizzazioni paesaggistiche semplificate. Nel testo del D.P.R. 139/2010, l’art. 4, comma 11, stabilisce che l'autorizzazione paesaggistica semplificata è immediatamente efficace ed è valida cinque anni.

L’articolo 146, comma 4, indica i principi generali che caratterizzano l'autorizzazione paesaggistica.  In primo luogo essa costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio e che l'autorizzazione non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi.

In secondo luogo l’articolo 146, comma 4 prevede i termini di efficacia dell’autorizzazione. In particolare la stessa è efficace per un periodo di cinque anni, scaduto il quale l'esecuzione dei progettati lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione. E’ previsto inoltre che i lavori iniziati nel corso del quinquennio di efficacia dell'autorizzazione possono essere conclusi entro e non oltre l'anno successivo la scadenza del quinquennio medesimo. Il termine di efficacia dell'autorizzazione decorre dal giorno in cui acquista efficacia il titolo edilizio eventualmente necessario per la realizzazione dell'intervento, a meno che il ritardo in ordine al rilascio e alla conseguente efficacia di quest'ultimo non sia dipeso da circostanze imputabili all'interessato.

Si ricorda in merito ai termini di efficacia dell’autorizzazione paesaggistica che l’art. 3-quater, comma 2, del D.L. n. 91 del 2013 ha modificato inoltre l’art. 30, comma 3, del D.L. n. 69 del 2013, introducendo una ulteriore proroga di 3 anni del termine delle autorizzazioni paesaggistiche in corso di efficacia alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge 91/2013 e cioè fino al 9 ottobre 2016.


 

 

La procedura per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica semplificata (artt. 9-11)

 

Nelle tavole grafiche seguenti vengono chiariti i passaggi e le relative tempistiche della “Procedura art. 11, co. 3-4” indicata nel precedente diagramma di flusso.

 

 


 


 

 


Articolo 12
(Semplificazione organizzativa)

 

L’articolo 12, sulla scorta di quanto previsto dall’art. 5 del D.P.R. 139/2010, conferma gli interventi organizzativi in alcuni uffici amministrativi coinvolti nella procedura di autorizzazione paesaggistica.

In particolare, il comma 1, a1 fine di assicurare il sollecito esame delle istanze di autorizzazione semplificata, prevede che presso ciascuna soprintendenza siano individuati uno o più funzionari responsabili dei relativi procedimenti.

In base al comma 2, le regioni, con autonomi atti normativi o di indirizzo, promuovono le iniziative organizzative, che devono essere  adottate dalle amministrazioni competenti al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, con particolare riguardo all'individuazione del responsabile dei procedimenti autorizzatori paesaggistici. La norma vigente, che ha una formulazione più generica, esplicita la promozione di tali iniziative da parte delle regioni in termini di facoltà.

 


Articolo 13
(Efficacia immediata delle disposizioni in tema di autorizzazioni semplificate)

 

L’articolo 13, ribadendo quanto già disposto dall’art. 6 del D.P.R. 139/2010, prevede:

-       l’immediata applicazione delle disposizioni dello schema di decreto in esame nelle regioni a statuto ordinario, ai sensi dell'articolo 131, comma 3, del Codice dei beni culturali e del paesaggio (comma 1);

Tale norma prevede che le norme del Codice medesimo definiscono i principi e la disciplina di tutela dei beni paesaggistici, salva la potestà esclusiva dello Stato di tutela del paesaggio quale limite all'esercizio delle attribuzioni delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano sul territorio. La Corte Costituzionale, con sentenza 14-22 luglio 2009, n. 226, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di tale disposizione nella parte in cui include le Province autonome di Trento e di Bolzano tra gli enti territoriali soggetti al limite della potestà legislativa esclusiva statale di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in materia di tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.

 

-       l’adozione, entro centottanta giorni (dalla data di entrata in vigore del provvedimento), delle norme necessarie per disciplinare il procedimento di autorizzazione paesaggistica semplificata in conformità ai criteri dello schema in esame, da parte delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, in conformità agli statuti ed alle relative norme di attuazione (comma 2).

 

Il citato comma 2 ribadisce, inoltre, quanto già disposto dall’art. 6 del D.P.R. 139/2010, per cui l’adozione delle norme di recepimento avviene in ragione dell'attinenza delle disposizioni dello schema di decreto alla tutela del paesaggio, ai livelli essenziali delle prestazioni amministrative, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, nonché della natura di grande riforma economico sociale del Codice e delle norme di semplificazione procedimentale previste in esso e nel D.L. 12 settembre 2014, n. 133 (art. 25). Rispetto al testo vigente, vengono qualificate come norme di semplificazione procedimentale le disposizioni dell’articolo 25 del citato decreto legge n. 133 del 2014, che – lo si ricorda – al comma 2 ha modificato la previsione di cui al comma 2 dell’articolo 12 del decreto legge n. 83 del 2014, al fine di integrare i contenuti del regolamento di delegificazione volto a modificare il D.P.R. n. 139 del 2010.

 

Il comma 2 reca, inoltre, una disposizione, non prevista nel citato art. 6 del D.P.R. 139/2010, in base alla quale, fino al citato adeguamento normativo da parte delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, trovano applicazione le disposizioni regionali vigenti.

 

Il comma 3 prevede, infine, innovando il contenuto del citato art. 6 del D.P.R 139/2010, l’applicazione immediata in tutto il territorio nazionale dell'esonero dall'obbligo di autorizzazione paesaggistica semplificata per le categorie di opere e di interventi di cui all'”Allegato A” allo schema di decreto.

 

Si segnala che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 207 del 2012 relativa ad un conflitto di attribuzioni – promosso dalla Provincia autonoma di Trento- concernente il procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica, così come disciplinato dal D.P.R. n. 139 del 2010, ha statuito che la disciplina relativa al procedimento autorizzatorio semplificato, è riconducibile alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, con la conseguenza che quest'ultimo può determinare "degli standard strutturali e qualitativi di prestazioni che, concernendo il soddisfacimento di diritti civili e sociali, devono essere garantiti, con carattere di generalità, a tutti gli aventi diritto”.

In questa sentenza, la Corte rileva che la predetta disciplina “rientra, pertanto, in quella evoluzione in atto nel sistema amministrativo tesa ad una accentuata semplificazione di talune tipologie procedimentali. La riconducibilità ai livelli essenziali delle prestazioni della disciplina dettata dall’art. 6, comma 2, del d.P.R. n. 139 del 2010, è, pertanto, desumibile dall’oggettiva necessità di dettare regole del procedimento, valide in ogni contesto geografico della Repubblica, le quali, adeguandosi a canoni di proporzionalità e adeguatezza, si sovrappongano al normale riparto di competenze contenuto nel Titolo V della Parte seconda della Costituzione. L’esigenza comune, che caratterizza questo tipo di attività procedurale, è quella di impedire che le funzioni amministrative risultino inutilmente gravose per i soggetti amministrati ed è volta a semplificare le procedure, evitando duplicazione di valutazioni, in un’ottica di bilanciamento tra l’interesse generale e l’interesse particolare all’esplicazione dell’attività”.

La giurisprudenza costituzionale, formatasi nella vigenza del Codice del 2004 (sentenze n. 182 e n. 183 del 2006, n. 367 del 2007 e n. 180 del 2008), ha ribadito che il paesaggio è un valore “primario” ed anche “assoluto” (in precedenza, sentenze n. 151 del 1986 e n. 641 del 1987), precisando che per paesaggio deve intendersi, innanzitutto, «la morfologia del territorio» regionale e che esso riguarda «l'ambiente nel suo aspetto visivo». In tal senso, come affermato, in particolare, dalla sentenza n. 367 del 2007, «l'art. 9 della Costituzione ha sancito il principio fondamentale della “tutela del paesaggio” senza alcun'altra specificazione. In sostanza, è lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che è di per sé un valore costituzionale.

Ciò posto, la Corte costituzionale ha ritenuto che «la conservazione ambientale e paesaggistica» spetti, in base all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., alla cura esclusiva dello Stato (ancora la sentenza n. 367 del 2007). In un siffatto contesto, si è inoltre puntualizzato che il predetto titolo di competenza statale «riverbera i suoi effetti anche quando si tratta di regioni speciali o di province autonome, con l'ulteriore precisazione, però, che qui occorre tener conto degli statuti speciali di autonomia» (sentenza n. 378 del 2007).

 

La disposizione  di cui al comma 3 andrebbe coordinata con il comma 1, che già prevede l’applicazione immediata delle disposizioni dello schema di decreto nelle regioni a statuto ordinario, e andrebbe valutata alla luce delle competenze proprie delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, anche tenuto conto di quanto dispone il comma 2.

 

Al riguardo, il Consiglio di Stato ha evidenziato che l’art. 13, comma 3 del decreto in esame “non appare conforme ai principi enucleati dalla Corte, nella parte in cui dispone l'immediata applicabilità su tutto il territorio nazionale delle “liberalizzazioni”, anche in assenza di uno specifico atto di recepimento di tale disciplina da parte delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome. Pertanto, al fine di evitare che tale problematica possa comportare il sorgere di un contenzioso tra organi, la Sezione ritiene necessario invitare l’Amministrazione a prevedere che l'applicazione nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome delle liberalizzazioni di cui all’allegato A, sia subordinata al recepimento, da parte dei predetti organi, di tale disciplina, "in conformità ai criteri" previsti dal regolamento de quo, analogamente a quanto già previsto dal medesimo art. 13 in relazione al procedimento di autorizzazione paesaggistica semplificata”.


Articolo 14
(Prevalenza del regolamento di delegificazione e rapporti con gli strumenti di pianificazione)

 

L'articolo 14 pone un principio di prevalenza  dell’esclusione dell’autorizzazione paesaggistica  - per gli interventi di cui all’Allegato ‘A’ - su eventuali disposizioni contrastanti, quanto al regime abilitativo degli interventi stessi, che siano eventualmente contenute nei piani paesaggistici o negli strumenti di pianificazione ad essi adeguati.

In base alla relazione illustrativa, la disposizione precisa che gli strumenti di pianificazione paesaggistica non possono imporre oneri procedurali maggiori rispetto ai livelli minimi di semplificazione, uniformi su tutto il territorio nazionale, stabiliti dal regolamento in esame.

La disposizione specifica, al secondo periodo, che sono fatte salve le specifiche prescrizioni d’uso dei beni paesaggistici dettate ai sensi delle indicate disposizioni del Codice.

 

Si tratta delle disposizioni recate dagli articoli 140, 141 e 143, comma 1, lettere b), c) e d) del Codice.

L'articolo 140, in materia di Dichiarazione di notevole interesse pubblico, detta l'iter di adozione di questa, specificando che la stessa detta la disciplina intesa ad assicurare la conservazione dei valori espressi dagli aspetti e caratteri peculiari del territorio considerato, costituendo tale dichiarazione parte integrante del piano paesaggistico, non suscettibile di rimozioni o modifiche nel corso del procedimento di redazione o revisione del piano medesimo. In base all'articolo 141, il provvedimento può essere adottato dal Ministero, con la relativa scansione procedimentale

 

L'articolo 143 del Codice, in materia di Piano paesaggistico, viene richiamato con riguardo alle lettere b), c) e d). Queste, in materia di contenuto del piano paesaggistico, si riferiscono:

·           lettera b): alla ricognizione degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico (ex articolo 136), alla loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché alla determinazione delle specifiche prescrizioni d'uso;

·           lettera c): alla ricognizione delle aree di cui al comma 1 dell'articolo 142 - vale a dire le aree tutelate per legge in quanto di interesse paesaggistico - , alla loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché alla determinazione di prescrizioni d'uso intese ad assicurare la conservazione dei caratteri distintivi di dette aree e, compatibilmente con essi, la relativa valorizzazione;

·           lettera d): alla eventuale individuazione di ulteriori immobili od aree, di notevole interesse pubblico a termini dell'articolo 134, comma 1, lettera c), alla loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché alla determinazione delle specifiche prescrizioni d'uso;

 

Il previsto principio di prevalenza non investe, quindi, i casi di divieti e limiti alla realizzabilità di taluni interventi in determinate aree territoriali o per specifici immobili per vincoli o previsioni del piano paesaggistico.

