Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Altri Autori: Servizio Rapporti Internazionali , Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici - COP21 di Parigi (30 novembre-11 dicembre 2015)
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 207
Data: 02/12/2015
Descrittori:
COOPERAZIONE INTERNAZIONALE   INQUINAMENTO ATMOSFERICO
ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE ( ONU )     
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

Conferenza delle Nazioni Unite

sui cambiamenti climatici

 

COP21 di Parigi

(30 novembre - 11 dicembre 2015)

 

 

 

 

 

 

 

n. 207

 

 

 

2 dicembre 2015

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi

Dipartimento Ambiente

( 066760-4548 / 066760-9253 – * st_ambiente@camera.it

 

Ha partecipato alla redazione del dossier il seguente Ufficio:

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

 

 

 

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File: Am0168

 


INDICE

 

La XXI Conferenza delle Parti (COP 21) della Convenzione-quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici 1

§  Il Protocollo di Kyoto ed il percorso verso la COP21 di Parigi 2

§  I più recenti sviluppi verso la COP21 di Parigi 5

Gli obiettivi e le politiche dell’UE in materia di cambiamenti climatici 9

§  La posizione dell’Unione europea riguardo alla COP 21. 9

§  Gli obiettivi dell’Unione europea in materia di cambiamenti climatici 11

§  Le politiche dell’Unione europea in materia di cambiamenti climatici 15

Le politiche nazionali in materia di clima ed energia. 19

§  La distanza dagli obiettivi di Kyoto per l’Italia. 19

§  Il recepimento della direttiva emission trading. 20

§  Le politiche per il clima: mitigazione e adattamento. 21

§  Il dibattito parlamentare. 23

§  La Strategia energetica nazionale. 25

§  Risparmio ed efficienza energetica. 27

§  Energie rinnovabili 31

COP 21- Risorse web. 41

 

 


SIWEB

La XXI Conferenza delle Parti (COP 21) della Convenzione-quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici

La XXI Conferenza delle Parti (COP 21) della Convenzione-quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) desta grandi aspettative per un accordo di lungo periodo su un nuovo regime globale in materia di cambiamenti climatici. Se i negoziati sul clima riguardano tuttora la difesa dell’ambiente e la minimizzazione delle perdite economiche conseguenti ai cambiamenti climatici, il modus operandi dei negoziati è cambiato nel corso degli anni. Ormai superati appaiono infatti gli accordi sul modello Kyoto, che cercavano di ricondurre tutte le Parti della UNFCCC al rispetto di obiettivi nazionali legalmente vincolanti. A partire dalla COP 15 di Copenhagen (2009), durante la quale gli sforzi di estendere il Protocollo di Kyoto al di là del 2012 si risolsero in un fallimento, il tono dei negoziati sul clima è profondamente cambiato.

Anche se l’accordo di Copenaghen si è dimostrato di breve durata, la COP15 è servita come trampolino di lancio per una revisione del processo UNFCCC, avviata con la COP17 a Durban (2011) in cui le Parti hanno convenuto su tre punti-chiave. In primo luogo, è stato deciso di lanciare una nuova serie di negoziati al fine di sviluppare un nuovo regime vincolante entro l’autunno 2015; a tale scopo, è stato costituito un gruppo di lavoro ad hoc sulla Piattaforma di azione rafforzata di Durban (ADP), con l’incarico di predisporre questa nuova Convenzione. In secondo luogo, in gran parte per le insistenze dei paesi in via di sviluppo, le Parti sono state chiamate a contributi volontari nazionali, piuttosto che ad impegni vincolanti, nella lotta contro il cambiamento climatico.

In terzo luogo, è stato concordato un processo in due fasi, secondo cui i vari Stati avrebbero chiarito l’entità dei loro contributi entro il 31 marzo 2015, lasciando il tempo per una valutazione scientifica sulla congruità di tali sforzi per realizzare l’obiettivo generale: mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto di 2°C o a 1.5°C al disopra dei livelli pre-industriali.

La 17ma riunione della ADP si è conclusa lo scorso giugno a Bonn con l’adozione di un accordo dell’ultimo minuto su una bozza di testo per la COP21. Poiché la messa a punto di un testo da parte di 195 rappresentanti nazionali si è rivelata praticamente ingestibile, i delegati hanno autorizzato i due copresidenti (Algeria e Stati Uniti) ad apportare le proprie modifiche al testo, al fine di rispettare la scadenza del 24 luglio per la presentazione al segretariato UNFCCC di un testo più asciutto del progetto di Convenzione di Parigi.

Tuttavia, un disaccordo di fondo rimane tra Cina e Stati Uniti sul fatto che i paesi in via di sviluppo debbano beneficiare o meno di un trattamento differenziato. Nonostante i progressi compiuti nei negoziati, solo 34 paesi hanno presentato prima del termine del 31 marzo 2015 impegni sulla riduzione dei gas-serra. Questi impegni sono stati in gran parte assunti da nazioni sviluppate.

Se nel corso degli anni il tono e il linguaggio dei negoziati tra le Parti della Convenzione ONU sui cambiamenti climatici sono considerevolmente cambiati, una cosa è rimasta invariata: l’importanza centrale dei blocchi negoziali. Per quanto riguarda la COP 21, il primo blocco a stabilire il proprio contributo è stato quello dell’Unione europea, vincolandosi ad un obiettivo di riduzione delle emissioni di gas-serra, entro il 2030, perlomeno del 40% al di sotto dei livelli del 1990. Un altro grande blocco negoziale è il BASICs, formatosi nel 2009 alla Conferenza di Copenhagen, che comprende Cina e India - rispettivamente primo e terzo produttore mondiale di gas-serra -, unitamente al Brasile e al Sudafrica.

Nonostante i loro interessi largamente diversi, i membri del gruppo hanno prolungato con successo la loro cooperazione sul cambiamento climatico. L’unico paese del BASICs che ha assunto un impegno di riduzione del biossido di carbonio è finora la Cina, con l’obiettivo di abbassare le emissioni per unità di PIL del 60-65% rispetto al livello del 2005. Resta da vedere se i BASICs potranno convertirsi in BRICS accogliendo anche la Russia, la quale, tuttavia, ha frenato fortemente sugli impegni di riduzione delle emissioni, limitandosi ad offrire entro il 2030 un taglio del 25% rispetto ai livelli del 1990.

Gli Stati Uniti, al secondo posto tra le nazioni produttrici di emissioni di anidride carbonica nel mondo, si sono impegnati ad una riduzione del 26-28% entro il 2025 - l’obiettivo più ambizioso allo stato della vigente legislazione statunitense. Il Canada ha recentemente seguito l’esempio degli USA impegnandosi entro il 2030 a una riduzione del 30% rispetto ai livelli del 2005. Da parte loro il Giappone (il cui contributo dipenderà largamente dalla possibilità di reincludere l’energia nucleare nel suo mix energetico) e l’Australia (realtà in cui i tagli alle emissioni di anidride carbonica sono più difficili in ragione dell’abbondanza di risorse naturali) devono ancora dichiarare i propri impegni.

Il Protocollo di Kyoto ed il percorso verso la COP21 di Parigi

Con il termine “Protocollo di Kyoto” si intende l’accordo internazionale adottato nel mese di dicembre 1997 nell’ambito della terza sessione della Conferenza delle Parti (COP3) della Convenzione ONU sui cambiamenti climatici (UNFCCC).

Il Protocollo di Kyoto è entrato in vigore nel febbraio 2005 e regolamenta le emissioni di gas ad effetto serra per il periodo 2008-2012. Obiettivo del Protocollo è la riduzione delle emissioni globali di sei gas-serra, primo tra tutti l’anidride carbonica (CO2).

Il Protocollo è stato ratificato dall’Unione europea (che si è impegnata a ridurre le proprie emissioni dell’8% rispetto ai livelli del 1990) e successivamente dai suoi Stati membri. La percentuale fissata a livello europeo è stata ripartita in maniera differenziata tra gli Stati Membri. In tale contesto l’Italia (che ha provveduto alla ratifica con la legge n.120/2002) si è impegnata a ridurre entro il 2012 le proprie emissioni del 6,5% rispetto al 1990.

Poiché il Protocollo regolamenta le emissioni solo per il periodo 2008-2012, a livello internazionale si è ritenuto necessario avviare il negoziato per giungere all’adozione di uno strumento vincolante per la riduzione delle emissioni di gas-serra per il periodo post-2012.

Nel corso della Conferenza delle Parti (COP 18-COP/MOP8), conclusasi a Doha (Qatar) l’8 dicembre 2012, l’impegno per la prosecuzione oltre il 2012 delle misure previste dal Protocollo è stato assunto solamente da un gruppo ristretto di Paesi, oltre alla UE.

L’impegno sottoscritto dall’UE per il periodo successivo al 2012 coincide con quello già assunto unilateralmente con l’adozione del "pacchetto clima-energia", che prevede una riduzione delle emissioni di gas-serra del 20% al 2020 rispetto ai livelli del 1990. Analogamente a quanto avvenuto nel primo periodo di impegno di Kyoto, la Commissione UE ha avviato il processo per ripartire formalmente tra gli Stati membri le percentuali nell’ambito del secondo periodo di impegno.

A tal fine l’UE, a seguito della proposta della Commissione europea presentata il 6 novembre 2013, ha approvato un pacchetto per la ratifica del secondo periodo di impegno di Kyoto, composto da una decisione, relativa alla ratifica dell’emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto all’UNFCCC, e da un regolamento relativo al meccanismo di monitoraggio, che modifica il Regolamento 525/2013/UE.

E’ stata recentemente pubblicata la decisione 2015/1339 del Consiglio del 13 luglio 2015, concernente la conclusione, a nome dell’Unione europea, dell’emendamento di Doha del protocollo di Kyoto alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l’adempimento congiunto dei relativi impegni. L’obiettivo indicato dal "pacchetto clima-energia" è stato perseguito mediante una serie di strumenti normativi. In particolare si ricordano, per il loro impatto sul sistema produttivo nonché sulla finanza pubblica, la direttiva emission trading (n. 2009/29/CE) e la decisione "effort sharing" n. 406/2009.

I 200 Paesi partecipanti hanno invece lanciato, dal 2013, un percorso volto al raggiungimento, entro il 2015, di un nuovo accordo che dovrà entrare in vigore nel 2020.

Nel corso delle successive Conferenze delle Parti sono state definite le modalità con cui gli Stati devono formulare e comunicare gli obiettivi di riduzione delle emissioni (INDC - Intended Nationally Determined Contribution) in vista della COP 21.

Sulla strada del Summit di Parigi del dicembre 2015 va anzitutto ricordato il Vertice delle Nazioni Unite sul clima, apertosi il 22 settembre 2014 a margine dell’annuale sessione di apertura dell’Assemblea generale. Il Vertice - preceduto il giorno prima da una grande manifestazione di più di 300.000 persone a New York, volta a sensibilizzare sui pericoli del riscaldamento globale -ha visto la significativa assenza di Cina e India, mentre i numerosi leader mondiali intervenuti hanno attirato l’attenzione sulle problematiche collegate al cambiamento climatico globale e sulle strategie di adattamento agli effetti di esso, evidenziando anche come il contrasto al global warming possa configurare nuove opportunità anche sul piano della creazione di posti di lavoro nell’economia "verde". L’apertura del Vertice, peraltro, aveva evidenziato nel 2013 un nuovo aumento delle emissioni globali di gas-serra, nella misura del 2,3%, con la sola Unione europea a presentare una performance in netta discesa (-1,8%) delle emissioni.

Proprio l’Unione europea, poi, nel Consiglio europeo del 23-24 ottobre 2014 è finalmente giunta al varo della sua strategia in materia di clima e di energia per il 2030, i cui principali pilastri consistono nella riduzione obbligatoria di almeno il 40% delle emissioni di anidride carbonica rispetto a quelle del 1990 e, a carattere indicativo e volontaristico, nell’obiettivo del 27% di aumento dell’efficienza energetica e di non meno del 27% di consumi energetici da energie rinnovabili.

