Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo jihadista - A.C. 3558 - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 3558/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 431
Data: 02/05/2016
Descrittori:
ISIS / DAESH   PREVENZIONE DEL CRIMINE
REATI DI TERRORISMO E DI EVERSIONE     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni


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Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo jihadista

2 maggio 2016
Schede di lettura


Indice

Contenuto|I recenti interventi legislativi in materia di prevenzione e contrasto al terrorismo|Iniziative UE in materia di radicalizzazione e terrorismo|


Contenuto

La proposta di legge C. 3558 prevede misure volte a prevenire i fenomeni di radicalizzazione e di diffusione dell'estremismo jahadista, nonchè a provvedere al recupero umano, sociale, culturale e professionale di soggetti già coinvolti in fenomeni di radicalizzazione.

Tal misure si inseriscono nell'ambito delle politiche di contrasto e repressione del terrorismo che sono state oggetto di recenti interventi legislativi a fronte dell'innalzamento della minaccia a livello internazionale (per i quali si rinvia, infra). Rispetto alle misure da ultimo introdotte nell'ordinamento italiano, in particolare con il D.L. 7/2015, le disposizioni contenute nella proposta in esame intendono privilegiare l'attivazione di strategie di prevenzione e di recupero, in linea con le indicazioni emerse anche a livello di Unione europea (si v., infra).

Secondo i dati diffusi nella Relazione sull'attività delle Forze di polizia, sullo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata - Anno 2014 (Doc. XXXVIII, n. 3, trasmessa dal Ministro dell'interno al Parlamento lo scorso 21 gennaio 2016) proprio in relazione all'intensificarsi della minaccia del terrorismo internazionale, parallelamente all'attività di polizia giudiziaria, è stato intensificato l'impegno sotto il profilo della prevenzione. Per quanto concerne i risultati operativi, la Relazione sottolinea che nel corso del 2014 sono stati arrestati 11 stranieri collegati sia agli ambienti dell'estremismo islamico che ad organizzazioni terroristiche indipendentiste. Sono stati eseguiti 13 provvedimenti di espulsione, uno dei quali emesso dal Ministro dell'Interno nei confronti di soggetti evidenziatisi in indagini condotte dall'antiterrorismo o emersi nel contesto dell'attività di prevenzione.
Inoltre, in relazione ai rischi connessi con il fenomeno del "reducismo" è stato messo a punto ed attivato un disciplinare operativo dedicato alla problematica dei foreign fighters.

La proposta si compone di sette articoli.


Articolo 1 - Finalità

L'articolo 1 individua le finalità della proposta di legge nel disciplinare misure, interventi e programmi diretti a prevenire i fenomeni di radicalizzazione e di diffusione dell'estremismo a sfondo jihadista alla base degli eventi terroristici su scala internazionale (comma 1).

Il testo non definisce cosa debba intendersi per "radicalizzazione", implicitamente rinviando al significato comune del termine: al riguardo, può essere utile richiamare i considerando della risoluzione approvata dal Parlamento europeo lo scorso 25 novembre (per il cui contenuto si rinvia, infra), tra i quali si precisa che tale termine è ormai utilizzato per descrivere "un fenomeno che vede persone abbracciare opinioni, pareri e idee intolleranti suscettibili di portare all'estremismo violento".

Ai sensi del successivo comma 2 è compito della Repubblica favorire la deradicalizzazione e il recupero umano, sociale, culturale e professionale dei soggetti, coinvolti nei fenomeni di radicalizzazione. La stessa disposizione individua i cittadini italiani o stranieri residenti in Italia quali destinatari delle citate misure di recupero.


Articolo 2 - Formazione per le Forze di polizia

  L'articolo 2 prevede attività di formazione specialistica per gli appartenenti alle Forze di polizia da individuare con decreto del Ministro dell'interno. Tale formazione deve, in particolare, mirare a coadiuvare il personale a riconoscere e a interpretare i segnali di radicalizzazione dell'estremismo jihadista al fine di valutare la necessità di intervenire con conseguenti iniziative.

Si ricorda, in proposito, che oltre ai centri di formazione propri delle singole forze di polizia, la formazione comune dei funzionari e degli ufficiali delle Forze di Polizia nazionali viene assicurata dalla Scuola di perfezionamento delle forze di polizia, istituita presso il Ministero dell'interno dalla legge di riforma dell'Amministrazione della Pubblica Sicurezza, quale realtà istituzionale formativa che rappresenta unitariamente tutte le Forze di Polizia. L'Istituto organizza e svolge corsi di alta formazione, corsi di aggiornamento in materia di coordinamento delle forze di polizia e di analisi criminale, corsi sul sistema di indagine nonché corsi per funzionari di polizia esteri.
In relazione allo svolgimento di attività formative specilistiche sui temi della prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo, si ricorda inoltre che nel corso della Conferenza dei Capi delle Polizie Europee, svoltasi a L'Aia, il 23-24 settembre 2014, nell'ottica di una maggiore integrazione delle strategie di contrasto al terrorismo internazionale, è emersa l'importanza della prospettiva di dare vita ad una adeguata formazione linguistica delle forze di polizia europee orientata verso la lingua araba. Ciò consentirà la creazione di una piattaforma, coordinata da Europol, che potrà garantire nuove prospettive analitiche e una maggiore comprensione dei fenomeni e degli scenari collegati.

Si ricorda che in sede UE (v. infra) gli Stati membri sono stati invitati, in particolare, a prevedere risorse per un'adeguata formazione di tutti i soggetti (personale carcerario, funzionari preposti alla messa in prova, magistratura, ecc.) che trattano gli estremisti violenti radicalizzati o coloro che sono a rischio di radicalizzazione.


Articolo 3 - Sistema informativo

L'articolo 3 della proposta prevede l'istituzione, presso il Ministero dell'interno, del Sistema informativo sui fenomeni di radicalismo jihadista (comma 1).

L'istituzione del Sistema è finalizzata sia al recupero sociale dei soggetti esposti ai rischi di radicalizzazione, sia alla tutela della sicurezza pubblica.

Il comma 3 stabilisce, a sua volta, che spetta agli organi di pubblica sicurezza, ai comuni e agli uffici scolastici regionali la segnalazione alle questure delle situazioni e dei soggetti che possono essere ricondotti ai fenomeni di radicalizzazione e di diffusione dell'estremismo a sfondo jihadista per l'adozione dei "necessari provvedimenti anche preventivi".

Riguardo alle informazioni recate dal Sistema informativo, dalla formulazione del comma 3 sembra quindi derivare che le suddette segnalazioni alimentino il Sistema informativo; tale Sistema è altresì richiamato all'articolo 5, relativo agli interventi sulle politiche attive del lavoro, che prevede che i soggetti esposti ai rischi di radicalizzazione e di estremismo jihadista siano individuati dal Sistema informativo.

Andrebbe valutata l'opportunità di chiarire maggiormente le modalità di alimentazione del Sistema e le informazioni che sono in esse contenute.

Si ricorda che in sede UE (v. infra) è stato previsto, in particolare, che  gli Stati membri "dovrebbero fare in modo che le persone già radicalizzate siano inserite in programmi di deradicalizzazione, per evitare che facciano propaganda terroristica e discorsi di incitamento all'odio, e dovrebbero assicurare lo scambio proattivo di informazioni sugli elementi che presentano un rischio di radicalizzazione elevato".

Per quanto concerne le strategie di prevenzione avviate dalle forze di polizia, nella Relazione sull'attività delle Forze di polizia, sullo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata - Anno 2014 (Doc. XXXVIII, n. 3) si dà conto del fatto che il Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo ha promosso una serie di iniziative, tra le quali la sollecitazione degli attori istituzionali competenti per l'avvio di azioni di recupero (anche tramite la creazione di raccordi informativi a livello locale anche tra componenti della società) di individui già radicalizzati, ovvero per prevenire il rischio di radicalizzazione di soggetti vulnerabili. La Relazione dà altresì conto delle attività di monitoraggio dell'estremismo islamico e dei soggetti a rischio di radicalizzazione religiosa, nel cui ambito si è provveduto anche ad adottare misure preventive, rivelatesi altamente efficaci nell'azione di sradicamento delle ideologie estremiste, quali le espulsioni dal territorio nazionale disposte dal Ministro dell'Interno, nei confronti di soggetti risultati, all'esito di mirate attività informative, impegnati in azioni di proselitismo/indottrinamento in chiave radicale ovvero portatori di significativi indicatori di pericolosità.