 

La relazione al provvedimento precisa  quindi che non sono investiti i casi di divieti e limiti stabiliti in sede di 'vestizione' dei vincoli o del piano paesaggistico. Si ricorda che il concetto di vestizione del vincolo fa riferimento alla trasformazione dei vincoli paesaggistici da vincoli meramente 'perimetrali', a  vincoli corredati di obiettivi, criteri, limiti, e dunque delle specifiche prescrizioni d'uso del bene, rilevanti per valutare la compatibilità degli interventi previsti con la salvaguardia dei valori tutelati.

 

 


Articolo 15
(Rinvio a normative di settore)

 

L’articolo 15 prevede che l'esclusione dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica - per gli interventi di cui all’Allegato ‘A’ - non produca effetti sulla disciplina amministrativa cui sono assoggettati gli interventi stessi, in base alla Parte II del Codice (in materia di tutela dei beni culturali) o delle vigenti normative di settore.

In particolare, la norma specifica che non si producono effetti in ordine alla disciplina dei titoli abilitativi edilizi, dei provvedimenti di occupazione di suolo pubblico e relativi ad esercizio di attività commerciali in area pubblica.

 

La relazione al provvedimento ascrive tale specificazione ad esigenze di chiarezza e certezza del diritto. In particolare, si afferma che "la 'liberalizzazione' (ossia l'esclusione dell'obbligo di autorizzazione paesaggistica) degli interventi di cui all'Allegato A al presente decreto non esclude in alcun modo la eventuale necessità, per quei  medesimi interventi, di altri e diversi titoli autorizzativi, vuoi perché si tratti di interventi su immobili sottoposti, oltre che a tutela paesaggistica, anche a tutela come beni culturali, il base alla Parte II del Codice di settore, vuoi perché altre normative di settore li sottopongono ad altri titoli autorizzativi e concessori (si pensi, ad esempio, all'occupazione di aree pubbliche, alle autorizzazioni commerciali, annonarie, ambientali, agli stessi titoli abilitativi edilizi, etc).".

Al riguardo, si ricorda che il successivo articolo 16 del decreto qui in esame interviene in materia di interventi soggetti ad autorizzazione paesaggistica semplificata che abbiano ad oggetto edifici o manufatti assoggettati anche 'a tutela storica e artistica' - di cui alla Parte II del Codice.

La dizione 'non produce alcun effetto sulla disciplina amministrativa cui sono assoggettati tali interventi', di cui all'articolo 15 in esame,  sembrerebbe quindi riferirsi al piano della disciplina sostanziale (mentre sul piano procedimentale la normativa degli altri titoli abilitativi risulta essere oggetto di intervento, in un'ottica semplificatoria, sancendosi l'unicità dell'istanza relativa ai titoli abilitativi stessi per effetto del successivo articolo 16): potrebbe quindi risultare opportuno coordinare le previsioni, specificando che il rinvio alle norme di settore fa comunque  salva l'unicità dell'istanza prevista dal successivo articolo del regolamento.

 

Si ricorda che l'articolo 5 dell'A.G. 322 (norme per l'individuazione di procedimenti oggetto di autorizzazione, segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), silenzio assenso e comunicazione, ridefinendo i regimi amministrativi applicabili a determinate attività e procedimenti, sulla base della norma di delega posta dall'articolo 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124), c.d. decreto SCIA 2, attualmente all'esame del Parlamento, detta disposizioni di semplificazioni in materia di commercio, mutando il quadro vigente, per cui può essere opportuno - sebbene la norma qui in esame rinvii alle normative di settore - tenere presente le generali esigenze di raccordo enucleate dal Consiglio di Stato, già richiamate in sede di Premessa.


Articolo 16
(Coordinamento con la tutela dei beni culturali)

 

L'articolo 16 prevede l'unicità dell'istanza relativa ai titoli abilitativi, per gli interventi che siano soggetti ad autorizzazione paesaggistica semplificata, e che abbiano ad oggetto edifici o manufatti assoggettati altresì a tutela storica e artistica, ai sensi della Parte II del Codice.

L’unica istanza relativa ad entrambi i titoli abilitativi, presentata da parte del soggetto interessato, è oggetto di disamina da parte della competente Soprintendenza, che si pronuncia con un atto a contenuto ed efficacia plurimi recante sia le valutazioni relative alla tutela paesaggistica, sia le determinazioni relative alla tutela storica, artistica e archeologica di cui agli articoli 21 e 22 del Codice.

Si ricorda che, in base al codice del paesaggio (articolo 21), sono subordinati ad autorizzazione del Ministero una serie di interventi, quali: la rimozione o la demolizione, anche con successiva ricostituzione, dei beni culturali; lo spostamento, anche temporaneo, dei beni culturali mobili; lo smembramento di collezioni, serie e raccolte; lo scarto dei documenti degli archivi pubblici e degli archivi privati per i quali sia intervenuta la dichiarazione ai sensi dell'articolo 13, nonché lo scarto di materiale bibliografico delle biblioteche pubbliche e delle biblioteche private per le quali sia intervenuta la dichiarazione ai sensi dell'articolo 13; il trasferimento ad altre persone giuridiche di complessi organici di documentazione di archivi pubblici, nonché di archivi privati per i quali sia intervenuta la dichiarazione ai sensi dell'articolo 13. Lo spostamento di beni culturali è preventivamente denunciato al soprintendente, che, entro trenta giorni dal ricevimento della denuncia, può prescrivere le misure necessarie perché i beni non subiscano danno dal trasporto. La norma detta disposizioni di tutela, anche con scansioni procedurali per  beni indicati, prevedendo, comunque, che fuori dei casi sopra previsti, l'esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente, e che il mutamento di destinazione d'uso dei beni medesimi è comunicato al soprintendente stesso. Si specifica che l'autorizzazione è resa su progetto o, qualora sufficiente, su descrizione tecnica dell'intervento, presentati dal richiedente, e può contenere prescrizioni, con la precisazione che, se i lavori non iniziano entro cinque anni dal rilascio dell'autorizzazione, il soprintendente può dettare prescrizioni ovvero integrare o variare quelle già date in relazione al mutare delle tecniche di conservazione.

 

L'articolo 22, in materia di procedimento di autorizzazione per interventi di edilizia, prevede poi che, fuori dei casi in cui sia prevista una conferenza di servizi ovvero una valutazione di impatto ambientale, l'autorizzazione prevista, per i beni culturali, relativa ad interventi in materia di edilizia pubblica e privata, venga rilasciata entro il termine di centoventi giorni dalla ricezione della richiesta da parte della soprintendenza. Qualora la soprintendenza chieda chiarimenti o elementi integrativi di giudizio, il termine in questione è sospeso fino al ricevimento della documentazione richiesta e, ove sorga l'esigenza di procedere ad accertamenti di natura tecnica, la soprintendenza ne dà preventiva comunicazione al richiedente, con sospensione del termine fino all'acquisizione delle risultanze degli accertamenti d'ufficio e comunque per non più di trenta giorni, applicandosi poi le regole procedimentali circa la diffida da parte del richiedente nei confronti dell'amministrazione, decorso inutilmente il termine stabilito.

 

La relazione illustrativa a corredo del provvedimento rileva come resti implicita la 'non riduzione' dei termini procedimentali previsti dalla Parte II del Codice, così come il diverso livello di approfondimento e sviluppo degli elaborati progettuali da presentare alla Soprintendenza al riguardo, specificando che tali profili "non sono diminuiti o incisi dal regime semplificato sul versante paesaggistico".

Inoltre, sempre in relazione, alla obiezione circa un possibile effetto di vanificazione della semplificazione e riduzione dei tempi procedimentali dovuta alla non incisione dei più lunghi tempi previsti per i beni soggetti a tutela storico-artistica, viene opposta - tra l'altro - l'osservazione che tale opzione (di adire l'amministrazione per l'emanazione di un atto 'contestuale a contenuto plurimo') sia "attivabile volontariamente dalla parte, se e nella misura in cui sia essa a chiedere i due titoli con un'unica domanda".

Al riguardo, appare opportuno chiarire tale profilo, in particolare con riguardo al carattere - secondo la relazione illustrativa - meramente 'opzionale' da parte del soggetto istante circa l'unico provvedimento; ciò, per entrambi i seguenti profili: sia in relazione alla formulazione e al tenore della norma (che prevede che "l'interessato presenta un'unica istanza relativa ad entrambi i titoli abilitativi" - senza fare riferimento a una mera facoltà); sia, più in generale, per profili di chiarezza del quadro giuridico di riferimento.

 


Articolo 17
(Rinvio all'articolo 167 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42)

 

L'articolo 17 chiarisce l'applicabilità dell’art. 167 del Codice per i casi di violazione degli obblighi previsti dallo schema di regolamento in esame.

Si tratta della norma del Codice del paesaggio relativa alle sanzioni ed in particolare all'ordine di rimessione in pristino o di versamento di indennità pecuniaria.

L'art. 167 del Codice prevede - dettandone la scansione procedurale - che attualmente, in caso di violazione degli obblighi e degli ordini previsti dalla parte terza in materia di Beni paesaggistici, ed in particolare dal Titolo I concernente le norme di tutela e valorizzazione, il trasgressore sia sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese. La disciplina in parola fa comunque salva l'ipotesi che - secondo  quanto previsto dal comma 4 dell'articolo 167 qui richiamato- l'autorità amministrativa competente accerti la compatibilità paesaggistica, indicando al riguardo i seguenti casi:

a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;

b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;

c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico in materia edilizia), recante le definizioni in materia edilizia.

In caso si ricorra in tali ipotesi, si prevede che il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati dagli interventi in questione, presenti apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. La norma detta al riguardo una scansione procedurale (pronuncia da parte dell'autorità competente sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni) nonché pagamento da parte del trasgressore di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito, qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, demandando ad una perizia di stima la determinazione dell'importo della sanzione pecuniaria, mentre in caso di rigetto della domanda la disciplina vigente prevede si applichi la sanzione demolitoria.

 

Il secondo periodo del comma 1 della norma in esame prevede poi che, nei casi di violazione degli obblighi previsti dal regolamento in esame, l’autorità preposta alla gestione del vincolo e il Soprintendente, nell’esercizio delle funzioni di cui al ricordato art. 167, comma 4, del codice, dispongano la sanzione della  rimessione in pristino quale extrema ratio, solo quando non sia in alcun modo possibile dettare prescrizioni che consentano la compatibilità paesaggistica dell’intervento.