Va ricordato poi l’accordo del 12 novembre tra Stati Uniti e Cina, raggiunto a margine del Vertice della cooperazione economica Asia-Pacifico (APEC) tenutosi a Pechino, per una riduzione delle emissioni di anidride carbonica. In realtà i soli Stati Uniti si sono impegnati a una riduzione del 26-28% entro il 2025 rispetto ai livelli di vent’anni prima, mentre la Cina ha previsto di realizzare il picco massimo di emissioni di gas-serra entro il 2030, sforzandosi eventualmente di anticipare questa data, nonché di aumentare la produzione di energia da fonti non fossili al 20% del totale entro il 2030.

L’importanza dell’accordo – sembra infatti che gli impegni cinesi non siano altro che la riproposizione di obiettivi già formulati - risiede soprattutto nell’importanza degli attori di esso (le prime due nazioni per emissioni di anidride carbonica al mondo) e nel fatto che Pechino è parsa per la prima volta accettare il concetto della necessità di porre un limite alla proliferazione delle emissioni.

In esito alla COP 20 di Lima, che si è svolta nel mese di dicembre 2014, è stato adottato un documento dal titolo Lima Call for Climate Action, che contiene gli elementi per una bozza di testo negoziale. Rilevante il contenuto del messaggio del Papa al vertice nella capitale peruviana, nel quale si attira l’attenzione sull’urgenza di trovare soluzioni globali alla questione dei cambiamenti climatici, con un improrogabile imperativo etico ad agire per una risposta collettiva responsabile che superi i particolarismi e gli interessi politici ed economici. Le preoccupazioni espresse dal Pontefice hanno poi trovato un quadro più organico nell’Enciclica "Laudato si’" del 18 giugno 2015, dedicata ad un complessivo inquadramento del rapporto tra società umana e natura, e in numerosi successivi incontri e interventi in cui ha ribadito la preoccupazione che le principali vittime dei cambiamenti climatici e dei loro effetti potenzialmente catastrofici siano le popolazioni più povere del mondo, e ha esortato ad affrontare i negoziati in corso in spirito di responsabilità collettiva.

Rilevanti i risultati in materia di cambiamenti climatici emersi a seguito del Vertice dei Capi di Stato e di Governo del G7 di Elmau, in Germania (14-15 giugno 2015): in Germania i paesi membri del G7 hanno ribadito la propria compattezza in vista della COP 21 di Parigi, con l’impegno a contenere l’aumento della temperatura del pianeta entro i 2°C rispetto ai livelli preindustriali, e a limitare sempre più l’uso di combustibili fossili. In particolare, i membri del G7 hanno formulato impegni per una riduzione fino al 70%, entro il 2050, delle emissioni rispetto a quelle del 2010. È stato inoltre ribadito l’impegno ad assicurare la dotazione del fondo annuale di cento miliardi di dollari, a partire dal 2020, al fine di sostenere le iniziative di contrasto agli effetti dei cambiamenti climatici nei paesi più poveri, ove sarà anche necessario assicurare un una maggiore diffusione delle energie rinnovabili, particolarmente nel continente africano.

I più recenti sviluppi verso la COP21 di Parigi

Va anzitutto ricordato come il 5 ottobre le Nazioni Unite abbiano rilasciato una nuova bozza di accordo per la COP21 – quale base di discussione, anzitutto, nella sessione negoziale intermedia di Bonn dal 19 al 23 ottobre -, assai più ridotta rispetto alla precedente versione di luglio, e consistente sostanzialmente in una prima parte con tutti i contorni di un accordo internazionale di 26 articoli, e in una seconda parte che si configura come bozza di decisione incentrata sull’adozione dell’accordo precedentemente riportato, e articolantesi poi attorno ai grandi temi dei contributi nazionali alla riduzione delle emissioni di gas serra, delle decisioni concernenti l’implementazione dell’accordo, delle misure istituzionali provvisorie e delle questioni amministrative e finanziarie collegate all’accordo. Anche nella bozza del 5 ottobre, comunque, rimangono numerose parti in sospeso per la considerazione finale da parte dei delegati dei vari Stati alla Conferenza di Parigi.

Relativo pessimismo è stato espresso in ottobre in ordine al conseguimento dell’obiettivo massimo di un riscaldamento di 2°C entro la fine del secolo nel rapporto mondiale sull’energia dell’Agenzia internazionale sull’energia, secondo il quale i piani fino a quel momento presentati da oltre 150 paesi quali obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni di gas serra non sarebbero sufficienti, e solo un forte segnale politico dalla Conferenza di Parigi potrà indirizzare effettivamente le economie mondiali verso tecnologie capaci di innescare un profondo processo di decarbonizzazione nei prossimi decenni.

Proprio su questa scia è sembrato muoversi il documento approvato dai Presidenti dei Consigli regionali italiani riuniti il 22 ottobre a Milano, per indicare al Governo italiano di formulare a Parigi una proposta di riduzione delle emissioni di gas serra, rispetto ai livelli del 1990, superiore al 40% entro il 2030 concordato in sede europea, per un obiettivo più ambizioso del 50%. Il legame tra la Conferenza di Parigi e il forte rilancio dell’economia verde e delle tecnologie ambientalmente sostenibili è stato ribadito con forza dal MEDEF, l’organizzazione delle imprese francesi che raggruppa più di 700.000 aziende, che ha posto l’accento sulle grandi opportunità di sviluppo che il processo di transizione energetica sempre più necessario può rappresentare in particolare per il sistema produttivo transalpino.

Va segnalato che nello stesso mese di ottobre in Bolivia si è svolto il Vertice mondiale dei popoli sui cambiamenti climatici, dei cui risultati si è fatto portavoce il presidente boliviano Evo Morales, in visita a Roma all’inizio di novembre, il quale ha anticipato come il suo paese avrebbe proposto alla COP21 di Parigi la creazione di un tribunale internazionale capace di sanzionare gli Stati maggiormente inquinatori.

Di grande interesse anche il documento approvato il 26 ottobre dall’assemblea mondiale dei vescovi svoltasi in Vaticano, nel quale si auspica che dalla COP21 di Parigi possa uscire un accordo sul clima giuridicamente vincolante. Il documento dei vescovi collega i cambiamenti climatici all’aumento delle ingiustizie e delle esclusioni sociali dei più poveri e dei più vulnerabili abitanti del pianeta. Il documento si articola nella sostanza in 10 punti, a partire dalla sottolineatura delle dimensioni non meramente tecniche, ma assai più etiche, dei cambiamenti climatici, che investono beni comuni globali appartenenti a tutti gli esseri umani.

Proprio perciò l’accordo globale dovrà essere equo e giuridicamente vincolante, sì da rendere possibile una completa decarbonizzazione entro la metà del secolo in corso, in un quadro di periodico riesame degli impegni presi da ciascun paese, da sottoporre a controlli obbligatori e scientificamente fondati. I vescovi indicano inoltre la necessità di sviluppare nuovi modelli di sviluppo e stili di vita compatibili con il clima terrestre, di garantire l’accesso delle persone alla terra e alle risorse idriche nel quadro di sistemi alimentari sostenibili, di garantire la partecipazione ai processi decisionali dei più poveri e dei più vulnerabili nei confronti dei cambiamenti climatici. In questa cornice sarà anche necessario mettere a punto modelli di adattamento ai cambiamenti climatici già in corso particolarmente adeguati ai bisogni immediati delle comunità più vulnerabili, e praticabili su base locale. Infine, il documento dei vescovi richiama l’attenzione sulla necessità di prevedere livelli di finanziamento adeguati alle azioni di riduzione delle emissioni e di adattamento ai mutamenti climatici.

Dal punto di vista negoziale, come rilevato dal Ministro degli esteri francese Laurent Fabius, la riunione della cosiddetta pre-COP21 (8-10 novembre) ha fatto registrare progressi soprattutto sul punto della necessità che dalla Conferenza di Parigi esca l’impegno a un costante monitoraggio quinquennale delle realizzazioni di ciascun paese in materia di riduzione delle emissioni di gas serra. Insieme a un certo ottimismo generale, il ministro Fabius ha sottolineato i progressi negoziali anche in ordine ai meccanismi di finanziamento della riduzione globale di emissioni di gas serra.

Peraltro proprio negli stessi giorni sono emerse significative divergenze tra le due sponde dell’Atlantico in merito alla caratura diplomatica della COP21 di Parigi: infatti il presidente francese Hollande in visita a Malta e ambienti della Commissione europea hanno replicato a un’intervista del Segretario di Stato americano John Kerry al Financial Times, nella quale l’esponente dell’Amministrazione USA aveva escluso in ogni caso il carattere vincolante di ciò che sarebbe uscito dalla Conferenza di Parigi. In particolare il presidente Hollande, pur dicendosi comprensivo delle preoccupazioni dell’Amministrazione americana per la probabile contrarietà del Congresso nei confronti di un accordo a carattere vincolante, ha teso a sottolineare comunque la necessità di un vincolo giuridico collegato al risultato della COP21, senza di che non sarebbe possibile il controllo sull’attuazione degli impegni assunti dai vari paesi. Allo stesso modo, la portavoce della Commissione europea per l’energia e il clima, Anna-Kaisa Itkonen, ha ribadito come l’Unione punti a Parigi ad un accordo legalmente vincolante, per contenere il riscaldamento della Terra entro la soglia dei 2°C.

 


Gli obiettivi e le politiche dell’UE in materia di cambiamenti climatici

La posizione dell’Unione europea riguardo alla COP 21

L’obiettivo dell’UE – più volte ribadito, da ultimo nelle conclusioni del Consiglio del 18 settembre 2015, con cui è stata definita la posizione negoziale dell’UE – è che la Conferenza di Parigi raggiunga un accordo ambizioso e duraturo che:

§  fissi un obiettivo globale di mitigazione a lungo termine (mantenere l’aumento della temperatura entro i 2 gradi). Per ottenere tale risultato, conformemente agli ultimi rapporti dell'IPCC, l’UE sottolinea che le emissioni globali di gas a effetto serra devono stabilizzarsi al più tardi entro il 2020, ridursi entro il 2050 almeno del 50% rispetto al 1990 ed essere inferiori o vicine allo zero entro il 2100;

§  sia giuridicamente vincolante e applicabile a tutte le parti, che copra sia la mitigazione sia l’adattamento ai cambiamenti climatici;

§  includa impegni equi, ambiziosi e quantificabili per tutti i paesi, applicati in funzione delle diverse situazioni nazionali e dell'evoluzione delle realtà e capacità economiche;

§  contenga un meccanismo quinquennale in base al quale tutte le parti sono tenute a presentare impegni nuovi o aggiornati, che non siano inferiori ai precedenti livelli di impegno, o a ripresentare quelli esistenti;

§  contenga procedure semplificate per il rinnovo e l’adeguamento verso l’alto degli impegni di mitigazione.

L’UE auspica che l’accordo assuma la forma di un protocollo, al fine di sancire la più forte espressione della volontà politica e garantire prevedibilità e stabilità, e chiede che esso entri in vigore dopo la ratifica da parte di un numero cospicuo di parti che rappresentino un livello significativo di emissioni in modo da garantire che l'accordo di Parigi sia veramente globale ed efficace.

Secondo l’UE, inoltre, i risultati di Parigi dovrebbero inviare un segnale forte in materia di finanziamento a sostegno dei paesi poveri e vulnerabili e consentire la transizione verso economie resilienti a basse emissioni di gas a effetto serra.  L'UE e i suoi Stati membri sono e restano impegnati ad aumentare gradualmente i finanziamenti per il clima, contribuendo all'obiettivo assunto dai paesi sviluppati di mobilitare congiuntamente, entro il 2020, 100 miliardi all'anno di dollari USA (c.d. Fondo verde per il clima), attingendo ad un’ampia varietà di fonti pubbliche e private, bilaterali e multilaterali, incluse le fonti alternative di finanziamento.