L'istituzione del Sistema è demandata ad un decreto del Ministro dell'interno, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, con il quale verranno definite anche le modalità attuative e di funzionamento. Il comma 1 specifica che l'istituzione non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


Articolo 4 - Misure preventive in ambito scolastico

L'articolo 4 dispone interventi finalizzati a prevenire episodi di radicalizzazione nell'ambito scolastico.

 

Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che l'art. 1, co. 7, della L. 107/2015 ha inserito fra gli obiettivi dell'espansione dell'offerta formativa lo sviluppo delle competenze in materia di cittadinanza attiva e democratica attraverso la valorizzazione dell'educazione interculturale e alla pace, il rispetto delle differenze e il dialogo tra le culture.

 

In particolare, dispone, ai commi 1, 2 e 3, che l'Osservatorio nazionale per l'integrazione degli alunni stranieri e per l'intercultura elabora, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, linee guida sul dialogo interculturale e interreligioso. Le linee guida sono adottate con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e sono diramate alle istituzioni scolastiche. Esse devono essere periodicamente aggiornate e, anche a tal fine, l'Osservatorio effettua, con cadenza annuale, un monitoraggio delle iniziative avviate dalle istituzioni scolastiche.

 

Con DM n. 718 del 5 settembre 2014 il MIUR ha ricostituito un Osservatorio nazionale per l'integrazione degli alunni stranieri e per l'intercultura, al fine di individuare soluzioni operative e organizzative per un effettivo adeguamento delle politiche di integrazione alle esigenze di una scuola multiculturale. L'Osservatorio ha compiti consultivi e propositivi. Deve, in particolare, promuovere politiche scolastiche per l'integrazione degli alunni con cittadinanza non italiana e verificarne la loro attuazione (anche tramite monitoraggi), incoraggiare accordi interistituzionali e favorire la sperimentazione e l'innovazione metodologica didattica e disciplinare.
L'Osservatorio è presieduto dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca o dal sottosegretario con delega alle tematiche dell'integrazione. E' composto da rappresentanti degli istituti di ricerca, delle associazioni e degli enti di rilievo nazionale impegnati nel settore dell'integrazione degli alunni stranieri e dell'intercultura, da esperti del mondo accademico, culturale e sociale e da dirigenti scolastici. I suoi componenti rimangono in carica per tre anni.
Da ultimo, nel mese di settembre 2015 il MIUR ha emanato due bandi (pubblicati sui siti degli Uffici scolastici regionali) che mettono a disposizione 500.000 euro per il potenziamento dell'italiano come lingua seconda, con particolare attenzione agli studenti di recente immigrazione, e, per la prima volta, altri 500.000 euro per progetti di accoglienza e di sostegno linguistico e psicologico dedicati a minori stranieri non accompagnati. Alle scuole è stata poi inviata una circolare con raccomandazioni e proposte operative elaborate dall'Osservatorio.

 

Il comma 4 prevede la possibilità per le reti di scuole di stipulare convenzioni con università, istituzioni, enti, associazioni o agenzie presenti sul territorio, per lo sviluppo di iniziative che prevedano la presenza di psicologi.

Si intenderebbe che la presenza dello psicologo sia finalizzata a supportare l'insegnante nella individuazione di eventuali segnali di cambiamento nel comportamento degli studenti.

Al riguardo si ricorda che l'art. 1, co. 70, della già citata L. 107/2015, ha previsto la costituzione, entro il 30 giugno 2016, di reti fra scuole del medesimo ambito territoriale, finalizzate, fra l'altro, alla realizzazione di progetti o di iniziative didattiche, educative, sportive o culturali di interesse territoriale, da definire sulla base di accordi di rete. In base al co. 71, lett. c), questi ultimi individuano, fra l'altro, le risorse da destinare alla rete per il perseguimento delle proprie finalità.

 

Il comma 5 autorizza la spesa complessiva di € 20 mln – di cui, 10 nel 2016 e 10 nel 2017 - per assicurare alle scuole statali il potenziamento delle infrastrutture di rete, con particolare riferimento alla connettività, al fine di consentire l'accesso dei docenti e degli studenti a iniziative di dialogo interculturale e interreligioso con docenti e studenti di altri paesi. La definizione di criteri e modalità per l'assegnazione delle risorse è demandata ad un decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da emanare entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

 

Con riferimento al potenziamento delle infrastrutture di rete nelle scuole, si ricorda che, sulla base dell'art. 1, co. 56, della L. 107/2015, con DM 27 ottobre 2015, n. 851 è stato approvato il Piano Nazionale Scuola Digitale, che reca una tempistica fino al 2020. Il piano prevede quattro ambiti di intervento, uno dei quali, relativo agli strumenti abilitanti, riguarda le azioni relative alla connettività, ai nuovi spazi e ambienti per la didattica, all'amministrazione digitale. Alle infrastrutture sono destinati € 650 mln. Qui la pagina dedicata sul sito del MIUR.
 
Con riferimento, invece, alle iniziative di dialogo interculturale e interreligioso con docenti e studenti di altri paesi, si ricorda, a. titolo di esempio, che in Italia, nel marzo 2011, è stata avviata la fase pilota del progetto Face to Faith, promosso dalla Tony Blair Faith Foundation per la promozione del dialogo interreligioso e interculturale, coinvolgendo circa 700 studenti di 7 scuole medie e 1 liceo classico tra Catania, Bari, Roma, Treviso, Milano e Torino. Nel 2012 è stato sottoscritto un Memorandum per sviluppare e ampliare le iniziative del programma. Come si legge nel comunicato stampa del MIUR del 27 giugno 2012, "Attraverso le nuove tecnologie della comunicazione, come chat e videoconferenze, e affiancati dai tecnici e dai pedagogisti della Tony Blair Faith Foundation, gli studenti possono dialogare a distanza, da un capo all'altro del mondo, sulla fede e sulle differenze religiose, traendo spunto dai temi dei diritti umani, della salute, dell'ambiente e dell'arte, scambiandosi idee e domande. Il momento del confronto tra studenti di diversi istituti è preceduto, comunque, da una fase di studio preliminare, utilizzando il materiale didattico elaborato dalla stessa fondazione".
Maggiori informazioni sono disponibili nel sito web dedicato al progetto.

 

Il comma 6 autorizza la spesa di la spesa complessiva di € 20 mln - di cui, 10 nel 2016 e 10 nel 2017 – per attività di formazione e di aggiornamento dei docenti delle scuole statali, finalizzate ad aumentare le competenze per potenziare i processi di integrazione scolastica e per la didattica interculturale. La definizione delle modalità di organizzazione e gestione delle attività formative è demandata ad un decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da emanare entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

 

In materia si ricorda che l'art. 16 del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) ha indicato tra le finalità dello stanziamento aggiuntivo di € 10 mln per il 2014 il potenziamento delle competenze del personale scolastico nelle aree ad alto rischio socio-educativo e a forte concentrazione di immigrati, rafforzando in particolare le competenze relative all'integrazione scolastica, alla didattica inteculturale, al bilinguismo e all'italiano come lingua seconda. Per la definizione delle modalità di organizzazione e gestione delle attività formative è intervenuto il decreto direttoriale prot. 812 del 30 ottobre 2014.

 

Il comma 7 dispone che alla copertura dell'onere recato dai commi 5 e 6 – pari, complessivamente, a € 20 mln per ciascuno degli anni 2016 e 2017 – si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.

Si ricorda che in sede UE (v. infra) è stata evidenziata come gli Stati membri dovrebbero, in particolare, "mettersi alla guida di iniziative per affrontare i fattori sottostanti la radicalizzazione che porta al terrorismo e all'estremismo violento mediante misure preventive mirate, sviluppando azioni e programmi, anche nel settore dell'istruzione, che promuovano i diritti fondamentali, lo stato di diritto e la democrazia e incentivino società inclusive, tolleranti e pluralistiche".


