CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 15 febbraio 2011
438.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
ALLEGATO
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ALLEGATO

Sulla missione svolta a Cancun dall'8 al 10 dicembre 2010

COMUNICAZIONI

Una delegazione della Commissione VIII Ambiente della Camera dei Deputati ha preso parte al segmento ad alto livello della Sedicesima Conferenza delle Parti-COP della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change - UNFCCC) tenutasi a Cancun, in Messico, dall'8 al 10 dicembre 2010.
La delegazione era composta dal Presidente della Commissione, onorevole Angelo Alessandri, e dagli onorevoli Alessandro Bratti e Mauro Pili, in rappresentanza della Commissione Ambiente.
In occasione della Conferenza, l'Unione Interparlamentare ed il Parlamento messicano hanno organizzato congiuntamente un incontro parlamentare, che ha avuto luogo lunedì 6 dicembre 2010. Il Parlamento italiano era rappresentato dalla Vice Presidente della Camera dei Deputati, onorevole Rosy Bindi. I lavori della riunione sono stati aperti dal Presidente dell'Unione Interparlamentare, onorevole Theo-Ben Gurirab, dal Presidente della Camera dei Deputati messicana, onorevole Jorge Carlos Ramírez Marín, e dal Direttore facente funzione della Divisione di attuazione della politica ambientale (DEPI) dell'UNEP (United Nations Environment Programme), Signora Veerle Vandeweerd. Quindi, i lavori si sono articolati in una sessione di informazione dal titolo: «Come far avanzare il processo: Relazione sullo stato d'avanzamento dei negoziati COP16/CMP6», che è stata introdotta dal Ministro degli Esteri messicano, nella veste di presidente entrante del COP16/CMP6, signora Patricia Espinosa Cantellano.
Si sono successivamente tenute due Tavole rotonde interattive, rispettivamente sul tema: «La crescita delle energie pulite come nuovo paradigma di sviluppo» e sul tema: «Aprire le porte ad un'azione efficace sul clima a livello nazionale: i Parlamenti ne possiedono le chiavi?». Si è inoltre tenuta una sessione sul tema. «La governance internazionale della finanza climatica».
Al termine dei lavori è stata adottata una dichiarazione finale in cui, tra l'altro, si ribadisce l'importanza dell'approccio multilaterale per affrontare il problema dei cambiamenti climatici, in quanto problematica di carattere mondiale, nonché la necessità di stipulare una sorta di «nuovo patto con la natura». Si sottolinea inoltre l'assoluta necessità di realizzare tagli netti alle emissioni globali al fine di conseguire il contenimento degli aumenti di temperatura globale entro i 2 gradi centigradi e si manifesta preoccupazione per il fatto che gli impegni finanziari inseriti nell'accordo di Copenaghen non siano stati ancora conseguiti.
I lavori della Sedicesima Conferenza delle Parti-COP della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change - UNFCCC) si sono tenuti a Cancun, presso il Moon Palace, in un clima relativamente tranquillo; si sono registrate alcune manifestazioni di contadini il giorno dell'apertura dell'high level segment. A tali lavori hanno partecipato oltre 190 Paesi.
I lavori sono stati aperti dal Presidente della Repubblica messicana, Felipe Calderón, e dal Segretario Generale delle Nazioni

