Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Modifiche alle norme per l'elezione della Camera e del Senato - A.C. 3 e abb.
Riferimenti:
AC N. 35/XVII   AC N. 182/XVII
AC N. 358/XVII   AC N. 551/XVII
AC N. 632/XVII   AC N. 718/XVII
AC N. 746/XVII   AC N. 747/XVII
AC N. 749/XVII   AC N. 876/XVII
AC N. 894/XVII   AC N. 932/XVII
AC N. 998/XVII   AC N. 1025/XVII
AC N. 1026/XVII   AC N. 1116/XVII
AC N. 1401/XVII   AC N. 1452/XVII
AC N. 1453/XVII   AC N. 1657/XVII
AC N. 3/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 98
Data: 10/12/2013
Descrittori:
ELEZIONI POLITICHE     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Modifiche alle norme per l'elezione
della Camera e del Senato

A.C. 3 e abb.

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 98

 

 

 

10 dicembre 2013

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni

( 066760-9475 / 066760-3855 – * st_istituzioni@camera.it

 

 

 

 

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File: ac0246.doc

 


INDICE

Schede di lettura

L’attuale sistema elettorale  3

Le proposte di legge presentate al Parlamento per modificare il sistema elettorale  5

§  Modifiche al sistema vigente  5

§  Ritorno alla «legge Mattarella»  7

§  Introduzione di un diverso sistema elettorale  9

§  Parificazione dei requisiti di elettorato attivo e passivo tra Camera e Senato  13

Il dibattito sulla riforma della legge elettorale al Senato  13

La sentenza della Corte costituzionale  19

 


SIWEB

Schede di lettura

 


L’attuale sistema elettorale

La legge 270/2005, novellando in più parti i testi unici per l’elezione di Camera (DPR 361/1957) e Senato (D.Lgs. 533/1993), ha introdotto un nuovo sistema elettorale, orientato in senso interamente proporzionale, con premio di maggioranza e articolate soglie di sbarramento per liste e coalizioni.

 

Ai fini dell’elezione della Camera la legge prevede, in estrema sintesi, che:

§  i partiti politici che intendono presentare liste di candidati possono collegarsi tra loro in coalizioni; i partiti che si candidano a governare presentano il loro programma e indicano il nome del loro leader. I partiti collegati in coalizione depositano lo stesso programma e indicano il nome del capo della coalizione;

§  l’elettore esprime un solo voto per la lista di candidati prescelta; non è prevista l’espressione di preferenze;

§  i seggi sono ripartiti proporzionalmente in ambito nazionale - con il “metodo del quoziente intero e dei maggiori resti” - tra le coalizioni di liste e le liste che abbiano superato le soglie di sbarramento previste dalla legge. Sono previste soglie di sbarramento per le coalizioni nel loro complesso (10% del totale dei voti validi[1]), per le liste che non facciano parte di una coalizione ammessa alla ripartizione (4%), e per le liste che ne facciano parte, ai fini della ripartizione dei seggi già assegnati alla coalizione (2%[2]);

§  alla coalizione di liste (o alla lista non coalizzata) più votata, qualora non abbia già conseguito almeno 340 seggi, è attribuito un premio di maggioranza tale da farle raggiungere tale numero di seggi;

§  l’assegnazione dei seggi spettanti in ogni circoscrizione alle coalizioni e alle liste ha luogo secondo un complesso meccanismo ispirato anch’esso a criteri di proporzionalità e accompagnato da procedure di correzione.

 

La disciplina proposta per l’elezione del Senato è analoga a quella già descritta con riguardo alla Camera, ma presenta alcune differenze legate alla natura dell’organo, che è eletto “su base regionale” (art. 57, co. 1°, Cost.). Queste le principali:

§  i seggi sono ripartiti e assegnati in ambito regionale, e le soglie di sbarramento (più elevate[3]) sono anch’esse riferite al totale dei voti conseguiti nella Regione;

§  è assegnato Regione per Regione anche il premio alla coalizione o lista singola più votata, con l’attribuzione del 55% dei seggi spettanti alla Regione, qualora essa non abbia già conseguito tale risultato.

Mentre resta ferma la disciplina elettorale per gli italiani all’estero, sono previste specifiche disposizioni per talune Regioni (Molise, Valle D’Aosta e Trentino-Alto Adige) caratterizzate da bassa popolazione o dalla presenza di consistenti minoranze linguistiche.

 

 


Le proposte di legge presentate al Parlamento
per modificare il sistema
elettorale

Le proposte di legge in materia elettorale finora presentate, prospettando spunti normativi già avanzati nella scorsa legislatura, propongono da un lato modifiche all'attuale sistema, principalmente incentrate sull'introduzione del voto di preferenza e sulla correzione del premio di maggioranza, dall’altro una modifica integrale del sistema di elezione di Camera e Senato, tra cui un ritorno al sistema previgente l'approvazione della legge 270/2005.

Sono state presentate, inoltre, proposte di legge costituzionale per la parificazione dell'elettorato attivo e passivo per la elezione della Camera e del Senato.

Si illustrano di seguito i progetti di legge all’ordine del giorno della seduta del 10 dicembre 2013 della Commissione affari costituzionali e quelli all’esame della 1° Commissione del Senato.

All’ordine del giorno della seduta del 10 dicembre 2013 della Commissione affari costituzionali sono inoltre abbinate tre petizioni rivolte da cittadini alla Camera ai sensi dell’art. 50 Cost.. Tali atti, tra le istanze poste in materia elettorale, hanno in comune quella finalizzata a consentire agli elettori un intervento diretto per la scelta di candidati.[4]:

 

Modifiche al sistema vigente

L'introduzione del voto (o dei voti) di preferenza – a volte accompagnata da altre modifiche al sistema vigente - accomuna molte proposte di legge presentate sia alla Camera che al Senato.

