CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 30 luglio 2009
213.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-01711 Contento: Sugli effetti della recente modifica dell'articolo 135 del codice penale.

TESTO DELLA RISPOSTA

Risponderò all'Onorevole interrogante in modo sintetico, non già perché la tematica affrontata nel presente atto ispettivo sia ininfluente o di secondaria importanza, ma perché ritengo che tutti i quesiti proposti, se valutati ed orientati secondo Costituzione, possano avere adeguata e confacente risposta.
Premetto che l'articolo 3 comma 62 della legge n. 94/2009 ha elevato da euro 38 ad euro 250 il criterio di ragguaglio tra pena detentiva e pena pecuniaria, nell'ambito di una generale rivalutazione di tutte le sanzioni pecuniarie, sia amministrative che penali.
Tengo a sottolineare, però, che le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi, previste dall'articolo 53 della legge n. 689 del 1981, non sono semplici modalità esecutive della pena detentiva sostituita: esse, infatti, hanno natura di vere e proprie pene, sia per il loro carattere affittivo, sia per la convertibilità, in caso di revoca, nella pena sostituita residua, sia ancora, per lo stretto collegamento esistente con la fattispecie penale cui conseguono.
Ne discende che, anche con riferimento ai criteri di ragguaglio tra pene detentive brevi e pene pecuniarie, trova applicazione il principio di proporzionalità ed adeguamento della pena inflitta e che, proprio in considerazione di tale assunto costituzionale, si spiega e va letta la recente modifica normativa introdotta all'articolo 135 c.p..
In verità, l'esigenza di cui il legislatore ha voluto e dovuto farsi carico aggiornando il valore numerico previsto nel previgente articolo 135 c.p., altro non è che la conseguenza diretta ed imprescindibile del continuo evolversi del diritto penale e del suo essere in stretta simbiosi con la vita della collettività che è chiamato a regolamentare.
All'evidenza si tratta di un'esigenza che si ripropone costante nel tempo, visto che già la legge n. 402 del 1993 aveva elevato da 25 mila lire a 75 mila lire, l'importo da considerare in caso di ragguaglio tra pena detentiva e pena pecuniaria.
Alla luce dei dati storici e statistici - che sono stati il punto di partenza delle recenti modifiche normative - dubito che possano verificarsi «effetti negativi» sulla valutazione economica dell'imputato da parte del magistrato investito del singolo caso concreto. Piuttosto, ritengo di potere ragionevolmente affermare che ben maggiori sarebbero state le difficoltà che avrebbe potuto incontrare l'Autorità Giudiziaria se, nel formare il proprio convincimento, avesse dovuto continuare a prendere in considerazione un valore economico disallineato rispetto al mutato divenire della realtà.
In ogni caso mi preme rappresentare che, pur garantendosi il monitoraggio di eventuali quanto indefinite conseguenze, potranno essere oggetto di verifica soltanto i dati inerenti i fatti commessi anteriormente all'entrata in vigore della predetta legge e cioè successivi al prossimo 8 agosto 2009.
Preciso, infatti, che anche per le disposizioni che contemplano il criterio di ragguaglio ex articolo 135 c.p. deve trovare attuazione il principio del c.d. «favor rei» previsto dall'articolo 2 c.p., con conseguente applicazione del ragguaglio previsto al momento della commissione del fatto, se più favorevole al reo.

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ALLEGATO 2

5-01709 Melis e Ferranti: Problematiche relative ai detenuti di nazionalità romena.

