Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Modifiche al trattamento economico dei parlamentari - A.C. 2354 - Elementi per l'esame in Assemblea
Riferimenti:
AC N. 2354/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 473    Progressivo: 1
Data: 24/10/2016
Descrittori:
L 1965 1261   PARLAMENTARI
TRATTAMENTO ECONOMICO     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni


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Modifiche al trattamento economico dei parlamentari

24 ottobre 2016
Elementi per l'esame in Assemblea


Indice

Contenuto|Discussione e attività istruttoria in Commissione in sede referente|


Contenuto

La proposta di legge A.C. 2354 (Lombardi) modifica la disciplina del trattamento economico dei parlamentari e, in parte, di quello dei componenti dei Consigli regionali.

In primo luogo, viene ridotto l'importo dell'indennità parlamentare, sostituendo l'attuale parametro di riferimento, ossia il trattamento complessivo annuo lordo di presidente di Sezione della Corte di cassazione, con l'individuazione di un importo direttamente stabilito dalla legge (5.000 euro lorde mensili).

Tale modalità di determinazione dell'indennità viene estesa anche ai consiglieri regionali.

La proposta interviene anche sulle altre voci che concorrono, assieme all'indennità, a formare il trattamento economico complessivo dei parlamentari, quali il rimborso delle spese di soggiorno e di viaggio e il rimborso delle spese per l'esercizio del mandato.

Inoltre, vengono introdotte alcune misure (ulteriori rispetto a quelle vigenti) di trasparenza e di controllo (con la previsione, in determinati casi, di un intervento anche della Corte di conti) della corrispondenza tra spese e rimborsi; con la previsione altresì di specifiche sanzioni in caso di violazioni.

Altro tratto caratteristico della proposta di legge è quello della equiparazione, quanto più possibile, di alcuni istituti previsti per i parlamentari con quelli validi per il lavoro dipendente: tra questi, l'abolizione dell'assegno di fine mandato e la sua sostituzione con una indennità che ricalca il trattamento di fine rapporto (TFR); la disciplina del trattamento previdenziale; l'estensione a deputati e senatori della disciplina dei congedi parentali.

Infine, uno degli elementi caratterizzanti molte disposizioni recate dalla proposta in esame, risiede nel cambiamento della fonte normativa: sono ricondotte alla legge una serie di previsioni attualmente disciplinate per intero dai Regolamenti parlamentari o da decisioni degli Uffici di Presidenza delle Camere.


Indennità parlamentare

La proposta di legge in esame incide, in primo luogo, sulla determinazione dell'ammontare dell'indennità parlamentare, attraverso la sostituzione, quale parametro di base, del trattamento economico complessivo di primo presidente di sezione della Corte di cassazione (attualmente vigente) con un ammontare fisso per l'indennità, pari a 5.000 euro al lordo delle imposte (articolo 1).

 

L'indennità parlamentare è un istituto previsto dall'articolo 69 della Costituzione che recita: «I membri del Parlamento ricevono una indennità stabilita dalla legge».

Il dettato costituzionale trova attuazione con la legge 31 ottobre 1965, n. 1261 che fissa l'ammontare massimo della indennità parlamentare nel trattamento economico complessivo massimo annuo lordo dei magistrati con funzioni di presidente di sezione della Corte di cassazione. Entro tale limite, spetta agli Uffici di presidenza delle Camere individuare l'ammontare effettivo dell'indennità (articolo 1).

La medesima legge n. 1261 prevede anche l'attribuzione di una diaria a titolo di rimborso spese per il soggiorno a Roma. Anche in questo caso l'importo è parametrato nei limiti massimi al presidente di sezione della Cassazione e determinato concretamente dagli Uffici di presidenza (articolo 2).

 

Accanto a queste (indennità e diaria) il trattamento economico dei parlamentari comprende altre voci, istituite e definite con atti interni degli uffici di presidenza delle due Camere, quali il rimborso delle spese per l'esercizio del mandato (che comprendono anche quelle per i collaboratori parlamentari), i contributi per le spese di trasporto, di viaggio e telefoniche.

L'articolo 1 della legge n. 1261 del 1965 attribuisce agli Uffici di Presidenza delle Camere il compito di determinare l'ammontare della indennità mensile in misura tale che non superi "il dodicesimo del trattamento complessivo massimo annuo lordo dei magistrati con funzioni di presidente di Sezione della Corte di cassazione ed equiparate".
 
A decorrere dal 1° gennaio 2012, l'importo netto dell'indennità parlamentare, corrisposto per 12 mensilità, è pari a 5.246,54 euro, a cui devono poi essere sottratte le addizionali regionali e comunali, la cui misura varia in relazione al domicilio fiscale del deputato.
Tale misura netta è determinata sulla base dell'importo lordo di 10.435,00 euro, sul quale sono effettuate le dovute ritenute previdenziali (pensione e assegno di fine mandato), assistenziali (assistenza sanitaria integrativa) e fiscali (IRPEF e addizionali regionali e comunali).
Per i deputati che svolgono un'altra attività lavorativa, l'importo netto dell'indennità ammonta a circa 4.750 euro, corrispondenti a 9.975 euro lordi.
 
Per quanto riguarda il trattamento economico dei senatori, per effetto delle decisioni adottate in particolare negli ultimi anni, nonché di un'ulteriore decurtazione applicata fino al 31 dicembre 2016, l'importo lordo dell'indennità è pari a 10.385,31 euro (che si riducono a 10.064,77 euro per i senatori che svolgano un'attività lavorativa).
Al netto delle ritenute fiscali e dei contributi obbligatori per il trattamento previdenziale, per l'assegno di fine mandato e per l'assistenza sanitaria, l'indennità mensile risulta pari ad euro 5.304,89 (5.122,19 euro per coloro i quali svolgano attività lavorative).
 