La proposta A.C. 3 d'iniziativa popolare, per la sola Camera dei deputati, prevede l'espressione di due preferenze; la proposta A.C. 551 (Francesco Saverio Romano, PdL) propone l'espressione fino a tre preferenze sia alla Camera che al Senato. Anche il progetto di legge A.S. 452 Crimi e altri (Mov. 5 stelle) introduce la possibilità di esprimere una preferenza (sia al Senato che alla Camera), oltre a modificare la disciplina dell'incandidabilità. La proposta A.C, 1452 (Burtone ed altri, PD) introduce, sia alla Camera che al Senato, la cosiddetta preferenza di genere, vale a dire la possibilità di esprimere due preferenze, ma con l'obbligo, nel caso di espressione della seconda preferenza, che sia di genere diverso.

 

Un altro gruppo di proposte, oltre all'introduzione del voto di preferenza, affronta le problematiche connesse con l'attribuzione del premio di maggioranza.

La proposta A.C. 182 (Pisicchio, Misto) oltre ad introdurre la preferenza di genere (sia al Senato che alla Camera), prevede, nella formazione delle liste il limite massimo del 60% di rappresentanza dello stesso genere. La proposta reca inoltre altre modifiche al sistema vigente quali la modifica delle circoscrizioni per l'elezione della Camera dei deputati (sono riproposte le 32 circoscrizioni in vigore fino al 1993); l'attribuzione del premio di maggioranza al Senato a livello nazionale, pari a 170 seggi e la distribuzione dello stesso nelle circoscrizioni con il medesimo sistema utilizzato per la Camera dei deputati. Sia alla Camera che al Senato (in ragione dell'attribuzione nazionale del premio, le soglie sono calcolate a livello nazionale) la proposta porta al 3 per cento la soglia di accesso alla ripartizione dei seggi sia per le liste in coalizione che per le liste 'singole'.

 

La proposta A.C. 998 (Giorgia Meloni e altri, FdI) introduce, sia alla Camera che al Senato, il voto di preferenza per l'attribuzione del 70% dei seggi di ciascuna circoscrizione; il restante 30 % viene attribuito sulla base di liste bloccate.

La proposta, inoltre, prevede l'attribuzione del premio di maggioranza a livello nazionale anche al Senato, consistente in 170 seggi e solo nel caso in cui la lista o coalizione che ha ottenuto il maggior numero di voti validi abbia conseguito almeno 85 seggi (pari a circa il 27,5 % dei complessivi 309 seggi del Senato). Anche per l'attribuzione del premio di maggioranza alla Camera è prevista una soglia minima, pari a 120 seggi (pari al 19,41 % dei complessivi 618 seggi della Camera).

 

La proposta A.C. 1026 (Rigoni, Rubinato, PD) introduce la preferenza di genere sia al Senato che alla Camera e per la Camera pone la soglia minima del 45% dei voti validi per l'attribuzione del premio di maggioranza.

 

I progetti di legge A.C. 1116 (Nicoletti e altri, PD) ed A.S. 1017 (Astorre e Collina PD) sono espressamente tesi a correggere i principali aspetti problematici dell'attuale sistema elettorale, individuati nell'attribuzione del premio di maggioranza, nella costruzione di maggioranze politiche stabili e nel rapporto tra eletti ed elettori.

Sia alla Camera che al Senato le modifiche proposte introducono la soglia minima del 40% dei voti validi (a livello nazionale per la Camera e a livello regionale per il Senato) per l'attribuzione del premio di maggioranza (la cui entità non viene modificata). Qualora nessuna lista o coalizione raggiunga tale quota, è previsto un turno di ballottaggio tra le due liste o coalizioni più votate. Il premio di maggioranza è quindi attribuito alla lista o coalizione più votata nel turno di ballottaggio.

Quanto al rapporto tra eletti ed elettori, viene proposta l'articolazione del territorio in circoscrizioni più piccole delle attuali, corrispondenti al territorio delle province e viene introdotta la preferenza di genere. Le liste, inoltre, dopo il primo candidato, devono essere composte da candidati in ordine alternato di genere.

Ritorno alla «legge Mattarella»

Come già avvenuto nella scorsa legislatura, alcuni testi presentati propongono un ritorno al sistema elettorale vigente precedentemente l'approvazione della legge 270/2005.

 

Il sistema prevedeva, per la Camera, l'elezione dei 3/4 dei deputati assegnati a ciascuna circoscrizione in collegi uninominali e l'elezione della restante quota con metodo proporzionale alle liste che superavano il 4% dei voti validi. Il candidato nel collegio uninominale si doveva collegare con una o più liste presentate nella circoscrizione. L'elettore disponeva di due voti, uno per la scelta del candidato nel collegio, l'altro per la scelta della lista circoscrizionale. Ai fini dell'elezione dei deputati della quota 'proporzionale' alle liste erano sottratti parzialmente i voti ottenuti nei collegi dai candidati collegati alle liste (cd. "scorporo parziale"). Per il Senato era ugualmente prevista l'elezione dei 3/4 dei senatori assegnati a ciascuna regione in collegi uninominali, mentre i restanti seggi erano attribuiti con sistema proporzionale in ambito regionale tra gruppi di candidati concorrenti nei collegi uninominali. Le candidature nei collegi uninominali erano fatti per gruppi di candidati contraddistinti da un medesimo simbolo e l'elettore disponeva di un solo voto che esprimeva a favore di un candidato nel collegio. Una volta assegnati i seggi uninominali, i restanti seggi erano assegnati in proporzione ai voti ottenuti da tutti i candidati del gruppo (con il metodo d'Hondt) previa sottrazione totale dei voti conseguiti dai candidati eletti nei collegi uninominali (c.d. “scorporo totale”).

 

Il ritorno al precedente sistema elettorale senza alcuna modifica è proposto nei progetti di legge Camera n. 632 (Migliore e altri, SEL), n. 746 (Zampa e altri, PD), n. 894 (Bobba e altri, PD), n. 932 (Giachetti e altri, PD) e n. 1401 (Vargiu, SCpI) e in quelli Senato n. 396 (De Petris e altri, Misto SEL), n. 406 (Fravezzi e altri, Aut.-PSI), n. 432 (Esposito e altri, PD), n. 559 (Calderoli, LN-Aut) e n. 674 (Di Giorgi e altri, PD). Tali testi dispongono l'abrogazione della legge 270/2005 e la "reviviscenza" dei testi unici per l'elezione della Camera e del Senato nel testo vigente prima dell'entrata in vigore delle disposizioni recate dalla legge 270/2005; sono fatte salve le disposizioni concernenti l'elezione dei deputati e dei senatori delle circoscrizioni Estero. La proposta A.C. 747 (Zampa e Ghizzoni PD), oltre l'abrogazione della legge 270/2005, reca la delega al Governo per la disciplina di elezioni primarie per la designazione dei candidati uninominali in ciascun collegio.