TESTO DELLA RISPOSTA

In risposta all'Onorevole Melis, voglio innanzitutto premettere che alla data del 28 luglio 2009 negli istituti di pena italiani risultano presenti 23.473 detenuti stranieri e, di essi, 2.921 sono cittadini rumeni.
Secondo il rilevamento effettuato dall'Ufficio per lo Sviluppo e la Gestione SIA (Servizio Informatico Automatizzato), i ristretti di nazionalità rumena, distinti per posizione giuridica, sono così suddivisi: 1818 sono in attesa di giudizio, 1092 stanno scontando una condanna definitiva ed 11 sono internati.
Ciò chiarito, voglio precisare che nei rapporti con la Romania, il trasferimento dei detenuti è regolato dall'accordo bilaterale del 13 settembre 2003, ratificato con la legge 30 dicembre 2005, n. 281. L'accordo consente il trasferimento dei detenuti colpiti da un ordine di espulsione contenuto nella stessa sentenza di condanna o in altro provvedimento amministrativo, purché la condanna riguardi reati punibili con più di due anni di reclusione, secondo la legge dello Stato di condanna. Va considerato, però, che dal 1o gennaio 2007, i cittadini rumeni hanno acquisito lo status giuridico di cittadini comunitari. Ciò ha reso meno efficace l'accordo sul trasferimento dei detenuti, concepito secondo la logica dei rapporti con Stati terzi (non membri dell'Ue), in ragione dei limiti derivanti dal diritto comunitario.
Allo stato, ai sensi del citato Accordo, risultano attivate oltre 140 procedure che, tuttavia, non sempre possono concludersi rapidamente, sia per la necessaria verifica giudiziaria ed amministrativa dello Stato che ha emesso la condanna e di quello ove verrà scontata la pena, sia per talune rigidità della normativa interna rumena.
In proposito, anche per superare le problematiche emerse, lo scorso mese di aprile una delegazione del Ministero della Giustizia si è recata a Bucarest ed ha concordato talune prassi virtuose per consentire un più veloce espletamento delle procedure menzionate.
La Repubblica di Romania, nell'ambito della fattiva collaborazione instaurata con il Ministero della Giustizia, ha manifestato la volontà di chiedere il trasferimento di tutti i detenuti rumeni che si trovino nelle condizioni previste dal predetto Accordo. Alle difficoltà di operare il trasferimento dei detenuti di nazionalità straniera verso i Paesi di cittadinanza, sulla base degli attuali strumenti di diritto internazionale, si è inteso ovviare, a livello europeo, con la decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio del 27 novembre 2008 relativa all'applicazione del principio di reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea.
La legge comunitaria 2008, approvata in via definitiva dal Parlamento il 23 giugno 2009 ed in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, all'articolo 52 contiene la delega al Governo per l'attuazione della suddetta decisione quadro, che consentirà di rendere certe e rapide le procedure per il trasferimento dei detenuti comunitari nei rapporti tra gli Stati membri e, dunque, anche dei detenuti di nazionalità rumena.

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Con l'attuazione di questo importante strumento di cooperazione giudiziaria, il trasferimento dei detenuti tra Stati membri non sarà più discrezionale, ma obbligatorio e ciò in coerenza con l'idea di fondo che il reinserimento sociale dei condannati è favorito quando l'esecuzione penale ha luogo nello Stato di cittadinanza o residenza. Il nuovo meccanismo di cooperazione prevede, per la prima volta, termini certi per la decisione sul trasferimento: infatti, la decisione definitiva - comprensiva, cioè, dell'eventuale termine per i ricorsi - deve essere adottata entro 90 giorni dal ricevimento della sentenza stessa e del «certificato» contenente le informazioni necessarie affinché si possa disporre il trasferimento del condannato per l'esecuzione della pena ed obbliga gli Stati membri ad eseguire il trasferimento entro trenta giorni dalla decisione definitiva.

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ALLEGATO 3

5-01710 Rao e Vietti: Sulla situazione di sovraffollamento delle carceri italiane.

TESTO DELLA RISPOSTA

L'interrogazione degli On. Rao e Vietti sottopone alla nostra attenzione problemi assai seri e complessi che meritano sicuramente una risposta esaustiva ed articolata. Tuttavia, l'atto di sindacato ispettivo prescelto mi permette di fornire, necessariamente, una risposta sintetica e di accennare solo brevemente alle soluzioni concrete fornite sino ad oggi dal Governo e a quelle attualmente allo studio.
Il Ministro della Giustizia si è occupato delle problematiche relative al sovraffollamento degli istituti penitenziari, all'idoneità delle strutture ed alla sufficienza degli spazi detentivi, sin dal suo insediamento. Per ovviare alle stesse, ed al fine di conferire la dovuta tempestività agli interventi del settore è, infatti, intervenuta, di recente, la legge n. 14/2009 riguardante il cosiddetto «piano carceri».
Nello specifico, desidero di seguito rammentare le iniziative già assunte al riguardo e quelle in corso di elaborazione.
Per ciò che concerne l'edilizia, è stato predisposto un programma che consentirà di poter fare affidamento - nel breve, medio e lungo termine (intendendo per tale il 2012) - su nuovi spazi detentivi, pari a circa 18 mila posti letto, sì da garantire una migliore condizione di vita dei ristretti. Segnalo, inoltre, che il 20 luglio u.s. è stata aperta una nuova sezione presso l'istituto di Perugia-Capanne, con un incremento di 200 posti detentivi, il 23 luglio u.s. il Ministro della Giustizia ha inaugurato la quarta sezione dell'istituto romano di Regina Coeli, di recente ristrutturata, destinata ad ospitare 120 detenuti tossicodipendenti, il 24 luglio è stata riaperta la terza sezione della casa circondariale di Cassino, con un aumento di capienza di circa 46 posti e che, sempre la scorsa settimana, sono terminati i lavori di ristrutturazione del carcere di Noto, che consentirà di ottenere un aumento di capienza pari a 200 posti.
Nel contempo, in vista dell'aumento degli spazi detentivi, il Ministero ha ritenuto necessario chiedere, nelle opportune sedi, di prevedere un piano straordinario di assunzioni in modo da consentire all'Amministrazione di poter assicurare al personale, chiamato a svolgere un'attività estremamente impegnativa, delicata e rischiosa, condizioni lavorative meno stressanti.
Sul fronte della popolazione detenuta l'Amministrazione sta provvedendo a rimodulare i circuiti detentivi per evitare, da una parte, che una detenzione indifferenziata tra categorie non omogenee di ristretti possa provocare fenomeni di reclutamento criminale o sopraffazioni e per consentire, dall'altra, di procedere ad una diversificazione e tipizzazione degli interventi trattamentali, che necessitano di essere calibrati anche in base al livello di pericolosità del soggetto.
Relativamente al fenomeno dei suicidi preme evidenziare che l'impegno profuso su tale versante dall'Amministrazione ha sicuramente prodotto risultati apprezzabili nell'anno appena trascorso, ove si consideri che, malgrado il crescente sovraffollamento, vi è stata una lieve riduzione sia del numero dei suicidi, sia di quello dei tentati suicidi.