L'Ufficio di Presidenza della Camera è intervenuto in più occasioni con misure volte a ridurre il trattamento economico dei deputati, che risulta oggi inferiore rispetto al limite previsto dalla legge.
Si ricorda che il decreto-legge 78/2010 (art. 5, comma 1), in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, ha rimesso all'autonomia degli organi costituzionali interventi volti alla riduzione delle spese. Gli importi corrispondenti alle riduzioni sono destinati al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.
Per quanto riguarda in particolare la Camera, tra le diverse misure adottate in tale quadro, si ricorda la riduzione di 1.000 euro dei rimborsi spesa forfetari dovuti mensilmente a ciascun deputato: 500 euro decurtati dalla diaria di soggiorno e 500 dal rimborso per spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori (deliberazione dell'Ufficio di Presidenza del 27 luglio 2010).
Successivamente, alla luce dell'art. 13 del decreto-legge 138/2011, che prevedeva riduzioni di spesa per gli anni 2011, 2012 e 2013, è stato deciso un taglio alla indennità dei deputati in misura pari al 10% per la parte eccedente i 90 mila euro annui e fino a 150 mila e al 20% per la parte eccedente i 150 mila (deliberazione dell'Ufficio di Presidenza della Camera del 28 settembre 2011).
Tra le altre misure adottate dalla Camera si ricordano:
  • introduzione di trattenute sulla diaria mensile in relazione al tasso di partecipazione ai lavori delle Commissioni, in aggiunta a quella già prevista in relazione ai lavori dell'Assemblea (ottobre 2011);
  • introduzione, in sostituzione del contributo eletto/elettori, del nuovo rimborso per l'esercizio del mandato, di pari importo, che prevede due quote distinte: per un importo fino a un massimo del 50% a titolo di rimborso per specifiche categorie di spese che devono essere documentate: collaboratori; consulenze, ricerche; ecc.; per il restante 50% forfetariamente (gennaio 2012);
  • abolizione dei vitalizi per deputati cessati dalla carica (gennaio 2012);
  • riduzione del 10 per cento degli importi delle indennità spettanti ai deputati titolari di incarichi istituzionali, come il Presidente della Camera, i Vicepresidenti, i Presidenti delle Commissioni (febbraio 2012);
  • proroga fino al 2016 di tutte le misure di riduzione relative al trattamento economico dei deputati e di blocco del meccanismo di adeguamento (agosto 2012).

 

Come anticipato, la proposta in esame, indica nella cifra fissa di 5.000 euro mensili l'ammontare dell'indennità parlamentare. A tal fine propone una novella alla legge 1261/1965. La somma è al lordo delle ritenute fiscali e dei contributi previdenziali ed assistenziali ed è erogata per 12 mensilità. Così il nuovo comma 1 dell'articolo 1, della L. 1261/1965 (introdotto dall'articolo 1 della proposta in esame) che sostituisce i commi 1 e 2 vigenti; questi attualmente prevedono, come accennato, che gli uffici di presidenza delle Camere determinano l'ammontare dell'indennità nella misura pari, al massimo, del trattamento annuo loro dei magistrati con funzione di presidente di sezione della Cassazione (comma 2). Nella formulazione proposta non viene riprodotta la specificazione, presente del comma 1 vigente, secondo cui l'indennità è comprensiva anche del "rimborso di spese di segreteria e di rappresentanza".

L'individuazione di una somma "fissa" comporta la necessità del suo adeguamento periodico, pertanto la proposta prevede che l'indennità sia aggiornata ogni anno in base agli adeguamenti automatici stabiliti dagli indici dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), come per i lavoratori dipendenti.

 

Le retribuzioni dei lavoratori dipendenti sono adeguate periodicamente sulla base dell'indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI). Si tratta di un indice dei prezzi al consumo, calcolato dall'ISTAT (a partire dal 1961) basato su un paniere di beni e servizi che rappresenta i consumi di una famiglia la cui persona di riferimento è un lavoratore dipendente (ad esclusione di quelli facenti parte del settore agricolo). Esso misura le variazioni nel tempo dei prezzi di un insieme di beni e servizi, chiamato paniere, rappresentativo degli effettivi consumi delle famiglie in uno specifico anno (costo della vita). È, in sostanza, l'indice che viene utilizzato come base per l'adeguamento di alcuni parametri quali, per esempio, gli affitti o gli assegni di mantenimento. Tale indice, quindi, risulta essere più specifico dell'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (NIC), il cui paniere rappresenta i consumi di una famiglia italiana media (comprendendo, quindi, anche quelle la cui persona di riferimento sia ad esempio un libero professionista od un pensionato).

 

La proposta di legge esclude la possibilità di conferire alcuna indennità "aggiuntiva" ai membri del Parlamento in relazione allo svolgimento di altri incarichi interni (articolo 1, comma 3, della L. 1261/1965, introdotto dall'articolo 1 della pdl).

Per quanto riguarda la Camera, in particolare, all'inizio della legislatura in corso, tra gli altri, sono stati ridotti del 30% gli importi delle indennità di carica (compresa quella del Presidente della Camera), riduzione ulteriore rispetto a quella del 10 per cento già deliberata nel 2012. Sono stati, inoltre, soppressi i rimborsi per le spese telefoniche previsti per i deputati titolari di cariche; è stata ridotta del 25 % la spesa per il personale delle segreterie dei deputati titolari di carica. Nel complesso il risparmio derivanti dalle riduzioni interventi sulle attribuzioni dei deputati titolari di cariche interne è stato di 5,5 milioni (Camera dei deputati, Le misure in materia di riduzione delle spese adottate nei primi mesi della XVII Legislatura).
 
Si ricorda, infine, che il decreto-legge 98/2011 ha stabilito un tetto al trattamento economico omnicomprensivo corrisposto ai titolari di cariche elettive ed incarichi di vertice di diversi organismi pari alla media, ponderata rispetto al PIL, degli analoghi trattamenti economici percepiti dai titolari di omologhe cariche negli altri sei principali Stati dell'area euro (art. 1). Il 1° settembre 2011 si è insediata una Commissione, presieduta dal Presidente dell'ISTAT, che avrebbe dovuto provvedere, entro il 1° luglio di ogni anno, alla ricognizione e all'individuazione della media dei trattamenti economici riferiti all'anno precedente. Il 31 marzo 2012 la Commissione ha trasmesso al Governo il rapporto finale per l'anno 2011, (il c.d. Rapporto Giovannini) rimettendo il mandato affidatole, in quanto le criticità riscontrate hanno impedito di portare a compimento la ricognizione.
Successivamente, nella XVI legislatura, presso la I Commissione della Camera è iniziato l'esame della proposta di legge di iniziativa popolare A.C. 5105 finalizzata all'adeguamento alla media europea degli stipendi, emolumenti, indennità degli eletti negli organi di rappresentanza nazionale e locale, alla quale sono state poi abbinate altre proposte di legge di iniziativa parlamentare (A.C. 324 ed altre). La Commissione ha adottato come testo base il testo unificato proposto dai relatori il 20 dicembre 2012. Il testo base prevedeva che l'indennità parlamentare fosse determinata, al netto dei contributi previdenziali e assistenziali in misura pari all'indennità spettante ai membri del Parlamento europeo, ai sensi dello Statuto dei deputati del Parlamento europeo adottato con la decisione 2005/684/CE, Euratom del Parlamento europeo, del 28 settembre 2005, e delle misure di attuazione del medesimo, adottate con la decisione 2009/C159/01 dell'Ufficio di presidenza del Parlamento europeo, del 19 maggio e 9 luglio 2008.

