Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Conflitti di interessi - A.C. 275-A - Elementi per l'esame in Assemblea
Riferimenti:
AC N. 275/XVII   AC N. 1059/XVII
AC N. 1832/XVII   AC N. 1969/XVII
Serie: Progetti di legge    Numero: 147    Progressivo: 1
Data: 08/10/2014
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni


+ maggiori informazioni sul dossier
+ maggiori informazioni sugli atti di riferimento

Conflitti di interessi

8 ottobre 2014
Elementi per l'esame in Assemblea


Indice

Contenuto|Discussione e attività istruttoria in Commissione in sede referente|I pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva|


Contenuto


Principi generali e destinatari (artt. 1-2)

Il testo unificato delle proposte di legge C. 275 Bressa, C. 1059 Fraccaro, C. 1832 Civati, C. 1969 Tinagli e C. 2339 Dadone stabilisce una nuova disciplina per la risoluzione dei conflitti di interesse dei titolari di cariche di governo e dei componenti delle autorità indipendenti. Attualmente, la normativa in materia è contenuta nella legge n. 215/2004 che, pur non essendo oggetto di abrogazione espressa, viene di fatto sostituita dalla nuova disciplina.

Il provvedimento si compone di sedici articoli, divisi in tre capi, riguardanti i principi generali, le incompatibilità, il conflitto di interesse e le disposizioni finali.

L'articolo 1 stabilisce che i "titolari di cariche pubbliche", individuati ai sensi degli articoli successivi, devono operare nell'esercizio delle loro funzioni, esclusivamente per la cura degli interessi pubblici a loro affidati.

Vengono quindi individuati (art. 2) i principali destinatari della disciplina nei "titolari di cariche di governo": Presidente del Consiglio, vicepresidenti del Consiglio, ministri, vice ministri, sottosegretari di Stato e commissari straordinari del Governo, ai quali sono equiparati (co. 2) i componenti delle autorità indipendenti.


Titolari di cariche di governo regionali e locali (artt. 3-4)

L'articolo 3 rimette alle regioni ed alle province autonome la disciplina delle incompatibilità e del conflitto di interessi dei presidenti delle regioni e dei componenti le giunte regionali, indicando come principi generali quelli desumibili dalla proposta di legge in esame e quelli già fissati dalla normativa vigente in materia (L. n. 165/2004).

L'articolo 4 reca una delega al Governo volta ad applicare la disciplina del conflitto di interessi ai titolari di cariche di governo locali. Viene dunque previsto un decreto legislativo per adeguare le disposizioni del testo unico sull'ordinamento degli enti locali alle disposizioni della proposta di legge in esame; con il medesimo decreto sono definiti i compiti e le funzioni di accertamento, vigilanza, controllo e sanzione esercitati dalla Commissione nazionale per la prevenzione dei conflitti di interessi (istituita dal successivo art. 9).

La formulazione della delega legislativa sembra dunque implicare l'estensione in toto della disciplina prevista per i titolari di cariche di governo nazionale ai titolari della cariche di governo di tutti gli enti locali.

Il termine per l'esercizio della delega è di 180 giorni. Il procedimento prevede la proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri dell'interno e degli affari regionali, ed i pareri della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato (quest'ultimo da rendere entro 30 giorni).

Per quanto attiene all'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari, lo schema di decreto è trasmesso alle Camere almeno 90 giorni prima della scadenza del termine; il parere deve essere reso entro trenta giorni dalla trasmissione. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente il testo alle Camere con le proprie osservazioni e con eventuali modificazioni e rende comunicazioni davanti a ciascuna Camera. Decorsi 30 giorni dalla data della nuova trasmissione, il decreto legislativo può comunque essere adottato in via definitiva dal Governo.


Incompatibilità (art. 5)

L'articolo 5 prevede l'incompatibilità tra la titolarità di cariche di governo e:

  • qualunque impiego pubblico o privato;
  • qualunque carica o ufficio pubblico non derivante dalla funzione governativa svolta, fatta eccezione per il mandato parlamentare.

I relativi rapporti si risolvono di diritto al momento del giuramento. Per i dipendenti pubblici e privati è invece previsto il collocamento in aspettativa, senza pregiudizio della posizione di carriera, con applicazione delle disciplina sull'aspettativa per mandato parlamentare.

Ai titolari di cariche di governoè inoltre fatto divieto di:

  • esercitare attività imprenditoriali;
  • svolgere funzioni di presidente, amministratore, liquidatore, sindaco o revisore, o analoghe funzioni di responsabilità comunque denominate, in enti di diritto pubblico, anche economici, o presso imprese o società pubbliche o private o in enti privati aventi per oggetto anche non principale lo svolgimento di attività patrimoniali o comunque in enti soggetti al controllo pubblico.

Le predette attività non possono essere esercitate neanche per interposta persona o attraverso società fiduciarie.

I titolari di cariche di governo cessano dai predetti incarichi e funzioni al momento del giuramento e non possono, per la durata della carica di governo, percepire alcune forma di retribuzione o comunque fruire di vantaggi; gli atti adottati ed i voti espressi successivamente sono nulli.

I titolari di cariche di governo non possono infine esercitare attività professionali, nemmeno in forma associata, in Italia o all'estero, e sono sospesi di diritto dai relativi albi professionali per tutta la durata della carica; essi possono percepire unicamente i proventi derivanti da prestazioni professionali svolte in precedenza.