 

Uguale intento di ripristinare il precedente sistema elettorale senza alcuna modifica, ma con tecnica normativa diversa, ispira il progetto di legge AS. n. 661 (Mauro, Ferrara, GAL). La proposta reca le modifiche ai testi unici Camera e Senato necessarie per 'riscrivere' appunto la legge Mattarella.

 

Altri testi propongono il ritorno al sistema misto delineato dalla legge Mattarella – con la medesima formula della reviviscenza dei testi unici - ma apportano a quel sistema delle modifiche.

La proposta A.C. 718 (Lenzi, PD) elimina lo scorporo sia al Senato che alla Camera; alla Camera, inoltre, modifica il sistema delle candidature, vietando – per i candidati delle liste circoscrizionali - la possibilità di candidature plurime; nel testo vigente pre-270/2005, era infatti possibile la contemporanea candidatura in liste circoscrizionali fino ad un massimo di tre.

 

La proposta A.C. 749 (Martella, PD), invece, uniforma il sistema di elezione della Camera dei deputati a quello previsto per il Senato, nel quale viene mantenuto lo scorporo totale dei voti ottenuti dai candidati eletti nei collegi uninominali.

 

Il progetto di legge A.S. 685 (Finocchiaro e altri, PD), abroga la legge 270/2005 e delega il Governo a modificare i testi unici recanti le norme per l'elezione di Camera e Senato secondo i principi e i criteri recati dall'art. 2 del disegno di legge: introduzione del principio della parità di genere nella presentazione delle candidature; abolizione dello scorporo; abolizione, alla Camera, del doppio voto; attribuzione di un premio di maggioranza, pari al 55% dei seggi complessivi, al gruppo di liste con lo stesso contrassegno che "ottiene il maggior numero dei seggi nei collegi, corrispondente almeno al 40 per cento del totale dei voti validi".

Introduzione di un diverso sistema elettorale

a) candidature in collegi uninominali e attribuzione proporzionale dei seggi, con premio di maggioranza e diritto di tribuna

La proposta A.C. 35 (Cirielli, Misto) riguarda l'elezione della Camera dei deputati e prevede l’attribuzione del 75% dei seggi in collegi uninominali, con sistema proporzionale analogo a quello utilizzato per le elezioni dei consigli provinciali (i collegi rilevano solo ai fini delle candidature), mentre il restante 25% dei seggi è attribuito a livello nazionale (e poi ripartito nelle circoscrizioni) alla lista o coalizione che ha ottenuto il maggior numero di voti validi per il 20% e alla seconda lista o coalizione per il 5%, configurando in tal modo un premio di maggioranza e un premio di minoranza. Le coalizioni sono formate al massimo da cinque liste collegate ed esprimono un unico programma e un unico leader di coalizione. In ogni circoscrizione ciascuna lista (anche quelle coalizzate tra loro) presenta tanti candidati quanti sono i collegi uninominali della circoscrizione e, contestualmente, presenta anche una lista circoscrizionale bloccata contenente i candidati da eleggere con il premio di maggioranza o di minoranza. L’elettore ha a disposizione un solo voto, con cui sceglie il candidato e, di conseguenza, la lista circoscrizionale collegata. I seggi nei collegi uninominali sono assegnati a livello circoscrizionale sulla base della cifra elettorale dei candidati collegati alla medesima lista, purché abbia superato la soglia del 4% dei voti validi della circoscrizione. La proposta contiene inoltre la delega al Governo per la costituzione dei collegi uninominali e disposizioni transitorie al fine di rendere possibile lo svolgimento delle elezioni prima della costituzione dei collegi.

b) sistema misto con assegnazione dei seggi in tre distinti livelli

I progetti di legge A.S. 356 (Finocchiaro e Zanda, PD) e A.C. 358 (Bersani e altri, PD) introducono – per la Camera dei deputati - un sistema misto in cui i seggi sono assegnati in tre distinti livelli, già proposto nella scorsa legislatura con i testi A.S. 2846 (Finocchiaro e altri, PD) e A.C. 4719 (Bersani e altri, PD). I seggi sono assegnati in collegi uninominali per il 70% (433 seggi); nelle attuali circoscrizioni per il 28% (173 seggi) e a livello nazionale per la restante parte (12 seggi). L'elettore dispone di un solo voto con cui sceglie il candidato uninominale e, insieme, la lista ad esso collegata. Il collegio è attribuito al candidato che ottiene la metà più uno dei voti validi, altrimenti si procede ad un secondo turno a cui partecipano tutti i candidati che hanno ottenuto almeno il 10% dei voti degli aventi diritto. I seggi da attribuire nelle circoscrizioni sono assegnati con sistema proporzionale (metodo del quoziente corretto a +1) sulla base dei voti espressi al primo turno nei collegi della circoscrizione tra le liste che hanno ottenuto almeno il 5 % dei voti validi e dopo aver detratto i voti ottenuti – sempre al primo turno - dai candidati che sono risultati eletti sia al primo che al secondo turno. L'assegnazione dei restanti seggi a livello nazionale avviene sulla base dei voti non utilizzati per le precedenti assegnazioni: voti ai candidati nei collegi non risultati eletti, collegati a liste – presenti in almeno 5 circoscrizioni - che non hanno avuto attribuito seggi nelle circoscrizioni.

Il sistema proposto per l'elezione del Senato differisce da quello previsto per la Camera in quanto non è prevista la quota 'nazionale' di seggi, bensì i seggi spettanti a ciascuna regione sono ripartiti tra il 70%, attribuito nei collegi uninominali, e il restante 30%, attribuito con metodo proporzionale.

c) doppio turno di collegio per i due terzi dei seggi e assegnazione nelle circoscrizioni del rimanente terzo

Il sistema elettorale misto proposto dall'A.C. 876 (Sanna, PD) sia per la Camera che per il Senato, è basato sul doppio turno di collegio per i due terzi dei seggi spettanti in ciascuna circoscrizione. L'attribuzione dei restanti seggi avviene con metodo proporzionale in ciascuna circoscrizione, sulla base della cifra elettorale dei gruppi di candidati concorrenti nei collegi uninominali che hanno superato una determinata soglia di sbarramento.