Indennità dei consiglieri regionali

La nuova modalità di determinazione delle indennità parlamentari si applica anche alle indennità spettanti ai consiglieri regionali, sia delle regioni a statuto ordinario, sia di quelle a statuto speciale, con la differenza che la cifra di 5.000 euro (al lordo delle imposte) è indicata come ammontare massimo, lasciando quindi alla determinazione di ciascuna regione l'individuazione dell'importo, nel rispetto di tale limite (articolo 1, comma 2).

 

Si ricorda che, allo stato, in base alle determinazioni del 30 ottobre 2012 e del 6 dicembre 2012 della Conferenza Stato-regioni, adottate in attuazione delle previsioni del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, per il consigliere regionale il trattamento economico onnicomprensivo non può superare 11.100 euro lordi.

Il trattamento economico delle massime cariche regionali, Presidente della Regione/Assemblea, onnicomprensivo, non può superare 13.800 euro lordi.

 

Il decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174 convertito con modificazioni dalla L. 7 dicembre 2012, n. 213 ha introdotto disposizioni di riduzione dei costi della politica (articolo 2) prevedendo che, a decorrere dal 1° gennaio 2013, l'erogazione di una quota pari all'80% dei trasferimenti erariali a favore della Regione, diversi da quelli destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale ed al trasporto pubblico locale, oltre che di una quota pari al 50% delle somme destinate per l'esercizio 2013 al trattamento economico complessivo spettante ai membri del consiglio regionale e della giunta, sia condizionata all'adozione – da parte di ciascuna Regione – delle misure previste dall'articolo 2 entro il 23 dicembre 2012, ovvero entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione qualora occorra procedere a modifiche statutarie.
Il termine del 23 dicembre 2012 non si applica alle regioni che debbano svolgere le consultazioni elettorali entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione (le quali adottano le disposizioni entro tre mesi dalla data della prima riunione del nuovo consiglio regionale ovvero, qualora occorra procedere a modifiche statutarie, entro sei mesi dalla medesima data) né alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano le quali provvedono ad adeguare i propri ordinamenti compatibilmente con i propri statuti di autonomia e con le relative norme di attuazione.
Tra gli adempimenti la disposizione normativa include la definizione dell'importo dell'indennità di funzione e dell'indennità di carica, nonché delle spese di esercizio del mandato, dei consiglieri e degli assessori regionali, spettanti in virtù del loro mandato, in modo tale che non ecceda complessivamente l'importo riconosciuto dalla Regione più virtuosa, individuata dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano entro il 10 dicembre 2012 (comma 1 lett. b).
La Conferenza delle Assemblee legislative regionali e la Conferenza delle Regioni, nella Plenaria congiunta del 30 ottobre 2012, hanno individuato la regione più virtuosa (l'Umbria per l'indennità dei Presidenti e l'Emilia Romagna per l'indennità dei consiglieri) e hanno convenuto di definire altresì il trattamento economico onnicomprensivo dei consiglieri regionali; il documento è stato recepito nelle delibere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano del 30 ottobre 2012 e del 6 dicembre 2012. In sintesi, il trattamento economico del consigliere regionale è stato omogeneizzato per tutte le regioni.
Entro questi i limiti massimi stabiliti è possibile graduare le indennità di funzione per gli assessori e i consiglieri che ricoprono specifici incarichi, nel rispetto delle determinazioni di ciascuna regione nel merito. Tale norma rinvia altresì al decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, in virtù del quale le Regioni hanno dato applicazione all'articolo 14, recependo – attraverso modifiche statutarie e legislative – quanto previsto dal comma 1, lettere a), b), d), e).
Ne è conseguita, da parte di tutte le regioni chiamate ad adempiere entro il 23 dicembre 2012, l'adozione delle leggi regionali che hanno fatto seguito al decreto legge 174/2012.

 

La proposte in esame, inoltre, elimina "l'agganciamento" dell'indennità dei consiglieri delle regioni a statuto speciale al trattamento tributario particolare dell'indennità parlamentare, attraverso l'abrogazione dell'articolo 6 della legge 1261 del 1965 (articolo 1, comma 3), che appunto prevede che all'indennità dei consiglieri delle regioni a statuto speciale si applica il regime tributario di cui all'art. 5 della medesima legge 1261 (si veda oltre il paragrafo sul Regime tributario).

Si ricorda, infine, che la legge di riforma costituzionale, approvata dal Parlamento e che sarà sottoposta al referendum ex art. 138 Cost., prevede una modifica all'art. 122 , 1° comma, della Costituzione, al fine di porre un limite agli emolumenti del Presidente e degli altri membri degli organi elettivi regionali, in modo che non possano comunque superare l'importo di quelli spettanti ai sindaci dei comuni capoluogo di regione (art. 35).

Rimborso delle spese di soggiorno e viaggio

La proposta di legge incide anche su altre voci che concorrono a formare il trattamento economico complessivo dei parlamentari, tra cui la diaria, ossia il contributo per il rimborso delle spese di soggiorno dei parlamentari, disciplinata dalla legge 1261/1965, all'articolo 2.

 

Ai deputati viene riconosciuta una diaria, a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma, sulla base della stessa legge n.1261 del 1965 che istituisce l'indennità.
L'articolo 2 della legge 1261/1965 prevede che ai membri del Parlamento è corrisposta in aggiunta all'indennità, una diaria a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma. Gli Uffici di Presidenza delle due Camere ne determinano l'ammontare sulla base di 15 giorni di presenza per ogni mese ed in misura non superiore all'indennità di missione giornaliera prevista per i magistrati con funzioni di presidente di Sezione della Corte di cassazione ed equiparate e possono inoltre stabilire le modalità per le ritenute da effettuarsi per ogni assenza dalle sedute dell'Assemblea e delle Commissioni.
Per quanto riguarda la Camera, in particolare, l'attuale misura mensile della diaria, a seguito della riduzione disposta dall'Ufficio di Presidenza nella riunione del 27 luglio 2010, è pari a 3.503,11 euro.
Tale somma viene decurtata di 206,58 euro per ogni giorno di assenza del deputato dalle sedute dell'Assemblea in cui si svolgono votazioni con il procedimento elettronico.
È considerato presente il deputato che partecipa almeno al 30 per cento delle votazioni effettuate nell'arco della giornata.
Come già ricordato, l'Ufficio di Presidenza della Camera, nelle riunioni del 25 ottobre 2011 e del 30 gennaio 2012, ha inoltre deliberato l'applicazione di una ulteriore decurtazione fino a 500 euro mensili in relazione alla percentuale di assenze dalle sedute delle Giunte, delle Commissioni permanenti e speciali, del Comitato per la legislazione, delle Commissioni bicamerali e d'inchiesta, nonché delle delegazioni parlamentari presso le Assemblee internazionali.
 