Conflitto di interessi derivante da condizioni patrimoniali (art. 6)

L'articolo 6 introduce un'ipotesi di conflitto di interessi derivante da particolari condizioni patrimoniali.

Sono previste due forme di conflitto di interessi:

a) una situazione di conflitto di interessi la cui sussistenza è valutata di volta in volta dalla Commissione nazionale per la prevenzione dei conflitti di interessi;

b) una situazione di conflitto di interessi individuata direttamente dalla legge.

Per quanto riguarda l'ipotesi sub a), sono suscettibili di dar luogo a conflitto di interessi la proprietà, il possesso o comunque la disponibilità nel proprio interesse o nell'interesse degli altri soggetti legati da vincolo di coniugio o parentela indicati dalla legge, anche all'estero, di patrimoni immobiliari e mobiliari di valore complessivo superiore a 15 milioni di euro da parte del titolare delle cariche di governo. Sono inoltre suscettibili di dar luogo a conflitto di interessi la proprietà, il possesso o comunque la disponibilità nel proprio interesse o nell'interesse del titolare della carica di Governo, anche all'estero, di patrimoni immobiliari e mobiliari da parte del coniuge non separato, dei parenti e affini entro il secondo grado o di persone stabilmente conviventi non a scopo di lavoro domestico. Con riferimento a questi ultimi soggetti non risulta chiaro se il valore del patrimonio debba essere superiore a 15 milioni di euro (e, in caso positivo, se il valore sia da riferire ai singoli patrimoni o al complesso degli stessi).

Si osserva che la proposta di legge non reca peraltro una definizione del conflitto di interessi.

Sono comunque esclusi i beni mobili o immobili effettivamente destinati alla fruizione o al godimento personale del titolare della carica di Governo o dei suoi familiari. Per i beni immobili viene inoltre specificato che deve trattarsi di beni immobili strumentali a un'attività di impresa o comunque ad attività aventi scopo di lucro, posseduti anche per interposta persona o per il tramite di società fiduciarie.

Il limite di 15 milioni di euro è incrementato ogni anno di un ammontare equivalente all'aumento dell'indice del deflatore dei prezzi del prodotto interno lordo (recte: del deflatore del prodotto interno lordo).

La Commissione nazionale per la prevenzione dei conflitti di interessi, sentite per quanto di competenza l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e le eventuali autorità di settore, accerta caso per caso se, dati i poteri e le funzioni attribuiti ai titolari di cariche di Governo, la proprietà, il possesso o la disponibilità delle attività patrimoniali siano suscettibili di determinare conflitti di interessi.

 

Determina invece in ogni caso un conflitto di interessi (ipotesi sub b)), il possesso, anche attraverso interposta persona o società fiduciarie, di partecipazioni rilevanti in imprese operanti in settori considerati particolarmente ‘sensibili', quando la Commissione, sentita l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e le eventuali autorità di settore, ne attesti la posizione non marginale dell'impresa nel relativo settore di attività. I settori interessati sono i seguenti:

  •   difesa;
  •   energia;
  •   credito;
  •   opere pubbliche di preminente interesse nazionale;
  •   comunicazioni di rilevanza nazionale;
  •   servizi pubblici erogati in concessione o di autorizzazione;
  •   imprese operanti nel settore pubblicitario.

Si considerano rilevanti: le partecipazioni di controllo o che partecipino al controllo ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile e dell'articolo 7 della legge n. 287/1990; le partecipazioni superiori al 2 per cento del capitale sociale, nel caso di società quotate in mercati regolamentati; le partecipazioni superiori al 10 per cento nelle società non quotate. Sono altresì rilevanti gli accordi contrattuali o i vincoli statutari che consentano di esercitare il controllo o la direzione e il coordinamento anche di enti non societari.


Obblighi di astensione (art. 7)

La proposta di legge (articolo 7) prevede per i titolari di cariche di Governo un obbligo di astensione dalla partecipazione a qualunque decisione che possa specificamente incidere sulla situazione patrimoniale propria o del coniuge non legalmente separato o dei parenti o affini fino al secondo grado o di altri soggetti a loro legati da rapporti di interesse patrimoniale ovvero di persone con loro stabilmente conviventi non a scopo di lavoro domestico, recando a essi un vantaggio economico (comma 1). L'obbligo sussiste solo ove il beneficio economico arrecato dalla decisione sia rilevante e differenziato rispetto a quello della generalità dei destinatari del provvedimento. Inoltre, l'obbligo di astensione non opera nell'adozione di atti dovuti (comma 5).

In caso di dubbio sulla sussistenza dell'obbligo di astensione, la questione deve essere rimessa alla Commissione nazionale per la prevenzione dei conflitti di nteressi (disciplinata dagli artt. 9 ss.). Pertanto, il titolare della carica di governo pone la richiesta alla Commissione (non è individuato un termine, ma si prescrive che ciò avvenga "immediatamente"), la quale si pronuncia entro i successivi cinque giorni. Scaduto tale termine, il soggetto interessato è esente da ogni obbligo di astensione. Viceversa, entro il termine e nelle more della risposta della Commissione, egli è tenuto comunque ad astenersi (commi 2 e 3). Tutte le deliberazioni con cui la Commissione stabilisce i casi in cui l'interessato deve astenersi sono comunicate ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio affinchè ne informi il Consiglio dei ministri.

In caso di violazione del divieto, e salvo che il fatto costituisca reato, la Commissione nazionale per la prevenzione dei conflitti di interesse applica una sanzione amministrativa pecuniaria (da un minimo di 50.000 euro a un massimo di un milione e mezzo di euro).