 

Il comma 2 della norma specifica inoltre il divieto di comminare la rimessione in pristino, tuttavia, nel caso di opere realizzate anteriormente alla data di entrata in vigore del regolamento in esame che risultino non soggette ad altro titolo abilitativo all’infuori dell’autorizzazione paesaggistica, e che rientrino nell'ambito delle opere non più soggette all’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’articolo 2 dello schema in esame.

La disposizione delinea dunque l'applicazione del regime autorizzatorio più favorevole ad opere realizzate anteriormente all'entrata in vigore del regolamento in esame, che - sulla base della nuova disciplina - non risultano soggette ad altro titolo abilitativo all'infuori dell'autorizzazione paesaggistica ai sensi dell'articolo 2.

In relazione alla norma, la Conferenza unificata ha proposto una modifica alla formulazione volta ad esplicitare che non può disporsi la rimessione in pristino per opere realizzate anteriormente alla entrata in vigore del regolamento in esame qualora tali opere possano essere ricondotte tra gli interventi che non necessitano di autorizzazione paesaggistica ai sensi del regolamento medesimo.

Si rileva come, posto che l'articolo 2 del testo (rubricato 'Interventi ed opere non soggetti ad autorizzazione paesaggistica') fa riferimento alle opere c.d. 'liberalizzate', che vengono quindi - nella nuova normativa proposta - sottratte alla autorizzazione paesaggistica, sebbene risulti esplicito l'intento della norma, risulterebbe opportuno chiarire la formulazione testuale del comma 2 della disposizione in esame nonché della relativa rubrica (attualmente formulata con un mero 'rinvio').

Si osserva che la disposizione dell'articolo 17 fa riferimento, al comma 1, ad 'interventi', mentre al comma 2 si riferisce alle 'opere'; posto che l'articolo 2 del provvedimento si riferisce ad 'opere ed interventi' e che nella relazione al provvedimento si attribuisce a tale duplice riferimento il significato di ricomprendere sia interventi sia opere, appare opportuno chiarire il dettato della previsione normativa qui in esame, avendo la stessa valenza in ambito sanzionatorio.

 

 


Articolo 18
(Specificazioni e rettificazioni)

 

L'articolo 18 attribuisce al Ministro dei beni culturali la facoltà di apportare, con proprio decreto, "specificazioni e rettificazioni" agli elenchi di cui agli Allegati ‘A’ e ‘B’ nonché variazioni alla documentazione richiesta ai fini dell’autorizzazione semplificata ed al correlato modello di cui all’Allegato ‘D’, fondate su esigenze tecniche ed applicative.

Viene quindi demandata alla fonte del decreto ministeriale la possibile rettifica dell'elenco e dell'individuazione di quali opere ed interventi risultino sottratti ad autorizzazione paesaggistica (Allegato A) ovvero soggetti ad autorizzazione semplificata (Allegato B), nonché del tipo di corredo documentale.

La disposizione àncora tale facoltà a quanto emerga dall’esperienza attuativa del sistema semplificato previsto dallo schema in esame, prevedendo comunque la previa intesa con la Conferenza unificata.

 

 

Si segnala come, rispetto a quanto previsto da analoga disposizione in materia di 'specificazioni e rettificazioni' prevista dal vigente D.P.R. n. 139 del 2010 (in particolare, dall'articolo 1, comma 2), la norma proposta attribuisce il potere di rettificazione al solo Ministro dei beni culturali, con proprio decreto, previa intesa con la Conferenza unificata, venendo invece meno l'attuale previsto concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle infrastrutture e dei trasporti.

 

 

Andrebbe inoltre valutata l’opportunità di verificare la coerenza con il  sistema  delle  fonti  della  previsione  che  consente ad una fonte subordinata, quale un decreto  ministeriale, di  modificare le tabelle allegata al regolamento di delegificazione qui in esame.

 

 


Articolo 19
(Abrogazioni)

L'articolo 19 dispone l'abrogazione del decreto del Presidente della Repubblica 9 luglio 2010, n. 139, dall’entrata in vigore del regolamento in esame.

Si tratta del Regolamento già recante la disciplina del procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entità, a norma dell'articolo 146, comma 9, del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

 

Esso ha previsto l'assoggettamento a procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica, ai sensi e per gli effetti del citato articolo 146, comma 9, del Codice per gli interventi di lieve entità, da realizzarsi su aree o immobili sottoposti alle norme di tutela della parte III del Codice, sempre che comportino un'alterazione dei luoghi o dell'aspetto esteriore degli edifici, sulla base dell'elenco allegato al D.P.R. (Allegato I) che ne costituisce parte integrante.

 

Si ricorda che l'articolo 12, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83 (recante Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo) ha previsto che con regolamento di delegificazione - da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 - entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge stesso, fossero dettate disposizioni modificative e integrative al regolamento di cui all'articolo 146, comma 9, quarto periodo, del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004. La norma di delega al regolamento individuava la finalità nell'ampliare e precisare le ipotesi di interventi di lieve entità, nonché nell'operare ulteriori semplificazioni procedimentali. Con il medesimo regolamento, in base a quanto previsto dalla norma primaria come successivamente modificata, sono altresì individuate:

a) le tipologie di interventi per i quali l'autorizzazione paesaggistica non è richiesta, ai sensi dell'articolo 149 del medesimo Codice dei beni culturali e del paesaggio, sia nell'ambito degli interventi di lieve entità già compresi nell'allegato 1 al suddetto regolamento di cui all'articolo 146, comma 9, quarto periodo, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, sia mediante definizione di ulteriori interventi minori privi di rilevanza paesaggistica;

b) le tipologie di intervento di lieve entità che possano essere regolate anche tramite accordi di collaborazione tra il Ministero, le Regioni e gli enti locali, ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, con specifico riguardo alle materie che coinvolgono competenze proprie delle autonomie territoriali.

 

 


Articolo 20
(Clausola di invarianza finanziaria)

 

L'articolo 20 dispone l'invarianza finanziaria del provvedimento in esame, prevedendo che le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione delle disposizioni recate con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 


Allegato



Allegati A e B
(Interventi esclusi dall’autorizzazione ed interventi di lieve entità)

 

Gli allegati A e B elencano rispettivamente gli interventi in aree vincolate esclusi dall’autorizzazione paesaggistica (interventi cd. “liberi”) e gli interventi di lieve entità soggetti al procedimento autorizzatorio semplificato (interventi “semplificati”). Entrambi gli elenchi costituiscono parte integrante del regolamento in esame, come precisato rispettivamente agli articoli 2 e 3.

Con riferimento agli interventi “liberi”, che non compaiono nel testo vigente del D.P.R. 139/2010, l’art. 12, comma 2, del decreto legge 83/2014, che ha autorizzato l’adozione del regolamento di delegificazione finalizzato ad ampliare e precisare le ipotesi di interventi di lieve entità elencate nel D.P.R. n. 139 del 2010, prevede, sulla base delle integrazioni disposte dall’art. 25, comma 2, del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133, che con il medesimo regolamento di delegificazione siano, altresì, individuate le tipologie di interventi per i quali l'autorizzazione paesaggistica non è richiesta, ai sensi dell'articolo 149 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, sia nell'ambito degli interventi di lieve entità già compresi nell'allegato 1 al suddetto D.P.R. n. 139 del 2010, sia mediante definizione di ulteriori interventi minori privi di rilevanza paesaggistica.

L’art. 149 citato dispone che - fatta salva l'applicazione dell'articolo 143, comma 4, lettera a), che consente al piano paesaggistico di individuare aree soggette a tutela nelle quali “la realizzazione di interventi può avvenire previo accertamento, nell'ambito del procedimento ordinato al rilascio del titolo edilizio, della conformità degli interventi medesimi alle previsioni del piano paesaggistico e dello strumento urbanistico comunale” - non è comunque richiesta l'autorizzazione per i seguenti interventi:

a) per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici;

b) per gli interventi inerenti l'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l'assetto idrogeologico del territorio;

c) per il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste indicati dall'articolo 142, comma 1, lettera g), purché previsti ed autorizzati in base alla normativa in materia.

La richiamata lettera g) fa riferimento ai territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227.

 

L’allegato B, invece, riporta l’elencazione degli interventi di lieve entità soggetti al procedimento autorizzatorio semplificato, attualmente contenuto nel citato Allegato 1 al D.P.R. n. 139 del 2010. La relazione illustrativa sottolinea che “i due elenchi sono in parte complementari, ma non del tutto speculari: il secondo (interventi "semplificati") è più ampio, poiché include sia alcune tipologie di interventi ricomprese anche nel primo elenco (interventi "liberi"), ma con differenze di grado (e non di tipo) per le diverse caratteristiche realizzative, di maggiore impatto sul paesaggio, sia altre tipologie di interventi non contemplati affatto nel primo elenco. Ad esempio, per maggiore chiarezza, nella categoria A.2 sono considerati liberi gli interventi sui prospetti o sulle coperture degli edifici, purché eseguiti nel rispetto delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti; le stesse tipologie di interventi sono invece ricompresi nelle lettere B.3 e B.4 (interventi sui prospetti e sulle coperture) allorquando comportino viceversa alterazione dell'aspetto esteriore degli edifici mediante modifica delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali o delle finiture esistenti”.

Tali differenze sono facilmente desumibili dalla presentazione degli allegati A e B in una tavola sinottica che ne consente il confronto.

La tabella seguente consente non solo di confrontare gli elenchi recati dagli allegati A e B, ma di evidenziare le differenze con l’elenco vigente (desunto dall’allegato 1 al D.P.R. 139/2010) degli interventi di lieve entità soggetti ad autorizzazione semplificata.

La relazione illustrativa sottolinea inoltre che il criterio della rilevanza paesaggistica, che orienta (nello schema in esame) la selezione di una serie tipologica di interventi da ritenersi liberi “si articola in tre profili: la non percepibilità esterna, la innocuità dell'intervento come sua insuscettibilità di arrecare anche in astratto pregiudizio al (ossia di incidere negativamente sul) bene paesaggistico protetto, la facile amovibilità o la sicura temporaneità del manufatto, tale da escludere che esso costituisca trasformazione stabile e permanente (o, almeno, duratura) del territorio”. La stessa relazione sottolinea altresì che “talune tipologie di interventi minori, pur non pienamente riconducibili a tale declinazione della nozione di·irrilevanza paesaggistica, siccome percepibili all'esterno, in astratto suscettibili di arrecare un qualche pregiudizio e non temporanei, ma duraturi (ad es. gli impianti di climatizzazione esterni, i microimpianti eolici e i pannelli solari sui tetti, le rampe e gli altri impianti per il superamento delle barriere architettoniche), sono considerati meritevoli di esonero dalla previa autorizzazione paesaggistica facendo leva sulla forza delegificante del regolamento e nell'esercizio della discrezionalità normativa di bilanciamento tra valori potenzialmente equiordinati alla tutela paesaggistica, quali quelli di tutela della salute, di tutela dell'ambiente-ecosfera mediante la promozione delle fonti di produzione di energia rinnovabile alternative a quelle tradizionali climalteranti, di tutela dei soggetti diversamente abili”.

Il Consiglio di Stato, nel suo parere ritiene che l'Amministrazione, nell’individuare tali interventi come liberi “abbia esercitato in maniera non illogica né irragionevole la discrezionalità ad essa demandata dalla normativa primaria, con la conseguenza che la Sezione stessa non ha rilievi da formulare al riguardo”.