Per quanto riguarda le spese di trasporto, alla Camera attualmente i deputati usufruiscono di tessere per la libera circolazione autostradale, ferroviaria, marittima ed aerea per i trasferimenti sul territorio nazionale.
Per i trasferimenti dal luogo di residenza all'aeroporto più vicino e tra l'aeroporto di Roma-Fiumicino e Montecitorio, è previsto un rimborso spese trimestrale pari a 3.323,70 euro, per il deputato che deve percorrere fino a 100 km per raggiungere l'aeroporto più vicino al luogo di residenza, e a 3.995,10 euro se la distanza da percorrere è superiore a 100 km.

 

La proposta di legge opera una profonda trasformazione dell'istituto, a partire dalla definizione, non più di diaria, ma di "rimborso delle spese di soggiorno e di viaggio", entro un limite massimo di 3.500 euro mensili.

La proposta dunque prevede una rimodulazione del trattamento economico accorpando diaria e spese di viaggio.

I parlamentari residenti nel comune di Roma sono esclusi dal solo rimborso delle "spese di alloggio".

 Ai sensi della proposta di legge i rimborsi sono effettuati sulla base dell'estratto conto di una carta di credito emessa specificamente per questo scopo. Inoltre, le spese devono essere rese pubbliche attraverso la pubblicazione mensile sul sito internet della Camera di appartenenza dell'estratto conto di ciascun deputato.

 La proposta prevede che le modalità di erogazione dei rimborsi siano definite dagli Uffici di Presidenza delle Camere di intesa tra loro con propri regolamenti, che dovranno prevedere modalità di decurtazione del rimborso per ogni giorno di assenza dalle sedute dell'Assemblea, Giunte e Commissioni in cui si sono svolte votazioni (articolo 2 che modifica l'art. 2 della L. 1261/1965).


Rimborso delle spese per l'esercizio del mandato

La proposta di legge in esame interviene sulla disciplina del rimborso spese effettuate dai parlamentari in relazione all'esercizio del mandato, che comprendono anche le spese per i collaboratori parlamentari, introducendo nuove previsioni legislative alla legge 1261/1965 in luogo delle attuali disposizioni interne.

 

In particolare, per quanto riguarda la Camera dei deputati, nella riunione del 30 gennaio 2012 l'Ufficio di Presidenza ha sostituito il contributo per le spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori con il rimborso delle spese per l'esercizio del mandato comprese quelle per i collaboratori.
Tale rimborso, di importo complessivo invariato rispetto al precedente contributo, è pari a 3.690 euro (dopo la riduzione di 500 euro del luglio 2010) ed è corrisposto direttamente a ciascun deputato con le seguenti modalità:
  • per un importo fino a un massimo del 50% a titolo di rimborso per specifiche categorie di spese che devono essere attestate: collaboratori (sulla base di una dichiarazione di assolvimento degli obblighi previsti dalla legge, corredata da copia del contratto, con attestazione di conformità sottoscritta da un professionista); consulenze, ricerche; gestione dell'ufficio; utilizzo di reti pubbliche di consultazione di dati; convegni e sostegno delle attività politiche.
  • per un importo pari al 50% forfetariamente.
 
   La proposta di legge in esame all'articolo 3 prevede, con fonte legislativa, quanto stabilito attualmente in sede di Ufficio di presidenza (v. supra), relativamente all'attribuzione a ciascun parlamentare di una somma a titolo di rimborso delle spese per l'esercizio del mandato rappresentativo e per la retribuzione dei collaboratori, pari a 3.690 euro mensili. Si tratta dunque dello stesso importo attualmente vigente per le medesime finalità, determinato dagli Uffici di Presidenza della Camera. La portata innovativa della disposizione risiede nel cambiamento della fonte normativa: le determinazione del rimborso spese non viene più effettuata con decisione degli Uffici di Presidenza, ma con legge (art. 3 che introduce l'articolo 2-bis della legge 1261/1965).
 
Per quanto riguarda, in particolare, le spese relative ai collaboratori, in base alle attuali prescrizioni, oltre a dichiarare di aver assolto agli obblighi di legge, il deputato deve consegnare copia del relativo contratto recante l'attestazione di un consulente del lavoro, ovvero di altro professionista qualificato, per quanto attiene la conformità del contratto medesimo alla normativa vigente. Sono comunque escluse dal rimborso le somme a qualunque titolo erogate al coniuge, al convivente e ai parenti od affini del deputato entro il quarto grado.
 
Si ricorda altresì che sono in corso di esame, in sede referente, presso la XI Commissione, alcune proposte di legge abbinate sulla regolamentazione del rapporto di lavoro dei collaboratori parlamentari (A.C. 1105 e abb.).
Nella XVI legislatura, la Camera aveva approvato un testo unificato di due proposte di legge concernenti tale materia (A.C. 2438 e A.C. 5382). Il testo prevedeva, in particolare, che gli Uffici di presidenza definissero l'ammontare del contributo spettante ai parlamentari per la retribuzione dei collaboratori e disciplinassero il pagamento diretto da parte dell'amministrazione e l'assolvimento dei relativi oneri amministrativi, fiscali e previdenziali (A.S. 3508).

Regime tributario

L'articolo 4 dispone l'abrogazione espressa del regime tributario dell'indennità parlamentare previsto dall'articolo 5 della legge 1261/1965, mantenendo l'esenzione da ogni tributo dei rimborsi delle spese di soggiorno e di viaggio.