Il contributo dell’UE al nuovo accordo sarà – come concordato al Consiglio europeo di ottobre 2014:

·     un obiettivo vincolante per gli Stati membri di riduzione delle emissioni  nazionali di gas a effetto serra almeno del 40% entro il 2030 e dell'80-95% entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990;

·     l'obiettivo di raggiungere entro il 2030, a livello di Unione, una quota di energia proveniente da fonti rinnovabili consumata nell'UE di almeno il 27%, mediante un impegno esplicito in tal senso assunto dagli stessi Stati membri con il sostegno di meccanismi e indicatori di attuazione rafforzati a livello dell'UE;

·     un obiettivo di risparmio energetico del 30% per il 2030.

Il 14 ottobre 2015 il Parlamento europeo ha approvato in plenaria la risoluzione "Verso il raggiungimento a Parigi di un nuovo accordo internazionale sul clima", in cui sottolinea l’importanza dei finanziamenti. A tale scopo – oltre a concordare una tabella di marcia per mantenere gli impegni assunti con il fondo verde per il clima - il PE invita le parti a trovare fonti aggiuntive, ad esempio destinando i profitti derivanti dalle misure dell'UE e internazionali sulle emissioni prodotte dai trasporti aerei e marittimi ai finanziamenti internazionali per il clima.

Sul tema dei finanziamenti sono successivamente intervenute le conclusioni del Consiglio economia e finanza del 10 novembre 2015, in cui si propone di inserire nell'accordo disposizioni in materia di finanziamenti per il clima che siano dinamiche e orientate ai risultati. Secondo il Consiglio la mobilitazione dei finanziamenti dovrebbe essere un processo collettivo, nel coinvolgere tutte le Parti, e completo, nell'includere tutte le fonti e tutti i tipi di sforzi.

Il processo dovrebbe incoraggiare l'uso efficace ed efficiente dei fondi pubblici, includere verifiche periodiche e portare a una mobilitazione dei finanziamenti per il clima e a un'intensificazione degli sforzi più prevedibili e collettivamente maggiori, senza peraltro comportare impegni automatici in termini di finanziamenti pubblici per il clima. Il Consiglio rileva inoltre che la fissazione del prezzo del carbonio è una delle componenti fondamentali di un contesto favorevole e può essere realizzata tramite una varietà di strumenti, tra cui la regolamentazione, lo scambio di quote di emissione e la tassazione. A tale riguardo, sostiene le iniziative intese a fissare il prezzo del carbonio come pure quelle che promuovono l'eliminazione graduale delle sovvenzioni dannose per l'ambiente o l'economia. Nelle conclusioni si conferma infine l'impegno dell'UE e dei suoi Stati membri a riferire in merito ai finanziamenti per il clima in maniera trasparente tramite il processo di rendicontazione dell'UNFCCC.

Secondo il Consiglio energia riunitosi il 26 novembre 2015 per raggiungere entro il 2030  gli obiettivi UE in materia di clima ed energia è fondamentale che ciascuno Stato membro adotti – entro la fine del 2019 - un piano nazionale per l'energia e il clima che copra il periodo 2021-2030

lgIl piano delineerà lo stato del sistema energetico nazionale e la politica nazionale in materia di clima, includendo percorsi per il raggiungimento degli obiettivi vincolanti in materia di emissioni di gas a effetto serra, in linea con la pertinente legislazione dell’UE. Il piano inoltre proporrà una serie di azioni volte a rafforzare la sicurezza dell'approvvigionamento, nonché azioni volte a migliorare e rafforzare il mercato interno dell'energia. Oltre che i piani nazionali, il sistema di governance europea per la verifica degli obiettivi al 2030, prevede i seguenti strumenti:

§  dialoghi costruttivi tra la Commissione e gli Stati membri;

§  monitoraggio e valutazione basati su indicatori chiave.

Gli obiettivi dell’Unione europea in materia di cambiamenti climatici

Sui cambiamenti climatici l'UE ha assunto gli impegni più ambiziosi e giuridicamente vincolanti del mondo ed è in prima linea per favorire il successo dei negoziati internazionali in materia. È stata infatti un attore di primo piano nell'elaborazione sia della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) sia del Protocollo di Kyoto.

I suoi sforzi in questo settore risalgono al 1990, quando l’UE si impegnò, con successo, a stabilizzare entro il 2000 le sue emissioni di biossido di carbonio (CO2) ai livelli di quell’anno. Da allora, l’UE ha attuato una serie di misure per ridurre le emissioni di gas serra.

Nel  2009, con il pacchetto clima-energia l’UE aveva fissato per il 2020 i c.d. “obiettivi 20-20-20”, e cioè:

§  la riduzione almeno del 20%, entro il 2020, delle emissioni di gas serra;

§  l’aumento al 20% della percentuale di energia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2020;

§  il miglioramento del 20% dell’efficienza energetica.

La relazione presentata il 20 ottobre 2015 dall’Agenzia europea per l’ambiente evidenzia che le emissioni di gas ad effetto serra nell’UE sono diminuite del 23% tra il 1990 e il 2014, raggiungendo i minimi storici. Rispetto ai dati del 2013, si è registrata una riduzione del 4%.

 

chartTotale emissioni di gas serra (1990-2013)

Fonte: Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA), 2014

 

In termini assoluti, nel 2013 gli Stati membri con le più alte emissioni di CO2 sono stati la Germania (760 milioni di tonnellate), il Regno Unito (455 milioni di tonnellate), la Francia (346 milioni di tonnellate) e l’Italia (342 milioni di tonnellate). Le più significative riduzioni nel 2013 rispetto all’anno precedente in termini percentuali si sono registrate per Cipro (-14,7%), Romania (-14,6%), Spagna (-12,6%), Slovenia (-12,0%), Bulgaria e Grecia (ambedue -10,2%).


Modifiche dei livelli di emissione di CO2 (2013/2012)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: Eurostat, maggio 2014

 

Modifiche dei livelli di emissione di CO2 (2013/2012)

 

 

Milioni di tonnellate di CO2

In %

EU 28

-87.045

-2,5%

Germania

14.731

2,0%

Spagna

-32.400

-12,6%

Francia

2.196

0,6%

Italia

-24.005

-6,6%

Regno Unito

-11.095

-2,4%

Fonte: Eurostat, maggio 2014

 

 

Le ragioni alla base dei risultati positivi dell’Unione europea sono state analizzate dall’Agenzia Europea per l’Ambiente[1], con riferimento alle emissioni di CO2 prodotte dal consumo di combustibili fossili (che costituiscono circa l'80% del totale delle emissioni di gas a effetto serra):

 


Scomposizione aggregata dei cambiamenti nelle emissioni totali di CO2 prodotte dall'uso di combustibili fossili nell'UE per i periodi 2005-2008 e 2008-2012

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


La figura dimostra che le emissioni di CO2 derivanti dai combustibili fossili sono diminuite rispettivamente del 3,3% e del 9,2% durante il 2005-2008 e il 2008-2012. Ciò può essere attribuito ai tre seguenti fattori principali:

§  l’intensità di energia primaria dell'economia dell'UE è diminuita notevolmente, anche grazie a miglioramenti dell'efficienza energetica;

§  l'intensità di carbonio nel consumo di energia primaria è diminuita grazie allo sviluppo delle energie rinnovabili (la produzione nucleare è in calo dal 2005);

§  le ripercussioni della crescita sono contrastanti nei due periodi interessati: la crescita del PIL tra il 2005 e il 2008 ha attenuato le riduzioni di emissioni determinate da altri fattori, mentre la riduzione del PIL nel periodo 2008-2012 ha favorito le riduzioni di emissioni derivanti da fattori diversi dalla recessione economica.

Con riguardo a tale ultimo punto, anche per la Commissione la crisi economica ha avuto parte (ma non determinante, in quanto quantificabile in meno della metà) nella riduzione osservata nel periodo 2008-2012[2].

Durante tale periodo, infatti, il PIL dell'UE è diminuito dell’1,2% per effetto della recessione economica. L'intensità delle emissioni di gas serra, viceversa, è migliorata dell'8%, a causa soprattutto del miglioramento dell'intensità energetica dell'economia e alla diminuzione del peso dei combustibili fossili nel consumo di energia primaria.

 

Stima dell’impatto della crisi economica sulla riduzione delle emissioni di CO2 (escluso LULUCF e aviazione internazionale)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Fonte: Commissione europea

 

Le politiche dell’Unione europea in materia di cambiamenti climatici

I risultati positivi dell’UE sono riconducibili, al netto degli effetti della crisi economica, all’adozione di politiche specifiche perseguite in materia di lotta ai cambiamenti climatici, politiche che, in ogni caso, richiedono un consolidamento e uno sforzo ulteriore, con riferimento ai diversi aspetti interessati (riduzione delle emissioni, adattamento ai cambiamenti climatici, finanziamenti a favore del clima).

Secondo le proiezioni comunicate dagli Stati membri, le riduzioni previste dovrebbero consentire, entro il 2030, di diminuire le emissioni del 27% (con le misure vigenti) e del 30% (con misure supplementari già pianificate dagli Stati membri) rispetto ai livelli del 1990. Occorrono pertanto nuove strategie per conseguire l'obiettivo di riduzione del 40% entro il 2030.

Come affermato dal Presidente Juncker nel suo discorso sullo stato dell'Unione europea, la Commissione europea ha già adottato le prime misure legislative per il conseguimento degli obiettivi del 2030 con la proposta, avanzata l'estate scorsa, di rivedere il sistema di scambio delle emissioni (ETS) dell'UE.

Si segnalano inoltre una serie di proposte della Commissione recentemente approvate:

§  la decisione del Consiglio per la costituzione di una riserva stabilizzatrice del mercato delle quote di emissioni a partire dall'inizio del quarto periodo di scambio nel 2021;

§  la comunicazione che istituisce una strategia volta a includere progressivamente le emissioni di gas serra generate dal trasporto marittimo nella politica dell'UE di riduzione delle emissioni totali di gas serra;

§  i regolamenti che individuano obiettivi per le emissioni di CO2 delle autovetture sino al 2021 e dei veicoli commerciali leggeri sino al 2020;

§  il regolamento sui gas fluorurati a effetto serra, applicato dal 1° gennaio 2015;

§  la direttiva 2015/153/UE che modifica la direttiva sulle energie rinnovabili e la direttiva sulla qualità dei carburanti, pubblicata il 15 settembre 2015 sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea;

§  il regolamento che riguarda l’introduzione di un sistema di scambio di quote di emissioni nel settore dell’aviazione civile, in vista di un accordo internazionale da concludersi entro il 2020.

Si segnala anche la decisione per la ratifica del secondo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto, adottato dal Consiglio il 9 gennaio 2015.

La tabella di marcia

Per raggiungere gli obiettivi fissati dal Consiglio europeo, la Commissione ha predisposto una tabella di marcia verso un'economia a basse emissioni di carbonio, che prevede che tutti i settori diano il loro contributo e che la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio sia fattibile ed economicamente abbordabile.

La tabella di marcia prevede che, entro il 2050, l'UE tagli le sue emissioni dell'80% rispetto ai livelli del 1990 unicamente attraverso riduzioni interne (cioè senza ricorrere a crediti internazionali), con le seguenti tappe

§  emissioni inferiori del 40% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030 (un obiettivo già approvato nell'ambito del quadro 2030);

§  emissioni inferiori del 60% entro il 2040.

Secondo le valutazioni della Commissione occorreranno interventi in tutti i principali settori che producono emissioni in Europa (produzione di energia, industria, trasporti, edifici, edilizia e agricoltura), ma la quota di riduzione che ci si può aspettare varia da un settore all'altro.

 

Possibile riduzione dell’80% delle emissioni di gas a effetto serra nell’UE (100% = 1990)Possibile riduzione dell’80% delle emissioni di gas a effetto serra nell’UE (100% = 1990)

 

Come evidenziato anche dal grafico, il settore energetico presenta il maggior potenziale di riduzione delle emissioni e può eliminare quasi totalmente le emissioni di CO2 entro il 2050.