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Unite, Ban Ki-Moon, il quale ha auspicato che l'appuntamento di Cancun potesse rappresentare un significativo passo in avanti nella realizzazione di una cornice internazionale volta a combattere i cambiamenti climatici.
Tra i Capi di Stato che hanno partecipato all'evento, va segnalata la presenza del Presidente dell'Ecuador, Rafael Correa, del Presidente della Georgia, Mikheil Saakashvili, e del Presidente della Bolivia, Juan Evo Morales Ayma.
Il Presidente Correa ha affermato come l'accordo raggiunto a Copenaghen fosse modesto in quanto, da un lato, favoriva il rimboschimento, mentre, dall'altro, non prevedeva sanzioni adeguate a carico di chi disboscava. Dopo aver ricordato come la Foresta amazzonica rappresenti il polmone del mondo, ha sottolineato la necessità di calcolare anche le omissioni di emissioni e di procedere ad una vera «Dichiarazione universale dei diritti della natura». Infine, ha ribadito la necessità di consentire ai poveri del pianeta di vivere con dignità e sicurezza.
Molto atteso e di grande impatto è stato l'intervento del Presidente boliviano, Evo Morales. La Bolivia ha sollevato una serie di obiezioni all'accordo di Cancun, che è stato comunque approvato. Il pianeta è ferito, ha esordito Morales, e i danni arrecati alle campagne ed ai contadini dai cambiamenti climatici, che determineranno una sempre maggiore scarsezza di acqua, daranno origine ad una nuova categoria di migranti: i migranti climatici. Per il Presidente boliviano, la causa dei cambiamenti climatici va individuata nel capitalismo, la cui crisi ha quattro risvolti: la crisi finanziaria, la crisi climatica, quella alimentare, che reputa la più importante, e la crisi energetica. Quindi, ha obiettato che, discutendo di cambiamenti climatici, ci si limita a discutere di uno solo degli effetti della più generale crisi del capitalismo. I Paesi sviluppati hanno un debito ecologico verso i paesi in via di sviluppo. Secondo gli esperti la temperatura è già di 0,8 gradi centigradi al di sopra del limite auspicabile, pertanto sarebbe opportuno un aumento della temperatura di un solo grado. Si prevede che nei prossimi anni un milione di persone l'anno moriranno per gli effetti diretti dei cambiamenti climatici. Infine, ha proposto l'indizione della prima Conferenza mondiale dei popoli sul riscaldamento globale verso i diritti di Madre Natura ed ha chiesto l'istituzione di una Corte internazionale che faccia rispettare le regole poste per arginare il fenomeno dei cambiamenti climatici.
Va ricordato, inoltre, che nella sessione plenaria è intervenuto il nostro Ministro dell'Ambiente, onorevole Stefania Prestigiacomo.
Contrariamente alle aspettative piuttosto pessimistiche, anche alla luce degli esiti di Copenaghen, ribattezzata, come si ricorderà, «Hopenhagen» (Speranzopoli), la plenaria conclusiva ha approvato un pacchetto di decisioni, i «Cancun Agreements», in cui sono state sintetizzate in modo piuttosto bilanciato le istanze di tutte le Parti, rassicurando i Paesi in via di sviluppo sulla continuità del Protocollo di Kyoto, ma allo stesso tempo compiendo un primo passo importante per superarne la logica nella prospettiva di un futuro accordo legalmente vincolante sul clima. Ciò sia in termini di attenuazione della netta separazione tra impegni vincolanti dei Paesi industrializzati ed azioni volontarie dei Paesi emergenti, sia in termini di approccio alla definizione di obiettivi di riduzione delle emissioni collettive ed individuali da raggiungere.
Nel pacchetto approvato dalla Conferenza vi è, infatti, una decisione adottata nell'ambito del gruppo di Lavoro sul Protocollo di Kyoto, con la quale si riconferma l'impegno della comunità internazionale a realizzare un secondo periodo di impegni ai sensi del detto Protocollo, pur rinviando al prossimo anno la definizione giuridica di tale periodo, così come l'individuazione di eventuali obiettivi di riduzione delle emissioni aggregate ed individuali per i singoli paesi. A tal fine, la decisione «sollecita» ma non vincola le Parti ad aumentare il proprio obiettivo collettivo di mitigazione in linea con quanto suggerito dal quarto rapporto dell'Intergovernamental

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Panel on Climate Change e «prende nota» degli obiettivi di riduzione e degli impegni di azione espressi su base volontaria da oltre 140 paesi a seguito dell'Accordo di Copenaghen.
Questo riferimento speculare inserisce a pieno titolo nel processo negoziale UNFCCC gli obiettivi di mitigazione volontariamente indicati da Paesi Annex I e Paesi non-Annex I negli allegati all'Accordo di Copenaghen, rimasti nel 2010 in un limbo giuridico a causa della mancata adozione dell'Accordo da parte della COP15, e schiude la porta ad un cambio di approccio nel negoziato internazionale sul clima.
In estrema sintesi, oltre a ribadire la centralità dell'approccio multilaterale ed a registrare l'accordo dei Paesi parte del Protocollo di Kyoto sulla prosecuzione dei negoziati allo scopo di assicurare anche che non vi sia un gap tra il primo ed il secondo periodo di impegni del Protocollo stesso, si è previsto il rafforzamento dei meccanismi Clean Development del Protocollo al fine di orientare gli investimenti su progetti volti a ridurre le emissioni, nonché il lancio di una serie di iniziative finalizzate a proteggere i soggetti più vulnerabili rispetto ai cambiamenti climatici e a distribuire risorse finanziarie ai Paesi in via di sviluppo al fine di favorirne uno sviluppo sostenibile.
Il Gruppo di Lavoro sulla Cooperazione di Lungo Termine è giunto ad una decisione, presentata a Cancun, che riflette due anni di negoziato sui pilastri costitutivi del Bali Action Plan, nella quale è stato recuperato e consolidato il consenso su tutti gli elementi già inclusi nell'Accordo di Copenaghen, ma rimasti privi di ancoraggio al processo negoziale a causa della mancata adozione dell'Accordo da parte della COP.
Tale decisione si articola sui seguenti presupposti:
1) una visione comune di lungo periodo (shared vision) volta a conseguire gli obiettivi della Convenzione: infatti, nell'ambito di un processo multilaterale, da un lato, è previsto che i Paesi industrializzati sviluppino piani e strategie finalizzati alla riduzione delle emissioni di carbonio, individuando i mezzi migliori, inclusi i meccanismi di mercato; dall'altro, si istituisce un registro finalizzato alla registrazione e correlazione delle azioni di mitigazione delle emissioni promosse dai Paesi in via di sviluppo (con il supporto finanziario e tecnologico fornito dai Paesi industrializzati) al fine di dare riconoscimento ufficiale in ambito multilaterale alle azioni volte alla riduzione delle emissioni da parte di tali Paesi; è previsto che questi pubblichino ogni due anni dei progress report;
2) la necessità di aumentare l'azione e la cooperazione internazionale sul fronte dell'adattamento, creando al riguardo un Comitato per l'Adattamento;
3) la necessità di rafforzare l'azione per quanto concerne la mitigazione per paesi Annex I e non Annex l, compresi i meccanismi di lotta alla deforestazione, i meccanismi settoriali e gli approcci di mercato;
4) misure a favore dello sviluppo e del trasferimento tecnologico;
5) interventi sul fronte della finanza e della capacity building.