 

L'articolo 5 della legge 1261/1965, superato dalla successiva previsione dell'art. 25 della L. 724/1994 (v. immediatamente infra), disponeva che l'indennità mensile del parlamentari, limitatamente ai quattro decimi del suo ammontare e detratti i contributi per la Cassa di previdenza dei parlamentari della Repubblica, fosse soggetta ad una imposta unica, sostitutiva di quelle di ricchezza mobile, complementare e relative addizionali, con aliquota globale pari al 16% alla cui riscossione si provvede mediante ritenuta diretta.
Si prevedeva inoltre l'assoggettamento, sempre nei limiti dei quattro decimi e detratti i contributi per la Cassa di previdenza, ad una imposta sostitutiva dell'imposta di famiglia per la quota di reddito imponibile corrispondente al suo ammontare netto, alla cui riscossione si provvede mediante ritenuta diretta, con aliquota forfetaria pari all'8%; l'importo corrispondente è devoluto ai comuni presso i quali ciascun membro del Parlamento ha la residenza.
Tale regime fiscale di favore è stato superato dall'art. 25 della L. 724/1994 che ha soppresso i regimi fiscali particolari concernenti:
  • le indennità percepite dai membri del Parlamento e del Governo nazionale, del Parlamento europeo, della Corte costituzionale, dei consigli e delle giunte regionali, nonché dai titolari di cariche elettive negli enti locali e dagli amministratori locali;
  • gli assegni vitalizi spettanti ai membri del Parlamento nazionale, del Parlamento europeo, della Corte costituzionale e dei consigli regionali per la quota parte che non derivi da fonti riferibili a trattenute effettuate al percettore già assoggettate a ritenute fiscali.

 

Attualmente, dunque, l'indennità parlamentare è assoggettata al regime tributario ordinario essendo stato, di fatto, superato il regime dettato dall'art. 5 della legge 1261/1965.

 

L'articolo in esame abroga l'esenzione fiscale prevista (dal terzo comma dell'art. 5 della legge 1261/1965) per la diaria e per il rimborso delle spese di soggiorno e al contempo, aggiunge una nuova previsione (sostituendo il primo comma) volta a specificare, come già stabilito dal citato art. 5, che il rimborso delle spese di soggiorno e di viaggio (di cui all'articolo 2 della L. 1261/1965, come modificato dalla proposta di legge), è esente da ogni tributo e non può essere computato agli effetti del reddito imponibile e della determinazione dell'aliquota per qualsiasi imposta.

 

Rispetto al testo dell'art. 5 della legge 1261/1965 resta in vigore il divieto di sequestro e pignoramento dell'indennità e della diaria disposto dall'ultimo comma del medesimo articolo.

 

Come La pdl 2354, inoltre, elimina "l'agganciamento" dell'indennità dei consiglieri delle regioni a statuto speciale al trattamento tributario dell'indennità parlamentare, attraverso l'abrogazione dell'articolo 6 della legge 1261 del 1965, che appunto prevede che all'indennità dei consiglieri delle regioni a statuto speciale si applica il regime tributario di cui all'art. 5 della medesima legge 1261 (articolo 1, comma 3).


Indennità di fine mandato

La proposta di legge interviene anche su ulteriori aspetti della condizione economica dei parlamentari, quali l'indennità di fine mandato, il trattamento previdenziale e i congedi parentali.

 

L'articolo 5 inserisce nella legge la previsione in base alla quale, una volta cessati dal mandato, ai membri del Parlamento sia attribuita una indennità per la cessazione del mandato analoga al trattamento di fine rapporto dei lavoratori dipendenti.

 

Attualmente, per quanto riguarda la Camera dei deputati, il deputato versa mensilmente, in un apposito fondo, una quota della propria indennità lorda, pari a 784,14 euro. Al termine del mandato parlamentare, il deputato riceve l'assegno di fine mandato, che è pari all'80 per cento dell'importo mensile lordo dell'indennità, per ogni anno di mandato effettivo (o frazione non inferiore ai sei mesi).

 

L'indennità di fine mandato, come disciplinata dall'articolo in esame, dovrà essere commisurata:

  • all'importo della indennità percepita durante il mandato;
  • alla durata complessiva del mandato svolto.

L'ammontare dell'indennità sarà calcolato secondo la disciplina prevista dall'articolo 2120 del codice civile. L'adozione delle necessarie disposizioni attuative è demandata ad appositi provvedimenti degli Uffici di presidenza della Camere (articolo 5 che introduce l'articolo 6-bis della L. 1261/1965).

 

Il trattamento di fine rapporto (TFR), disciplinato dall'art. 2120 c.c., è un elemento della retribuzione la cui erogazione è differita al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
L'importo del TFR si determina accantonando per ciascun anno di lavoro una quota pari al 6,91% della retribuzione lorda, sommando per ciascun anno di servizio (o frazione di anno) una quota pari all'importo della retribuzione dovuta per l'anno stesso, divisa per 13,5 (nel caso di frazione di anno la quota è proporzionalmente ridotta, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni). Le quote così accantonate sono rivalutate annualmente, su base composta, con l'applicazione di un tasso costituito dall'1,5% in misura fissa e dal 75% dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo calcolato dall'ISTAT rispetto all'anno precedente.
Salvo diversa previsione della contrattazione collettiva, la retribuzione annua da prendere in considerazione ai fini del calcolo del T.F.R. comprende tutte le somme corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con l'esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese.
Il T.F.R. e le indennità equipollenti non concorrono alla formazione del reddito complessivo cui si applica la tassazione ordinaria con le aliquote progressive per scaglioni di reddito (comma 1 dell'articolo 17 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al D.P.R. 917/1986) fino a 1 milione di euro. L'importo eccedente tale soglia concorre alla formazione del reddito complessivo imponibile secondo le regole ordinarie (D.L. 201/2011 articolo 24, comma 31).

Trattamento previdenziale

L'articolo 6 reca disposizioni in materia previdenziale finalizzate ad adeguare il trattamento previdenziale dei parlamentari a quello dei lavoratori dipendenti.