Articolo 5 - Interventi nell'ambito delle politiche attive del lavoro

L'articolo 5 prevede interventi nell'ambito delle politiche attive del lavoro per l'inserimento nel mondo del lavoro dei soggetti a rischio, individuati dal Sistema informativo sui fenomeni di radicalismo jihadista, disponendo il loro accesso a cooperative sociali e promuovendo percorsi mirati di inserimento.

Più nel dettaglio, il comma 1 amplia la nozione di "persone svantaggiate" che possono accedere alle cooperative sociali che svolgono attività finalizzate al loro inserimento lavorativo, comprendendovi anche i soggetti esposti ai rischi di radicalizzazione e di estremismo jihadista individuati dal Sistema informativo sui fenomeni di radicalismo jihadista di cui all'articolo 3 (vedi supra).

Si ricorda che l'articolo 4 della L. 283/1991 sulle cooperative sociali (così come modificato dall'articolo 1 della L. 193/2000) dispone che nelle cooperative che svolgono attività (agricole, industriali, commerciali o di servizi) finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate, quest'ultime devono costituire almeno il 30 per cento dei lavoratori (e, compatibilmente con il loro stato soggettivo, essere socie della cooperativa stessa) (comma 2). A tal fine, si considerano persone svantaggiate (comma 1) gli invalidi fisici, psichici e sensoriali (con una percentuale d'invalidità pari almeno al 45%, ovvero al 33% se la domanda di iscrizione alle liste di collocamento obbligatorio è stata avanzata prima delle date di riferimento indicate dalla Circ. INPS 95/1994), gli ex degenti di ospedali psichiatrici, anche giudiziari, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, le persone detenute o internate negli istituti penitenziari, i condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all'esterno, nonché i soggetti indicati con DPCM. Per tali cooperative, che rispettano le suddette condizioni, sono previste delle agevolazioni contributive: le aliquote contributive per l'assicurazione obbligatoria previdenziale ed assistenziale sono ridotte a zero sulle retribuzioni corrisposte alle suindicate persone svantaggiate (comma 3), ad eccezione di quelle corrisposte alle persone detenute o internate negli istituti penitenziari, agli ex degenti di ospedali psichiatrici giudiziari e alle persone condannate e internate ammesse al lavoro esterno, le cui aliquote sono ridotte nella misura percentuale individuata ogni due anni con apposito DM (vedi D.M. 9 novembre 2001 e D.M. 24 luglio 2014, n. 148) (comma 3-bis).

 

Il comma 2 inserisce tra le funzioni dell'ANPAL (Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro) anche quello di promuovere percorsi mirati di inserimento lavorativo di soggetti esposti ai rischi di radicalizzazione e di estremismo jihadista individuati dal Sistema informativo sui fenomeni di radicalismo jihadista in collaborazione con i centri regionali per l'impiego, secondo modalità stabilite con apposito decreto interministeriale.

L'ANPAL è stata istituita con il D.Lgs. 150/2015 (attuativo della legge delega in materia di lavoro 183/2014) con lo scopo di coordinare le azioni rientranti nell'ambito delle politiche attive. È sottoposta al controllo della Corte dei conti, dotata di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia organizzativa e contabile ed posta sotto la vigilanza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, che ne monitora periodicamente gli obiettivi e la corretta gestione delle risorse finanziarie.
L'articolo 9 del D.Lgs. 150/2015 definisce i compiti e le funzioni dell'Agenzia, tra cui:
- coordinamento della gestione dell'A.S.p.I., dei servizi per il lavoro, del collocamento dei disabili, nonché delle politiche di attivazione dei lavoratori disoccupati, con particolare riferimento ai beneficiari di prestazioni di sostegno del reddito collegate alla cessazione del rapporto di lavoro;
- definizione degli standard di servizio;
- determinazione delle modalità operative e dell'ammontare dell'assegno di ricollocazione e di altre forme di coinvolgimento dei privati accreditati;
- coordinamento dell'attività della rete Eures,;
- definizione delle metodologie di profilazione degli utenti, nonché dei costi standard applicabili ai servizi ed alle misure di politica attiva del lavoro;
- promozione e coordinamento, in raccordo con l'Agenzia per la coesione territoriale, dei programmi co-finanziati dal Fondo Sociale Europeo, nonché di programmi co-finanziati con fondi nazionali negli ambiti di intervento del Fondo Sociale Europeo;
- sviluppo e gestione integrata del sistema informativo unitario delle politiche del lavoro;
- gestione dell'albo nazionale delle agenzie per il lavoro, nonché dei programmi operativi nazionali nelle materie di competenza, nonché di progetti cofinanziati dal Fondi comunitari;
- definizione e gestione di programmi per il riallineamento delle aree per le quali non siano rispettati i livelli essenziali delle prestazioni in materia di politiche attive del lavoro;
- definizione di metodologie di incentivazione alla mobilità territoriale;
- vigilanza sui fondi interprofessionali per la formazione continua, nonché dei fondi bilaterali per il lavoro in somministrazione;
- assistenza e consulenza nella gestione delle crisi di aziende aventi unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione o in più regioni, di programmi di reimpiego e ricollocazione in relazione alle suddette crisi, di programmi per l'adeguamento alla globalizzazione cofinanziati con il Fondo Europeo dì adeguamento alla globalizzazione (FEG), nonché di programmi sperimentali di politica attiva del lavoro;
- gestione del Repertorio nazionale degli incentivi all'occupazione.
Oltre a ciò, all'Agenzia possono essere attribuiti ulteriori compiti e funzioni, mediante la stipula di apposite convenzioni con le regioni, in materia di gestione diretta dei servizi per il lavoro e delle politiche attive del lavoro.

In proposito, appare opportuno coordinare il riferimento ai soggetti "individuati dal Sistema informativo" ai fini dell'accesso ai percorsi lavorativi previsti dai commi 1 e 2 del presente articolo con quanto previsto all'articolo 3 che istituisce il Sistema informativo sui fenomeni di radicalismo jihadista con finalità che parrebbero esclusivamente informative ed interne.


Articolo 6 - Attività di comunicazione

L'articolo 6 prevede la realizzazione di un portale informativo sui temi della radicalizzazione e dell'estremismo diretto a diffondere l'informazione e la conoscenza della cultura della convivenza pacifica tra le religioni, le razze e gli orientamenti politici del mondo, nonchè il principio dell'uguaglianza di genere.

Come chiarito nella relazione illustrativa, la creazione di tale portale è volta a contrastare la crescente propaganda jihadista in rete, con la sua capacità di raggiungere una pluralità indistinta di militanti, mediante la diffusione di una conoscenza e di una cultura alternative.

Nell'individuare i temi del portale, la disposizione richiama alcuni articoli della Costituzione, in particolare: l'articolo 3 sul principio di uguaglianza; l'articolo 29 sui diritti della famiglia fondata sul matrimonio; l'articolo 31 sulle misure in favore della famiglia; l'articolo 37 sulla parità tra lavoratrici e lavoratori; l'articolo 51 sulla parità di genere nell'accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive.

La realizzazione del portale è a cura della Presidenza del Consiglio dei ministri, mediante utilizzo di risorse del proprio bilancio.


Articolo 7 - Piano nazionale

L'articolo 7, comma 1, demanda a un regolamento del Ministro della giustizia - da emanare entro 180 giorni dall'entrata in vigore della legge - l'adozione di un Piano nazionale per garantire ai cittadini italiani o stranieri coinvolti nei fenomeni di radicalizzazione jihadista, che siano condannati e dunque debbano scontare una pena in carcere, un trattamento penitenziario che tenda, oltre che alla loro rieducazione, anche alla loro deradicalizzazione. Il Piano dovrà essere adottato sentito il Garante dei detenuti (introdotto nel nostro ordinamento dall'art. 7 del decreto-legge n. 146 del 2013).