Le candidature sono presentate nei collegi uninominali per gruppi e nessuno può candidarsi in più di un collegio. Gruppi di candidati possono collegarsi ed esprimere il programma e l'indicazione del premier comune; il collegamento deve essere lo stesso in tutte le circoscrizioni. Le norme sulla parità di genere dispongono che ciascun gruppo non può contenere più di due terzi di candidati dello stesso sesso[5].

I due terzi dei seggi spettanti in ciascuna circoscrizione (per il Senato in ciascuna regione) viene attribuito in altrettanti collegi uninominali. Il candidato che ottiene il maggior numero di voti del collegio, viene eletto al primo turno se ha ottenuto almeno il 35% dei voti validi altrimenti si va al ballottaggio tra i due candidati più votati.

I restanti seggi (pari a un terzo in ogni circoscrizione) sono attribuiti in ciascuna circoscrizione (al Senato, in ciascuna regione) con il metodo dei quozienti d'Hondt ai gruppi di candidati che hanno superato la soglia di sbarramento pari al 5% dei voti validi, nel caso di gruppi di candidati non coalizzati, ovvero pari al 3% dei voti validi nel caso invece di gruppi di candidati coalizzati. Le soglie di accesso alla ripartizione proporzionale sono calcolate per l'elezione della Camera a livello nazionale, mentre per l'elezione del Senato sono calcolate a livello regionale. La cifra elettorale di ciascun gruppo è costituita dalla somma dei voti ottenuti dai candidati del gruppo al primo turno, nei collegi della circoscrizione, scorporata dei voti degli eventuali candidati dello stesso gruppo che hanno ottenuto il maggior numero di voti nei collegi, che siano risultati eletti o meno (in sostanza vengono sottratti i voti dei candidati risultati eletti al primo turno, ovvero, in quei collegi in cui l'elezione è avvenuta al secondo turno, si sottraggono i voti del candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti al primo turno, indipendentemente dal fatto che sia risultato eletto o meno).

La proposta di legge contiene, infine, la delega al Governo per la costituzione dei collegi uninominali.

d) doppio turno di collegio 'alla francese'

Il doppio turno di collegio 'alla francese' è il sistema delineato nella proposta Camera n. 1025 (Rigoni e altri, PD)[6] per entrambe le Camere. Per ciascuna Camera, tutti i seggi (esclusi quelli della circoscrizione estero) sono assegnati in collegi uninominali al candidato che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi. Se nessun candidato ottiene la maggioranza assoluta, si svolge un secondo turno di votazioni al quale partecipano i due candidati più votati.

e) sistema elettorale misto con assegnazione del premio di maggioranza ed eventuale doppio turno di coalizione

I gruppi parlamentari di Scelta civica per l'Italia hanno presentato una proposta di legge - A.S. 1029 (Susta e altri SCpI) e A.C. 1453 (Balduzzi, SCpI) - che delinea un sistema elettorale misto così articolato:

§  il 50 % dei seggi di ciascuna Camera è assegnato in collegi uninominali al candidato che ottiene il maggior numero di voti; il restante 50 % dei seggi è assegnato con metodo proporzionale alle liste che hanno superato la soglia del 4% dei voti validi a livello nazionale (sia alla Camera che al Senato);

§  il territorio nazionale è ripartito in circoscrizioni, all'interno delle quali sono costituiti i collegi uninominali. Per la Camera dei deputati le circoscrizioni eleggono (per la quota proporzionale) da 4 a 8 deputati, mentre per il Senato le circoscrizioni coincidono con le Regioni; il progetto di legge contiene la delega al Governo per la definizione (entro 3 mesi) dei collegi per entrambe le Camere e delle circoscrizioni per la elezione della Camera dei deputati (art. 3 della pdl)[7];

§  l'elettore dispone di due voti in un’unica scheda, uno per il candidato uninominale (che deve necessariamente essere collegato ad una lista o ad una coalizione di liste) ed uno per le liste che concorrono all'assegnazione dei seggi in ragione proporzionale; la scheda è composta di tre parti: la prima contiene i nomi dei candidati uninominali, la seconda, in corrispondenza ad ogni candidato, le liste ad esso collegate, la terza, in corrispondenza di ciascuna lista, i nomi dei primi 4 candidati della lista stessa[8]; la scheda è uguale nei due rami del Parlamento;

§  l'attribuzione dei seggi della quota proporzionale, alle coalizioni di liste ed alle liste singole, avviene a livello nazionale sia alla Camera che al Senato, dove è istituita a tale scopo una "sezione interregionale" presso l'Ufficio elettorale regionale del Lazio (art. 2, comma 5 dell'A.S. 1029). I seggi così assegnati a ciascuna coalizione e lista con il metodo dei quozienti interi e dei maggiori resti, sono quindi ripartiti nelle circoscrizioni (e nelle regioni) secondo lo stesso metodo utilizzato nel sistema vigente per la elezione della Camera (art. 83, comma 1, punti 8) e 9) d. P.R. 361/1957);

§  è prevista l'attribuzione di un premio di maggioranza pari al 55% dei seggi di ciascuna Camera - 340 seggi alla Camera e 170 seggi al Senato - alla lista o coalizione di liste che abbia ottenuto la maggioranza relativa dei seggi (sommando insieme uninominali e proporzionali) ed abbia ottenuto almeno il 42% dei voti validi della 'quota proporzionale' in entrambe le Camere; se non si verifica quest'ultima condizione si procede ad un secondo turno di votazione tra le liste o coalizioni più votate;

§  per il ballottaggio, è prevista una unica scheda di votazione, con due riquadri distinti uno per la Camera, uno per il Senato; in ciascun riquadro sono presenti le due coalizioni o liste singole che hanno ottenuto il maggior numero di seggi e, per ciascuna di esse, è indicato il nome del capo della forza politica o della coalizione. E' prevista inoltre una scheda distinta per gli elettori che hanno diritto di voto solo alla Camera;

§  nel caso di attribuzione del premio di maggioranza, si procede alla ripartizione dei seggi residuali tra le coalizioni e liste singole 'perdenti', quindi si procede di nuovo alla ripartizione dei seggi spettanti a ciascuna coalizione e lista singola nelle circoscrizioni. Questa volta, come nella legge vigente, viene utilizzato il quoziente elettorale di maggioranza (per la coalizione o lista singola a cui è stato attribuito il premio) e il quoziente elettorale di minoranza (per le altre liste e coalizioni ammesse al riparto dei seggi; ai seggi attribuiti nelle circoscrizioni a ciascuna lista, infine, sono sottratti i seggi che la stessa lista ha ottenuto con i candidati nei collegi uninominali.