Nella tabella che segue sono inoltre indicate, in neretto corsivo, le ipotesi in cui si applicano le particolari clausole di esonero dall'obbligo di autorizzazione paesaggistica semplificata contemplate dai commi 1 e 3 dell’art. 4 dello schema in esame, al cui commento si rinvia.

 


Tavola di raffronto tra gli allegati A e B e l’elenco vigente degli interventi semplificati recato dall’allegato 1 del D.P.R. 139/2010

Interventi di lieve entità soggetti ad autorizzazione semplificata (“interventi semplificati”)

“Interventi liberi” (non soggetti ad autorizzazione)

D.P.R. 139/2010 – Allegato 1

Schema n. 336 - Allegato B

Schema n. 336 - Allegato A

1. Incremento di volume non superiore al 10 per cento della volumetria della costruzione originaria e comunque non superiore a 100 mc (la presente voce non si applica nelle zone territoriali omogenee "A" di cui all'articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, e ad esse assimilabili e agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice).

Ogni successivo incremento sullo stesso immobile è sottoposto a procedura autorizzatoria ordinaria.

B.1. incrementi di volume non superiori al 10 per cento della volumetria della costruzione originaria e comunque non superiori a 100 mc, eseguiti nel rispetto delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti.

 

Ogni ulteriore incremento sullo stesso immobile da eseguirsi nei cinque anni successivi all'ultimazione lavori è sottoposto a procedimento autorizzatorio ordinario;

A.1. Opere interne che non alterano l'aspetto esteriore degli edifici comunque denominate ai fini urbanistico-edilizi, anche ove comportanti mutamento della destinazione d'uso;

4. Interventi sui prospetti degli edifici esistenti, quali: aperture di porte e finestre o modifica delle aperture esistenti per dimensione e posizione; interventi sulle finiture esterne, con rifacimento di intonaci, tinteggiature o rivestimenti esterni, modificativi di quelli preesistenti; realizzazione o modifica di balconi o terrazze; inserimento o modifica di cornicioni, ringhiere, parapetti; chiusura di terrazze o di balconi già chiusi su tre lati mediante installazione di infissi; realizzazione, modifica o sostituzione di scale esterne (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice).

B.3. interventi sui prospetti, diversi da quelli di cui alla voce B.2, comportanti alterazione dell’aspetto esteriore degli edifici mediante modifica delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali o delle finiture esistenti, quali: modifica delle facciate mediante realizzazione o riconfigurazione di aperture esterne o di manufatti quali cornicioni, ringhiere, parapetti; interventi sulle finiture esterne, con rifacimento di intonaci, tinteggiature o rivestimenti esterni, modificativi di quelli preesistenti; realizzazione, modifica o chiusura di balconi o terrazze; realizzazione e modifica sostanziale di scale esterne;

A.2. interventi sui prospetti o sulle coperture degli edifici, purché eseguiti nel rispetto degli eventuali piani del colore-vigenti nel Comune e delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti, quali: rifacimento di intonaci, tinteggiature, rivestimenti esterni o manti di copertura; opere di manutenzione di balconi, terrazze o scale esterne; integrazione o sostituzione di finiture esterne o manufatti quali infissi, cornici, parapetti, lattonerie, lucernari, comignoli e simili; interventi di coibentazione volti a migliorare l‘efficienza energetica degli edifici che non comportino la realizzazione di elementi o manufatti emergenti dalla sagoma, ivi compresi quelli eseguiti sulle falde di copertura.

Si applica l’art. 4, comma 1

 

5. Interventi sulle coperture degli edifici esistenti, quali: rifacimento del manto del tetto e delle lattonerie con materiale diverso; modifiche indispensabili per l'installazione di impianti tecnologici; modifiche alla inclinazione o alla configurazione delle falde; realizzazione di lastrici solari o terrazze a tasca di piccole dimensioni; inserimento di canne fumarie o comignoli; realizzazione o modifica di finestre a tetto e lucernari; realizzazione di abbaini o elementi consimili (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice).

B.4. interventi sulle coperture, diversi da quelli di cui alla voce B.2, comportanti alterazione dell’aspetto esteriore degli edifici mediante modifica delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche. dei materiali o delle finiture esistenti, quali: rifacimento del manto del tetto con materiali diversi; modifiche alle coperture finalizzate all'installazione di impianti tecnologici; modifiche alla inclinazione o alla configurazione delle falde; realizzazione di lastrici solari o terrazze a tasca; inserimento di canne fumarie o comignoli; realizzazione di finestre a tetto, lucernari, abbaini o elementi consimili;

4. Interventi sui prospetti degli edifici esistenti, quali: aperture di porte e finestre o modifica delle aperture esistenti per dimensione e posizione; interventi sulle finiture esterne, con rifacimento di intonaci, tinteggiature o rivestimenti esterni, modificativi di quelli preesistenti; realizzazione o modifica di balconi o terrazze; inserimento o modifica di cornicioni, ringhiere, parapetti; chiusura di terrazze o di balconi già chiusi su tre lati mediante installazione di infissi; realizzazione, modifica o sostituzione di scale esterne (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice).

B.2. realizzazione o modifica di aperture esterne o finestre a tetto riguardanti beni vincolati ai sensi del Codice, articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), limitatamente, per quest’ultima, agli immobili di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale. ivi compresa l'edilizia rurale tradizionale, isolati o ricompresi nei centri o nuclei storici, purché tali interventi siano eseguiti nel rispetto delle caratteristiche architettoniche, mono-tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti;

(segue A.2) Alle medesime condizioni non è altresì soggetta ad autorizzazione la realizzazione o la modifica di aperture esterne o di finestre a tetto, purché tali interventi non interessino i beni vincolati ai sensi del Codice, articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), limitatamente, per quest’ultima, agli immobili di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale, ivi compresa l’edilizia rurale tradizionale, isolati o ricompresi nei centri o nuclei storici;

Si applica l’art. 4, comma 1

6. Modifiche che si rendono necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica ovvero per il contenimento dei consumi energetici degli edifici.

B.5. interventi di adeguamento alla normativa antisismica ovvero finalizzati al contenimento dei consumi energetici degli edifici, laddove comportanti innovazioni nelle caratteristiche morfotipologiche, ovvero nei materiali di finitura o di rivestimento preesistenti;

A.3. interventi che abbiano finalità di consolidamento statico degli edifici, ivi compresi gli interventi che si rendano necessari per il miglioramento o l'adeguamento ai fini antisismici, purché non comportanti modifiche alle caratteristiche morfotipologiche, ai materiali di finitura o di rivestimento, o alla volumetria e all'altezza dell'edificio;

10. Interventi necessari al superamento delle barriere architettoniche, anche comportanti modifica dei prospetti o delle pertinenze esterne degli edifici, ovvero realizzazione o modifica di volumi tecnici. Sono fatte salve le procedure semplificate ai sensi delle leggi speciali di settore (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice).

B.6. interventi necessari per il superamento di barriere architettoniche, laddove comportanti la realizzazione di rampe per il superamento di dislivelli superiori a 60 cm, ovvero la realizzazione di ascensori esterni o di manufatti consimili che alterino la sagoma dell'edificio e siano visibili dallo spazio pubblico;

Si applica l’art. 4, comma 3

A.4, interventi indispensabili per l'eliminazione di barriere architettoniche, quali la realizzazione di rampe esterne per il superamento di dislivelli non superiori a 60 cm, l'installazione di apparecchi servoscala esterni, nonché la realizzazione, negli spazi pertinenziali interni non visibili dallo spazio pubblico, di ascensori esterni o di altri manufatti consimili;

22. Installazione di impianti tecnologici esterni per uso domestico autonomo, quali condizionatori e impianti di climatizzazione dotati di unità esterna, caldaie, parabole, antenne (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice).

23. Parabole satellitari condominiali e impianti di condizionamento esterni centralizzati, nonché impianti per l'accesso alle reti di comunicazione elettronica di piccole dimensioni con superficie non superiore ad 1 mq o volume non superiore ad 1 mc (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice).

B.7. installazione di impianti tecnologici esterni a servizio di singoli edifici, quali condizionatori e impianti di climatizzazione dotati di unità esterna, caldaie, parabole, antenne, su prospetti prospicienti la pubblica via o in posizioni comunque visibili dallo spazio pubblico, o laddove si tratti di impianti non integrati nella configurazione estema degli edifìci oppure qualora tali installazioni riguardino beni vincolati ai sensi del Codice, articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c) limitatamente, per quest'ultima, agli immobili di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale,. ivi compresa l'edilizia rurale tradizionale, isolati o ricompresi nei centri o nuclei storici;

 

A.5. installazioni di impianti tecnologici esterni a servizio di singoli edifici non soggette ad alcun titolo abilitativo edilizio, quali condizionatori e impianti di climatizzazione dotati di unità esterna, caldaie, parabole, antenne, purché effettuate su prospetti secondari, o in spazi pertinenziali interni, o in posizioni comunque non visibili dallo spazio pubblico, o purché si tratti di impianti integrati nella configurazione esterna degli edifici, ed a condizione che tali installazioni non interessino i beni vincolati ai sensi del Codice, articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c) limitatamente, per quest'ultima, agli immobili di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale, ivi compresa l'edilizia rurale tradizionale, isolati o ricompresi nei centri o nuclei storici;

Si applica l’art. 4, comma 1

28. Pannelli solari, termici e fotovoltaici fino ad una superficie di 25 mq (la presente voce non si applica nelle zone territoriali omogenee "A" di cui all'articolo 2 del decreto ministeriale n. 1444 del 1968, e ad esse assimilabili, e nelle aree vincolate ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del Codice), ferme restando le diverse e più favorevoli previsioni del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, recante "Attuazione della direttiva 2006/32/CE relativa all'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e abrogazione della direttiva 93/76/CEE", e dell'articolo 1, comma 289, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)".

B.8. installazione di pannelli solari (termici o fotovoltaici) a servizio di singoli edifici, purché integrati nella configurazione delle coperture, o posti in aderenza ai tetti degli edifici con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda degli edifici ricadenti fra quelli di cui all'articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; installazione di pannelli solari (termici o fotovoltaici) a servizio di singoli edifici su coperture piane in posizioni visibili dagli spazi pubblici esterni;

A.6, installazione di pannelli solari (termici o fotovoltaici) a servizio di singoli edifici, laddove posti su coperture piane e in modo da non essere visibili dagli spazi pubblici esterni; installazione di pannelli solari (termici o fotovoltaici) a servizio di singoli edifici, purché integrati nella configurazione delle coperture, o posti in aderenza ai tetti degli edifici con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda degli edifici, ai sensi dell'articolo 7-bis del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, non ricadenti fra quelli di cui all'articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

 

B.9. installazione di micro generatori eolici con altezza complessiva non superiore a ml 1,50 e diametro non superiore a ml 1,00, qualora tali interventi interessino i beni vincolati ai sensi del Codice, articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c) limitatamente, per quest'ultima, agli immobili di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale, ivi compresa l'edilizia rurale tradizionale, isolati o ricompresi nei centri o nuclei storici;

A.7. installazione di micro generatori eolici con altezza complessiva non superiore a ml 1,50 e diametro non superiore a ml 1,00, qualora tali interventi non interessino i beni vincolati ai sensi del Codice, articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c) limitatamente, per quest'ultima, agli immobili di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale, ivi compresa l'edilizia rurale tradizionale, isolati o ricompresi nei centri o nuclei storici;

Si applica l’art. 4, comma 1

20. Adeguamento di cabine elettriche o del gas, ovvero sostituzione delle medesime con altre di tipologia e dimensioni analoghe.