Obblighi di dichiarazione (art. 8)

La proposta di legge pone in capo ai titolari delle cariche di governo e ai loro congiunti obblighi di dichiarazione funzionali a far emergere le situazioni di conflitto di interessi (articolo 8). Le dichiarazioni sono rese alla Commissione nazionale di cui all'articolo 9.

In relazione al contenuto degli obblighi, non si registrano particolari elementi di novità rispetto alla disciplina vigente. Si conferma, infatti, la previsione di dichiarazione dei casi dei conflitti di interesse, stabilita attualmente dall'art. 5 della legge n. 215/2004, benchè nel rispetto di un timing più serrato rispetto a quello attuale.

La proposta prevede (comma 1) che, entro venti giorni dall'assunzione della carica, vengano dichiarati alla Commissione:

  • le cariche o attività ricomprese nelle incompatibilità derivanti da impieghi o attività professionali (elencate all'articolo 5 della medesima proposta);
  • i dati relativi ai beni e alle attività patrimoniali di cui siano titolari, o di cui siano stati titolari nei sei mesi precedenti l'assunzione della carica, anche per interposta persona. La disposizione non descrive, tuttavia, le informazioni richieste.

La dichiarazione deve essere corredata dell'ultima dichiarazione dei redditi e dell'elenco dei beni mobili o immobili che il titolare della carica dichiara essere destinato al godimento personale proprio e dei propri familiari (comma 3). Ogni variazione negli elementi dichiarati deve essere resa nota, con dichiarazione integrativa, entro venti giorni dai fatti che la abbiano determinata.

Rispetto al quadro normativo vigente, viene esteso il novero dei soggetti obbligati alle dichiarazioni, che comprende, oltre al titolare della carica, il coniuge, i parenti e gli affini entro il secondo grado. Qualora tali soggetti non acconsentano a rendere le dichiarazioni, è stabilito l'obbligo per il titolare della carica di dichiarare alla Commissione, in forma riservata, tutti gli elementi utili a sua conoscenza (comma 2).

Una volta scaduto il termine dei venti giorni per la presentazione delle dichiarazioni, è attribuito alla Commissione nazionale il potere di compiere tutti gli accertamenti necessari, anche avvalendosi della Guardia di finanza. Ove risulti che le dichiarazioni non sono state effettuate, ovvero risultino incomplete o non veritiere, è assegnato un temine di venti giorni per provvedere all'integrazione (comma 4).

Solo in caso di mancata trasmissione ovvero nell'ipotesi in cui sia accertata l'incompletezza o la non veridicità delle dichiarazioni trasmesse, allo scadere del nuovo termine fissato, la Commissione può procedere all'acquisizione di ufficio di tutti gli elementi utili, avvalendosi anche della Guardia di finanza e delle altre Forze di polizia.

In relazione alla violazione degli obblighi di dichiarazione, inoltre, la Commissione procede ad irrogare nei confronti del responsabile una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra la metà e il doppio del reddito complessivo del trasgressore, quale risultante dall'ultima dichiarazione dei redditi. Contestualmente si dispone che l'autorità di controllo informi, per le cariche statali, il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio e i Presidenti delle Camere; per le cariche regionali, vengono informati, il presidente della regione e il consiglio regionale interessato (comma 4). In ogni caso, qualora il fatto costituisca reato, la Commissione informa la competente procura della Repubblica.


Commissione per la prevenzione dei conflitti di interessi (artt. 9-11)

Un rilevante elemento di novità della proposta di legge in esame è costituito dall'istituzione di un apposito organismo, denominato Commissione nazionale per la prevenzione dei conflitti di interesse (articolo 9).

Si tratta di un organismo collegiale, di nomina presidenziale, operante in piena autonomia, che si avvale delle strutture e degli uffici della medesima Autorità antitrust. Ad essa sono attribuiti i compiti e i poteri previsti dalla proposta di legge al fine di prevenire, ed eventualmente sanzionare, i conflitti di interessi e che nella legge 215 sono attribuiti all'Autorità anti-trust e alla Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Si intendono così separare anche sul piano istituzionale i compiti di verifica del buon funzionamento del mercato da quelli di prevenzione di forme di scorretto esercizio degli incarichi di governo.

 

La Commissione opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione.

Essa è composta da 5 componenti nominati dal Presidente della Repubblica, per 5 anni non rinnovabili, che li sceglie, con il parere dei Presidenti di Camera e Senato, tra persone di notoria e indiscussa capacità e indipendenza. Essi esercitano le loro funzioni a titolo gratuito.

 

Come si è accennato la Commissione si avvale delle strutture e degli uffici dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

 

L'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust) è stata istituita con la legge n. 287/90, che ha introdotto nell'ordinamento italiano una disciplina organica della concorrenza. La legge attribuisce all'Autorità poteri ispettivi e di indagine per verificare l'esistenza di infrazioni ai divieti di intese restrittive della libertà di concorrenza, di abuso di posizione dominante e di operazioni di concentrazione. All'Autorità garante della concorrenza e del mercato stessa sono attribuiti poteri sanzionatori in ordine ad ognuna delle tre fattispecie anticoncorrenziali individuate. Inoltre, all'Autorità sono già riconosciuti poteri sanzionatori in materia di conflitto di interessi, attribuiti ai sensi dell'art. 6, comma 8, della L. 251/2004. L'Autorità antitrust esercita, inoltre, poteri conoscitivi e consultivi. Al 31 dicembre 2013 a fronte di una dotazione organica di 297 unità, risultavano in servizio 256 persone.