Con deliberazioni del 14 dicembre 2011 e 30 gennaio 2012 l'Ufficio di Presidenza della Camera ha operato una profonda trasformazione del regime previdenziale dei deputati con il superamento dell'istituto dell'assegno vitalizio - vigente fin dalla prima legislatura del Parlamento repubblicano - e l'introduzione, con decorrenza dal 1° gennaio 2012, di un trattamento pensionistico basato sul sistema di calcolo contributivo, sostanzialmente analogo a quello vigente per i pubblici dipendenti.
Il nuovo sistema di calcolo contributivo si applica integralmente ai deputati eletti dopo il 1° gennaio 2012, mentre per i deputati in carica a quella data, nonché per i parlamentari già cessati dal mandato e successivamente rieletti, si applica un sistema pro rata, determinato dalla somma della quota di assegno vitalizio definitivamente maturato alla data del 31 dicembre 2011, e di una quota corrispondente all'incremento contributivo riferito agli ulteriori anni di mandato parlamentare esercitato. I deputati cessati dal mandato, indipendentemente dall'inizio del mandato medesimo, conseguono il diritto alla pensione al compimento dei 65 anni di età e a seguito dell'esercizio del mandato parlamentare per almeno 5 anni effettivi. Per ogni anno di mandato ulteriore, l'età richiesta per il conseguimento del diritto è diminuita di un anno, con il limite all'età di 60 anni. A tal fine, i deputati sono assoggettati d'ufficio al versamento di un contributo pari all'8,80 per cento dell'indennità parlamentare lorda.
Analoghe misure sono state assunte con riferimento ai senatori: dal 1° gennaio 2012 è stato introdotto il nuovo trattamento previdenziale dei senatori, basato sul sistema di calcolo contributivo già adottato per il personale dipendente della Pubblica Amministrazione. Il diritto al trattamento pensionistico si matura al conseguimento di un duplice requisito, anagrafico e contributivo: l'ex parlamentare ha infatti diritto a ricevere la pensione a condizione di avere svolto il mandato parlamentare per almeno 5 anni e di aver compiuto 65 anni di età. Per ogni anno di mandato oltre il quinto, il requisito anagrafico è diminuito di un anno sino al minimo inderogabile di 60 anni. Coerentemente con quanto previsto per la generalità dei lavoratori, anche ai senatori in carica alla data del 1° gennaio 2012 è applicato un sistema pro rata: la loro pensione risulta dalla somma della quota di assegno vitalizio definitivamente maturato, al 31 dicembre 2011, e della quota di pensione riferita agli anni di mandato parlamentare esercitato dal 2012 in poi. La pensione pro rata non può superare in nessun caso l'importo massimo previsto dal previgente.
 
Si ricorda che sono all'esame della Commissione Affari costituzionali della Camera alcune proposte di legge di iniziativa parlamentare in materia di assegni vitalizi di titolari di cariche elettive.
Si tratta delle proposte A.C. 1093 Grimoldi, A.C. 2409 Nuti, A.C. 2446 Piazzoni, A.C. 3140 Caparini e A.C. 3225 Richetti, di cui la I Commissione ha avviato l'esame il 24 settembre 2015. Nella seduta successiva, il 10 dicembre 2015, la Commissione ha provveduto all'abbinamento di altre proposte di legge di iniziativa parlamentare, anch'esse finalizzate a riformare la disciplina dei vitalizi: A.C. 3276 Giacobbe, A.C. 3326 Turco e A.C. 3323 Sanna.
Contestualmente all'avvio dell'esame delle proposte di legge ordinaria di cui sopra, la commissione ha avviato l'esame di due progetti di legge costituzionale A.C. 1978 (on. Zanetti) e A.C. 3173 (on. Mazziotti di Celso ed altri) che intervengono anch'esse in materia di vitalizi e trattamenti pensionistici dei membri del Parlamento e (dei consiglieri regionali). La sola proposta A.C. 1978 interviene anche in ordine alla disciplina dei tetti alle retribuzioni erogate dalle pubbliche amministrazioni.
Per l'approfondimento del contenuto delle proposte di legge ordinaria si veda il dossier del Servizio studi, Disciplina dei vitalizi dei membri del Parlamento e dei consiglieri regionali, e per le proposte di legge costituzionale il dossier Disciplina dei vitalizi dei membri del Parlamento e dei consigli regionali e delle retribuzioni per uffici e incarichi presso le pubbliche amministrazioni.

 

L'articolo in esame recepisce, in gran parte, a livello legislativo il regime vigente, come modificato dalle deliberazioni degli Uffici di Presidenza di Camera e Senato del 2011 e 2012, con la differenza, in particolare, che viene meno la possibilità di scontare gli ulteriori anni di mandato, fino al massimo di cinque, dal computo dell'età pensionabile.

 

In particolare, il comma 1 stabilisce che il sistema previdenziale applicabile ai membri del Parlamento sia basato sul metodo di calcolo contributivo.

 

Si ricorda che la riforma della previdenza obbligatoria operata dalla L. 335/1995 (c.d. riforma Dini) ha introdotto il metodo di calcolo contributivo dei trattamenti pensionistici, in luogo del metodo retributivo. Differentemente dal metodo retributivo, quello contributivo (commi da 6 a 16 dell'articolo 1 della L. 335/1995) mette in relazione vita contributiva e trattamento previdenziale di ciascun soggetto: ciò comporta che, a regime, il pensionato riceverà un trattamento commisurato a quanto ha accumulato nel suo periodo attivo.
 

Ai sensi del successivo comma 2, i membri del Parlamento conseguono il diritto alla pensione al compimento del sessantacinquesimo anno di età e a seguito dell'esercizio del mandato parlamentare per almeno cinque anni effettivi. A tal fine, i parlamentari versano un contributo pari all'8,80% dell'indennità lorda determinata ai sensi dell'articolo 1 della L. 31 ottobre 1965, n. 1261, come sostituito dall'articolo 1 del proposta di legge.

 

In materia di trattamento previdenziale per i lavoratori dipendenti, si ricorda che l'art. 24 del D.L. 201/2011 (cd. Riforma Fornero), ha attuato una revisione complessiva del sistema pensionistico, in particolare, a decorrere dal 1° gennaio 2012:
  • sono stati ridefiniti i requisiti anagrafici per il pensionamento di vecchiaia (comma 6), disponendo l'innalzamento a 66 anni del limite minimo per accedere alla pensione di vecchiaia (sia per i lavoratori dipendenti sia per quelli autonomi), nonché l'anticipazione della disciplina a regime dell'innalzamento progressivo dell'età anagrafica delle lavoratrici dipendenti private al 2018 (in luogo del 2026);
  • si è disposto (comma 2) - con riferimento alle anzianità maturate a decorrere dalla medesima data - il calcolo della quota di pensione corrispondente a tali anzianità secondo il metodo di calcolo contributivo, cd. calcolo pro-rata.
Si ricorda, inoltre, che nell'ambito degli interventi volti al progressivo innalzamento dei requisiti anagrafici per il diritto all'accesso dei trattamenti pensionistici, particolare importanza hanno assunto i provvedimenti volti ad adeguare i requisiti anagrafici per l'accesso al sistema pensionistico all'incremento della speranza di vita (accertato dall'ISTAT, e il cui è stato previsto un secondo aggiornamento nel 2016 ed un terzo nel 2019, mentre successivamente si avranno aggiornamenti con cadenza biennale).

 

Infine, il comma 3 disciplina la sospensione del trattamento in determinati casi: il trattamento non è erogato, per tutta la durata del mandato, qualora il membro del Parlamento sia rieletto al Parlamento nazionale, sia eletto membro del Parlamento europeo spettante all'Italia o componente di un consiglio regionale, ovvero sia nominato componente del Governo nazionale, assessore regionale o titolare di un incarico istituzionale per il quale la Costituzione o altra legge costituzionale prevede l'incompatibilità con il mandato parlamentare.