 

f) sistema proporzionale a base provinciale ed espressione di preferenze anche sostitutive

La proposta di legge 1657 (Toninelli ed altri, M5S) novella la legge elettorale vigente per la Camera introducendo un sistema proporzionale basato sull'attribuzione dei seggi nelle circoscrizioni provinciali (per Torino, Milano, Roma e Napoli la circoscrizione, definita metropolita, è suddivisa in ulteriori ripartizioni) alle liste che superano la soglia nazionale del 2 per cento. Il sistema è coniugato con un metodo di scelta di candidati da parte degli elettori che consente a questi ultimi di cancellare dall'elenco della lista votata, uno o più candidati ed esprimere altrettante preferenze per altri candidati, anche se inseriti nell'elenco di altre liste.

Il sistema è adattato al Senato con alcuni correttivi.

 

Parificazione dei requisiti di elettorato attivo e passivo tra Camera e Senato

La proposta A.C. 177 Pisicchio (Misto) di modifica dell'articolo 58 della Costituzione porta l'elettorato attivo e passivo per l'elezione del Senato uguale a quello della Camera, vale a dire 18 anni per l'elettorato attivo e 25 anni per l'elettorato passivo.

La proposta A.C. 355 Donata Lenzi (PD) modifica anche l'articolo 56 Cost. al fine di uniformare e abbassare a 18 anni anche l'elettorato passivo per Camera e Senato.

La proposta A.C. 466 Vaccaro (PD), invece, rende uniforme l'elettorato attivo per Camera e Senato a 18 anni, ma distingue l'elettorato passivo: possono essere eletti deputati coloro che hanno superato i 20 anni di età e possono essere eletti senatori coloro che hanno superato i 30 anni di età; in entrambi i casi, pone il limite massimo di settanta anni.

Il dibattito sulla riforma della legge elettorale al Senato

Nella seduta dell'8 agosto 2013, l'Aula del Senato ha approvato all'unanimità la deliberazione con la quale si chiedeva la dichiarazione d'urgenza, ai sensi dell'articolo 77 del Regolamento, in ordine ai disegni di legge nn. 356, 396, 406, 432, 559, 674 e 685 in materia elettorale.

Nello stesso giorno la 1° Commissione ha avviato la discussione generale e la relatrice sen. Finocchiaro ha esposto sinteticamente il contenuto dei suddetti disegni di legge. La discussione è proseguita nelle sedute successive con l'illustrazione delle posizioni delle diverse forze politiche intorno alle principali questioni: la necessità di una riforma della legge elettorale 'provvisoria' in attesa delle riforme costituzionali; l'individuazione degli aspetti problematici dell'attuale sistema elettorale (premio di maggioranza e, quindi, costituzione di maggioranze omogenee alla Camera e al Senato; rapporto tra elettori ed eletti); la validità e fattibilità di un ritorno al sistema elettorale previgente, la cosiddetta legge Mattarella.

 

Nella seduta del 17 settembre sono stati congiunti i disegni di legge n. 661 e 1017 ed è intervenuto il sottosegretario per l'interno Bocci in merito alla richiesta avanzata dalla Commissione di riferire sugli aspetti tecnici di una possibile nuova delimitazione delle circoscrizioni ed, eventualmente, di una revisione dei collegi elettorali. Il Sottosegretario ha differenziato le problematiche connesse con l'eventuale necessità di riformare le circoscrizioni elettorali di dimensioni medio grandi (nell'ambito di un sistema elettorale proporzionale, anche se con premio di maggioranza) da quella, invece, di dover ridisegnare circoscrizioni elettorali di piccole dimensioni per un sistema in tutto, o in parte, uninominale come era il precedente sistema. Nel primo caso, infatti, la delimitazione non porrebbe particolari problemi, la legge stessa potrebbe individuare ambiti territoriali non molto ridotti, delimitati – ad esempio - dai confini provinciali o di più province. Nel secondo caso, invece, si deve tenere conto della circostanza che (anche mantenendo fermo il numero di collegi allora previsti) la delimitazione dei collegi uninominali predisposti nel 1993 risulta del tutto inutilizzabile, considerati i rilevantissimi mutamenti demografici registrati con i censimenti. Nel caso si presentasse la necessità di ridisegnare collegi uninominali, perciò, oltre a prevedere un congruo periodo di tempo, sarebbe auspicabile riproporre una procedura simile a quella seguita nel 1993, che – oltre a prevedere la formulazione delle proposte da parte di una Commissione di esperti - ha consentito la partecipazione delle Camere all’iter di approvazione dei provvedimenti, coinvolgendo opportunamente anche i consigli regionali e quelli delle province autonome.

Successivamente, il 25 settembre, si sono svolte audizioni informali, quindi nella seduta del 26 settembre è intervenuto il Ministro per le riforme costituzionali Quagliarello che ha evidenziato i punti di convergenza emersi dal dibattito. Tra questi – oltre l'esigenza di un riequilibrio nella rappresentanza di genere – il Ministro ha ricordato la necessità di fissare una soglia minima per l'attribuzione del premio di maggioranza, di ridurre al massimo le disomogeneità nella composizione politica della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e di consentire l'identificabilità degli eletti con un meccanismo alternativo a quello della lista bloccata e lunga. A tale proposito ha fatto presente che quello delle preferenze non è l'unico metodo per assicurare un maggiore collegamento tra elettori ed eletti e cita i sistemi elettorali in cui la scelta dell'elettore è rivolta a uno ovvero a pochi candidati, in modo tale che l'elettore possa verificare le scelte compiute dai partiti. Il Ministro è intervenuto infine sulla ipotesi di un turno di ballottaggio tra le coalizioni maggiori quando nessuna di esse raggiunga la soglia fissata o la maggioranza assoluta dei voti validi espressi (ipotesi contenuta in un progetto di legge che sarebbe stato presentato alla Camera da deputati del Gruppo di Scelta Civica per l'Italia), affermando che tale ipotesi possa essere considerata solo nel quadro di un mutato assetto costituzionale, poiché altrimenti configgerebbe con la composizione diversa del corpo elettorale attivo prevista dalla Costituzione per l'elezione delle due Camere.