 

La Commissione esercita i seguenti compiti (articolo 10):

  • vigilare sull'applicazione delle legge e sul rispetto degli adempimenti e dei divieti da essa previsti;
  • applicare le sanzioni previste (o promuoverne l'applicazione);
  • approvare disposizioni, istruzioni e direttive per l'applicazione delle norme della legge;
  • adottare, anche su richiesta degli interessati, pareri sull'interpretazione e applicazione delle norme stesse.

 

Inoltre, la Commissione è tenuta a pubblicare annualmente un rapporto sull'attuazione delle disposizioni della legge e sulla propria attività.

 

La previsione che l'organismo operi in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione e i poteri e funzioni ad essa assegnati potrebbero consentire di configurare tale organismo come una autorità amministrativa indipendente, come sembrerebbe desumersi altresì dalla modalità di nomina dei componenti da parte del Presidente della Repubblica (che peraltro non trova precedenti nell'ordinamento). Allo stato la Commissione non sembra tuttavia disporre di autonomia organizzativa e contabile.

Le modalità di nomina dei componenti delle Autorità indipendenti, sulla base delle singole norme istitutive, presentano profili di forte disomogeneità.

In alcuni casi, la nomina è rimessa ai Presidenti delle Camere. Ad esempio, sono nominati con determinazione adottata d'intesa dai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica i componenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato – AGCM. Sono designati dai Presidenti delle Assemblee parlamentari e nominati con decreto del Presidente della Repubblica i componenti della Commissione di garanzia sull'esercizio del diritto di sciopero – CGS. In altri casi, è prevista l'elezione da parte dei due rami del Parlamento (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni – AGCom), anche utilizzando il sistema del voto limitato (Garante per la protezione dei dati personali). Vi sono poi altre modalità di nomina per le quali la scelta dei componenti è rimessa al Governo e che vedono l'intervento parlamentare limitato al parere delle Commissioni competenti: è il caso del presidente dell'AGCom e dei membri della Consob, nominati con decreto del Presidente della Repubblica, adottato previa deliberazione del Consiglio stesso, su proposta del Presidente del Consiglio ovvero dei Ministri competenti, sentite le commissioni parlamentari competenti.È più forte il coinvolgimento del Parlamento nelle ipotesi (dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas - AEEG, della Autorità nazionale anticorruzione, dell'Autorità nazionale dei trasporti e del Presidente dell'AGCom) in cui la nomina è vincolata al parere favorevole delle Commissioni parlamentari competenti, espresso a maggioranza qualificata (in genere, pari ai due terzi dei componenti).

 

Si consideri, peraltro, che qualificando la Commissione quale autorità indipendente, ad essa si applicherebbero tutte le disposizioni della proposta di legge, in virtù di quanto previsto dall'art. 2, comma 3, che appunto estende l'ambito di applicazione del provvedimento anche ai membri delle autorità amministrative indipendenti. In tal caso, la Commissione si troverebbe a vigilare sul rispetto delle norme in materia di conflitto di interessi ed applicare le relative sanzioni anche nei confronti dei propri componenti (in quanto membri di una autorità indipendente) ex art. 10, comma 1. Inoltre, ad essi si applicherebbe il divieto assoluto di esercitare qualsiasi impiego pubblico o privato (art. 5, comma 1) da considerare alla luce della previsione della gratuità dell'esercizio delle proprie funzioni dei membri della Commissione.

Il procedimento per la prevenzione dei conflitti di interessi derivanti da attività patrimoniali è disciplinato dall'articolo 11 della proposta di legge.

Qualora le situazioni e le attività patrimoniali di cui all'art. 6 siano suscettibili di determinare conflitti di interessi, la Commissione, sottopone agli interessati, entro tre mesi dall'assunzione della carica di Governo, una proposta di applicazione di una o più delle misure per la prevenzione dei conflitti di interessi indicate dall'articolo 12. A tal fine la Commissione può acquisire eventualmente il parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, della CONSOB e delle competenti autorità di settore,

Si apre a questo punto il contraddittorio con l'interessato, che può sottoporre alla Commissione osservazioni e rilievi o proporre misure alternative, entro i successivi 20 giorni, i soggetti di cui all'articolo 1. In ogni caso, la decisione definitiva è adottata, con provvedimento motivato, entro 4 mesi dalla data dell'assunzione della carica di Governo.

Dalla data della proposta della Commissione, l'esercizio dei diritti di voto connessi alle partecipazioni, azioni o quote che, direttamente o indirettamente, facciano parte delle attività patrimoniali degli interessati è sospeso fino all'applicazione delle misure per la prevenzione dei conflitti di interessi, salvo diversa disposizione della Commissione. Nei successivi 60 giorni le assemblee delle società, nelle quali i soggetti interessati possiedono partecipazioni rilevanti sono convocate per deliberare sulla conferma o sulla sostituzione degli amministratori; in caso di mancata convocazione, il tribunale, su ricorso della Commissione, ordina con decreto la convocazione dell'assemblea, designando la persona che deve presiederla.


