Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Misure di protezione di minori stranieri non accompagnati - A.C. 1658 - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 1658/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 172
Data: 28/05/2014
Descrittori:
ABBANDONO DI MINORE   MINORI
STRANIERI   TUTELA E CURATELA
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni


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Misure di protezione di minori stranieri non accompagnati

28 maggio 2014
Schede di lettura


Indice

Contenuto|Relazioni allegate o richieste|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Rispetto degli altri princìpi costituzionali|Incidenza sull'ordinamento giuridico|Coordinamento con i lavori legislativi in corso|Formulazione del testo|


Contenuto

La proposta A.C. 1658 (on. Zampa ed altri) introduce alcune modifiche alla normativa vigente in materia di minori stranieri non accompagnati con l’obiettivo di stabilire una disciplina unitaria organica sui minori stranieri non accompagnati, che al contempo rafforzi gli strumenti di tutela garantiti dall’ordinamento e cerchi di assicurare maggiore omogeneità nell’applicazione delle disposizioni in tutto il territorio nazionale.

La materia, infatti, è attualmente regolata in disposizioni contenute in diversi provvedimenti, principalmente negli articoli 32 e 33 del Testo unico in materia di immigrazione, d'ora in poi Testo unico (D.Lgs. 286/1998), nonchè nel relativo Regolamento di attuazione (D.P.R. 394/1999) e nel D.P.C.M. n. 535 del 1999.

Specifiche disposizioni riguardanti i minori non accompagnati richiedenti protezione internazionale sono previste dall'art. 19, D.Lgs. 25 del 2008, dall'art. 28 del D.Lgs. 251/2007 e dalla direttiva Ministero dell’interno del 7 dicembre 2006.

Tra le modifiche normative più recenti, si segnala la soppressione del Comitato per i minori stranieri, organismo statale istituito ai sensi dell'art. 33 del D.Lgs. 286/1998 per garantire la tutela dell’effettivo esercizio dei diritti dei minori stranieri non accompagnati ed il trasferimento dei compiti da questo svolti alla Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali (d'ora in poi, Direzione generale), ai sensi dell'art. 12, co. 20, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012).
Si ricorda che l'articolo 33 del Testo unico ha attribuito al Comitato per i minori stranieri compiti di vigilanza e coordinamento sulle modalità di soggiorno dei minori stranieri temporaneamente ammessi sul territorio dello Stato e funzioni di tutela dei relativi diritti. Il Comitato - disciplinato dal D.P.C.M. n. 535 del 1999 ed in conformità alle previsioni della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176 - svolgeva le seguenti attività, ora trasferite alla Direzione generale:
  • accertamento dello status del minore non accompagnato;
  • compiti di impulso e di ricerca al fine di promuovere l'individuazione dei familiari dei minori;
  • decisione in merito al provvedimento di rimpatrio assistito;
  • censimento dei minori presenti non accompagnati.
Nell'ambito degli interventi per la riduzione della spesa pubblica mediante razionalizzazione degli organismi collegiali operanti presso le pubbliche amministrazioni, il Comitato era già stato prorogato ai sensi dell'art. 68, co. 2, del D.L. 112/2008 (L. 133/2008). Successivamente, il citato comma 20 dell'art. 12 del D.L. 95/2012 ha previsto che, a decorrere dalla data di scadenza degli organismi prorogati, le attività svolte dagli organismi stessi sono definitivamente trasferite ai competenti uffici delle amministrazioni nell’ambito delle quali operano.
Nonostante il trasferimento di competenze alla Direzione generale del Ministero del lavoro, restano vigenti le disposizioni contenute nel citato D.P.C.M. n. 535 del 1999.

Il quadro normativo vigente in materia, come già evidenziato nel documento conclusivo della Commissione bicamerale per l'infanzia approvata in seguito allo svolgimento di una indagine conoscitiva nel 2009, presenta alcuni nodi critici e alcune lacune, a cui la proposta in esame intende porre rimedio. Anche il Parlamento europeo, più di recente, è intervenuto con la risoluzione del 12 settembre 2013 per chiedere ai Paesi membri e alla Commissione europea un rafforzamento delle tutele garantite ai minori stranieri non accompagnati, suggerendo al contempo alcune azioni strategiche da intraprendere.

Tra le novità di maggior rilievo, si segnala, in particolare, che l'A.C. 1658:

  • amplia e rende unitaria la nozione di “minore straniero non accompagnato”, facendovi rientrare anche il minore non accompagnato richiedente asilo, finora escluso dalla definizione normativa;
  • conferma il divieto di respingimento alla frontiera per i minori ed ammette la possibilità di rinviare il minore nel Paese di provenienza non solo per ragioni di ordine pubblico e sicurezza, ma anche qualora sia accertato il superiore interesse del minore al riaffidamento ai genitori;
  • introduce nuove disposizioni sulle modalità di contatto e di informazione nei riguardi dei minori ai valichi di frontiera, nonché sul diritto ad un "servizio di prima accoglienza" e all’accompagnamento in una "struttura di prima accoglienza", che dovranno possedere requisiti specifici da determinare con apposito decreto ministeriale;
  • rende omogenee le procedure di segnalazione e introduce una procedura unica di identificazione e accertamento dell’età del minore straniero non accompagnato;
  • istituisce il Sistema nazionale di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati, responsabile dell’intera gestione della fase di accoglienza, in modo di sostenere l'attività svolta dai servizi sociali dei comuni, nonché il Sistema informativo nazionale dei minori non accompagnati, che raccolga le informazioni relative ai minori a supporto delle decisioni in materia di accoglienza;
  • integra la disciplina vigente che prevede l’apertura della tutela ad opera dell’autorità giudiziaria con disposizioni tese a promuovere l’istituto dell’affidamento familiare e a rafforzare lo svolgimento delle indagini familiari;
  • detta alcune disposizioni di maggior tutela in favore dei minori non accompagnati che presentano particolari cause di vulnerabilità.

Per quanto riguarda le dimensioni del fenomeno trattato, secondo i dati forniti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali nel consueto report bimestrale, i minori non accompagnati non richiedenti asilo segnalati in Italia alla fine di marzo 2014 erano 7.865, di cui 1.966 irreperibili.

L'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) promuove ogni due anni un'indagine nazionale che coinvolge tutti i Comuni italiani ai quali spetta la tutela e l'accoglienza dei minori non accompagnati presenti nel territorio. I dati quantitativi e qualitativi raccolti sul fenomeno sono disponibili nell'ultimo rapporto pubblicato (2012).


Principi e definizioni

Le prime disposizioni della proposta in esame definiscono l'ambito di applicazione oggettivo e soggettivo della disciplina che si intende introdurre.

In particolare, l'Ambito di applicazionearticolo 1 circoscrive l'applicazione della legge ai minori stranieri non accompagnati (come definiti nell'articolo successivo) presenti alla frontiera e nel territorio italiano, anche se cittadini di Paesi membri dell'Unione europea, facendo salva l'applicabilità di tutte le disposizioni di maggior favore in materia di protezione di minori o in ragione della cittadinanza di altro Paese UE.

L'Definizionearticolo 2 individua una nuova definizione di minore straniero non accompagnato, con la quale si intende il minorenne non avente cittadinanza italiana o dell'Unione europea che si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato o che è altrimenti sottoposto alla giurisdizione italiana privo di assistenza e di rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle legge vigenti nell'ordinamento italiano. La condizione di minore non accompagnato è riconosciuta anche nell'ipotesi in cui il minore conviva con parenti entro il quarto grado che non hanno i requisiti previsti dall'art. 28, co. 1, lett. a-bis, del D.P.R. 394/1999. Il richiamo al citato art. 28 dovrebbe essere chiarito, non individuando lo stesso requisiti che dovrebbero essere in possesso dei parenti.