L'energia elettrica potrebbe parzialmente sostituire i combustibili fossili nei trasporti e per il riscaldamento. L'energia elettrica proverrà da fonti rinnovabili, eoliche, solari, idriche e dalla biomassa o da altre fonti a basse emissioni, come le centrali nucleari o quelle a combustibili fossili dotate di tecnologie per la cattura e lo stoccaggio del carbonio. Ciò richiederà anche consistenti investimenti in reti intelligenti.

Per quanto riguarda i trasporti, le emissioni provocate dai trasporti potrebbero essere ridotte di oltre il 60% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050. A breve termine, la maggior parte dei progressi potrebbe venire dai motori a benzina e diesel, che potrebbero consumare ancora meno carburante. A breve e a lungo termine, i veicoli ibridi ed elettrici ricaricabili consentiranno maggiori riduzioni delle emissioni. I biocombustibili saranno sempre più utilizzati nel settore dell’aviazione e del trasporto merci su strada, dal momento che non tutti i veicoli commerciali pesanti funzioneranno ad energia elettrica in futuro.

Le emissioni provenienti dalle abitazioni domestiche e dagli uffici possono essere eliminate quasi del tutto riducendole del 90% circa entro il 2050. L’efficienza energetica migliorerà drasticamente grazie:

§   alla tecnologia dell'edilizia passiva per i nuovi edifici

§   alla ristrutturazione di vecchi edifici per migliorarne l'efficienza energetica

§   alla sostituzione dei combustibili fossili con energia elettrica e da fonti rinnovabili per il riscaldamento, la refrigerazione e la cottura di cibi.

Secondo le valutazioni della Commissione, le industrie che fanno un uso intensivo dell'energia potrebbero ridurre le emissioni di oltre l'80% entro il 2050, puntando su tecnologie più pulite ed efficienti in termini energetici.

Fino al 2030 e poco dopo tale data, le emissioni di CO2  dovrebbero subire una flessione graduale per effetto della progressiva diminuzione dell'intensità energetica; dopo il 2035 la tecnologia per la cattura e lo stoccaggio del carbonio verrà applicata alle emissioni delle industrie che non sono in grado di ridurle in altri modi (ad es. acciaierie e cementifici). Si prevede già che le emissioni di sostanze diverse dalla CO2 prodotte da industrie inserite nel sistema di scambio di quote di emissione dell'UE scenderanno a livelli molto bassi.

Dato l’aumento a livello mondiale della domanda di derrate alimentari, la quota dell’agricoltura nel totale delle emissioni dell’UE aumenterà di circa un terzo entro il 2050, ma sono possibili riduzioni. L'agricoltura dovrà ridurre le emissioni provenienti da fertilizzanti, concimi e bestiame e può contribuire allo stoccaggio di CO2 nei terreni e nelle foreste.

La tabella di marcia giunge alla conclusione secondo cui la transizione a una società a basse emissioni di carbonio è fattibile e a prezzi accessibili, ma richiede innovazione e investimenti. Secondo la Commissione questa transizione:

§  stimolerà l'economia europea grazie allo sviluppo di tecnologie pulite ed energia a emissioni di carbonio basse o nulle, incentivando la crescita e l'occupazione;

§  aiuterà l'Europa a ridurre l'uso di risorse fondamentali come l'energia, le materie prime, la terra e l'acqua;

§  renderà l'UE meno dipendente da costose importazioni di petrolio e gas;

§  apporterà benefici alla salute, ad esempio grazie a un minor inquinamento atmosferico.

Per effettuare la transizione l'UE dovrebbe investire altri 270 miliardi di euro (o, in media, l'1,5% del PIL all'anno) nei prossimi quattro decenni.

 


Le politiche nazionali in materia di clima ed energia

La distanza dagli obiettivi di Kyoto per l’Italia

L’obiettivo di riduzione assunto dall’Italia (-6,5% rispetto al 1990) nel primo periodo di impegno di Kyoto equivale ad un livello di emissioni annue pari a 483,3 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente (MtCO2eq.) nel periodo 2008-2012. Nell’Allegato III al DEF 2015 (c.d. allegato Kyoto) viene evidenziato un gap medio annuo di 19,7 MtCO2eq. che, al netto degli assorbimenti derivanti dalle c.d. attività LULUCF (attività di uso del suolo, cambiamento di uso del suolo e silvicoltura), scende ad un valore medio annuo di 4,7 MtCO2eq.

 


TAVOLA 1 ( MtCO2Eq.)

2008

2009

2010

2011

2012

Media

Emissioni ETS

201,7

201,7

201,7

201,7

201,7

201,7

Emissioni non-ETS

320,1

305,5

308,4

297,5

282,1

302,7

Totale emissioni (a)

520,4

505,8

508,6

497,8

482,4

503,0

Obiettivo di Kyoto (b)

483,3

483,3

483,3

483,3

483,3

483,3

Distanza dagli obiettivi (c=a-b)

37,1

22,5

25,4

14,6

-0,9

19,7

LULUCF (d)

-14,6

-15,3

-16,0

-14,6

-14,8

-15,1

Gap da colmare (e=c+d)

22,5

7,2

9,4

0,0

-15,7

4,7

 

Il c.d. allegato Kyoto ricorda altresì che la verifica degli adempimenti di Kyoto deve essere svolta dal Compliance Committee (istituito nell’ambito del Protocollo) a seguito della notifica dell’Italia dell’inventario nazionale delle emissioni di gas-serra per l’anno 2012. Il documento sottolinea che il Segretariato della Convenzione, verificata la correttezza dell’inventario, ha pubblicato il rapporto di revisione in data 3 marzo 2015. A partire dal completamento dei processi di verifica per tutte le Parti l’Italia avrà 100 giorni di tempo per regolarizzare la propria situazione sulla base dei valori di emissione consolidati per il periodo 2008-2012.

In caso di mancato raggiungimento degli obiettivi previsti, il Protocollo prevede una serie di sanzioni consistenti in una riduzione (per il periodo post-2012) delle unità assegnate per un quantitativo pari all’ammontare di quote in eccesso aumentato del 30%, nonché nell’obbligo di adottare un piano nazionale "correttivo" e nella sospensione della possibilità di trasferire le unità di riduzione generate attraverso i meccanismi flessibili del Protocollo.

Il predetto allegato evidenzia che, poiché il contributo dei settori ETS è costante, il raggiungimento degli obiettivi di Kyoto dipende dalle misure che saranno attuate nei settori non-ETS, vale a dire i settori residenziale, civile, agricolo e dei trasporti, che risultano regolamentati dalla decisione n. 406/2009 della UE (c.d. decisione effort sharing). Tale decisione disciplina infatti le emissioni di gas serra dei settori non ETS definendo obiettivi di riduzione annuali legalmente vincolanti per il periodo 2013-2020 differenziati per ciascuno Stato Membro. Per l’Italia l’obiettivo di riduzione è del 13% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2020.

Nel succitato "allegato Kyoto" viene fornita una stima delle emissioni al 2020 che si basa sull'adozione di una serie di misure (indicate negli allegati 2 e 3), che consentirebbero di adempiere agli obiettivi della decisione "effort sharing". Per tale motivo nel documento viene evidenziata la "necessità di assicurare la piena attuazione delle misure di cui agli allegati 2 e 3. In caso contrario, le emissioni effettive potrebbero discostarsi sensibilmente da quelle previste".

L’art. 7 della decisione 406/2009 prevede, per il mancato rispetto degli obblighi imposti ai settori "non ETS", le seguenti sanzioni (analoghe a quelle previste dal Protocollo di Kyoto) in capo allo Stato membro inadempiente: una riduzione dell’assegnazione di emissioni dell’anno successivo pari all’ammontare delle emissioni in eccesso moltiplicate per un fattore di mitigazione di 1,08; l’obbligo di predisporre un piano d’azione correttivo e la sospensione temporanea della possibilità di trasferire parte dell’assegnazione di emissioni dello Stato membro e dei diritti derivanti dai meccanismi flessibili.

Il recepimento della direttiva emission trading

Nell'ambito delle misure adottate per il raggiungimento degli obiettivi fissati dal Protocollo di Kyoto, la direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 ottobre 2003 ha istituito un sistema europeo per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra (denominato EU Emission Trading System - EU ETS).

La direttiva emission trading è stata recepita con il decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 216. Con il D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 257, inoltre, è stata recepita la direttiva 2008/101/CE che ha modificato la direttiva 2003/87/CE al fine di includere le attività di trasporto aereo nell'ETS.

Con il D.Lgs. 13 marzo 2013, n. 30, adottato alla fine della XVI legislatura, è stata attuata la direttiva 2009/29/CE (che ha operato una serie di modifiche alla direttiva 2003/87/CE) relativa alla revisione per il periodo post-2012 del sistema ETS. Tra le principali novità introdotte dalla direttiva 2009/29/CE la previsione che, dal 2013, il criterio principale per l'allocazione delle quote agli impianti (in precedenza gratuita e basata sulle emissioni storiche) sia l'assegnazione a titolo oneroso tramite asta.

Nel corso della presente legislatura è stato presentato alle Camere, per il parere, uno schema di decreto legislativo (Atto del Governo n. 155), che apporta una serie di modifiche ed integrazioni al D.Lgs. 30/2013 al fine di garantire l'adeguamento della normativa nazionale alla disciplina europea, anche al fine di superare i rilievi sollevati dalla Commissione europea nell'ambito della procedura EU Pilot 6400/14/CLIM. Il testo definitivo del decreto è stato pubblicato nella G.U. n. 168 del 22 luglio 2015 (D.Lgs. n. 111 del 2 luglio 2015).

Le politiche per il clima: mitigazione e adattamento

Le politiche di contrasto al cambiamento climatico consistono, da un lato, in politiche finalizzate alla riduzione delle emissioni di gas-serra (politiche di mitigazione), dall'altro, in politiche volte alla minimizzazione  degli impatti derivanti dai mutamenti del clima (politiche di adattamento).

Di seguito si dà sinteticamente conto delle principali politiche nazionali attuate, in corso o programmate nel corso della presente legislatura.

Le politiche di mitigazione

Dal punto di vista della mitigazione, nell'Allegato III al DEF 2015 (c.d. allegato Kyoto) vengono indicate le azioni che il Governo considera come necessarie e prioritarie per garantire una riduzione delle emissioni compatibile con gli obiettivi della c.d. decisione effort sharing, principalmente inquadrabili nell'ambito dello sviluppo delle fonti rinnovabili e dell'incremento dell'efficienza energetica dei vari settori (non solo produttivo, ma anche residenziale e dei trasporti), che riprendono e aggiornano quelle definite, alla fine della scorsa legislatura, con la delibera CIPE 8 marzo 2013, n. 17 recante "Aggiornamento del piano di azione nazionale per la riduzione dei livelli di emissione di gas a effetto serra".

Alcune di queste misure vengono evidenziate, dal citato "allegato Kyoto", come già realizzate o in corso di realizzazione: destinazione (disposta dall'art. 9 del D.L. 91/2014) di 350 milioni di euro per la concessione di prestiti a tasso agevolato per interventi di riqualificazione energetica degli edifici scolastici ed universitari (provenienti dal c.d. Fondo rotativo Kyoto[3]); estensione delle detrazioni fiscali al 65% per gli interventi di riqualificazione degli edifici privati (c.d. ecobonus) a tutto il 2015 e ampliamento del perimetro degli interventi ammessi alle medesime detrazioni (comma 47 della legge di stabilità 2015, L. 190/2014); revisione del Conto termico; elaborazione delle nuove linee guida per i certificati bianchi; rafforzamento del ruolo della fiscalità ambientale nel processo di revisione della fiscalità generale (previsto dall'art. 15 della legge 23/2014  di delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita); programma di riqualificazione degli edifici della P.A. centrale e istituzione di un nuovo Fondo nazionale per l'efficienza energetica per la concessione di garanzie e prestiti a tasso agevolato previsti dagli articoli 5 e 15 del D.Lgs. 102/2014.