Misure per la prevenzione dei conflitti di interesse (art. 12)

In via generale, viene stabilito (co. 1) il principio il base al quale la prevenzione dei conflitti di interessi viene realizzata dalla Commissione "rendendo progressivamente non conoscibile" la composizione attuale del patrimonio, rilevante in base all'art. 6 (v. supra), per i soggetti titolari delle cariche e per i soggetti di cui all'art. 6, co. 2 (coniuge non separato; parenti e affini entro il secondo grado; persone stabilmente conviventi non a scopo domestico). Sono esclusi (co. 11) i beni comunque destinati alla fruizione e al godimento personale del titolare della carica e dei suoi familiari come indicati nella dichiarazione prevista dall'art. 8.

La Commissione può dunque disporre che i beni ed i proventi delle operazioni siano affidati a una gestione fiduciaria entro un termine (dalla stessa stabilito).

 A tal fine, si prevede (co. 2) la sottoscrizione di un contratto di gestione – previa approvazione della Commissione (che verifica che le eventuali clausole ivi previste non siano incompatibili con le disposizioni della legge) – con un gestore, scelto tra banche, società di gestione del risparmio e società di intermediazione mobiliare, con determinazione della medesima Commissione sentiti gli interessati e, "ove lo ritenga opportuno", il presidente della Consob ed il Governatore della Banca d'Italia. Il contratto prevede che qualsiasi comunicazione relativa alla gestione avvenga esclusivamente in forma scritta e tramite la Commissione; non sono ammessi altri rapporti tra il gestore e il titolare della carica di governo e gli atri soggetti familiari, affini o conviventi (come indicati all'art. 6, co. 2).

Il mandato al gestore comprende il potere di alienazione dei beni affidati in gestione, mobiliari o immobiliari.

In caso di cessazione dalla carica il titolare riacquista di diritto la gestione del patrimonio, salvo diverso accordo tra le parti.

Al patrimonio affidato al gestore si applica l'articolo 22 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di separazione patrimoniale (co. 3). Tale articolo, specifica, tra l'altro, che le azioni dei creditori dei singoli investitori sono ammesse nei limiti del patrimonio di proprietà di questi ultimi e che il gestore non può utilizzare, nell'interesse proprio o di terzi, le disponibilità liquide degli investitori, da esso detenute a qualsiasi titolo.

Per quanto riguarda i creditori dei soggetti in questione, il comma 4 specifica che questi possono far valere i propri diritti su tutto il patrimonio degli stessi, inclusi i beni affidati in gestione ed hanno la facoltà di richiedere al gestore, per il tramite della Commissione, di provvedere all'adempimento di tali obbligazioni.

Va considerato che, in tal caso, il testo prevede che il gestore disponga il trasferimento, previa, se necessaria, liquidazione anche parziale del patrimonio affidato in gestione, di somme di denaro in misura sufficiente a soddisfare i crediti. I soggetti titolari possono comunicare al gestore, per il tramite della Commissione, che intendono opporsi al credito e possono a tale scopo fornire le indicazioni e le informazioni necessarie a proporre le eccezioni e le azioni a tutela del patrimonio.

Riguardo all'attività del gestore (co. 5), egli è tenuto a prevenire conflitti di interesse rendendo progressivamente non conoscibile la composizione del patrimonio a tal fine rilevante; al contempo, opera per la valorizzazione del patrimonio affidato in gestione disponendo dei beni che lo compongono.

I titolari non possono chiedere o ricevere dal gestore informazioni concernenti l'attività di gestione ma hanno diritto di conoscere, per il tramite della Commissione, con cadenza periodica, il valore complessivo del patrimonio amministrato, nonché di ricevere ogni semestre, su richiesta, una quota del rendimento della gestione, nella misura determinata dal contratto di gestione. Può essere anche chiesta la sostituzione del gestore da parte della Commissione, se i titolari ritengano non soddisfacente il risultato complessivo della gestione, quale risultante dai resoconti periodici.

Il gestore (co. 6-8) opera, in particolare, con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle sue specifiche competenze apprestando idonee garanzie assicurative; deve essere dotato di organizzazione adeguata per garantire gli obiettivi previsti dalla legge e la riservatezza delle informazioni. E' richiesta la presentazione di un rendiconto contabile della gestione entro 30 giorni dalla cessazione della carica.

Il gestore ha l'obbligo di non comunicare al titolare la natura e l'entità dei singoli investimenti o disinvestimenti e di non consultarlo sulla gestione. In caso di mancata osservanza si applica una sanzione tra il 5 e il 10 per cento del patrimonio gestito.

Alla Commissione è attribuita la funzione di vigilanza sull'osservanza, nella gestione del patrimonio, dei princìpi e dei criteri stabiliti dalla legge, nonché sull'effettiva separazione della gestione.

La medesima Commissione, "qualora non vi siano altre misure possibili per evitare il conflitto di interessi", può altresì disporre, fissando un termine massimo entro cui provvedere, che i soggetti in questione procedano alla vendita, con il successivo affidamento del ricavato a gestione fiduciaria, nel caso in cui le attività patrimoniali concernono la proprietà di compendi immobiliari non destinati alla fruizione o al godimento personale proprio o dei propri familiari, ovvero concernono la proprietà o il controllo di un'azienda o la proprietà o il possesso di partecipazioni rilevanti.

In proposito, pare suscettibile di maggiore chiarimento quali siano i presupposti che portano la Commissione a disporre che si proceda alla vendita, specificando in particolare la dizione "qualora non vi siano altre misure possibili per evitare il conflitto di interessi".