L'erogazione è inoltre interrotta in caso di nomina ad un incarico per il quale la legge ordinaria prevede l'incompatibilità con il mandato parlamentare, ove l'importo della relativa indennità sia superiore al 50% dell'indennità parlamentare.


Congedo parentale

L'articolo 7 estende ai membri del Parlamento, per quanto compatibile, la disciplina vigente in materia di congedi di maternità, paternità e parentale.

In particolare, si dispone l'applicazione ai membri del Parlamento della disciplina dettata sulle suddette materie per le lavoratrici e i lavoratori dai Capi III, IV e V del D.Lgs. 151/2001, come da ultimo modificato dal D.Lgs. 80/2015, attuativo della legge delega in materia di lavoro 183/2014, cd. Jobs act (comma 1).

Per i periodi di congedo parentale, ai membri del Parlamento spetta una somma pari al 30% dell'indennità loro spettante per l'esercizio del mandato parlamentare, ex art. 1 della L. 1261/1965 (come sostituito dall'articolo 1 del provvedimento in esame), per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi e fino al terzo anno di vita del bambino (a differenza di quanto disposto dalla normativa generale secondo cui tale indennità spetta, nella stessa misura, fino al sesto anno di vita del bambino – vedi infra) (comma 2).

La determinazione delle modalità di fruizione del congedo parentale su base oraria, nonché i criteri di calcolo della base oraria e l'equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa, è rimessa agli Uffici di Presidenza delle due Camere (comma 3).

 

Alle lavoratrici madri, l'art. 16 del D.Lgs. 151/2001 riconosce un congedo di maternità obbligatorio e retribuito della durata complessiva di cinque mesi (due mesi prima del parto e tre mesi dopo il parto, oppure, a scelta della lavoratrice e se le condizioni mediche lo consentono, un mese prima del parto e quattro mesi dopo il parto). In caso di parto anticipato i giorni di maternità obbligatoria e non goduti prima del parto possono essere aggiunti a quelli successivi alla nascita, anche se si supera il previsto limite di 5 mesi. In caso di ricovero del neonato si può chiedere la sospensione del congedo (una sola volta per ogni figlio). Tale congedo è riconosciuto, secondo specifiche modalità, anche in caso di adozione (art. 26 del D.Lgs. 151/2001).
Le lavoratrici hanno diritto ad un'indennità giornaliera pari all'80% della retribuzione per tutto il periodo di congedo di maternità (art. 22 del D.Lgs. 151/2001).
 
L'art. 28 del D.Lgs. 151/2001, riconosce il congedo di paternità, ossia il diritto al padre lavoratore di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre, o di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre. Per quanto riguarda il trattamento economico e normativo, si applicano al padre lavoratore le stesse disposizioni previste per il congedo di maternità (art. 29 del D.Lgs. 151/2001).
La L. 208/2015 (Stabilità 2016) proroga sperimentalmente per il 2016 alcune disposizioni (già previste in via sperimentale per gli anni 2013-2015 dall'art. 2, comma 24, della L. 92/2012, cd. Legge Fornero) in materia di congedo obbligatorio e facoltativo del padre lavoratore dipendente.
Si ricorda, infine, che il congedo di paternità è riconosciuto anche se la madre è una lavoratrice autonoma avente diritto all'indennità. Infine, si ricorda che, in caso di adozione internazionale, il congedo previsto per la lavoratrice per il periodo di permanenza all'estero può essere utilizzato dal padre anche se la madre non è una lavoratrice (art. 31 del D.Lgs. 151/2001).
 
I congedi parentali si traducono nell'astensione facoltativa dal lavoro della lavoratrice o del lavoratore. In particolare, trascorso il periodo di congedo di maternità, ciascun genitore, ai sensi dell'articolo 32 del D.Lgs. 151/2001, ha diritto di astenersi dal lavoro nei primi 12 anni di vita del bambino, con un limite complessivo massimo di 10 mesi (lo stesso termine si applica anche in caso di adozione e affidamento).
Tale diritto spetta:
  • alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità (astensione obbligatoria), per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi;
  • al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi, elevabile a 7 mesi qualora usufruisca dell'astensione facoltativa per un periodo continuativo non inferiore a 3 mesi (in quest'ultimo caso, il periodo massimo utilizzabile da entrambi i genitori viene elevato a 11 mesi);
  • nel caso in cui vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 10 mesi.
Il suddetto congedo è fruibile anche su base oraria.
In presenza di un figlio minore con handicap è riconosciuto, a determinate condizioni, il diritto ad un prolungamento del congedo parentale (art. 33 del D.Lgs. 151/2001).
Per quanto concerne l'indennizzo riconosciuto per i periodi di congedo parentale, si ricorda che l'articolo 34 del D.Lgs. 151/2001 riconosce alle lavoratrici e ai lavoratori, fino al sesto anno di vita del bambino, un'indennità pari al 30% della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di 6 mesi. Per i periodi di congedo parentale ulteriori è dovuta, fino all'ottavo anno di vita del bambino, un'indennità pari al 30% della retribuzione (a condizione che il reddito individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria).

Trasparenza, controlli e sanzioni

L'articolo 8 reca alcune disposizioni in ordine agli obblighi di trasparenza delle entrate e delle spese dei membri del parlamento, nonché ai controlli e alle sanzioni da comminare in caso di accertamento di violazioni.

 

Viene introdotto l'obbligo di pubblicare sulla pagina web personale di ciascun parlamentare, presente sul sito internet della Camera di appartenenza, una serie di dati relativi al trattamento economico percepito, quali:

  • il complesso delle indennità riconosciute al membro del Parlamento al lordo e al netto delle trattenute fiscali, previdenziali e assistenziali;
  • il numero di giorni per i quali, nel corso del bimestre il parlamentare è risultato presente e ha ottenuto il riconoscimento delle spese di soggiorno e di viaggio (ex diaria).

 

La proposta di legge prescrive inoltre la pubblicazione della rendicontazione delle spese rimborsate a ciascun parlamentare ai sensi degli articoli 2 (rimborso spese di soggiorno e di viaggio) e 3 (rimborso per le spese per l'esercizio del mandato rappresentativo).

 

Nel testo in commento gli organismi responsabili sia della effettuazione dei controlli, sia della irrogazione delle sanzioni sono gli Uffici di presidenza delle due Camere.