La strategia di adattamento

Dal punto di vista dell'adattamento, il documento più rilevante elaborato nel corso della presente legislatura è la Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, presentata dal Ministero dell'ambiente il 29 ottobre 2013 su impulso della Commissione europea che il 16 aprile 2013 ha diffuso la "Strategia dell'Ue di adattamento ai cambiamenti climatici" (comunicazione 16 aprile 2013, COM(2013) 216 final).

Dopo  essere stata sottoposta alla consultazione degli operatori interessati, la Strategia ha ricevuto il definitivo via libera con il parere positivo espresso dalla Conferenza Unificata in data 30 ottobre 2014 e nella G.U. n. 153 del 4 luglio 2015 è stato pubblicato un comunicato del Ministero dell'ambiente con cui è stata data notizia dell'avvenuta pubblicazione del decreto direttoriale prot. n. 86/CLE del 16 giugno 2015, recante «Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici».

La Strategia nazionale è volta a definire le azioni e gli indirizzi per fronteggiare gli impatti dei cambiamenti climatici, considerati gli effetti che potranno determinare sulle risorse idriche, sul territorio e sugli ecosistemi.

Le risorse dell'accordo di partenariato

Il 29 ottobre 2014 la Commissione europea ha definitivamente adottato l'accordo di partenariato con l'Italia per il periodo 2014-2020, con cui si definisce la strategia, articolata in obiettivi tematici, per l'utilizzo dei Fondi strutturali e di investimento europei in Italia. L'accordo consente l'investimento di 32,2 miliardi di euro di finanziamenti totali a titolo della politica di coesione nel periodo 2014-2020. Più di un quinto delle citate risorse (9,3 miliardi di euro) è indicativamente destinato agli obiettivi di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici (si veda in proposito la scheda "L'accordo di partenariato 2014-2020").

Il dibattito parlamentare

Il tema dei cambiamenti climatici è stato dibattuto in numerose occasioni nel corso dell’attività parlamentare.

Considerato che i cambiamenti climatici interessano trasversalmente diverse politiche, quelle ambientali ed energetiche in primis, il Parlamento ha discusso del tema dei cambiamenti climatici in occasione di provvedimenti legislativi che sono stati adottati nei vari ambiti ovvero di specifiche disposizioni contenute in provvedimenti. Si segnala che è in corso di esame parlamentare il disegno di legge recante disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali (cd. collegato ambientale); per un’analisi del contenuto del provvedimento, si rinvia al relativo tema web.

Le medesime Commissioni parlamentari hanno inoltre partecipato all’esame degli atti europei nell’ambito della cosiddetta "fase ascendente". Tra i documenti più recenti, si segnala che le Commissioni riunite VIII (ambiente) e X (attività produttive), dopo aver svolto una serie di audizioni nei mesi di aprile e maggio, hanno approvato, in data 8 luglio 2015, un documento finale sul Pacchetto «Unione dell'energia» e segnatamente sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti – Una strategia quadro per un'Unione dell'energia resiliente, corredata da una politica lungimirante in materia di cambiamenti climatici (COM(2015) 80 final), sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Il protocollo di Parigi – Piano per la lotta ai cambiamenti climatici mondiali dopo il 2020 (COM(2015) 81 final), sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Raggiungere l'obiettivo del 10 per cento di interconnessione elettrica – Una rete elettrica europea pronta per il 2020 (COM(2015) 82 final). Sui medesimi atti è stata approvata una risoluzione anche da parte delle Commissioni Industria e Territorio del Senato (Doc. Senato XVIII, n. 92).

Il Parlamento, inoltre, esamina annualmente i documenti allegati al DEF (Documento di economia e finanza), sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas-serra, in coerenza con gli obblighi internazionali assunti dall’Italia in sede europea e internazionale, e sui relativi indirizzi, predisposti ai sensi dell’art. 2, comma 9, della legge 7 aprile 2011, n. 39. L’ultimo documento esaminato è il citato allegato III al DEF 2015 (c.d. allegato Kyoto) che – come ogni anno – ha sintetizzato l’evoluzione normativa internazionale ed europea in materia di cambiamenti climatici, ha riportato la situazione delle emissioni nazionali di gas serra al 2012, vale a dire con riferimento al primo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto (2008-2012), ha valutato gli scenari delle emissioni con orizzonte temporale al 2020 idonei al raggiungimento dell’obiettivo previsto per i settori "non ETS" dalla Decisione 406/2009 ("effort sharing") e ha indicato le azioni da attuare prioritariamente per il raggiungimento degli obiettivi.

Si segnala che il Parlamento ha approvato, sia nella precedente sia nell’attuale legislatura, atti di indirizzo, che hanno impegnato il Governo ad adottare specifiche iniziative in materia di cambiamenti climatici.

In particolare,  si segnala l'approvazione, nella seduta del 28 luglio 2015, da parte dell'Assemblea della Camera, di una serie di mozioni (n.1-00815, 1-00941, 1-00951, 1-00953, 1-00954, 1-00955 e 1-00961) concernenti iniziative per contrastare i cambiamenti climatici, anche in vista della COP21 di Parigi, nonchè l'approvazione, nella seduta del 17 giugno 2015, da parte dell'VIII Commissione (Ambiente) della Camera, della risoluzione 8-00120 sulla Strategia per l'adattamento ai cambiamenti climatici.

Occorre poi ricordare la risoluzione 7-00187, approvata il 14 ottobre scorso dalla 13a Commissione del Senato, con riferimento alla nuova proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2003/87/CE (COM(2015) 337 def.). Tale proposta di direttiva è in corso di esame presso l'VIII Commissione della Camera, che sta esaminando inoltre le risoluzioni 7-00700 e le abbinate 7-00711, 7-00712 e 7-00716 sui criteri di assegnazione dei proventi delle aste per lo scambio delle quote di emissione di gas a effetto serra.

Nella seduta del 26 novembre scorso dell'Assemblea della Camera dei deputati, si sono svolte, infine, le comunicazioni del Governo in vista della COP21 e, a seguire, sono state approvate diverse risoluzioni (nn. 6-00174, 6-00175, 6-00176, 6-00178, 6-00179, 6-00180, 6-00181).

Da ultimo, per quanto riguarda l’attività conoscitiva, si segnala che il 24 settembre 2015 si è svolta presso le Commissioni riunite Esteri, Ambiente, Attività produttive e Agricoltura della Camera l’audizione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale sui prossimi appuntamenti internazionali sui cambiamenti climatici, con particolare riguardo alla COP21 di Parigi.


La Strategia energetica nazionale

La Strategia energetica nazionale (SEN) contiene le linee direttrici della politica energetica italiana dei prossimi decenni. Essa indica quattro obiettivi principali:

§  l'allineamento dei costi energetici a quelli europei, con una previsione di circa 9 miliardi di euro l'anno di risparmi sulla bolletta elettrica e gas a livello nazionale (sui 70 miliardi di spesa totale attuale);

§  il superamento di tutti gli obiettivi ambientali europei (riduzione delle emissioni di CO2, penetrazione delle rinnovabili, riduzione del consumo di energia). Questi includono la riduzione delle emissioni di gas serra del 21% rispetto al 2005 (obiettivo europeo: 18%), riduzione del 24% dei consumi primari rispetto all'andamento inerziale (obiettivo europeo: 20%) e raggiungimento del 19-20% di incidenza dell'energia rinnovabile sui consumi finali lordi (obiettivo europeo: 17%). In particolare, ci si attende che le rinnovabili diventino la prima fonte nel settore elettrico al pari del gas con un'incidenza del 35-38%;

§  il rafforzamento della sicurezza ed indipendenza di approvvigionamento, con una riduzione di circa 14 miliardi l'anno di acquisti energetici dall'estero (rispetto ai 62 miliardi attuali, e -19 rispetto alle importazioni tendenziali 2020), con la riduzione dall'84 al 67% della dipendenza dall'estero. Ciò equivale a circa 1% di PIL addizionale e, ai valori attuali, sufficiente a riportare in attivo la bilancia dei pagamenti, dopo molti anni di passivo;

§  la spinta alla crescita economica guidata dal settore energetico, con una previsione di circa 180 miliardi di euro di investimenti di qui al 2020, sia nella green e white economy (rinnovabili e efficienza energetica), sia nei settori tradizionali (reti elettriche e gas, rigassificatori, stoccaggi, sviluppo idrocarburi). Si tratta di investimenti privati, solo in parte supportati da incentivi, e con notevole impatto in termini di competitività e sostenibilità del sistema.

Per ottenere questi obiettivi, la SEN individua 7 priorità d'azione, ciascuna dettagliata in misure concrete da prendere:

  1. efficienza energetica;
  2. mercato competitivo del gas e hub sud-europeo;
  3. sviluppo sostenibile delle energie rinnovabili;
  4. sviluppo delle infrastrutture e del mercato elettrico:
  5. ristrutturazione della raffinazione e della rete di distribuzione carburanti;
  6. produzione sostenibile di idrocarburi nazionali;
  7. modernizzazione del sistema di governance.

La situazione energetica nazionale nel 2014

A luglio 2015 il Ministero dello sviluppo economico ha presentato il Rapporto "La situazione energetica nazionale nel 2014". Come si afferma nella premessa, il rapporto è stato redatto da un gruppo di lavoro, formato da rappresentanze istituzionali e settoriali interessate alla specifica tematica, con l'intento di fornire un quadro informativo finalizzato al monitoraggio e all'aggiornamento della Strategia Energetica Nazionale approvata con D.M. 8 marzo 2013.

Nel Rapporto si mette in evidenza che il fabbisogno energetico lordo dell'Italia nel 2014 è stato di 166,43 Milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep), con un decremento del 3,8 % rispetto al 2013, a fronte di una riduzione del PIL in termini reali dello 0,4.

La diminuzione della domanda di energia primaria conferma il trend di riduzione registratosi negli ultimi anni, rappresentando il valore, in termini assoluti, più basso da 18 anni.

In termini di composizione percentuale delle fonti energetiche impiegate per la copertura della domanda nel 2014, rispetto al 2013, sono stabili il petrolio (dal 33,7% del 2013 al 34,4%) e i combustibili solidi (dall' 8,2% all' 8,1%), mentre  diminuisce il gas, dal 33,2% al 30,5%. Aumenta di poco l'importazione netta di energia elettrica dal 5,4% al 5,7%, mentre continua a crescere la quota delle fonti rinnovabili che passa dal 19,5% al 21,2%.

Nel 2014, la produzione nazionale di fonti energetiche è cresciuta complessivamente del 2,8%, passando da 43,8 a 45,4 Mtep. La quota delle importazioni nette di energia rispetto al fabbisogno energetico nazionale si riduce, da 74,7% del 2013 al 73,6% nel 2014.

 

L'Italia, nel confronto con la media dei 28 paesi dell'Unione Europea, si caratterizza per un maggior ricorso al gas naturale, all'import strutturale di elettricità, al ridotto contributo dei combustibili solidi e al mancato ricorso alla fonte nucleare.

 

Il tema web Strategia energetica nazionale è consultabile al link https://www.camera.it/leg17/465?tema=strategia_energetica

 


Risparmio ed efficienza energetica

L'Italia è uno dei primi paesi per intensità energetica in Europa, con un livello inferiore alla media di circa il 14%, nonostante una struttura economica in cui l'industria manifatturiera ha un peso superiore alla media europea (anche se, negli ultimi due decenni, altri Paesi europei hanno mediamente migliorato tale indicatore in maniera più forte rispetto a quanto fatto dall'Italia). L'Italia vanta inoltre una consolidata tradizione industriale in molti settori strettamente correlati all'efficienza energetica (caldaie, motori, inverter, smart grid, edilizia, …).