Il comma 10 definisce la procedura: la Commissione fissa un termine massimo per la vendita, ferma restando la possibilità, per il titolare della carica di Governo, di comunicare che non vi intende procedere. In tal caso, ove il titolare della carica di Governo non opti per le dimissioni dall'incarico, questi o il titolare del patrimonio possono conferire un mandato irrevocabile a vendere le attività interessate a favore della Commissione (che provvede tramite pubblico incanto, offerta pubblica di vendita o altre modalità idonee ad assicurare il buon risultato della vendita) o del gestore, se già nominato.

Se entro il termine fissato dalla Commissione l'interessato:

- non ha proceduto alla vendita;

- non ha conferito mandato a vendere alla Commissione o al gestore;

si intende che il titolare della carica di Governo abbia optato per le dimissioni dalla carica di governo e la vendita non ha luogo; la Commissione ne dà quindi comunicazione, per ogni effetto di legge, ai soggetti interessati.


Regime fiscale (art. 13)

L'articolo 13 della proposta reca disposizioni fiscali, prevedendo (comma 1) che si applichi l'aliquota del 26 per cento alle operazioni di dismissione di valori mobiliari eseguite in ottemperanza alle disposizioni della proposta medesima; il comma 2 dell'articolo intende garantire la neutralità fiscale delle operazioni di trasferimento di beni in gestione fiduciaria, disponendo altresì l'esenzione totale da imposte per gli atti e i contratti stipulati ai fini del trasferimento dei beni alla gestione fiduciaria e della successiva restituzione all'interessato.

Più in dettaglio, il comma 1 dell'articolo 13 intende applicare l'aliquota del 26 per cento (relativa alle plusvalenze da partecipazioni non qualificate detenute da persone fisiche) alle operazioni di dismissione di soli valori mobiliari eseguite in ottemperanza alle disposizioni della proposta stessa (il cui articolo 12 regola il procedimento per la prevenzione dei conflitti di interessi derivanti da attività patrimoniali, dettando misure tipiche in materia, quali l'affidamento del patrimonio a una gestione fiduciaria).

Si ricorda che ai sensi dell'articolo 1, comma 1-bis del citato TUF (di cui al D.lgs. n. 58 del 1998), per "valori mobiliari" si intendono le categorie di valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali, quali ad esempio:

  1. le azioni di società e altri titoli equivalenti ad azioni di società, di partnership o di altri soggetti e certificati di deposito azionario;
  2. obbligazioni e altri titoli di debito, compresi i certificati di deposito relativi a tali titoli;
  3. qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permette di acquisire o di vendere i valori mobiliari sopra indicati;
  4. qualsiasi altro titolo che comporta un regolamento in contanti determinato con riferimento ai valori mobiliari indicati alle precedenti lettere, a valute, a tassi di interesse, a rendimenti, a merci, a indici o a misure.

 

Il comma 2 intende garantire la neutralità fiscale delle operazioni di trasferimento di beni nella gestione fiduciaria, a tal fine escludendo espressamente che il trasferimento di attività economiche e la successiva restituzione all'interessato costituiscano realizzo di plusvalenze o di minusvalenze, con conseguente disapplicazione della relativa tassazione. Si dispone inoltre l'esenzione totale da imposte per gli atti e i contratti stipulati ai fini del trasferimento dei beni alla gestione fiduciaria e della successiva restituzione all'interessato.

Si prevede che i proventi derivanti dal patrimonio trasferito siano in tutto o in parte imputati al patrimonio stesso e sottoposti al regime fiscale relativo alla categoria nella quale rientrano; si incarica il gestore dell'applicazione di ritenute e imposte sostitutive dovute.


Procedure istruttorie e tutela giurisdizionale (art. 14)

L'articolo 14 delinea i poteri conoscitivi della Commissione. In particolare, il comma 1 afferma che la Commissione può chiedere dati e notizie concernenti la materia del conflitto d'interessi a:

  • pubbliche amministrazioni;
  • enti pubblici
  • società private (il riferimento, per quanto riguarda i soggetti privati, solo alle società, sembra precludere la possibilità di avanzare la richiesta a privati che non abbiano forma societaria).

Riguardo all'espressione «nei limiti di competenza consentiti dall'ordinamento», pare opportuno chiarire se tali limiti riguardino i poteri conoscitivi della Commissione (es. opponibilità del segreto bancario, del segreto istruttorio), che non sono assimilati a quelli ispettivi dell'autorità giudiziaria, o il limite di competenza dei soggetti cui la Commissione rivolge le richieste, anche con riguardo ai limiti posti dalle previsioni del Codice della privacy.

Il comma 2 specifica che le indagini, le verifiche e gli accertamenti possono essere svolti dalla Commissione avvalendosi di pubbliche amministrazioni e di enti pubblici. In caso di contenzioso, la Commissione si avvale del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato. La disposizione non chiarisce se le amministrazioni interpellate debbano necessariamente prestarsi a svolgere le verifiche e dunque collaborare con la Commissione.

Il comma 3 demanda ad un DPR la definizione delle modalità che consentono ai soggetti coinvolti dalle verifiche relative a possibili conflitti di interesse di ottenere la garanzia, tanto nei procedimenti di accertamento quanto nei procedimenti di applicazione di eventuali sanzioni:

-       della piena conoscenza degli atti istruttori;

-       del contraddittorio;

-       della verbalizzazione.

Il comma 4 introduce l'obbligo di motivazione per ogni provvedimento adottato dalla Commissione.