Facendo riferimento esclusivo ai condannati e agli internati, il progetto di legge non include la possibilità che il piano preveda anche la deradicalizzazione di quanti si trovino in carcere in custodia cautelare.

Il comma 2 prevede che con il decreto del Ministro della giustizia debbano essere altresì individuati i criteri per consentire l'accesso e la frequenza degli istituti penitenziari a quanti, in possesso di adeguate conoscenze e competenze su questi fenomeni di radicalizzazione, dimostrino di potere utilmente promuovere lo sviluppo dei contatti tra la comunità carceraria e la società libera. La proposta di legge richiama in merito l'art. 17, comma 2, dell'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975), che subordina l'accesso al carcere di coloro che hanno «concreto interesse per l'opera di risocializzazione dei detenuti» all'autorizzazione del magistrato di sorveglianza, che darà anche apposite direttive, e al parere favorevole del direttore dell'istituto.

In sede UE (v. infra), è stato, in particolare, auspicato che gli Stati membri attuino misure tese alla riabilitazione, alla deradicalizzazione o al disimpegno sia all'interno che all'esterno delle carceri, nonché al reinserimento nella società dei combattenti di ritorno.


I recenti interventi legislativi in materia di prevenzione e contrasto al terrorismo

Nel corso della legislatura, l'innalzamento della minaccia terroristica di matrice jihadista ha determinato il legislatore ad adottare provvedimenti di prevenzione e contrasto del terrorismo internazionale. Tra questi si segnala, in particolare, il decreto-legge n. 7 del 2015 che prevede una serie di misure di contrasto del terrorismo, anche internazionale, il coordinamento nazionale delle indagini nei procedimenti per i delitti di terrorismo e la proroga delle missioni internazionali delle forze armate e di polizia e delle iniziative di cooperazione allo sviluppo.

E' invece tuttora in corso d'esame un disegno di legge (A.S. 2223), approvato dalla Camera, volto alla ratifica di alcuni atti internazionali, finalizzati anch'essi a reprimere e prevenire attentati terroristici.

La lotta al terrorismo nel decreto-legge n. 7 del 2015

In questa legislatura il Parlamento ha affrontato il tema della lotta al terrorismo internazionale con la conversione in legge (legge n. 43 del 2015) del decreto-legge n. 7 del 2015.

Il provvedimento interviene in primo luogo sulle disposizioni del codice penale relative ai delitti di terrorismo, anche internazionale, per punire:

  • con la reclusione da 5 a 8 anni i c.d. foreign fighters, ovvero coloro che si arruolano per il compimento di atti di violenza, con finalità di terrorismo (comma 1); l'entità della pena consente l'applicazione della custodia cautelare in carcere;
  • con la reclusione da 5 a 8 anni chiunque organizzi, finanzi o propagandi viaggi all'estero finalizzati al compimento di condotte con finalità di terrorismo;
  • con la reclusione da 5 a 10 anni colui che, dopo avere autonomamente acquisito le istruzioni relative alle tecniche sull'uso di armi da fuoco o di esplosivi nonché alla commissione di atti di violenza con finalità terroristiche, pone in essere comportamenti finalizzati in maniera univoca alla commissione di tali atti.

La riforma, inoltre, aggrava la pena prevista per il delitto di addestramento ad attività con finalità di terrorismo, quando le condotte di chi addestra o istruisce siano commesse attraverso strumenti telematici o informatici. Una ulteriore disposizione specifica che alla condanna per associazione terroristica, assistenza agli associati, arruolamento e organizzazione di espatrio a fini di terrorismo consegue obbligatoriamente la pena accessoria della perdita della potestà genitoriale «quando è coinvolto un minore».

Sono poi introdotte misure per il contrasto alle attività di proselitismo attraverso Internet dei c.d. foreign fighters. Quando i reati di terrorismo, l'istigazione e l'apologia del terrorismo sono commessi tramite strumenti informatici e telematici, sono anzitutto previste aggravanti di pena. Analoghe aggravanti sono introdotte per il possesso e la fabbricazione di documenti falsi, delitti per i quali viene previsto l'arresto obbligatorio in flagranza (anziché, come ora, facoltativo).

Viene modificata, poi, la disciplina delle norme di attuazione del codice processuale penale sulle intercettazioni preventive, anche in relazione ad indagini per delitti in materia di terrorismo commessi con l'impiego di tecnologie informatiche o telematiche, e con riguardo all'acquisizione di documenti e dati informatici conservati all'estero, anche diversi da quelli disponibili al pubblico.

Si stabilisce poi che la polizia postale e delle comunicazioni debba costantemente tenere aggiornata una black-list dei siti Internet che vengano utilizzati per la commissione di reati di terrorismo, anche al fine di favorire lo svolgimento delle indagini della polizia giudiziaria, effettuate anche sottocopertura.

Sono introdotti in capo agli Internet providers specifici obblighi di oscuramento dei siti e di rimozione dei contenuti illeciti connessi a reati di terrorismo pubblicati sulla rete.

Sulla black list e sui provvedimenti di oscuramento e rimozione adottati, sono introdotti obblighi di relazione in capo al Ministro dell'interno in apposita sezione della Relazione annuale al Parlamento sull'attività delle forze di polizia e sullo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica.

 

Viene previsto infine che anche il Comitato di analisi strategica presso il Ministero dell'interno possa ricevere dall'Unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia gli esiti delle analisi e degli studi effettuati su specifiche anomalie da cui emergono fenomeni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.

 

Sono introdotte nel codice penale due nuove contravvenzioni:

  • la detenzione abusiva di precursori di esplosivi, che sanziona con la pena congiunta di arresto (fino a 18 mesi) e ammenda (fino a 1.000 euro) chiunque, senza titolo, introduce nello Stato, detiene, usa o mette a disposizione di terzi le sostanze e le miscele che sono qualificate "precursori di esplosivi" dal regolamento UE 98/2013;
  • la mancata segnalazione all'autorità di furti o sparizioni degli stessi precursori, con l'arresto fino a 12 mesi o l'ammenda fino a 371 euro.

 

Oltre a una sanzione amministrativa (da 1.000 a 5.000 euro) a carico degli operatori che, legittimamente trattando tali sostanze, omettono di segnalare operazioni sospette alle autorità, si impongono specifici obblighi di comunicazione a chi vende e fabbrica armi, munizioni e materiali esplodenti.

Viene poi modificato il decreto legislativo n. 8 del 2010 in modo da rafforzare l'identificazione e la tracciabilità degli esplosivi per uso civile.

 

Modifiche al Testo unico di pubblica sicurezza (R.D. n. 773 del 1931) prevedono:

  • obblighi di denuncia alle autorità di PS anche dei caricatori delle armi, lunghe e corte, aventi determinata di capienza di colpi;
  • l'esonero da tali obblighi di denuncia dei titolari di licenza del questore (di fabbricazione, introduzione nello Stato, esportazione, di facoltà di raccolta per ragioni di commercio o di industria, o comunque di vendita).

E' integrato il contenuto dell'art. 697 c.p., con l'equiparazione alla detenzione abusiva di armi della violazione degli obblighi di denuncia dei caricatori; l'illecito è quindi punito a titolo di contravvenzione con l'arresto fino a 12 mesi o con l'ammenda fino a 371 euro.

E' poi integrata la legge n. 157 del 1992 per introdurre, in deroga alla disciplina generale, particolari divieti nell'uso di determinate categorie di armi per attività venatoria.

 

Sono poi modificati l'ordinamento penitenziario (L. 354/1975) e l'art. 380 del codice di procedura penale. Con la prima modifica si prevede che anche i promotori, organizzatori e finanziatori del trasporto di stranieri nel territorio dello Stato nonché coloro che materialmente provvedono a tale trasporto ovvero compiono altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio nazionale possano godere dei benefici penitenziari solo se collaborano con la giustizia.

Con la modifica dell'art. 380 c.p.p., si prevede l'arresto obbligatorio in flagranza dei citati delitti in materia di immigrazione clandestina.