Rimane tuttavia un potenziale di miglioramento importante. Da quanto risulta dall'ultimo Rapporto dell'ENEA (giugno 2015) relativo all'anno 2013, grazie alle politiche nazionali per l'efficienza energetica l'Italia ha risparmiato 7,55 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti (Mtep) all'anno, pari a oltre 2 miliardi di euro di minori importazioni di gas naturale e petrolio, evitando la produzione di 18 milioni di tonnellate di CO2. Inoltre, grazie al solo meccanismo delle detrazioni fiscali, i cosiddetti ‘ecobonus', oltre 2 milioni di famiglie hanno investito 22 miliardi di euro per riqualificare energeticamente le proprie abitazioni dal 2007 al 2013, con un indotto di 40 mila occupati in media l'anno. Il Rapporto evidenzia che nel 2013 è stato raggiunto oltre il 20% dell'obiettivo di efficienza previsto per il 2020; tra i settori che hanno maggiormente contribuito a questo risultato il residenziale e l'industria.

Relativamente all'anno 2014, il Rapporto del MISE sulla situazione energetica italiana evidenzia che il fabbisogno energetico lordo del Paese nel 2014 si è ridotto del 3,8% rispetto al 2013 (nel 2014 è stato di 166,43 milioni di Mtep, che rappresenta il valore, in termini assoluti, più basso da 18 anni) e che il decremento del fabbisogno energetico del 2014 è stato determinato dall'azione congiunta della recessione economica, della ricomposizione settoriale della produzione e della maggiore efficienza energetica.

Nell'attuale legislatura, nel 2014, è stato adottato il D.Lgs. n. 102/2014, che ha recepito in Italia la Direttiva 2012/27/UE stabilendo un quadro di misure per la promozione e il miglioramento dell'efficienza tese al raggiungimento degli obiettivi nazionali di risparmio energetico definiti al 2020, pari alla riduzione dei consumi di energia primaria di 20 Mtep/anno, equivalenti a 15,5 Mtep/anno di energia finale.

Per quanto riguarda il settore industriale, entro il 5 dicembre 2015 (e successivamente ogni quattro anni) le grandi aziende e le imprese ad alta intensità energetica sono tenute ad eseguire diagnosi energetiche periodiche, utili per individuare gli interventi più efficaci per ridurre i consumi di energia. Per incentivare la realizzazione dei progetti di efficienza energetica definiti sulla base delle diagnosi realizzate, il decreto prevede un ulteriore potenziamento del meccanismo dei Certificati Bianchi, nonché l'istituzione di schemi di certificazione e accreditamento per la conformità alle norme tecniche in materia di Società di Servizi Energetici, esperti in gestione dell'energia, sistemi di gestione dell'energia e diagnosi energetiche.

Per il settore edilizio, l'ENEA viene incaricata di elaborare una proposta di interventi di medio-lungo termine per il miglioramento della prestazione energetica degli immobili, sia pubblici che privati, anche per aumentare il numero di Edifici a Energia Quasi Zero.

Per il settore pubblico è previsto un programma annuale di interventi di riqualificazione energetica negli edifici della Pubblica Amministrazione centrale, inclusi gli immobili periferici, relativi ad almeno il 3% annuo della superficie coperta utile climatizzata, da realizzare ricorrendo al finanziamento tramite terzi e ai contratti di rendimento energetico. Inoltre, nell'ambito delle forniture di prodotti e servizi della Pubblica Amministrazione centrale, il provvedimento rafforza il vincolo di acquisto di prodotti e servizi ad alta efficienza energetica.

Il provvedimento istituisce, inoltre, il Fondo nazionale per l'efficienza energetica, un importante strumento finanziario di supporto alla riqualificazione energetica degli edifici della Pubblica Amministrazione ed agli interventi per la riduzione dei consumi di energia nei settori dell'industria e dei servizi.

Il D.Lgs. 201/2014 prevede una cabina di regia per il coordinamento degli interventi per l'efficienza energetica, composta dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

La cabina di regia si potrà avvalere della collaborazione di ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile) e GSE (Gestore Servizi Energetici). Tra i primi obiettivi, coordinare la rapida attuazione del programma per la riqualificazione energetica degli edifici della pubblica amministrazione centrale.  Il decreto 9 gennaio 2015 stabilisce le modalità di funzionamento della cabina di regia.

Si segnala che la X Commissione attività produttive della Camera ha recentemente reso (il 22 ottobre 2015) parere favorevole con condizioni e osservazioni sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative al D.Lgs. n. 102/2014, finalizzato a dare risposta ai rilievi della Commissione europea di incompleto recepimento nell'ordinamento giuridico italiano della direttiva 2012/27/Ue sull'efficienza energetica.

Riqualificazione energetica degli edifici

Il decreto-legge 63/2013 ha recepito la direttiva 2010/31/UE  in materia di certificazione energetica degli edifici , sostituendo l'attestato di certificazione energetica con il nuovo attestato di prestazione energetica (APE).

Tale decreto ha anche potenziato il regime di detrazioni fiscali, passato dal 55% per gli interventi di miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici al 65%. Per le spese documentate sostenute a partire dal 1° luglio 2013 fino al 31 dicembre 2013 o fino al 30 giugno 2014 (per le ristrutturazioni importanti dell'intero edificio), spetterà la detrazione dell'imposta lorda per una quota pari al 65% degli importi rimasti a carico del contribuente, ripartita in 10 quote annuali di pari importo. E' stata inoltre decisa la proroga, fino al 31 dicembre 2013, delle detrazioni IRPEF del 50 per cento, dall'ordinario 36 per cento, per spese di ristrutturazioni edilizie fino ad un ammontare complessivo non superiore a 96.000 euro (48.000 euro nel regime ordinario). Tale proroga è stata estesa anche all'acquisto di mobili finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione, per un massimo di 10 mila euro (in pratica si concede un bonus di 5.000 euro. Le detrazioni riguardano anche gli interventi di ristrutturazione relativi all'adozione di misure antisismiche, nonché all'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica delle parti strutturali degli edifici.

Le predette detrazioni sono state prorogate dapprima dalla legge 147/2013 (legge di stabilità 2014) e successivamente dalla legge di stabilità per il 2015 (articolo 1, comma 47 della legge n. 190 del 2014) che ha previsto la proroga delle detrazioni per le ristrutturazioni edilizie e per il risparmio energetico mantenendo anche per il 2015 le precedenti misure:

§  50 per cento per le ristrutturazioni e per il connesso acquisto di mobili (si ricorda, al riguardo, che il D.L. n. 47 del 2014 consente di usufruire della detrazione per le spese sostenute per l'acquisto di mobili anche ove dette spese superino quelle sostenute per i connessi lavori di ristrutturazione);

§  65 per cento per gli interventi di riqualificazione energetica, inclusi quelli relativi alle parti comuni degli edifici condominiali.

La legge di stabilità 2015 ha inoltre definito due ulteriori tipi di spese agevolabili, per la riqualificazione energetica, con la detrazione del 65 per cento:

§  le spese sostenute, dal 1° gennaio 2015 fino al 31 dicembre 2015, per l'acquisto e posa in opera delle schermature solari, nel limite massimo di detrazione di 60.000 euro;

§  le spese sostenute, dal 1° gennaio 2015 fino al 31 dicembre 2015, per l'acquisto e posa in opera degli impianti di climatizzazione invernale dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili, nel limite massimo di detrazione di 30.000 euro.

Ha altresì disposto la proroga sino al 31 dicembre 2015 della detrazione del 65 per cento per gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche.

Da ultimo, il disegno di legge di stabilità 2016 (A.C. 3444), attualmente all'esame della Camera, dispone la ulteriore proroga per l'anno 2016 delle ulteriori misure di detrazione (articolo 1, comma 41-43).

Per saperne di più, si rinvia al tema sulla tassazione degli immobili e al relativo approfondimento e allo studio realizzato ad ottobre 2015 dal Servizio Studi della Camera in collaborazione con l'istituto di ricerca CRESME su "Il recupero e la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio: una stima dell'impatto delle misure di incentivazione".

Si rinvia inoltre alla Guida alle agevolazioni sul risparmio energetico.

 

Il 1° ottobre 2015 è la data di entrata in vigore dei decreti del MiSE, pubblicati sul supplemento ordinario n. 39 alla Gazzetta Ufficiale n. 162 del 15 luglio, sull'efficienza energetica degli edifici:

§  Decreto sull'applicazione delle metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche e definizione delle prescrizioni e dei requisiti minimi degli edifici;

§  Decreto con schemi e modalità di riferimento per la compilazione della relazione tecnica di progetto ai fini dell'applicazione delle prescrizioni e dei requisiti minimi di prestazione energetica negli edifici;

§  Decreto sull'adeguamento delle linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici, che aggiorna le linee guida per la certificazione della prestazione energetica degli edifici.

Si ricorda che, a partire dal 1 gennaio 2021, i nuovi edifici e quelli sottoposti a ristrutturazioni significative dovranno essere realizzati in modo tale da ridurre al minimo i consumi energetici coprendoli in buona parte con l'uso delle fonti rinnovabili. Per gli edifici pubblici tale scadenza è anticipata al 1 gennaio 2019.

 

Il tema web Risparmio ed efficienza energetica è consultabile al seguente link

https://www.camera.it/leg17/465?tema=risparmio_efficienza_energetica

 


Energie rinnovabili

Trainate da meccanismi di sostegno pubblico, le fonti rinnovabili (FER) hanno consolidato negli ultimi anni un ruolo di primo piano nell'ambito del sistema energetico italiano. Esse - come rilevato dal Rapporto del MISE sulla situazione energetica italiana nel 2014 -  trovano ormai impiego diffuso sia per la produzione di calore (settore Termico, che concentra il 50% circa dei consumi complessivi di energia da FER) sia per la produzione di energia elettrica (settore Elettrico, 45%) sia infine come biocarburanti per l'autotrazione (settore Trasporti, 5%).

Applicando i criteri di contabilizzazione previsti dalla Direttiva 2009/28/CE ai fini del monitoraggio degli obiettivi di consumo di FER al 2020, i consumi complessivi di energia da fonti rinnovabili nel 2013 risultano pari - secondo il citato Rapporto - a 20,7 Mtep, con un'incidenza sui consumi finali lordi di energia pari al 16,7% (poco inferiore al target del 17% fissato per l'Italia al 2020).

I dati preliminari disponibili per il 2014 conducono invece a una stima dei consumi complessivi di energia da FER intorno ai 20,5 Mtep.

Rinnovabili elettriche

Per quanto riguarda il settore elettrico, grazie agli oltre 600.000 impianti alimentati da fonti rinnovabili in esercizio sul territorio nazionale, per una potenza installata di circa 50.000 MW, nel 2013 sono stati prodotti 112 TWh di energia elettrica, mentre nel 2014 la stima preliminare si attesta sui 118 TWh.
La fonte rinnovabile più utilizzata per la produzione di energia elettrica è quella idraulica (47-48% della generazione da FER), seguita da quella solare (19-20%), dalle bioenergie (biomasse solide, bioliquidi, biogas e frazione rinnovabile dei rifiuti: 14%), dalla fonte eolica (13%) e da quella geotermica (5%).

Le informazioni sopra riportate sono tratte dal Rapporto del MISE "La situazione energetica nazionale nel 2014" (pubblicato a luglio 2015).

L'obiettivo nazionale nel settore elettrico, secondo la SEN, è quello di sviluppare le rinnovabili fino al 35-38% dei consumi finali al 2020, pari a circa 120-130 TWh/anno o 10-11 Mtep. Con tale contributo, la produzione rinnovabile diventerà la prima componente del mix di generazione elettrica in Italia, al pari del gas. Nel far questo, è necessario e possibile contenere i costi incrementali in bolletta per i consumatori, accompagnando la crescita dei volumi di energia rinnovabile con incentivi progressivamente ridotti e commisurati al costo (decrescente) della tecnologia e in linea con altri paesi leader in Europa. 