Gli snodi fondamentali del pacchetto denominato «Cancun Agreements» sono pertanto i seguenti:
1) si ribadisce l'identificazione in 2 gradi centigradi rispetto all'era preindustriale dell'aumento massimo della temperatura tollerabile, prevedendo un meccanismo di revisione e la possibilità di abbassare questo limite a 1,5 in presenza di indicazioni della comunità scientifica. Inoltre, si formalizza la necessità di arrivare quanto prima al «picco» delle emissioni mondiali per una progressiva riduzione successiva con un orizzonte al 2050;
2) per quanto concerne l'adattamento, si istituisce il «Cancun Adaptation Framework» con l'obiettivo di: a) favorire lo sviluppo di ricerca e tecnologia rilevanti; b) rafforzare le capacità istituzionali ed i meccanismi di pianificazione dei Paesi

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in via di sviluppo, in particolare i paesi più vulnerabili, attraverso un più intenso supporto finanziario. Inoltre, si istituisce un Adaptation Committee della Convenzione per rafforzare il coordinamento delle azioni internazionali di adattamento. Infine, lancia un processo per valutare iniziative di interesse per i paesi più vulnerabili, quali opzioni per l'istituzione di meccanismi di assicurazione contro i rischi climatici;
3) per quanto riguarda la mitigazione, come già ricordato, accoglie gli obiettivi e gli impegni di azione di paesi di vecchia e nuova industrializzazione, nonché la logica con la quale sono stati offerti nell'ambito dell'Accordo di Copenaghen. Inoltre, acquisisce e approfondisce l'approccio a monitoraggio, reportistica e verifica (Monitoring Reporting and Verification MRV) maturato a Copenaghen, ponendo le basi per nuovi meccanismi di verifica internazionale sull'erogazione di finanziamenti per i paesi industrializzati e meccanismi di consultazione e analisi a livello Internazionale (ICA, International Consultation and Analysis) per i paesi in via di sviluppo;
4) in tema di strumenti per la mitigazione, istituisce un meccanismo a livello internazionale per la lotta alla deforestazione e al degrado forestale nei paesi in via di sviluppo denominato REDD+ (Riduzione di Emissioni per Deforestazione e Degrado), lanciando il processo verso la definizione di regole condivise per il monitoraggio e la quantificazione delle riduzioni di emissioni; offre nuovo impulso al processo per la definizione di nuovi meccanismi di mercato che supportino tutti i paesi nel ridurre le emissioni nella maniera economicamente più efficace; istituisce un Forum nell'ambito degli organi sussidiari della conferenza per valutare l'impatto avverso delle azioni di mitigazione;
5) quindi, si sono raccolti gli elementi dell'Accordo di Copenaghen legati all'aumento delle risorse finanziarie stanziate per il clima, dal riconoscimento dei fondi stanziati come «Fast-Start finance» per il periodo fino al 2012 (30 miliardi di dollari USA in aiuti urgenti per il periodo 2010-2012), all'obiettivo di mobilitazione (pubblico-privata) di 100 miliardi di dollari al 2020 per il clima. Una importante novità al riguardo è rappresentata dall'avvio il processo per la costituzione del Green Climate Fund (precedentemente noto come Copenaghen Green Climate Fund) quale strumento aggiuntivo per l'efficace canalizzazione delle risorse. Tale fondo, che dipenderà dalla COP e verrà monitorato nella sua fase iniziale dalla Banca Mondiale, avrà un Governing Board formato da 24 Paesi a composizione mista: 12 paesi avanzati e 12 in via di sviluppo. Il Green Climate Fund verrà a sua volta designato da un Comitato transitorio formato da 40 membri: 15 provenienti dai Paesi sviluppati e 25 da quelli in via di sviluppo (7 dall'Africa, 7 dall'Asia, 7 dal gruppo dell'America latina e dei Paesi caraibici, 2 dalle piccole isole PVS e 2 dai Paesi meno sviluppati). Infine, si istituisce uno Standing Committee per favorire il raccordo tra le varie componenti del meccanismo finanziario della Convenzione (Green Fund e GEF in primis) e si crea un primo collegamento tra finanza per il clima e meccanismi per trasferimento tecnologico e di capacity building;
6) si istituisce un meccanismo per il trasferimento tecnologico, basato sul lavoro di guida e raccordo di un Comitato Esecutivo Tecnologico (Technology Executive Committee) della Convenzione e operativamente facilitato da una rete internazionale per il trasferimento tecnologico stimolata da un Climate Technology Center della Convenzione (Climate Technology Center e Network);
7) si stabiliscono criteri per il rafforzamento delle azioni di capacity building nei Paesi in via di sviluppo.