L'8 ottobre è stato congiunto l'A.S. 1029 (Susta e altri, SCpI); i lavori della Commissione sono quindi proseguiti con audizioni informali.

 

Nella seduta del 24 ottobre i nuovi relatori, senatori Bruno e Lo Moro, hanno esposto l'ipotesi di lavoro concordata.

Questa vede per la Camera dei deputati, l'attribuzione del 20 per cento dei seggi con metodo proporzionale, senza voto di preferenza, su liste circoscrizionali di candidati nelle 26 circoscrizioni attuali e dell'80 per cento dei seggi con metodo proporzionale in ambito circoscrizionale, su liste di candidati in collegi plurinominali collegate reciprocamente con le liste circoscrizionali. I collegi plurinominali sono tendenzialmente di ambito provinciale o sub-provinciale. Sulla modalità di elezione dei candidati nei collegi plurinominali, mentre il relatore Bruno propende per l'ordine di lista, la relatrice Lo Moro, sarebbe comunque favorevole all'introduzione della doppia preferenza. Anche al Senato, ogni regione, salvo la Valle d'Aosta, il Molise e il Trentino-Alto Adige, è suddivisa in collegi plurinominali.

In entrambe le Camere il premio di maggioranza (340 seggi alla Camera e 170 al Senato) è attribuito a livello nazionale alla lista o coalizione di liste circoscrizionali con il medesimo contrassegno che ottiene almeno il 40 per cento dei voti a livello nazionale. Al Senato, i seggi "incrementali" sono poi distribuiti tra le regioni e, in ambito regionale, tra i collegi plurinominali, in base alle cifre elettorali in ordine decrescente.

Lo schema di lavoro prevede inoltre norme sulla rappresentanza di genere e la definizione delle soglie di sbarramento, in entrambi i rami del Parlamento, a livello nazionale e differenziate in relazione all'appartenenza o meno ad una coalizione (per ciascuna lista almeno il 4 o 5 per cento dei voti ovvero il 2 o 3 per cento se in coalizione con altre) ma anche - ferme restando le norme sulle minoranze linguistiche - soglie di rappresenta 'regionale' (il 10 % in almeno in 5 circoscrizioni alla Camera, l'8 % in almeno cinque regioni al Senato o anche il 15 per cento in una sola regione).

Di seguito il relatore Bruno evidenzia le questioni che rimangono ancora aperte:

§  il metodo di calcolo per l'attribuzione dei seggi, per il quale le opzioni sono il metodo dei quozienti interi e dei più alti resti (quoziente naturale) ovvero il metodo dei divisori d'Hondt;

§  in caso di mancata attribuzione del premio di maggioranza, sono state previste due opzioni: un secondo turno di votazioni tra le due liste o coalizioni che hanno ottenuto il maggior numero di voti (opzione proposta dalla relatrice Lo Moro) oppure un incremento di seggi alla lista o coalizione che ha ottenuto, con la maggioranza dei voti, almeno il 35 per cento dei suffragi (opzione da lui proposta).

§  sempre con riferimento al premio di maggioranza, in relazione all'eventualità di esiti difformi tra Camera e Senato, viene avanzata l'ipotesi che il premio non venga attribuito né alla Camera né al Senato, sia nel caso in cui ne avessero diritto liste o coalizioni con diversi contrassegni; sia nel caso in cui una lista o coalizione ne avesse diritto in un solo ramo del Parlamento.

 

Su tali punti prosegue il dibattito tra le forze politiche anche nella seduta successiva del 28 ottobre (alla quale partecipa anche il ministro Quagliariello), in cui si delinea la necessità che la Commissione prenda delle decisioni in merito alle questioni aperte in modo che si possa poi procedere alla eventuale stesura di un testo unificato.

 

La seduta del 5 novembre è stata dedicata alla discussione sulla ipotesi di lavoro presentata dai relatori il 24 ottobre.

 

Nella seduta del 7 novembre sono stati presentati due ordini del giorno: il primo, dei gruppi Partito democratico, Sel e Scelta civica, prevede un secondo turno di votazioni per l'attribuzione del premio di maggioranza tra le due coalizioni con maggiori consensi, qualora nessuna di esse raggiunga, al primo turno, la maggioranza assoluta o almeno il 40 o 45 per cento dei voti o dei seggi (odg n. 1). Il secondo, della Lega Nord, (odg n. 2) propone il ritorno al sistema elettorale precedente al 2005 (legge Mattarella).

Un terzo ordine del giorno (n. 3) è stato presentato dal gruppo Movimento 5 stelle nella seduta successiva (12 novembre): esso prevede che l'assegnazione dei seggi della Camera dei deputati avvenga sulla base di circoscrizioni piccole, corrispondenti alle province e con la formula dei divisori (d'Hondt), senza recupero di resti a livello sovra circoscrizionale; poiché le formazioni di minori dimensioni sarebbero in tal modo sfavorite, il sistema favorirebbe le aggregazioni politiche. Quanto al Senato, si propone che le candidature avvengano sulla base di circoscrizioni subregionali corrispondenti alle province, con assegnazione di seggi in ambito regionale e una formula ispirata a quella della legge elettorale belga, fondata sul metodo dei divisori, ma opportunamente corretto.