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Quanto, poi, al delicatissimo problema delle detenute madri si segnala che sono attualmente all'esame dell'ufficio legislativo del dicastero iniziative per ridurre al minimo i casi di permanenza presso le strutture carcerarie delle donne con prole di età inferiore ai tre anni. In proposito, è importante ricordare che l'Amministrazione penitenziaria, di recente, ha predisposto un modello di custodia attenuata per detenute madri creando, in sinergia con gli enti locali, delle strutture che consentano ai bambini e alle loro madri sottoposte a misure detentive di non varcare la soglia del carcere, ma di trascorrere il periodo della pena in ambienti esterni al carcere, organizzati e strutturati sulla falsariga di una casa famiglia.
La prima esperienza di tale tipo è stata realizzata a Milano ed iniziative di tal genere stanno per essere rese operative anche a Venezia, Firenze e Roma.
Con riferimento all'istituzione della figura del Garante dei detenuti, richiesta dalla ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, nel precisare che la materia è allo studio del Governo, si segnala che, in proposito, pendono in Parlamento diversi disegni di legge, presentati sia dalla maggioranza che dall'opposizione.
Passando a rispondere - ancora, necessariamente, per estrema sintesi - alle molteplici domande proposte dagli interroganti con un unico quesito, posso precisare che la modifica dei termini di durata della custodia cautelare non è attualmente allo studio del Ministero. Tuttavia, le nuove norme relative alla cosiddetta «riserva di appello» o al giudizio di ammissibilità in Cassazione, contenute nel disegno di legge governativo n. 1440/AS, all'esame della Commissione Giustizia del Senato, dovrebbero assicurare una minore durata dei processi e, quindi, una riduzione complessiva dei tempi della custodia cautelare.
Infine, con riferimento alle misure alternative alla detenzione, va sottolineato come una rivalutazione delle misure sostitutive della detenzione non può che passare attraverso una complessiva riforma del sistema sanzionatorio, rivolta ad affiancare alle pene tradizionali nuove sanzioni, detentive non carcerarie, interdittive e prescrittive, cui affidare il reinserimento sociale soprattutto per i cosiddetti delinquenti «primari» e nei casi di reati di minore allarme sociale.
Si tratta di un intervento di ampio respiro, che il Governo condivide, e la cui necessità è stata, peraltro, riconosciuta dai più recenti progetti di riforma del codice penale elaborati dalle Commissioni ministeriali Nordio e Pisapia.

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ALLEGATO 4

5-01549 Contento: Sulla carenza di organico del tribunale di Trieste.