Infine, si è deciso che la prossima Conferenza delle Parti, la diciassettesima, e la settima sessione della Conferenza ministeriale si terranno in Sud Africa, a Durban, dal 28 novembre al 9 dicembre

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2011. Si è altresì presa nota dell'offerta avanzata dal Qatar e dalla Repubblica di Corea di ospitare la successiva sessione, rispettivamente la diciottesima e l'ottava.
Si tratta, quindi, di una decisione caratterizzata da una coerenza interna e che consente una prima operatività. Inoltre, traccia le linee per una evoluzione verso un «nuovo accordo sul clima» in forma legalmente vincolante, sul quale si dovrà lavorare nel corso dell'anno appena iniziato.
L'esito di Cancun presenta alcuni aspetti positivi ed alcuni evidenti limiti.
Rispetto alle altre COP, la Conferenza ha messo in evidenza il fatto che il tema dei cambiamenti climatici rappresenta non solo una grande emergenza ambientale di cui tutti i Paesi sono consapevoli, ma anche una grande opportunità per l'economia mondiale.
Inoltre, come si è messo in luce in precedenza, il dato maggiormente positivo è rappresentato nel rilancio del processo multilaterale, dopo la fase di maggiore crisi che si è registrata proprio in relazione all'appuntamento di Copenaghen. In quella occasione si era registrato un irrigidimento delle posizioni di tutti i gruppi negoziali ed una progressiva perdita di fiducia nei confronti dell'approccio multilaterale al problema. L'accordo di Cancun registra invece il rinnovato consenso della comunità internazionale intorno alla scelta dell'approccio multilaterale nell'affrontare la sfida dei cambiamenti climatici.
Sotto il profilo sostanziale, si registra un passo in avanti rispetto ai punti chiave contenuti, talvolta anche in forma solo abbozzata, nel documento finale di Copenhagen, che gli Accordi di Cancun sviluppano sotto il profilo istituzionale ed operativo.
C'è da notare che non sono stati formalizzati nuovi impegni di mitigazione verso l'obiettivo di limitare l'aumento della temperatura a 2 gradi centigradi rispetto all'era preindustriale. In secondo luogo, il Giappone, il Canada, la Russia e l'Australia sono determinati a rifiutare nuovi impegni ed a procedere ad un rinnovo del Protocollo di Kyoto, senza un adeguato coinvolgimento degli altri grandi emettitori. Gli USA hanno rivestito un ruolo meno profilato (come peraltro testimoniato dalla partecipazione al segmento di alto livello dell'Inviato speciale per i cambiamenti climatici del Dipartimento di Stato, Todd Stern), pur salvaguardando l'impianto di Copenaghen, che, come si ricorderà, era stato deciso in sede di Comitato ristretto nella capitale danese dallo stesso Presidente Obama insieme ai rappresentanti dei Paesi cosiddetti BASIC (Cina, Brasile, India e Sudafrica).
Tra questi ultimi, un ruolo di primo piano è stato giocato dal Ministro indiano Ramesh.
Va, infine dato atto al Messico dell'eccellente organizzazione dell'evento, sia per quanto riguarda la fase negoziale, sia per quel che concerne lo svolgimento della Conferenza. L'intera Amministrazione messicana ha dato prova di grande disponibilità e professionalità ed il Ministro degli Esteri messicano, la «Presidenta» Espinosa, ha condotto egregiamente i lavori.