 

Nella seduta del 12 novembre è stato messo in votazione, e non approvato, l'ordine del giorno n. 1. Hanno votato a favore Pd, Misto-SEL e SCpI, mentre hanno votato contro Pdl, Lega e Gal. Decisiva l’astensione del gruppo M5S e del gruppo Autonomie. La votazione sugli altri ordini del giorno è stata rinviata e la Commissione ha convenuto con la proposta del presidente di fissare una riunione dell'Ufficio di Presidenza il 20 novembre per stabilire la data in cui saranno messi in votazione gli ordini del giorno n. 2 e n. 3.

Nel corso della seduta è intervenuto il ministro Quagliariello che ha ricordato che il Governo si è pronunciato sull'ipotesi di un decreto-legge in materia elettorale, chiarendo che si tratta di un ambito che rientra strettamente nelle prerogative del Parlamento. Un'eventuale deroga, a suo avviso, determinerebbe conseguenze sistemiche nel rapporto tra Governo e Parlamento e incontrerebbe il limite della straordinarietà degli atti legislativi emanati dal Governo solo in presenza dei presupposti costituzionali di necessità e urgenza. Il Ministro ha inoltre rammentato che il Presidente del Consiglio ha precisato che l'ipotesi potrebbe essere presa in considerazione solo a fronte di uno specifico atto di indirizzo del Parlamento. Inoltre, ha precisato che analoghe obiezioni non sussisterebbero contro l'ipotesi di una proposta di legge di iniziativa governativa che, comunque, finora non è stata presa in considerazione.

 

Nella seduta del 20 novembre, non essendo stato raggiunto l’accordo in Ufficio di Presidenza sulla votazione dei restanti ordini del giorno, è stato rinviato il seguito dell’esame.

Nella seduta del 28 novembre i relatori hanno proposto di rinviare la votazione degli ordini del giorno, anche in attesa della pronuncia della Corte costituzionale.

 

Nella seduta del 4 dicembre è stato costituito un comitato ristretto, con il compito di riferire alla Commissione, entro il mese di gennaio, sulla possibilità di conseguire un consenso ampio su una proposta di riforma, con la conseguente predisposizione di un testo unificato. Sono stati quindi accantonati gli ordini del giorno n. 2 e n. 3.

 


La sentenza della Corte costituzionale

Il 4 dicembre 2013 si è riunita in camera di consiglio la Corte costituzionale che ha dichiarato l’incostituzionalità della legge elettorale del 2005.

In particolare, le censure della Corte riguardano due aspetti del sistema elettorale: il premio di maggioranza e le liste bloccate.

La Corte ha annunciato la sua decisione con un comunicato stampa e non sono ancora note le motivazioni della sentenza per le quali bisognerà attendere la pubblicazione della pronuncia nella Gazzetta ufficiale.

 

Di seguito il testo del comunicato dell’Ufficio stampa della Corte costituzionale: “Incostituzionalità della Legge elettorale n. 270/2005.

La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme della legge n. 270/2005 che prevedono l’assegnazione di un premio di maggioranza – sia per la Camera dei Deputati che per il Senato della Repubblica – alla lista o alla coalizione di liste che abbiano ottenuto il maggior numero di voti e che non abbiano conseguito, almeno, alla Camera, 340 seggi e, al Senato, il 55% dei seggi assegnati a ciascuna Regione.

La Corte ha altresì dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme che stabiliscono la presentazione di liste elettorali “bloccate”, nella parte in cui non consentono all’elettore di esprimere una preferenza.

Le motivazioni saranno rese note con la pubblicazione della sentenza, che avrà luogo nelle prossime settimane e dalla quale dipende la decorrenza dei relativi effetti giuridici.

Resta fermo che il Parlamento può sempre approvare nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte politiche, nel rispetto dei principi costituzionali”.

 

La pronuncia dalla Corte costituzionale è stata originata da un ricorso alla Corte Suprema di Cassazione, I sezione civile, del 17 maggio 2013, che ha dato luogo ad un giudizio nel corso del quale è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale di alcune disposizioni della vigente legge elettorale, in particolare delle modifiche introdotte dalla legge 270 del 2005 (ordinanza 12060/2013).

La Corte ha dichiarato rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale e ha trasmesso gli atti alla Corte costituzionale.

Il giudizio ha origine nell'atto di citazione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero dell'Interno, presentato dall'avv. Aldo Bozzi in qualità di cittadino elettore al Tribunale civile di Milano nel novembre 2009, adducendo che le disposizioni della vigente legge elettorale gli avrebbero impedito l'esercizio libero e diretto del diritto di voto nelle elezioni del 2006 e del 2008, in contrasto con gli articoli 48, 56 e 58 della Costituzione.

Nell'atto di citazione, le previsioni della legge elettorale, che non consentono la scelta del singolo candidato da parte dell'elettore, che attribuiscono premi di maggioranza e che prevedono l'indicazione del capo di ciascuna lista o coalizione condizionando l'autonomia del Capo dello Stato, sono fatte oggetto di questioni incidentali di costituzionalità delle quali si chiede la rimessione alla Corte Costituzionale, motivando sul punto della rilevanza e non manifesta infondatezza.

Il Tribunale di Milano, con sentenza del 18 aprile 2011, ritenute manifestamente infondate le proposte eccezioni di illegittimità costituzionale, ha rigettato le domande dell'attore e dei cittadini successivamente intervenuti ad adiuvandum in giudizio.

L'appello successivamente proposto è stato rigettato dalla Corte di appello di Milano con la sentenza 24 aprile 2012 ed è stato conseguentemente presentato ricorso per Cassazione.

Nell'ordinanza depositata il 17 maggio 2013, la Corte di cassazione, preliminarmente dichiara la sussistenza dell'interesse ad agire dei ricorrenti, in quanto l'espressione del voto costituisce oggetto di un diritto inviolabile e permanente dei cittadini, "i quali possono essere chiamati ad esercitarlo in qualsiasi momento e devono poterlo esercitare in modo conforme alla Costituzione. Lo stato di incertezza al riguardo è fonte di un pregiudizio concreto e ciò è sufficiente per giustificare la meritevolezza dell'interesse ad agire in capo ai ricorrenti".

Venendo alle questioni di legittimità costituzionale, la Corte ritiene non manifestamente infondate quelle concernenti l'attribuzione del premio di maggioranza e l'esclusione del voto di preferenza, mentre dichiara essere manifestamente infondata quella riguardante la menomazione dei poteri del Presidente della Repubblica.