La definizione di “minori non accompagnati” comunemente utilizzata è quella specificata nell’articolo 2 della Direttiva Europea 2001/55/CE: “i cittadini di paesi terzi o gli apolidi di età inferiore ai diciotto anni che entrano nel territorio degli Stati membri senza essere accompagnati da una persona adulta responsabile per essi in base alla legge o agli usi, finché non ne assuma effettivamente la custodia una persona per essi responsabile, ovvero i minori che sono lasciati senza accompagnamento una volta entrati nel territorio degli Stati membri”.
In ambito nazionale, riprendendo sostanzialmente le indicazioni europee, la definizione è contenuta nell'art. 1, co. 2, del D.P.C.M. 9 dicembre 1999, n. 535, secondo cui il minore straniero non accompagnato presente nel territorio dello Stato è quel minore non avente cittadinanza italiana o di altro Paese dell’Unione Europea e che, non avendo presentato domanda di asilo, si trova in Italia privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano.
Pertanto, la normativa vigente non ricomprende nella definizione di "minore straniero non accompagnato" nè i minori non accompagnati che hanno la cittadinanza di un paese dell'Unione europea, nè i minori c.d. "richiedenti asilo". Questi ultimi sono definiti dall'articolo 28 del D.Lgs. 251/2007 come gli stranieri di età inferiore a 18 anni che si trovano per qualsiasi motivo sul territorio nazionale, privi di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per essi legalmente responsabili, che richiedono il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria.

Alla luce di tale ricostruzione, l'effetto delle disposizioni introdotte nei primi due articoli della proposta rispetto al quadro normativo vigente rileva sotto un triplice profilo.

In primo luogo, la nozione di minore straniero non accompagnato è più ampia, in quanto ricomprende anche i minori non accompagnati "richiedenti asilo", che attualmente sono esclusi dalla definizione, così come dalla competenza della Direzione generale per l'immigrazione del Ministero del lavoro (ex Comitato), in quanto oggetto di previsioni normative specifiche.

In secondo luogo, vengono inclusi nell'ambito di riferimento della legge anche i minori non accompagnati che siano cittadini di un Paese dell'Unione europea, ai quali, sebbene non inclusi nella nuova definizione normativa, si possono applicare le relative disposizioni introdotte con la proposta in esame, ai sensi dell'articolo 1.

Infine, dalla formulazione dell'art. 2 sembra emergere l'intenzione di chiarire che i minori che vivono con parenti entro il quarto grado che non ne siano tutori o affidatari in base a un provvedimento formale sono da considerarsi minori non accompagnati.

L'inclusione nella definizione normativa dei minori conviventi con parenti entro il quarto grado interverrebbe su un aspetto che finora aveva dato adito a diverse interpretazioni. Infatti, la legge italiana non considera i minori accolti da parenti entro il quarto grado privi di assistenza, non essendo richiesta in tali casi l’adozione di un provvedimento formale di affidamento (art. 9, co. 4, legge 184/1983); si può inoltre sostenere che tali minori non siano privi di rappresentanza legale, in quanto, per analogia a quanto stabilito per le comunità e gli istituti (art. 3, co. 1, legge 184/1983), l’affidatario di fatto esercita i poteri tutelari fino alla nomina del tutore. Il Comitato per i minori stranieri aveva invece affermato che sono da considerarsi “accompagnati” i minori affidati con provvedimento formale a parenti entro il terzo grado regolari, mentre sono da considerarsi “non accompagnati” negli altri casi, compresi dunque i minori affidati “di fatto” a parenti entro il quarto grado (Linee Guida del Comitato per i minori stranieri del 2003).

L'Divieto di respingimentoarticolo 3 conferma il divieto di espulsione del minore già previsto dall'art. 19, co. 2, del D.Lgs. 286/1998 (Testo unico), introducendo esplicitamente anche il divieto di respingimento alla frontiera dei minori stranieri non accompagnati, che può essere disposto solo nei casi in cui sia nel loro superiore interesse e sia finalizzato al riaffidamento ai familiari (nuovo comma 1-bis dell'art. 19 del Testo unico).

Inoltre, con una modifica all'art. 31, co. 4, del D.Lgs. 286/1998, che stabilisce la competenza del tribunale per i minorenni in caso di espulsione di un minore straniero, si specifica che tale provvedimento può essere adottato in ogni caso a condizione che esso non comporti "un rischio di danni irreparabili per il minore".

Conseguentemente, viene aggiornata anche la disposizione di cui all'art. 33, co. 1, della L. 184/1983, che nella attuale formulazione non consente l'ingresso nello Stato ai minori non muniti di visto d'ingresso per adozione (ai sensi dell'art. 32 della medesima legge) ovvero ai minori non accompagnati. Nel testo riformulato dalla proposta in esame per i minori non accompagnati non muniti di tale visto d'ingresso si fa rinvio all'applicazione dell'art. 19, co. 1-bis del Testo unico, come introdotto, sul divieto di respingimento.

Il quadro normativo vigente prevede per tutti i minori stranieri il divieto di espulsione, che può essere derogato esclusivamente per motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato (in tal caso è competente il Tribunale per i minorenni). Più in generale, si ricorda ai sensi dell'art. 28, co. 3, del D.Lgs. 286/1998 in tutti i procedimenti amministrativi e giurisdizionali riguardanti i minori deve essere preso in considerazione con carattere di priorità il superiore interesse del fanciullo.

Misure di prima accoglienza

Con l'Prima accoglienzaarticolo 4 si disciplinano le modalità di contatto e di informazione dei minori stranieri non accompagnati presso i valichi di frontiera, in modo da rafforzare la garanzia di misure di accoglienza anche prima del momento dell'identificazione del minore. A tal fine:

  1. con novella all'art. 11, co. 6, del D.Lgs. 286/1998, si esplicita che i servizi di accoglienza presso i valichi di frontiera si occupano di fornire informazioni e assistenza non solo agli stranieri che intendano presentare domanda di asilo o soggiornare in Italia per un periodo superiore a tre mesi, ma altresì ai minori non accompagnati (co. 1);
  2. con novelle al D.M. 22 dicembre 2000, che stabilisce le modalità per l'espletamento dei servizi di accoglienza ai valichi di frontiera, si attribuisce ai rappresentanti delle organizzazioni umanitarie autorizzate dal Ministero dell'interno attraverso le prefetture-UTG il diritto di accedere ai servizi di accoglienza e di prendere diretto contatto con i minori non accompagnati, nonchè si inserisce tra i servizi di accoglienza quello di informare sulla legislazione vigente e sugli adempimenti connessi allo status di minore non accompagnato (co. 2);
  3. si introduce una nuova disciplina (co. 3-5), che statuisce il diritto di ogni minore non accompagnato ad un servizio di prima assistenza (ossia offerta di beni e servizi per soddisfare i bisogni primari, incluse l'informazione legale e la mediazione culturale) e ad essere ospitato in una struttura di prima accoglienza (struttura autorizzata ad accogliere il minore per un massimo di 72 ore, al fine di consentire le operazioni di identificazione). Si rinvia ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'interno, previo parere delle regioni e dei comuni, per l'elenco dei servizi e dei requisiti che le strutture devono possedere. Il decreto deve essere adottato entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

La segnalazione e l'identificazione

L'Obblighi di segnalazionearticolo 5 interviene in relazione agli obblighi di segnalazione dei minori sul territorio, che sono oggetto di diverse disposizioni normative nel nostro ordinamento, tra loro non coordinate.

In particolare, l'art. 5 del D.P.C.M. 535/1999 stabilisce in capo ai pubblici ufficiali, agli incaricati di pubblico servizio e agli enti, in particolare che svolgono attività sanitaria o di assistenza, i quali vengano comunque a conoscenza dell'ingresso o della presenza sul territorio dello Stato di un minorenne straniero non accompagnato, di darne immediata notizia al Comitato (ora Direzione generale), con mezzi idonei a garantirne la riservatezza, ai fini del censimento, dell'avvio delle indagini familiari e della vigilanza sulle modalità di soggiorno. Tale segnalazione non esime dall'analogo obbligo nei confronti di altri uffici o enti, eventualmente disposto dalla legge ad altri fini. La stessa Direzione è tenuta ad effettuarla quando non risulti in modo certo che essa sia stata già effettuata.
In relazione agli altri obblighi disposti dalla legge, l'art. 9 della L. 184/1983 prevede che chiunque ha facoltà di segnalare minori in stato di abbandono all'autorità pubblica. I pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di pubblica necessità debbono riferire al più presto al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni per i provvedimenti di competenza.

Sulla materia, il testo propone solo alcune modifiche all'articolo 33 della L. 184 del 1983. In particolare, con l'abrogazione del comma 4 e la novella al comma 5, si prevede che gli uffici di frontiera, così come come già previsto per i pubblici ufficiali, segnalino la presenza di minori non accompagnati al tribunale per i minorenni competente in relazione al luogo in cui il minore si trova.