TESTO DELLA RISPOSTA

Mi appresto a rispondere all'Onorevole interrogante nella fondata consapevolezza di non dover ripercorrere gli stadi evolutivi e le connesse problematiche che nei mesi passati hanno interessato la figura del Giudice di Pace in Italia.
So per certo, così come tutti gli astanti di questa Commissione, che il mio interlocutore non è interessato a precisazioni o chiarimenti sul più ampio tema della riforma della magistratura onoraria, anche perché molteplici aspetti della questione oggi sollecitata, sono stati oggetto di attenta disamina in occasione della risposta a due interrogazioni, presentate in Commissione proprio dall'Onorevole Contento.
Non posso, tuttavia, esimermi dal segnalare che la situazione in cui versa l'Ufficio del giudice di pace presso il Tribunale di Trieste, per quanto complessa, non è fine a sé stessa, non solo perché è rappresentativa di una condizione di sofferenza in cui versano molti Uffici del giudice di pace del Paese, ma anche perché lo stallo nelle procedure per la selezione di nuovi giudici da destinare, anche e soprattutto, agli uffici che versano in situazioni di particolare difficoltà operativa, dipende, allo stato, dalla pendente impugnativa del decreto di rideterminazione delle piante organiche dei giudici di pace, firmato dal Ministro della Giustizia in data 23 aprile del 2008 e registrato alla Corte dei Conti l'8 ottobre 2008.
L'Unione Nazionale dei Giudici di Pace ha, infatti, impugnato dinanzi al giudice amministrativo del TAR Lazio il predetto decreto di rideterminazione e, in pendenza di giudizio, l'attuazione delle nuove piante organiche degli Uffici del giudice di pace inserite nel provvedimento è stata, di fatto, rallentata.
Sul punto, ritengo necessario rappresentare che, a seguito della riforma delle competenze dei giudici di pace in materia penale (in forza del decreto legislativo n. 274 del 2000), il legislatore è intervenuto con legge n. 271 del 2004, modificando l'articolo 10-ter della legge istitutiva dei giudici di pace. In virtù dell'apportata modifica è stato previsto: a) che venissero definite le nuove dotazioni organiche degli uffici del giudice di pace; b) che, in attesa della revisione delle piante organiche, non si desse corso a nuove nomine; c) che, prima di provvedere alla nomina di nuovi giudici di pace, fosse conclusa la procedura dei trasferimenti dei giudici di pace in servizio, i quali avessero fatto domanda per altre sedi con vacanze di organico.
Ciò posto, a seguito dell'entrata in vigore del citato articolo 10-ter, è stata disposta la sospensione delle procedure di ammissione al tirocinio e di nomina dei giudici di pace che erano in corso all'epoca, ed è stata attivata la procedura per la determinazione delle piante organiche del giudice di pace, per poi procedere ai trasferimenti e all'assunzione dei nuovi magistrati onorari.
Il competente Dipartimento di questo Ministero, in ottemperanza a quanto previsto dal vigente sistema normativo, ha provveduto ad inviare al Consiglio Superiore della Magistratura la proposta di rideterminazione delle piante organiche degli Uffici dei giudice di pace in data 6 dicembre 2005 e, il 21 dicembre 2006, il CSM ha emanato il richiesto parere, trasmesso

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il successivo 3 gennaio 2007. In seguito ai rilievi espressi dal CSM, è stata formulata, in data 16 aprile 2007, un'ulteriore proposta di pianta organica dei giudici di pace, successivamente trasfusa nel decreto definitivo del 28 aprile 2008.
Con tale provvedimento sono state ridistribuite le risorse organiche in tutto il territorio nazionale e, attraverso un riequilibrio tra uffici caratterizzati da carichi di lavoro esigui e uffici in condizioni di disagio operativo, si è provveduto a ridurre la pianta organica di alcuni importanti uffici aumentandola per altri.
La pianta organica dell'Ufficio del giudice di pace di Trieste, inizialmente determinata in 15 unità, è stata, infatti, quasi raddoppiata e portata a 27 unità,
Detto ciò, poiché il decreto impugnato dinanzi al Tar Lazio è stato sospeso nella sua efficacia dal Consiglio di Stato con ordinanza cautelare del 17 febbraio 2009, è stata paralizzata ogni iniziativa, anche provvisoria, del Consiglio Superiore della Magistratura che, nella veste di organo a ciò preposto, non può, in pendenza del giudizio di merito, dar luogo alle procedure di mobilità tra uffici, né all'ammissione al tirocinio di nuovi giudici, in funzione della loro successiva nomina con decreto ministeriale.
Segnalo, comunque, che l'udienza di merito dinanzi al competente giudice amministrativo si è tenuta ai primi di luglio e che l'esito del giudizio è atteso a breve.
Se, come auspicabile, sarà confermata la legittimità del decreto impugnato, si provvederà ad attivare in tempi rapidi i trasferimenti previsti e si procederà ad avviare le procedure per l'arruolamento di nuovi giudici, da destinare, tra gli altri, agli Uffici del giudice di Pace che, come quello di Trieste, versano in situazioni di particolare difficoltà operativa e presentano significative scoperture di organico.
Concludo ribadendo che è intenzione di questa Amministrazione mantenere fede all'impegno assunto dinanzi al Parlamento per la presentazione, a breve, di un disegno di legge di riforma organica della magistratura onoraria, nell'intento di consentirne l'approvazione entro l'anno.
Si assicura che, in tale disegno, le legittime rivendicazioni della categoria saranno adeguatamente contemplate con le esigenze collegate ad una efficiente erogazione del «servizio giustizia».