Il comma 5 attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice ordinario la competenza a conoscere di tutti i provvedimenti emanati dalla Commissione. Il giudice ordinario dovrà quindi conoscere non solo di diritti soggettivi ma anche di interessi legittimi.

In proposito, si ricorda che in base all'art. 103 della Costituzione il Consiglio di Stato ed i Tribunali Amministrativi Regionali hanno di regola giurisdizione «per la tutela nei confronti della Pubblica Amministrazione degli interessi legittimi» e, solo «in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi» la cui tutela è demandata, di regola, al giudice ordinario. Si definisce giurisdizione esclusiva, quindi, quella porzione della giurisdizione del giudice amministrativo nella quale rientrano sia controversie aventi ad oggetto situazioni giuridiche soggettive di interesse legittimo, sia diritti soggettivi, con esclusione della cognizione dell'Autorità giurisdizionale ordinaria.
 
La Corte costituzionale – si veda per tutte la sentenza n. 191 del 2006 – ha affermato che «è evidente che il vigente art. 103, 1° co., Cost., non ha conferito al legislatore ordinario una assoluta ed incondizionata discrezionalità nell'attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma gli ha conferito il potere di indicare «particolari materie» nelle quali «la tutela nei confronti della Pubblica Amministrazione» investe "anche" diritti soggettivi». «Tale necessario collegamento delle "materie" assoggettabili alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con la natura delle situazioni soggettive - e cioè con il parametro adottato dal Costituente come ordinario discrimine tra le giurisdizioni ordinaria ed amministrativa - è espresso dall'art. 103 laddove statuisce che quelle materie devono essere "particolari" rispetto a quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità: e cioè devono partecipare della loro medesima natura, che è contrassegnata dalla circostanza che la Pubblica Amministrazione agisce come autorità nei confronti della quale è accordata tutela al cittadino davanti al giudice amministrativo», sicché, «da un lato, è escluso che la mera partecipazione della Pubblica Amministrazione al giudizio sia sufficiente perché si radichi la giurisdizione del giudice amministrativo [...] e, dall'altro lato, è escluso che sia sufficiente il generico coinvolgimento di un pubblico interesse nella controversia perché questa possa essere devoluta al giudice amministrativo».
Riguardo alla ripartizione di competenze, la Corte costituzionale ha sottolineato che non la materia, bensì la presenza di un potere pubblico, di cui l'atto costituisca esercizio, è condizione necessaria per ricondurre la tutela alla giurisdizione amministrativa, pur esclusiva. Quando invece si controverte chiaramente sulla lesione di un diritto soggettivo, come accade quando non viene compiuta una ponderazione di interessi, e non c'è discrezionalità alla base, si tratta di accertamenti che fuoriescono dalla correlazione con un potere amministrativo che è il presupposto che giustifica la giurisdizione amministrativa.

L'art. 133 del Codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo n. 104 del 2010, ha individuato, tra le materie attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, le controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti adottati dalla Banca d'Italia e dalle c.d. Autorità amministrative indipendenti (lett. l). Sono rimaste attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario, invece, le controversie aventi ad oggetto l'uso dei dati personali e, quindi, tutti gli atti del Garante in materia di protezione dei dati personali, nonché le controversie aventi ad oggetto le deliberazioni della Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali in materia di sanzioni.
Con le sentenze n. 162 del 2012 e n. 94 del 2014 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle disposizioni del Codice del processo amministrativo (d.lgs. n. 204/2010) che attribuivano alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con cognizione estesa al merito, le controversie in materia di sanzioni irrogate dalla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) e dalla Banca d'Italia, per eccesso di delega, non avendo in particolare il legislatore delegato tenuto conto della giurisprudenza delle sezioni unite civili della Corte di cassazione, formatasi specificamente sul punto.
La Corte di cassazione ha, infatti, precisato che "la competenza giurisdizionale a conoscere delle opposizioni avverso le sanzioni inflitte dalla Consob ai promotori finanziari, anche di tipo interdittivo, spetta all'autorità giudiziaria ordinaria, posto che anche tali sanzioni, non diversamente da quelle pecuniarie, debbono essere applicate sulla base della gravità della violazione e tenuto conto dell'eventuale recidiva e quindi sulla base di criteri che non possono ritenersi espressione di discrezionalità amministrativa (Corte di cassazione, sezioni unite civili, 22 luglio 2004, n. 13703; nello stesso senso 11 febbraio 2003, n. 1992; 11 luglio 2001, n. 9383)". Anche il Consiglio di Stato, precedentemente all'adozione del Codice, aveva aderito all'impostazione della Cassazione, secondo cui doveva attribuirsi al giudice ordinario la giurisdizione sulle sanzioni inflitte dalla CONSOB (Consiglio di Stato, sezione VI, 6 novembre 2007, n. 6474; cfr. in precedenza, sezione VI, 19 marzo 2002, n. 4148).

Alla luce di tale ricostruzione e tenuto conto delle funzioni attribuite alla Commissione (v. infra) andrebbe valutata l'attribuzione della competenza giurisdizionale del giudice ordinario avverso tutti i provvedimenti adottati dalla Commissione medesima.


Disposizioni finali (artt. 15-16)

L'articolo 15 sospende il decorso di tutti i termini previsti dalla proposta di legge dal 1° al 31 agosto di ogni anno, facendo salvi i diversi termini previsti per gli atti processuali dall'art. 1 della legge n. 742/1969.