L'Accertamento dell'etàarticolo 6 della proposta introduce nel Testo unico una nuova disposizione (articolo 31-bis) volta a disciplinare in maniera uniforme sul territorio nazionale la procedura di identificazione del minore, che costituisce il passaggio fondamentale per l'accertamento della minore età, da cui a sua volta dipende la possibilità di applicare le misure di protezione in favore dei minori non accompagnati. Attualmente, infatti, mancano norme di grado primario valide per tutti i minori non accompagnati e le procedure per l'identificazione si basano su prassi diverse a livello nazionale o locale.

In materia, le disposizioni vigenti sono contenute in fonti diverse, spesso con applicazione per singoli ambiti. Così:
  • l'art. 5, co. 3, del D.P.C.M. 535/1999 stabilisce che l'identità del minore è accertata dall'autorità di pubblica sicurezza, ove necessario attraverso la collaborazione delle rappresentanze diplomatico-consolari del Paese di origine del minore;
  • limitatamente al procedimento penale, l'accertamento è disposto anche d'ufficio dall'autorità giudiziaria (art. 8, D.P.R. 448/1988);
  • qualora vi sia incertezza riguardo alla minore età, il presunto minore può essere sottoposto ad accertamenti antropometrici a ad altri accertamenti previsti dalla legge (art. 349 c.p.p.);
  • l'art. 19, co. 2 e 3, del D.Lgs. 25/2008, riguardo ai minori richiedenti protezione internazionale, prevede che l'accertamento è effettuato previo consenso del minore o del suo rappresentante legale, dopo che il minore sia stato informato circa la possibilità che la sua età venga accertata attraverso visita medica non invasiva, specificando il tipo di visita e le eventuali conseguenze della stessa, e altresì che un suo eventuale rifiuto a sottoporvisi non costituisce motivo di impedimento all'accoglimento e alla valutazione della domanda di asilo;
  • ulteriori disposizioni sono previste nelle "Linee guida sui minori stranieri non accompagnati", aggiornate dalla Direzione generale competente del Ministero del Lavoro (D.D. 19 dicembre 2013) e nella circolare del Ministero dell'interno del 9 luglio 2007. In particolare, le Linee guida stabiliscono che in caso di mancanza di documenti attestanti l'età dichiarata dal migrante e qualora sussista un fondato dubbio in merito alla veridicità di tale dichiarazione, l'età deve essere accertata dagli organi competenti nel rispetto dei diritti e delle tutele previste per le persone minori di età. Qualora, all'esito di tale verifica, permanga un dubbio sulla minore età, questa si presume;
  • per quanto riguarda i minori non accompagnati vittime di tratta, l'articolo 4 del D.Lgs. 24 del 2014 prevede che il minore debba essere informato dei suoi diritti, anche in riferimento al suo possibile accesso alla protezione internazionale, nonchè rinvia ad un decreto del ministro delegato alle pari opportunità per definire la procedura attraverso cui personale specializzato procede all'identificazione e alla determinazione dell'età del minore non accompagnato, anche attraverso l'eventuale collaborazione delle autorità diplomatiche.

Il nuovo articolo 31-bis introduce una procedura che standardizza alcuni principi, prevede in successione graduale gli interventi da compiere ai fini dell'identificazione e stabilisce alcune garanzie procedimentali e sostanziali a tutela dei minori. Le fasi della procedura sono sintetizzate come di seguito:

  • una volta entrato in contatto o segnalato alle autorità competenti, al minore viene svolto un colloquio con gli uffici competenti, sotto la direzione del giudice tutelare. Il colloquio, in cui il minore è assistito da un mediatore culturale è finalizzato ad apprendere la storia personale e familiare del minore e ad acquisire ogni altro elemento nel rispetto della procedura che deve essere stabilita con d.P.C.M. da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge;
  • al termine del colloquio, il giudice tutelare decide come procedere, garantendo in ogni caso al minore un'immediata assistenza umanitaria. In caso di dubbio sull'età dichiarata, l'autorità di pubblica sicurezza, coadiuvata da mediatori culturali, provvede ad accertarla in via prioritaria attraverso un documento anagrafico, anche avvalendosi della collaborazione delle autorità diplomatico-consolari, fatto salvo il consenso del minore a tale intervento e sempre che da ciò non possano derivare pericoli di persecuzione;
  • nel caso in cui continuino a permanere dubbi in merito all'età, il giudice può disporre esami socio-sanitari: lo straniero deve essere informato di tali esami, dei risultati e delle eventuali conseguenze in una lingua a lui comprensibile, e l'accertamento deve essere svolto da professionisti formati con modalità il meno invasive possibile;
  • una disposizione di chiusura prevede la presunzione della minore età, ove anche dopo l'accertamento socio-sanitario permangano dubbi;
  • il provvedimento di attribuzione dell'età è notificato allo straniero e all'esercente i poteri tutori, ove nominato. Ad esso segue il foto-segnalamento.

Le indagini familiari e il rimpatrio assistito

Gli articoli 7 e 9 della proposta in esame introducono alcune modifiche alla disciplina del c.d. rimpatrio assistito e delle indagini familiari a ciò necessarie.

Secondo la normativa vigente, i minori stranieri non accompagnati possono essere rimpatriati attraverso la misura del rimpatrio assistito, finalizzata a garantire il diritto all’unità familiare del minore e ad adottare le conseguenti misure di protezione. Il provvedimento può essere adottato solo se, in seguito a un’indagine specifica (c.d. indagini familiari), attivata e svolta dalla Direzione generale del Ministero del lavoro (ex Comitato) anche nel Paese d’origine del minore o in Paesi terzi, si ritiene che il rimpatrio sia opportuno nell’interesse del minore. Per l'espletamento delle indagini familiari nei Paesi di origine, la Direzione generale può avvalersi di idonei organismi internazionali e attualmente si avvale dell''OIM- Organizzazione internazionale per le Migrazioni. Il rimpatrio assistito è disposto dalla Direzione ministeriale e viene eseguito accompagnando il minore fino al riaffidamento alla famiglia o alle autorità responsabili del Paese d’origine. A differenza dell’espulsione, il rimpatrio non comporta il divieto di reingresso per dieci anni. Nel caso in cui ritenga che il rimpatrio non sia nel suo interesse, il minore ha diritto di presentare, per il tramite dei genitori o del tutore, ricorso alla magistratura (Tribunale ordinario o TAR) per ottenere l’annullamento del provvedimento (art. 33, D.Lgs. 286/1998 e art. 7, D.P.C.M. 535/1999).

In particolare, l'Indagini familiariarticolo 7 introduce nel Testo unico un nuovo articolo 31-ter volto a disciplinare le indagini familiari, attualmente previste solo nel D.P.C.M. 535/1999 (art. 2, co. 2, lett. f) ed in parte disciplinate nelle Linee guida sui minori non accompagnati. Le nuove disposizioni attribuiscono al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con il concerto (finora non previsto) con il Ministero della giustizia e con il Ministero degli affari esteri, il compito di stipulare apposite convenzioni con associazioni, enti e organizzazioni non governative per lo svolgimento delle indagini relative agli eventuali familiari dei minori stranieri non accompagnati presenti nel territorio italiano, in altri Paesi membri dell'Unione europea (tale riferimento non è presente nelle norme vigenti) e in Paesi terzi (comma 1).

Anche oggi, per l'espletamento delle indagini familiari nei Paesi di origine, la Direzione generale può avvalersi di idonei organismi internazionali e attualmente si avvale dell''OIM- Organizzazione internazionale per le Migrazioni. Ai sensi dell'art. 2, co. 2, lett. f), del D.P.C.M. 535/1999, le convenzioni sono stipulate, su proposta del Comitato (ora Direzione generale), dal Dipartimento Affari sociali della Presidenza del Consiglio dei ministri (ora Ministero del Lavoro).