Si consideri che la produzione di energia rinnovabile elettrica negli ultimi anni ha avuto uno sviluppo fortissimo, guidato da incentivi generosi che hanno generato costi significativi per il sistema. Nel settore elettrico, l'obiettivo 20-20-20 è stato superato: 103,3 TWh prodotti nel 2013 rispetto ad un obiettivo 2020 di 100 TWh. Questo è dovuto ad una forte crescita delle installazioni negli ultimi anni, in particolare degli impianti fotovoltaici, che hanno raggiunto i 21,6 TWh.

Il sistema incentivante italiano non ha tenuto in debito conto della rapida diminuzione dei costi legati alle tecnologie (la tecnologia fotovoltaica ha abbattuto i suoi costi di circa il 70% dal 2008 al 2012). Da alcuni anni, per contenere i costi in bolletta il sostegno alle fonti rinnovabili – ed al fotovoltaico in particolare – ha subito una brusca sterzata. Dalla metà del 2013 sono esauriti i fondi del Quinto Conto Energia per l'incentivazione del fotovoltaico, in quanto è stata raggiunta la soglia dei 6,7 miliardi di euro. In seguito, sono stati emanati alcuni provvedimenti, cosiddetti "spalma-incentivi", mirati a ridurre il costo annuo dell'incentivazione.

La crescente produzione da fonti intermittenti e non programmabili rappresenta inoltre sempre più una sfida per l'infrastruttura di rete e per il mercato, per i problemi di dispacciamento che essa comporta. La produzione rinnovabile discontinua è ad esempio concentrata (e probabilmente destinata a concentrarsi ancor più) al Sud, Centro-Sud e nelle isole, con una potenza attesa già al 2016 superiore alla domanda di punta di quest'area (25.000 MW contro i 21.000 MW), mentre la domanda è maggiore in Nord Italia. Sono necessari, quindi, interventi di rafforzamento della rete sulle principali sezioni critiche tra zone di mercato. Inoltre, per quanto riguarda gli oneri da sbilanciamento, sarà importante adottare un approccio che stimoli i produttori da fonti rinnovabili a programmare la propria produzione tenendo conto delle possibilità effettive di previsione delle diverse tecnologie, e che favorisca una gestione aggregata degli impianti e dei carichi. Molto importanti saranno gli sviluppi circa la riduzione dei costi ed il miglioramento delle prestazioni della capacità di accumulo elettrico per garantire lo sviluppo in sicurezza delle energie rinnovabili elettriche.

Rinnovabili termiche

Il contributo fornito dalle fonti rinnovabili nel settore termico è un fenomeno che è stato approfondito dal punto di vista statistico solo negli anni più recenti, grazie principalmente alle attività di rilevazione sviluppate dal GSE ai fini del monitoraggio degli obiettivi europei sugli impieghi di FER e alla realizzazione di importanti rilevazioni sul tema.

Nel 2013 risultano consumati circa 10,6 Mtep di fonti rinnovabili per riscaldamento, pari al 18% dei consumi termici complessivi del Paese; in particolare, 9,8 Mtep sono stati consumati in modo diretto (attraverso stufe, camini, pannelli solari, pompe di calore, impianti di sfruttamento del calore geotermico), mentre 0,8 Mtep sono relativi ai consumi di calore prodotto da attività di trasformazione, principalmente impianti di cogenerazione e sistemi di teleriscaldamento alimentati da biomasse (calore derivato). I dati preliminari relativi al 2014 indicano una leggera flessione della produzione complessiva rispetto all'anno precedente, stimabile in circa 0,4 Mtep, associata principalmente alle più favorevoli condizioni climatiche.

La fonte rinnovabile di gran lunga più importante per la produzione di energia termica è costituita dalla biomassa solida (7,8 Mtep nel 2013 e 7,3 Mtep secondo le stime preliminari del 2014), utilizzata soprattutto nel settore domestico in forma di legna da ardere e pellet; è ancora piuttosto limitato, invece, lo sfruttamento della risorsa geotermica e di quella solare (complessivamente 0,3 Mtep - 0,4 Mtep). È da sottolineare, infine, il contributo rilevante fornito delle pompe di calore (oltre 2,5 Mtep sia nel 2013 che nel 2014).

I dati suesposti sono tratti dal Rapporto MISE sulla "Situazione energetica nazionale nel 2014".

L'obiettivo nazionale per il settore termico è quello di sviluppare la produzione di rinnovabili fino al 20% dei consumi finali al 2020 (dal 17% dell'obiettivo 20-20-20), pari a circa 11 Mtep/anno. Il raggiungimento dell'obiettivo è legato alla sostituzione di una parte degli impianti esistenti alimentati a combustibili convenzionali, alle nuove installazioni, all'evoluzione degli obblighi di integrazione delle rinnovabili nell'edilizia. Le dimensioni proposte implicano anche lo sviluppo o l'ampliamento, ove economicamente conveniente, di infrastrutture di rete per la diffusione del calore rinnovabile, attraverso l'attivazione di un Fondo di garanzia, e la costituzione di un sistema statistico, con la diffusione di sistemi di misura e contabilizzazione del calore. Nei prossimi anni, le azioni saranno dunque volte ad un'ampia crescita di tecnologie quali caldaie a biomassa, pompe di calore, solare termico, ecc. Per razionalizzare e garantire continuità dei meccanismi di supporto, è stato introdotto un Conto Termico per l'incentivazione degli interventi di più piccole dimensioni, con a disposizione fino a circa 900 milioni di euro l'anno. Saranno inoltre attivati i previsti strumenti a sostegno delle reti di teleriscaldamento.

Le fonti rinnovabili termiche rappresentano un elemento fondamentale della strategia italiana di raggiungimento degli obiettivi '20-20-20', grazie alla loro efficienza di costo e alla facilità di installazione diffusa. Fino ad oggi, queste tecnologie sono state piuttosto trascurate dalle politiche energetiche del Paese e dalla regolazione; nonostante ciò, hanno visto uno sviluppo spontaneo importante. I consumi termici rappresentano la quota più importante dei consumi energetici, sia nei settori civili che industriali (circa il 45% dei consumi finali complessivi). Rispetto alle rinnovabili elettriche, quelle termiche risultano in generale più efficienti e meno costose per il raggiungimento degli obiettivi europei (in termini di costo per tonnellata di CO2 evitata o di costo per KWh di energia finale prodotta), e comportano benefici significativi di risparmio combustibile per il consumatore finale (ad esempio attraverso il riscaldamento a biomassa), e per il Paese nel suo complesso (riduzione import di combustibili fossili). Lo sviluppo delle rinnovabili termiche negli ultimi 5 anni è avvenuto in assenza di un quadro di incentivazione stabile e dedicato, in grado di orientare il consumatore verso le tecnologie più "virtuose". Prevalentemente, le misure a supporto sono state sovrapponibili a quelle per l'efficienza energetica – detrazioni fiscali e certificati bianchi – in assenza di iniziative dedicate. Il Paese è ben posizionato nel segmento industriale delle rinnovabili termiche, in particolare nell'ambito delle biomasse, in cui circa il 65% della tecnologia è di produzione italiana.

Per lo stimolo delle rinnovabili termiche di piccola taglia (destinato prevalentemente al settore civile), è stato varato un decreto ministeriale che incentiva direttamente l'installazione di impianti dedicati, il cosiddetto "Conto Termico" (DM 28 dicembre 2012). Tale meccanismo:

§  garantisce l'accesso al regime incentivante alle tecnologie più virtuose, con criteri minimi stabiliti per ciascuna tipologia di intervento e requisiti che integrano, ove possibile, l'efficienza energetica;

§  assegna incentivi a copertura di una quota dei costi di investimento iniziale, variabili in base alla taglia e alla zona climatica, corrisposti in 2 anni (per piccoli interventi domestici) o 5 anni (per gli altri) e con premialità addizionali per le tecnologie più efficienti.

Al 2020, il Conto Termico da solo consentirà di raggiungere il target PAN per le rinnovabili termiche, pari al 17% dei consumi finali lordi, ovvero ~10 Mtep.

Con il D.L. 133/2014 (cd. Sblocca-Italia) si è cercato di dare nuovo impulso a tale tipologia di incentivazione. Si prevede a tal fine che l'aggiornamento del sistema di incentivi (attualmente definiti dal c.d. conto termico) venga effettuato entro il 31 dicembre 2014, semplificando le procedure ed utilizzando strumenti per favorire l'accesso alle risorse stanziate. L'applicazione di tale nuovo sistema prevede un monitoraggio entro il 31 dicembre 2015. Sulla base del monitoraggio è prevista l'adozione di un decreto modificativo della disciplina vigente. L'incentivo viene inoltre reso accessibile da parte dei soggetti di edilizia popolare e delle cooperative di abitanti alle categorie di incentivi della Pubblica Amministrazione.

 

Il Ministero ha aperto una consultazione pubblica fino al 28 febbraio 2015 sulle nuove misure per la semplificazione e il potenziamento del meccanismo di del "Conto Termico", ha predisposto l'aggiornamento del decreto ad aprile 2015, e successivamente è stata avviata la fase di concertazione con i Ministeri interessati (Ambiente e politiche agricole), ma il decreto non è stato ancora adottato, in quanto attualmente all'esame presso la Conferenza Unificata.

Rinnovabili nei trasporti

Per quanto riguarda il settore dei trasporti,  l'impiego delle fonti rinnovabili è costituito dall'immissione in consumo di biocarburanti, per un contenuto energetico complessivo che nel 2013 è stato pari a circa 1,25 Mtep, mentre i dati preliminari relativi al 2014 indicherebbero una flessione di circa 0,2 Mtep. In entrambi gli anni la quota principale di biocarburanti immessi in consumo in Italia (90-95%) è costituita da biodiesel.

I dati suesposti sono tratti dal Rapporto del MISE "La situazione energetica nazionale nel 2014".

La strategia energetica nazionale conferma l'obiettivo europeo al 2020 di un contributo da biocarburanti pari a circa il 10% dei consumi, ovvero circa 2,5 Mtep/anno. Ci si propone di spingere quanto possibile l'adozione di biocarburanti di seconda generazione, preservando tuttavia gli investimenti già effettuati sulla produzione di biocarburanti di prima generazione. In termini di costi per il sistema, dato il differenziale di prezzo per la quota di biocarburanti, l'impatto al 2020 potrebbe ammontare a circa 1 miliardo di euro l'anno.

La riduzione delle bollette elettriche

Una delle cause degli alti costi dell'energia in Italia rispetto agli altri paesi è da ricercarsi nel peso degli incentivi alla produzione rinnovabile elettrica. Tali incentivi sono storicamente i più elevati d'Europa (ad esempio, gli incentivi unitari alla produzione fotovoltaica sono circa il doppio di quelli tedeschi), con un forte impatto sul costo dell'energia: circa il 20% circa della bolletta elettrica italiana (escluse imposte) è destinato a incentivi alla produzione tramite fonti rinnovabili (componente A3 della bolletta).

Con il D.L. 145/2013 sono state previste numerose disposizioni che vanno nella direzione di ridurre le bollette energetiche. In particolare, con il cosiddetto "spalma-incentivi volontario" (articolo 1, commi 3-6) si propone ai produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili titolari di impianti che beneficiano di incentivi un'alternativa tra continuare a godere del regime incentivante spettante per il periodo di diritto residuo oppure optare per la fruizione di un incentivo ridotto a fronte di una proroga del periodo di incentivazione. In tal modo si cerca di ridurre il peso della componente A3 sulle bollette dei prossimi anni, senza effetti retroattivi sui contratti già stipulati.