Con riguardo al premio di maggioranza, assegnato alla lista (o coalizione di liste) che abbia ottenuto il maggior numero di voti (a livello nazionale alla Camera, regione per regione al Senato), la relativa disposizione, che trasforma una maggioranza relativa di voti (potenzialmente anche molto esigua) in una maggioranza assoluta dei seggi, determina, secondo la Corte, "una oggettiva e grave alterazione della rappresentanza democratica".

E' vero, riconosce la Corte, che l'obiettivo della norma è quello di garantire la stabilità dell'azione di governo, ma ciò può giustificare una limitata deroga al principio di rappresentanza, mentre non può determinare una "sproporzione talmente grave da risultare irragionevole".

Per la Corte l'attribuzione del premio di maggioranza come congegnato dalla legge 270/2005 è pertanto manifestamente irragionevole (art. 3 Cost.), e lesivo dei principi di uguaglianza del voto (art. 48, co. 2, Cost.) e rappresentanza democratica (art. 1, co. 2 e 67 Cost.).

Per le modalità di attribuzione del premio di maggioranza al Senato, la Corte solleva un ulteriore dubbio di costituzionalità. Infatti, essendo il premio diverso per ogni regione, il risultato è una sommatoria casuale di premi regionali che potrebbe portare alla formazione di una maggioranza diversa rispetto alla Camera, contraddicendo quindi l'obiettivo della stabilità del governo.

Inoltre, al Senato il premio di maggioranza è più cospicuo nelle regioni più popolose con effetti distorsivi sul peso del voto.

Per quanto riguarda il voto di preferenza, la Corte solleva il dubbio se il sistema elettorale, che consente di votare solamente la lista senza poter esprimere una preferenza per un candidato, possa considerarsi "diretto" oppure come sostanzialmente indiretto e quindi in contrasto con la costituzione che stabilisce che il suffragio è diretto (artt. 56, co. 1 e 58, co. 1 Cost.).

Va ricordato che la Corte costituzionale, in sede di giudizio di ammissibilità di referendum, con le sentenze 15 e 16 del 2008 e poi con la sentenza n. 13 del 2012 – pur avendo escluso, per costante giurisprudenza, che in sede di controllo di ammissibilità dei referendum potessero venire in rilievo profili di illegittimità costituzionale della legge oggetto della richiesta referendaria o della normativa di risulta - aveva sollecitato il legislatore a riconsiderare gli aspetti problematici della legge n. 270 del 2005 in particolare quello dell'attribuzione di un premio di "maggioranza [...] senza che sia raggiunta una soglia minima di voti e/o di seggi".

Inoltre, tali moniti al legislatore sono stati di recente ricordati dal Presidente della Corte costituzionale nella riunione straordinaria del 12 aprile 2013.

Il 15 luglio è stata stabilita la data del 3 dicembre 2013 per l'udienza di discussione della questione e il Presidente della Corte ha nominato relatore il giudice Giuseppe Tesauro.

 

Il testo integrale della sentenza si può consultare sul sito internet della Corte: http://www.cortedicassazione.it/Notizie/GiurisprudenzaCivile/SezioniSemplici/SchedaNews.asp?ID=3240.

 

 

 

 


 

 



[1]     La coalizione deve inoltre comprendere almeno una lista che abbia raggiunto almeno il 2% del totale dei voti validi o, a determinate condizioni, una lista rappresentativa di minoranze linguistiche riconosciute.

[2]     È’ inoltre ammessa alla ripartizione la lista che ha ottenuto il risultato migliore tra quelle che non hanno raggiunto la soglia del 2%.

[3]     20% per le coalizioni; 8% per le liste non coalizzate; 3% per le liste facenti parte di una coalizione ammessa alla ripartizione.

[4] La petizione n. 42 chiede che la riforma elettorale, da incentrare su un sistema maggioritario a doppio turno, “consenta all’elettore l’espressione diretta, tramite primarie, di un candidato territoriale”, nonché la “destituzione immediata dell’eletto che tradisca la volontà espressa dall’elettore. La petizione n. 83, oltre a chiedere che si assicuri la scelta da parte degli elettori non solo delle formazioni politiche, ma anche dei candidati, evidenzia, tra gli altri punti, anche quello di prevedere che “ogni regione abbia la possibilità di eleggere i propri parlamentari tra i cittadini residenti nella medesima regione”. Tra i contenuti della petizione n. 99 vi è, oltre alla richiesta di introduzione del voto di preferenza, anche l’istanza di previsione di “automatiche dimissioni di candiati che una volta eletti con un simbolo di lista passano ad altro gruppo politico”.

 

[5]     Ciascun gruppo deve avere un numero di candidati non inferiore alla metà e non superiore al numero dei collegi della circoscrizione.

[6]     La medesima proposta è stata presentata nella XVI legislatura: A.C. 4206 (Rigoni e altri).

[7]     Secondo i principi contenuti nella delega, le Circoscrizioni per la elezione della Camera, devono essere costituite a partire dalle attuali Circoscrizioni, devono eleggere, complessivamente, da 8 a 16 deputati e devono comunque avere un numero pari di seggi in modo che la quota uninominale sia uguale a quella proporzionale; oltre alla consueta indicazione della 'coerenza del bacino territoriale', il territorio della circoscrizione non può valicare il confine regionale. Per ciascuna circoscrizione, inoltre, il rapporto tra popolazione e seggi assegnati non può essere maggiore o minore del 10% del rapporto medio nazionale. Per quanto riguarda i collegi, invece, i collegi del Senato dovrebbero essere 'multipli' di quelli della Camera; lo scostamento di popolazione non può essere maggiore o minore del 20% della media della popolazione dei collegi della circoscrizione.

[8]     Le complesse regole sull'espressione del voto sono contenute nell'art. 1, comma 28 (AS 1029 e AC 1453) che introduce il comma 2-bis all'articolo 68 del D.P.R. 361/1957. Benché nella relazione illustrativa, venga esclusa la possibilità del voto disgiunto, nell'articolato è invece presente la possibilità di votare per un candidato uninominale e per una lista ad esso non collegata (lettera e)).