Inoltre, il nuovo art. 31-ter prevede la possibilità di un'attivazione immediata delle indagini familiari, ovvero senza presentare la domanda alla competente Direzione del Ministero del Lavoro. L'attivazione è promossa dall'esercente la potestà genitoriale del minore, anche in via provvisoria, mediante relazione all'ente convenzionato da presentare nei cinque giorni successivi al colloquio previsto dal nuovo articolo 31-bis, comma 1, ai fini dell'identificazione. Tale possibilità è ammessa solo ove non sussista un rischio per il minore straniero non accompagnato o per i suoi familiari e previo consenso informato dello stesso minore ed esclusivamente nel suo superiore interesse (comma 2). Dalla formulazione del testo non appare chiaro il tipo di rischio del minore o dei suoi familiari che deve essere escluso ai fini della possibilità di attivazione immediata delle indagini familiari.

Il risultato delle indagini è trasmesso al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che è tenuto ad informare tempestivamente il minore (comma 3).

Infine, il comma 4 introduce un criterio di preferenza, in base al quale qualora siano individuati familiari idonei a prendersi cura del minore straniero non accompagnato, tale soluzione deve essere sempre preferita al collocamento in comunità. In tal modo, viene introdotto nella legge un criterio specifico alla luce del quale valutare, una volta concluse le indagini familiari, se procedere al rimpatrio assistito o procedere con gli altri strumenti di protezione e tutela dei minori non accompagnati, ossia l'affidamento a una famiglia o a una comunità.

In generale, infatti, se la Direzione generale del Ministero del lavoro valuta che sia nell’interesse del minore restare in Italia, dispone il “non luogo a provvedere al rimpatrio” e segnala la situazione del minore alla magistratura e ai servizi sociali per l’eventuale affidamento. Per quanto riguarda l’affidamento del minore, temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, si ricorda che l'art. 2 della L. 184/1983 dà priorità all'affidamento del minore ad una famiglia (che non coincide necessariamente con i familiari del minore) e, ove ciò non sia possibile, a comunità di tipo familiare o, in mancanza, l'inserimento in un istituto di ricovero.

In materia di rimpatrio assistito, l'Competenza a decidere il rimpatrioarticolo 9 della proposta in esame modifica la competenza all'adozione del provvedimento, che in base alla normativa vigente, come già evidenziato, spetta alla Direzione generale dell'immigrazione del Ministero del lavoro.

In base a quanto previsto dalle Linee guida del 2013, la Direzione generale, sulla base delle informazioni ottenute all'esito delle attività di indagine familiare, può adottare il provvedimento di rimpatrio assistito di cui all'art. 7 del D.P.C.M. 535/1999. Ai fini dell'adozione del provvedimento, è necessaria la manifesta ed espressa volontà del minore capace di discernimento al rimpatrio, accertata dagli organi competenti, e deve essere valutata l'opinione espressa in merito al rimpatrio assistito da parte del tutore o di altre persone legalmente responsabili del minore in Italia.

La proposta interviene su tale aspetto, spostando la competenza all'adozione dei provvedimenti di rimpatrio assistito al tribunale per i minorenni competente. A tal fine, modifica l'articolo 33, co. 2-bis, del D.Lgs. 286/1998 (Testo unico). Oltre a spostare la competenza, la novella abroga la disposizione che attualmente prevede il preventivo nulla osta delll'autorità giudiziaria minorile ai fini del rimpatrio nel caso in cui risulti instaurato nei confronti del minore un procedimento giurisdizionale. Inoltre, è abrogato il comma 3 dell'art. 33, che prevede la collaborazione del Dipartimento degli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri per l'espletamento delle attività di competenza del Comitato per i minori stranieri.

Attualmente, il Tribunale per i minorenni è competente anche per quanto riguarda la decisione dei provvedimenti di espulsione dei minori non accompagnati, nei casi previsti dalla legge (art. 19 e 31, co. 4, D.lgs. 286/1998).

Affidamento e tutela

Ai minori stranieri non accompagnati si applicano le norme previste dalla legge italiana in materia di assistenza e protezione dei minori in stato di abbandono recata dagli artt. 343 e seguenti del codice civile, ove si prevede l’apertura della tutela ad opera dell’autorità giudiziaria per il minore i cui genitori non possono esercitare la potestà, e dalla legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia) che prevede l’affidamento del minore, temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, a una famiglia o a una comunità.

La tutela legale del minore è un istituto surrogatorio rispetto alla potestà dei genitori, nel caso in cui i genitori siano morti o per altre cause non possano esercitare la potestà, al bambino o adolescente deve essere nominato un tutore (art. 343 c.c.). La competenza territoriale viene, al momento dell’apertura della tutela, radicata nel circondario nel quale il minore ha la sede principale degli affari ed interessi, mentre con la nomina del tutore il criterio determinante della competenza territoriale diventa il domicilio del tutore. I casi tipici in cui si apre una tutela a favore di un minore d’età sono i seguenti:
  • morte dei genitori;
  • abbandono del minore o suo mancato riconoscimento alla nascita;
  • dichiarazione di adottabilità;
  • lontananza o irreperibilità dei genitori;
  • sospensione, decadenza o esclusione dei genitori dalla potestà.

Per favorire e promuovere tali istituti nei confronti dei minori stranieri non accompagnati, la proposta in esame prevede, all'Elenchi di affidatariarticolo 8 - che introduce il comma 1-bis all'art. 2 della legge n. 183/1984 - l'istituzione di elenchi di affidatari adeguatamente formati per accogliere minori non accompagnati, in modo da favorire l'affidamento familiare in luogo del ricovero in una struttura di accoglienza. La formazione di tali elenchi è promossa dagli enti locali.

Si ricorda che nella legge 183 del 1984, per affidamento familiare s'intende l'affidamento ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurare al minore il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive (art. 2, co. 1).

In via analoga, l'Elenchi di tutoriarticolo 12 prevede che presso i tribunali ordinari, entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della legge, sia istituito un elenco di tutori volontari disponibili ad assumere la tutela di un minore straniero non accompagnato o di più minori, quando la tutela riguarda fratelli o sorelle. All'elenco possono essere iscritti cittadini selezionati e formati dai Garanti regionali per l'infanzia e l'adolescenza, i quali possono collaborare con i tribunali ordinari (protocolli d'intesa) per promuovere la nomina dei tutori volontari. Laddove il Garante regionale non sia stato nominato, provvede il Garante nazionale con il supporto di associazioni esperte nel settore delle migrazioni e dei minori.

Si segnala, anche sulla scorta della relazione illustrativa, che gli elenchi di affidatari e di tutori per i minori di età, non necessariamente stranieri, sono già stati istituiti in alcune realtà regionali (ad es. Lazio, Marche, Puglia, Veneto, ecc.) e locali (ad es. Parma).
L’istituzione dei Garanti dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza è collegata agli obblighi derivanti dall’attuazione della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo di New York del 1989 e dai successivi Commenti Generali (in particolare il Commento Generale n. 2 del 2002) sul ruolo delle istituzioni nazionali indipendenti per i diritti umani in materia di promozione e protezione dei diritti dell’infanzia. L'Italia ha adempiuto a tali indicazioni con l’istituzione dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza ad opera della L. 12 luglio 2011, n. 112 .
Molte Regioni hanno provveduto all’istituzione di una figura di garanzia per le persone di minore età con funzioni di vigilanza, ascolto, segnalazione, promozione, partecipazione, interventi presso amministrazioni pubbliche e autorità giudiziarie.

Il comma 2 dello stesso articolo 12 richiama l'applicabilità delle disposizioni del Libro Primo, Titolo IX del codice civile (artt. 315 ss.), riguardanti la responsabilità genitoriale e i diritti e doveri del figlio. Non appare chiara la portata innovativa del rinvio all'insieme delle indicate disposizioni normative.


Permesso di soggiorno

L'articolo 11 della proposta disciplina le questioni relative al permesso di soggiorno rilasciabile ai minori non accompagnati, innovando rispetto al quadro normativo vigente.