Con il D.L. 91/2014, l'obiettivo della riduzione delle bollette elettriche si concentra sulle piccole e medie imprese, alle quali sono destinati i risparmi sulle componenti tariffarie effettuati col decreto. Anzitutto, con il cosiddetto "spalma-incentivi obbligatorio" (articolo 26), vengono introdotte nuove modalità di erogazione degli incentivi a carico delle tariffe elettriche riconosciute all'energia prodotta dai grossi impianti fotovoltaici. In particolare, il Gestore dei Servizi Energetici S.p.A. (G.S.E. S.p.A.) – a decorrere dal secondo semestre 2014 – eroga le tariffe incentivanti con rate mensili costanti, su base annua, pari al 90% della producibilità media annua stimata di ciascun impianto, e un conguaglio, riconosciuto entro il 30 giugno dell'anno successivo, in relazione alla produzione effettiva. Ai produttori viene lasciata la scelta tra tre opzioni:

a. l'estensione da 20 a 24 anni del periodo di incentivazione, a fronte di una rimodulazione del valore unitario dell'incentivo di entità dipendente dalla durata del periodo incentivante residuo;

b. il mantenimento del periodo di erogazione ventennale, a fronte di una riduzione dell'incentivo per un primo periodo, e di un corrispondente aumento dello stesso per un secondo periodo, secondo percentuali definite dal MiSE;

c. il mantenimento del periodo di erogazione ventennale, a fronte di una riduzione percentuale fissata dal decreto, crescente a seconda della taglia degli impianti (tale opzione è quella applicata in assenza di comunicazioni da parte dell'operatore).

La medesima norma prevede la possibilità per i beneficiari di incentivi pluriennali per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, di cedere una quota fino all'80% degli incentivi per le fonti rinnovabili a operatori finanziari internazionali attraverso un'asta organizzata dall'Autorità per l'energia. Alle quote di incentivi cedute agli acquirenti selezionati non si applicano, a decorrere dalla data di cessione, le rimodulazioni precedenti. Tale possibilità di cessione è però subordinata alla verifica da parte del ministero dell'Economia della compatibilità degli effetti delle operazioni sottostanti sui saldi di finanza pubblica.

Altri risparmi sulle componenti della bolletta arrivano dalla rimodulazione del sistema tariffario elettrico delle Ferrovie dello Stato, dalla riduzione dei costi per le isole minori non interconnesse, dall'esclusione degli sconti ai dipendenti delle aziende elettriche, dagli oneri generali di sistema, dalle norme sulle reti interne di utenza e i sistemi efficienti di utenza.

Lo stesso decreto contiene norme di semplificazione amministrativa e di regolazione per interventi di efficienza energetica. Le semplificazioni, che sono operate attraverso apposite integrazioni alla disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 28/2011, riguardano tra l'altro la procedure per l'autorizzazione realizzazione di interventi di efficienza energetica, piccoli impianti a fonti rinnovabili, e di impianti di produzione di biometano.

Per quanto riguarda i decreti di attuazione di queste norme che mirano alla riduzione degli oneri di incentivazione dell'energia elettrica da fotovoltaico e da altre fonti rinnovabili, si ricordano:

§  lo spalma-incentivi volontario (previsto dall'articolo 1, commi 3-6 del DL 145/2013), che stabilisce le modalità di ridefinizione volontaria degli incentivi per gli impianti da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico. Il decreto interessa in particolare ai produttori da fonti rinnovabili interessati a operazioni di rifacimento o ripotenziamento del sito, e porta ad un prolungamento di sette anni del periodo di diritto agli incentivi, con una conseguente riduzione dell'erogazione annua ( DM 6 novembre 2014);

§  lo spalma-incentivi obbligatorio per i grandi impianti fotovoltaici (previsto dall'articolo 26, comma 3, del DL 91/2014), che regolamenta la rimodulazione degli incentivi agli impianti fotovoltaici di potenza superiore a 200 kW nell'arco dei venti anni (DM 17 ottobre 2014).

§  il DM 16 ottobre 2014, sulle modalità di erogazione degli incentivi al fotovoltaico da parte del Gestore dei servizi energetici – GSE Spa, in attuazione dell'articolo 26, comma 2, del decreto-legge 91/2014. Sulla base del provvedimento, ai produttori sarà riconosciuto, ogni anno, un acconto pari al 90%, calcolato sulla base della produzione effettiva dell'anno precedente, con saldo entro 60 giorni dall'invio delle misure sulla produzione effettiva e comunque entro il 30 giugno dell'anno successivo.

 

Si consideri al riguardo che è attualmente pendente dinnanzi alla Corte Costituzionale un ricorso incidentale per questione di legittimità costituzionale sull'articolo 26 (spalma incentivi obbligatorio) del D.L. n. 91/2014 (il TAR Lazio-Sezione Terza Ter ha sollevato la questione con l'ordinanza del 25 giugno 2015 n. 8669/2015).

Le misure in materia di energia nel decreto legge 91/2014

Il Decreto legge 91/2014 contiene tra l'altro un importante filone di interventi nel settore energetico. Il filo conduttore delle disposizioni più rilevanti è l'individuazione di misure di risparmio sugli oneri generali di sistema delle tariffe elettriche a favore delle piccole e medie imprese (PMI). L'agevolazione per le piccole e medie imprese consiste nella riduzione delle tariffe elettriche, che dovrà essere ripartita in modo proporzionale tra i soggetti aventi diritto e non dovrà essere cumulabile con gli incentivi già previsti per le imprese a forte consumo di energia (cosiddette "energivore").

Tra le misure volte al risparmio si segnalano:

§  la sottoposizione di alcune forme di autoconsumo di energia (Reti interne di utenza; Sistemi efficienti di utenza e equiparati) al pagamento di una quota degli oneri di sistema in relazione all'energia consumata e non prelevata dalla rete, cioè su quella autoprodotta (art. 24);

§  la posizione a carico dei beneficiari dell'attività del GSE (ad esclusione degli impianti destinati all'autoconsumo entro i 3 KW) e non più a carico di consumatori, imprese e famiglie degli oneri per lo svolgimento dell'attività del Gestore dei servizi energetici (GSE) relativi ai meccanismi di incentivazione e sostegno alle imprese in materia di fonti rinnovabili ed efficienza energetica (art. 25);

§  disposizioni volte a generare risparmi sull'incentivazione dei grossi impianti fotovoltaici (di potenza superiore a 200 kW); al riguardo il meccanismo del cd. spalma-incentivi obbligatorio lascia ai produttori la scelta tra tre opzioni: l'estensione da 20 a 24 anni del periodo di incentivazione, a fronte di una rimodulazione del valore unitario dell'incentivo di entità dipendente dalla durata del periodo incentivante residuo; il mantenimento del periodo di erogazione ventennale, a fronte di una riduzione dell'incentivo per un primo periodo, e di un corrispondente aumento dello stesso per un secondo periodo, secondo percentuali definite dal MiSE; il mantenimento del periodo di erogazione ventennale, a fronte di una riduzione percentuale fissata dal decreto, crescente a seconda della taglia degli impianti (art. 26, commi 1-6);

§  la possibilità per i produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili che beneficiano di incentivi pluriennali di cedere una quota fino all'80% degli incentivi per le fonti rinnovabili a operatori finanziari internazionali attraverso un'asta organizzata dall'Autorità per l'energia. Alle quote di incentivi cedute agli acquirenti selezionati non si applicano, a decorrere dalla data di cessione, le rimodulazioni precedenti. (art. 26 commi 7-13);

§  la soppressione dei rimborsi che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas e il sistema idrico (AEEGSI) corrisponde alle aziende elettriche per gli sconti da esse applicati ai dipendenti in virtù dei relativi contratti collettivi nazionali di lavoro (art. 27).

§  la revisione della regolazione e della remunerazione dei sistemi elettrici delle isole minori non interconnesse, sulla base di criteri di efficienza e di stimolo all'efficienza energetica (art. 28)

§  la limitazione dell'applicazione delle tariffe elettriche agevolate di cui gode Rete Ferroviaria Italiana SpA (RFI) ai soli consumi relativi al servizio di trasporto ferroviario universale e anche al trasporto ferroviario e delle merci transfrontaliero (art. 29).

Ulteriori disposizioni nel settore energetico riguardano:

§  l'introduzione di una serie di semplificazioni amministrative riguardanti la comunicazione per la realizzazione, la connessione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e di unità di microcogenerazione (art. 30);

§  la proroga  dei termini per l'avvio delle gare d'ambito per la distribuzione del gas naturale (art. 30-bis);

§  l'inclusione dei consumatori del servizio idrico integrato tra coloro che possono beneficiare dei progetti finanziati con il fondo in cui confluiscono le sanzioni irrogate dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico (art. 30-quater);

§  l'esclusione degli impianti fissi offshore da quelli la cui presenza all'interno di una regione permette ai residenti di beneficiare del cd. "bonus idrocarburi" (art. 30-quinquies).

Vi sono poi nuove disposizioni concernenti la disciplina dello scambio sul posto (art. 25-bis); i biocarburanti (art. 30-sexies); la revisione della normativa catastale degli immobili con impianti fotovoltaici (art. 30, comma 2.decies).

 

Il tema web Energie rinnovabili è consultabile al seguente link https://www.camera.it/leg17/465?tema=fonti_rinnovabili



COP 21- Risorse web

§  Commissione europea, Comunicato stampa sull'adozione di un nuovo pacchetto di misure sull'economia circolare (2 dicembre 2015);

§  ISPRA, Comunicato stampa - Verso la COP21 (novembre 2015), che illustra i dati dell'Italian Greenhouse Gas Inventory 1990-2013. National Inventory Report 2015;

§  WMO, Greenhouse Gas Bulletin (novembre 2015);

§  OECD, Climate change: Consequences of inaction (grafici tratti principalmente dal rapporto The Economic Consequences of Climate Change del 3 novembre 2015);

§  CeSPI, La Conferenza internazionale sul clima di Parigi - Gli impegni per l'Italia, l'Europa e il resto del mondo (novembre 2015);

§  Climate Action Tracker, Tracking INDCs - Assessment of mitigation contributions to the Paris Agreement (novembre 2015);

§  Agenzia europea dell'ambiente, Trends and projections in Europe 2015 - Tracking progress towards Europe's climate and energy targets (ottobre 2015)

§  Consiglio nazionale della green economy, Appello delle imprese e delle organizzazioni italiane della green economy per un efficace accordo internazionale sul clima (ottobre 2015) - documento incluso nella raccolta della documentazione predisposta in occasione degli Stati generali della green economy tenutisi il 3-4 novembre 2015;

§  Stati Generali sui Cambiamenti Climatici e la difesa del territorio in Italia (giugno 2015);

§  GLOBE International, The Global Climate Legislation Study - 2015 (giugno 2015);

§  Agenzia europea dell'ambiente, L'ambiente in Europa: Stato e prospettive nel 2015 – Relazione di sintesi (marzo 2015).

 



[1]     AEA 2014 - Why did GHG emissions decrease in the EU between 1990 and 2012?

[2]     Documento di lavoro che accompagna la Relazione sui progressi nella realizzazione degli obiettivi di Kyoto e di Europa 2020 (SWD(2014)336).

[3]    Nel corso della presente legislatura sono state introdotte alcune disposizioni finalizzate a convogliare le risorse del c.d. Fondo rotativo Kyoto (istituito dai commi 1110-1115 della L. 296/2006, presso la Cassa depositi e prestiti, con una dotazione di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009, per il finanziamento delle misure finalizzate all'attuazione del Protocollo di Kyoto) per la riqualificazione energetica degli edifici scolastici.

L'art. 9, comma 1, del decreto-legge 91/2014, dispone infatti che, a valere sul citato Fondo rotativo e nel limite di 350 milioni di euro, possono essere concessi finanziamenti a tasso agevolato, ai soggetti pubblici competenti, al fine di realizzare interventi di incremento dell'efficienza energetica degli edifici scolastici, ivi inclusi gli asili nido, e universitari negli usi finali dell'energia.

Lo stesso comma dispone che la Cassa depositi e prestiti S.p.A. (ente gestore del fondo) erogherà i finanziamenti secondo le modalità che saranno definite dal decreto interministeriale previsto al successivo comma 8. In attuazione delle citate disposizioni dettate dall'art. 9 del D.L. 91/2014 è stato emanato il decreto interministeriale 14 aprile 2015 (pubblicato nella G.U. n. 109 del 13 maggio 2015).