B.10. installazione di cabine per impianti tecnologici a rete, ovvero sostituzione delle medesime con altre diverse per tipologia, dimensioni e localizzazione;

A.8. interventi di adeguamento funzionale di cabine per impianti tecnologici a rete, ivi compresa la sostituzione delle cabine esistenti con manufatti analoghi per tipologia e dimensioni;

 

 

A.9. installazione di dispositivi di sicurezza anticaduta sulle coperture degli edifici;      

17. Interventi puntuali di adeguamento della viabilità esistente, quali: adeguamento di rotatorie, riconfigurazione di incroci stradali, realizzazione di banchine e marciapiedi, manufatti necessari per la sicurezza della circolazione, nonché quelli relativi alla realizzazione di parcheggi a raso a condizione che assicurino la permeabilità del suolo, sistemazione e arredo di aree verdi.

21. Interventi sistematici di arredo urbano comportanti l'installazione di manufatti e componenti, compresi gli impianti di pubblica illuminazione.

B.11. interventi puntuali di adeguamento della viabilità esistente, quali: sistemazioni di rotatorie, riconfigurazione di incroci stradali, realizzazione di banchine, pensiline, marciapiedi e percorsi ciclabili manufatti necessari per la sicurezza della circolazione, realizzazione di parcheggi a raso con fondo drenante o che assicuri adeguata permeabilità del suolo;

B.12. interventi sistematici di arredo urbano comportanti l'installazione di manufatti e componenti, compresi gli impianti di pubblica illuminazione;

A.10. opere di manutenzione e adeguamento degli spazi esterni, pubblici o privati, relative a manufatti esistenti, quali marciapiedi, banchine stradali, aiuole, componenti di arredo urbano, purché eseguite nel rispetto delle caratteristiche morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture preesistenti;

 

B.13. opere di urbanizzazione primaria previste in piani attuativi già valutati ai fini paesaggistici, ove non siano oggetto di accordi di collaborazione tra il Ministero, le Regioni e gli Enti Locali;

Si applica l’art. 4, comma 3

A.11. opere di urbanizzazione primaria previste in piani attuativi già valutati ai fini paesaggistici, ove oggetto di accordi di collaborazione tra il Ministero, le Regioni e gli Enti Locali;

 

 

 

 

3. Interventi di demolizione senza ricostruzione o demolizione di superfetazioni (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice).

7. Realizzazione o modifica di autorimesse pertinenziali, collocate fuori terra ovvero parzialmente o totalmente interrate, con volume non superiore a 50 mc, compresi percorsi di accesso ed eventuali rampe. Ogni successivo intervento di realizzazione o modifica di autorimesse pertinenziale allo stesso immobile è sottoposto a procedura autorizzatoria ordinaria.

8. Realizzazione di tettoie, porticati, chioschi da giardino e manufatti consimili aperti su più lati, aventi una superficie non superiore a 30 mq.

9. Realizzazione di manufatti accessori o volumi tecnici di piccole dimensioni (volume non superiore a 10 mc).

13. Interventi sistematici nelle aree di pertinenza di edifici esistenti, quali: pavimentazioni, accessi pedonali e carrabili di larghezza non superiore a 4 m, modellazioni del suolo, rampe o arredi fissi (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice).

26. Impianti tecnici esterni al servizio di edifici esistenti a destinazione produttiva, quali sistemi per la canalizzazione dei fluidi mediante tubazioni esterne, lo stoccaggio dei prodotti e canne fumarie.

B.14. interventi di cui alla voce A.12, da eseguirsi nelle aree di pertinenza degli edifici» ove si tratti di beni vincolati ai sensi dell'art, 136, comma 1, lett. b) del Codice;

B.15. interventi di demolizione senza ricostruzione di edifici, e manufatti edilizi in genere, privi di interesse architettonico, storico o testimoniale;

B.16. realizzazione di autorimesse, collocate fuori terra ovvero parzialmente interrate, con volume emergente fuori terra non superiore a 50 mc, compresi i percorsi di accesso e le eventuali rampe;

B.17. realizzazione di tettoie, porticati, chioschi da giardino di natura permanente e manufatti consimili aperti su più lati, aventi una superficie non superiore a 30 mq o di manufatti accessori o volumi tecnici con volume emergente fuori terra non superiore a 30 mc;

B.18. interventi sistematici di configurazione delle aree di pertinenza di edifici esistenti, diversi da quelli di cui alla voce B.14, quali: nuove pavimentazioni, accessi pedonali e carrabili, modellazioni del suolo incidenti sulla morfologia del terreno, realizzazione di rampe, opere fisse di arredo, modifiche degli assetti vegetazionali;

B.19. installazione di tettoie aperte di servizio a capannoni destinati ad attività produttive, o di collegamento tra i capannoni stessi, entro il limite del 10 per cento della superficie coperta preesistente;

B.20. impianti tecnici esterni al servizio di edifici esistenti a destinazione produttiva, quali strutture per Io stoccaggio dei prodotti ovvero per la canalizzazione dei fluidi o dei fumi mediante tubazioni esterne;

A.12. interventi da eseguirsi nelle aree di pertinenza degli edifici non comportanti significative modifiche degli assetti planimetrici e vegetazionali, quali l'adeguamento di spazi pavimentati, la realizzazione di camminamenti, sistemazioni a verde e opere consimili che non incidano sulla morfologia del terreno, nonché, nelle medesime aree, la demolizione parziale o totale, senza ricostruzione, di volumi tecnici e manufatti accessori privi di valenza architettonica, storica o testimoniale, l'installazione di serre ad uso domestico con superficie non superiore a 20 mq, a condizione che tali interventi non interessino i beni dì cui all'articolo 136, comma 1, lettera b) del Codice;

11. Realizzazione o modifica di cancelli, recinzioni, o muri di contenimento del terreno (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice).

12. Interventi di modifica di muri di cinta esistenti senza incrementi di altezza.

B.21. realizzazione di cancelli, recinzioni, muri di cinta o di contenimento del terreno, inserimento di elementi antintrusione sui cancelli, le recinzioni e sui muri di cinta, interventi di manutenzione, sostituzione o adeguamento dei medesimi manufatti, se eseguiti con caratteristiche morfo-tipologiche, materiali o finiture diversi da quelle preesistenti e, comunque, ove interessino beni vincolati ai sensi del Codice, articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c) limitatamente, per quest'ultima, agli immobili di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale, ivi compresa l'edilizia rurale tradizionale, isolati o ricompresi nei centri o nuclei storici;

A.13. interventi di manutenzione, sostituzione o adeguamento di cancelli, recinzioni, muri di cinta o di contenimento del terreno, inserimento di elementi antintrusione sui cancelli, le recinzioni e sui muri di cinta eseguiti nel rispetto delle caratteristiche morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti che non interessino i beni vincolati ai sensi dei Codice, articolo 136, comma l, lettere a), b) e e) limitatamente, per quest'ultima, agli immobili di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale, ivi compresa l'edilizia rurale tradizionale, isolati o ricompresi nei centri o nuclei storici;

Si applica l’art. 4, comma 1

36. Taglio di alberi isolati o in gruppi, ove ricompresi nelle aree di cui all'articolo 136, comma 1, lettere c) e d), del Codice, preventivamente assentito dalle amministrazioni competenti.

B.22. taglio, senza sostituzione, di alberi, ferma l'autorizzazione degli uffici competenti, ove prevista; sostituzione o messa a dimora di alberi e arbusti nelle aree, pubbliche o private, vincolate ai sensi dell'art. 136, comma 1, lettere a) e b) del Codice, ferma l'autorizzazione degli uffici competenti, ove prevista;

 

A.14. sostituzione o messa a dimora di alberi e arbusti, singoli o in gruppi, in arce pubbliche o private, eseguita con esemplari adulti della stessa specie o di specie autoctone o comunque storicamente naturalizzate e tipiche dei luoghi, purché tali interventi non interessino i beni di cui all'articolo 136, comma 1, lettere a) e b) del Codice, ferma l'autorizzazione degli uffici competenti, ove prevista;

Si applica l’art. 4, comma 1

18. Interventi di allaccio alle infrastrutture a rete, ove comportanti la realizzazione di opere in soprasuolo.

25. Installazione in soprasuolo di serbatoi di GPL di dimensione non superiore a 13 mc, e opere di recinzione e sistemazione correlate.

27. Posa in opera di manufatti completamente interrati (serbatoi, cisterne etc.), che comportino la modifica della morfologia del terreno, comprese opere di recinzione o sistemazione correlate.

B.23. realizzazione di opere accessorie in soprasuolo correlate alla realizzazione di reti di distribuzione locale di servizi di pubblico interesse o di fognatura, o ad interventi di allaccio alle infrastrutture a rete;

B.24. posa in opera di manufatti parzialmente o completamente interrati quali serbatoi e cisterne, ove comportanti la modifica permanente della morfologia del terreno o degli assetti vegetazionali, comprese le opere di recinzione o sistemazione correlate; posa in opera in soprasuolo dei medesimi manufatti, con dimensioni non superiori a 15 mc, e relative opere di recinzione o sistemazione;

A.15. fatte salve le disposizioni di tutela dei beni archeologici nonché le eventuali specifiche prescrizioni paesaggistiche relative alle aree di interesse archeologico di cui all'articolo 142, comma 1, lettera m) del Codice, gli interventi nel sottosuolo che non comportino la modifica permanente della morfologia del terreno e che non incidano sugli assetti vegetazionali, quali: la realizzazione di volumi completamente interrati senza opere in soprasuolo; la realizzazione di pozzi ed opere di presa e prelievo da falda senza manufatti emergenti in soprasuolo; gli impianti geotermici al servizio di singoli edifici; la posa di serbatoi, cisterne e manufatti consimili nel sottosuolo; tratti di canalizzazioni, tubazioni o cavi interrati per le reti di distribuzione locale di servizi di pubblico interesse o di fognatura senza realizzazione di nuovi manufatti emergenti in soprasuolo o dal piano di campagna; l'allaccio alle infrastrutture a rete. Nei casi sopraelencati è consentita la realizzazione di pozzetti a raso emergenti dal suolo non oltre i 40 cm;

38. Occupazione temporanea di suolo privato, pubblico, o di uso pubblico, con strutture mobili, chioschi e simili, per un periodo superiore a 120 giorni.

B.25. occupazione temporanea di suolo privato, pubblico, o di uso pubblico, mediante installazione di strutture o di manufatti semplicemente ancorati al suolo senza opere murarie o di fondazione per manifestazioni, spettacoli, eventi, o per esposizioni di merci, per un periodo superiore a 120 e non superiore a 180 giorni nell'anno solare;

 

A.16. occupazione temporanea di suolo privato, pubblico o di uso pubblico mediante installazione di strutture o di manufatti semplicemente ancorati al suolo senza opere murarie o di fondazione, per manifestazioni, spettacoli, eventi o per esposizioni e vendita di merci, per il solo periodo di svolgimento della manifestazione, comunque non superiore a 120 giorni nell'anno solare;

39. Strutture stagionali non permanenti collegate ad attività turistiche, sportive o del tempo libero, da considerare come attrezzature amovibili.