Le Quadro normativo vigentetipologie di permesso di soggiorno che possono essere attualmente rilasciate ai minori non accompagnati sono le seguenti:
  • permesso di soggiorno per minore età, che in base all'art. 28 del D.P.R. 394/1999 (Regolamento di attuazione del testo unico in materia di immigrazione) tutti i minori stranieri non accompagnati hanno diritto di ottenere, per il solo fatto di essere minorenni (e quindi inespellibili). Tale permesso è rilasciato ai minori di età superiore a quattordici anni, mentre i minori infraquattordicenni affidati ad un cittadino straniero regolarmente soggiornante sono iscritti nel permesso di soggiorno dell'affidatario fino al compimento dei 14 anni. Il permesso per minore età viene rilasciato in via residuale, ossia qualora non possa essere rilasciato un altro titolo di soggiorno;
  • permesso di soggiorno per motivi familiari che viene rilasciato ai minori di età superiore a quattordici anni, affidati a cittadino straniero ai sensi dell'art. 4 della legge 184/1983, riguardante le forme in cui è disposto l'affidamento familiare (detto anche permesso per affidamento ex art. 31, co. 2, D.Lgs. 286/1998) ovvero a quelli conviventi con parenti entro il secondo grado di nazionalità italiana (art. 28, co. 1, lett. b), D.P.R. 394/1999 e art. 19, co. 2, lett. c), del Testo unico). E' equiparata la situazione del minore affidato di fatto a parente entro il quarto grado, secondo l'art. 9, co. 4, della legge 184/1983 (c.d. affidamento di fatto): essa infatti non ha bisogno di essere formalizzata in quanto è riconosciuta di per sè;
  • permesso di soggiorno per integrazione del minore (art. 28, co. 1, lett. a-bis, e art. 11, co. 1, lett. c-sexies, D.P.R. 394/1999) per i minori che si trovino nelle condizioni di cui all'art. 32, co. 1-bis e 1-ter, del D.lgs. 286/1998), previo parere della Direzione generale del Ministero del lavoro. Tale tipologia è stata introdotta dall'art. 25 della L. 189/2002 e prevede che il permesso di soggiorno possa essere rilasciato al minore straniero non accompagnato che sia stato ammesso per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile e che si trova sul territorio nazionale da non meno di tre anni.
La domanda di permesso di soggiorno per il minore non accompagnato deve essere presentata da chi esercita i poteri tutelari sul minore e dunque:
dal tutore, se ne è stato nominato uno;
dal legale rappresentante dell’istituto o comunità o dall’ente locale, se il minore è collocato in un istituto o comunità o è comunque assistito dall’ente locale.
Si ricorda, inoltre, che il minore non accompagnato che ha richiesto la protezione internazionale ha diritto ad un permesso di soggiorno per richiesta di asilo, per la durata della procedura occorrente (art. 11, co. 1, lett. a), del D.lgs. 286/1998).

Rispetto alla normativa vigente, la proposta in commento contempla due sole tipologie di permesso di soggiorno: quello per età e quello per motivi familiari. Quanto al primo, le novità sono rappresentate, in primo luogo, dal fatto che tale permesso per minore età può essere rilasciato su richiesta dello stesso minore, anche direttamente e anche prima della nomina del tutore; in secondo luogo, è previsto che abbia validità fino al compimento della maggiore età, mentre attualmente il Regolamento di attuazione del testo unico stabilisce che tale permesso "è valido per tutto il periodo necessario per l'espletamento delle indagini sui familiari nei Paesi d'origine".

Per quanto riguarda il permesso per motivi familiari, la proposta estende le ipotesi in cui può essere rilasciato ai seguenti casi:

  • minore di quattordici anni affidato, anche ai sensi dell'art. 9, co. 4, della L. 184/1983 o sottoposto alla tutela di un cittadino italiano;
  • minore ultraquattordicenne affidato, anche ai sensi dell'art. 9, co. 4, della L. 184/1983 o sottoposto alla tutela sia di un cittadino italiano, sia di uno straniero regolarmente soggiornante.
    In tal modo, viene esplicitata l'equiparazione tra la condizione dei minori affidati, anche di fatto, e quella dei minori sottoposti a tutela, conformemente ad un consolidato orientamento della giurisprudenza maturato in relazione alla conversione del permesso alla maggiore età (v. infra), che interpretava la norma in maniera estensiva, ritenendo che il permesso di soggiorno dovesse essere rilasciato anche al minore sottoposto a tutela ai sensi dell’articolo 343 ss del codice civile (Consiglio di Stato, VI, sentenza n. 1540/2007).
    La Corte costituzionale, proprio in riferimento all'ipotesi della conversione, aveva ritenuto che andasse riferita anche ai minori stranieri sottoposti a tutela proprio in considerazione del fatto che i due istituti (tutela e affidamento), pur avendo presupposti diversi, sono entrambi finalizzati ad assicurare la cura del minore (sentenza 198/2003). Successivamente, la giustizia amministrativa ha riconosciuto che la possibilità di rilascio del permesso di soggiorno allamaggiore età si estende anche all’affidamento “di fatto”, riconducibile all’art. 9, co. 4, L. 184/1983 (Consiglio di Stato, VI, sentenza n. 2545/2009).

La proposta, infine, intende eliminare la previsione del permesso per integrazione del minore.

La nuova disciplina non interviene modificando direttemente le fonti che attualmente disciplinano la materia (art. 31 del Testo unico e art. 28 del regolamento di attuazione). Pertanto è opportuno un coordinamento con le disposizioni vigenti, soprattutto quelle di grado primario.

L'Conversione del permesso alla maggiore etàarticolo 14 della proposta interviene in riferimento alla possibilità di convertire il permesso di soggiorno al compimento della maggiore età, con la novella all'art. 32, comma 1-bis, del Testo unico.

L'art. 32, co. 1-bis, D.Lgs. 286/1998 prevede che ai minori stranieri non accompagnati, una volta che abbiano raggiunto la maggiore età, può essere concesso il permesso di soggiorno sempre che non sia stata attivata nel frattempo la procedura di rimpatrio assistito.
Le tipologie di permesso di soggiorno previste dalla legge sono le seguenti: studio; accesso al lavoro; lavoro subordinato; lavoro autonomo; cure mediche. Ad eccezione di quest’ultima tipologia, il rilascio del permesso di soggiorno è subordinato al rispetto di una serie di condizioni. Esso è rilasciato a coloro che:
  • risultano affidati ad una famiglia o sottoposti a tutela;
  • sono presenti in Italia da almeno 3 anni;
  • hanno partecipato ad un progetto di integrazione della durata di almeno 2 anni;
  • hanno disponibilità di un alloggio:
  • frequentano corsi di studio o svolgono attività lavorativa regolare oppure sono in possesso di un contratto di lavoro anche se non ancora iniziato.
Fino al 2002 era sufficiente la condizione di affidatario, mentre gli ulteriori requisiti sono stati introdotti dalla legge “Bossi-Fini” (la legge 189/2002). Affinchè la questura decida in merito all'istanza di conversione del titolo di soggiorno è necessario il parere positivo della Direzione generale del Ministero del lavoro nelle ipotesi in cui a chiedere la conversione sia minore che non ha partecipato ad un progetto di integrazione e sia in Italia da meno di tre anni.

Le modifiche apportate sono tre: con la Parere della Direzione generaleprima, che novella la disposizione citata, si elimina il carattere vincolante del parere della Direzione generale, stabilendo che il suo mancato rilascio non può legittimare il rifiuto della conversione. Pertanto,il parere resta solo obbligatorio, ma in sua assenza si può procedere.

In secondo luogo, si rinvia alle disposizioni contenute nell'art. 20, co. 1-3, della legge 241/1990 in materia di Silenzio assensosilenzio-assenso, le quali dispongono che nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all'interessato, nel termine di legge, il provvedimento di diniego. La possibilità di applicare nel caso di specie lo strumento del silenzio-assenso costituirebbe una deroga al principio stabilito dal comma 4 dell'art. 20 della medesima legge 241, in base al quale esso non si applica, tra gli altri, ai procedimenti riguardanti l'immigrazione, l'asilo e la cittadinanza.

In terzo luogo, si introduce (stavolta, senza novella) una nuova disposizione che prevede l'affidamento ai servizi sociali fino al ventunesimo anno di età per quei minori che hanno intrapreso un percorso di integrazione, ma che raggiunta la maggiore età necessitano di un supporto prolungato di assistenza.


Sistema informativo e di accoglienza

LSistema informativo nazionale'articolo 10 della proposta istituisce il Sistema informativo nazionale dei minori non accompagnati presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Tale sistema è alimentato dalle c.d. cartelle sociali dei minori non accompagnati, compilate dagli assitenti sociali a seguito del colloquio con il minore, introdotto dalla proposta in esame, ai fini dell'identificazione dello stesso. La cartella include dati anagrafici e sociali utili alla determinazione della soluzione di lungo periodo per il minore, nel suo superiore interesse. La disposizione richiama l'applicazione dell'articolo 7 del D.Lgs. 296/2003 (Codice della privacy) a tutela del diritto di accesso ai dati personali.