Si tratta della disposizione, recentemente modificata dal decreto-legge n. 132 del 2014 (in via di conversione al Senato) che oggi prevede per i termini processuali una sospensione dal 6 al 31 agosto: un totale di 25 giorni, a fronte dei 45 giorni (dal 1° agosto al 15 settembre) previsti prima dell'entrata in vigore del decreto-legge.

 

Si osserva dunque che, se prima dell'entrata in vigore del decreto-legge la sospensione dei termini prevista dalla proposta di legge era comunque inferiore di 15 giorni rispetto alla sospensione accordata per i termini processuali, a seguito della novella legislativa la situazione è ribaltata e i giorni di sospensione accordati ai lavori della commissione risultano in numero maggiore rispetto a quelli accordati agli uffici giudiziari.

L'articolo 16 prevede che la legge entri in vigore centoventi giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Si evidenzia infine l'opportunità di prevedere espressamente le disposizioni oggetto di abrogazione, con particolare riguardo alla legge n. 215/2004 che, attualmente, reca una disciplina sulla materia. 


Focus: i poteri della Commissione per la prevenzione dei conflitti di interessi

Poteri decisori:

  • accerta se la proprietà, il possesso e la disponibilità di attività patrimoniali siano suscettibili di determinare conflitti di interesse, nel rispetto dei criteri stabiliti dalla legge (art. 6)
  • stabilisce le misure da applicare per prevenire i conflitti di interesse (art. 11 e 12) ed in tale ambito: nomina il gestore fiduciario (co. 2); approva il contratto di gestione (co. 2); opera come tramite nei rapporti tra gestore fiduciario e titolare; vigila sulla gestione del patrimonio e sull'effettiva separazione della gestione (co. 9); nei casi previsti, dispone sulla necessità della vendita del patrimonio del titolare (co. 10); verifica quali beni sono sottratti dalla gestione fiduciaria, in quanto destinati al godimento personale (co. 11)

Poteri regolatori:

  • approva disposizioni, istruzioni o direttive per l'applicazione della legge (art. 10, co. 2)
  • adotta, anche su richiesta degli interessati, pareri sull'interpretazione e applicazione delle disposizioni della legge (art. 10, co. 2)
  • si pronuncia in via definitiva sull'esistenza o meno di un obbligo di astensione da parte dell'interessato, in caso di incertezza (art. 7, co. 3)

Poteri di vigilanza, monitoraggio e controllo:

  • vigila sull'applicazione delle disposizioni della legge e sul rispetto degli adempimenti e dei divieti ida essa previsti (art. 10, co. 1)
  • esamina le dichiarazioni rese dagli interessati in ordine alle attività svolte e alla situazione patrimoniale (art. 8, co. 4)
  • effettua i controlli e gli accertamenti sulle dichiarazioni rese dagli interessati (art. 8, co. 4)
  • procede all'acquisizione d'ufficio degli elementi utili per verificare le attività e la situazione patrimoniale degli interessati, in caso di dichiarazioni mancanti, incomplete o non veritiere (art. 8, co. 4)
  • pubblica un rapporto annuale sull'attuazione delle legge e sulla propria attività (art. 10, co. 2)

Poteri sanzionatori:

  • applica la sanzione amministrativa pecuniaria in caso di violazione degli obblighi di astensione (art. 7, co. 6)
  • applica la sanzione amministrativa pecuniaria in caso di mancanza delle dichiarazioni o di dichiarazioni incomplete o non veritiere in ordine alle attività svolte e alla situazione patrimoniale (art. 8, co. 4)

Sono inoltre attribuiti alla Commissione poteri di accertamento, vigilanza, controllo e sanzione nei confronti degli organi di governo locale da definire con decreto legislativo (art. 4).


Discussione e attività istruttoria in Commissione in sede referente

La I Commissione ha avviato, il 6 maggio 2014, l'esame delle proposte di legge C. 275 Bressa, C. 1059 Fraccaro, C. 1832 Civati, C. 1969 Tinagli, cui è stata successivamente abbinata la proposta C. 2339 Dadone. 

E' stata svolta un'indagine conoscitiva sui temi oggetto delle proposte, nel corso della quale sono stati auditi il presidente dell'Anac e il presidente dell'Antitrust, nonchè esperti della materia. 

Il 2 ottobre 2014 è stato adottato dalla Commissione un testo unificato elaborato dal relatore. Nella seduta del 7 ottobre 2014 è stato avviato l'esame delle proposte emendative presentate ma, in considerazione dei tempi ristretti a disposizione della Commissione per esaminare e votare le proposte emendative, il relatore ha invitato i colleghi a ritirarle ripresentandole, nel caso, ai fini dell'esame in Assemblea. La Commissione ha quindi deliberato di conferire al relatore il mandato a riferire favorevolmente in Assemblea


I pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva

Sul testo unificato delle proposte di legge il Comitato per la legislazione ha espresso il parere di competenza, esprimendo osservazioni e condizioni.

In particolare, nelle condizioni formulate, il Comitato evidenzia l'esigenza che, dopo una valutazione della portata della delega afferente il testo unico degli enti locali, si indichino i principi e i criteri direttivi cui il Governo dovrà attenersi nell'esercizio della delega, con particolare riferimento ai compiti e alle funzioni della Commissione nazionale, anche in osservanza di quanto previsto dalla circolare del 2001. Rileva altresì la necessità di indicare espressamente le disposizioni che saranno abrogate per effetto dell'approvazione della proposta in esame.