B.26. verande e strutture in genere poste all'esterno (dehors), tali da configurare spazi chiusi funzionali ad attività economiche quali esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, attività commerciali, turistico-ricettive, sportive o del tempo libero;

Si applica l’art. 4, comma 3

A.17. installazioni esterne poste a corredo di attività economiche quali esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, attività commerciali, turistico-ricettive, sportive o del tempo libero, costituite da elementi facilmente amovibili quali tende, pedane, paratie laterali frangivento, manufatti ornamentali, elementi ombreggianti o altre strutture leggere di copertura, e prive di parti in muratura o strutture stabilmente ancorate al suolo;

29. Nuovi pozzi, opere di presa e prelievo da falda per uso domestico, preventivamente assentiti dalle Amministrazioni competenti, comportanti la realizzazione di manufatti in soprasuolo.

30. Tombinamento parziale di corsi d'acqua per tratti fino a 4 m ed esclusivamente per dare accesso ad abitazioni esistenti e/o a fondi agricoli interclusi, nonché la riapertura di tratti tombinati di corsi d'acqua.

B.27. manufatti in soprasuolo correlati alla realizzazione di pozzi ed opere di presa e prelievo da falda per uso domestico;

B.28. realizzazione di ponticelli di attraversamento di corsi d'acqua, o tombinamento parziale dei medesimi, limitatamente al tratto necessario per dare accesso ad edifici esistenti o a fondi agricoli interclusi; riapertura di tratti tombinati di corsi d'acqua;

A.18. installazione di strutture di supporto al monitoraggio ambientale o a prospezioni geognostiche, con esclusione di quelle destinate ad attività di ricerca di idrocarburi;

37. Manufatti realizzati in legno per ricovero attrezzi agricoli, con superficie non superiore a 10 mq.

35. Ripristino di prati stabili, prati pascolo, coltivazioni agrarie tipiche, mediante riduzione di aree boscate di recente formazione per superfici non superiori a 5000 mq, preventivamente assentiti dalle amministrazioni competenti.

 

B.29. manufatti per ricovero attrezzi agricoli, realizzati con opere murarie o di fondazione, con superficie non superiore a dieci inetti quadrati;

B.30. realizzazione di nuove strutture relative all'esercizio dell'attività ittica con superficie non superiore a 30 mq;

B.31. interventi di adeguamento della viabilità vicinale e poderale eseguiti nel rispetto della normativa di settore;

B.32. interventi di ripristino delle attività agricole e pastorali nelle aree rurali invase da formazioni di vegetazione arbustiva o arborea, previo accertamento del preesistente uso agricolo o pastorale da parte delle autorità competenti, ove eseguiti in assenza di piano paesaggistico regionale che individui tali aree;

B.33. interventi di diradamento boschivo con inserimento di colture agricole di radura;

A.19. nell'ambito degli interventi di cui all'art. 149, comma 1, lettera b) del Codice: interventi su impianti idraulici agrari privi di valenza storica o testimoniale; installazione di serre mobili stagionali sprovviste di strutture in muratura; palificazioni, pergolati, singoli manufatti amovibili, realizzati in legno per ricovero di attrezzi agricoli, con superficie coperta non superiore a cinque metri quadrati e semplicemente ancorati al suolo senza opere di fondazione o opere murarie; interventi di manutenzione strettamente pertinenti l'esercizio dell'attività ittica; interventi di manutenzione della viabilità vicinale, poderale e forestale che non modifichino la struttura e le pavimentazioni dei tracciati; interventi di manutenzione e realizzazione di muretti a secco ed abbeveratoi funzionali alle attività agro-silvo-pastorali, eseguiti con materiali e tecniche tradizionali; installazione di pannelli amovibili realizzati in legno o altri materiali leggeri per informazione turistica o per attività didattico-ricreative; interventi di ripristino delle attività agricole e pastorali nelle aree rurali invase da formazioni di vegetazione arbustiva o arborea, previo accertamento del preesistente uso agricolo o pastorale, da parie delle autorità competenti e ove tali aree risultino individuate dal piano paesaggistico regionale;

34. Riduzione di superfici boscate in aree di pertinenza di immobili esistenti, per superfici non superiori a 100 mq, preventivamente assentita dalle amministrazioni competenti.

B.34. riduzione di superfici boscate in arce di pertinenza di immobili esistenti, per superfici non superiori a 2.000 mq, purché preventivamente assentita dalle amministrazioni competenti;

 

 

 

B.35. interventi di realizzazione della viabilità forestale in assenza di piani o strumenti di gestione forestale approvati dalla Regione previo parere favorevole del Soprintendente per la parte inerente la realizzazione o adeguamento della viabilità forestale;

A.20. nell'ambito degli interventi di cui all'art. 149, comma 1, lettera c), del Codice: pratiche selvicolturali autorizzate in base alla normativa di settore; interventi di contenimento della vegetazione spontanea indispensabili per la manutenzione delle infrastrutture pubbliche esistenti pertinenti al bosco, quali elettrodotti, viabilità pubblica, opere idrauliche;

interventi di realizzazione o adeguamento della viabilità forestale al servizio delle attività agrosilvopastorali e funzionali alla gestione e tutela del territorio, vietate al transito ordinaria, con fondo non asfaltato e a carreggiata unica, previsti da piani o strumenti di gestione forestale approvati dalla Regione previo parere favorevole del Soprintendente per la parte inerente la realizzazione o adeguamento della viabilità forestale.

14. Realizzazione di monumenti ed edicole funerarie all'interno delle zone cimiteriali.

 

A.21. realizzazione di monumenti, lapidi, edicole funerarie ed opere di arredo all'interno dei cimiteri;

16. Collocazione di tende da sole sulle facciate degli edifici per locali destinati ad attività commerciali e pubblici esercizi.

 

A.22. installazione di tende parasole su terrazze, prospetti o in spazi pertinenziali ad uso privato;

15. Posa in opera di cartelli e altri mezzi pubblicitari non temporanei di cui all'art. 153, comma 1 del Codice, di dimensioni inferiori a 18 mq, ivi comprese le insegne per le attività commerciali o pubblici esercizi (la presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'art. 136, comma 1, lettere a), b) e c) del Codice).

B.36. posa in opera di cartelli e altri mezzi pubblicitari non temporanei di cui all'art. 153, comma 1, del Codice, di dimensioni inferiori a 18 mq, ivi compresi le insegne e i mezzi pubblicitari a messaggio o luminosità variabile, nonché l'installazione di insegne fuori dagli spazi vetrina o da altre collocazioni consimili a ciò preordinate;

Si applica l’art. 4, comma 3

A.23. installazione di insegne per esercizi commerciali o altre attività economiche, ove effettuata all'interno dello spazio vetrina o in altra collocazione consimile a ciò preordinata; sostituzione di insegne esistenti, già legittimamente installate, con insegne analoghe per dimensioni e collocazione. L'esenzione dall'autorizzazione non riguarda le insegne e i mezzi pubblicitari a messaggio o luminosità variabile

19. Linee elettriche e telefoniche su palo a servizio di singole utenze di altezza non superiore, rispettivamente, a metri 10 e a metri 6,30.

B.37. installazione di linee elettriche e telefoniche su palo a servizio di singole utenze di altezza non superiore, rispettivamente, a metri 10 e a metri 6,30;

 

24. Installazione di impianti di radiocomunicazioni elettroniche mobili, di cui all'articolo 87 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, che comportino la realizzazione di supporti di antenne non superiori a 6 metri se collocati su edifici esistenti, e/o la realizzazione di sopralzi di infrastrutture esistenti come pali o tralicci, non superiori a 6 metri, e/o la realizzazione di apparati di telecomunicazioni a servizio delle antenne, costituenti volumi tecnici, tali comunque da non superare l'altezza di metri 3 se collocati su edifici esistenti e di metri 4 se posati direttamente a terra.

B.38. installazione di impianti delle reti di comunicazione elettronica o di impianti radioelettrici, diversi da quelli di cui all'articolo 6, comma 4, del di. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, che comportino la realizzazione di supporti di antenne non superiori a 6 metri se collocati su edifici esistenti, e/o la realizzazione di sopralzi di irdrastrutture esistenti come pali o tralicci, non superiori a 6 metri, e/o la realizzazione di apparati di telecomunicazioni a servizio delle antenne, costituenti volumi tecnici, tali comunque da non superare l'altezza di metri 3 se collocati su edifici esistenti e di metri 4 se posati direttamente a terra;

A.24. installazione o modifica di impianti delle reti di comunicazione elettronica o di impianti radioelettrici, di cui all'articolo 6, comma 4, del d.i. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164;

33. Taglio selettivo di vegetazione ripariale presente sulle sponde o sulle isole fluviali.

B.39, interventi di modifica di manufatti di difesa dalle acque delle sponde dei corsi d'acqua e dei laghi per adeguamento funzionale;

A.25. interventi di manutenzione degli alvei, delie sponde e degli argini dei corsi d'acqua, compresi gli interventi sulla vegetazione ripariale arborea e arbustiva, finalizzati a garantire il libero deflusso delle acque e che non comportino alterazioni permanenti della morfologia del corso d'acqua; interventi di manutenzione e ripristino funzionale dei sistemi di scolo e smaltimento delle acque e delle opere idrauliche in alveo;

32. Ripristino e adeguamento funzionale di manufatti di difesa dalle acque delle sponde dei corsi d'acqua e dei laghi.

B.40. interventi sistematici di ingegneria naturalistica diretti alla regimazione delle acque, alla conservazione del suolo o alla difesa dei versanti da frane e slavine;

A.26. interventi puntuali di ingegneria naturalistica diretti alla regimazione delle acque e/o alla conservazione del suolo che prevedano l'utilizzo di piante autoctone e pioniere, anche in combinazione con materiali inerti di origine locale o con materiali artificiali biodegradabili;

 

 

A.27. interventi di manutenzione o sostituzione, senza ampliamenti dimensionali, delle strutture amovibili esistenti situate nell'ambito di strutture ricettive all'aria aperta già munite di autorizzazione paesaggistica, eseguiti nel rispetto delle caratteristiche morfo-tipologiche, dei materiali e delle finitore esistenti;

 

 

A.28. smontaggio e rimontaggio periodico di strutture stagionali munite di autorizzazione paesaggistica;

2. Interventi di demolizione e ricostruzione con il rispetto di volumetria e sagoma preesistenti. La presente voce non si applica agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice).

B.41. interventi di demolizione e ricostruzione di edifici e manufatti con volumetria, sagoma ed area di sedime corrispondenti a quelle preesistenti, diversi dagli interventi necessitati di ricostruzione di edifici e manufatti in tutto o in parte crollati o demoliti in conseguenza di calamità naturali o catastrofi. Sono esclusi dal procedimento semplificato gli interventi di demolizione e ricostruzione che interessino i beni di cui all'articolo 136, comma 1, lettere a) e b) del Codice;

A.29. interventi di fedele ricostruzione di edifici e manufatti che in conseguenza di calamità naturali o catastrofi risultino in tutto o in parte crollati o demoliti, o siano oggetto di ordinanza di demolizione per pericolo di crollo, purché sia possibile accertarne la consistenza e configurazione legittimamente preesistente ed a condizione che l'intervento sia realizzato entro dieci anni dall'evento e sia conforme all'edificio o manufatto originario quanto a collocazione, ingombro planivolumetrico, configurazione degli esterni e finiture, fatte salve esclusivamente le innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica;

 

 

A.30. demolizioni e rimessioni in pristino dello stato dei luoghi conseguenti a provvedimenti repressivi di abusi;

31. Interventi di ripascimento localizzato di tratti di arenile in erosione, manutenzione di dune artificiali in funzione antierosiva, ripristino di opere di difesa esistenti sulla costa.