Nel caso di accertamento dell'irregolare imputazione di spese non rimborsabili a carico dei fondi assegnati a ciascun membro del Parlamento, l'Ufficio di Presidenza della Camera di appartenenza sottopone le rendicontazioni presentate dal membro del Parlamento al controllo di regolarità della Corte dei conti, che verifica il corretto utilizzo delle risorse assegnate. In base all'esito del controllo della Corte dei conti, l'Ufficio di Presidenza irroga una sanzione pecuniaria compresa tra il doppio e il quadruplo degli importi che sono stati indebitamente posti a carico dei fondi assegnati al membro del Parlamento (articolo 8, comma 3).

 

Si ricorda che, con la sentenza 129 del 1981, la Corte costituzionale ha dichiarato che non spetta alla Corte dei conti il potere di sottoporre a giudizio di conto, che trova il suo fondamento nell'art. 103, secondo comma, Cost., i tesorieri degli organi costituzionali. La Corte costituzionale ha, in tale sede, evidenziato come l'esenzione dei loro agenti contabili dai giudizi di conto rappresenta il diretto riflesso della autonomia di cui dispongono gli organi costituzionali. "Tale autonomia si esprime anzitutto sul piano normativo, nel senso che agli organi in questione compete la produzione di apposite norme giuridiche, disciplinanti l'assetto ed il funzionamento dei loro apparati serventi; ma non si esaurisce nella normazione, bensì comprende - coerentemente - il momento applicativo delle norme stesse, incluse le scelte riguardanti la concreta adozione delle misure atte ad assicurarne l'osservanza".
"Ciò significa, da un lato, che spetta alle Camere del Parlamento ed alla Presidenza della Repubblica dettare autonomamente le disposizioni regolamentari che ognuno di tali organi ritenga più opportune per garantire una corretta gestione delle somme affidate ai rispettivi tesorieri; e comporta d'altro lato che rientri nell'esclusiva disponibilità di detti organi, senza di che la loro autonomia verrebbe dimezzata, l'attivazione dei corrispondenti rimedi, amministrativi od anche giurisdizionali".
 
Più in generale, la Corte costituzionale ha ricordato (in particolare, nella sentenza n. 231 del 1975) come "l'indipendenza delle Camere (riflettentesi naturalmente sui loro organi) si articola, nella normativa direttamente dettata dal testo costituzionale, nell'autonomia organizzativa e normativa spettante a ciascuna di esse ("riserva di regolamento": art. 64, primo comma); nella loro esclusiva competenza alla convalida dei propri membri (art. 66)", oltre che nelle previsioni dell'art. 68 della Costituzione.
La Corte Costituzionale ha evidenziato come le vicende e i rapporti che ineriscono alle funzioni primarie delle Camere sicuramente ricadono nella competenza dei regolamenti e l'interpretazione delle relative norme regolamentari e sub-regolamentari non può che essere affidata in via esclusiva alle Camere stesse (sentenza n. 78 del 1984). Né la protezione dell'area di indipendenza e libertà parlamentare attiene soltanto all'autonomia normativa, ma si estende al momento applicativo delle stesse norme regolamentari «e comporta, di necessità, la sottrazione a qualsiasi giurisdizione degli strumenti intesi a garantire il rispetto del diritto parlamentare» (sentenze n. 379 del 1996 e n. 129 del 1981).
Più di recente, con la sentenza 120 del 2014, la Corte costituzionale ha ricordato come gli articoli 64 e 72 della Costituzione assolvono alla funzione di definire e, al tempo stesso, di delimitare «lo statuto di garanzia delle Assemblee parlamentari» (sentenza n. 379 del 1996). È dunque all'interno di questo statuto di garanzia che viene stabilito l'ambito di competenza riservato ai regolamenti parlamentari, avente ad oggetto l'organizzazione interna e, rispettivamente, la disciplina del procedimento legislativo per la parte non direttamente regolata dalla Costituzione.

Attuazione

Gli Uffici di presidenza delle due Camere adottano le disposizioni necessarie per l'attuazione delle nuove norme a decorrere dalla predisposizione dei bilanci per l'esercizio finanziario successivo a quello in corso dalla data di entrata in vigore della legge (articolo 9).


Discussione e attività istruttoria in Commissione in sede referente

L'esame in sede referente delle proposte di legge A.C. 495 Vaccaro, A.C. 661 Lenzi, A.C. 1137 Capelli, A.C. 1958 Vitelli e A.C. 2354 Lombardi è stato avviato dalla I Commissione Affari costituzionali nella seduta del 19 febbraio 2016.

Successivamente, la pdl A.C. 2354 Lombardi è stata inserita dalla Conferenza dei Presidenti di gruppo del 29 settembre 2016 nel calendario dei lavori dell'Assemblea a partire dal 24 ottobre 2016.

Nella seduta del 6 ottobre 2016, la Commissione ha approvato la decisione dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, presa nella riunione del 5 ottobre, di delimitare l'ambito dell'esame ai seguenti aspetti: determinazione dell'indennità spettante ai membri del Parlamento; disciplina del rimborso delle spese di soggiorno, di viaggio, spese generali e disciplina della diaria dei parlamentari; regime tributario; regime di trasparenza connesso alle suddette materie. Il perimetro oggettivo sopra indicato è considerato vincolante ai fini della predisposizione e dell'adozione del testo base per il prosieguo dell'esame e per la conseguente valutazione di ammissibilità delle proposte emendative ad esso riferite.

Nella seduta successiva, il 13 ottobre, la Commissione ha deliberato di adottare, come testo base per il prosieguo dell'esame, il testo unificato proposto dalla relatrice.

Il 19 ottobre 2016, l'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha convenuto che non sussistono le condizioni per procedere alla discussione e alla votazione dei numerosi emendamenti presentati al testo unificato della proposta di legge, iscritta, come ricordato sopra, nel calendario dei lavori dell'Assemblea a partire dal 24 ottobre. Il Presidente della I Commissione, nella seduta del 20 ottobre ha dunque comunicato che avrebbe riferito all'Assemblea, nel corso della discussione sulle linee generali, sull'esito dei lavori della Commissione e sulle ragioni per le quali non si è potuto procedere all'esame degli emendamenti e al conferimento del mandato al relatore.

Infine, a seguito della proposta avanzata dal gruppo del Movimento 5 stelle, nella medesima seduta del 20 ottobre, il Presidente della I Commissione ha disposto la revoca dell'abbinamento delle proposte di legge A.C. 495 Vaccaro, A.C. 661 Lenzi, A.C. 1137 Capelli e A.C. 1958 Vitelli.

La discussione in Assemblea, a partire dal 24 ottobre, verte dunque sulla proposta di legge A.C. 2354 (Lombardi).