 

L'intervento sul Codice antimafia (D.Lgs. 159/2011) è diretto a introdurre modifiche alla disciplina delle misure di prevenzione e in materia di espulsione dallo Stato per motivi di terrorismo. Tra le molteplici misure è previsto un nuovo delitto, relativo alla violazione del divieto di espatrio conseguente alla violazione della sorveglianza speciale (con obbligo o divieto di soggiorno) o conseguente al ritiro del passaporto o alla sospensione della validità ai fini dell'espatrio di ogni altro documento equipollente (reclusione da 1 a 5 anni).

 

Nel testo unico immigrazione (D.Lgs. 286/1998) viene prevista l'espulsione amministrativa da parte del prefetto per motivi di prevenzione del terrorismo nei confronti degli stranieri che svolgano rilevanti atti preparatori diretti a partecipare ad un conflitto all'estero a sostegno di organizzazioni che perseguono finalità terroristiche.

 

Infine, nelle disposizioni di attuazione del c.p.p., viene raddoppiato da 5 a 10 giorni il termine entro cui - ove siano necessarie traduzioni - deve essere depositato il verbale sintetico delle intercettazioni cd. preventive presso il PM che le ha autorizzate.

 

E' poi introdotta una deroga alla disciplina relativa alla conservazione dei dati di traffico telefonico e telematico contenuta nel Codice della privacy: per finalità di accertamento e repressione dei reati di terrorismo, infatti, a decorrere dalla conversione del decreto-legge e fino al 31 dicembre 2016, il fornitore dovrà conservare i dati relativi al traffico telematico (esclusi i contenuti della comunicazione) ed i dati relativi al traffico telefonico. Analogamente, dovranno essere conservati, fino a tale data, anche i dati sulle chiamate senza risposta, trattati temporaneamente dai fornitori dei servizi di comunicazione elettronica accessibile al pubblico o di una rete pubblica di comunicazione.

 

Il provvedimento in esame ha, inoltre, disposto la proroga del contingente militare impiegato in concorso e congiuntamente con le Forze di polizia in attività di controllo del territorio. Al riguardo, si osserva che i commi 472 e 473 della legge n. 208 del 2015 ( legge di stabilità per l'anno 2016) hanno a loro volta prorogato fino al 31 dicembre 2016 e limitatamente a 4.800 unità l'operatività del piano di impiego di cui al comma 1 dell'articolo 7-bis del decreto-legge n. 92 del 2008, concernente l'utilizzo di un contingente di personale militare appartenente alle Forze armate per il controllo del territorio in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia.

Il decreto legge n. 7 del 2015 ha, poi, esteso la possibilità di rilasciare a stranieri permessi di soggiorno a fini investigativi anche nel corso di operazioni di polizia, di indagini o di un procedimento relativi a delitti commessi per finalità di criminalità transnazionale.

Si introduce inoltre, in via transitoria, la possibilità per i servizi di informazione e sicurezza di effettuare colloqui investigativi con detenuti per prevenire delitti con finalità terroristica di matrice internazionale.

E' modificato il decreto legislativo n. 231 del 2007, per prevedere che il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo debba essere informato delle segnalazioni dell'U.I.F. (l'Unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia) relative ad operazioni sospette di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo trasmesse alla DIA e al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza.

Modifiche al Codice della privacy (D.Lgs. 196 del 2003) estendono l'ambito dei trattamenti con finalità di polizia e dunque l'area entro la quale i trattamenti stessi possono svolgersi senza applicare le disposizioni – prevalentemente a tutela dell'interessato – già previste dal Codice.

 

Sono introdotte disposizioni volte alla tutela funzionale e processuale del personale dei servizi di informazione e sicurezza interna ed esterna (AISI, AISE e DIS).

E' anzitutto modificato l'art. 497 c.p.p. per prevedere che anche detto personale, in sede di deposizione in un processo penale sulle attività svolte "sotto copertura", possa fornire le generalità "di copertura" usate nel corso delle operazioni.

E' stabilita una ulteriore disciplina funzionale e processuale a favore del personale dei servizi, la cui efficacia termina il 31 gennaio 2018.

Come la polizia giudiziaria, il personale dei servizi è autorizzato a condotte previste dalla legge come reato anche in relazione ad una specifica serie di delitti con finalità di terrorismo, operando nei loro confronti la speciale causa di non punibilità. E' tra l'altro prevista, contestualmente all'opposizione della causa di giustificazione, la comunicazione riservata dell'identità di copertura degli agenti dei servizi all'autorità giudiziaria che proceda nei loro confronti in caso di reati commessi nel corso delle operazioni d'istituto.

 

All'AISE (Agenzia informazione e sicurezza esterna) è affidato il compito di svolgere attività di informazione anche tramite ricerca elettronica verso l'estero, a protezione degli interessi economici, scientifici e industriali del Paese. Il Presidente del Consiglio dei ministri informa mensilmente il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica su tali attività.

 

Il provvedimento interviene poi sul Coordinamento nazionale delle indagini nei procedimenti per i delitti di terrorismo, anche internazionale, prevedendo l'attribuzione al Procuratore nazionale antimafia anche delle funzioni in materia di antiterrorismo e disciplinandone gli adeguamenti organizzativi.

Sono modificati in particolare alcuni articoli del Codice antimafia con riguardo all'organizzazione della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, in luogo della Direzione nazionale antimafia, alla preposizione dei magistrati che ne fanno parte (il procuratore nazionale e due procuratori aggiunti) e all'applicazione di magistrati anche per procedimenti riguardanti reati con finalità di terrorismo. Nell'ambito della Procura generale della cassazione è quindi istituita la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.

 

La ratifica di convenzioni internazionali

E' tuttora all'esame del Parlamento il disegno di legge del Governo A.S. 2223, approvato dalla Camera, che ratifica cinque diversi atti internazionali, tutti volti a prevenire e contrastare il terrorismo. Il provvedimento prevede anche disposizioni di adeguamento del nostro ordinamento interno e, segnatamente, l'inserimento di tre nuovi delitti nel codice penale:

  • finanziamento di condotte con finalità di terrorismo;
  • sottrazione di beni o denaro sottoposti a sequestro;
  • atti di terrorismo nucleare.

 

Più nel dettaglio, gli atti internazionali di cui il disegno di legge approvato dalla Camera lo scorso 28 gennaio 2016 autorizza la ratifica sono i seguenti:

  • la Convenzione del Consiglio d'Europa per la prevenzione del terrorismo, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005;
  • il relativo protocollo addizionale, fatto a Riga il 22 ottobre 2015;
  • la Convenzione ONU per la soppressione di atti di terrorismo nucleare, fatta a New York 14 il settembre 2005;
  • il Protocollo di emendamento alla Convenzione europea per la repressione del terrorismo, fatto a Strasburgo il 15 maggio 2003;
  • la Convenzione del Consiglio d'Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005.

Oltre alla autorizzazione alla ratifica e all'ordine di esecuzione degli atti internazionali e alla definizione di alcuni termini ricorrenti, il disegno di legge contiene le seguenti misure.

 

In primo luogo modifica il codice penale:

  • inserendo, tra i delitti contro la personalità internazionale dello Stato, nuove fattispecie relative al terrorismo internazionale (Finanziamento di condotte con finalità di terrorismo, punita con la reclusione da 7 a 15 anni; Sottrazione di beni o denaro sottoposti a sequestro, punita con la reclusione da 2 a 6 anni e con la multa da 3.000 a 15.000 euro); il personale dei servizi di informazione e sicurezza potrà essere autorizzato a porre in essere attività che configurano il nuovo reato di finanziamento di condotte con finalità di terrorismo: viene così esteso quanto già consentito dalla legge, fino al 31 gennaio 2018, con riguardo a taluni reati relativi al terrorismo;
  • rendendo obbligatoria, in caso di condanna o patteggiamento per uno dei delitti con finalità di terrorismo previsti dal codice, la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto (è autorizzata anche la confisca per equivalente, cioè la confisca di altri beni di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo, prodotto o profitto). La confisca non potrà riguardare i beni che appartengono a terzi estranei al reato;
  • inserendo nel capo sui delitti contro la personalità interna dello Stato, la nuova fattispecie penale di atti di terrorismo nucleare, punita con la reclusione da 6 a 12 anni e punendo con la reclusione non inferiore a 15 anni chiunque, con le medesime finalità di terrorismo, utilizza materia radioattiva o un ordigno nucleare o utilizza o danneggia un impianto nucleare, così da rilasciare o con il concreto pericolo che rilasci materia radioattiva.