B.42. Interventi di ripascimento circoscritti di tratti di arenile in erosione, manutenzione di dune artificiali in funzione antierosiva, ripristino di opere di difesa esistenti sulla costa.

 

 

 

A.31. opere ed interventi edilizi eseguiti in variante a progetti autorizzati ai fini paesaggistici che non eccedano il due per cento delle misure progettuali quanto ad altezza, distacchi, cubatura, superficie coperta o traslazioni dell'area di sedime.

 

 

 

 


Nel seguito, sono evidenziati taluni profili in rapporto ad alcune voci contenute negli allegati A e B, sulla base dell’elencazione riportata nella tavola precedentemente esposta, in cui si intrecciano le voci di tipo A con quelle di tipo B.

 

Con riferimento alla lettera A.1 la relazione illustrativa evidenzia che la tipologia di interventi in essa contemplati è “solo apparentemente nuova: essa non compariva negli interventi di lieve entità del D.P.R. n. 139 del 2010 per la semplice ragione che in realtà non si è mai dubitato nella prassi che siffatti interventi fossero "liberi"; sotto questo profilo la previsione svolge qui un ruolo di chiarificazione e di certezza del diritto, non realmente innovativo del sistema vigente”. Il Consiglio di Stato sottolinea, sempre con riferimento agli interventi di cui alla lettera A.1, che la loro irrilevanza ai fini paesaggistici è stata confermata dalla consolidata giurisprudenza in materia (Cons. di Stato 20 febbraio 2014, n. 788).

 

Con riferimento alla lettera B.1, che riproduce nella sostanza la voce n. 1 del testo vigente, la relazione illustrativa sottolinea che “al fine dì rendere più semplice e chiaro l'ambito applicativo della semplificazione procedimentale, si è ritenuto di eliminare le numerose eccezioni che, nel D.P.R. n. 139 del 2010, rendevano inapplicabile la semplificazione per molte tipologie di interventi all'interno dei centri storici (intesi, in alcuni casi, impropriamente anche in senso urbanistico, con riferimento alla lettera a) del D.M. 1444 del 1968). Siffatto regime a doppio binario aveva costituito ragione di grave incertezza applicativa e aveva grandemente limitato l'operatività e l'efficacia della semplificazione del 2010”.

Un’ulteriore differenza rispetto al testo vigente, ove si prescrive che ogni ulteriore incremento sullo stesso immobile dovrà essere sottoposto al procedimento autorizzatorio ordinario, risiede nell’inserimento di un termine temporale per la sottoposizione a tale procedimento; si prevede, infatti, che sia soggetto alla procedura ordinaria ogni ulteriore incremento sullo stesso immobile da eseguirsi nei cinque anni successivi all’ultimazione dei lavori.

 

Le voci B.2, B.3 e B.4 corrispondono nella sostanza alle voci 4 e 5 del testo vigente. La presentazione separata della voce B.2 relativa agli interventi di realizzazione/modifica di aperture esterne o di finestre a tetto (che nel testo vigente si trovano inclusi nei numeri 4 e 5) è funzionale all’inserimento della voce “speculare” A.2, che disciplina il caso in cui tali interventi sono esenti da autorizzazione. La voce A.2 è la prima, in ordine di scorrimento della tavola, a cui si applicano le norme del comma 1 dell’art. 4, secondo cui gli interventi in questione, se riguardano “aree o immobili vincolati dal piano paesaggistico, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Codice, oppure vincolati ai sensi dell'articolo 136, comma 1, del Codice, lettere a), b) e c), limitatamente, per quest'ultima, agli immobili di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale, ivi compresa l'edilizia rurale tradizionale, isolati o ricompresi nei centri o nuclei storici”, sono esonerati dall'obbligo di autorizzazione paesaggistica semplificata se nel provvedimento di vincolo, ovvero nel piano paesaggistico, sono contenute le specifiche prescrizioni d'uso intese ad assicurare la conservazione e la tutela del bene paesaggistico, con riferimento agli interventi in questione.

Si fa notare che nei numeri 4 e 5 del testo vigente viene chiaramente precisato che tali voci non si applicano agli immobili soggetti a tutela ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere a), b) e c), del Codice. Ciò implica quindi il loro assoggettamento all’autorizzazione paesaggistica ordinaria. Il nuovo testo previsto dallo schema in esame invece fa rientrare tali interventi nel regime “semplificato” e, qualora il provvedimento di vincolo o il piano paesaggistico contengano le specifiche prescrizioni d'uso, nel regime “libero”.

Rispetto al testo vigente, che fa generico riferimento alla lettera c) del comma 1 dell’art. 136, lo schema in esame fa esclusivo riferimento ("limitatamente") agli immobili di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale, ivi compresa l'edilizia rurale tradizionale, isolati o ricompresi nei centri o nuclei storici, e ciò (così motiva la relazione illustrativa) sulla considerazione che “nell'ambito di tali tipologie di vincolo «d'insieme», spesso accade che la perimetrazione ricomprenda anche taluni edifici e manufatti di recente costruzione, in sé del tutto privi di interesse paesaggistico, rispetto ai quali sarebbe stato immotivato e discriminatorio imporre un regime di maggiore cautela. La distinzione, all'interno del vincolo d'insieme ai sensi della lettera c), tra immobili che presentano interesse diretto «storico» paesaggistico e immobili che tale interesse non presentano, può agevolmente essere rimessa, oltre che a considerazioni di buon senso comune e alla prassi, esperibili direttamente dai cittadini interessati, alla valutazione degli uffici tecnici, sia degli enti preposti alla gestione del vincolo (Regione, Comune), sia della soprintendenza statale”.

L’art. 136 del D.Lgs. 42/2004 elenca, tra gli altri, i seguenti immobili ed aree considerati di notevole interesse pubblico:

a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali;

b) le ville, i giardini e i parchi, …, che si distinguono per la loro non comune bellezza;

c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici.

 

La voce A.4, relativa agli interventi per l’eliminazione delle barriere architettoniche, rappresenta uno di quei casi (citati nel commento introduttivo alla tavola, a cui si rinvia) in cui, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, si tratta di “esonero dall'autorizzazione paesaggistica di interventi non irrilevanti sul piano paesaggistico, ma di lieve entità e particolarmente meritevoli di considerazione nel bilanciamento tra principi di pari rango costituzionale, essendo coinvolti, nella fattispecie, diritti fondamentali della persona”.

 

La medesima giustificazione viene riportata nella relazione illustrativa a proposito della voce A.5, relativa agli impianti tecnologici esterni (condizionatori, caldaie, parabole, antenne) al servizio di singoli edifici.

 

La semplificazione operata dalle voci “speculari” A.6 e B.8, relativamente ai pannelli solari (termici o fotovoltaici) a servizio di singoli edifici, è giustificata soprattutto dall’entrata in vigore dell'articolo 7-bis del D.Lgs. 28/2011.

L’art. 7, comma 1, di tale decreto, dispone che gli interventi di installazione di impianti solari termici sono considerati attività ad edilizia libera e sono realizzati, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, previa comunicazione, anche per via telematica, dell'inizio dei lavori da parte dell'interessato all'amministrazione comunale, qualora ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:

a) siano installati impianti aderenti o integrati nei tetti di edifici esistenti con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda e i cui componenti non modificano la sagoma degli edifici stessi;

b) la superficie dell'impianto non sia superiore a quella del tetto su cui viene realizzato;

c) gli interventi non ricadano nel campo di applicazione del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni.

Il comma 5 dell’art. 7-bis (introdotto dall’art. 30, comma 1, del D.L. 91/2014) dispone che l'installazione di impianti solari fotovoltaici e termici con le modalità di cui all'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo n. 115 del 2008, su edifici non ricadenti fra quelli di cui all'articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, non è subordinata all'acquisizione di atti amministrativi di assenso, comunque denominati.

Il richiamato comma 3 dell’art. 11 del D.Lgs. 115/2008 fa riferimento agli impianti solari termici o fotovoltaici aderenti o integrati nei tetti degli edifici con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda e i cui componenti non modificano la sagoma degli edifici stessi, …, qualora la superficie dell'impianto non sia superiore a quella del tetto stesso.

 

Le voci “speculari” A.7 e B.9, relative all’installazione di microgeneratori eolici di limitate dimensioni (altezza complessiva non superiore a 1,5 metri e diametro fino ad 1 metro), che non trovano corrispondenza nel testo vigente, utilizzano le soglie dimensionali previste dall’art. 11, comma 3, del D.Lgs. 115/2008.

Il citato comma 3 dispone, tra l’altro, che gli interventi di incremento dell'efficienza energetica che prevedano l'installazione di singoli generatori eolici con altezza complessiva non superiore a 1,5 metri e diametro non superiore a 1 metro, … sono considerati interventi di manutenzione ordinaria e non sono soggetti alla disciplina della denuncia di inizio attività, ma che è sufficiente una comunicazione preventiva al Comune.

 

Con riferimento alle voci “speculari” A.11 e B.13, relative ad opere di urbanizzazione primaria previste in piani attuativi già valutati ai fini paesaggistici, che non trovano corrispondenza nel testo vigente, la relazione illustrativa ne giustifica l’inserimento alla luce della “considerazione che, in base all’art.145 del Codice, come chiarito dalla Corte costituzionale (da ultimo, sentenza n. 64 del 2015), gli strumenti urbanistici comunali attuativi, «a valle» della pianificazione paesaggistica, devono prevedere una forma di compartecipazione degli organi statali di tutela, in funzione di verifica dell'adeguamento o della conformazione al piano paesaggistico. Ove tale forma di controllo sia intervenuta in concreto e il piano attuativo sia stato verificato conforme, allora non vi è più ragione di un ulteriore controllo autorizzatorio preventivo in linea paesaggistica”.

L’art. 145 citato, che disciplina il coordinamento della pianificazione paesaggistica con altri strumenti di pianificazione, dispone tra l’altro, al comma 4, che i comuni, le città metropolitane, le province e gli enti gestori delle aree naturali protette conformano o adeguano gli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale alle previsioni dei piani paesaggistici, secondo le procedure previste dalla legge regionale” e, al comma 5, che “la regione disciplina il procedimento di conformazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della pianificazione paesaggistica, assicurando la partecipazione degli organi ministeriali al procedimento medesimo.

 

Riguardo alla voce A.14, relativa alla sostituzione o messa a dimora di arbusti e alberi con esemplari della stessa specie· o di specie tipiche dei luoghi, purché tali interventi non interessino i beni di cui all'art. 136, lett. a) e b) del Codice, la relazione illustrativa sottolinea che “una villa o un giardino storico possono invero avere proprio nelle essenze arboree ivi presenti uno dei motivi di pregio e di tutela, sicché è parso ragionevole mantenere (in linea con il numero 36 del testo vigente) una forma di controllo preventivo”.

 

Con riferimento alla voce A.15, relativa agli interventi nel sottosuolo e corrispondente alle voci B.23 e B.24 che prevedono l'autorizzazione semplificata per opere accessorie in soprasuolo e interrate di maggiori entità correlate a reti di distribuzione di servizi, la relazione illustrativa sottolinea che le fattispecie considerate riguardano “piccoli interventi di tipo locale e di allaccio alle infrastrutture a rete, con esclusione, evidentemente: di quelle opere interrate maggiori per le quali la giurisprudenza penale … richiede giustamente l'autorizzazione paesaggistica (in quanto "interventi idonei a determinare una compromissione dei valori ambientali anche in caso di assenza di nuove volumetrie … o in caso di opere non visibili dall'esterno (ad esempio interrate)".