Attualmente la Direzione generale del Ministero del lavoro, che ha ereditato i compiti del Comitato per i minori stranieri, è responsabile del monitoraggio costante delle presenze di minori stranieri non accompagnati e dell’inserimento delle informazioni di una apposita banca dati.
Ai fini del censimento dei minori stranieri presenti in Italia, il D.P.C.M. n. 535/99 (art. 5), dispone che i pubblici ufficiali, gli incaricati di pubblico servizio e gli enti, in particolare che svolgono attività sanitaria o di assistenza, i quali vengano comunque a conoscenza dell'ingresso o della presenza sul territorio dello Stato di un minorenne straniero non accompagnato, sono tenuti a darne immediata notizia alla Direzione ministeriale, con mezzi idonei a garantirne la riservatezza.

L'Sistema nazionale di accoglienzaarticolo 13 prevede, sempre presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l'istituzione del Sistema nazionale di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati, volto a garantire l'individuazione della soluzione di lungo periodo migliore nel superiore interesse del minore.

In particolare, il Sistema è funzionale ad individuare la struttura di accoglienza più idonea nelle ipotesi in cui, non essendo possibile l'affidamento presso una famiglia, il minore debba essere affidato ad una comunità di tipo familiare o ad un istituto di assistenza, ex art. 2, co. 2, legge 183/1984 e si basa sulla consultazione di un sistema informatizzato delle comunità di accoglienza per minori accreditate, in grado di segnalare i posti disponibili a livello nazionale.

E' il Ministero del lavoro a dover monitare le strutture e la loro rispondenza alle informazioni rese in sede di accreditamento, pena la cancellazione dal sistema. Tuttavia, la proposta non specifica le caratteristiche e le modalità dell'accreditamento. Inoltre, spetta alle regioni stabilire specifici requisiti organizzativi per le comunità che accolgono minori stranieri non accompagnati, tra i quali i servizi di mediazione culturale e di assistenza legale gratuito.

Nella scelta della struttura disponibile, occorre tenere in considerazione gli elementi emersi in sede di colloquio con il minore. Qualora, in tale sede, emerga un fondato dubbio sulla qualificazione del minore come vittima di tratta o richiedente protezione internazionale, egli è collocato in una delle strutture che operano nell’àmbito dei servizi del sistema di protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati (SPRAR) ovvero in strutture previste nel programma di assistenza per le vittime di tratta ex art. 13 della legge 228/2003.

La finalità principale del Sistema nazionale di accoglienza è di sollevare gli enti locali dall'onere completo che sugli stessi attualmente incombe in relazione all'accoglienza dei minori.

La competenza relativa all’assistenza e gestione dei minori stranieri non accompagnati spetta ai servizi sociali dei Comuni in applicazione del principio introdotto nell’ordinamento dall’articolo 23 lett. c.) del D.P.R. n. 616 del 24 luglio 1977, che ha attribuito agli enti locali le funzioni che comprendono le attività di assistenza relative agli interventi in favore di minorenni sia italiani che stranieri soggetti a provvedimenti giudiziari. Tale principio è stato confermato anche dall’articolo 13 della D.lgs. 267/2000 (Testo unico degli enti locali). I minori stranieri che vengono rintracciati sul territorio, o che si presentano spontaneamente, sono collocati in luogo sicuro (articolo 403 c.c.), e presi in carico dai servizi sociali dell’ente locale competente. L’ente locale attiva le procedure previste dall’ordinamento giuridico italiano, quali l’apertura della tutela, l’affidamento, l’attivazione di un percorso d’integrazione e la richiesta di permesso di soggiorno (c.d. presa in carico del minore).
Con analoga finalità, si ricorda che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha promosso il Programma nazionale di protezione dei minori stranieri non accompagnati, in accordo con l’ANCI, per sperimentare un sistema nazionale di presa in carico e integrazione dei minori stranieri non accompagnati, coordinando gli interventi locali e assicurandone il monitoraggio. Il Programma intende definire e diffondere procedure standardizzate, sperimentare strumenti innovativi e promuovere la conoscenza e l’utilizzo dell’affidamento familiare dei minori stranieri non accompagnati.
Per i minori che hanno richiesto la protezione internazionale, nelle more del procedimento sulla tutela, si consente l’applicabilità delle misure di protezione sociale previste per i richiedenti asilo ai sensi dell’art. 1-sexies del D.L. 416/1989 (legge Martelli) che ha previsto e disciplinato un sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), e al D.Lgs. 140/2005 (l’art. 8, co. 4, già dispone che l’accoglienza ai minori non accompagnati è effettuata, secondo il provvedimento del Tribunale dei minorenni, ad opera dell’ente locale, e che nell’àmbito dei servizi del sistema di protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati, gli enti locali possono prevedere specifici programmi di accoglienza riservati ai minori non accompagnati, richiedenti asilo e rifugiati, che partecipano alla ripartizione del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo).

Diritti dei minori non accompagnati

Gli articoli da 15 a 18 della proposta sono finalizzati a rafforzare alcuni dei diritti riconosciuti ai minori non accompagnati.

Innazitutto, l'Assistenza sanitariaarticolo 15 estende la garanzia dell'assistenza sanitaria ai minori non accompagnati prevedendo la loro iscrizione al Servizio sanitario nazionale anche nelle more del rilascio del permesso di soggiorno, dopo il ritrovamento a seguito della segnalazione. In tal caso, la richiesta deve essere inoltrata dall'esercente la potestà genitoriale, anche in via temporanea.

A tal fine viene modificato opportunamente l'art. 34, co. 1, del D.Lgs. 286/1998 (Testo unico) che nella versione vigente riconosce che solo i minori stranieri titolari di un permesso di soggiorno (per minore età, per affidamento, per motivi familiari, per protezione sociale, per richiesta di asilo o per asilo) devono essere obbligatoriamente iscritti, da chi ne esercita la tutela, al Servizio Sanitario Nazionale e quindi hanno pienamente diritto di accedere a tutte le prestazioni assicurate dal sistema sanitario.

Attualmente è l'articolo 42 del D.P.R. 394/1999 (Regolamento di attuazione del testo unico) che disciplina le modalità di iscrizione al S.S.N.

In relazione al diritto all'istruzione, l'Diritto all'istruzionearticolo 16 incentiva l'adozione di specifiche misure da parte delle istituzioni scolastiche e delle istituzioni formative accreditate dalle regioni idonee a favorire l'assolvimento dell'obbligo scolastico e formativo da parte dei minori, anche mediante convenzioni volte a promuovere specifici programmi di apprendistato.

Inoltre, tale disposizione prevede che i titoli conclusivi dei corsi di studio siano rilasciati ai minori con i dati identificativi acquisiti al momento dell'iscrizione, anche nell'ipotesi in cui essi abbiano raggiunto la maggiore età nelle more del completamento degli studi.

In base alle previsioni dell'art. 38 del D.lgs. 286/1998 (Testo unico) e dell'articolo 45 del D.P.R. 394/1999, tutti i minori stranieri, anche se privi di permesso di soggiorno, hanno il diritto di essere iscritti a scuola (di ogni ordine e grado, non solo quella dell’obbligo). Essi sono soggetti all'obbligo scolastico secondo le disposizioni vigenti in materia. L'iscrizione dei minori stranieri avviene nei modi e alle condizioni previsti per i minori italiani, e può essere richiesta in qualunque periodo dell’anno.
I minori soggetti all’obbligo scolastico vengono iscritti, a cura dei genitori o di chi ne esercita la tutela, alla classe corrispondente all’età anagrafica, salvo che il Collegio dei docenti deliberi l’iscrizione ad una classe diversa, tenendo conto di una serie di elementi:
• ordinamento degli studi del Paese di provenienza;
• accertamento di competenze, abilità e livelli di preparazione dell’alunno;
• corso di studi eventualmente seguito nel Paese di provenienza;
• titolo di studio eventualmente posseduto dall’alunno.

Gli articoli 17 e 18 implementano le garanzie processuali e procedimentali a tutela del minore straniero che attualmente si fondano sulla previsione generale dell'art. 28, co. 3, del D.Lgs. 286/1998, in base al quale in tutti i procedimenti amministrativi e giurisdizionali riguardanti i minori deve essere preso in considerazione con carattere di priorità il loro superiore interesse.

L'Diritto all'ascoltoarticolo 17 della proposta elimina il riferimento ai minori dalla citata disposizione del Testo unico per dedicare al tema un articolo specifico (nuovo art. 33-bis), nel quale, oltre che confermare quanto già disposto dall'art. 28, co. 3, assicura l'assistenza affettiva e psicologica dei minori stranieri non accompagnati in ogni stato e grado del procedimento, attraverso la presenza di persone idonee indicate dal minore, nonché di gruppi, fondazioni, associazioni od organizzazioni non governative di comprovata esperienza nel settore dell'assistenza ai minori stranieri, previo consenso del minore, e ammessi dall'autorità giudiziaria o amministrativa che procede.

Viene, inoltre, riconosciuto il diritto del minore straniero non accompagnato a partecipare per mezzo di un suo rappresentante legale a tutti i procedimenti giurisdizionali e amministrativi che lo riguardano e ad essere ascoltato nel merito, con la presenza di un mediatore culturale.

Si ricorda che ai sensi dell'art. 336-bis del codice civile - recentemente introdotto dal decreto legislativo 154 del 2013 - il minore che abbia compiuto 12 anni o anche di età inferiore purché capace di discernimento deve essere ascoltato dal presidente del tribunale o dal giudice delegato nell'ambito di tutti i procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano. Peraltro, se l'ascolto è in contrasto con l'interesse del minore, o manifestamente superfluo, il giudice non procede all'adempimento dandone atto con provvedimento motivato. La disposizione del codice aggiunge che l'ascolto è condotto dal giudice, anche avvalendosi di esperti o di altri ausiliari. Prima di procedere all'ascolto il giudice informa il minore della natura del procedimento e degli effetti dell'ascolto.

Il successivo Diritto all'assistenza legalearticolo 18, con una novella all'art. 76 del D.P.R. 115/2002 (Testo unico delle disposizioni in materia di spese di giustizia), introduce una disposizione che riconosce in capo al minore straniero non accompagnato coinvolto a qualsiasi titolo in un procedimento giurisdizionale il diritto di essere informato dell'opportunità di nominare un legale di fiducia, anche attraverso il tutore nominato o i legali rappresentanti delle comunità di accoglienza, e di avvalersi del gratuito patrocinio a spese dello Stato in ogni stato e grado del procedimento.

Infine, l'articolo 22 autorizza gli enti e le associazioni che svolgono attività a favore dell'integrazione sociale degli stranieri, registrate presso il Ministero del lavoro come previsto dall'art. 42 del D.Lgs.n. 286/1998, ad intervenire nei giudizi riguardanti i minori stranieri non accompagnati e a ricorrere per l'annullamento di atti illegittimi in sede di giustizia amministrativa.


Misure specifiche di tutela

Gli articoli da 19 a 21 si riferiscono a specifiche categorie di minori non accompagnati, che necessitano di misure speciali di protezione in considerazione del particolare stato di vulnerabilità in cui si trovano.

Per quanto riguarda i minori non accompagnati vittime di tratta, l'articolo 19, con una novella all'art. 13, co. 2, della legge 228/2003 (che istituisce uno speciale programma di assistenza per le vittime di tratta), stabilisce una particolare tutela per i minori attraverso la predisposizione di un programma specifico di assistenza che assicuri adeguate condizioni di accoglienza e di assistenza psico-sociale, sanitaria e legale, prevedendo soluzioni di lungo periodo, anche oltre il compimento della maggiore età.

Viene inoltre ribadita l'applicabilità delle norme introdotte dalla medesima proposta di legge in relazione al diritto all'ascolto del minore e all'assistenza legale (di cui agli articoli 17 e 18). Il richiamo, peraltro, ha carattere meramente dichiarativo, in quanto l'ambito di applicazione di quelle stesse disposizioni include anche i procedimenti riguardanti minori vittime di tratta.

L'articolo 20 introduce alcune modifiche al D.Lgs. 25/2008 relativamente alla disciplina applicabile ai minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo, con le quali:

  • viene istituita presso ogni Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale - previste dall'art. 4 del decreto - una sezione specializzata nell'ascolto dei minori non accompagnati. Ove necessario tali sezioni possono essere composte anche da membri onorari, con comprovata esperienza nell'ascolto dei minori, secondo quanto disciplinato con apposito decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge;
    Le Commissioni territoriali sono gli organi competenti per il riconoscimento della protezione internazionale (art. 4, D.Lgs 25/2008). Fissate nel numero massimo di 10 su tutto il territorio nazionale, le Commissioni sono nominate con decreto del Ministro dell'interno, e sono composte, nel rispetto del principio di equilibrio di genere, da un funzionario della carriera prefettizia, con funzioni di presidente, da un funzionario della Polizia di Stato, da un rappresentante di un ente territoriale designato dalla Conferenza Stato - città ed autonomie locali e da un rappresentante dell'ACNUR (Alto Commissariato dell'ONU per i rifugiati).
  • con espliciti rinvii normativi all'interno degli articoli 13 e 16 del D.Lgs. 25/2008, si richiama l'applicabilità delle disposizioni introdotte dalla proposta in esame in relazione alla partecipazione del minore ai procedimenti (art. 17) e al diritto all'assistenza legale (art. 18);
  • in relazione all'istruttoria della domanda di asilo presentata da un minore non accompagnato, sospesa per l'apertura della tutela, così come previsto dall'art. 26, co. 5, D.Lgs. 25/2008, si prevede che la conferma della domanda possa essere fatta non solo dal tutore nominato, ma anche dal responsabile della struttura di accoglienza a cui il minore sia stato affidato ex art. 3, co. 1, L. 183/1984.

L'articolo 21 introduce una modifica in relazione alle condizioni per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale ai sensi dell'art. 18 del Testo unico.

L'art. 18, comma 1, del D.lgs. 286/1998, nonchè gli articoli 26-28 del Regolamento di attuazione, prevedono che la persona straniera possa ottenere uno speciale permesso di soggiorno ove siano accertate situazioni di violenza o grave sfruttamento nei confronti dello straniero ed emergano concreti pericoli per la sua incolumità dovuti al tentativo di sottrarsi allo sfruttamento stesso ovvero alle dichiarazioni rese nel corso del procedimento penale avviato. Si prevede che in tali circostanze sia rilasciato un permesso di soggiorno che reca la dicitura “motivi umanitari”, al fine di consentire allo straniero di sottrarsi ai condizionamenti dell’organizzazione criminale e di partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione sociale.

In particolare, la novella introdotta riguarda il comma 6 del citato art. 18, laddove stabilisce che tale permesso di soggiorno può essere rilasciato anche allo straniero che ha terminato l’espiazione di una pena detentiva, inflitta per i reati commessi durante la minore età, che abbia dato prova concreta di partecipazione ad un programma di assistenza e integrazione sociale, mentre la novella non richiede più questo ultimo requisito e prevede che il titolo possa essere rilasciato altresì allo straniero ammesso alla misura della messa alla prova o a un misura alternativa o sostitutiva della detenzione sempre per reati commessi durante la minore età al fine di partecipare ad un programma di assistenza e integrazione sociale.

Si ricorda che la recente legge n. 67 del 2014 (articoli 3-8) ha introdotto nell'ordinamento l'istituto della sospensione del procedimento penale con messa alla prova, inserendo a tal fine nel codice penale nuovi articoli (da 168-bis a 168-quater) tra le disposizioni relative alle cause estintive del reato.

Altre disposizioni

L'Tavolo di coordinamentoarticolo 23 della proposta in esame prevde la costituzione di un Tavolo tecnico di coordinamento presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con finalità di indirizzo delle politiche di protezione dei minori stranieri non accompagnati. Il Tavolo tecnico è composto da rappresentanti del Ministero del lavoro, del Ministero dell'interno, del Ministero della giustizia, della Conferenza delle regioni e delle province autonome, dell'Associazione nazionale dei comuni italiani, dell'Unione delle province d'Italia e dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, nonché da rappresentanti delle comunità di accoglienza per minori e delle organizzazioni di tutela e di promozione dei diritti dei minori.

Ai sensi dell'Cooperazione internazionalearticolo 24, l'Italia promuove la più stretta cooperazione europea ed internazionale, in particolare attraverso lo strumento degli accordi bilaterali e il finanziamento di programmi di cooperazione allo sviluppo nei Paesi di origine, al fine di armonizzare la regolamentazione giuridica, internazionale e nazionale, del sistema di protezione dei minori stranieri non accompagnati.

Gli Copertura finanziariaarticoli 25 e 26 prevedono la copertura finanziaria degli interventi e delle attività previste dalla proposta di legge.

A tal fine, l'articolo 25 prevede l'istituzione del Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Sul punto, si segnala che il Fondo è già stato istituito dal D.L. 95/2012 e, pertanto, è necessario un coordinamento della disposizione con il quadro normativo vigente.

Il Fondo per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, come accennato, è stato istituito dall’art. 23, comma 11, quinto periodo del D.L. n. 95/2012 (L. n. 135/2012) nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali con una dotazione iniziale di 5 milioni di euro per l'anno 2012. La dotazione è stata successivamente incrementata di 20 milioni per l'anno 2013, dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 120/2013 (L. n. 137/2013) nonchè, di 40 milioni di euro per il 2014 e di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016 dall'art. 1, co. 202 e 203, della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014). Attraverso il Fondo, il Ministro del lavoro provvede, con proprio decreto, sentita la Conferenza unificata, alla copertura dei costi sostenuti dagli enti locali per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, nei limiti delle risorse suddette.

Il successivo articolo 26 introduce l'assistenza ai minori stranieri non accompagnati tra le destinazioni di interesse sociale o di carattere umanitario alle quali è vincolato l'utilizzo della quota parte di spettanza statale del gettito dell'8 per mille dell'Irpef, ai sensi dell'art. 48 della L. 222/1985.

Con una norma di coordinamento finale, l'articolo 27 attribuisce al Governo il compito di apportare le necessarie modifiche, conseguenti all'entrata in vigore della legge, sia al Regolamento di attuazione del Testo unico (D.P.R. 394/1999) sia al Regolamento del Comitato per i minori stranieri (D.P.C.M. 535/1999: il testo indica erroneamente che si tratta di D.P.R.).


Relazioni allegate o richieste

Alla proposta di legge è allegata la relazione illustrativa.


Necessità dell'intervento con legge

La proposta interviene con numerose modifiche ed integrazioni al D.Lgs. 268/1998 (Testo unico in materia di immigrazione), di rango primario. Laddove non è utilizzata la tecnica della novella a fonte primaria, la proposta introduce disposizioni di grado primario con la finalità di colmare alcune lacune dell'ordinamento nella disciplina dei minori stranieri non accompagnati.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Le disposizioni della proposta sono riconoducibili alle materie "diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartententi alla UE", "immigrazione", "ordinamento civile e penale", che, rispettivamente, le lettere a), b) ed l) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione attribuiscono alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.


Rispetto degli altri princìpi costituzionali

La proposta interviene altresì sui princìpi di cui agli articoli 10 e 31 della Costituzione. L'art. 10 Cost. tutela il diritto di asilo dello straniero, secondo le condizioni stabilite dalla legge, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione. L'art. 31 Cost. dispone, in particolare, la protezione dell'infanzia e della gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.


Incidenza sull'ordinamento giuridico

La materia su cui interviene la proposta di legge è attualmente regolata da una disciplina contenuta in diversi provvedimenti, sia di rango primario (D.lgs. 268/1998, D.lgs. 25/2008 e D.lgs. 251/2007, D.L. 95/2012) sia di rango secondario (D.P.C.M. n. 535 del 1999, D.P.R. 394/1999 e direttive ministeriali).

La proposta di legge incide quindi sull'ordinamento vigente con l'utilizzo, in alcune parti, della tecnica della novella e, in altri altre parti, con disposizioni ulteriori, che modificano anche norme di rango secondario, operando, in quest'ultimo caso, in maniera difforme rispetto a quanto stabilito dalla circolare per la formulazione tecnica dei testi legislativi, la quale dispone che “non si ricorre all’atto legislativo per apportare modifiche frammentarie ad atti non aventi forza di legge, al fine di evitare che questi ultimi presentino un diverso grado di “resistenza” ad interventi modificativi successivi".


Coordinamento con i lavori legislativi in corso

In relazione al contenuto della proposta in esame, assumono particolare interesse i lavori parlamentari in corso di seguito segnalati:

  • il disegno di legge di delegazione europea relativa al secondo semestre 2013 all'esame della Camera (A.C. 1836) prevede il recepimento della nuova direttiva “accoglienza” (dir. 2013/33/UE del 26 giugno 2013) e della nuova direttiva “procedure” (dir. 2013/32/UE del 26 giugno 2013) che costituiscono la base normativa in materia di asilo negli Stati membri dell'Unione europea. Tali direttive (che devono essere recepite entro il 15 luglio 2015) prevedono un rafforzamento delle tutele dei minori stranieri non accompagnati richiedenti protezione internazionale;
  • contemporaneamente, sono in discussione alla Camera alcune proposte volte ad introdurre una legge organica sul diritto di asilo, in attuazione dell’articolo 10, terzo comma Cost. ( A.C. 327, A.C. 944 e A.C. 1444);
  • la I Commissione Affari costituzionali della Camera ha iniziato l'esame di alcune proposte di legge in materia di cittadinanza (A.C. 9 e abb.). Tra le principali innovazioni in discussione, si segnala l'accesso di diritto alla cittadinanza ai minori stranieri nati o entrati in Italia nei primi anni di vita e che vi hanno soggiornato o risieduto legalmente fino alla maggiore età (cd. ius domicilii) e l'agevolazione dell'accesso alla cittadinanza ai minori che hanno compiuto gli studi in Italia.

Infine, si ricorda che alla Camera sono state discusse alcune mozioni e una risoluzione concernenti iniziative in relazione all'operazione Mare Nostrum e al rafforzamento dei controlli alle frontiere. In particolare, tra gli atti approvati dall'Assemblea il 16 maggio 2014 si segnalano la mozione 1-00466 e la risoluzione 6-00073, che impegnano il Governo, rispettivamente, a implementare con la massima priorità il sistema di accoglienza dei minori non accompagnati, impedendo che tali soggetti possano essere posti, anche temporaneamente, in «centri informali» di grandi dimensioni e ad assumere iniziative per garantire, con riferimento ai minori stranieri non accompagnati, adeguate risorse da destinare ai comuni cui compete il compito di prima accoglienza e della successiva assistenza, istituendo un capitolo di spesa ad hoc.


Formulazione del testo

All'articolo 4, comma 5, nella parte in cui si prevede "sentiti le regioni e i comuni" nell'ambito della procedura per l'adozione del decreto ministeriale ivi previsto (per l'elenco delle strutture e dei servizi di prima accioglienza) appare opportuno specificare maggiormente se si intende fare riferimento alle regioni e comuni "competenti per territorio" o se si intende prevedere il parere della Conferenza Stato-regioni.

L'articolo 12 prevede che la selezione e la formazione dei soggetti da iscrivere nell'elenco dei tutori volontari, istituito dal medesimo art. 12, avvenga in base alla procedura definita con il D.P.C.M. di cui all'art. 31-bis del testo unico, introdotto dall'art. 6 della proposta. Tale D.P.C.M., peraltro, in base al nuovo art. 31-bis, stabilisce la procedura per lo svolgimento di un colloquio con il minore volto ad approfondire la sua storia personale e a far emergere ogni altro elemento utile alla sua protezione. Andrebbe quindi valutata la congruità del rinvio operato.

All'articolo 13, che dispone l'istituzione di un sistema nazionale di accoglienza dei minori non accompagnati, andrebbe più puntualmente definito, al comma 2, il riferimento all'intesa "con le regioni", nell'ambito della funzione di garanzia di un sistema di monitoraggio posta in capo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, valutando in particolare se sostituirla con la previsione di un'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.

All'articolo 25, che prevede l'istituzione del Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, è necessario un coordinamento della disposizione con il quadro normativo vigente, considerato che tale fondo risulta già istituito dal D.L. 95/2012.