 

Inoltre:

- individua nel Ministero della giustizia il punto di contatto ai fini della Convenzione di New York per la soppressione di atti di terrorismo del 2005;

- disciplina la gestione e messa in sicurezza dei materiali radioattivi (come pure degli impianti nucleari o degli ordigni nucleari) sequestrati nell'ambito di un procedimento penale per atti di terrorismo nucleare;

-  demanda a un decreto del Ministro dello sviluppo economico l'individuazione di un elenco di sostanze radioattive e delle modalità di loro gestione e impiego, sulla base delle raccomandazioni dell'Agenzia internazionale per l'energia;

- designa l'UIF – Unità di informazione finanziaria sul riciclaggio, come autorità di intelligence finanziaria in base alla Convenzione del Consiglio d'Europa sul riciclaggio (Varsavia – 2005). L'autorità centrale prevista dalla medesima convenzione è individuata invece nel Ministero dell'economia e delle finanze.

In fine, il disegno di legge individua nel Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno il punto di contatto previsto dal Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d'Europa.


Iniziative UE in materia di radicalizzazione e terrorismo

Le misure ed iniziative poste in essere dalle istituzioni dell'UE volte alla prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo jihadista si collocano nella più ampia azione dell'UE di contrasto al terrorismo nel quadro della strategia antiterrorismo e delle misure, sulla base della recente strategia europea per la sicurezza, per rafforzare la sicurezza interna dell'UE.


La strategia antiterrorismo dell'UE

La strategia antiterrorismo dell'UE, adottata dal Consiglio dell'UE nel 2005, è incentrata su quattro pilastri: prevenzione, protezione, perseguimento e risposta.

Prevenzione

Si tratta, in particolare, di individuare e affrontare i fattori che contribuiscono alla radicalizzazione e i processi mediante i quali gli individui vengono reclutati per commettere atti di terrorismo. A tal fine, il Consiglio ha adottato inizialmente una strategia dell'UE volta a combattere la radicalizzazione e il reclutamento nelle file del terrorismo, che poi è stata aggiornata e rivista nel giugno del 2014.

In particolare, la strategia riveduta dell'UE volta a combattere la radicalizzazione e il reclutamento nelle fila del terrorismo indica le seguenti priorità per l'azione a livello europeo:

  • promuovere la sicurezza, la giustizia e le pari opportunità per tutti;           
  • fare in modo che la voce dell'opinione maggioritaria prevalga su quella dell'estremismo;
  • migliorare le comunicazioni tra i governi;
  • sostenere messaggi antiterrorismo;
  • contrastare la radicalizzazione e il reclutamento nelle file del terrorismo online;
  • formare e coinvolgere esperti in prima linea nei vari settori;
  • aiutare le persone e la società civile ad essere più resilienti;
  • sostenere iniziative di disimpegno dalla radicalizzazione;
  • promuovere ricerche e studi sui trend e sulle sfide poste dalla radicalizzazione e dal reclutamento nelle file del terrorismo;
  • allineare le attività interne ed esterne all'UE di contrasto alla radicalizzazione.

Protezione

La seconda priorità della strategia antiterrorismo dell'UE è la protezione dei cittadini e delle infrastrutture e la riduzione della vulnerabilità agli attacchi. Ciò comprende la protezione delle frontiere esterne, il miglioramento della sicurezza dei trasporti, la protezione degli obiettivi strategici e la riduzione della vulnerabilità delle infrastrutture critiche.

In quest'ambito il Consiglio dell'UE ha adottato definitivamente, il 21 aprile 2016, dopo un lungo negoziato con il Parlamento europeo, la direttiva che disciplina l'utilizzo dei dati del codice di prenotazione (passenger name record - PNR) nel contesto delle attività di contrasto.

I dati PNR riguardano le informazioni fornite dai passeggeri e raccolte dalle compagnie aeree durante la prenotazione dei voli e le procedure di check-in, come: data o date previste di viaggio; itinerario di viaggio; informazioni relative al biglietto; indirizzo ed estremi dei passeggeri; informazioni relative al bagaglio; informazioni relative alle modalità di pagamento.

La nuova direttiva regola l'utilizzo dei dati del codice di prenotazione (PNR) ai fini di prevenzione, accertamento, indagine e azione penale nei confronti dei reati di terrorismo e dei reati gravi. In base alla disciplina, le compagnie aeree saranno obbligate a comunicare alle autorità i dati dei passeggeri per tutti i voli provenienti da Paesi terzi verso l'Unione Europea e viceversa; tuttavia gli Stati membri potranno decidere di estenderla ai voli intra-UE (i voli che si dirigono da uno Stato membro verso un altro o altri Stati membri), notificandolo per iscritto alla Commissione.

Perseguimento

In tale ambito l'UE si è concentrata sui seguenti settori: rafforzare le capacità nazionali, migliorare la collaborazione pratica e lo scambio di informazioni tra polizia e autorità giudiziarie (in particolare mediante Europol ed Eurojust), contrastare il finanziamento del terrorismo e privare i terroristi dei mezzi per organizzare attacchi e comunicare.

Si segnala che nel maggio 2015 il Consiglio e il Parlamento europeo hanno adottato nuove norme per prevenire il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo.

Risposta

Il quarto obiettivo della strategia antiterrorismo dell'UE è prepararsi, in uno spirito di solidarietà, a gestire e minimizzare gli effetti degli attacchi terroristici. Le priorità in questo settore comprendono l'elaborazione di modalità UE di coordinamento per la gestione delle crisi, la revisione del meccanismo di protezione civile, lo sviluppo della valutazione dei rischi o la condivisione di migliori pratiche sull'assistenza alle vittime del terrorismo.


L'Agenda europea per la sicurezza

Il 28 aprile 2015 la Commissione europea ha presentato un'Agenda europea sulla sicurezza per il periodo 2015-2020 che individua la prevenzione del terrorismo e lotta alla radicalizzazione come una delle sfide più urgenti (le altre sfide sono la lotta alla criminalità organizzata e la lotta alla criminalità informatica).

Tra le azioni principali indicate nell'Agenda si segnala in particolare:

  • la lotta alla radicalizzazione: in particolare, si prevede l'istituzione di un centro di eccellenza per raccogliere e diffondere le competenze in materia di lotta alla radicalizzazione, basato sulla rete per la sensibilizzazione in materia di radicalizzazione (RAN);

Nel 2011 la Commissione ha creato la rete per la sensibilizzazione in materia di radicalizzazione (RAN), che riunisce oltre 700 esperti e operatori provenienti da tutta Europa. La RAN mette in comune le esperienze e facilita lo scambio di idee tra esperti di tutti livelli su temi che vanno della responsabilizzazione degli operatori locali all'organizzazione di conferenze internazionali;

  • l'aggiornamento della decisione quadro sulla lotta al terrorismo: a tal fine la Commissione europea il 2 dicembre 2015 ha presentato una proposta di direttiva sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/475/GAI sulla lotta contro il terrorismo.
    La proposta recepisce nel diritto europeo obblighi internazionali, come le disposizioni della risoluzione 2178(2014) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite relativa ai combattenti stranieri, il recentemente adottato protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d'Europa per la prevenzione del terrorismo e le raccomandazioni della task force "Azione finanziaria" sul finanziamento del terrorismo.
    La proposta di direttive introduce nuove fattispecie di reato. In particolare:
    - i viaggi a fini terroristici, sia all'interno che al di fuori dell'UE (allo scopo di contrastare il fenomeno dei combattenti stranieri);
    - il finanziamento, l'organizzazione e la facilitazione di tali viaggi, anche tramite supporto logistico e materiale, inclusa la fornitura di armi da fuoco ed esplosivi, rifugi, mezzi di trasporto, servizi, attività e beni;
    - il fatto di seguire un addestramento a fini terroristici: le autorità di contrasto avranno la possibilità di indagare e perseguire le attività di addestramento che possono preparare a commettere reati di terrorismo;
    - l'apporto di fondi usati per commettere reati terroristici e reati connessi a gruppi terroristici o attività terroristiche.
    La proposta rafforza inoltre le disposizioni che qualificano come reato il reclutamento e l'addestramento a fini terroristici e la diffusione di propaganda terroristica, anche on-line.
  • tagliare i finanziamenti dei criminali: si tratta di rafforzare la cooperazione tra le autorità competenti in Europa (in particolare le unità nazionali di informazione finanziaria, che saranno collegate a Europol); la Commissione intende valutare la necessità di adottare nuove disposizioni legislative per contrastare il finanziamento del terrorismo e migliorare la confisca dei beni derivati da attività criminali. Il 2 febbraio 2016, la Commissione europea ha presentato un Piano d'azione per rafforzare la lotta contro il finanziamento del terrorismo.
  • rafforzare il dialogo con il settore delle tecnologie dell'informazione; il 3 dicembre 2015 la Commissione ha lanciato un forum a livello dell'UE con le principali società informatiche per combattere la propaganda terroristica su internet e sui media sociali;
  • rafforzare gli strumenti di lotta alla criminalità informatica: in tale ambito è prioritario individuare modi per superare gli ostacoli alle indagini penali online, in particolare su questioni quali la giurisdizione competente e le norme in materia di accesso a prove e informazioni ricavate da Internet;
  • migliorare le capacità di Europol: a tal fine il 25 gennaio 2016 è stato istituito il centro europeo antiterrorismo (ECTC), volto a rinforzare la capacità antiterrorismo di Europol; il centro intende offrire agli Stati membri una piattaforma per potenziare la condivisione di informazioni e il coordinamento operativo, in particolare nella lotta contro i combattenti terroristi stranieri, il traffico di armi da fuoco illegali e il finanziamento del terrorismo.

Altre iniziative per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo

Per quanto riguarda in particolare misure volte alla prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo si segnala le ulteriori seguenti attività delle istituzioni dell'UE:

La Commissione europea ha approvato il 15 gennaio 2014 una comunicazione intitolata "prevenire la radicalizzazione che porta al terrorismo e all'estremismo violento: rafforzare la risposta dell'UE" nella quale in particolare indica le seguenti priorità:

  • sviluppare strategie nazionali globali. Gli Stati membri sono incoraggiati a istituire adeguati quadri di riferimento, che coinvolgano le organizzazioni non governative, gli operatori in prima linea, i servizi di sicurezza e gli specialisti del settore, con l'obiettivo di promuovere in modo più efficace lo sviluppo di misure di prevenzione contro l'estremismo violento e il terrorismo;
  • creare una piattaforma europea della conoscenza per la raccolta e la diffusione delle migliori pratiche nonché per l'elaborazione dell'agenda di ricerca;
  • valorizzare le attività della rete per la sensibilizzazione in materia di radicalizzazione (RAN) al fine di rafforzarne il ruolo e assicurare che possa fornire indicazioni pratiche agli Stati membri qualora essi lo richiedano;
  • sviluppare e agevolare la formazione degli operatori in prima linea che lavorano con gli individui o i gruppi a rischio. La formazione si rivolgerà non solo al personale delle autorità di contrasto e penitenziarie, ma anche ad assistenti sociali, educatori e operatori della sanità;
  • fornire in ciascuno Stato membro programmi di sostegno al disimpegno dalla violenza e alla deradicalizzazione («strategie di uscita») a favore dei membri dei gruppi estremisti;
  • cooperare più strettamente con la società civile e il settore privato per rispondere alle sfide che provengono da Internet. Gli sforzi non devono limitarsi a vietare o a rimuovere i contenuti illeciti, ma devono includere lo sviluppo di messaggi alternativi volti a destrutturare la propaganda estremista;
  • rafforzare la capacità di reazione delle vittime. I racconti delle vittime sono un potente strumento di prevenzione e di lotta alla radicalizzazione, ma a condizione che esse si sentano a loro agio per condividere la loro storia e ricevano il sostegno necessario. La Commissione sosterrà le associazioni e le reti delle vittime, in particolare finanziando progetti, al fine di agevolare le campagne di comunicazione e di sensibilizzazione.
  • incoraggiare i giovani a esercitare il loro spirito critico nei confronti dei messaggi estremisti;
  • collaborare più strettamente con i paesi partner al di fuori dell'UE. La Commissione e l'Alta rappresentante proseguono la collaborazione con i paesi terzi in materia di prevenzione della radicalizzazione. Le strategie di prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento dovrebbero inoltre rientrare tra gli strumenti e meccanismi di cooperazione allo sviluppo.

In occasione della riunione informale dei Capi di Stato o di Governo, che si è svolta il 12 febbraio 2015, all'indomani degli attentati terroristi a Parigi, è stata adottata una dichiarazione nella quale, in particolare si sottolinea che la prevenzione della radicalizzazione è un elemento chiave della lotta al terrorismo, che deve essere affrontato con un approccio globale.

Nella dichiarazione si chiede:

  • che siano adottate adeguate misure, conformemente alle costituzioni nazionali, per individuare e rimuovere da Internet contenuti che promuovono il terrorismo o l'estremismo, anche tramite una maggiore cooperazione tra le autorità pubbliche e il settore privato a livello di UE, lavorando altresì con Europol per stabilire le capacità di segnalazione su Internet;
  • di avviare strategie di comunicazione volte a promuovere tolleranza, non discriminazione, libertà fondamentali e solidarietà in tutta l'UE, incluso tramite l'intensificazione del dialogo interreligioso e con altre comunità, e argomentazioni per contrastare le ideologie dei terroristi, anche consentendo alle vittime di esprimersi;
  • iniziative in materia di istruzione, formazione professionale, opportunità di lavoro, integrazione sociale e reinserimento nel contesto giuridico al fine di affrontare i fattori che contribuiscono alla radicalizzazione, anche nelle carceri.

 

Il Consiglio dell'UE ha approvato il 20 novembre 2015 delle conclusioni sul rafforzamento della risposta di giustizia penale alla radicalizzazione che porta al terrorismo e all'estremismo violento nelle quali, in particolare, formulano le seguenti indicazioni agli Stati membri:

Struttura e organizzazione dei regimi di detenzione

Gli Stati membri dovrebbero attuare una politica studiata e su misura per prevenire la radicalizzazione che porta al terrorismo e all'estremismo violento nelle carceri, adattata alle circostanze nazionali e alle necessità dei soggetti coinvolti:

  • sviluppando strumenti di valutazione del rischio e strumenti per individuare segni precoci di radicalizzazione, e rafforzando lo scambio di informazioni tra i vari soggetti della filiera della giustizia penale;
  • mettendo a disposizione nelle carceri un numero congruo di rappresentanti religiosi adeguatamente formati e fornendo supporto a operatori sociali e counsellor;
  • offrendo ai detenuti opportunità di apprendimento e di sviluppo di capacità di riflessione critica in carcere;
  • provvedendo a un ambiente carcerario sicuro per attuare programmi di riabilitazione e reinserimento efficaci;

Gli Stati membri dovrebbero, inoltre, sviluppare come opportuno programmi di deradicalizzazione/disimpegno/riabilitazione in carcere, in preparazione del rilascio, e programmi dopo il rilascio per promuovere il reinserimento.

Misure alternative o supplementari all'azione penale e/o detenzione

Gli Stati membri dovrebbero:

  • affrontare il rapporto con i combattenti terroristi stranieri in modo globale e pluridisciplinare, se opportuno anche scambiando informazioni pertinenti tra autorità di contrasto, servizi di sicurezza e uffici della pubblica accusa e, ove applicabile, con le autorità locali e gli operatori sociali; a tal fine potrebbero essere istituiti organi o metodi di lavoro pluridisciplinari o di altro tipo che garantiscano un seguito integrato di casi;
  • sfruttare appieno il potenziale dell'ECRIS; ECRIS è l'acronimo di European Criminal Record Information System, il sistema informativo del Casellario giudiziale europeo che consente l'interconnessione telematica dei casellari giudiziali e rende effettivo lo scambio di informazioni sulle condanne fra gli stati membri, in un formato standard comune. A tal proposito si segnala che il 19 gennaio 2016 la Commissione ha presentato una proposta volta a rendere più rapido e ed efficace l'uso del sistema ECRIS per quanto riguarda i casellari degli Stati membri relativi ai cittadini dei paesi terzi;
  • considerare, nel quadro dei rispettivi sistemi giuridici e valendosi della flessibilità dei propri sistemi di giustizia penale (giovanile), un approccio su misura caso per caso, basato su un'adeguata valutazione dei rischi che tenga in debito conto gli interessi di protezione e di sicurezza pubblica, considerando ove opportuno misure alternative o supplementari all'azione penale e/o alla detenzione in tutte le fasi della procedura, tra cui la riabilitazione, anche come condizione per la messa in prova o la sospensione della pena detentiva.

Integrazione, riabilitazione e reinserimento

Gli Stati membri dovrebbero:

  • mettersi alla guida di iniziative per affrontare i fattori sottostanti la radicalizzazione che porta al terrorismo e all'estremismo violento mediante misure preventive mirate, sviluppando azioni e programmi, anche nel settore dell'istruzione, che promuovano i diritti fondamentali, lo stato di diritto e la democrazia e incentivino società inclusive, tolleranti e pluralistiche;
  • contrastare, con il sostegno della Commissione e delle agenzie interessate dell'UE, l'uso di Internet a fini di radicalizzazione e reclutamento nelle file del terrorismo, sviluppando, anche con fornitori di servizi Internet, la cooperazione sulla comunicazione strategica e, ove opportuno, unità addette alla segnalazione su Internet,
  • attuare misure che consentano la riabilitazione, la deradicalizzazione o il disimpegno sia all'interno che all'esterno delle carceri, nonché il reinserimento nella società dei combattenti di ritorno;
  • scambiarsi buone prassi in ordine a riabilitazione, deradicalizzazione e disimpegno, all'interno o all'esterno delle carceri.

Formazione

Gli Stati membri dovrebbero:

  • fornire risorse per l'adeguata formazione di tutti i soggetti (personale carcerario, funzionari preposti alla messa in prova, magistratura, ecc.) che trattano gli estremisti violenti radicalizzati o coloro che sono a rischio di radicalizzazione;
  • realizzare progetti specifici volti a una migliore attuazione della legislazione sul razzismo e la xenofobia, anche attraverso la formazione di giudici, procuratori e polizia;
  • sostenere le organizzazioni della società civile al fine di promuovere la tolleranza e contrastare i reati di odio e l'incitamento all'odio, anche sviluppando contro-argomentazioni on line.

Il Parlamento europeo ha adottato il 25 novembre 2015 un risoluzione sulla prevenzione della radicalizzazione e del reclutamento di cittadini europei da parte di organizzazioni terroristiche nella quale, in particolare, per quanto riguarda il profilo della prevenzione della radicalizzazione:

  • invita la Commissione a definire un piano d'azione per porre in atto e valutare la strategia dell'UE volta a combattere la radicalizzazione e il reclutamento nelle file del terrorismo;
  • invita gli Stati membri a coordinare le loro strategie e a condividere le informazioni di cui dispongono, a collaborare ai fini di nuove iniziative in materia di lotta contro la radicalizzazione e il reclutamento nelle file del terrorismo aggiornando le politiche nazionali di prevenzione e creando reti di esperti, ed evidenzia che è di fondamentale importanza fornire risorse e una formazione adeguate alle forze di polizia;
  • invita la Commissione a preparare, in stretta cooperazione con Europol e con il coordinatore antiterrorismo, una relazione annuale sullo stato della sicurezza in Europa, comprendente anche l'analisi del rischio di radicalizzazione;
  • invita la Commissione a promuovere lo scambio delle buone pratiche fra gli Stati membri, onde contrastare l'aumento della radicalizzazione terroristica nelle carceri europee;
  • è favorevole all'introduzione di formazioni specializzate per tutto il personale penitenziario, il personale che opera nel sistema penale, il personale religioso e il personale delle ONG che interagisce con i detenuti, al fine di istruirli a individuare fin dalla comparsa, prevenire e affrontare comportamenti che tendono all'estremismo radicale e terrorista;
  • incoraggia l'istituzione nelle carceri europee di programmi educativi volti a favorire il senso critico, la tolleranza religiosa e il reintegro dei detenuti nella società;
  • sottolinea il ruolo dell'istruzione e delle campagne di sensibilizzazione del pubblico nell'impegno a prevenire la radicalizzazione su internet e ritiene che gli Stati membri dovrebbero prendere in considerazione azioni legali, anche di tipo penale, contro le imprese di internet e dei media sociali nonché i fornitori di servizi che si rifiutano di ottemperare a una richiesta amministrativa o giudiziaria per eliminare contenuti illegali o apologetici del terrorismo sulle loro piattaforme internet;
  • è del parere che ogni Stato membro dovrebbe predisporre un'unità speciale incaricata di segnalare i contenuti illeciti su internet e di agevolare l'individuazione e la soppressione di tali contenuti;
  • sottolinea l'importanza del ruolo che la scuola e l'istruzione possono svolgere nel prevenire la radicalizzazione ed invita gli Stati membri a incoraggiare gli istituti scolastici a predisporre corsi e programmi accademici volti a rafforzare la comprensione e la tolleranza, soprattutto nei confronti di religioni diverse, la storia delle religioni, le filosofie e le ideologie;
  • insiste sull'assoluta necessità di migliorare la rapidità e l'efficacia dello scambio delle pertinenti informazioni tra le autorità di contrasto in seno agli Stati membri e tra di loro e le agenzie competenti;
  • è convinto che le misure di prevenzione della radicalizzazione dei cittadini europei e del loro reclutamento da parte di organizzazioni terroristiche devono essere accompagnate da una serie di strumenti di giustizia penale efficaci, dissuasivi e articolati;
  • chiede che una campagna di comunicazione strutturata a livello europeo, che si serva dei casi di ex "combattenti stranieri" che hanno già seguito un percorso di de-radicalizzazione e le cui testimonianze traumatiche aiutino a esporre la dimensione religiosa profondamente perversa ed erronea dell'adesione a organizzazioni terroristiche come l'ISIS.

Il 20 aprile 2016 la Commissione europea ha presentato la comunicazione COM(2016)230 "Attuare l'Agenda europea sulla sicurezza per combattere il terrorismo e preparare il terreno per un'autentica ed efficace Unione della sicurezza". La comunicazione fa il punto dei progressi compiuti in merito alle azioni previste dall'Agenda europea sulla sicurezza, individua le carenze in termini di attuazione delle misure volte a combattere il terrorismo ed espone le azioni da intraprendere per porvi rimedio. Descrive inoltre una tabella di marcia che individua una serie di ambiti d'intervento prioritari nella lotta al terrorismo.

Tra le priorità indicate nella comunicazione si segnalano:

  • il contrasto alla minaccia rappresentata dai terroristi combattenti stranieri che ritornano in patria; in particolare secondo la Commissione europea le autorità nazionali dovrebbero essere informate di tutti i movimenti dei terroristi combattenti stranieri, sia in uscita che in entrata, e dovrebbero condividere tali informazioni con le autorità nazionali degli altri Stati membri e con le agenzie dell'UE attraverso il sistema d'informazione Schengen e il Centro europeo antiterrorismo dell'Europol;
  • la prevenzione della radicalizzazione e del reclutamento di cittadini europei da parte delle organizzazioni terroristiche; in particolare gli Stati membri dovrebbero fare in modo che le persone già radicalizzate siano inserite in programmi di deradicalizzazione, per evitare che facciano propaganda terroristica e discorsi di incitamento all'odio, e dovrebbero assicurare lo scambio proattivo di informazioni sugli elementi che presentano un rischio di radicalizzazione elevato.