La voce A.15 fa salve le eventuali specifiche prescrizioni paesaggistiche relative alle aree di interesse archeologico di cui all'art. 142, comma 1, lettera m), del D.Lgs. 42/2004.

La lettera m) del comma 1 dell’art. 142 include tra le aree di interesse paesaggistico tutelate per legge “le zone di interesse archeologico”.

 

Con riferimento alla voce B.25, relativa ad interventi comportanti l'occupazione temporanea di suolo pubblico o privato per manifestazioni o esposizioni di merci, nel parere della Conferenza unificata viene proposto di estendere la fattispecie in oggetto al fine di riferirla non solo all’esposizione, ma anche alla vendita di merci. Estensione che del resto è contemplata dalla voce “speculare” A.16.

 

Con riferimento alla voce B.26 si fa notare come essa assoggetti al regime semplificato interventi quali verande e altre strutture non amovibili che configurano spazi funzionali chiusi.

Al riguardo, si segnala che la voce B.1, che riguarda gli incrementi di volume non superiori al 10% della volumetria della costruzione originaria, prevede limiti sia dimensionali che qualitativi, richiamando il rispetto delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti.

 

Sia con riferimento alla voce B.26 che alla corrispondente voce A.17 (che considera libera l'installazione di strutture esterne poste a corredo di attività economiche e turistico-ricettive facilmente amovibili), la Conferenza unificata propone di includervi anche l’installazione di manufatti amovibili e/o di facile rimozione consistenti in opere a servizio della balneazione quali, ad esempio, chioschi, servizi igienici e cabine. Nel caso della voce B.26 dovrà essere specificato che le opere potranno avere carattere non stagionale. Per la voce A.17 invece la proposta emendativa della Conferenza unificata prevede che il carattere delle opere in questione debba essere stagionale. Con riferimento alla sola voce A.17, la proposta emendativa illustrata è condivisa dal MIBACT a patto di prevedere l’obbligo di autorizzazione paesaggistica semplificata per la prima installazione.

 

La voce A.19 individua in dettaglio alcuni interventi inerenti l'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale rientranti nell’art. 149, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 42/2004.

Tale lettera esclude dall’autorizzazione paesaggistica gli interventi inerenti l'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l'assetto idrogeologico del territorio.

La relazione illustrativa sottolinea, quale importante novità rispetto al testo vigente, l’introduzione tra gli interventi “liberi” delle opere di ripristino delle attività agricole e pastorali nelle aree rurali invase da formazioni di vegetazione arbustiva o arborea. Secondo la relazione, infatti, tale novità è importante poiché “diretta a far fronte agli effetti negativi del mutamento climatico e dell'abbandono agricolo sui paesaggi agricoli tradizionali”.

 

Nella voce A.20 vengono specificate le pratiche selvicolturali liberalizzate, dettagliando in tal modo le fattispecie previste dall’art. 149, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 42/2004.

In base a tale lettera non è richiesta l’autorizzazione paesaggistica per il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste indicati dall'articolo 142, comma 1, lettera g), purché previsti ed autorizzati in base alla normativa in materia.

La richiamata lettera g) fa riferimento ai territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227.

Il comma 2 dell’art. 2 del D.Lgs. 227/2001 ha demandato alla legislazione regionale la definizione di bosco. Il successivo comma 6 ha fornito la seguente definizione provvisoria, nelle more dell'emanazione delle norme regionali: “si considerano bosco i terreni coperti da vegetazione forestale arborea associata o meno a quella arbustiva di origine naturale o artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo, i castagneti, le sugherete e la macchia mediterranea, ed esclusi i giardini pubblici e privati, le alberature stradali, i castagneti da frutto in attualità di coltura e gli impianti di frutticoltura e d'arboricoltura da legno … ivi comprese, le formazioni forestali di origine artificiale realizzate su terreni agricoli a seguito dell'adesione a misure agro ambientali promosse nell'ambito delle politiche di sviluppo rurale dell'Unione europea una volta scaduti i relativi vincoli, i terrazzamenti, i paesaggi agrari e pastorali di interesse storico coinvolti da processi di forestazione, naturale o artificiale, oggetto di recupero a fini produttivi. Le suddette formazioni vegetali e i terreni su cui essi sorgono devono avere estensione non inferiore a 2.000 metri quadrati e larghezza media non inferiore a 20 metri e copertura non inferiore al 20 per cento, con misurazione effettuata dalla base esterna dei fusti. È fatta salva la definizione bosco a sughera di cui alla legge 18 luglio 1956, n. 759. Sono altresì assimilati a bosco i fondi gravati dall'obbligo di rimboschimento per le finalità di difesa idrogeologica del territorio, qualità dell'aria, salvaguardia del patrimonio idrico, conservazione della biodiversità, protezione del paesaggio e dell'ambiente in generale, nonché le radure e tutte le altre superfici d'estensione inferiore a 2000 metri quadri che interrompono la continuità del bosco non identificabili come pascoli, prati o pascoli arborati o come tartufaie coltivate”.

Tra gli interventi indicati dalla voce A.20 sono inclusi gli “interventi di realizzazione o adeguamento della viabilità forestale al servizio delle attività agrosilvopastorali e funzionali alla gestione e tutela del territorio, vietate al transito ordinaria, con fondo non asfaltato e a carreggiata unica, previsti da piani o strumenti di gestione forestale approvati dalla Regione previo parere favorevole del Soprintendente per la parte inerente la realizzazione o adeguamento della viabilità forestale”. Con riferimento alla necessità del parere del Soprintendente il Consiglio di Stato, nel suo parere, ha confermato l’interpretazione fornita dal MIBACT secondo cui tale parere deve “essere riferito ai piani o strumenti di gestione approvati dalla Regione e non ai singoli interventi elencati nei medesimi e che il parere de quo previsto per il piano di gestione forestale deve intendersi riferito alle parti di competenza del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo”. Secondo il Consiglio di Stato, infatti, un eventuale parere sui singoli interventi di viabilità forestale si porrebbe in contrasto sia con il disposto dell'art. 149, comma 1, lett. c) del Codice, sia con la collocazione di tali interventi tra quelli “liberi” dell'allegato A.

Nel parere del MIBACT allegato al parere della Conferenza unificata si legge che “ove occorra, potrà senz'altro chiarirsi anche nel corso dell'ulteriore iter del provvedimento dinanzi alle Commissioni Ambiente e Territorio di Camera e Senato, che il parere del Soprintendente, previsto dal penultimo rigo della voce A.20 per il piano di gestione forestale, sarà riferito esclusivamente alla realizzazione degli interventi ivi elencati ovvero limitatamente a quelli più impattanti, quali la realizzazione e l'adeguamento delle strade forestali, e non anche all'intero piano forestale anche per le parti non di competenza del MIBACT”.

 

Con riferimento alla voce B.35, al fine di renderla effettivamente “speculare” alla seconda parte della voce A.20, la Conferenza unificata propone di estendere la fattispecie in oggetto al fine di riferirla non solo ad interventi di realizzazione della viabilità forestale ma anche ad interventi di adeguamento della medesima. Tale estensione è infatti già contemplata dalla voce A.20.

 

Con riferimento alla voce A.21, che esonera dall’autorizzazione la realizzazione di opere all'interno di cimiteri, la relazione illustrativa sottolinea che tale previsione non investe i cimiteri monumentali, “che sono coperti da vincolo storico e artistico” (art. 10 D.Lgs. 42/2004).

 

Il numero A.24 prevede, recependo la disposizione introdotta dall’art. 6, comma 4, del D.L. 133/2014 (c.d. decreto sblocca Italia), che non sono soggette ad autorizzazione paesaggistica le installazioni o modifiche di impianti di reti di comunicazione elettroniche entro i limiti dimensionali stabiliti dalla norma.

L’art. 6, comma 4, del D.L. 133/2014 prevede infatti che, in deroga alla disciplina dettata dal D.Lgs. 42/2004, non sono soggette ad autorizzazione paesaggistica l'installazione o la modifica di impianti delle reti di comunicazione elettronica o di impianti radioelettrici, da eseguire su edifici e tralicci preesistenti, che comportino la realizzazione di pali di supporto per antenne di altezza non superiore a 1,5 metri e superficie delle medesime antenne non superiore a 0,5 metri quadrati.

 

Con riferimento alla voce A.28, che include tra gli interventi cd “liberi” lo smontaggio e il rimontaggio periodico delle strutture stagionali già autorizzate paesaggisticamente, la relazione illustrativa sottolinea come tale voce postuli “coerentemente l'autorizzazione ordinaria relativamente alla prima installazione, al fine di un bilanciamento della forte semplificazione operata dal provvedimento in esame nel quinquennio di validità dell'autorizzazione paesaggistica. Conseguentemente, nelle tabelle allegate non figurano gli interventi corrispondenti alla voce 39 dell'allegato 1 al DPR 139 del 2010. In caso di rinnovo dopo i cinque anni di efficacia dell'autorizzazione paesaggistica relativa alla prima installazione, trova applicazione la procedura semplificata secondo quanto previsto dall'articolo 10 del regolamento in esame”.

Si fa notare che la voce n. 39 del D.P.R. 139/2010, relativa alle “strutture stagionali non permanenti collegate ad attività turistiche, sportive o del tempo libero, da considerare come attrezzature amovibili” sembra trovare corrispondenza con la voce B.26 dell’allegato B in esame.

 

 

Si segnala, infine, che la categoria degli interventi di lieve entità elencati nell’Allegato 1 al D.P.R. n. 139 del 2010 (ricadenti in zone sottoposte a tutela paesaggistica, e che alterano i luoghi o l’aspetto esteriore degli edifici) è genericamente riportata nelle tabelle 1.1., 1.2 e 1.3, allegate allo schema di decreto legislativo recante l’individuazione di procedimenti oggetto di autorizzazione, segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), silenzio assenso e comunicazione e la definizione dei regimi amministrativi applicabili a determinate attività e procedimenti (atto del Governo n. 322, in corso di esame parlamentare).

In particolare, nelle tabelle 1.1., 1.2 e 1.3, sono riportati, tra l’altro, gli interventi di lieve entità per i quali, a seconda se si tratti di permesso di costruire o di CILA e SCIA  o di attività edilizia libera (nel caso in cui sia necessario acquisire atti di assenso), sono indicati i regimi amministrativi e la concentrazione di regimi amministrativi (ai sensi dell’articolo 19-bis della legge n. 241/1990).

Il Consiglio di Stato rileva, anche in considerazione di quanto già evidenziato nel parere sul predetto schema di decreto, “l’opportunità di adottare un’adeguata disciplina di raccordo tra il contenuto semplificatorio dello schema in esame e le previsioni di cui al precitato decreto e ciò sia al fine di un maggiore coordinamento formale tra tali atti normativi, entrambi recanti delle disposizioni concernenti la semplificazione dei procedimenti amministrativi, sia in considerazione della circostanza che quanto precede potrebbe agevolare la conoscibilità da parte dei cittadini e delle imprese delle disposizioni di cui al regolamento in esame e, conseguentemente, la loro applicazione”.

 



[1] Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo.